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Letteratura Spagnola II

Lezione I - 3 marzo 2017


1455 = nascita della stampa; Johanne Gutenberg pubblica la Bibbia a 42 linee.

Con l'arrivo della stampa, vi sono libri molto costosi ma anche libri economici e, quindi, l'opera
letteraria si apre a nuovi scenari.

Il teatro medievale non fu affidato alla tradizione scritta. Nel corso del 500, tutto questo cambia, nasce
una grande diffusione scritta. In Spagna c'è una quantità impressionante di opere teatrali trascritte,
maggiore rispetto all'Europa. Quindi, grazie alla stampa, i testi teatrali vengono destinati anche alla
letteratura. In questo periodo confluiscono le tradizioni della poesia castigliana del 300-400 e le
tradizioni della poesia italiana (Stilnovo, petrarchismo, ecc). Per la letteratura italiana questa influenza
venne vista in modo negativo. Dalla seconda metà del 500 fino alla metà del 600, Madrid (che diviene
capitale tardi) domina culturalmente il mondo. Dunque, questo passaggio tra 500 e 600 col Barocco si
deve a Madrid. Questo è anche il massimo momento di espansione della lingua spagnola. Questa
diventa la lingua della diplomazia. E' l'unica lingua che assicura lo sviluppo delle idee e della
comunicazione, addirittura nel 500 nessun'opera verrà tradotta dallo spagnolo all'inglese. L'inglese
diventerà importante più tardi.

Il romanzo spagnolo più letto e tradotto in tutto il mondo è il Don Quijote di Cervantes. Questo è un
libro abbastanza esteso, pubblicato in 2 parti. E' importante per tanti motivi: ebbe subito un grande
successo, ma non fu compreso. L'autore stesso non aveva capito l'importanza del suo libro. L'opera fu
apprezzata nel corso dell'800.

Il romanzo francese nasce sulla base di quello spagnolo; il romanzo tedesco si ispira direttamente a
Cervantes. In Italia, arriva da tradizioni molto lontane: Manzoni, quando scrive i Promessi Sposi, lo
ambienta nell'epoca degli spagnoli.

Cervantes voleva essere un poeta drammatico (drammaturgo). Teneva molto al genere teatrale, grazie
all'esperienza fatta in Italia: è qui dove il teatro europeo rinasce. Cervantes vive in Italia e scrive di
teatro. La sua opera teatrale più importante è la Destrucción de Numancia; sia pure in una maniera
molto spagnola, è una tragedia.

La tradizione spagnola è propensa a realizzare la tragicommedia, che Cervantes non apprezzava molto.
Infatti, lui scrive della distruzione della città di Numancia, assediata dai romani. E' una tragedia
collettiva, i cittadini che non volevano che la loro città fosse conquistata si suicidavano in massa. Vi è il
tema degli orrori della guerra, scritto da un autore che è stato soldato. Cervantes non rinuncia agli eroi
e alla loro esaltazione, ma denuncia gli orrori della guerra. Cervantes scriveva per un lettore.

Con la nascita della stampa, i lettori diventarono soprattutto ''lettrici''. Ciò comporta che, se prima la
letteratura spagnola era prevalentemente misogina, adesso presenta di tutto. Anche i letterati sono
talvolta donne.

Lezione II - 6 marzo 2017


Il periodo di maggiore espansione della cultura spagnola e del suo impero è un periodo di grande
produzione culturale. Il periodo di decadenza avrà uno sviluppo molto lento. Molto veloce sarà,
invece, lo sviluppo del periodo di successo.

Il territorio della penisola iberica è molto frammentato. La Spagna non esiste ancora come nazione,
ma esistono il Regno di Castiglia, il Regno di Aragona e i regni arabi. Con il matrimonio tra Ferdinando
V d'Aragona e Isabella di Castiglia (i re cattolici), abbiamo l'unione dei due regni (1469). Grazie alle
guerre di reconquista, i cristiani si riappropriarono dei territori che avevano perso durante il dominio
arabo.

Il Regno di Castiglia è una confederazione di regni: il regno delle Asturie, il regno leonese e il regno
galiziano (un regno che si era distaccato dal Portogallo).

I re cattolici si sposarono quasi di nascosto, in quanto il documento su cui si basava questo matrimonio
era falso, questo perché i nobili non volevano l'unione delle due corone, inoltre i due erano anche
cugini. Il papa in un primo momento non darà il permesso per questo matrimonio, ma poi sarà
costretto a darlo.

Ci troviamo in un periodo in cui in Europa il potere centrale entra in contrasto con quello feudale. In
molti paesi il potere feudale perde prestigio, in altri resta forte. I re cattolici riusciranno ad incidere su
questo problema, ma anche su altri problemi.

Quando i due si sposarono, al trono vi era Enrico IV (fratellastro della regina) che si sposò molto
presto. Tale matrimonio non verrà coronato per la sua incapacità e così il matrimonio sarà annullato,
successivamente si sposerà nuovamente. Da questo secondo matrimonio nasce Juana, passata alla
storia come la Beltraneja perché probabilmente nata dal rapporto illegittimo tra la regina e Don
Beltrán de la Cueva. Alla fine la Beltraneja sarà regina di Portogallo sposando il re.

Il 1492 è un anno importantissimo per i re Cattolici:

Il 2 gennaio vi è la fine delle guerre di reconquista con la conquista di Granada. I re cattolici entrano
trionfanti nella città e così chiudono una fase importante della storia iberica e con tale vittoria avranno
una risonanza mondiale che sarà ripresa nelle arti figurative e nella letteratura. Per la cristianità, la
vittoria di Granada significa simbolicamente l’espulsione degli arabi dall’Europa. Ciò che noi definiamo
Spagna, si andrà a formare tra 600 e 700. Per questo comprendiamo che, anche se Granada è
conquistata, resta un regno a parte con i propri usi e costumi. Più tardi, i re cattolici imporranno la loro
moneta, la loro religione e le loro leggi. Ciò porterà inquietudine. Grazie alla conquista di Granada, i re
cattolici divengono padroni di gran parte della penisola iberica.
Il 12 ottobre vi è la scoperta dell’America. Si conosce come ‘’scoperta’’, ma l’obiettivo era navigare dalla
Spagna fino alle Indie attraverso l’Atlantico. Per questo, Cristoforo Colombo viene definito folle: dopo
tre mesi di navigazione, le navi dell’epoca non avrebbero resistito ad un viaggio così lungo. Colombo
arriva in America convinto di aver raggiunto l’estremo Oriente. I re cattolici non capiranno mai
l’importanza della scoperta di questo Nuovo Mondo, anzi addirittura i re cattolici imprigioneranno
Colombo e non gli daranno quanto promesso.

Viene pubblicata la prima grammatica nell’idioma moderno, la Gramática castellana di Antonio de


Nebrija. E’ la prima opera che tenta di dare dignità alla lingua castigliana, ai livelli del latino. E’ un
progetto non solo tecnico e grammaticale, ma anche politico.

L’espulsione degli ebrei dalla penisola: coloro che rifiutarono la conversione al cristianesimo dovevano
andare via. L’asse su cui puntano i re cattolici è quello della religione. I sudditi devono essere
ortodossi, devono seguire una certa ortodossia che deve essere controllata. Chi non rispetta, deve
andare via e così viene fatta una ‘’pulizia etnica’’ o, meglio ‘’etnico-religiosa’’. Inoltre, venne istituito un
tribunale. Circa la metà degli ebrei sarà espulsa e la metà restante sarà costituita dagli ebrei conversos.
E’ un gruppo che sarà controllato. Questi faranno di tutto per integrarsi, ma saranno sempre mal visti.
La metà degli ebrei fuggirà in Portogallo, nell’India Meridionale, nello Stato della Chiesa e nella
Repubblica di Venezia. Inoltre non bisogna dimenticare i sefarditi che vivono nella zona araba e ancora
oggi parlano un dialetto spagnolo del Medioevo. Vi era anche il gruppo dei ‘’Cripto giudaici’’ che si
fingevano conversos. Alcuni di questi vennero scoperti e in molti casi giustiziati. L’espulsione provocò
molti problemi, infatti essi occuparono delle importanti nicchie sociali difficili da rioccupare. Se per
caso qualcuno fosse ritornato, sarebbe morto. Quindi i re cattolici verificano molti territori,
favoriscono le arti, espellono gli ebrei, ma non basta. Alla fine del 400, scende in Italia Ferdinando II
che tenta di conquistare i territori, ma muore. Ferdinando il Cattolico si divide il Regno di Napoli con il
re francese Luigi, ma non rispetterà i patti e si prenderà tutto il territorio del Regno di Napoli, il più
grande d’Italia.

Ferdinando il Cattolico passerà alla storia come uno dei grandi sovrani europei, sarà Machiavelli a
parlare di lui portandolo come esempio di sovrano moderno insieme a Cesare Borgia. Non osa
nominarlo però. Secondo Machiavelli è il modello di sovrano moderno. La Spagna è destinata a
diventare una grande potenza, ma con l’arrivo dell’erede al trono Juan, principe delle Asturie, tutto
cambia. Il principe si sposa prestissimo con un doppio patto matrimoniale. Muore abbastanza presto
lasciando la moglie incinta. Morirà anche il bambino. Così a diventare regina, sarà la figlia dei re
cattolici, Juana, a causa della morte del marito Felipe el Hermoso. Juana, però, era molto morbosa nei
confronti del marito e con la sua morte presentò un’instabilità che la portò alla follia. E’ passata alla
storia come Juana la Loca. Diverrà re il figlio Carlos che sarà il monarca più influente e potente.

Lezione III – 10 marzo 2017


Con il matrimonio tra Don Felipe e Juana, la corona spagnola va ad imparentarsi con le dinastie più
potenti d’Europa. Don Felipe, dopo una partita di caccia, muore a causa di una febbre. Alcuni storici
hanno ipotizzato che sia stato avvelenato, anche se è difficile provare la veridicità di tale ipotesi.
Juana, dunque, diventa diretta discendente. Juana, però, passa alla storia come ‘’la loca’’. Ciò che la fa
impazzire è proprio la morte del marito. C’è, però, un filone che afferma che lei non era folle, ma fu
definita tale per escluderla dal trono per ragioni politiche. Così viene rinchiusa in una prigione dorata
per moltissimo tempo. In questo tempo si aspetta la maggiore età del figlio, Carlos V di Germania e I di
Spagna. In questi anni la Spagna è soggetta alla reggenza del cardinale Fizneros. A soli dodici anni,
Carlos eredita queste due corone. Nasce, in realtà, il progetto di diventare re di Borgogna, ma poi
eredita i territori del nonno (il Sacro Romano Impero) e i territori del padre (la Spagna).

Durante il regno di Carlos vi sono molti rinnovamenti culturali come la fondazione dell’università, ma
anche rinnovamenti politici e religiosi. Carlos vive la sua infanzia fuori dalla Spagna e, quando arriva,
ha molta difficoltà a causa dell’ostilità dei nobili. Lui stesso comprende che la Spagna può essere
governata solo da spagnoli. Così, impara la lingua e si ‘’castiglianizza’’. Inoltre, si ritrova a fronteggiare
le rivolte nel nord della Castiglia, in Aragona e in Catalogna (quest’ultime dette rurali, in quanto sono
le rivolte dei cittadini). Las ‘’comunidades’’ sono dei movimenti rivoluzionari dove gli abitanti sentono
di voler rivendicare la loro autonomia rispetto al potere centrale. Con queste rivolte si andarono a
rafforzare nobili, borghesi e alcune classi importanti del popolo. Per fronteggiarli, Carlos alterna
‘’perdono’’ a ‘’condanna’’: alcuni vengono arrestati e giustiziati, altri liberati e posti in una situazione di
fedeltà rispetto al re (una sorta di amnistia). In queste rivolte furono coinvolti anche intellettuali e
poeti.

Risolte le rivolte, il re si occupò della politica estera. Unico nemico della Spagna è la Francia. La Francia
è la prima nazione europea. Francia e Spagna si contendono il territorio italiano. L’obiettivo della
Spagna è il Ducato di Milano, importante in Europa. Importante per la contesa di questo territorio è la
Battaglia di Pavia del 1525 che è un evento clamoroso: non solo la Spagna vince, ma il re Francesco I fu
fatto prigioniero. Fu imprigionato a Madrid in una prigione dorata, sarà poi liberato e, ritornato in
Francia, continuerà la sua politica anti-spagnola.

Un evento importantissimo è il Sacco di Roma del 1527: il papa, di origini italiane e preoccupato per lo
strapotere spagnolo, decide di allearsi con la Francia e la Repubblica di Venezia. Tale alleanza fu
malvista da Carlos e così quest’ultimo decide di scendere col suo esercito in Italia per saccheggiare la
città. Il papa si salva soltanto perché si rinchiude in Castel Sant’Angelo. Da allora l’alleanza tra chiesa e
Spagna non verrà mai meno: il 22 febbraio 1530 Carlos verrà incoronato dal papa, imperatore del
Sacro Romano Impero e da allora vi governerà per oltre quindici anni.

Carlos V realizzerà anche le conquiste nel Nuovo Mondo grazie a los conquistadores: 1519-1521
conquista del Messico con Hernán Cortés; 1531-1532 conquista del Perù con i fratelli Pizarro.

Questi pochi uomini riescono a conquistare questi territori d’oltre-mare, caratterizzati da popolazioni
avanzate perché riescono a impadronirsi del potere. Così, grazie ai conquistadores, Carlos si ritrova a
capo di territori molto più grandi di quelli che aveva conquistato con le sue mani. Tali imprese per
l’epoca significavano che Dio era con gli spagnoli e che stesse arrivando la fine del mondo. Molti
religiosi, in particolare i francescani, erano convinti di ciò. Anche Carlos ci crede e crede, addirittura, di
passare alla storia come il monarca universale più grande. Ma così non è: con la riforma protestante
(1517), Martin Lutero cambia tutto. L’idea della riforma universale si basava su una ribellione al potere
papale e a quello politico (che viene dal volere di Dio e quindi, dato dal papa). Questa ribellione era
impensabile: nascono tanti focolai di riformatori e Carlos pensa che tutto ciò possa essere represso
con la forza. Così l’Inquisizione (fondata dai re Cattolici contro ebrei e arabi), diviene importante per
reprimere i fenomeni di riforma. Ma tale fenomeno fu reso difficile nel centro Europa. Così, Carlos
firma la Pace di Asburgo del 1555 in cui si afferma che i sudditi potevano seguire la religione del
sovrano.

Uno dei precedenti importanti del protestantesimo fu l’Erasmismo. Si tratta di un movimento europeo
che fu portato avanti da Erasmo da Rotterdam, un umanista che studiava i testi antichi e, in
particolare, il Vangelo. Erasmo sognava un’Europa che vivesse un cristianesimo libero dall’autorità
della Chiesa e le riforme. Inizialmente Carlos approva, ma poi è costretto a reprimerlo. Queste riforme
influenzeranno molto la letteratura e, in particolare, Cervantes.

Carlos vince in Europa, ma perde nel Mediterraneo contro i musulmani rischiando di perdere anche i
territori europei. La politica mediterranea fallisce. Vi saranno successi solo col figlio Filippo. L’unica
entità politica che insidia i territori spagnoli e mette in difficoltà la Spagna è l’impero turco. Pensando
che suo figlio è abbastanza grande, Carlos comincia a dare al figlio molti incarichi e così abdica,
ritirandosi in un monastero a Yuste, in Estremadura. Carlos V morirà il 21 settembre 1558, con lui
muore la speranza di una monarchia universale. Grazie a Carlos, la Spagna si sprovincializza; grazie a
lui vi è il Rinascimento spagnolo con la costruzione di grandi palazzi. Nel 500 la Spagna si italianizza
moltissimo, mentre nel 600 l’Italia si spagnolizza.

Lezione IV – 13 marzo 2017


Garcilaso (1501 o 1503 – 1536) è il poeta più influente del 500. Ripercorrere la vita di Garcilaso della
Vega è un po’ ripercorrere la storia della Spagna e dell’Europa in generale.

Garcilaso nasce a Toledo; questa è una città simbolica perché fu una città importante per il regno
visigoto, ma anche per la dominazione musulmana. Importante il suo ruolo anche per la Reconquista.
Toledo è anche la sede dell’autorità religiosa (il Cardinale di Toledo), è importante anche per molti
aspetti politici.

La poesia di Garcilaso parla, in gran parte, della città di Toledo. Garcilaso nasce in una famiglia dell’alta
nobiltà, studia il latino (un idioma che padroneggiava abbastanza bene), seguì degli studi tipici di un
cortigiano tardo-medievale. Era anche musicista, infatti suonava l’arpa, cosa molto apprezzata. Un
evento storico in cui fu coinvolta anche la sua famiglia è quello dei ‘’comuneros’’. Pur nascendo nel
seno di una famiglia nell’alta nobiltà, non eredita molto in quanto non è il primogenito. Di Garcilaso
non abbiamo la sua data di nascita, ma quella di battesimo che è molto vicina. Non si sa quando è
nato precisamente.

Con la rivolta dei ‘’comuneros’’, il fratello minore di Garcilaso, Pedro Laso, è costretto a fuggire in
Portogallo. Garcilaso sceglie, invece, di restare fedele all’imperatore e combatte; nelle varie battaglie
viene ferito e morirà in battaglia nel contesto della guerra dei comuneros del 1536 (tra i 34 e i 38
anni). Il poeta parlerà della battaglia nelle sue liriche.

Garcilaso è l’unico della sua famiglia a restare fedele all’imperatore. Ciò accade perché sin da giovane
(18-22 anni), resta in contatto con giovani suoi coetanei a guardia dell’imperatore. Per lui farà anche
molti viaggi: nel 1523 sarà nominato sia nobile dell’ordine religioso spagnolo sia nobile cavaliere
fiammingo (dei territori fiamminghi). Successivamente prenderà parte ad un’altra impresa: questa
consoliderà l’assetto dei territori spagnoli. Ferdinando il Cattolico tenterà di impadronirsi del Regno di
Navarra. Durante il regno di Carlo V tenteranno, con un’offensiva, di riprendersi la Navarra. Garcilaso vi
parteciperà anche a questa battaglia. Nel 1525 si sposa con una dama di Austria. Dunque la donna è
molto vicina ai vertici dello stato. Da tale matrimonio nasceranno 5 figli: alcuni moriranno in battaglia,
altri moriranno, altri ancora intraprenderanno la vita religiosa; altri si sposeranno.

Garcilaso è considerato un poeta classico: troverà una sua espressione nel corso del 500. Nel corso
degli anni si cerca di comprendere al meglio molti eventi della vita di Garcilaso che restano misteriosi.
E’ a partire dalla sua poesia che si sono scoperti molti aspetti di Garcilaso.

La cultura europea dà il suo meglio nella realtà culturale dell’Italia. Questa cultura porta sia
ammirazione sia invidia. Carlo V commissionerà tante imitazioni (anche di Tiziano). L’italiano, inoltre,
al contrario dello spagnolo, è una lingua astratta. La letteratura spagnola sente il bisogno di
rinnovamento: a partire dal 500, molti poeti italiani saranno imitati da quelli spagnoli. Si imiterà una
tradizione di ben due secoli che parte dalla Sicilia. Nel 1529 Garcilaso verrà in Italia con l’imperatore;
quest’ultimo si fa incoronare a Bologna Imperatore del Sacro Romano Impero. Garcilaso si comporta
come protettore dell’imperatore; riceverà, una volta tornato in Spagna, degli incarichi molto più
impegnativi.

Successivamente, Garcilaso sarà esiliato su un’isoletta in cui rischia di diventare un emarginato. Viene
esiliato a Napoli. Questa è, nel corso del 500, la città più popolata in Europa e tra le più popolari in
Spagna. Per gli spagnoli, già nel 400, è conosciuta come ‘’la gran ciudad’’. Napoli e Toledo hanno in
comune il profilo geografico che resta invariato anche ai giorni nostri. Garcilaso sarà esiliato perché ha
fatto da testimone al matrimonio di un suo nipote che aveva fatto parte dei ‘’comuneros’’. Questo
nobile sposa una donna nobile contro il volere della famiglia. La famiglia si rivolge all’imperatore per
essere protetta e Carlo V vieta le nozze. Queste si celebrano comunque e Garcilaso ha l’ordine di fare
da testimone di nozze. Così, l’imperatore lo esilia: in un primo momento è molto duro, ma poi ottiene
una sorta di ‘’conversione’’. Ciò accade perché il poeta è molto vicino a Don Pedro de Toledo, uno degli
uomini più importanti per la città di Napoli (era il viceré) e appartenente alla famiglia dei duchi d’Alba.
Così, Don Pedro riuscirà a portarlo a Napoli: vi arriva anche in uno dei momenti più importanti
dell’Umanesimo italiano, il tardo umanesimo. Vi arriva, inoltre, nel periodo degli spagnoli. In quel
periodo scrive una buona parte delle poesie che conosciamo.

Il poeta non pubblicherà mai le sue poesie e non le riordinerà mai in ordine cronologico. Ciò è stato
molto disastroso. A Napoli riceve incarichi politici come quello di alcalde e anche incarichi militari.
Quando muore Garcilaso, le sue poesie saranno raccolte come appendice nelle opere poetiche di Juan
Boscán col titolo di ‘’Las obras de Boscán y algunas de Garcilaso de la Vega repartidas en cuatro
libros’’. Garcilaso diviene uno dei più grandi poeti della letteratura spagnola perché viene pubblicato
da un grande professore dell’università di Salamanca che pubblica le sue poesie in un’edizione
annotata, ossia quando un testo viene considerato un classico. Così, grazie a ciò lui ha una grande
diffusione. Garcilaso diventerà un mito per nobili e soldati che tentavano di coniugare le armi con gli
studi letterari.

Lezione V – 17 marzo 2017


La frattura che comporta la generazione di Garcilaso ha le sue origini nella letteratura dei cancioneros.
Dunque, sia Juan Boscán che Garcilaso scrivono poesie tradizionali. Nel corso del 400 si forma il
cosiddetto ‘’orgoglio spagnolo’’ dove con l’arrivo della poesia italianizzata, alcuni poeti vennero definiti
traditori. Il verso principale della letteratura italiana è l’endecasillabo costituito dal settenario e il
pentasillabo: sette + cinque fa dodici, ma il verso diventa endecasillabo grazie alla sinalefe che unisce
due sillabe. In spagnolo, realizzare la sinalefe è complicato in quanto le parole spagnole non sempre si
concludono con vocali come quelle italiane. Dunque, ci fu questa difficoltà anche a livello
contenutistico. La poesia italiana si diffuse in tutta Europa perché portava avanti delle idee; fu anche
un grande laboratorio sperimentale che viene ripreso in tutta Europa.

La poesia di Garcilaso è stata letta come un progetto incompleto. L’esperienza di Garcilaso nella poesia
spagnola non si conclude mai. Ancora oggi, molti poeti scrivono sonetti sul modello di Garcilaso, come
García Lorca, Jiménez ecc. Ovviamente vi furono anche altre esperienze.

Le poesie di Garcilaso non hanno titolo (l’idea del titolo alle poesie verrà più tardi). Le opere di
Garcilaso non hanno nemmeno un proprio ordine, questo sarà dato da chi le pubblicherà. Inoltre chi
ha fatto l’ordine ha pensato di ricondurre il primo sonetto alla tradizione petrarchista. I numeri scritti
in simboli romani vengono dall’edizione antica.

Sonetto I: questo componimento è stato assimilato ad un sonetto d’introito. Guardando da vicino,


però, le cose sono più complicate. La poesia stessa è complicata da comprendere. Nella produzione
poetica di Garcilaso non c’è il concetto dell’amore e della donna amata come proiezione verso il
Divino, non ci sono nemmeno riferimenti religiosi. Questo componimento non può essere compreso
se non si comprende il concetto dell’amore come esperienza mortale che si trova già nei cancioneros.
Il sentimento amoroso dà dolore perché non è corrisposto e, dunque, equivale alla morte. Il rapporto
amoroso è vissuto come un combattimento tipico della poesia quattrocentesca. Il sonetto è la
testimonianza di una transizione.

Traduzione: ‘’Quando mi fermo a contemplare il mio stato e a capire dove mi hanno portato i miei
passi, provo, considerando dove mi ero perso, di essere arrivato ad un male maggiore’’ (somiglianza
col primo sonetto del Canzoniere di Petrarca, ma non è il Canzoniere di Petrarca).

‘’Ma quando ho dimenticato il cammino, non so a quanto è arrivato questo male. So che sto morendo
e, la cosa che più mi dispiace è che insieme a me muoia la mia sofferenza (dolore). Morirò senza arte
(arte militare) come qualcuno che lotta senza essere capace di vincere. A chi saprà conquistarmi, se
vorrà poiché la mia volontà mi può uccidere, la tua, che non mi è tanto amica, se potrà cosa farà se
non farlo?’’ (se voglio morire io, figurati se lo vuoi tu; donna come nemica).

Sonetto V: il quinto sonetto è l’espressione di una creazione dell’elemento amoroso differente dalla
concezione medievale. Compare ancora il contrasto amore-morte. La dama garcilaciana non è crudele.
Questo sonetto è molto famoso perché è un sonetto metaletterario in quanto tratta la letteratura e la
scrittura. Garcilaso ci dice cos’è e cosa può essere la scrittura.

El Gesto -> una parola che viene dall’italiano; indica l’aspetto.

Traduzione: ‘’Il tuo aspetto è scritto nella mia anima. Quanto io desidero scrivere di te. (Vos deseo è
una parola chiave; il desiderio muove la scrittura). Quello che io voglio scrivere l’hai scritto da sola,
allora io devo leggere e leggendo mi difendo da te. Tutto quello che io vedo non riesce ad entrare
dentro di me (l’oggetto amato e l’amore sono qualcosa che va oltre la comprensione). C’è qualcosa che
io non comprendo (comprendere = riuscire ad entrare; ciò che capisci entra in te. L’immagine
dell’oggetto amato, quindi, va oltre la comprensione e anche oltre la scrittura. Si va, dunque, al
sentimento religioso per descrivere il rapporto amoroso. L’amore è anche un atto di fede dove si
accetta ciò che non si capisce). Sono nato solo per amarti, la mia anima ti ha tagliata sulla sua misura’’
(tagliare l’immagine come se fosse un vestito; Garcilaso si riferisce all’abito della vita).

Garcilaso aggiunge nella sua poesia: ‘’L’abito è l’emblema più alto della scelta dell’anima’’.

Lezione VI – 20 marzo 2017


Seppur postumo, Garcilaso è il primo poeta che si avvale appieno della diffusione della stampa. La sua
poesia era la lettura tipica di chi coniugava la letteratura ad altre professioni.

Sonetto X: Garcilaso non adotta, come oggetto del suo amore, una dama. Lui si riferisce all’amore. La
sua poesia marca il prima del sentimento amoroso e il dopo. Il sentimento amoroso coinvolge mente e
corpo e non prende il trascendente. La poesia è complicata linguisticamente: vi è il prima di un amore
non corrisposto e il dopo. Ma possono esserci incertezze su questo amore non corrisposto.
Le ‘’prendas’’ non sono vestiti; ‘’Dios’’ non si riferisce a Dio; ‘’pasadas horas’’ è tempo passato; ‘’vos’’
segna la distanza tra persone di rango nobiliare e la vicinanza tra chi si ama; vi sono metafore prese dal
mondo commerciale: ‘’todo el bien que por términos me distes’’.

Traduzione: ‘’Se l’amore non è corrisposto, riprenditi questi oggetti (prendas). Altrimenti devo
sospettare che mi desti tanto bene, perché desideravi vedermi morire in queste memorie tristi’’.

Nell’apparenza della poesia italianeggiante, lui vi pone elementi tardo-latineggianti.

Sonetto XIV: questo poema riprende letteralmente un poeta del secolo precedente, Ausias Marc, che
scrive nella seconda metà del 400. Il tema centrale è la ‘’malattia’’ e il bene e il male che può
provocare ad un bambino. Il meccanismo è paragonare un innamorato ad un bambino. Il bambino
chiede alla madre un alimento che la madre sa che può fargli male, ma viene presa dalla tenerezza del
figlio che glielo chiede, quindi non comprende il dolore e raddoppia il danno. Qui si riprende Ausias
Marc: Garcilaso vede l’amore come malattia dell’anima. Il suo pensiero amoroso è come la madre che,
senza pensarci, raddoppia il male. Lui vorrebbe togliere tale alimento, ma poiché il bisogno cresce
sempre di più, lui non si priva di tale alimento e, dimenticando che gli fa del male, si provoca la morte.
Il sentimento amoroso è quello che dà dolore.

‘’Enfermo y loco’’ = impossibile. Secondo il pensiero di Ausias Marc, l’amore in sé stesso è negativo,
soprattutto l’amore fisico perché distrugge il ragionamento. Garcilaso vi aggiunge il paragone del
sentimento amoroso a un comportamento infantile.

Sonetto XXIX: riprende il mito di Leandro e Ero. Leandro è innamorato di Ero. Per raggiungerla deve
attraversare a nuoto un braccio di mare. Durante il suo viaggio vari dei gli sono avversi e così lui muore
annegato, ma non per un incidente ma a causa del sentimento amoroso. Così, Garcilaso ne riprende il
momento della sua morte.

Traduzione: ‘’Passando per mano, Leandro il coraggioso ardendo nel fuoco d’amore, il vento divenne
più forte, il mare tempestoso, l’acqua divenne più furiosa. Vinto dalla fatica e non potendo contrastare
le onde, attraversò angosciato più per la perdita dell’amore più del bene della propria vita che stava
correndo. Parlò alle onde in questo modo, senza essere mai ascoltato. Onde, fatemi arrivare lì ed
eseguite la vostra volontà di morte al ritorno e non all’andata’’. (Quindi, dopo aver consumato il
desiderio amoroso).

Garcilaso cerca, come avevano fatto altri poeti contemporanei, il locus amoenus nella realtà che vive,
in particolare, al fiume Tago a Toledo. Questo luogo gli allieterà i componimenti come la terza egloga.
Fatto sta che Garcilaso approfondisce il tema bucolico. Nel 700 vi è pero una rottura che fa credere
che la poesia bucolica è stata superata. Ad oggi, a causa di questa rottura, ci è difficile pensare la
presenza del tema bucolico che, invece, era molto presente.

Sonetto XI: le ninfe nascono dalle divinità con sembianze umane. Dunque, rappresentano l’emblema
della bellezza. Loro rimandano all’essere primigeneo. L’acqua è il simbolo del ritorno ad uno stato
primogenito del è l’elemento originario dell’amore e della vita.

Traduzione: ‘’Belle ninfe che, messe nel fiume abitate felici nella dimora delle pietre lucenti (gli abissi
sono una sorta di mondo ideale). Sia che stiate tessendo assorte o che stiate tessendo le delicate tele,
o che siate una con l’altra appartate raccontandovi gli amori, lasciate un attimo il lavoro per alzare le
bionde teste per guardarmi e non lo farete per molto per la sofferenza (lástima) o potrete con calma
consolarmi perché mi convertirò in acqua piangendo’’. (Piange così tanto che il sentimento amoroso è
così forte da trasformarsi in un elemento così omogeneo come l’acqua).

Garcilaso si sente parte della grande storia universale raccontando la storia mitologica.

Sonetto XXIII: è il sonetto più famoso della letteratura spagnola perché manifesta il tema del ‘’carpe
diem’’. Da un punto di vista strutturale, questo sonetto è caratterizzato da una lunga premessa (le due
quartine) in cui il soggetto appare solo all’inizio della terzina. Ciò serve a marcare un prima e un dopo.
Questo prima e questo dopo saranno di natura diversa.

Traduzione: ‘’Finché (en tanto) di rosa e di giglio (il rosa, rosato e il giglio, bianco colore pallido.
Contrasto tra il colore bianco e il colore più rosso. Perché il bianco? Perché è quello che rappresenta la
bellezza femminile e, poiché le dame non potevano esporsi al sole, il bianco rappresenta il colore del
pudore che è legato al suo rango. Il rosa rappresenta la passione. La gioventù combatte con il pudore e
la passione) appare il colore del vostro volto (gesto) e che il vostro sguardo ardente onesto, finché, i
capelli che hanno scelto il colore dell’oro (capelli biondi = il dorato è considerato aristocratico visto che
i reali erano tutti appartenenti ai popoli del nord come i visigoti, germanici, ecc) con un volo veloce e
verranno mossi, sparsi e disordinati dal vento, cogliete della vostra dolce primavera il dolce frutto
(l’amore) prima che il tempo iroso copra di neve la bella cima (capelli bianchi). Il vento gelido farà
appassire la rosa (distruggerà la passione e il bell’aspetto) e il tempo veloce trasformerà tutto finché
non cambia (tempo = edad ligera dal latino)’’.

Finché il vento agita i capelli = sensualità. Nell’iconografia dell’epoca la dama mostra i capelli legati per
celare la sensualità.

Il tema del carpe diem non sarebbe possibile all’interno del ‘’tempo fugit’’. Anche le coplas di
Manrique si caratterizzano per questo tempo fugit, ma la soluzione non è il carpe diem. E’ l’ubi sunt.
Garcilaso rovescia questa ipotesi ponendo il carpe diem. Lui segna il prima e il dopo in due età
dell’uomo: quella fugace e quella della vecchiaia e, quindi, la prefigurazione della morte. Il modello
latino è Ausonio e poi c’è il modello più vicino che è Bernardo Tasso. Garcilaso, pur partendo da
modelli, vi aggiunge degli elementi che non appartengono a questi modelli e, quindi, riesce a creare
elementi nuovi.

NB = il portamento, il colore dei capelli, gli occhi, sono elementi che sono i canoni tipici della pittura
rinascimentale. Infatti, questo sonetto ci rimanda a molte opere rinascimentali come quelle di
Leonardo (La dama con l’ermellino) o Botticelli (la Primavera, la Nascita di Venere ecc..)

Lezione VII – 24 marzo 2017


Il regno di Filippo II coincide con la seconda metà del 500; muore nel 1598.

1558 -> muore Carlo V e questo dà vita al nuovo regno di Filippo II.

Regno di Carlo V -> imperatore per eccellenza. Aspira ad essere l’unificatore della cristianità. Affronta
delle crisi (protestanti, contrapposizione con l’impero turco). I turchi invadono tutti i Balcani arrivando
fino alle porte di Vienna.

Filippo II -> si accentuano alcuni tratti dell’ortodossia religiosa che diviene uno strumento politico.
Cercherà, però, sempre un’alleanza col papato. L’impero non sarà internazionale, cosmopolita, ma sarà
l’impero spagnolo. Egli è l’ultimo monarca che governa in prima persona. L’occupazione turca continua
fino alla prima guerra mondiale.

Siglo de Oro = è un’epoca di enorme dinamicità della società, ma anche di enormi problemi.

500 -> epoca dei famosi tercios (eserciti).

Filippo II si fa costruire una fortezza/convento di San Lorenzo e la fa costruire su una pianta


quadrangolare.

Il monarca nasce nel 1527 e ebbe quattro mogli perché la mortalità per parto era altissima e perfino le
regine, mettendo al mondo un figlio, a volte morivano. La prima moglie è la principessa di Portogallo
che muore per parto; la seconda è la principessa inglese Maria Tudor (figlia di Enrico VIII) da cui non
ebbe figli.

Il principe ereditario Don Carlos inizia ad avere instabilità mentale. Questo fu traumatico perché prima
fu rinchiuso in una prigione dove morì a 24 anni. L’imperatore non diede mai una spiegazione pubblica
per la morte del figlio. L’erede al trono sarà poi Filippo III, figlio della terza moglie (principessa
francese) Isabel de Valois. Si pensa che Carlos si innamorò della matrigna Isabel che erano coetanei,
altri pensano che tutto ciò non esista e che questi siano motivi romantici.

Uno degli eventi più importanti del regno di Filippo II è quello di spostare la capitale del suo regno a
Madrid (1561). Madrid diventerà il centro dell’impero spagnolo della letteratura, del teatro.

1563: costruzione dell’Escorial (a 40 km da Madrid). E’ uno degli edifici più grandi d’Europa.

Problemi del regno di Filippo II:

1) Ribellione dei moriscos, che non sono dei veri e propri musulmani. Per i nobili i moriscos
ebbero particolare impostazione poiché nella terra. I moriscos non volevano convertirsi al
cristianesimo.
2) Ribellione nelle Fiandre (ferita aperta per oltre 80 anni). Gli olandesi e i belga non vogliono
convertirsi al cristianesimo. Molti spagnoli che combattono nelle Fiandre moriranno, come
accadrà al fratello di Cervantes.

3) Impero turco: il momento espansivo verso i Balcani è finito perché l’impero ha già delle
dimensioni enormi. I turchi sono piuttosto pericolosi nel Mediterraneo, erano un ostacolo per
gli spagnoli per quanto riguarda i traffici marittimi nel Mediterraneo e la pirateria nell’Atlantico.

Alleanza: corona spagnola, papato e la repubblica di Venezia che ha colonizzato le coste dell’Adriatico
= la lega santa

1540: i turchi conquistano Cipro che faceva parte del territorio veneziano.

Battaglia di Lepanto (1571): importante dal punto di vista simbolico. Vittoria dei cristiani (il cui
condottiero era Juan de Austria, fratello di Filippo II), la flotta turca viene distrutta per circa 2/3;
muoiono circa 30.000 persone.

Espansione in Asia: gli spagnoli arrivano facendo tutto il giro dal Messico.

Re del Portogallo (nipote di Filippo) vuole conquistare il Marocco. Così, crea una piccolissima armata a
cui partecipano molti spagnoli. Una volta sbarcato in Marocco, l’armata viene sterminata (non
verranno trovati nemmeno i corpi).

1578: vuole fare un’impresa come quella di Filippo a Lepanto.

Lo zio viene nominato re, ma poi muore. Così l’erede al trono diverrà Filippo II che diviene re Filippo I
di Portogallo, quindi eredita anche tutti i luoghi che avevano conquistato in Africa e in Oriente.

Nel 1588 Filippo II vuole conquistare anche l’Inghilterra; in questo momento in Inghilterra regna la
regina Elisabetta. Gli spagnoli creano la grande armata, fatta di nove navi (galeoni) e invadono
l’Inghilterra. Nell’avvicinarsi al territorio inglese, gli spagnoli dovettero affrontare delle tempeste molto
forti, quindi gran parte delle navi viene distrutta. Non conquistano l’Inghilterra perché hanno navi più
grandi e pesanti, mentre gli inglesi hanno navi più leggere, ma dotate di cannoni. Questo avvenimento
segna l’inizio della grande potenza inglese e segna anche il declino di Filippo II e dell’impero spagnolo.
La decadenza dell’impero spagnolo si sgretolerà in due secoli.

Lezione VIII – 27 marzo 2017


Le opere di Cervantes sono opere che si ricollegano alla grande storia e guardano anche alla società
come il Don Quijote.

Cervantes nasce ad Alcalá de Henares. Le sue origini sono molto ricercate e studiate: di lui, non
sappiamo la data di nascita. Ciò accade spesso per i personaggi storici e gli scrittori come Garcilaso.
Così, si considerano i certificati di battesimo. Molti studiosi hanno ipotizzato la falsità del certificato di
Cervantes: prima del ritrovo di questo certificato non si conosceva nemmeno il luogo di nascita
dell’autore del Don Quijote.

Cervantes nasce in una famiglia di hidalgos. Il nonno è un giurista che proviene da una famiglia nativa
di Cordoba. Diventerà addirittura avvocato del tribunale dell’Inquisizione ed è per questo che si
ipotizza la vicinanza ad ambienti di alto rango sociale. Probabilmente, la famiglia di Cervantes è una
famiglia abbastanza ortodossa, anche se è una famiglia di commercianti. Il mestiere dei commercianti
viene spesso avvicinato a quello dei fattucchieri in Spagna e quindi è malvisto. Inoltre, il padre era
medico. Tale mestiere è attribuito ai conversos. Poiché è impossibile documentarlo, non si sa se queste
notizie sono significative o meno. Ad un certo punto, il padre di Cervantes lascia la famiglia per lavoro.
Durante tutta la famiglia del padre, del nonno e dello stesso Cervantes vi sono documentati momenti
difficili, addirittura di prigionia. Una prospettiva di grandi avventure, ma anche di grande frustrazione.

Durante la sua infanzia fu, molto probabilmente, a Siviglia, a Valladolid e a Madrid. Ma non vi sono
certezze. Probabilmente, durante i continui spostamenti della famiglia, lui veniva trasferito nei collegi
per assicurare la sua educazione. Cervantes sarà sempre uno scrittore nomade.

Cervantes studiò in una specie di istituzione parauniversitaria, l’Estudio de Villa. Si può dire che è
un’istituzione che prepara all’università. Il rettore, Juan Lopez de Hogos, gli darà l’incarico di realizzare
quattro poesie che poi inscriverà nell’antologia dedicata alla regina Isabel de Valois. In un certo senso,
lo lancerà come scrittore.

Nel 1569, a 21 anni, a Roma diviene il cameriere del cardinale napoletano Acquaviva. Probabilmente,
si trasferì a Roma perché stava per uccidere un funzionario durante un duello e fu condannato all’esilio
e al taglio della mano. Così, scappò a Roma. Questo lo sappiamo grazie ad un documento di esilio in
cui vi è scritto ‘’Miguel de Cervantes’’ e si è ipotizzato che fosse lui perché all’epoca il ‘’de’’ si metteva
e si toglieva con disinvoltura. Anche se vi sono altre ipotesi che spiegano questo trasferimento a Roma.

Cervantes si arruolerà nell’esercito spagnolo per la battaglia di Lepanto. Nel 1571, vicino alla costa
greca, la flotta della Lega Santa combatte contro quella turca. Vi saranno molti morti e feriti. Tra i feriti
vi è anche Cervantes. La battaglia di Lepanto sarà spesso romanzata nelle opere di Cervantes in cui
racconta come voleva che fosse andata. In battaglia, fu ferito da tre colpi, di cui uno sulla mano
sinistra. L’impresa di Lepanto rimase molto tempo nell’immaginario collettivo europeo, ma poi in due-
tre anni la flotta turca si riprenderà.

Dopo Lepanto, Cervantes rimase in Italia tra Rimini, Messina e Napoli dove stette in ospedale.
L’ospedale sarà un tema ricorrente nelle sue opere e, in particolare, la malattia fisica e mentale.
Resterà a Napoli per circa un anno e mezzo, poi vi resterà legato per tutta la vita. Resta in Italia nella
speranza di far parte di una nuova battaglia con la Lega Santa che non ci sarà mai. Si arruolerà
comunque per varie imprese militari, farà carriera e sarà apprezzato. La cosa gli costerà perché, al suo
ritorno in Spagna si fa fare dei documenti per provare la sua quantità e qualità della sua attività
militare (una sorta di raccomandazione). Così, al suo ritorno in Spagna, la sua flotta verrà attaccata dai
pirati e lo scrittore sarà fatto prigioniero ad Algeri insieme al fratello Rodrigo. I pirati trovano i
documenti e, credendolo una persona importante, lo rinchiudono e pongono un riscatto altissimo che
i familiari non possono permettersi di pagare. In particolare, la madre si adopera per fare delle
petizioni per chiedere la libertà dei suoi figli. Saranno i frati delle missioni dei trinitari a pagare il
riscatto che però basterà solo per uno. Nonostante Cervantes sia il fratello maggiore, fa liberare suo
fratello. Successivamente, lo scrittore tenterà di fuggire quattro volte. Non verrà ucciso nella speranza
del pagamento del riscatto. Vi sono anche altre numerose ipotesi riguardo questa sua mancata
uccisione, come quella della collaborazione. Alla fine, riuscirà a tornare in Spagna a Madrid. La vera
attività letteraria di Cervantes inizia nel 1580, a 33 anni. Il 1580 è l’inizio di una fase importante: il Siglo
de Oro, in cui non si fanno solo rappresentazioni teatrali, ma vi è anche la costruzione di teatri.

Lezione IX – 31 marzo 2017


Cervantes resta ben dieci anni fuori dalla Spagna. Nei primi cinque anni vi è una lontananza voluta, poi
il rapimento ad Algeri. Cervantes passa alla storia come ‘’el manco de Lepanto’’, a causa della ferita
riportata alla mano.

Negli anni del suo ritorno, in Spagna sorgono i teatri. La moltiplicazione di queste strutture fa
moltiplicare il numero degli attori, il numero di testi e il numero di spettacoli. Cervantes stesso ha
scritto circa trenta opere teatrali tra commedie e tragedie. In questi anni, Cervantes entra in contatto
con vari letterati.

Cervantes non riesce ad essere un uomo di lettere. Per vivere deve fare ‘’el comisario de abastos’’ (una
sorta di funzionario) e l’esattore delle tasse. Le opere di fine 500 ci sono poco note in quanto, prima
del 600, tali opere erano destinate alla rappresentazione e dopo un certo periodo (spesso lungo a
causa della tournée) venivano abbandonate. Inoltre non c’era l’interesse di leggere.

La tragedia più importante di tutti i tempi è ‘’La Numancia’’, mentre un’altra importante è ‘’El Trato de
Angel’’ che riprende il periodo di prigionia vissuto da Cervantes. Influenzato dai cinque anni in Italia,
Cervantes avrà una concezione classica del teatro. Lui non ammetterà mai la sua influenza italiana a
causa del suo orgoglio spagnolo. L’Italia è una specie di fonte a cui gli spagnoli si ‘’abbeverano’’.

La Jerusalén è un manoscritto ritrovato da uno studioso. L’opera è un adattamento di Torquato Tasso.


L’opera è stata attribuita a Cervantes ed è un’attribuzione molto valida in quanto lui era molto vicino
alla letteratura italiana.

Nel 1584 ha una relazione con Ana Franca Rojas (19 anni lei, 40 lui) da cui nascerà la sua unica figlia
Isabel. Soprattutto, si sposerà per soldi e sperando di consolidare la sua posizione economica. Nel
1585 pubblica il suo primo libro, la primera parte de la Galatea. E’ un libro che si sviluppa sulla scia
della moda europea più radicata: i romanzi pastorali. E’ un libro de pastores. Nella Spagna tra 500 e
600 non c’è un modo per definire il romanzo. Per questo si usa questo termine. I romanzi sono già
esistenti, ma in questi anni nasce la definizione di romanzo. Anche le opere di Cervantes
contribuiscono alla nascita di questo concetto.

La Galatea è ambientata a Napoli (o in ambienti comunque vicini). L’opera è dedicata ad Ascanio


Colonna, un cardinale napoletano che nel momento della pubblicazione non era ancora cardinale, ma
lo stava per diventare.

Il Don Quijote è un viaggio nella società dell’epoca: si parla di contadini, artigiani … quindi è un
romanzo sociale. Cervantes, per scrivere tutto ciò, si avvale della sua esperienza personale coi clerigos
grazie ai quali incontrerà diverse classi sociali e, addirittura, persone instabili. In questo modo, diverrà
un grande osservatore.

Nel 1597, dopo aver fatto l’esattore delle tasse, diviene ‘’comisario de abastos’’. Dall’Andalusia manda
dei soldi a Madrid ma, intanto, la banca chiude e, non essendo arrivati i soldi, viene imprigionato per
vari mesi. In questo periodo abbozza il Quijote, stampato negli ultimi mesi del 1604. Stampato male,
pieno di errori e su una carta scadente, il Quijote è un libro comico, orientato fondamentalmente a
prendere in giro gli altri generi letterari, in particolare, il romanzo cavalleresco. Dunque, per capire il
Don Quijote, bisogna aver presente la letteratura precedente.

Don Quijote de la Mancha è un nome burlesco; la Mancha non è un territorio illustre, è un territorio
famoso perché non vi sono nobili, ma contadini rozzi e moriscos. Quindi, già dal titolo è un libro
parodico. Nonostante ciò, l’opera ebbe molto successo. Vi sono edizioni pirata e contraffazioni a
Lisbona o Bruxelles. Dopo il successo del Don Quijote, Cervantes non pubblica libri per vent’anni.

Pedro Fernández de Castro, meglio conosciuto come ‘’Duque de Limos’’, diviene viceré di Napoli e, nel
suo viaggio, decide di portarsi molti scrittori, ma non Cervantes. Così, lo scrittore inizierà a scrivere
delle opere dedicate a lui. Cervantes voleva tornare a Napoli, ma non ci riesce. Tra le opere dedicate al
Duque de Limos citiamo ‘’Novelas Ejemplares’’.

Lezione X – 7 aprile 2017


La narrativa spagnola del 500:

Chi scrive può farlo solo nel momento in cui sa cosa il pubblico vuole leggere. Bisogna, quindi, vedere i
modelli precedenti. Fra il 400 e il 500 c’è un aumento dell’alfabetizzazione, quindi, c’è un aumento del
numero dei lettori. Nasce il romanzo epistolare, in quanto la prima forma di scrittura che diciamo può
essere considerata di scambio è la lettera, anche perché le lettere hanno un andamento narrativo. In
realtà, sta nascendo il concetto di romanzo. Solitamente, in queste lettere, il tema principale è
l’amore. E’ un tema non tanto scontato.

Tratados de amor: sono stati definiti romanzi sentimentali. Sorgono nel XV secolo, combinando la
poesia cancioneríl con la tematica cavalleresca. Punta ad essere bella esteticamente, grazie alla
tematica e a come vengono scritti, che a noi risultano comunque illeggibili. Questo linguaggio piace
molto e ne vengono stampati moltissimi, almeno fino alla metà del Cinquecento, poiché si sentono
superati. Queste storie, infatti, vengono prese in giro dal Don Quijote.

Le dame sono le maggiori scrittrici e il modo di scrivere è particolare. Questa narrativa iniziò con
l’essere stampata, divenne seriale. Nasce proprio con l’idea di poter trasmettere, ma con un linguaggio
molto artefatto. Tuttavia, il lettore inizia ad abbandonare questo genere, non solo per il linguaggio, ma
anche per i temi poiché stavano diventando scontati, dato che avevano sempre un epilogo tragico.

Una delle opere più importanti per lo sviluppo della narrativa occidentale è la Celestina che si presenta
sottoforma di dialogo, ma è un’azione drammatica in prosa. Viene scritta da uno studente universitario
di Salamanca ed è il primo libro ad essere stato tradotto in molte lingue. Cervantes legge la Celestina,
infatti lo cita nel Don Quijote. E’ un libro un po’ licenzioso, infatti, parla di altri amori quali prostitute o
ruffiani, ma non viene mai censurato.

Ciò che comunque ha influenzato e formato il lettore del periodo sono i romanzi di cavalleria, che
inizialmente imitano i manoscritti medievali. Vengono stampati in folio, ogni pagina era un folio,
mentre oggi sono stampati a quaderno che è molto più economico. Il primo grande successo è
l’Amadís de Gaula che è il rimaneggiamento di un testo più antico, molto probabilmente. Viene
tradotto in molte lingue e dà il via ad una serie di imitazioni. Capostipite del genere, il romanzo di
cavalleria è caratterizzato da un forte successo: questi libri erano letti pubblicamente a coloro i quali
non sapevano leggere, prassi che rimase fino al 900. Quindi, non solo vengono comprati da cavalieri,
ma circolano anche così.

Ma cosa si leggeva? Gli editori andarono a riprendere testi che somigliassero a romanzi, ma anche
testi dell’età antica. Riprendono, in particolare, l’Asino d’oro di Apuleio, un’opera che non fa comunque
parte del canone greco, ma è un libro che può piacere a noi. Sopravvive in un solo manoscritto,
conservato nella Biblioteca di Cassino. Scoperto da Giovanni Boccaccio, che ne capisce subito il valore
e lo ripiega alle proprie esigenze. In spagnolo viene tradotto da un’intellettuale erasmista, Diego López
de Cartagena, che utilizza però uno spagnolo che può essere considerato vicino a noi.

Altro genere che influenza non solo Cervantes, è il genere dal tono ameno, di contenuto miscellaneo o
para-storiografico, mischiando fantasia e realtà. Un’altra cosa che potrebbe somigliare alla miscellanea
sono le cronache di viaggi e imprese, anche militari. Ricordiamo i diari di Colombo, che non vengono
pubblicati ma nascosti; non sono nascoste, invece, le lettere di Hernán Cortés a Carlo V per
raccontargli le imprese di conquista del regno azteco. Una testimonianza di primo piano di un Cortés
che va alla conquista di questo impero contro la volontà delle autorità e per questo scrive al re,
raccontandogli delle imprese e facendo di Carlo V il nuovo imperatore e facendo di lui stesso il nuovo
Cesare con un nuovo ‘’De Bello Gallico’’. Quando arrivò a Città del Messico, scoprì delle meraviglie che
ricordavano quelle dei romanzi, trascrivendole. Inoltre lui partì con pochi uomini per conquistare
qualcosa di grande, quindi viene anche da chiedersi se sia un folle o un genio (tematica della malattia).

Un altro genere è quello dell’autobiografia. Pensiamo al romanzo d’avventura ottocentesco, anche se


non è presente in Spagna. Non ci sarebbero state storie inventate se prima qualcuno non avesse
vissuto queste cose. Così anche nel 500. Pensiamo al Lazarillo de Tormes, un libricino di appena trenta
pagine che, in realtà, è un romanzo vero e proprio. E’ il fondatore del romanzo picaresco. Non ha il
nome dell’autore poiché come primo impatto si presenta come una storia vera, storia di un
mendicante che poi diventa altro. Chi aveva un po’ di istruzione, sapeva che era un romanzo. E’ l’inizio
di un genere che iniziò, appunto, a metà del 500 e continua tuttora.

Altro genere, ancora, è il libro de pastores, che nasce sulla scia del genere idilliaco dell’antichità ma,
adesso, si è pensato di mischiare poesia a questo mondo di pastori. Il primo fu scritto nel 1599 da un
portoghese, intitolato ‘’La Diana’’. Questo è il genere preferito dal Don Quijote, il quale disse di voler
essere un pastore innamorato, se non fosse un cavaliere errante. Lo stesso Cervantes, come primo
libro, scrive un romanzo pastorale, intitolato ‘’La Galatea’’, rimasto però incompleto nonostante
l’autore sperava di concluderlo.

Abbiamo poi la narrativa breve, medievale ed ovviamente il romanzo picaresco, tutti caratterizzati da
un personaggio che abbandona tutto per intraprendere un viaggio attraverso sé stesso e la società.
Cervantes non amava questo genere, infatti, cerca di scrivere qualcosa di alternativo.

Lezione XI – 10 aprile 2017


Il teatro del 500 e del 600 spagnolo è il fenomeno europeo più importante. E’ un fenomeno molto
complesso. Il teatro in Spagna nasce, in una forma embrionale, nel 1100 con l’Auto de los Reyes
Magos, ritrovato nel XVIII secolo. E’ un testo molto elementare che è legato alla liturgia. In ogni caso,
un vero teatro non esiste in tutta Europa. In alcuni paesi esistono delle rappresentazioni drammatiche
che però non c’entrano nulla col teatro.

Il teatro è qualcosa che si dichiara nuovo e antico al tempo stesso. Il teatro antico viene dall’antica
Grecia e dall’Impero Romano. Ad un certo punto, però, il teatro si perde di vista come
rappresentazione, testo ed edificio. Addirittura, si pensava che il Colosseo fosse un teatro. Nello snodo
tra la seconda metà del 600 e del 700 rinasce come teatro comico e, subito dopo, come teatro
drammatico. In questo periodo si rileggono i testi comici di Plauto e Terenzio e poi, in Italia si inizia a
pensare di rimetterli in scena nel 1486. Le commedie di Plauto influenzano sia i comici dell’epoca che,
addirittura, quelli di oggi. Ciò che si fa è, soprattutto, imitare per attualizzare, è eguagliarla e superarla.

Il teatro italiano si orienterà, molto presto, nella prosa. Ariosto, per richiesta del duca, riscrive una sua
opera in prosa. Per gli spagnoli, il teatro va ad orientarsi in poesia.

Durante tutto il 500 ci si interroga su cosa fosse il teatro e come fossero fatti i teatri antichi. Nell’epoca
dei romani, e così sarà in tutta Europa, il teatro rappresenta un elemento di coesione: il teatro va dal
Portogallo alla Russia. Il teatro è espansione della civiltà europea. Il teatro è il rispecchiamento di un
sentire collettivo. La tragedia rappresenta i sentimenti più alti; la commedia quelli bassi. Tutto ciò si fa
attraverso la ‘’catarsi’’. Il teatro europeo nasce dalla contaminazione dei due.
I primi teatri nascono in Italia con l’obiettivo di riprodurre i teatri antichi, gli spazi dove si rappresenta.
Oltre a cercare di imitarli, in Italia e in Europa si tenta di riprodurre anche ciò che si rappresenta.

Secondo la lettura dei testi di Aristotele, un testo per essere un testo teatrale deve rispettare i
seguenti criteri:

- La storia deve svilupparsi in un solo giorno (unità di tempo)

- La storia deve svolgersi in un solo luogo (unità di luogo)

- Il dramma deve comprendere un’unica azione (unità di azione)

Durante il Barocco e il 700, le tre unità vengono rispettate.

In Italia nascono le prime compagnie teatrali professionistiche. Il termine ‘’compagnia’’ viene dal
lessico della realtà economica. Alla fondazione della compagnia, infatti, c’è un atto formale che è il
contratto. La prima compagnia a fare ciò è la Compagnia di Ser Maphio che nel 1545 a Padova stipulò
il primo contratto davanti ad un notaio.

Il teatro spagnolo si svolgerà su tre direttrici: il teatro religioso, il teatro cortigiano (di origine italiana,
che si rappresenta a corte o nei conventi), ma quello più importante è il teatro pubblico. Il teatro di
corte è rappresentato dai mecenati e impersonato dai nobili o ‘’aficionados’’, servi di corte; gli
spettatori che sono gli invitati. Nel teatro religioso, patrocinato dall’autorità ecclesiastica, dai comuni o
ordini, gli spettatori non pagano. Non vi è differenza con l’elemento liturgico e quello spettacolare.
Ovviamente il pubblico sa qual è l’uno e quale l’altro. La dimensione del teatro cambia quando si
decide di far pagare il biglietto. Per vari decenni, le compagnie cercano uno spazio: in Spagna nasce
una domanda di teatro e la ricerca di uno spazio. In Inghilterra, si costruiscono teatri di legno.

Lope de Rueda è il primo che ha la fortuna di stampare le sue opere. Appartenente ad una famiglia di
Orafi, era capocomico, drammaturgo e attore principale.

Una parte importante nel teatro lo spagnolo la hanno gli attori italiani. Per quanto riguarda gli edifici,
gli attori italiani nelle città spagnole rappresentavano nei corrales, cortili che i comici contribuiscono a
trasformare in teatro. Il corral più famoso è il Corral de Almagro, più volte ristrutturato. Nel corral tutti
possono entrare, ma i porti (come oggi) corrispondono alla capacità di spesa degli spettatori. Gli
ecclesiastici hanno un ingresso a parte. Il teatro era gestito dalla municipalità che lo affida alle
confraternite che a loro volta lo davano alle imprese private.

Uno dei teatri più importanti è il Teatro Espanol, dove prima sorgeva il Corral del Principe. Il genere più
importante che si svolge nei teatri letterari è la commedia. Nasceranno, successivamente, le
tragicommedie che tendono a mischiare le commedie nelle tragedie. Per i corrales, scrissero alcuni dei
loro capolavori i più grandi drammaturghi spagnoli come Cervantes, Lope de Vega, Tirso de Molina,
Calderón de la Barca.
Napoli è uno strano anello di congiunzione tra l’Italia e la Spagna: vi è una legislazione spagnola, ma
una cultura tutta italiana. Dunque, è una città trilingue perché si rappresentano opere in spagnolo,
italiano e napoletano.

Lezione XII – 28 aprile 2017


La Numancia è una delle poche opere teatrali che ci sono pervenute da Cervantes. E’ considerata la
sua opera teatrale. Egli scrive opere teatrali in due momenti: alla fine del 500 e nei primi decenni del
600. E’ considerata la più importante tragedia spagnola di tutti i tempi. Cervantes aspira a scrivere una
vera e propria tragedia adeguandosi ai canoni così come li percepivano i classicisti. Il modello di
tragedia più vicino al suo è quello della tragedia latina, in particolare, la tragedia di Seneca. Numancia
è un dramma (testo teatrale) che mette in scena un episodio storico, ambientato in un tempo lontano
in cui intervengono solo gli uomini. Non vi sono eventi sovrannaturali.

Cervantes afferma di aver scritto una trentina di opere teatrali che hanno avuto successo. Egli dice ciò
perché il termine ‘’commedia’’ inserisce in sé stesso sia la commedia che la tragedia, infatti si chiamerà
tragicommedia. Egli scrive questo dramma a partire dal 1538 al 1585. Egli decide di mettere in scena
un episodio storico che è diventato un mito leggendario; è un episodio che viene riportato nella
storiografia dei vincitori, cioè dei romani.

I romani chiamarono Ispania tutta la penisola iberica. Prima conquistano l’Italia, poi conquistano le
zone limitrofe. Nella loro espansione trovano delle resistenze che restano nella storiografia romana.
Ciò che noi sappiamo delle popolazioni precedenti ai romani, lo sappiamo grazie alla storiografia
romana. Per sconfiggere la resistenza, i romani inviano Pablo Cornelio Escipion Emiliano che arriva in
una situazione di conflitto con una grande armata. Scipione cambia la strategia di combattimento: ciò
rappresenta il passaggio dall’età arcaica, primitiva, a quella moderna.

Nell’antichità vengono tramandate due storie su Numancia:

1. Scipione, arrivando nella penisola, cambia la strategia in modo che i nemici possano essere
colti di sorpresa. Egli riesce a conquistare la città, ma quando ciò avviene, quasi tutti gli abitanti
sono morti o per peste o per suicidio. I romani hanno due alternative: o conquistano il
territorio e ne conservano le leggi, le idee, la religione oppure distruggono i popoli, li
condannano. Le città e i popoli ribelli sono condannati a sparire. Però i romani vogliono anche
distruggere per costruire un’immagine gloriosa, di coesione ideologica. Perché una guerra
abbia un senso, deve essere non solo combattuta, ma anche raccontata. Perché una guerra sia
efficace, anche se distrutta doveva lasciare delle prove.

Cervantes prova a dare senso a questo spettacolo. Crea una cerimonia.

2. A Scipione viene sottratta la materia dal suo trionfo perché la prima parte della storia racconta
che tutti i cittadini sono molti, quindi si è unificato un suicidio di massa, sottraendogli quindi il
trionfo.

Cervantes sceglie la seconda versione della storia.

La storia della Numancia somiglia più all’Iliade che ad un testo antico, in quanto, sia l’Iliade che la
Numancia parlano di un assedio. E’ un dramma di transizione: è diviso in quattro atti, a differenza
dell’Italia, dove le opere teatrali sono divise in cinque atti.

Il dramma si svolge tra il recinto che i romani fanno per circondare la città e tra l’interno della città.
Tutta l’azione, secondo la teoria classicista, dovrebbe durare 24 ore, ma in realtà la Numancia durerà
più tempo.

La Numancia comincia con l’arrivo dell’eroe, ossia, Scipione è l’eroe. Questo viene in parte dalla storia
e in parte dalla leggenda. Egli arriva a Numancia già carico di gloria, in quanto ha sconfitto e distrutto
Cartagine.

Cambio di strategia: costringere i numantini alla resa; decide di sconfiggere la resistenza della città in
assedio. Gli abitanti di Numancia, prima che inizi la guerra, provano a mandare un’ambasceria: dicono
a Scipione che vogliono trattare, chiedono pace, riconoscendo l’autorità di questo personaggio.

Perché i Numantini non vogliono essere conquistati dai romani? I testi storiografici non lo dicono,
mentre Cervantes prova ad esprimere le ragioni del popolo sconfitto. Secondo Cervantes loro si
sarebbero sottomessi se non vi fosse stato un governo tirannico.

L’eroe della tragedia deve essere un personaggio alto, non può essere un vigliacco. L’eroe sbaglia
perché è troppo sicuro di sé, è accecato da qualcosa e ciò è manifestato dalla risposta che dà Scipione:
egli preferisce la guerra alla pace, preferisce arrivare allo scontro e non gli interessano le ragioni dei
numantini. La sua figura è stata paragonata a quella di Ulisse.

Tragedia: scontro di due ragioni, entrambe valide, importanti. Cervantes non può stare da una parte o
dall’altra perché così sembrava che la guerra si potesse evitare.

Lezione XIII – 5 maggio 2017


L’archeologia ha confermato l’esistenza di Numancia. Cervantes adatta questa materia storica
all’attività letteraria. Cervantes è anche un inventore: la materia è antica, ma tende a proiettarsi verso
il presente.

Questa tragedia mette in scena il momento finale dello scontro tra l’esercito romano, guidato da
Scipione, e i cittadini di Numancia. I romani consideravano i numantini dei barbari.

Numancia si articolare in quattro atti, ‘’jornadas’’. Le tragedie antiche, invece, erano articolate in
cinque atti.
L’esordio del dramma è l’arrivo del condottiero romano che deve sconfiggere i numantini. Scipione
arrivava già carico di gloria per la vittoria contro Cartagine. I numantini vorrebbero proporre una pace
a Scipione, che risponde sdegnato: infatti, rifiuta di trattare gli abitanti di Numancia alla pari, vuole
sottometterli. Di questi popoli di cui non non si sa niente, Cervantes vuole trasmettere l’idea che loro
sono i veri antenati della Spagna. Scipione vuole addomesticare questo popolo. Cervantes sa bene
come si sente questo popolo, in quanto, anche lui è stato prigioniero cinque anni dai turchi. Ma ha la
fortuna di non essere trasformato in schiavo perché i turchi capiscono che può essere riscattabile e
che vale molto.

Scipione rappresenta l’eroe antico che deve avere dei grandi valori; non deve essere accecato da
qualcosa, in questo caso, la sua voglia di prevalere, la presunzione. Scipione guarda gli abitanti di
Numancia con ammirazione e disprezzo. Decide che la guerra con Numancia verrà condotta in un altro
modo: i numantini dovranno morire di fame, di epidemie. La fame è uno dei protagonisti del dramma
che apparirà violentemente negli atti successivi.

Cervantes è stato uno dei primi a mettere in scena i sentimenti dei personaggi attraverso le figure
allegoriche. Una di queste allegorie è il fiume Duero. Attraverso tali figure allegoriche, Cervantes
stabilisce un legame tra il presente ed il futuro (una sorta di profezia). Quello che mette in scena è la
rappresentazione di ciò che il pubblico sta vivendo.

Jornada II: Cervantes ci presenta i numantini, le loro vite. Gli verrà rimproverato di aver inserito questi
sentimenti in una tragedia del genere. C’è, infatti, una storia d’amore tra due personaggi: Morando e
Lira. Questi barbari hanno dei sentimenti, delle credenze, una religione. Cervantes mette, infatti, in
scena un rituale in cui viene chiamato uno stregone che invoca la forza dell’aldilà per interrogarla sul
futuro di Numancia (queste rappresentazioni in futuro saranno proibite). Lo stregone fa tornare in vita
un morto per sapere quale sarà il futuro dei numantini; questo è un soldato che parlerà con un
linguaggio enigmatico. Per non assistere alla fine di Numancia, lo stregone si suicida (anche il suicidio
sarà proibito). Il suicidio sarà l’estremo rimedio di tutti gli abitanti; è un rimedio scelto fin dall’inizio:
invece di sottomettersi, decidono di morire.

Jornada III: i numantini propongono di risolvere la guerra con una serie di battaglie individuali.
Scipione risponde sdegnato; i numantini considerano i romani dei vigliacchi. Dopo il rifiuto dello
scontro individuale, i numantini decidono comunque di morire in battaglia, ma vengono fermati dalle
donne: se gli uomini muoiono in battaglia, saranno abbandonate. Così gli uomini rinunciano all’idea. Il
rimedio alla sottomissione allora non sarà più la battaglia, ma la distruzione: i romani non devono
trovare ricchezze, così distruggono ogni cosa di valore. La grande fame di Numancia affligge e sfocia
nell’antropologia. I numantini, infatti, per sfamarsi, vanno alla ricerca dei romani da mangiare.
Cervantes manda un messaggio: la guerra viene sofferta anche e, soprattutto, da chi non combatte.

Jornada IV: lo spettatore sa già che Numancia verrà distrutta. Sopravvive solo un ragazzo che i romani
vorrebbero catturare come segno di trionfo ma, pur di non dare soddisfazione ai romani, si getta dalla
torre (suicidio come atto estremo di valore). Guerra, malattie, fame = figure allegoriche.

Nel primo ottocento questo dramma è stato molto apprezzato per il valore dei numantini.

Messaggio di Cervantes: critica all’imperialismo secondo alcuni critici; altri credono che difende i
popoli sottomessi.

Cervantes da che parte sta? Non c’è chi ha ragione e chi ha torto, altrimenti la tragedia si potrebbe
evitare. Lo scrittore che porta dentro di sé delle contraddizioni e la contraddizione è di mettere in
scena due ragioni valide.

Lezione XIV – 8 maggio 2017


Prologo del Don Quijote: vi è un continuo rimando tra la finzione letteraria e la realtà. Cervantes
voleva che il lettore venisse stupito da questa mescolanza. Ciò avviene e infatti realtà e fantasia non si
distinguono.

Nel 1604, un anno prima di pubblicare il Don Quijote, Cervantes pubblica un prologo che egli scrive
per avere una prospettiva dell’opera. Questo prologo viene pubblicato quando l’opera è già conclusa.
Alla base del Don Quijote c’è voglia di burla, una svalutazione delle opere. L’autore ci introduce in
questo gioco di realtà e finzione che continuerà nel testo. Il prologo non è firmato, ciò ci fa capire che
parla con un ‘’yo’’; la persona che narra il prologo sembra reale. E’ un personaggio reale all’interno di
un romanzo che è fittizio.

Il ‘’desocupado lector’’ è il destinatario dell’opera, il lettore. Per ‘’desocupado’’ si intende che il lettore
ha preso il libro perché non aveva niente da fare. Inoltre, egli afferma di essere uno scrittore così
infimo che ha preso il libro solo perché ha del tempo libero. E’ umile. In realtà, ironizza su sé stesso.
Così tiene presente che il lettore leggerà anche in modo distratto. Il desocupado è anche colui che si
dedica ai libri di cavalleria ed è lui che gli ha fatto fare successo. Il desocupado lector è un nemico del
narratore che, invece, vorrebbe che questi libri non avessero successo. Considera il genere
cavalleresco tra gli ultimi generi letterari. Il desocupado lector è libero di giudicare il libro che ha tra le
mani, può liberamente approcciarsi al testo. Il lettore (che oggi siamo noi) accetta il patto di finzione
proposto all’autore. Ogni parola utilizzata da Cervantes ha significato.

Con i due punti dopo il ‘’desocupado lector’’, Cervantes spiega al suo lettore che questo libro è come
un figlio per lui. L’autore vorrebbe portare alla luce il figlio più bello, ma non ha potuto alterare
l’ordine della natura perché ogni figlio somiglia ai suoi genitori. Quindi, lui è mediocre e non può
creare un figlio bello. Di conseguenza, il libro (suo figlio) non sarà mai bello perché è mediocre
(metafora molto famosa e utilizzata all’epoca).

Cervantes parla di una ‘’carcel’’: si suppone che l’idea del Quijote sia nata in una delle prigioni,
probabilmente quella di Siviglia. Probabilmente, per altri studiosi, è una prigione metaforica. Vi sono,
dunque, diverse teorie. In sintesi, lui dice al desocupado lector che non deve pensare che questo libro
sia chissà cosa, ma è un libro mediocre. Nonostante lui sia medicore, lui vede quest’opera come
un’opera bella.

Ad un certo punto, il desocupado lector diviene un carisimo lector: vi è ora, un rapporto strettissimo
tra il lettore e l’autore. Cervantes afferma di non essere il padre del Quijote, ma il patrigno perché lui
non fa altro che far tradurre il testo dall’arabo. L’autore è uno storico arabo. Quindi Cervantes si
definisce padastro. Si sta contraddicendo: vi è un gioco di realtà finzione. Il lettore è libero di poter
dire e fare di questo testo ciò che vuole perché il narratore ha completa fiducia nel lettore.

Poi il narratore comincia a raccontare di come è nata l’idea del prologo nello stesso prologo. Cervantes
parla esplicitamente di Lope de Vega, criticandolo aspramente. Nel 1604, Lope pubblica l’Arcadia che è
piena zeppa di riferimenti e filosofi. Cervantes critica tale usanza. Vi è un passaggio dal discorso
indiretto al discorso diretto. Vi è un dialogo tra l’autore e un ‘’amigo’’ che aiuta il narratore: è un suo
alter ego. Il narratore afferma di non aver alcuna intenzione di fare questi riferimenti come Lope de
Vega e altri scrittori dell’epoca. Lui critica tale usanza perché la vede come una formalità senza senso
che non dà né toglie nulla all’opera, dà solo tanto lavoro. Il problema lo pone ad un amico perché non
può dire che sono inutili. Lui non ha bisogno dell’aiuto di altri lettori, lui le cose le sa dire. Cervantes si
accusa di essere uno scrittore umile, non all’altezza, ma l’amico lo rimprovera dicendo che è bravo.

Cervantes finge che Don Quijote sia un personaggio famoso di cui si sono trovate le tracce. L’amigo gli
consiglia di auto-creare dei sonetti che prende dall’inizio. Fa ironia su di sé per la perdita della mano
sinistra nella battaglia di Lepanto: se perdesse anche la destra, non potrebbe più scrivere.

Quindi ironizza sulle opera dell’epoca; vi sono termini in latino, citazioni da Orazio, Ovidio, la Bibbia e
San Matteo: il narratore dice di avvalersi di queste situazioni che non servono più a nulla perché
vengono usati da tutti e così diviene un grammatico, uomo di lettere (bisogna mostrare, esibire la
conoscenza delle lettere).

Lezione XV – 12 maggio 2017


Ultima parte del prologo

Vale => formula latina del saluto, augurio. Cervantes la usa per salutare il lettore.

Dopo le parole dell’amico, il narratore può presentare la sua opera senza ornamenti: è importante il
contenuto. Alla fine del prologo, il narratore introduce la storia dell’uomo Don Quijote de la Mancha; il
narratore vuole ringraziamenti dal lettore per avergli fatto conoscere Sancho, simbolo di particolarità
positive tipiche della cavalleria.

Sancho – Don Quijote: un’altra costruzione binomica

Versos preliminares: sonetti a decine


Organda de la desconocida: personaggio dell’Amadís de Gaula (libro con cui il Quijote impazzisce).

Primo capitolo:

Nel titolo ritroviamo parole come: ‘’Famoso’’ = Cervantes vuole far credere al lettore che il Don
Quijote è già famoso (come tutti gli eroi cavallereschi), non sta raccontando nulla di nuovo; ‘’Valiente’’
= con coraggio perché era un cavaliere; ‘’Hidalgo’’ = appartenenza a classe sociale; ‘’Higo de algo’’ =
che possiede qualcosa, diventano nobili per i loro possedimenti. E’ una nobiltà inferiore a quella di
sangue che viveva a corte. Ma comunque dei privilegi. Non dovevano pagare tasse, avevano pochi
doveri. Si trasmetteva di padre in figlio. Gli hidalgos non vivevano né nel lusso, né nella povertà. La
loro indipendenza deriva dalle terre che possedevano. Non lavoravano, ma avevano molti hobbies
come la caccia. Tutto questo tempo libero permetteva loro di immaginare una vita differente e leggere
i libri di cavalleria. Gli hidalgos, nel ricordo del loro splendore, di quelle guerre che si raccontavano nei
libri di cavalleria, non avevano la possibilità di entrare nell’esercito per questo si rifugiavano nei libri di
cavalleria.

Prime righe del capitolo: il lettore diviene soave. Non è specificato luogo e tempo. Il narratore parla in
prima persona, non vuole ricordare al lettore da dove viene il protagonista, nomina solo la regione (La
Mancha). Ciò si ricollega sempre ad una critica ai libri di cavalleria dove c’erano precisioni assurde su
luogo e tempo. Nega al lettore anche le precisazioni sul tempo (no mucho tiempo). Parodia del libro
cavalleresco.

Dopo una descrizione molto imprecisa, il narrativo descrive ciò che Don Quijote mangia. Ciò per dare
indicazioni sul tenore di vita abbastanza duro del Quijote. Il menù era fisso e non poteva subire
cambiamenti. Dopo il cibo, passa agli indumenti che indossava. (De lo mais fino = doppio significato.
Materiale fine o sottile a causa dell’usura.)

In casa con Don Quijote c’erano una governante dopo i 40, una nipote che non arrivava ai 20 anni e un
garzone, unico lavoratore della casa. Questi personaggi non avevano gli stessi interessi del Don Quijote
e per questo era come se fosse solo. Successivamente, il narratore entra nel particolare con l’età del
protagonista (più o meno 50 anni, l’età di Cervantes) e si passa alla descrizione fisica (corporatura
magra e viso smonto).

Il narratore ritorna all’imprecisione poiché finge di non sapere come si chiami questo personaggio; si
giustifica dicendo che i vari manoscritti riportano cognomi diversi (essendo Don Quijote è gia famoso).
Il narratore ribadisce, però, che la realtà è questa: i personaggi non vivono storie impossibili, ma storie
che potrebbero presentarsi a tutti. Si passa alla motivazione per cui questo personaggio comincia la
sua ascesa verso la pazzia. Il protagonista, leggendo i libri di cavalleria, comincia a vendere alcune
terre fondamentali per la sua rendita per poter comprare i libri di cavalleria. Comincia a perdere il
contatto con la realtà per dedicarsi a qualcosa di irreale. Cita e critica Feliciano de Silva (che usa giri di
parole immensi per non dire nulla), colui che scrisse la seconda parte della Celestina. L’ascesa nella
pazzia è articolata in tre momenti:
1. L’imperfetto ci dà il senso di continuità: ‘’perdeva piano piano il senno’’. Pobre cavallero:
coinvolgimento del narratore; povero perché vittima dei libri di cavalleria e inconsapevole di
ciò che succederà. Il Don Quijote non dormiva più per cogliere il senso dei libri di cavalleria
(cita un personaggio). La sua realtà erano i libri. Compaiono due personaggi fondamentali:
Nicolas e un sacerdote, tra i pochi che vorranno riportare al senno Don Quijote.

2. ‘’En resolución…’’: lentamente si immerse (passato remoto, qualcosa di già consolidato) nei
testi, si inaridì il cervello e arrivò a perdere il senno. Non si interessa più delle persone che lo
circondano, ma farebbe di tutto per vivere quelle avventure. Processo di trasformazione vera e
fisica della sua identità per divenire un cavaliere.

3. ‘’En efecto, rematado’’.. il protagonista perde completamente il senno. Cervantes descrive


questo pensiero come il più pazzo al mondo. Prende le armi dei suoi antenati (che erano,
quindi, dei cavalieri) rotte e ammuffite. Con il cartone costruisce la sua ‘’celada’’ (elmo) in una
settimana, ma una volta colpita per provarla si distrugge. La ricostruisce mettendo delle sbarre
di ferro e non la colpisce più. Cerca di procurarsi un cavallo e prende, quindi, il suo ronzino. Il
cavallo non valeva nulla, era molto magro e, probabilmente, era anche malato, ma per Don
Quijote era molto più forte di quello del Cid e di quello di Alessandro Magno. Pensò per
quattro giorni al nome del cavallo perché doveva essere un nome famoso, degno di un
cavaliere. Lo chiamò Rocinante (da Rocín e antes = prima ronzino). Il protagonista, dopo aver
dato un’identità al cavallo, sceglie il proprio nome: Quijote. ‘’Ote’’ è il suffisso ironico da
‘’Lanzarote’’. ‘’Don’’ dal latino ‘’dominus’’, padrone, utilizzato per rendere il nome nobile. ‘’De
La Mancha’’: come Amadís si dà una patria, la Mancha. Al cavaliere manca una sola donna da
amare, a cui dedicare le proprie gesta. Ebbe gioia nel momento in cui trovò una giovane
contadina, Aldonza Lorenzo, di bell’aspetto da trasformare nella dama nobile. Il protagonista,
per trasformarla in grande dama, le cambia il nome in Dulcinea del Tobaso.

Nel primo capitolo ancora non compare Sancho che, nonostante sia consapevole della follia del Don
Quijote, gli resta fedele fino alla morte.

Lezione XVI – 15 maggio 2017


Cenni finali sul prologo:

Per quale motivo un testo diventa un classico? Perché c’è qualcosa che va oltre il testo letterario e
l’autore. E’ un testo inesauribile; è questo che accade al Don Quijote: è un testo che sta al centro della
letteratura spagnola e non solo, è al centro della tradizione letteraria. Il Don Quijote non sarebbe il
grande classico di oggi se Cervantes non avesse l’esperienza del teatro e della poesia. Il prologo è la
messa in scena della soggettività dell’artista. Cervantes non trova le parole per parlare di sé stesso. Tra
quello che viene rappresentato e chi rappresenta c’è una mediazione. Come nel Barocco e nel
Manierismo nell’arte, in letteratura Cervantes nel prologo sa che l’opera non nasce da sola, ma nasce
attraverso la mediazione.

Primo capitolo:

Quindi il primo capitolo è una serie di istruzioni al lettore. Ciò che dice Cervantes lo pensa per i lettori
del futuro (noi). Dobbiamo essere noi a comprendere il senso. ‘’En un lugar de la Mancha, de cuyo
nombre no quiero acordarme’’, qui Cervantes sta spiegando al lettore ciò che è il Don Quijote, anzi, ciò
che non è. Cervantes sta facendo un romanzo sperimentale. Nella sua epoca non esistono ancora i
romanzi. Sembra un paradosso, ma lui sta sperimentando un genere ancora inesistente. Cervantes si
pone come momento centrale della tradizione e rivendica la sua tradizione. Uno degli elementi di
sperimentazione è l’invenzione di fatti che lui definisce realmente accaduti, ma fittizi. I generi letterari
che circondano Cervantes sono quelli fantastici, generi che sono esauriti e hanno esaurito i suoi
personaggi: romanzo cavalleresco, romanzo pastorale, romanzo sentimentale. Hanno lasciato delle
aspirazioni nei lettori del presente. Cervantes li rinnova. Cervantes parla al lettore del futuro che legge
di qualcuno vicino ad un’epoca simile alla sua. I lettori che leggevano (il desocupado lector), erano
persone dell’alta società, hidalgos che erano come Don Quijote che hanno imparato a leggere e a
scrivere. Noi non potremmo leggere il Don Quijote insieme. Le persone che non potevano leggere si
riunivano e leggevano insieme oppure lo imparavano a memoria. Ma ad essere imparate a memoria
erano le poesie, no i romanzi come il Don Quijote. Per leggerlo, bisogna immedesimarsi. Il lettore che
legge il Don Quijote ha bisogno di dire ‘’Don Quijote sono io’’. Cervantes prova a portare nel mondo
contemporaneo la memoria di una narrativa che guarda verso il passato o l’utopia (un passato mai
esistito). Il meccanismo che lega queste due cose è la follia. Il Don Quijote è la storia di un folle. Un
esempio di folli nel passato è dato dall’Orlando Furioso che Cervantes conosce bene. Il Don Quijote è
diverso: Don Quijote non impazzisce per amore, ma per l’idea dell’amore: Dulcinea del Toloso è una
dama inesistente. Don Quijote si nutre del romanzo cavalleresco e impazzisce perché non trova
riscontro nella realtà. L’idea iniziale del romanzo è di risolvere lo scontro in una direzione possibile. La
chiave di lettura di tutto ciò è di due tipi:

1. Chiave della compassione: Don Quijote è pazzo, folle, soffre di una malattia che non può curare
e riceve la compassione del lettore. E’ un romanzo pietoso, triste.

2. Chiave comica: tutto quello che provoca dolore può risolversi in una chiave comica. Tutto ciò
che ci fa soffrire, ci può rovesciare e far ridere: Don Quijote è uno che ‘’capisce una cosa per
un’altra’’.

Vi è, quindi, lo scontro tra ilarità e realtà: la comicità è una componente, ma non è l’unica, come la
compassione. Questa si è tradotta in modo differente: l’identificazione, possiamo identificare Don
Quijote come pazzo; ma non è sciocco. Questo è un libro fatto da molti strati: vi sono cose accessibili a
tutti e altre più velate. Il libro è attraversato da un personaggio e le sue avventure che poi attraggono
altri nuclei e storie che non c’entrano nulla con il protagonista.

Don Quijote non si chiama così, lui si autonomina. Il suo vero nome lo si conosce solo alla fine del
romanzo: Alonso Quijano. E’ lui che ha deciso di essere Don Quijote. Vive in una realtà simile al lettore
che ha deciso di ispirarsi ai personaggi letterari come Amadís de Gaula.

Per l’epoca fu un libro divertente, per il lettore si tratta di un ambiente a lui noto. Don Quijote se ne va
di casa diventando cavaliere andante che teoricamente non è mai esistito. All’epoca di Cervantes le
imprese degli eserciti sono fatte con le armi da fuoco e non vi era la cavalleria.

Secondo capitolo:

Don Quijote è veramente pazzo o fa il pazzo? Vi sono elementi che fanno credere che lui sia pazzo e
altri elementi in cui sembra tutta una messa in scena. Nel Don Quijote c’è un aspetto teatrale: vi è
un’infantilizzazione, regressione. Secondo l’interpretazione psicologica, si ride di fasi dello sviluppo
psicologico che sono cominciate. Il personaggio del Don Quijote, dunque, in parte è teatrale (un
pagliaccio) o un bambino. Dunque, il lettore si identifica o prende le distanze.

Durante il suo viaggio, Don Quijote inizia ad avere dei dubbi: lui vorrebbe fare il cavaliere andante
senza essere cavaliere. Per diventare cavaliere, ha bisogno di essere nominato cavaliere da un altro
cavaliere. Così, decide di andare da un castellano. Durante il viaggio, trova una locanda che crede un
castello e ciò che accade nella locanda sarà ciò che per lui significherà diventare cavaliere. Don Quijote
crede di essere in un romanzo cavalleresco, ma si trova in un romanzo picaresco. Infatti, nella locanda
si andava per riposare, bere e scommettere e spesso si rischiava la vita in qualche rissa.

Lezione XVII – 19 maggio 2017


Capitolo VIII:

Cervantes ha bisogno di far capire al lettore cosa sta scrivendo e lo fa col prologo e il primo capitolo.

Il capitolo VIII è il capitolo più importante per capire il libro: vi sono le prime due avventure di Don
Quijote e Sancho Panza.

I primi sei capitoli raccontano la storia di un hidalgo che ha la passione per i romanzi di cavalleria.
Questo personaggio si convince di essere un cavaliere e scappa di casa. Cervantes potrebbe essere
partito da una novella. Nella biblioteca del Don Quijote ci sono molti libri. In particolare ci sono libri di
cavalleria. Salvano i libri che hanno valore per lo scrittore, salvano l’Amadís de Gaula; il resto li
bruciano. Salvano anche il ‘’Tirante Blanco’’. Ci sono i romanzi pastorali, di cui ne salvano i primi due
cioè ‘’La Diana’’ e ‘’La Divina innamorata’’; non salvano ‘’La Galatea’’, scritta da Cervantes. Fanno ciò
per togliere la radice del problema, murano la stanza e dicono a Don Quijote che lì non c’è mai stata
una stanza.

Il capitolo VIII introduce tutto ciò che sarà dopo tramite due episodi: uno compiuto ed un altro
incompiuto (sfida dei cavalieri). Nel capitolo VIII vi è una chiara differenza di percezione: Don Quijote
vede quello che vuole vedere; ciò rimanda all’elemento metaletterario.
Lezione XVIII – 22 maggio 2017
Las novelas intercaladas (capitoli XII – XIII – XIV)

Il Quijote è un’opera di difficile inquadramento. E’ un romanzo, ma che tipo di romanzo?

Nella loro avventura, Don Quijote e Sancho incontrano vari personaggi con diverse storie. Queste
storie vanno a inserirsi nel romanzo e sono le cosiddette ‘’Novelas intercaladas’’. Nel Quijote ne
esistono 7. Molti critici hanno sollevato la questione secondo la quale queste storie erano troppe.
Addirittura, nella seconda edizione Sancho e Don Quijote accuseranno l’autore. In realtà, queste storie
sono importanti: nella prima parte, queste storie sono molte di più, nella seconda sono ridotte. Le
sette storie sono tutte legate tra loro dal tema amoroso: amore allegro, amore tragico, amore non
corrisposto, ecc… Inoltre, queste storie presentano diversi generi come quello pastorale (novela
pastoríl); novella italiana (di ambiente fiorentino e con una costruzione dei personaggi molto
approfondita); novela morisca, dove i protagonisti sono gli arabi, i ‘’moros’’; novela picaresca, dove si
racconta la biografia o l’autobiografia del protagonista. Questi sono solo alcuni dei generi a cui
Cervantes si ispira.

La prima novela intercalada la incontriamo nel capitolo XII che è la novela di Grisostomo e Marcela.
Tale novela appartiene al genere pastorale. Don Quijote, ferito all’orecchio, si ferma presso dei pastori
che lo curano. E’ lì che lo raggiunge un ‘’cabraro’’ (Pedro), un pastore che racconta la storia di questo
Grisostomo. La storia che si racconta è già terminata, in quanto Grisostomo è morto. La storia viene
raccontata perché Grisostomo non può essere seppellito secondo la religione cristiana perché suicida,
ma lui vorrebbe essere seppellito dove ha incontrato per la prima volta Marcela, dove inizia la sua
tragedia. L’amico Ambrosio vuole accontentarlo, ma non il clero del paese. Don Quijote si interessa
dell’argomento.

Il pastore inizia a spiegare che Grisostomo era un nobile che aveva studiato a Salamanca e vi era
tornato con tante conoscenze, ma già da principio lui esclama: ‘’Pastor estudiante (contrasto) que ha
muerto de amor’’. Inizia un botta e risposta tra Don Quijote e il pastore. Quest’ultimo è analfabeta e
così il dialogo diviene comico: vi è lo sbaglio di Pedro e la correzione di Don Quijote. Cervantes vuole
mettere in rilievo come parlavano i pastori dell’epoca. Cervantes vuole mettere il realismo nella
parola: vi è, quindi, una duplice finalità: comicità e realismo. Il pastore è disinteressato dal suo modo
di parlare, a lui interessa dare un messaggio.

Grisostomo era uno studente che decise di diventare pastore (riflette l’usanza dei ragazzi di cambiare
costume e diventare pastore). Anche il suo amico Ambrosio diventa pastore.

Grisostomo è astrologo, studente e, addirittura, poeta: realizzava villancicos e autos sacramentales.


All’improvviso diviene pastore e ciò fece scalpore perché era intelligente. In seguito alla morte del
padre, eredita le sue ricchezze. Nonostante i suoi averi, dava molto ed era generoso. Grisostomo
decide di diventare pastore perché vuole seguire Marcela, di cui è innamorato. Quando il pastore
Pedro parla di Grisostomo, sbaglia sempre le parole, ma nel descrivere Marcela non sbaglia più e, anzi,
usa anche termini più ricercati. Marcela è, tuttavia, vista in modo negativo. La madre di Marcela
muore dopo il parto. Lei era molto più ricca di Grisostono. Viene idealizzata quasi quanto le donne di
Dante e Petrarca. Lei era bellissima quanto sua madre. Resta orfana molto giovane e viene cresciuta
dallo zio sacerdote. Molti la chiedono in sposa, ma lei rifiuta tutti. Durante il racconto, Don Quijote
cambia comportamento e fa le veci del lettore dicendo che sta raccontando molto bene e smette di
correggerlo. Una volta che Marcela decide di diventare pastora, molti decidono di seguirla, come
Grisostomo. Non le chiedono più la mano, ma continuano ad adorarla. Marcela è libera e non vuole
assolutamente nessun uomo. Pensando alle donne dell’epoca, loro non erano libere. E’ un
personaggio che va contro la formazione del Quijote: Marcela non ha bisogno di alcuna difesa.

La storia di Marcela e Grisostomo è divisa in tre capitoli detti anche ‘’parti’’ che vanno dalla cura di
Don Quijote fino al funerale. Il capitolo XIII costruisce una sorta di intermezzo e sospensione della
storia dove Don Quijote incontra un sacco di personaggi che comprendono che Don Quijote è pazzo.
Tutti questi pastori si stanno dirigendo tutti al funerale: c’è un pastore, Vivaldo, che ha molte domande
per il Quijote, affrontando tre punti molto importanti per Don Quijote:

Il cavaliere andante o di corte.

Il cavaliere monaco o di cavalleria.

Le donne dei cavalieri, in particolare, Dulcina del Toboso.

Interessante è il terzo punto: Vivaldo chiede di più su Dulcinea. Vi è una descrizione perfetta (come la
donna angelo di Petrarca). Vivaldo inizia a chiedere la sua discendenza e Don Quijote inizia a dire ciò
che non è e poi gli dice che lei non ha tanti discendenti, ma può dare onore al suo lignaggio
diventando la prima. Vivaldo afferma di non aver mai sentito nominare Dulcinea del Toboso. Una volta
arrivati al luogo del funerale, vi è una descrizione di tutto ciò che c’era. Vi erano, in particolare, dei libri
e dei fogli con tutte le poesie di Grisostomo che venivano bruciati, in quanto lui non voleva lasciare
nulla. Marcela è presentata da Ambrosio come la nemica mortale dell’umanità. Ambrosio diviene un
ulteriore narratore della storia. Ambrosio prova a riportare alla luce le poesie di Grisostomo: Vivaldo
prende una dal titolo ‘’Canción Desesperada’’. Ambrosio afferma che è la sua ultima opera. Il capitolo
XIII si conclude con due punti: infatti, il capitolo XIV inizia con la canción di Grisostomo letta da
Vivaldo. Probabilmente, questa venne scritta da Cervantes a parte, prima della realizzazione del
Quijote. La canción sembra annunciare il suo suicidio, ma non di Marcela. Si parla di gelosie e
tradimenti. Infatti, Vivaldo affermò che secondo lui non era pertinente alla loro relazione perché
parlava di gelosie e tradimenti appunto. Ambrosio spiega che tutto ciò che descrive l’immaginazione di
Grisostomo è la lontananza tra i due che fa immaginare una possibile relazione.

Ad un certo punto arriva Marcela che fa un discorso a suo favore per difendersi dalle accuse. Lei dice
che è libera di amare chi vuole. Inoltre, non è colpa sua se è così bella. Si paragona alla vipera: non è
colpa della vipera se è velenosa, è opera della natura come è opera della natura che Marcela è bella.
Ribadisce di essere libera e di non aver dato alcuna speranza a Grisostomo, è solo colpa sua se si è
suicidato per lei. Nonostante tali accorgimenti, dopo il suo discorso, mentre va via, molti tentano di
seguirla e così, Don Quijote si erge a suo difensore e non vuole che nessuno la segua altrimenti andrà
contro la sua ira. Dopo il funerale, Don Quijote tenta di seguire Marcela ma non la trova e così la
novela non continua. Cervantes usa questa storia per raccontare una storia che appartiene al genere
bucolico e dà un forte messaggio: l’amore deve essere libero da ogni costrizione e non deve essere
forzato se non è corrisposto.

Lezione XIX – 26 maggio 2017


Don Quijote: la novela del curioso impertinente (capitoli 33-34-35).

Questa novella viene presentata come un manoscritto trovato in una locanda in Sierra Lorena, in cui si
trovano Don Quijote e Sancho. In questa Sierra vi è un barbiere, un curato, il locandiere, la moglie e la
figlia del locandiere, Cardenio e Dorotea. Questi ultimi due personaggi sono entrati a far parte della
vita del Quijote fingendosi una principessa che deve essere salvata. Serve solo per placare Don
Quijote.

Nel capitolo XXXII, in particolare le ultime due pagine, si parla della veridicità dei romanzi di cavalleria.
Sancho si rende conto che tutto ciò che gli era stato promesso era fittizio e così, decide se
abbandonare il Quijote alla fine del viaggio o proseguire. Intanto vi è una valigia lasciata incustodita
con all’interno dei fogli su cui vi è scritta la novela del curioso impertinente. Mentre Marcela e
Grisostomo sono personaggi reali all’interno dell’opera, il curioso impertinente è solo una novela. Si
tratta di un manoscritto ritrovato all’interno di un manoscritto ritrovato (Don Quijote). Il curioso
impertinente occupa tre capitoli.

Il barbiere afferma che è un titolo interessante: si sta lodando colui che l’ha scritta. Così, grazie al
barbiere, tutti vogliono leggerla. Il barbiere è il lettore e tutti (i personaggi e noi lettori compresi)
diventano gli ascoltatori. Con l’inizio del capitolo scompaiono tutti i personaggi del Quijote. Ci viene
presentato un luogo, Firenze, e due amici, Lotario e Anselmo, ricchi cavalieri e aristocratici. Il curioso
impertinente è Anselmo, che vuole provare la virtù (la fedeltà) di sua moglie Camila. Così, chiede
all’amico Lotario di conquistarla con tutti i mezzi possibili per capire se resiste e, se così è, se è una
brava sposa e lui la amerà per sempre. Lotario afferma che ciò è follia (che si collega al Quijote) e
rifiuta. Vi è un discorso lungo in cui paragona la donna con tre metafore: ermellino, specchio e
diamante. Ermellino perché questo, quando scappa dal cacciatore, se trova una pozzanghera davanti a
sé, pur di non sporcarsi, si ferma e si lascia catturare. Specchio perché una buona moglie è come lo
specchio che con un solo gesto si sporca: la moglie se la tocchi (tenti), si sporca (cede).

Anselmo non si convince e Lotario è costretto ad accettare. In realtà, finge di tentarla e dice ad
Anselmo di farlo. Questa cosa, però, viene scoperta perché Anselmo finge di dover partire e li spia
capendo che non è vero nulla. Così, va da Lotario e lo obbliga. Così, Lotario inizia a comprendere che
Camila è una bella donna.

Il narratore descrive Anselmo in modo negativo, definendolo ignorante. Nel momento in cui Lotario la
corteggia, Camila scrive una lettera ad Anselmo chiedendogli di tornare. Il capitolo XXXIII si conclude
con due punti e il capitolo XXXIV inizia con la lettera di Camila. Anselmo le assicura che tornerà, ma
non lo farà. Camila, intanto, cede. Al suo interno, Lotario dice ad Anselmo che non è successo nulla e
che si è innamorato di un’altra donna. Alla presenza di Anselmo e Camila, leggerà una poesia che lui
crederà per questa fantomatica donna di cui Lotario si è innamorato, ma Camila sa bene che è per lei.

Successivamente, si aggiunge un quarto personaggio: Leonela, amica e confidente di Camila alla quale
lei racconta tutto. Così, sentendosi libera, ha un fidanzato che entra ed esce dal palazzo. Camila non
dice nulla per paura che Leonela confessi il suo tradimento ad Anselmo. Il fidanzato, però, viene visto
da Lotario che lo crede amante di Camila. Preso dalla gelosia, svela ad Anselmo che lei è stata infedele
con Lotario, ma non è successo nulla di irreparabile, però gli consiglia di nascondersi per vedere.
Allora, pentendosi, Lotario va da Camila e le dice tutto e, allora, Camila gli racconta di Leonela e il
fidanzato. Così, Camila e Leonela architettano un piano in cui Camila finge di volersi suicidare perché
non vuole tradire il marito. Si colpisce lievemente con un pugnale. Anselmo abbraccia Lotario e lo
ringrazia perché crede Camila fedele.

Il racconto si conclude e, in tutto ciò, Don Quijote sta dormendo. Il lettore è riportato alla ‘’realtà’’ del
Don Quijote. Vi è ancora qualcosa da leggere in realtà: Sancho interrompe la lettura chiedendo aiuto
perché Don Quijote si ritrova a combattere contro un gigante per proteggere la principessa. Un curato
gli risponde che non è possibile perché i giganti sono lontani. Entrati nella stanza, trovano Don Quijote
con la camicia da notte alzata (quasi nudo) e il cappello da notte. Nella mano sinistra aveva la coperta
e nella destra la spada con cui combattere. In realtà, stava sognando. Dorotea torna indietro, vedendo
quello spettacolo orribile. Il sangue che aveva visto Sancho era il vino rosso che era schizzato a causa
dei colpi di spada. Aveva rotto gli otri. Alla fine, Don Quijote, soddisfatto per aver ucciso il gigante, si
calma e torna a dormire. Tutti tranquillizzati, tranne Sancho che cercava la testa del gigante, il curato
continua la lettura.

Ad un certo punto, Anselmo si rende conto dell’inganno perché Leonela viene sorpresa col suo
fidanzato e lui vuole punirla e, così, lei gli chiede di non farlo e lei domani gli racconterà un grande
segreto. Anselmo lo dice a Lotario. Quest’ultimo capisce cosa vuole raccontare e lo dice a Camila che
fugge in un monastero insieme a Lotario che si arruola. Il giorno dopo, Anselmo è così curioso di
sapere che non si accorge che Camila è fuggita. Leonela, però, non c’è: anche lei è scappata. Anselmo
resta completamente solo. Leonela non avrebbe mai tradito Camila. Tutta la verità viene raccontata da
un uomo che gli racconta i fatti di Firenze, ma non sapeva che lui fosse Anselmo. Alla fine, decide di
morire. Prende un foglio e inizia a scrivere che è lui il creatore del suo disonore e perdona Camila.
Muore mentre scrive per la disperazione. Lotario morirà in battaglia a Napoli e Camila morirà nel
monastero. Conclusa la storia, il curato dà due giudizi: uno alla letterarietà, lo stile in cui viene
raccontato, parlandone positivamente; l’altro al contenuto, dicendo che è assurdo: queste cose
possono accadere tra fidanzati, no tra marito e moglie. Quindi, Anselmo perdona: l’onore non è
vendetta, ma qualcosa di intimo.

Questa novella è legata al Don Quijote. I critici hanno pensato che forse questa novella dovesse
inserirsi tra le ‘’novelas ejemplares’’ che riprendevano racconti italiani. Vi è infatti l’ambientazione a
Firenze e poi un insegnamento: Non fare ciò che ha fatto Anselmo. Sancho è l’unico che crede al Don
Quijote, l’unico che riporta alla ‘’realtà’’ i lettori chiamandoli, creando un collegamento tra la novela e
il Quijote.

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