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La psicologia di comunità considera gli individui all’interno del contesto e dei sistemi
sociali di cui fanno parte o che li influenzano: il principio fondamentale è la persona
nel contesto.
I principi guida:
Metafora ecologica
Prevenzione e promozione del benessere
Empowerment
Metafora ecologica
Lewin parla del rapporto individuo-contesto e ci porta a considerare che la vita del
singolo individuo non possa essere separata dalla società in cui vive: il
comportamento è funzione della Persona, dell’Ambiente e della loro interazione.
Il microsistema è formato dai gruppi che hanno un contatto diretto con il bambino,
come la famiglia e la scuola. La relazione tra questo sistema e lo sviluppo del
bambino è evidente, tuttavia si verifica in entrambe le direzioni.
Empowerment
Il potere insito nel termine empowerment deve intendersi non solo come “potere su”
ma anche e soprattutto come “potere di”. Il potere deriva dal sentirsi in grado di
gestire la situazione, di riuscire a trovare la soluzione adeguata con la soddisfazione
di aver fatto del proprio meglio.
La rete sociale indica l’insieme di relazioni esistenti tra persone, anche se queste non
necessariamente si incontrano nello stesso momento e nello stesso luogo.
La prima rete che si attiva in una situazione di disagio è di norma la rete primaria
costituita dalla famiglia e dagli amici. Quando i legami tra i membri di questa rete
Esistono condizioni più complicate in cui la sola rete primaria non basta ed è
necessario attivare le reti secondarie, sia formali che informali, per gestire e
affrontare in maniera integrata le diverse sfaccettature di problemi più complessi.
Famiglia e malattia
Ogni famiglia attraversa una successione di fasi diverse tra loro che scandiscono il
suo percorso, definendo il suo ciclo di vita. Lo sviluppo si realizza nel tempo ed è
Gli eventi critici inducono la famiglia ad affrontare specifici compiti di sviluppo, che
comportano una continua rielaborazione dei rapporti a livello di coppia, delle
relazioni genitori-figli e di quelle con la famiglia d’origine.
La malattia è una vera e propria crisi familiare. Essa segnala un cambiamento di stato
a cui la famiglia deve rispondere ristabilendo i ruoli e le relazioni interne, cambiando
i ritmi della giornata, modificando la propria vita lavorativa; inoltre, possono
subentrare difficoltà di ordine economico, nascere nuove e difficili relazioni con le
istituzioni sanitarie, ecc. La dinamica e l’equilibrio familiare necessariamente viene
modificato.
Mentre la richiesta di aiuto per come gestire il malato è esplicita e quasi immediata,
non lo è altrettanto quella di aiuto nel rielaborare il processo di
adattamento/conservazione del sistema familiare stesso.
Caregiver è un termine inglese che significa “colui che si prende cura”. Cura intesa
come aiuto nello svolgimento delle attività quotidiane e nella gestione della malattia
(esami, visite mediche, terapie, ecc.), offrendo anche un importante sostegno
emotivo.
il ‘caregiver informale’: nella maggior parte dei casi un familiare (di solito
coniuge o figlio) o amico;
il ‘caregiver formale’: qualunque persona che presta assistenza dietro il
pagamento di un compenso.
▪ stress prolungato dovuto alle cure fisiche e alle modificazioni nei ruoli
precedenti alla malattia;
▪ continuo supporto emotivo fornito al familiare malato;
▪ osservazione dell’eventuale peggioramento delle condizioni del paziente e la
percezione della sua sofferenza;
▪ diminuzione nella qualità della vita;
▪ vissuto emotivo dell’essere in trappola, come se ogni spazio personale fosse
invaso e il prendersi cura del malato fosse percepito come un obbligo;
▪ sentimento di isolamento sociale;
▪ gestione dei trasporti, commissioni, compiti domestici supplementari,
monitoraggio dei sintomi.
Come emerge dalla maggior parte degli studi al riguardo, il caregiver può provare
rabbia, stanchezza, senso di colpa (per il timore di non essere adeguato al compito,
per i familiari che trascura), o percepisce una propria supposta "inutilità".
Dal punto di vista psicologico è possibile che sintomi depressivi e i problemi d'ansia
si inneschino nel vissuto del caregiving (stress cronico).
E dalle famiglie, anche quelle dove la rete familiare è ben articolata, emerge la
necessità e la richiesta di spezzare questa catena di bisogni per ritrovare spazi vitali.
Famiglia e RSA
L’Auto Mutuo Aiuto ‐ A.M.A. ‐ è definito anche dall’ Organizzazione Mondiale della
Sanità come “l’insieme di tutte le misure adottate da non professionisti per
promuovere, mantenere e recuperare la salute, intesa come completo benessere fisico,
psicologico e sociale di una determinata comunità”.
Il valore dell’auto mutuo aiuto si basa sull’assunto che “chi è parte del problema, è
parte della soluzione”. Il gruppo A.M.A. (Auto Mutuo Aiuto) è un insieme di persone
che hanno scelto volontariamente e in autonomia di trovarsi alla pari, intorno ad un
tema o problema comune, nel desiderio di affrontarlo con altri. Nel gruppo A.M.A. si
condividono esperienze, vissuti, risorse, informazioni e strategie di soluzioni,
scoprendosi risorsa per sé, per i compagni di gruppo e per l’intera comunità.
Lavoro di Équipe
Il lavoro d’équipe oggi è il metodo più efficace per favorire il conseguimento degli
obiettivi professionali e per tutelare ogni professionista da eventuali rischi di
isolamento e di burnout, soprattutto all’interno di contesti socio-assistenziali.
L’avere più professionisti che operano sullo stesso caso, confrontandosi e discutendo
delle possibili soluzioni, prendendo in carico il singolo e spesso il gruppo familiare,
migliora inevitabilmente la qualità della risposta.
Questo anche grazie al fatto che avere un obiettivo comune, non solo migliora
l’efficienza lavorativa del gruppo e dei singoli operatori, ma incrementa la
cooperazione, la condivisione e la coesione del gruppo e di conseguenza l’azione
risulta maggiormente integrata.
I vantaggi del lavoro d’equipe sono evidenti anche per i professionisti, in quanto la
condivisione e il confronto permettono di fare chiarezza anche sui casi maggiormente
complessi e di difficile soluzione, offrendo al professionista un senso di sicurezza
maggiore e la possibilità di contare su altri maggiormente esperti per determinati
aspetti.
► Si sviluppa a partire da una domanda d’aiuto alla base della quale c’è una
condizione di disagio, sofferenza, malattia, carenza o limitazione.
► È caratterizzata da asimmetria di ruolo (da una parte c’è una persona che ha
bisogno di aiuto, dall’altra una persona che sa e può dare una risposta), diverso
grado di responsabilità e reciprocità.
► Impatto nella vita della persona variabile, a seconda della condizione personale
degli individui coinvolti.
► Finalità: fornire aiuto all’utente
► Durata: variabile
Non basta però il corretto impiego delle pratiche tecniche per l’instaurarsi della
relazione d’aiuto. Quest’ultima si basa sull’interesse reale per la persona e si struttura
se le persone hanno capacità e volontà di relazionarsi per dare e ricevere, cioè se
nasce un rapporto di comunicazione che consenta l’utilizzo della relazione come
aiuto reale alla persona.
La relazione d’aiuto funziona nel momento in cui tra chi offre l’aiuto e chi lo riceve
si instaura un legame di fiducia, perché è proprio questo legame che permette alla
persona di aprirsi e di condividere con l’operatore i personali vissuti.
Carl Rogers individua tre condizioni fondamentali perché la relazione d’aiuto abbia
successo e si crei il clima di fiducia indispensabile alla persona per procedere verso
una chiarificazione e accettazione dei suoi vissuti emotivi e della sua esperienza, a
qualsiasi livello. Queste condizioni sono:
Empatia
Autenticità
Accettazione incondizionata
“E’ un affettuoso rispetto per la persona che chiede aiuto e per i suoi valori,
indipendentemente dalle sue condizioni, dal suo comportamento o dai suoi
La qualità della relazione dipenderà anche dalla qualità del nostro ASCOLTO.
SAPER ASCOLTARE
ASCOLTO ATTIVO
È opinione comune che ascoltare significhi solo restare in silenzio a sentire ciò che
una persona ha da dire, e che quindi sia un processo passivo (non parlare) anziché
attivo (saper ascoltare).
Nell’Ascolto Attivo possiamo distinguere degli aspetti che devono essere considerati
all’interno della tecnica:
Ascoltare il contenuto, cioè cosa viene detto in termini di fatti e idee, se non fosse
comprensibile fare domande per chiedere chiarimenti.
Capire le finalità, il significato emotivo di ciò di cui sta parlando il nostro
interlocutore. Capire perché sta dicendo qualcosa. Possiamo aiutarci con alcune
Quando ascoltiamo attentamente una persona, questa riceve il messaggio che stiamo
prendendo seriamente in considerazione sia lei che il suo problema e questo
contribuisce ad aiutarla a fare chiarezza e a rendersi conto pienamente della sua
esperienza.
La riformulazione o parafrasi è una tecnica comunicativa che consiste nel ridire ciò
che l’altro ha appena detto utilizzando parole simili o in maniera più concisa, non
aggiungendo nulla di proprio al contenuto, evitando in tal modo l’interpretazione.
Attraverso la riformulazione l’operatore può ottenere la conferma (che ha compreso
bene) da parte della persona e, a sua volta, l'interlocutore ha la conferma di essere
stato ascoltato. Si può approfittare del momento in cui la persona è alla fine di un
periodo per intervenire e riprendere ciò che è stato appena comunicato: “Mi sta
dicendo che …”, “Lei vuol dire che…”, “In altre parole…”, “A suo avviso, se ho
compreso bene…”.
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Le ''Sette Regole dell'Arte di Ascoltare'' (Sclavi, 2000)
1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.
2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare
punto di vista.
3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a
vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva.
4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti
informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e analogico.
5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si
presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché
incongruenti con le proprie certezze.
6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale.
Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei
conflitti.
7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai
imparato ad ascoltare, l'umorismo viene da sé.