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La khemeia greco-egiziana

Le due "anime della chimica" - quella pratica e quella teorica - si incontreranno nel 300 a.C. ad
Alessandria, città fondata sulle coste dell'Egitto - ancora - da Alessandro il Grande. Ai tempi di
Aristotele - ebbene si, ancora lui - Alessandro il Grande di Macedonia conquistò il vasto impero
persiano. L'impero di Alessandro si sgretolò dopo la sua morte, avvenuta nel 323 a.C. Uno dei
generali di Alessandro, Tolomeo, fondò in Egitto un regno, la cui capitale era Alessandria. Qui
Tolomeo e suo figlio Tolomeo II edificarono un tempio dedicato alle Muse, il Museo, che in
termini moderni descriveremmo come una università con annesso centro di ricerca. Annessa al
Museo, fu costruita la più grande biblioteca dei tempi antichi, e Alessandria divenne il principale
polo culturale dei suoi tempi. In questo contesto l'abilità egiziana nel campo della chimica applicata
e la conoscenza greca della teoria si incontrarono e si fusero. In Egitto, come abbiamo visto, la
conoscenza della chimica era strettamente connessa con l'imbalsamazione dei morti e i riti religiosi.
I Greci, colpiti in generale dalla superiore scienza degli egiziani, accettarono buona parte di questo
misticismo: ne deriverà un khemeia greco - egiziana intimamente legata alla religione. Si viene
così a perdere quell'affrancamento dagli aspetti mitologici, mistici, religiosi, che era stato elemento
caratterizzante del pensiero greco.

La trasmutazione dei metalli


Importante seguace della khemeia greco - egiziana sarà Bolos di Mendes, vissuto intorno al 200
a.C.. Bolos si dedicò allo studio di quello che era destinato a diventare nei secoli a venire il tema
fondamentale della khemeia, la trasformazione di metalli meno pregiati, quali piombo e ferro, in
oro: tale trasformazione è detta trasmutazione. La ricerca di una tecnica che consentisse la
trasmutazione dei metalli aveva pieno fondamento nelle teorie dei greci. La dottrina dei quattro
elementi prevedeva che i diversi materiali del mondo differissero tra loro esclusivamente per le
proporzioni ed il modo con cui si combinavano i quattro elementi fondamentali. Non vi era quindi
motivo di ritenere impossibile una qualsiasi trasformazione; si trattava semplicemente di trovare la
tecnica che consentisse di ricombinare gli elementi che formavano il materiale di partenza a dare il
nuovo materiale desiderato. Se era possibile trasformare una pietra rossiccia in ferro grigio, con la
tecnica adatta si sarebbero potuti ricombinare gli elementi del ferro e convertirlo ulteriormente in
oro. E così, per i secoli a venire, i seguaci della khemeia si sforzeranno di scoprire la tecnica per
produrre l'oro.

Nell'epoca romana l'arte della khemeia subì un notevole regresso, insieme alla decadenza generale
della scienza greca; la khemeia suscitava sospetti e paure. Ricordiamo a tal proposito il caso
dell'imperatore Diocleziano, che ordinò la distruzione di tutti gli scritti di khemeia, nel timore che
venisse veramente trovata la via per produrre oro a buon mercato, rovinando così la già
scricchiolante economia dell'impero. Questo contribuisce a spiegare perché così pochi testi di
khemeia siano giunti fino a noi. Inoltre, con il consolidarsi del cristianesimo, la "scienza pagana"
cominciò ad essere guardata con sospetto. Ricordiamo ad esempio al riguardo che dopo il 400 d.C.
il Museo e la biblioteca di Alessandria subirono gravi danni in seguito a tumulti cristiani. In
particolare l'arte della khemeia, dati i suoi stretti legami con l'antica religione egiziana, cominciò ad
essere considerata con sospetto; i seguaci della khemeia furono così praticamente costretti a
rifugiarsi nella clandestinità.
Gli studiosi dell'antica scienza greca e della khemeia trovarono rifugio in Persia, dove portarono la
scienza greca, anche sotto forma di molti libri di khemeia.

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