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Canto I ------------------------------------------------ 4
Canto II ----------------------------------------------- 9
Canto IV --------------------------------------------- 18
Canto VI --------------------------------------------- 26
Canto VI --------------------------------------------- 26
Canto VIII------------------------------------------- 33
Canto IX --------------------------------------------- 39
Canto IX --------------------------------------------- 39
Canto XI --------------------------------------------- 45
Canto XI --------------------------------------------- 45
Canto XV -------------------------------------------- 57
Canto XVII------------------------------------------ 70
Canto XXII------------------------------------------ 77
Canto XXIV----------------------------------------- 88
DIO
serafini
cherubini
troni
dominazioni
virtù
potestà
principati
arcangeli
angeli
GERARCHIE ANGELICHE
CANDIDA ROSA
purgatorio
terra
aria inferno aria
Gerusalemme
I CIELO: LUNA
II CIELO: MERCURIO
III CIELO: VENERE
IV CIELO: SOLE
V CIELO: MARTE
VI CIELO: GIOVE
VII CIELO: SATURNO
VIII CIELO: STELLE FISSE
IX CIELO: PRIMO MOBILE
EMPIREO
DIO
serafini
cherubini
troni
dominazioni
virtù
potestà
principati
arcangeli
angeli
GERARCHIE ANGELICHE
bambini
credenti credenti
in in
Cristo Cristo
venuto venturo
bambini
CANDIDA ROSA
EMPIREO
I personaggi
Colui che tutto move è Dio, interpretato aristoteli- divinità marina. La fonte di Dante è Ovidio, Metam.
camente come il Motore Immobile che infonde il XIII, 898-968.
movimento all’universo: tutti gli esseri, animati e
inanimati, tendono a Lui, in quanto Egli li attrae Commento
come fine ultimo. Il Dio cristiano però ha crato ed 1. Il canto si sviluppa in queste fasi: a) il poeta invo-
ama le sue creature. Alla fine della Divina comme- ca Apollo e le muse; b) pone a Beatrice una doman-
dia viene presentato nuovamente come «l’amor che da (che cos’è quella musica che ode) e riceve da es-
move il sole e l’altre stelle» (Pd XXXIII, 145). sa la risposta (è la musica provocata dal movimento
Apollo e le muse secondo la mitologia greca proteg- delle sfere celesti, perché essi sono ormai in cielo);
gevano le arti. Abitavano il Parnàso, un monte della c) pone un’altra domanda (come può essere in cielo
Grecia centrale ad essi consacrato, che aveva due lui, corpo pesante) e riceve la risposta (egli va nel
cime, Citeróne ed Elicóna. luogo naturale – il paradiso – stabilito da Dio per gli
Marsia, un satiro della Frigia, è abilissimo a suonare uomini); d) la donna però coglie l’occasione per e-
la cornamusa, tanto da sfidare Apollo. Le muse fan- sporre l’ordine dell’universo (Dio ha posto dentro ad
no da giudici. Il dio lo sconfigge. Per punirlo della ogni essere un istinto, che lo conduce al suo fine; il
sua presunzione, lo lega ad un albero, lo scuoia e lo fine dell’uomo è quello di andare in paradiso), che è
cuce dentro la sua pelle. la parte più importante del canto.
Beatrice di Folco Portinari (1265-1290), che va 2. Il canto inizia con Dio; la cantica come l’intera
sposa a Simone de’ Bardi, è la donna a cui Dante opera termina ancora con Dio (Pd XXXIII, 145).
dedica la Vita nova (1292-93), una specie di diario Dio è presentato nello stesso modo: nel primo caso
in cui il poeta parla del suo rinnovamento spirituale come Colui che muove tutto l’universo, nel secondo
provocato dall’amore verso di lei. Dopo la morte come l’Amore che muove il sole e le altre stelle.
della donna Dante ha una crisi spirituale, da cui Egli quindi muove tutto l’universo, che pervade con
l’amico Guido Cavalcanti cerca di farlo uscire. Nel il suo amore. Il Dio di Aristotele è puro pensiero,
poema diventa il simbolo della fede e della teologia, pensiero immateriale, e pensa sempre e unicamente
perciò essa, non più Virgilio, è destinata a guidare il se stesso, non potendo pensare qualcosa di inferiore
poeta nel viaggio attraverso il paradiso. Il passaggio diverso da sé. È la sfera estrema, che attira a sé tutti
delle consegne avviene significativamente in cima al gli altri esseri. Il Dio cristiano invece è esterno al
paradiso terrestre (Pg XXX, 49-51), il punto estremo mondo, che ha creato dal nulla, ed ha un rapporto
che la ragione umana può raggiungere. Alla fine d’amore con il mondo e con le creature: il suo amo-
dell’opera la donna però cede il posto a san Bernar- re pervade e penetra tutto l’universo, non escluden-
do, simbolo della fede mistica. Soltanto la fede mi- do alcuna creatura, nemmeno i demoni, che sono
stica permette l’incontro con Dio. strumenti della sua volontà. Anch’Egli attrae tutti
Glauco è un pescatore della Beozia. Un giorno vede gli esseri come fine, ma Egli lo fa consapevolmente
che i pesci, che ha posato su un prato sconosciuto, e volontariamente.
ritornano in vita e si gettano nell’acqua dopo che ne 2.1. La terzina iniziale dà la percezione fisica della
hanno mangiato l’erba. Egli li imita e si trasforma in gloria e dell’energia, più che della potenza, di Dio
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 6
che dall’empìreo si espande e si diffonde per tutto dai migliori artisti sul mercato e senza badare a spe-
l’universo. Nel canto ci sono numerosi altri versi che se, a maggiore gloria di se stessa e soprattutto di Di-
danno la stessa sensazione fisica. Questi versi si pos- o.
sono chiamare, per l’energia che contengono e che 4. La terza cantica contiene fin dall’inizio versi ca-
esprimono, «versi splendenti». Essi s’incontrano u- paci di sostituirsi alla realtà che indicano o che vo-
nicamente nel Paradiso. Sono il risultato finale di gliono esprimere. Il poeta, giunto a compiere la sua
una prassi versificatoria che caratterizza tutta la Di- impresa più impegnativa (ha bisogno sia di Apollo
vina commedia: i versi sintetici, che contengono sia delle muse), riesce a creare il «linguaggio splen-
molti fatti in poche parole; e i versi sovradensi, che dente», capace di esprimere le sensazioni, le emo-
contengono molti riferimenti in poche parole. Un zioni e l’esperienza della parte finale del viaggio. I
verso sovradenso, per quanto ancora molto semplice, versi abbagliano il lettore ed il poeta ne è consape-
è il verso iniziale dell’opera: il protagonista ha 35 vole (Pd II, 1-15). Egli ha esplorato sistematicamen-
anni, cioè è nel mezzo del cammino della vita, è se te le possibilità del linguaggio, i rapporti del lin-
stesso, è simbolo dell’umanità errante, che cerca la guaggio con la realtà, con l’intelletto, con la memo-
via della salvezza ecc. Un esempio di versi sintetici, ria. Il rapporto normale del linguaggio con la realtà
ancora molto semplice, sono i pochi versi – lo è quello descrittivo (un termine indica una cosa).
«scorcio» – con cui il poeta parla dell’anonimo fio- Ma poi si passa oltre, al linguaggio onomatopeico, al
rentino che si suicida nelle sue case (If XIII, 139- linguaggio simbolico, al linguaggio pluristratificato
151), soprattutto l’ultimo verso; i pochi versi in cui e/o condensato, ai quattro sensi delle scritture, al
Dante e Virgilio escono dall’inferno (If XXXIV, linguaggio profetico... Non basta. Con i «versi
127-132); i pochi versi che racchiudono la vita di splendenti» egli riesce a risucchiare la realtà dentro
Pia de’ Tolomei (Pg V, 130-136) e di Piccarda Do- la parola, quindi a superare il linguaggio onomato-
nati (Pd III, 97-108). Ma si potrebbe anche dire che peico, e a colpire direttamente la mente e la memo-
questi casi sono specifici, che colpiscono in modo ria del lettore.
particolare, perché la verità è molto più profonda e 4.1. «Poca favilla gran fiamma seconda: Forse di
complessa: tutta la Divina commedia è sintetica e retro a me con miglior voci Si pregherà, perché Cir-
gli eventi trovano lo sviluppo – il respiro o lo spa- ra (=Apollo) risponda» (vv. 34-36). Il verso è entra-
zio vitale – nei tre versi concatenati della terzina o to nel linguaggio comune: da una piccola causa de-
nei multipli della terzina. Ad esempio la prima ter- rivano grandi conseguenze. I due termini, favilla e
zina dell’opera racchiude un evento specifico e fiamma, sono onomatopeici, ma danno anche l’idea
quindi presenta il fenomeno dei pochi versi (a 35 visiva dell’oggetto che rappresentano: coinvolgono
anni il poeta si è smarrito in una selva). Ma presenta tutti i sensi, memoria compresa. È uno dei «versi
anche molti altri aspetti: la vita come cammino; la splendenti» del canto.
vita dell’individuo rapportata alla vita umana, alla 4.2. «Trasumanar significar per verba Non si poria,
vita di tutta l’umanità; quindi il pericolo, espresso in però l’essemplo [di Glauco] basti A cui esperïenza
modo appariscente con un colore, il nero, simbolo grazia [divina] serba [dopo la morte]» (vv. 70-73). Il
anche del peccato (la selva è oscura); infine la sba- verbo trasumanar dà la sensazione fisica e mentale
dataggine del protagonista, che ha perso la retta via. del superare la condizione umana. È un altro dei
I singoli versi sono densi o sovradensi, e si conden- «versi splendenti» del canto. Il tema dei limiti del
sano nella struttura della terzina. E viceversa: la linguaggio, incapace di esprimere l’esperienza ol-
struttura della terzina accoglie versi densi o sovra- tremondana provata dal poeta, viene ripreso più vol-
densi. Ma questi sono soltanto i mattoni dell’opera... te in Pd XXXIII. La visione di Dio è ineffabile come
3. Dante invoca Apollo e le muse, che sono divinità è ineffabile lo stesso Dio. I limiti delle parole e del
pagane, perché non c’è l’equivalente nel mondo cri- linguaggio sono un riflesso dei limiti della ragione
stiano. Nella vastissima mitologia cristiana non c’è umana: «State contenti, umana gente, al quia; Ché,
spazio per le arti. Nell’Antico testamento Dio era il se potuto aveste veder tutto, Mestier non era parturir
Dio degli eserciti. Aveva a disposizione ben nove Maria» («O genti umane, accontentatevi di sapere
cori di angeli, che potevano svolgere sia attività mi- che le cose stanno così, perché, se aveste potuto ve-
litari sia attività di lode. Perciò non aveva tempo per der tutto, non sarebbe stato necessario che Maria
le arti. Nel Nuovo testamento Cristo pensava a fare partorisse Cristo») (Pg III, 37-39).
miracoli e a intrattenere il popolo minuto con le pa- 5. I due dubbi del canto esprimono l’estrema curiosi-
rabole, oltre che con pane e pesce, perciò non ha il tà e l’infinito desiderio di sapere di Dante e del
tempo di pensare all’arte. Gli apostoli, che doveva- Medio Evo. Il poeta è affascinato dalla sete di sape-
no preoccuparsi di evangelizzare il mondo, si trova- re dell’umanità pagana, rappresentata da Ulisse, che
vano nella stessa situazione di inadempienza. Per di sfida l’ignoto oltre le colonne d’Ercole, pur di cono-
più, a parte Giovanni, avevano una modesta cultura. scere i vizi ed il valore degli uomini (If XXVI, 112-
Erano pescatori, cambiavalute, soldati, apparteneva- 120). Egli la sente intensissima dentro di sé, ma ne
no insomma al basso popolo. Con il tempo i santi e sente anche i limiti invalicabili: oltre la ragione c’è
le sante si specializzano a proteggere il fedele per la fede e la rivelazione, e soltanto la fede può salva-
questa o quella malattia, ma non si preoccupano né, re e rendere completa la vita umana. Guido da Mon-
tanto meno, diffondono il culto dell’arte. La Chiesa tefeltro ha cercato di pianificare la salvezza
però nel corso dei secoli colma questa lacuna teorica dell’anima con la fredda ragione, ma ha fallito ed è
e riempie le chiese di opere d’arte mirabili, eseguite finito all’inferno (If XXVII, 73-123).
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 7
6. Il canto recupera la teoria pitagorica secondo cui è libero di scegliere è responsabile delle sue azioni e
le sfere celesti, muovendosi, provocano un suono quindi acquista merito per le azioni e per le opere
musicale: Pitagora di Samo (570 a.C.-?), filosofo e intraprese. La libertà di scelta però è sia libertà di
matematico, scopre che i corpi, vibrando, emettono scegliere il bene, sia libertà di scegliere il male.
suoni e che i suoni tra loro hanno rapporti numerici; L’uomo è meritevole quando sceglie il bene; è con-
da ciò conclude che anche i corpi celesti, muoven- dannabile quando sceglie il male. La volontà umana
dosi, producono suoni armoniosi. Ma soprattutto es- però è attratta dai beni terreni, che promettono una
so presenta estesamente la teoria di Aristotele (386- felicità che poi non mantengono. E l’uomo ha una
323 a.C.) secondo cui l’universo è ordinato e tutti propensione verso di essi (alla quale spesso non sa
gli esseri, sia inanimati sia animati, hanno un istinto resistere) da quando la sua volontà è stata indebolita
che li porta al loro fine. Questa teoria è ora inserita dal peccato originale.
in un contesto cristiano: il poeta fa sua l’inter- 10. Al tempo di Dante la fisica spiegava la caduta
pretazione di Aristotele in chiave cristiana attuata dei gravi con la teoria dei luoghi naturali: un corpo
da Tommaso d’Aquino (1225-1274). pesante cade verso il basso, perché questo è il suo
7. L’ordine dell’universo è esposto proprio in Pd I, luogo naturale; ugualmente, la fiamma di una torcia
perché il poeta sta salendo in cielo e deve dare va verso l’alto, perché quello è il suo luogo natura-
un’idea complessiva dell’universo. La fisica e la le. Gli elementi naturali erano quattro ed erano ab-
metafisica di Aristotele, riviste da Tommaso attra- binati: terra e acqua, aria e fuoco. Questa teoria si
verso la rivelazione, spingevano a vedere l’universo collegava con la teoria geocentrica: la terra è al cen-
come un ó, cioè come un tutto ordinato, crea- tro dell’universo, il sole e tutti i pianeti le girano in-
to da Dio con un atto d’amore e che ritornava a Lui. torno; la terra è soggetta al divenire, il cielo è im-
Perciò Dio ha posto in tutti gli esseri, da quelli meno mutabile. La sfera della Luna fa da spartiacque.
perfetti a quelli più perfetti, un istinto che li guida al Perciò la teoria eliocentrica di N. Copernico (1543),
loro fine. Il fine ultimo dell’uomo è il ritorno in pa- ripresa poi da G. Galilei (1609), ha un carattere ri-
radiso, e quindi è lo stesso Dio. voluzionario: distrugge l’universo sorto con Aristo-
8. La concezione dell’universo proposta da Dante tele (386-323 a.C.) e incorporato nella visione cri-
fonde la teoria delle cause di Aristotele con la teo- stiana del mondo elaborata da Tommaso d’Aquino
logia e la rivelazione cristiane. L’universo risulta (1225-1274), divenuta poi la visione ufficiale della
organizzato, organico, interconnesso, gerarchico e Chiesa cattolica.
pervaso dal fine. Il poeta propone una gerarchia de- 11. Il canto termina con Dante che fissa gli occhi
gli esseri (esseri inanimati, esseri vegetali, esseri a- verso il viso luminoso di Beatrice. Questa soluzione
nimali, esseri razionali, esseri spirituali), tutti uniti è adoperata più volte nel corso dell’ultima cantica.
dal fine che incorporano e che li spinge verso Dio, Il poeta si sprofonda negli occhi della donna e prova
l’attrattore supremo, che agisce sul mondo dall’e- un anticipo di ciò che proverà sprofondandosi
sterno del mondo. L’istinto che incorpora porta ine- nell’essenza divina. Nei canti iniziali il poeta aveva
vitabilmente ogni essere al fine stabilito da Dio per usato reiterati svenimenti (If III, 135; V, 142).
lui. Ma nell’uomo, come negli angeli, esiste il libero 12. Paradossalmente Dante anticipa la fisica classi-
arbitrio (o la libertà di scelta), che può spingere ver- ca: Dio pervade tutto l’universo, la forza di gravità
so beni terreni e quindi a mancare al fine. E l’uomo di Newton farà poi lo stesso…
se ne avvale (come, prima di lui, gli angeli, che si
ribellarono a Dio e che furono cacciati dai cieli). La struttura del canto è semplice: 1) il poeta invo-
L’uomo lo ha fatto nel paradiso terrestre (la disob- ca Apollo e le muse, per portare a termine l’ultima
bedienza di Adamo ed Eva) e tende a farlo costan- fatica; quindi 2) chiede spiegazione a Beatrice della
temente. La propensione umana verso i beni monda- musica celeste che ode; 3) Beatrice risponde che il
ni appare più volte nel corso del poema. Uno di suono è prodotto dalle sfere celesti e che stanno an-
momenti più intensi è Pd XI, 1-12 (gli uomini – i dando verso il cielo più veloci della folgore; 4) il
laici come gli ecclesiastici – passano il tempo a cac- poeta chiede allora come può egli, che è anima e
cia dei beni mondani, mentre il poeta si prepara sa corpo, andare verso l’alto; 5) Beatrice può così de-
salire al cielo). scrivere l’ordine che pervade tutto l’universo: Dio
8.1. Nelle tre cantiche Dante arricchisce in più modi ha posto in ogni essere un istinto che lo spinge al suo
questa concezione dell’universo: riferisce il suo vi- fine; 6) il fine dell’uomo è quello di andare verso
aggio alle stagioni dell’anno, ai pianeti, alle stelle e l’alto, perciò il poeta non si deve meravigliare, se è
alle costellazioni, ne indica le sfere cristalline (dove giunto in cielo.
giungono le anime del paradiso per incontrare il
poeta), si addentra in complicate descrizioni astro-
nomiche. E usa il sole, la Luna e le stelle per indica-
re lo splendore, la bellezza o qualche altra caratteri-
stica degli spiriti che incontra. Gli occhi di Beatrice
splendevano più delle stelle (If II, 55), Beatrice è il
sole che per primo gli riscaldò il petto (Pd III, 1),
Francesco d’Assisi è un sole (Pd XI, 50).
9. Secondo la Chiesa, e il poeta concorda, Dio ha
creato l’uomo libero di scegliere, poiché soltanto se
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 8
Canto II 1. O voi, che in una barca piccoletta, desiderosi di
O voi che siete in piccioletta barca, 1 ascoltare, avete seguìto il mio legno (=la mia nave),
desiderosi d’ascoltar, seguiti che con un canto [più dispiegato] varca [nuove ac-
dietro al mio legno che cantando varca, que], 4. tornate a riveder le vostre spiagge, non met-
tornate a riveder li vostri liti: 4 tetevi per mare, perché forse, perdendo me, rimarre-
non vi mettete in pelago, ché forse, ste smarriti. 7. L’acqua (=la materia), che io affron-
perdendo me, rimarreste smarriti. to, non fu mai percorsa: Minerva spira (=gonfia le
L’acqua ch’io prendo già mai non si corse; 7 mie vele), Apollo mi conduce e nove muse mi mo-
Minerva spira, e conducemi Appollo, strano le Orse (=l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore)
e nove Muse mi dimostran l’Orse. (=mi guidano). 10. Voi altri pochi, che per tempo
Voialtri pochi che drizzaste il collo 10 alzaste il capo al pane degli angeli, del quale si vive
per tempo al pan de li angeli, del quale qui [sulla terra] ma non si è mai sazi, 13. potete ben
vivesi qui ma non sen vien satollo, mettere per il mare profondo il vostro naviglio, te-
metter potete ben per l’alto sale 13 nendovi sempre sulla mia scia, prima che l’acqua
vostro navigio, servando mio solco torni uguale. 16. Quei valorosi (=gli argonauti), che
dinanzi a l’acqua che ritorna equale. andarono nella Colchide, non si meravigliarono co-
Que’ gloriosi che passaro al Colco 16 me voi farete, quando videro [il loro capo] Giasone
non s’ammiraron come voi farete, farsi bifolco. 19. L’innata e perpetua sete per il re-
quando Iasón vider fatto bifolco. gno più simile a Dio (=l’empìreo) ci portava veloci
La concreata e perpetua sete 19 quasi come vedete [correr veloce] il cielo [delle
del deiforme regno cen portava stelle fisse]. 22. Beatrice guardava in alto ed io
veloci quasi come ‘l ciel vedete. guardavo in lei. E forse in tanto tempo, in quanto
Beatrice in suso, e io in lei guardava; 22 una freccia si stacca dalla balestra, vola 25. e si po-
e forse in tanto in quanto un quadrel posa sa, mi vidi giunto dove una cosa mirabile (=il cielo
e vola e da la noce si dischiava, della Luna) attrasse il mio sguardo a sé. Perciò co-
giunto mi vidi ove mirabil cosa 25 lei, alla quale nessun mio pensiero poteva essere na-
mi torse il viso a sé; e però quella scosto, 28. rivolta verso di me con espressione tanto
cui non potea mia cura essere ascosa, lieta quanto bella: «Innalza a Dio la tua mente piena
volta ver’ me, sì lieta come bella, 28 di gratitudine» mi disse, «che ci ha congiunti con la
“Drizza la mente in Dio grata”, mi disse, prima stella (=la Luna)». 31. Parve a me che ci av-
“che n’ha congiunti con la prima stella”. volgesse una nube lucente, spessa, solida e liscia
Parev’a me che nube ne coprisse 31 come un diamante colpito dalla luce del sole. 34. La
lucida, spessa, solida e pulita, gemma eterna (=incorruttibile, cioè la Luna) ci ac-
quasi adamante che lo sol ferisse. colse dentro di sé, come l’acqua riceve il raggio di
Per entro sé l’etterna margarita 34 luce rimanendo unita. 37. Se io ero corpo, e qui
ne ricevette, com’acqua recepe (=sulla terra) non si concepisce che una dimensione
raggio di luce permanendo unita. sopporti un’altra, come dev’essere se un corpo pene-
S’io era corpo, e qui non si concepe 37 tra in un altro corpo, 40. [questo fatto] dovrebbe ac-
com’una dimensione altra patio, cendere di più in noi il desiderio di vedere quell’es-
ch’esser convien se corpo in corpo repe, senza, nella quale si vede come la nostra natura e
accender ne dovrìa più il disio 40 Dio si unirono [in Cristo]. 43. Lì si vedrà ciò che te-
di veder quella essenza in che si vede nemmo per fede: non [sarà] dimostrato [razional-
come nostra natura e Dio s’unio. mente], ma sarà noto per sé, come le verità prime,
Lì si vedrà ciò che tenem per fede, 43 che l’uomo crede. 46. Io risposi: «O donna mia, de-
non dimostrato, ma fia per sé noto voto quanto più posso, ringrazio colui (=Dio), che
a guisa del ver primo che l’uom crede. mi ha allontanato dal mondo dei mortali. 49. Ma,
Io rispuosi: “Madonna, sì devoto 46 ditemi, che cosa sono le macchie scure di questo
com’esser posso più, ringrazio lui corpo, che laggiù sulla terra hanno fatto nascere la
lo qual dal mortal mondo m’ha remoto. favola di Caino?». 52. Ella sorrise alquanto, poi mi
Ma ditemi: che son li segni bui 49 disse: «Se erra l’opinione dei mortali dove la chiave
di questo corpo, che là giuso in terra dei sensi non ci schiude [la porta della conoscenza],
fan di Cain favoleggiare altrui?”. 55. certamente non ti dovrebbero pungere ormai gli
Ella sorrise alquanto, e poi “S’elli erra 52 strali della meraviglia, perché vedi che, seguendo i
l’oppinion”, mi disse, “d’i mortali sensi, la ragione ha le ali corte. 58. Ma dimmi quel
dove chiave di senso non diserra, che tu pensi da te». Ed io: «Ciò che quassù ci appa-
certo non ti dovrien punger li strali 55 re diversamente luminoso credo che sia prodotto dai
d’ammirazione omai, poi dietro ai sensi corpi rari e dai corpi densi [presenti in essa]».
vedi che la ragione ha corte l’ali.
Ma dimmi quel che tu da te ne pensi”. 58
E io: “Ciò che n’appar qua sù diverso
credo che fanno i corpi rari e densi”.
I personaggi Commento
Minerva è sorella di Giove e simbolo della sapienza. 1. Dante invita il lettore a seguirlo da vicino, per-
Gli Argonauti, cioè i marinai della nave Argo, si ché, se perde la sua scia, non è più capace di prose-
spingono nella Colchide, per impadronirsi del vello guire. Egli stesso nella selva oscura dubitava di
d’oro. Essi si stupiscono, quando vedono Giasone, il avere le capacità d’intraprendere il viaggio nell’al
loro capo, aggiogare due buoi dalle corna di ferro, di là (If II, 10-12), e Virgilio lo rimprovera: «S’io ho
arare un campo e seminarvi denti di serpente, per ben la tua parola intesa», Rispuosemi del magnani-
portare a termine l’impresa. Dai denti nascono uo- mo quell’ombra, «L’anima tua è da viltade offesa;
mini armati. La fonte di Dante è Ovidio, Metam. La qual molte fiate l’omo ingombra Sì che d’onrata
VII, 100 sgg. impresa lo rivolve» («Se ho ben capito le tue paro-
Caino è figlio di Adamo e di Eva, i progenitori del- le» rispose l’ombra di quel grande, «la tua anima è
l’umanità (Gn 4, 1-16). Uccide per invidia il fratello offesa da viltà, la quale molte volte impedisce l’uo-
Abele, che sacrificava a Dio i prodotti e gli animali mo, così che lo distoglie da un’impresa onorata»)
migliori. Dio gli chiede dov’è suo fratello. Egli ri- (vv. 43-47). Ora è rinfrancato dal lungo viaggio per-
sponde che non è responsabile di suo fratello. Dio corso e dal controllo che nel corso della composi-
allora lo punisce segnandolo. Nel Medio Evo si pen- zione delle prime due cantiche è riuscito ad avere
sa che la Luna abbia impressa l’immagine di Caino sui suoi strumenti espressivi.
con una corona di spine, per ricordare agli uomini 2. I piccoli artifici di retorica adoperati agli inizi
quell’antico fatto di sangue e spingerli ad un com- dell’Inferno, come l’allitterazione «Ahi, quanto a
portamento di solidarietà. Dante rifiuta questa cre- dir qual era è cosa dura Esta selva selvaggia e a-
denza popolare sulle macchie lunari e propone spra e forte Che nel pensier rinova la paura!» (If I,
un’interpretazione in sintonia con la fisica del suo 4-6), cedono ora il posto a versi capaci di trasmette-
tempo. re sensazioni ed immagini al di là della parola:
I Cherubini sono la schiera angelica più elevata. Le «Poca favilla gran fiamma seconda» (Pd I, 34),
schiere angeliche sono nove e sono ordinate in una «Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce...» (Pd
gerarchia: Cherubini, Serafini, Troni; Dominazioni, I, 43-44) o «Trasumanar significar per verba non si
Virtù, Potestà; Principati, Arcangeli, Angeli. Dante poria» (Pd I, 70-71). Il tripudio per i risultati ottenu-
tratta degli angeli (creazione, natura, divisioni ecc.) ti emerge fin dagli inizi di Pd II, che rimanda sia e
in Convivio, II, v, e in Pd XXVII-XXIX. soprattutto agli inizi di Pd I, 1-9, dove il poeta parla
della gloria di Dio che pervade tutto l’universo, sia
alla lunga invocazione ad Apollo di Pd I, 13-36, che
sùbito dopo segue. Nel séguito Dante riesce a tra-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 11
sformare le parole in puro movimento ed in pura lu- cazioni possono avere (e normalmente hanno) un va-
ce. Ad esempio la danza circolare degli spiriti a- lore economico sterminato.
manti (Pd VIII, 16-30) o la gioia di Cacciaguida per 3.2. Sul carattere storico della scienza insiste Gali-
l’incontro con il poeta (Pd XV, 28-36). lei, che contrappone le verità mutevoli della scienza
3. La spiegazione delle macchie lunari mostra che alle verità immutabili della teologia. Non si deve
cosa la scienza medioevale intendeva per spiega- dimenticare però che i risultati successivi sono stati
zione di un fatto naturale: l’osservazione del feno- ottenuti perché gli scienziati successivi hanno avuto
meno e il suo inserimento in un contesto più vasto, le capacità di partire dai risultati acquisiti e di anda-
in questo caso l’universo. Nella spiegazione erano re oltre. L’immagine illuministica che il presente si
coinvolti i principi primi e il loro influsso sul fatto può paragonare a un nano che monta sulle spalle di
naturale che doveva essere spiegato. Le spiegazioni un gigante e perciò vede più lontano, può rendere
che Dante pone in bocca a se stesso e che fa confuta- bene la situazione, anche se la storia non è rettilinea
re da Beatrice sono esempi di spiegazioni limitate e progressiva, come essi interessatamente credevano.
perché parziali. Il coinvolgimento dei principi primi 4. L’esposizione dell’ordine dell’universo (Pd I), la
era inevitabile: tutto proviene da essi e tutto ritorna spiegazione delle macchie lunari (Pd II), poi il pro-
ad essi. E ogni fatto trova la sua spiegazione in rap- blema della felicità dei beati (Pd III), il problema
porto ad essi e in rapporto al contesto più vasto in dell’ereditarietà (Pd VIII) ecc. mostrano che per
cui è inserito. Il principio primo supremo è lo stesso Dante nessun ambito del sapere si sottrae alla poesi-
Dio, che interviene nell’universo attraverso i suoi a. Nelle due cantiche precedenti aveva dato grande
ministri, ad esempio gli angeli che imprimono mo- spazio alla poesia del paesaggio e dei fenomeni na-
vimento ai cieli. Dietro questa teoria della spiega- turali. Ad esempio le fiamme che cadono come la
zione sta la teoria aristotelica delle cause (causa ma- neve (If XIV, 28-30), le fiammelle che riempiono e
teriale, formale, efficiente e finale), ma anche la rendono tutta splendente l’ottava bolgia (If XXVI,
convinzione, comune al pensiero greco e a quello 25-33), il diavolo che scatena un temporale (Pg V,
cristiano, che l’universo sia estremamente piccolo e 103-129). Alla fine della cantica trasforma in poesia
fatto a misura d’uomo. Questa convinzione era anco- anche l’esperienza ineffabile della visione di Dio
ra più forte nel Medio Evo, per il quale Dio non im- (Pd XXXIII, 67-145).
primeva soltanto il movimento al mondo (come il 5. L’universo medioevale è costituito da tante sfere
Dio di Aristotele), ma lo aveva anche creato con un concentriche, ognuna delle quali è mossa da un mo-
atto d’amore e si preoccupava costantemente di esso tore angelico. I fisici del Medio Evo prendono da
e degli uomini. Aristotele la concezione dell’universo come costi-
3.1. Liquidare la spiegazione dantesca delle mac- tuito da 53 o 57 sfere eccentriche, cristalline e tra-
chie lunari dicendo che per la scienza di oggi essa è sparenti, sulle quali erano incastonati i pianeti, che
sbagliata o dicendo, un po’ più sensatamente, che così non cadevano gli uni sugli altri. Peraltro danno
quella era la scienza medioevale, significa non capi- un aspetto visibile, materiale, ai motori che impri-
re né che cosa è la scienza né quali sono i limiti di mono il movimento ai cieli: angeli, arcangeli ecc.
ogni teorizzazione. Il lettore deve mettersi dal punto La sfera più esterna, il Motore Immobile in Aristote-
di vista di Dante e del lettore medioevale, per i qua- le, il Dio Creatore nella visione cristiana, imprime
li quella spiegazione delle macchie lunari costituiva alle sfere sottostanti il movimento del fine, cioè tut-
le frontiere ultime e più rivoluzionarie della scienza te le cose si muovono verso di Lui perché attratte da
del tempo. E deve tenere presente che la scienza, in Lui.
ogni epoca, è ricerca, è tensione verso teorie più 5.1. Il punto cruciale della visione aristotelica
profonde, più complesse, più unificanti; non è mai dell’universo è la teoria del movimento: un corpo è
una verità acquisita una volta per tutte (come pre- mosso da sé o da un altro corpo. Nell’esperienza
tendeva Kant o come voleva Comte) e trasformata in concreta si vedono soltanto corpi che sono mossi da
dogma, in sostituzione dei dogmi religiosi. La scien- altri corpi. Perciò, poiché non si può procedere
za è un succedersi di teorie, che gli scienziati suc- all’infinito nella ricerca del corpo che imprime mo-
cessivi dichiarano più vere delle precedenti senza il vimento agli altri corpi, ci deve essere un motore
rischio di poter essere smentiti. E in teoria dovrebbe primo (o iniziale) che imprime il movimento a tutti
essere o dovrebbe succedere che le nuove teorie so- gli altri e che non riceve il movimento da alcun al-
no più vere e più vaste delle precedenti. Ma spesso tro. Questo motore primo, che dà movimento a tutto
si deve aggiungere: che in vari modi i gruppi di ri- l’universo, non ha movimento in sé ed è immateria-
cerca o i gruppi scientifici più forti impongono alla le, è il Motore Immobile, cioè Dio.
più vasta comunità scientifica, che le fa sue. Ma 5.2. La teoria del movimento mostra che la fisica
sull’onestà intellettuale degli scienziati non si deve aristotelica e medioevale parla soltanto di moto as-
mai giurare, anche se essi passano il tempo a dire soluto e non ammette la possibilità che un corpo ab-
che le loro idee, diversamente dalle altre categorie bia di per sé un movimento. La fisica che nasce con
di individui, sono scientificamente dimostrate ed G. Galilei (1564-1642) parla invece di moto relati-
oggettive. Anch’essi pensano bene di tirar acqua al vo a un sistema di riferimento e introduce il princi-
loro mulino, soprattutto se la ricerca scientifica può pio di relatività: un corpo si muove o resta fermo in
(e ormai deve) lucrare di enormi finanziamenti per relazione a un qualsiasi sistema inerziale di coordi-
poter essere svolta e se i suoi risultati o le sue appli- nate spaziali. Quindi parla di corpi che restano nel
loro stato di quiete o di moto e introduce il princi-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 12
pio d’inerzia: un corpo persevera nel suo stato di mutati (V, 1-63), il problema se la redenzione uma-
quiete o di moto rettilineo ed uniforme finché una na poteva avvenire soltanto attraverso la passione e
forza esterna non viene a turbare tale stato. la morte di Gesù Cristo sulla croce (VII, 25-120).
6. La Luna gode di uno stato giuridico particolare: Problemi di fisica e problemi dottrinari sono interca-
divide in due parti l’universo, quello di sopra e quel- lati e trattati estesamente: la terza cantica richiede
lo di sotto. Il mondo sopra la Luna è immutabile ed argomenti diversi, più elevati di quelli trattati nelle
eterno. Il mondo sotto la Luna è invece corruttibile. altre cantiche. Richiede anche un tono diverso e un
La terra appartiene totalmente a questo secondo rapporto più distaccato con quest’«aiuola che ci fa
mondo. Mondo della corruzione o, meglio, usando tanto feroci» (Pd XXII, 151), da cui ormai il poeta
la terminologia aristotelica, della generazione e del- si sta allontanando.
la corruzione, significa mondo di ciò che è e che 9. Il canto non è certamente uno dei più apprezzati:
non è, mondo del contingente, mondo del divenire, il poeta mette in versi una questione scientifica e
mondo di ciò che trapassa da uno stato ad un altro una dimostrazione secondo la scienza del suo tempo.
stato. L’osservazione scientifica mostrava che i cieli In realtà non si deve guardare in questo modo il can-
sono immutabili e che la terra era mutevole. Le stel- to. Si deve guardare da un altro punto di vista: il
le cadenti non s’inserivano facilmente in questa in- punto unitario da cui il poeta parte per scrivere tutta
terpretazione dell’universo, perciò esse erano inter- l’opera, cioè la tesi che nulla e nessun ambito del
pretate come riflessi luminosi sulla volta celeste. E sapere come della realtà può e deve sottrarsi alla
tutto girava intorno alla terra. Quando G. Galilei poesia.
(1609-10) annuncia che le macchie lunari sono mon- 10. Il canto rimanda agli altri canti che affrontano
tagne, che esistono corpi celesti che girano non in- questioni scientifiche: il sorgere del temporale (Pg
torno alla terra, ma intorno a Giove, che in cielo è V), la formazione del copo nel grembo materno (Pg
un numero di stelle molto più grande di quello che si XXV), l’ordine dell’universo (Pd II), la teoria della
vede ad occhio nudo, incomincia la fine dell’astro- ereditarietà (Pd VIII) ecc.
nomia aristotelico-tolemaica e della visione aristote-
lico-tomistica del mondo. Crolla una visione del La struttura del canto è semplice: 1) Dante invita il
mondo durata quasi duemila anni (340 a.C.-1610 lettore a seguirlo da vicino, altrimenti corre il ri-
d.C.). Galilei abbandona la logica medioevale e usa schio di perdersi; 2) Dante e Beatrice corrono veloci
un nuovo metodo, il metodo matematico-sperimen- verso il cielo della Luna; 3) il poeta chiede la causa
tale, che combina in modo efficace matematica ed delle macchie lunari, escludendo l’interpretazione
esperimento. La Chiesa sente il pericolo (nel 1517 popolare che si tratti del viso di Caino; 4) Beatrice
Lutero le aeva sottratto l’Europa centrale): le nuove confuta alcune ipotesi avanzate dal poeta, quindi dà
idee fanno crollare dalle radici il sapere tradiziona- la risposta corretta: 5) esse dipendono dal modo in
le. E si oppone come può, prima minacciando e poi cui le intelligenze motrici dei cieli si uniscono con i
imprigionando lo scienziato pisano. Ma inutilmente. corpi celesti.
La rivoluzione scientifica si diffonde, ma... non fa
crollare niente. Né fa cambiare la vita di alcuno, né
dei nobili, né del clero, né degli scienziati, né del
popolo. I marinai invece, muniti di sestante, si spo-
stano con più sicurezza sulle onde del mare e posso-
no osare viaggi più lunghi.
7. Questo canto di contenuto scientifico e metodo-
logico va collegato ad altri canti del poema, almeno
a Pg III, 31-39 (ambiti e limiti della ragione umana),
Pg V, 103-123 (teoria della formazione dei tempo-
rali), Pg IV, 124-132 (teoria della verità). Pg III,
31-39, va poi integrato con If XXVI, il canto di U-
lisse: l’eroe greco sfida l’oceano, per andare ad e-
splorare il mondo disabitato. Dopo cinque mesi di
navigazione vede una montagna altissima. Egli e i
suoi compagni esultano. Ma presto la gioia si tra-
sforma in pianto, perché dalla montagna sorge un
turbine che affonda la nave. La metafora è evidente:
Ulisse, che è vivo e che non è stato battezzato, non
può scendere sulle spiagge della montagna del pur-
gatorio.
8. La spiegazione delle macchie lunari segue quella
dell’ordine dell’universo e precede quella dell’ere-
ditarietà (Pd VIII, 85-148). Gli altri canti trattano
problemi teologici: se i beati della Luna sono meno
felici dei beati più vicini a Dio (III, 58-90), la di-
stinzione tra volontà assoluta e volontà relativa
(IV, 64-117), il problema se i voti possono essere
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 13
Canto III 1. Quel sole (=Beatrice), che per primo mi riscaldò
Quel sol che pria d’amor mi scaldò ‘l petto, 1 il petto con l’amore, mi aveva scoperto il dolce a-
di bella verità m’avea scoverto, spetto di una bella verità, provando [il vero] e con-
provando e riprovando, il dolce aspetto; futando [il falso]. 4. Io, per mostrarmi corretto
e io, per confessar corretto e certo 4 [dell’errore] e convinto [del vero], tanto quanto fu
me stesso, tanto quanto si convenne conveniente alzai il capo più dritto, per parlare. 7.
leva’ il capo a proferer più erto; Ma mi apparve una visione (=scena), che mi tenne
ma visione apparve che ritenne 7 tanto stretto a sé, per vederla, che non mi ricordai
a sé me tanto stretto, per vedersi, (=mi dimenticai) di risponderle. 10. Quali attraverso
che di mia confession non mi sovvenne. vetri trasparenti e tersi oppure attraverso acque niti-
Quali per vetri trasparenti e tersi, 10 de e tranquille, non così profonde che il fondo sia
o ver per acque nitide e tranquille, oscuro, i lineamenti dei nostri volti 13. ritornano co-
non sì profonde che i fondi sien persi, sì deboli, che una perla sopra una fronte bianca non
tornan d’i nostri visi le postille 13 viene più lenta alle nostre pupille; 16. tali (=indi-
debili sì, che perla in bianca fronte stinti allo stesso modo) vidi io più facce pronte a
non vien men forte a le nostre pupille; parlare. Perciò io corsi dentro l’errore opposto a
tali vid’io più facce a parlar pronte; 16 quello che amore accese tra l’uomo (=Narciso) e il
per ch’io dentro a l’error contrario corsi fonte [che rifletteva la sua immagine]. 19. Sùbito,
a quel ch’accese amor tra l’omo e ‘l fonte. appena mi accorsi di loro, stimando che quelle fos-
Sùbito sì com’io di lor m’accorsi, 19 sero immagini di visi riflesse da specchi, volsi gli
quelle stimando specchiati sembianti, occhi [dietro di me], per vedere chi fossero. 22. Non
per veder di cui fosser, li occhi torsi; vidi nulla, [perciò] rivolsi gli occhi in avanti, fissan-
e nulla vidi, e ritorsili avanti 22 doli in quelli della dolce guida, la quale, sorridendo,
dritti nel lume de la dolce guida, ardeva [d’amore] negli occhi santi. 25. «Non mera-
che, sorridendo, ardea ne li occhi santi. vigliarti, se io sorrido» mi disse, «dopo il tuo pensie-
“Non ti maravigliar perch’io sorrida”, 25 ro puerile, che non affida ancora il piede sopra il ve-
mi disse, “appresso il tuo pueril coto, ro, 28. ma, come al solito, ti fa vaneggiare. Vere so-
poi sopra ‘l vero ancor lo piè non fida, stanze sono quelle che tu vedi qui confinate per ina-
ma te rivolve, come suole, a vòto: 28 dempimento di voto. 31. Perciò parla con esse, a-
vere sustanze son ciò che tu vedi, scóltale e credi [a quel che ti dicono], perché la luce
qui rilegate per manco di voto. verace, che le appaga, non lascia allontanare i loro
Però parla con esse e odi e credi; 31 piedi da sé.» 34. Io mi rivolsi all’ombra che appari-
ché la verace luce che li appaga va più desiderosa di ragionare e incominciai come
da sé non lascia lor torcer li piedi”. un uomo che un desiderio troppo intenso confonde:
E io a l’ombra che parea più vaga 34 37. «O spirito, creato per il bene [celeste], che ai
di ragionar, drizza’mi, e cominciai, raggi della vita eterna senti la dolcezza che, se non
quasi com’uom cui troppa voglia smaga: è gustata, non s’intende mai, 40. mi sarebbe gradito
“O ben creato spirito, che a’ rai 37 se tu mi accontentassi dicendo il tuo nome e la vo-
di vita etterna la dolcezza senti stra sorte.» Quell’anima, pronta e con gli occhi sor-
che, non gustata, non s’intende mai, ridenti, [mi rispose]: 43. «La nostra carità non chiu-
grazioso mi fia se mi contenti 40 de le porte ad un giusto desiderio, se non (=proprio)
del nome tuo e de la vostra sorte”. come quella carità (=di Dio), che vuole simile a sé
Ond’ella, pronta e con occhi ridenti: tutta la sua corte (=gli angeli e i santi). 46. Io fui nel
“La nostra carità non serra porte 43 mondo vergine sorella (=monaca) e, se la tua memo-
a giusta voglia, se non come quella ria si riguarda bene, non mi celerà a te l’essere [di-
che vuol simile a sé tutta sua corte. ventata] più bella, 49. ma riconoscerai che io sono
I’ fui nel mondo vergine sorella; 46 Piccarda Donati, che, posta qui con questi altri bea-
e se la mente tua ben sé riguarda, ti, sono beata nella sfera più lenta (=la Luna). 52. I
non mi ti celerà l’esser più bella, nostri affetti, che sono infiammati soltanto da ciò
ma riconoscerai ch’i’ son Piccarda, 49 che piace allo Spirito Santo, provano letizia confor-
che, posta qui con questi altri beati, mandosi al suo ordine. 55. E questa sorte (=grado di
beata sono in la spera più tarda. beatitudine), che appare tanto bassa, ci è data per-
Li nostri affetti, che solo infiammati 52 ché i nostri voti furono trascurati ed in parte vuoti
son nel piacer de lo Spirito Santo, (=inadempiuti)». 58. Ed io a lei: «Nelle vostre me-
letizian del suo ordine formati. ravigliose sembianze risplende un non so che di di-
E questa sorte che par giù cotanto, 55 vino, che vi trasforma dalle immagini [che avevamo]
però n’è data, perché fuor negletti prima (=sulla terra) di voi.
li nostri voti, e vòti in alcun canto”.
Ond’io a lei: “Ne’ mirabili aspetti 58
vostri risplende non so che divino
che vi trasmuta da’ primi concetti:
I personaggi
Narciso è un giovane bellissimo, di cui parla la mi- di partito. Ma quella violenza subìta in vita è or-
tologia greca. Specchiandosi nell’acqua, s’innamora mai lontana, è divenuta un pallido ricordo, che non
della propria immagine, cade nell’acqua e muore. la ferisce più. Ora prova la beatitudine di vivere in
Gli dei lo trasformano nel fiore che porta il suo no- comunione con Dio e con gli altri beati. Questa bea-
me. La fonte di Dante è Ovidio, Metam. VI, 407- titudine ripaga ampiamente delle sofferenze provate
510. quand’era sulla terra: la nuova bellezza, che ha ac-
Piccarda Donati (seconda metà del sec. XIII) è fi- quistato in cielo, la rende irriconoscibile al poeta.
glia di Simone e sorella di Corso e di Forese. Si fa Alla fine del canto ella svanisce cantando l’Ave
suora nel convento delle clarisse di Monticelli, pres- Maria.
so Firenze. Il fratello Corso la fa rapire per darla in 2.1. Il canto fa parte della serie dei canti abbinati:
moglie a Rossellino della Tosa, suo compagno di rimanda a Pg XXIV, dove il poeta incontra Forese
partito. Di lei non si sa altro. Dante è imparentato Donati, il fratello di Piccarda. In quell’incontro si
con la famiglia Donati, poiché la moglie Gemma è parla anche della donna, di cui si dice che è già in
figlia di Manetto Donati. cielo. Si parla anche di Corso Donati, di cui si anti-
Chiara d’Assisi (1194-1253) appartiene a una nobi- cipa la fine all’inferno, dove è trascinato da un ca-
le famiglia di Assisi. È poco più giovane di France- vallo-demonio. Si tratta di una anticipazione, che
sco d’Assisi, ed è da lui amata e a lui devota. Fonda provoca curiosità e attesa nel lettore. Altri canti ab-
l’ordine monacale delle clarisse, che s’ispira ai valo- binati sono quello di Ulisse e Guido da Montefeltro,
ri francescani di povertà, carità, umiltà, castità e due fraudolenti tra loro molto diversi (If XXVI e
semplicità. XXVII); quello di Guido da Montefeltro (If XXVII)
Costanza d’Altavilla (1154-1198) è figlia di Rugge- e del figlio Bonconte (Pg V) ecc.
ro II di Sicilia. Sposa l’imperatore Enrico VI di Sve- 3. Nel canto il poeta affronta un difficile problema
via (1186), a cui porta in dote la Sicilia. È madre di teologico: le anime sono beate nel cielo in cui si
Federico II (1194-1250), messo tra gli eretici (If X, trovano oppure vorrebbero salire in un cielo più ele-
119). Dante riprende una leggenda, tendente a scre- vato, per essere più vicine a Dio (vv. 64-87)? La ri-
ditare il partito imperiale, secondo cui è sottratta al sposta, data da Piccarda, è che la beatitudine delle
chiostro e costretta a sposare Enrico VI. anime consiste nell’essere concordi alla volontà di
Dio, perché ciò che Egli ha deciso è giusto: «E ‘n la
Commento (=nel far la) sua volontà è nostra pace» (v. 85). Bea-
1. Dante incontra la prima schiera di anime nel cielo trice resta silenziosa per tutto il canto; ricompare
della Luna. Esse sono così diafane, che egli pensa di soltanto alla fine, più luminosa che mai.
averle alle spalle e si volta (vv. 7-24). Le anime 4. La storia di Piccarda è racchiusa in soli 12 versi
hanno perso completamente il loro aspetto materiale (vv. 97-108). È breve come la storia dell’anonimo
e sono divenute pura luce, puri spiriti. Lo stesso vale fiorentino, morto suicida (If XIII, 139-151), o come
per le anime che incontra proseguendo il viaggio in la storia di Pia de’ Tolomei (Pg V, 130-142). La
paradiso. Il poeta ha saputo caratterizzare in modo pratica della sintesi caratterizza l’opera fin da If I,
semplice ed efficace l’atmosfera e le anime dei tre 1: «Nel mezzo del cammin di nostra vita...». I «po-
regni oltremondani: l’oscurità dell’inferno, la con- chi versi» hanno un impatto particolarmente efficace
cretezza della materia, la deformazione fisica e spi- e potente nella memoria del lettore: vi s’imprimono
rituale, l’egoismo dei dannati; la luce primaverile in modo permanente. La loro efficacia è poi accen-
del purgatorio, la speranza, la coralità delle anime tuata dal fatto che si dispiegano nella terzina, in
purganti; la luce del paradiso, l’immaterialità delle quell’involucro e in quella catena che è la terzina
anime, che hanno quasi completamente perso il loro dantesca.
antico aspetto, la loro partecipazione e la loro totale 5. Piccarda si esprime poi in un verso che dice e non
comunione alla vita divina. dice, ma allude: «Iddio si sa qual poi mia vita fusi»
2. Piccarda Donati si avvicina a Dante ed è sollecita (v. 108). Proprio come le parole del conte Ugolino
a rispondere alle domande del poeta. Essa ricorda della Gherardesca: «Poscia, più che ‘l dolor, poté ‘l
ancora la sua scelta di vivere ritirata nel convento e digiuno» (If XXXIII, 75), che costituiscono il caso
la violenza che subisce ad opera del fratello Corso, più potente ed efficace di allusione di tutta la Divi-
che la fa rapire per darla in sposa ad un compagno na commedia. E spingono il lettore a chiedersi se il
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 16
digiuno ha ucciso il conte o se lo ha spinto a cibarsi dai primi canti: lo svenimento di If III, 133-136, e
dei suoi figli. Piccarda, sia per pudore sia per non V, 139-142, è inserito in contesti diversi che gli
rinnovare l’antico dolore, allude soltanto alle soffe- fanno assumere significati diversi.
renze della sua vita fuori del convento. Il lettore al- 9. Come in altri canti, il poeta affronta una questio-
lora si attiva, e immagina. Sarebbe rimasto passivo, ne teologica, filosofica e scientifica, a cui accosta
se l’anima avesse fatto l’elenco delle sue sofferenze. una questione di tipo diverso, in genere la storia
E Piccarda sarebbe stata noiosa e prosaica se le a- dell’anima che ha davanti. In questo caso il canto ha
vesse esposte. Dante è entrato nella psicologia della questa struttura narrativa: Piccarda parla di una que-
donna come del lettore: ciò a cui si allude e ciò che stione teologica (se le anime della Luna desiderano
si immagina colpisce molto di più di ciò che si vede. essere più vicine a Dio); poi parla della sua vita; e
5.1. Accanto alle forme di allusione linguistica si infine parla di un’altra anima, Costanza d’Altavilla.
collocano le forme di allusione di tipo profetico, Il collegamento è costituito dal fatto che le due ani-
come quella del Veltro (If I, 100-111) o le profezie me non hanno rispettato i voti, perché rapite dal
sul futuro del poeta che costellano le prime due can- convento in cui si erano ritirate. Nei canti dell’In-
tiche. Un caso particolare di allusione è il riassunto: ferno questa struttura è più scoperta.
il poeta dice in due parole quel che vuol fare cono- 10. La scelta di Dante di mettere Piccarda Donati e
scere, per impedire che acquisti importanza a spese Costanza d’Altavilla nel cielo della Luna acquista
di qualcos’altro: riassume il suo viaggio a Brunetto un senso pregnante se si tiene presente che pone nel
Latini, l’antico maestro (If XV, 46-54), e a Catone, cielo di Venere – un cielo per un certo verso più alto
il guardiano del purgatorio (Pg I, 58-65), e riassume – le anime di Cunizza da Romano e di Raab. La
in soli 13 versi il viaggio di uscita dall’inferno (If prima non sapeva mai dire di no a chi chiedeva con
XXXIV, 127-139). Dante sa che le cose soltanto ac- cortesia; la seconda faceva la prostituta e con retto
cennate hanno un impatto emotivo molto più intenso senso degli affari si concedeva ad amici e nemici e
delle cose dette esplicitamente. E vi ricorre consa- non provava disgusto a fare la spia: vende agli ebrei
pevolmente. Ad esempio la profezia di Farinata (If i suoi concittadini in cambio di avere salva la vita
X, 121-132) o la richiesta a Cacciaguida di chiarire lei e i suoi clienti. Il suo merito? Favorì la venuta di
le profezie che gli sono state dette (Pd XV, 106- Cristo e Cristo, riconoscente, andò a prelevarla nel
120). limbo per portarla nel cielo di Venere. O degli spiri-
6. Dante fa presentare Costanza d’Altavilla a Pic- ti amanti.
carda. Era ricorso più volte a questo espediente: ad 11. Le due donne rimandano a tutte le altre donne
esempio Virgilio parla delle anime dei lussuriosi (If che il poeta incontra nel corso del viaggio: donne
V, 52-72), frate Alberigo dei Manfredi parla prima che finiscono all’inferno (Semiramide, Elena, Dido-
di se stesso e poi di Branca Doria (If XXXIII, 136- ne, Feancesca e Paolo, Taidè ecc.), donne che fini-
147), Oderisi da Gubbio parla prima di se stesso e scono in Purgatorio (Pia de’ Tolomei, Sapìa da Sie-
poi di Provenzan Salvani (Pg XI, 118-142). In sé- na ecc.) e donne che vanno in paradiso (Piccarda
guito l’imperatore Giustiniano parla prima dell’im- Donati, Costanza d’Altavilla, la ninfomane Cunizza
pero e poi di Romeo di Villanova (Pd VI, 127-142). da Romano, la prostituta Raab ecc.). E poi c’è Bea-
In questo modo evita la monotonia di un dialogo trice, matelda, la Vergine Maria…
continuo tra lui e il personaggio incontrato. 12. Il canto procede nel canto successivo: il poeta ha
7. Il canto è pieno di donne: Beatrice che accompa- due dubbi (qual è la sede dei beati; e perché le ani-
gna il poeta, Piccarda che parla con lui e che gli me inadempienti ai voti devono purgarsi se hanno
parla di Costanza d’Altavilla. L’atmosfera è nobile subìto violenza), a cui Beatrice risponde. Un terzo
e rarefatta. Ognuna di esse ha una storia personale dubbio è rimandato nel canto successivo. Questa e-
alle spalle. E la gioia del cielo non rende meno spansione di un canto in un altro richiama sia il can-
drammatica la vita e la violenza subìta sulla terra da to di Capocchio e di maestro Adamo (If XXIX-
Piccarda come da Costanza. In If II, 52-126, Virgi- XXX) sia il canto di Ugolino della Gherardesca (If
lio gli aveva parlato delle tre donne del cielo – la XXXII-XXXIII).
Vergine Maria, santa Lucia e Beatrice – che si erano
rivolte a lui, per invitarlo ad andare in aiuto al poeta La struttura del canto è semplice: 1) Dante incon-
che si era smarrito nella selva oscura. Tre è un nu- tra Piccarda Donati; 2) Piccarda dice che il cielo
mero perfetto, ma è anche il numero che sul piano accoglie le anime di coloro che non hanno adempiu-
narrativo istituisce dinamismo al canto, a un episo- to i voti e che la felicità di tutte le anime consiste
dio, a un racconto. nel conformarsi alla volontà di Dio; 3) l’anima poi
8. Come Piccarda, anche Guido da Montefeltro alla racconta del voto che non ha compiuto (è stata rapi-
fine del dialogo si allontana da Dante (If XXVII, ta dal convento e costretta a sposarsi); 4) anche
130-132). La donna però è tripudiante di gioia, l’anima di Costanza d’Altavilla, vicina a lei, ha su-
Guido invece è ancora bruciato per essersi fatto in- bìto la stessa violenza; infine 5) Piccarda, cantando
gannare dal papa Bonifacio VIII, che gli aveva chie- l’Ave Maria, scompare.
sto un consiglio fraudolento. Lo stesso comporta-
mento è inserito in due contesti diversi. Dante quin-
di riprende e modifica un modulo narrativo già spe-
rimentato. Il poeta era ricorso a questa soluzione fin
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 17
Canto IV
Intra due cibi, distanti e moventi 1 1. Posto tra due cibi, nella stessa misura distanti e at-
d’un modo, prima si morria di fame, traenti, l’uomo, dotato di libero arbitrio, morirebbe di
che liber’omo l’un recasse ai denti; fame prima di mettere sotto i denti l’uno o l’altro. 4.
sì si starebbe un agno intra due brame 4 Così starebbe un agnello tra due lupi feroci ed affama-
di fieri lupi, igualmente temendo; ti, temendo ugualmente [l’uno e l’altro]; così starebbe
sì si starebbe un cane intra due dame: un cane da caccia tra due daini. 7. Pertanto, se io ta-
per che, s’i’ mi tacea, me non riprendo, 7 cevo, non mi rimprovero né mi elogio, poiché ero so-
da li miei dubbi d’un modo sospinto, spinto nella stessa misura dai miei dubbi e perciò ero
poi ch’era necessario, né commendo. necessitato (=non avevo possibilità di scelta). 10. Io
Io mi tacea, ma ‘l mio disir dipinto 10 tacevo, ma il mio desiderio era dipinto nel viso, e con
m’era nel viso, e ‘l dimandar con ello, esso la mia domanda, molto più esplicita che se
più caldo assai che per parlar distinto. l’avessi formulata con le parole. 13. Beatrice fece
Fé sì Beatrice qual fé Daniello, 13 [con me] quello che fece il profeta Daniele, liberando
Nabuccodonosor levando d’ira, Nabuccodonosor dall’ira, che lo aveva reso ingiusta-
che l’avea fatto ingiustamente fello; mente crudele; 16. e disse: «Io vedo bene come l’uno
e disse: “Io veggio ben come ti tira 16 e l’altro desiderio ti trascinano, tanto che la tua preoc-
uno e altro disio, sì che tua cura cupazione ostacola se stessa a tal punto che non spira
sé stessa lega sì che fuor non spira. fuori [di bocca]. 19. Tu argomenti [in questo modo]:
Tu argomenti: “Se ‘l buon voler dura, 19 “Se la buona volontà perdura, per quale motivo la vio-
la violenza altrui per qual ragione lenza altrui mi fa diminuire la misura del merito?”.
di meritar mi scema la misura?”. 22. Ancora ti dà motivo di dubitare il fatto che le a-
Ancor di dubitar ti dà cagione 22 nime sembrano tornare alle stelle, secondo l’affer-
parer tornarsi l’anime a le stelle, mazione di Platone. 25. Queste sono le questioni che
secondo la sentenza di Platone. premono con uguale forza sulla tua volontà, perciò
Queste son le question che nel tuo velle 25 tratterò prima quella che contiene più veleno [nei con-
pontano igualmente; e però pria fronti della dottrina cristiana]. 28. Quello dei Serafini
tratterò quella che più ha di felle. che sta più vicino a Dio, Mosè, Samuele e quello dei
D’i Serafin colui che più s’india, 28 due Giovanni (=il Battista e l’Evangelista) che vuoi
Moisè, Samuel, e quel Giovanni prendere, io dico, non [esclusa nemmeno] la Vergine
che prender vuoli, io dico, non Maria, Maria, 31. non hanno le loro sedi in un cielo diverso
non hanno in altro cielo i loro scanni 31 da quello di questi spiriti che or ora ti sono apparsi, né
che questi spirti che mo t’appariro, in questa loro beatitudine restano un numero maggiore
né hanno a l’esser lor più o meno anni; o minore di anni; 34. ma tutti abbelliscono [con la loro
ma tutti fanno bello il primo giro, 34 presenza] il primo cielo (=l’empìreo) e godono della
e differentemente han dolce vita loro vita beata in misura diversa, secondo la loro ca-
per sentir più e men l’etterno spiro. pacità di sentire più o meno intensamente [l’ardore di
Qui si mostraro, non perché sortita 37 carità che] lo Spirito Santo [desta in loro]. 37. Qui
sia questa spera lor, ma per far segno (=nel cielo della Luna) esse si mostrarono, non perché
de la celestial c’ha men salita. sia data loro in sorte questa sfera, ma per dare a te un
Così parlar conviensi al vostro ingegno, 40 segno concreto della sfera celeste che ha meno salita
però che solo da sensato apprende (=che è più lontana dall’empìreo). 40. Così conviene
ciò che fa poscia d’intelletto degno. (=è necessario) parlare al vostro ingegno, perché sol-
Per questo la Scrittura condescende 43 tanto dai segni sensibili esso apprende ciò che poi fa
a vostra facultate, e piedi e mano degno di [conoscenza per] l’intelletto. 43. Per questo
attribuisce a Dio, e altro intende; scopo la Sacra Scrittura si adatta alle vostre capacità
e Santa Chiesa con aspetto umano 46 intellettuali, e attribuisce a Dio piedi e mani, e inten-
Gabriel e Michel vi rappresenta, de altro (=la realtà spirituale); 46. e la Santa Chiesa vi
e l’altro che Tobia rifece sano. rappresenta con l’aspetto umano l’arcangelo Gabriele
Quel che Timeo de l’anime argomenta 49 e Michele, e quell’altro che guarì Tobia. 49. Quello
non è simile a ciò che qui si vede, che nel Timeo Platone afferma sulle anime non corri-
però che, come dice, par che senta. sponde a ciò che qui si vede, poiché pare che egli in-
Dice che l’alma a la sua stella riede, 52 tenda [letteralmente] quel che dice. 52. Dice che
credendo quella quindi esser decisa l’anima ritorna alla sua stella e crede che essa sia stata
quando natura per forma la diede; strappata da qui quando la natura la diede [ad un cor-
e forse sua sentenza è d’altra guisa 55 po] come forma [vitale]. 55. Ma forse la sua afferma-
che la voce non suona, ed esser puote zione è diversa da quello che le parole dicono e può
con intenzion da non esser derisa. contendere un’idea niente affatto ridicola. 58. Se egli
S’elli intende tornare a queste ruote 58 intende che a queste ruote [dei cieli] vanno fatti risali-
l’onor de la influenza e ‘l biasmo, forse re il merito e il demerito degli influssi [buoni o cattivi
in alcun vero suo arco percuote. degli astri sugli uomini], forse il suo arco colpisce in
parte la verità.
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 18
Questo principio, male inteso, torse 61 61. Questa dottrina [degli influssi astrali], male in-
già tutto il mondo quasi, sì che Giove, terpretata, un tempo fece errare quasi tutto il mondo,
Mercurio e Marte a nominar trascorse. tanto che giunse all’eccesso d’indicare i pianeti con
L’altra dubitazion che ti commove 64 il nome di Giove, di Mercurio e di Marte. 64.
ha men velen, però che sua malizia L’altro dubbio che ti turba ha meno veleno, perché
non ti poria menar da me altrove. la sua malizia non ti potrebbe condurre lontano da
Parere ingiusta la nostra giustizia 67 me. 67. Il fatto che la giustizia divina appaia ingiu-
ne li occhi d’i mortali, è argomento sta agli occhi dei mortali, è un argomento [a favore]
di fede e non d’eretica nequizia. della fede e non [una dimostrazione] delle maligne
Ma perché puote vostro accorgimento 70 affermazioni degli eretici. 70. Ma, poiché il vostro
ben penetrare a questa veritate, intelletto può ben penetrare in questa verità, come
come disiri, ti farò contento. desideri, ti farò contento. 73. Se la vera violenza si
Se violenza è quando quel che pate 73 ha soltanto quando colui che la subisce non favori-
niente conferisce a quel che sforza, sce in alcun modo colui che gliela infligge, queste
non fuor quest’alme per essa scusate; anime non furono scusate per la violenza subita; 76.
ché volontà, se non vuol, non s’ammorza, 76 perché la volontà, se non vuole, non si smorza, ma fa
ma fa come natura face in foco, come la natura (=l’istinto naturale) fa nel fuoco,
se mille volte violenza il torza. anche se per mille volte la violenza cerca di piegar-
Per che, s’ella si piega assai o poco, 79 lo verso il basso. 79. Perciò, se ella si piega molto o
segue la forza; e così queste fero poco, segue la forza. Così fecero queste anime, pur
possendo rifuggir nel santo loco. potendo fuggire nuovamente nel santo luogo (=nel
Se fosse stato lor volere intero, 82 monastero). 82. La loro volontà, se fosse stato salda,
come tenne Lorenzo in su la grada, come quella che tenne Lorenzo sulla graticola e
e fece Muzio a la sua man severo, quella che fece Muzio Scevola severo verso la sua
così l’avria ripinte per la strada 85 mano, 85. le avrebbe risospinte per la strada [del
ond’eran tratte, come fuoro sciolte; chiostro] da cui erano state strappate, non appena
ma così salda voglia è troppo rada. erano libere [dalla minaccia della violenza]. Ma una
E per queste parole, se ricolte 88 volontà così salda [e inflessibile] è troppo rara. 88.
l’hai come dei, è l’argomento casso Da queste parole, se le hai ascoltate bene come do-
che t’avria fatto noia ancor più volte. vevi, è cassato l’argomento che ti avrebbe angustiato
Ma or ti s’attraversa un altro passo 91 anche in futuro. 91. Ma ora dinanzi agli occhi ti si
dinanzi a li occhi, tal che per te stesso pone di traverso una tale difficoltà, che con le tue
non usciresti: pria saresti lasso. sole forze non ne usciresti: prima ti stancheresti. 94.
Io t’ho per certo ne la mente messo 94 Io ti ho già messo nella mente come cosa certa che
ch’alma beata non poria mentire, l’anima beata non potrebbe mentire, poiché è sem-
però ch’è sempre al primo vero appresso; pre vicina alla verità prima (=Dio). 97. E poi da
e poi potesti da Piccarda udire 97 Piccarda hai potuto udire che Costanza mantenne
che l’affezion del vel Costanza tenne; [saldo nel cuore] l’affetto per il velo monacale; così
sì ch’ella par qui meco contradire. che pare che ella qui contraddica le mie parole. 100.
Molte fiate già, frate, addivenne 100 Molte volte, o fratello, è già accaduto che, per fug-
che, per fuggir periglio, contra grato gire un pericolo, si fece contro voglia quello che non
si fé di quel che far non si convenne; conveniva fare. 103. Come Almeone, che, pregato
come Almeone, che, di ciò pregato 103 da suo padre, uccise la propria madre: per non veni-
dal padre suo, la propria madre spense, re meno alla pietà [verso il padre], si fece spietato
per non perder pietà, si fé spietato. [con la madre]. 106. A questo punto voglio che tu
A questo punto voglio che tu pense 106 pensi che la violenza [di chi la infligge] si mischia
che la forza al voler si mischia, e fanno alla volontà [di chi la subisce], e fanno sì che le of-
sì che scusar non si posson l’offense. fese [a Dio] non si possano scusare. 109. La volontà
Voglia assoluta non consente al danno; 109 assoluta (=sciolta da ogni condizionamento) non ac-
ma consentevi in tanto in quanto teme, consente al danno (=alla violenza); ma vi acconsen-
se si ritrae, cadere in più affanno. te in tanto in quanto, se resiste, teme di cadere in un
Però, quando Piccarda quello spreme, 112 affanno maggiore. 112. Perciò, quando Piccarda si
de la voglia assoluta intende, e io espresse come hai udito, parlava della volontà asso-
de l’altra; sì che ver diciamo insieme”. luta, invece io [parlavo] dell’altra; così che entrambi
Cotal fu l’ondeggiar del santo rio 115 diciamo la verità». 115. Tale fu il fluire del santo
ch’uscì del fonte ond’ogne ver deriva; ragionamento [di Beatrice], che uscì dal fonte da cui
tal puose in pace uno e altro disio. deriva ogni verità (=Dio). Esso pose in pace
“O amanza del primo amante, o diva”, 118 (=soddisfece) l’uno e l’altro desiderio [che prova-
diss’io appresso, “il cui parlar m’inonda vo]. 118. «O donna amata dal primo amante (= Di-
e scalda sì, che più e più m’avviva, o), o divina» io dissi di séguito, «il cui parlare
m’inonda e mi riscalda a tal punto, che mi ravviva
sempre di più,
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 19
121. il mio affetto non è tanto profondo, che basti a
non è l’affezion mia tanto profonda, 121 rendere a voi grazia per grazia (=a ringraziarvi per
che basti a render voi grazia per grazia; la grazia ricevuta). Ma colui che vede e può [tutto]
ma quei che vede e puote a ciò risponda. (=Dio) vi dia la giusta ricompensa. 124. Io vedo be-
Io veggio ben che già mai non si sazia 124 ne che il nostro intelletto non si sazia mai, se non lo
nostro intelletto, se ‘l ver non lo illustra illumina la verità divina, fuori della quale non esiste
di fuor dal qual nessun vero si spazia. alcun’altra verità. 127. Si riposa in essa, come una
Posasi in esso, come fera in lustra, 127 fiera [si riposa] nel suo covile, non appena l’ha rag-
tosto che giunto l’ha; e giugner puollo: giunta. E la può raggiungere. Se non [la raggiunges-
se non, ciascun disio sarebbe frustra. se], ciascun desiderio sarebbe vano. 130. Per questo
Nasce per quello, a guisa di rampollo, 130 motivo il dubbio nasce, come un figlio, ai piedi del-
a piè del vero il dubbio; ed è natura la verità. Ed è la nostra natura [di esseri razionali]
ch’al sommo pinge noi di collo in collo. che ci spinge di colle in colle fino alla sommità
Questo m’invita, questo m’assicura 133 (=alla verità). 133. Questo fatto, o donna, m’invita,
con reverenza, donna, a dimandarvi questo fatto m’incoraggia con riverenza a doman-
d’un’altra verità che m’è oscura. darvi di un’altra verità che mi è oscura. 136. Io vo-
Io vo’ saper se l’uom può sodisfarvi 136 glio sapere se l’uomo può soddisfare ai voti man-
ai voti manchi sì con altri beni, chevoli (=inadempiuti) con altri beni, che alla vostra
ch’a la vostra statera non sien parvi”. bilancia non siano inferiori.» 139. Beatrice mi guar-
Beatrice mi guardò con li occhi pieni 139 dò con gli occhi pieni di faville di amore [e] così
di faville d’amor così divini, divini, che, vinta, la mia capacità visiva si volse al-
che, vinta, mia virtute diè le reni, trove, 142. e quasi mi smarrii con gli occhi chinati
e quasi mi perdei con li occhi chini. 142 [verso terra].
I personaggi
Il profeta Daniele (Dn 2, 1-46) con l’aiuto divino zionale dello Stato. Per certi versi le sue teorie sono
spiega al re babilonese Nabuccodonosor (604-562 a. più vicine di quelle aristoteliche al pensiero cristia-
C.) un sogno che questi aveva fatto e che non ricor- no (l’immortalità dell’anima, il demiurgo). Perciò è
dava bene. Gli indovini fatti chiamare non gli ave- accolto con favore da sant’Agostino e dalle correnti
vano saputo rispondere, perciò li aveva condannati a agostiniane e mistiche.
morte. Il profeta ottiene che la condanna a morte sia Mosè, Samuele, Giovanni il Battista e Giovanni
sospesa. Come il sovrano Dante non riesce ad espri- l’Evangelista sono personaggi dell’Antico e del
mersi e la risposta di Beatrice è data poiché essa co- Nuovo testamento, presi come esempio di beati del
nosce tutto in Dio. paradiso.
Platone di Atene (427-447 a.C.) è il maggiore di- Gabriele, Michele, Raffaele sono arcangeli che ap-
scepolo di Socrate e uno dei maggiori filosofi greci. paiono nell’Antico testamento. Essi sono puri spiriti,
Espone le sue teorie nei Dialoghi, per indicare che ma la Chiesa permette di raffigurarli come esseri
la filosofia è discussione e ricerca e poi anche con- umani per darne una rappresentazione sensibile
clusione. I più importanti sono: Apologia di Socra- all’intelletto umano.
te, Convivio, Fedone, Repubblica, Parmenide, Ti- Giove, Mercurio e Marte sono divinità pagane i-
meo, Leggi. I nuclei centrali del suo pensiero sono la dentificate nei pianeti. L’identificazione avviene fin
dottrina delle idee. Le idee delle cose sono univer- dall’età ellenistica (sec. III a.C.).
sali e necessarie ed esistono dall’eternità nell’iper- Lorenzo è un diacono romano che muore bruciato
uranio, cioè oltre il cielo. Un demiurgo divino le ha vivo su una graticola nel 258 durante la persecuzio-
prese a modello per plasmare le cose, che sono par- ne dell’imperatore Valeriano.
ticolari e contingenti. L’anima umana viveva come Muzio Scevola è un soldato romano che cerca di uc-
le idee nell’iperuranio, al di là del cielo, ed è perciò cidere il re etrusco Porsenna, per salvare Roma. Non
immortale. Da qui è precipitata ed è entrata nel cor- vi riesce, perciò brucia su un braciere il braccio che
po. Il trauma della nascita le ha fatto dimenticare le aveva sbagliato, suscitando l’ammirazione del so-
conoscenze che aveva, ma che può cercare di ricor- vrano nemico (sec. VI a.C.).
dare. La conoscenza è quindi ricordo. Con la morte Piccarda Donati (seconda metà del sec. XIII) e Co-
ritorna al cielo. La realtà vera è quindi la realtà del- stanza d’Altavilla (1154-1198) scelgono la vita del
le idee: le cose sono una semplice copia. Di qui il chiostro da cui sono strappate. La prima è data in
giudizio negativo sull’arte, che sarebbe copia della sposa dal fratello Corso Donati a un compagno di
copia della realtà. Nella Repubblica egli immagina partito. È imparentata con Gemma Donati, moglie di
una società tripartita: la classe dei filosofi con fun- Dante. La seconda diventa moglie dell’imperatore
zioni di governo, quella dei soldati con il compito Enrico VI di Svevia (1186). Dante riprende una leg-
della difesa e quella dei produttori (contadini e arti- genda, tendente a screditare il partito imperiale.
giani), che assicura il sostentamento delle altre due. Piccarda parla di sé e di Costanza in Pd III.
Le donne sono in comune e non esiste la proprietà Almeone uccide la madre Erifile per obbedire al
privata. Nelle Leggi ritorna ad una visione più tradi- padre Anfiarao, che, comparso in sogno, accusava la
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 20
moglie di avere causato la sua morte rivelando ai La tesi era che l’asino non aveva nessun motivo per
nemici il suo nascondiglio. La fonte di Dante è Ovi- scegliere il primo o il secondo, avrebbe girato il ca-
dio, Metam. IX, 408 sgg. po dal primo al secondo e dal secondo al primo, fin-
ché sarebbe morto di fame. Alla fine il logico per-
Commento deva l’asino ma dimostrava la sua tesi: anche
1. Il canto è il canto dei dubbi: due dubbi, due rispo- l’animale agisce in base al principio di ragion suffi-
ste e un chiarimento, e un terzo dubbio che avrà ri- ciente. Contento lui di aver perso l’asino...
sposta soltanto nel canto successivo. Dante si allon- 2.1.Che cosa diceva questo principio? Diceva che
tana dalla realtà concreta dell’inferno, dimentica la niente può esistere, accadere o essere vero, se non
realtà concreta della sua vita e passa o si rifugia nel vi è un motivo sufficiente affinché esso sia così e
mondo delle questioni scientifiche o teologiche. Si non diversamente. Questa è la formulazione poste-
stacca dalla realtà. Il viaggio è un itinerarium riore di Gottlieb W. Leibniz (1646-1716), il mag-
mentis in Deum. Egli insiste sul dubbio, poi però giore o forse l’unico continuatore della logica me-
vuole dare al dubbio una risposta che sia possibil- dioevale in epoca moderna. Insomma anche l’asino
mente la risposta definitiva. Ma la risposta è stata deve avere un motivo che lo spinga in una direzione,
formulata dopo attenta riflessione e tenendo conto di verso un mucchio di fieno, o in un’altra, verso
tante variabili e di tante possibilità. Alle spalle c’è l’altro mucchio. Questo principio è di fondamentale
la mente possente di Tommaso d’Aquino, che su o- importanza nella teoria della decisione: davanti a
gni questione (o problema) cercava le varie risposte più soluzioni quale soluzione si deve scegliere e in
(o le varie soluzioni), le esaminava e poi elaborava base a quali motivazioni (o a quali giustificazioni)?
una risposta che tenesse conto di tutte le obiezioni. O anche: che cosa si deve fare quando non c’è alcun
In questo modo è salvato non soltanto l’atteggia- motivo per preferire una soluzione a un’altra? Sono
mento curioso, aperto e problematico nei confronti problemi che coinvolgono anche la realtà spicciola
della realtà, ma anche il momento conclusivo, quello di ogni giorno. Dante riesce a trasformare in alta po-
in cui si devono tirare le somme. Non si può passare esia anche una fredda questione di logica!
il tempo a dubitare e soltanto a dubitare. Un René 3. Il poeta propone un’interpretazione della Bibbia
Descartes (1596-1650), che insiste sul dubbio e che, – ma è l’interpretazione ufficiale della Chiesa – che
per dimostrarsi originale, lo trasforma in dubbio i- sarà ben accolta anche in séguito (vv. 43-48): Dio è
perbolico (peraltro soltanto apparente), dimostra che rappresentato con mani e piedi, altrimenti il creden-
sta copiando roba altrui, vecchia di tre secoli. Dimo- te non riuscirebbe a farsene un’adeguata rappresen-
stra di essere incapace di apportarvi un contributo tazione. Essa sarà fatta propria da G. Galilei nella
originale (porta all’eccesso quel che trova). Dimo- lettera sulla corretta interpretazione della Bibbia in-
stra che non ha capito e per due motivi il dubbio dei viata alla granduchessa Maria Cristina di Lorena
pensatori medioevali: a) il dubbio deve spingere a (1614). Galilei però incontra notevoli resistenze
fare quel lavoro di ricerca e quella formulazione di quando propone la tesi che la Bibbia contiene veri-
ipotesi, che portano poi alla scelta dell’ipotesi vera tà di fede e non di scienza (E precisa: le verità di
o dell’ipotesi preferibile, e cioè alla soluzione del fede, una volta individuate dai teologi, non subisco-
dubbio; e b) dal dubbio si deve andare oltre, fuori no più modifiche; invece le verità di scienza sono
del dubbio, ma in modo genuino, non in modo cap- storiche, cioè possono mutare, si trovano nel gran
zioso. Usare il dubbio per dimostrare l’esistenza del libro della natura e sono scritte in caratteri mate-
soggetto dubitante – dubito, ergo sum – è pura fol- matici). La cosa non avrebbe scandalizzato un letto-
lia. Significa ritenere credibili le fandonie del baro- re medioevale, per il quale i testi andavano normal-
ne di Münchhausen, che frena la caduta dalla Luna mente letti secondo i quattro sensi delle scritture
sulla Terra afferrandosi per il colletto della giacca. (letterale, allegorico, morale e anagogico). In questo
1.1. In Pd IV, 118-138, Dante dimostra una consa- modo veniva addolcito il nucleo duro del pensiero
pevolezza ancora maggiore del significato metodo- antico. Dante dà subito dopo un saggio di interpre-
logico del dubbio e del fatto che si debba uscire as- tazione morbida del pensiero antico (vv. 49-69).
solutamente dal dubbio, per giungere ad una verità Dietro di lui sta la mente possente di Tommaso
precisa e dimostrata: la ricerca va di colle in colle e d’Aquino, che sulle varie questioni raccoglieva tutte
poi si ferma sulla vetta più alta. le soluzioni e poi le reinterpretava per fare emergere
2. «Posto tra due cibi... Così un agnello... Così un il nucleo di verità ed eliminare le parti accessorie. In
cane da caccia...». Poi c’è la conclusione: allo stes- tal modo salva il patrimonio del passato (ed evita le
so modo si trovava il poeta tra due dubbi, che gli fratture) e non si preclude l’apertura al futuro (per-
sembravano di uguale gravità e di uguale importan- ché attua una rivoluzione strisciante). Nessun pensa-
za. Ed egli non sapeva decidersi da quale iniziare tore è stato più di lui rivoluzionario e conservatore.
per domandare spiegazioni a Beatrice. L’inizio del Galilei invece vuole troncare di netto con il passato,
canto ripete per tre volte un complesso problema di perciò provoca l’immediata e inevitabile reazione
logica medioevale che normalmente va sotto il nome della Chiesa, che lo processa e lo costringe all’abiu-
di Asino di Buridano. Buridano era un logico che ra. La posizione della Chiesa, sempre la stessa di se-
aveva un asino. Per dimostrare un principio di logi- colo in secolo, è comprensibile e ragionevole: le tesi
ca, il principio di ragion sufficiente (o di indecidi- divergenti – quelle scientifiche come quelle eretiche
bilità), prese l’asino e lo mise davanti a due mucchi – provocano conflitti sociali. Per evitare i conflitti e
di fieno, perfettamente uguali e alla stessa distanza. i danni conseguenti, la soluzione migliore è reprime-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 21
re. Reprimere e nello stesso tempo recuperare le te- punto si sono rese complici del violentatore. Indub-
si dell’avversario: il gesuita Roberto Bellarmino biamente hanno ceduto per evitare un male o conse-
(1542-1621) stava reinterpretando la teoria coperni- guenze più gravi. Ma questa motivazione non le sot-
cana nei termini di comoda ipotesi matematica... trae all’accusa di complicità. Esse dovevano com-
Machiavelli era del tutto d’accordo: tra due mali portarsi come la fiamma del fuoco, che va sempre
(uccidere qualche pistoiese o avere una sanguinosa verso l’alto, nonostante tutti i tentativi per farla an-
guerra civile) si deve scegliere sempre il minore dare verso il basso. Insomma dovevano avere la stes-
(Principe, XVII, 1). sa forza di volontà di Muzio Scevola, che punì con
4. Il primo dubbio (vv. 28-39) è un’idea originale il fuoco il suo braccio, o del diacono Lorenzo, che si
del poeta: i beati abbandonano la loro sede celeste, fece abbrustolire dall’una e dall’altra parte. Indub-
per venire ad incontrarlo. In questo modo il paradiso biamente – continua il poeta – questi esempi di vo-
viene un po’ movimentato e soprattutto il poeta ac- lontà sono eroici e rarissimi, ma la conclusione non
quista importanza: egli va da Dio, i beati vanno da cambia: esiste complicità perché non c’è stata una
lui, che è un personaggio importante. È il terzo uo- totale e assoluta resistenza alla violenza». La con-
mo, dopo Enea e san Paolo, che va in cielo ancor vi- clusione è stata conseguita esaminando il fatto nella
vo. La Madonna non fa testo, perché è la madre di sua complessità e nella successione delle azioni,
Dio... Nell’affrontare questo problema ha la possibi- cioè con una teorizzazione molto complessa. Strada
lità di citare Platone, rettificarne le tesi o migliorar- facendo il poeta è giunto anche a chiarire un altro
ne l’interpretazione. E sostenere la dottrina ortodos- concetto: la distinzione tra volontà assoluta e vo-
sa sull’origine delle anime: sono create direttamente lontà condizionata. E, attribuendo alle due donne
da Dio. Per un cristiano il difetto maggiore delle te- una volontà condizionata, umanizza il loro compor-
orie o dei testi platonici è che sono di un’estrema tamento, cioè mostra che è consapevole che così
suggestione e bellezza ed è difficilissimo resistere al succede e succederà sempre nella realtà. E che egli
loro fascino. Oltre a ciò molte idee platoniche pote- ad ogni modo non può arrendersi alla realtà: anche
vano fare concorrenza al pensiero aristotelico. Ad la teoria ha le sue esigenze e la sua importanza. E
esempio la teoria della conoscenza, la teoria delle bisogna salvare l’inevitabile intransigenza dei prin-
idee, l’importanza della matematica, il molto più cipi; e comprendere – essere indulgenti con – quanto
moderato razionalismo ecc. Il pensiero cristiano succede a livello umano nella realtà. I primi non
molto salomonicamente si è nutrito dell’uno (Ago- possono ammettere eccezioni, perché le eccezioni
stino) e dell’altro (Tommaso d’Aquino). distruggono i principi. Insomma un giusto equilibrio
4.1. Affrontando il dubbio, il poeta ha la possibilità tra teoria e prassi, intransigenza sul piano dei princi-
di descrivere l’ordinamento morale del paradiso (vv. pi e comprensione su quella della vita, anche se di
28-41). Dell’ordinamento dell’inferno Virgilio ave- primo acchito sembra che il poeta faccia di tutta
va parlato in If XI, 16-111; dell’ordinamento del l’erba un fascio e riduca la colpa del violentatore e
purgatorio aveva parlato in Pg XVII, 85-139. aumenti quella del violentato.
5. Platone nel Timeo sostiene la tesi che le anime 6.1. I due casi di Muzio Scevola e del diacono Lo-
vivevano nell’iperuranio, cioè oltre il cielo. Da qui renzo non sono particolarmente pertinenti Le due
sono precipitate e si sono incorporate in un corpo. Il donne subiscono dall’esterno violenza e poi si tro-
trauma della nascita ha fatto in genere loro dimenti- vano nella situazione di ritornare in convento, cosa
care la vita e le conoscenze precedenti. Esse però che non fanno, sentendo su di loro la minaccia della
desiderano inconsciamente ritornare al cielo da cui violenza. Muzio Scevola invece infligge a se stesso
sono precipitate. Intanto qui sulla terra esse vivono violenza, per punire la sua mano che aveva sbagliato
dentro la prigione del corpo, dal quale soltanto la (in realtà era stata la sua ragione a sbagliare) e resi-
morte le potrà liberare. Dante cerca d’interpretare ste alla violenza che egli stesso sta facendo a se stes-
Platone in senso cristiano: le anime non discendono so. Il diacono Lorenzo sta ormai subendo violenza.
dal cielo, sono create da Dio sulla terra e risentono Poteva sottrarsi alla violenza prima di finire sulla
degli influssi celesti. È il consueto aggiustamento graticola, se abiurava la sua fede davanti a una mi-
per recuperare in ambito cristiano la cultura antica. naccia così terribile, cosa che non ha fatto: non ha
6. Il secondo dubbio (vv. 70-117) è un grave pro- ceduto alle minacce. A parte tutto questo, quel che
blema teologico ed anche giuridico: che cosa vuol conta è che sia il primo sia il secondo abbiano dimo-
dire resistere alla violenza? Piccarda Donati e Co- strato una volontà assoluta, un’assoluta determina-
stanza d’Altavilla hanno o non hanno resistito alla zione davanti alla violenza che subivano.
violenza? O, altrimenti, hanno o non hanno in qual- 6.2. Quest’apparente intransigenza teorica rivela un
che modo favorito l’aggressore? Sono o non sono grande acume nel poeta: c’è un ampio territorio sco-
corresponsabili con la violenza subita? La risposta di nosciuto e inesplorabile, nel quale il violentato si
Dante va valutata non per un unico aspetto (ad e- può trincerare e giustificare: «Ho ceduto, perché
sempio quello che insiste sulla complicità del vio- non potevo resistere alla violenza; dunque io non
lentato con il violentatore), ma tenendo presente tut- sono colpevole». Dante pone l’accento proprio su
ti gli aspetti. La risposta è questa: «Esse hanno subì- questo territorio, si chiede e ci chiede: quanto deve
to violenza e sono state strappate dal chiostro. Però resistere il violentato alla violenza? E risponde: fin-
è anche vero che, una volta finita questa violenza, ché la violenza è in atto, deve cedere alla violenza;
esse non hanno fatto nulla per ritornare nel chiostro. quando la violenza non è più in atto, deve sùbito re-
Eppure niente glielo impediva. Dunque a questo agire. La correità – non deve sfuggire – non riguarda
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 22
il primo momento (perciò non è necessario diventare nazione alla violenza, Piccarda o Costanza avrebbe-
dei Muzio Scevola); riguarda il secondo momento. Il ro operato meglio in direzione del bene comune, a-
fatto è che psicologicamente il lettore o il giudice vrebbero dato il loro contributo affinché si realizzas-
fonde e confonde i due momenti, poiché per defini- se il bene comune. Avrebbero contribuito alla lotta
zione e per reazione normale il violentato suscita contro la violenza. L’individuo è sì importante, ma
sempre la solidarietà, la compassione e la compren- il bene comune, il giusto bene di tutti gli individui
sione del pubblico che viene a conoscere la violenza che compongono la società, è in tutti i sensi molto
che ha subìto. La giustificazione che il violentato più importante. Anche qui emerge quel giudizio
non poteva resistere alla violenza può quindi essere complesso che il poeta aveva applicato fin dagli ini-
effettivamente una giustificazione di comodo, per zi al caso di Francesca e Paolo. Il bene di un indivi-
riversare la colpa sul violentatore (l’opinione comu- duo è inferiore al bene di molti individui, cioè della
ne sarebbe dalla parte del violentato) e per nascon- società. Un discorso ovvio e ragionevolissimo, basa-
dere una insufficiente resistenza al male e alla vio- to su una matematica elementare, che in tempi mo-
lenza. Per evitare questo facile, possibile e comodo derni è stato avvolto da ragionamenti nebbiosi, par-
lassismo, il poeta diventa apparentemente intransi- lando di individuo da una parte e di società astratta
gente: si deve resistere alla violenza come vi hanno (o ipostatizzata) dall’altra. In tal modo era possibile
resistito Muzio Scevola e il diacono Lorenzo o, me- contrapporre e scegliere il bene dell’individuo, per-
glio, ci si deve comportare come si comporta il fuo- ché tanto dall’altra parte non c’era niente, non c’era
co. I due esempi risultano immediatamente eccessivi la moltitudine di altri individui, c’era soltanto una
allo stesso poeta (incredibili e leggendari per noi), parola vuota o un concetto astratto. E la ferma vo-
che commenta: i casi di questa volontà assoluta so- lontà di fare gli interessi piccoli, egoistici e antiso-
no rarissimi. Ma proprio questo loro carattere estre- ciali dell’individuo e di danneggiare la società, cioè
mo mostra che essi sono proposti come modello as- l’insieme di tutti gli altri individui. Questo indub-
soluto, intransigente e ideale di comportamento. biamente è un grande risultato e un grande progresso
6.3. L’attenzione alla complessità della realtà e alla del pensiero moderno e del pensiero laico, rispetto
molteplicità delle reazioni dell’animo umano emer- all’oscurantismo del pensiero medioevale!
ge in particolare nell’osservazione psicologica messa 6.5. A questo punto si può capire e valutare meglio
in bocca a Piccarda secondo cui Costanza non ha il «velo del cuore» di Costanza: la fedeltà al voto
mai dimenticato nel cuore il velo monacale: «Ma (o, meglio, alla decisione presa, alla promessa fatta),
poi che pur al mondo fu rivolta Contra a suo grado e che si vive dentro il cuore è senz’altro importante,
contra buona usanza, non fu dal vel del cor già mai ma è importante soltanto per l’individuo, non per la
disciolta» (vv. 115-117). Altrove aveva detto: «Sta società: la società non avverte nessun effetto, nessun
come torre ferma, che non crolla Già mai la cima beneficio, nessuna diminuzione della violenza cau-
per soffiar di venti» (Pg V, 14-15). Ma nel corso del sata da questo atteggiamento interiore. E il bene del-
poema egli stesso dà molti esempi di titubanza, in- la società è il bene maggiore, perché è il bene di
certezza e violenza. L’animo umano è debole... molti individui. Per la società è importante che
6.4. Il secondo dubbio potrebbe essere benissimo l’individuo non rubi, non che l’individuo non abbia
portato come esempio di teoria complessa capace di intenzione di rubare. Il giudice e la società valutano
spiegare una realtà complessa, corretto comporta- e si preoccupano delle azioni, non delle intenzioni.
mento scientifico, modello di comportamento didat- Chi sposta il discorso sulle intenzioni, sulla ripara-
tico, corretto comportamento da parte di un giudice, zione di un danno mediante le intenzioni, sulla giu-
straordinaria fusone tra logica astratta (o logica giu- stificazione di un delitto perché alle spalle c’erano
ridica o modello didattico) e poesia. Eppure esso magari buone intenzioni agisce contro il bene della
presenta alla radice qualcosa di più importante. Ciò società e vuole soltanto difendere gli interessi anti-
che conta per l’individuo è certamente quel che l’in- sociali dell’individuo. Chi ha rubato, ha rubato; non
dividuo subisce dal mondo esterno e quel che l’indi- si può dire: è stato l’ambiente sociale a spingerlo a
viduo fa subire al mondo esterno. Ma il punto di vi- rubare, quindi chi ruba non può essere punito, per-
sta dell’individuo non è unico e non è assoluto. Esi- ché responsabile è l’ambiente sociale (che in ogni
stono altri, infiniti altri punti di vista. Ad esempio caso, anche se colpevole, non può essere punito). E
può esistere il punto di vista della Curia romana (e, così la colpa c’è, ma nessuno è colpevole, nessuno è
al suo interno, del papa), esiste il punto di vista punito (o bloccato nelle sue attività criminali), i
dell’Impero (e al suo interno di questo o di quel se- crimini aumentano e la moltitudine degli individui è
gretario, di Pier delle Vigne o dei suoi accusatori). danneggiata.
Sono tutti punti di vista importanti, soprattutto per i 6.6. La stessa cosa vale per Francesca: certamente
diretti interessati, ma sono tutti punti di vista parzia- un amante come Paolo era per lei più piacevole del
li, che in quanto tali il poeta non può fare suoi. Esi- marito, che era frigido e le preferiva i tornei e la
ste un punto di vista più generale, che il poeta tende caccia al falcone. Ma il politico, il credente non
costantemente a fare suo: non per niente è grande possono preoccuparsi dei piaceri individuali, devono
discepolo di Tommaso d’Aquino. Questo punto di pensare ai molti, alla società, al bene di tutti. Da
vista è il punto di vista della società; e la società, questo punto di vista la scelta della donna è da con-
almeno per Dante, non è qualcosa di teorico e di a- dannare. Poi anche le altre donne si comportano co-
stratto, è l’insieme dei socii, in relazione ai quali sì, poi anche i mariti (che già tradiscono le mogli)
esiste un bene comune. Resistendo con più determi- aumentano i tradimenti, e la società cade nel disor-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 23
dine. Bisogna stroncare il male fin sul nascere ed e- segue. Intanto l’agiografia cristiana rubava ai pagani
vitare che si diffonda e diventi valanga inarrestabile. anche le storie edificanti ed eroiche, che secoli pri-
La dote serviva a garantire un minimo di benessere ma avevano inventato pro domo sua. Ai morti quel-
ai figli legittimi. Se la società produce troppi figli le storie non servivano più...
illegittimi, sorgono conflitti sanguinosi, che minac- 8. Dopo le risposte di Beatrice ai due dubbi il poeta
ciano la convivenza. esprime tutta la sua gioia per i chiarimenti che ha
6.7. Inutile dire che la storia di Muzio Scevola e la ricevuto (vv. 118-138). In tal modo dimostra che è
storia di Lorenzo sono completamente false. Esse consapevole del significato metodologico del dubbio
sono usate da Dante come punto di riferimento idea- e del fatto che si debba uscire assolutamente dal
le, come esempio teorico o come esempio idealizza- dubbio, per giungere ad una verità precisa e dimo-
to di volontà assoluta. E da questo punto di vista è strata. Ciò emerge in particolare poco dopo (vv.
di secondaria importanza che siano vere o false. Si 124-132), quando il poeta tesse la lode del dubbio,
può capire facilmente perché sono false. Romolo e che nasce ai piedi della verità. E l’uomo poi va di
Remo erano due ladri o due farabutti, che hanno vo- colle in colle, scartando le risposte insufficienti, sino
luto rifare il verso a Caino e ad Abele. Problemi lo- a raggiungere la vetta, la risposta corretta. La conse-
ro. Ma al tempo dell’impero, quando i romani erano guenza immediata è che poco dopo il poeta è preso
ricchi e potenti e non si sentivano più dei figli ano- da un nuovo dubbio, ma Beatrice si prende un mo-
nimi né dei parvenu, si pensò bene di nobilitare le mento di pausa, tanto da cambiare canto e da inizia-
origini abominevoli con storie commoventi ed eroi- re la risposta nel canto successivo. La lode del dub-
che: la lupa che allatta i gemelli, il ratto (o, meglio, bio si appaia con la costruzione di estese enciclope-
rapimento) delle sabine (uno stupro in massa), i tre die e di vasti sistemi teorici, capaci di abbracciare
Orazi e i tre Curiazi, l’onestà di Cornelia ecc. Gli tutta la realtà. L’idea di un sapere gerarchico e dei
etruschi erano persone civili, i romani dei selvaggi. collegamenti fra tutte le scienze si trova già in Ari-
Muzio Scevola non era mai stato in città né cono- stotele: la teoria del movimento si riferisce a tutto
sceva le buone maniere, cioè il dialogo e le trattati- l’universo e permette di passare dai settori delle va-
ve. S’infiltra nelle linee avversarie e scambia un rie scienze alla elaborazione di un sapere iniziale,
semplice segretario per il sovrano Porsenna. Egli di- che riguarda semplicemente i principi del sapere e
viene rosso di vergogna, rosso come il fuoco. Gli che per quanto riguarda l’universo porta ad afferma-
storici confondono il rosso del viso con il rosso del re l’esistenza di un principio primo assoluto, un mo-
fuoco. Tanto chi leggeva avrebbe giurato di essere tore che muove tutto e che non è mosso da altro, che
stato presente al braccio che bruciava! Che poi non è immateriale e puro pensiero, a cui si può dare il
poteva bruciare, perché non era di legno... nome popolare di Dio. Poi il cristianesimo identifica
6.8. Anche l’esempio del diacono Lorenzo è pubbli- questo Dio con il Dio dell’Antico testamento e del
cità spicciola delle proprie idee: agli avversari non Vangelo.
si concede nemmeno il diritto di parlare. Nessun 8.1. Questa gioia per aver appreso una nuova verità
corpo resiste al dolore: o si urla o si sviene. Ma gli si trova in molti passi della Divina commedia, ad
agiografi non lo sapevano e comunque non se ne sa- esempio poco dopo in Pd VIII, 91-93, ripreso poi in
rebbero preoccupati: i lettori sapevano già come e- Pd IX, 1-3. Ma la celebrazione della conoscenza si
rano andati i fatti. I nemici, ormai morti e sepolti, trovava già nell’episodio di Ulisse, che abbandona
non sarebbero risorti per contestare la versione ma- figlio, padre, moglie e regno, per andare a esplorare
nipolata. Allo stesso modo gli agiografi e i loro let- il mondo disabitato (If XXVI, 85-142).
tori inventano la storia edificante di Lorenzo, preoc- 8. Il terzo dubbio formulato (vv. 136-138) è un’altra
cupato della fede più che del corpo, che invita i suoi complessa questione teologica: un voto inadempiuto
persecutori a voltarlo dall’altra parte, perché da si può sostituire con altri beni, che agli occhi di Dio
quella è già arrostito. Costoro amano le tinte nette: risultino equivalenti? Ma Beatrice, stanca di rispon-
da una parte il bene assoluto (loro stessi), dall’altra dere, rimanda la risposta al canto successivo. Dopo i
il male ugualmente assoluto (i loro avversari, che primi svenimenti iniziali, il poeta trova nuovi modi
sono aguzzini sanguinari). D’altra parte bisognava per concludere i canti. E per iniziare i nuovi canti...
fare pubblicità alle proprie idee e ai propri ideali Questa è una delle tante manifestazioni del princi-
presso una plebaglia ripugnante, e non si potevano pio di varietà che pervade il poema.
avere tanti scrupoli. L’importante è vincere. Così 9. I dubbi che ricevono risposta si pongono ad un
morirono i persecutori scrive quella buon’anima di livello più basso rispetto alle questioni scientifiche,
Tertulliano (160ca.-220ca.), quando il cristianesimo che sono trattate nel poema, o delle grandi teorie
riesce ad eliminare la controparte e si avvia a diven- come l’ordinamento morale dei tre regni dell’oltre-
tare religione dominante, anzi religione di Stato, e tomba, la visione della storia come decadenza (If
inizia a perseguitare gli ex persecutori e le religioni XIV), l’ordine dell’universo (Pd I), la storia provvi-
concorrenti. A nessun apologeta cristiano veniva in denziale dell’Impero (Pd VI).
mente o interessava il fatto che la nuova religione –
una delle tante che pullulavano tra la bassa plebe, La struttura del canto è semplice: 1) Dante ha un
affascinata da fandonie, miracoli e promesse di un dubbio: qual è la sede dei beati; 2) la donna rispon-
futuro migliore – mettesse in pericolo la compagine de che essi sono discesi nel cielo della Luna per in-
dello Stato e la sicurezza dell’impero. Anche per lo- contrarlo, altrimenti non avrebbe capito i diversi
ro valeva il detto: «Muoia Sansone» con quel che ne gradi di beatitudine; 3) il poeta ha un altro dubbio;
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 24
perché le anime non adempienti ai voti si trovano
nel cielo più basso, quello della luna, se hanno subì-
to violenza; 4) Beatrice risponde che in qualche
modo hanno accondisceso alla violenza, poiché non
sono ritornate in monastero una volta che essa era
finita; e 5) distingue la volontà assoluta, che non
accetta la violenza, e la volontà condizionata, che
accetta la violenza per evitare conseguenze più gra-
vi; infine 6) Dante ha un altro dubbio: se il voto ina-
dempiuto può essere compensato con qualche altro
bene; 7) Beatrice risponde nel canto successivo.
I personaggi
Bonaventura da Bagnoregio (Viterbo) (1221-1274) Iride è l’ancella di Giunone. Scendendo sulla terra
entra nell’ordine francescano forse nel 1243. Studia per portare i messaggi della dea, lascia con l’arco-
e insegna a Parigi. Lascia l’insegnamento nel 1257, baleno una traccia del suo passaggio.
quando diventa guida dell’ordine. Cerca di mediare L’arcobaleno è fatto sorgere da Dio come segno del
le due tendenze degli spirituali e dei conventuali, in nuovo patto di alleanza stipulato con Noè e la sua
cui ormai l’ordine è spaccato. Scrive numerose ope- famiglia dopo il diluvio universale, con cui aveva
re. La più importante è il commento alle Sententiae punito gli uomini per la loro corruzione (Gn 8, 20-
(Sentenze) di Marco Lombardo. Lo scritto più famo- 22).
so è l’Itinerarium mentis in Deum (Itinerario della Enrico di Susa (?-1271) è detto Ostiense perché
mente verso Dio). È soprannominato Doctor sera- cardinale e vescovo di Ostia dal 1261. Insegna dirit-
phicus ed è il massimo rappresentante delle correnti to canonico a Bologna e a Parigi, e scrive la Summa
mistiche medioevali, che si riallacciano al neoplato- super titulis Decretalium (Compendio sopra i capi-
nismo e a sant’Agostino e che affermano la superio- toli delle Decretali), un’opera fondamentale di di-
rità della fede sulla ragione. Nel 1273 è nominato ritto canonico, che ha una grandissima diffusione e
vescovo di Albano e cardinale. Muore l’anno dopo un grandissimo influsso nel Medio Evo.
durante il concilio di Lione. Taddeo d’Alderotto (1215-1295) è un famoso me-
Domenico di Calaruèga (1170/75-1221), presso dico di Firenze, autore di molti libri adoperati nelle
Burgos (Spagna), appartiene alla nobile famiglia dei scuole del tempo.
Guzman. Studia teologia, divenendo famoso per la Spirituali e conventuali sono le due correnti in cui
sua conoscenza di questioni dottrinali. Fonda l’or- si divide l’ordine, quando Francesco è ancora in vi-
dine dei frati domenicani, impegnati sul piano teo- ta: i primi vogliono restare fedeli alla regola ed anzi
logico a predicare la sana dottrina della fede e a di- la interpretano in termini più rigidi, i secondi invece
fendere le verità cristiane dagli eretici. Predica in la vogliono adattare ai tempi e ai nuovi problemi re-
particolare contro gli albigesi (1205 e 1207-14). È ligiosi e sociali che l’ordine deve affrontare. Dante
estraneo però alla crociata contro gli albigesi (1207- sceglie Umbertino da Casale (Pisa) (1159ca.-dopo il
14), nella quale si distingue per ferocia Folchetto da 1325) come rappresentante degli spirituali, Matteo
Marsiglia, suo collaboratore. Nel 1215 si reca a d’Acquasparta (Terni)(1240ca.-1302) come rappre-
Roma con Folchetto, per avere dal papa Innocenzo sentante dei conventuali.
III il riconoscimento del suo ordine. Lo ottiene Illuminato da Rieti (1190ca.-1260ca.) e Agostino
l’anno successivo. Il suo ordine si divide poi in tre d’Assisi sono tra i primi seguaci di Francesco d’As-
famiglie: i frati predicatori, le suore domenicane, il sisi.
terz’ordine domenicano, aperto ai laici. Ugo da san Vittore (Yprès 1147ca.-Parigi 1141)
nel 1133 entra nell’abbazia di San Vittore presso
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 53
Parigi. È filosofo e mistico. È seguace di sant’A- nati dalla regola del fondatore. Le simmetrie però si
gostino e uno dei maggiori teologi medioevali. La presentano anche a livelli ulteriori. Ad esempio
sua opera più nota è De sacramentis fidei christia- Francesco sposa Madonna Povertà (un motivo con-
nae (I sacramenti della fede cristiana). È l’inizia- sueto dell’agiografia francescana), Domenico sposa
tore della Scuola di San Vittore, che ha un grande la Fede al fonte battesimale (un’idea originale del
influsso sul pensiero mistico medioevale. poeta).
Pietro Mangiatore (Troyes 1100ca.-1179), noto an- 1.1. Dante mette il frate francescano Bonaventura
che come Petrus Comestor, è decano della cattedra- da Bagnoregio e Domenico di Calaruega, il massimo
le di Troyes e cancelliere dell’università di Parigi. Il predicatore della Chiesa, nel quarto cielo, il Sole,
soprannome probabilmente gli deriva dalla sua fame dove sono collocati gli spiriti sapienti. Tommaso si
insaziabile di lettore di libri. rivolge alla vita teoretica, Francesco alla vita prati-
Pietro Ispano (Lisbona 1226-Roma 1277) abbando- ca. Ma altre figure sono più vicine a Dio: l’avo
na la professione di medico, per prendere gli ordini Cacciaguida, che muore in Terra Santa, combatten-
religiosi. Diventa cardinale e vescovo di Frascati do per la fede (Pd XV-XVII), Benedetto da Norcia,
(1273), poi papa con il nome di Giovanni XXI che unisce la preghiera e le opere (Pd XXII). A suo
(1276). È famoso per le Summulae logicales (Picco- avviso la vita conventuale o dedita alla propria per-
li compendi di logica), un testo di logica che ha una fezione o alla riflessione teologica non è completa.
grandissima diffusione. Invece Cacciaguida e Benedetto hanno condotto una
Anselmo d’Aosta (1033-1109) è monaco benedetti- vita dedita alla diffusione combattiva della fede op-
no, vescovo di Canterbury nel 1193. È filosofo e te- pure che univa vita attiva e vita contemplativa. Pro-
ologo. Ancor oggi la sua fama è legata alla prova prio questa loro vita li ha resi meritevoli di essere
ontologica dell’esistenza di Dio: nel concetto di posti più vicino a Dio. Anche in questo caso emerge
Dio come dell’essere più perfetto è implicita la sua la centralità della vita terrena. Ed essa condiziona la
esistenza. Se non esistesse, Egli non sarebbe l’essere collocazione nel cielo.
più perfetto, in quanto mancherebbe di quella perfe- 2. Bonaventura da Bagnoregio è teologo e mistico,
zione che è l’esistenza. quindi è al di sopra della ragione, al di sopra del più
Rabano Mauro (Magonza 776-Winfel 856) è inse- grande teologo del mondo cristiano, Tommaso
gnante e dal 1192 è abate del monastero di Fulda. d’Aquino. D’altra parte anche Virgilio, simbolo del-
Dall’847 è arcivescovo di Magonza. È filosofo, mi- la ragione umana, nel paradiso terrestre cede il posto
stico e teologo. Scrive De unverso o De rerum na- a Beatrice, simbolo della fede e della teologia. E a
tura (L’universo o La naura) e De institutione cle- sua volta Beatrice cede il posto a Bernardo di Chia-
ricorum (Le istituzioni dei chierici) ravalle, simbolo della fede mistica. Alla fine
Gioacchino da Celico (1130ca.-1202) è detto da dell’opera è lui che intercede per Dante presso la
Fiore dal nome del monastero che fonda in San Vergine Maria, affinché il poeta abbia la visione mi-
Giovanni in Fiore (1189). Ha fama di mistico e di stica di Dio (Pd XXXIII, 1-39). L’itinerario verso
profeta. Nelle sue opere propugna un rinnovamento Dio è quindi il seguente: la fede basata sulla rive-
religioso e sociale. Nell’immaginario collettivo di- lazione ha la meglio sulla ragione, che procede per
venta ben presto una figura profetica e leggendaria. sillogismi; la fede mistica ha la meglio sulla fede
Giovanni d’Antiochia (345-407) è detto Crisosto- teologica e raziocinante.
mo, cioè bocca d’oro, per la sua grande eloquenza. 3. Domenico di Calaruega è fatto nascere ad Occi-
È uno dei grandi Padri della Chiesa. È metropolita dente, come Francesco è fatto nascere ad Oriente. In
di Costantinopoli. Per le sue invettive contro la cor- questo modo i due campioni della fede riescono ad
ruzione della corte imperiale dell’imperatore Arca- abbracciare l’intero mondo cristiano.
dio, viene mandato in esilio, dove muore. 4. Domenico è circondato da tre donne fin dalla na-
Elio Donato (sec. IV) è maestro di san Girolamo e scita: la madre, la madrina e la nutrice. Fin dal pri-
famoso grammatico. Scrive le Artes grammatcae mo momento risulta chiaro che ha una missione da
(L’arte della grammatica), un testo di grammatica compiere. È trovato per terra sveglio e silenzioso
diffusissimo nel Medio Evo. dalla nutrice (cosa peraltro comune a tutti i bambi-
Natan è un profeta ebraico che vive al tempo dei re ni). Questo fatto viene interpretato come se volesse
David e Salomone (970 a.C.). È famoso per i rim- dire che egli era nato per questo, cioè per predicare
proveri che muove a re David a causa della sua su- la fede e per aiutare i cristiani con un atteggiamento
perbia e della sua vita peccaminosa (2 Sam 12, 1 di umiltà e di penitenza. La sua vita viene ricostrui-
sgg.; 1 Re 1, 34). ta sulla falsariga di quella di Gesù Cristo: «Io son
venuto a questo» sono parole dette da Gesù Cristo
Commento (Mc 1, 38). La sua predestinazione si vede anche
1. Il canto ha la stessa struttura del canto preceden- quando egli non sceglie di studiare i testi dell’O-
te: qui un frate francescano presenta la vita di Do- stiense (il diritto canonico), né quelli di Taddeo
menico di Calaruega e gli ideali dell’ordine dome- d’Alderotto (la medicina), due discipline che gli a-
nicano, quindi rimprovera i frati del suo ordine, che vrebbero dato fama e denaro. Sceglie invece di stu-
si sono allontanati dalla regola del fondatore; lì un diare la sana dottrina teologia. Quindi si rivolge al
frate domenicano presenta la vita di Francesco papa, ma non per chiedere una parte del denaro de-
d’Assisi e gli ideali dell’ordine francescano, quindi stinata alle opere pie né la prima sede vacante, bensì
rimprovera i frati del suo ordine, che si sono allonta- la licenza di predicare la vera dottrina al popolo cri-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 54
stiano errante e di lottare contro la piaga delle ere- matematismo di Galilei è indubbiamente più effica-
sie. E, una volta ottenutala, riversa il suo impeto in ce del logicismo medioevale. D’altra parte anche i
Provenza, dove le resistenze degli eretici erano numeri arabi sono molto più efficaci di quelli roma-
maggiori. Con la licenza di predicare giunge anche ni. I pensatori posteriori devono almeno cercare di
l’approvazione dell’ordine domenicano, che si sud- perfezionare le intuizioni e le scoperte dei loro pre-
divide in tre famiglie, per svolgere in modo più effi- decessori!
ciente e articolato il compito di recuperare il popolo 7. La lotta conto gli eretici impegna moltissime e-
all’ortodossia cristiana. Dante tratteggia una vita nergie della Chiesa. Eppure una delle cause, forse la
trionfante secondo gli stilemi dell’oratoria religiosa più importante, del sorgere delle eresie è la corru-
di tipo edificante. Resta peraltro molto aderente alla zione che è capillarmente diffusa all’interno della
vita di Domenico, come era stato aderente alla vita Chiesa stessa. Che essa ci sia lo dice lo stesso Dante
di Francesco. e lo riconoscono quei numerosi movimenti di rifor-
5. L’elogio di Domenico e dell’ordine domenicano ma, che attraversano la storia della Chiesa dal mo-
è reso più tangibile dalla critica finale che Bonaven- vimento riformatore di Cluny (910) al Concilio di
tura fa ai frati francescani: essi hanno modificato la Trento (1545-63). L’incapacità o l’impossibilità
regola iniziale, rendendola chi più rigorosa, chi più delle gerarchie romane di dare luogo motu proprio
leggera. Anche Tommaso si era comportato allo alle riforme provoca la spaccatura dell’Europa in
stesso modo, elogiando i frati francescani e critican- due parti con la riforma protestante di M. Lutero
do i suoi, che hanno dimenticato «dove ben ci (1517). D’altra parte lo stesso Dante auspica la ve-
s’impingua [di beni spirituali], se non si vaneggia nuta del Veltro (If I, 100-111), di un DUX (Pg
[dietro ai beni mondani]» (v. 139). La critica, XXXIII, 43), denuncia infinite volte la corruzione
l’elogio e l’esempio sono una strategia didattica della Chiesa (If XIX, 52-120) e si attribuisce una
molto efficace. funzione salvifica e riformatrice (Pd XVII, 106-142)
6. Per l’immaginario medioevale valeva il principio operando all’interno della Chiesa, come Francesco e
che nomen omen est (il nome è un augurio e una Domenico. Ma senza successo. Peraltro la Chiesa
profezia di futuro, condiziona il destino di chi lo con le cariche e le prebende comperava i servizi e la
porta) o che nomina sunt conseqeuntia rerum (i fedeltà degli intellettuali e con la corruzione garan-
nomi sono conseguenze delle cose, cioè non sono ar- tiva ordine e stabilità sociale o meglio compattezza
bitrari, puri suoni, dipendono dalle cose stesse, ideologica e culturale e omogeneità di valori a tutta
quindi esplicano la natura profonda di ciò che nomi- l’Europa. E gli intellettuali non intendevano affatto
nano). Domenicus significa «che appartiene al Si- togliersi la possibilità di una vita facile, piacevole
gnore», cioè a Dio; Felice, il padre, significa «ben ed agiata in nome di astratti problemi morali. F. Pe-
fortunato»; Giovanna, la madre, secondo i lessici trarca (1304-1374) prende gli ordini minori. G.
medioevali derivava dall’ebraico e valeva «piena di Boccaccio (1313-1375) è costretto a considerare la
grazia». Così Domenico dedica tutta la sua vita a possibilità di prendere gli ordini minori per poter af-
Dio e alla diffusione della sana dottrina teologica. frontare serenamente la vecchiaia. Due secoli dopo
Nel Medio Evo non soltanto i nomi indicavano la situazione non è cambiata: L. Ariosto (1474-
l’essenza delle cose, ma anche i numeri avevano la 1533) si sposa di nascosto per non perdere il benefi-
capacità di svelare le strutture profonde della realtà. cio ecclesiastico. In trempi più tardi G. Leopardi
Da questa convinzione, universalmente professata, (1798-1937) evita per poco di prendere gli ordini
deriva la struttura numerologica e i continui richiami minori.
numerici all’interno della Divina commedia: 33 8. Alla fine del canto Bonaventura fa l’elenco dei
canti più uno introduttivo, per un totale di 100 canti; frati francescani e degli altri personaggi presenti nel
i canti VI sono canti politici, il canto L (Pg XVI) è il cielo del Sole. Le informazioni vengono date più
canto di passaggio alla seconda metà dell’opera, la numerose e in modo più icastico di quanto era suc-
profezia del Cinquecento dieci e cinque, cioè del cesso nelle due cantiche precedenti, ad esempio con
DXV, anagrammato in DUX (Pg XXXIII, 43) ecc. Virgilio che indica le anime dei lussuriosi (If V, 52-
6.1. D’altra parte questa convinzione non deve la- 72), con Ciacco che indica dove sono finiti i grandi
sciare perplessi o scettici nei confronti del pensiero fiorentini (If VI, 77-87), con Farinata degli Uberti
medioevale: la scienza moderna, iniziata da G. Gali- che dice il nome di altri eretici (If X, 118-120) e
lei (1564-1642), si fonda sul metodo matematico- con Brunetto Latini che tra tutti i «cherci e litterati
sperimentale e afferma che la natura profonda delle grandi e di gran fama» sceglie tre nomi (If XV, 100-
cose è matematica e che Dio è il primo matematico. 114). Nel Paradiso le parole esprimono anche la lu-
Rispetto all’astrattezza del pensiero moderno la pro- ce e la gioia dei beati.
spettiva medioevale aveva almeno il pregio che le 8.1. Dante prova la soluzione dei canti abbinati dal-
sue affermazioni erano controllabili dalle «sensate la struttura e dal contenuto: un frate che parla della
esperienze» dello scienziato come dell’uomo comu- vita del fondatore di un altro ordine, tesse l’elogio
ne. Insomma non si deve criticare il pensiero medio- di questi frati e critica i suoi; e viceversa (XI-XII). Il
evale di essere antiscientifico (adoperando concetti poeta aveva provato molteplici soluzioni. I primi tre
anacronistici, perché elaborati secoli dopo!), perché canti dell’Inferno hanno un inizio, uno sviluppo e
la scienza moderna sviluppa in modo più intenso ed una conclusione molto semplice. Poi prova a colle-
efficace quegli strumenti logici, metodologici, gare un canto con l’inizio del successivo (V-VI, VI-
«scientifici», di cui il Medio Evo può farsi vanto. Il VII, X-XI, XIII-XIV, XXVI-XXVII), quindi incontra
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 55
un personaggio in un canto e lo lascia in un altro nografico verso i nemici di classe, tanto che
(Griffolino d’Arezzo, XXIX-XXX), ancora incontra l’Uditore, un alto ecclesiastico che si occupava del-
un personaggio in un canto e gli fa raccontare la sua la propaganda ostile alla Chiesa, distrugge di sua
storia nella prima metà del canto successivo (il conte mano il manoscritto autografo, poco prima o forse
Ugolino della Gherardesca, XXXII-XXXIII). Nel poco dopo la morte dell’autore. A una nobiltà che
Purgatorio si fa accompagnare da un personaggio pratica gli ideali di liberalità, di prodezza e di ami-
per tre canti (Sordello da Goito, VI-VIII) e da un al- cizia, l’autore contrappone un mondo ecclesiastico
tro per 13 (Stazio, XXI-XXXIII). Nel Paradiso in- dissoluto, dedito agli imbrogli, ai piaceri della carne
contra un personaggio in un canto e gli fa occupare e avido di denaro.
tutto il canto successivo (Giustiniano, V-VI), dedica 9.4. In un breve trattato di politica, intitolato il
ben tre canti ad uno stesso personaggio (Cacciagui- Principe (1512-13) N. Machiavelli (1469-1527) in-
da, XV-XVII) e ad un certo punto lascia Beatrice tende staccare la politica dalla morale e darle uno
per un nuovo personaggio (san Bernardo, XXXII), statuto di scienza autonoma: la politica ha le sue
quindi resta da solo davanti alla corte celeste leggi, che non concordano necessariamente con
(XXXIII). quelle della morale. L’uomo politico deve infrange-
8.2. Egli applica costantemente il principio della va- re le leggi della morale, quando ciò torna utile al
rietà sia al livello di struttura sia al livello di conte- bene dello Stato e al mantenimento del potere. La
nuto (papi messi all’inferno, donne di malaffare e religione è strumento di potere, perché permette di
prostitute messe in paradiso), perché il compito del controllare gli uomini. Il principe deve mostrare di
poeta è quello di plasmare la realtà che tocca, per avere (non è necessario che li abbia) quegli atteg-
interessare senza tregua il lettore, e il compito del giamenti ispirati alla benevolenza, all’umanità e al
riformatore politico e religioso è quello di riplasma- rispetto dei valori religiosi, che lo rendono ben ac-
re la realtà sociale e spirituale con gli strumenti of- cetto ai suoi sudditi.
ferti dalla poesia. Il poeta, il politico, il mistico sono 10. Dante continua le variazioni sul nome detto (è il
i tre aspetti fondamentali con cui Dante si presenta caso generale), non detto (il poeta tace il suo a Sa-
al lettore. E tutti e tre hanno la stessa radice e gli pìa da Siena), detto in un secondo momento (il suo
stessi scopi: riformare, mutare, modificare, riportare e quello di Matelda), anonimo (l’anonimo fiorenti-
gli uomini a percorrere la strada abbandonata del no). Qui ora il nomen è omen (Domenico, Felice,
bene. Giovanna), è una previsione e un augurio per il futu-
9. I giudizi di Dante sull’ordine francescano e sul- ro. D’altra parte la Bibbia daà un significato forte
l’ordine domenicano, oltre che sui singoli individui, all’attribuzione del nome, e normalmente nella scel-
e in generale sugli ecclesiastici vanno confrontati ta del nome ai figli si pensa a un personaggio famoso
con i giudizi di altri autori, che li danno da punti di a cui i figli dovrebbero assomigliare. Sicuramente
vista profondamente diversi. In al modo emerge il molti autori non sarebbero divenuti famosi con il lo-
carattere profondamente ideologico dei giudizi del ro nome originale (Italo Svevo, Alberto Moravia).
poeta come dei giudizi degli altri autori Così hanno deciso di cambiarlo.
9.1. Nello Specchio di vera penitenza, una raccolta
di prediche edificanti, il frate domenicano J. Passa- La struttura del canto è semplice: 1) il frate france-
vanti (1302ca.-1357) difende ad oltranza gli eccle- scano Bonaventura da Bagnoregio parla della vita e
siastici contro i laici e contro il sapere laico, anche dell’opera di Domenico di Calaruega, che sposa la
se riconosce gli errori, cioè i peccati, degli ecclesia- Fede; 2) tesse l’elogio dei frati domenicani; quindi
stici. E, in sintonia con il suo pubblico popolare, ha 3) critica i frati del suo ordine che hanno reso più
una visione estremamente povera dei peccati (ridotti rigida o reso più facile la regola; infine 4) fa il nome
a lussuria, superbia, avarizia o attaccamento alla ric- di alcuni frati francescani e di alcuni mistici che so-
chezza), della vita terrena e di quella ultraterrena. no lì con lui in cielo.
9.2. Nel Decameron, una raccolta di 100 novelle,
G. Boccaccio (1313-1375) dà una valutazione laica
e terrena del comportamento degli ecclesiastici. E
trasforma il papa Bonifacio VIII, l’acerrimo nemico
di Dante, in un grande principe, sensibile alla ric-
chezza e ai valori del mondo, che con abilità manda
avanti gli affari della Chiesa. In sostanza egli non dà
giudizi morali sui comportamenti degli ecclesiastici.
Egli si schiera con i nobili (che però non lo vogliono
nelle loro file), pur essendo di estrazione borghese;
ma, quando serve, è ugualmente tagliente sia con i
religiosi che con i laici. Invece condanna senz’ap-
pello il popolo credulone e assetato di miracoli, che
merita soltanto d’essere imbrogliato.
9.3. Nel Novellino, una raccolta di 50 novelle, Ma-
succio Guardati, detto Salernitano (1410/15-1475),
un nobile napoletano, esprime un atteggiamento irre-
ligioso, blasfemo, ferocemente anticlericale e por-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 56
Canto XV 1. La volontà di fare il bene, nella quale si risolve
Benigna volontade in che si liqua 1 sempre l’amore [divino] che ispira sentimenti retti,
sempre l’amor che drittamente spira, come la cupidigia la fa diventare volontà di fare il
come cupidità fa ne la iniqua, male, 4. fece tacere quella dolce lira (=il coro dei
silenzio puose a quella dolce lira, 4 beati) e fece fermare le sante corde, che la mano di
e fece quietar le sante corde Dio allenta e tende. 7. Come potranno essere sorde
che la destra del cielo allenta e tira. alle giuste preghiere [dei vivi] quelle anime che, per
Come saranno a’ giusti preghi sorde 7 invogliarmi ad esprimere i miei desideri, furono
quelle sustanze che, per darmi voglia concordi a tacere? 10. È giusto che soffra senza fine
ch’io le pregassi, a tacer fur concorde? [nell’inferno] colui che, per amore di una cosa che
Bene è che sanza termine si doglia 10 non duri eternamente, si spoglia di quell’amore [di-
chi, per amor di cosa che non duri vino]. 13. Come per i sereni (=cieli) tranquilli e puri
etternalmente, quello amor si spoglia. guizza di tanto in tanto un fuoco improvviso, che fa
Quale per li seren tranquilli e puri 13 muover gli occhi che guardavano sicuri, 16. e appa-
discorre ad ora ad or sùbito foco, re una stella che muti il suo posto, se non che dalla
movendo li occhi che stavan sicuri, parte dove esso si accende non scompare alcuna stel-
e pare stella che tramuti loco, 16 la, ed essa dura poco; 19. così dal braccio, che si
se non che da la parte ond’e’ s’accende stende a destra, corse ai piedi di quella croce un a-
nulla sen perde, ed esso dura poco: stro (=un’anima splendente) della costellazione che
tale dal corno che ‘n destro si stende 19 lì risplende. 22. Né la gemma (=l’anima) si staccò
a piè di quella croce corse un astro dal suo nastro (=la croce), ma si mosse lungo i due
de la costellazion che lì resplende; bracci, [in modo] che parve [come] un fuoco dietro
né si partì la gemma dal suo nastro, 22 ad alabastro. 25. Con lo stesso affetto l’ombra di
ma per la lista radial trascorse, Anchise si offrì [agli occhi di Enea], se merita fidu-
che parve foco dietro ad alabastro. cia la nostra maggior musa (=Virgilio), quando essa
Sì pia l’ombra d’Anchise si porse, 25 nei Campi Elisi scorse il figlio. 28. «O sangue mio,
se fede merta nostra maggior musa, o sovrabbondante grazia di Dio infusa [in te], a
quando in Eliso del figlio s’accorse. chi come a te fu mai dischiusa due volte la porta
“O sanguis meus, o superinfusa 28 del cielo?» 31. Così disse quella luce. Perciò io la
gratia Dei, sicut tibi cui fissai attentamente. Poi rivolsi lo sguardo alla mia
bis unquam celi ianua reclusa?”. donna e rimasi stupefatto per le parole di quella luce
Così quel lume: ond’io m’attesi a lui; 31 e per il volto di lei: 34. dentro ai suoi occhi ardeva
poscia rivolsi a la mia donna il viso, un sorriso tale, che io pensai di toccare con i miei il
e quinci e quindi stupefatto fui; culmine della mia gloria e del mio paradiso
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso 34 (=beatitudine). 37. Quindi lo spirito, piacevole da
tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo udire e da vedere, aggiunse alle prime parole cose,
de la mia gloria e del mio paradiso. che io non compresi, tanto parlò profondamente. 40.
Indi, a udire e a veder giocondo, 37 Né si nascose a me per sua scelta, ma per necessità,
giunse lo spirto al suo principio cose, perché il suo pensiero andò oltre il limite della
ch’io non lo ‘ntesi, sì parlò profondo; comprensione umana. 43. E, quando l’ardore
né per elezion mi si nascose, 40 dell’affetto intensissimo si fu sfogato al punto che le
ma per necessità, ché ‘l suo concetto sue parole discesero al livello del nostro intelletto,
al segno d’i mortal si soprapuose. 46. la prima cosa che da me si comprese fu: «Bene-
E quando l’arco de l’ardente affetto 43 detto sia tu, o [Dio] uno e trino, che sei tanto cortese
fu sì sfogato, che ‘l parlar discese (=generoso) verso la mia discendenza!». 49. E pro-
inver’ lo segno del nostro intelletto, seguì: «Un gradito e lungo desiderio [di vederti],
la prima cosa che per me s’intese, 46 sorto [in me] leggendo nel grande volume (=in Dio),
“Benedetto sia tu”, fu, “trino e uno, dove non si muta mai né la pagina bianca né quella
che nel mio seme se’ tanto cortese!”. bruna (=scritta), 52. tu, o figlio, hai soddisfatto den-
E seguì: “Grato e lontano digiuno, 49 tro questa luce, in cui ti parlo, grazie a colei che ti
tratto leggendo del magno volume vestì le piume per questo gran volo. 55. Tu credi che
du’ non si muta mai bianco né bruno, il tuo pensiero venga a me da colui che è primo
solvuto hai, figlio, dentro a questo lume 52 (=Dio), così come deriva dal [numero] uno il cinque
in ch’io ti parlo, mercè di colei ed il sei (=gli altri numeri). 58. Perciò non mi do-
ch’a l’alto volo ti vestì le piume. mandi chi io sia e perché io appaia verso di te più
Tu credi che a me tuo pensier mei 55 festoso di ogni altro spirito di questa gaia schiera.
da quel ch’è primo, così come raia
da l’un, se si conosce, il cinque e ‘l sei;
e però ch’io mi sia e perch’io paia 58
più gaudioso a te, non mi domandi,
che alcun altro in questa turba gaia.
I personaggi
La candida rosa si è riempita di beati per merito mondo e che non è coinvolto dal mondo. Tommaso
della Vergine Maria, che ha reso possibile l’incarna- d’Aquino (1225-1274) lo interpreta in termini cri-
zione, la morte e la resurrezione di Cristo. stiani: il Dio cristiano non è coeterno al mondo,
Argo è il nome della prima nave costruita dall’uo- ma ha creato il mondo e tutti gli esseri con un atto
mo. Essa serve agli Argonauti, che sono guidati da d’amore, come racconta la Genesi, il primo libro
Giasone, un principe ateniese, per andare nella Col- della Bibbia. Perciò egli ama le sue creature. Il poe-
chide a prendere il vello d’oro. La vista della nave ta fa sua l’interpretazione di Tommaso.
sopra le onde sorprende il dio Nettuno, che dal pro-
fondo del mare vede l’ombra della nave. Il poeta usa Commento
più volte questo esempio nella Divina commedia. 1. La preghiera di Bernardo alla Vergine Maria è
La fonte di Dante è Ovidio, Metam. VII, 100 sgg. lunga ben 21 versi (e con la richiesta d’intercessione
Nettuno è il dio latino del mare. In greco è Poseido- per Dante si prolunga per altri 18). Essa mostra
ne. Giove (in greco Zeus) è il dio del cielo, Plutone quanto era divenuto vasto ed importante il culto per
il dio degli inferi. la Madonna. La Chiesa soltanto nel Medio Evo dà
Le sostanze e gli accidenti sono termini tecnici del- spazio alla figura della Vergine e ne incrementa il
la filosofia medioevale. Essi indicano di una cosa culto. Essa era sempre stata l’anti-Eva, colei che a-
ciò che costituisce l’essenza (ad esempio essere uo- vrebbe schiacciato il capo del serpente tentatore. Es-
mo) e ciò che è accessorio (avere o non avere la sa costituisce il recupero in chiave religiosa del con-
barba). temporaneo recupero laico della figura femminile,
Bernardo di Chiaravalle (1091-1153) nel 1112 en- attuato prima dalla lirica provenzale, poi dalla
tra nel monastero benedettino di Citaux, seguìto da Scuola siciliana e dalla Scuola toscana, infine dalla
quattro fratelli e da una trentina di seguaci. Nel corrente stilnovistica. La Vergine perciò diventa la
1217 fonda un nuovo monastero a Clairvaux, da cui madre di Dio e contemporaneamente la madre di
deriva il nome Chiaravalle. Nel corso della vita fon- tutti gli uomini, diventa quindi l’intermediaria tra
da ben 68 monasteri. Egli riesce a conciliare una vi- l’uomo e Dio. L’uomo si rivolgeva alla Madonna
ta ascetica e un’azione continua e indefessa in tutte come alla Madre celeste. E la madre celeste non po-
le grandi e le piccole questione che coinvolgono la teva rispondere di no ai figli che si rivolgevano a lei
Chiesa del suo tempo. Fonda l’ordine dei templari e gementi e piangenti. Lei a sua volta si rivolgeva a
predica la seconda crociata (1147-49), che si con- Dio, suo figlio, per chiedere l’aiuto. E Dio non po-
clude rovinosamente. Scrive numerose opere. È ca- teva rispondere di no a sua madre. Perciò il credente
nonizzato nel 1174. era sicuro di ricevere la grazia richiesta. Il poeta lo
L’amor che move il sole e l’altre stelle è il Motore dice esplicitamente sùbito dopo (vv. 13-15). Bon-
Immobile di Aristotele, che infonde il movimento al conte da Montefeltro, peccatore fino all’ultimo i-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 95
stante di vita, si rivolge alla Madonna con un penti- poeta si perde e si abbandona; e, se tutti i beati sono
mento sincero e salva l’anima (Pg V, 85-129). in comunione con Lui, Egli è lo spazio senza dimen-
L’invocazione di san Bernardo rimanda alla recita sioni in cui si attua tale comunione e tale mistica fu-
corale del Padre nostro: «O Padre nostro, che ne’ sione. Insomma, se le schiere delle anime del purga-
cieli stai...» (Pg XI, 1-30). torio espiano coralmente la pena ed hanno ancora
1.1. La preghiera si sviluppa per paradossi: Vergine qualche aspetto materiale, le anime del paradiso so-
e Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta cratu- no immateriali e pura luce, sono tanto splendenti da
ra… Il poeta si sta preparando a definire l’ineffa- essere irriconoscibili, e hanno con Dio un rapporto
bile. di super coralità: esse ormai fanno parte di Dio, so-
1.2. La religiosità medioevale si esplica anche in no dentro di Lui, vogliono ciò che Egli vuole, sono
numerose preghiere e in numerosi canti rivolti a Dio mosse dalla sua volontà.
e alla Vergine. Le preghiere sono recitate. I salmi 5. Il Dio dantesco mostra le sue caratteristiche se
tradotti dalla Bibbia e i nuovi inni sacri sono cantati viene paragonato a) con lo «’mperador del doloroso
in coro. La lingua adoperata è il latino, la lingua uf- regno» (If XXXIV, 28), che era apparso due canti-
ficiale della Chiesa sino al Concilio Vaticano II che prima; e b) con le varie concezioni della divini-
(1963-65). A Dio sono riservati gli inni: Te Deum, tà che emergono dalla Bibbia e dal mondo pagano
Ave, verum Corpus, O salutaris Hostia, Tantum (greco e latino), dal Vangelo e nel corso della storia
ergo, Veni, Creator Spiritus. Alla Madonna sono della Chiesa.
riservate le preghiere Ave, Maria, gratia plena e 5.1. Lucifero (o Satana) è materiale, limitato, espri-
Salve, Regina, mater misericordiae; e numerosi inni me impotenza ed ira, ignoranza ed invidia, e odio, è
come Stabat Mater, Alma Redemptoris Mater, In- autisticamente richiuso in se stesso, è mostruosamen-
violata, Regina caeli; e il salmo Magnificat, anima te brutto – ed era l’angelo più bello, il portatore di
mea, Dominum. luce, come dice il suo nome – ed eternamente limi-
2. Dante insiste a più riprese, ben sette volte, sui li- tato nel luogo più profondo dell’inferno, che è anche
miti della memoria e del linguaggio (già indicati in centro dell’universo: il luogo più lontano da Dio,
Pd I), nel descrivere la particolare esperienza che nel quale era stato precipitato dopo il suo peccato di
Dio ha riservato a lui, unico tra i mortali: vv. 55-57, superbia. Dio invece è giustizia, potenza, sapienza e
58-60, 67-75, 106-108, 121-123, 139-141, 142- amore, le caratteristiche che gli vengono attribuite
145. E, nel tentativo di spiegarsi in altro modo, fa sulla porta dell’inferno (If III, 1-6).
tre esempi: la traccia che un sogno lascia nella me- 5.2. Dietro al Dio-Amore di Dante sta il Dio Motore
moria (vv. 58-60); la neve che si scioglie al sole e le Immobile di Aristotele e il Dio aristotelico riletto da
parole della Sibilla che si disperdono nel vento (vv. Tommaso in chiave razionalistica e cristiana come
64-66); e l’oblio totale di ciò che ha visto (vv. 94- Dio Creatore. Sta anche il Dio delle correnti misti-
96). Quest’ultimo esempio è particolarmente artico- che, da Anselmo d’Aosta a Gioacchino da Fiore a
lato: un istante di partecipazione alla vita divina Bernardo di Chiaravalle. Sta il Dio-ó ellenisti-
causa al poeta un oblio più grande di quello provo- co e neoplatonico del Vangelo di Giovanni, che
cato da 25 secoli all’impresa degli argonauti. Il pre- confluisce nel Dio immanente nel cuore umano di
cedente più importante dei limiti del linguaggio e Paolo di Tarso prima e di Agostino d’Ippona poi.
della comprensione umana si trova in Pg XXXII, 73- Peraltro il Dio dantesco s’inserisce anche in una
102 (proprio una cantica prima): Beatrice dice al lunghissima tradizione teologica che si radica nella
poeta di fissare le sue parole nella memoria, anche Bibbia e in una visione escatologica della storia
se non le capisce. Una volta tornato sulla terra cer- umana, tipicamente medioevale (e curiosamente co-
cherà di tradurre in scrittura le immagini imprese piata dai massimi pensatori laici dell’Ottocento, di
nella memoria. In questo modo il poeta e il lettore destra, di centro e di sinistra: G.W. Hegel, A. Com-
sono pronti per il canto finale del poema. te, K. Marx). La Bibbia aveva proposto nel Genesi
3. Il poeta riesce a immaginare una rappresentazione un Dio creatore del mondo e in séguito un Dio che
visibile dell’unità e della trinità di Dio: tre cerchi guida gli eserciti (Antico testamento), poi un Dio
concentrici di tre colori diversi, ognuno dei quali che diventa uomo, Gesù Cristo (i tre Vangeli sinot-
proviene dagli altri due. E ugualmente riesce a dare tici). Le correnti mistiche medioevali sviluppano
un’idea di come le due nature umana e divina di l’idea del Dio-Amore, cioè dopo Dio-Padre e Dio-
Cristo si congiungono. La visione di Dio diventa più Figlio danno importanza al Dio-Spirito Santo. Di
profonda, ma le forze umane non sono sufficienti. questo Dio esse attendevano tra poco l’avvento nel
Ecco allora che interviene lo stesso Dio, che aiuta il mondo. Questo Dio però è anche il Dio delle sette
poeta a partecipare completamente all’essenza divi- millenaristiche ed ereticali. Il Dio-Amore è il Dio
na (vv. 115-145). che sarebbe ritornato sulla terra per rinnovare gli a-
4. Il Dio di Dante è il Motore Immobile aristotelico nimi e con cui doveva terminare la storia del mondo.
che crea l’universo e che come sfera estrema avvol- Il Medio Evo riteneva che la storia umana ripetesse i
ge tutto l’universo. Egli però non è pensiero di pen- sette giorni della creazione del mondo e che la fine
siero, cioè proiettato a pensare unicamente se stesso, del mondo fosse vicina, perciò aspettava l’avvento
è Dio Creatore, un Dio che crea e che ama le sue del regno dello Spirito Santo. Il Medio Evo peraltro
creature, per le quali manda sulla terra suo Figlio a presenta anche il Dio Signore feudale del Cantico
sacrificarsi. Egli è anche luce infinita, nella quale il delle Creature di Francesco d’Assisi (1182-1226) e
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 96
il Dio giudice tremendo e implacabile del Dies irae 8.2. L’estasi mistica è la conclusione di un lungo
di Tommaso da Celano (1190ca.-1260). processo di ascesi, cioè di abbandono e di sciogli-
6. Rispetto ad altre religioni del Mediterraneo il Dio mento dalla condizione umana, che ha portato l’uo-
cristiano presenta novità interessanti: la religione mo alla comunione con Dio. Le varie fasi sono: a) la
manichea parla di un principio del Bene e di un conoscenza sensibile; b) la conoscenza razionale; c)
principio del Male, ugualmente potenti. La religione la fede, la rivelazione e la teologia razionale; d)
cristiana invece contrappone a Dio un avversario, l’estasi. In questo processo la parola e la ragione,
Satana, che non può stargli alla pari e che anzi è che la esprime, mostrano sempre più i loro limiti e si
strumento della giustizia divina. Nel complesso que- dimostrano sempre più incapaci di mettere in contat-
ste religioni sono politeistiche. Il cristianesimo nasce to l’uomo con la divinità o con l’assoluto (o con ciò
monoteista, ma poi trasforma Dio in Uno e Trino. La che la divinità è o indica).
religione maomettana invece resta rigorosamente 8.3. In proposito Platone (427-347 a.C.) aveva ela-
monoteistica, anzi, per evitare degenerazioni politei- borato la teoria della linea (Rep., VI, 1-21): la co-
stiche, il fondatore vieta di raffigurare la divinità. noscenza è sensibile, legata agli occhi (livello
7. Dante ricorre ancora alla geometria, per spiegare dell’opinione), ed intelligibile, legata all’anima (li-
l’esperienza che ha provato: «Il geometra si trova in vello dell’epistème, cioè della conoscenza solida,
difficoltà davanti al problema della quadratura del dimostrabile); la conoscenza sensibile a sua volta si
cerchio, perché cerca i principi di cui ha bisogno, divide in apparenza e fede; quella intelligibile in
ma non li trova. Anch’io mi trovavo nella stessa si- conoscenza dianoetica (o basata su ipotesi) e cono-
tuazione davanti al problema della comprensione scenza noetica (che va oltre le ipotesi). Al terzo
della doppia natura di Cristo, perché le facoltà uma- grado della conoscenza appartiene la conoscenza
ne non erano capaci di tale comprensione. Allora mi matematica (aritmetica e geometria), che si basa su
venne in aiuto Dio stesso con la sua energia, una lu- assiomi, da cui deduce le conseguenze. Talvolta la
ce abbagliante mi colpiva e mi apriva la mente. Così conoscenza noetica si trova in stallo e non riesce a
io riuscii a vedere come le due nature sono fuse» proseguire, allora subentra il livello di conoscenza
(vv. 133-141). Il poeta era ricorso alla geometria inferiore, quello della fede, anche se propone verità
anche più sopra: Pd XV, 55-57, e Pd XVII, 13-15. non dimostrabili o troppo difficili da dimostrare. La
8. Tutto il canto è sospeso tra la volontà d’immer- fede di cui parla Platone è però ben diversa dalla
gersi in Dio e l’umana incapacità di giungere a tale fede cristiana, basata sulla rivelazione, cioè sulle
visione. Il poeta riesce attraverso le parole e il rico- Sacre scritture; coincide con l’opinione comune,
noscimento, fatto più volte, dei loro limiti insupera- l’opinione tramandata dal passato. Ad esempio la
bili a far provare al lettore il brivido sovrumano del- fede nell’esistenza degli dei.
la comunione con Dio. Ma contemporaneamente rie- 9. La terza cantica finisce con Dio, «l’amor che mo-
sce a fare sentire i limiti estremi della ragione uma- ve il sole e l’altre stelle». Era iniziata ugualmente
na e l’insoddisfazione che l’uomo deve provare con «la gloria di colui che tutto move» (Pd I, 1), an-
quando non è in contatto con Dio ed anzi lo abban- cora Dio. La Divina commedia era incominciata con
dona per beni terreni. L’ultima visione della Divina l’individuo solitario e peccatore, smarrito nel buio
commedia è preparata lentamente: il poeta percorre della vita e della selva oscura (If I, 1-3), e si conclu-
passo dopo passo l’Itinerarium mentis in Deum (che de con la gloria di Dio, che abbraccia tutto l’uni-
è il titolo dell’opera di un mistico, Bonaventura da verso e che fa partecipi di sé e del suo amore tutti
Bagnoregio): si separa dai desideri terreni fin dagli gli esseri, anche quell’essere sperduto che dalla sel-
inizi del paradiso (Pd I, 139-140 e II, 37-42), acqui- va oscura con estrema ostinazione e con grandissima
sta e mantiene sani e puri i suoi desideri (vv. 22-38), fatica ha percorso ad uno ad uno i tre regni dell’ol-
quindi è pronto per l’ultima tappa del viaggio, lo tretomba, per arrivare fino a Lui.
sprofondarsi mistico oltre le capacità umane in Dio, 10. La figura materiale e grottesca di Lucifero (e
la Somma Luce, ma anche il Sommo Amore. l’ultimo canto dell’inferno) rimanda alla rappresen-
8.1. L’estasi cristiana non ha precedenti nelle altre tazione di Dio (e all’ultimo canto del paradiso), di
religioni. La religione greca conosceva i riti orgia- cui il sovrano del doloroso regno è la tragica e grot-
stici e i baccanali (si usciva di sé bevendo vino e tesca parodia (If XXXIV, 28-67). Dio è pura luce ed
abbandonandosi ai piaceri dei sensi) o gli oracoli (la è al di là delle parole umane. I beati, che sono u-
sacerdotessa, invasata dal dio Apollo, pronunciava gualmente pura luce, vivono in eterna comunione
le sue incomprensibili profezie). La cultura greca con Lui. Dio è rappresentato come tre cerchi di co-
conosceva la catarsi, cioè la purificazione dell’a- lore diverso, che indicano le tre persone (Padre, Fi-
nimo, che i protagonisti della tragedia come gli spet- glio e Spirito Santo). La seconda persona, il Figlio,
tatori raggiungevano alla fine della tragedia, quando con la sua duplice natura divina e umana collega
i colpevoli si purificavano della colpa commessa in- l’uomo alla divinità. Anche la fine dei due canti e
fliggendosi o subendo punizioni riparatrici. La reli- delle due cantiche sono correlati: là il poeta abban-
gione romana invece è sempre stata razionale e dona il centro della terra, per andare a «riveder le
composta e metteva al bando le religioni che distur- stelle» (v. 145); qui si sprofonda in Dio, «l’amor che
bavano la morale e la quiete pubblica. Nell’America move il sole e l’altre stelle» (v. 145). Il poeta infon-
latina i maya e altri popoli uscivano dalla condizio- de nella sua opera l’ordine che caratterizza tutto
ne umana usando allucinogeni. l’universo. E, come tutto l’universo tende a Dio, co-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 97
sì tutti i canti e tutto il viaggio nei tre regni dell’ol- soltanto un altro essere umano ha provato: la Vergi-
tretomba tendono all’ultimo canto della Divina ne Maria, la madre terrena del Figlio di Dio.
commedia e all’incontro più straordinario che il pro- 14. Il problema della quadratura del cerchio è il se-
tagonista deve fare e vuole fare fin dalla selva oscu- guente: trasformare la superficie di un cerchio di
ra: l’incontro con Dio e la comunione mistica con raggio r nell’equivalente quadrato che la delimita.
Lui. Se Δcerchio=πr2, allora Δquadrato=πr2. Estraendo la radi-
11. La correlazione tra il centro dell’inferno e ce quadrata, il lato del quadrato sarà: l= r√π. La so-
l’empìreo non si ferma qui. Nel lago gelato di Cocì- luzione è facile sul piano simbolico ed anche sul pi-
to Dante è solo con Virgilio. Si trova in una landa ano geometrico, per quanto in questo secondo caso il
gelida, piena di dannati che soffrono nella loro soli- risultato sia approssimativo (il cerchio ha una super-
tudine. Al centro del lago è piantata la figura mo- ficie a metà strada tra il quadrato iscritto e il qua-
struosa e pelosa di Lucifero, che maciulla tre danna- drato circoscritto). La vera difficoltà non è simboli-
ti. Tutto è freddo, oscurità, morte, morte dell’anima. ca né legata all’approssimazione geometrica (nella
Il poeta è preso da dolore, sofferenza e solitudine. Il realtà si opera normalmente in modo approssimati-
viaggio da percorrere è ancora lungo e disagevole. vo). È concettuale. Già i greci del sec. VI a.C. si e-
Ci si accontenta di vedere, tra poco, le stelle. rano spaventati alla scoperta di √2, un numero irra-
L’empìreo è opposto. Il poeta si trova insieme con i zionale, che mostrava l’esistenza dell’infinito (il
beati. Bernardo invoca per lui la Vergine Maria. E non finito, l’incompiuto, cioè qualcosa di negativo,
la Vergine, Madre di Dio, invoca Dio, affinché il di imperfetto) in campo numerico: √2 vale appros-
poeta abbia la visione mistica che lo sprofondi in simativamente 3,14, ma i decimali procedono all’in-
Dio. Beatrice e tutti i santi del cielo sono con lui, in finito. E √2 è semplicemente il rapporto tra diagona-
attesa di questo evento eccezionale: un uomo che le e lato di un quadrato qualsiasi. Ora il poeta si tro-
ancora vivo penetra nell’essenza divina. Tutto è a- va davanti a √π, e π è un numero molto più comples-
more, luce, vita, vita dell’anima. Il poeta è preso da so di √2… La ragione, che vede nella matematica la
beatitudine e coralità. Il viaggio sta ormai giungen- massima espressione di se stessa e dei propri succes-
do al suo culmine e sùbito dopo si conclude. E poi si si, scopre proprio nella matematica delle realtà im-
ritorna a casa, sulla terra. Il poeta va oltre la trage- pensabili e infinite: l’abisso dei numeri.
dia greca: alla catarsi sostituisce l’estasi mistica, 15. Le tre cantiche terminano con la parola stelle:
che porta l’uomo a superare se stesso, le sue forze, la «E quindi uscimmo a riveder le stelle» (v. 139); «Io
ragione e la stessa condizione umana. ritornai [...] puro e disposto a salire a le stelle» (v.
12. Dante dimentica Virgilio, Aristotele e Tomma- 145); «L’amor che move il sole e l’altre stelle» (v.
so, che in vario modo, con la poesia o con la dottri- 145). Il soggetto dei primi due versi è il poeta, che
na, lo avevano accompagnato durante il lungo viag- nell’inferno ha bisogno di Virgilio, nel purgatorio è
gio nell’oltretomba. Dimentica anche il Dio-Parola ormai solo, per incontrare Beatrice; il soggetto del
del Vangelo di Giovanni. Si riallaccia a Beatrice, al terzo verso è Dio. Il poeta – che rappresenta ad un
neoplatonismo, a sant’Agostino, all’ascesi mistica di tempo l’individuo che è lui stesso e l’umanità erran-
sant’Anselmo, di san Bonaventura, di san Bernardo te – dal buio dell’inferno e del peccato va verso la
e di tutti gli altri mistici medioevali, perché soltanto luce, va verso Dio; e Dio avvolge con la sua luce e il
essi indicano gli strumenti capaci di entrare in co- suo amore il poeta e tutto l’universo.
munione con Dio. Ma il poeta va oltre: neanche la
via indicata dai mistici è sufficiente, perché non sol- La struttura del canto è semplice: 1) san Bernardo,
tanto la ragione, ma anche l’uomo in sé è limitato. tutti i santi del cielo e Beatrice implorano la Vergi-
Ha bisogno di un aiuto straordinario. Ed ecco che ne Maria affinché liberi Dante da ogni passione ter-
giunge l’aiuto dell’Essere divino, il quale folgora la rena e abbia la visione di Dio; 2) la Vergine ottiene
mente umana e la rende capace di sprofondarsi in da Dio che la preghiera sia esaudita; 3) il poeta allo-
Lui. Dio viene ad abitare tra gli uomini. Dio viene ra volge i suoi occhi verso Dio e si sprofonda in Lui;
anche con Dante a cercare l’uomo. Si era preso cura 4) la sua memoria non può ricordare né le parole
di lui, lo aveva cercato e lo aveva salvato anche con possono dire tutto ciò che ha visto, perché Dio è i-
l’antico patto, stipulato con Noè e ratificato con la neffabile; 5) egli comunque sa di aver visto l’unità e
comparsa dell’arcobaleno; e con il nuovo patto, rati- la trinità di Dio e la duplice natura di Cristo; 6) le
ficato dalla passione e dalla morte di Cristo sulla sue forze però non erano capaci di tale visione, ma
croce. Ed ora l’arcobaleno è divenuto l’immagine egli è colpito da una luce abbagliante, che gli mo-
visibile dello stesso Dio, uno e trino. stra il mistero divino; poi le forze vengono meno;
13. Dante ha dimenticato Virgilio, ma ha dimentica- ma 7) ormai egli si sente mosso da Dio, l’amore che
to anche Beatrice, per quanto essa sia presente e sia muove il sole e le altre stelle.
ritornata al suo posto tra i beati, nella candida rosa.
La fede e la teologia non sono sufficienti per avere
la visione mistica e sprofondarsi in Dio. Occorrono
strumenti più potenti ed energie sovrumane. Occorre
la fede mistica di san Bernardo ed occorre soprattut-
to l’aiuto di Dio. Alla fine del viaggio il poeta prova
quell’esperienza di immergersi nella luce divina che
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 98
Dante è contento della risposta. Poco dopo gli appa-
Riassunto di tutti i canti re un gruppo di spiriti. Si volta, per vedere se li ha
alle spalle, tanto sono trasparenti. Beatrice lo invita
Canto I: la salita al cielo della Luna; l’invocazione a rivolgersi a loro. Il poeta si rivolge alla luce che
ad Apollo e alle muse; Dante sente la musica delle sembrava più desiderosa di parlare e le chiede il
sfere celesti; Beatrice spiega l’ordine che governa nome e la loro sorte. L’anima si presenta, è Piccarda
tutto l’universo; il luogo stabilito da Dio per gli uo- Donati, e con gli altri spiriti si trova nel cielo più
mini basso della Luna, perché i loro voti sono rimasti i-
nadempiuti. Il poeta allora chiede se desiderano un
Dante invoca Apollo e le muse, affinché lo aiutino a luogo più alto per vedere Dio più da vicino. L’ani-
portare a termine la terza ed ultima cantica. È il ma risponde che la virtù della carità fa loro volere
mattino di un giorno di primavera e Dante e Beatri- ciò che hanno e che perciò non desiderano altro. Ciò
ce riprendono il viaggio. Beatrice guarda il Sole e le vale per tutti gli spiriti che sono distribuiti negli altri
sfere dei cieli. Il poeta fissa Beatrice e quindi, come cieli, che conformano la loro singola volontà alla
lei, fissa il Sole e le ruote dei cieli, provando una volontà di Dio: nel fare la sua volontà è la loro bea-
sensazione sovrumana. Egli sente il suono delle sfere titudine. Allora Dante chiede qual è il voto che ri-
celesti e chiede alla donna la causa di quel suono. mase inadempiuto. Piccarda racconta la sua vita: da
Beatrice gli risponde che stanno lasciando la Terra giovane si ritirò in convento per seguire la regola di
veloci come la folgore e che il suono è provocato Chiara d’Assisi. Ma uomini, abituati più a fare il
dalle sfere cristalline su cui sono incastonati i piane- male che a fare il bene, la rapirono e la costrinsero a
ti. Il poeta è allora preso da un nuovo dubbio e chie- sposarsi. La stessa cosa è successa all’anima di Co-
de come può egli, che è anima e corpo, andare verso stanza d’Altavilla, che è al suo fianco. Fu costretta
il cielo. La donna coglie l’occasione della domanda ad andare sposa a Enrico IV di Svevia. Quindi Pic-
per esporre l’ordine che governa l’universo: Dio ha carda, cantando l’Ave Maria, scompare. Allora il
messo in tutte le creature (angeli, uomini, bruti e co- poeta rivolge gli occhi a Beatrice ed è quasi abba-
se) un istinto naturale che le fa andare verso il loro gliato dallo splendore della donna.
fine. Il fine dell’uomo è andare verso l’alto, in para-
diso. Perciò il poeta, che è ormai privo d’impe- Canto IV: cielo primo, Luna; spiriti inosservanti
dimenti, non deve meravigliarsi se sta andando verso dei voti; due dubbi; il dubbio sulla sede dei beati;
il cielo, perché quello è il luogo preparato da Dio Beatrice spiega l’ordinamento del paradiso; il dub-
per noi. bio sulla corresponsabilità delle due parti nella vio-
lenza; volontà assoluta e volontà relativa; il cam-
Canto II: cielo primo, Luna; spiriti inosservanti dei mino dal dubbio alla verità
voti; l’invito ai lettori; il problema delle macchie
lunari; Beatrice confuta la spiegazione di Dante; poi Dante ha due dubbi, ugualmente intensi. Beatrice
spiega la causa delle macchie lunari inizia dal più grave: tutti i beati si trovano
nell’empìreo. Gli spiriti che ha visto nel cielo della
Dante invita coloro che hanno una barca piccola a Luna sono discesi per mostrare visibilmente al poeta
tornare alla spiaggia, perché, perdendo lui, forse si qual è il loro grado di beatitudine: rispetto agli altri
smarriscono: la materia che tratta non è mai stata gradi, esso è il meno elevato. Senza questo segno
trattata ed egli è aiutato da Minerva, da Apollo e da sensibile il poeta non avrebbe capito, perché senza
tutte le muse. Dante e Beatrice corrono veloci verso le percezioni dei sensi non si può passare alla cono-
il cielo della Luna, che li accoglie. Alla vista della scenza propria dell’intelletto. Per questo motivo la
Luna il poeta chiede qual è la causa delle macchie Chiesa permette che Dio venga rappresentato con
lunari, che sulla terra hanno fatto nascere la leggen- mani e piedi. Beatrice a questo punto coglie l’occa-
da di Caino. Prima di rispondere, Beatrice chiede sione per chiarire un’affermazione di Platone: il fi-
l’opinione del poeta. Dante risponde che la Luna losofo greco ha detto che le anime discendono dalle
appare così, perché è costituita da corpi rari e da stelle e poi, alla morte, risalgono alle stelle. Forse
corpi densi. La donna confuta immediatamente que- egli intendeva non proprio le anime, ma gli influssi
sta ipotesi: se le cose stessero così, allora durante le che dai cieli scendono sugli uomini. L’altro dubbio,
eclissi lunari il Sole attraverserebbe la Luna ora più meno pericoloso, riguarda il problema della violenza
luminoso ora meno luminoso. Quindi formula e con- che ha impedito di adempiere ai voti. La vera vio-
futa diverse ipotesi. Infine espone la corretta inter- lenza - continua la donna - si ha quando chi la subi-
pretazione delle macchie: l’intelligenza motrice dei sce non fa nulla per favorirla. Le anime appena in-
cherubini si unisce in modi diversi con i corpi cele- contrate in qualche modo l’hanno favorita: sono sta-
sti. Da questa unione, non dal principio del denso e te trascinate con la violenza fuori del monastero,
del raro, sono causate le macchie lunari. ma, una volta finita la violenza, non hanno fatto
niente per ritornarvi. Il fuoco, se spinto verso il bas-
Canto III: cielo primo, Luna; spiriti inosservanti so, ritorna sempre verso l’alto. La volontà dev’esse-
dei voti; Piccarda Donati e il voto non mantenuto; re irremovibile, come quella di Lorenzo che resiste
Costanza d’Altavilla; Piccarda si allontana al dolore del fuoco o di Muzio Scevola che brucia il
suo braccio. Ma essa è molto rara. Piccarda però -
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osserva il poeta - aveva detto poco prima che Co- Troade in Asia Minore alla fondazione di Roma,
stanza conservò sempre l’affetto verso il velo mona- dalla conquista della Gallia ad opera di Giulio Ce-
cale. Beatrice allora chiarisce ulteriormente la que- sare alla nascita dell’Impero con Ottaviano Augusto,
stione distinguendo tra volontà assoluta e volontà dalla distruzione di Gerusalemme ad opera di Tito
relativa. La prima non acconsente al male, la secon- al sorgere del Sacro Romano Impero ad opera di
da vi acconsente per evitare un male maggiore. In Carlo Magno, per concludere parlando dei guelfi e
questo senso le anime sono corresponsabili della vio- dei ghibellini ai tempi di Dante. L’imperatore accu-
lenza subita. Piccarda si riferiva quindi alla volontà sa i guelfi di parteggiare per la Francia contro l’Im-
condizionata, poiché era rimasta fuori del convento pero e accusa i ghibellini di essersi appropriati del
per evitare un male maggiore, Beatrice invece in- simbolo imperiale per interessi di parte. Sia gli uni
tendeva la volontà assoluta, che ignora deliberata- sia gli altri sbagliano e questi errori provocano di-
mente le conseguenze di una scelta coatta. A questo sordine ed ingiustizia nella società umana. Quindi
punto il poeta ha un terzo dubbio. Se è possibile che l’imperatore tesse l’elogio di Romeo di Villanova, il
un voto inadempiuto sia compensato con altri beni, quale, calunniato dai baroni, mostrò al conte Rai-
che risultino sufficienti alla giustizia divina. Beatri- mondo Berengario di avere maritato le figlie a quat-
ce risponde nel canto successivo. tro prìncipi e di aver aumentato del 20% il patrimo-
nio. Poi Romeo lascia il conte per vivere come
Canto V: cielo primo, Luna; spiriti inosservanti dei mendìco. Ora la sua presenza impreziosisce il cielo
voti; il problema del voto inadempiuto; l’essenza del di Mercurio.
voto e l’intervento della Chiesa; la salita al cielo di
Mercurio; l’incontro con un nuovo spirito Canto VII: cielo secondo, Mercurio; spiriti attivi;
gli spiriti si allontanano; fu giusta la morte di Cristo
Beatrice legge in Dio la domanda che Dante vorreb- e la punizione degli ebrei; la redenzione dell’uomo
be porle, cioè se un voto inadempiuto si può com- attraverso la crocifissione; l’immortalità degli angeli
pensare con un altro servizio, in modo che l’anima e degli uomini
eviti una controversia con Dio. La donna dice che il
più grande dono che Dio fece è la volontà libera, La luce di Giustiniano e le altre luci scompaiono
che caratterizza soltanto gli uomini e gli angeli. lentamente alla vista del poeta. Dante ha un dubbio:
Quando l’uomo fa un voto, la sacrifica con un atto perché fu giusta la morte di Cristo sulla croce e la
libero della volontà stessa. Ora, se il fedele crede di conseguente punizione dei giudei. Beatrice gli ri-
riprendersi giustamente quel che ha offerto, è come sponde. Con l’atto di disobbedienza a Dio Adamo
se volesse fare una buona opera con i proventi di un condannò se stesso e l’umanità intera. Dio allora
furto. La Chiesa però talvolta dispensa dai voti, il mandò sulla Terra suo Figlio a sacrificarsi sulla cro-
che pare contraddire l’affermazione appena fatta, ce. La sua natura umana fu pura e senza peccato
perché l’essenza del voto ha due aspetti: il primo è come fu creata in Adamo, ma come figlio di Adamo
la cosa che si offre, cioè la materia del voto, il se- fu ugualmente cacciata dal paradiso terrestre. Perciò
condo è il patto tra chi fa il voto e Dio. Quest’ulti- la punizione della croce, se si commisura alla natura
mo non si cancella mai, se non è osservato. Si può umana, fu giusta. Invece, se si commisura alla natura
permutare perciò soltanto la materia del voto. Ma la divina, fu ingiusta, perché come Figlio di Dio non
permuta non può essere fatta senza il consenso aveva colpa. La morte sulla croce ha quindi due
dell’autorità ecclesiastica. Inoltre la nuova materia conseguenze: la punizione della natura umana fa
deve essere maggiore. Perciò la donna invita ad es- riaprire la porta del paradiso; l’offesa alla natura di-
sere fedeli alle promesse e a non essere sconsiderati vina è una nuova colpa, che è punita con la distru-
a farle, come fu Iefte, giudice d’Israele, che, se zione di Gerusalemme e la dispersione degli ebrei.
sconfiggeva i nemici, promise di sacrificare a Dio la A questo punto il poeta chiede perché Dio sia ricor-
prima persona di casa che gli venisse incontro. E so a questo modo per redimerci. Beatrice risponde: o
venne la sua unica figlia. Gli conveniva riconoscere Dio perdonava soltanto per sua cortesia o l’uomo
di aver sbagliato, piuttosto che mantenere la promes- rimediava con le sue forze. Con le sue capacità l’uo-
sa e fare peggio. Poi Dante e Beatrice salgono nel mo non poteva rimediare alla colpa e soddisfare la
cielo di Mercurio e una schiera di luci va verso di giustizia divina, poiché non poteva abbassarsi con
loro. Beatrice invita il poeta a parlare con loro. Uno l’umiltà e poi obbedire, tanto quanto volle alzarsi e
spirito si avvicina e invita Dante a chiedere della disobbedire. Perciò era necessario che Dio riportasse
loro condizione. Il poeta allora chiede chi è e qual è l’uomo alla vita perfetta, che aveva perduto, per la
la loro condizione. via della punizione o per quella del perdono o per
tutte e due. Dio procedette per tutte e due: perdonò
Canto VI: cielo secondo, Mercurio; spiriti attivi; l’uomo e sacrificò se stesso per renderlo capace di
l’imperatore Giustiniano; la storia dell’Impero; la rialzarsi. Poi Dante ha un terzo dubbio: perché gli
condanna di guelfi e ghibellini; gli spiriti attivi del angeli sono immortali e perché le cose sono soggette
cielo di Mercurio; Romeo di Villanova alle trasformazioni, cioè al divenire. La donna ri-
sponde che Dio ha creato gli angeli nella pienezza
Nel cielo di Mercurio l’imperatore Giustiniano trat- del loro essere, invece le cose ricevono la loro forma
teggia la storia dell’impero da quando Enea lasciò la
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dall’influsso dei cieli creati. E l’anima umana è im- dedicato all’amore tutta la sua giovinezza. Ma ora
mortale, perché è stata creata direttamente da Dio. nel cielo di Venere si è lieti perché la volontà divina
ha riportato sulla retta via le inclinazioni amorose.
Canto VIII: cielo terzo, Venere; spiriti amanti; il Poi Folchetto presenta l’anima di Raab, che è la più
cielo di Venere; Carlo Martello d’Angiò; il malgo- splendente del cielo di Venere. Essa fu assunta in
verno del fratello Roberto; il problema dei caratteri cielo prima di tutte le altre anime redente dalla re-
non ereditari; la Provvidenza e il corretto uso delle surrezione di Gesù Cristo, perché ha favorito la pri-
risorse ma vittoria di Giosuè in Terra Santa. Poi Folchetto
lancia un’invettiva contro Firenze, che conia il fio-
Dante si accorge di essere nel cielo di Venere per- rino che ha corrotto fedeli ed ecclesiastici, e contro
ché Beatrice si fa più bella. Il poeta vede numerose il papa e i cardinali, che pensano soltanto al denaro
luci che si muovono in una danza circolare. Una di ma che presto saranno puniti.
esse, Carlo Martello, si avvicina. Il poeta chiede chi
è. La luce risponde che è stato per poco tempo sulla Canto X: cielo quarto, Sole; spiriti sapienti; Dante
terra e che Dante ha avuto grande affetto per lui. invita a contemplare la creazione; la salita al cielo
Doveva regnare sulla Provenza, sul regno di Napoli del Sole; gli spiriti del Sole; Tommaso d’Aquino
e di Ungheria, e anche sulla Sicilia, se il malgoverno presenta gli altri spiriti; il canto della corona di bea-
degli angioini non avesse spinto la popolazione a ti
cacciare i francesi. Perciò invita il fratello Roberto a
non aumentare le tasse e l’odio conseguente. Eppure Dante invita il lettore a contemplare i cieli, che gli
il suo carattere avaro discende da antenati liberali. avrebbero dato un grande godimento, e descrive lo
Dante allora chiede come ciò sia possibile. Carlo Zodiaco. Il poeta poi si accorge di essere salito nel
Martello risponde che i figli sarebbero uguali ai pa- cielo del Sole, perché la luce diviene più intensa.
dri, se non intervenisse la Provvidenza divina. Per- Gli spiriti del Sole si precipitano e cantano, mentre
ciò le sfere celesti riversano sulla terra tutto ciò che si mettono a girare intorno al poeta e a Beatrice. Poi
serve al buon funzionamento della società umana. si fermano. Uno spirito accoglie Dante con letizia, si
Per questo motivo uno nasce legislatore, un altro ge- presenta e poi presenta gli altri spiriti. È Tommaso
nerale, un altro sacerdote. In tal modo i figli sono d’Aquino, un frate dell’ordine che Domenico guida
diversi dai padri. Le sfere celesti però non distin- per il cammino, dove ben ci s’impingua, se non si
guono la casa del povero da quella del ricco. E le vaneggia. Poi Tommaso indica Alberto Magno di
inclinazioni provenienti dal cielo danno cattivi risul- Colonia, frate domenicano e suo maestro. Passa a
tati, se sono usate fuori del loro ambito. Ed è quel presentare gli altri spiriti: il giurista Francesco Gra-
che succede: si costringe a farsi religioso chi è nato ziano, Pietro Lombardo che offrì alla Chiesa tutti i
per cingere la spada e a farsi sovrano chi è nato a te- suoi tesori, re Salomone, dove fu infuso un sapere
ner prediche. Per questo motivo il comportamento così profondo, che, se le Sacre Scritture dicono il
degli uomini è sbagliato. vero, a veder altrettanto non sorse il secondo, il fi-
losofo e teologo Dionigi l’Areopagita, l’avvocato
Canto IX: cielo terzo, Venere; spiriti amanti; la cristiano Paolo Orosio, il filosofo e uomo politico
profezia di Carlo Martello; Cunizza da Romano, la Severino Boezio, Isidoro di Siviglia, Beda il Vene-
ninfomane; Folchetto da Marsiglia, lo sterminatore rabile, il mistico Riccardo di San Vittore e infine il
di eretici; Raab, la prostituta, e i piani di Dio; il fio- filosofo parigino Sigieri di Brabante. Quindi la co-
re maledetto che corrompe la Chiesa rona dei beati inizia a muoversi e si mette a cantare
in coro in perfetto accordo.
Dopo Carlo Martello un’altra anima si avvicina al
poeta, che chiede mentalmente chi è. L’anima dice Canto XI: cielo quarto, Sole; spiriti sapienti; invet-
di essere Cunizza da Romano, la sorella del feroce tiva contro i falsi ragionamenti; Tommaso d’Aquino;
Ezzelino, che fece gravi danni alla Marca trevigia- la vita di Francesco d’Assisi; l’elogio dell’ordine
na. La naturale inclinazione all’amore la portò nel francescano; la condanna dell’ordine domenicano
cielo di Venere. Poi la donna presenta l’anima di
Folchetto da Marsiglia, dicendo che era famosa in Sulla terra gli uomini stanno perdendo il loro tempo
vita e che resterà famosa ancora per molti secoli. In- dietro ai beni vani, quando Dante, libero da ogni
vece la popolazione della Marca trevigiana non si passione, sale al cielo con Beatrice. La luce di
preoccupa di sopravvivere sulla terra grazie alla fa- Tommaso d’Aquino gli parla della vita e dell’opera
ma; né si pente non ostante le disgrazie che l’hanno di Francesco d’Assisi. La Chiesa di Cristo stava at-
colpita. Ma presto Padova sarà punita, perché non si traversando momenti difficili, perciò Dio suscita
sottomette all’imperatore. A Treviso Rizzardo da due prìncipi, affinché l’aiutassero: Francesco d’As-
Camino, signore della città, sarà catturato ed ucciso sisi, che fonda l’ordine francescano, e Domenico di
per la sua tracotanza. Feltre piangerà il tradimento Calaruega, che fonda l’ordine domenicano. France-
del vescovo Guido Novello contro i fuoriusciti ghi- sco sorge come un Sole ad Assisi, lascia le ricchezze
bellini di Ferrara. Quindi l’anima ritorna alla sua paterne e sposa madonna Povertà, fonda l’ordine dei
danza circolare. Dante si rivolge allora all’altra a- frati minori e ne chiede l’approvazione prima a papa
nima, che si presenta: è Folchetto da Marsiglia e ha Innocenzo III e poi a papa Onorio III. Va a predicare
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 101
tra gli infedeli, ma, non ottenendo risultati, ritorna se il secondo). Tommaso approva l’opinione di Dan-
ad occuparsi dei fedeli italiani. Riceve le stigmate te che la natura umana non fu mai né mai sarà per-
sul monte della Verna e, prima di morire, raccoman- fetta come lo fu in Adamo e in Cristo, che nacquero
da ai suoi frati madonna Povertà. Tommaso perciò senza imperfezioni. Ma egli parlava della sapienza
coglie l’occasione per lodare i frati francescani e per umana dopo il peccato, parlava della sapienza di un
rimproverare i frati del suo ordine, che si sono allon- re, e in riferimento agli altri re, non in assoluto. E in
tanati dalla buona dottrina teologica. Dante perciò relazione agli altri sovrani la sapienza di Salomone,
ora può capire perché ha corretto la sua affermazio- relativa all’arte di regnare saggiamente, non ebbe
ne «dove ben ci s’impingua di valori spirituali, se pari. A questo punto il beato coglie l’occasione per
non si vaneggia dietro ai beni materiali». invitare alla prudenza e alla cautela davanti a que-
stioni poco chiare, perché non ci si deve esprimere
Canto XII: cielo quarto, Sole; spiriti sapienti; la con un sì o con un no davanti a una questione che
danza festosa delle due corone di spiriti; Bonaventu- non è chiara: è necessario fare sempre le debite pre-
ra da Bagnoregio; la vita di Domenico di Calaruega; cisazioni, perché spesso l’opinione corrente porta a
l’elogio dell’ordine domenicano e la condanna una falsa convinzione e impedisce all’intelletto di
dell’ordine francescano; gli spiriti della prima coro- ragionare correttamente. E a prova delle sue parole
na cita diversi filosofi antichi e due eretici, Sabellio e
Ario. E conclude con due esempi popolari: donna
Tommaso d’Aquino ha appena finito di elogiare Berta e ser Martino non devono pensare che, se ve-
l’ordine francescano, quando da una delle due ghir- dono un uomo che ruba e un altro che fa pie offerte,
lande si stacca una luce. È l’anima del frate france- essi siano già stati giudicati da Dio, perché il primo
scano Bonaventura da Bagnoregio, il quale parla può salvarsi e l’altro finire all’inferno.
della vita e dell’opera di Domenico di Calaruega,
tesse l’elogio dell’ordine domenicano e critica i frati Canto XIV: cielo quinto, Mercurio; spiriti attivi;
del suo ordine che hanno cambiato la regola. In Spa- Beatrice pone una domanda per Dante; la nuova le-
gna, sulle rive dell’Oceano, sorge la città di Cala- tizia delle due corone; Salomone parla dell’anima e
ruega. Qui nasce Domenico, il quale fin nel grembo del corpo dopo il giudizio universale; la terza coro-
materno dà alla madre capacità profetiche e fin da na di spiriti; la salita al cielo di Marte; gli spiriti si
bambino mette in atto il consiglio dato da Cristo, dispongono a croce; il canto della terza corona
quello di essere poveri. Spesse volte la nutrice lo
trova per terra, come se dicesse che è venuto per fare Beatrice pone una domanda per Dante: se la luce
penitenza. Egli non si occupa di diritto canonico, né che avvolge la loro anima resterà con loro per
di medicina, ma si dedica agli studi teologici, per l’eternità così come è ora, e, se rimarrà così, come
predicare la sana dottrina. Al papa non chiede bene- potranno riprendere il loro corpo, senza che essa
fici, ma la licenza di combattere per la fede contro danneggi la loro vista. Alla domanda della donna le
gli eretici. I frati francescani invece hanno abbando- due corone di beati mostrarono una nuova gioia, con
nato le orme del loro fondatore: alcuni hanno reso la la danza circolare ed il canto mirabile. Poi risponde
regola più rigida, altri più leggera. Quindi Bonaven- Salomone, la luce più splendente della corona inter-
tura cita alcuni frati francescani ed altre anime di na: quando riuniranno l’anima al corpo, essi saranno
profeti, di teologi e di mistici che sono lì con lui in più graditi a Dio, poiché saranno più perfetti. Di
cielo. conseguenza anch’essi avranno una visione più per-
fetta e più intensa di Dio. Ma lo splendore divino
Canto XIII: cielo quinto, Mercurio, spiriti attivi; le non li potrà abbagliare, poiché gli organi del corpo
due corone di spiriti; un dubbio sulla sapienza di re saranno rafforzati per gustare tutto ciò che potrà di-
Salomone; la sapienza di Adamo e di Cristo; la sa- lettarli. A questo punto arrivano altri spiriti che si
pienza di re Salomone; un invito alla prudenza da- mettono a danzare intorno alle altre due corone. La
vanti a questioni poco chiare loro luce abbaglia il poeta, che non la può sopporta-
re. Egli allora si rivolgeva Beatrice, che a sua volta
Gli spiriti del cielo di Mercurio formano due corone era divenuta più bella e sorridente. E si accorge che
di 24 stelle luminosissime, che hanno lo stesso cen- sta salendo a un cielo più alto, il cielo di Marte. Gli
tro e ruotino in direzione opposta. Cantavano e dan- spiriti accolgono si dispongono a croce greca. E
zavano in onore delle tre persone della Santissima Dante in quella croce vede lampeggiare Cristo, ma
Trinità e della duplice natura di Cristo. Fermarono il non sa trovare un esempio adeguato per descriverla.
canto e la danza in perfetto accordo e si rivolsero a Lungo l’asse orizzontale e quello verticale della
Dante e a Beatrice, felici di passare da un’occupa- croce si muovevano le luci degli spiriti combattenti,
zione a un’altra. Tommaso d’Aquino risponde al che scintillavano intensamente quando si congiun-
dubbio del poeta, che crede giustamente che Dio gevano e passavano oltre. Dagli spiriti della croce si
abbia infuso nel petto di Adamo e in quello di Cri- diffondeva una melodia che lo rapiva, anche se le
sto tutta la sapienza, che la natura umana poteva a- parole erano incomprensibili. Capiva soltanto le pa-
vere, e che si meraviglia delle parole del beato, che role «Risorgi» e «Vinci». Intanto Beatrice si era fat-
aveva affermato che lo spirito racchiuso nella quinta ta più bella.
luce non ebbe alcuno pari a lui in sapienza (non sor-
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 102
Canto XV: cielo quinto, Marte; spiriti militanti; grande sarà quello di essere esiliato con compagni
uno spirito scende dalla croce; il trisavolo Caccia- malvagi e stupidi, dai quali ben presto si allontane-
guida degli Alighieri; la famiglia degli Alighieri e rà, per far parte soltanto con se stesso. Il primo rifu-
la Firenze antica; la crociata in Terrasanta gio nell’esilio sarà Bartolomeo della Scala, signore
di Verona e partigiano dell’imperatore. Suo fratello
L’anima di Cacciaguida accoglie esultante l’arrivo Cangrande, che ora ha nove anni, farà tra poco cose
di Dante. Il poeta si meraviglia e gli chiede chi è. che stupiranno anche coloro che ne saranno testimo-
Cacciaguida dice di essere suo trisavolo, parla della ni. Il poeta però non deve invidiare i suoi concitta-
famiglia degli Alighieri, quindi tesse l’elogio della dini, che l’hanno bandito, perché la sua vita si e-
Firenze dei suoi tempi, che stava in pace, era sobria stenderà con la fama nel futuro molto più in là della
e pudìca: i vestiti non erano più vistosi della perso- punizione che li colpirà per le loro perfidie. Dante
na, la dote delle figlie non superava la misura, le allora chiede se dovrà dire tutto ciò che ha visto,
donne lavoravano al fuso in casa e non erano abban- che a molti risulterà forte e amaro, oppure se dovrà
donate dai mariti che andavano a commerciare in essere timido amico del vero, ma allora ha paura di
Francia. Ognuna si occupava dei bambini, ai quali perdere la fama presso coloro che chiameranno que-
insegnava a parlare e raccontava le antiche storie dei sto tempo antico. Cacciaguida lo esorta a dire tutto
troiani, di Fiesole e di Roma. Non esisteva allora la ciò che ha visto, perché in un primo momento sarà
corruzione politica né la scostumatezza. In tale Fi- indigesto, ma poi sarà nutrimento vitale per la co-
renze nasce Cacciaguida, che con tale nome è bat- scienza. Perciò nell’inferno, nel purgatorio e nel pa-
tezzato. Poi si mette al servizio dell’imperatore Cor- radiso gli sono state mostrate soltanto le anime fa-
rado, che lo fa cavaliere. Con lui va in Terra Santa a mose: soltanto ad esse presta fede l’animo di chi a-
combattere contro gli infedeli per liberare il sepol- scolta.
cro di Cristo. Qui muore come martire della fede e
viene direttamente in paradiso. Canto XVIII: cielo quinto, Marte; spiriti militanti;
Beatrice conforta Dante; Cacciaguida indica gli spi-
Canto XVI: cielo quinto, Marte; spiriti militanti; riti di Marte; la salita al cielo di Giove; gli spiriti
Dante chiede della Firenze antica; Cacciaguida par- assumono diverse configurazioni; l’invettiva contro i
la della sua famiglia; elenca le famiglie più impor- papi traviati dal fiorino
tanti di Firenze; e parla della vita pacifica dei fio-
rentini Dante pensa all’esilio, seppur temperato dalla gloria
futura. Beatrice allora lo conforta: lei è vicina a Di-
Dante pone a Cacciaguida quattro domande: chi fu- o, che punisce ogni torto. Dante la guarda e l’affetto
rono i suoi antenati, in quali anni visse la sua giovi- che prova è tale, che si libera di ogni altro desiderio.
nezza, com’era la Firenze del suo tempo e quali era- La donna gli dice di voltarsi, perché il paradiso non
no le famiglie più importanti. Cacciaguida risponde è soltanto nei suoi occhi. Cacciaguida indica gli al-
che a) i suoi antenati vennero dalla valle del Po e tri spiriti della croce, che sentendo il loro nome
che b) è nato 1091 anni dopo l’annunciazione lampeggeranno. Nomina Giosuè, Giuda Maccabeo,
dell’angelo alla Vergine Maria; quindi c) parla delle Carlo Magno e Orlando, poi Guglielmo d’Orange,
antiche e nobili famiglie che hanno fatto grande la Rinoardo e Goffredo di Buglione, infine Roberto il
Firenze antica. Alcune di esse sono solide, altre in Guiscardo. Quindi si ricongiunge alle altre luci e
decadenza. Molte avrebbero dato in futuro i loro e- mostra di saper cantare bene come quei cantori del
sponenti migliori. Di esse fa un lungo e puntiglioso cielo. Allora il poeta si volge a Beatrice, che diven-
elenco, ricordando in particolare la figura onesta di ta più bella: il cielo di Giove li aveva accolti dentro
Bellincion Berti. d) L’antenato a più riprese accusa di sé. Qui gli spiriti, cantando, assumono diverse
l’inurbamento delle popolazioni vicine di essere la configurazioni e formano ora una “D”, ora una “I”,
causa dei conflitti sociali e della corruzione dei co- ora una “L”. E, diventando una di quelle lettere, si
stumi. Esse hanno introdotto nuove occupazioni, dal fermano e tacciono. Alla fine le lettere sono 35 e
cambiavalute al commerciante, ed hanno aumentato formano le parole:
di cinque volte la popolazione della città.
DILIGITE IUSTITIAM
Canto XVII: cielo quinto, Marte; spiriti militanti; QUI IUDICATIS TERRAM
Dante chiede spiegazioni sulle profezie; Cacciagui-
da annuncia l’esilio e la fama futura; la missione af- (Amate la giustizia, o voi, che siete giudici sulla
fidata da Dio al poeta Terra). Poi altri spiriti scendono sulla cima della
“M” di TERRAM, e lentamente la trasformano nel-
Dante chiede a Cacciaguida chiarimenti circa le la testa e nel collo di un’aquila. Le altre luci, che
profezie che gli sono state fatte all’inferno e in pur- prima apparivano contente di formare il giglio aral-
gatorio sulla sua vita futura. Il trisavolo risponde dico con la “M”, con piccoli movimenti completa-
senza giri di parole: a Roma, dove si vende tutto il rono la figura dell’aquila. A questo punto Dante in-
giorno Cristo, si cerca di mandare il poeta in esilio. vita il cielo di Giove ad osservare da dove esce il
Così egli saprà quant’è amaro mangiare il pane al- fumo che oscura il suo raggio e ad adirarsi per gli
trui e ricevere l’altrui ospitalità. Ma il dolore più acquisti e le vendite che si fanno dentro la Chiesa,
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 103
che fu costruita con i miracoli e con i martiri. Invita che i pagani si salvano; l’imperatore Traiano e il tro-
gli spiriti a pregare per coloro che, sulla Terra, sono iano Rifeo
sviati dal cattivo esempio dei papi. E lancia una du-
rissima invettiva contro papa Giovanni XXII, che L’aquila, il simbolo dell’Impero e dei suoi gover-
scrive decreti soltanto per cancellarli a pagamento. nanti, tace con il becco, le luci diventano più lumi-
Egli non pensa a Pietro e a Paolo, che morirono mar- nose e cominciano altri canti. Poi essa riprende a
tiri per la Chiesa, perché di gran lunga preferisce parlare. Invita Dante a fissare la sua pupilla, dove
l’immagine di Giovanni Battista, impressa sul fiori- sono le anime più nobili: re David, che trasportò
no. l’Arca Santa di città in città, poi l’imperatore Traia-
no, che consolò la vedovella facendole giustizia per
Canto XIX: cielo sesto, Giove; spiriti giusti; l’a- il figlio ucciso, Ezechia, re di Gerusalemme, che a-
quila parla a Dante; il poeta ha un antico dubbio; spettò la morte con un atto sincero di penitenza,
l’aquila risponde; le due vie della salvezza, la fede e l’imperatore Costantino, che, spinto da una buona
le buone opere; la condanna dei governanti cristiani intenzione (che però diede un cattivo frutto), portò
le leggi e l’aquila imperiale in Oriente, per cedere
L’aquila dice a Dante che gli spiriti, che la compon- Roma al papa, re Guglielmo il Buono, che è rim-
gono, in vita furono giusti e pii, e lasciarono sulla pianto dal regno di Napoli e di Sicilia, il troiano Ri-
Terra un buon ricordo di sé, riconosciuto anche dai feo, che nessuno prevedrebbe salvo. Dante, visibil-
malvagi, perciò ora sono qui nel cielo di Giove. Il mente sorpreso, chiede in che modo due pagani pos-
poeta chiede subito che gli risolva un antico dubbio, sano essersi salvati. Alla sua domanda le anime dei
che gli spiriti conoscono, vedendolo in Dio. L’aquila beati sfavillano di gioia e rispondono: essi non mori-
risponde richiamandosi alle Sacre Scritture: Dio rono come pagani, ma come cristiani: Rifeo creden-
creò le creature, ma restò infinitamente superiore ad do fermamente in Cristo venturo e Traiano credendo
esse. Lucifero lo dimostra: era l’essere più perfetto, fermamente in Cristo già venuto. Papa Gregorio
ma per la sua superbia, che lo staccò da Dio, rima- Magno pregò per Traiano, l’imperatore ritornò in
se imperfetto e fu precipitato nell’inferno. La vista vita per breve tempo, credette in Cristo, poi morì e
umana è finita, non può vedere tutto. Essa penetra si salvò. Da vivo Rifeo per la grazia divina pose tut-
nella giustizia eterna di Dio come l’occhio nel mare. to il suo amore nella giustizia. Perciò Dio gli aprì
Dalla riva vede facilmente il fondo, ma in mare a- gli occhi alla nostra redenzione futura. Egli credette
perto non lo vede. Eppure il fondo del mare c’è, ma in essa e da quel momento abbandonò la religione
lo nasconde alla vista il fatto che è profondo. Dopo pagana. La fede, la speranza e la carità gli diedero il
questa premessa l’aquila riferisce e quindi affronta il battesimo più di mille anni prima che esso fosse isti-
dubbio di Dante. Il poeta diceva: “Un uomo nasce tuito. La volontà di Dio è ben lontana dagli sguardi
sulle rive dell’Indo e qui nessuno parla di Cristo, né dei mortali, che non vedono interamente neanche la
chi legge né chi scrive. Tutti i suoi desideri e i suoi Causa Prima. Quindi il becco dell’aquila invita gli
gesti sono buoni, per quanto la ragione umana possa uomini a non aver fretta a giudicare. Essi, che pur
giudicare, ed egli è senza peccato nelle parole come vedono in Dio, non conoscono ancora tutti gli eletti.
nelle azioni. Costui muore senza essere stato battez- Mentre l’aquila parla, Dante vede le luci di Traiano
zato e senza aver la fede. Che giustizia è quella che e Rifeo che brillano all’unisono come il battere de-
lo condanna al limbo? Qual è la sua colpa, se non gli occhi.
crede?” L’aquila lo rimprovera: non si può giudicare
a mille miglia di distanza, se la vista non arriva a Canto XXI: cielo settimo, Saturno, spiriti contem-
una spanna! E ricorda che Dio, che è Sommo Bene, planti; la salita al cielo di Saturno; la scala degli
non si è mai allontanato dal Bene, da Se stesso. E spiriti contemplanti; un beato si ferma a parlare con
tutto ciò, che fa conforme alla sua volontà, è giusto: Dante; l’imperscrutabilità dei disegni di Dio; Pier
nessun bene creato la attira a sé, ma è essa, la sua Damiani parla della sua vita e del suo ordine; con-
volontà, che determina il Bene, illuminandolo con la danna i monaci che si sono allontanati dalla regola;
sua grazia! Ruotando in volo, l’aquila cantava e di- e lancia un’invettiva contro gli ecclesiastici
ceva che, come Dante non comprende le parole che
gli rivolge, così il giudizio eterno di Dio è incom- Beatrice dice che non sorride, altrimenti gli occhi di
prensibile per i mortali. Quindi afferma che in cielo Dante sarebbero come colpiti da un fulmine: sono
non salì mai chi non credette in Cristo, prima o dopo saliti al settimo cielo, quello di Saturno. Il poeta fis-
che fosse crocifisso; e che molti, che gridano “Cri- sa gli occhi e vede una scala scintillante, che saliva
sto, Cristo!”, nel giorno del giudizio saranno molto verso l’alto, tanto che non riusciva a vederne la fine.
meno vicini a Lui di chi non lo ha conosciuto. Infine Per i gradini scendevano innumerevoli anime sfavil-
se la prende con i re cristiani che conoscono la fede lanti. Uno spirito si ferma vicino ad essi, facendosi
nel vero Dio, ma la ignorano e lancia un’invettiva più luminoso. Beatrice invita il poeta a parlare.
durissima contro di essi. Dante chiede all’anima perché si è avvicinata e per-
ché in questo cielo tace la musica del paradiso, che
Canto XX: cielo sesto, Giove; spiriti giusti; l’aquila negli altri cieli suona così devota. Lo spirito rispon-
tace e gli spiriti cantano; gli spiriti della pupilla; an- de che essi non cantano per la stessa causa per cui
Beatrice non ha sorriso. Ed egli è sceso giù per i
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 104
gradini della scala per festeggiarlo, con parole e con be vide in sogno, percorsa da una moltitudine di an-
la luce che lo avvolge. Dante capisce che il libero geli che la salivano e la scendevano. Poi il monaco
amore di carità spinge le anime di questo cielo ad si lamenta della corruzione che ha invaso i suoi mo-
eseguire i disegni di Dio. Ma fa fatica a capire, per- nasteri, che sono ormai divenuti spelonche di ladro-
ché soltanto essa è stata destinata a incontrarlo. La ni, poiché i monaci si preoccupano unicamente delle
luce si mette a ruotare intorno a sé, quindi risponde rendite del monastero, che invece appartengono ai
che egli è illuminato dalla luce di Dio, tanto da ve- poveri. Ma contro di essa interverrà direttamente
dere Dio. Ma che nemmeno quel serafino, che più Dio. E ritorna alla sua compagnia. Poi Dante e Bea-
fissa l’occhio in Lui, potrebbe rispondere alla sua trice iniziano a salire la scala. In un attimo si trova-
domanda, poiché quel che il poeta chiede si spro- no nella costellazione dei Gemelli, proprio quella
fonda a tal punto nell’abisso del giudizio divino, che sotto la quale egli è nato. Beatrice lo invita a guar-
nessuna creatura può pensare di raggiungerlo. Se es- dare in basso, per vedere la terra, quella piccola aia
si, che sono illuminati dalla luce divina, non riesco- che ci fa tanto feroci. Il poeta guarda la Terra, che
no a capire i disegni di Dio, a maggior ragione è in- ha un aspetto meschino, e i sette pianeti che girano
capace di farlo chi sulla Terra è immerso nell’o- intorno ad essa. Poi rivolge gli occhi alla donna.
scurità. Perciò Dante abbandona la questione e si
limita a domandare umilmente chi fu. Lo spirito ri- Canto XXIII: cielo ottavo, Stelle Fisse; spiriti
sponde che sugli Appennini sorge una cima chiamata trionfanti; i beati redenti dal trionfo di Cristo; Dan-
Catria, sotto la quale è consacrato un eremo che di te guarda, ma non sa ricordare; Cristo e Maria sal-
solito è dedicato al culto di Dio. Qui si dedicò al gono al cielo; i beati cantano O Regina del cielo
servizio di Dio, contento di quella vita contemplati-
va. Allora quel chiostro mandava molte anime a quei Beatrice indica a Dante i beati redenti dalla morte e
cieli, ora non lo fa più. In quel luogo fu Pier Damia- resurrezione di Cristo. Il poeta vede migliaia di luci,
ni, invece fu Pietro Peccatore nel monastero di No- dominate dalla luce di Cristo, che le supera tutte
stra Signora a Ravenna, sul mare Adriatico. Gli era con la sua intensità. Poi la donna invita il poeta a
rimasto poco da vivere, quando fu chiamato a indos- guardarla, perché ora i suoi occhi sono capaci di far-
sare il cappello cardinalizio. A questo punto lancia lo. Ma il volto di Beatrice è indescrivibile. Quindi
una durissima invettiva contro gli ecclesiastici: Pie- la donna lo invita a guardare Cristo, la Vergine e i
tro e Paolo andarono a predicare magri e scalzi, beati. Il poeta ascolta l’invito. Cristo gli appare tutto
mangiando il cibo offerto da chi li ospitava. Ora i sfolgorante. Sotto di Lui sono le schiere dei beati.
moderni pastori vogliono servi che li sorreggano, Poi Cristo sale all’empìreo. Dante può così fissare
tanto sono pesanti, e che alzino loro lo strascico di gli occhi sulla Vergine, la cui luce splendeva più di
dietro. Con i loro mantelli coprono i cavalli, così quella di tutti i beati. Su di essa l’arcangelo Gabrie-
che due bestie vanno sotto una pelle. A queste paro- le discende dal cielo sotto forma di corona luminosa
le numerose anime che scendevano i gradini della e le circonda il capo, quindi elogia Colei che ha
scala vengono intorno alla luce di Pier Damiani e si concepito lo stesso Dio. Sùbito dopo i beati cantano
fermano, poi lanciano un grido così alto, come un il nome di Maria. Essa poi sale al cielo seguendo
rumore di tuono, che il poeta non riesce a compren- suo Figlio. I beati allora cantano O Regina del cielo.
dere. Qui in cielo essi stanno ottenendo il premio che si
acquista sulla Terra versando lacrime e disprezzan-
Canto XXII: cielo settimo, Saturno, spiriti contem- do i beni mondani. Qui, sotto Cristo e con i beati
planti; il canto dei beati; Benedetto e il suo ordine; dell’Antico e Nuovo testamento, Pietro, che tiene le
poi cielo ottavo, Stelle Fisse, spiriti trionfanti; chiavi del paradiso, trionfa per la vittoria sul pecca-
Dante e Beatrice salgono alla costellazione dei Ge- to.
melli; il poeta osserva la Terra e i pianeti
Canto XXIV: cielo ottavo, Stelle Fisse; spiriti
Il poeta è colpito dal canto dei beati. Beatrice gli trionfanti; Beatrice invita gli spiriti a rispondere a
dice che, se lo avesse compreso interamente, avreb- Dante; Pietro esamina Dante sulla fede; la profes-
be conosciuto la giusta punizione divina contro gli sione di fede del poeta; Pietro è soddisfatto delle
ecclesiastici corrotti, a cui assisterà prima di morire. risposte
L’anima più luminosa di quegli spiriti si avvicina al
poeta e risponde alla sua muta domanda: è Benedet- Beatrice intercede per Dante presso i beati e presso
to da Norcia, è vissuto come eremita, ha fondato Pietro, affinché lo esamini nella fede. Lo spirito si
numerosi monasteri, ai quali ha dato la regola Ora et avvicina al poeta danzandogli intorno, poi gli chiede
labora, ed ha cacciato i culti pagani da Montecassi- che cos’è la fede per un cristiano. Dante risponde
no, dove ha posto il centro del suo ordine. Con lui che è sostanza delle cose che speriamo ed argomen-
sono Macario e Romoaldo e gli altri confratelli, che to delle cose che non appaiono ai nostri sensi. Il san-
restarono fedeli alla regola. Il poeta chiede al santo to chiede poi chiarimenti: perché essa è sostanza e
di vedere il suo vero aspetto. Questi risponde che il argomento. Il poeta risponde: è sostanza (=fonda-
suo desiderio sarà realizzato soltanto nell’ultimo mento) perché su di essa si fondano le cose che spe-
cielo, a cui lo porta quella scala che ha davanti agli riamo (la resurrezione della carne e la vita eterna); e
occhi. Essa è la stessa scala che il patriarca Giacob- argomento (=prova) perché da essa argomentiamo le
Divina commedia. Paradiso, a cura di Pietro Genesini 105
cose che non appaiono ai nostri sensi. Poi fa ancora Canto XXVI: cielo ottavo, Stelle Fisse; spiriti
altre domande: se il poeta ha la fede (risposta positi- trionfanti; Giovanni esamina Dante sulla carità; e
va), dove l’ha attinta (dalle Sacre scritture, ispirate sulle radici della carità; Beatrice gli restituisce la
dallo Spirito Santo) e quali prove dimostrano che la vista; Dante pone quattro domande ad Adamo; A-
sua fede è vera (i miracoli fatti dagli apostoli di cui damo risponde
si parla nei Vangeli e, se non si presta fede ad essi,
il miracolo più grande che il mondo pagano si sia La fiamma di Giovanni rassicura Dante: non ha per-
convertito senza miracoli). Ad ogni domanda il poe- so la vista, la riacquisterà guardando Beatrice. Poi
ta risponde correttamente. Così alla fine dell’esame lo invita a dirgli verso dove si dirige la sua anima. Il
il santo si congratula con lui. poeta risponde che la sua anima va verso il Bene
Supremo, Dio, che allieta la corte dei beati, poiché
Canto XXV: cielo ottavo, Stelle Fisse; spiriti trion- Egli è il principio e la fine di tutto ciò che l’Amore
fanti; Dante spera che il poema gli permetta di ritor- di carità gli insegna in modo ora più lieve ora più
nare a Firenze; Giacomo è accolto con gioia da Pie- forte. L’apostolo allora lo invita a chiarire la rispo-
tro; Beatrice prega Giacomo di esaminare il poeta sta e a dire chi indirizzò il suo buon volere verso la
sulla speranza; risponde lei alla prima domanda; carità. Dante risponde che l’amore di carità si è im-
l’arrivo di Giovanni l’evangelista presso in lui attraverso argomenti razionali come at-
traverso l’autorità delle Sacre Scritture, che sono
Dante spera che il poema sacro, al quale han posto state ispirate da Dio. E Dio, non appena è compreso,
mano cielo e Terra e che lo ha affaticato per molti subito accende amore verso di Sé. Perciò verso Dio,
anni, vinca la crudeltà che lo chiude fuori di Firen- più che verso altri beni, deve muoversi la mente di
ze, così egli cingerà l’alloro poetico sul fonte batte- chi comprende quest’argomentazione. Aristotele poi
simale. Un altro spirito si avvicina. Beatrice lo pre- gli ha mostrato che Dio è il primo amore di tutte le
senta: è Giacomo, per cui sulla Terra si va in pelle- sostanze eterne. Glielo ha spiegato anche l’autore
grinaggio a Santiago de Compostela. Giacomo e dell’Esodo, Dio, che, parlando di sé, dice a Mosè:
Pietro hanno reciproche manifestazioni di giubilo. “Io ti farò vedere ogni bene”. E glielo spiega lo stes-
La donna lo prega d’interrogare Dante sulla speran- so apostolo, che nel Vangelo parla del mistero
za. La luce di Giacomo esulta, poi chiede che cos’è dell’Incarnazione. Giovanni concorda, poi pone
la speranza, in quale grado la possiede e da dove gli un’altra domanda: se ci sono altri motivi che lo fan-
è venuta. Beatrice risponde alla prima domanda: la no volgere verso Dio-carità. Dante risponde indi-
Chiesa militante non ha nessun altro figlio con più candone alcuni: l’esistenza del mondo e la propria
speranza di Dante, perciò gli è concesso di venire esistenza, la morte di Cristo per la sua salvezza, la
dall’esilio terreno alla patria celeste prima della virtù della speranza, la conoscenza delle Sacre
morte. Dante risponde alle altre due domande: a) la Scritture che lo hanno portato all’amore verso i beni
speranza è l’attesa certa della gloria futura in para- celesti. Non appena tace, Beatrice e gli altri beati
diso, che è prodotta dalla grazia divina e dai meriti cantano con grande dolcezza «Santo, santo, santo!»
acquisiti; b) questa risposta gli è venuta da David, Poi con lo sguardo la donna guarisce la vista del po-
che nei Salmi cantò la grandezza di Dio, e eta, che diventa più potente. Dante domanda subito
dall’Epistola dello stesso Giacomo, che lo ha riem- chi è il quarto lume che si è aggiunto. La donna ri-
pito di quella virtù. Allora l’apostolo gli chiede che sponde che è Adamo, il padre di tutte le genti. Il po-
cosa la speranza gli promette. Dante risponde che eta sente l’impulso di porgli quattro domande: quan-
l’Antico e il Nuovo Testamento indicano il fine ul- to tempo è passato da quando Dio lo creò; quanto
timo, la beatitudine eterna, delle anime che Dio si è tempo rimase nel paradiso terrestre; che cosa sdegnò
fatto amiche. Lo testimoniano sia il profeta Isaia sia Dio; quale lingua egli inventò e poi parlò. Adamo
Giovanni l’evangelista, suo fratello, che lo rivelò risponde: a) la causa dell’esilio sulla Terra non fu la
nell’Apocalisse. Una voce canta “Sperino in Te” e mela che mangiarono, ma l’infrazione dei limiti che
tutte le corone di beati rispondono danzando. Poi Dio pose loro; b) visse 930 anni, rimase nel limbo
una luce si avvicina a quelle di Pietro e Giacomo, e per 4.302 anni [e dall’ascesa al cielo al 1300 sono
canta e danza con loro. Beatrice la presenta: è Gio- passati altri 1.266 anni, per un totale di 6.498 anni];
vanni l’evangelista, che nell’ultima cena posò il ca- c) la lingua che egli parlò era già scomparsa prima
po sul petto di Cristo e che dalla croce fu scelto per della costruzione della Torre di Babele, perché essa
essere il nuovo figlio di Maria. Dante è abbagliato cambia, sotto l’influsso del cielo, a seconda delle
dalla luce del nuovo arrivato. Giovanni dice che non preferenze degli uomini; d) rimase nel paradiso ter-
si deve abbagliare: il suo corpo è rimasto sulla Terra restre dalle sei del mattino fino alle tredici, sette
e resterà lì con tutti gli altri, finché il numero dei ore.
beati uguaglierà quello fissato dai decreti di Dio:
sono saliti in cielo con l’anima e il corpo soltanto Canto XXVII: dal cielo delle Stelle Fisse al Primo Mo-
Cristo e Maria. Alle parole dell’apostolo le tre luci bile; l’inno alla Santissima Trinità; l’invettiva di
fermano la danza e il canto. Il poeta si volta per ve- Pietro contro la corruzione della Chiesa; l’ascesa
dere Beatrice, ma è accecato e non la vede, anche se dei beati; la salita al Primo Mobile; Beatrice parla
è vicino a lei. del cielo nono e condanna la cupidigia degli uomini