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La concezione dell’amore
Già Lucrezio, nel IV libro del De rerum natura, aveva descritto gli effetti
devastanti dell’amore. Anche Virgilio ce ne dà un’immagine negativa.
Limitatamente alle Georgiche, l’analisi lessicale ne è la riprova; l’amore vi è
definito: cura, dementia (3 occorrenze), error, exitium, furor (5 occorrenze),
insania; l’amore è affanno, spasimo (cura nell’accezione propria della poesia
d’amore), un uscire di mente (dementia, insania), un andar errando, uno
smarrirsi (error), una furia, una frenesia (furor), e infine rovina, morte (exitium).
Questo ardore incontrollabile appartiene propriamente a tutti gli animali, ad
eccezione delle api (IV, vv. 198-199). Virgilio ne descrive gli effetti nel passo
del libro III delle Georgiche, ai vv. 219-241, in cui è rappresentata la lotta dei
tori per il possesso della femmina. Tuttavia l’amore così inteso non è dei soli
animali, ma anche degli uomini (III, vv. 242-244):
1
Umberto Curi, La cognizione dell’amore: eros e filosofia, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 110.