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Contributi tematici
Questo volume è stato realizzato per la parte di divulgazione scientifica e per la redazione dalla Società Botanica Italiana onlus
su incarico del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Redazione tecnico-scientifica: Ilaria Anzellotti, Sandro Bonacquisti, Riccardo Copiz, Eva Del Vico, Piera Di
Marzio, Eugenio Dupré, Laura Facioni, Luisa Farina, Roberta Gasparri, Edda Lattanzi, Antonio Maturani,
Sabrina Pasquali, Simone Pesaresi, Agnese Tilia
Redazione editoriale: Ilaria Anzellotti, Sandro Bonacquisti, Claudia Cogoni, Piera Di Marzio, Laura Facioni,
Barbara Mollo, Agnese Tilia
Editing disegni e cartografie: Diana Galdenzi, Barbara Mollo
Progetto grafico e impaginazione: Tommaso Baldoni
Le foto inserite nel volume sono degli autori e dei fotografi indicati nelle singole didascalie.
Copyright © 2017 Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
Proprietà letteraria riservata. Riproduzione in qualsiasi forma, memorizzazione o trascrizione con qualunque mezzo (elettronico,
meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, cinema, radio, televisione) sono vietate senza autorizzazione scritta del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
ISBN 978-88-85915-20-6
Stampato da Centro Stampa Università (www.editricesapienza.it)
Dalla lettura del Volume si rimane colpiti in prima istanza dalla ricchezza del
patrimonio floristico del nostro Paese, valutato in oltre 7.600 entità, e dalla
diversità della flora e della vegetazione presente nelle diverse aree biogeografiche:
nel procedere da nord verso sud lungo la penisola colpisce la progressiva
variazione dagli elementi tipici del centro Europa agli aspetti più caratteristici
della regione mediterranea, così come colpisce la variabilità tra le coste tirreniche
e quelle adriatiche e tra la Calabria, la Sicilia e la Sardegna.
La flora in Italia riuscirà a soddisfare molteplici esigenze per diversi lettori. Agli
Autori e ai loro numerosi collaboratori va un sentito ringraziamento, perché
hanno saputo descrivere la straordinaria eterogeneità del paesaggio vegetale
italiano coniugando una rigorosa impostazione scientifica con un linguaggio
accessibile anche ai non esperti del settore.
La parte dedicata al rapporto tra flora, agricoltura e sistemi urbani tocca alcuni
degli aspetti più cruciali delle sfide che i nostri tempi ci pongono riguardo alla
pianificazione ambientale. La parte dedicata alle strategie di tutela e conservazione
della biodiversità e dei servizi ecosistemici fornisce una sintesi degli strumenti
internazionali, comunitari e nazionali che rappresentano il quadro normativo
entro il quale deve agire chiunque si occupi di conservazione della biodiversità.
Altro elemento chiaro che emerge dal volume è il ruolo centrale, in termini di
tutela e di gestione della flora, delle aree protette, siano esse di livello nazionale,
regionale o comunitario. La crescita del sistema dei parchi in Italia ha favorito
senza dubbio la conservazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici. Nello
stesso tempo le aree protette hanno sostenuto la promozione culturale, economica
e sociale di territori spesso considerati marginali, ma nel contempo essenziali per
tutelare la diversità biologica e paesaggistica e per garantire un nuovo modello di
sviluppo e di turismo sostenibile.
Senza dubbio La Flora in Italia, che sarà disponibile a titolo gratuito sul sito del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del mare, costituisce un
punto di arrivo importante per tutti noi che lavoriamo per tutelare la biodiversità.
Sarà però anche un nuovo punto di partenza per recuperare quelle conoscenze
di base necessarie per lo sviluppo di una green economy e, in particolare, di
green infrastructures intese come interventi di area vasta finalizzati al recupero
di servizi ecosistemici non più efficienti, e alla valorizzazione e conservazione
delle risorse naturali, che insieme al patrimonio culturale rappresentano la vera
ricchezza del nostro territorio.
Antonio Maturani
APPENDICI
bIblIograFIa 648
elenco nomI latInI e comunI 678
14
Rosa sempervirens
(A. Tilia).
1
15
PARTE PRIMA
LE CONOSCENZE
DI BASE
17 Le conoscenze di base
Flora e vegetazIone
La flora è l’insieme delle specie vegetali che vivono in una specifica area identificata
da limiti geografici o amministrativi, come una catena montuosa, un’area protetta,
un comune, una regione o un territorio più vasto. Essendo clima e substrato i
principali fattori che regolano la vita delle piante, la flora è composta da specie
le cui caratteristiche morfologiche e funzionali sono coerenti con l’ambiente in
cui vivono. Il mondo vegetale è costituito da gruppi afferenti a molteplici linee
evolutive e comprende sia organismi semplici, sia organismi con organizzazione
strutturale più complessa. La flora può dunque riferirsi anche soltanto ad una
parte di questa grande diversità, può essere per così dire tematica, ad es.: flora
briologica (muschi ed epatiche), algale, lichenologica, etc. In questo Volume si
farà riferimento alla flora vascolare, cioè a quel gruppo di piante (Spermatofite e
Pteridofite) che possiedono tessuti conduttori e possono o no produrre semi.
La vegetazione o copertura vegetale è il risultato della distribuzione e della
combinazione delle piante nei diversi luoghi, in funzione del variare dei fattori
ecologici, del patrimonio floristico e dell’attività umana. La vegetazione è quindi
costituita dall’insieme delle comunità di piante vascolari che popolano un habitat,
nel quale le singole specie trovano il necessario spazio vitale. L’aspetto qualitativo
del manto vegetale si può descrivere attraverso la flora.
È quindi evidente come i concetti di flora e di vegetazione abbiano un significato
prettamente didattico-funzionale in quanto espressioni analitiche ed ecologiche
di uno stesso soggetto: il paesaggio vegetale. A titolo esemplificativo, la figura
nella pagina successiva mostra un paesaggio in cui, in primo piano, la varietà di
colori dà una percezione immediata della diversità delle specie che costituiscono
una prateria a dominanza di Bromus erectus. Si possono notare le fioriture viola
di Polygala major e quelle gialle di Genista sagittalis, mentre sullo sfondo si può
apprezzare l’insieme di comunità vegetali che caratterizzano il paesaggio montano
dell’Appennino centrale.
19 Le conoscenze di base
In Sicilia, a circa 3 milioni di anni, era Po era simile all’attuale foresta di latifoglie
evidente una flora ben diversificata per ogni sempreverde dell’Asia orientale con un clima
piano altitudinale: in pianura c’era una temperato umido; un peggioramento climatico
vegetazione rada, a media altitudine foreste è testimoniato dal passaggio dalla foresta
subtropicali e foreste temperate di quercia, subtropicale a quella di alberi caducifogli.
nelle aree montuose d’altitudine c’erano Durante il Miocene e Pliocene (Neogene), la
boschi di conifere. Le condizioni climatiche flora pollinica mediterranea era composta da
dovevano essere più piovose e calde di quelle circa 300 taxa di cui il 30% scomparve durante
attuali. gli ultimi 25 milioni di anni. In particolare
Salendo verso nord, a Crotone tra 3,3 e si estinsero progressivamente gli elementi
1,6 milioni di anni, la copertura vegetale, terziari pre-pliocenici (Symplocos, Clethraceae,
in funzione dell’altitudine, si presentava Cyrilaceae, Sapindaceae, Magnolia), quelli
con l’alternanza tra ambienti forestali terziari (Nyssa, Cassia, Anacardiaceae, Hama-
e formazioni aperte in particolare tra melidaceae) e infine quelli terziari a prevalenza
Taxodiaceae ed erbacee. di Taxodiaceae.
Nell’Italia centrale il Pliocene medio risulta Si arriva quindi al passaggio Pliocene/
caratterizzato da un clima caldo umido Pleistocene in cui il gradiente di xericità
con foreste di latifoglie. Un progressivo del Mediterraneo, già presente durante il
raffreddamento, a circa 2,7 milioni di anni, Pliocene, controllava la distribuzione della
è dimostrato dall’aumento di Picea, Abies e vegetazione: più foreste nel nord umido e
Fagus. Durante il tardo Pliocene, l’alternanza piovoso, accresciuto dalla presenza delle
tra la vegetazione forestale e quella aperta montagne, e vegetazione aperta e arida al
parrebbe evidenziare gli effetti dell’alternanza Sud.
glaciale/interglaciale: in particolare in una Cronologicamente il Pleistocene è compreso
prima fase glaciale erano presenti mosaici tra 1,8 milioni e 10.000 anni e insieme
di vegetazione con foreste di Pinus ed aree all’Olocene fa parte dell’era quaternaria.
con vegetazione erbacea a dominanza di La vegetazione e la flora italiana subirono
Poaceae, Asteraceae, Caryophyllaceae l’influenza di due massime estensioni glaciali
e Chenopodiaceae. Successivamente si che si verificarono a 850.000 e 20.000 anni
osserva una nuova fase dominata da foreste e che portarono alla scomparsa di numerosi
di latifoglie decidue di clima caldo e umido taxa termofili.
(interglaciale) come Quercus, Carpinus, Nell’Italia meridionale si evidenzia
Carya, Ulmus e Zelkova e una riduzione dei un’alternanza tra vegetazione steppica
taxa erbacei. Queste oscillazioni potrebbero ad Artemisia ed Ephedra con foreste di
quindi corrispondere rispettivamente a una caducifoglie di clima temperato-caldo.
fase glaciale ed a una interglaciale. In questo periodo cambiò la flora e ciò fa
Nell’Italia centrale, la vegetazione prettamente ipotizzare un calo generale delle temperature
arborea dell’interglaciale era dominata durante le fasi steppiche e forestali. In
da sequoie i cui resti, ancora radicati nei particolare durante la fase steppica si diffuse
paleosuoli, sono ancor oggi visibili e visitabili Hippophaë rhamnoides, mentre tra le specie
nella foresta fossile di Dunarobba nei pressi termofile scomparvero Cistus, Carya, Parrotia
Tavola cronologica dal di Acquasparta in Umbria. persica, Pterocarya e Liquidambar.
Neogene a tutt’oggi. La vegetazione al margine del bacino del La sequenza pollinica di Valle di Castiglione,
Era Periodo Epoca Età Principali eventi Principali eventi Durata (milioni di anni)
paleogeografici evolutivi 1,8 5 24
nei pressi di Roma, che ricopre gli ultimi Chenopodiaceae. Tra gli arbusti dominava
270.000 anni, è caratterizzata da circa 18 incontrastato Juniperus e le zone più elevate
oscillazioni che corrispondono a periodi caldi ospitavano alberi quali Pinus, Abies e Picea.
e periodi freddi con l’alternanza di fasi erbacee Nell’Italia centrale l’ultimo periodo glaciale
con Artemisia, Chenopodiaceae e Poaceae, è ben evidente nei diagrammi pollinici
e fasi con polline arboreo interpretate come provenienti dallo studio dei laghi vulcanici
periodi con foreste che crescevano intorno del Lazio i cui sedimenti hanno registrato
al sito. Scompaiono anche le ultime specie una vegetazione arborea caratterizzata da
diffuse nei periodi precedenti quali Pterocarya specie mesofile e termofile quali Fagus, Abies,
e Zelkova, scomparse rispettivamente a Ulmus, Carpinus, Picea, Quercus, Corylus
190.000 e 40.000 anni. e Tilia, mentre la vegetazione erbacea era
L’ultimo interglaciale nell’Italia centrale costituita da steppe a Poaceae, Artemisia,
è caratterizzato dalla diffusione della Chenopodiaceae e Asteroideae.
vegetazione mediterranea con Quercus ilex L’Appennino Tosco-Emiliano è stato
e Olea, da foreste decidue caratterizzate da caratterizzato da una vegetazione erbacea
Quercus, Carpinus betulus, Ulmus, Corylus steppica con Pinus ed è stata anche la zona
e Zelkova. Da un punto di vista climatico di rifugio per l’abete rosso, l’abete bianco ed
questo interglaciale presentava temperature il larice la cui espansione avvenne durante
leggermente più elevate di quelle attuali. l’Olocene.
L’ultima fase glaciale, da 25.000 a circa 11.000 Anche la vegetazione dell’Italia settentrionale
anni è ben conosciuta grazie allo studio e alla era caratterizzata da steppe erbacee, ma la
natura dei sedimenti che hanno registrato zona dei Colli Euganei, secondo recenti studi,
le modificazioni della copertura vegetale ed è stata l’area di rifugio di taxa termofili quali
è evidente in numerose sequenze dell’Italia Quercus, Fraxinus, Ulmus, Fagus e Carpinus.
meridionale, centrale e settentrionale. La Un’altra stazione di rifugio, in cui trovò riparo
vegetazione durante questo periodo freddo, il larice, è stata l’anfiteatro di Ivrea nel settore
era assai omogenea in Europa e non erano in occidentale delle Alpi.
atto particolari dinamiche vegetali: il territorio Per la Sardegna purtroppo non esistono
libero dai ghiacci era occupato da una steppa dati recenti che riguardano la storia della
erbacea o arbustiva con Poaceae, Artemisia, vegetazione e del clima ma si possono
Juniperus, Ephedra, Chenopodiaceae, Pinus utilizzare quelli della Corsica che invece è
e Betula. stata studiata approfonditamente. Le due
Nell’Italia meridionale dominava una isole hanno una storia geologica comune,
vegetazione steppica a Poaceae, Artemisia e quindi si può immaginare che anche la storia
Zelkova sicula,
taxon recentemente
ritrovato in Sicilia,
ultimo relitto vivente
della vegetazione
neogenica
(G. Spampinato).
23 Le conoscenze di base
della vegetazione sia stata analoga benché con condizioni di minore umidità. A circa
la Sardegna abbia una estensione maggiore 7200 BP cominciò l’espansione di Olea di cui
e alcune specie vegetali siano esclusive della però non è stato possibile stabilire, finora,
Corsica o della Sardegna come Pinus nigra se sia stata di origine naturale o antropica.
subsp. laricio, presente solo in Corsica e A circa 4400 BP iniziò una riduzione degli
Chamaerops humilis (palma nana) solo in alberi e il paesaggio divenne più aperto fino
Sardegna. La storia della vegetazione corsa, a 2800 BP quando subì alcuni cambiamenti
studiata dettagliatamente da Reille (1999), con la riduzione delle querce caducifoglie e
evidenzia anche qui una copertura erbacea l’aumento di quelle sempreverdi. Intorno
di tipo steppico a dominanza di artemisia e a 3000 BP iniziò la coltivazione intensiva
probabilmente alcuni ginepri. dell’olivo mentre per noce, vite e castagno non
La vegetazione dell’ultimo glaciale presenta è possibile definire una data per l’inizio della
dei caratteri comuni lungo tutta la penisola: coltivazione in quanto il polline è presente fin
le aree non occupate dalle imponenti masse quasi dalla base del diagramma. A circa 2400
glaciali hanno rappresentato delle vere e BP iniziò la riduzione dell’olivo a cui corrispose
proprie stazioni di rifugio per numerosi un aumento delle querce caducifoglie e di
taxa che, visto l’isolamento geografico, Rumex, mentre per gli ultimi secoli si osserva
hanno subito una speciazione che portò alla la diffusione della coltivazione di olivo e noce.
formazione di numerosi taxa endemici e di In Calabria, a Canolo Nuovo in Aspromonte
areali disgiunti. ed in Basilicata, al Lago Grande di
Con il definitivo riscaldamento si entra Monticchio, la vegetazione era simile a quella
nell’Olocene in cui si riconoscono diverse fasi dell’Italia centrale (Lago di Vico, Lagaccione,
definite sulla base delle modificazioni della Colfiorito) dominata da querce caducifoglie
vegetazione. Questo periodo si caratterizza con Corylus, Tilia e Ulmus. Diversa è invece
non solo per le variazioni climatiche che si la vegetazione al Lago Trifoglietti nel settore
sono succedute, ma anche per le modifiche centro-settentrionale della Calabria tirrenica
alla copertura vegetale apportate dalle attività in cui il faggio è la specie dominante presente
umane (agricoltura, pastorizia, selvicoltura, probabilmente anche durante il tardoglaciale
artigianato). e durante tutto l’Olocene. I segni delle
Sono pochi i siti dell’Italia meridionale da cui attività antropiche sono registrati a Canolo
si possono trarre informazioni sull’evoluzione Nuovo a circa 2000 BP con la coltivazione
della vegetazione olocenica. Iniziando dalla dell’olivo, del noce, del castagno e della
Sicilia, il principale è il lago di Pergusa in segale. A Monticchio i segnali delle attività
provincia di Enna che ha registrato gli eventi antropiche non sono molto evidenti prima di
vegetali e le variazioni del suo livello a partire 1500 BP. Nell’Italia centrale invece sono già
da circa 10600 BP (Before Present) quando evidenti a partire da 5500 BP come al Lago
iniziò la fase di riforestazione postglaciale di Martignano, da 4000 BP al Lago di Albano,
con querce sempreverdi e caducifoglie che da 3700 BP al Lago di Mezzano e da 2600 BP
raggiunsero la loro massima espansione al Lago di Vico.
intorno a 8100 BP e restarono pressoché In Sardegna anche per l’Olocene non
costanti fino a 7200 BP. In questo periodo esistono dati ed è quindi necessario riferirsi
iniziò l’espansione di Olea, Ulmus e Pistacia a quelli noti per la Corsica in cui il paesaggio
subito dopo la riduzione di Fagus, Corylus e postglaciale fu caratterizzato dall’espansione
delle Ericaceae indicando quindi un periodo del pino laricio e dalla diminuzione delle specie
Tavola cronologica e
Periodo Caratteri climatici Età in BP Civilizzazione
caratteristiche climati-
che del Tardoglaciale Subatlantico fresco/umido 2500-presente Età del ferro
e dell’Olocene. Subboreale caldo/secco 5000-2500 Età del Bronzo
Atlantico caldo/umido 7000-5000 Neolitico
Boreale caldo/secco 9500-7000 Mesolitico
Preboreale fresco/secco 10.000-9500
Dryas recente freddo/secco 11.000-10.000
Allerod caldo/umido 12.000-11.000 Paleolitico
Bolling caldo/umido 12.700-12.000
Dryas antico freddo/secco 15.000-12.700
Le date vengono espresse in anni BP (Before Present) cioè in anni radiocarbonio prima dell’anno 1950 che è l’anno di riferimento adottato
da tutti i laboratori (ad esempio 8750 BP = 6800 a.C.).
24 Le conoscenze di base
Diagramma pollinico steppiche. La prima parte del postglaciale fu probabilmente crescevano ad altitudini più
del Lago di Lod in caratterizzata dalla presenza di vegetazione elevate avendo una distribuzione collinare-
Valle d’Aosta. mesofila dominata da Taxus e boschi di Erica montana. A bassa altitudine durante il
Sono evidenti arborea a bassa e media altitudine. Le attività Subboreale-Subatlantico erano presenti
diverse fasi antropiche umane, a circa 6500 BP, avrebbero causato Quercus ilex, Phillyrea e Olea. La riduzione
in relazione alla significativi cambiamenti della vegetazione della copertura arborea e la comparsa di
presenza di taxa legati in particolare l’incremento delle querce taxa quali Juglans, Vitis, Olea, Castanea,
all’agricoltura caducifoglie e l’espansione di Quercus ilex. Platanus e Morus testimoniano l’intensificarsi
(Juglans, Castanea, Nella Pianura Padana durante l’Olocene non delle attività antropiche. Nell’Appennino
cereali) in celeste, si verificarono particolari eventi: il Preboreale settentrionale, che durante l’ultimo massimo
all’allevamento fu caratterizzato da Pinus, il Boreale vide glaciale è stato una zona di rifugio, l’Olocene
(Rumex, Cichorioideae, l’affermazione dei boschi di latifoglie in inizia con l’espansione di Abies e Quercus
Asteroideae) in rosso particolare con Quercus, Tilia, Ulmus e caducifoglie che verranno sostituite solo a
ed alla produzione di Carpinus. Anche Abies era presente nella circa 4000 BP dal faggio che ancora oggi è la
tessuti (Cannabis) Pianura Padana dal Boreale al Subboreale, specie dominante. Negli ultimi due millenni
in giallo scuro nel Subatlantico invece assunse un ruolo in tutto l’Appennino settentrionale, Liguria
(E. Brugiapaglia). importante Fagus. Questi ultimi taxa ed Emilia Romagna, il disturbo antropico
ha determinato la riduzione del bosco a
Fagus, Abies e Quercus con effetti differenti a
seconda delle aree e dell’utilizzo del territorio.
Nella regione alpina durante il Postglaciale
diminuirono e scomparvero gli elementi
tardoglaciali pionieri e vennero sostituiti con
gli elementi provenienti dalle stazioni di rifugio
glaciale come ad esempio le querce, l’olmo, il
tiglio, il nocciolo. Nelle Alpi centrali a media
altitudine si insediarono boschi di conifere
a abete rosso e abete bianco mentre nelle
zone più elevate e prossime alle stazioni di
rifugio, si ebbe la precoce diffusione del larice
e del pino cembro. A partire dal Neolitico si
cominciarono a manifestare le prime attività
antropiche con impatto sulla vegetazione
naturale, in particolare il disboscamento per
lasciare il posto ai pascoli e la conseguente
comparsa delle specie infestanti. Un più
evidente impatto antropico si realizzò a
partire da circa 2.500 anni testimoniato
dalla diffusione del noce, del castagno e di
specie quali Plantago lanceolata, Polygonum
aviculare, Centurea, Cannabis, Urtica e
Ericaceae legate all’agricoltura, alla pastorizia
e all’artigianato. L’attuale complessità della
vegetazione è quindi il risultato delle vicende
climatiche, geologiche e antropiche che si
sono realizzate dal Miocene a tutt’oggi. Le
più recenti ricerche in campo paleoecologico
sono orientate alle ricostruzioni climatiche
quantitative non solo per il passato, ma come
base di informazioni e dati per creare modelli
previsionali in relazione alle modificazioni
climatiche in atto. Le ricerche paleobotaniche
e paleoecologiche hanno quindi la potenzialità
di essere uno strumento fondamentale non
solo per valutare l’impatto umano sugli
ecosistemi passati e fare previsioni per il
futuro, ma anche per ricerche floristiche e
geobotaniche.
25 Le conoscenze di base
Un aspetto della
Foresta fossile di
Dunarobba, come
appariva all’epoca
del suo rinvenimento
(E. Biondi).
Paleopaesaggio
umbro
(da Paganelli, 2000
ridisegnata).
27 Le conoscenze di base
dai fossili. Nei depositi terziari di Belgio, Taxodium, Stangeria, Celtis, Eucommia,
Germania, Danimarca, Polonia, Ungheria, Nyssa, Cedrus, Pterocarya e Carya. Inoltre,
Austria, Francia, Irlanda, Russia e Svezia le analisi polliniche hanno evidenziato la
sono stati rinvenuti campioni determinati presenza di specie ancora viventi alle nostre
come Taxodioxylon gypsaceum. In Italia latitudini (querce, carpini, olmo, ontano,
sono stati trovati altri due depositi, oltre abete e pino) e altre invece scomparse dalla
a quello di Dunarobba, in cui sono stati nostra flora (Taxodium, Sequoia, Nyssa,
rinvenuti resti fossili identificati come Pterocarya, Carya) attualmente presenti
Taxodioxylon gypsaceum: sul Monte solo in America settentrionale e Asia.
Castellaro presso Pesaro e a Santa L’approccio di carattere interdisciplinare
Barbara nel Valdarno. per studiare questo monumento
Le analisi polliniche realizzate nelle argille naturale di elevata eccezionalità, ha
che inglobavano i tronchi hanno permesso permesso di effettuare una ricostruzione
di ricostruire le paleocomunità vegetali in paleoambientale esaustiva e dettagliata
cui erano presenti Sequoia, Sciadopitys, del paleopaesaggio umbro dell’epoca.
Campanula
glomerata
(R. Frondoni).
28 Le conoscenze di base
Daphne sericea
(S. Bonacquisti).
Come esempio di chiavi analitiche, si riportano due frasi diagnostiche tratte dalla
Nuova Flora Analitica d’Italia di Adriano Fiori (1923-1929):
1 Calice rigonfio, a sepali interni subscariosi, cigliati sui nervi e glabri nel resto.
Pedicelli riflessi dopo l’antesi.
1 Calice non rigonfio, a sepali interni erbacei, pelosi su tutta la faccia esterna.
Pedicelli mai riflessi.
Le chiavi vengono riproposte, ad ogni passaggio con contenuto diverso, man
mano che si procede nella identificazione della pianta. In questo modo, a partire
dai grandi gruppi sistematici si riesce a determinare la famiglia, poi il genere e
infine la specie.
Ogni pianta ha uno o più nomi comuni, con valenza locale, ma un solo nome
scientifico scritto in latino e in corsivo che la identifica inequivocabilmente. Il
nome scientifico è attribuito secondo il sistema convenzionale della nomenclatura
binomia, universalmente accettato, perfezionato dal medico e botanico svedese
Carlo Linneo nel 1753. Tale nome è il risultato della combinazione di 2 parole
(binomio), la prima (scritta con la lettera iniziale maiuscola) è riferita al genere
cui appartiene la specie (nella gerarchia tassonomica, il genere è nella gran parte
dei casi comprensivo di più specie), mentre la seconda è l’epiteto specifico, che
caratterizza e differenzia quella determinata specie da tutte le altre dello stesso
genere. Il nome è completato dal patronimico, cioè dal nome di colui o coloro che
per primi hanno classificato la pianta, descrivendola e dandole un nome. Come
esempio, si può citare una lianosa sempreverde di ambiente mediterraneo cui
Linneo diede il nome Smilax aspera L.: Smilax perché con questo termine gli
autori latini identificavano alcuni tipi di piante lianose con spine, aspera (ruvida
al tatto) con riferimento alla presenza di spine su fusti e foglie, L. è l’abbreviazione
di Linneo che ne ha coniato il nome. Stracciabraghe, salsapariglia, edera
spinosa, rovo cervino sono solo alcuni tra i nomi con cui questa pianta viene
comunemente chiamata, tutti con significato riconducibile alla caratteristica
presenza di spine. Molteplici sono poi i suoi nomi dialettali, anche nell’ambito di
30
Flore d’ItalIa
Nel corso del tempo sono state realizzate Vincenzo Cesati, Giovanni Passerini e
diverse flore riguardanti le piante vascolari Giuseppe Gibelli (1867-1886), pubblicato
italiane. in fascicoli e completato da Gibelli e Oreste
Sin dal diciassettesimo secolo vedono la Mattirolo nel 1901; l’opera, riccamente
luce lavori sulla flora e tra i contributi a illustrata e con descrizioni dettagliate, può
scala locale si possono citare, senza la essere considerata il primo esempio di flora
pretesa di voler essere esaustivi, quelli analitica. Altro importante contributo è il
di Paolo Boccone per la Sicilia (1668), di Compendio della Flora italiana, in formato
Carlo Allioni per il Piemonte (1785) e, in che oggi potremmo definire tascabile
epoca post linneana, di Michele Tenore (un unico volume, con chiavi analitiche
per il Regno di Napoli (1811-1838, 1831- per generi e 4.932 specie brevemente
1842). Un primo esempio di flora a scala descritte), di Giovanni Arcangeli (1882
nazionale è Florae italicae prodromus di e, in seconda edizione, 1894). Sul finire
Antonio Turra (1780), semplice catalogo del diciannovesimo secolo e nel corso del
di circa 1.700 specie raccolte dall’autore ventesimo secolo vanno in stampa: Flora
e conservate nel suo erbario, che tuttavia Analitica d’Italia di Adriano Fiori e Giulio
non fu seguito da alcuna opera maggiore. Paoletti (1896-1898), Adriano Fiori e
L’elenco è comprensivo anche di alghe, Augusto Béguinot (1900-1904), Adriano
funghi, licheni, briofite, nonché di specie Fiori (1907-1908), in 4 volumi per un totale
allora sconosciute cui Turra diede il nome. di 3.780 specie riportate; Guida Botanica
Nei secoli successivi si assiste alla d’Italia di Eugenio Baroni (1907 e 1932,
redazione di numerose flore, sia analitiche con altre due riedizioni e molte ristampe),
che critiche. Nel diciannovesimo secolo in formato tascabile, che considera 3.446
vengono pubblicate: Flora Italica di Antonio specie nelle edizioni recenti; Nuova Flora
Bertoloni (1833-1854), in 10 volumi (4.254 Analitica d’Italia di Adriano Fiori (1923-
specie e 623 varietà) e interamente scritta 1929), in 2 volumi (un terzo volume
in latino; Flora Italiana di Filippo Parlatore iconografico con disegni realizzati dallo
(1848-1872) concepita in 10 volumi in stesso autore è stato pubblicato nel 1933)
lingua italiana, di cui solo i primi 5 sono che descrivono 3.877 specie; Flora Italica
stati scritti dall’autore, mentre i restanti 5 di Pietro Zangheri (1976), in 2 volumi con
sono stati redatti da Teodoro Caruel (1883- iconografia annessa, che considera un
1894); Compendio della Flora italiana di totale di 6.190 specie. Nel 1982 Sandro
32 Le conoscenze di base
Pignatti pubblica Flora d’Italia, l’opera di separate o ridurre a una sola quelle che
riferimento che da oltre 30 anni è utilizzata in precedenza erano segnalate come due
per la determinazione delle piante vascolari specie distinte), oltre alla introduzione
d’Italia (Pteridofite, Gimnosperme e di nuove specie provenienti da altre aree
Angiosperme); si compone di 3 volumi e geografiche (definite alloctone o anche
conta 5.599 specie. È in fase di preparazione esotiche). Un discorso a parte va fatto, a
l’edizione rivista e aggiornata. questo punto, per la flora alloctona. Nel
Attualmente in Italia opera una Fondazione nostro Paese, lo studio della flora non
per la Flora d’Italia, costituita dalla nativa in termini moderni ha inizio con
Società Botanica Italiana, che promuove il lavoro di Pier Andrea Saccardo (1909)
la redazione di flore critiche dedicate a sulla Cronologia della flora italiana, che
Famiglie e Generi per documentare le rappresenta una prima sintesi nella quale
recenti e significative acquisizioni in campo sono riportate un totale di 713 entità
tassonomico e floristico. L’avanzamento alloctone coltivate a vario titolo, di cui 331
delle conoscenze riguarda l’ampliamento già presenti alla stato spontaneo dalla fine
del numero complessivo di entità, il livello di del diciannovesimo secolo.
approfondimento tassonomico e il dettaglio Un successivo lavoro monografico
corologico. Ad oggi sono stati pubblicati sull’argomento a scala nazionale si deve ad
online (http://www.floraditalia.it/) 3 Béguinot e Oreste Mazza (1916), cui fanno
contributi, relativi alle famiglie Isoetaceae, seguito, a circa 60 anni di distanza, i lavori
Heliotropiaceae, Hydrophyllaceae. di Lucia Viegi e collaboratori (1974, 1998,
Pur non essendo una flora ma una lista di 2005); numerosi sono anche i contributi
specie, merita ugualmente una menzione a scala regionale. La più recente sintesi
An Annotated Checklist of the Italian sulla presenza di specie esotiche in Italia è
Vascular Flora, edita nel 2005, che elenca il censimento realizzato su finanziamento
6.711 specie (7.634 entità) e per ciascuna del Ministero dell’Ambiente e della Tutela
fornisce i dati di presenza regionale. Inoltre, del Territorio e del Mare da Camarda et al.
per ognuna delle 20 regioni italiane, riporta (2005) e Celesti-Grapow et al. (2009-2010).
la lista di entità esclusive, endemiche In questo lavoro, la flora alloctona assomma
protette ed esotiche naturalizzate. Nel 2007 a 1.023 entità (specie e sottospecie pari al
è stata pubblicata una sua integrazione ed 13,4% della flora d’Italia), incluse in 544
è ora in stampa una nuova versione con generi (Oenothera, Amaranthus e Opuntia
aggiornamenti sistematici, nomenclaturali, sono i tre generi più ricchi di entità) e 138
distributivi e quantitativi. famiglie (Asteraceae, Poaceae e Rosaceae
In una sintesi sulla consistenza della sono quelle con il maggior numero di
flora vascolare italiana, Conti et al. (2005) entità). L’origine delle entità esotiche
hanno confrontato alcune flore (Bertoloni, è prevalentemente americana (37,8%),
Arcangeli 1894, Fiori, Zangheri, Pignatti) eurasiatica (35,8%), africana (9,7%) o del
con An Annotated Checklist of the Italian bacino del Mediterraneo (6,1%); tra le
Vascular Flora e hanno osservato come specie esotiche, il 42,7% appartiene alla
il numero delle entità censite al 2005 sia categoria delle presenze casuali, mentre il
molto superiore rispetto a quello degli 35,3% può considerarsi naturalizzato nel
altri lavori, nonostante sia stata presa nuovo ambiente (si tratta soprattutto di
in considerazione un’area di minore quelli antropizzati) e ben il 15,9% risulta
estensione (non sono state considerate addirittura invasivo.
nell’ultimo conteggio le aree non comprese Oggi i portali online stanno acquisendo
nel territorio italiano, come la Corsica un'importanza sempre maggiore nella
o l’Arcipelago Maltese, che erano state divulgazione delle informazioni al pubblico
invece incluse nella Flora d’Italia del 1982). e le Flore non potevano mancare! Tra questi,
In particolare, l’incremento rispetto alla quello del Progetto Dryades dell’Università
flora del 1982 è di circa il 15%. Tra le di Trieste alla pagina Altri portali dà
motivazioni vi sono le nuove segnalazioni accesso a 17 portali/sistemi informativi in
(entità che, pur presenti, non erano state lingua italiana (di cui 3 anche con versione
precedentemente osservate), ma anche gli in lingua inglese, 1 anche con versione in
aggiornamenti sistematici e nomenclaturali lingua tedesca) e 3 in lingua slovena sulla
dei gruppi critici (che possono portare sia flora di aree più o meno ampie a partire
alla divisione di una specie in due entità dalla città di Roma e salendo verso nord.
33 Le conoscenze di base
Le singole entità che compongono la flora possono essere studiate sotto diversi
aspetti:
- con riferimento alla loro area geografica di distribuzione (areale), nell’ambito
della quale esse vivono e si riproducono spontaneamente; di questo si occupa
la Corologia vegetale o Fitogeografia;
- in rapporto all’ambiente ed è questo un settore di pertinenza dell’Ecologia
vegetale;
- in relazione agli eventi che si sono succeduti nel corso delle ere geologiche e
che hanno condizionato la sopravvivenza delle piante determinandone l’attuale
distribuzione (Corologia storica o Epiontologia).
Lago di Tovel (TN),
A conclusione di questa breve sintesi sulle modalità attraverso cui può essere
sullo sfondo ricca
foresta di conifere studiata la flora, preme sottolineare un diffuso e preoccupante calo di interesse
con Picea abies, Pinus per le discipline tassonomiche in ambito accademico: solo poche sedi universitarie
sylvestris e Abies alba mantengono ancora attivi laboratori di Floristica e di Botanica sistematica. La
(S. Bonacquisti). conoscenza della flora in Italia è ora riservata a chi ha avuto la possibilità di
Piccolo nucleo
arborato con individui
di Pinus cembra
e Larix decidua.
In primo piano
evidente fioritura
di Rhododendrom
hirsutum
San Valentino (BZ)
(I. Anzellotti).
Escursionistica dell’Italia (Prima parte: Italia Centrale) (Mayer 2015), che sono il
risultato di tanti anni di studio e di impegno da parte degli autori.
Chi si occupa di flora si avvale della sistematica e della tassonomia, le due
discipline che sono alla base dei sistemi di classificazione biologica. Grazie ai
progressi scientifici, soprattutto nel campo molecolare, sono ambedue in continua
evoluzione e questa condizione, aprendo la strada a nuove interpretazioni sulla
filogenesi, obbliga gli esperti a costanti rimodulazioni dello schema gerarchico.
Può così accadere che entità incluse un tempo nello stesso gruppo tassonomico
per similitudine dei caratteri morfo-anatomici, siano state oggi separate perché gli
Sempervivum studi molecolari non mostrano affinità tra loro e testimoniano percorsi evolutivi
arachnoideum diversi. Il contributo che segue, dedicato al genere Iris, evidenzia la complessa
(I. Anzellotti). articolazione di un gruppo tassonomico che, molto apprezzato nel campo della
floricoltura per la bellezza dei fiori,
mostra nelle popolazioni naturali una
elevata diversità. L’estrema variabilità
dei caratteri, alla base di questa
diversificazione, in passato ha spesso
reso non immediata l’identificazione
dei singoli taxa; oggi, grazie agli studi
approfonditi (in molteplici campi della
ricerca), molti nodi sono stati sciolti e
dare un nome ai giaggioli è diventata
un'operazione più semplice.
35 Le conoscenze di base
Nella mitologia greca e latina, Iris è la Le iris sono piante erbacee geofite
messaggera degli dei, personificazione (con organo sotterraneo variamente
dell’arcobaleno, che, con il proprio manto modificato) ad alta biodiversità. I loro
variopinto, scende rapida e leggera sulla organi sotterranei possono essere
Terra per portare il messaggio degli dei bulbi (I. planifolia, I. xiphium), rizomi (I.
all’uomo. In effetti, le leggiadre e numerose pseudacorus, I. pallida, I. pseudopumila,
tonalità di colori delle iris coprono l’intero etc.), appendici tuberose digitiformi (I.
spettro dell’iride (arcobaleno) e grazia, tuberosa) o stoloni (I. japonica, I. tectorum).
forma e eleganza dei suoi fiori eguagliano In particolare, il fiore attrae soprattutto
quelle che vengono attribuite ad una per l’alta funzione vessillifera. Infatti, i tre
dea. Sono proprio questi magnifici fiori tepali interni si ergono come un vessillo,
a dare il nome alla famiglia (Iridaceae) una bandiera che richiama gli insetti
e al suo genere (Iris), molto complesso e per la riproduzione sessuata tramite il
ricco di specie. La sua classificazione, trasporto del granulo pollinico. Ognuno
Genere Iris,
diversità di alcune
specie, semi e organi
sotterranei con radici
(M. Colasante).
A destra
coltivazione di
I. pallida, spesso
con individui con
stami a granuli
pollinici non fertili
o abortivi
(M. Colasante).
36 Le conoscenze di base
Lo studio della copertura vegetale nei suoi diversi aspetti è compito della
Geobotanica, termine coniato da Grisebach nel 1866 dalla fusione di Geografia
e Botanica, una disciplina che, come del resto anche l’Ecologia, trova le proprie
radici culturali nella Geografia. La Geobotanica secondo Ehrendorfer (1979) ha il
compito di studiare la diffusione e la vita associativa delle popolazioni vegetali, di
individuarne le caratteristiche generali e le cause che la determinano.
Nel Settecento la Botanica sistematica si sviluppa grazie all’attività di illustri
naturalisti, tra questi basta ricordare lo svedese Carlo Linneo, che realizzano
i sistemi classificatori nei quali inseriscono le enormi varietà di piante che si
rinvengono nei grandi viaggi di esplorazione del pianeta. A questo aspetto
prevalentemente sistematico dello studio delle piante, nel diciannovesimo secolo si
sviluppa la ricerca sulle condizioni ambientali che si correlano con la distribuzione
delle specie vegetali, e in particolare con il clima. Ad Alexander von Humboldt
Cotinus coggygria si deve il Saggio sulla Geografia delle Piante (1805) nel quale vengono poste le
(E. Del Vico). basi di una nuova branca della botanica che considera i vegetali in rapporto
con le loro capacità associative locali,
fortemente condizionate dai diversi
climi e suoli. Viene così documentato
e modellizzato per la prima volta il
concetto di vegetazione.
Attualmente lo studio della vegetazione
segue due principali linee di pensiero:
una fisionomico-strutturale e l’altra
floristico-ecologica.
Lo studio fisionomico-strutturale.
Secondo l’approccio fisionomico-
strutturale del quale Grisebach può
essere considerato il precursore, la
vegetazione è data dall’insieme di
comunità di piante che si qualificano
in relazione alle forme biologiche,
ai corotipi e alle specie dominanti, a
prescindere dalla verifica analitica
della composizione in specie. I caratteri
principali che definiscono la fisionomia
38 Le conoscenze di base
Forme biologiche:
P = fanerofita;
P ep = fanerofita
epifita;
Ch = camefita;
T ros = terofita
rosulata;
H = emicriptofita;
G rhiz = geofita
rizomatosa;
G bulb = geofita
bulbosa;
He = elofita;
I rad = idrofita
radicante;
I nat = idrofita natante.
sociabilità, indica il grado di relazione strutturale (pattern) tra gli individui della
stessa specie, come si evidenzia nella tabella seguente.
Dopo una fase di elaborazione dei dati raccolti (analisi multivariata) è possibile
individuare per ciascuna comunità l’associazione vegetale di riferimento.
Queste sono inserite in un sistema gerarchico di classificazione in base alla
presenza di gruppi di piante in comune che permettono l’individuazione dei
45 Le conoscenze di base
Valori di
abbondanza-
Valori di abbondanza-dominanza:
dominanza
e di sociabilità 5 = specie con copertura compresa tra 75% e 100%
secondo la scala di 4 = specie con copertura compresa tra 50% e 75%
Braun-Blanquet. 3 = specie con copertura compresa tra 25% e 50%
2 = specie con copertura compresa tra 5% e 25%
1 = specie con copertura compresa tra 1% e 5%
+ = specie con copertura inferiore all’1%
r = specie molto rare
Valori di sociabilità:
5 = specie che costituiscono popolamenti quasi puri
4 = specie che costituiscono popolamenti estesi su più di metà della superficie del rilievo
3 = individui riuniti in piccole colonie
2 = individui riuniti in gruppi
1 = individui isolati
46
Fioritura di Anthemis
maritima, Silene
canescens e Ononis
variegata nel sistema
dunale di Castel
Porziano (RM)
(A. Tilia).
Helichrysum
litoreum
(R. Frondoni).
47
Calicotome villosa Alla fine degli anni settanta, a seguito dell’abbandono delle attività agricole e silvo-
(R. Frondoni). pastorali, i fitosociologici si dedicarono allo studio delle dinamiche di recupero
da parte della vegetazione autoctona degli spazi non più utilizzati dall’uomo e in
particolare al significato dinamico dei contatti tra le comunità che occupano spazi
contigui. In alcuni casi si tratta di comunità tra loro legate da una stessa dinamica
successionale (contatti seriali), mentre in altri casi si tratta di comunità che, anche
se contigue, non hanno tra loro rapporti dinamici successionali (contatti catenali).
Oggi la fitosociologia è prevalentemente dinamico-catenale e offre la possibilità di
utilizzare differenti livelli di analisi, utili per riconoscere e tipificare le singole comunità
vegetali e interpretare in chiave dinamica e paesaggistica i mosaici di vegetazione.
In oltre cento anni di storia, la fitosociologia si è quindi notevolmente modificata
in termini concettuali e pertanto attualmente si dispone dei seguenti riferimenti
disciplinari:
- la fitosociologia classica (induttiva): fitosociologia braun-blanquetista o scienza
delle comunità vegetali, mediante la quale si definiscono le associazioni, i livelli
gerarchici a esse collegati (sintaxa) e la loro ecologia (sinecologia);
- la sinfitosociologia (deduttiva, induttiva e seriale): studia le dinamiche seriali
tra le associazioni che vanno a definire le serie di vegetazione o sigmeti;
- la geosinfitosociologia (deduttiva, induttiva e catenale) o fitosociologia catenale:
interpreta i rapporti catenali o geografici intercorrenti tra più serie di vegetazione,
consente l’individuazione di unità di paesaggio o geosigmeti.
Senza la presenza dell’uomo il paesaggio vegetale si presenterebbe più o meno
eterogeneo a seconda della disomogeneità climatica, litologica e geomorfologica dei
luoghi. Tra le comunità vegetali presenti in un ambito ecologicamente omogeneo
si possono instaurare rapporti dinamici tendenti verso una stessa tappa matura
coincidente con la vegetazione naturale potenziale attuale (VNPA). In sintesi, si può
dire che una serie di vegetazione, legata a una determinata area omogenea per
caratteristiche ambientali (tessera o unità ambientale), è costituita dall’insieme
di tutte le comunità che si rinvengono in un territorio ecologicamente omogeneo
e che tendono dinamicamente alla stessa tappa matura o vegetazione naturale
potenziale attuale. La serie di vegetazione rappresenta quindi l’unità biogeografico-
ambientale di base del mosaico che costituisce il paesaggio vegetale.
Nella serie di vegetazione il numero di associazioni che ne fanno parte può variare
48
Pulvini di Astragalus notevolmente sia per condizioni naturali che per effetto dell’utilizzazione del
siculus che territorio. È infatti soprattutto l’uomo che determina la presenza di più comunità
caratterizzano il piano vegetali all’interno di uno spazio omogeneo per clima, litologia e forma o eventuali
culminale dell’Etna,
forme di disturbo naturale (frane, inondazioni, etc.).
costituendo una
comunità durevole In una serie di vegetazione si possono riconoscere: comunità più o meno naturali
(E. Del Vico). come i boschi che di norma rappresentano la tappa matura di una serie,
comunità seminaturali stabili come le praterie perenni che si mantengono con
le stesse caratteristiche vegetazionali grazie alla costante gestione o comunità
seminaturali instabili, di breve durata e rapida evoluzione, come la vegetazione
infestante i campi.
Nel caso di territori a elevato grado di naturalità, è relativamente facile riconoscere
le singole comunità che dinamicamente tendono verso una stessa tipologia di
vegetazione matura. Nel caso di territori fortemente antropizzati è invece molto
difficile individuare e cartografare l’area di pertinenza di una serie (tessera o
unità ambientale), ossia l’ambito omogeneo caratterizzato dalla presenza di un
solo tipo (o di un tipo prevalente) di vegetazione naturale potenziale attuale.
Attualmente l’individuazione anche cartografica dell’unità ambientale si ottiene
mediante la classificazione ecologica del territorio utilizzando in ambiente GIS
tematismi di natura fisica integrati, procedendo in ordine dal clima alla litologia
e quindi morfologia e suolo. L’attribuzione di ciascuna unità ambientale alla
VNPA avviene grazie al campionamento fitosociologico induttivo della vegetazione
presente.
Se nel processo di classificazione ecologica territoriale si antepone il tematismo
morfologico a quello litologico si ottiene un risultato diverso rispetto al precedente
in quanto l’ambito omogeneo al proprio interno può presentare un certo grado di
diversità litologica (unità di paesaggio o geosigmeto).
L’esempio tipico di un geosigmeto è dato da una valle fluviale che nel suo insieme
ben individua un modello unitario geomorfologico e paesaggistico in cui si hanno
a volte serie di vegetazione diverse sui due versanti, sul fondovalle e spesso anche
nelle zone di erosione sommitale o nella fascia pedemontana. In questo caso si
hanno contatti seriali (tra le comunità all’interno delle serie di vegetazione) e
contatti catenali tra le comunità apparteneti alle diverse serie di vegetazione.
Prima di chiudere questa parte dedicata allo studio del dinamismo della vegetazione
e al paesaggio vegetale è bene ricordare che i modelli proposti (sigmeti e geosigmeti)
49 Le conoscenze di base
non sono legati a una determinata scala di osservazione. Ciò significa che si
possono applicare a porzioni di territorio molto vaste o poco estese.
Per questa ragione si parla anche di microgeosigmeto ossia di un mosaico
di vegetazione formato da comunità contingue, ma non dinamicamente tra
loro collegate, rilevabili in contesti anche di pochi metri quadrati e quindi non
riconducibile al classico geosigmeto paesaggistico. Si è ritenuto opportuno illustrare
anche questo particolare modello che rappresenta i mosaici ricchi di comunità
ma arealmente poco estesi, in quanto spesso nel testo per descrivere la flora di
ambienti di grande interesse naturalistico (crinali montuosi, pareti, brecciai,
vallette nivali, etc.) si è fatto riferimento al microgeosigmeto. È il caso dei campi di
microdoline rilevate a Campo Imperatore, sul Gran Sasso d’Italia, che si rinvengono
nel piano supratemperato (o montano) dell’Appennino centrale (Biondi et al. 1999).
Analogamente il termine di microgeosigmeto è stato applicato nella descrizione del
paesaggio delle vallecole strette e fortemente incise che si rinvengono sui versanti
orientale ed occidentale del Monte Cucco nell’Appennino umbro-marchigiano
In primo piano (Biondi et al. 2004). Il microgeosigmeto è stato usato in letteratura anche da altri
macchia a Genista fitosociologici, e in particolare da Rivas-Martínez e collaboratori (2002, 2005) e da
tyrrhena subps. Blasi (2005, 2010). Questi Autori lo hanno definito in base a un concetto più ampio,
pontiana e sullo includendovi non solo i mosaici catenali di associazioni che si distribuiscono su
sfondo macchia a
Pistacia lentiscus e
ambiti di limitata superficie, come possono essere gli ambienti costieri o fluviali,
Myrtus communis ma anche su ambiti molto estesi ove la serie di vegetazione (permaserie) è in realtà
Palmarola (LT) rappresentata da una sola comunità e quindi da una sola associazione, detta
(R. Frondoni). anche durevole.
50 Le conoscenze di base
Transetto che
evidenzia i rapporti
dinamici tra il bosco e
una prateria mesofila
montana:
1. Bosco mesofilo di
cerro o faggio;
2. Radura del bosco
con vegetazione
erbacea e arbustiva;
3. Orlo forestale
sciafilo o subsciafilo,
protetto dall’ombra
delle chiome;
4. Mantello di
vegetazione
arbustivo;
5. Orlo eliofilo
al margine
della prateria
ad Asphodelus La prima fase del processo di costituzione della prateria richiede la distruzione
macrocarpus; di una parte del bosco, il dissodamento dei terreni e la successiva semina. Le
6. Prateria mesofila a
Cynosurus cristatus
pratiche agronomiche e pastorali riescono a mantenere stabile la prateria in
(da F. Taffetani, quanto ne impediscono l’evoluzione naturale, bloccando l’avvio di spontanei
modificato). processi dinamici di tipo evolutivo che tendono alla ricostituzione del bosco.
Quando infatti cessano le attività antropiche (pascolamento o fienagione) viene
meno il disturbo che le stesse attività provocano sulle praterie e, indirettamente, si
determina la rottura dell’equilibrio, tra bosco e prateria. Si innescano così processi
evolutivi che prendono origine dalla zona ecotonale nella quale, nonostante sia
solitamente limitata, si rinvengono tipologie di vegetazione complesse dal punto
di vista strutturale, floristico, ecologico e funzionale (ecotono funzionale). Nello
spazio ecotonale si assiste infatti alla variazione graduale della luminosità, che
si ritiene essere uno dei fattori principali del cambiamento. Questo ultimo segue
un gradiente evidenziabile attraverso le diverse tipologie di vegetazione con
struttura arbustiva a contatto delle quali, in aree più distanti rispetto al bosco,
e quindi raggiunte da maggiore luminosità, si collocano formazioni erbacee
51 Le conoscenze di base
eliofile dalla parte della prateria. Queste fitocenosi si raggruppano dal punto di
vista floristico, biogeografico e al macroclima (temperato o mediterraneo). Tutte
le tipologie di vegetazione che si rinvengono nell’ecotono hanno un’importanza
ecologica considerevole in quanto costituiscono ambienti rilevanti per le specie
animali (alimentazione, rifugio e nidificazione) oltre che per quelle vegetali. I
processi dinamici a cui danno origine, nel tempo determinano la cicatrizzazione
della vegetazione legata alle attività dell’uomo, in periodi diversi rispetto alle
caratteristiche ecologiche dei luoghi e secondo processi diacronici di tipo
deterministico.
Schema esemplificativo
dell’unità di
accrescimento
complesso della
chioma di Spartium
junceum con tre
gemme che danno
origine ad altrettante
categorie di ramo:
primario (a),
secondario basale (b),
sillettico (c).
Grazie a questa
struttura, la ginestra
porta numerosi fiori
e quindi produce una
notevole quantità
di semi
(da Ballerini et al.,
2002, ridisegnato).
53 Le conoscenze di base
Boschi intercalati
a praterie che si
sviluppano in zone
ecologiche diverse
(successioni distinte),
Parco di Sasso Simone
e Simoncello (settore
settentrionale delle
Marche)
(E. Biondi).
Tavole tratte
dall’Atlante
corologico delle
piante vascolari del
Friuli-Venezia Giulia
(L. Poldini).
di Rübel (1930); le prime elaborazioni Tüxen (1979), Rivas-Martínez (1985)
cartografiche della vegetazione a piccola e Géhu (1987, 1988), secondo cui la
scala (< 1:1.000.000) relative all’intero serie di vegetazione è l’insieme spaziale
territorio italiano (Fiori 1908, 1936; quantificato delle associazioni vegetali
Beguinot 1933), cui fecero seguito quelle che la compongono, riferite ad una
di Giacomini e Fenaroli (1958), Fenaroli porzione di territorio omogenea dal punto
(1970) e Tomaselli (1973). di vista ecologico detta tessera o unità
Altri esempi di carte della vegetazione ambientale. Queste carte forniscono
si hanno nell’ambito della cartografia una spazializzazione dei fattori ecologici
fitosociologica della Scuola di Zurigo- (clima, litologia, geomorfologia, etc.) delle
Montpellier (Braun-Blanquet 1964). In serie di vegetazione e del legame dinamico,
questo contesto a seconda delle unità di in termini successionali, che unisce le
riferimento si possono individuare diverse associazioni che compongono la serie.
tipologie di carte: carte fitosociologiche Le carte fitosociologiche della vegetazione
della vegetazione reale, delle serie di potenziale fanno riferimento al concetto
vegetazione e della vegetazione potenziale. di vegetazione naturale potenziale di
Le carte fitosociologiche della vegetazione Tüxen (1956), ulteriormente ridefinito da
reale rappresentano la distribuzione van der Maarel e Westhoff (1973) come
spaziale delle unità vegetazionali la vegetazione che si svilupperebbe in un
appartenenti ai vari syntaxa del sistema determinato habitat se tutte le influenze
gerarchico fitosociologico (classi, ordini, antropiche sul sito stesso e i suoi dintorni
alleanze, associazioni, subassociazioni, cessassero immediatamente e la fase
varianti e facies), fornendo una dinamica terminale si raggiungesse
rappresentazione della vegetazione che si subito.
osserva sul terreno nel momento in cui A titolo esemplificativo si è creduto
viene eseguito il rilevamento. Una delle opportuno riportare tre cartografie della
prime carte fitosociologiche è quella di Provincia di Ancona per meglio far emergere
Braun-Blanquet (1937-1943) e si riferisce le peculiarità delle diverse cartografie
ad una zona presso Montpellier in geobotaniche. La carta fitosociologica,
Linguadoca (1:20.000). Successivamente come già detto in precedenza, evidenzia
sono state redatte numerose carte della la copertura reale delle diverse fisionomie
vegetazione reale: si ricordano ad esempio (arboree, arbustive ed erbacee)
la Carta della Vegetazione del bacino del qualificate in termini rigorosamente
Fiume Tevere (Avena e Blasi 1978) e la sintassonomici. Nella carta delle serie di
Carta della Vegetazione del Monte Conero vegetazione della Provincia di Ancona è
(Biondi 1984). possibile conoscere, ad esempio, come la
Le carte fitosociologiche delle serie di Vegetazione Potenziale Attuale prevalente
vegetazione si basano sui concetti di faccia riferimento al querceto a Quercus
59 Le conoscenze di base
Carta della
vegetazione della virgiliana (Roso sempervirentis-Querco territorio nazionale vede la luce nel 1970,
provincia di Ancona. virgilianae sigmetum) e a Q. pubescens ad opera di Tomaselli. Successivamente, si
Scala della (Cytiso sessilifoliae-Querco pubescentis segnala il lavoro curato da Pedrotti (1992)
pubblicazione sigmetum), rispettivamente nel settore nell’ambito della carta della vegetazione
1:300.000 collinare submediterraneo e nel settore potenziale d’Europa in scala 1:2.500.000
collinare e submontano più continentale. (Bohn et al. 2004). Si tratta tuttavia, sempre
La cartografia dei geosigmeti evidenzia di carte di estrema sintesi e a piccola scala
invece le unità di paesaggio o geosigmeti che necessariamente delineano solo le
sulla base dell’aggregazione delle serie di principali unità fisionomico-ecologiche della
vegetazione in relazione alle caratteristiche vegetazione e non forniscono informazioni
morfologiche, litologiche e climatiche della dettagliate sugli stadi seriali in una logica
Provincia di Ancona. dinamica. La più recente rappresentazione
La cartografia della vegetazione naturale dell’eterogeneità potenziale vegetazionale
potenziale è soprattutto utile a grande scala d’Italia è rappresentata dalla Carta delle
(> 1:25.000), in quanto permette di valutare Serie di Vegetazione d’Italia (Blasi ed. 2010),
il grado di lontananza della vegetazione composta da una carta in scala 1:250.000
attuale dal suo stato finale di equilibrio, che evidenzia l’eterogeneità potenziale
e questo rappresenta un dato molto utile vegetazionale del nostro Paese, e da una
in diversi campi applicativi, primo fra tutti monografia, a scala regionale, che analizza
quello per la gestione del territorio. Le la vegetazione reale descrivendo i singoli
carte della vegetazione potenziale possono stadi di ciascuna serie di vegetazione.
essere realizzate a scale molto diverse a Nella seconda metà degli anni settanta il
seconda del tipo di ricerca in atto, però Consiglio Nazionale delle Ricerche avviò
normalmente la scala è piccola. In Italia, un il Progetto Finalizzato Promozione della
primo saggio di questa tipologia di carte a Qualità dell’Ambiente, grazie al quale
piccolissima scala è riportato da Tomaselli si realizzò un elevato numero di studi
(1961) e Gentile (1968) per la Sicilia, territoriali e si gettarono ufficialmente le basi
mentre il primo documento unitario del per una cartografia floristico-fitosociologica
60 Le conoscenze di base
come mezzo di evidenziazione di caratteri Carta della Biomassa vegetale dei Pascoli
ambientali e quindi strumento diretto di di Campo Imperatore (Gratani et al. 1994).
indagine ecologica. Nel 1999 Biondi cura Negli anni sono stati effettuati diversi
il volume sulle ricerche geobotaniche tentativi di sintetizzare quadri riassuntivi
condotte a Campo imperatore (Gran Sasso della produzione cartografica vegetazionale
d’Itaia), nel quale le serie di vegetazione in Italia (Bruno et al. 1976, Mondino 1987,
si correlano con le biomasse e la qualità Ferrari e Rossi 1990, Pirola e Vianello
fisico-chimica dei suoli. A questo volume 1992, Pedrotti 1988, 1990, 1993). Bruno
vengono allegate due cartografie di et al. (2003) oltre ad un quadro di sintesi
estremo interesse, alla scala 1:25.000: in tal senso, forniscono anche un archivio
la Carta Fitoecologica del Paesaggio di spazializzato in ambiente GIS delle carte
Campo Imperatore (Biondi et al. 1999) e la della vegetazione prodotte in Italia.
subordinate presenti, ma non cartografate, italiano, le unità della Carta sono risultate
sono descritte nella monografia ove è tra di loro estremamente differenziate, per
anche segnalata la loro collocazione estensione e numero di poligoni.
ecologica differenziale. Relativamente all’estensione, ad esem-
Nel caso di concatenazioni fra serie legate pio, si passa dai 1.517.213 ettari della
a un gradiente ecologico, o a particolari serie più estesa (Oleo sylvestris-Querco
unità geomorfologiche o fitoclimatiche e virgilianae sigmetum) ai poco più di
non evidenziabili singolarmente alla scala 320 ettari della serie con copertura
adottata (ad esempio la vegetazione delle minore (Junipero hemisphaericae-Abieto
valli fluviali o delle coste basse sabbiose), nebrodensis sigmetum).
l’unità cartografica è stata qualificata come Nella tabella sottostante si riportano le 10
geosigmeto, lasciando alla monografia serie di vegetazione, che nel loro insieme
il compito di esplicitarne l’articolazione coprono poco più del 30% del territorio
catenale. nazionale (per arrivare al 50% occorre
Nel suo insieme la Carta, tra serie e considerare altre 16 serie).
geosigmeti, presenta in legenda ben 279 Tra le unità cartografiche con minore
voci. Ciò conferisce alla Carta oltre a superficie (meno di 500 ha) si possono citare:
un importante valore di sintesi, anche il geosigmeto appenninico settentrionale
un elevato valore di dettaglio, grazie della vegetazione primaria d’altitudine
ovviamente alla collaborazione tra i (che comprende le associazioni: Sileno
fitosociologi italiani. Nella preparazione exscapae-Trifolietum alpini, Oligotricho-
della legenda della Carta e nella redazione Gnaphalietum supini, Polytrichetum sexan-
delle monografie, la definizione delle gularis, Poo-Cerastietum cerastioidis,
singole serie è stata realizzata usando una Salicetum herbaceae), la serie sarda
frase diagnostica che riporta informazioni calcicola del carpino nero (Cyclamino
in merito a: carattere corologico (relati- repandi-Ostryo carpinifoliae sigmetum) e la
vamente alla localizzazione dell’unità serie garganica calcicola del cerro (Doronico
sul territorio nazionale), caratteristiche orientalis-Carpino betuli sigmetum).
edafiche, specie edificatrice (determinante In termini di potenzialità, il nostro Paese
la fisionomia) e comunità più evoluta dovrebbe avere una copertura forestale pari
(associazione della tappa matura, che a circa il 90% della superficie (la maggior
darà anche il nome latino al sigmetum). parte delle serie di vegetazione cartografate
A titolo di esempio per alcune faggete sono infatti di tipo forestale anche se allo
appenniniche la voce di legenda ha stato attuale solo poco più del 30% del
la seguente formulazione: “Serie territorio presenta cenosi forestali).
appenninica meridionale neutrobasifila Il restante 10% della superficie nazionale
del faggio (Anemono apenninae-Fago è interessata da una vegetazione primaria
sylvaticae sigmetum)”. In relazione alla di tipo erbaceo o arbustivo (fascia alpina
complessità e variabilità fitogeografica, e subalpina) e da vegetazione idrofitica e
litomorfologica e climatica del territorio acquatica (acque dolci o salmastre).
Lonicera etrusca
(A. Tilia).
65
2 PARTE SECONDA
FLORA E PAESAGGIO
VEGETALE D’ITALIA
66 Gli ambiti territoriali e fitogeografici di riferimento
Riferimento
territoriale e
fitogeografico
(da "Biogeographic
Map of Europe" di
Rivas-Martínez et al.
2004, emendato sia
in termini cartografici
che tipologici).
68 Gli ambiti territoriali e fitogeografici di riferimento
Alpi Liguri La diversità geologica e morfologica delle Alpi Liguri (in contatto con le Alpi
Marittime) suggerisce di dividere questo settore in una parte occidentale e una
orientale, separate dalle valli del Tanaro e del Pennavaira.
La parte occidentale culmina nel Monte Saccarello (2.200 m) e determina un
paesaggio di alta montagna a pochi passi dal mare di Imperia e Sanremo. In
questo contesto, le rocce non hanno granché di alpino essendo in gran parte
formate da sedimentazioni recenti di tipo carbonatico (eoceniche) poco resistenti
71
Paesaggio alpino con agli agenti geomorfologici, a differenza della gran parte del resto della Catena, ove
straordinari esempi di prevalgono rocce intrusive e rocce diversamente metamorfosate.
cespuglieti e praterie La parte orientale delle Alpi Liguri è più modesta nelle altitudini (minori di 1.400 m)
primarie dei piani
ed è costituita, in buona parte, da rocce paleozoiche, vulcaniche e metamorfiche.
subalpino e alpino,
Lago Vercoche (AO) Questo settore presenta, inoltre, una netta distinzione tra i versanti acclivi
(R. Frondoni). affacciati sul mare e quelli interni degradanti verso la Pianura Padana.
La vicinanza dei rilievi montuosi al mare determina una linea di costa piuttosto
frastagliata e ricca di piccoli capi e baie poco estese. Soltanto nei pressi di
Albenga è presente una piana costiera un po’ più ampia, in passato paludosa ma
bonificata definitivamente nella seconda metà del 1800.
Il Piemonte e la Valle d’Aosta condividono le vette più alte delle Alpi: è infatti
in questo settore occidentale che si concentrano i massicci del Monte Bianco
(4.810 m), del Monte Rosa (4.634 m), del Cervino (4.478 m) e del Gran Paradiso
(4.061 m). Prima di arrivare in questo contesto si incontrano numerosi altri
gruppi montuosi, a cominciare dalle Alpi Marittime, di cui in Liguria si hanno le
propaggini più orientali e meridionali.
A queste seguono le Alpi Cozie che raggiungono la quota massima di 3.841 m con
il Monviso, rilievo noto per la presenza delle sorgenti del fiume Po.
Spostandosi ancora più a nord, oltrepassando la Val di Susa, solcata dalla Dora
Riparia, si entra nel complesso delle Alpi nord-occidentali (Alpi Graie). La parte
settentrionale di questa sezione ospita il Monte Bianco e il Gran Paradiso. Si tratta
di rilievi di grande interesse geologico: il Monte Bianco è granitico, mentre il Gran
Paradiso è costituito da graniti spesso metamorfosati in gneiss ed è bordato a sud
dai calcescisti con pietre verdi e a ovest da calcescisti, dolomie e gessi.
Alle Alpi Graie, proseguendo oltre la Dora Baltea, seguono le Alpi Pennine, con le
vette del Monte Rosa e del Cervino.
Alpi Lepontine Superato il Passo del Sempione, si entra nel settore centrale (Alpi Lepontine) che
si trova a cavallo tra il Piemonte e la Lombardia e termina all’altezza del Passo
dello Spluga e del Lago di Como. È in questo ambito che si hanno interessanti
72 Provincia alpina
affioramenti di marmi e si sviluppa buona parte del bacino idrografico del fiume
Ticino che dopo aver alimentato il Lago Maggiore scorre in Pianura Padana, tra
Novara e Milano, fino a Pavia, dove si immette nel Po.
Alpi Retiche Il settore centrale più interno è formato dal complesso Bernina-Disgrazia (Alpi
Retiche) e dalle Alpi Orobie separate dalla Valtellina dal fiume Adda, prima che
questo si immetta nel Lago di Como. Si tratta di un settore ricco di flora e paesaggi
vegetali ben differenziati a causa della presenza di scisti (Alpi Orobie), graniti e
ofioliti (gruppi Bernina e Disgrazia) e calcari (rilievi di Livignasco).
Paesaggio alpino con Il versante esterno del settore alpino lombardo è formato dai monti del
boschi di Picea abies bergamasco e del bresciano (calcari e dolomie) che si elevano poco sopra i 2.500
della Val d’Ayas.
Sullo sfondo il Grande
m (Pizzo della Presolana, Pizzo Arera). Il Lago di Garda segna il confine tra il
Ghiacciaio di Verra settore lombardo e quello veneto. Nella parte interna di questa porzione delle
(AO) Alpi, il confine orientale della Lombardia corre tra il Passo dello Stelvio e il
(R. Frondoni). gruppo dell’Adamello, al di là del quale si entra nel Trentino Alto Adige, un
territorio che, come la Valle d’Aosta, è
totalmente alpino con numerose cime
che superano o sfiorano i 3.500 m ed
estese superfici coperte da ghiacciai.
Il gruppo dell’Ortles (3.905 m) è separato
dalle Alpi Venoste dall’omonima valle,
solcata dal tratto superiore del fiume
Adige. In questo contesto silicatico non
mancano affioramenti localizzati di
calcari e dolomie, come sul Brennero e
nel sopracitato Ortles.
Il settore orientale della catena alpina
si estende dal passo di Resia al Passo
di Vrata, includendo, da ovest verso
est, le Alpi Atesine e le Dolomiti (a sud
delle Atesine), le Carniche e le Giulie.
Nell’Alto Adige (provincia di Bolzano)
sono presenti gruppi montuosi di
natura silicatica (gneiss, scisti e in
minor misura porfidi), che segnano il
confine tra Italia e Austria.
Flora e vegetazIone
Dalla costa ligure verso l’interno, risalendo i versanti collinari e montuosi che
conducono alle vette più elevate, si osserva una flora caratterizzata sia da elementi
tipici di questa porzione meridionale delle Alpi sia da quelli condivisi con il resto
della Liguria, di parte del Piemonte e con l’Appennino settentrionale.
In esposizioni calde, su suoli sottili si sviluppano lembi di pinete a Pinus halepensis
che dal livello del mare salgono sino a circa 300 m. Si tratta di comunità subacidofile
con elementi floristici a distribuzione ovest-mediterranea delle Alpi Marittime, in
aree a ombrotipo subumido inferiore e termotipo mesomediterraneo inferiore, con
Cistus albidus, Thymus vulgaris, Fumana ericoides, Coriaria myrtifolia, Rosmarinus
officinalis, Globularia alypum, Asparagus acutifolius oltre a Juniperus oxycedrus,
Rubia peregrina, Rhamnus alaternus, Lonicera implexa.
Lungo la costa rocciosa prevalentemente costituita dal flysch di Ventimiglia
e di San Remo, oltre alle arenarie di Bordigheria, si insedia una vegetazione
abbastanza particolare che è composta da elementi del Mediterraneo occidentale
che comprendono, oltre quelli già indicati, anche: Aphyllanthes monspeliensis,
Lavandula stoechas, Calicotome spinosa, Genista desoleana (in precedenza
considerata come G. salzmannii), Anthyllis barba-jovis e l’endemica Euphorbia
spinosa subsp. ligustica. A distribuzione occidentale, rispetto al bacino del
mediterraneo, è anche la felce sub-tropicale Paragymnopteris marantae.
Sui primi rilievi collinari è diffusa la potenzialità per i boschi sempreverdi di
Quercus ilex, i quali, in condizioni particolari di pendenza e di rocciosità affiorante,
Pineta a
Pinus halepensis sui
primi contrafforti
delle Alpi Marittime.
Questa comunità si
sviluppa su substrati
rocciosi con suolo
sottile e ospita alcune
camefite come:
Thymus vulgaris,
Fumana ericoides e
Cistus albidus
(E. Biondi).
75 Subprovincia alpina mediterranea
Rhododendron
ferrugineum
(R. Frondoni).
di Fagus sylvatica. Si tratta di boschi chiusi, con poche altre specie arboree.
Nella scarsa componente arbustiva prevale Vaccinium myrtillus, mentre lo strato
erbaceo è caratterizzato da Luzula nivea, L. pedemontana, Geranium nodosum e
Trochiscanthes nodiflora. Molto interessanti, da un punto di vista floristico, sono
le fitocenosi a contatto con la faggeta: formazioni ad Alnus incana negli impluvi,
boschi di Quercus petraea o di Q. cerris al margine altitudinale inferiore e boschi di
Pinus mugo subsp. uncinata var. rostrata al margine altitudinale superiore.
Sempre nell’ambito della potenzialità per i boschi di Fagus sylvatica, è da segnalare
il paesaggio vegetale lungo il confine con la Francia, dove su substrati calcarei si
hanno boschi di Abies alba a cui si associano nello strato dominante, Larix decidua
e Picea abies, e nel sottobosco, Rhododendron ferrugineum e Vaccinium myrtillus
con Pinus sylvestris nelle stazioni più xerofile.
In questo contesto forestale si ha un paesaggio vegetale molto eterogeneo e di grande
interesse floristico, legato non solo alla variabilità morfologica e litologica, ma anche
al progressivo cambiamento dell’uso
Vaccinium myrtillus del suolo. È possibile infatti osservare
(R. Frondoni).
preboschi ad Alnus viridis, formazioni di
brughiera a Rhododendron ferrugineum
e Vaccinium sp.pl., praterie a Festuca
paniculata, F. laevigata e Nardus
stricta a mosaico con le formazioni ad
Astragalus sempervirens, Helictotrichon
sempervirens e Helictotrichon sedenense
tipiche dei versanti acclivi e rocciosi.
Alle quote maggiori sono presenti
anche arbusteti prostrati subalpini a
Juniperus communis subsp. alpina,
Arctostaphylos uva-ursi e Vaccinium
sp.pl.
Prima di chiudere questa prima
descrizione floristica e vegetazionale
si vuole segnalare la presenza di
Juniperus thurifera in quanto si tratta
di una specie arborea al limite orientale
del proprio areale di elevato valore
biogeografico e conservazionistico.
77 Subprovincia alpina mediterranea
Transetto di
vegetazione nella
stazione di Moiola
(Valle Stura):
1. vegetazione a
Juniperus thurifera e J.
communis
2. gariga a Lavandula
angustifolia e
Hypericum coris
3. bosco a
Quercus pubescens,
4. bosco a
Fagus sylvatica
(da Vagge & Biondi,
2008, ridisegnato).
79 Subprovincia alpina occidentale
Flora e vegetazIone
A differenza della Subprovincia alpina mediterranea, quella alpina occidentale
ospita vaste porzioni della catena alpina. Ciò comporta la presenza di estese pra-
terie primarie, arbusteti subalpini bassi e prostrati e fitocenosi tipiche delle rupi
e dei ghiaioni di alta quota. Non mancano, seppure non molto estese, le superfici
perennemente coperte da ghiacciai e nevai. Intorno ai 2.000 m si rinviene una
vegetazione subnivale-nivale dei ghiaioni e delle rupi. In questi ambienti così
selettivi si ha una copertura vegetale ridotta ma con specie rare ed endemiche.
Su substrati silicei si segnala la presenza di Androsace vandellii, varie specie del
genere Saxifraga, Primula pedemontana, Eritrichium nanum, Artemisia glacialis,
Jovibarba allionii, Achillea erba-rotta e Campanula elatines sulle rupi. Sui ghiaio-
ni e le morene prevalgono, invece, specie adattate al movimento dei clasti, fra cui
Oxyria digyna, Viola argenteria e Thlaspi rotundifolium.
Data l’importanza, in termini di endemismi e di valore conservazionistico, della
flora presente nelle alte montagne, è stata descritta in dettaglio la flora culminale
del Cervino, del Monte Bianco e del Monte Rosa tenendo presente che è proprio
in queste montagne che la flora vascolare raggiunge le quote più elevate.
Lasciando verso oriente la Valle di Susa, la Subprovincia alpina occidentale ospi-
ta molte specie di interesse conservazionistico fra cui Primula allionii (endemica)
Potentilla caulescens, Saxifraga callosa e Campanula bertolae. Anche i ghiaioni
calcarei di questo settore ospitano altre specie di grande interesse quali Berardia
subacaulis (relitto terziario ed endemico), Viola cenisia e Campanula alpestris.
Contrariamente alla maggior parte delle specie paleoendemiche che si estinsero
durante le glaciazioni del Quaternario, Berardia subacaulis è sopravvissuta nelle
Alpi sud-occidentali. Specie comuni in questi ambienti sono, invece, Thlaspi ro-
tundifolium, Artemisia genipi, Kernera saxatilis e Trisetaria distichophylla.
Prateria alpina
d’alta quota con
Bromus erectus e
splendide fioriture
di Gymnadenia
conopsea e Trifolium
pratense
(S. Bonacquisti).
80 Provincia alpina
È sul Monte Bianco, sul Cervino e sul Monte savoiardo Venance Payot, il botanico siciliano
Rosa, montagne simbolo delle Alpi, che la Filippo Parlatore, autore della prima Flora
flora vascolare raggiunge i limiti altitudinali italiana e, più tardi, gli abati Chanoux e
più elevati dell’intera catena alpina e dove, Henry, ed infine Lino Vaccari, fondatore della
alla rigidità di clima e di condizioni edafiche Société de la Flore Valdôtaine.
fortemente limitanti, corrisponde un’elevata Per chi voglia oggi avvicinarsi alla
ricchezza floristica. Le quote elevate, la conoscenza della flora di queste montagne
persistenza durante tutte le stagioni di masse si raccomandano la divulgativa “Guida della
glaciali, la prevalenza di ambienti rocciosi, flora della Val d’Aosta” o l’esaustiva “Flora
morenici e detritici hanno garantito la vascolare della Valle d’Aosta” e, relativamente
conservazione di alcuni endemismi evolutisi al versante piemontese del Monte Rosa, la
sulle montagne alpine in epoca Terziaria, così “Flora valsesiana” e la “Flora del Verbano Cusio
come di specie migrate sulle Alpi durante Ossola”. Le regioni Valle d’Aosta e Piemonte
le epoche glaciali e ivi rimaste isolate alla rendono inoltre disponibile documentazione
loro conclusione. La ricchezza della flora è on-line e hanno pubblicato volumi divulgativi
garantita inoltre dalla variabilità dei substrati relativi alle Aree protette e ai Siti di Importanza
litologici che caratterizzano questi massicci Comunitaria individuati sui tre massicci
montuosi dove, ad una prevalenza di rocce montuosi ai sensi della Direttiva 92/43/CEE
granitico-silicatiche, si alternano rocce “Habitat” che permettono agli interessati di
basiche quali calcari, calcescisti e altre rocce approfondire le conoscenze distributive sulle
tipiche del metamorfismo alpino. Il fascino specie floristiche a priorità di conservazione e
dei paesaggi, il mistero dell’origine geologica, sugli ambienti tutelati a livello europeo.
e, non ultima, la ricchezza e le peculiarità
della flora alpina hanno attratto da tutta Il Monte Bianco. Il versante italiano del
l’Europa, a partire dalla seconda metà del Monte Bianco si presenta come un unico
Settecento, esploratori che, alla volontà di contrafforte roccioso le cui vette raggiungono
conquista delle vette, affiancavano una sete un’altitudine media di 4.000 m, disposto
di conoscenza scientifica. Tra gli esploratori frontalmente a chiudere la testata della Valle
botanici che per primi hanno contribuito a d’Aosta. Alle quote più elevate gli imponenti
scoprirne e descriverne la flora si ricordano paesaggi rocciosi e detritici si alternano a
soprattutto lo scienziato ginevrino Horace- ghiacciai e nevai in mezzo ai quali è possibile
Bénédict de Saussure, promotore della prima osservare isole di vegetazione dette giardini
ascesa al Monte Bianco nel 1786 ma anche nivali, tra gli ambienti più spettacolari delle
delle prime prospezioni al Cervino, quindi Alpi. De Saussure individuò e descrisse, sul
John Ball, alpinista e botanico irlandese versante francese del Monte Bianco, le Jardin
fondatore dell’Alpine Club, il naturalista de Talèfre, un’isola di vegetazione rocciosa
e detritica immersa nel ghiacciaio omonimo
Chamorchis alpina, e posta a 2.787 m di quota. Tra le specie
rara orchidea alpina, più rare e significative della flora del Monte
tipica degli ambienti Bianco si possono citare le endemiche ovest-
prativi pionieri di alta alpiche Androsace pubescens e Artemisia
quota su calcari o glacialis, rare sulle rocce e i detriti rocciosi
calcescisti consolidati di alta quota. Nei settori dove
(A. Selvaggi). affiorano substrati roccioso-detritici costituiti
da calcescisti o calcari, in particolare
nell’alta Val Veni, vegetano rarità come
Valeriana saliunca, Hedysarum hedysaroides
e Chamorchis alpina. Nelle praterie d’alta
quota è da segnalare la presenza di specie
relitte a distribuzione artico-alpina come
Astragalus frigidus e, su substrati più
acidi, di Silene suecica. Nei limi acquitrinosi
della piana del Lago di Combal in Val Veni
e nelle torbiere della vicina Val Ferret sono
segnalate Carex bicolor e Juncus arcticus,
specie caratteristiche dell’habitat di interesse
81 Subprovincia alpina occidentale
Carex bicolor,
e a destra
Juncus arcticus,
specie relitte artico-
alpine che vegetano
sui limi glaciali
(A. Selvaggi).
Il Cervino visto da
Plan Maison (sopra
Cervinia) con i suoi
ambienti rupicoli e
glaciali
(A. Selvaggi).
82 Provincia alpina
generate dallo sviluppo urbanistico selvaggio Monte Rosa. La ricchezza floristica degli
e dalla realizzazione di impianti di risalita e ambienti culminali del Monte Rosa non
piste da sci. ha eguali in altri massicci montuosi delle
Alle quote più elevate, nel piano nivale e Alpi occidentali, come dimostrano gli
alpino, i detriti ospitano una vegetazione studi di Lino Vaccari. Il numero di piante
discontinua e pioniera, dove le specie che superano i limiti delle nevi perenni
manifestano adattamenti alle condizioni raggiunge valori particolarmente elevati
estreme di xericità, elevata escursione termica se confrontate con massicci analoghi per
giornaliera e stagionale e esposizione alle estensione e altezza media come il Monte
radiazioni ultraviolette. Le piante come Silene Bianco. Lino Vaccari evidenziò come su 264
acaulis e Androsace alpina si adattano a entità dei piani culminali della flora alpina
queste condizioni formando piccoli cuscinetti ben 113 raggiungono sul Monte Rosa i limiti
(o pulvini) costituiti da diramazioni fogliose altitudinali massimi per le Alpi o li eguagliano.
e compatte del fusto principale, in grado La flora alpina e nivale del Monte Rosa ha una
di trattenere l’acqua, difendere la pianta ricchezza eccezionale, a dispetto del notevole
dall'eccessiva traspirazione e attenuare le sviluppo dei ghiacci e delle quote medie molto
escursioni termiche. Achillea nana ha invece elevate e ciò è dovuto alla eccezionale diversità
sviluppato su fusti, foglie, e altre parti della di litologie che costituiscono il massiccio e
pianta una densa pelosità lanosa in grado alla contiguità e continuità con altri massicci
di offrire protezione termica, protezione montuosi che hanno permesso di mantenere
dai raggi UV e ridurre l’evapotraspirazione. elevati gli scambi floristici.
Tra gli endemismi si segnala la presenza di Tra le specie che superano i 4.000 m di
Campanula cenisia, specie esclusiva delle altezza si possono citare Poa laxa, Androsace
Alpi nord-occidentali. Spettacolari sono alpina, Saxifraga oppositifolia, S. moschata
Campanula cenisia, le fioriture di Linaria alpina, che si può e Ranunculus glacialis, specie quest’ultima
endemismo delle occasionalmente osservare anche a quote che sul versante meridionale dei Lyskamm
Alpi nord-occidentali, molto più basse, sui greti torrentizi, dove i raggiunge la quota record di 4.250 m, limite
rara presenza degli semi fluitati dalle acque trovano un substrato massimo per l’Italia per una fanerogama.
ambienti morenici adatto alla germinazione. Il massiccio ospita numerosi endemismi
del Cervino Tra le rarità si segnalano inoltre, negli delle Alpi nord-occidentali come Campanula
(A. Selvaggi). ambienti umidi limosi prossimi a laghetti o excisa, Phyteuma humile, Saponaria lutea,
ai ruscelli glaciali, le rarisime Carex maritima Saxifraga retusa subsp. augustana, Jacobaea
A destra e Carex bicolor, specie artiche rimaste come uniflora (= Senecio halleri), Thlaspi sylvium,
Linaria alpina, specie relitti sulle Alpi dopo la fine delle glaciazioni. Valeriana celtica subsp. celtica.
tipica dei detriti e Il settore delle Cime Bianche, sulla sinistra
delle morene orografica della conca del Cervino, ospita una
dell’orizzonte alpino, flora tipicamente calcifila tra cui meritano
è presente sul Monte menzione le presenze di Draba hoppeana e
Bianco in alta Val Veni di Saponaria lutea, quest’ultima endemica
(A. Selvaggi). delle Alpi nord-occidentali.
83
Androsace alpina,
una delle poche
specie che
raggiungono quote
superiori ai 4.000 m
nelle Alpi
(A. Selvaggi).
Jacobaea uniflora,
endemismo delle Alpi
nord-occidentali
e a destra
Valeriana celtica,
frequente negli
ambienti ventosi
di cresta del piano
subalpino e alpino
del Monte Rosa
(A. Selvaggi).
In basso
Campanula excisa,
a destra
Phyteuma humile,
endemismi peculiari
della flora di alta
quota del
Monte Rosa
(A. Selvaggi).
84 Provincia alpina
In primo piano la
profonda incisione
dell'Orrido di Foresto
incluso nel SIC
Oasi xerotermiche
dell’Orrido di
Chianocco e Foresto.
Sullo sfondo, il Monte
Rocciamelone (TO)
(L. Giunti).
La Valle di Susa è stata molto studiata che hanno il loro areale principale nel
dal punto di vista floristico perché da Mediterraneo e che hanno qui una parte del
alcuni secoli si è evidenziato che questa loro areale frammentato, come se un’isola
valle ospita un numero di specie vegetali del Mediterraneo fosse presente nella
molto più elevato delle altre zone vicine e, Valle. Il ritrovamento di specie endemiche,
più in generale, della maggior parte delle rare o fuori dall’areale principale ha
vallate delle Alpi. Inoltre, già dall’inizio spinto molti botanici a approfondire le
del 1800 sono state segnalate molte esplorazioni in Valle di Susa, a partire da
specie endemiche, limitate soltanto alle Giovanni Francesco Re (1805), agli inizi
Alpi occidentali italiane o a parte delle dell’ottocento, a Mattirolo (1907) agli inizi
Alpi limitrofe francesi e numerose specie del novecento e poi a Vignolo-Lutati (1949),
Alcune specie
mediterranee in
Valle di Susa:
Leuzea conifera ed
Euphorbia sulcata
(E. Davì).
85 Subprovincia alpina occidentale
Alcune specie
steppiche nella
Riserva Orrido di
Foresto e Chianocco,
in bassa Valle di Susa:
Achillea tomentosa
(D. Bouvet)
e a destra Crupina
vulgaris
(E. Davì).
86 Provincia alpina
Anacamptis pyramidalis
(L. Giunti).
A destra
Ophrys fuciflora
(D. Bouvet).
Orchis morio
(D. Bouvet).
A destra
Orchis tridentata
(D. Bouvet).
esposto a sud, a partire dalle basse quote, che occupano tutte le aree abbandonate
sono in rapida espansione i boschi di in relazione alla loro grande capacità di
roverella e di pino silvestre mentre più in adattamento all’aridità.
alto sono diffusi il pino silvestre e il larice Uno dei boschi più ampi e interessanti
dal punto di vista naturalistico e forestale
Corthusa matthioli, è il Gran Bosco di Salbertrand, situato
una primulacea nell’alta Valle, che dal 1980 è diventato
relitto della flora Parco regionale. Alle quote più basse, tra
arctoterziaria 1.000 e 1.300 m si estendono gli ultimi
(D. Bouvet). lembi interni di faggeta e poi procedendo
verso ovest il faggio si mescola all’abete
bianco e poi ancora all’abete rosso.
Salendo ancora in quota si trovano
grandi estensioni di larice e cembro,
che arrivano fino al limite altitudinale
superiore del bosco, a circa 2.250 m. La
grande varietà di boschi che si alternano
in quest’area è stata determinata, da una
parte, dalle diverse condizioni ambientali
relativamente alla quota e ai substrati e,
dall’altra, dalle diverse gestioni forestali
che sono state adottate nel tempo. I
boschi presentano quindi livelli diversi di
naturalità, in relazione al periodo in cui
si sono formati e alla gestione forestale;
alcuni, come parte del Gran Bosco di
Salbertrand, presentano alta naturalità
e ospitano anche, seppure in misura
minore rispetto ai pascoli ed ai detriti di
Alcune specie dei cui parleremo in seguito, alcune specie
pascoli alpini su sub- rare di particolare pregio come Corthusa
strati acidi (curvuleti): matthioli, una meravigliosa primulacea
Senecio incanus molto rara sul versante meridionale delle
(D. Rosselli), Alpi, che è verosimilmente un relitto
in basso, Silene acaulis della flora tardoterziaria, e Cypripedium
subsp. exscapa calceolus, la più grande orchidea italiana,
(D. Bouvet) detta scarpetta di Venere per la forma
e a destra dei suoi fiori, che è rara in tutte le Alpi
Trifolium alpinum e rarissima, con poche stazioni, nelle Alpi
(L. Cancellieri). occidentali.
Questi boschi offrono innumerevoli servizi
ecosistemici di tipo ambientale, quali la
protezione dall’erosione dei versanti, la
88 Provincia alpina
aree detritiche simili a quelle dolomitiche. la Valle è stata abitata dall’uomo da tempi
La straordinaria varietà di condizioni antichissimi e conserva innumerevoli
geografiche, climatiche e geomorfologiche testimonianze della capillare azione
e di diversi effetti delle glaciazioni dell’uomo che ha modellato il territorio
quaternarie sui versanti e sul fondovalle lasciando tracce chiare e inequivocabili
hanno mantenuto una notevolissima dello stretto rapporto tra uomo e ambiente.
biodiversità vegetale ed animale che Da alcuni decenni l’attività dei Parchi
risulta eccezionale rispetto a quella regionali presenti ha evidenziato le risorse
presente nella grande maggioranza delle naturalistiche e i segni della vita dell’uomo
vallate alpine. nel passato rendendo questa Valle sempre
Per le stesse condizioni ambientali sopra più attrattiva e interessante per i visitatori.
citate, ed in particolare per il clima mite,
Piani alpino Comunità erbacee e arbustive primarie. Al di sopra del limite del bosco (circa
e subalpino 1.800-2.000 m), su substrati silicei, in presenza di un innevamento prolungato, si
ha un mosaico di cenosi erbacee condizionate nella fisionomia e nella struttura sia
dal pascolo brado, praticato lungamente in passato, che dall’attuale progressivo
abbandono. Alle quote maggiori si hanno cariceti a Carex curvula, Festuca halleri,
Minuartia sedoides e Trifolium alpinum, mentre alle quote meno elevate sono
presenti comunità con specie del gruppo di Festuca varia, Paradisea liliastrum,
Dianthus pavonius, Hypochaeris uniflora. Nelle aree ancora fortemente pascolate
prevale Nardus stricta, con Geum montanum, Arnica montana, Gentiana acaulis
e Botrychium lunaria.
In questo settore si hanno piccoli affioramenti di rocce intrusive e ultrabasiche
(metamorfiche) con caratteristiche comunità adattate alle particolari condizioni
edafiche, caratterizzate dalla presenza di specie iperaccumulatrici come
Cardamine resedifolia, Thlaspi sylvium e Linaria alpina. Su questi substrati, in
ambiti subpianeggianti caratterizzati da ristagni di acqua si sviluppano limitate
fitocenosi a Carex fimbriata, in un contesto di praterie a dominanza di Festuca
halleri, mentre su substrati e gradoni si hanno praterie a dominanza di specie del
gruppo di Festuca varia, con Alyssum argenteum, Cardamine plumieri e Plantago
maritima subsp. serpentina, in situazioni di elevata pendenza.
Più in generale in questo orizzonte subalpino si ha un paesaggio molto complesso
e differenziato in funzione di lievi variazioni morfologiche e della durata
dell’innevamento. Si possono infatti trovare, in contatto fra loro, comunità vegetali
molto diverse per composizione floristica e struttura, come cespuglieti, praterie,
vegetazione dei ghiaioni, delle rupi e delle vallette nivali. Frequenti, in questo
settore, come anche sul resto della catena, sono gli arbusteti a Rhododendron
ferrugineum, che assumono un particolare valore percettivo per le loro fioriture,
gli arbusteti a Juniperus communis subsp. alpina e quelli a Vaccinium myrtillus.
I detriti mobili ospitano una vegetazione discontinua, caratterizzata da Saxifraga
bryoides, Achillea nana, A. erba-rotta e Ranunculus glacialis, mentre le rupi sono
colonizzate da Saxifraga cotyledon, S. florulenta, Campanula elatines e Primula
pedemontana.
Anche l’orizzonte subalpino dei substrati carbonatici presenta un paesaggio molto
eterogeneo, sempre condizionato dalla morfologia e dall’innevamento. Le praterie,
molto ricche di specie, ospitano Sesleria caerulea, Astragalus sempervirens,
Festuca violacea, Trifolium thalii e Agrostis alpina. Su affioramenti litoidi o suoli
sottili prevalgono invece piante pioniere quali Kobresia myosuroides, Dryas
90 Provincia alpina
octopetala, Draba aizoides e Carex curvula subsp. rosae. Sono inoltre presenti,
anche se molto più localizzati e poco estesi, rispetto al settore orientale delle Alpi,
gli arbusteti di Pinus mugo e, in situazioni ambientali totalmente diverse, piccole
torbiere. Si tratta di torbiere basse alcaline, con Carex davalliana, Trichophorum
caespitosum, Primula farinosa ed Epipactis palustris.
Piani Larici-cembreti. Leggermente più in basso, in una fascia che corre più o meno
alto-montano a cavallo del limite del bosco, cioè tra i 1.500 e i 2.200 m di quota, in presenza di
e subalpino substrati acidi Larix decidua e Pinus cembra danno luogo ai tipici larici-cembreti,
molto diffusi nel settore alpino occidentale. Si tratta di boschi aperti, con un
sottobosco arbustivo o erbaceo ricco di specie (Juniperus communis subsp.
alpina, Vaccinium myrtillus e Rhododendron ferrugineum). In contesti più aridi,
ventosi o semplicemente più in quota, al posto del larici-cembreto, si afferma
il cespuglieto subalpino a Juniperus communis subsp. alpina, Arctostaphylos
uva-ursi e Rhododendron ferrugineum, formazione senza dubbio fortemente
condizionata per estensione e ricchezza di specie dall’intensità del pascolo.
Piano Abetine, faggete, pinete a Pinus sylvestris. Sempre su rilievi silicei, nella fascia
montano compresa tra i 900 e i 1.600 m specialmente sui versanti esposti a settentrione,
abete bianco e abete rosso danno luogo a estese formazioni forestali. L’alternanza
tra il paesaggio delle abetine e dei larici-cembreti è da collegare in particolare
alla variabilità climatica. Le abetine preferiscono un clima più atlantico con
abbondanti precipitazioni. Su suoli acidi ben drenanti, le abetine ospitano anche
Larix decidua, Fagus sylvatica e Sorbus aucuparia. Nelle situazioni con maggiore
disponibilità idrica (per aumento delle piogge o morfologie meno acclivi) sono da
segnalare lembi di bosco a Betula pendula e ad Alnus incana che, localmente,
possono dinamicamente evolvere verso le abetine precedentemente descritte.
Di norma nel piano montano tra gli 800 e 1.400 m si hanno boschi di Fagus
sylvatica. Sui rilievi carbonatici con precipitazioni meno abbondanti le faggete
si differenziano però per la presenza di specie dei querceti e dei boschi misti
quali Quercus pubescens, Acer opalus subsp. opalus, Castanea sativa, Fraxinus
excelsior e Polygala chamaebuxus. Molti di questi boschi di Fagus sylvatica sono
stati oggetto di intensi interventi selvicolturali o sono stati trasformati in passato
in pascoli e coltivi.
Le faggete, maggiormente presenti dove le precipitazioni sono più abbondanti,
originano una lettiera a volte talmente abbondante che può perfino ostacolare
la germinazione delle specie erbacee. In queste faggete, oltre a Fagus sylvatica,
si nota la presenza di Quercus petraea, Sorbus aucuparia, Rhododendron
ferrugineum e Luzula nivea.
Più o meno alla stessa quota delle faggete, in un contesto climatico più continentale,
sia su suoli acidi che basici, ricchi di scheletro, sabbiosi e quindi soggetti a
erosione, si hanno pinete a Pinus sylvestris, così come avviene, ad esempio,
nelle esposizioni meridionali in Valle di Susa, Val Chisone e Val Germanasca.
Dove in passato le pinete erano state sostituite dai pascoli e coltivi, oggi in parte
abbandonati, si assiste a un recupero naturale della vegetazione autoctona ad
opera di Berberis vulgaris subsp. vulgaris, Prunus spinosa, P. brigantina, Rosa
sp.pl. e Fraxinus excelsior.
Piani collinare e Querceti e ostrieti. Scendendo di quota, nelle fasce collinari e submontane dove
submontano le precipitazioni sono medio-basse (700-1.000 mm), si hanno querceti a roverella
che preferiscono suoli superficiali e ricchi di scheletro, tendenzialmente poveri di
sostanza organica e mai molto acidi. Insieme a Quercus pubescens sono presenti
91 Subprovincia alpina occidentale
diverse altre specie, tra cui Q. cerris, Tilia cordata, Fraxinus excelsior, Acer
campestre e Sorbus aria subsp. aria. Dove aumentano le precipitazioni si segnala
anche la presenza di Buxus sempervirens, Acer opalus subsp. opalus e Hepatica
nobilis. All’aumentare dell’acclività si inserisce nel contesto paesaggistico il pino
silvestre e, sui versanti settentrionali, il carpino nero.
Ostrya carpinifolia, intorno agli 800 m di quota, in presenza di precipitazioni
abbondanti (1.000-1.300 mm), inverni miti e substrati carbonatici o marnoso-
arenacei, origina estese formazioni forestali sulle Alpi Marittime, nelle Valli Gesso,
Stura di Demonte e Tanaro. Le specie che, insieme al carpino nero, danno luogo
a questi boschi sono Quercus pubescens, Fraxinus ornus, F. excelsior, Corylus
avellana, Cytisophyllum sessilifolium e Sesleria argentea.
Nella fascia pedemontana settentrionale e lungo alcune valli fino oltre i 1.000 m di
quota, si osservano lembi di boschi di rovere, che scendono però anche in pianura,
a contatto con i querco-carpineti planiziali. Si sviluppano su substrati silicei,
con suoli acidi superficiali e scheletro grossolano, spesso soggetti a erosione per
effetto delle abbondanti precipitazioni anche estive. In queste formazioni forestali
oltre alla rovere, si hanno molte altre specie arboree tra cui castagno, Sorbus aria
subsp. aria e Betula pendula.
Intorno al Lago Maggiore, su suoli profondi, ricchi di sostanza organica, si
osservano frequenti lembi di boschi misti di latifoglie e castagneti, con elevata
presenza di Acer pseudoplatanus, Fraxinus excelsior, Tilia cordata e Fagus
sylvatica.
Vegetazione della Valle d’Aosta. La Valle d’Aosta, pur nella sua ridotta
dimensione, racchiude buona parte dei tipi di vegetazione presenti nella
Subprovincia alpina occidentale. Sebbene le formazioni alpine e subalpine siano
le più estese e frequenti, la valle in cui scorre la Dora Baltea e in cui sorge
Aosta è abbastanza ampia e articolata in valli minori da consentire lo sviluppo di
formazioni vegetali tipiche delle fasce montane, submontane e anche planiziali.
La posizione geografica, le alte quote dei rilievi che la contornano e l’andamento
della valle principale determinano, però, la prevalenza di un clima continentale
che, a parità di quota, limita o impedisce lo sviluppo di alcune formazioni (faggete
e abetine) presenti nel resto del settore alpino occidentale.
Nelle limitate porzioni planiziali interessate da depositi alluvionali si sviluppano
comunità igrofile di tipo erbaceo, arbustivo e arboreo, attualmente molto ridotte
e frammentate e già descritte in precedenza.
Sui versanti più acclivi dei sistemi collinari che si affacciano sul tratto meridionale
della Dora Baltea, così come sta avvenendo in gran parte del pedemonte alpino,
il recente abbandono dei castagneti sta determinando un lento ma importante
recupero dei querceti di rovere.
In questo settore alpino i boschi di Quercus pubescens sono ben caratterizzati
dalla presenza di Pinus sylvestris e da alcune specie mediterranee (Lonicera
etrusca, Colutea arborescens, Limodorum abortivum) o continentali (Festuca
valesiaca e Campanula bononiensis).
92 Provincia alpina
Su entrambi i versanti della valle principale e delle valli minori che in essa
convergono, sia su substrati acidi che basici, si sviluppano più o meno estese
pinete a Pinus sylvestris con Larix decidua, Picea abies e, nel sottobosco, Juniperus
communis e Carex humilis.
Salendo maggiormente in quota, nelle fasce alto-montana e subalpina (1.600-
2.200 m) si hanno boschi di conifere e arbusteti prostrati.
I lariceti sono molto diffusi alle quote più elevate, anche perché resistono a
prolungati periodi di innevamento (anche oltre 200 giorni). Oltre a Larix decidua
si segnala la presenza di Picea abies, Pinus cembra, P. mugo subsp. uncinata,
Rhododendron ferrugineum, Vaccinium sp.pl., Alnus viridis, Juniperus communis
subsp. alpina e, localmente, J. sabina.
In limitati ambiti geografici (alta Valle Chalamy e alcune porzioni del vallone
di Issogne e del comune di Champorcher), nel piano montano e subalpino,
su substrati basici molto antichi (prasiniti e serpentiniti) e depositi glaciali
quaternari, si hanno interessanti formazioni a pino uncinato (Pinus mugo subsp.
uncinata). In queste formazioni si possono osservare molte specie tipiche della
flora alpina, quali Alnus viridis, Vaccinium myrtillus, V. vitis-idaea, Calluna vulgaris
e Gentiana acaulis. Anche questi boschi sono stati, in passato, in parte eliminati
per favorire i pascoli e per produrre carbone, ma recentemente mostrano evidenti
e interessanti segnali di ripresa.
Nelle fasce altitudinali superiori, subalpina e alpina, si rilevano estese formazioni
arbustive e, soprattutto, prative che costituiscono la vegetazione primaria
d’altitudine già descritta in precedenza. In particolare, però, in Val d’Aosta, date
le quote elevate dei rilievi che si trovano al confine della Francia, sono molto
estese le aree interessate dalla vegetazione subnivale-nivale dei ghiaioni e delle
rupi.
Campanula alpestris
(C. Siniscalco).
93 Subprovincia alpina centrale
Flora e vegetazIone
Anche nel settore centrale della catena alpina si raggiungono altitudini molto
elevate, soprattutto lungo il confine con Svizzera e Trentino-Alto Adige, dove si
sfiorano i 4.000 m. È quindi possibile osservare le tipologie vegetazionali che
caratterizzano le vette alpine, i ghiaioni e le rupi delle fasce nivale e sub-nivale.
Prima di descrivere in modo sintetico i diversi caratteri del paesaggio vegetale di
questo settore dell’arco alpino, si è ritenuto opportuno fornire una dettagliata
descrizione, valida ovviamente per tutto il sistema alpino e non solo per questo
settore geografico, della flora che caratterizza i ghiacciai alpini.
Campanula excisa
sulla morena
galleggiante del
Ghiacciaio del
Belvedere
(Monte Rosa)
(M. Caccianiga).
94 Provincia alpina
Il termine deserto nivale evoca un vuoto mantenere la fronte fino a quote stranamente
biologico ma anche l’ambiente glaciale e basse, fin sotto il limite degli alberi o
periglaciale, selettivo, severo ed austero, al addirittura del bosco (al di sotto quindi dei
pari dei deserti che ci sono più familiari, è 2.000 m). L’esempio più eclatante è la foresta
tutt’altro che privo di vita. dell’Aletsch che sovrasta il ghiacciaio omonimo
Il ghiacciaio, con ghiaccio vivo affiorante o che a sua volta ha la fronte attestata a poco più
coperto da neve compattata è un ambiente di 1.600 metri di quota. Situazioni analoghe si
privo di vegetazione macrofitica ma ospita riscontrano per il ghiacciaio del Miage (Monte
una componente microbiologica non Bianco), quello del Belvedere (Monte Rosa) e
indifferente: il crioplancton caratterizzato da quello del Morterasch (Bernina).
popolamenti algali e fungini che imprimono La copertura detritica superficiale,
colori inattesi. Sono in particolare le colonie di soprattutto se ricca in frazione minuta,
Chlamydomonas nivalis ad impartire alle nevi consente l’insediamento di una rada, ma
compattate una colorazione rossa (benché variegata, compagine di specie pioniere,
Microfotografia di si tratti di alghe verdi) a causa dell’abnorme comprese quelle legnose quali salici, larice
Chlamydomonas accumulo di pigmenti carotenoidi che e abete rosso: queste ultime, in assenza di
(C. Andreis). proteggono la clorofilla dalla degenerazione frazione minuta sabbioso-limosa, possono
Ranunculus glacialis
Ghiacciaio della
Sforzellina
(M. Caccianiga).
96 Provincia alpina
Dianthus glacialis
sulle morene della
Vedretta del Pasquale
(Val Cedec, SO)
(M. Caccianiga).
Se la colonizzazione delle aree liberate dai vita vegetale, per via della granulometria
ghiacciai in ritiro (ambienti proglaciali) è un spesso grossolana, del movimento dovuto
fenomeno ampiamente studiato fin dai primi alla presenza di ghiaccio e delle peculiari
decenni del ventesimo secolo, meno nota è condizioni microclimatiche. La copertura
la colonizzazione da parte della vegetazione vegetale risulta quindi scarsa e organizzata
di alcune forme del paesaggio legate agli in isole circoscritte alle aree più stabili e con
ambienti periglaciali, caratterizzati dalla accumulo di frazione fine. Anche qui, la flora
presenza di ghiaccio nel suolo (permafrost). è fortemente influenzata dal clima freddo e
Tra queste, di particolare interesse sono i umido determinato dal ghiaccio, ed è quindi
rock glaciers o ghiacciai di pietra, ammassi di affine a quella delle morene recenti con una
detrito con presenza di ghiaccio interstiziale massiccia presenza di specie microterme
e testimoni della presenza di permafrost in come Luzula alpino-pilosa, Poa laxa,
ambiente alpino. I rock glaciers rappresentano Doronicum clusii e, su substrato carbonatico,
un ambiente estremamente ostile alla Arabis caerulea.
Calluna vulgaris
(R. Frondoni).
Piani montano e Abetine, peccete, pinete a Pinus sylvestris, faggete. Nel piano montano
alto-montano (1.000-1.800 m), le abetine ad Abies alba o Picea excelsa, determinano in molti
contesti le fisionomie dominanti del paesaggio naturale. Le peccete alto-montane
in esposizione settentrionale, su substrati silicei, ospitano, oltre a Picea abies che
ne determina la fisionomia, Sorbus aucuparia, Abies alba, Vaccinium myrtillus,
V. vitis-idaea e Luzula nivea. Sempre nel piano montano, ma su substrati
carbonatici e in esposizioni settentrionali, Abies alba e Picea abies si integrano
in formazioni forestali miste con elevata presenza anche di Fagus sylvatica. Lo
strato arbustivo di questi boschi è scarso, mentre quello erbaceo può ospitare
numerose specie, alcune delle quali tipiche dei boschi di Fagus sylvatica, tra
cui Luzula nivea, Aposeris foetida, Senecio ovatus, Polygonatum verticillatum e
Euphorbia carniolica.
Nel caso di pendii particolarmente acclivi e clima continentale prevale Pinus
sylvestris, così come avviene per il settore occidentale. Nelle pinete acidofile, oltre
al pino, si hanno Picea abies e Quercus petraea, mentre la pineta ospita Pinus
mugo, Erica carnea, Polygala chamaebuxus e Cotoneaster integerrimus.
Nel clima oceanico delle Prealpi lombarde, è Fagus sylvatica ad essere maggiormente
competitivo. Sui rilievi carbonatici lecchesi, bergamaschi e bresciani, si sviluppano,
infatti, faggete termofile con sporadiche presenze di Abies alba, Ostrya carpinifolia e
Picea abies. Lo strato erbaceo è formato da specie calcifile (Cyclamen purpurascens,
Hepatica nobilis e Helleborus niger) comuni a tutte le faggete.
Si tratta di una tipologia di faggeta di particolare importanza fitogeografica per
il collegamento corologico con le foreste orientali, così come avviene lungo gli
Appennini.
99 Subprovincia alpina centrale
Piani collinare e Boschi di latifoglie miste, querceti. La fascia collinare-submontana dei rilievi
submontano silicatici prealpini è interessata dalla presenza di boschi di latifoglie miste con
netta prevalenza di Tilia cordata nei versanti più freschi. Si segnalano, inoltre,
i pochi lembi residuali di aceri-frassineti in contesti che attualmente ospitano
estese porzioni di castagneti. Questi boschi misti sono particolarmente importanti
proprio perché ospitano un gran numero di specie arboree, quali Fraxinus
excelsior, Acer pseudoplatanus, Tilia cordata e Prunus avium. Lo strato erbaceo
tende ad evidenziare il carattere mesofilo di queste cenosi, ospitando specie
tipiche dei boschi di Fagus sylvatica, come Lamium galeobdolon, Salvia glutinosa
e Brachypodium sylvaticum. In diversi settori prealpini collinari e submontani
carbonatici, nel bosco misto prevale Ostrya carpinifolia. Gli ostrieti, oltre a Ostrya
carpinifolia, sono fisionomicamente legati alla presenza di Fraxinus ornus, F.
excelsior, Carpinus betulus, Quercus pubescens e Prunus avium. Anche lo strato
arbustivo ed erbaceo, è ricco di specie: nel primo caso si segnala la presenza di
Daphne mezereum, Lonicera xylosteum, Taxus baccata, Ilex aquifolium, Daphne
laureola, mentre a livello erbaceo, abbiamo il Cyclamen purpurascens, Geranium
nodosum, Euphorbia dulcis e Lathyrus vernus.
Sui versanti molto acclivi dei rilievi limitrofi al Lago di Garda, si hanno pinete a
Pinus sylvestris con Ostrya carpinifolia, Cotinus coggygria, Erica carnea e Cytisus
purpureus nello strato arbustivo e un abbondante strato erbaceo con Daphne
cneorum e Polygala chamaebuxus.
Boschi termofili a dominanza di carpino nero sono presenti anche sui rilievi
collinari alle spalle di Brescia. In questo caso si segnala un’elevata presenza di
Quercus pubescens e, avvicinandosi al Lago di Garda, di specie termofile come
Quercus ilex, Rubia peregrina e Pistacia terebinthus che beneficiano del clima
mite determinato dal lago.
Alpi Orobie e Prealpi Lombarde costituiscono e del Campo dei Fiori, ad occidente del
una unità biogeografica, caratterizzata da Lago di Como, all’imponente edificio della
una marcata espressione del fenomeno Grigna settentrionale (2.410 m), alla Grigna
endemico, inserita nella regione bioclimatica meridionale ed al Resegone, articolati questi
a clima oceanico che occupa il settore esterno ultimi in suggestive falesie, creste, guglie e
meridionale dell’edificio alpino (Insubria pinnacoli che li hanno resi famosi. Edifici più
Auct.). Ne sono quindi inclusi anche i grandi modesti si susseguono fino alla piramide del
laghi prealpini e le rispettive isole termiche Pizzo Arera (2.512 m) e all’imponente P.zzo
che li circondano. della Presolana (2.521 m) col sottostante
La geolitologia distingue due domini: orrido della Via Mala; il Cimone della Bagozza
uno settentrionale (Alpi Orobie) ed uno e l’anfiteatro della Concarena (2.549 m)
meridionale (Prealpi carbonatiche) separati chiudono il sottosistema situato ad ovest del
da una linea di dislocazione di importanza solco della Vallecamonica. Qui il massiccio
regionale: la Linea Orobica. intrusivo dell’Adamello, con la relativa aureola
Il dominio settentrionale è delimitato a nord di contatto, interrompe la continuità del
dalla Linea Insubrica o Linea del Tonale (un sistema carbonatico, che riprende a sud-est
complesso di faglie a decorso W-E che separa con gruppi montuosi più modesti, che trovano
il sistema sudalpino dalle Alpi Orobie e dalle la loro migliore espressione nel complesso
Alpi Retiche meridionali). E’ rappresentato Corna Blacca-Dosso Alto e soprattutto,
dalle formazioni prepaleozoiche e paleozoiche nell’Alto Garda Bresciano, col massiccio
che costituiscono la dorsale orobica e le sue Tombea-Caplone e Monte Tremalzo-Corno
continuazioni verso ovest, nelle Alpi Lepontine della Marogna caratterizzati da profondi solchi
meridionali, a occidente del Lago Maggiore vallivi sospesi sul Lago di Garda dove spiccano
(dorsale Togano-Laurasca-Zeda) e verso est le falesie che fanno da contraltare al Monte
nelle Alpi Retiche meridionali. L’ossatura Baldo che si staglia sulla sponda opposta.
è data da rocce cristalline e silicoclastiche Nel tardo cenozoico, caratterizzato da
quali scisti e paragneiss archeozoici sui quali instabilità climatica con un'alternanza di
poggiano i sedimenti permiani che trovano nei periodi freddi, temperato-freddi e caldi,
conglomerati desertici (Verrucano Lombardo si è avuto, nelle fasi fredde, l’accumulo di
s.l.) la loro massima espressione. L’orografia imponenti masse glaciali che hanno modellato
è piuttosto omogenea. Non ci si discosta le grandi vallate. Al contrario, il clima delle fasi
molto dalle quote rispettivamente 2.610 m interglaciali ha consentito alla vegetazione
del M.te Legnone, limite occidentale, e 2.730 forestale di spingersi in quota circoscrivendo
del M.te Telenek, limite orientale. Solo alcune gli areali delle entità microterme. Secondo
cime, concentrate nel settore orientale, la teoria delle aree di rifugio, ciò ha favorito,
superano i 3.000 metri di quota (Pizzo Coca, sia nell’ambito del dominio carbonatico che
3.050 m seguito da Scais e Redorta). Sono qui nell’area più a nord di rocce silicatiche,
ancora presenti piccoli ghiacciai che hanno l’accentuarsi di condizioni di isolamento già
il primato (condiviso dalle Alpi Giulie, legato originate da barriere geolitologiche e dalla
all’oceanicità del clima) di essere quelli alle diversificazione microclimatica, soprattutto
quote più basse nelle Alpi. Un solo valico negli habitat legati al carsismo. Tutto ciò
(Passo S. Marco, 1.990 m), per contro, è ha indotto una marcata espressione del
situato ad una quota inferiore ai 2.000 metri. fenomeno endemismo, a vario livello, che
Il dominio meridionale è dato dalle formazioni nella dorsale orobica, e soprattutto nei
carbonatiche mesozoiche delle Prealpi massicci carbonatici mesozoici, si esprime in
Lombarde Occidentali, ad ovest del Lago modo eclatante.
di Como nonché da quelle Bergamasche Il dominio settentrionale, caratterizzato da
e Bresciane ad est, fino al Lago di Garda; rocce cristalline, nel tratto occidentale, oltre
degradano verso sud dove entrano in contatto il solco del Verbano, ospita, in ambiente
con la Pianura Padana. rupestre, Potentilla grammopetala: ma è sulle
Il dominio meridionale presenta un modello di Alpi Orobie che è arroccato il maggior numero
struttura più articolato quanto a fisiografia e di specie endemiche.
orografia. E’ caratterizzato infatti da massicci Sono qui accantonate, sempre in ambiente
isolati circondati da profondi solchi vallivi, già di cresta, specie del genere Androsace, fra le
di per sé origine di barriere biogeografiche. quali spicca A. brevis.
Si passa dai massicci del Monte Generoso Si tratta di una specie con un areale molto
101
Cuscinetto di
Androsace brevis
in piena fioritura alla
fusione delle nevi
sulle creste nel gruppo
del Monte Ponteranica
(Alpi Orobie)
(F. Mangili).
102 Provincia alpina
alla base di pareti rocciose in ripari e anfratti, degli alberi, ma soprattutto, nelle stazioni di
1 2 3 in condizioni ecologiche molto simili ad altre bassa quota, per erosione del suo habitat in
stenoendemiche quali Saxifraga arachnoidea conseguenza di una massiccia ripresa del
4 5 6 e S. presolanensis. Nelle Prealpi questi bosco a pino silvestre e a carpino nero che
ambienti sono sovente frequentati, come ingloba, aduggiandoli, i pinnacoli su cui
7 8 9 ripose, da ovini e caprini che probabilmente vegeta. Differente il caso di Saxifraga petraea
facilitano la dispersione dei frutti delle specie che frequenta pinnacoli e nicchie in ambiente
10 11 12
qui presenti. nemorale.
Di particolare rìlevanza sono ancora I ghiaioni a tessitura più o meno minuta delle
1. Viola comollia, altre specie del genere Saxifraga, spesso pendici del Monte Arera ospitano Galium
Alpi Orobie, Gr. anche queste in habitat peculiari, quali S. montis-arerae, accompagnato da Linaria
del Pizzo del Diavolo presolanensis in nicchie in ombra d’acqua tonzigii: entrambe dal tipico habitus di specie
(M. Caccianiga).
ovvero S. tombeanensis: quest’ultima con migratrici che si nascondono con i fusti
2. Phyteuma popolazioni in drastica riduzione, sia per una striscianti sotto le pietraie da cui emergono qua
hedraianthifolium sconsiderata raccolta avvenuta in passato, e là gli scapi fiorali. La seconda, in particolare,
Rifugio Curò, Gr. nelle stazioni di cresta al di sopra del limite è una delle specie più esclusive della flora
Belviso-Barbellino
(F. Mangili).
3. Sanguisorba
dodecandra,
Alpi Orobie,
Laghi Gemelli
(M. Caccianiga).
4. Campanula raineri,
gr. della Concarena,
(C. Andreis).
5. Campanula
elatinoides,
Forra torrente Enna,
Val Taleggio
(C. Andreis).
6. Telekia speciosissima
Pizzo Arera
(L. Giupponi).
7. Minuartia grignensis
Macereti Monte Arera
(F. Fenaroli).
8. Moehringia
dielsiana, Valle dei
Mulini,
Pizzo della Presolana
(C. Ravazzi).
9. Moehringia
bavarica,
Lago di Garda
(B. Ghidotti).
10. Daphne petraea,
Cima Caldoline,
Gr.Maniva-Dosso Alto
(F. Fenaroli).
11. Moehringia
glaucovirens,
Valvestino, Brescia
(S. Armiraglio).
12. Saxifraga
arachnoidea,
Monte Tombea
(C. Andreis).
103 Subprovincia alpina centrale
comuni anche diverse specie di tarassaco, mentre nei piani montano e collinare la sua
chiamato anche dente di cane, come presenza è artificiale. Sovente si tratta di
Taraxacum aurosuloides, T. cordatifolium, T. rimboschimenti molto antichi che sono stati
fasciatiforme e T. subdissimile; al momento fatti a partire dal XIII secolo, in altri casi
della fioritura, queste specie tingono i prati si tratta dei cosiddetti pascoli a larice, cioè
di un intenso colore giallo. I prati vengono formazioni artificiali con lo strato arboreo
sfalciati da 1 a 3 volte all’anno a seconda formato soltanto da larice e strato erbaceo
della quota, sono concimati con concime di con una flora molto simile a quella dei
stalla e in passato erano regolarmente irrigati; nardeti. In Val di Sole il legno di larice veniva
nel corso dei secoli è stato costruito un utlizzato, già dal 1500, per le miniere di ferro
ingegnoso sistema di canaletti di irrigazione, e per la produzione di carbone. Attualmente le
oggi, peraltro, in gran parte dismesso. Dalla formazioni a larice, non essendo più utilizzate
primavera all’autunno i prati offrono uno come in passato, stanno lentamente evolvendosi
spettacolo di colori sempre diversi, a seconda in peccete.
delle specie in fioritura.
L’area antropica. Le sedi umane appar-
Le foreste. I versanti del gruppo sono rivestiti tengono alle seguenti categorie: paesi, case
ovunque di foreste di conifere: cembrete isolate, talvolta riunite in nuclei di 3-4 edifici,
(soltanto nel settore alpico), lariceti e peccete masi di monte e malghe. L’azione dell’uomo
(settori prealpico e alpico), abetine (soltanto è molto diversa nei vari casi, per cui ne
settore prealpico), e di caducifoglie: querceti risultano paesaggi vegetali differenziati.
a Quercus petraea e frassineti, questi ultimi Attorno ai paesi si estendono le aree agricole,
soltanto con pochi nuclei residui (settore con campi che in passato erano coltivati con
prealpico). La specie di albero più comune è frumento, orzo, segale, avena, patata, grano
Larix decidua, che oggi forma vaste foreste saraceno; oggi quasi tutte le aree coltivate
artificiali monospecifiche. Il larice ha una sono state trasformate in aree prative e il
distribuzione naturale solamente in alta paesaggio è molto cambiato. La flora delle
montagna, nel piano subalpino (ove cresce aree agricole è formata da specie infestanti,
assieme al rododendro e al ginepro nano), la maggior parte delle quali non sono
autoctone, come Galinsoga parviflora, G. infestante, che era formata, oltre che dalle
ciliata, Portulaca oleracea e Asperula arvensis specie citate, da: Centaurea cyanus, Papaver
tipiche dei campi di patata, e molte altre, in rhoeas, P. dubium, Specularia speculum-
passato molto diffuse ed oggi limitate agli veneris, Misopates orontium, Linaria minor e
orti presso le case e a qualche rara parcella Neslia paniculata, tutte specie dei campi di
coltivata, di dimensioni molto ridotte. Con cereali; alcune di esse sono probabilmente
l’abbandono delle colture agricole, si è scomparse, Asperula arvensis, che negli
verificata una forte diminuzione della flora anni dal 1958 al 1965 era molto comune,
Pascolo a Carex
curvula del piano
alpino
(F. Pedrotti).
A destra
Luzula alpino-pilosa
colonizza i detriti del
piano alpino
(F. Pedrotti).
108 Provincia alpina
vegetazione (molto simile alla tundra artica) da Carex fusca, C. frigida e ancora una volta
può svilupparsi soltanto in un tempo molto Trichophorum caespitosum. Sulle rive di
breve, due-tre mesi appena. Le specie più alcuni laghetti e nelle pozze con limo glaciale
significative sono Salix herbacea, Soldanella si insedia Eriophorum scheuchzeri, in densi
pusilla e Polytrichum sexangulare, un popolamenti. La flora dei laghetti alpini è
muschio che forma densi tappeti in mezzo molto povera ed è costituita da poche specie
ai quali crescono le fanerogame. I ghiaioni quali Ranunculus eradicatus (lago Corvo),
e i detriti sono colonizzati da Luzula alpino- Potamogeton natans (Laghetto Dorigoni alla
pilosa. testata della Val di Saent, Rabbi, ove però
è scomparso a seguito di un intervento di
Le torbiere e i laghetti alpini. Al margine restauro non correttamente progettato) e
meridionale del gruppo dell’Ortles-Cevedale, poche altre specie.
in corrispondenza del Passo del Tonale, si
trova la più vasta e bella torbiera di tutto Il dinamismo della vegetazione. Le praterie
il gruppo, anche se situata in posizione non più sfalciate e quelle non più pascolate
marginale rispetto ad esso; si tratta di una vanno incontro a una riforestazione naturale,
torbiera bassa (o piana) fonticola, nella nel quale giocano un ruolo molto importante
quale prevale Trichophorum caespitosum. soprattutto il nocciolo e il pioppo tremulo.
Qua e là sono presenti cuscinetti di sfagno Nocciolo e pioppo tremulo si sviluppano
(soprattutto Sphagnum magellanicum), anche nelle radure delle peccete ove è stato
sui quali crescono Drosera rotundifolia e praticato il taglio a raso e formano siepi lungo
Andromeda Polifolia, quest’ultima molto le strade di campagna e al margine dei prati.
rara in tutto il Trentino e qualche gruppo Molte foreste delle valli dell’Ortles-
di Pinus mugo, che forma la tipica pineta a Cevedale sono artificiali, cioè sono dovute
sfagni sviluppata sui depositi torbosi. La all’intervento dell’uomo che ha eliminato
torbiera del Tonale è oggi molto danneggiata la vegetazione originaria ed ha favorito la
a seguito dell’espansione urbanistica in atto. diffusione del larice. Questa specie è stata
Sui versanti con affioramenti di acqua (come piantata dall’uomo a scapito di altre specie,
in Val di Saent) sono abbstanza frequenti come l’abete rosso, la rovere e il frassino
torbiere di piccole dimensioni caratterizzate maggiore; si tratta di rimboschimenti molto
Margine meridionale
del gruppo
dell’Ortles-Cevedale.
In corrispondenza
del Passo del Tonale,
si trova la più vasta e
bella torbiera di tutto
il gruppo
(F. Pedrotti).
109 Subprovincia alpina centrale
A destra
Andromeda polifolia
fra gli sfagni della
torbiera del Passo del
Tonale
(F. Pedrotti).
antichi, che sono stati fatti a partire dal XIII A seguito dell’abbandono sia del pascolo sia
secolo a causa dell’utilizzazione del legno di degli interventi a favore del larice, in questi
larice per le miniere di ferro, che in molte lariceti si osservano oggi vasti processi di
località hanno completamente rimpiazzato la successione secondaria con sviluppo di noc-
vegetazione originaria, dando così origine a ciolo e di altre specie arbustive; in molti casi,
foreste artificiali di Larix decidua. In altri casi come nel lariceto di Dimaro, è iniziato anche lo
le foreste originarie sono state trasformate sviluppo di Picea abies, mentre la riproduzione
nei cosiddetti pascoli a larice, così chiamati del larice non avviene più o avviene in forma
perch permettono lo sviluppo di uno strato molto ridotta; fra non molti anni questi lariceti
erbaceo simile a quello dei nardeti. si saranno trasformati in peccete.
Lariceto di Dimaro,
con sviluppo
di Picea abies
(F. Pedrotti).
110 Provincia alpina
le brughIere pedemontane
Brughiera planiziale,
invasa da alberi e
arbusti, su suolo
ciottoloso-sabbioso
presso l’aeroporto
di Malpensa (VA)
(G. Brusa).
Brughiera rupestre, di
chiara sostituzione del
bosco, sulle pendici
del Monte Martica
(VA)
(G. Brusa).
Gentiana
pneumonanthe
(G. Brusa).
A destra
Jasione montana
(G. Brusa).
113 Subprovincia alpina orientale
Flora e vegetazIone
In questa Subprovincia, anche se spesso il paesaggio vegetale fa riferimento
alle stesse fitocenosi che caratterizzano le altre Subprovincie alpine, si hanno
elementi floristici differenziali legati alla vicinanza dell’Europa orientale.
Piano alpino Comunità erbacee primarie. I migliori esempi di vegetazione nivale e subnivale
si possono osservare in Trentino-Alto Adige. Così come ampiamente descritto
per i settori centrale e occidentale, nel gruppo dell’Ortles-Cevedale, la flora
subnivale-nivale dei ghiaioni e delle rocce silicee oltre i 3.000 m di quota, è
costituita da cuscinetti di crittogame pioniere come Andreaea nivalis. Nelle stesse
condizioni ma su substrati calcareo-dolomitici si ha invece Andreaea rupestris.
La vegetazione primaria d’altitudine acidofila, tra i 2.100 e i 3.000 m è formata
da praterie alpine che si susseguono in senso altitudinale: alle quote più elevate
prevale la prateria discontinua a Carex curvula (curvuleto), a quote inferiori (tra
i 2.100 e 2.600 m) quella a Festuca halleri.
A quote ancora inferiori, le zone pianeggianti o in debole pendio ospitano, invece,
praterie a Nardus stricta, con Avenula versicolor, Anthoxanthum odoratum,
Leontodon helveticus, Arnica montana e Homogyne alpina. In questo contesto la
variabilità morfologica favorisce la presenza di una ricca flora. La vegetazione
rupestre si caratterizza per la presenza di diverse fitocenosi con Primula hirsuta
(Trentino Alto Adige), Saxifraga paniculata, Poa glauca e Koeleria hirsuta. Di
grande interesse anche gli elementi tipici dei ghiaioni ad Androsace alpina, Oxyria
digyna, Luzula alpinopilosa e Hieracium intybaceum. Nelle vallette nivali si hanno
le comunità già descritte a Salix herbacea, mentre sulle superfici pianeggianti
si possono rinvenire le torbiere a Carex nigra e a Trichophorum cespitosum e la
vegetazione palustre di alta quota dominata da un abbondante strato muscinale
e da Eriophorum scheuchzeri.
Su substrati calcareo-dolomitici le praterie primarie d’altitudine, presenti oltre i
2.000 m, sono straordinariamente diversificate e ricche di specie. L’aspetto più
diffuso è rappresentato dalle praterie a Sesleria caerulea e Carex sempervirens,
con diverse specie endemiche o orientali, come Centaurea jacea subsp. haynaldii,
Horminum pyrenaicum, Pedicularis elongata subsp. elongata e P. elongata subsp.
julica. In questo contesto comunità a Dryas octopetala possono precedere il
seslerieto, mentre in formazioni più mature si possono osservare specie meno
pioniere quali Festuca norica e Trifolium pratense. Sui ripidi versanti calcarei
e dolomitici prevale Carex firma e sulle creste ventose praterie a Kobresia
myosuroides, così come già evidenziato per il settore centrale.
114
Fioritura di
Rhododendron
ferrugineum
al Passo Giau (BL),
a destra la Gusèla
(M. Da Pozzo).
La bellezza e l’unicità di queste spettacolari recenti, che includono anche aree non
montagne, note in tutto il mondo, sono dolomitiche, si segnalano: Wilhalm et al.
certamente dovute alle peculiarità (2006) per l’Alto Adige, Prosser (2001)
geologiche e paesaggistiche, criteri che nel per il Trentino (solo lista rossa, ma sono
giugno 2009, a Siviglia, sono valsi l’ambito le specie più rare e interessanti), Argenti
riconoscimento di Patrimonio mondiale e Lasen (2004) per Belluno, Poldini et al.
dell’Umanità, almeno per alcuni gruppi che (2002) per i territori friulani. Ancora più
interessano 5 province: Belluno, Bolzano, recente è la pubblicazione di una lista
Pordenone, Trento, Udine. Se è vero che i rossa della Regione Veneto, con dati
due criteri ecologico-naturalistici non sono suddivisi per Provincia e note di testo su
stati ritenuti idonei a sostenere l’unicità vari aspetti di interesse conservazionistico.
del bene, è altrettanto certo e innegabile Molto più numerosi, e talvolta di ottimo
che senza il contributo della straordinaria dettaglio, sono i contributi che interessano
qualità della copertura vegetale il criterio territori più ristretti o singoli biotopi. A
paesaggistico non avrebbe superato la titolo esemplificativo tra i più recenti si
selettiva prova. Non a caso, infatti, circa il segnala una lista floristica di oltre 700
95% del territorio riconosciuto come area specie riguardanti la riserva naturale di
cuore o come area tampone è incluso in Somadida (Auronzo).
aree protette (parchi naturali, riserve o siti La flora vascolare dell’area dolomitica
Natura 2000). comprende circa 2.400 entità. Il numero
Dell’attesa pubblicazione monografica preciso dipende ovviamente dai confini
di Erika e Sandro Pignatti sull’intero considerati (i fondovalle antropizzati
sistema dolomitico, è stato stampato il arricchiscono la biodiversità, ma ospitano
primo volume dedicato alla vegetazione piante esotiche che diminuiscono il
e ai dati ecologici (2014) mentre non valore naturalistico). Il numero di specie
esiste ancora un catalogo floristico strettamente endemiche è certamente più
organico e aggiornato, pur disponendo limitato rispetto a quello di altre celebri
di molteplici dati, di solito suddivisi per aree di interesse floristico (Alpi Marittime,
unità amministrative. Tra i contributi più Insubria, Prealpi Carniche, Carso), ma
116 Provincia alpina
Prato pingue e
relativamente magro
con fioritura di
Salvia pratensis e
Rhinanthus freynii
a Selva di Cadore;
sullo sfondo il Monte
Cernèra (BL)
(M. Da Pozzo).
Fioritura di
Pulsatilla vernalis
al Passo Giau;
a destra la Gusèla
(M. Da Pozzo).
117 Subprovincia alpina orientale
A destra
Parco Nazionale delle
Dolomiti Bellunesi;
Malga Vette Grandi
nella Busa delle Vette;
sullo sfondo le cime
dolomitiche delle
Pale di San Martino
e il Cimonega
(M. Da Pozzo).
118 Provincia alpina
Gli endemismi
delle Dolomiti
(M. Da Pozzo).
1 4
5
2
6
3 7
1.
Campanula
morettiana
2.
Sempervivum
dolomiticum
3.
Saxifraga depressa
4.
Primula tyrolensis
5.
Rhizobotrya alpina
6.
Saxifraga facchinii
7.
Draba dolomitica
119 Subprovincia alpina orientale
peraltro, non possono essere compresi e individuata una stazione (molto a rischio
apprezzati se li si considera globalmente. per interventi relativi a impianti sciistici)
Ogni gruppo o settore ha la sua peculiare del minuscolo e rarissimo Botrychium
identità che si è tentato di caratterizzare, simplex.
almeno per la parte bellunese. Nelle La qualità ambientale dell’area dolomitica
Dolomiti Friulane, particolarmente integre è testimoniata dalla rete di parchi e aree
con estesi greti torrentizi, spiccano specie protette che includono quello nazionale
quali Arenaria huteri (casmofita), Gentiana delle Dolomiti Bellunesi, che ha il suo
froelichii subsp. zenariae (ghiaioni), vertice floristico sulle Vette di Feltre (locus
Primula wulfeniana (firmeti), tutte specie classicus per Minuartia graminifolia,
che, salvo un’eccezione da confermare, Thlaspi minimum, Rhizobotrya alpina),
non superano verso occidente il Piave. quello regionale delle Dolomiti d’Ampezzo,
Nelle Dolomiti occidentali dell’Alto Adige, quelli trentini di Paneveggio-Pale di San
ad esempio, nella zona dell’Alpe di Martino e dell’Adamello-Brenta, quelli
Siusi, spiccano presenze di rarissime altoatesini di Fanes-Senes-Braies, delle
specie torbicole quali Carex capitata, C. Dolomiti di Sesto, Puez-Odle e Sciliar-
heleonastes, C. maritima. In Val Jumèla Catinaccio e quello delle Dolomiti Friulane.
(gruppo della Marmolada, TN) è stata
Piani montano e Peccete, faggete, pinete a Pinus sylvestris, abetine. A quote inferiori, comprese
alto-montano mediamente fra i 1.400 e i 2.000 m, in condizioni climatiche subcontinentali
e continentali si ha un interessante aspetto di pecceta con mirtilli (Vaccinium
myrtillus e V. vitis-idaea) e Deschampsia flexuosa. Questi boschi sono stati
interessati, nel passato, da frequenti tagli per ottenere praterie falciabili (ad
esempio a Trisetaria flavescens) e pascoli. Dove queste pratiche sono state
abbandonate, si insedia una comunità a Populus tremula che favorisce il recupero
successivo del bosco di conifere.
Nel piano montano delle Prealpi Carniche e Giulie e in aree limitate in Veneto,
su substrati carbonatici, si sviluppa una faggeta subalpina in cui sono presenti
120 Provincia alpina
Linaria alpina
Monte Sobretta,
Alpi Retiche
(C. Andreis).
bianco diventa più abbondante dando forma ad una tipologia ben differenziata
dalla presenza di megaforbie quali Lactuca alpina, Adenostyles alliariae e Strep-
topus amplexifolius.
Fiume Tagliamento e pinete a Pinus nigra. Per valorizzare nel modo migliore
la biodiversità floristica e vegetazionale dei sistemi fluviali alpini orientali si è
scelto di approfondire il paesaggio vegetale legato al Fiume Tagliamento. Malgrado
le non poche opere di regimazione, le utilizzazioni idroelettriche, il frequente
e pesante asporto di materiali inerti, gli usi impropri delle aree golenali a fini
ludici e sportivi da parte delle comunità rivierasche, si è mantenuto un elevato
grado di naturalità e di funzionalità ecologica con conseguente buon livello di
autodepurazione delle acque. La sua funzione di corridoio ecologico fra Alpi e
mare è rimasta sostanzialmente attiva.
La sintetica descrizione della Subprovincia alpina orientale non può trascurare le
pinete a Pinus nigra, che occupano vasti settori rocciosi, in quanto particolarmente
adatte a suoli primitivi presenti su morfologie acclivi, falde detritiche e creste
rupestri. I suoli sono primitivi, ma il clima è chiaramente oceanico. Nelle aree
di transizione verso il clima continentale le pinete ospitano Pinus sylvestris e
Cytisus purpureus. In Friuli si hanno spesso pinete miste con Ostrya carpinifolia
e Quercus pubescens che su espluvi e impluvi tendono a favorire Pinus nigra e
Ostrya carpinifolia.
123 Subprovincia alpina orientale
Alveo intrecciato
del Tagliamento
nell’ultimo tratto
montano
(S. Comin).
124 Provincia alpina
Fioriture spettacolari
di Erica carnea al di
sotto del pino nero
(C. Francescato).
129 Subprovincia alpina orientale
situazioni estreme di suoli primitivi il austriaco sembra essere molto più vivace.
principale fattore limitante è l’acqua, è Alle quote più elevate, verso il limite
interessante ricordare che nelle pinete superiore della distribuzione a 1.500-
friulane la principale variabilità ecologica 1.700 m, la composizione floristica
è data da due aspetti che ben rispecchiano della pineta muta drasticamente: molte
questa situazione: uno più arido dominato delle specie legnose submediterranee a
da Carex humilis su materiali sciolti di distribuzione sud-est europea vengono
dolomie e calcari e uno meno arido e a meno per essere sostituite da formazioni
umidità intermittente a Molinia caerulea più o meno chiuse di Genista radiata. In
subsp. arundinacea su materiali calcareo- questo caso si può parlare di un ginestreto
marnosi ove il rinnovamento del pino con rado soprassuolo di pino austriaco.
Del resto il carattere pioniero del pino
Il pino nero va spesso nero, specie serotinica (favorita nella
soggetto all’attacco disseminazione dagli incendi forestali
del fungo in quanto il calore prodotto determina
Sphaeropsis sapinea la dilatazione delle squame strobilari
(D. Predonzan). consentendo l’uscita dei semi), fa sì che
esso partecipi a numerose altre comunità
vegetali: da associazioni quali i seslerieti
di forra a Sesleria caerulea, alle mughete
di bassa quota ad Amelanchier ovalis, fino
alla partecipazione variamente graduata
negli ostrieti e nelle faggete primitive,
rispetto alle quali viene meno con la
progressiva evoluzione dei suoli.
Per la sua frugalità il pino nero è stato
spesso impiegato in rimboschimenti
di territori carsici, di cui esistono
innumerevoli esempi soprattutto sul
Carso giuliano (Friuli Venezia Giulia).
Ulteriori elementi La descrizione della flora e del paesaggio vegetale delle Subprovince del sistema
di valore alpino hanno nel contempo evidenziato due elementi che possono sembrare
conservazionistico contrastanti: un'elevata omogeneità di fitocenosi nella loro caratterizzazione
della Provincia ecologica, legata specialmente al gradiente altitudinale, e un'eccezionale
alpina diversificazione in funzione di substrati geologici e del prevalere di flore di diverse
provenienze fitogeografiche. Questa è la ragione per cui si è creduto opportuno
articolare la complessità floristica del sistema alpino partendo dal settore
mediterraneo e occidentale fino ad arrivare alle estreme propaggini orientali.
Per concludere si è scelto di inserire alcuni elementi del paesaggio vegetale presenti
nei diversi settori della Provincia alpina; in particolare vengono presentati degli
approfondimenti su:
- le pinete a pino cembro in quanto sono particolarmente rappresentative del
paesaggio delle porzioni più interne, continentali, delle Alpi;
- le popolazioni del genere Primula, dato che nel sistema alpino rappresentano il
secondo hotspot della diversità di questo genere (ben 25 specie), dopo la regione
himalayana e prima dell’intero Nord America;
- la flora delle pareti rocciose e dei ghiaioni delle Alpi e dell’Appennino
settentrionale; da segnalare in particolare le peculiarità floristiche e
vegetazionali dei paesaggi rupestri caratterizzati da un insieme di specie che
grazie a particolari adattamenti vivono in ambienti così estremi;
- le torbiere, perché si tratta di un habitat di straordinario interesse in quanto
testimone delle caratteristiche ambientali, floristiche e vegetazionali del periodo
post-glaciale.
130 Provincia alpina
Pineta acidofila a
Pinus cembra in alta
Valfurva (SO)
(G. Sburlino).
Il bacio, secondo Paul Verlaine, è una sono venute alla luce ancora due specie
primula nel giardino delle carezze e d’altra endemiche del distretto calcareo esalpico
parte l’umanità della primula ha radici (Prealpi Lombardo-Venete), P. albenensis e
profonde, che risalgono all’arrivo di Homo P. recubariensis; e non è finita, perché altro
sapiens nell’Eurasia temperata. Qui la materiale è tuttora allo studio.
nostra specie dalle abitudini tropicali si
adattò all’inverno con il suo freddo e la sua Le primule alpine. Al territorio alpino (con
uggia, soprattutto imparò a vivere l’attesa l’Appennino settentrionale e le Alpi Apuane)
emozionante del ritorno della primavera. Era appartengono tre specie della sezione
dunque inevitabile che rondini e primule, fra nominale (Primula), che vivono sui suoli
le tante magie naturali del risveglio, venissero humiferi della fascia boschiva: P. elatior , P.
investite di un ruolo simbolico nella rinascita veris e P. acaulis (= P. vulgaris), quest’ultima
stagionale e nel ridestarsi dei sentimenti. conosciuta come la comune primula gialla.
Questa storia è mirabilmente riassunta nel Due specie della sezione Farinosae (P. farinosa
nome Primula, sostantivo del latino classico e P. halleri) caratterizzano i prati umidi e le
con il significato originale di piccola primizia, torbiere alle quote medio-alte. Infine (Zhang
annunciatrice di primavera; ci penserà e Kadereit 2004) la sez. Auricula (tipificata su
Linneo, nel 1753, a conferire a quel nome P. auricula) domina la scena con 23 specie (19
tutta la dignità scientifica del noto genere in Italia) diffuse in montagna negli ambienti
botanico. rocciosi. P. palinuri, endemica della costa
A seguito degli studi filogenetici (ricostru- tirrenica tra Capo Palinuro e Scalea (falesie
zione delle discendenze attraverso la e pareti calcaree), costituisce un’affascinante,
sequenziazione del DNA), il genere Primula singolare e antica estensione mediterranea
(420-500 specie, secondo i punti di vista) della sezione.
è stato ampliato con l’inclusione di generi Le primule della sez. Auricula sono davvero
come Cortusa, Dodecatheon, Sredinskya figlie del sistema alpino, infatti ben 14 delle
e altri finora trattati a parte (Kovtonyuk e 23 specie vi risultano endemiche (corotipo
Goncharov 2009); tra questi la flora italiana alpico); tra le non endemiche (corotipo orofita
è interessata dal primo con la rara e bella SW-europeo) ricordiamo P. hirsuta, P. latifolia,
specie dal look himalayano Primula matthioli, P. integrifolia e P. pedemontana.
propria dei ghiaioni umidi, colatoi e rupi Fra le endemiche, 12 specie sono limitate
stillicidiose in ombra, tra 800 e 2.000 m in a territori geograficamente ristretti o
Piemonte, Trentino e Veneto (Pignatti 1982). talvolta quasi puntiformi: P. glutinosa (Alpi
Ma d’altra parte la stessa famiglia delle Orientali dal Bormiese al Cadore), P. allionii
Primulaceae ha subito rimaneggiamenti (Alpi Marittime in Val Roya e Val Gesso), P.
profondi e la sua circoscrizione attuale apennina (Appennino tosco-emiliano e Alpi
(Steven 2001) è molto larga, includendo Apuane al Lago Santo, M.te Orsaro, Alpe di
quattro vecchie famiglie riprese al rango di Mommio, Pania di Corfino, Palodina e M.te
sottofamiglia (Maesoideae, Theophrastoideae, Vecchio), P. marginata (Alpi dell’Ossola,
Primuloideae, Myrsinoideae). Cozie e Marittime), (dalle Alpi Pennine alle
La diversità di Primula viene raggruppata Marittime), P. villosa (Alpi occidentali di SE,
in 30 (o 33) sezioni, alcune delle quali fra le prov. di Torino, Aosta, Vercelli e Biella),
rappresentate da una sola specie; in Italia si P. glaucescens (= P. longobarda; Prealpi tra
incontrano tre di queste sezioni, ma il totale le prov. di Lecco e Brescia), P. daonensis
delle specie ammonta a 25 (in Europa 33 (Alpi Retiche meridionali, inclusi Lagorai), P.
su quattro sezioni). Tale ricchezza è spiegata polliniana (= P. spectabilis; settore esalpico tra
dalla catena alpina, che si attesta secondo le Alpi venete e le bergamasche), P. albenensis
hot spot della diversità del genere Primula, (Prealpi bergamasche nell’area del M.te Alben),
dopo la regione himalayana (oltre 300 specie P. recubariensis (Prealpi di Recoaro, Vicenza),
in 24 sezioni) e prima dell’intero Nordamerica P. tyrolensis (Dolomiti, dalla Valsugana a P.so
(20 specie in cinque sezioni). Specie isolate Mauria e Val Cimoliana) e P. wulfeniana (Alpi
si rinvengono ancora sui rilievi africani e in Carniche, dal territorio di Sauris al Canale
Sudamerica. Fra i menzionati territori, la di Cimolais). L’orologio molecolare ottenuto
flora delle Alpi è la meglio conosciuta (prima dalle sequenziazioni ITS del DNA (Zhang e
esplorazione di H.-B. de Saussure nel 1773), Kadereit 2004) rivela la discendenza delle
ciò nonostante negli ultimi venticinque anni Auricula da un lontano ancestro giunto
133 Subprovincia alpina orientale
Primula marginata
in habitat su rocce
calcaree presso
Ostana (CN)
(E. Banfi).
in Europa dall’Asia orientale, nel periodo 8220 (pareti rocciose silicee con vegetazione
compreso fra 3.6 e 2.4 milioni d’anni fa (fine casmofitica).
Pliocene). La catena alpina in fase terminale Durante la buona stagione, in assenza di
di formazione e le successive vicende competizione, le rosette fogliari crescono con
glaciali del Pleistocene stimolarono processi estrema lentezza e la fioritura, cadenzata
speciativi, soprattutto per frammentazione e sullo scioglimento delle nevi, si manifesta in
isolamento, senza particolare coinvolgimento modo vistoso, spesso spettacolare, ma con
dei genomi. Il numero cromosomico, esaploide basso numero di fiori e bassa produzione di
in quasi tutte le specie (2n » 66), fa ritenere semi. Tali caratteristiche sono proprie della
che la radiazione evolutiva delle Auricula sindrome biostrategica S (stress-tolleranza),
sia culminata nel Pleistocene a opera delle riconosciuta dal bioecologo inglese John
glaciazioni, con l’isolamento in aree-rifugio Philip Grime (Grime 1979) nelle piante che
(nunatakker) e la conseguente deriva genetica vivono in ambienti estremi, privi di nutrienti
di numerose, piccole popolazioni distribuite ma liberi da competizione, dove uno sviluppo
sull’intero arco alpino; Claude Favarger, lento, una contenuta ma vistosa fioritura e
biosistematico e fitogeografo svizzero che pochi semi di buona qualità (geneticamente
studiò a fondo l’origine della flora alpina, diversificati) sono strumenti vincenti.
definì schizoendemico questo modello di Le radici delle primule si interfacciano con
speciazione intraterritoriale. il substrato litologico attraverso uno scarno
straterello di suolo, che risente direttamente
Habitat ed ecobiologia. Le primule alpine del chimismo della roccia sottostante, per cui
vivono a quote comprese fra 300 m (P. ogni specie è preadattata alle condizioni di
auricula) e 3.100 m (P. glutinosa), dove acidità o basicità determinate dal substrato.
abitano le pareti rocciose, i pendii rupestri, Nella catena alpina si contano 9 specie acidofile
le vallette nivali, le morene a lungo innevate (blocchi e affioramenti cristallini) e 13 basifile
e i pascoli impietrati, spesso a mezz’ombra (calcari e dolomie), variamente distribuite
e in presenza di scorrimento; il loro ambito dalle Alpi Marittime alle Giulie, in relazione
primario di crescita si trova nelle associazioni alla topografia dei litotipi; P. hirsuta, diffusa
rupicole della classe Asplenietea trichomanis dalle Alpi occidentali ai Pirenei, è l’unica entità
cui, secondo la Direttiva 92/43 CEE, sono capace di vivere su entrambi i tipi di substrato
attribuiti gli habitat 8210 (pareti rocciose con adeguata selezione di ecotipi.
calcaree con vegetazione casmofitica) e
134 Provincia alpina
1 2
3 4 5
6 7 8
9 10 11
Le Primule alpine:
1.
Primula acaulis
(M. Zepigi).
2.
Primula farinosa
(E. Guarnaroli).
3.
Primula auricula
(V. Volonterio).
4.
Primula palinuri
(F. Fenaroli).
5.
Primula hirsuta
(G. Valsecchi).
6.
Primula latifolia
(V. Volonterio).
7.
Primula integrifolia
(L. Carloni).
8.
Primula pedemontana
(C. Severini).
9.
Primula glutinosa
(G. Valsecchi).
10.
Primula allionii
(C. Severini).
11.
Primula apennina
(B. Romiti).
135 Subprovincia alpina orientale
12
13 14
15 16 17
18 19
Segue
Le Primule alpine:
12.
Primula marginata
(G. Bellone).
13.
Primula glaucescens
(G. Valsecchi).
14.
Primula daonensis
(A. Federici).
15.
Primula polliniana
(= P. spectabilis
auct., non Tratt.).
(M. Banzato e
L. Tosetto).
16.
Primula albenensis
(E. Pallotti).
17.
Primula recubariensis
(P. Arrigoni).
18.
Primula tyrolensis
(F. Fenaroli).
19.
Primula wulfeniana
(R. Del Sal).
136 Provincia alpina
1 Primula acaulis Habitat: incluso nei gruppi 91- 6 Primula latifolia Habitat 8220, 8210 (rupi, pietraie);
1 2 92 del codice di Natura 2000 (foreste di latifoglie presente dalle Alpi Marittime (Liguria e Piemonte)
mesofile); assente solo in Sardegna, caratterizza le alle Orobie (prov. Bergamo) (Pizzo Zerna, BG, 2.400
3 4 5 aperture e i margini dei boschi (faggeti, querceti, m);
querco-carpineti, robinieti di sostituzione) (Endine
6 7 8
Gaiano, BG); 7 Primula integrifolia Habitat 8220 (rupi silicee
stillicidiose, vallette nivali su base cristallina);
2 Primula farinosa Habitat 7230 (torbiere basse diffusa sulle catene interne della Lombardia (Tonale,
9 10 11 alcaline); specie-tipo della sezione Farinosae; Gavia, Valtellina) e del Piemonte orientale (alta Val
distribuzione generale: Eurasia; distribuzione italiana: d’Ossola);
arco alpino (rara) e pianura padana orientale (non
confermata di recente) (Montespluga, SO, 1.900 m); 8 Primula pedemontana Habitat 8220: rupi, morene
e pascoli impietrati su base silicea; distribuzione
3 Primula auricula Habitat 8210 (rupi calcaree); non endemica rispetto al territorio alpino: dalle Alpi
orofita Sud-europea con distribuzione nazionale Pennine ai Pirenei di Spagna (Valle di Champorcher,
includente l’arco alpino e la catena appenninica fino 2.000 m);
alla provincia di Salerno (M.te Alben, BG, 1.850 m)
9 Primula glutinosa Habitat 8220 (rupi, morene e
4 Primula palinuri Habitat 8210 (pareti rocciose vallette nivali su base cristallina); endemica E-alpica,
calcaree, rupi stillicidiose); endemica sud-tirrenica dal territorio di Bormio (prov. Sondrio) al Cadore
presente nelle formazioni a garofano rupestre (prov. Belluno) (Passo Gavia, 2.700 m);
(Dianthus rupicola) lungo il tratto di costa compreso
fra Capo Palinuro e Scalea (Romagnese, PV, Giardino 10 Primula allionii Habitat 8210 (rupi calcaree
Alpino di Pietra Corva, culta); ombreggiate); endemica W-alpica con distribuzione
in Val Roya (da dove sconfina in Francia) e in Val
5 Primula hirsuta Habitat 8220, 8210 (rupi, morene, Gesso (Entracque, CN, 1.200 m);
pietraie, pascoli impietrati); presente dalle Alpi
Retiche alle Graie (Montespluga, SO, 1.900 m); 11 Primula apennina Habitat 8220 (rupi silicee);
endemica N-appenninico-apuana
(M.te Braiola, MS, 1.750 m);
12 Primula marginata Habitat 8210 (rupi calcaree); 16 Primula albenensis Habitat 8210 (rupi
12 endemica SW-alpica, dalle Alpi Pennine (Val calcareo-dolomitiche); endemica E-alpica ristretta
d’Ossola) alle Marittime, fino al Delfinato e al al massiccio del M.te Alben in provincia di
13 14 Nizzardo (Francia) (Limone Piemonte, CN, 1.650 Bergamo (M.te Alben, BG, 1.900 m);
m);
17 Primula recubariensis Habitat 8210 (rupi
15 16 17 13 Primula glaucescens Habitat 8210 (rupi e pietraie calcareo-dolomitiche); endemica E-alpica ristretta
umide a lungo innevamento su base calcarea); alle Prealpi di Recoaro (prov. Vicenza) (gruppo del
18 19 endemica E-alpica, dalle Alpi Lombarde (Grigne) M.te Fumante, VI, 1.740 m);
alle Tridentine (M.te Bondol) (M.te Resegone, LC,
1.200 m); 18 Primula tyrolensis Habitat 8210 (rupi calcareo-
dolomitiche umide e ombrose); endemica E-alpica
14 Primula daonensis Habitat 8220 (rupi e pascoli presente nel territorio compreso tra la Valsugana
impietrati su base silicea); endemica E-alpica (prov. Trento), Passo Mauria (prov. Belluno-Udine)
(Lombardia-Trentino), vicariante edafica di P. e Cimolais (prov. Pordenone) (Alpi Feltrine, BL,
glaucescens (Val Fredda, BS, 2.100 m); 1.900 m);
15 Primula polliniana (= P. spectabilis auct., non 19 Primula wulfeniana Habitat 8210 (rupi
Tratt.). Habitat 8210 (rupi, pietraie e pascoli stillicidiose e ghiaioni a lungo innevamento su
impietrati su base calcarea); endemica E-alpica, matrice calcarea); endemica E-alpico-carinziaca,
diffusa fra le provincie di Bergamo e Belluno (Ala, diffusa dai Monti di Sauris (prov. Udine) alle
TN, 2.000m); Alpi Caravanche (Austria e Slovenia) (Forcella
Clautana, PN, 1.400 m; (R. Del Sal).
Tutte le immagini (1-19) sono state tratte da Acta Plantarum, Forum. Disponibili on line (varie date di
consultazione): http://www.actaplantarum.org
137 Subprovincia alpina orientale
Le rupi. L’ambiente delle rupi è certamente alle variazioni di questo parametro. Queste
uno dei più sfavorevoli per la vita vegetale, ultime vengono tradizionalmente distinte in
tuttavia il numero di organismi che riesce specie calcifile (o calcicole), che colonizzano
a sopravvivere in questo tipo di habitat è le rupi carbonatiche e specie calcifughe (o
sorprendentemente elevato in termini di silicicole), tipiche delle rupi silicatiche. Le due
diversità di forme e di varietà di gruppi distinte tipologie differiscono per la capacità
sistematici. Sulle rupi possono vivere, infatti, di utilizzare e tollerare la presenza di calcio
alghe, licheni, briofite e numerose piante nella minima quantità di terreno che si forma
vascolari, ovvero piante provviste di veri entro le fessure rocciose.
tessuti, capaci di colonizzare le pareti rocciose Le specie vascolari radicanti nelle fessure della
nelle più svariate condizioni microambientali. roccia vengono anche suddivise in casmofite
Queste ultime costituiscono la componente di e comofite sulla base delle loro modalità di
gran lunga predominante nella flora rupicola. crescita ed esigenze trofiche. Le casmofite
La biodiversità vegetale delle rupi in termini sono specie perenni con habitus a cuscinetto
di piante vascolari dipende dai gradienti o a rosetta che riescono a crescere anche
ambientali relativi a insolazione, temperatura nelle fessure rocciose più sottili, grazie alla
e disponibilità idrica e di nutrienti, in loro radice a fittone. La crescita è molto lenta,
altre parole dal variare delle condizioni perché limitata dalla scarsa disponibilità
del microclima e delle caratteristiche del dei nutrienti che in parte provengono dalla
substrato roccioso. La natura chimica decomposizione delle parti morte della pianta
della roccia, in particolare, condiziona la stessa. Le comofite non hanno una radice
biodiversità della flora rupicola non solo capace di esplorare in profondità le fessure
indirettamente, determinando la morfologia della roccia e riescono a colonizzare una
delle pareti rocciose, ma anche e più parete rocciosa solo se i loro semi germinano
profondamente, condizionando la qualità e in corrispondenza di piccoli ripiani, cenge e
quantità dei nutrienti minerali resi disponibili terrazzi dove si è formata una copertura di
per l’assorbimento radicale. Numerose detriti fini ai quali possono ancorarsi; inoltre,
piante rupicole sono del tutto indifferenti le loro esigenze nutritive sono decisamente
alla natura del substrato, ma ancor più superiori a quelle di una comune casmofita.
numerose sono quelle che risultano sensibili
Le felci delle rupi. Le felci che vivono sulle
Asplenium rupi delle Alpi e dell’Appennino settentrionale
ruta-muraria non sono molto numerose. La maggior parte
(S. Tomaselli). appartiene alla famiglia delle Polypodiaceae
con i generi Asplenium e Ceterach. Altri
generi che annoverano specie strettamente
rupicole sono Cystopteris, Woodsia,
Adiantum e Notholaena. Alcune felci rupicole
sono tipiche di quote non troppo elevate
e di pareti rocciose soleggiate. Tra queste
ricordiamo Notholaena marantae, che cresce
principalmente su rupi formate da rocce
ofiolitiche del tipo delle serpentiniti fino a
1.400 m di quota, e Adiantum capillus-veneris,
Cystopteris fragilis presente in tutto il territorio nazionale, che
(S. Tomaselli). predilige pareti rocciose carbonatiche umide
o soggette a costante scorrimento d’acqua
e che non supera i 1.500 m di altitudine.
Il genere Asplenium comprende numerose
specie rupicole. Tra le più comuni ricordiamo
Asplenium ruta-muraria, la cui sottospecie
dolomiticum è presente solo nelle Alpi e
nell’Appennino settentrionale con spiccata
predilezione per i substrati carbonatici e A.
septentrionale che, a differenza dalla specie
precedente, colonizza substrati acidi ed è
138
di quota, con stazioni isolate in Veneto e Tra gli endemiti rupicoli ad areale ristretto
Trentino su alcuni rilievi della Valsugana e delle Alpi sud-orientali non si possono
del Vicentino e C. elatinoides che colonizza tralasciare alcune specie del genere Primula,
le rupi ombreggiate, anche a bassa quota, accomunate dal fatto di essere tutte di
delle Prealpi bresciane e bergamasche. recente scoperta e descrizione. L’elenco
Un’altra specie insubrica che vive alla base comprende Primula recubariensis, rinvenuta
di pareti strapiombanti al riparo dalla pioggia nel Vicentino nell’area delle Piccole Dolomiti,
è Saxifraga arachnoidea, un endemita e P. albenensis e P. grignensis per il settore
preglaciale tipico delle Alpi bresciane e insubrico. Un areale un po’ più ampio ha
trentine (Giudicarie), caratterizzato da una invece P. tyrolensis presente nelle Alpi
pelosità densa e ragnatelosa, sulla quale si vicentine, trentine, bellunesi e friulane, con
condensa l’umidità atmosferica, assicurando limite orientale in Val Cimoliana nelle Prealpi
un adeguato bilancio idrico. Carniche. Un’altra casmofita endemica
di grande interesse presente nelle Prealpi
Primula recubariensis Carniche è Arenaria huteri, appartenente
(R. Gerdol). alla famiglia delle Caryophyllaceae, nota
anche per le adiacenti Dolomiti bellunesi
e recentemente rinvenuta anche nelle
Dolomiti alto-atesine nord-orientali. Degne di
menzione, infine, appaiono due casmofite più
ampiamente distribuite lungo tutto il margine
meridionale delle Alpi sud-orientali, vale a
dire Physoplexis comosa (Campanulaceae) e
Saxifraga petraea (Saxifragaceae).
Nelle Alpi occidentali si incontrano altre
specie rupicole endemiche tra cui ricordiamo
Saxifraga valdensis, endemica delle Alpi
Cozie e Graie, che vegeta su substrati calcarei
e su calcescisti tra 2.000 e 2.900 m di quota
e Campanula elatines confinata alle rupi
Primula albenensis ombrose silicee tra 300 e 1.900 m di quota
(R. Gerdol). dello stesso settore.
Le Alpi Liguri e le Alpi Marittime
rappresentano nell’ambito della catena
alpina un altro importante centro di
endemismo. Una parte consistente degli
endemiti presenti sono strettamente rupicoli
ed hanno origine preglaciale. Nelle Alpi Liguri
le specie rupicole endemiche si concentrano
sulle rupi carbonatiche (calcari e dolomie),
mentre nelle Alpi Marittime un importante
centro di endemismo è costituito dagli
imponenti affioramenti di gneiss e graniti
Primula tyrolensis
(M. Tomaselli).
140 Provincia alpina
A destra
Dryas octopetala
(glareofita coprente)
(S. Tomaselli).
Berardia subacaulis
(R. Gerdol).
143 Subprovincia alpina orientale
Spianata alpina
(Valle d’Aosta)
occupata da un
mosaico di
vegetazione palustre
e di torbiera
(R. Venanzoni).
1 2
3 4
1. Conca colonizzata
da sfagni e carici tipi-
ci della vegetazione
delle torbiere alte
e di transizione.
2. Torbiera alta e di
transizione con lago
centrale residuale.
3. Torbiera di sella di
valico con caratteristi-
che intermedie tra le
tipologie trattate.
4. Torbiera alberata
con vegetazione
del Pino
mugo-Sphagnetum.
144 Provincia alpina
Schema semplificato
della formazione di
una torbiera alta.
A.
Palude d’interrimento
B.
Torbiera di transizione
(è visibile il tappeto
galleggiante di sfagni
e lo specchio d’acqua
centrale, detto occhio
della torbiera)
C.
Torbiera alta dal tipico
profilo bombato
145 Subprovincia alpina orientale
Popolazione di
Sphagnum
subsecundum
nel Parco Nazionale
dei Monti Sibillini
(Umbria)
(R. Venanzoni).
Torbiera di transizione
a Passo Avanza, presso
le sorgenti del Piave,
Sappada (BL)
(C. Lasen).
146 Provincia alpina
La pianta carnivora
Drosera longifolia
(R. Venanzoni).
La pianta carnivora
Utricularia minor
(R. Venanzoni).
148 Provincia alpina
1 2 3
4 5 6 7
8 9 10 11
12 13 14 15
Flora delle torbiere
(R. Venanzoni): 18 19
16 17
1. Polytrichum vulgare
2. Sphagnum fallax:
è osservabile la
pianta viva (verde)
che cresce sui resti
ormai morti delle
stagioni precedenti
(marrone)
3. Tappeto di sfagni
4. Sphagnum
squarrosum
5. Sphagnum
compactum
6. Sphagnum
subnitens
7. Sphagnum
rubellum
8. Lycopodium
inundatum
9. Carex davalliana
15. Scheuchzeria
palustris
19. Eriophorum
latifolium
149 Subprovincia alpina orientale
2
3
4
5 6
Ericacee frequenti
(R. Venanzoni):
1. Vaccinium
vitis-idaea
2. Andromeda
polifolia
3. Calluna vulgaris
4. Vaccinium
microcarpum
5. Vaccinium.
uliginosum subsp.
microphyllum
6. Vaccinium myrtillus
provInCIa appennInICo-balCanICa
subprovInCIa padana
subprovInCIa appennInICa
I Monti Sibillini e il tipico paesaggio rurale marchigiano a Collamato fraz. di Fabriano (AN)
(T. Baldoni).
152 Provincia appenninico-balcanica
subprovInCIa padana
I Colli Euganei,
insiema ai Colli
Berici, rappresentano
elementi di
diversificazione
del paesaggio
pianeggiante della
Pianura Padana sud-
occidentale
(R. Masin).
154 Provincia appenninico-balcanica
Flora e vegetazIone
rIsorgIve e FontanIlI
torbiere basse, ma attualmente, esempi di malinverniana: le prime due sono esclusive del
questo ambiente in discrete condizioni di territorio friulano, mentre la terza si spinge
conservazione sono riscontrabili solamente marginalmente anche nella pianura veneta.
nel settore più orientale della pianura (Friuli). Isoëtes malinverniana è invece unicamente
Le stazioni segnalate sino al secondo conflitto presente nella pianura a ovest del fiume
mondiale a occidente del fiume Mincio sono Ticino e, a differenza delle precedenti, non
invece andate completamente distrutte. trova collocazione negli ambienti di torbiera,
La vegetazione di torbiera propriamente detta ma nelle acque correnti delle rogge di
si sviluppa attorno alle polle di risorgiva, risorgiva. Altre entità con area di distribuzione
su un suolo fortemente imbibito d’acqua e decisamente ristretta sono Euphrasia mar-
ricco di sostanza organica indecomposta, ed chesettii, la cui area di distribuzione si
è rappresentata da una prateria paludosa a estende a ovest fino alla porzione orientale
dominanza di Schoenus nigricans, esclusiva della Lombardia e Senecio fontanicola, finora
di questi ambienti (associazione endemica noto solo per il Friuli, il Veneto, la Carinzia
Erucastro-Schoenetum nigricantis). e la Slovenia nord-occidentale e che, al
A seguito degli eventi geologici, climatici e pari delle specie precedentemente citate,
storici, in questi ambienti si è realizzata la è ormai divenuto assai raro a causa delle
confluenza tra flore aventi differenti origini, trasformazioni ambientali.
e vi si riscontrano infatti entità di significato Tra i cespi di Schoenus nigricans si ritrovano
fitogeografico assai diverso. Vi sono specie inoltre frequentemente Juncus subnodulosus,
spiccatamente microterme frequentemente Potentilla erecta, Eriophorum latifolium, Carex
presenti in ambienti affini sulla catena davalliana e C. lepidocarpa, oltre alle rare
alpina e nelle regioni nordiche che, giunte in Sesleria uliginosa e Spiranthes aestivalis.
pianura durante le glaciazioni, si sono potute Ecologicamente legata alle piccole pozze di
mantenere in questi ambiti grazie alle loro acqua stagnante è Utricularia minor (incl.
caratteristiche di freschezza microclimatica. U. bremii) divenuta ormai molto rara per la
A queste si associano entità a carattere distruzione della maggior parte dei siti in
sud-est europeo, entità submediterranee e cui era stata segnalata; allo stesso modo
persino Anagallis tenella, una rara entità a rimangono ancora solo pochi esempi anche
gravitazione occidentale. delle comunità a Eleocharis quinqueflora,
La coesistenza dei suddetti elementi floristici impostate sui piccoli depositi di sabbia
conferisce un carattere di spiccata originalità calcarea frammista a torba, soggetti a una
Schoenus nigricans fitogeografica a questi ambienti, ma la loro continua circolazione d’acqua. In passato,
(U. Gamper). unicità viene esaltata anche dalla presenza in un contesto agricolo a conduzione
di specie presenti su aree geografiche eminentemente familiare, la necessità di
molto ristrette e di esse esclusive, le entità ricavare aree da destinare a prato stabile
A destra endemiche. Presenti solo in queste aree ha fatto sì che parte delle superfici occupate
Primula farinosa sono Erucastrum palustre, Armeria helodes, dalla vegetazione di torbiera venissero
(G. Sburlino). Centaurea jacea subsp. forojulensis e Isoëtes trasformate in prati da lettiera a dominanza
158 Provincia appenninico-balcanica
Ranunculus
trichophyllus
(G. Sburlino).
159 Subprovincia padana
sono spesso presenti entità con portamento e gli esempi floristicamente e strutturalmente
arbustivo quali Cornus sanguinea subsp. ben rappresentati sono ormai molto rari e
hungarica, Viburnum opulus, Frangula localizzati.
alnus e Solanum dulcamara. Il sottobosco Il complesso della vegetazione delle risorgive,
erbaceo, alla cui copertura concorrono di pur ormai ridotto a un’estensione territoriale
volta in volta soprattutto Carex acutiformis davvero minima e assai minacciato dagli
e C. elata, include numerose entità igrofile usi invalsi del suolo e delle acque, conserva
(Lycopus europaeus, Lysimachia vulgaris, comunque un grande interesse dal punto di
Lythrum salicaria, Galium palustre aggr., vista botanico e fitogeografico.
Valeriana dioica, Iris pseudacorus, Caltha Una testimonianza di ciò è la presenza al
palustris, etc.) e le rare Thelypteris palustris suo interno di molteplici habitat e di varie
e Dryopteris carthusiana. Anche le ontanete specie che la Comunità Europea considera
paludose hanno fortemente risentito delle quali elementi qualificanti della biodiversità a
modificazioni indotte dall’uomo sul territorio livello continentale.
Le specie degli
Specie Italia IUCN globale Endemica
ambienti di
risorgiva incluse Armeria helodes EN minacciata EN minacciata •
nella Lista Rossa
Erucastrum palustre EN minacciata EN minacciata •
della flora italiana del
2013. Euphrasia marchesettii EN minacciata EN minacciata •
Gladiolus palustris NT quasi minacciata DD dati mancanti
Isoëtes malinverniana CR gravemente minacciata CR gravemente minacciata •
Liparis loeselii EN minacciata NE non valutata
Spiranthes aestivalis EN minacciata NE non valutata
Anacamptis palustris EN minacciata NE non valutata
Epipactis palustris NT quasi minacciata NE non valutata
Hippuris vulgaris EN minacciata NE non valutata
Hottonia palustris EN minacciata NE non valutata
Utricularia bremii CR gravemente minacciata DD dati mancanti
160 Provincia appenninico-balcanica
Le specie degli
Allegati della Direttiva 92/43/CEE Specie
ambienti di risorgiva
incluse negli Allegati Allegato II – Specie vegetali d'interesse comunitario la cui conservazione Isoëtes malinverniana
della Direttiva 92/43/ richiede la designazione di zone speciali di conservazione Erucastrum palustre
CEE. Gladiolus palustris
Liparis loeselii
Armeria helodes*
Euphrasia marchesettii
Allegato IV - Specie vegetali di interesse comunitario che richiedono una Spiranthes aestivalis
protezione rigorosa (include le specie All. II).
La porzione Spostandosi nella porzione orientale dell’alta pianura (a est del fiume Adda), i
orientale della querco-carpineti si sviluppano conservando gli stessi caratteri fisionomici anche
Subprovincia sui depositi alluvionali (fluvio-glaciali e morenici con una matrice prevalentemente
padana carbonatica) dei primi rilievi collinari prealpini e lungo la linea delle risorgive. A
differenza dell’alta pianura occidentale, in questo contesto le precipitazioni sono
più scarse e le temperature mediamente più elevate.
Localmente, nelle situazioni più umide sono ancora presenti frammenti di boschi
igrofili, soprattutto determinati da comunità ad Alnus glutinosa e a Salix cinerea.
In queste situazioni è possibile rilevare lembi relitti di torbiera a Carex davalliana
e praterie umide (magnocariceti) a Molinia caerulea, Carex elata, C. acuta.
Come già ampiamente illustrato, la fascia di transizione tra l’alta e la bassa
pianura è interessata dalle risorgive. In questi contesti sono presenti sia cenosi
tipiche di acque correnti, a Ranunculus fluitans, che di acque più ferme, con
Lemna minor, Nymphaea alba, Phragmites australis.
La bassa pianura è la parte più estesa del sistema pianeggiante: anche in questo
caso è possibile distinguere una porzione occidentale in cui i substrati alluvionali
sabbiosi o sabbioso-limosi sono più acidi e risultano quindi particolarmente
idonei per ospitare i boschi a Quercus robur e Carpinus betulus. Da segnalare la
presenza di un gran numero di specie arboreee quali Quercus petraea, Fraxinus
excelsior, Prunus avium, Tilia cordata, Malus sylvestris e Quercus cerris. Anche
il sottobosco è ricco di specie sia legnose che erbacee, tra cui Ulmus minor,
Prunus padus, Corylus avellana, Polygonatum multiflorum, Anemone nemorosa
e Convallaria majalis. In corrispondenza di depressioni, spesso il disturbo
antropico ha condizionato direttamente o indirettamente la composizione
floristica, favorendo la presenza di specie non native quali Robinia pseudoacacia,
Prunus serotina e a volte Ailanthus altissima. Frequenti ed estesi sono anche i
rimboschimenti a Populus x canadensis (pioppicoltura).
La porzione orientale della bassa pianura è caratterizzata, come l’alta pianura,
da depositi alluvionali o fluvioglaciali e substrati morenici. Nel caso di
granulometria molto fine e falda freatica prossima alla superficie, si sviluppa
un querco-carpineto con Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa, Ulmus minor e,
nel sottobosco, Rhamnus cathartica, Staphylea pinnata insieme ad interessanti
geofite quali Anemone nemorosa, Scilla bifolia e Allium ursinum. Talvolta l’umidità
del suolo favorisce anche la presenza di un contingente di specie montane quali
Lilium martagon, Thalictrum aquilegifolium e Vaccinium myrtillus.
Attualmente in questa porzione della Pianura Padana sono purtroppo molto rari
i boschi di pianura. Sono stati sostituiti da coltivi, aree urbane e industriali,
pioppeti artificiali, e altre forme di uso del suolo che hanno modificato radicalmente
il paesaggio. Proprio per questa ragione, sono importanti le formazioni igrofile
residuali a Alnus glutinosa e le zone umide torbose determinate dall’affioramento
della falda, così come le vegetazioni acquatiche natanti e radicate presenti nelle
depressioni e nei meandri abbandonati.
162 Provincia appenninico-balcanica
All’estremo orientale della pianura lombarda è associano Quercus cerris, Fraxinus ornus e
presente alla sinistra del fiume Mincio il Bosco Quercus petraea. Ulmus minor e Fraxinus
della Fontana o Bosco Fontana. Quest’area oxycarpa acquisiscono un ruolo fisionomico
ha conservato la propria fisionomia forestale importante dove la falda si avvicina alla
per la presenza di un castello dei Gonzaga del superficie topografica. Tra gli alberi sono
sedicesimo secolo, e all’uso della foresta da comunque presenti anche Acer campestre,
parte della corte mantovana. Prunus avium e Sorbus torminalis, mentre
La sua vegetazione forestale è articolata in tra gli arbusti compaiono Corylus avellana,
funzione della variabile profondità della falda Cornus mas, Ligustrum vulgare, Crataegus
acquifera, comunque assai superficiale. Ove oxyacantha e C. monogyna. La collocazione
la falda è più depressa si ha un querco- geografica e la lunga persistenza nel tempo
carpineto in cui, tra gli alberi, a Quercus della vegetazione forestale, rendono il
robur e al prevalente Carpinus betulus, si Bosco Fontana floristicamente assai ricco
e naturalmente complesso dal punto di
vista fitogeografico. Il contingente erbaceo
Salvia glutinosa del sottobosco comprende infatti oltre agli
(P. Sacchi). elementi comuni a tutta la flora nemorale
padana (Vinca minor, Anemone nemorosa,
Brachypodium sylvaticum, Polygonatum
multiflorum) ad esempio anche Lamium
orvala, specie dell’Europa sudorientale. È
poi caratteristica la coesistenza di elementi
floristici europei dei boschi freschi di
latifoglie quali Hepatica nobilis, Scilla bifolia
e Mercurialis perennis, insieme a specie
di impronta mediterranea quali Ruscus
aculeatus, Arum italicum e Viola alba.
È nella Valle del Fiume Ticino che è presente
l’estensione maggiore delle foreste della
Pianura padana, all’interno di una valle
Polygonatum
fortemente incisa nei sedimenti wurmiani
multiflorum
del Piano generale della Pianura. Sia
(P. Sacchi).
pur frammista alle colture industriali di
Populus canadensis vi sopravvive una
fitocenosi forestale che viene considerata
rappresentativa delle situazioni un tempo
esistenti, in tutto questo settore della Pianura
Padana ovvero il querceto di Quercus robur
con Polygonatum multiflorum nel sottobosco
erbaceo. Altre formazioni forestali residue
molto minori, presenti in pianura lungo
i fiumi Adda e Oglio, appaiono coerenti a
questo modello di vegetazione. È una foresta
Anemone nemorosa a struttura complessa articolata in più strati:
(P. Sacchi). stato arboreo con altezza tra 20 e 25 m, strato
alto arbustivo di circa 7 m e strato basso
arbustivo intorno a 1 m. In tutto questo
tipo di foresta è costante la presenza di
Quercus robur nello strato arboreo, con ruolo
dominante, e con essa compare in subordine
Populus nigra, legato ai suoi aspetti più umidi
e a quelli di più recente insediamento, mentre
è assente dai consorzi forestali più stabili.
Tra gli arbusti è costante la presenza di
Corylus avellana spesso con il tipico habitus
a ombrello conseguente alla sua ceduazione.
163 Subprovincia padana
riferimento per la foresta dei fondivalle idrofilo. Nel primo caso si tratta dei modesti
fluviali della pianura ma esistono comunque rilievi deposizionali conseguenti all’attività
situazioni localizzate che si caratterizzano fluviale generalmente costituiti da sabbie
sia in senso più xerofilo che maggiormente e ghiaie. La maggiore aridità del suolo più
drenante favorisce l’insediamento in consorzi
Anemone nemorosa forestali aperti, oltre che di Quercus robur e
(F. Bracco). Populus nigra, anche di Quercus pubescens
e Fraxinus ornus. La situazione morfologica
particolare appena delineata è quella che si
ritrova in aree, appena rilevate, corrispondenti
alle antiche barre di centro canale. Queste
grosso modo corrispondono alle isole che
un fiume costruisce deponendo all’interno
del proprio stesso alveo, che finisce così per
ramificarsi in modo complesso assumendo
l’andamento a rami anastomosati o braided
secondo la terminologia anglosassone. Il
fattore determinante anche in questo caso è
la dimensione dei sedimenti: questi sono stati
Robinia pseudacacia
depositati infatti in presenza della corrente
(F. Bracco).
viva del fiume e la sedimentazione era quindi
possibile per frammenti alquanto grossolani.
Il risultato è la costruzione di aree di modesta
elevazione costituite da alternanza di sabbie
e ghiaie condizioni che, associate a una
profondità della falda decisamente maggiore
(130-150 cm), producono condizioni di
relativa aridità per il forte drenaggio del
suolo. Si stabilisce in queste situazioni
una copertura forestale molto aperta in cui
gli arbusti tendono ad assumere un ruolo
quantitativo maggiore di quello degli alberi.
Questi ultimi hanno anche un’altezza ridotta,
10-12 m al massimo, e sono rappresentati
ancora da farnia, olmo campestre e pioppo
nero cui però si associano entità decisamente
più termofile quali Quercus pubescens
e Fraxinus ornus. Quest’ultimo tende a
svilupparsi maggiormente in forma arbustiva
insieme a Crataegus monogyna, Ligustrum
vulgare, Rosa canina, Malus sylvestris e
Berberis vulgaris. La composizione floristica
risulta abbastanza complessa e ricca: la
ridotta copertura degli strati più elevati
permette infatti l’ingresso di numerose entità
erbacee e arbustive di piccola taglia. Vi sono
piante che caratterizzano il corteggio erbaceo
dei boschi e degli arbusteti termofili quali
Leucojum aestivum Dictamnus albus, Polygonatum odoratum e
(P. Sacchi). Vincetoxicum hirundinaria.
La situazione opposta è quella dei paleoalvei,
depressioni residue degli antichi alvei
abbandonati percorsi dalla corrente fluviale,
oggi lontane dal corso attivo del fiume.
Questi risultano colmati generalmente da
un’alternanza di sabbie fini e grossolane
intercalate a livelli di argilla. I sedimenti
fini del suolo, comportano una permanenza
dell’acqua più durevole, anche se il livello
della falda non è particolarmente diverso da
165 Subprovincia padana
Quercus robur
in aspetto autunnale
(F. Bracco).
quello osservato per il querceto a Polygonatum ha comportato una forte ceduazione sino
multiflorum. Nella vegetazione forestale che dall’epoca medioevale che ha favorito la coltre
qui si insedia diviene dominante Populus alto arbustiva e che ha ridotto il ruolo della
alba e compaiono, oltre a Ulmus minor, entità copertura arborea. Le condizioni morfologiche
igrofile quali Alnus glutinosa, Viburnus opulus e pedologiche dell’area richiamano quelle
e Rubus caesius. Fraxinus excelsior e Prunus esistenti nei terrazzi antichi dell’alta pianura,
padus, che si accompagnano alle precedenti, alla cui vegetazione quindi il Bosco della
sono elementi comuni tra la vegetazione Partecipanza tende ad assomigliare.
forestale della pianura e quella dell’area Nelle zone morfologicamente più elevate e
alpina. più favorite dal punto di vista termico, tra
La biodiversità delle foreste dei fondivalle della le specie arboree domina Quercus petraea
pianura è quindi maggiore di quella attribuita insieme a Q. robur e a Carpinus betulus. Tra
al “piatto” paesaggio padano. Altri motivi di le erbe, oltre alle specie nemorali frequenti
diversificazione si possono trovare più a ovest in pianura come Anemone nemorosa e
nella pianura del Piemonte. Il Bosco delle Convallaria majalis, compaiono alcune
Sorti della Partecipanza di Trino Vercellese e specie di impronta mediterranea quali il
Lucedio è il principale esempio di vegetazione pungitopo Ruscus aculeatus, Luzula forsteri e
forestale della pianura piemontese che però si Asphodelus albus.
colloca in una situazione ambientale diversa Nei solchi incisi nel rilievo e nelle aree
da quella della tipica pianura alluvionale. Il pianeggianti il bosco è un querco-carpineto
bosco si sviluppa su un terrazzo morfologico con Quercus robur e Carpinus betulus,
elevato rispetto alla pianura circostante cui si associa talvolta Tilia cordata. Tra
mediamente di 20-30 m e costituito da antichi gli arbusti presenti possono essere citati
depositi alluvionali di ghiaie intercalate a ancora Carpinus betulus, Corylus avellana e
livelli di sabbie e di argille. Euonymus europaeus.
I suoli riflettono una storia molto prolungata Il contingente erbaceo del sottobosco include
che almeno in parte può risalire al periodo molte entità già citate per i boschi della
interglaciale Günz-Mindel e mostrano quindi pianura e altre meno frequenti come Carex
una forte alterazione superficiale che ha brizoides o Cardamine bulbifera. In entrambe
prodotto un terreno ferrettizzato di colore i contesti si è verificata l’affermazione di
rosso-bruno. La vegetazione forestale, la cui Robinia pseudoacacia, favorita dall’eccessiva
antichità è testimoniata dalla toponomastica pressione di taglio, cui è conseguita la
di origine romana (lucedio da lucus dei) si rarefazione del sottobosco erbaceo e basso
è conservata grazie a un uso collettivo (la arbustivo, in cui finiscono con il presentarsi
Partecipanza di Trino) del bosco che ha solo poche specie nitrofile.
origine alla fine del secolo tredicesimo e
166 Provincia appenninico-balcanica
Colline del Po, Querceti e boschi collinari. Oltre alle formazioni di pianura che sono quelle
del Monferrato e più tipiche della Pianura Padana in senso stretto, nella Subprovincia padana
delle Langhe ricade anche parte dei territori collinari intermedi tra la pianura e i rilievi alpini e
appenninici e alcuni gruppi collinari che emergono nella pianura stessa (Colline
del Po, del Monferrato e delle Langhe).
Nelle Langhe i boschi meglio conservati sono dominati da Quercus robur e Castanea
sativa, con Carpinus betulus, Alnus glutinosa, Tilia cordata e Corylus avellana.
Sui versanti meridionali delle Colline del Po, sui rilievi interni delle Langhe e
nella parte più occidentale del Monferrato, in presenza di un clima con inverni
meno rigidi e suoli ben drenati si hanno condizioni favorevoli per il querceto a
Quercus pubescens con Fraxinus ornus, Quercus cerris, Sorbus torminalis, Cornus
sanguinea e Ruscus aculeatus. In queste condizioni climatiche ed edafiche sui
versanti ripidi ed erosi prevale localmente Pinus sylvestris.
I querceti a Quercus petraea, ormai in gran parte molto frammentati e residuali,
penetrano all’interno delle valli in coincidenza degli alti terrazzi della Pianura e
nella fascia pedemontana. Si tratta di zone caratterizzate da precipitazioni elevate
che favoriscono la presenza di Sorbus aria e Betula pendula, elementi floristici che
caratterizzano questa comunità.
In Lombardia occidentale, sui cordoni morenici intermedi tra le Prealpi carbo-
natiche e l’alta pianura (200-450 m), su suoli profondi ricchi di humus, si sviluppa
un mosaico di vegetazione di ancora grande interesse paesaggistico. Oltre a
querco-carpineti e a frassineti a Fraxinus excelsior, sono diffusi prati falciati,
castagneti, pinete, querceti, brughiere, con esempi di vegetazione acquatica e
di vegetazione delle torbiere e dei laghi intermorenici (Nymphaea alba, Typha
latifolia, Phragmites australis).
Spostandosi verso est, al confine tra Lombardia e Veneto, al margine della Pianura
Padana ci sono altri deboli rilievi (100-300 m), posti a sud del Lago di Garda
(anfiteatro morenico del lago). Su questi substrati, laddove le precipitazioni sono
piuttosto scarse e la temperatura media annua supera i 14 °C, si sviluppano
querceti a Quercus pubescens, cerrete e ostrieti termofili. In particolare i versanti
meridionali sono caratterizzati da boschi di Quercus pubescens e Q. petraea,
talora Q. cerris, accompagnati da Celtis australis e Fraxinus ornus, il cui strato
arbustivo ed erbaceo è costituito da Juniperus communis, Cotinus coggygria,
Genista germanica.
Sui pianori, in presenza di suoli più evoluti e profondi, prevalgono le cerrete
con Fraxinus ornus, Acer campestre e sporadicamente Quercus robur e Prunus
serotina. A livello arbustivo ed erbaceo si segnalano Crataegus monogyna, Vinca
minor e Lathyrus venetus.
Sui versanti meridionali in una matrice di paesaggio con vigneti, frutteti e
localmente castagneti, sono presenti invece ostrieti termofili a Ostrya carpinifolia
e Quercus pubescens con Fraxinus ornus e Sorbus aria subsp. aria; gli strati
arbustivo ed erbaceo sono costituiti da numerose specie tra cui Cotinus coggygria,
Prunus mahaleb, Rhamnus saxatilis e Cytisophyllum sessilifolium. Dal punto di
vista floristico, l’anfiteatro morenico del Garda è molto importante anche per
la presenza di numerose entità mediterranee (Scorzonera hirsuta, Campanula
ramosissima, Linum trigynum, Onosma echioides) e diverse orchidee ormai rare
come Orchis coriophora, Ophrys apifera, Spiranthes spiralis.
Si inseriscono sporadicamente in questo contesto anche veri e propri boschi
di Quercus ilex caratterizzati dalla presenza di Laurus nobilis, Coronilla major,
Rubia peregrina, Tamus communis, Pistacia terebinthus, Ruscus aculeatus, Cercis
siliquastrum, che si congiungono con specie decisamente più continentali,
come Ostrya carpinifolia, Vinca minor, Helleborus niger, Lonicera caprifolium
167 Subprovincia padana
Bosco termofilo
(R. Masin).
170 Provincia appenninico-balcanica
Colli Berici e Nei vicini Colli Berici si assiste alla presenza di formazioni boschive termofile e
colline venete mesofile. Tra le prime si rinviene un bosco misto dominato da Ostrya carpinifolia
e Quercus pubescens in cui è significativa la presenza di Molinia caerulea, M.
arundinacea, Calamagrostis varia, Angelica sylvestris ed Equisetum telmateja. Tra
le altre specie sono presenti: Cotinus coggygria e Asparagus acutifolius. Queste
piante, insieme a Pistacia terebinthus, Pyrus pyraster, Dictamnus albus, Carex
halleriana, Paliurus spina-christi e Lembotropis nigricans, vanno a caratterizzare il
querceto a Cotinus coggygria. Da ultimo il bosco di Ostrya carpinifolia, tipico della
zona, viene differenziato da specie quali: Epimedium alpinum, Erythronium dens-
canis, Knautia drymeia, Daphne mezereum.
I boschi mesofili sono rappresentati da acereti di forra, carpineti, castagneti e
boschi di Quercus petraea. Le basse colline del vicentino orientale ospitano aspetti
mesofili del querceto a Quercus petraea, in gran parte sostituiti da estesi vigneti,
pur persistendo locali presenze di piccoli lembi di querceti anche con Quercus
robur e Fraxinus excelsior. Nelle forre si sviluppano acereti ad Acer pseudoplatanus,
cui si accompagnano in via subordinata elementi caratteristici di questi ambienti
come Ulmus glabra e Tilia platyphyllos che trovano nell’ambiente di forra l’habitat
ottimale di crescita. Sempre nelle forre si incontra un altro tipo di bosco a
Carpinus betulus a cui si accompagnano sporadici esemplari di Fraxinus ornus,
Ostrya carpinifolia e Tilia platyphyllos. Tra le altre specie: Epimedium alpinum,
Erythronium dens-canis, Hedera helix, Helleborus viridis.
Sulle colline venete che bordano l’alta pianura alluvionale il paesaggio vegetale
mostra una significativa variazione: sono presenti infatti boschi a prevalenza di
Quercus pubescens (ostrio-querceti) e boschi dominati da Ostrya carpinifolia (orno-
ostrieti). I primi, più termofili, si sviluppano anche nel territorio dei Colli Berici e
nelle aree dei Colli Euganei laddove affiorano rocce calcaree mentre i boschi misti,
più mesofili, evitano le esposizioni più calde e preferiscono le vallate prealpine. La
specie dominante è Quercus pubescens a cui si associano Fraxinus ornus e Ostrya
carpinifolia, seguite da Sorbus torminalis, Cercis siliquastrum, Celtis australis e
Prunus mahaleb. A volte, in funzione della variabilità morfologica, si evidenziano
tipologie ancora più termofile a Cotinus coggygria e a Pistacia terebinthus.
I boschi misti a Fraxinus ornus e Ostrya carpinifolia penetrano più all’interno
tra i 500 e i 1.000 m di altitudine, finché il clima continentale non rende più
competitive le pinete. Su suoli primitivi, lungo versanti rupestri e forre, questi
boschi misti danno inoltre luogo a un interessante mosaico con lembi forestali a
Quercus ilex e Celtis australis (Lago di Garda e Colli Euganei).
Alta pianura Nell’alta pianura friulana, compresa fra la linea delle risorgive e le prime pendici
friulana montuose, su suoli molto primitivi legati ai sedimenti alluvionali, la vegetazione
forestale è ancora riconducibile ai querceti con Ostrya carpinifolia.
In questo caso i boschi sono ormai particolarmente rari, mentre risultano molto
interessanti, in termini floristici, i pascoli steppici illirico-prealpini detti anche
magredi. Quelli presenti su suoli particolarmente primitivi sono caratterizzati
da specie di elevato valore biogeografico con areale poco esteso quali Centaurea
dichroantha, Brassica glabrescens e Polygala forojulensis.
I magredi più evoluti sono dominati, invece, da Chrysopogon gryllus e Bromus
erectus, numerose orchidee (Orchis morio, O. tridentata, Cephalanthera longifolia,
Platanthera clorantha, P. bifolia e Gymnadenia conopsea) e diverse specie
endemiche, quali Dianthus sanguineus, Rhinanthus freynii, Knautia illyrica e K.
ressmannii. Nel territorio italiano, queste praterie sono gli ultimi residui della
fascia di vegetazione steppica diffusa nell’ultimo periodo glaciale e rappresentano
quindi un importantissimo serbatoio di biodiversità.
172 Provincia appenninico-balcanica
Il Carso gIulIano
Lago carsico di
Doberdò
(Carso Isontino)
(F. Seffin).
Con tale nome si intende il territorio carsico corrisponde a circa 500 km2.
alle spalle di Trieste (Carso Triestino) e quello I litotipi prevalenti sono dati da calcari e
compreso fra Monfalcone e Gorizia (Carso dolomie del Cretacico, Giurassico e Eocene,
Isontino). La superficie di riferimento per nonché da arenarie e marne del Paleocene e
le seguenti considerazioni, che includono Eocene. Gli ambienti più caratterizzanti sono
anche aree in Slovenia a ridosso del confine, vasti altopiani crivellati di doline, interrotti dal
173 Subprovincia padana
vallone tettonico di Gorizia e polje, il sistema finicole o confinarie, ossia aventi nel Carso
dei laghi carsici (laghi di Doberdò, Pietrarossa, giuliano stazioni al limite d’areale (Hieracium
Sablici), la sinclinale del torrente Rosandra, schmidtii subsp. lasiophyllum1, Rhinanthus
le coste rocciose a strati verticalizzati, nonché rumelicus, Rorippa lippizensis (Lista Rossa),
le colline marnoso-arenacee sulle quali sono Scorzonera hispanica).
adagiate Trieste e Muggia.
Questo complesso rappresenta da un punto Laghi carsici. I laghi o per meglio dire le
di vista biogeografico l’estrema propaggine paludi carsiche presenti nel Carso di Gorizia
della Penisola Balcanica compresa all’interno sono fra i pochi rimasti in Italia, essendo
dei confini d’Italia. stati per la maggior parte dei casi bonificati.
La flora attuale consta di 1.890 entità di Oltre alle vegetazioni erbacee palustri
cui 347 sono neofite, con netta prevalenza, ancora abbastanza diffuse quali canneti,
come in tutte le flore della Regione temperata, cariceti anfibi, vegetazioni laminari natanti a
delle emicrittofite (41%). L’elevato numero di potamogeti e ninfee, sono da ricordare alcuni
terofite (25,4%) non dipende tanto da influssi boschi di umidità stagnante a Fraxinus
mediterranei sul macroclima, quanto da angustifolia subsp. oxycarpa, Ulmus minor e
alterazioni ambientali di origine antropica. Populus nigra, improntati ancora a marcata
Il contributo alla flora nazionale ammonta a submediterraneità.
44 specie, di cui alcune endemiche ed altre
Coste rocciose e rupi termofile. Le coste
rocciose costituiscono un’anticipazione della
Centaurea Dalmazia. La vegetazione rupestre adlitorale,
kartschiana esposta ai venti salini, che si spinge fino
endemismo delle ai crinali presenta l’endemica Centaurea
rupi di Duino kartschiana (All. II e IV di “Direttiva Habitat”,
(TS) Lista Rossa). Questa è affine a una serie di altre
(A. Moro, Università entità endemiche localizzate in stazioni rupestri
di Trieste - Prog. della costa dalmata.
Dryades, CC BY-SA Sulle rupi termofile non più esposte all’areosol
4.0). marino vegetano le popolazioni più numerose
dell’illirica Campanula pyramidalis assieme
a Teucrium flavum e Micromeria thymifolia,
dove per illirico si intende una distribuzione
corrispondente alla costa occidentale della
Penisola Balcanica.
Su suoli più evoluti e leggermente acidificati Gli orli forestali dei boschi carsici, che si
per decalcificazione si costituiscono mantelli organizzano al consolidarsi dei mantelli, sono
a Juniperus communis la cui tappa finale è formati da elementi nemorali meno sciafili
generalmente costituita da boschi a dominanza e da elementi prativi più sciafili, nonché
di Quercus petraea e/o di Q. cerris. da un certo numero di specie ecotonali fra
Gli scotaneti sono caratterizzati dalla le quali si annoverano alcuni interessanti
costante presenza di Frangula rupestris, che (sub)endemismi e specie finicole: Astragalus
nel Carso giuliano presenta le più consistenti vesicarius subsp. carniolicus, Digitalis
popolazioni d’Italia, e da Prunus mahaleb laevigata (Lista Rossa), Euphorbia fragifera,
subsp. fiumana endemismo istro-dalmato. Genista holopetala (All. II e IV di “Direttiva
Negli scotaneti si rinviene altresì Rhamnus Habitat”, Lista Rossa) di orli forestali di bosco
intermedius (= Rh. adriaticus) (Lista Rossa), pioniero ad Amelanchier ovalis e Ostrya
endemismo illirico che nell’entroterra triestino carpinifolia, Hieracium hypochoeroides subsp.
raggiunge il suo limite settentrionale. dalmaticum, H. pospichalii, H. schmidtii
Nei mantelli più alterati da disturbo umano, subsp. lasiophyllum, Inula x adriatica,
quali ad esempio le sodaglie di rovo a contatto Libanotis daucifolia, Melampyrum carstiense,
fra il bosco e la viabilità forestale, o nelle M. fimbriatum, M. velebiticum, Sesleria
pinete più rade e permeabili alla luce si juncifolia subsp. kalnikensis, Veronica
rinvengono i subendemici Rubus dalmatinus barrelieri subsp. barrelieri, V. jacquinii,
(= R. ulmifolius subsp. dalmatinus) e il più Vincetoxicum hirundinaria subsp. contiguum,
raro R. istricus, anche questo afferente a R. Viola ambigua, V. suavis subsp. adriatica.
ulmifolius s.l.
Mantelli di Cotinus
coggygria diffusi
soprattutto nel Carso
Isontino
(F. Seffin).
Note: 1) La nomenclatura delle specie citate nel testo fa riferimento a Poldini (2009) con successive integrazioni
2) Specie che hanno nel territorio le loro uniche località in ambiti nazionali (unicati nazionali) o regionali (unicati regionali).
176 Provincia appenninico-balcanica
Fiume Taro Il Parco Regionale Fluviale del Taro. Tra i fiumi della Pianura Padana
meridionale il Taro è affluente di destra del Po, che nasce nel monte Penna (1.735
m), nell’Appennino Ligure, nella zona di confine fra la Provincia di Genova e la
Provincia di Parma. Il tratto terminale del Taro, compreso tra Fornovo di Taro e il
ponte Taro, sulla Via Emilia è Parco Regionale Fluviale. L’area protetta interessa
il settore a conoide della parte sub-pianeggiante del corso del fiume, estendendosi
su un territorio di 2.500 ha, è prevalentemente costituita da un tratto del fiume
che ha intagliato i terrazzi quaternari. Le dimensioni dei clasti diminuiscono
progressivamente da monte verso valle. L’alveo fluviale in questo tratto del corso
assomiglia molto alle fiumare meridionali, caratterizzato da canali di magra larghi
e profondi, separati da isole ghiaiose soggette a nette trasformazioni durante gli
eventi di piena. In questo tratto si evidenziano numerose comunità suddivisibili
in rapporto alle condizioni ecologiche delle acque e della struttura del substrato
del letto fluviale.
Sui greti fluviali, con substrato limoso-ciottoloso, notevolmente nitrificato dalla
sostanza organica trasportata dalle acque, si sviluppano cenosi a Polygonum
lapathifolium e Xanthium italicum, alla quale se ne aggiungono altre a Echinochloa
crus-galli e Bidens tripartita. Si tratta di tipologie vegetazionali molto frammentate
che si insinuano tra le ghiaie e i massi del tratto di magra, sviluppandosi
prevalentemente nel periodo estivo e autunnale e nel cui contesto sono presenti
specie terofitiche e biennali o anche specie emicriptofitiche. In corrispondenza di
pozze effimere, su substrato sabbioso-argilloso, sono presenti comunità dominate
da Cyperus flavescens, anch’esse costituite prevalentemente da terofite come
Juncus bufonius e dalla geofita rizomatosa J. articulatus. Nelle pozze con acqua
maggiormente profonda è inoltre possibile rinvenire Cyperus glomeratus, in piccole
popolazioni; si tratta di una specie esotica ed invasiva, ad areale paleosubtropicale,
che si sta ampiamente diffondendo nei fiumi d’Italia, dalla zona settentrionale e
centrale, verso la parte meridionale della penisola: Abruzzo, Molise e Calabria.
Sempre nell’alveo fluviale con substrato ciottoloso si rinviene sporadicamente
una vegetazione glareicola che è dominata da Epilobium dodonaei e Scrophularia
178 Provincia appenninico-balcanica
canina, che colonizza le ghiaie e i ciottoli frammisti a sabbia. A contatto con questa
vegetazione, su substrato limoso-fangoso, si localizza sporadicamente anche
una rara vegetazione costituita da popolamenti giovanili di Salix eleagnos che si
combinano con Myricaria germanica dando origine ad una vegetazione piuttosto
rara nella Pianura Padana ed in Italia in generale, ad eccezione delle Alpi. Anche in
questa catena però la Myricaria germanica sta divenendo sempre meno frequente
a causa delle opere di regimazione del corso dei fiumi che sovvertono la naturale
dinamica del letto fluviale e la sua morfologia. Nel letto ghiaioso del fiume Taro o
al margine dello stesso, si rinvengono popolamenti a Salix purpurea e S. eleagnos
che riescono a consolidare delle isole ghiaiose piuttosto estese. In poche località
sono inoltre presenti boscaglie dense a Salix triandra, con S. purpurea, S. alba e S.
eleagnos oltre a Populus nigra. Sui substrati limosi completamete inondati per la
maggior parte dell’anno, dove lo scorrimento delle acque è continuo, è prevalente
Viburnum opulus il bosco a Salix alba con pochi esemplari di Populus nigra e talora di Alnus
(P. Sacchi). glutinosa. La vegetazione dei terrazzi fluviali più recenti e stabili è interessata dalla
presenza di boschi di Alnus glutinosa
con Frangula alnus, Humulus lupulus
e Prunus avium. Di questa comunità
forestale si individua una variante ad
Alnus incana, specie che in Italia forma
boschi ripari sulle Alpi e sull’Appennino
settentrionale, dove si localizza però a
quote altitudinali superiori rispetto al
tratto di fiume considerato. Un secondo
aspetto della cenosi forestale ad Alnus
glutinosa è dovuto alla presenza,
sulle formazioni ghiaiose dei terrazzi
più elevati, di Populus alba, a cui si
aggiungono Salvia glutinosa e Viola
alba subsp. dehnhardtii. In alcune
aree, la copertura del pioppo bianco
aumenta notevolmente dando origine a
cenosi autonome, di rilevante bellezza
per la maestosità degli esemplari di
questo pioppo.
Per la costituzione del bosco ad Alnus glutinosa svolge un ruolo dinamico
importante una cenosi preforestale dominata da Prunus avium con Frangula
alnus, Viburnum opulus e Humulus lupulus. Negli aspetti maggiormente ciottolosi
e ghiaiosi del greto del fiume si sviluppa un mantello dello stesso bosco dominato
da Hippophaë rhamnoides subsp. fluviatilis, che viene riferito alla comunità con
Spartium junceum e Salix eleagnos. Si deve inoltre sottolineare come le formazioni
a Hippophaë rhamnoides sul Taro siano particolarmente dinamiche, espandendosi
a colonizzare anche quelle prative di garighe camefitiche dell’associazione ad
Astragalus onobrychis, specie sud-europea e sud-sibirica, in Italia presente
nella parte settentrionale sino all’Emilia. Questa si lega inoltre a formazioni con
Artemisia alba e ad arbusteti in cui si rinviene anche Coriaria myrtifolia, distribuita
nella parte occidentale del bacino del Mediterraneo europeo e che si rinviene in
Italia, allo stato spontaneo, in Liguria ed in Emilia, dove trova nel Taro il limite
orientale del proprio areale.
Purtroppo, le fasce perifluviali sono quasi sempre fortemente interessate dalle
attività antropiche e pertanto, al posto delle formazioni legnose sopra elencate, si
osservano estesi boschi di Robinia pseudoacacia. Si tratta di una specie esotica,
179 Subprovincia padana
forse la più invasiva in Italia, introdotta in Europa nel 1601, dall’America nord-
orientale. Colonizza gran parte dei terreni umidi della Pianura Padana ed è presente
in Italia, fino all’altitudine di circa 1.000 metri. Nella Subprovincia padana si
rinvengono anche boschi a Prunus serotina, neofita invasiva anch’essa originaria
del nord America ed impianti di Populus x canadensis. Nelle fasce più prossime al
corso d’acqua si rilevano spesso popolazioni di specie esotiche (Fallopia japonica,
Solidago gigantea, Helianthus tuberosus, Humulus japonicus, Amorpha fruticosa,
Buddleja davidii).
la laguna dI venezIa
Le foci dei grandi fiumi e le zone lagunari tra gli ecosistemi più ricchi e diversificati. È
sono ambienti particolari, di transizione, in proprio la loro complessa natura, il fatto di
corrispondenza dei quali si realizza l’incontro non essere né acque dolci né acque marine,
tra terra e mare ed il mescolamento delle ma acque salmastre, che conferisce a questi
acque dolci con quelle salate. Ciò dà origine ecosistemi quella unicità che ne amplifica la
ad un mosaico di habitat diversi quali stagni valenza paesaggistica e naturalistica.
e lagune, isole sabbiose e barene, popolati da La laguna di Venezia è un ambiente di
un’elevata varietà di forme di vita che li rende transizione unico al mondo per la sua
Cymodocea nodosa
(A. Sfriso).
181 Subprovincia padana
importanza storica, economica, geografica ed barriera) in quanto, fin da epoche remote, gli
ambientale. abitanti della laguna usavano circondare le
Con i suoi 55.000 ettari di superficie aree lagunari meno profonde, realizzando
rappresenta una delle più vaste zone umide recinti di arelle e modeste arginature, al fine
del bacino del Mediterraneo. È divisa dal di favorire la cattura del pesce.
mare da un cordone litoraneo che si estende L’area lagunare, che di per sé rappresenta
dalla Foce dell’Adige a quella del Piave, un habitat prioritario (Habitat 1150* Lagune
interrotto solamente dalle bocche di porto di costiere), è costituita da specchi d’acqua poco
Lido, Malamocco e Chioggia. Sono proprio le profondi (paludi, bassifondi, laghi e chiari) e
bocche di porto che, consentendo il ricambio da terre soggette a periodica sommersione per
d’acqua con il mare, conferiscono al sistema effetto della marea (barene e velme), solcate da
il carattere salmastro e la conformazione delle numerosi canali naturali e artificiali (ghebi),
terre emerse e dei fondali. che formano una rete di più di 1.500 km che
L’attività umana ha profondamente assicura la propagazione delle correnti di
modificato l’aspetto e l’equilibrio idro- marea fino al confine con la terraferma.
geografico della laguna, fin dall’epoca dei Gli specchi d’acqua e i canali sono
primi insediamenti: nel corso dei secoli le parzialmente colonizzati da macroalghe (Ulva
Zostera marina,
primi fasci
(A. Sfriso).
A destra
Salicornietum
venetae
(Habitat 1310)
(L. Ghirelli).
bocche di porto, inizialmente più numerose, sp., Chaetomorpha sp.) e dalle fanerogame
sono state ridotte alle attuali tre, i cordoni marine: nelle aree a salinità limitata e con
sabbiosi (i lidi) che separavano la laguna dal fondali a tessitura limosa, Zostera marina
mare sono stati rinforzati e stabilizzati con e Zostera noltii, dove la salinità aumenta
le poderose opere dei Murazzi (lunghissime e su sedimenti prevalentemente sabbiosi,
dighe settecentesche in pietra d’Istria poste Cymodocea nodosa. Le velme (Habitat 1140
a difesa del perimetro esterno lagunare), Distese fangose o sabbiose emergenti durante
mentre le foci dei fiumi Sile, Piave e Brenta la bassa marea), che emergono solamente
sono state deviate al di fuori della gronda durante la bassa marea, sono invece,
lagunare per prevenirne l’interramento. generalmente prive di comunità di piante
Lungo la gronda lagunare sono presenti le valli superiori e sono, al contrario, ricoperte da
da pesca, aree lagunari separate dalla laguna popolamenti di alghe azzurre e diatomee, che
aperta tramite recinzioni o argini, nelle quali le rendono un habitat di elevata importanza
si pratica la vallicoltura. La denominazione di per l’alimentazione dell’avifauna.
queste aree deriva dal latino vallum (palizzata, Nonostante, nel corso degli anni, abbia
182
Vegetazione
dominata da
Sarcocornia fruticosa
(Habitat 1420)
(L. Ghirelli).
subito una notevole riduzione, l’elemento più Questo fa sì che in una barena si realizzi
caratterizzante del paesaggio lagunare è dato il fenomeno noto come zonazione per cui
dalle barene, con le loro comunità alofile, questa non è mai completamente uniforme,
formate da piante in grado di svolgere il loro ma in essa si può distinguere un complesso
ciclo vitale in ambienti inospitali per altre di microhabitat, cui corrispondono specie e
specie vegetali. comunità diverse.
Sebbene ci siano differenze fra le varie barene, Tra le prime specie a colonizzare i fanghi
il popolamento vegetale che ospitano presenta salmastri delle aree più depresse merita
due caratteristiche pressoché costanti: una particolare attenzione Salicornia veneta,
ridotta diversità di specie e una variazione specie annuale, endemica nord-adriatica.
nella composizione in specie in relazione alla Questa specie, prioritaria per la Comunità
morfologia del suolo. L’elevata complessità Europea, forma popolamenti quasi puri dove
ha, infatti, origine dalla variazione, quasi l’acqua salmastra permane per tempi molto
impercettibile dal punto di vista altimetrico, lunghi e la salinità rimane quindi contenuta
dei terreni barenicoli che si traduce in (Habitat 1310 Vegetazione annua pioniera a
cambiamenti nel contenuto idrico e salino. Salicornia e altre specie delle zone fangose e
Barene e ghebi
di Sant'Erasmo
(Habitat 1420)
(G. Buffa).
183
Fioritura di Limonium
narbonense,
Val di Brenta
(Habitat 1420)
(G. Buffa).
sabbiose). Dove le dinamiche tidali sviluppano narbonense, ben osservabile nella tarda estate
energie maggiori, il compito di stabilizzare i per gli evidenti effetti cromatici delle sue
fanghi è affidato all’efficienza dell’apparato esuberanti fioriture, sono presenti L. virgatum,
ipogeo di Spartina maritima. Questa forma L. bellidifolium e L. densissimum, specie con
una comunità pioniera (Habitat 1320 Prati un elevato valore conservazionistico. Dove
di Spartina (Spartinion maritimae)), endemica l’emersione è più prolungata si determina
del settore nord Adriatico. Sua potenziale un’elevata concentrazione di sali nel suolo,
concorrente è Spartina x townsendii, un che tende a dissecarsi fortemente durante il
ibrido sterile diffuso in molti paesi europei ed periodo estivo. In queste aree si instaurano
extra europei, di recente segnalazione per la comunità dominate dalle salicornie perenni
laguna di Venezia ma già diffuso in numerosi (Sarcocornia fruticosa e Arthrocnemum
siti con tendenza a diffondersi invadendo macrostachyum) (Habitat 1420 Praterie e
nicchie ecologiche di altre specie. fruticeti alofili mediterranei e termo-atlantici
L’attività costruttrice, attraverso il trat- (Sarcocornietea fruticosi)), ma nelle quali è
tenimento dei limi e il consolidamento del facile trovare ancora Limonium narbonense,
substrato, fa innalzare il terreno e avvia con Puccinellia palustris, Suaeda maritima e Aster
questo il succedersi delle altre comunità. Nei tripolium.
terreni ancora molto umidi, ma soggetti ad un Le stazioni più evolute sono, invece,
parziale disseccamento estivo, si riscontrano dominate da vere e proprie praterie salate
vere e proprie praterie a Limonium narbonense. (Habitat 1410 Pascoli inondati mediterranei
Il genere Limonium è molto complesso e molto (Juncetalia maritimi)) che si sviluppano su
ricco di specie endemiche, estremamente suoli piuttosto umidi, con diversi giunchi.
localizzate. In Laguna di Venezia oltre a L. Il più comune è Juncus maritimus; di taglia
inferiore e dall’aspetto gracile è invece J.
Ruppia cirrhosa gerardii che normalmente occupa superfici di
fruttificata scarsa estensione.
(A. Sfriso). Su terreni a matrice più grossolana, in
condizioni di minor igrofilia e di moderata
salinità si trovano comunità a Elymus
elongatus, specie poco diffusa in laguna e con
distribuzione molto localizzata.
I margini barenali, dove maggiore è
l’accumulo di sostanza organica formata
in gran parte da residui vegetali depositati
dalle maree, sono spesso ricoperti da
dense formazioni di specie alo-nitrofile
come Atriplex portulacoides, Atriplex
latifolia, Salsola soda, Suaeda maritima
184 Provincia appenninico-balcanica
La varietà dei boschi costieri. La varietà dei boschi litoranei del nord-Adriatico
dimostra in effetti anche l’elevata influenza mediterranea che si manifesta
con le leccete a Fraxinus ornus, Hedera helix e Ruscus aculeatus, attualmente
assai frammentate a causa delle intense attività agricole e turistiche ma ancora
presenti in Veneto (foce del Tagliamento e Bosco Nordio) e in Romagna (Bosco
della Mesola) e che si differenziano dalle altre leccete italiane per la presenza
di Vincetoxicum hirundinaria subsp. laxum. L’esistenza di queste leccete in un
ambito bioclimatico diverso da quello mediterraneo loro tipico è dovuta alle
caratteristiche di elevata xericità del particolare tipo di suolo molto drenante
su cui si sviluppano. Alla lecceta si lega inoltre una vegetazione arbustiva di
mantello in cui dominano Viburnum lantana e Phillyrea angustifolia; questa
comunità si può rinvenire anche nella variante determinata dalla presenza di
Cotinus coggygria, Polygonatum odoratum ed Erica carnea. In contatto dinamico
con questa vegetazione di mantello si colloca inoltre una comunità a dominanza
di camefite e nanofanerofite (principalmente Osyris alba e Erica carnea). Per
ultimo va citato l’arbusteto litoraneo a Juniperus communis subsp. communis
e Hippophaë rhamnoides subsp. fluviatilis che tuttavia non presenta rapporti
dinamici con il bosco di leccio ma costituisce una comunità matura indipendente,
della quale sono ancora riconoscibili estesi e ben conservati popolamenti nella
zona di Porto Caleri (Rovigo).
Le comunità del nord adriatico vanno a costituire nel loro insieme tipologie
vegetazionali che presentano in generale un significativo contingente di specie
steno-mediterranee ed euri-mediterranee in un contesto bioclimatico di tipo
temperato-continentale: Asparagus acutifolius, Rubia peregrina, Smilax aspera,
Phillyrea angustifolia, Rubus ulmifolius, Lonicera etrusca, Clematis flammula,
Tamus communis, Pyracantha coccinea, Laurus nobilis, Quercus ilex, Fraxinus
ornus, Ruscus aculeatus, Osyris alba, Teucrium polium subsp. capitatum. L’attuale
paesaggio vegetale del litorale nord-Adriatico esprime una notevole originalità
fitocenotica, risultato della concomitanza di molti fattori che vanno dalle attuali
caratteristiche fisiche alle passate vicende climatiche che, in particolare tra il terzo
e il primo millennio a. C., hanno determinato ampi movimenti floristici nell’ambito
dell’Italia settentrionale, con dealpinizzazione di specie vegetali, migrazioni di
elementi termofili lungo le coste adriatiche e dalmate ed avanzamento verso
occidente di specie a distribuzione orientale.
Vegetazione
paucispecifica a
Bassia hirsuta, pianta
annuale a sviluppo
primaverile. Nella
foto la pianta è rossa
in quanto si presenta
alla fine del proprio
ciclo vitale
(E. Biondi).
190 Provincia appenninico-balcanica
Vegetazione ad
Ammophila arenaria
subsp. australis che si
sviluppa nel versante
interno della duna
e di cui restano
purtroppo solo pochi
esempi a causa
dell’erosione della
spiaggia
(E. Biondi).
191 Subprovincia padana
Particolare della
vegetazione ad
Halocnemum
strobilaceum,
pianta che colonizza
i substrati con
maggiore salinità
(E. Biondi).
Vegetazione a
Sarcocornia
fruticosa (verde)
intercalata a isolati
cespi di Salicornia
veneta (rossa)
(E. Biondi).
192 Provincia appenninico-balcanica
A destra
Tripolium
pannonicum
(= Aster tripolium) è
una pianta perenne,
Eurasiatica, che si
sviluppa nei luoghi
salmastri e che
fiorisce da agosto a
ottobre
(E. Biondi).
193 Subprovincia padana
Zona retrostante al
filare di tamerici
dell’immagine
riportata nella pagina
precedente, in cui si
va ricostituendo la
duna con vegetazione
psammofila, grazie
alla protezione
esercitata dalle
tamerici e dal cumulo
di biomassa portata
dal mare.
Questa osservazione
permette di ipotizzare
un tipo di intervento
per contrastare il
grave fenomeno
dell’erosione costiera
(E. Biondi).
subprovInCIa appennInICa
vicinanza del mare da cui provengono correnti d’aria ricche di umidità, le quali,
alle quote più elevate, danno vita a frequenti fenomeni piovosi che nel corso
dell’anno consentono eccezionalmente di raggiungere e superare i 2.000 mm
di precipitazioni. La Subprovincia appenninica include anche ampie porzioni di
territorio non appartenenti all’Appennino comprese tra la catena e la Subprovincia
tirrenica costiera, ricadenti in Toscana, nel Lazio settentrionale, centrale e in
Campania. Questo territorio ha assunto l’assetto litomorfologico attuale in seguito
a un importante fenomeno tettonico, iniziato circa 7-8 milioni di anni fa, che ha
determinato una distensione delle falde rocciose precedentemente compresse e
accavallatesi durante l’orogenesi appenninica. Durante questa fase distensiva si
è avuta la risalita di magma con manifestazioni vulcaniche che hanno interessato
il territorio toscano, quello laziale e quello campano (Monte Amiata, Monti Volsini,
Monti Cimini, Monti Sabatini, Colli Albani, comune di Roccamonfina etc.) fino a
tempi recenti e che in Campania proseguono tuttora.
Tornando all’Appennino Umbro-Marchigiano si possono individuare diversi
allineamenti paralleli di rilievi, divisi da
valli e interrotti da profonde incisioni
trasversali. Il gruppo montuoso più
importante di questo settore è quello dei
Monti Sibillini, culminante con il Monte
Vettore (2.476 m), che, con circhi glaciali
e valli a “U”, mostra evidenti tracce della
passata azione dei ghiacciai. Il limite
tra l’Appennino Umbro-Marchigiano
e l’Appennino Abruzzese coincide con
il fiume Velino (versante tirrenico) e il
fiume Tronto (versante adriatico). Il
settore nord-occidentale dell’Umbria,
verso il confine con la Toscana, ospita
il Lago Trasimeno, per estensione il
quarto lago d’Italia. Il territorio del
comprensorio del Lago Trasimeno
ricade nella provincia di Perugia e
presenta un’estensione valutabile in
circa 77.800 ha. Il lago, di origine sia
Il Vettore, la più alluvionale che tettonica, occupa una superficie di oltre 12.000 ha, ed è considerato
elevata montagna un lago chiuso in quanto non dispone di immissari o emissari naturali. Nel corso
dell’Appennino del tempo, per impedire il suo interramento, è stato costruito un canale immissario,
Umbro-Marchigiano. l’Anguillara, che raccoglie le acque di quattro torrenti (Tresa, Rio Maggiore, Moiano
Il limite inferiore
della neve mette in
e Maranzano). L’emissario, sotterraneo, riprende la struttura dell’antico canale
evidenza la faglia che progettato dai Romani e versa le acque nel fiume Tevere. Nel lago Trasimeno sono
i terremoti del 2016 presenti tre isole: la Polvese, la Maggiore e la Minore.
hanno ulteriormente Riconducibili a questa Subprovincia sono anche i Monti Reatini, culminanti
dislocato con il Monte Terminillo (2.213 m). Si tratta di un massiccio calcareo con vette
(E. Biondi). che superano i 2.000 metri, caratterizzato dalla presenza di profondi valloni
(Vallone di Lisciano, Vallone di Ravara) e dalla scarsità di tracce di glacialismo.
Particolarmente suggestivo è il limite orientale del complesso montuoso,
costituito dalla lunga e profonda valle del fiume Velino. Proseguendo verso sud,
la Subprovincia appenninica include l’Appennino Abruzzese, il sistema montuoso
calcareo e calcareo-dolomitico più imponente della penisola sia per elevazione che
per ampiezza. Tra i Monti Sibillini a nord e il Gran Sasso d’Italia, si collocano i
Monti della Laga con le cime di Monte Gorzano (2.455 m) e Pizzo di Sevo (2.422
197 Subprovincia appenninica
Flora e vegetazIone
propaggine meridionale delle praterie primarie acidofile diffuse sulle Alpi. Sempre
al di sopra del limite degli alberi, tra 1.750 m e 2.000 m di quota, le vallette nivali
con innevamenti molto prolungati (8-10 mesi l’anno), come già descritto per le
Alpi, sono colonizzate da muschi, licheni e salici nani. Sui versanti esposti a nord
la vegetazione più evoluta è rappresentata dalla brughiera a prevalenza di mirtilli
(vaccinieti) in cui dominano Vaccinium myrtillus, V. uliginosum e, più raramente,
V. vitis-idaea, con Rosa pendulina e Sorbus chamaemespilus. Procedendo verso
sud, queste brughiere tendono a essere sostitute da cespuglieti a Juniperus nana
e Rosa pendulina.
Uno studio recente condotto su vaccinieti a Hypericum richeri subsp. richeri,
specie localizzata nell’Appenino Emiliano sopra il limite forestale e monitorata per
un periodo di trent’anni, ha messo in evidenzia notevoli variazioni nella struttura
che appare molto più complessa a seguito dell’elevato incremento di Juniperus
communis. Tali trasformazioni hanno comportato variazioni di rapporti tra le
popolazioni dei mirtilli, con l’aumento di Vaccinium uliginosum a scapito di V.
myrtillus e una sensibile riduzione delle praterie a Carex curvula, a Nardus stricta e
dei prati falciabili. In questo contesto altimontano è particolarmente interessante
la flora rupestre caratterizzata da specie di provenienza alpina e centro-europea
come Antennaria carpatica e Cerastium alpinum, a cui si associano l’endemica
Primula apennina e alcune felci rupicole, quali Asplenium viride e Cystopteris
alpina.
I pendii posti al di sopra dei 1.800 m e esposti a sud, per effetto del maggiore
soleggiamento, della minore durata dell’innevamento e della minore disponibilità
idrica, sono colonizzati ugualmente dalle brughiere subalpine (e dalle comunità ad
esse collegate) ma cambia, più o meno sensibilmente, la composizione floristica.
Nelle brughiere aumenta la copertura di Juniperus nana e nelle praterie quella del
Brachypodium genuense. Le rupi si differenziano per una maggiore presenza di
specie termofile, quali Silene saxifraga, Seseli libanotis, Globularia incanescens e
Leontodon anomalus.
Le Alpi Apuane, come si è già evidenziato nel paragrafo dedicato alla descrizione
fisiografica, costituiscono un’ambito di interesse sia fisico che floristico. Oltre il
limite della vegetazione arborea, gli affioramenti carbonatici presenti sui crinali e in
altri ambiti estremi sono colonizzati da Sesleria juncifolia (tipica entità illirica) che
dà luogo a una prateria primaria, alla cui composizione partecipano anche Carex
mucronata, Globularia cordifolia e Helianthemum oelandicum subsp. italicum. I
seslerieti primari sono intercalati a lembi di prateria secondaria a Brachypodium
genuense, originatisi prevalentemente a seguito del passaggio di incendi e di un
carico pascolivo elevato. In questo caso merita di essere messa in evidenza la
presenza di una flora composta da specie, come ad esempio Anthyllis vulneraria,
Bromus erectus, Hieracium pilosella, che nel resto dell’Appennino sono piuttosto
comuni. Nello stesso contesto sono anche particolarmente interessanti, per valore
biogeografico e rarità, le specie che vivono nelle rupi come Valeriana saxatilis,
Aquilegia bertolonii, Pinguicula leptoceras, Rhamnus glaucophylla, Festuca
alfrediana e Kernera saxatilis.
203 Subprovincia appenninica
le alpI apuane
Santolina leucantha,
con vista sul Pizzo
d’Uccello (MS)
(G. Trombetti).
La catena apuana corre da nord-ovest a sud- loro periferia, dove prevalgono gli affioramenti
est, parallela all’Appennino Tosco-Emiliano, di arenaria-macigno e di argille scagliose, la
da cui è separata dalla fossa tettonica della morfologia assume aspetti simili a quelli del
Garfagnana. I confini geografici sono netti: vicino Appennino, il paesaggio diventa più
ad occidente la pianura costiera, larga da morbido e consente insediamenti umani e
5 a 10 km, che si sviluppa dai lidi pisano- attività di vario tipo.
versiliesi delineati dai fiumi Arno e Serchio Per quanto riguarda il substrato, le rocce
a quelli di Bocca di Magra e della Lunigiana, carbonatiche e dolomitiche - i marmi in
presso Santo Stefano. A nord le Apuane sono particolare - generano suoli poco evoluti,
cinte dai fiumi Magra e Aulella, ad est e a sud con magra vegetazione di brughiera e scarso
dal fiume Serchio. La lunghezza massima accumulo di humus. I suoli derivanti da rocce
del massiccio è di 55 km, la larghezza di 23 scistoso-silicee e metamorfiche sono più
km. Le cime più alte sfiorano senza superarli ricchi di vegetazione, anche forestale (querco-
i 2.000 m (Pisanino, Tambura, Cavallo). Dal carpineti e faggete, ad esempio) e quindi il
punto di vista geologico, in estrema sintesi, le paesaggio apuano varia in modo consistente
Apuane costituiscono una finestra tettonica a seconda della roccia madre. Tra i fattori
dove l’unità più profonda dell’Appennino più rilevanti che agiscono a livello stazionale
settentrionale, di rocce metamorfiche, sulla distribuzione delle piante vi sono poi
affiora attraverso rocce molto simili, ma non l’esposizione, l’acclività, il soleggiamento e
metamorfiche, alle quali si è sovrapposto un l’acqua meteorica. Ciò vale particolarmente
complesso di rocce appartenenti alle serie per le piante rupicole, dette casmofite, che
liguri, totalmente diverse dalle precedenti, rappresentano senza dubbio il contingente
che affiorano in modo discontinuo. In questi più significativo, sia sotto il profilo endemico
complessi sono presenti anche rocce di che relittuale, della flora apuana.
origine ignea, ma sono quelle sedimentarie di Per il clima, le Apuane sono davvero peculiari.
ambiente marino che per massa ed estensione La loro posizione geografica fa sì che il
dominano gli affioramenti. versante occidentale verso il Tirreno, riparato
La costituzione litologica determina in grande dai venti freddi nord-orientali e mitigato dal
misura la morfologia del massiccio: la diversa mare, consenta la coltivazione degli agrumi
risposta all’erosione delle formazioni scistoso- fino a quote collinari; qui la vegetazione
arenacee rispetto a quelle calcaree ha prodotto è termoxerica, di tipo mediterraneo o
piramidi e torrioni isolati, dai fianchi verticali submediterraneo (leccete, pinete, macchia).
che strapiombano per centinaia di metri, scarsi Il versante opposto, verso l’Appennino, ha
o privi di vegetazione. Queste espressioni che inverni lunghi e rigidi, con flora e vegetazione
si possono definire dolomitiche sovrastano le di tipo europeo-montano (querco-carpineti,
formazioni meno acclivi o arrotondate, dove faggete), con alcuni elementi floristici alpini
domina la vegetazione prativa e forestale. Se e eurosiberiani. Ciò dipende in gran parte dal
dal centro delle Apuane calcaree si va verso la regime pluviometrico, estremamente
204 Provincia appenninico-balcanica
Galium
palaeoitalicum,
Monte Sagro (MS)
(G. Trombetti).
A destra
Globularia incanescens,
Monte Sagro (MS)
(G. Trombetti).
206 Provincia appenninico-balcanica
1 2
3
4
5
6
1.
Pinguicula mariae,
Monte Croce (LU)
(G. Trombetti).
2.
Silene lanuginosa,
Monte Contrario (MS)
(G. Trombetti).
3.
Athamanta cortiana
(G. Trombetti).
4.
Draba aspera,
Monte Alto di Sella
(LU) (G. Trombetti).
5.
Centaurea
montis-borlae,
Monte Borla (MS)
(G. Trombetti).
6.
Santolina leucantha
(G. Trombetti).
207 Subprovincia appenninica
Appennino Tornando alla descrizione della flora e della vegetazione della Subprovincia
piacentino e appenninica, nell’Appennino piacentino e parmense, sopra i 1.300 m di quota
parmense prevale Fagus sylvatica con Sorbus aucuparia, Doronicum pardalianches,
Ranunculus lanuginosus e Trochiscanthes nodiflora nello strato erbaceo. In questo
orizzonte montano si segnala Pinus mugo subsp. uncinata e nuclei di abetine ad
Abies alba.
Sui rilievi più orientali (soprattutto compresi nelle province di Parma, Bologna e
Pistoia) ed in particolare nell’area dell’Abetone, tra 1.300 e 1.700 m, in esposizioni
spesso settentrionali e suoli piuttosto profondi, sono presenti boschi di Fagus
sylvatica, Abies alba, Picea abies e Sorbus aucuparia che nel loro insieme
determinano formazioni forestali a Fagus sylvatica o ad Abies alba e Fagus
sylvatica con sottobosco a Pyrola minor, Rosa pendulina e Daphne mezereum.
Per le sue caratteristiche eccezionali l’area dell’Abetone è stata riconosciuta
come Riserva Statale Naturale Biogenetica, con lo scopo di conservare un
ecosistema adatto per l’abete bianco locale, al fine di migliorarne le caratteristiche
morfologiche e genetiche e nel contempo provvedere alla raccolta di semi da
destinare alle ricostituzioni forestali. La riserva comprende i bacini dei torrenti
Lima e Sestaione, a quote che vanno da 1.200 a 1.600 m. Nella località Foce di
Campolino, si rinvengono anche esemplari di Picea abies, albero diffuso sulle
Alpi che trova sull’Appennino settentrionale, in questa località dell’Abetone, il suo
limite meridionale. L’attribuzione del bosco a relitto post-glaciale di Picea abies,
si deve allo scienziato fiorentino Alberto Chiarugi, che ne dimostrò la storica
presenza mediante le sue ricerche palinologiche.
Sui Monti Falterona e Fumaiolo, nella stessa fascia altitudinale (1.300-1.700 m),
su suoli a debole grado di acidificazione legati a substrati marnoso-arenacei, si
sviluppa una faggeta microterma con Acer pseudoplatanus e Sorbus aucuparia,
mentre Abies alba è presente in genere nello strato arbustivo. Lo strato erbaceo è
caratterizzato da Polygonatum verticillatum e Galeopsis pubescens.
Anche la fascia submontana e basso-montana dell’Appennino Tosco-Emiliano (tra
900 e 1.300 m di quota) è dominata da diversi aspetti di faggeta. Sull’Appennino
piacentino e parmense si tratta di faggete meso-oligotrofiche con Sesleria argentea,
Cephalanthera damasonium e Anemone trifolia subsp. brevidentata nel sottobosco.
A Sasso Fratino e nella Foresta di Campigna (Appennino Romagnolo), sui
versanti umidi, la faggeta si differenzia per la presenza di Fraxinus excelsior, Tilia
platyphyllos, Acer pseudoplatanus e A. platanoides.
Aquilegia bertolonii,
Monte Sagro (MS)
(G. Trombetti).
208 Provincia appenninico-balcanica
Matteuccia
struthiopteris, in Italia
presente soltanto nel
territorio della Riserva
(A. Zoccola).
Parnassia palustris e
Saxifraga aizoides,
due rare specie che
occupano le zone
di stillicidio delle
aree rupestri
(V. Gonnelli).
A destra
la faggeta
di Sasso Fratino
(A. Bottacci).
210 Provincia appenninico-balcanica
Rilievi tra Toscana, Sui rilievi appenninici al confine tra Toscana, Umbria, Marche e sulle Alpi
Umbria e Marche Apuane, in aree a elevata piovosità, si osserva un aspetto particolare di faggeta
caratterizzato da una notevole presenza di specie del genere Cardamine (C.
bulbifera, C. heptaphylla, C. kitaibelii, C. chelidonia e localmente C. trifolia) e da
Galium odoratum, Anemone nemorosa e Luzula nivea.
Fagus sylvatica è molto presente anche in Toscana e nell’Alto Lazio, non di rado
al di fuori della catena appenninica in senso stretto, come ad esempio sul Monte
Amiata e sui complessi vulcanici del viterbese. Sul Monte Amiata, in stazioni con
elevata piovosità e suoli profondi, sono presenti due tipi di faggeta. Una basso-
montana (presente anche nella parte alta dell’apparato vulcanico Cimino-Vicano)
che si distingue per la presenza di Castanea sativa e Acer pseudoplatanus e l’altra,
di quote maggiori (1.400-1.700 m), con Sorbus aucuparia e con Oxalis acetosella,
Adenostyles glabra subsp. glabra nello strato erbaceo.
Molto diversa è la composizione floristica delle cosiddette faggete depresse,
per meglio dire sotto quota, in quanto ubicate a quote (600-700 m) che sono
notevolmente al di sotto del limite altitudinale inferiore di queste formazioni, che
nell’Appennino si rinvengono intorno ai 900 m. Qui Fagus sylvatica, la cui presenza
è legata a condizioni particolari di clima e substrato, pur essendo dominante
è accompagnato da numerose specie arboree: Quercus petraea, Q. cerris, Acer
opalus subsp. obtusatum, Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia e, in alcuni casi,
Quercus pubescens, Ilex aquifolium e Quercus ilex. Lo strato arbustivo è composto
da Mespilus germanica, Lonicera etrusca, Ruscus aculeatus e da diverse specie
estranee alla faggeta, normalmente legate a boschi più termofili, come Tamus
communis, Rubia peregrina e Cyclamen repandum.
Quercus cerris
(G. Giusso del Galdo).
211 Subprovincia appenninica
Appennino I processi dinamici legati all’abbandono del pascolo a livello della faggeta,
settentrionale nell’Appennino ligure-piemontese, nelle Valli Borbera e Curone (1.500-1.600
padano-adriatico m di quota), riferibili alla faggeta a Trochiscanthes nodiflora nella variante a
Sorbus aucuparia, hanno portato a evidenziare alcuni stadi seriali. La formazione
preforestale arborea è dominata da Laburnum alpinum e Geranium nodosum con
Sorbus aria, S. aucuparia, Polygonatum verticillatum, Daphne mezereum e Lilium
martagon. Il disboscamento della faggeta ha favorito la presenza di estese praterie
secondarie a Bromus erectus con Festuca gracilior, F. rubra, Brachypodium
genuense, Centaurea triumfetti, Trifolium alpestre, Leucanthemum adustum e
Pedicularis tuberosa. Questo paesaggio vegetale presenta aspetti diversi tra i quali,
in successione dinamica con la faggeta: una variante a Sorbus aucuparia con la
prateria nel suo aspetto tipico a Bromus erectus mentre su suoli più profondi
si rinviene un’altra variante subacidofila ad Arnica montana con Potentilla
erecta, Agrostis tenuis, Avenella flexuosa, Nigritella nigra e Trollius europaeus. In
prossimità delle creste montuose si rinviene una comunità spesso molto stabile
a Vaccinium myrtillus e Hypericum richeri. Dall’abbandono di queste praterie si
sviluppa la serie di recupero che porterà alla ricostituzione del bosco attraverso
un mantello a Rubus idaeus che si combina con Rosa pendulina e Senecio fuchsii
oltre a Rosa canina e R. villosa. Questo mantello di vegetazione si pone in contatto
dinamico con il prebosco a Laburnum alpinum e Sorbus aucuparia.
La faggeta a Trochiscanthes nodiflora nella variante a Sesleria autumnalis
costituisce la comunità potenziale degli aspetti più xerici che si sviluppano su
substrati poco evoluti. In questo caso il mantello formato da Genista radiata e
Crataegus monogyna colonizza il pascolo a Sesleria cylindrica.
La flora dell’Appennino settentrionale, al di fuori delle faggete e degli orizzonti
più elevati in quota, è fortemente condizionata dall’esposizione padano-adriatica
o tirrenica. In particolare la fascia collinare del versante padano dell’Appennino
settentrionale, con climi che si collegano maggiormente alla continentalità della
pianura, rappresenta l’ambito ottimale per i querceti a Quercus pubescens, Q.
cerris e Q. petraea che tuttavia, a causa della forte antropizzazione, sono spesso
sostituiti da cespuglieti a Calluna vulgaris e Genista germanica o a Crataegus
monogyna, Erica arborea e Mespilus germanica in condizioni più termofile.
Nelle aree collinari del piacentino si distinguono due tipologie di querceti: quelli
misti con Ostrya carpinifolia, Fraxinus ornus e Acer campestre (sui versanti freschi)
e i querceti a Q. pubescens con Cotinus coggygria (sui versanti più soleggiati).
Sempre in questo contesto geografico, passando al settore alto-collinare e
submontano, Quercus pubescens è sostiuita da Q. cerris a prescindere dal tipo
di substrato (arenarie, argille, marne, serpentini). Ostrya carpinifolia colonizza
invece i substrati più acclivi e meglio drenati mentre Quercus cerris si colloca nelle
situazioni con pendenza più ridotta e suoli meno drenanti.
Dalla sostituzione del querceto di roverella si originano praterie xerofitiche
diverse in relazione alle caratteristiche dei substrati (xerobrometi). Questi
appartengono a diverse comunità tra le quali, nell’Appennino centro-meridionale,
si rinviene quella ad Astragalus monspessulanus e Coronilla minima, mentre
nell’Appennino settentrionale si integrano con specie di provenienza alpina.
Le comunità camefitiche a Thymus vulgaris dei calanchi marnosi ospitano
Teucrium polium con Helianthemum oelandicum su conglomerati e con Carex
liparocarpus e Potentilla pusilla su arenarie.
Lungo i versanti settentrionali dell’Appennino emiliano e romagnolo fino ai settori
settentrionali delle Marche, prevalgono ostrieti misti differenziati da Prunus
avium, Carpinus betulus, Tilia cordata, Ilex aquifolium e Fagus sylvatica. In questo
contesto lo strato erbaceo è caratterizzato da Lilium bulbiferum subsp. croceum,
212 Provincia appenninico-balcanica
Alto Montefeltro Quercus cerris, come si è detto, occupa le morfologie subpianeggianti sul flysch
dell’Alto Montefeltro dove origina cerrete miste con Carpinus betulus, Fagus
sylvatica, Populus tremula, Ilex aquifolium e, localmente, con Lathyrus niger
e Serratula tinctoria. La fertilità di questi suoli ha favorito in passato l’uso
agricolo e pertanto le cerrete sono frammentate e arealmente limitate anche se
restano alcuni boschi storici di grande superficie come quello della Cantoniera
di Carpegna, nel Parco Interregionale di Sasso Simone e Simoncello, al confine
tra Marche ed Emilia Romagna. Il bosco si estende su una superficie di 60 ha,
in un’area pianeggiante di matrice argilloso-arenacea, che anche durante la
stagione estiva conserva un suolo molto umido. Nel sottobosco molto ricco di
geofite si individuano Anemone trifolia, Asarum europaeum, Geranium nodosum,
Cardamine bulbifera, C. heptaphylla, Galanthus nivalis, Isopyrum thalictroides,
Centaurea montana, Iris graminea, Lathyrus venetus e Trifolium medium. I boschi
di Fagus sylvatica, a partire da 1.000 m di altitudine, sono costituiti da formazioni
miste con altre latifoglie arboree quali Acer pseudoplatanus, A. platanoides, A.
obtusatum, A. campestre, Ostrya carpinifolia e Tilia platyphyllos. Altrove, a causa
del progressivo abbandono delle attività agricole e della ripresa della vegetazione
verso cespuglieti e boschi naturali, si segnala la presenza massiccia di Juniperus
communis, Prunus spinosa, Rosa gr. canina e R. arvensis. Le praterie secondarie
occupano comunque ancora estese superfici del parco e sono dominate da Bromus
erectus, Centaurea bracteata, C. scabiosa e Galium album. Queste praterie, che si
sviluppano su suoli calcareo-marnosi, sono diffuse lungo le pendici del Monte
Carpegna (anche all’interno del poligono militare). Questa vegetazione erbacea
è riferibile ad un aspetto differenziato
da Ononis masquillierii e Dorycnium
pentaphyllum subsp. herbaceum, che
si sviluppa in situazioni di maggiore
aridità edafica.
Altra variante della comunità pascoliva
è indicata dall’elevata presenza di
Sesleria italica che si rinviene su suoli
aridi e superficiali, spesso in erosione
ed in collegamento con le formazioni
forestali a carpino nero. La vegetazione
ad Astragalus monspessulanus
e Coronilla minima, con valori di
copertura sempre ridotti, evidenzia
forme di erosione del suolo e si sviluppa
lungo i camminamenti degli animali
al pascolo e nei punti di abbeveraggio
degli stessi. Forme di erosione del suolo
Anemone trifolia ben più accelerata danno origine a rilievi calanchiformi sul massiccio del Monte
è specie nemorale Carpegna, i cui substrati calcarei o marnosi vengono colonizzati da Valeriana
mesofila presente montana, Sesleria italica e Campanula medium. Le specie che costituiscono questa
nel bosco della
vegetazione sono esclusive di tali substrati e possiedono apparati radicali robusti
Cantoniera di
Carpegna e profondi. In corrispondenza dei sistemi argillosi si sviluppano dei veri e propri
(E. Biondi). calanchi in cui la vegetazione è dominata da Plantago maritima e da Podospermum
canum, aspetti tipici delle pareti calanchive soggette a frequenti smottamenti
durante le stagioni umide.
213 Subprovincia appenninica
Paesaggio calanchivo
di Sasso Simone e
Simoncello:
si evidenziano le
pareti argillose con
scarsa vegetazione
a Plantago maritima
e Podospermum
canum, mentre le
formazioni erbacee
compatte sono
dominate da
Bromus erectus con
Ononis masquillierii
(E. Biondi).
214 Provincia appenninico-balcanica
Un particolare
dei due sassi erratici,
denominati Simone e
Simoncello
(E. Biondi).
nella regione Marche. Si tratta di Hieracium territori dove si rinviene sulle rupi calcaree
prenanthoides subsp. prenanthoides, asciutte ed assolate del Sasso di Simone
diffuso in tutto il sistema alpino ma e del Monte Simoncello. Altre specie
molto raro nell’Appennino settentrionale interessanti tipiche delle aree rupestri
e centrale presente al Monte Simoncello si osservano lungo i versanti orientali
dove forma popolamenti semirupicoli del Monte Carpegna, in prossimità del
all’interno di una piccola forra e al Sasso versante scosceso e fortemente eroso
di Simone dove si rinviene nelle boscaglie noto con il toponimo di Costa dei Salti. Si
semirupicole. La specie è inoltre presente tratta di Valeriana montana, specie rara
sul Carpegna tra il Monte di Pietracandella nell’Appennino centro-meridionale e Isole,
e l’eremo della Madonna del Faggio lungo con areale di distribuzione in Appennino
i versanti occidentale e settentrionale e piuttosto discontinuo (infatti si rinviene
nelle zone di macereto su detrito calcareo- nell’Appennino bolognese, in provincia
marnoso. La seconda specie, Hieracium di Forlì solamente tra Montecoronaro e
carpegnae, recentemente descritta da Balze, in Provincia di Pesaro e Urbino in
Gottschlich nel 2011, è endemica di questi alcune stazioni del Monte Carpegna e più a
sud sui Sibillini) e di Campanula medium,
Hieracium carpegnae elemento ligure-provenzale con areale
specie endemica esteso dall’Italia centrale alla Francia
delle rupi calcaree dei meridionale. Nelle Marche la specie è
due Sassi Simone e sporadica e localizzata in poche stazioni
Simoncello tra le quali le aree rocciose e rupestri
(L. Gubellini). dei versanti meridionale e orientale del
Monte Carpegna dove forma popolamenti
piuttosto estesi su materiale calcareo-
marnoso fratturato.
Le praterie secondarie sono molto diffuse
nel territorio e ospitano talvolta specie
rare o in via di scomparsa nell’Appennino
centro-settentrionale. Tra queste ci sono
due piccole pteridofite quali: Ophioglossum
vulgatum, specie sporadica ed incostante
in tutto il territorio italiano, molto rara
nelle Marche dove si rinviene nelle radure
erbose della cerreta tra la Cantoniera di
Carpegna e il Monte Simoncello, oltre che
nei prati di Monte Canale, e Botrychium
lunaria, anch’essa rara nell’Appennino
centro-meridionale e isole, dove si sviluppa era già conosciuta in epoche molto antiche
nei pascoli montani. Nel territorio del e veniva raccolta ed utilizzata per le sue
Parco si rinviene nelle praterie sommitali virtù medicamentose.
del Monte Carpegna, presso la Testa Altre specie di prateria di un certo interesse
del Monte. In base alle notizie storiche fitogeografico sono: Carex leporina,
contenute nel Codice Erbario anonimo comune nelle Alpi e nell’Appennino
risalente al quindicesimo secolo, la specie settentrionale, rara nella restante parte
del suo areale italiano e che, nel territorio
Botrychium lunaria, del parco, si rinviene nei prati acquitrinosi
piccola pteridofita e nelle radure erbose umide dei boschi che
presente nelle si estendono tra la Cantoniera di Carpegna
praterie pingui del e il Monte Simoncello; Stellaria graminea,
Monte Carpegna poco frequente nell’Appennino centro-
(L. Gubellini). meridionale e Isole, molto localizzata e
rara nelle Marche mentre nel territorio
del parco è presente esclusivamente nei
pascoli sommitali mesofili pingui del
Monte Carpegna presso la Testa del Monte;
Ononis masquillierii, specie endemica
dell’Appennino settentrionale, distribuita
a nord fino al parmense e a sud fino al
Montefeltro su argille plioceniche. Qui
si rinviene nell’ampio territorio prativo
del Poligono Militare compreso tra Pian
dei Prati, Monte Cassinelle e il Sasso di
Simone. Nelle stesse praterie si segnala
inoltre la presenza della rara orchidea
Himantoglossum adriaticum, indicata tra
le specie da proteggere in base all’allegato
II della Direttiva habitat.
Alpe della Luna. Tra Marche e Toscana si localizza l’Alpe della Luna: un
massiccio montuoso che presenta una litologia marnoso-arenaceo relativamente
uniforme. Il territorio è caratterizzato da vaste superfici boschive che ricoprono
indistintamente i versanti, i fondovalle e i crinali appenninici.
La faggeta a
Cardamine heptaphylla
rappresenta un’area
d’incontro di specie
diverse del genere
Cardamine.
L’areale di questa
specie evidenzia la
sua distribuzione
biogeografica centro-
occidentale, nell’ambito
mediterraneo-atlantico
(L. Gubellini).
Mespilus germanica
(E. Biondi).
toscane e umbre. Anche in questo caso l’elevata acidità dei substrati favorisce
la presenza di Calluna vulgaris, Hieracium racemosum e Serratula tinctoria nello
strato erbaceo. In questi casi, Populus tremula e Malus florentina determinano
formazioni preforestali di particolare interesse dinamico-vegetazionale.
Areale italiano di
Pulmonaria apennina
(E. Biondi).
vallecole con suoli profondi che si spingono fino a 500 m sul livello del mare, il
faggio lascia il posto al carpino bianco, cui si accompagna Prunus avium e Primula
vulgaris. A quote inferiori al castagno si uniscono Quercus petraea, Q. cerris e Q.
pubescens. Questi querco-castagneti, leggermente più termofili, si differenziano
per la presenza di Sorbus domestica, Crataegus monogyna, Ligustrum vulgare,
Mespilus germanica e Brachypodium sylvaticum che tendono a sostituire le specie
tipiche della faggeta. I querceti occupano la fascia più bassa dei Monti Cimini,
con particolare riferimento al settore nord-occidentale; la composizione floristica
di questi querceti si differenzia nettamente da quella di altri consorzi forestali, in
quanto sono praticamente assenti le specie mesofile dei faggeti, sostituite da altre
più termofile, quali Cornus mas, Crataegus monogyna, Ligustrum vulgare, Lonicera
caprifolium. Numerose sono inoltre le specie acidofile quali Festuca heterophylla,
Luzula forsteri, Cytisus scoparius ed inoltre specie schiettamente termofile quali
Rubia peregrina e Lonicera etrusca. In questi querceti giocano un ruolo importante
le specie lianose già ricordate, alle quali si aggiungono Hedera helix e Tamus
communis.
Ricca fioritura di di un bosco molto omogeneo, di circa 540 ha, che si sviluppa su una morfologia
Anemone apennina subpianeggiante, ad un’altitudine media di 320 m, su substrato siliceo profondo
alla fine dell'inverno ed acido. Si tratta di una formazione da sempre utilizzata dall’uomo (ne parlava già
in cerreta
Virgilio come Silva Mantiana) che si estendeva alle spalle dell’etrusca Caere, dal
(E. Biondi).
Mar Mediterraneo al Lago di Bracciano. La cerreta, per la sua struttura forestale,
costituisce un esempio sicuramente eccezionale in quanto ospita Quercus frainetto
A destra
Polygonatum al suo limite settentrionale di distribuzione in Italia. Esistono nel complesso due
multiflorum è specie tipi di cenosi forestali, una delle quali si caratterizza per la frequenza di specie
comune nei boschi mesofile, tra cui Fagus sylvatica e Carpinus betulus, che sono particolarmente
mesofili subacidofili costanti e a cui si aggiungono Rosa arvensis, Viola reichenbachiana e Ranunculus
(E. Biondi). lanuginosus. Il secondo tipo di cerreta è decisamente più termofilo, come si
evince dalla presenza di specie quali Fraxinus ornus ed Acer monspessulanum,
con Ruscus aculeatus, Cyclamen repandum e C. hederifolium, Rubus ulmifolius e
Rubia peregrina, nonché Rosa sempervirens e Agrimonia eupatoria.
La Macchia Grande di Manziana è parte dell’area SIC “Macchia di Manziana”
che si estende per 801 ha ed appartiene all’habitat 9280 “Boschi di Quercus
frainetto”. Purtroppo attualmente il bosco versa in precarie condizioni sanitarie
che determinano un’elevata moria di alberi.
Nelle immediate vicinanze del Bosco di Manziana si ha la possibilità di visitare
un luogo assolutamente particolare legato alle emissioni di idrogeno solforato,
denominato Caldara di Manziana. Si tratta di un antico cratere vulcanico che
ancora lascia fuoriuscire acque e fanghi salati.
Da segnalare, inoltre, in questo contesto, un piccolo lembo di bosco contiguo
di Betula pendula ed una prateria fisionomicamente caratterizzata da Agrostis
montelucii.
224 Provincia appenninico-balcanica
la Caldara dI manzIana
Isola Polvese
(F. Filipponi).
La poetessa perugina Maria Alinda Bonacci dai fondali bassi alle sponde sommerse,
Brunamonti (1841-1903), appassionata di alle rive periodicamente in emersione,
flora spontanea, così cantava a proposito alle fasce di transizione asciutte per
del più vasto specchio lacustre dell’Italia periodi più prolungati. Si tratta di habitat
peninsulare: “...rabbrividisce in un sottil peculiari che ospitano specie della flora
vapore d’aere malsano la vallata bruna; italiana di grande interesse.
ma lento approda senza tema alcuna, Le acque aperte, data la modesta
tra i ciperi e le schiancie il pescatore”, profondità, sono ricche di idrofite, sia
racchiudendo in poche parole le principali radicanti che flottanti, sia sommerse che
caratteristiche del Lago Trasimeno: natanti, riconducibili all'Habitat 3150.
suggestione paesaggistica, senso di quiete, Tra queste, Lemna gibba, L. trisulca, Najas
vegetazione palustre, un pescatore. A più marina, N. minor, Spirodela polyrhiza,
di un secolo di distanza, la suggestione è sono entità minacciate secondo la Lista
rimasta pressoché immutata ma lo stesso Rossa Regionale, mentre Ceratophyllum
non può dirsi della ricchezza floristica demersum, Myriophyllum spicatum,
del lago, che mostra oggi i segni di molti Potamogeton perfoliatus, P. pectinatus,
decenni di intensa antropizzazione. Vallisneria spiralis e la piccola pteridofita
Il Lago Trasimeno, sede di un Parco Salvinia natans sono ritenute vulnerabili,
Regionale e di due siti della Rete Natura quest’ultima anche a livello nazionale.
2000 (una ZSC e una ZPS), si estende Altre specie diffuse nelle acque del lago
per una superficie di circa 12.000 ha nei sono Potamogeton lucens, P. natans, Lemna
territori centro-occidentali dell’Umbria. minor, Azolla filiculoides. Di recente è stata
Si tratta di un bacino laminare, per certi rinvenuta Lemna minuta, specie esotica
versi paragonabile ad un enorme stagno: da non ritenersi ancora naturalizzata,
con riferimento allo zero idrometrico essendo stata osservata in una sola
(257,33 m) la profondità massima è stazione, ma con evidente potenziale
inferiore ai 6 m e risente fortemente di colonizzazione a danno delle specie
dell’andamento delle piogge, mancando congeneri presenti al lago. Alcune entità
di veri e propri immissari. Dalle acque di grande interesse conservazionistico
del lago emergono tre isole: la Polvese, la quali Utricularia australis e Hydrocharis
Maggiore e la Minore. L’intero bacino è morsus-ranae, minacciate a livello
a cavallo tra i piani bioclimatici meso- e regionale, risultano attualmente relegate
submesomediterraneo, come attestano le a microhabitat puntiformi quali il canale
estese leccete, i querceti e gli oliveti che, dell’emissario e i piccoli bacini artificiali
alternandosi, caratterizzano il paesaggio adiacenti le sponde; il loro habitat naturale,
collinare circostante. L’ecosistema lacustre costituito dalle piccole radure e chiarie
ospita una vasta diversità di ambienti: all’interno del canneto, risulta al momento
228 Provincia appenninico-balcanica
Castiglione del Lago, nel quadrante nord- Le sponde del lago sono punteggiate
occidentale, grazie alla presenza da più qui e là da boscaglie a pioppi e salici
di mezzo secolo dell’Aeroporto Eleuteri: arbustivi ed arborei, prevalentemente
l’area, tuttora utilizzata come punto di Populus canescens, P. nigra, Salix alba, S.
decollo e atterraggio per piccoli velivoli, triandra subsp. amygdalina, S. cinerea,
viene sottoposta a sfalcio annuale della S. purpurea (Habitat comunitario 92A0).
vegetazione e, grazie a questo trattamento, Formazioni forestali mature sono assenti
la sua flora e i suoi habitat erbacei si dal paesaggio lacustre, ma è dovunque
mantengono in uno stato di conservazione in atto un’evidente espansione delle
buono. Al suo interno dominano estese specie legnose, anche in conseguenza
comunità con Anthoxanthum odoratum, dell’abbandono delle pratiche di gestione
Arrhenatherum elatius, Festuca arundina- dei canneti. In particolare, nel quadrante
cea, Holcus lanatus, Paspalum distichum. nord-occidentale è notevole l’espansione
In questi ambienti si rinvengono con di S. cinerea, specie tipicamente palustre,
frequenza le orchidee Serapias lingua, S. amante delle condizioni di sommersione
vomeracea e l’ibrido Anacamptis x gennarii periodica.
(A. morio x A. papilionacea); nelle piccole Accanto alle numerose peculiarità
depressioni umide, inoltre, si sviluppano floristiche che rendono il Lago Trasimeno
interessanti comunità anfibie con Mentha un ambiente unico e prezioso, va
pulegium, Ranunculus sardous, Carex purtroppo sottolineato che negli ultimi
hirta. Anche i giuncheti mediterranei decenni si è registrata la scomparsa di
sono rappresentati nell’area trasimenica, 33 entità di rilevanza conservazionistica.
benché molto frammentati e talora relegati Tra queste possono essere menzionate
in corrispondenza dei fossetti di drenaggio Caldesia parnassifolia specie di All. II
che delimitano i campi coltivati. La specie alla Dir. 92/43/CEE e criticamente
più frequente è Scirpoides holoschoenus, minacciata in Italia, Damasonium alisma,
accompagnata da Juncus articulatus e dal Dracunculus vulgaris, per le quali il Lago
rarissimo Juncus acutus, specie minacciata Trasimeno rappresentava l’unica stazione
a livello regionale, generalmente legata alle umbra; altre specie scomparse dal lago
aree umide subcostiere, presente solo sulle ed ormai rinvenibili solo in pochissime
sponde dell’Isola Polvese. località della regione sono Asteriscus
aquaticus, Caltha palustris, Nuphar lutea,
Due esemplari Anacamptis laxiflora, Ranunculus lingua.
dell’ibrido Altro segnale di profonda alterazione
Anacamptis è fornito dallo stato di degrado in cui
x gennarii (A. morio x attualmente versa il canneto, un tempo
A. papilionacea) molto più esteso e rigoglioso, soprattutto
osservato nelle nel quadrante sud-orientale del lago.
praterie da sfalcio Da alcuni anni, infatti, si è diffuso il
dell’Aeroporto fenomeno del cosiddetto dieback: un
Eleuteri progressivo declino dei canneti seguito
(D. Gigante). da frammentazione e moria diffusa, con
conseguente scomparsa dell’intero habitat
palustre. Il fenomeno, già osservato
in Europa centrale e settentrionale, è
drammaticamente in espansione anche
Phragmites australis, in altri laghi (Chiusi, Montepulciano) ed
specie edificatrice è attualmente oggetto di monitoraggio. Le
dei canneti, lungo cause, complesse, sembrano riconducibili
la sponda di all'artificializzazione del regime idrico.
Borghetto nel Va quindi sottolineato come il fragile
quadrante nord- ecosistema trasimenico appaia oggi
occidentale del lago fortemente trasformato dalla presenza
(D. Gigante). umana che, attraverso la sottrazione
di spazi e l’alterazione di ambienti, ha
progressivamente condizionato lo sviluppo
e la sopravvivenza delle specie e delle
comunità tipicamente lacustri.
230 Provincia appenninico-balcanica
Il canneto in zona
Le Pantane
(Trevignano Romano).
In basso a sinistra nella
foto si vede il nucleo
di bosco ripariale
dominato da Alnus
glutinosa
(M.M. Azzella).
Al fronte del canneto Typha latifolia e Lythrum si rinvengono solo in forme vegetative
salicaria combattono una lotta silenziosa sommerse, forse relegate dall’azione dell’uomo
per la sopravvivenza, contro una specie e dall’attacco della nutria (Myocastor coypus).
aliena fortemente invasiva recentemente Nymphaea alba è estinta dalla metà degli anni
comparsa nel lago, Ludwigia peploides subsp. novanta del ventesimo secolo. La sconfortante
montevidensis. Schoenoplectus lacustris, S. immagine di una sponda intensamente
tabernaemontani, Butomus umbellatus una sfruttata e povera di specie viene dimenticata
volta presenti e diffusi nel lago, attualmente non appena ci si immerge nelle limpide acque
dei due laghi. L’occhio di un osservatore
Carex paniculata attento potrà scorgere decine di specie tra
(M.M. Azzella). la linea di costa e profondità che possono
superare i 20 m.
Dense praterie di caroficee dominano i due laghi
grazie alle ottimali condizioni limnologiche.
Queste macroalghe sono adattate a sfruttare
il carbonato di calcio come fonte di anidride
carbonica e l’elevata concentrazione di
questa sostanza nelle acque, congiuntamente
con le ottime condizioni di trasparenza e
l’assenza di inquinanti, fa dei laghi vulcanici
sabatini l’habitat ideale per queste alghe e
un importante hotspot di diversità a scala
europea. Circa il 30% delle caroficee europee
trova infatti ospitalità nelle acque dei laghi
sabatini. Tre sono le specie prevalenti: Chara
aspera, che colonizza gli ambienti superficiali
prossimi alla costa; Chara polyacantha, che
risulta particolarmente abbondante tra 3
e 15 m di profondità; Chara globularis che
colonizza gli ambienti più profondi, dove la
luce scarseggia e le acque sono fredde per
buona parte dell’anno. Attualmente non esiste
un quadro della distribuzione delle caroficee
a rischio o tutelate in Italia, ma molte delle
specie presenti nei laghi di Bracciano e
232 Provincia appenninico-balcanica
Ludwigia peploides
subsp. montevidensis
colonizza l’interfaccia
tra terra e acqua, al
fronte del canneto
(Lago di Bracciano).
Dalla densa prateria
di fiori gialli spuntano
le fioriture viola del
Lythrum salicaria e
le foglie di Typha
latifolia, retaggio di un
popolamento un tempo
esteso ed ora sostituito
dalla specie aliena
(M.M. Azzella).
Martignano sono protette in altri paesi come Vallisneria spiralis, Najas marina subsp.
europei. Il lago di Martignano ospita l’unico marina e Najas minor, abbondano le specie del
popolamento conosciuto attualmente in Italia genere Potamogeton (P. lucens, P. perfoliatus,
di Lychnothamnus barbatus, specie rarissima P. pectinatus, P. pusillus, P. crispus e P. nitens).
considerata estinta in Germania e tutelata Nel lago di Martignano Potamogeton perfoliatus
in Polonia. Chara polyacantha, che forma domina in vasti settori mentre a Bracciano è
dense praterie nei due laghi, è considerata a maggiormente diffuso P. lucens. Vicino alla
rischio di estinzione in Germania e in Polonia. linea di costa del lago di Bracciano, a profondità
Nitella hyalina, molto diffusa lungo le coste che non superano mai i due metri in zone poco
del lago di Bracciano, è estinta nel Regno frequentate dai bagnanti e riparate dai venti
Unito ed in Svizzera ed è classificata come dominanti, è possibile trovare una comunità
critical endangered nei Balcani e in Germania. tutelata dalla Direttiva Habitat (92/43/CE),
L’eccezionale diversità vegetale non si limita dominata da Eleocharis acicularis e Baldellia
alle caroficee: tra la linea di costa e i sette ranunculoides, specie rare e minacciate nel
metri di profondità nei due laghi si trovano Lazio. In uno di questi popolamenti è stata
molte specie di piante vascolari. Le dominanti rinvenuta una specie endemica del lago di
sono Myriophyllum spicatum e Ceratophyllum Bracciano, Isoëtes sabatina, una felce d’acqua
demersum che si spinge a profondità record che forse un tempo era diffusa nei laghi
nei due laghi, toccando i 14 m in entrambi. vulcanici, ma che ora trova rifugio solo nel
Oltre a specie tipiche delle acque lacustri, grande specchio lacustre sabatino.
A destra
Potamogeton
perfoliatus; si
distinguono anche
Myriophyllum spicatum
e Potamogeton
pectinatus
(M.M. Azzella).
233 Subprovincia appenninica
Lago di Martignano
(M.M. Azzella).
Lago di Bracciano
(M.M. Azzella).
234 Provincia appenninico-balcanica
Appennino Nell’Appennino centrale, nella parte più settentrionale della dorsale calcarea umbro-
centrale archigiana, si rinvengono montagne di una certa elevazione, che raggiungono con
versante il Monte Catria la quota di 1.800 m. Della stessa dorsale fanno parte il Monte
adriatico Nerone ed il Monte Cucco oltre ad una serie di cime di minore importanza.
I boschi sono costituiti, nel piano bioclimatico supratemperato superiore, da
formazioni di faggeta microterma che interessa solo le cime più elevate (Monti
Catria, Nerone e Cucco) mentre a quote inferiori si rinvengono faggete più termofile.
Transetto della vegetazione, in rapporto alla variazione dei substrati geologici, nella dorsale umbro-marchigiana:
Substrati marnoso-arenacei: Substrati arenacei: Substrati calcarei:
1. Bosco a Quercus cerris con Acer 4. Faggeta a Fagus sylvatica con 8. Prateria subprimaria, xerofila,
opalus subsp. obtusatum; Dactylorhiza fuchsii; a Sesleria apennina con Carex
2. Prateria densa a Bromus erectus 5. Prateria mesofila a Cynosurus humilis;
con Centaurea bracteata; cristatus con Achillea collina; 9. Faggeta a Fagus sylvatica con
3. Prateria camefitica, discontinua, in 6. Bosco misto a Quercus cerris con Carex kitaibeliana;
aree erose con Coronilla minima e Acer opalus subsp. obtusatum; 10. Prateria mesofila a Cynosurus
Astragalus monspessulanus. 7. Prateria a Bromus erectus con cristatus e Campanula glomerata;
Centaurea ambigua. 11. Bosco misto a Ostrya carpinifolia
con Scutellaria columnae;
12. Prateria semi-mesofila a Bromus
erectus con Briza media.
Il paesaggio della
dorsale umbro-
marchigiana nel tratto
compreso tra il Monte
Cucco e il Monte
Catria. In primo piano
il sentiero attraversa
la prateria aridofila a
Sesleria apennina e
Carex macrolepis che
si sviluppa nel settore
sommitale del versante
nord-est del Monte
Cucco. Più in basso le
faggete di crinale dei
rilievi montuosi che si
snodano verso il
Monte Catria
(E. Biondi).
236 Provincia appenninico-balcanica
cerreta che si sviluppa sempre nella stessa dorsale e che si colloca su una variante
pedologica. Tra le altre specie differenziali, sono presenti Cornus mas e Lonicera
xylosteum. La cerreta è fortemente mesofila come dimostra la costante presenza
di Fagus sylvatica, Carex sylvatica, Cardamine bulbifera, Carpinus betulus e Acer
pseudoplatanus.
Le comunità più termofile si presentano in forme subcontinentali, rappresentate
da boschi a Quercus pubescens, in cui si inseriscono Cytisus sessilifolius, Cotinus
coggygria e Cornus mas. Formazioni più mesofile sono costituite dagli ostrieti
differenziati dalla presenza di Anemone trifolia, Helleborus foetidus e Dactylorhiza
maculata subsp. fuchsii. Meno continentali sono le formazioni a Ostrya carpinifolia,
con Scutellaria columnae, qui rinvenibili nella variante a Viola reichenbachiana,
con Melica uniflora, Helleborus bocconei e Primula vulgaris.
I querceti a dominanza di Quercus pubescens si sviluppano nei settori più interni
dell’Appennino centrale, nel piano bioclimatico supratemperato inferiore (quote
comprese tra 700 e 1.100 m), su versanti calcarei ad esposizione meridionale. In
Italia centrale questi boschi rappresentano l’aspetto microtermo dei querceti a
Quercus pubescens. Queste comunità sono caratterizzate da uno strato arboreo
dominante nel quale a Q. pubescens si associano frequentemente anche Fraxinus
ornus, Acer opalus subsp. obtusatum ed Ostrya carpinifolia. Lo strato arboreo
dominato e l’alto arbustivo sono caratterizzati dalla frequente presenza di Laburnum
La vegetazione
dell’orlo forestale,
molto colorato, ad
Aconitum
lycoctonum subsp.
neapolitanum
(fioriture gialle) e
Adenostyles glabra
(fioriture rosa)
arricchisce il margine
della faggeta sul Monte
Catria
(E. Biondi).
239 Subprovincia appenninica
quali è la stretta Gola del Salinello, che si La vegetazione che caratterizza queste
apre il varco tra i Monti Gemelli (Montagne morfologie di forra o canyon presenta
dei Fiori e di Campli, Riserva Naturale una grande variabilità in relazione alla
Regionale), più a Sud si rinviene la Gola del quota, all’esposizione dei versanti e alle
Sagittario (Riserva Naturale), in Provincia caratteristiche del corso d’acqua. In ogni
di L’Aquila quindi le Gole di San Venanzio, caso, la vegetazione che si sviluppa al loro
lungo il Fiume Aterno e di Popoli o di interno è sempre relativamente diversificata
Tremonti, all’estremità settentrionale della in quanto la varietà di condizioni ecologiche
Valle Peligna, attraversate dal fiume Pescara determina aspetti micro- e meso-ambientali
e Tirino. Nel versante adriatico della Majella che contribuiscono ad arricchire la diversità
sono presenti altre forre, che in alcuni casi fitocenotica e floristica. Nello spazio di pochi
assumono le caratteristiche di veri e propri metri si assiste alla presenza di una grande
canyon: tra i più spettacolari vi sono quelli varietà di tipologie vegetazionali molto spesso
della Valle dell’Orta (tributario del Pescara), caratterizzate dalla presenza di specie e
dell’Orfento (tributario dell’Orta), dei Valloni comunità proprie delle zone più elevate
di Pennapiedimonte e di Taranta Peligna dell’Appennino o di altre formazioni più
(tributari del fiume Aventino, che a sua volta è termofile quindi tipiche delle aree costiere o
tributario del Sangro), i Valloni di Palombaro subcostiere. Tutto ciò provoca, ovviamente
(fiume Avello), di Roccamorice (tributario del in uno spazio relativamente modesto,
fiume Pescara), di S. Spirito presso Fara San un’elevatissima biodiversità che è arricchita
Martino, che con i suoi 14 km di sviluppo dalla presenza degli effetti dell'erosione
è considerata la valle incassata più lunga carsica che determina la formazione di grotte,
d’Italia; infine il Vallone d’Angora (fiume caverne e anfratti a loro volta diversamente
Tavo), nei contrafforti meridionali del Gran colonizzati da piante ed animali. È significativo
Sasso. di questa particolare biodiversità l’elevato
numero di habitat di interesse comunitario.
La Gola Nella parte montana dei corsi d’acqua si
dell’Infernaccio nel assiste allo sviluppo di una vegetazione a Salix
gruppo dei Monti eleagnos subsp. angustifolia che colonizza
Sibillini abbondantemente le zone più ciottolose
(E. Biondi). del bordo di fiumi e torrenti. Lungo i corsi
d’acqua sono presenti altri habitat come i
saliceti a Salix alba o i pioppeti a Populus alba
o a P. nigra o, ancora, le ontanete ad Alnus
glutinosa.
In alcuni valloni dell’Abruzzo sono presenti,
spesso in corrispondenza di macereti o di
depositi colluviali grossolani al piede dei
versanti, nuclei di bosco temperato-fresco
In Abruzzo la Valle
di Selvaromana tra i
Valloni di
Pennapiedimonte
presenta strette forre
(L. Di Martino).
242 Provincia appenninico-balcanica
Sulla falesia
settentrionale di Colle
San Marco, completa-
mente costituita da
formazioni travertiniche,
si inserisce l’Eremo di
San Marco, risalente
agli inizi del XIII secolo,
costruito con lo stesso
materiale
(D. Galdenzi).
Bosco a Ostrya
carpinifolia e
Euonymus latifolius
con Cardamine
enneaphyllos
(D. Galdenzi).
247 Subprovincia appenninica
Formazioni rupestri
dominate dal leccio
colonizzano le pareti
verticali travertiniche
di Colle San Marco.
Alla base del versante
sono presenti boschi
a carpino nero e
castagno
(D. Galdenzi).
Rappresentazione
schematica del sistema
di funzionamento di un
anello delle streghe:
1. area esterna;
2. fronte fungino;
3. margine interno
dell’anello con
vegetazione vigorosa;
4. area interna
dell’anello.
Da notare nei riquadri
il micelio fungino nel
fronte fungino (2)
rispetto all’area
esterna (1).
Le frecce nere indicano
la direzione dello
sviluppo fungino
il cui avanzamento è
stimato in circa 25-30
cm per anno
(da Bonanomi et al.,
2012 modificata).
251 Subprovincia appenninica
Prato acidofilo a
Ranunculus
pollinensis, in una
facies dominata da
Tulipa australis
(E. Biondi).
253 Subprovincia appenninica
più profonda, si affermano due specie trovano due specchi d’acqua, chiamati
tipiche delle paludi e dei laghi, Phragmites localmente “pianavelle”, residui dell’antico
australis e Schoenoplectus lacustris, che lago, che ospitano ancora la ninfea
possono formare densi canneti, come (Nymphaea alba) ed altre specie di Idrofite.
a Colfiorito. Nei canneti di Colfiorito, Nel piano superiore di Montelago e in
è stata segnalata una rara specie di quello di Colfiorito, nella parte più esterna
ranuncolo (Ranunculus lingua), che però in corrispondenza di risorgive di acqua, nel
recentemente non è stata più osservata, corso dei secoli si sono formati depositi di
probabilmente per cause antropiche. torba, con la rara specie (per l’Appennino),
Al centro della palude di Colfiorito si Eriophorum latifolium, che però a Colfiorito
Inghiottitoio con
vegetazione a Mentha
pulegium, Piano
inferiore di Montelago
(Appennino Umbro-
Marchigiano)
(F. Pedrotti).
256 Provincia appenninico-balcanica
è scomparsa a seguito della cava di torba, è quello che raggiunge le dimensioni più
che ha provocato anche la distruzione grandi, essendo lungo 6,5 e largo 3 km;
completa di tutta la torbiera, l’unica di esso è molto diverso da quelli prima
tutta l’Umbria. descritti, infatti è attraversato da un
Nella zona di Colfiorito si trovano altri piani profondo fosso naturale, chiamato il fosso
carsici, come quello di Annifo, che ospita Mergani, che solca in modo tortuoso tutta
un’altra rara specie, Butomus umbellatum, la prateria, per terminare in un grande
con le belle e grandi infiorescenze di inghiottitoio, il più profondo di tutto
colore rosa scuro. Il piano di Ricciano è l’Appennino.
interessante per il suo inghiottitoio, con Le acque assorbite dall’inghiottitoio
una piccola e profumatissima specie di affiorano 400 metri più in basso, presso
menta, Mentha pulegium. la città di Norcia, in un’area di praterie
Il Pian Grande di Castelluccio di Norcia umide, le cosiddette “marcite di Norcia”,
La fioritura di
Polygonum bistorta
(= Persicaria bistorta),
è tra le più belle
immagini della fioritura
primaverile delle
praterie del Pian
Grande di Castelluccio
di Norcia
(E. Biondi).
258 Provincia appenninico-balcanica
perché sul suo fondo si aprono sei sistemi tre sistemi, ad impermeabilità diversa,
di fossi che conducono ad altrettanti il primo ospita un lago con acqua
inghiottitoi, è dunque quello che possiede presente tutto l’anno, il secondo un lago
la morfologia più complessa; è occupato temporaneo, il terzo è drenante in quanto
in gran parte da praterie a Nardus stricta. è formato da un fosso naturale simile al
Il Piano di Rascino (Lazio) è formato da fosso Mergani dei Monti Sibillini. La gran
parte del piano di Rascino è occupata da
Il fosso Mergani praterie falciabili simili a quelle del Pian
serpeggia nella prateria Grande, con grandi fioriture primaverili di
del Pian Grande di narciso (Narcissus poëticus); da segnalare
Castelluccio di Norcia, anche la rara specie Carex echinata.
prima di finire I piani del Trigno (Molise) sono molto simili
nell’inghiottitoio a quelli di Montelago, con grandi fioriture
naturale di Ranunculus velutinus.
(E. Biondi). L’interesse dei piani carsici dell’Appennino
è molteplice: floristico, vegetazionale,
ecologico e geomorfologico. Essi
rappresentano zone di rifugio per specie
rare, di cui sono stati citati vari esempi.
In essi è sviluppata una vegetazione
esclusiva, quella delle praterie a
Ranunculus velutinus, simile a quella che
si ritrova nei piani carsici della penisola
balcanica. La zonazione della vegetazione
in fasce concentriche è del tutto originale;
la loro geomorfologia condiziona un
bilancio idrico superficiale molto variabile
nel corso delle stagioni, che influenza
profondamente la distribuzione delle
specie e delle comunità vegetali.
259 Subprovincia appenninica
Flora e vegetazione delle cime più elevate dell’Appennino. Sulle più alte cime
dell’Appennino (Monte Vettore, Monti della Laga, Gran Sasso, Majella, Velino e
Terminillo), oltre il limite del bosco e degli arbusteti di alta quota, si sviluppa una
vegetazione primaria con una flora relittuale artico-alpina o circumboreale (relitti
glaciali) di grande valore biogeografico, ricca di piante endemiche, alcune ad
areale estremamente limitato. Oltre a diversi tipi di praterie, sono particolarmente
interessanti le comunità che si insediano nelle vallette nivali, sui ghiaioni e nelle
fessure delle pareti rocciose.
La più alta cima dell’Appennino è costituita dal rilievo sommitale del Corno Grande,
che raggiunge i 2.912 m. Si tratta di una sorta di piramide calcarea che presenta
Sesleria apennina pareti perlopiù ripide, modellate da fenomeni carsici e dalle glaciazioni, costituita
(E. Biondi). da dolomie triassiche di calcare massiccio. Questo settore, interamente incluso nel
piano alpino, presenta una vegetazione
prevalentemente discontinua, che
colonizza superfici poco coese di ghiaioni
formati da clasti di diverse dimensioni.
Intorno ai 2.800 m di altitudine e fino
alla cima del rilievo la copertura della
vegetazione varia dal 30 al 60%. Le specie
colonizzatrici sono Cerastium thomasii,
endemica dell’Appennino abruzzese
e laziale, Arabis alpina subsp. alpina,
Draba aspera e talora Papaver degenii,
endemica appenninico-balcanica.
Kobresia myosuroides (= Elyna myosu-
roides) è l’elemento caratteristico di
praterie primarie, dense, denominate
elineti. La specie è presente sui rilievi
calcarei più elevati, oltre i 2.300 m
(Gran Sasso e Majella), mentre su quelli
arenacei si rinviene a 1.850-1.900 m
(Monti della Laga). Si tratta comunque
di praterie primarie legate alla continua azione del vento che favorisce escursioni
termiche particolarmente elevate. Gli elineti hanno uno straordinario interesse
floristico in quanto vi partecipano molti elementi artico-alpini e circumboreali come,
oltre a Kobresia myosuroides, Bistorta vivipara, Potentilla crantzii subsp. crantzii,
Silene acaulis e diversi endemismi come Viola eugeniae ed Erigeron epiroticus
(endemita illirico-appenninico). La rara stella alpina dell’Appennino (Leontopodium
nivale) vi si ritrova solo sporadicamente. La stessa si può rinvenire all’interno delle
praterie dominate da Carex kitaibeliana e C. rupestris (specie che in Appennino
si trova solo sul Gran Sasso), dove sono inoltre presenti: Festuca violacea subsp.
italica, Sesleria apennina, Edraianthus graminifolius, Helianthemum oelandicum
subsp. alpestre, Potentilla apennina e Aster alpinus. Un aspetto particolare di questa
prateria primaria, presente in aree rocciose e ventose, si ha quando la vegetazione
260 Provincia appenninico-balcanica
questa comunità esistono diversi aspetti legati alle varie condizioni del substrato
che favoriscono una elevata eterogeneità floristica. Un primo aspetto è legato alla
maggiore umidità che favorisce lo sviluppo di una comunità dominata da un piccolo
giunco molto particolare, di alta quota, Juncus monanthos, a cui si associano
Polygonum viviparum e pochi esemplari di Kobresia myosuroides. Un secondo caso
si ha nell’ambito potenziale del ginepreto a Juniperus communis subsp. alpina che
si combina con Arctostaphylos uva-ursi. Nel caso del ginepreto si ha una migliore
condizione del substrato che presenta tra i clasti calcarei una certa quantità di
suolo sufficiente per trasformare il seslerieto in altre cenosi di sostituzione. La
flora di questo ambiente presenta anche Ranunculus oreophilus, la bella Gentiana
dinarica ed altre specie a distribuzione sud-est europea.
Su pendii poco acclivi, di raccordo con il piano, su terreno ciottoloso
abbondantemente intercalato da materiale sottile, Festuca violacea subsp. italica
costituisce praterie continue ad elevato grado di copertura insieme a Carex
kitaibeliana e Helianthemum oelandicum subsp. alpestre.
Nelle stazioni caratterizzate da una prolungata permanenza della neve (8-10 mesi
l’anno), le vallette nivali, i versanti settentrionali e le linee di drenaggio ospitano
comunità (snowbed vegetation) dominate da salici nani, piante erbacee di piccola
taglia, briofite e licheni, adattate a queste difficili condizioni. Questo paesaggio,
relativamente frequente nelle Alpi, diventa sempre più raro in Appennino man
mano che si procede verso sud, sia per le diverse caratteristiche climatiche che
per la prevalenza dei substrati calcarei. La flora relativa a queste comunità
centro-appenniniche, rispetto a quella alpina e nord-appenninica, presenta
un impoverimento di specie artico-alpine, sostituite da piante endemiche o
oromediterranee. Sulla Laga e sul Gran Sasso è ancora possibile trovare limitati
tappeti dominati da Salix herbacea, che proprio in quest’ultimo massiccio
raggiunge il limite meridionale della sua distribuzione. Oltre a S. herbacea,
sono frequenti Sibbaldia procumbens, Armeria majellensis, Plantago atrata e Poa
alpina, insieme a Trifolium thalii, sulla Laga, e Gnaphalium hoppeanum subsp.
magellense sul Gran Sasso. Altri esempi di questo tipo di vegetazione sono stati
osservati nelle doline nei pressi del Corno Grande (Gran Sasso) e nel Fondo di
Femmina Morta (Majella), dove Plantago atrata nel fondo delle doline forma tappeti
con Ranunculus pollinensis, Taraxacum apenninum e T. glaciale, mentre nelle
doline più ampie (Fondo di Femmina Morta), dove il detrito calcareo è assente,
diventa dominante Trifolium thalii. In queste comunità, la presenza di Cerastium
cerastoides e Carex parviflora, abbondanti sulle Alpi e molto rare in Appennino,
è particolarmente interessante in termini biogeografici e conservazionistici.
Altro salice nano osservabile anche nell’alta quota dell’Appennino centrale è Salix
retusa, capace di colonizzare microconcavità a lungo coperte dalla neve, in cui
si associa a Salix herbacea, e versanti detritici esposti a nord dove si associa a
Carex kitaibeliana.
Gli ambienti più ricchi di flora endemica delle alte vette dell’Appennino centrale
sono le rupi e i ghiaioni. Si tratta di habitat caratterizzati da condizioni ambientali
estreme, colonizzati da particolari specie pioniere. La flora che vive sui ghiaioni
deve infatti essere in grado di resistere a grandi variazioni di temperatura, alla
scarsità di acqua e, soprattutto, alla mobilità del substrato. Le singole piante
sono dotate sia di potenti apparati radicali che di un’elevata capacità rigenerativa
che permette loro di crescere lontano dalla pianta di provenienza. Le comunità
a Isatis apennina (= Isatis allionii), a Festuca dimorpha, a Drypis spinosa e a
Rumex scutatus sono le più diffuse. Molte specie endemiche partecipano alla
composizione di queste cenosi, come ad esempio Thlaspi stylosum, Galium
magellense, Robertia taraxacoides e Cerastium thomasii, già ricordato per la parte
262 Provincia appenninico-balcanica
Juniperus communis più basse, intorno ai 1.500-1.700 m circa. Le specie si rinvengono sui massicci
subsp. alpina, calcarei più elevati, nella fascia da altomontana a subalpina (da 1.500 a 2.300
elemento principale m di quota). Insieme ai ginepri sono frequenti Daphne oleoides, Rosa pendulina
degli arbusteti subal-
e Rhamnus alpina subsp. fallax. Fra le specie erbacee sono spesso presenti
pini dell’Appennino
centro-meridionale Phyteuma orbiculare, Pulsatilla alpina e Sesleria juncifolia.
Gran Sasso d’Italia I ginepreti sono anche presenti nella fascia che potenzialmente ospita ancora
(E. Del Vico). boschi di faggio. In stazioni particolarmente esposte, come sulle creste montuose,
oltre al ginepro si rileva la presenza di
Arctostaphylos uva-ursi che su suoli
profondi, in esposizione meridionale,
può caratterizzare una vasta area che
comprende in particolare i Monti Velino,
Majella e Vettore. Pinus mugo subsp. mugo
è poco presente in Appennino centro-
meridionale. Le pinete della Majella
e della Camosciara (Parco Nazionale
d’Abruzzo) sono gli aspetti relittuali
della vegetazione più evoluta della fascia
subalpina dell’Appennino centrale. La
pineta è formata da arbusteti densi,
dominati da Pinus mugo subsp. mugo,
con individui che raggiungono anche 3
m di altezza. In linea con la variabilità
ecologica dei diversi siti si osserva,
nel caso di stazioni relativamente più
termofile, la presenza di Juniperus nana
con Daphne mezereum, Arctostaphylos
uva-ursi e Polygala chamaebuxus. Nella
fascia più elevata (fra 2.000 e 2.450
m) della Majella e del Parco d’Abruzzo
(Monte Capraro e Balzo della Chiesa)
si hanno piccoli nuclei di Pinus mugo
subsp. mugo con Salix retusa.
Le brughiere a mirtilli, particolarmente
presenti sull’Appennino settentrionale,
su quello centrale sono localizzate
sui substrati arenacei dei Monti della
Laga, a quote superiori a 1.800 m,
Daphne oleoides, soprattutto su versanti a esposizione
piccolo arbusto legato settentrionale. Frammenti di questa
ai ginepreti subalpini, tipologia di vegetazione a mirtilli, legati
Monte Terminillo a suoli profondi e acidi, sono presenti
(E. Del Vico). anche sul Monte Terminillo, sul Gran
Sasso e sulla Majella. Si tratta di
comunità camefitiche, dominate da
Rosa pendulina, Vaccinium myrtillus, con la presenza
orofita a distribuzione sporadica del raro V. uliginosum
sud-Europea, sulla Laga. Questa brughiera, oltre ai
frequente negli
mirtilli, presenta altre specie acidofile
arbusteti di alta
quota, come Hypericum richeri, Nardus stricta,
Monte Terminillo Antennaria dioica e Luzula spicata
(E. Del Vico). subsp. italica.
265 Subprovincia appenninica
Formazioni a
Pinus mugo subsp.
mugo tipiche del
piano subalpino,
qui nel loro aspetto
invernale,
Majella
(R. Tranquilli).
Sui substrati calcarei del Gran Sasso si rinvengono pinete di Pinus nigra, alle
quote intorno a 1.500-1.700 m, che colonizzano le parti sommitali delle cime
erose all’interno del paesaggio altimontano, dove l’elemento forestale dominante è
il bosco di faggio. Queste pinete si collegano dinamicamente alle cenosi arbustive
dominate dal ginepro emisferico e talora dal ginepro nano. Tali arbusteti
colonizzano a loro volta formazioni a Brachypodium genuense, Bromus erectus,
Armeria majellensis e Avenula praetutiana.
Daphne mezereum,
specie degli
arbusterti subalpini
e dei mantelli delle
faggete microterme,
Monte Terminillo
(E. Del Vico).
266
Formazioni a Pinus
nigra subsp. nigra con
ginepreti a Juniperus
communis subsp.
hemisphaerica e J.
communis subsp.
alpina a Campo
Imperatore,
Gran Sasso d’Italia (a
circa 1.600 m)
(E. Biondi).
Faggete e abetine. Una delle tipologie di bosco più ampiamente diffusa in questo
settore della Subprovincia appenninica è il bosco a Fagus sylvatica. Le faggete si
stabiliscono sia su substrati carbonatici che di altra natura, approssimativamente
da 900 m fino a 1.900 m. È possibile distinguere faggete con diverse caratteristiche
in base al tipo di substrato su cui si stabiliscono e alla fascia altimetrica che
occupano: neutro-basifile quelle su substrati carbonatici (tenendo presente però
che spesso nelle aree ad elevata precipitazione il suolo si decarbonizza e quindi
raggiunge spesso valori di pH più o meno acido) e acidofile quelle su substrati
267 Subprovincia appenninica
arenacei, termofile quelle del settore iniziale del piano montano e microterme
quelle del settore più elevato in quota del piano altomontano. In Appennino
centrale, le faggete microterme generalmente occupano i substrati calcarei (fanno
eccezione quelle dei Monti della Laga). Si trovano quindi su alcune cime del
settore settentrionale dell’Appennino
Cardamine marchigiano (Monte Catria, Monte
bulbifera, specie
Nerone), sui Monti Sibillini, sui Monti
frequente nello strato
erbaceo di faggete e Reatini, sulla catena del Monte Velino,
boschi mesofili su Gran Sasso e Majella, sui Simbruini-
(E. Del Vico). Ernici, su Meta e Mainarde e sul
Matese. In generale, si tratta di boschi
in cui Fagus sylvatica costituisce
l’unica specie arborea o è nettamente
dominante, ad esso localmente si
accompagnano: Acer pseudoplatanus,
A. platanoides, Sorbus aucuparia e,
sporadicamente, Abies alba. Lo strato
erbaceo è composto da diverse specie
del genere Cardamine (C. enneaphyllos,
C. kitaibelii, C. chelidonia, C. bulbifera),
da Polystichum aculeatum, Daphne
mezereum, Anemone nemorosa,
Prenanthes purpurea e da Geranium
nodosum che caratterizza le cenosi del
settore settentrionale, mentre più a sud
viene sostituito da Geranium versicolor.
Sul versante settentrionale del Gran
Geranium nodosum, Sasso d’Italia sono state rinvenute
specie che caratterizza faggete microterme che sono formazioni
le faggete del settore
settentrionale
vetuste ad alto fusto e presentano
dell’Appennino, pertanto una struttura ben evoluta, in
presente anche nelle quanto la loro utilizzazione non avviene
cenosi dei da parecchi anni. Questi boschi
Monti della Laga appartengono a comunità diverse e
(E. Del Vico). alle quote comprese tra 1.500 e 1.700
m di altitudine l’aspetto più diffuso
è quello differenziato dalla presenza
di Actaea spicata e di altre specie
quali: Prenanthes purpurea, Lathyrus
vernus, Pulmonaria apennina, Daphne
Geranium versicolor, mezereum, Epipactis atrorubens,
specie che caratterizza Festuca altissima, Veronica urticifolia e
le faggete del settore
meridionale
Oxalis acetosella.
dell’Appennino Di questa comunità si conoscono
(E. Del Vico). diverse varianti tra le quali la più
acidofila è indicata dalla presenza di
Pyrola secunda e P. minor.
La fascia altitudinale sottostante quella
delle faggete microterme è occupata
dalle faggete termofile, che in generale
presentano una flora più ricca di
specie, legata anche alla presenza di
268 Provincia appenninico-balcanica
Faggeta microterma,
con Taxus baccata al
centro dell'immagine.
Il gruppo di tassi ha
colonizzato un grande
masso staccatosi dalle
formazioni rocciose
della zona sommitale,
Prati di Tivo
(Gran Sasso d'Italia)
(E. Biondi).
piante che normalmente vivono nei querceti o nei boschi misti con cui le faggete
sono in contatto. Nello strato arboreo, al faggio possono aggiungersi Acer opalus
subsp. obtusatum, Ostrya carpinifolia, Quercus cerris, Carpinus betulus, Sorbus
aria e Ilex aquifolium.
Negli strati arbustivo ed erbaceo, mai molto abbondanti, sono presenti Crataegus
laevigata, Daphne laureola, Euonymus latifolius, Lathyrus venetus, Sanicula
europaea, Lactuca muralis e Melica uniflora.
Sempre sul massiccio del Gran Sasso, ma presente anche in altre montagne
quali ad esempio il Terminillo, a quote comprese tra i 900 e i 1.100 m si sviluppa
una faggeta con presenza di Quercus cerris e Acer pseudoplatanus, nella quale
si rinvengono Aremonia agrimonoides, Orchis maculata subsp. fuchsii, Potentilla
micrantha, Luzula sylvatica e Lilium bulbiferum subsp. croceum.
Sui versanti arenacei dei Monti della Laga, fra 1.000 e 1.800 m si rinviene una
faggeta acidofila con uno strato arboreo costituito quasi unicamente da Fagus
sylvatica. Fanno eccezione rari boschi, come il Bosco della Martese, in cui il
faggio convive con Abies alba. Lo strato erbaceo di queste faggete è caratterizzato
dalla presenza di Veronica urticifolia, Pyrola minor, Dactylorhiza maculata
subsp. fuchsii e spesso anche Vaccinium myrtillus. Questa tipologia di faggeta
si differenzia inoltre per una particolare presenza di felci, come Polystichum
aculeatum, Dryopteris filix-mas, D. affinis, Athyrium filix-femina e sporadicamente
anche Gymnocarpium dryopteris e Blechnum spicant.
In termini biogeografici, la presenza di Abies alba e, fra le specie erbacee, di
Geranium nodosum, oltre all’abbondanza di Vaccinium myrtillus, è particolarmente
importante in quanto mette in connessione queste faggete con quelle già descritte
per l’Appennino settentrionale.
Per i Monti della Laga sono state descritte delle abetine in cui Abies alba è dominante
rispetto a Fagus sylvatica. Si tratta di comunità che vengono contraddistinte per
la presenza di Cirsium erisithales e che sono ben caratterizzabili da un insieme di
piante perlopiù erbacee, tra queste Vaccinium myrtillus, Pyrola secunda, P. minor,
269 Subprovincia appenninica
Salvia glutinosa,
specie nemorale
legata a boschi
mesofili,
Monti della Laga
(E. Del Vico).
Cerrete e boschi misti. Sempre sui Monti della Laga, nella fascia altimetrica
sottostante quella delle faggete termofile (approssimativamente fra gli 800 e i
1.400 m), su substrati con abbondanza di argilla, si sviluppano boschi misti
mesofili a prevalenza di Quercus cerris, in cui sono ancora presenti diverse specie
tipiche della faggeta termofila. Lo strato arboreo è composto, oltre che da Quercus
cerris, anche da Fagus sylvatica, Acer pseudoplatanus, Corylus avellana e Prunus
avium.
Nello strato erbaceo sono abbondanti specie mesofile come Geranium nodosum,
Pulmonaria apennina, Salvia glutinosa oltre a diverse orchidee, quali Listera
ovata, Cephalanthera rubra, C. damasonium e Epipactis helleborine.
Nel gruppo del Gran Sasso sono presenti cerrete acidofile differenziate dalla
presenza di Cytisus villosus, Teucrium siculum, Pulmonaria apennina, Polygonatum
multiflorum, Stellaria holostea e Carex sylvatica.
Altri esempi di cerrete mesofile, ricche di specie tipiche della faggeta, sono
presenti nell’area degli Altipiani di Colfiorito e di Cerreto di Spoleto, nell’Alta
Valle del Sangro al confine fra Lazio e Abruzzo, nell’alto Molise e nel massiccio
del Terminillo.
La cerreta di Colfiorito, presente sui pendii poco acclivi fra 800 e 1.200 m è un
classico e interessante esempio di querceto ricco di specie arboree come Fagus
sylvatica, Carpinus betulus, Acer pseudoplatanus e A. opalus subsp. obtusatum, e
di specie erbacee quali Pulmonaria apennina, Platanthera chlorantha, Cardamine
kitaibelii, C. bulbifera e Silene viridiflora.
In Abruzzo e nell’Alto Molise, le cerrete si trovano su suoli argillosi, arenaceo-
marnosi e marnosi. La composizione dello strato arboreo è simile a quella di
Colfiorito, salvo la presenza, in alcuni casi, dell’endemita meridionale Acer
271 Subprovincia appenninica
Buglossoides
purpurocaerulea,
specie molto frequente
nei querceti
(E. Del Vico).
272 Provincia appenninico-balcanica
Staphylea pinnata
(E. Biondi).
Boscaglia a Quercus
pubescens sul
versante orientale
del Monte San Vicino.
Al margine, il
substrato molto eroso
è colonizzato da
arbusti di Cotinus
coggygria con foglie
che in autunno
assumono una
splendida colorazione
rossastra
(E. Biondi).
276 Provincia appenninico-balcanica
misura minore, da Fraxinus ornus, Quercus pubescens s.l. e Acer opalus subsp.
obtusatum. Fra le specie mesofile che possono essere presenti nel sottobosco
citiamo Cephalanthera longifolia, Viola reichenbachiana, Ruscus hypoglossum,
Primula vulgaris, Daphne laureola e Hepatica nobilis.
Prateria a Bromus
erectus, relativamente
mesofila, con
Brachypodium
rupestre, Narcissus
poeticus e
Dactylorhiza
sambucina
(E. Del Vico).
280
Pascolo a che ospitano anche un elevato numero di orchidee (Orchis pauciflora, O. morio,
Cynosurus cristatus Anacamptis pyramidalis, Gymnadenia conopsea, Ophrys apifera, Dactylorhiza
e Lolium perenne, sambucina).
Campo di Segni
Alle quote più elevate, nel piano montano e altomontano, la composizione floristica
(Monti Lepini)
(E. Del Vico). delle praterie a Bromus erectus si arricchisce con l’ingresso di un interessante
contingente di specie microterme, talvolta provenienti dalle praterie del piano
alpino e subalpino, come Anthyllis montana subsp. atropurpurea, Edraianthus
graminifolius, Trifolium alpestre, T. montanum subsp. rupestre, Pedicularis
comosa, Armeria majellensis e Brachypodium genuense. Nella fascia collinare,
soprattutto nel versante tirrenico, i brometi tendono ad ospitare specie annuali
e specie schiettamente mediterranee, come Trachynia distachya, Coronilla
scorpioides, Scorpiurus muricatus, Medicago minima, Trifolium angustifolium,
Gastridium ventricosum e Gaudinia fragilis.
Sempre su substrati calcarei, ma in ambiti poco acclivi, in presenza di suoli
più evoluti e profondi, soprattutto sui settori sommitali delle dorsali calcaree
dell’Appennino centrale, possono affermarsi delle praterie mesofile, sempre
fisionomicamente caratterizzate da Bromus erectus (mesobrometi), ma con un
corteggio floristico ben differenziato. Si tratta di praterie continue, nettamente
dominate da specie erbacee perenni, che in molti casi vengono falciate e poi
pascolate. Rispetto agli xerobrometi, diminuisce la presenza delle camefite e delle
specie più adattate all’aridità, mentre compaiono specie più esigenti per quanto
riguarda la disponibilità idrica e la presenza di nutrienti. Oltre a Bromus erectus,
sono pertanto frequenti Briza media, Phleum bertolonii, Anthoxanthum odoratum,
Koeleria lobata, Luzula multiflora, L. campestris, Filipendula vulgaris e Trifolium
ochroleucum. Brometi mesofili si trovano anche su substrati marnoso-arenacei
o arenaceo-argillosi delle dorsali dell’Appennino umbro-marchigiano e dei rilievi
281 Subprovincia appenninica
Calanchi dolomitici,
alta Valle del Fiume
Rapido (FR)
(R. Copiz).
I fiori Conclusa questa sintetica descrizione della flora e della vegetazione dell’Appennino
dell’Abruzzo centro-meridionale si è voluto inserire un paragrafo dedicato a i fiori dell’Abruzzo
montano, regione che con la più elevata percentuale di aree protette merita un
particolare riconoscimento da parte di tutti gli amanti della natura.
Amplero, Voltigno, Altopiano delle Rocche, rimanda alla letteratura riportata in Tammaro
Piano di Ovindoli, Val d’Arano, Campo (1998), Pirone (2006, 2012), Pirone e Frattaroli
Imperatore, Piano Locce etc.) costituiscono (2011). Frammentazione, eterogeneità del
una realtà morfologico-ambientale che solo in territorio, isolamento (in particolare dei
Abruzzo, nell’ambito della penisola italiana, massicci montuosi), hanno contribuito alla
è presente in misura tale da conferire un genesi di un elevato numero di endemiti, che
carattere di tipicità ai paesaggi interni. Tali costituiscono la frazione più prestigiosa, pari
unità di paesaggio hanno una comune origine a circa il 7% della flora. Se, poi, ci si riferisce
tettonica cui si è sovrapposta, nel corso dei alla sola fascia posta al di sopra del limite del
vari periodi geologici, l’azione modellatrice bosco, le endemiche dell’Appennino Centrale
del carsismo, determinata dalla natura risultano pari al 13,2% delle 515 entità censite
prevalentemente carbonatica delle rocce e la per quella fascia altitudinale. I processi di
presenza di antichi bacini lacustri. Aspetti migrazione (soprattutto dal nord e dall’est) e
vegetazionali di grande rilievo sono quelli di speciazione hanno, quindi, elaborato uno
legati alle gole ed ai valloni incisi nei massicci straordinario patrimonio floristico, che include,
montuosi (Gole di Celano, Gole del Salinello, oltre alle entità endemiche, un considerevole
Gole del Sagittario, Gola di Barrea, Gole di numero di specie a carattere relittuale. È su
San Venanzio, Gole del Vomano, valloni della queste piante, presenti in modo significativo
Majella, Vallone d’Angora etc.), manifestazioni nelle aree altomontane della regione, che di
geomorfologiche tra le più spettacolari delle seguito focalizziamo la nostra attenzione, sia
montagne abruzzesi. Si tratta di ambienti per il loro valore scientifico e l’importanza
molto peculiari che ospitano complessi mosaici conservazionistica, sia per la non trascurabile,
di vegetazione in cui convivono elementi a volte eccezionale, bellezza e vistosità delle
floristici, a volte relittuali, di climi caldi ed loro fioriture. Si riporta pertanto una sintetica
altri tipici di fasce altitudinali più elevate. In descrizione (con note relative a distribuzione,
genere si tratta di specie e comunità adattate habitat ed eventuali forme di tutela) di alcune
Prateria d’alta quota, a condizioni ambientali limitanti, spesso specie, scelte tra quelle di maggiore interesse
Gran Sasso d’Italia, estreme. fitogeografico, che vegetano negli ambienti
Prati di Tivo (TE) Per gli approfondimenti relativi agli studi di altitudine (praterie, rupi, brecciai etc.) dei
(E. Del Vico). vegetazionali e paesaggistici in Abruzzo, si massicci montuosi dell’Abruzzo.
285 Subprovincia appenninica
1 2
3
5
4
6 7
1.
Adonis distorta
(A.R. Frattaroli).
2.
Androsace mathildae
(G. Pirone).
3.
Anemonastrum
narcissiflorum
subsp. narcissiflorum
(L. Di Martino).
4.
Artemisia
umbelliformis
subsp. eriantha
(L. Di Martino).
5.
Aster alpinus
subsp. alpinus
(A.R. Frattaroli).
6.
Campanula tanfanii
(G. Pirone).
7.
Dryas octopetala
subsp. octopetala
(A.R. Frattaroli).
8.
Gentiana dinarica
(A.R. Frattaroli).
10 Leontopodium nivale (Ten.) Huet ex è nota per Majella, Monte Greco (Parco
Hand.-Mazz. subsp. nivale [Leontopodium Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise), Gran
alpinum Cass. subsp. nivale (Ten.) Tutin] Sasso, Laga. È specie protetta dalla Legge
(Asteraceae) Regionale n. 45 del 11/09/1979 ed è inserita
La Stella alpina dell’Appennino è una specie nella Lista Rossa regionale. Le Stelle alpine,
subendemica dell’Appennino centrale, con simbolo della natura alpina, sono originarie
popolazioni presenti anche nel Montenegro. È degli altopiani desertici dell’Asia centrale e
legata ai pascoli rupestri altomontani (2.300- sono giunte in Europa molto probabilmente
2.800 m) di Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo; durante i periodi glaciali.
fiorisce nei mesi di giugno-luglio. In Abruzzo
287 Subprovincia appenninica
10 11
9
13
12
14 15
16 17
9.
Isatis apennina
(L. Di Martino).
10.
Leontopodium
nivale
(W. Rossi).
11.
Linaria alpina
(A.R. Frattaroli).
12.
Nigritella widderi
(W. Rossi).
13.
Ononis cristata
subsp. apennina
(W. Rossi).
14.
Orchis spitzelii
(A.R. Frattaroli).
15.
Papaver alpinum
subsp. alpinum
(L. Di Martino).
16.
Phyllolepidum
rupestre
(F. Conti).
17.
Pinguicula fiorii
(L. Di Martino).
18 20
19
21 22
23 24 25
27
26 28
29
Appennino Nei settori più interni della Campania i boschi di Quercus cerris e Q. frainetto
meridionale lasciano il posto ai boschi di Q. pubescens, mentre nelle zone collinari del Sannio
(Campano e e dell’Irpinia vengono sotituiti dalle cerrete miste con Q. pubescens, Ostrya
Lucano) carpinifolia e Acer opalus subsp. obtusatum. Nel sottobosco, oltre a Daphne
laureola e Ruscus aculeatus, si rilevano specie mesofile quali Lathyrus venetus,
Aremonia agrimonoides, Brachypodium sylvaticum, Geum urbanum, Teucrium
siculum e Ptilostemon strictus.
In Campania, il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è
un’area naturalistica e paesaggistica di grande importanza biogeografica e
conservazionistica. È un territorio molto diversificato in termini climatici e
litomorfologici e costituisce un punto di particolare valore biogeografico in quanto
area di transizione verso il meridione d’Italia.
In Cilento, alle quote più elevate, ma a volte anche a quote relativamente basse,
nel fondo di canaloni o linee di incisione, si osservano estesi boschi di Fagus
sylvatica favoriti anche dalle elevate precipitazioni. In queste faggete resta
comunque significativa la presenza di Acer opalus subsp. obtusatum, Alnus
cordata, Acer cappadocicum subsp. lobelii e Ilex aquifolium. Sui Monti Alburni
e sul Monte Cervati si segnala anche la presenza di Abies alba. Il sottobosco,
con livelli di copertura sempre relativamente bassi, è caratterizzato da Anemone
apennina, Corydalis cava, Scilla bifolia, Geranium versicolor, Lamium flexuosum,
Doronicum orientale e Festuca exaltata.
Al di sopra dei 1.500 m (Monte Motola, Monte Cervati, Monte Sacro e Monti
Alburni), la faggeta si impoverisce di specie arboree, prevale nettamente
Fagus sylvatica e assume un particolare significato diagnostico la presenza di
Orthilia secunda, Asyneuma trichocalycinum (endemica dell’Italia meridionale),
Adenostyles australis e Ranunculus brutius (presente solo in Campania,
Basilicata e Calabria). Nelle zone aperte e nelle cenge di quota sono presenti
Sesleria juncifolia, Juniperus communis e Saxifraga paniculata, sulle rupi esposte
a sud, Cystopteris fragilis e Silene notarisii occupano invece le incisioni umide e
ombrose.
Le cerrete che si sviluppano alle quote più elevate del Parco sono caratterizzate
dalla presenza di Acer opalus subsp. obtusatum, Alnus cordata, Sorbus domestica,
Ostrya carpinifolia e Fraxinus ornus. Nel sottobosco degli aspetti più mesofili è da
segnalare la presenza di Ilex aquifolium e Malus sylvestris con Carpinus betulus e
Castanea sativa. Nello strato erbaceo prevalgono Melittis melissophyllum subsp.
albida, Festuca exaltata, Silene viridiflora, Echinops ritro subsp. siculus, Digitalis
lutea subsp. australis, Teucrium siculum, Lathyrus jordanii e Ptilostemon strictus.
Nel Parco del Cilento un aspetto di particolare interesse floristico-vegetazionale
riguarda le ontanete ad Alnus cordata, ontano tipico dell’Italia meridionale con
un areale di distribuzione molto simile a quello del pino laricio. Attualmente la
diffusione delle ontanete sembra essere fortemente correlata alla distribuzione
dei rilievi a elevata piovosità del versante tirrenico dell’Appennino meridionale.
Le formazioni arboree ripariali, o comunque legate alla presenza di corsi d’acqua,
con Euphorbia corallioides (endemica dell’Italia centromeridionale e della Sicilia)
e Alnus glutinosa, e le cenosi di forra a Tilia platyphyllos, Alnus cordata, Ulmus
glabra e Acer cappadocicum subsp. lobelii, seppur arealmente limitate, sono
molto interessanti anche nel settore meridionale dell’Appennino.
292 Provincia appenninico-balcanica
Boschi secondari
ad Alnus cordata
colonizzano le pendici
dei versanti
carbonatici del Monte
Cervati, Piano di
Campolongo,
Parco Nazionale del
Cilento, Vallo di Diano
e Alburni
(L. Rosati).
L’areale dell’ontano napoletano (Alnus 700 e 1.300 m, tra l’orizzonte dei boschi
cordata) si estende in Italia tra l’Appennino misti mesofili e delle cerrete e quello
campano-lucano e l’Appennino calabrese, della faggeta termofila. La specie può
con un solo altro nucleo di vegetazione infatti formare sia boschi puri come, più
spontanea al di fuori dell’Italia in Corsica. spesso, associarsi ad altre latifoglie (cerro,
L’areale di questa specie mostra fortissime castagno, faggio) fino a formare boschi
analogie con quello del pino laricio ed misti. Si tratta difatti di una specie con
è probabilmente da collegare con il spiccate caratteristiche pioniere, in grado
movimento delle microplacche corsa e di colonizzare facilmente terreni nudi,
calabra attraverso il Tirreno. In tempi purché umidi e di natura argillosa, grazie
recenti la specie è stata ampiamente diffusa alla propagazione anemocora dei semi,
al di fuori del suo areale, per le sue doti di piccoli e dotati di ala, ed alle capacità
rusticità e per la rapidità di accrescimento pollonifere. È inoltre in grado di migliorare
nella fase giovanile, nei rimboschimenti, fortemente il suolo, grazie alla produzione
nelle piantagioni a finalità produttive di una abbondante lettiera ricca di azoto
o come specie ornamentale. L’ontano ed alle simbiosi radicali con batteri
napoletano infatti predilige suoli ad elevata azotofissatori.
umidità pur essendo assente su suoli In Cilento si trova, presumibilmente, il
asfittici, alluvionali o paludosi, dove viene nucleo più consistente di vegetazione
sostituito da Alnus glutinosa. Si rinviene forestale dominata da Alnus cordata
comunque anche lungo i corsi d’acqua, dell’Appennino meridionale, stimato in
nella Regione bioclimatica Mediterranea oltre 5.500 ha, che rappresenta oltre il
con popolamenti di ambiente ripariale, che 4% della superficie forestale del Parco
si differenziano però decisamente da quelli Nazionale del Cilento. Nel Parco la
ad Alnus glutinosa, sia per la composizione massima diffusione dei boschi ad ontano
floristica che per le caratteristiche napoletano si osserva nel piano alto
idrologiche. Le formazioni di maggiore collinare e montano dei rilievi arenacei del
estensione si osservano però sui versanti Monte Gelbison e del Monte Centaurino,
montuosi, su suoli di natura diversa, in dove formano un elemento caratteristico
una fascia compresa principalmente tra del paesaggio forestale, interponendosi tra
293 Subprovincia appenninica
Dolomiti lucane Degne di nota sono le Dolomiti lucane, con le tipiche forme caratterizzate da
pareti verticali e guglie di rilevante valore paesaggistico e il Monte Sirino (a est
di Lagonegro) contraddistinto da una morfologia molto complessa ed eterogenea.
Il corso del fiume Noce, che nasce dal Sirino, segna il confine tra Basilicata
e Calabria e ha un ruolo importante nella caratterizzazione sia geomorfologica
che vegetazionale della limitata porzione tirrenica della Basilicata. I boschi
di latifoglie decidue dell’Appennino lucano, nel tratto del versante tirrenico,
appartengono a tipologie essenzialmente diverse. Le formazioni dei querceti misti
dominate da Quercus pubescens e Q. cerris occupano uno spazio compreso
tra 400 e 900 m di altitudine, in un contesto paesaggistico prevalentemente
agricolo, nel quale risultano avere una distribuzione notevolmente frammentata.
294 Provincia appenninico-balcanica
Il Faggeto di Moliterno, segnalato già nel subregionale quali il Cilento (70 taxa) e il
1979 in occasione del censimento dei Parco Regionale delle Chiese Rupestri di
biotopi di rilevante interesse vegetazionale Matera (25 taxa).
meritevoli di conservazione in Italia, è Le fioriture sono concentrate soprattutto
un’area di notevole valore naturalistico nei mesi primaverili, da aprile alla metà
per la presenza di habitat caratteristici di maggio, nelle garighe a Cistus creticus
dell’Appennino meridionale sia forestali e Lomelosia crenata e nei pascoli a
quali boschi di querce e di Fagus sylvatica Bromus erectus indicati per l’Unione
che prativi come garighe e pascoli Europea (Dir. Habitat 92/43 Cee) come
submontani. habitat prioritario per la conservazione
Gli studi floristici e vegetazionali degli qualora presentino abbondanza di queste
ultimi anni hanno evidenziato la presenza piante [6210 Formazioni erbose secche
di specie rare, vulnerabili o endemiche seminaturali e facies coperte da cespugli
quali Arum cylindraceum, Stipa su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)
austroitalica, Rosa corymbifera, Viola (*stupenda fioritura di orchidee)].
kitaibeliana, Acer cappadocicum subsp. Oltre ad orchidee ad ampia distribuzione
lobelii, Dictamnus albus, Paris quadrifolia, e relativamente comuni sul territorio
alle quali si aggiunge un ricco contingente peninsulare quali Anacamptis morio,
di orchidee che rappresentano una A. papilionacea, A. pyramidalis, Orchis
significativa peculiarità di questo settore pauciflora, O. purpurea, O. anthropophora,
dell’Appennino Lucano. O. italica, Neotinea ustulata, Dactylorhiza
Per il territorio del Faggeto di Moliterno sambucina, Coeloglossum viride, Serapias
si conoscono attualmente 60 specie di vomeracea, S. lingua, in questi ambienti
orchidee selvatiche, un numero piuttosto si rinvengono specie euroasiatiche e
consistente se confrontato con la flora centro-europee, come Ophrys insectifera e
orchidologica della regione Basilicata (da Gymnadenia conopsea, rare nel Meridione
63 a 70 taxa) o con quella di limitrofi e le subendemiche Platanthera bifolia
territori ad estensione regionale o subsp. osca e Serapias cordigera subsp.
lucana, recentemente descritte per i
Ophrys crabronifera limitrofi territori della Basilicata e della
subsp. biscutella, Campania.
endemica dei Numerose sono le ofridi, orchidee eliofile,
rilievi montuosi del tipicamente mediterranee presenti in
Gargano, Cilento questo territorio con ben 11 specie
e dell’Appennino caratteristiche dei pascoli e delle garighe
Calabro-Lucano dove spesso formano dense popolazioni
(V.A. Romano). agamiche. Tra queste molte le endemiche
dell’Italia meridionale e dell’Appennino
campano-calabro-lucano tra cui Ophrys
lucana, O. lacaitae, O. passionis e O.
argolica subsp. pollinensis. Quest’ultima
frequente e localizzata, presenta nel sito
del Faggeto stazioni particolarmente
ricche di esemplari con fiori vistosi e
spettacolari.
La presenza di numerose specie con
fioriture abbondanti e contemporanee,
favorisce la formazione di ibridi nei quali
i parentali si riconoscono amplificati nelle
forme e nei colori.
Tra i più frequenti e di facile riconoscimento
ci sono Orchis x gennarii (O. morio x
O. papilionacea), Orchis x dietrichiana
(O. tridentata x O. ustulata), Orchis x
bergonii (O. anthropophora x O. simia).
296 Provincia appenninico-balcanica
A destra
Limodorum abortivum
(E. Biondi).
297 Subprovincia appenninica
Massiccio del La Subprovincia appenninica si chiude con il Massiccio del Pollino, ultimo
Pollino elemento carbonatico che collega la Basilicata alla Calabria. Il notevole dislivello e
la variabilità litologica e morfologica determinano una grande varietà di ambienti
e quindi una grande varietà di flora e di vegetazione.
Il Massiccio del Pollino, con la sua propaggine insolite dimensioni arboree. I consorzi di
di sud-ovest rappresentata dai Monti di specie legnose termofile più frequenti in
Verbicaro-Orsomarso, segna una linea tutta l’area del Pollino, sui costoni esposti a
orografica continua fra i distretti costieri ionico sud e fin sui 1.100 m, sono tuttavia quelli
e tirrenico. Esso si erge come un imponente caratterizzati da Quercus ilex, al quale si
baluardo calcareo-dolomitico tra la Calabria associano Fraxinus ornus, Ostrya carpinifolia,
e la Basilicata ed ospita una straordinaria varie specie appartenenti al genere Acer
varietà di ambienti lungo un notevole e, infine, Carpinus orientalis nelle valli più
dislivello: dai 250 m della Valle del Raganello, umide del settore sud-occidentale.
si passa rapidamente ai 2.267 m della cima Alle pendici meridionali del Pollino, fra 600
più alta, il Dolcedorme. È quindi possibile e 800 m, su una larga area caratterizzata
incontrare paesaggi assai diversificati: le da morfologie subpianeggianti, in località
formazioni vegetali tipicamente xerofile e denominata Petrosa per via dell’elevata
mediterranee delle basse pendici meridionali quantità di roccia affiorante, si estende una
fanno da contorno ai boschi temperati, peculiare formazione vegetale di origine
estesi soprattutto nel versante lucano, e alle secondaria, la cui fisionomia è a metà fra
praterie cacuminali. prateria e gariga, ed è caratterizzata da
Per quanto riguarda le fitocenosi di bassa un’incredibile ricchezza di specie, annuali
quota, nella Valle del Raganello il greto del e perenni, erbacee ed arbustive. Molte sono
fiume è cinto da macchia a Nerium oleander, le specie di elevato interesse fitogeografico e
tipica delle fiumare calabresi, mentre sui conservazionistico, fra cui Stipa austroitalica,
costoni rocciosi predominano le formazioni endemica del sud Italia e inclusa fra le specie
a Euphorbia dendroides oppure a Juniperus prioritarie della direttiva 92/43/CEE. Per
phoenicea subsp. turbinata e Olea europaea composizione e struttura queste fitocenosi
subsp. oleaster; quest’ultimo, su Pietra rientrano nell’habitat, della succitata
del Demanio, si presenta con esemplari di direttiva, “6210* - Formazioni erbose secche
Gariga a Euphorbia
dendroides sulle basse
pendici del Canyon del
Raganello
(A. Contin).
Estesa formazione a
Stipa austroitalica in
località Petrosa.
(A. Contin).
Paeonia peregrina
alle pendici di
Monte Mula
(A. Contin).
Prateria mesofila a
Gentiana lutea presso
Piano Ruggio
(A. Contin).
PROVINCIA ITALO-TIRRENICA
Flora e vegetazIone
Settore La Subprovincia costiera include a nord il settore meridionale costiero della
meridionale Liguria. Con una flora di oltre 3.000 specie, la Liguria è una delle aree di
costiero ligure maggiore interesse floristico e vegetazionale d’Europa. Ciò è determinato dal
fatto che ospita elementi di diverse regioni biogeografiche e presenta un'elevata
eterogeneità ambientale. La stretta fascia costiera è fortemente antropizzata e
pertanto si hanno rari esempi di situazioni forestali ben conservate.
Le principali tipologie di bosco sono leccete, rari lembi di sugherete, pinete a
Pinus pinaster e pinete a P. halepensis (in coincidenza di promontori calcarei),
castagneti termofili e piccoli lembi di querceto a Quercus pubescens e Q. virgiliana.
La complessità litomorfologica e climatica spesso favorisce la contemporanea
presenza di elementi arborei delle diverse fisionomie e pertanto non è raro trovare
Helichrysum italicum, nelle colline di La Spezia fitocenosi in cui coesistono Castanea sativa, Quercus
specie tipica delle ilex e Q. pubescens.
comunità camefitiche In questo tratto di costa si sviluppano numerose comunità arbustive caratterizzate
(E. Del Vico). da sclerofille mediterranee che si possono spingere anche a quote piuttosto elevate,
grazie alla presenza di numerose valli
fluviali, che ne facilitano la risalita
verso l’interno.
Sulle coste calcaree del settore
meridionale della Liguria la vegetazione
che colonizza le falesie presenta
formazioni a Crithmum maritimum con
Daucus gingidium e Senecio bicolor.
Segue a quote più elevate la vegetazione
a Brassica montana, con le endemiche
Centaurea veneris e Festuca veneris.
Al diminuire dell’influenza dell’areosol
marino, si passa a strutture di
macchia arbustiva con Pistacia
lentiscus, Rhamnus alaternus e Myrtus
communis. Negli aspetti più caldi si
rinvengono piccole aree con Euphorbia
dendroides, Rhamnus alaternus e Olea
europaea var. sylvestris. Le cenosi
308 Provincia italo-tirrenica
Pineta sulla
falesia calcarea
a Portovenere (SP)
(I. Vagge).
Le Cinque Terre, nella Liguria orientale, essere attribuita al bioclima mediterraneo,
rappresentano una sottile striscia di mentre il restante territorio alla variante
territorio compresa fra l’Appennino a nord submediterranea del bioclima temperato.
ed il Mar Ligure a sud. Sono caratterizzate La rete idrografica è caratterizzata da
da un paesaggio unico, frutto dell’attività corsi d’acqua a regime torrentizio, con
dell’uomo, dove i versanti scoscesi degra- bacini idrografici stretti e con pendenze
danti verso il mare, sono stati fin da tempi elevate, data l’aspra morfologia del
remoti modellati con terrazzi sorretti da territorio. Infatti, la linea di spartiacque
una fitta rete di più di 6.000 km di muretti a della catena appenninica costiera disposta
secco, al fine di poter coltivare soprattutto la parallelamente alla costa, ad una breve
vite, ma anche olivo e agrumi. Un paesaggio distanza da essa (circa 4 km) e con cime
dell’uomo quello delle Cinque Terre che, relativamente elevate (dai 300 agli 800 m),
unitamente a quello di Portovenere e delle determina notevoli pendenze dei versanti,
isole Tino e Tinetto, è stato riconosciuto progressivamente più accentuate verso est.
nel 1997 dall’Unesco come Patrimonio La linea di costa ha uno sviluppo sinuoso
Mondiale dell’Umanità. Nel 1999 è stato di circa 40 km e presenta baie, insenature,
istituito il Parco Nazionale delle Cinque falesie che si alternano a piccole spiagge
Terre, che con i suoi 4.226 ettari, è il ciottolose. I centri abitati principali
Parco Nazionale più piccolo d’Italia ma è (tranne Corniglia situata sul promontorio
anche quello con la maggiore densità di omonimo), sorgono alla foce di quei torrenti
popolazione: circa 5.000 abitanti suddivisi che hanno inciso più profondamente i
nei cinque centri abitati (da cui il nome versanti. L’aspra e variegata geomorfologia
Cinque Terre) di Monterosso, Vernazza, del territorio è determinata da complessi
Corniglia, Manarola e Riomaggiore. Il Parco eventi tettonici antichi e recenti e dalla
pone al centro delle proprie azioni la tutela molteplicità di rocce affioranti di origini ed
del paesaggio dei terrazzamenti, inteso età differenti (serpentini, serpentinoscisti,
come armoniosa interazione fra l’azione cloritoscisti, basalti, calcari, calcari
dell’uomo e la natura. Natura che presenta dolomitici, calcari micritici, calcari
una flora e una vegetazione con elementi di marnosi, arenarie, arenarie marnose,
pregio e una notevole biodiversità specifica marne, etc).
e di habitat; infatti nel territorio delle Seppure il paesaggio sia stato modellato
Cinque Terre trovano collocazione 5 Siti di fortemente dall’uomo, non mancano aspetti
Importanza Comunitaria, istituti secondo di vegetazione naturale, che occupano
la Direttiva CEE Habitat 43/92. aree molto più ampie rispetto ad epoche
Il clima del territorio è caratterizzato da passate. Infatti l’abbandono delle pratiche
precipitazioni concentrate soprattutto agricole a favore delle attività turistiche
nei mesi ottobre e novembre, comprese ha da un lato determinato fenomeni di
fra i 600 mm (della fascia costiera) e instabilità dei versanti causa di frane e
900 mm annui e da temperature medie smottamenti, estremamente pericolosi
annue attorno ai 15°C. Dal punto di vista soprattutto durante eventi alluvionali, ma
bioclimatico la sottile fascia costiera può dall’altro ha innescato fenomeni di recupero
312 Provincia italo-tirrenica
Macchia a
Euphorbia dendroides
presso Corniglia (SP)
(I. Vagge).
A partire dai settori settentrionali della Toscana, come si è già descritto nella
parte dedicata alla fisiografia, la Subprovincia costiera corre parallelamente alla
linea di costa, si avvicina alle Alpi Apuane e alle Colline Metallifere e include parti
significative della regione Lazio. Continua quindi con un allineamento parallelo
al mare e, dopo essersi avvicinata alla costa in prossimità dei Monti Aurunci,
recupera l’andamento più o meno parallelo in Campania fino a raggiungere la
Subprovincia tirrenica calabra.
313 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Settore costiero La flora del settore più settentrionale (Alta Toscana) è particolarmente ricca di
toscano e laziale specie per via dell’eterogeneità di habitat e di condizioni climatiche, ma anche
per le vicende storiche dei contingenti floristici presenti nel comprensorio delle
Apuane, nelle stazioni rifugio della Toscana centro-meridionale e nelle isole
dell’Arcipelago dove è chiaro il collegamento con la Sardegna e la Corsica.
In questo settore, grande importanza fisionomica e floristica è assegnata al
complesso paesaggistico igrofilo della vegetazione alluvionale, molto diversificato
in funzione della morfologia, della profondità della falda e dell’azione dell’uomo.
Questi aspetti interessano vaste aree pianeggianti o limitati lembi in prossimità
dei sistemi fluviali con particolare riferimento anche alle alluvioni dei fiumi Arno
(Pisa), Cornia, Ombrone (Grosseto), Albegna (Golfo di Talamone), Fiora, Tevere,
Volturno, Calore e Alento.
In Toscana le cenosi forestali alluvionali più mature sono cerrete miste con molti
elementi tipici dei boschi ripariali e querceti a Quercus pubescens presenti invece
nelle situazioni terrazzate su substrati maggiormente permeabili.
Nelle zone ove permane più a lungo una significativa presenza di acqua (di
falda o di ruscellamento superficiale) si sviluppano nuclei forestali a Fraxinus
angustifolia subsp. oxycarpa. Su suoli ove prevale la componente limoso-
argillosa, comunque ricchi di sostanza organica, in prossimità dei corsi d’acqua,
si hanno ontanete ad Alnus glutinosa con Populus nigra e locali presenze di
Corylus avellana e Carpinus betulus. Questi boschi ospitano nello strato erbaceo
Persicaria dubia e P. hydropiper e numerose specie del genere Carex (C. remota, C.
pendula, C. otrubae). Sempre in prossimità dei corsi d’acqua si sviluppano anche
altre comunità riparie a Populus alba, P. nigra e Fraxinus angustifolia subsp.
oxycarpa e comunità dulciacquicole dominate da elofite di grandi dimensioni
come Phragmites australis. Molto frequenti sono arbusteti e prati dominati da
Agrostis stolonifera e Cynodon dactylon. Il sistema alluvionale fluviale prevede
anche la presenza di cenosi pioniere a dominanza di Salix purpurea e a volte S.
eleagnos, con un corteggio floristico non molto diversificato costituito da Ballota
nigra, Pulicaria dysenterica, Calystegia sepium subsp. sepium, Galium palustre
subsp. elongatum, Glechoma hederacea, Urtica dioica subsp. dioica.
In prossimità di settori dunali consolidati e dei depositi interdunali della
Versilia (Viareggio), della costa di Livorno, del Lazio tra Santa Severa e l’area
immediatamente a nord della sponda destra del Tevere in prossimità della foce,
nell’area della Bonifica di Maccarese e quindi nel settore interno della vasta
pianura bonificata dell’Agro Pontino e della Piana di Fondi, si sviluppa un
interessante mosaico di vegetazione con una flora molto ricca e ben diversificata.
Il livello elevato di antropizzazione ha ridotto moltissimo la presenza di vegetazione
forestale, nonostante le potenzialità di queste aree siano da ascriversi a boschi
mesofili e igrofili di Quercus robur, Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa, Populus
alba e Ulmus minor. Un esempio di questo mosaico di vegetazione anche forestale
con grande valore floristico e paesaggistico si ha nella zona della Selva di San
Rossore, che si estende in un territorio pianeggiante subcostiero di circa 500 ha,
localizzato tra i fiumi Serchio ed Arno. La vegetazione della Selva è rappresentata
da una compenetrazione di comunità sempreverdi mediterranee dominate dal
leccio, alle quali si alternano associazioni di comunità mesofile e igrofile.
Tutte queste comunità si sviluppano in rapporto alla variazione della falda
freatica. Il querceto a Quercus robur occupa la condizione media della pianura in
cui si rinvengono Iris foetidissima, Luzula forsteri, Moehringia trinervia e Veronica
montana. In questa situazione Carpinus betulus può divenire talora dominante. La
comunità a Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa e Carex remota vive invece nelle
zone più depresse con una certa presenza di acqua anche durante i mesi estivi.
314 Provincia italo-tirrenica
l’arCIpelago tosCano
Vegetazione costiera
aeroalina a
dominanza di
Limonium planesiae.
Isola di Pianosa,
sullo sfondo il
vecchio sanatorio
del Marchese
(B. Foggi).
in ciascuno di essi anche le componenti e sono probabilmente derivate da popolazioni
floristiche più rappresentative. ancestrali ad areale più ampio, risalenti ai
periodi nei quali il mare, sceso di livello,
Coste rocciose. La vegetazione delle scogliere non costituiva un elemento di isolamento.
litoranee, generalmente appartenente alla Lo studio della variazione genetica delle
classe Crithmo-Limonietea, è soggetta all’effetto popolazioni insulari attuali in rapporto a
dell’aerosol marino ed è praticamente quelle costiere sia della Toscana che a quelle
presente lungo le coste rocciose di tutti gli della Corsica-Sardegna sarebbe di particolare
isolotti e delle isole dell’Arcipelago Toscano. interesse per capire l’evoluzione biogeografica
Oltre che da Crithmum maritimum, pianta ad della flora costiera dell’Arcipelago Toscano.
areale mediterraneo, queste comunità sono A causa soprattutto della presenza di queste
caratterizzate dalla presenza costante di specie entità, le rupi costiere rappresentano un
endemiche appartenenti al genere Limonium habitat di elevato interesse naturalistico, la cui
(Plumbaginaceae). scarsa accessibilità lo preserva dal possibile
Si tratta di specie camefitiche alofile- danneggiamento da parte dell’uomo. Questo
escluditrici, che sopportano gli stress dovuti habitat risulta però a rischio poiché, come sopra
all’elevata concentrazione salina, all’aridità accennato, è soggetto all’invasione di specie
fisiologica ed al notevole irraggiamento aliene, in particolare del genere Carpobrotus
solare. Le entità attuali del genere Limonium (C. acinaciformis e C. edulis), dotate anche di
rappresentano in massima parte un esempio fiori molto belli e appariscenti, ma estranee
di differenziazione per isolamento geografico all’ambiente mediterraneo. Un’altra minaccia è
Fioritura di
Carpobrotus
acinaciformis sulla
costa di Giannutri
(G. Ferretti).
322 Provincia italo-tirrenica
Jacobaea maritima
lungo la costa
rocciosa di Giannutri
(G. Ferretti).
Ginepri costieri a
Juniperus turbinata
dell’Isola di Pianosa
(B. Foggi).
327
Pendii rocciosi
del Monte Capanne
(Isola d’Elba)
con la gariga a
Genista desoleana
(B. Foggi).
A destra
oleandreti del
Vado del Porto
(Isola di Capraia)
(L. Lazzaro).
328 Provincia italo-tirrenica
Il genere limonium
Limonium doriae,
endemismo puntiforme
della Formica Grande
(Grosseto)
(B. Foggi).
Limonium planesiae,
endemismo dell’Isola
di Pianosa
(A. Grigioni).
329 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Toscana Nel Lazio e limitatamente al sud della Toscana si osservano vaste aree
meridionale e subcostiere e costiere potenzialmente interessate da boschi di Quercus cerris
Alto Lazio con Q. frainetto legate anche a una significativa disponibilità idrica nei suoli. La
diffusa antropizzazione (pratiche agricole e residenze urbane) ha causato una
forte riduzione e frammentazione di questa tipologia di vegetazione.
Su substrati in gran parte sabbiosi prevalgono boschi di Quercus cerris con Q.
frainetto, mentre laddove la componente argillosa è dominante, la cerreta ospita
altre querce caducifoglie tra cui Q. virgiliana e localmente Q. robur. Nel sud
della Toscana e nella Maremma laziale si ha un sottobosco con Erica arborea,
Arbutus unedo, Pulicaria odora, Phillyrea latifolia, Rosa sempervirens, Echinops
ritro subsp. siculus, Ranunculus bulbosus, Anemone apennina. Nel resto del Lazio
costiero, in coincidenza di terrazzi argilloso-sabbiosi-ghiaiosi da Palo a Capocotta,
nell’entroterra di Anzio e Nettuno, sulla duna antica della Pianura Pontina e della
Piana di Fondi si sviluppano aspetti diversi di cerreta con Quercus frainetto e una
interessante presenza di Q. suber. Le dune mobili e stabilizzate del settore centro-
meridionale della Subprovincia tirrenica costiera presentano nuclei discontinui
di vegetazione psammofila e limitati lembi di vegetazione alofila. La profondità
della fascia di vegetazione psammofila è piuttosto variabile e diventa significativa
solo nel sud della Toscana per assumere nuovamente un andamento lineare nel
Lazio fino all’altezza di Tarquinia. Ha invece un ruolo anche paesaggistico nel
tratto compreso tra Palo e il Lido di Lavinio, in coincidenza della Foce del Tevere.
Da Torre Astura fino al Golfo di Gaeta la presenza è ancora significativa, mentre
procedendo verso sud, la vegetazione psammofila si ritrova in modo discontinuo
a Castellammare di Stabia, nel Golfo di Salerno e di Policastro.
Il paesaggio vegetale più interno della Subprovincia costiera nel suo insieme è
fisionomicamente caratterizzato dalla prevalenza di cenosi forestali collinari di
caducifoglie, con boschi di Quercus ilex e formazioni arbustive ascrivibili alla
macchia mediterranea in prossimità della fascia costiera.
In un ipotetico transetto che va dal mare di Piombino fino alle Colline Metallifere,
Mespilus germanica,
arbusto presente
le leccete danno luogo a paesaggi caratterizzati da tipologie diverse. Gli aspetti
nel bosco di cerro e più termofili, ubicati in coincidenza di promontori o morfologie costiere con basse
farnetto precipitazioni, sono caratterizzati da una chiara dominanza di Quercus ilex e
(E. Del Vico). da una componente arbustiva formata da Viburnum tinus, Rosa sempervirens,
Phillyrea latifolia e Smilax aspera.
La componente erbacea di questi
boschi è ridotta a poche specie, quali
Carex distachya, Rubia peregrina e
Cyclamen repandum. La componente
arbustiva, in situazioni degradate
o morfologicamente molto acclivi,
dà luogo a fisionomie di macchia
mediterranea a Erica scoparia, Arbutus
unedo, Phillyrea latifolia, Myrtus
communis, Clematis flammula e
Pistacia lentiscus con locali presenze di
ginepreti a Juniperus turbinata e Olea
europaea var. sylvestris. In presenza di
suoli poco evoluti o di aree fortemente
condizionate dal fuoco si sviluppano
lande a Cistus salviifolius, C. creticus
subsp. eriocephalus, C. monspeliensis
e Calluna vulgaris. In questo paesaggio
330 Provincia italo-tirrenica
La Campagna Il settore centrale della Subprovincia tirrenica costiera presenta variazioni anche
romana molto nette del paesaggio vegetale in funzione della natura dei substrati, delle
esposizioni e del grado di acclività dei versanti. Questa è la ragione per cui
insieme a piccoli lembi di lecceta si hanno cerrete più mesofile (già descritte per
Myrtus communis, la Toscana), che possono a volte ospitare specie di faggeta (Sanicula europaea,
elemento della Melica uniflora) la cui presenza è favorita da suoli di origine vulcanica che
macchia mediterranea
e dello strato arbustivo
garantiscono una certa umidità edafica anche nella stagione estiva.
dei querceti termofili Nei settori subpianeggianti della Campagna Romana si rinviene un aspetto di
(E. Del Vico). cerreta caratterizzato da una combinazione floristica che, oltre a Carpinus orientalis,
332 Provincia italo-tirrenica
la Campagna romana
Riserva Naturale
Nomentum.
Styrax officinalis
(L. Coppola).
A destra
Riserva Naturale
Nomentum.
Querceto misto
caducifoglio a
Quercus cerris e Q.
frainetto
(L. Coppola).
335 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Aspetti di macchia a
Juniperus oxycedrus
subsp. macrocarpa a
Torre Astura
(A. Merante).
Pineta costiera
a Torre Astura
(A. Merante).
337 Subprovincia italo-tirrenica costiera
taglio delle querce più annose. Laddove possono osservare formazioni boschive ad
la copertura arborea è più rada, il piano ontano caratterizzate dalla presenza nel
arbustivo si fa più folto e caratterizzato sottobosco di aggruppamenti a Osmunda
da Crataegus monogyna, Prunus spinosa, regalis, una specie in via di rarefazione
Cornus mas e più sporadicamente Ilex regionale e per questo segnalata tra le
aquifolium. Nel sottobosco, nei contesti specie protette della Regione Lazio. Si
meglio conservati, si possono osservare tratta di una felce che, da un punto di
bellissime orchidee spontanee, quali vista filogenetico, ha mantenuto una
Dactylorhiza romana, Serapias lingua e le linea evolutiva indipendente dalle altre
rare Ophrys lutea, Limodorum abortivum felci, da cui si distingue soprattutto
e Platanthera chlorantha. per la parte fertile posta all’apice della
Aspetti floristici e vegetazionali di notevole fronda. È uno degli elementi floristici della
interesse nel territorio sono quelli legati vegetazione terziaria temperato-umida
agli ambienti umidi e paludosi che, prima sopravvissuta alla falcidia operata dalle
delle grandi opere di bonifica iniziate negli glaciazioni quaternarie che hanno portato
anni trenta, occupavano diffusamente all’estinzione di numerosissimi generi di
questo settore costiero, così come felci, gimnosperme e angiosperme.
gran parte della costa tirrenica laziale. Oltre ai boschi igrofili sopra menzionati,
Nell’ambito di questi aspetti segnaliamo sono da citare anche aspetti residuali di
la presenza di boschi igrofili a dominanza vegetazione erbacea igrofila rinvenibile
di Alnus glutinosa, Fraxinus oxycarpa, lungo le sponde dei canali, corsi d’acqua e
Populus nigra e P. alba, Quercus robur e aree umide (localmente note come piscine)
secondariamente Carpinus betulus, Ulmus a dominanza di Phragmites australis,
minor e Salix alba. I principali arbusti sono: Schoenoplectus lacustris, Typha latifolia,
Salix cinerea, Sambucus nigra e Frangula Sparganium erectum o Iris pseudacorus.
alnus, a cui si abbinano specie lianose, A queste si associano altre specie
quali Hedera helix e Humulus lupulus. erbacee acquatiche di taglia minore come
Tra le specie erbacee dominano Carex Alisma plantago-aquatica, Damasonium
remota, C. pendula, Mentha aquatica e alisma, Baldellia ranunculoides, Apium
Ranunculus ficaria subsp. bulbilifer. A Tor nodiflorum, Ranunculus trichophyllus,
Caldara, in prossimità di alcuni fossi, si R. aquatilis, Potamogeton natans, P.
Dactylorhiza romana
con variabilità
cromatica
(F. Lucchese).
338 Provincia italo-tirrenica
crispus, Zanichellia palustris, Lemna più in via di rarefazione a livello non solo
minor, Callitriche stagnalis, Ceratophyllum locale, ma anche regionale.
submersum, Myriophyllum alterniflorum In alcune aree del territorio, come al Bosco
e le rare Illecebrum verticillatum, Apium di Foglino, si conservano ancora alcuni
inundatum e Utricularia vulgaris, aspetti legati a stagni temporanei su
quest’ultima una specie carnivora sempre fanghi e sabbie silicee che ospitano specie
annuali ed effimere di notevole interesse
Osmunda regalis conservazionistico in quanto specie rare,
a Tor Caldara come alcuni piccoli giunchi (Juncus
(D. Mantero). capitatus, J. pygmaeus, J. tenageja),
Exaculum pusillum, molto rara in Italia
e nel Lazio nota solo per pochissime
località, e diverse specie del genere Isoëtes
(I. duriei, I. histrix, I. velata), pteridofite
rare a livello nazionale e considerate come
veri e propri fossili viventi per l’antichità
della loro origine.
Altri aspetti igrofili di notevole interesse
naturalistico sono quelli legati alle zone
solfuree che presentano una flora peculiare
e costituita in genere da specie con areale
Iris pseudacorus ristretto e caratteristiche ecologiche che
presso il fiume Astura consentono loro di colonizzare questi
(S. Ceschin). ambienti particolari. Tra queste specie
si segnala Agrostis monteluccii che,
sotto forma di praterie monospecifiche,
si rinviene localmente presso alcune
risorgive idrotermali solfuree a Tor
Caldara e similmente in altre aree del
Lazio con caratteristiche ambientali simili,
come la Solfatara di Pomezia, la Caldara
di Manziana e le Acque Albule a Tivoli.
Zone solfuree
a Tor Caldara
(A. Merante).
339 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Monti Volsci La Subprovincia costiera interna, nel tratto terminale della regione Lazio,
interessa il versante meridionale del complesso carbonatico dei Monti Volsci. Si
tratta di un comprensorio di grande interesse con una vegetazione potenziale
ascrivibile ai querceti termofili a Quercus virgiliana con Fraxinus ornus, Cercis
siliquastrum e Carpinus orientalis.
Nel Lazio meridionale uno degli aspetti più termofili dei querceti a Quercus
virgiliana si sviluppa a quote comprese tra 100 e 700 m, a contatto con boschi
di leccio. Questa tipologia di querceto occupa aree molto limitate rispetto alla
sua potenzialità e presenta una copertura arborea spesso diradata, che favorisce
la presenza nel sottobosco di specie stenomediterranee, tipiche degli stadi di
sostituzione, come Pistacia lentiscus, Rosa sempervirens e Ampelodesmos
mauritanicus. Questi boschi si trovano in contatto seriale con mantelli e macchie
sempreverdi a Pistacia lentiscus e Myrtus communis, caratterizzati anche dalla
presenza di specie caducifoglie come Spartium junceum e Rubus ulmifolius. Praterie
a dominanza di Ampelodesmos mauritanicus e pratelli terofitici a Hypochaeris
achyrophorus, Trifolium scabrum e Crucianella latifolia, rappresentano ulteriori
stadi di degradazione di questa vegetazione matura.
I querCetI a quercus virGiliana (ten.) ten. del settore tIrrenICo dell’ItalIa Centrale
Bosco a
Quercus virgiliana
con Ampelodesmos
mauritanicus,
Monti Aurunci
(L. Facioni).
Quercus virgiliana (Ten.) Ten., nota come alimentare, da sola o mescolata alla farina
quercia castagnara, è una specie ad areale di grano e di orzo.
europeo sud-orientale a gravitazione La specie appartiene al genere Quercus
prevalentemente meridionale. È dedicata subgen. Quercus del gruppo robur,
a Virgilio in quanto il locus classicus (la caratterizzato da un elevato polimorfismo
località dove sono stati raccolti i campioni delle entità, sia a livello specifico che
della pianta sui quali è stata descritta per intraspecifico, determinato da fenomeni
la prima volta la specie) è nei pressi della di ibridizzazione. Nell’ambito di questo
tomba del poeta latino, a Piedigrotta (NA). gruppo Quercus virgiliana e Q. pubescens
Il suo nome volgare è legato alla dolcezza Willd. mostrano nei loro caratteri
delle ghiande che, una volta cotte sulla le maggiori somiglianze in termini
brace, hanno un sapore simile a quello morfologici, tanto che in letteratura
delle castagne. Un tempo, soprattutto nei le due entità sono a volte considerate
periodi di carestia, i frutti venivano seccati insieme come Quercus pubescens s.l.
e ridotti in farina poi utilizzata a scopo Per differenziare le due specie sono stati
340 Provincia italo-tirrenica
Querceti a Quercus
virgiliana sui Monti
Aurunci e i relativi
stadi seriali
(L. Facioni).
1. bosco a Quercus
virgiliana ed
Ampelodesmos
mauritanicus;
2. nucleo di macchia
a Pistacia lentiscus;
3. pratello terofitico
a Hypochaeris
achyrophorus, ù
Trifolium scabrum e
Crucianella latifolia;
4. praterie ad
Ampelodesmos
mauritanicus.
341 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Bosco a Quercus
virgiliana con
Carpinus orientalis,
Monti Ausoni
(L. Facioni).
342 Provincia italo-tirrenica
Il Parco Nazionale La Subprovincia costiera tirrenica, nel settore meridionale del Lazio, ospita il Parco
del Circeo Nazionale del Circeo, una piccola area protetta che custodisce una straordinaria
ricchezza di ambienti e sintetizza con efficacia i caratteri prevalenti della flora
e del paesaggio vegetale propri di questo tratto dell’Italia centrale. Il territorio
del parco comprende: la duna litoranea di età olocenica, i laghi retrodunali, la
duna antica pleistocenica, il promontorio calcareo del Monte Circeo e l’Isola
prevalentemente vulcanica di Zannone. Questa eterogeneità ambientale si traduce
in una elevata diversità floristica e vegetazionale, ampiamente rilevata dai numerosi
studi condotti in questa area.
La costa (spiaggia e duna), composta da sabbie grigie e giallastre prevalentemente
calcaree, si sviluppa per circa 30 km ed è compresa tra Torre Paola, alla base
del promontorio, e Capo Portiere verso nord; i cordoni dunali hanno un’altezza
media di 12 m. Procedendo dalla berma di tempesta (oltre la battigia) fino alle
dune non ancora consolidate, la vegetazione è caratterizzata dalla presenza di
piante psammofile (adattate a vivere su substrati sabbiosi) e tende a disporsi in
fasce parallele al litorale lungo un gradiente ecologico, in funzione della distanza
dalla linea di costa. Dal mare verso l’entroterra, il primo settore di avanduna
(spiaggia) è colonizzato da comunità annuali (terofitiche-alonitrofile) a dominanza
di Cakile maritima e Salsola kali. Questa vegetazione, molto rada, si instaura
laddove c’è un accumulo di materiale organico decomposto (trasportato dalle
onde e poi deposto). Sulle prime dune mobili (embrionali) si sviluppano comunità
caratterizzate da Elymus farctus ed Echinophora spinosa, due specie perenni il cui
apparato radicale ben sviluppato incorpora e blocca i granelli di sabbia avviando
così il processo di consolidamento delle dune. Le comunità che contribuiscono a
rendere più stabili le dune mobili sono costituite da Ammophila arenaria subsp.
australis che forma grandi cespi in grado di trattenere la sabbia portata dal vento.
Sul versante interno di queste dune non consolidate, la vegetazione è composta da
piante simili a piccoli arbusti come Crucianella maritima e diverse piante erbacee
tra cui Ononis variegata, con locali presenze di Lotus cytisoides che forma densi
pulvini. Le dune stabili sono occupate dalla macchia, una formazione arbustiva
in cui domina Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa accompagnato da altre
sempreverdi come Smilax aspera, Phillyrea angustifolia, Pistacia lentiscus e
Lonicera implexa. Nelle radure della vegetazione perenne, che spesso si creano
per il disturbo causato dal turismo balneare, si sviluppano comunità con specie
Macchia a
Juniperus oxycedrus
subsp. macrocarpa
sulla duna
(R. Copiz).
343 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Rappresentazione erbacee perenni ed annuali tra le quali dominano Pycnocomon rutifolium e Silene
della sequenza canescens.
vegetazionale sulla La prima fascia retrodunale è occupata da una macchia-foresta a Juniperus
duna del Parco
turbinata e Quercus ilex, cui frequentemente si associano Rhamnus alaternus e
Nazionale del Circeo.
Phillyrea angustifolia.
Tra la duna recente e quella antica, più o meno alla quota del mare, è localizzata
un’area depressa interessata dai laghi salmastri (con salinità ridotta rispetto a
quella del mare e variabile a seconda delle stagioni) di Paola, Caprolace, Monaci
e Fogliano e dai terreni paludosi ad essi limitrofi. Solo il primo lago mostra un
perimetro non rettificato, con i bracci di antica origine fluviale che si insinuano
verso l’entroterra. Il paesaggio vegetale è vario e articolato in un mosaico composto
da boschi di ridotta estensione e da molteplici comunità erbacee, sia annuali che
perenni (in particolare salicornieti, giuncheti e canneti).
Nella zona retrodunale la sequenza delle comunità vegetali è più chiara e stabile
rispetto all’ambiente della duna: la macchia a Juniperus turbinata e Pistacia
lentiscus precede sempre il bosco a Quercus ilex e il bosco mesoigrofilo con
Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa che si sviluppa sul versante rivolto verso i
laghi costieri, protetto dai venti marini e con buona disponibilità idrica nel suolo.
Le sponde del Lago di Paola, in particolare, sono caratterizzate da diverse
formazioni boschive. Su aree terrazzate con suoli idromorfi interessati da una falda
superficiale le cui acque contengono una discreta quantità di sali, si sviluppano
le comunità a Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa con Frangula alnus e
sottobosco ricco di Cladium mariscus e Lythrum salicaria. In corrispondenza delle
foci di corsi d’acqua a regime stagionale poste verso l’entroterra, si sviluppano
boschetti a Alnus glutinosa che, seppur di limitata estensione, sono interessanti
per una significativa presenza di specie ad areale atlantico e mediterraneo.
Sono presenti anche impianti artificiali a Pinus pinea, P. pinaster e Eucaliptus
sp.pl., nell’ambito dei quali attualmente si nota una spontanea ripresa di arbusti
tipici della macchia. Infine, sulle sponde dei laghi si sviluppano comunità a
Phragmites australis.
Tra i Laghi di Fogliano, Monaci e Caprolace sono diffuse formazioni erbacee
costituite da specie adattate al gradiente salino ed idrico del terreno, che varia in
344
Lago di Paola,
Parco Nazionale del
Circeo
(R. Copiz).
345 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Foresta allagata a
Quercus robur e
Fraxinus angustifolia
subsp. oxycarpa
(M. Iberite).
346 Provincia italo-tirrenica
Il promontorio del Circeo è una struttura montuosa calcarea, alta 541 m, con
due esposizioni prevalenti. Le comunità del versante meridionale (Quarto Caldo),
sono molto diversificate dal punto di vista floristico e strutturale. Sulla scarpata
litoranea, interessata periodicamente dal disturbo meccanico determinato dai
flutti e costantemente nebulizzata dallo spray di acqua marina, si insedia una
vegetazione alofitica estremamente specializzata, a copertura rada, costituita
principalmente da popolazioni di Crithmum maritimum e dall’endemica Limonium
circaei. A queste due piccole camefite si accompagnano poche specie alotolleranti
e rupicole come Daucus gingidium, Reichardia picroides e Catapodium rigidum.
Nella fascia superiore si instaurano comunità che risentono ancora fortemente
dell’azione dello spray marino, ma sono affrancate dal disturbo meccanico dei
flutti e si sviluppano su litosuoli o suoli estremamente superficiali e non più sulla
roccia pressoché nuda. Sono costituite principalmente da Helichrysum litoreum
e subordinatamente da Senecio bicolor. A queste specie si associano Thymelaea
hirsuta, Schoenoplectus nigricans, Lotus cytisoides, Brachypodium ramosum e
Dactylis hispanica.
Sul Quarto Caldo i frequenti incendi hanno distrutto gran parte della copertura
forestale. Come testimoniano i numerosi lembi residui, questa era costituita da
una lecceta che presumibilmente ricopriva l’intero versante a eccezione della
fascia costiera occupata dalla macchia-foresta a Juniperus turbinata e dalle rupi.
Si tratta di un bosco a Quercus ilex con Fraxinus ornus, caratterizzato da uno
strato arbustivo con specie della macchia a sclerofille (Phillyrea latifolia, Rhamnus
alaternus, Pistacia lentiscus, Rubia peregrina, Asparagus acutifolius, Smilax
aspera). Lo strato erbaceo si presenta piuttosto povero e le specie più frequenti sono
Arisarum vulgare, Brachypodium ramosum, Tamus communis e Cyclamen repandum.
Nel settore sud-occidentale (oltre Punta Rossa), nell’area rimasta libera da
insediamenti antropici, sono presenti lembi estesi di una macchia-foresta a
Macchia mediterranea
Juniperus turbinata con Pistacia lentiscus, Rhamnus alaternus, Phillyrea latifolia
sul promontorio del
Circeo e Myrtus communis. Un altro aspetto primario della macchia con carattere
Picco di Circe rupestre si ha in corrispondenza di nuclei a Chamaerops humilis con Euphorbia
(R. Copiz). dendroides, Prasium majus e Anthyllis barba-jovis.
347 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Al di fuori del settore occidentale più acclive del versante di Quarto Caldo,
connesso con il sistema delle rupi del Precipizio, la morfologia si addolcisce,
creando condizioni generali favorevoli all’accumulo di suolo. In funzione di ciò
la zona è stata coltivata e questo ha determinato la scomparsa della vegetazione
forestale a Juniperus turbinata e della foresta a sclerofille sempreverdi. La
vegetazione è pertanto secondaria e ha carattere di macchia bassa, gariga e
prateria perenne con presenza di terofite. La gariga a Cistus monspeliensis e la
prateria ad Ampelodesmos mauritanicus sono comunità molto diffuse in questo
contesto ed entrambe sono il prodotto di una lunga storia di incendi.
Nel versante settentrionale (Quarto Freddo) si sviluppa, invece, un bosco
sempreverde a Quercus ilex misto a caducifoglie, con una significativa presenza di
Fraxinus ornus e Ostrya carpinifolia. Il settore sommitale è caratterizzato da Pistacia
terebinthus e Cercis siliquastrum, mentre negli impluvi prevale Ostrya carpinifolia.
Alla base del versante, dove il suolo è più profondo e povero di calcio, diventa
dominante Quercus suber cui si associano le querce caducifoglie, in particolare
Quercus frainetto.
A 15 miglia a sud del Circeo si trova l’isola di Zannone, costituita da rocce
vulcaniche con limitati affioramenti sedimentari e metamorfici. Nel versante
meridionale si ha una dominanza di aspetti diversi di macchia mediterranea a
Pistacia lentiscus, Myrtus communis, Euphorbia dendroides, Calycotome villosa,
Cistus monspeliensis e Ampelodesmos mauritanicus, con prevalenza di Erica
multiflora nella fascia prossima alla scogliera. Gli stadi più maturi della macchia
sono caratterizzati da Erica arborea e Arbutus unedo. Nel versante settentrionale
si sviluppa una estesa lecceta, il cui stadio di maturità è localmente diverso
in funzione del numero degli anni trascorsi dagli ultimi tagli. Il settore più
Macchia bassa a mesofilo dell’isola, posto in coincidenza di una piccola valle (Cavone di Lauro),
Erica multiflora,
si caratterizza per la presenza di una lecceta piuttosto matura in cui vegetano
Cistus sp.pl. e altre
specie sempreverdi, esemplari di Quercus virgiliana e di Laurus nobilis. Tutta la lecceta di Zannone
Isola di Zannone riveste una particolare importanza in quanto è la più estesa foresta tra quelle
(R. Copiz). presenti nelle piccole isole del Mediterraneo del nostro Paese.
348 Provincia italo-tirrenica
“Proxima Circaeae raduntur litora terrae, …”. In (e cenotica) l’elemento distintivo di questo
una notte ventilata e rischiarata da una luna territorio, conservatasi soprattutto grazie agli
luminosa che risplende tremula sul mare, Enea interventi di tutela attuati per salvaguardare il
naviga verso la terra di Circe mantenendosi patrimonio naturale del Monte Circeo, quello
prossimo alla costa. Nel palazzo della Dea, il della adiacente foresta e degli ambienti costieri
cedro profumato brucia e illumina, il pettine ad essi limitrofi.
che scorre sulle tele sottili produce un rumore Il Parco Nazionale del Circeo fu istituito nel
acuto, mentre il canto incessante della dea si 1934 per preservare un lembo della antica e
diffonde nei boschi inaccessibili. vasta Selva di Terracina (circa 11.000 ettari di
È così che Virgilio narra l’arrivo di Enea nella bosco) destinata, tra gli anni venti e trenta del
terra dei Latini. Solo le urla inquietanti delle secolo scorso, ad essere bonificata e poi tagliata
belve incatenate impediscono alle flotte troiane per lasciare il posto a più redditizi terreni
di abbandonarsi al richiamo seduttivo del agricoli. L’operazione era parte integrante del
contesto armonioso, lo stesso che per Ulisse fu più ampio progetto di prosciugamento (bonifica
irresistibile, e con l’aiuto di Nettuno che gonfia integrale) delle Paludi Pontine. Fino ai primi
favorevolmente le vele delle imbarcazioni, Enea anni del ventesimo secolo questa tipologia di
e i suoi uomini si allontanano per raggiungere vegetazione, la foresta planiziale (di pianura),
un più sicuro approdo. Nei loro poemi epici, costituiva l’elemento più rappresentativo del
Omero e Virgilio descrivono il Monte Circeo paesaggio litoraneo retrodunale di gran parte
come un luogo affascinante, misterioso e al del Lazio. L’urbanizzazione, più intensa dopo
tempo stesso inquietante. gli anni Cinquanta, ha spazzato via vaste
Certo è che nell’antichità questo settore del aree naturali e solo pochi nuclei sono stati
Lazio era ben noto, sia perché rappresentava preservati. La foresta del Circeo ne è dunque
il confine meridionale del territorio latino, un esempio ed è considerata tra le meglio
così come è chiaramente indicato da Plinio conservate e più estese d’Italia. In origine, il
(Latium antiquum a Tiberi Cerceios servatum parco includeva anche il Lago di Paola (o di
est m.p. L longitudine…), sia per la presenza di Sabaudia), la duna litoranea e il promontorio;
un santuario costruito proprio sulla cima del nel 1975 e nel 1979 sono state annesse
monte e per lungo tempo luogo di culto della l’ampia fascia retrodunale contenente gli altri
dea Circe, figlia del Sole. Inoltre, vari reperti e laghi costieri (Caprolace, Monaci, Fogliano) e
testimonianze paleontologiche confermano la l’Isola di Zannone.
presenza dell’uomo sin dalla preistoria (Uomo L’area protetta, che si estende per una
di Neanderthal). superficie di 8.872 ettari, è inclusa nella
Il geografo greco Strabone ne sottolinea quel più vasta Riserva della Biosfera del Circeo
tratto peculiare di sorgere come un’isola sul (designata dall’UNESCO nell’ambito del
mare e sulle paludi e, come altra caratteristica, programma Man and Biosphere) e comprende
riporta la diffusa opinione che sia ricca di 4 zone umide di importanza internazionale
erbe. È ancora oggi l’elevata diversità floristica ai sensi della Convenzione di Ramsar, 1
349 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Riserva Naturale Statale (la foresta demaniale) Tra le numerose piante che compongono la
e 5 Riserve Naturali Integrali (3 forestali e 2 flora del parco, si è scelto di dedicare brevi
perilacustri). Il parco è inoltre compreso in note ad alcune entità che, più di altre, mettono
2 Zone di Protezione Speciale (ZPS), istituite in luce l’importanza e la peculiarità di questo
ai sensi della Direttiva europea Uccelli settore del Lazio.
(2009/147/CE), che racchiudono 7 Siti di Il litorale sabbioso ospita specie che hanno
Importanza Comunitaria (SIC) con numerosi sviluppato particolari strategie adattative per
habitat e specie tutelati dalla Direttiva europea sopravvivere in un ambiente come questo,
Habitat (92/43/CEE). così ostile alla vita (vento, aerosol marino,
La ricchezza floristica e vegetazionale che substrato debolmente coeso, mobile, con
caratterizza questo territorio è strettamente scarsa ritenzione idrica ed elevata salinità).
legata alla molteplicità e alla eterogeneità Accanto a piante psammofile come Elymus
degli ambienti presenti: la duna litoranea farctus, Ammophila arenaria subsp. australis,
olocenica, le zone umide retrodunali, la duna Silene canescens, Anthemis maritima,
antica pleistocenica, il promontorio calcareo Pycnocomon rutifolium, Lotus cytisoides,
del Monte Circeo e l’isola prevalentemente Ononis variegata, Echinophora spinosa e
vulcanica di Zannone. Eryngium maritimum che caratterizzano la
La flora vascolare è composta da oltre 1.200 fisionomia della spiaggia donandole variopinte
entità, di cui 110 sono rare nel Lazio e 63 sono note di colore in primavera, meritano un
minacciate di estinzione a livello regionale e cenno speciale due entità di grande interesse
talora anche nazionale. floristico. Una di queste è Malcolmia littorea,
Il promontorio e la foresta rappresentano recentemente ritrovata entro il territorio del
gli ambiti che esprimono il massimo della parco dopo essere stata osservata e raccolta
biodiversità e che accolgono il numero più l’ultima volta nel 1957. Specie perenne delle
elevato di entità rare o rarissime nella regione, dune stabili, ha il fusto e le foglie ricoperti da
l’uno per la presenza di molteplici habitat, un denso feltro di peli che le conferiscono un
alcuni peculiari (rupi, falesie, grotte etc.), l’altro aspetto bianco-grigiastro, comune in molte
essenzialmente per la presenza di ambienti piante delle sabbie e più in generale di ambienti
umidi forestali. Naturalmente anche le zone estremi (aridi o con temperature molto basse).
umide retrodunali e Zannone ospitano una Questo caratteristico tomento ha infatti
flora peculiare e rara. L’isola, in particolare, si l’importante funzione di proteggere la pianta
caratterizza per una scarsissima ingressione sia da una eccessiva traspirazione sia da un
di piante aliene (alloctone) che attualmente eccessivo irraggiamento solare, limitando
rappresentano ovunque una tra le maggiori con efficacia la perdita di acqua. Malcolmia
cause di perdita di biodiversità. littorea è diffusa nell’area occidentale del
In linea con le caratteristiche climatiche Mediterraneo e la sua presenza in Italia è
dell’area, la forma biologica dominante è limitata a pochissime stazioni lungo il tratto di
quella delle terofite, mentre tra gli elementi costa tra Sabaudia e San Felice Circeo. Per la
corologici prevale nettamente la componente sua rarità e per le condizioni di criticità in cui
mediterranea, anche se i tipi europeo e boreale vegeta (siti frequentati da turismo balneare), è
sono ben rappresentati nel contesto più inserita nella recente Lista Rossa della Flora
mesofilo della foresta planiziale. Italiana come specie gravemente minacciata
di estinzione (CR) e richiede pertanto adeguate
Malcolmia littorea misure di tutela. L’altra entità è Pancratium
(E. Giovi). maritimum, meglio nota come giglio di mare, una
bulbosa i cui vistosi fiori bianchi sbocciano nel
periodo tardo-estivo, aprendosi all’imbrunire
ed emanando un intenso profumo, dolce
richiamo per gli insetti impollinatori. I semi
che il frutto produce sono neri, leggerissimi e
simili a pezzettini di carbone; la loro diffusione
è assicurata sia dal vento che dal mare sulle
cui acque possono galleggiare fino a 50 giorni.
Questa specie sta divenendo sempre più rara
a causa della scomparsa del suo habitat per
l’eccessivo sfruttamento degli arenili (turismo
balneare). Nel Lazio, in particolare, è tutelata
da una legge regionale che ne vieta la raccolta
(L.R. n. 61/1974).
I terreni prossimi al mare o alle lagune
350 Provincia italo-tirrenica
rarissima. Segnalata per la prima volta negli areale circumboreale, Gratiola officinalis e
anni settanta del secolo scorso per l’Agro Veronica scutellata, molto rare nel Lazio. La
Pontino, è stata successivamente osservata loro scarsa diffusione è strettamente legata
anche in alcune regioni meridionali (Calabria e alla rarità degli habitat in cui vivono e che
Puglia). È attualmente minacciata di estinzione attualmente sono ovunque in significativa
a livello regionale e nazionale. riduzione. La prima entità, in particolare, ha
Gli ambienti umidi della foresta a Quercus una presenza regionale limitata al settore
cerris e Q. frainetto e in special modo le piscine costiero a sud di Roma e entrambe sono
sono caratterizzati da un microclima più minacciate di estinzione nella regione.
fresco rispetto al contesto generale, tanto da Le rupi costiere del promontorio, soprattutto
arricchirsi in specie decisamente più mesofile laddove le pareti hanno una morfologia ripida,
e in elementi boreali, tipici delle zone fredde sono colonizzate da piante che riescono ad
dell’Europa. Nel bosco diventa così dominante attecchire nelle fessure della roccia o in
la presenza di Quercus robur e Fraxinus situazioni in cui il suolo è comunque scarso,
angustifolia subsp. oxycarpa e il sottobosco grazie a particolari adattamenti morfologici.
che si sviluppa nelle zone acquitrinose ospita, Si tratta di piccole fanerofite come Euphorbia
oltre a Oenanthe aquatica, Agrostis stolonifera, dendroides con caratteristici fusti dicotomoci
Glyceria fluitans, Mentha aquatica, Galium e foglie che all’inizio dell’estate, poco prima di
elongatum, diverse specie dei generi Carex, cadere (è una caducifoglia estiva), si tingono di
Callitriche, Juncus e due erbacee perenni con un vivace rosso; o di camefite suffruticose come
Helichrysum litoreum dalle vistose infiorescenze
Gratiola officinalis giallo oro e dalle sottili foglie bianco-grigiastre
(M. Zepigi). intensamente profumate per l’abbondante
presenza di oli essenziali. Su queste stesse
pareti rocciose si insediano, inoltre, elementi
tipici di macchia come Juniperus turbinata,
dalla particolare disposizione delle foglie che
sono sovrapposte come le tegole di un tetto
(embriciate), che qui si presenta in individui
isolati mentre nella fascia basale del versante
occidentale del promontorio va a costituire
una formazione molto ben strutturata. Il
contesto roccioso ospita anche un tesoro
botanico, un arbusto sempreverde rupicolo
e dall’aspetto insolito, ben visibile da chi
Chamaerops humilis
(G. Nicolella).
352 Provincia italo-tirrenica
Phillyrea latifolia, Pistacia lentiscus, Rhamnus di miele che attrae gli insetti impollinatori.
alaternus, Cistus creticus subsp. eriocephalus Nello stesso tipo di ambiente è possibile
diffusa in prossimità della cima del Monte osservare anche Narcissus obsoletus che deve
Circeo, cresce Crocus longiflorus. La specie il nome del genere alla fragranza inebriante e
è subendemica e ha un areale circoscritto al soporifera emanata dal fiore bianco, abbellito
Lazio (dove è a rischio di estinzione), all’Italia al centro da una coroncina giallo aranciata.
meridionale e a Malta. Il promontorio del La specie è strettamente mediterranea, rara
Circeo è l’unica località della regione in cui nel Lazio e limitata ai settori costieri. La sua
questa pianta, che predilige esposizioni peculiarità, oltre alla rarità e la minaccia di
assolate e suoli pietrosi, è presente. Tra i estinzione regionale cui è sottoposta, è quella
crochi laziali, è il solo a fiorire tra ottobre e di fiorire nel periodo autunnale, a differenza
dicembre e il fiore, molto attraente e di color del più noto Narcissus poeticus i cui fiori
lillacino, può diffondere un delicato profumo sbocciano in primavera.
L’isola di Zannone ospita Genista tyrrhena
Centaurea cineraria subsp. pontiana, entità a rischio di estinzione
subsp. circae; e endemismo esclusivo dell’Arcipelago
nel riquadro Pontino, in particolare delle isole nord-
particolare del fiore occidentali: Ponza, Palmarola, Zannone.
(M. Iberite). Nelle prime due, l’abbandono delle pratiche
agricole ha restituito alla vegetazione spazi da
colonizzare e così, sulle aree terrazzate o anche
sui versanti acclivi, la macchia a ginestra è
assai diffusa e fisionomicamente dominante.
Al contrario, la sua presenza a Zannone è
piuttosto circoscritta, probabilmente a causa
di un diverso uso del suolo e di una decennale
assenza di incendi; circostanza, quest’ultima,
che non ha interrotto il naturale processo
verso forme più complesse di vegetazione
come la macchia mediterranea, tipologia oggi
prevalente sui versanti meridionali dell’isola.
Genista tyrrhena occupa alcune stazioni
rupestri collocate nei settori più elevati,
associandosi a Helichrysum litoreum e Erica
multiflora in piccoli nuclei che assumono
caratteristiche di gariga in un contesto
generale di macchia a Erica arborea, Myrtus
Genista tyrrhena communis, Arbutus unedo, Pistacia lentiscus.
subsp. pontiana Il suo legno è molto consistente e in passato
(S. Ercole). veniva utilizzato per lavori artigianali o anche
come combustibile nei forni da pane. Per la
caratteristica durezza, la ginestra veniva
comunemente chiamata ‘uastaccètte perché
era in grado di rovinare la lama dell’accetta.
A conclusione di queste sintetiche note
descrittive su alcune entità interessanti
del territorio del parco, è importante e
doveroso sottolineare la diffusa presenza di
Carpobrotus acinaciformis, specie alloctona
nativa del Sudafrica, introdotta in Italia come
ornamentale per le sue splendide fioriture e
poi naturalizzata fino a diventare fortemente
invasiva, soprattutto sulle dune mobili
ed embrionali. Tendendo a soppiantare la
vegetazione spontanea, costituisce una delle
più serie minacce alla conservazione della
biodiversità e per questa ragione è oggetto di
interventi mirati di eradicazione o controllo.
Azioni che ci si auspica vengano quanto prima
avviate anche nel territorio del Circeo.
354 Provincia italo-tirrenica
Settore costiero Il settore costiero collinare campano compreso tra il Golfo di Gaeta e il Golfo di
campano Napoli risulta molto antropizzato e pertanto non è facile osservare ambiti ben
conservati con una flora ricca e diversificata. In Campania i querceti termofili a
Quercus virgiliana e Q. pubescens, oltre che nelle zone più interne, si rinvengono
sul Monte Bulgheria e a Capri. Nella Penisola Sorrentina sono in contatto con
boschi misti più mesofili (a Ostrya carpinifolia con Festuca exaltata, Acer opalus
subsp. obtusatum e Alnus cordata) e leccete ricche di specie caducifoglie. Nel
versante meridionale della Penisola Sorrentina sono presenti lembi di macchia
a Myrtus communis e Pistacia lentiscus, ampelodesmeti e garighe a Rosmarinus
officinalis ed Erica multiflora, popolamenti di Euphorbia dendroides su pareti
verticali e nuclei di Pinus halepensis di incerto indigenato.
Dai piccoli lembi forestali e dalla presenza di singole popolazioni è comunque
possibile ricostruire un paesaggio forestale ricco di specie caducifoglie subacidofile
quali Quercus cerris, Q. frainetto, Carpinus betulus, Mespilus germanica con Prunus
spinosa, Rubus ulmifolius, Erica arborea e Cytisus scoparius. Il paesaggio vegetale
in questo contesto ambientale ospita anche castagneti, sia da frutto che cedui.
Dalla fascia costiera avvicinandosi al complesso vulcanico di Roccamonfina si
trovano cerrete più mesofile con una minore abbondanza di Quercus frainetto e
una maggiore presenza sia di elementi della flora mediterranea (Rubia peregrina,
Asparagus acutifolius, Ruscus aculeatus e Smilax aspera), sia di specie erbacee
(Melica uniflora, Silene coronaria e Brachypodium sylvaticum) che confermano un
carattere discretamente mesofilo di questo contesto ambientale. Localmente la
cerreta si arricchisce di elementi arborei quali Sorbus domestica, S. torminalis,
Pyrus communis e Acer opalus subsp. obtusatum, con mantelli a Cytisus scoparius
e Pteridium aquilinum.
Nei pressi di Pozzuoli e salendo verso il Vesuvio le cerrete con Quercus frainetto
lasciano il posto a querceti termofili a Quercus virgiliana ed Erica arborea, mentre
la parte alta del Vesuvio presenta piccoli lembi di boschi misti mesofili a Ostrya
carpinifolia con Festuca exaltata e Acer opalus subsp. obtusatum.
Nei dintorni di Napoli il paesaggio vegetale è fortemente condizionato dalla
presenza dei sistemi vulcanici ed è per questa ragione che si è voluto approfondire
il carattere floristico di questa vasta area prendendo in esame il Vesuvio, i Campi
Flegrei e il Cratere degli Astroni.
Se il Vesuvio è uno degli elementi più identitari del paesaggio campano, l’isola di
Capri resta senza dubbio uno degli ambiti di maggiore interesse floristico e vege-
tazionale di questo settore della Subprovincia tirrenica costiera.
Quercus frainetto,
specie tipica dei
querceti a Quercus
cerris che si sviluppano
prevalentemente su
substrati sabbiosi e
argillosi
(E. Del Vico).
355 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Il Vesuvio. In base ai più recenti studi non gli arenili a Echinophora spinosa. Non sono
ancora tutti pubblicati, la flora del Vesuvio stati inoltre più rinvenuti alcuni elementi
conterebbe poco più di 800 entità, numero del bosco e della rupe (Mercurialis perennis,
che evidenzia un sensibile impoverimento Sanicula europaea).
della flora dell’intera area vesuviana. Poche sono oggi sul Vesuvio le piante rare e
L’intensa antropizzazione che da tempi le endemiche e ciò sembra doversi ricondurre
remoti ha interessato quest’area ha ormai soprattutto ai continui sconvolgimenti
fortemente condizionato la composizione dell’ambiente dovuti alle eruzioni. Si sono così
della flora e della vegetazione spontanea. determinate nel tempo periodiche distruzioni
Le specie non più ritrovate sono non di della flora e la contemporanea copertura del
rado quelle di ambienti particolari e delicati suolo da parte di materiali poco evoluti e non
come i pratelli umidi subcostieri (Allium immediatamente colonizzabili.
chamaemoly, Ophioglossum lusitanicum) e Il sommarsi di questi fenomeni, in parte
naturali e in parte di origine antropica, ha
Il fitto feltro dello drasticamente ridotto le aree di interesse
Stereocaulon naturalistico. Un rilevante valore in questo
vesuvianum senso è raggiunto infatti solo dai popolamenti
e individui sparsi pionieri che, oltre i 700 metri di quota,
di Rumex scutatus rivestono i più recenti prodotti vulcanici. Tra
sulle lave dell’ultima questi un aspetto di rilievo è rappresentato
eruzione dalla vegetazione che ricopre le lave del
(M. Ricciardi). 1944. Si tratta di una formazione pioniera
costituita per la quasi totalità da licheni. A
dominare in maniera pressoché esclusiva è
Stereocaulon vesuvianum che ricopre con un
fitto feltro grigio le superfici scoriacee delle
colate laviche più recenti insieme a specie dei
generi Parmelia e Candelariella.
Un altro aspetto di vegetazione anch’esso
fortemente colonizzatore, interessa le
L’alterazione piroclastiti incoerenti e cioè le sabbie e i
dell’ambiente lapilli delle pendici del Gran Cono Vesuviano.
vesuviano dovuta Si tratta di consorzi radi in cui prevalgono
all’invasione di Artemisia variabilis, Scrophularia canina,
Genista aetnensis Silene vulgaris e Rumex scutatus. Queste
(M. Ricciardi). piante, spesso con il portamento di cespugli di
taglia assai ridotta, sono capaci di sopravvivere
in questo ambiente ostile soprattutto grazie ad
un apparato radicale specializzato. I ridotti
valori di copertura di questa vegetazione sono
indubbiamente da collegare all’accentuata
pendenza e all’estrema permeabilità del suolo
che determinano un rapido allontanamento
delle acque piovane verso gli orizzonti più
Tra le lave più recenti profondi del suolo.
cresce l’Helichrysum Sulle effusioni laviche meno recenti ma ancora
litoreum superficiali, si insediano fitti cespuglieti
(M. Ricciardi). a leguminose arbustive. Maggiormente
rappresentate in queste formazioni sono
Spartium junceum e Cytisus scoparius. Un
elemento estremamente dannoso per la sua
invadenza è qui Genista aetnensis, introdotta
nella illusoria speranza di un suo ruolo
colonizzatore. A queste specie vanno ad
aggiungersi, in corrispondenza delle rocce
laviche affioranti, Helichrysum litoreum,
356
L’interno di uno
dei rimboschimenti
a pino in cui gli aghi
impediscono lo
sviluppo del
sottobosco
(M. Ricciardi).
dello spazio sul quale essa si poteva insediare. all’Epoca Romana. Sotto i castagni, per lo
Solo sporadici sono quindi i frammenti di più governati a ceduo, crescono arbusti
macchia mediterranea bassa con prevalenza di Carpinus orientalis, Cytisus villosus,
di Pistacia lentiscus, Phillyrea latifolia, Myrtus Evonymus europaeus mentre, in un fitto
communis e Rhamnus alaternus. strato di erbe, spiccano Lilium bulbiferum
Seppur in condizioni seminaturali, il bosco subsp. croceum, Iris foetidissima, Cyclamen
di Quercus ilex occupa l’area sommitale del hederifolium e Cyclamen repandum e le
Monte di Cuma. Un’altra lecceta discre- orchidee Dactylorhiza saccifera, Platanthera
tamente conservata è quella presente in una chlorantha e Cephalanthera longifolia.
parte della Riserva degli Astroni, mentre allo Rimboschimenti a pini, soprattutto Pinus
stato naturale questo tipo di bosco si ritrova pinea e Pinus halepensis, si rinvengono sul
solo nella retroduna fra Licola e il Lago Fusaro. Monte Nuovo e a Licola dove queste conifere
I fertili suoli dei Campi Flegrei hanno spinto sono state utilizzate per la riforestazione dei
l’uomo a sostituire i boschi misti originari con cordoni retrodunali.
i castagneti. La diffusione di Castanea sativa Nelle aree umide relitte dell’area flegrea si
nell’area flegrea risale con molta probabilità concentrano le poche specie palustri residue.
Attorno al laghetto di Miliscola si rinvengono
L’interno della lecceta soprattutto specie di ambienti fortemente
della foresta demania- salmastri come Atriplex prostrata, Suaeda
le sul litorale flegreo maritima, Limonium narbonense. Ad Agnano,
(M. Ricciardi). nell’acqua non inquinata dei canali che
proviene dalle terme, sono presenti Alisma
plantago-aquatica, Potamogeton pectinatus e
Lemna sp.pl. mentre sulle sponde dei canali
e nelle aree periodicamente sommerse si
ritrovano Ranunculus sceleratus e Typha
latifolia. La flora erbacea popola soprattutto i
coltivi abbandonati e le aree ruderali che, nei
Campi Flegrei rappresentano spesso preziose
vestigia del passato. Ad inizio primavera, nei
campi abbondano, tra le leguminose, le vecce
e i trifogli. Numerose sono anche le asteracee
Lilium bulbiferum a fiori gialli come Calendula arvensis e
subsp. croceum nei Chrysanthemum coronarium o bianchi come
boschi di latifoglie Bellis perennis e Chamomilla recutita. A
(M. Ricciardi). queste specie si accompagna un gran numero
di graminacee, in particolare Avena barbata,
Briza maxima e Dactylis glomerata.
Nymphaea alba
presso le sponde del
lago degli Astroni
(M. Ricciardi).
da graminacee con Asparagus acutifolius, Le acque periferiche dello specchio d’acqua
Parietaria judaica, Hedera helix, Cyclamen sono occupate da un fitto popolamento di
hederifolium. Nymphaea alba, l’unico sopravvissuto in
Nei popolamenti arbustivi, confinati Campania allo stato spontaneo, e da individui
all’estremo margine a nord e a nord-est del isolati di Typha angustifolia.
cratere, prevale Spartium junceum mentre È inoltre presente, su una zolla affiorante, Salix
più sporadici sono Calicotome villosa, Erica caprea al disotto del quale vegetano grosse
arborea, Arbutus unedo e Myrtus communis. erbe perenni come Eupatorium cannabinum e
Un notevole interesse ambientale riveste il Lythrum salicaria. Sui lati nord e est del lago,
lago che occupa parte del fondo del cratere. tra la fascia a Nymphaea alba e la zolla a Salix
Esso è delimitato da una stretta fascia a caprea, in acqua più profonda sono presenti
Phragmites australis mista a nuclei sparsi di Potamogeton pectinatus e Myriophyllum
Arundo donax oltre a Clematis vitalba, Rubus verticillatum. Le basse acque ospitano colonie
ulmifolius, Solanum dulcamara, Lycopus di Lemna minor e della piccola felce acquatica
europaeus e Iris foetidissima. di origine nordamericana Azolla filiculoides.
Flora dI CaprI
Seseli polyphyllum,
specie endemica di
ambiente rupestre che
in Campania è nota
solo per
Capri e Penisola
Sorrentina
(M. Ricciardi).
La flora di Capri comprende oltre 700 spe- spontanee del continente europeo.
cie, cifra che è però sensibilmente inferiore A rendere affascinante il popolamento
a quella desumibile da precedenti studi. vegetale di Capri non sono però solo
Rispetto al passato, risulterebbero scom- queste rarità floristiche, ma anche la sua
parse in particolare le specie legate agli vegetazione a partire dalle rupi marittime
ambienti a elevato grado di naturalità dove crescono quasi esclusivamente piante
e fortemente disturbati quali le sabbie capaci di vivere in ambiente fortemente
litoranee, i già rari frammenti di boschi e salmastro quali Crithmum maritimum e
gli ambienti rupestri più o meno umidi. Lotus cytisoides.
La flora dell’isola, oltre che dalla presenza Alle spalle della fascia costiera si
di molte piante più o meno ampiamente afferma una serie di aspetti di macchia
diffuse sulle nostre coste, è caratterizzata mediterranea nei quali, in prossimità della
da un significativo contingente di entità costa, abbonda Juniperus phoenicea. Nelle
che, per il loro areale estremamente ridotto zone più interne aumentano invece Myrtus
e la loro rarità la nobilitano non poco. communis e Pistacia lentiscus o Cistus
Queste sono Bassia saxicola e Limonium incanus, C. salvifolius, C. monspeliensis
cumanum delle rupi marittime, Seseli e Spartium junceum, mentre Euphorbia
polyphyllum, Lithodora rosmarinifolia, dendroides colonizza le pendici più aride
Verbascum rotundifolium, Globularia e sassose.
neapolitana degli ambienti rocciosi inter- In più punti la macchia è poi interrotta
ni e Stachys recta subsp. tenoreana e da radure ricche di graminacee, vecce,
Asperula crassifolia dei luoghi erbosi aridi. trifogli e altre entità dalle effimere fioriture
Non mancano poi le specie comunque primaverili quali anemoni, crochi e
rare in Italia o di rilevante significato orchidee selvatiche.
naturalistico come Convolvulus cneorum, Le pendici lungo la strada tra Capri e
Centaurea cineraria e la Chamaerops Anacapri sono ricoperte da una formazione
humilis, una delle due uniche e rare palme di alto fusto di Quercus ilex nel cui sottobosco
361 Subprovincia italo-tirrenica costiera
crescono Cyclamen hederifolium e le felci rispetto alla sua superficie totale. Esse
Polypodium cambricum e Dryopteris pallida. infatti sono confinate solo dove la topografia
Notevoli, sebbene rari, sono anche taluni dei luoghi ha in qualche modo ostacolato lo
esempi di boschi di caducifoglie dominati sfruttamento da parte dell’uomo.
da Ostrya carpinifolia propri dei siti più Gli attuali lineamenti del popolamento
elevati e freschi come il Passetiello, o a floristico di Capri consentono di ipotizzare
prevalenza di Quercus pubescens, più che esso, in quanto alla sua genesi,
frequenti nelle depressioni più umide abbia risentito significativamente delle
come l’Anginola, Gasto e Rio della Cesa. condizioni di insularità e della modesta
Infine, sempre a Gasto e a Cetrella, non elevazione mentre, nel corso della sua
mancano residui di castagneti impiantati evoluzione soprattutto recente, è evidente
dall’uomo per il frutto ed il legno. come esso sia stato pesantemente
Questi tipi di popolamenti vegetali in effetti si influenzato dall’antropizzazione e dallo
incontrano a Capri su aree piuttosto ridotte sfruttamento delle sue risorse.
362 Provincia italo-tirrenica
Parco Nazionale del Proseguendo verso sud, la Subprovincia tirrenica costiera include il settore
Cilento e Vallo di costiero del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Lungo la costa
Diano (Agropoli, Punta Licosa e Acciaroli) fino al limite meridionale della Subprovincia
si incontrano leccete che, in funzione dell’acclività e delle precipitazioni, danno
luogo a formazioni che, per l’elevata presenza di elementi arborei caducifogli
(Fraxinus ornus, Acer monspessulanum, Carpinus orientalis e Ostrya carpinifolia),
richiamano le leccete costiere dei Monti Lepini, Ausoni e Aurunci. L’abbondanza
delle specie caducifoglie è determinata dalle precipitazioni elevate e dal fatto
che queste leccete si collocano in ambiti di pertinenza di boschi di caducifoglie,
attualmente assenti per i frequenti incendi. In questi contesti le leccete sono
infatti spesso in contatto con querceti, boschi misti e, nelle situazioni più acclivi
e in quota, con lembi di boschi di Fagus sylvatica. Interessanti osservazioni
diacroniche hanno evidenziato un progressivo aumento dei boschi di caducifoglie,
specialmente negli avvallamenti e lungo le linee di drenaggio, mentre le leccete,
favorite da antichi disturbi antropici si stanno progressivamente isolando
nei settori più acclivi e nei crinali laterali. Il sottobosco e i mantelli di queste
leccete presentano una flora con prevalenza di sclerofille sempreverdi (Phillyrea
latifolia, Rhamnus alaternus, Viburnum tinus), geofite (Cyclamen hederifolium, C.
repandum, Tamus communis e Ruscus aculeatus) e specie lianose sempreverdi
(Smilax aspera, Hedera helix, Rosa sempervirens).
Le radure sono occupate da comunità formate da Erica multiflora, Rosmarinus
officinalis, Calicotome villosa, Cistus monspeliensis, Crucianella latifolia,
Hypochaeris achyrophorus, Ampelodesmos mauritanicus, Pulicaria odora, Genista
cilentina e praterie a Hyparrhenia hirta. Nelle aree più meridionali del Cilento si
sviluppano le garighe a Erica multiflora e Salvia officinalis di valore biogeografico
per il collegamento che la salvia determina con formazioni simili in Europa sud-
orientale.
Molto interessanti sono anche i contatti e lo scambio di elementi floristici di
queste leccete con i querceti termofili a Quercus virgiliana. In prossimità di
Sulla coronaria
(L. Rosati).
363 Subprovincia italo-tirrenica costiera
Potentilla calabra
(E. Del Vico).
364 Provincia italo-tirrenica
Macchia
mediterranea a
Euphorbia dendroides
sulle falesie costiere
della Costa degli
Infreschi (Cilento)
(L. Rosati).
Campanula fragilis
(L. Rosati).
Oltre a queste specie tipiche delle rupi più che lascia il posto, dove vi è un maggiore
ombrose, sulle rupi più assolate e sulle accumulo di suolo, a formazioni a Euphorbia
cenge quasi prive di suolo si osserva una dendroides, Olea europaea var. sylvestris,
vegetazione a dominanza di Rosmarinus Juniperus turbinata e Pinus halepensis.
officinalis e Ampelodesmos mauritanicus Sui ripidi versanti che sovrastano la Cala
del Cefalo si è conservato, dalla minaccia
dei frequenti incendi, uno degli ultimi
Primula palinuri lembi di foresta a Pinus halepensis di
(L. Rosati). questo tratto di costa. Alla base delle
falesie, riparati da piccoli cordoni dunali
sopravvivono all’antropizzazione, derivante
dal turismo balneare e dalle infrastrutture,
piccoli popolamenti igrofili a Vitex agnus-
castus. Gli scogli e le falesie più esposte
all’influsso dell’aerosol marino ospitano,
invece, una vegetazione paucispecifica
caratterizzata da Limonium remotispiculum,
Limbarda crithmoides, Crithmum
maritimum, Brachypodium retusum, Allium
ampeloprasum, Catapodium balearicum
e Daucus gingidium. In questi ambiti è
stata recentemente rinvenuta a Capo
Palinuro una stazione della rarissima
Kochia saxicola, precedentemente nota
soltanto per due stazioni puntiformi, a
Capri e Strombolicchio. Questo prezioso
endemita era stato descritto da Gussone
per l’isola di Ischia dove la specie è
considerata attualmente estinta poiché
successivamente non più ritrovata.
366 Provincia italo-tirrenica
Flora e vegetazIone
Il paesaggio vegetale del settore costiero della Subprovincia calabra è molto
eterogeneo così come sono diversificati il clima e il sistema lito-morfologico.
Laddove prevale il clima mediterraneo sono presenti boschi a Quercus ilex simili
a quelli già descritti per la Campania meridionale. Elementi morfologici molto
acclivi favoriscono la presenza del leccio anche a quote elevate e a contatto con
le faggete.
Il settore termomediterraneo ionico ha subito una accentuata antropizzazione e
pertanto molti degli elementi forestali e di macchia mediterranea sono attualmente
sostituiti da praterie a Hyparrhenia hirta e Ampelodesmos mauritanicus, con
Lygeum spartum che tende a colonizzare le forme calanchive. In questo contesto la
vegetazione più matura coincide con una macchia a Pistacia lentiscus o con querceti
termofili a Quercus virgiliana, in funzione della profondità del suolo. Si hanno anche
interessanti fitocenosi con Olea europaea var. sylvestris e Juniperus turbinata o
con Pistacia lentiscus e Pinus halepensis. Sempre nell’ambito costiero i frequenti
incendi favoriscono la presenza di Cistus creticus subsp. eriocephalus e Phlomis
fruticosa con specie annuali, come Trachynia distachya, Linum strictum, Medicago
minima, Stipa capensis, Tripodion tetraphyllum. Sui substrati argillosi in erosione si
rinvengono praterie steppiche con Lygeum spartum, Moricandia arvensis, Capparis
sicula, Scorzonera jacquiniana, S. laciniata e Centaurea nicaeensis. Gli affioramenti
rocciosi sono colonizzati da Euphorbia dendroides e Olea europaea var. sylvestris,
mentre lungo le fiumare si sviluppano spettacolari nuclei di Nerium oleander. Sulle
coste rocciose, presenti prevalentemente nel settore tirrenico, si hanno stazioni
di specie endemiche calabre del genere
Hyparrhenia hirta,
Limonium (L. brutium, L. calabrum e L.
specie dominante in
alcune tipologie di lacinium).
prateria nel settore Nel settore costiero o appena più
termomediterraneo internamente verso le colline del
ionico settore ionico sono presenti nuclei
(E. Del Vico). di querceti termofili e cespuglieti che
tendono a risalire lungo i versanti fino
ad oltre 800 m. Poco condizionati dalle
caratteristiche dei suoli, i querceti
termofili a Quercus virgiliana e Olea
europaea var. sylvestris ospitano
Quercus ilex, Q. dalechampii e
Fraxinus ornus. Lo strato arbustivo e
368 Provincia italo-tirrenica
la sIla
Il Massiccio della Sila, collocato nella che corrispondono ad oltre un terzo della
porzione centrale della Calabria, è costituito flora della regione Calabria. Fra le specie
da ampi pianori fra 1.000 e 1.500 m di quota, di maggiore interesse fitogeografico vanno
solcati da una ricca rete di corsi d’acqua annoverate numerose endemiche il cui areale
che ospitano, da almeno cinquant’anni, ben è ristretto all’Appennino meridionale e diverse
cinque laghi artificiali i cui margini sono entità circumboreali ed eurosiberiane, che in
oramai ampiamente naturalizzati. Ai pianori Sila raggiungono il loro limite meridionale di
si alternano numerosi rilievi, livellati ed distribuzione geografica. Queste ultime sono
arrotondati in cima, che toccano la quota di legate, soprattutto, ad habitat umidi, assai
1.928 m (Monte Botte Donato). rari nel resto dell’Appennino e, più in generale,
Questo massiccio, dalle caratteristiche nella regione Mediterranea.
paesaggistiche che richiamano alla memoria Per evidenziare gli elementi floristici di
scenari alpini, presenta alti valori di maggiore interesse si è scelto di selezionare
biodiversità. Per quanto riguarda la flora i principali habitat cercando sempre di
vascolare, ad esempio, seppure manchi un evidenziare le strette relazioni esistenti
repertorio completo ed aggiornato, si può tra condizioni ecologiche e distribuzione
ritenere che essa ammonti a poco meno geografica.
di mille entità, fra specie e sottospecie,
Prati e acquitrini. In corrispondenza dei piccole pozze e lenti rivoli orlati da specie
numerosi pianori silani si estendono ampie del genere Carex, di cui alcune molto rare
praterie, la cui fisionomia e composizione nell’Appennino meridionale, quali Carex
varia sensibilmente in base alla presenza e echinata, C. nigra e C. rostrata, insieme
persistenza dell’acqua. Nelle depressioni in ad altre specie nordiche al limite di areale:
cui vi è permanente ristagno d’acqua vi sono Veronica scutellata, Viola palustris, Caltha
fitocenosi sommerse e natanti a Glyceria palustris. A queste si affiancano le endemiche
notata e Callitriche palustris in cui si può Barbarea sicula e Cardamine silana.
rinvenire la rara Ludwigia palustris. Al di La fascia di vegetazione che borda
sopra dei 1.400 m di quota si rinvengono perimetralmente i prati torbosi vede il
anche prati torbosi e sfagnete, colonie più o dominio di Deschampsia caespitosa e Molinia
meno estese di muschi del genere Sphagnum, caerulea. In contesti ancora meno umidi,
tipiche di climi freddi ed umidi, che generano si rinvengono i nardeti, consorzi di piante
depositi di torba. I prati sono costellati da tipiche dei pascoli montani su suoli acidificati
e ipersfruttati dal pascolo, nei quali prevale
Nardus stricta, una graminacea evitata dal
bestiame per via delle foglie sottili e taglienti.
La composizione floristica di questi nardeti
differisce molto da quelli alpini per la presenza
di taxa a distribuzione meridionale fra cui
Ranunculus polyanthemos subsp. thomasii e
Luzula calabra.
Le sponde della maggior parte dei laghi
artificiali presenti sul massiccio silano
sono soggette a fluttuazioni stagionali della
linea di costa; nelle fasi di emersione i suoli
alluvionali vengono colonizzati da fitocenosi
a dominanza di piccole piante annuali a ciclo
molto breve (terofite). Tra queste, Limosella
aquatica e Schoenoplectus supinus sono di
particolare interesse biogeografico perché ad
areale disgiunto.
Nelle porzioni meno igrofile dei pianori, dove
il suolo è profondo e si mantiene fresco
fino all’inizio dell’estate, si estendono prati
pingui con una ricca flora erbacea. Questi
rappresentano i tipici pascoli silani che
ogni anno, a giugno, richiamano gli armenti
dalle pendici orientali, oramai brulle. In
Viola palustris essi prevalgono, insieme alle molte erbe ad
(C. Gangale). alto valore pabulare appartenenti ai generi
Tipico pascolo
silano invaso da
Genista anglica
subsp. silana e
Narcissus poeticus
(C. Gangale).
372
l’aspromonte
A destra
Abies alba subsp.
apennina
(G. Spampinato).
375 Subprovincia italo-tirrenica calabra
maritimum, che si arricchisce della presenza Pistacia lentiscus; più diffusa è la macchia
di due specie endemiche del genere Limonium, ad Euphorbia dendroides legata a substrati
L. calabrum localizzato presso Scilla e L. rocciosi e piuttosto acclivi.
brutium esclusivo di una piccola area presso Le rupi del versante ionico sono meno
Bagnara Calabra. imponenti rispetto a quelle del versante
La fascia costiera del versante ionico è invece tirrenico e costituite per lo più da
caratterizzata dai bassi rilievi di natura conglomerati; la flora di queste rupi ospita
arenaceo-marnosa o argillosa. La forte un diverso contingente di specie tra cui
pressione antropica, esercitata soprattutto sono da ricordare le endemiche Silene
con gli incendi, ha favorito la diffusione delle calabra, Centaurea pentadactyli e Crepis
praterie steppiche ad Hyparrhenia hirta sui aspromontana. Le coste ioniche sono per lo
substrati sciolti e di quelle ad Ampelodesmos più basse e di tipo ghiaioso. La costruzione
mauritanicus su quelli compatti. Sui substrati delle vie di comunicazione a ridosso della
argillosi, che spesso presentano le tipiche forme spiaggia e l’urbanizzazione hanno distrutto
di erosione calanchiva, sono diffuse le praterie quasi del tutto la vegetazione psammofila;
a Lygeum spartum con Moricandia arvensis, solo su limitati tratti è ancora possibile
Lotus cytisoides, Capparis sicula e Cardopatum osservare la tipica vegetazione delle
corymbosum. Qui trovano rifugio diverse sabbie con Elymus farctus, Echinophora
specie termo-xerofile con distribuzione sud- spinosa, Otanthus maritimus, Cyperus
mediterranea che hanno in questo territorio le kalli, Ammophila arenaria subsp. australis,
uniche stazioni italiane come Fagonia cretica, Calystegia soldanella. Singolare in queste
Plantago amplexicaulis, Salsola oppositifolia e spiagge è la presenza nel retroduna di
Aizoanthemum hispanicum. Ephedra distachya subsp. distachya che
Altro ambiente dove si localizzano specie forma densi e bassi cespuglieti.
xerofile assenti nel resto del territorio italiano Il paesaggio del versante ionico è fortemente
sono i promontori della costa meridionale segnato dalle fiumare, peculiari corsi d’acqua
dell’Aspromonte, come Capo dell’Armi e con regime torrentizio caratterizzati da ampi
Capo Spartivento, territori caldi e aridi greti ciottolosi, in genere completamente
dove è possibile rinvenire specie come asciutti in estate. Qui si localizzano boscaglie
Aristida coerulescens, Lavandula multifida, ripariali a Nerium oleander, Tamarix africana,
Tricholaena teneriffae. T. gallica e Vitex agnus-castus. Gli ampi e
Sul versante ionico le formazioni di macchia aridi greti ciottolosi delle fiumare, interessati
sono rare, nelle aree argillose è comunque dalle piene invernali solo occasionalmente,
presente la macchia a Juniperus turbinata sono invece colonizzati da una vegetazione
con Olea europaea var. sylvestris, ridotta a pioniera glareicola con Artemisia campestris
pochi lembi relitti, mentre sui substrati sciolti subsp. variabilis, Helichrysum italicum e
si localizza la macchia a Myrtus communis e Scrophularia canina subsp. bicolor.
Aizoanthemum
hispanicum
(G. Spampinato).
378 Provincia italo-tirrenica
Flora e vegetazIone
La vastità dell’isola (la maggiore tra quelle del bacino del Mediterraneo), la
diversità litomorfologica e climatica, le vicende paleogeografiche (dal Miocene in
poi), la molteplicità di civiltà e culture che nel tempo hanno plasmato l’identità
di questo territorio, insieme a una elevata densità demografica, rendono il
paesaggio vegetale della Sicilia particolarmente diversificato e di grande valore
biogeografico, storico e conservazionistico.
Il carattere peculiare della flora risiede nell’elevato numero di specie endemiche,
ma è anche determinato da una significativa presenza di specie rare o al limite del
loro areale. Questa ultima categoria include specie che provengono da territori
contigui, notevolmente diversi tra loro, come le isole di Ustica, Pantelleria e le
altre piccole isole che compongono gli arcipelaghi (Eolie, Egadi, Pelagie), o da
territori più lontani che arricchiscono la flora perché tipiche di habitat e perfino
di biomi diversi.
Peloritani, Il paesaggio vegetale dei Monti Peloritani si collega con quello collinare presente in
Nebrodi e Aspromonte. Prevale una vegetazione forestale caducifoglia diffusa in gran parte
Madonie della Sicilia caratterizzata dalla presenza di Quercus virgiliana che si rinviene con
molte specie arbustive favorite anche dal continuo disturbo da incendio e pascolo
(Erica arborea, Arbutus unedo, Teline monspessulana). Si tratta di un bosco
termofilo che si sviluppa in condizioni climatiche anche molto differenziate (da
termo a mesomediterraneo subumido). Stadi di sostituzione di questa vegetazione
sono gli arbusteti, ricchi di specie che assumono un habitus pulvinare quali
Calicotome infesta, Erica arborea, Adenocarpus commutatus (specie endemica,
in Italia presente solo in Sicilia), Luzula multiflora e Viola messanensis nello
strato erbaceo e le garighe, con diverse specie del genere Cistus. Nelle stazioni
più fresche si sviluppano lembi di bosco a Quercus ilex, mentre nelle situazioni
più acclivi si rilevano elementi delle comunità a cisti (Cistus crispus, specie
segnalata solo in Sicilia e in Liguria e nel secolo scorso a Zannone, C. creticus,
C. monspeliensis) e Pinus pinea spontaneo con individui di Quercus virgiliana
e Q. suber. Nelle immediate vicinanze dello Stretto, all’estremità settentrionale
dei Peloritani, dal mare fino a oltre 500 m e su substrati incoerenti si trovano
pinete con significative presenze di Cistus salviifolius, Erica arborea e Tuberaria
guttata. Molto interessanti sono anche le praterie discontinue ad Ampelodesmos
mauritanicus e a Hyparrhenia hirta, con pratelli terofitici a Stipa capensis,
Trifolium stellatum, T. scabrum, Linum strictum.
381 Subprovincia italo-tirrenica siciliana
cupanii (in Italia esclusiva della Sicilia) e Leontodon siculus (endemita siciliano e
minacciato di estinzione). Completano il quadro di sintesi floristica e vegetazionale
anche interessanti leccete con Ostrya carpinifolia e Teucrium siculum.
Il versante meridionale dei Nebrodi, oltre alla tipologia di cerreta già descritta per
il versante settentrionale, ospita un querceto di elevato interesse biogeografico
perché di collegamento con aspetti simili presenti nel versante settentrionale
dell’Etna, sui versanti meridionali delle Madonie e nel centro della Sicilia. Si tratta
di un querceto acidofilo a Quercus congesta che si sviluppa su suoli profondi
e acidi, che sull’Etna supera i 1.600 m di altitudine. Nel querceto a Quercus
congesta si trovano spesso popolazioni di Q. virgiliana, Q. ilex e Q. amplifolia.
Nelle Madonie il paesaggio vegetale è molto più articolato. Mentre sui Nebrodi si ha
un contatto tra querceti a Quercus virgiliana e querceti a Quercus gussonei, sulle
Madonie, intorno ai 1.000 m, si assiste ad una interazione tra querceti a Quercus
leptobalanos (endemita siciliano) e una tipologia di lecceta orofila, caratterizzata
dalla presenza di Quercus ilex, Acer campestre, A. monspessulanum, Sorbus aria
subsp. cretica, Ulmus glabra ed elementi arborei di Ilex aquifolium, a contatto con
arbusteti spinosi ad Astragalus nebrodense (endemica esclusiva della Sicilia).
Nel versante settentrionale delle Madonie trovano una chiara potenzialità anche
le leccete marcatamente acidofile con Teucrium siculum, Cytisus villosus ed Erica
arborea.
Le quote più elevate delle Madonie ospitano due diverse tipologie di faggeta: una
su substrati carbonatici con suoli poco evoluti, caratterizzata dalla presenza di
Acer pseudoplatanus, Sorbus aria subsp. cretica, Rhamnus cathartica a contatto
con mantelli a Rosa sicula, Prunus cupaniana (endemica esclusiva della Sicilia)
e Astragalus nebrodensis; un’altra più simile alle faggete calabro-appenniniche,
già descritte per i Nebrodi, con Ilex aquifolium, Scilla bifolia, Anemone apennina,
Doronicum orientale e Geranium versicolor.
Dal punto di vista botanico, i Monti delle Minà Palumbo costituirono la base per il
Madonie, in Sicilia, costituiscono uno dei lavoro di tanti studiosi dell’ottocento fra
territori più interessanti per ricchezza ed cui Gabriel Strobl, autore dell’unica opera
esclusività degli elementi che ne compongono floristica esistente per il territorio: “Flora der
la flora e conseguentemente anche la Nebroden”.
vegetazione. Grazie alle conoscenze disponibili, la
In una limitata superficie, infatti, si concentra flora fanerogamica può oggi considerarsi
oltre la metà delle specie che compongono sufficientemente nota come pure quella
la flora vascolare della più estesa isola del crittogamica. La prima comprende oltre
Mediterraneo, quantificata in oltre 3.000 1.750 specie e unità infraspecifiche e risulta
taxa nativi. Una modestissima area ospita, espressa da vari contingenti corologici,
dunque, quasi lo stesso numero di specie fra cui, oltre al mediterraneo, hanno peso
presenti nei territori di alcuni paesi del quelli orientali e meridionali. Rilevante è
Bacino (Egitto, Tunisia, Algeria) o della stessa l’incidenza dell’endemismo locale, regionale
Europa (Gran Bretagna). Ma l’interesse ed interregionale; quest’ultimo documenta
botanico delle Madonie non risiede solo nella i rapporti biogeografici intercorsi tra la
sua ricchezza floristica ma, anche, nella Sicilia e le regioni insulari e continentali
peculiarità degli elementi che la compongono. circostanti. Significativa è anche la presenza
Moltissime sono infatti le piante endemiche di piante del nord e centro Europa, della
esclusive di questo ristretto territorio; Siberia e del Caucaso. Alcune espressioni
frequenti sono le specie distribuite sulle più di questi contingenti raggiungono sulle
alte montagne mediterranee dove occupano Madonie l’estremo limite meridionale. Fra
localizzate stazioni, testimonianza di antichi queste ultime vanno ricordate Campanula
collegamenti terrestri tra la Sicilia e il scheuchzeri, Carex pallescens, Arabis alpina
continente italiano, il Nord Africa, la Penisola subsp. caucasica, Fagus sylvatica, Ulmus
Iberica e quella Balcanica. Altre ancora, glabra, Quercus petraea e Sorbus aucuparia.
rappresentano i resti di una flora modificata Frequenti sono le specie tipiche delle montagne
in seguito ai mutamenti climatici intervenuti, mediterranee tra cui si ricordano Arabis
o penetrazioni nell’Isola di contingenti collina, Arenaria grandiflora, Daphne oleoides,
floristici boreali, occidentali, meridionali e Iberis violacea, Scabiosa crenata, Vicia glauca,
orientali: dunque, un crocevia dove convivono Silene sicula, Helianthemum cinereum, Rosa
piante di tre continenti. Proprio per questo, sicula. Rappresentate sono anche le specie
il piccolo sistema montuoso a ridosso della delle montagne europee; fra esse ricorrono
costa tirrenica, ha avuto 1’attenzione di tanti Anthemis montana, Scrophularia scopolii e
valenti botanici europei sin dal settecento. Rumex scutatus. La componente endemica è
Le raccolte del naturalista locale Francesco costituita da un ricco numero di specie alcune
Anthemis cupaniana
(F.M. Raimondo).
384 Provincia italo-tirrenica
Abies nebrodensis
(F.M. Raimondo).
Come è noto, il caso più celebre Come risulta dalla letteratura, Abies
dell’endemismo delle Madonie è nebrodensis, era ritenuta specie in
rappresentato da Abies nebrodensis. estinzione a causa della presunta sterilità.
Questa costituisce la specie più significativa Dopo l’azione di tutela intrapresa, buona
della flora forestale siciliana per la sua parte degli individui ha iniziato a produrre
condizione relittuale e, soprattutto, per strobili con semi fertili. Evidentemente
l’incombente pericolo di estinzione. Il la contrazione della sua popolazione ha
pericolo, oltre all’esiguità della popolazione, come concausa l’azione antropica, in
è accentuato dai superficiali impianti conseguenza delle ripetute utilizzazioni
forestali, realizzati negli ultimi decenni con forestali e della modificazione sostanziale
specie affini che oggi minacciano l’integrità del clima e dell’ambiente in generale.
genetica della progenie. Speranze sul ripopolamento di questa
Abies nebrodensis, per lungo tempo conifera sono state riposte sull’attività
ritenuto strettamente affine ad Abies dell’Amministrazione forestale che da anni
alba, è stato invece collegato al ciclo degli si prodiga per la conservazione in situ ed
abeti termofili mediterranei dai quali, ex situ, ma anche sulle azioni intraprese
tuttavia, si distingue per una serie di dal Parco regionale in collaborazione con
caratteri morfologici ed ecologici. L’attuale l’Orto botanico dell’Università di Palermo.
popolazione naturale consiste di 30 Il progetto LIFE Natura, attivato dal
individui distribuiti irregolarmente nell’area Parco, nel cui ambito territoriale ricade
d’indigenato localizzata su substrati la ristretta area di distribuzione residuale
quarzarenitici, alla quota compresa fra i della specie, ha voluto porsi come
1.400 e i 1.650 m, nel Vallone Madonna strumento rivolto a rimuovere o limitare
degli Angeli e sulle pendici settentrionali le condizioni di pericolo di estinzione
di Monte Scalone. Nell’area d’indigenato, della specie, dando altresì opportunità
oltre ai citati individui, vanno aggiunte per meglio comprendere alcuni aspetti
decine di piantine originatesi dalla ripresa biologici rivolti ad approfondire sia le
rinnovazione naturale e un apprezzabile relazioni genetiche fra gli stessi individui,
numero di individui ormai ben sviluppati, sia sistematiche tra i taxa affini.
frutto delle azioni di ripopolamento attuate Abies nebrodensis continua a registrare
dall’Amministrazione forestale regionale attenzione fra gli studiosi ed amanti
negli anni 1960-1980. Nel suo contesto della natura; alcuni individui, protetti da
naturale, la specie, assieme a Juniperus chiudende, sono oggetto di visite anche da
communis subsp. hemisphaerica, parte di scolaresche.
caratterizza una rara associazione orofila Le azioni attuate nell’ambito del progetto
definita appunto Junipero hemisphaericae- LIFE sulla conservazione in situ ed ex situ
Abietetum nebrodensis (Juniperetalia della specie, hanno allontanato il pericolo
hemiphaericae, Pino-Juniperetea). di estinzione.
386 Provincia italo-tirrenica
Da Castellammare Il settore occidentale della Sicilia, dal Golfo di Termini Imerese a Mazara del Vallo
del Golfo a Mazara e oltre (Palermo, Trapani, Marsala, Mazara del Vallo e Sciacca), comprende aree
del Vallo basso-collinari e collinari, segnate da una elevata antropizzazione.
Lungo la costa tra Termini Imerese, Palermo e Castellammare del Golfo sono
presenti brevi tratti caratterizzati da una macchia mediterranea a Pistacia lentiscus,
Chamaerops humilis, Erica multiflora e Prasium majus, tipica dei substrati calcarei
con clima termomediterraneo secco. In questo contesto si sviluppano praterie
a Hyparrhenia hirta e Pennisetum setaceum (specie esotica fortemente invasiva
segnalata per la prima volta in Sicilia nel 1960 sul Monte Pellegrino) e interessanti
pratelli terofitici a Stipa capensis, Trifolium stellatum, Lotus edulis, Linum strictum.
Di particolare interesse biogeografico è la presenza di Heteropogon contortus,
Aristida adscensionis subsp. coerulescens, Andropogon distachyos per la loro
provenienza nord africana, e di Megathyrsus bivonianus, endemita siciliano.
Procedendo verso l’entroterra, oltre la fascia di macchia a Chamaerops humilis, si
osserva un mosaico di leccete e sugherete con boschi a Quercus virgiliana e Olea
europaea var. sylvestris e comunità a Olea europaea var. sylvestris e Euphorbia
dendroides tipiche delle stazioni rupestri. Le leccete spesso lasciano il posto a
garighe a Erica multiflora e Micromeria fruticulosa, a praterie ad Ampelodesmos
mauritanicus e Avenula cincinnata, con Helictotrichon convolutum, Dianthus
sylvestris subsp. siculus e Scorzonera villosa subsp. columnae e a pratelli a
Trachynia distachya. Alla base delle falesie rocciose e su brecciai consolidati si
sviluppa una particolare tipologia di lecceta con Rhamnus alaternus e Laurus
nobilis, cui si accompagnano altre specie tipiche dei boschi a Quercus ilex quali
Rosa sempervirens, Smilax aspera e Rubia peregrina (Monte Pellegrino).
In questa area con clima tipicamente termomediterraneo, nel vasto settore
delimitato dal Golfo di Castellammare, la potenzialità è per un bosco di Juniperus
turbinata e Quercus calliprinos. Attualmente è però più facile rilevare elementi di
vegetazione secondaria a Pistacia lentiscus, Phillyrea latifolia e Rhamnus alaternus.
1. microgeosigmeto delle
coste rocciose;
2. comunità a Pistacia
lentiscus e Chamaerops
humilis;
3. comunità a Chamaerops
humilis e Quercus
calliprinos;
4. bosco a Quercus ilex con
caducifoglie termofile;
5. comunità a Euphorbia
dendroides e olivastro;
6. bosco a Quercus ilex con
Pistacia lentiscus.
387 Subprovincia italo-tirrenica siciliana
Monti Sicani e Verso l’entroterra, oltre questo articolato e complesso paesaggio vegetazionale, in
Monti Iblei un contesto fortemente condizionato dal sistema agricolo, si osservano lembi di
una vegetazione a Quercus virgiliana e Olea europaea var. sylvestris, già descritta
per ambienti simili nell’ambito delle Madonie e dei Nebrodi.
Questo settore occidentale della Sicilia presenta un’elevata ricchezza floristica e
vegetazionale anche lungo i fiumi e i corsi d’acqua minori. Nei settori più interni
si osservano lembi forestali ripariali caratterizzati da Populus nigra, P. alba,
Salix alba, S. gussonei (endemita esclusivo della Sicilia), Fraxinus angustifolia
subsp. angustifolia (in Italia sottospecie esclusiva della Sicilia), Ulmus glabra.
Ricco di specie anche il sottobosco con Nerium oleander, Tamarix gallica, Rosa
sempervirens, Tamus communis, Hedera helix. Quando il corso d’acqua assume
l’aspetto di fiumara (con vasti greti ciottolosi) si possono avere cespuglieti a Nerium
oleander e Spartium junceum frammisti a vegetazione glareicola a Helichrysum
italicum, Scrophularia canina subsp. bicolor e Micromeria graeca.
Le zone più elevate delle aree interne della Sicilia nord-occidentale presentano
388 Provincia italo-tirrenica
Infruttescenze globose
di Platanus orientalis
(G. Caruso).
389 Subprovincia italo-tirrenica siciliana
Quercus virgiliana
(G.P. Giusso del Galdo).
Le aree interne della Sicilia meridionale ospitano elementi del querceto a Quercus
virgiliana e Olea europaea var. sylvestris, mentre nei settori più elevati in quota,
su vulcaniti con clima mesomediterraneo umido, il querceto si differenzia per la
presenza di Mespilus germanica, Quercus ilex, Q. amplifolia, Teucrium siculum,
Cytisus villosus, Melica arrecta. Nei mantelli di questo bosco è possibile rilevare
Rubus ulmifolius e Crataegus monogyna, mentre nei settori più erosi si sviluppa
una gariga a Helichrysum hyblaeum, endemita siciliano.
Nei versanti più interni dell’area iblea e in prossimità della città di Noto, è presente
una pineta a Pinus halepensis tipica delle aree acclivi molto erose. Si tratta di
un bosco rado che nel sottobosco ospita Thymus capitatus, Pistacia lentiscus,
Chamaerops humilis e Teucrium fruticans subsp. fruticans. Sempre sulle vulcaniti
iblee, in coincidenza di substrati meno erosi, a volte rocciosi, si ha un contatto
tra la pineta a Pinus halepensis e la lecceta a Erica arborea, Pistacia lentiscus,
Arbutus unedo e Myrtus communis.
In prossimità di Siracusa si conferma la potenzialità per il bosco di Quercus ilex
e per la macchia a Pistacia lentiscus con, sempre presente e spesso abbondante,
Prasium majus, Teucrium fruticans e Chamaerops humilis.
Il settore meridionale è anche caratterizzato da due estese pianure alluvionali (Gela
e Catania), un tempo interessate da un articolato mosaico di vegetazione arborea
e arbustiva come quello già descritto nell’ambito della vegetazione ripariale dei
fiumi e fiumare presenti nel settore occidentale. Nel caso specifico, le bonifiche e
gli interventi idraulici hanno permesso la coltivazione di importanti colture irrigue.
Ciò nonostante, è facile osservare lembi di vegetazione con Platanus orientalis e
numerose specie del genere Salix e una vegetazione arbustiva a Nerium oleander,
Vitex agnus-castus e Tamarix gallica e garighe a Helichrysum italicum.
390 Provincia italo-tirrenica
Ripisilva a Platanus
orientalis a Fiumelato
di Meccini sul Fiume
Oreto,
Altofonte (PA)
(G. Caruso).
Platanus orientalis è un albero alto fino a corsi d’acqua della provincia di Catanzaro
15-30 m, longevo, con corteccia a scaglie, (Torrente Uria, Torrente Alessi, Torrente
foglie alterne dalla lamina palmato- Beltrame, Torrente Ancinale) ed altri
lobata con caratteristico lobo centrale più minori che ospitano anche rari esemplari
lungo che largo. È una specie monoica, monumentali.
anemogama, con fiori attinomorfi Il platano orientale tende a costituire
organizzati in capolini globosi unisessuali. formazioni ripariali stabili ad altitudini
I fiori, maschili e femminili, presentano comprese tra 0 e 900 m. In Sicilia, negli Iblei,
perianzio (calice e corolla) ridotto. Gli questa specie partecipa alla formazione di
acheni sono riuniti in 2-4 capolini sferici boschi ripariali assieme a specie igrofile
penduli, sullo stesso peduncolo. come Salix pedicellata, Tamarix gallica,
L’areale del platano orientale si estende Salix alba, Fraxinus oxycarpa e Hypericum
dall’Europa sud-orientale all’Asia sud- hircinum. Nei Peloritani e lungo il corso
occidentale, ove rappresenta un elemento dell’Alcantara i plataneti sono caratterizzati
floristico caratteristico dei boschi umidi dalla presenza dell’endemita siciliano Salix
e delle foreste ripariali. In Italia la specie gussonei a cui si associano, in alcune
si trova all’estremo occidentale del suo aree, anche Alnus glutinosa e Fraxinus
areale ed è presente allo stato spontaneo oxycarpa. In Campania le formazioni a
solo in Sicilia, Campania e Calabria. In platano orientale, analogamente ad alcuni
Sicilia è presente nei fiumi iblei (Torrente plataneti della penisola balcanica sono
Porcaia, Fiume Marcellino, F. Anapo, F. caratterizzate dalla presenza di Petasites
Cassibile, F. Tellaro, T. Cava d’Ispica, hybridus, Angelica sylvestris, Alnus
F. Irminio e F. Dirillo), in alcune località glutinosa, Salix eleagnos, Carex pendula.
della Sicilia occidentale (Fiume Oreto), nei Le recenti indagini avviate sui plataneti
Monti Peloritani sul Fiume Simeto e nel della Calabria hanno evidenziato due
bacino del Fiume Alcantara nella Sicilia principali tipologie di bosco ripariale a
nord-orientale. In Campania la specie si platano orientale lungo l’asta principale del
rinviene nel Cilento lungo il corso della Torrente Uria (Catanzaro). Nei valloni più
Fiumara di Staffoli, Valle della Fiumarella, stretti ed incassati ad altitudini comprese
Fiume Alento e Fiume Mingardo. In tra 400 e 500 m e prevalentemente su
Calabria la specie è presente in diversi gneiss, si rinvengono rarissime formazioni
391 Subprovincia italo-tirrenica siciliana
L’Etna, il più Una particolare attenzione merita il più elevato vulcano attivo d’Europa, l’Etna.
elevato vulcano Alla base si rinviene il bosco a Quercus virgiliana, che rappresenta il querceto
attivo d’Europa più diffuso in tutta la Sicilia. Salendo, prevalgono i querceti a Q. congesta ben
differenziati in tre aspetti principali in relazione alla diversa esposizione. A sud si
ha un querceto misto ricco di specie arboree (Quercus congesta, Q. dalechampii e
Q. ilex) e rimboschimenti a Pinus nigra subsp. laricio (= P. nigra subsp. calabrica).
Nel settore nord-orientale, oltre i 1.000 m e su suoli profondi con una costante
umidità edafica, i querceti a Q. congesta si caratterizzano per la presenza di specie
nemorali dei querceti caducifogli tra le quali è degna di nota Elymus panormitanus.
In questo contesto si osservano anche le pinete a Pinus nigra subsp. laricio. Nei
valloni più freschi è presente, oltre a Quercus cerris, anche Fagus sylvatica, con
cenosi differenziate dalla presenza di Rubus aetneus (endemita esclusivo della
Sicilia), Vicia cassubica, Acer obtusatum subsp. aetnensis.
Nel settore occidentale dell’Etna, i querceti a Quercus congesta riacquistano un
carattere più termofilo come testimoniato dalla presenza di Q. ilex, Q. amplifolia
e Q. dalechampii.
La fascia montana dell’Etna mostra una chiara potenzialità per i boschi di
Fagus sylvatica con la tipica flora nemorale (Brachypodium sylvaticum, Aremonia
agrimonoides, Festuca heterophylla e Cephalanthera longifolia). Negli aspetti più
rocciosi prevalgono Juniperus communis subsp. hemisphaerica e Pinus nigra
subsp. laricio, mentre su substrati incoerenti si possono avere nuclei di Betula
aetnensis. I settori più elevati, al di sopra di 1.900 m, ospitano caratteristiche
comunità di piante con habitus pulvinato dominate da Astragalus siculus, un
arbusto spinoso endemico siciliano cui si associano altri endemiti siciliani come,
Rumex aetnensis, Senecio squalidus subsp. aethnensis, Galium aetnicum, Viola
aethnensis. A mosaico con questa vegetazione, nuclei di flora legnosa a Juniperus
communis subsp. hemisphaerica, Berberis vulgaris subsp. aetnensis (endemica)
e Rosa sicula.
Betula aetnensis
sul Monte Etna
(S. Minissale).
393 Subprovincia italo-tirrenica siciliana
L’Etna, vulcano attivo più alto d’Europa aethnensis, Anthemis aetnensis, Senecio
(3.330 m circa), si estende per 1.500 Kmq, squalidus subsp. aethnensis, Scleranthus
nel cuore della regione Mediterranea. perennis subsp. vulcanicus, Astracantha
Formatosi alla fine del Quaternario, sicula, Bellardiochloa variegata subsp.
costituisce una unità territoriale a sé stante aetnensis, Linaria multicaulis subsp.
e la sua flora è alquanto interessante. aetnensis. Particolarmente significative
Le uniche opere monografiche sulla flora sono le specie rare o assai rare, che
dell’Etna, redatte rispettivamente da comprendono: Aristolochia altissima,
Strobl e Tornabene, risalgono alla fine del Gagea busambarensis, Sternbergia
diciannovesimo secolo. Successivamente, colchiciflora subsp. aetnensis e specie
e soprattutto dalla seconda metà del arboree come Ilex aquifolium, Quercus
ventesimo secolo, numerosi lavori suber e Laurus nobilis menzionate queste
scientifici hanno portato significativi ultime nella Direttiva 92/43/CEE, Habitat
contributi alla conoscenza della flora prioritari, Allegato I “93 Foreste sclerofille
etnea, la quale tuttavia non è ancora mediterranee”.
sufficientemente nota e non è quindi noto Tra le specie assai rare, oltre 300 sono
il numero complessivo delle specie che la note in poche stazioni puntiformi. Molte
compongono. entità inoltre non vengono più rinvenute
Gli studi condotti hanno portato alla da oltre un trentennio, tra queste Cirsium
individuazione di numerose nuove entità; echinatum, specie classificata per la
fra tutte notevole importanza hanno le Sicilia nella categoria Data deficient
specie che risultano nuove per la scienza: dell’IUCN. Altre addirittura, oltre 20,
Salix gussonei e la fragile Tillaea basaltica. sono presumibilmente estinte a causa
Fra quelle di recente segnalazione della distruzione dei relativi habitat. Tra
si ricordano: le specie arboree Acer esse si ricordano: Limonium catanense,
platanoides e Ulmus glabra nonchè le Carex grioletii, Iris juncea, Alnus glutinosa
erbacee Sisymbriella dentata, Molineriella e le felci Pteris cretica, considerata per
minuta, Crambe hispanica, Chamaenerion l’Italia nell’Atlante delle specie a rischio
dodonaei var. palustre e le tre specie di estinzione, e Woodwardia radicans,
parassite: Cuscuta europaea, Monotropa menzionata nella Convenzione di Berna
hypopitys e Lathraea squamaria. Di recente e nell’allegato 2 della direttiva “Habitat”
segnalazione sono anche alcune esotiche, 92/43/CEE.
in parte già stabilizzatesi nel territorio; Inoltre, 88 specie figurano nelle liste
fra esse: Galinsoga quadriradiata, rosse regionali; tra le entità minacciate
Chenopodium pumilio, Gnaphalium figurano Ranunculus penicillatus subsp.
subfalcatum, Araujia sericifera, Tagetes penicillatus ed Equisetum palustre,
minuta, Nicotiana glauca. presenti in una sola località del vulcano,
Fra le specie caratterizzanti la flora etnea come anche Sisymbriella dentata e
ruolo principale hanno le endemiche etnee Polygonatum gussonei.
in quanto esclusive del territorio. Si fa Percorrendo le pendici del vulcano si
riferimento a Betula aetnensis e ad entità rinvengono, nel paesaggio vegetale dei vari
erbacee come: Viola aethnensis subsp. piani altitudinali, elementi di particolare
Anthemis aetnensis
(E. Poli).
A destra
Viola aethnensis subsp.
aethnensis
(E. Poli).
394 Provincia italo-tirrenica
Crambe hispanica
(R. E. Turrisi).
significato. Nelle zone litoranee sono bivonii, endemica etnea, Ulmus glabra e
divenute assai rare le specie proprie della diverse orchidee.
vegetazione alofila, tra esse: Crithmum Il piano più elevato delle foreste, montano-
maritimum, Halimione portulacoides, mediterraneo, presenta pinete a Pinus
Limonium virgatum subsp. virgatum. nigra subsp. calabrica, boschi a Fagus
La macchia mediterranea, nei pochi sylvatica, boschi di Betula aetnensis. In
frammenti ancora esistenti, contiene questo contesto tra gli elementi molto
fra gli elementi più significativi divenuti rari si ricordano: Ilex aquifolium, Acer
assai rari: Euphorbia dendroides, Daphne campestre e Acer platanoides, nonchè
gnidium, Anagyris foetida, Pistacia l’esile liliacea Scilla bifolia.
lentiscus, Phillyrea latifolia, Cosentinia Nel piano di alta montagna la vegetazione
vellea subsp. vellea, Aristolochia è caratterizzata, fino a circa 2.450 m, da
altissima. un insieme di cuscini spinosi, costituiti
Nell’orizzonte mesomediterraneo della da Astracantha sicula, tra cui si insediano
foresta di Quercus ilex, sono presenti altre endemiche come Rumex aetnensis,
elementi rari o molto rari come ad Anthemis aetnensis e Senecio aethnensis,
esempio: Erica arborea, Celtis tournefortii che raggiungono, in elementi sparsi, le
subsp. aetnensis, Ostrya carpinifolia, più alte quote fino a 3.050 m, al limite col
Laurus nobilis, Quercus suber, Salix deserto vulcanico.
pedicellata e S. alba subsp. alba. Le varie colate laviche, dalle diverse
Nell’orizzonte supramediterraneo delle età, che a guisa di enormi raggi solcano
querce caducifoglie (Quercus congesta, Q. le pendici del vulcano ospitando stadi
dalechampii, Q. cerris), fra gli elementi rari dinamici sempre diversi, completano,
o molto rari, si ricordano: Adenocarpus caratterizzandolo, il paesaggio vegetale
complicatus subsp. commutatus var. etneo.
395 Subprovincia italo-tirrenica siciliana
L’Isola di Nel contesto delle numerose isole che caratterizzano la Subprovincia sicula, merita
Lampedusa una menzione particolare Lampedusa. Infatti, oltre alle tante specie endemiche
si ha un mosaico di vegetazione coerente con un clima particolarmente arido,
compreso tra l’inframediterraneo e il termomediterraneo. In tali condizioni si ha
una cenosi a Periploca angustifolia (in Italia presente solo in Sicilia) e Juniperus
turbinata con Pistacia lentiscus, Olea europaea var. sylvestris e Asparagus
albus. Questi elementi entrano in contatto con comunità di caducifoglie estive a
Periploca angustifolia ed Euphorbia dendroides, cui si associano specie termofile
ed elementi della lecceta quali Rubia peregrina, Phillyrea latifolia, Smilax aspera e
Daphne gnidium. Nelle zone più erose si sviluppano praterie a Hyparrhenia hirta
e pratelli terofitici a Catapodium balearicum.
La flora delle Alla ricchezza e particolarità della flora della Subprovincia siciliana contribuiscono
isole minori ovviamente le numerose isole minori. Anche in questo caso, volendo illustrare il
contributo floristico senza però entrare nel dettaglio di ciascuna, si è creduto
opportuno presentare due contributi dedicati all’Isola di Pantelleria e alle Isole
Eolie.
L’Isola di Pantelleria è la parte emersa di uno straordinario edificio vulcanico a
sud della Sicilia, mentre le Eolie costituiscono di per sé un piccolo arcipelago
anch’esso di origine vulcanica.
In ambedue i casi è particolarmente evidente il gran numero di specie endemiche,
carattere che contribuisce in modo determinante a qualificare nel suo insieme
tutta la Subprovincia siciliana.
Tale è l’importanza biogeografica e conservazionistica della flora della Sicilia che
la descrizione della Subprovincia siciliana si conclude con un contributo dedicato
alle specie endemiche.
Senecio aethnensis
(G.P. Giusso del Galdo).
396 Provincia italo-tirrenica
l’Isola dI pantellerIa
L’Isola di Pantelleria si localizza nel Canale e di fruttiferi; hanno forma circolare, altezza
di Sicilia, a circa 67 km da Capo Mustafà variabile fra i due e i cinque metri, con una
(Tunisia) e 95 km dalla costa siciliana di Capo piccola apertura alla base. I muretti a secco
Granitola, dove si estende per circa 83 kmq. (spesso anche rialzati oltre il livello del
L’isola rappresenta la parte emersa di un suolo, per consentire un riparo alle colture
imponente edificio vulcanico che affiora lungo dal vento) modellano l’intera isola, rendendo
il rift di contatto fra il continente africano pianeggianti parcelle anche assai esigue e
e quello europeo, la cui cima più elevata è dislocate su pendici anche ripidissime.
I dammusi e i muretti Montagna Grande (836 m); seguono Monte La coltura prevalente è il vigneto, la cui forma
a secco in pietra Gibele (700 m) ed altri coni vulcanici minori, di allevamento ad alberello della varietà
lavica costituiscono localmente denominati cuddie quali Cuddia Zibibbo è recentemente entrata nella Lista
tipici elementi del di Mida (591 m), Cuddia Attalora (560 m), etc. dei patrimoni culturali dell’Umanità emanata
paesaggio rurale a testimonianza di antichi centri eruttivi di dall’UNESCO (il 26 novembre del 2014), quale
dell’isola tipo esplosivo, ormai inattivi. prima pratica agricola al mondo ad ottenere
(L. Gianguzzi). Il paesaggio è fortemente segnato dall’attività questo prestigioso riconoscimento. È una
antropica millenaria, i cui elementi peculiari tipologia colturale tradizionale tramandata
sono rappresentati dai dammusi, dai giardini e per generazioni, in cui le piante prendono
In basso dai muretti a secco in pietra lavica. I dammusi appunto la forma di ridotti alberelli, con i
articolato mosaico sono abitazioni d’origine araba, ampiamente tronchi incassati in piccole buche scavate
del paesaggio sparsi in tutta l’isola, dove spiccano per le nel terreno, volte a carpire e tesaurizzare le
colturale e boschivo loro tipiche cupole basse imbiancate a calce. scarsissime acque piovane.
nella fascia costiera di I giardini, anch’essi importati dagli arabi, Di rilievo è anche la coltura del cappero
Contrada Tracino sono altre costruzioni in pietra lavica, volte a (Capparis spinosa subsp. rupestris),
(L. Gianguzzi). favorire la coltura di isolate piante di agrumi anch’essa diffusa in buona parte dell’isola, le
cui piante sono spesso allevate come la vite.
È invece in regressione l’oliveto, con impianti
anche qui caratteristici; dagli annosi tronchi
si dipartono a raggiera lunghissimi rami,
allevati prostrati al suolo, per proteggere la
pianta dall’intensa azione eolica, in un’isola
in cui si registra una media annua di 337,5
giorni ventosi.
Il paesaggio rurale è arricchito da altri
straordinari esempi di antiche civiltà
mediterranee; basti pensare alle costruzioni
megalitiche dei Sesi, simili ai nuraghi sardi.
Il connubio tra le asperità geomorfologiche
dell’isola e gli immensi sacrifici profusi
dall’uomo a difesa del territorio è esaltato
dalle parole del Broggia (1757), quando rileva
che “…è talmente sassosa ed alpestre che per
ridursi a coltura vi hanno, si può dire, sudato
sangue què poveri abitatori…”.
Dati i tempi in cui viviamo ed il generalizzato
abbandono dei campi, trattasi di un
paesaggio insulare da considerare a rischio, a
causa dell’abbandono colturale e dell’incuria,
che andrebbe invece ancor più tutelato e
valorizzato, quale inestimabile testimonianza
della stessa operosità umana.
Tipiche forme di 500 specie, pur essendo assai più piccola. Ciò vanno citate Anthemis secundiramea var.
allevamento dell’olivo, è da ricollegare alla sua giovane età geologica e cosyrensis (Isole Maltesi), Filago lojaconoi
con i rami delle piante all’isolamento geografico nel Canale di Sicilia, (Isole Linosa e Zembra), Plantago afra subsp.
prostrati al suolo come conferma anche il ridotto numero di zwierleinii (Isole Pelagie, Malta) e Calicotome
(L. Gianguzzi). endemiche, tutte neogeniche, tra le quali sono rigida (Cirenaica), cui si aggiungono altri
esclusive solo Genista aspalathoides var. elementi di una certa rilevanza fitogeografica,
gussonei, Helichrysum errerae var. errerae, quali Pinus pinaster subsp. escarena (a
Limonium secundirameum, L. cosyrense, distribuzione mediterraneo-atlantica, qui
Matthiola incana subsp. pulchella, Medicago al limite sud-orientale dell’areale), Periploca
truncatula var. cosyrensis, Sedum rubens var. angustifolia (SW Mediterranea), Carex
cosyrense, Serapias cossyrensis e Trifolium illegitima (E Mediterranea), Andryala rothia
nigrescens var. dolychodon. Tra le altre subsp. cossyrensis (S Medit-Saharo-Sindica),
endemiche presenti anche in aree limitrofe, Limodorum trabutianum (W Mediterraneo-
ma in Sicilia esclusive dell’Isoa di Pantelleria, Atlantica), Ophrys sphegifera (S Mediterranea),
Brassica insularis (SW Mediterranea), Tillaea
Serapias cossyrensis, alata (S Mediterraneo-Turaniana), Pimpinella
endemica esclusiva lutea (SW Mediterranea).
dell’Isola di Pantelleria
(L. Gianguzzi). La vegetazione costiera. Le scogliere
vulcaniche che circoscrivono l’isola ospitano
una vegetazione alo-rupicola a dominanza
dell’endemico Limonium cosyrense, cui
si associano Crithmum maritimum, Lotus
cytisoides, Reichardia picroides var. maritima,
Frankenia hirsuta, Plantago macrorrhiza,
Thymelaea hirsuta. Più verso l’interno si
succede un’ulteriore comunità camefitica
a carattere subalofilo, fisionomizzata dai
pulvini argentei di Helichrysum errerae var.
errerae e Matthiola incana subsp. pulchella.
I tratti costieri non occupati dai coltivi
vengono colonizzati da una macchia bassa
a dominanza di elementi caducifogli estivi, a
evidenziare la rilevante xericità pedoclimatica;
è il caso di Periploca angustifolia, Euphorbia
dendroides e talora Lycium intricatum, cui
si associano alcune sclerofille sempreverdi,
398
Lago Specchio alla vetta. Il sottobosco, formato da Phillyrea Le acque libere ospitano inoltre degli
di Venere con latifolia, Pistacia lentiscus, Daphne gnidium, interessanti popolamenti fitoplanctonici a
vegetazione elofitica Asparagus acutifolius, Myrtus communis, prevalenza di cloroficee allo stadio palmel-
a Schoenoplectus Lonicera implexa e Carex illegitima, tende in loide e diatomee dei generi Amphora,
litoralis subsp. alto ad arricchirsi di peculiari feltri briofitici Gomphonemopsis, Navicula e Rhopalodia.
litoralis presso le rive e lichenici, ad evidenziare le condizioni
(L. Gianguzzi). di oceanicità ambientale. Della stessa Le fumarole. Altra manifestazione del
vegetazione seriale fanno parte gli aspetti vulcanismo secondario dell’isola è rap-
preforestali dell’Erico arboreae-Arbutetum presentata dalle fumarole, sparse lungo le
unedonis, frequenti nelle radure e lungo le principali strutture tettoniche attive (Costa
fasce tagliafuoco, oltre ad arbusteti (a Rubus della Favara, Fossa del Russo, Grotta del
ulmifolius o a Genista monspessulana) ed al Bagno Asciutto, etc.). Le fessure delle rocce
felceto a Pteridium aquilinum. emettono caldissimi vapori condensanti
all’aria che riescono a determinare un
Il lago Specchio di Venere. È un biotopo di interessante paesaggio vegetale caratterizzato
particolare pregio naturalistico-ambientale e da una peculiare microgeoserie. La coloniz-
notevole valenza floro-faunistica, localizzato zazione è inizialmente favorita da feltri
all’interno di un’ampia depressione calderica, microbici a procarioti (cianobatteri e
alimentato da acque meteoriche e sorgenti batteri fotosintetici) e microalghe eucariote
termali. (diatomee e cloroficee), cui seguono comunità
Nelle parti più rialzate e distanti dall’acqua si crittogamiche formanti vistosi cuscinetti,
sviluppa una cintura camefitica a dominanza a ricoprire le rocce bagnate dai vapori; le
di Limonium secundirameum, cui si succedono depressioni umide che si generano ospitano
aspetti elofitici a dominanza di Schoenoplectus altre interessanti microcenosi terofitiche, ora
litoralis subsp. litoralis e Cyperus laevigatus a Radiola linoides e Kickxia cirrhosa, ora a
subsp. laevigatus, insediate lungo le superfici Isoëtes duriei e Ranunculus parviflorus.
melmose presso le rive.
400 Provincia italo-tirrenica
le Isole eolIe
rupicola subsp. aeolicus, Matthiola incana Aira cupaniana, Avellinia michelii, Galium
subsp. rupestris, Centaurea aeolica subsp. divaricatum, Plantago bellardii, Rumex
aeolica, Seseli bocconi subsp. bocconi, Iberis bucephalophorus, Senecio lividus, Trifolium
semperflorens, Micromeria fruticulosa. In suffocatum, Tuberaria guttata, Vulpia myuros.
questi habitat si localizzano alcune specie In questi pratelli è possibile talora rinvenire
rare quali Glandora rosmarinifolia, presente alcune specie molto rare come Malcolmia
ad Alicudi, Silene hicesiae, nota per Panarea ramosissima, Wahlenbergia nutabunda,
e Alicudi e Lomelosia cretica presente solo a specie ovest-mediterranea nota solo per
Panarea. Sulle rupi ombreggiate si rinviene il poche località italiane e Lagurus ovatus
raro Ranunculus spicatus subsp. rupestris che subsp. nanus, raro endemismo siculo.
si insedia su uno strato muscinale assieme
ad alcune pteridofite tra cui Polypodium Incolti. L’abbandono colturale ha favorito
cambricum subsp. serrulatum. l’insediamento delle comunità xerofile
e subnitrofile caratterizzate da un ricco
Praterie steppiche. Gli incendi reiterati contingente di specie a ciclo primaverile
hanno favorito la diffusione delle praterie quali Achillea ligustica, Brassica fruticulosa,
steppiche a dominanza di graminacee Galactites elegans, Thapsia garganica, Vicia
cespitose, che caratterizzano il paesaggio di villosa subsp. ambigua e le rare Trifolium
vaste aree delle Eolie. mutabile, Heliotropium suaveolens subsp.
Particolarmente diffuse sono le praterie bocconei e Anchusella cretica. Alcune specie
a Hyparrhenia hirta che ospitano un esotiche introdotte a scopi agricoli si sono
ricco contingente di specie mediterranee diffuse nei coltivi abbandonati. È il caso
comuni negli ambienti termoxerici come ad esempio di Saccharum aegyptiacum,
Asphodelus microcarpus, Carlina hispanica introdotto per difendere le colture dal vento,
subsp. globosa, Convolvulus elegantissimus, che attualmente occupa interi versanti dei
Foeniculum vulgare subsp. piperitum, coni vulcanici e di Ailanthus altissima che
Lobularia maritima, Pallenis spinosa. Le rappresenta una seria minaccia anche per gli
praterie steppiche dei versanti più aridi con habitat naturali e seminaturali.
esposizioni meridionali sono caratterizzate
dalla presenza di Cenchrus ciliaris, mentre sui Ambienti alo-palustri. L’unico ambiente
versanti più freschi si localizzano le praterie a umido delle Isole Eolie è lo Stagno di Lingua a
Brachypodium retusum e Pulicaria odora. Salina, in passato utilizzato per la produzione
del sale, che ospita alcune specie alofile
Pratelli terofitici. I pratelli effimeri a caratteristiche di questi ambienti e comunque
ciclo primaverile precoce sono comuni ad ampia distribuzione come Salsola soda,
sull’arcipelago, essi ospitano un ricco Suaeda vera, Beta vulgaris subsp. maritima e
contingente di specie annuali silicicole come Atriplex prostrata.
Matthiola incana
subsp. rupestris
403 Subprovincia italo-tirrenica siciliana
La Sicilia è uno dei territori mediterranei con in alcuni habitat quali: rupi, coste rocciose
maggiore ricchezza floristica e con più elevato e ambienti di altitudine; si tratta di habitat
tasso di endemismo. La flora vascolare conservativi, dove la scarsa concorrenza e le
dell’isola è stimata in 3.201 entità specifiche difficili condizioni ambientali hanno favorito
e sottospecifiche mentre le specie endemiche i processi di speciazione e di conservazione
sono computate in 398 entità, di cui 276 sono delle piante vascolari.
endemismi siculi esclusivi, mentre i restanti Diverse specie endemiche siciliane sono
122 sono endemismi presenti anche in altre distribuite un po’ su tutta l’isola, risultando
regioni italiane, soprattutto del meridione. Il talora abbastanza comuni, come Bellevalia
tasso di endemismo è quindi del 12,5%, che, dubia, Crepis vesicaria subsp. hyemalis,
considerando anche le entità subendemiche Echinaria todaroana, Echium italicum subsp.
(specie endemiche condivise con altri territori siculum, Eryngium bocconei, Euphorbia
del Mediterraneo centrale quali la Tunisia ceratocarpa, Helichrysum italicum subsp.
o la Libia) sale al 14%. Tale ricchezza in siculum, Odontites bocconei, o in gran parte di
endemismi ha molteplici motivazioni quali: essa come Aristolochia sicula, Arrhenatherum
la diversità di habitat e bioclimi, la lunga nebrodense, Buglossoides splitgerberi,
storia geologica, la posizione isolata al centro Cymbalaria pubescens, Eryngium crinitum,
del Mediterraneo ma in collegamento con i Leontodon siculus, Trifolium bivonae e un nutrito
territori settentrionali del bacino mediante gruppo di Ophrys (O. archimedea, O. biancae,
la penisola italiana e con quelli meridionali e O. calliantha, O. flammeola, O. lunulata, O.
occidentali tramite la Tunisia. numida, O. mirabilis, O. panormitana). A causa
Le famiglie con maggiore tasso di endemismo dell’elevata fruizione agricola, la maggior parte
sono quelle floristicamente più ricche, dove degli endemismi però si concentra in alcuni
più attivi sono stati i processi di speciazione, territori dell’isola, dove il tasso di endemismo
quali: Asteraceae, Plumbaginaceae, Fabaceae può superare anche il 20%.
e Brassicaceae. Sotto il profilo biologico, L’analisi della distribuzione delle specie
la maggior parte delle specie endemiche endemiche, congiuntamente a quella delle
Erica sicula, siciliane sono delle camefite, anche se specie non endemiche ma esclusive di
paleoendemismo nella flora isolana la forma biologica determinati territori isolani, ha permesso
rupicolo del settore meglio rappresentata, analogamente ad una suddivisione fitogeografica dell’Isola con
occidentale della altri territori con bioclima mediterraneo, l’individuazione di vari distretti che verranno
Sicilia è quella delle terofite. Nell’isola le specie di seguito brevemente esaminati in relazione
(E. Giarrizzo). endemiche sono localizzate principalmente alla loro flora endemica. Per esigenze di
sintesi saranno presi in considerazione solo
i distretti floristici che riguardano l’isola
principale, trascurando quelli delle isole
circumsiciliane, riportando solo le specie
endemiche più significative.
Urtica rupestris
(G. Spampinato).
406 Provincia italo-tirrenica
Zelkova sicula
(G. Spampinato).
407 Subprovincia italo-tirrenica sarda
2 3
1.
Ranunculus
trichophyllus
(G. Giusso del Galdo).
2.
Saponaria sicula
(G. Giusso del Galdo).
3.
Paeonia mascula
(G. Giusso del Galdo).
4.
Boschetto di
Belula etnensis
(G. Giusso del Galdo).
408 Provincia italo-tirrenica
Euphorbia dendroides
a Capo Spartivento
(Domus de Maria,
Sulcis)
(G. Bacchetta).
411 Subprovincia italo-tirrenica sarda
Flora e vegetazIone
l’arCIpelago dI la maddalena
Armeria pungens
(S. Bagella).
414 Provincia italo-tirrenica
Macchia a
Juniperus phoenicea
subsp. turbinata
(S. Bagella).
415 Subprovincia italo-tirrenica sarda
specie delle rare pteridofite acquatiche del É infatti facile rinvenire al loro interno piante
genere Isoëtes. Anche le fessure delle rocce di straordinaria bellezza, come Arenaria
e gli spettacolari tafoni, cavità tipiche delle balearica e Cymbalaria aequitriloba subsp.
rocce granitiche, riservano delle sorprese. aequitriloba.
Arenaria balearica
(S. Bagella).
Sedum caeruleum
(S. Bagella).
416 Provincia italo-tirrenica
Pascoli arborati
a sughera (Lula,
Nuorese)
(G. Bacchetta).
Golfo di Orosei Nell’entroterra del Golfo di Orosei, oltre a molti degli aspetti della vegetazione
e Massiccio del costiera già descritti per il settore settentrionale, si segnala la presenza di comunità
Gennargentu dinamicamente legate a boscaglie e macchie di Olea europaea var. sylvestris con
Asparagus albus, Chamaerops humilis ed Euphorbia dendroides. Si tratta di uno
degli aspetti più termofili degli oleeti sardi con stadi di sostituzione a Calicotome
villosa e Pistacia lentiscus, a Dactylis glomerata subsp. hispanica e Brachypodium
retusum e a Stipa capensis. In questi ambiti territoriali si possono trovare oleeti
più mesofili con Asparagus acutifolius. Sempre nella fascia costiera del Golfo di
Orosei si osservano micro-boschi o macchie costituite da Juniperus turbinata
e Olea europaea var. sylvestris, con un corteggio simile a quello già descritto
nel caso degli oleeti più termofili. Salendo in quota, nelle zone più interne si
rinvengono leccete con Acer monspessulanum precedentemente descritte.
A sud del settore centrale e orientale si rinviene il complesso montuoso del
Gennargentu con le vette più alte dell’isola (Punta La Marmora 1.834 m).
Data l’importanza di questo gruppo montuoso, si rimanda a tutta una serie di
approfondimenti tematici. Da segnalare in particolare la presenza di arbusteti a
Juniperus communis var. nana e di garighe di quota ricche di endemismi (Genista
pichisermolliana, G. salzmannii, Armeria sardoa subsp. genargetea). Sempre
sul Gennargentu si hanno anche querceti caducifogli a Quercus ichnusae e Q.
dalechampii e localmente a Q. congesta e Ilex aquifolium; a quote più basse, in
ambiti limitati, si hanno boschi misti a Fraxinus ornus e Ostrya carpinifolia di
particolare importanza biogeografica in quanto al limite occidentale del loro
areale. La loro presenza conferma il collegamento con la Penisola italiana e più
in generale con i settori europei sud-orientali.
Ontanete montane,
versanti settentrionali
di Punta La Marmora
- Arzana
(G. Bacchetta).
419 Subprovincia italo-tirrenica sarda
Il massiccio del Gennargentu è situato nella territorio rientra nel bioclima temperato
parte centro-orientale della Sardegna, a submediterraneo semi-continentale con
cavallo tra le provincie di Nuoro e Ogliastra; termotipi compresi tra il supratemperato
confina a nord con la Barbagia di Ollolai, a inferiore e l’orotemperato inferiore e ombrotipi
est con il Supramonte di Urzulei e Orgosolo, che variano tra il subumido inferiore e
a sud con l’Ogliastra e la Barbagia di Seulo, l’umido inferiore. Solo nei versanti orientali
a ovest con il Sarcidano, la Barbagia di e meridionali del massiccio si rinviene un
Belvì e il Mandrolisai. Il massiccio occupa bioclima di tipo mediterraneo pluvistagionale,
una superficie di circa 30.000 ettari ed è con termotipo supramediterraneo inferiore ed
caratterizzato da un sistema di creste ad ombrotipi variabili dal subumido superiore
altitudine superiore a 1.400-1.500 metri, all’umido inferiore.
delle quali solo quattro superano i 1.800 Sulla base delle recenti indagini floristiche
metri: Punta La Marmora (1.834 m), Bruncu risulta che la flora vascolare del Gennargentu
Spina (1.828 m), Su Sciusciu (o Bruncu è costituita da 948 taxa di cui 686 di rango
Spina minore, 1.823 m) e Punta Florisa specifico, 249 subspecifico, 10 varietale e 3
(1.822 m); le altre cime di rilievo sono Punta ibridi, appartenenti a 97 famiglie e 427 gene-
Paolinu (1.792 m), Monte Spada (1.596 m) e ri. Tra le Angiospermae, le Dicotyledones co-
Mont’Arbu (o Monti Bruttu, 1.568 m). stituiscono il gruppo sistematico più numeroso
Le litologie sono essenzialmente silicatiche, con 707 taxa (74,58%); le Monocotyledones
in particolare dominano le metarenarie, annoverano invece 199 entità (20,99%). Le
le quarziti e le filladi poggianti sul batolite Pteridophyta e le Gymnospermae rappresen-
ercinico sardo-corso; secondariamente si tano rispettivamente il 2,95% (28) e lo 1,48%
rinvengono anche granodioriti nelle aree (14) del totale della flora. Tra le famiglie
cacuminali, calcari mesozoici sui versanti con il maggior numero di taxa troviamo le
meridionali e calcescisti a Mont’Arbu. Asteraceae (118), seguite da Poaceae (99) e
Dal punto di vista bioclimatico il Fabaceae (79); sono inoltre significativi i valori
di Caryophyllaceae (55), Lamiaceae (34),
Ovile Rosaceae (31), Apiaceae (30), Brassicaceae
(Su Serragu - Fonni) (28) e Orchidaceae (26). Tra i generi con il
(G. Bacchetta). maggior numero di taxa troviamo Trifolium
(22), Ranunculus (18), Sedum, Vicia e Carex
(13), Poa (12), Silene (11), Euphorbia, Galium,
Orchis e Rumex (10); sono inoltre da segnalare
i generi Allium, Filago, Quercus, Juncus e
Orobanche (8), Geranium, Epilobium, Veronica,
Vulpia, Cerastium, Hieracium e Medicago (7).
Lo spettro biologico mostra una prevalenza
delle emicriptofite (35,65%), seguite dalle
terofite (34,6%), dalle geofite (12,13%) e dalle
nanofanerofite/fanerofite (11,6%).
Lo spettro corologico evidenzia una
flora costituita principalmente da taxa a
Astragalus
genargenteus
(Bruncu Spina - Fonni)
(G. Bacchetta).
A destra
Mosaico di formazio-
ni a Erica scoparia,
Genista aetnensis
(Seardu - Villagrande)
(G. Bacchetta).
420
Mosaico di pascoli gravitazione mediterranea (68,14%); tra endemico sia costituito da emicriptofite
e querceti a Quercus le altre componenti corologiche generali (46,1%), con valori decisamente inferiori
dalechampii e assumono un ruolo importante i taxa a di camefite (19,15%), geofite (17,02 %) e
Q. ichnusae distribuzione paleotemperata (9,07%), fanerofite/nanofanerofite (11,35%). Tra
(Donnortei - Fonni) mentre gli altri gruppi presentano gli endemiti prevalgono gli elementi della
(G. Bacchetta). percentuali variabili tra 0,21 e 7,28%. Provincia biogeografica sardo-corsa (39,01%)
All’interno del contingente mediterraneo e della Subprovincia sarda (35,46%), seguiti
prevalgono gli elementi circum-mediterranei da quelli della Superprovincia italo-tirrenica
con 188 taxa (29,1%), secondariamente (18,44%).
quelli euromediterranei con 149 taxa Sulla base delle indagini floristiche e in
(23,07%) ed endemici con 141 taxa (21,83%). particolare di quelle relative alla componente
La componente mediterraneo-occidentale endemica, tenuto conto anche della origi-
con 56 taxa (8,67%), unitamente a quella nalità dei substrati litologici e delle peculiari
mediterraneo-atlantica con 29 taxa (4,49%), condizioni bioclimatiche, è stato possibile
costituisce il 13,16% del totale. inquadrare i territori del Gennargentu
Relativamente poco rappresentato appare in un settore biogeografico autonomo
il contingente delle specie aliene: sono stati denominato Gennargenteo. Questo costitu-
censiti solamente 38 taxa alloctoni pari al isce un importante micro-hotspot di di-
4,01% della flora totale, 19 dei quali sono versità vegetale nell’ambito del bacino del
risultati casuali, 18 naturalizzati e solo uno Mediterraneo e, congiuntamente ai territori
avente carattere invasivo. dei settori biogeografici Sulcitano-Iglesiente
Riguardo alla componente endemica, com- e Supramontano, rappresenta una delle aree
plessivamente sono stati rinvenuti 141 taxa, più importanti per la conservazione della
dei quali 84 sono risultati di rango specifico, flora sarda.
51 sottospecifico e 6 varietale, appartenenti Molto ricco e articolato appare anche
a 46 famiglie e 108 generi. Tra le famiglie il mosaico delle fitocenosi presenti sul
più rappresentative troviamo Asteraceae massiccio del Gennargentu che spesso
(18), Caryophyllaceae (11) e Lamiaceae (10), risultano esclusive per l’Isola e quindi
seguite da Ranunculaceae, Plantaginaceae l’intero territorio nazionale. Appaiono di
e Fabaceae (6). I generi che presentano un assoluto pregio soprattutto le formazioni
maggior numero di unità tassonomiche prative dominate da Festuca morisiana, le
endemiche sono risultati Genista e Euphorbia garighe orofile ad arbusti spinosi (es. Ruta
(4), Armeria, Dianthus, Hieracium, Hypericum, lamarmorae, Astragalus genargenteus), le
e Potentilla (3); seguiti da 17 generi con 2 taxa macchie a Erica scoparia e Genista aetnensis,
ciascuno, tra i quali meritano d’esser citati i querceti caducifogli a Quercus congesta,
Aquilegia, Carex, Saxifraga e Scrophularia. Q. dalechampii e Q. ichnusae, i boschi
Tra le specie esclusive del massiccio del edafoigrofili a Alnus glutinosa, quelli relittuali
Gennargentu merita citare Armeria sardoa a Taxus baccata, oltre ai microboschi
subsp. genargentea, Centaurea magistrorum, edafoxerofili a Juniperus communis subsp.
Cynoglossum barbaricinum, Dianthus alpina. Ancora non definite dal punto di
genargenteus, Genista pichisermolliana, vista fitosociologico, ma uniche nel loro
Lamyropsis microcephala, Orobanche genere, sono poi le boscaglie mesoigrofile
denudata, Ruta lamarmorae e Sedum endemiche a Rhamnus persicifolia, i mantelli
villosum subsp. glandulosum. L’analisi delle a Ribes multiflorum subsp. sandalioticum e
forme biologiche relative all’endemoflora numerose cenosi rupicole dominate da specie
mostra come quasi la metà del contingente endemiche.
421 Subprovincia italo-tirrenica sarda
Il monte più elevato della Sardegna, il Già Terracciano (1910) si era posto il
Gennargentu, raggiunge 1.834 m a Punta problema dell’esistenza o meno di una flora
Lamarmora, un’altitudine che sull’Appennino alpina in Sardegna. In via preliminare aveva
segna grosso modo il limite della vegetazione rilevato: “Quello però che giova notare è un
forestale. In Sardegna il limite del bosco si fenomeno costante: tutti i monti sardi, dai
colloca però molto più in basso, intorno a piccoli ai maggiori, finiscono in una zona
1.300-1.400 m, a causa dell’assenza della scoperta”. Nella sua analisi aveva soprattutto
vegetazione forestale del piano montano messo in evidenza la diversa consistenza della
superiore (Fagetalia). Questo non esclude componente orofila esistente sulle principali
tuttavia la presenza di individui arborei cime montane dell’isola. Dopo di lui E. Schmid
singoli (Taxus, Ilex, Alnus, Juglans) sino alle (1946) aveva rimarcato l’originalità della flora
quote più elevate. Il complesso montuoso del culminale sarda caratterizzata da specie
Gennargentu è per altro l’unico rilievo che si relittuali ed endemiche oromediterranee.
eleva sopra il limite della vegetazione forestale Sul Gennargentu la vegetazione extrasilvatica
rispetto alle restanti cime dell’isola (Monte è storicamente costituita da bassi arbusti e
Corrasi, 1.463 m; Monte Limbara, 1.362 suffrutici, più o meno prostrati dal vento e
m). Sui monti più elevati della Sardegna si dall’innevamento invernale, spesso spinescenti
può quindi riconoscere una flora extra o in conseguenza della selezione effettuata
soprasilvatica. Essa risulta però abbastanza dall’esercizio pastorale. Di questa componente
eterogenea sul piano ecologico e fitogeografico arbustiva meritano di essere ricordate
e solo in parte propriamente montana. Juniperus sibirica, Astragalus genargenteus
Resti di
Juniperus sibirica
(P.V. Arrigoni).
422
Potentilla corsica
(P.V. Arrigoni).
A destra
Berberis aetnensis
(P.V. Arrigoni).
lamyropsis microcephala
Lamyropsis
microcephala,
particolare
(G. Bacchetta).
A destra,
pianta intera
(G. Bacchetta).
Annoso esemplare
di Olea europaea
var. sylvestris a San
Sisinnio (Villacidro)
(I. Camarda).
A destra grande
albero di Pistacia
lentiscus nelle
campagne di Alghero
(I. Camarda).
426
Albero di Phillyrea
latifolia a Bau Murgia,
lungo la vallata del
Flumendosa
(I. Camarda).
alberi con tronchi maggiori di quattro metri dubbia o antica introduzione come Juglans
di circonferenza, che vivono sulle montagne regia, Castanea sativa e Prunus avium.
calcaree dei Supramonti. I terebinti (Pistacia Quercus ilex e Q. pubescens sono senza dubbio
terebinthus) di Tiscali, i perastri (Pyrus le specie che presentano il maggior numero
spinosa) crescono isolati, mentre Phillyrea di alberi monumentali, distribuiti in tutte le
latifolia in diverse aree dell’Isola forma boschi Barbagie, da quello chiamato Arvure Bella di
con alberi che superano i 20 metri di altezza, Onanì, entro la colonia penale di Mamone,
a Bau Murgia in territorio di Seulo, così come alle singolari piante di leccio e roverella
le tamerici (Tamarix africana) a l’Asinara ad di Iscuvudè a Illorai, dal leccio di Badde
Arenas e a Caprera a Cala Garibaldi. Tureddu nel Supramonte di Orgosolo a quelli
di Ilixi Perreddu e Olissa in territorio di Seulo.
Il piano montano. È senza dubbio il piano Le sughere di Sa Tuppa in territorio di Orune
montano che accoglie il maggior numero di formano un bosco monumentale che non
grandi alberi. Populus alba, P. nigra, Alnus ha pari in altre aree del Mediterraneo. Acer
glutinosa, Ostrya carpinifolia, Pinus pinaster monspessulanum, dalla crescita lentissima
subsp. hamiltonii, Pistacia terebinthus sono del tronco, solo raramente forma boschi, ma
sporadicamente distribuiti in tutta l’isola, grandi alberi isolati si trovano nelle montagne
sopravvissuti anch’essi al disboscamento, di tutta l’Isola.
agli incendi ed alle utilizzazioni forestali. Le
montagne conservano gli alberi più poderosi Il Gennargentu. Tra tutte le montagne,
di Quercus ilex, Q. suber, Q. congesta, Q. il Gennargentu accoglie la maggiore
pubescens, Taxus baccata e Ilex aquifolium concentrazione di alberi monumentali.
tra le specie spontanee, ma anche specie di Dalle prime avvisaglie di Castanea sativa a
Quercus pubescens è
l’albero più frequente
sino ai 1.600 m nel
piano montano del
Gennargentu
(I. Camarda).
427 Subprovincia italo-tirrenica sarda
Juniperus oxycedrus Su Calavrighe, in territorio di Tonara, il più Quercus ilex non salgono oltre i 1.400 m di
costituisce formazioni grande della Sardegna, con i suoi otto metri di quota e sono soprattutto i boschi di Quercus
climaciche nelle aree circonferenza del tronco con la caratteristica pubescens a caratterizzare la fascia forestale
oltre il piano della torsione che ha subito nel corso dei secoli. cedendo via via il passo alle garighe arborate
roverella con alberi di Non molto lontano dalla strada statale che e quindi a Juniperus sibirica, Helichrysum
dimensioni del tutto proviene da Tonara, si accede al grande noce microphyllum, Astragalus genargenteus e
eccezionali di Belvì attraverso una sterrata che si adagia Santolina insularis. Alnus glutinosa segue
(I. Camarda). lungo un rigagnolo, nel periodo invernale in modo caratteristico i dendriti della rete
ricco d’acqua, che alimenta quelli che una idrografica a partire dall’affioramento delle
In alto a destra volta erano gli orti che davano alimenti a sorgenti perenni che convogliano le acque
maestoso esemplare tutto il paese. L’albero appare solo dopo un ora verso il Tirso o il Cedrino, ora verso il
di Ilex aquifolium centinaio di metri, formando una immensa Flumendosa nel settore orientale. In territorio
costituito da numerosi cupola verde, coprente una superficie di di Arzana si rinvengono i più grandi esemplari
polloni della stessa oltre 700 mq con la sua chioma, ancora di Acer monspessulanum con oltre sei metri
ceppaia sulle pendici in piena vigoria con rami che si stendono di circonferenza a S’Orroali, di Juniperus
del versante orientale serpeggiando sino al suolo con una miriade oxycedrus e numerosi tassi plurisecolari a
del Rio Aratu di frutti. Lo affiancano altri due esemplari che Tedderieddu.
(I. Camarda). solo le eccezionali dimensioni del primo fanno
Alberi monumentali apparire meno importanti. Proseguendo per La vallata del Rio Aratu. La vallata del Rio
di Sambucus nigra Desulo tra i boschi di Quercus pubescens e di Aratu, solo dopo poche centinaia di metri da
sulle pendici del Ilex aquifolium si perviene al colle di Tascusì Tascusì, appare in tutta la sua grandiosità.
monte Discudu alla base della strada che porta verso il cuore Il versante meridionale è costellato di alberi
(I. Camarda). del Gennargentu. Su tutta l’area i boschi di di Quercus pubescens, che la lontananza fa
sembrare poco più che cespugli, ma che in
realtà sono tutti pluricentenari, testimoni
delle antiche foreste di cui parla Alberto
Ferrero della Marmora. Poco oltre un
rimboschimento a Pinus nigra, tra Bruncu
sa Ruge e Genna ‘e Mandara, in località Is
Pucius (= I Pozzi, toponimo che ricorda la
presenza delle antiche neviere), attrae subito
l’attenzione il verde brillante degli individui
di Ilex aquifolium che campeggiano sul
versante a formare un gruppo di 50 alberi
monumentali che non trova pari in Italia.
Alberi con portamento tormentato che solo
da qualche decennio non sono più capitozzati
per l’alimentazione del bestiame alla stessa
stregua delle querce. I tronchi sono imponenti,
ora singoli ora derivati dalla fusione di fusti
basali, ora fusi da contatti di approssimazione
di rami secondari a formare sorprendenti
428 Provincia italo-tirrenica
Grandi alberi di
Prunus avium e
Pyrus spinosa
in località Sa Pira era
(I. Camarda).
429 Subprovincia italo-tirrenica sarda
Albero monumentale
costituito dalla
fusione di Ilex
aquifolium e Alnus
glutinosa
(I. Camarda).
A destra
mastodontico
esemplare isolato di
Alnus glutinosa lungo
il Rio Aratu
(I. Camarda).
430 Provincia italo-tirrenica
così come Sorbus aria. Il tutto circondato da fruizione intelligente, che deve avere come
una concentrazione di specie endemiche tra primo obiettivo la loro tutela e del sito che
le più ricche del Mediterraneo. li accoglie, ed è senza dubbio un compito a
Enumerare e misurare tutti gli alberi cui lo Stato, oltre la fase di censimento, deve
monumentali del Rio Aratu può essere un dare pieno sostegno. I grandi e annosi alberi,
esercizio utile scientificamente, ma per certi proprio perché tali, sono allo stesso tempo
versi potrebbe apparire come una sorta soggetti più di altri all’impatto antropico: a
di violazione della riservatezza di questi Nuoro il grande pino domestico detto di Grazia
monumenti viventi, che saranno immobili Deledda, premio Nobel per la letteratura,
a sfidare l’inclemenza del clima per molto è seccato anche a seguito dell’apertura di
tempo ancora. strade che ne hanno sacrificato le radici,
L’importanza scientifica dei grandi alberi, così come la grande quercia di Ardauli;
veri e propri micro-ecosistemi, ha numerosi l’individuo di Pinus pinea di Fluminimaggiore
risvolti che vanno dalla genetica alla è caduto, forse a causa di una maldestra
dendrocronologia, dalla fenologia alla opera di valorizzazione che ha trasformato
climatologia, dalle interazioni piante-animali il sito in un’area pic-nic, mentre l’albero di
ai funghi e ai licheni come bioindicatori, Taxus baccata di Tedderieddu, messe a nudo
dalla ecologia alla storia del paesaggio, le radici dall’erosione del suolo, fa ora triste
alla selvicoltura e alla storia dell’arte. mostra nella piazza principale di Arzana. La
Pyrus spinosa, Juglans regia, Castanea quercia di Norbello non ha resistito ad una
sativa, Prunus avium, Sorbus domestica, S. tempesta di vento, ma non è stato senza il
praemorsa, Ilex aquifolium, Taxus baccata concorso, forse, degli interventi che vi sono
sono anche piante progenitrici che hanno stati di sistemazione del terreno con le
dato origine a tante cultivar di interesse ruspe. Questi sono solo alcuni dei numerosi
fruttifero o ornamentale, il loro interesse esempi di perdita di alberi monumentali che
va quindi ben oltre il pur importante valore negli ultimi anni sono scomparsi a causa
estetico, per la messe di dati che possono di interventi non rispettosi delle esigenze di
dare come testimoni di tanti secoli di storia mantenimento delle condizioni ecologiche
dell’ambiente, in un’epoca di tumultuosi ottimali del luogo dove questi giganti sono
cambiamenti climatici. vissuti sfidando i secoli.
I grandi alberi, sempre più, sono motivo Salvaguardare questi monumenti simboli
di attrazione e di visita, ma ridurre la loro viventi di continuità biologica in un ambiente
esistenza a mera funzione turistica, come integro, come quelli di Rio Aratu e delle
troppo spesso si tende a fare, circondandoli grandi vallate del Gennargentu, è uno dei
di staccionate o reti metalliche come in una compiti più importanti per quanti hanno a
sorta di zoo vegetale, significa banalizzare cuore la tutela dell’ambiente in un mondo in
l’albero. In tutta Italia esiste una meritoria progressiva e, pare, inarrestabile corsa alla
attività di censimento dei grandi alberi, totale trasformazione e domesticazione del
ma non sempre questo ha portato ad una territorio.
431 Subprovincia italo-tirrenica sarda
Massiccio dei Procedendo verso sud, dopo un’analisi approfondita delle peculiarietà floristiche
Sette Fratelli che ovviamente non si può mai separare dall’aspetto storico e culturale, la
e Stagni di Subprovincia sarda continua a presentare una chiara potenzialità per leccete
Cagliari che tendono a ospitare querce caducifoglie tra cui Quercus virgilana che, come
avviene in Sicilia, bene si integra in ambiti bioclimatici di pertinenza dei boschi
di leccio. È qui che grande importanza ricoprono anche le sugherete, nella
caratterizzazione fisionomica già descritta in precedenza per il Monte Limbara.
Lungo la fascia costiera, relativamente ai corsi d’acqua, sono da segnalare lembi
limitati di foreste a galleria a salici e tamerici con Vitex agnus-castus e, negli aspetti
più termofili dei settori centro meridionali, anche con Nerium oleander.
Il settore sud-orientale dell’isola, oltre il fiume Flumendosa, ospita il Massiccio dei
Sette Fratelli. Si tratta di un’area ove tornano a prevalere gli aspetti più termofili
a olivastro e filliree, con interessanti elementi di flora igrofila a Salix purpurea
e oleandro. In questo contesto le boscaglie a Olea europaea var. sylvestris sono
differenziate dalla presenza di Cyclamen repandum, Arum pictum e Aristolochia
tyrrhena, con presenza abbondante di Pistacia lentiscus, Clematis cirrhosa e
Rubia peregrina. Procedendo verso la costa prevalgono le sugherete con Quercus
ilex, Arbutus unedo, Erica arborea, Galium scabrum e Ruscus aculeatus, comuni
lungo tutto il settore orientale dell’Isola.
Lungo la costa si sviluppano comunità vegetali ricche di endemismi che nel
loro insieme danno luogo ad un interessante mosaico costiero. In prossimità
della linea di costa si sviluppa la comunità a Cakile maritima e Salsola kali e,
procedendo verso l’interno, si rilevano altre fitocenosi a Sporobolus virginicus, a
Echinophora spinosa ed Elymus farctus, a Silene succulenta subsp. corsica e ad
Ammophila arenaria subsp. australis.
Nei settori più interni sono presenti garighe a Helichrysum microphyllum subsp.
tyrrhenicum, Scrophularia ramosissima, Ephedra distachya, Crucianella maritima,
Armeria pungens. Sulle dune ormai stabilizzate si hanno esempi di vegetazione
psammofila forestale con Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa, Pistacia
lentiscus, Rhamnus alaternus, Juniperus turbinata e tante altre specie tipiche
della macchia mediterranea.
Procedendo verso ovest si entra nell’area periurbana di Cagliari ove permane
un elevato interesse floristico e vegetazionale, legato in particolare alla presenza
di vaste aree umide (Stagni di Cagliari), a cui si rimanda per l’approfondimento
tematico.
Stagno di
Molentargius, il
canale Palma tra le
Saline di Quartu e
uno dei sentieri del
Parco
(L. Podda).
432 Provincia italo-tirrenica
Limonium avei
(A. Santo).
42/04 e succ. mod. riguardante l’Assetto Nella parte più meridionale del Campidano
Ambientale - Beni paesaggistici. si trovano invece le due più importanti aree
Le zone umide attualmente risultano in forte umide che si estendono ad occidente e oriente
decremento e frammentazione, anche quando della città di Cagliari: lo stagno di Molentargius
interessate da forme di tutela stipulate a (1.466 ha) e lo stagno di Cagliari, noto come
livello internazionale. I fattori di pressione laguna di S. Gilla (3.105 ha).
che influiscono sulle fitocenosi e la fauna sono
tutte di natura antropica (bonifiche, opere Lo Stagno di Molentargius. Lo Stagno
idrauliche, canalizzazioni, inquinamento, di Molentargius è situato ad est dell’area
eutrofizzazione, cambio nell’uso del suolo) a urbana cagliaritana e grazie all’elevata
cui si aggiungono anche gli impatti causati ricchezza di biodiversità vegetale e animale
dalla presenza di specie esotiche invasive che lo contraddistingue è incluso sia nel
(Millennium Ecosystem Assessment, 2005). Parco Naturale Regionale Molentargius Saline,
L’area della Sardegna dove si concentra la istituito con Legge regionale nel 1999 (L.R.
Agave americana, maggior parte delle zone umide è l’Oristanese 26 febbraio 1999, n. 5), sia in un’area SIC
specie invasiva ai limiti (6 siti Ramsar), in questa parte centro- (ITB040022 - Stagno di Molentargius e territori
dell’Habitat 6220* occidentale dell’Isola si trovano gli Stagni di limitrofi) e in una ZPS (ITB044002 – Stagno di
Percorsi substeppici Cabras, Mistras, Pauli Maiori, S’Ena Arrubia, Molentargius).
di graminacee e San Giovanni, Marceddì, Corru s’Ittiri e Sale Esso costituisce una vasta zona umida che
piante annue dei Porcus. Queste aree umide si estendono per comprende bacini di acqua dolce (Bellarosa
Thero-Brachypodietea ben 13.700 ha e ancor oggi presentano un minore e Perdalonga) e di acqua salmastra
(L. Podda). elevato grado di naturalità. (Bellarosa maggiore o Molentargius e Stagno
di Quartu) limitrofi a una piana di origine
sabbiosa (Is Arenas). La sua vicinanza a due
tra le maggiori città della Sardegna, Cagliari
e Quartu, lo rende un ecosistema unico e la
presenza di zone a diversa salinità favorisce la
varietà di specie e habitat, tra cui il fenicottero
rosa che nidifica nell’area dal 1993.
Molentargius costituisce la porzione
più meridionale della fossa tettonica del
Campidano, generatosi durante l’era
quaternaria in una depressione quasi circolare
di sedimenti arenacei. Lo Stagno di Quartu,
di natura retrodunale, si è formato più a sud
separato dalla striscia di terra di Is Arenas in
seguito all’emersione del cordone sabbioso del
Poetto. Il prosciugamento estivo formava, in
passato, una salina naturale e fu l’interesse
dell’uomo per il sale il motore della storia di
questo ecosistema. Il Bellarosa Minore e il
Perdalonga sono, invece, nati come vasche di
espansione delle acque meteoriche e hanno
assunto nel dopoguerra anche la funzione di
Stagno di Molentargius,
Habitat 1150* Lagune
costiere, dalla riva est
del Bellarosa maggiore.
Sullo sfondo la città
di Cagliari
(L. Podda).
434 Provincia italo-tirrenica
Halocnemum Nel settore meridionale dell’isola, la parte orientale è separata da quella occidentale
cruciatum dalla presenza del graben del Campidano. Attualmente si tratta di una zona
(G. Bacchetta). prevalentemente inserita nel sistema agricolo che merita però un’attenzione
In alto a destra anche naturalistica dato che locali presenze di specie permettono di ricostruirne
Halopeplis le diverse potenzialità floristiche e vegetazionali. In prossimità del sistema urbano
amplexicaulis prevalgono le comunità dinamicamente collegate a Olea europaea var. sylvestris con
(A. Santo). Asparagus albus che potenzialmente penetra nelle vaste aree pianeggianti a clima
termomediterraneo con precipitazioni annue particolarmente basse. Questo tipo di
Il Campidano e oleete è stato già descritto, ma è bene ricordare la presenza, anche in questo contesto
le aree collinari di Olea europaea var. sylvestris, di Euphorbia dendroides e Chamaerops humilis.
di Marmilla e Il sistema alluvionale collegato con lo Stagno di Cagliari ospita lembi di più vaste
Trexenta e ricche vegetazioni potenziali a Populus alba, P. nigra, Ulmus minor, Fraxinus
angustifolia subsp. oxycarpa, Salix sp.pl., Nerium oleander, Vitex agnus-castus
e Sambucus nigra. Il settore meno elevato del Campidano (più interessato dalle
coltivazioni agricole), parte del Sulcis e dell’Inglesiente, potrebbero ospitare
sugherete con Quercus ilex, Arbutus unedo, Viburnum tinus e altre specie
sempreverdi. Le aree collinari di Marmilla e Trexenta che delimitano il Campidano
ospitano invece formazioni arboree dominate da Quercus virgiliana, con diverse
specie sempreverdi come Rosa sempervirens, Pistacia lentiscus, Lonicera implexa
e Asparagus acutifolius.
All’altezza di Oristano, si assiste al contatto tra la sughereta e il querceto a Quercus
ichnusae, senza dubbio più mesofilo, che interessa tutta l’area occidentale del
Gennargentu.
Helichrysum Il Sulcis è potenzialmente circondato, a esclusione dell’estremo sud costiero, da
microphyllum subsp.
tyrrhenicum sugherete prive di elementi caducifogli che occupano un contesto bioclimatico
(S. Puddu). variabile dal termomediterraneo al mesomediterraneo, con condizioni
pluviometriche subumide: oltre a Quercus ilex, sono presenti Arbutus unedo, Erica
In basso a destra
arborea e Myrtus communis e, ovviamente, gli elementi più comuni della macchia
Lotus cytisoides
subsp. conradiae mediterranea. Stadi dinamici connessi a queste comunità sono i mantelli a Erica
(A. Santo). arborea e Arbutus unedo e le garighe a Cistus salviifolius e C. monspeliensis.
436 Provincia italo-tirrenica
Costa del Sulcis Nell’estremità meridionale della costiera del Sulcis si sviluppano comunità
e le Isole di vegetali a Olea europaea var. sylvestris e Juniperus turbinata o ginepreti con
Sant’Antioco e Chamaerops humilis, Olea europaea var. sylvestris, Asparagus albus e, in alcuni
S. Pietro casi, Euphorbia dendroides.
In prossimità del Golfo di Palmas, in settori costieri e su substrati carbonatici,
è possibile osservare limitati lembi di pineta a Pinus halepensis, con Pistacia
lentiscus, Rhamnus alaternus, Prasium majus e Juniperus oxycedrus subsp.
macrocarpa. Altre formazioni particolarmente interessanti, presenti in aree molto
limitate di questo settore costiero, sono i rari querceti a Quercus calliprinos, che
si stabiliscono sui sistemi dunali e, più internamente, su substrati alluvionali.
La potenzialità più diffusa nel Sulcis è quella del bosco di Quercus ilex. Prevale una
tipologia di lecceta di transizione tra il clima termomediterraneo e mesomediterraneo
con Prasium majus, Phillyrea angustifolia e molte lianose, quali Lonicera implexa,
Tamus communis, Rubia peregrina e Smilax aspera. Un aumento della matrice
argillosa favorisce la presenza di Quercus suber e di arbusti caducifogli quali Pyrus
spinosa, Prunus spinosa e Crataegus monogyna, con Tamus communis, Clematis
cirrhosa e Myrtus communis subsp. communis. Questo aspetto è presente e diffuso
ad esempio anche nel settore settentrionale dell’Isola di Sant’Antioco.
437 Subprovincia italo-tirrenica sarda
Nel versante meridionale di S. Antioco, oltre alle già descritte leccete con
Quercus suber ed elementi caducifogli arbustivi, si osservano formazioni forestali
strutturalmente poco evolute (micro-boschi) con Juniperus turbinata, Chamaerops
humilis e Phillyrea angustifolia. Nello strato erbaceo è da segnalare la presenza
costante di Arisarum vulgare.
Di grande interesse floristico è anche l’Isola di S. Pietro, con buona parte del
territorio interessato dalle pinete a Pinus halepensis con Erica arborea e Arbutus
unedo e, lungo la costa, dai ginepreti a Juniperus turbinata, con prevalenza
di Chamaerops humilis nel settore meridionale e di Erica arborea in quello
settentrionale.
Per quanto riguarda l’Iglesiente non si hanno elementi significativamente differenti
da quanto descritto per il Sulcis. Anche in questo caso il settore collinare interno
è caratterizzato da sugherete, mentre le parti occidentali più elevate in quota
presentano caratteri floristici e vegetazionali già descritti per il Sulcis nel caso
delle leccete mesofile con Ostrya carpinifolia e Fraxinus ornus. Analogamente,
lungo la costa in prossimità di morfologie più acclivi, prevalgono i diversi aspetti
di vegetazione a Juniperus phoenicea subsp. turbinata.
Il sistema vulcanico Lo stesso schema vegetazionale vale per l’area di Oristano, con interessanti
del Montiferru elementi differenziali nel settore antistante il Golfo di Oristano, dove si sviluppano
estesi boschi mesoigrofili o planiziali a Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa,
Populus alba e P. nigra, tamariceti e cenosi a Nerium oleander, e quindi cenosi
psammofile costiere.
Procedendo verso nord, si entra nel sistema vulcanico del Montiferru. I caratteri
peculiari di questo territorio sono la presenza di Ostrya carpinifolia e Fraxinus
ornus nelle leccete, mentre nelle zone più elevate si ha un interessante aspetto
mesofilo di lecceta, tipico del clima mesotemperato superiore o supratemperato
inferiore con Ilex aquifolium, Crataegus monogyna, Hedera helix, Erica arborea e
Sanicula europaea.
Lungo la costa permane la presenza di cenosi a Olea europaea var. sylvestris e
Asparagus albus, mentre nelle zone più interne la lecceta si trova a contatto con
querceti caducifogli a Quercus ichnusae e Q. dalechampii e con la sughereta tipica
della vasta area centrale del settore settentrionale della Sardegna. Si tratta della
sughereta tipica del clima mesomediterraneo con querce caducifoglie e Arbutus
unedo, Erica arborea, Pyrus spinosa, Crataegus monogyna e nello strato erbaceo
Viola alba subsp. dehnhardtii, Carex distachya, Pulicaria odora, Brachypodium
sylvaticum, Luzula forsteri.
la nurra
La regione della Nurra, situata nella Sardegna S. nodulosa. Ci sono inoltre altre specie che
nord-occidentale, ha una estensione di 830 trovano in Sardegna nella Nurra il limite
kmq e presenta uno sviluppo costiero di circa di distribuzione. Ancora più preziosa la
130 km. I suoi limiti sono individuabili ad est presenza di due piccole aree di distribuzione
con la città di Sassari, a sud con la città di di popolazioni di due specie che sono
Alghero, a ovest con il Mar di Sardegna e a esclusive della Nurra: Anchusa sardoa e
nord con la penisola di Stintino. Silene ichnusae.
La maggior parte dell’area è occupata da Sono presenti anche specie che assumono a
pianure con rilievi di modesta altitudine livello globale una distribuzione frammentata
isolati nella zona più interna: i principali discontinua, utile per ipotizzare e ricostruire
sono il Monte Doglia (436 m) e il Monte i cambiamenti climatici e fitogeografici
Forte (464 m). Lungo le coste, invece, le del passato: Anthyllis barba-jovis, Armeria
aree con altitudine superiore ai 100 m si pungens, Brassica insularis, Chamaerops
sviluppano con una certa continuità. Le humilis, Ephedra distachya ed Erodium lebelii
massime altitudini a ridosso della linea di subsp. marcuccii. Una orchidea, Serapias
costa generano spesso alte e ripide scogliere nurrica, trae nome da questa subregione
come Punta Cristallo (320 m) e Punta sarda.
Capparone (445 m). Il substrato geologico Questo diversificato insieme di specie
è eterogeneo, con rocce carbonatiche, scisti contribuisce alla grande e originale diversità
e depositi alluvionali e con la sua diversità dei paesaggi vegetali. Il suggestivo paesaggio
geomorfologica contribuisce alla ricchezza delle alte scogliere è abitato da specie adattate
floristica della regione. alla salinità delle mareggiate, che in inverno
La flora della Nurra è ricca di specie ad ampia raggiungono altezze di diversi metri, quali
distribuzione nel mediterraneo che con la loro Crithmum maritimum e numerose endemiche
abbondante presenza delineano il classico come Erodium corsicum, Seseli bocconi
paesaggio mediterraneo costiero. I visibili subsp. praecox, Brassica insularis, Limonium
tratti di originalità floristica sono tuttavia acutifolium e L. nymphaeum. Internamente, la
conferiti da un elevato numero di specie a copertura della vegetazione diventa più fitta
ristretta distribuzione. Le endemiche sarde con piccoli cespugli, a volte a forma di cuscino,
sono Anchusa sardoa, Bituminaria morisiana, anche essi adattati alla salinità e alla forte
Centaurea horrida, Echium anchusoides, azione meccanica dei venti freddi invernali. In
Galium schmidii, Genista sardoa, Limonium questo contesto troviamo Euphorbia pithyusa e
acutifolium, L. glomeratum, L. laetum, L. Helichrysum microphyllum subsp. tyrrhenicum
nymphaeum, Silene beguinotii, S. ichnusae e con Astragalus terraccianoi, Centaurea horrida,
Vinca sardoa. Genista corsica, Stachys glutinosa, Teucrium
Le endemiche sardo-corse sono Allium marum e T. polium subsp. capitatum. Il
parciflorum, Anchusa crispa subsp. crispa, paesaggio delle scogliere è interrotto dalle zone
Astragalus terraccianoi, Bryonia mormorata, umide costiere salate o salmastre (Stagno di
Erodium corsicum, Evax rotundata, Leucojum Casaraccio, Saline di Stintino, Stagno di Pilo
roseum, Linaria flava subsp. sardoa, e Stagno di Calik) con tipologie di vegetazione
Nananthea perpusilla, Ophrys sphegodes ad Arthrocnemum macrostachyum, Halimione
subsp. praecox, Polygonum scoparium, portulacoides, Sarcocornia fruticosa e vari
Genista corsica, Ornithogalum corsicum, giunchi, vegetazione annuale a Cressa cretica,
Seseli bocconi subsp. praecox, Silene corsica, Salicornia emerici, S. patula e Salsola soda,
vegetazione sommersa ad Althenia filiformis
Anchusa sardoa, e varie specie del genere Ruppia anche esse
esclusiva della Nurra
adattate a alti livelli di salinità. Anche i sistemi
(Baia di Porto Conte)
dunali costieri si alternano di frequente al
(E. Farris).
paesaggio delle scogliere. Abbiamo dune
embrionali e bianche ad Agropyron junceum ed
Ammophila littoralis con Silene corsica, le dune
grigie a Crucianella maritima con Armeria
pungens, Ephedra distachya, Helichrysum
microphyllum subsp. tyrrhenicum, Scrophularia
ramosissima e Thymelaea tartonraira; i pratelli
annuali con Cutandia maritima, Linaria flava
439 Subprovincia italo-tirrenica sarda
subprovInCIa apula
La città di Vieste (Gargano) si inserisce in parte su una stupenda falesia di bianchi calcari,
colonizzati dalla vegetazione alofila e nitrofila.
In primo piano l’imponente monolito detto Pizzo munno (E. Biondi).
442 Provincia adriatica
subprovInCIa apula
La Provincia adriatica include, oltre alla Puglia, aree più o meno vaste di altre regioni
italiane e territori della penisola balcanica che si affacciano sul Mare Adriatico e
sullo Ionio (dalla Croazia al Montenegro e dalla parte più occidentale dell’Albania
alla Grecia). Secondo la classificazione proposta da Rivas-Martínez, la Provincia
adriatica è suddivisa in 3 Subprovince: Epiro-Dalmatica, Peloponnesiana e Apula,
l’unica che interessa il territorio italiano.
La Subprovincia apula si estende dalla Penisola Salentina verso nord, lungo la
costa adriatica fino al promontorio del Conero, mentre verso ovest abbraccia
la costa ionica fino a Capo Spulico. Include per intero la Puglia con le Isole
Tremiti, la porzione orientale del Molise (Subappennino-Monti Frentani), la fascia
collinare dell’Abruzzo e una stretta fascia costiera e collinare delle Marche centro-
meridionali; lungo la costa ionica comprende la porzione orientale e meridionale
della Basilicata (Murgia materana, Metapontino e l’area della Collina materana).
Nella sua parte più occidentale confina con la Subprovincia appenninica, mentre
a sud entra in contatto con la Subprovincia calabra e ad oriente confina con il
Mare Adriatico e parte dello Ionio. Dal punto di vista climatico la Subprovincia
apula rientra in gran parte nella Regione climatica mediterranea e solo in misura
minore in quella temperata di transizione presente nelle Marche, in Abruzzo e in
Molise, e nelle parti più elevate del Gargano, delle Murge e della Basilicata.
marine come Zinzulusa (uno dei maggiori fenomeni carsici del Salento), Gattulla,
Palombara, Matrona, Romanelli e dei Cervi. La costa alta, senza soluzione di
continuità, raggiunge S. Maria di Leuca, dove l’Adriatico si connette direttamente
con lo Ionio. La costa ionica prosegue quindi prevalentemente con coste basse
alternate a limitati tratti di falesia.
L’area collinare La Subprovincia apula comprende una zona interna, collinare e subcostiera,
subcostiera in corrispondenza del Conero e della restante costa marchigiana, abruzzese e
e il Tavoliere molisana con pianure alluvionali piuttosto limitate. Verso l’interno segue una
fascia collinare, di natura marnoso-argillosa o arenaceo-marnosa, che precede i
primi rilievi calcarei dell’Appennino. Il sistema collinare è solcato da numerosi corsi
d’acqua, provenienti dalla zona montana, che danno luogo a valli dall’andamento
subparallelo fra loro e perpendicolare alla linea di costa. L’erosione superficiale dei
substrati argillosi, dovuta all’opera delle acque di dilavamento, crea in molte zone
morfologie calanchive con solchi molto incisi alternati a creste sottili, che possono
dare luogo a paesaggi spettacolari come quelli presenti nel territorio compreso
tra Ascoli Piceno e Fermo, nei comuni di Atri o di Montenero di Bisaccia. Queste
morfologie sono contraddistinte da caratteristici aspetti vegetazionali e dalla
presenza di specie di notevole interesse adattate alle difficili condizioni ambientali.
Procedendo verso sud-est si arriva al Tavoliere, una vasta area pianeggiante (in
realtà variamente sollevata e solcata), la più estesa dell’Italia peninsulare, che si
estende fra i fiumi Fortore a nord e Ofanto a sud, i Monti della Daunia a ovest e
il Gargano e l’Adriatico a est. Dal punto di vista geologico, il Tavoliere può essere
considerato come una porzione di fondo marino emerso (pianura di sollevamento),
costituito da sedimenti di varia natura in cui si alternano strati argillosi, sabbiosi
e calcarei, pliocenici e quaternari.
Limitatamente alle fasce lungo i modesti corsi d’acqua che solcano il Tavoliere,
si rinvengono anche depositi alluvionali recenti, che occupano aree più ampie
solo nella parte più bassa vicina al mare. Il Tavoliere può essere distinto in due
aree: una più interna, Alto Tavoliere, che si solleva gradatamente in una serie di
ripiani che raggiungono i 250-450 m di quota, separati da ampie valli dai fianchi
ripidi aperte dai corsi d’acqua che scendono dal subappennino e l’altra, Basso
Tavoliere, che è tendenzialmente pianeggiante e arriva fino al Golfo di Manfredonia.
A ridosso della costa si trovano il Lago Salso e l’ex Lago di Salpi, oggi bonificato e
trasformato in una estesa salina.
Il Gargano Il promontorio del Gargano, limitato a ovest e sud-ovest dal Tavoliere e circondato
per le restanti parti dall’Adriatico, si configura come un massiccio calcareo
compatto, la cui altitudine varia dai 600 ai 1.000 metri; le quote maggiori sono
raggiunte dalle cime arrotondate del Monte Calvo (1.056 m) e del Monte Spigno
(1.009 m). Nella struttura del promontorio è possibile distinguere porzioni a
morfologia differente: un altopiano, tipicamente carsico, una ripida scarpata
(circa 300 m) che limita l’altopiano a sud e a ovest, un ampio terrazzo con depositi
quaternari alla base di quest’ultima e, a nord e a est, un sistema di piccole valli
separate da lunghe dorsali.
L’altopiano, intensamente interessato dai fenomeni carsici, si presenta come un
susseguirsi di pianori e dossi arrotondati con numerose doline, spesso fuse fra
loro in forme complesse, diversi bacini chiusi e allungati con il fondo costituito da
terre rosse, vari inghiottitoi e grotte.
A occidente del Tavoliere, fra l’Ofanto e il Fortore, si trovano i maggiori rilievi
pugliesi (fra cui Monte Cornacchia 1.152 m e Monte Saraceno 1.145 m), che
nel loro insieme costituiscono il Subappennino Dauno (o Monti della Daunia),
444 Provincia adriatica
Le Murge A sud-est del Tavoliere, tra il corso del Fiume Ofanto e la depressione più o meno
e la Penisola corrispondente all’allineamento Taranto-Brindisi (Soglia Messapica), si estende
Salentina l’altopiano calcareo delle Murge. In quest’area geografica possono essere distinte
due zone con caratteristiche differenti: le Murge Alte e i ripiani di Terra di Bari o
Murge Basse.
Le Murge Alte sono costituite da un altopiano di forma quadrangolare allungata,
debolmente ondulato, con una elevazione modesta compresa tra i 400 e i 686
m (Torre Disperata). Caratteristica è la presenza di ampi dossi di scarso rilievo,
spesso intervallati da depressioni carsiche con fondo ricoperto da un sottile strato
di terra rossa. L’altopiano murgiano è delimitato da scarpate nette e ripide, a tratti
interrotte da profonde incisioni torrentizie che possono formare vere e proprie
gole, dette gravine. A questo primo salto di quota, cui è legato il dislivello maggiore,
ne seguono altri di minore entità, che delimitano due, tre gradini successivi
degradanti verso l’Adriatico.
In questo complesso sistema geomorfologico le Murge Alte lasciano il posto ai
ripiani di Terra di Bari, territorio debolmente ondulato, degradante verso il mare,
interrotto da un paio di bassi gradini paralleli alla costa, che danno luogo ad
una serie di ripiani, di cui l’ultimo termina in mare. Il substrato di queste aree è
costituito da calcari cretacei in alcuni casi ricoperti da lembi di terreni pliocenici
marini di spessore limitato. La natura calcarea del substrato è responsabile
dell’assenza di un’idrografia superficiale, dovuta all’assorbimento carsico delle
acque meteoriche. La presenza di diverse grotte, anche di grande sviluppo, è
legata al carsismo, mentre le doline sono piuttosto rare. Malgrado l’assenza della
rete idrografica superficiale, attraverso i gradini e i ripiani corrono caratteristici
solchi di incisione torrentizia detti lame.
La porzione più meridionale delle Murge pugliesi è detta Murgia dei Trulli o
Murge Baresi del sud-est e, come nel resto dell’altopiano, le rocce che affiorano
in superficie sono calcari cretacei, solo per piccoli lembi ricoperti da depositi
calcarenitici o argillosi, come le terre rosse da dissoluzione del calcare. Questo
settore è caratterizzato dalla marcata presenza di forme legate al carsismo, come
doline, polje e valli carsiche (ad esempio il Canale di Pirro) e da un’idrografia
superficiale poco sviluppata, che nella parte più vicina alla costa è costituita da
corsi brevi, rettilinei e subparalleli, mentre nella parte più interna appare molto
frammentata, costituita da corsi molto brevi che confluiscono nelle varie forme
carsiche.
La prosecuzione verso occidente delle Murge pugliesi è costituita dalla Murgia
Materana, un altopiano calcareo allungato da nord a sud, dalla superficie
pianeggiante o debolmente ondulata (400-500 m), caratterizzato dalla diffusa
presenza di canaloni più o meno profondamente incisi nella calcarenite di Gravina
e nel calcare di Altamura, originatisi per azione dell’acqua su preesistenti linee di
faglia. Si distinguono lame, dai fianchi non molto ripidi e dal fondo piatto spesso
utilizzato per scopi agricoli, e gravine con fianchi quasi verticali e fondo stretto e
spesso percorso da un corso d’acqua a regime torrentizio. Altro elemento distintivo
di questa parte delle Murge è la scarsa presenza di forme legate al carsismo, sia
superficiale che profondo. Molto frequenti, nelle depressioni e nelle incisioni, sono
i depositi di terre rosse derivanti dalla dissoluzione del calcare.
445 Subprovincia apula
Flora e vegetazIone
A destra
Malus florentina,
detto melo ibrido,
in quanto probabile
ibrido tra
Malus sylvestris e
Sorbus torminalis,
si rinviene sporadica-
mente nei boschi
collinari della
penisola italiana
(E. Biondi).
447 Subprovincia apula
soprattutto, per le piante lianose, quali Smilax aspera, Rubia peregrina e Rosa
sempervirens. Lo strato erbaceo è fisionomicamente determinato da Cyclamen
repandum, C. hederifolium, Viola alba subsp. dehnhardtii e V. reichenbachiana,
nonchè, Buglossoides purpurocaerulea e Symphytum tuberosum.
Bosco a Fraxinus Sui versanti interessati da affioramenti arenaceo-pelitici si rinviene una cerreta,
angustifolia subsp. in cui è presente anche Quercus crenata, detta cerrosughera, in quanto ritenuta
oxycarpa di origine ibridogena tra Quercus cerris e Q. suber. Altre specie arboree presenti
al margine del fosso sono Fraxinus ornus, Sorbus domestica, S. torminalis, Ostrya carpinifolia e Acer
che suddivide in
campestre. Tra le liane vi sono Lonicera xylosteum e L. caprifolium. Arbusti diversi
due parti la
Selva di Gallignano si rinvengono in una variante di questa cerreta legata ad un suolo, con una
(AN) maggiore presenza di arenarie che favorisce la diffusione di dense popolazioni
(E. Biondi). di Erica arborea, all’interno delle quali si inseriscono esemplari del raro Malus
florentina.
In un’insenatura che divide in due parti
la Selva, determinata dallo scorrimento
di un fosso, è presente un bosco
ripariale molto raro, rappresentato da
un frassineto a Fraxinus angustifolia
subsp. oxycarpa, con esemplari di
specie lianose mediterranee, quali
Smilax aspera e Rubia peregrina. Nella
parte basale della Selva, su morfologie
leggermente pianeggianti, è inoltre
presente un noccioleto, dove Corylus
avellana, si combina con specie
mediterrane quali Rosa sempervirens,
Rubia peregrina e Laurus nobilis.
Completa il gruppo delle tipologie
forestali rinvenute nella Selva di
Gallignano, il querceto a Quercus
virgiliana che si sviluppa sulle molasse,
formazioni di conglomerati sabbiosi,
che tipicamente si distribuiscono a
tetto del sistema morfologico collinare
arenaceo-pelitico.
In quest’area, procedendo verso il
mare, si incontrano limitate pianure di
terreno fertile completamente coltivate.
Nei tempi passati, sin dall’epoca dei
romani, le stesse zone si inondavano
frequentemente per cui si resero
necessari interventi di bonifica. La
pratica venatoria ha però portato i
cacciatori a ricostruire, almeno in
parte, gli ambienti umidi originali, detti
guazzi, che svolgono anche un ruolo di
salvaguardia ambientale.
448 Provincia adriatica
guazzI e bIodIversItà
Un guazzo nella
piana degli Scossicci;
sullo sfondo la
Basilica della Santa
Casa di Loreto (AN)
(E. Biondi).
I guazzi sono ambienti umidi artificiali, Questi ecosistemi, distribuiti prevalen-
di piccole dimensioni, realizzati e gestiti temente nel settore planiziale e alluvionale
a scopo venatorio, tipicamente diffusi del tratto terminale del Fiume Musone
nelle aree alluvionali subcostiere nelle (comuni di Recanati, Castelfidardo
Marche. Nonostante l’origine artificiale, e Loreto, a cavallo tra le province di
tali ecosistemi svolgono un significativo Macerata e di Ancona), svolgono un
ruolo di rinaturazione del territorio in importante ruolo nel mantenimento e
quanto ospitano specifici habitat per incremento della diversità biologica in
piante e animali un tempo presenti nelle aree con coltivazione intensiva e quindi
aree indicate e scomparsi con le bonifiche condizionate da forte impatto antropico.
realizzate nel corso dei secoli. Del resto, numerosi documenti storici
testimoniano l’esistenza nella zona, in
Cabreo settecentesco secoli diversi, di estesi ambienti umidi
delle proprietà della che venivano alimentati dalle frequenti
Santa Casa di Loreto esondazioni del Fiume Musone. Toponimi
in cui si evidenzia quali Laghi, Moglie e Pescara richiamano
la presenza del Lago questa condizione ambientale unitamente
dell’Acquaviva all’esistenza, in epoca storica, del lago
(E. Biondi). dell’Acquaviva, mantenutosi sicuramente
sino al settecento.
Un guazzo misura mediamente 7.000 m2
circa mentre i livelli di profondità delle
acque a regime vengono stabiliti in base
all’esperienza pluriennale dei cacciatori,
in modo da consentire la diversificazione
delle nicchie ecologiche per l’avifauna. La
profondità media dell’acqua è di circa 50
cm mentre verso la riva si raggiungono i
70 cm e appena 20 cm nella zona centrale,
di fronte alla capannina di appostamento.
Questi ecosistemi umidi, al pari dei
naturali, richiamano una grande quantità
di uccelli tra i quali, a titolo di esempio, si
449 Subprovincia apula
Sclerochloa dura
specie che in
associazione con
Coronopus
procumbens
forma comunità lungo
i sentieri frequentati
da mezzi agricoli
(E. Biondi).
451 Subprovincia apula
Il promontorio del Nel promontorio calcareo del Monte Conero, la vegetazione forestale che domina
Monte i versanti a mare è costituita da un’estesa lecceta, che si presenta in aspetti
Conero fisionomici e floristici distinti: la parte settentrionale, rivolta ai freddi venti di
bora, è praticamente costituita da una lecceta mista con caducifoglie come Ostrya
carpinifolia, Fraxinus ornus, Quercus virgiliana, Acer opalus subsp. obtusatum e
altre specie più mesofile, che si trovano nei settori più elevati del versante. Tra
queste meritano di essere ricordate Ilex aquifolium e Sorbus aria. In questo contesto
non mancano ovviamente le specie mediterranee, tra le quali, oltre alle lianose già
indicate, sono presenti in rilevante quantità Laurus nobilis, Rhamnus alaternus e
Viburnum tinus. Tra le erbacee sono frequenti Cyclamen repandum, C. hederifolium,
Melittis melissophyllum, Hepatica nobilis, Fragaria vesca, Melica nutans. Il versante
sud-orientale del Conero ospita una lecceta termofila, in cui prevalgono le specie
sempreverdi, tra le quali, oltre a Quercus ilex, si rinvengono Rhamnus alaternus,
Phillyrea latifolia, Pistacia lentiscus e Juniperus oxycedrus, mentre le uniche
caducifoglie sono Fraxinus ornus e Pistacia terebinthus. Di quest’ultimo si rinviene
una rara forma ibridogena, che si
origina mediante l’incrocio con Pistacia
lentiscus, denominata P. terebinthus x
saportae, facilmente riconoscibile per i
suoi caratteri fogliari intermedi.
Il territorio del Monte Conero è stato
nel tempo intensamente utilizzato
dall’uomo per il pascolamento degli
animali domestici, al punto tale da
favorirne un impressionante degrado.
All’inizio del secolo passato si mise
rimedio con un grosso intervento di
riforestazione che portò a ricoprire tutta
la parte occidentale del rilievo. A seguito
di questo vasto rimboschimento la zona
calcarea del monte, già negli anni ottanta
del secolo passato, non presentava più
estese praterie secondarie, ma solo
frammenti arealmente molto limitati.
Si trattava di formazioni attribuibili ad
Il promontorio una comunità con Convolvulus elegantissimus, specie a distribuzione strettamente
calcareo del Conero mediterranea, dominata da Bromus erectus, che costituiva praterie secondarie
è ricoperto da boschi ricche anche di orchidee. Tali praterie sono state purtroppo abbandonate e, nel
di Quercus ilex e tempo, si sono spontaneamente trasformate, attraverso colonizzazioni successive
Ostrya carpinifolia, a
seconda
da parte di Brachypodium rupestre e di Ampelodesmos mauritanicus, Juniperus
dell’esposizione e oxycedrus e Spartium junceum, che hanno di fatto determinato l’estinzione della
dell’altitudine. prateria sul promontorio. Della vegetazione pascoliva restano alcuni appezzamenti
In primo piano si sul Monte Colombo, un’area collinare prossima al rilievo del Conero.
evidenzia il lungo Per quanto riguarda le coste rocciose del litorale marchigiano a sud di Ancona,
Scoglio del Trave, a sono presenti formazioni marnoso-arenarie e marnoso-argillose, in cui l’erosione
delimitare il Golfo di
Portonovo
prodotta dal mare si realizza mediante frane per scivolamento e pertanto prevale
(E. Biondi). una vegetazione molto densa, dominata da Arundo plinii. Nelle aree in cui si
incontrano oltre alle formazioni argillose anche rocce più dure, si hanno frane
di crollo nelle quali il materiale argilloso di risulta viene colonizzato da comunità
erbacee a Tussilago farfara, Daucus carota, Sulla coronaria e Pulicaria dysenterica.
Successivamente queste superfici vengono occupate da popolazioni di Arundo
plinii, che con i rizomi consolidano il pendio.
452
Tussilago farfara è
specie tipica dei
substrati argillosi.
Insieme a Daucus
carota colonizza,
come pioniera, il
materiale di risulta
degli
smottamenti della
falesia marnoso-
arenacea
(E. Del Vico).
Frutto di
Ziziphus jujuba
(E. Biondi).
Calendula suffruticosa
subsp. fulgida
delimita i coltivi. Si
tratta di una pianta
che lungo l'intero
versante adriatico
è esclusivamente
presente nelle Marche
(E. Biondi).
454 Provincia adriatica
La Baia di Portonovo
vista dal Pian Grande
(E. Biondi).
Il Monte Conero, alto 572 m, è situato lungo d’Italia, in quanto il rilievo orografico si situa
la costa marchigiana a circa 7 km a sud della proprio nell’area in cui la costa adriatica
città di Ancona. Si tratta di un promontorio italiana cambia esposizione divenendo nella
costituito da rocce calcaree con ripide falesie parte meridionale di questo, decisamente
sul mare Adriatico mentre i versanti verso più inclinata. Conseguenza diretta di questo
l’entroterra scendono più lentamente. Il orientamento espositivo è il cambiamento
rilievo del Conero è prevalentemente ricoperto delle condizioni bioclimatiche che di-
di boschi di sempreverdi e di caducifoglie ma vengono notevolmente più calde in quanto
non sono rari i boschi misti in cui le due si passa dal macrobioclima temperato a
tipologie di alberi si associano. quello mediterraneo. Il Conero presenta
La ricchezza floristica dell’area del Conero si inoltre un’elevata varietà di ambienti e
deve in gran parte alla posizione geografica, quindi una notevole biodiversità di specie
del promontorio denominato anche gomito animali e vegetali collegabile anche alla
storia geologica di questo settore che ha major subsp. emeroides, Pistacia terebinthus,
portato, più volte nelle epoche geologiche Lonicera implexa, Euphorbia veneta, Trigonella
passate, alla costituzione di collegamenti monspeliaca, Astragalus sesameus, Ruta
diretti e indiretti con la penisola balcanica. chalepensis subsp. latifolia, Convolvulus
Tutti questi elementi hanno determinato le elegantissimus e Andrachne telephioides,
particolari condizioni biologiche ed ecologiche mentre Crucianella latifolia, indicata da
che hanno indotto l’illustre fitogeografo Paolucci nella sua "Flora Marchigiana" è
Augusto Béguinot (1875-1940) a definirlo purtroppo estinta in tutta la regione.
come nodo biogeogreafico. Infatti nell’area Significativa è inoltre la consistenza nella flora
del promontorio si incontrano piante che vi del parco delle specie ad ampia distribuzione
trovano il limite settentrionale o meridionale che costituiscono nel complesso l’11,7%,
del loro areale nell’Adriatico italiano. Tale indicando l’elevata antropizzazione di questo
concetto ha trovato ulteriori importanti territorio, di notevole richiamo turistico, su
conferme nel proseguo dell’esplorazione cui insistono città, villaggi turistici e vaste
floristica della stessa zona che ha portato a aree agricole. A questa condizione si lega la
rinvenire negli anni altre significative specie consistente presenza delle entità esotiche
da parte degli studiosi che vi hanno svolto le (9,5%) seppure con valori percentuali inferiori
loro ricerche. sia a quelli delle Marche (12,57%) sia a quelli
Per la sua importanza ambientale e d’Italia (13,4%).
paesaggistica l’area del Conero è stata Buona parte del promontorio è ricoperto
riconosciuta nel 1987 come Parco Naturale da boschi che esprimono una diversità
Regionale, il primo istituito nelle Marche. fitocenotica assolutamente rilevante
La recente pubblicazione della "Flora del considerando anche la limitata superficie
Parco del Conero" ha messo in evidenza dello stesso. Gli altri ambienti più significativi
l’enorme biodiversità del territorio del Parco del Parco, in cui si concentra la maggiore
del Conero con ben 1.169 entità di livello biodiversità dell’area, sono le coste alte mentre
specifico e subspecifico (il numero totale in quelle basse la variabilità si è andata
comprende anche 64 entità, anticamente perdendo pressoché completamente negli
segnalate, che in realtà non sono state più ultimi anni. Significativamente importanti
ritrovate in tempi recenti). Dal punto di vista sono inoltre le residuali aree umide, in quanto
tassonomico, la flora del parco è suddivisa ospitano le superstiti vestigia di acquitrini e
in 101 famiglie e 507 generi. Lo spettro paludi.
biologico mette in evidenza la prevalenza
di terofite (37,8%) e l’abbondanza delle Le coste alte. Il tratto di costa tra Ancona
emicriptofite (31%), seguono quindi le geofite e il Conero a nord e tra questo e la cittadina
(11,9%) e le fanerofite (10,6%). Lo spettro di Numana a sud, sono costituiti da rocce
corologico indica la prevalenza delle specie friabili, marne e arenarie che ospitano
mediterranee tra le quali le eurimediterranee comunità arbustive diverse: sulle arenarie
sono maggiormente rappresentate (26,2%), dominano i cespuglieti di Spartium junceum
anche le stenomediterranee costituiscono un mentre sulle marne dense le formazioni a
consistente contingente (13%), confermando Arundo plinii. Il nucleo calcareo del Monte
come l’area si trovi nel limite settentrionale Conero presenta invece falesie di bianchi
di diffusione del macrobioclima mediterraneo calcari compatti che ospitano la flora più
lungo l’Adriatico italiano. interessante e diversificata. La parte più
Tra le specie che al Conero trovano il limite importante del parco in termini naturalistici è
settentrionale di distribuzione lungo la costa rappresentata dalla cosiddetta Valle delle due
adriatica italiana si ricordano: Ampelodesmos Sorelle, detta in anconetano antico Valle delle
mauritanicus, Melica arrecta, M. minuta, Vellare, dove la Vella è la parola utilizzata
Atriplex halimus, Rapistrum rugosum per indicare Ampelodesmos mauritanicus che
subsp. linnaeanum, Hippocrepis ciliata, associandosi a Coronilla valentina subsp.
Coronilla valentina, Sulla capitata, Euphorbia valentina e a Spartium junceum, ricopre
dendroides, Micromeria graeca subsp. graeca, praticamente l’intera valle costituita in
Plantago serraria, Fumana arabica, Brassica prevalenza da formazioni detritiche calcaree.
montana, Juniperus oxycedrus subsp. Nella medesima valle si rinviene anche
macrocarpa e Trifolium suffocatum. Euphorbia dendroides. Si rinviene sulle rupi
Sul Conero si rinvengono inoltre anche specie calcaree presso il mare, sopra lo scoglio delle
che mancano in tutto il litorale adriatico due sorelle e nella vicina spiaggia dei Gabbiani
settentrionale fino alla Venezia Giulia. Tra in cui si accompagna a Euphorbia veneta
queste: Pinus halepensis, Achnatherum colonizzando una conoide di detriti molto fini
bromoides, Asphodeline liburnica, Emerus che si depositano su una strettissima fascia
456 Provincia adriatica
che separa il mare dalla falesia verticale. È di là della limitata dimensione. Infatti la
quest’ultima una specie ad areale nettamente vasta pineta che si rinviene sul versante
adriatico-orientale, diffusa soprattutto dalla occidentale del Monte Conero, è conseguente
Dalmazia all’Istria, con irradiazioni verso al rimboschimento, realizzato dal Corpo
l’area costiera Triestina. Secondo la Lista Forestale dello Stato, a partire dal 1932.
Rossa Regionale delle Marche rientra nella Sulle ripide falesie della Valle delle Due
categoria CR (specie gravemente minacciata). Sorelle e sui detriti calcarei a mare si
Nella parte più stabile della Valle delle Vellare rinviene un’altra pianta interessante,
sono stati rinvenuti anche pochi esemplari Brassica montana, specie questa che in Italia
di Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa: presenta un areale frammentario di carattere
entità ad areale strettamente mediterraneo relittuale. Nel territorio del parco la pianta
diffuso in adriatico solo a sud del Conero. è piuttosto comune sulle falesie calcaree
Secondo la Lista Rossa regionale delle Marche dal Pian Grande al Passo del Lupo, dove la
rientra nella categoria CR (gravemente brassica colonizza sia l’area più prossima al
minacciata) per il basso numero di individui mare, associandosi a Crithmum maritimum
che costituiscono l’unica popolazione e a Reichardia picroides var. maritima. Nella
presente nella regione. parte più elevata della falesia, la stessa pianta
Nella parte più elevata della stessa Valle si associa a Matthiola incana. Oltre che sulle
si rinviene una singolare pineta rupestre, falesie calcaree Brassica montana si rinviene
costituita da esemplari molto radi di Pinus anche su quelle argilloso-arenacee in cui si
halepensis che rappresenta una formazione associa invece con Diplotaxis tenuifolia.
naturale relittuale molto significativa al In cima alla falesia è tornata a fiorire in
Coronilla valentina
e suo areale
(E. Biondi).
457 Subprovincia apula
Euphorbia dendroides
e suo areale
(E. Biondi).
Juniperus oxycedrus
subsp. macrocarpa
nella Valle delle
Vellare e suo areale
(E. Biondi).
In basso a destra
Spartium junceum, la
ginestra è considerata
la pianta simbolo del
Parco del Conero
(E. Biondi).
Antirrhinum majus
subsp. tortuosum è
pianta steno-mediter-
ranea occidentale che
raggiunge l'Adriatico e
che trova sul Conero il
limite settentrionale
del proprio areale
(E. Biondi).
458 Provincia adriatica
tra Numana e la foce del Fiume Musone. Si sottile, che dominava insieme a Raphanus
tratta di piccoli lembi di spiaggia a causa raphanistrum subsp. landra.
dell’erosione marina e, soprattutto, fortemente Polygonum maritimum è una specie delle
alterati dall’eccessiva pressione antropica dune marittime e delle spiagge ciottolose che
che si esercita sia durante la stagione estiva raggiunge a sud del Monte Conero il limite
con la frequentazione turistica, sia durante di distribuzione settentrionale per il versante
quella invernale durante la quale, per adriatico occidentale. Nel territorio del parco
proteggere le infrastrutture turistiche dalle si rinviene nella spiaggia di Marcelli.
mareggiate, la sabbia viene spostata con Lolium rigidum subsp. lepturoides è una
le ruspe e accumulata nella parte alta della specie ad areale strettamente mediterraneo,
stessa spiaggia. Questa gestione sconsiderata diffusa negli incolti subsalsi lungo le coste.
ha determinato la quasi totale scomparsa Tra il Conero e Senigallia trova il limite
delle specie psammofile e retrodunali quali: settentrionale di distribuzione per il versante
Echinophora spinosa, Euphorbia paralias, adriatico occidentale, mentre nel versante
Eryngium maritimum, Calystegia soldanella, orientale è segnalata per la costa croata.
Medicago marina e Cuscuta cesatiana. Di altre Silene nocturna è una specie che trova nella
specie persistono ancora significative presenze stazione di Pesaro il limite settentrionale
che possono essere recuperate e utilizzate per di distribuzione nell’Adriatico italiano. Nel
la ricostituzione della vegetazione dell’area. territorio del parco è stata rinvenuta nel
Glaucium flavum si è rifugiato nel retroduna settore retrodunale della parte meridionale
e può tornare a colonizzare la duna, di ghiaia della spiaggia di Marcelli.
Plantago serraria è una specie a gravitazione
strettamente mediterranea che trova nel
Brassica montana territorio del parco il limite settentrionale di
(E. Biondi). distribuzione. Si rinviene negli incolti aridi
subsalsi, su suolo sabbioso, nel tratto più
meridionale del parco, tra Marcelli e la foce
del Musone.
Allium chamaemoly è una specie a
distribuzione strettamente mediterranea
prevalentemente occidentale. Lungo il litorale
adriatico italiano si rinviene dalla Puglia
alle Marche, in luoghi erbosi aridi su suolo
sabbioso. Per il territorio del parco è stata
segnalata, per la prima volta, presso la foce
del Musone e nell’area retrostante la spiaggia
Anthyllis barba-jovis di Marcelli e rinvenuta di recente negli stessi
esemplare reintrodotto luoghi, ma anche sul margine della falesia in
nella Valle delle Vellare località Pian Grande.
(M. Morbidoni). Romulea columnae è una specie a distribuzione
strettamente mediterranea, presente nel
versante adriatico italiano, in Puglia e nelle
Marche. Nel territorio del parco si rinviene nei
pratelli terofitici retrodunali a Marcelli.
Romulea ramiflora subsp. ramiflora è una
specie stenomediterranea-macaronesica,
segnalata in Italia per Liguria, Toscana, Lazio,
Molise, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.
Nel 2001 la pianta è stata rinvenuta nell’area
retrodunale, sul litorale di Marcelli di
Numana; la stazione è, al momento, l’unica
nota per la regione e la più settentrionale del
versante adriatico italiano.
Allium commutatum
si rinviene nella zona
rocciosa raggiunta
dalle onde del mare
in tempesta
(E. Biondi).
Asphodeline liburnica
nella falesia
marnoso-arenacea
con Arundo plinii
(E. Biondi).
A destra
Cladium mariscus
(E. Biondi).
Allium chamaemoly
(E. Biondi).
A destra
Romulea ramiflora
subsp. ramiflora. Il Co-
nero rappresenta l'unica
stazione marchigiana di
presenza della specie e
anche la più settentrio-
nale del versante
adriatico italiano
(E. Biondi).
460 Provincia adriatica
La costa La provincia di Ascoli Piceno nel settore costiero retrodunale ospita una zona
meridionale salmastra di notevole importanza per le Marche in quanto è l’unica superstite dei
delle Marche territori salati che interessavano il litorale regionale sino alla fine del settecento. Si
e dell’Abruzzo tratta della Riserva Naturale Regionale della Sentina di Porto d’Ascoli, in prossimità
della foce del Fiume Tronto, che separa territorialmente le Marche dall’Abruzzo.
Tra le piante ipersalate più importanti presenti si segnalano Salicornia patula e
S. veneta, Arthrocnemum macrostachyum, Sarcocornia perennis, Aster tripolium,
Limonium narbonense, Artemisia caerulescens subsp. caerulescens e Plantago
cornuti (le ultime due erano estinte in questo luogo e sono state reintrodotte, da
poco tempo).
Percorrendo la costa abruzzese si incontrano poche cenosi forestali e tra queste
quelle dominate da Quercus ilex, che sono situate prevalentemente nella parte
centro-meridionale della regione. Queste si concentrano in tre aree costiere (San
Silvestro presso Pescara, Rocca San Giovanni e Torino di Sangro) ed in due
zone collinari più interne, lungo le valli dei fiumi Sangro (Vallaspra di Atessa) ed
Aventino (Casoli).
Tra le leccete costiere la più importante per estensione è quella di Torino di Sangro,
istituita in Riserva Naturale Regionale, per un’estensione di 175 ha. In questa
dominano, oltre a Quercus ilex, Fraxinus ornus e Quercus virgiliana, mentre in
alcune aree particolarmente umide si formano facies più mesofile differenziate
dalla presenza del cerro e da un folto tappeto di Hedera helix.
Nel sottobosco è presente Drymochloa drymeja subsp. exaltata, entità endemica
dell’Italia peninsulare che nel versante adriatico raggiunge il limite settentrionale
a Torino di Sangro.
Nelle stazioni più acclivi del tratto di costa fra Ortona e Vasto, su substrati
arenacei o conglomeratici, è possibile osservare comunità dominate, oltre che
da Crithmum maritimum, anche da Daucus carota subsp. hispanicus, Limonium
virgatum e Helichrysum italicum, mentre sulle cenge si insediano nuclei di
macchia mediterranea.
Un interessante esempio di bosco planiziale è il Bosco di Don Venanzio, di pochi
ettari, con alberi anche di notevoli dimensioni, che occupa un antico meandro
del fiume Sinello. Si sviluppa sui due terrazzi alluvionali più bassi del fiume e
sulla scarpata che li raccorda. Nel settore meglio drenato del terrazzo più alto e
sulla scarpata, il bosco è costituito principalmente da Quercus robur e Carpinus
betulus, con Ulmus minor, Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa, Populus alba,
Quercus cerris e Acer campestre, mentre sono assenti le specie più igrofile che
invece caratterizzano la porzione più bassa. Particolarmente interessante è la
presenza nel sottobosco, a così breve distanza dal mare e ad una quota di circa 30
m, di specie legate a formazioni di climi più freddi (boschi mesofili e faggete), come
Galanthus nivalis e Sanicula europaea. Sul secondo terrazzo, in cui il drenaggio
dell’acqua è minore, si sviluppa un bosco più igrofilo, dominato da Ulmus minor,
Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa e Populus alba, con diverse specie di carici
(Carex pendula, C. remota, C. divulsa). In contesti ambientali simili è possibile
rinvenire Dracunculus vulgaris, pianta simbolica per le sue caratteristiche ed al
tempo stesso per la sua rarità. Vive infatti nei boschi igrofili, al margine di aree
umide, ambienti che sono stati per lo più gravemente alterati e distrutti. Diviene
pertanto importante conoscere meglio l’autoecologia della specie per poterla
salvare.
461 Subprovincia apula
Frammento di orlo
di vegetazione nel
margine della Selva di
Montedoro in cui si
rinviene la comunità a
Dracunculus vulgaris
(foglie al centro della
foto)
(E. Biondi).
La costa Nel territorio molisano, seguendo la costa, si incontra il Bosco Fantine, alla
molisana foce del torrente Saccione, nel comune di Campomarino. Il bosco è localizzato
nelle depressioni interdunali dove l’acqua ristagna nel periodo autunno-inverno
ed è compreso, per la sua importanza floristica e vegetazionale, nel SIC “Foce
Saccione-Bonifica Romitelli”.
La flora del SIC è costituita da 313 taxa divisi in 65 famiglie, tra questi
numerosi sono rari e di rilevante interesse fitogeografico (la maggior parte sono a
distribuzione mediterranea). Tra le specie più significative che si rinvengono sui
sistemi sabbioso-dunali, si possono ricordare: Alkanna tinctoria subsp. tinctoria,
Anchusa undulata subsp. hybrida, Centaurea nicaeensis, Colchicum cupanii,
Euphorbia terracina, Helianthemum jonium, Iris lorea, Malcolmia nana, Romulea
rollii e Verbascum niveum subsp. garganicum. Nelle aree umide è possibile rinvenire
specie anch’esse importanti, quali: Carex acutiformis, C. divisa, C. pairaei, Cladium
mariscus e Clematis viticella. Nel bosco igrofilo, unico superstite di ben più estese
formazioni, si rinvengono fanerofite, nano-fanerofite e geofite. La vegetazione del
Bosco Fantine, dominata da Ulmus minor, si presenta in due principali aspetti:
il primo, regolarmente inondato nei periodi più umidi, con Fraxinus angustifolia
subsp. oxycarpa, Quercus cerris e Populus alba, si estende per 12 ha circa e
rappresenta ciò che resta della foresta litoranea; il secondo origina la porzione
più settentrionale del bosco, è costantemente allagata e costituisce l’aspetto di
maggiore rarità. Viene descritto come variante ad Apium nodiflorum, in cui si
rinvengono anche Carex pairaei e C. otrubae. Il mantello del bosco è delimitato da
una macchia igrofila a Myrtus communis, in cui si rinvengono diverse popolazioni
di Phillyrea angustifolia, Pistacia lentiscus e Smilax aspera. La vegetazione
della duna presenta nuclei residuali di ginepreto a Juniperus oxycedrus subsp.
macrocarpa e formazioni di gariga a Helianthemum jonium e Fumana thymifolia
con Lotus commutatus, Teucrium polium e Artemisia variabilis. Interessante è,
inoltre, la presenza di una comunità nitrofila a Euphorbia terracina e Verbascum
niveum. Nella vegetazione erbacea dunale si rinvengono formazioni annuali a
Stipa capensis e in aree più depresse la vegetazione assume aspetti dominati da
Imperata cylindrica.
463 Subprovincia apula
I calanchi Nelle Marche meridionali, in Abruzzo e nel Molise, nella fascia collinare sub-
costiera e pre-appenninica di natura argillosa, sono frequenti i calanchi. Si tratta
di formazioni spettacolari che si sviluppano in seguito all’erosione superficiale dei
versanti argillosi. Le più importanti aree
calanchive nelle Marche si rinvengono
nel territorio ascolano (Ascoli Piceno,
Appignano del Tronto, Castignano,
Ripatransone), in Abruzzo sono famosi i
calanchi di Atri, mentre in Molise sono
diffusi nell’area di Montenero di Bisaccia.
Nei calanchi di Atri, che possono essere
presi ad esempio per descrivere la
flora delle formazioni calanchive di
questo territorio, si rinvengono specie
quali Elytrigia atherica, graminacea
perenne caratteristica dei suoli argillosi
e subsalsi, contraddistinta da forti
rizomi stoloniferi, Scorzonera laciniata,
Dactylis glomerata subsp. hispanica,
Galatella linosyris, anch’essa propria
di suoli argillosi e subsalsi, Lepidium
I calanchi draba, Cynara cardunculus e Capparis spinosa, che con le sue radici poderose si
di Ripaberarda insedia lungo le creste del calanco resistendo all’erosione incessante e progressiva.
nell’ascolano Altre importanti formazioni calanchive abruzzesi sono quelle di Atessa. Qui sono
(T. Baldoni). stati individuati diversi aspetti vegetazionali, legati alle differenti porzioni del
calanco:
- sui fianchi a prevalente esposizione meridionale, aree ad erosione molto
marcata, si trova un mosaico di popolamenti pionieri perenni ad Artemisia
caerulescens subsp. caerulescens e Elytrigia atherica e popolamenti terofitici a
Hainardia cylindrica e Anacyclus clavatus;
- sui fianchi ad esposizione settentrionale, sottoposti ad un’erosione meno
marcata, si insedia la vegetazione a Cardopatum corymbosum;
- sulle aree dei fianchi dove si accumula l’argilla da dilavamento si sviluppano
comunità terofitiche costituite da Parapholis strigosa, Plantago weldenii e
Hordeum marinum subsp. marinum;
- nelle porzioni più basse e meno acclivi si sviluppano popolamenti a Arundo
plinii e a Tamarix africana.
Sulla capitata
colonizza la colata
delle argille nella
parte più bassa del
calanco
(L. Rosati).
Cynara cardunculus
è specie termo-
mediterranea che
vive su terreni
prevalentemente
argillosi, per cui è
frequente sui calanchi
dell’Italia meridionale
(E. Biondi).
464 Provincia adriatica
La vegetazione delle
dune in prossimità
del Lago di Varano
presenta aspetti
riconducibili alla
vegetazione nitrofila
ad Anthemis maritima
con Cyperus capitatus
(= C. kalli)
(N. Biscotti).
La capra garganica,
originaria del
promontorio del
Gargano, attraverso
il pascolamento,
mantiene nella forma
attuale la macchia a
Pistacia lentiscus
(E. Biondi).
Paesaggio agrario
garganico di notevole
armonia: in alto i
monti sono ricoperti
da boschi di leccio,
mentre la zona meno
acclive è utilizzata per
l'agricoltura ed è molto
ben gestita con terreni
livellati mediante
piccoli terrazzi
(E. Biondi).
470 Provincia adriatica
Esempio di una
cerreta nella
Foresta Umbra con gli
arbusti del mantello
di vegetazione visibili
in primo piano:
Genista tinctoria,
Cytisus villosus e
Erica arborea
(E. Biondi).
471
Bosco ad Acer
neapolitanum e
Quercus cerris
in aspetto autunnale
(E. Biondi).
helix, che sale lungo i tronchi degli alberi e, per buona parte, ricopre anche il
terreno. Nei settori più stretti della forra, in prossimità della zona di impluvio,
sulle pareti rocciose affioranti, sono presenti popolamenti di muschi e felci
come Polystichum setiferum, Phyllitis scolopendrium e Asplenium onopteris che si
rinvengono all’interno di comunità a Laurus nobilis insieme con Corylus avellana,
Ficus carica, Acer campestre e Ruscus aculeatus. L’aspetto ecologico più rilevante
delle estese faggete garganiche è la loro distribuzione altitudinale, compresa tra
circa 270 e 980 m di quota che consente di poterle indicare, soprattutto per le quote
inferiori, come faggete depresse, in
Doronicum orientale quanto si rinvengono ben al di sotto della
specie particolarmente fascia altitudinale a cui normalmente
frequente nelle si sviluppano le faggete appenniniche.
cerrete garganiche
Le faggete garganiche costituiscono
(E. Biondi).
la maggiore copertura forestale della
Foresta Umbra. Sono differenziate da
specie mesofile, quali Carpinus betulus,
Ilex aquifolium, Acer obtusatum subsp.
neapolitanum, Cardamine bulbifera
var. garganica, Galanthus nivalis,
Aremonia agrimonoides, Cardamine
pentaphyllos var. pinnata, Anemone
Galanthus nivalis
geofita frequente nei
boschi mesofili
(E. Del Vico).
472
Faggeta nella
Foresta Umbra
(E. Biondi).
apennina, Doronicum orientale e Corydalis cava. La morfologia dei calcari garganici,
prevalentemente determinata dai fenomeni carsici, ha portato alla formazione di
una grande quantità di doline, di diversa forma e dimensioni. Le faggete ricoprono
quasi interamente queste geoforme con variazioni strutturali che interessano i
versanti ricchi di detriti calcarei, colonizzati da una variante della faggeta a Taxus
baccata con popolamenti di felci (Phyllitis scolopendrium, Polystichum setiferum e
Dryopteris filix-mas) e un’elevata presenza di Drymochloa drymeja subsp. exaltata.
Sull’orlo delle doline è anche possibile osservare veri patriarchi di Acer campestre,
specie che raramente capita di incontrare in altre località d’Italia con sembianze
così maestose.
Il Gargano e le Isole Tremiti sono aree di eccezionale importanza nel contesto
della penisola italiana, per la loro diversità floristica e vegetazionale, dovuta alle
condizioni ecologiche e alla posizione geografica, oltre che all’attività umana che
si è spesso espressa in armonia con la natura.
A destra
esemplare secolare di
Taxus baccata
(E. Biondi).
Il Gargano, lo Sperone d’Italia, è il più vasto di oltre 150 km. Il piccolo arcipelago delle
promontorio dell’Adriatico italiano, la sua Isole Tremiti si può considerare come un
superficie è di circa 2.015 kmq ed è situato prolungamento in mare del promontorio,
nella parte meridionale ed orientale della distante appena 12 miglia. È costituito
penisola. Si prolunga nel mare Adriatico per da cinque isole: San Domino, San Nicola,
circa 70 km con una larghezza massima di Capraia, Cretaccio e Pianosa. La costa del
40 km, determinando uno sviluppo costiero Gargano e delle Isole Tremiti, presenta ripide
Campanula garganica
subsp. garganica
(E. Biondi)
476 Provincia adriatica
Italia, mentre, A. columnae subsp. croatica Genista michelii si rinviene, oltre che sul
è presente dalla Croazia all’Ungheria, in promontorio del Gargano, anche nella Gola
Bulgaria sono state invece riconosciute A. della Rossa, nella dorsale del Monte San Vicino
columnae subsp. pirinica e A. columnae subsp. (Marche). Questa specie endemica italiana
bulgarica. Queste vicarianze geografiche partecipa a garighe nella parte meridionale
dimostrano come Aubrieta columnae sia una del promontorio insieme a Satureja cuneifolia,
specie balcanica che raggiunge il nostro Paese mentre nel sito marchigiano si associa con S.
nella parte più meridionale e orientale della montana e Sesleria apennina.
Penisola italiana con l’endemica pugliese. Stipa austroitalica è specie endemica dell’Italia
meridionale (Abruzzo meridionale, Molise,
Centaurea Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e
diomedea endemica Sicilia). Questa specie in base alle più recenti
dell'arcipelago, trattazioni comprende 4 subspecie. Stipa
dove è la specie più austroitalica subsp. theresiae è endemica della
rappresentativa Calabria, Stipa austroitalica subsp. frentana
(E. Biondi). è entità endemica di Abruzzo e Molise, Stipa
austroitalica subsp. appendiculata è endemica
di Puglia, Calabria e Sicilia e da ultimo la
subspecie nominale (Stipa austroitalica
subsp. austroitalica) è endemica di Puglia,
Campania e Basilicata. Sul Gargano Stipa
austroitalica subsp. appendiculata si rinviene
nelle praterie primarie a Sesleria juncifolia
insieme ad altre endemiche quali Leontodon
apulus, Centaurea subtilis e Genista michelii.
Molte sono inoltre le specie d’interesse
fitogeografico presenti sul promontorio e
sull’arcipelago delle Isole Tremiti. Tra queste
Ceterach javorkeanum specie sud-est europea,
rara felce rinvenibile sulle rupi garganiche.
Analoga distribuzione orientale ha Salvia
garganica. Distribuzione ovest mediterranea
ha invece Cistus clusii, piccolo arbusto con
foglie grigio-tomentose e con fiori bianchi,
Ophrys mattinatae è presente nel Bosco isola di Lesina. La stazione
l'ultima delle orchidee pugliese è la più orientale del suo areale, dove
descritta per la Puglia però rischia di scomparire. Inula verbascifolia
ed in particolare per è una camefita a distribuzione orientale,
il Gargano e prende anfiadriatica. Le foglie sono grigio-argentee,
il nome dalla città di ricoperte da un tomento denso-lanoso. La
Mattinata diffusione nel Gargano di questa pianta è
(P. Medagli). ampia, seppure limitata alla parte meridionale
del promontorio: zone a sud di San Giovanni
Rotondo, Monte Sant’Angelo e parte meridionale
verso Manfredonia. In queste zone la specie
partecipa alla costituzione della maggior
parte delle comunità rupicole, ma domina in
particolare in una cenosi ampiamente diffusa
alla cui caratterizzazione partecipano anche
Pimpinella tragium subsp. lithophila, (entità
diffusa in Italia e recentemente rinvenuta
anche in Croazia, nell’Isola di Vis), Athamanta
sicula e Micromeria fruticosa subsp. fruticosa.
In questa comunità sono inoltre presenti, con
elevati valori di frequenza: Leontodon apulus,
Dianthus tarentinus e Asperula garganica.
Ephedra nebrodensis subsp. nebrodensis
è una gimnosperma arbustiva (altezza
compresa tra 50 a 150 cm) appartenente alla
famiglia delle Ephedraceae, diffusa lungo il
478 Provincia adriatica
Aubrieta columnae
subsp. italica
(E. Biondi).
479
Inula verbascifolia
e suo areale garganico
e balcanico
(E. Biondi).
Una veduta
garganica: in primo
piano Campanula
garganica subsp.
garganica che
colonizza le pareti
di Torre Pucci, una
delle tante torri di
avvistamento presenti
sul Gargano, insieme
a Parietaria judaica
(N. Biscotti).
480 Provincia adriatica
Il Tavoliere delle La vasta pianura del Tavoliere delle Puglie, di circa 400.000 ha, seconda pianura
Puglie italiana dopo quella padana, è percorsa da numerosi fiumi e torrenti le cui
acque provengono dall’Appennino Dauno ed è situata ad occidente e a sud-
est del promontorio garganico. Area agricola per vocazione, presenta anche un
importante biotopo relitto denominato Bosco dell’Incoronata. Si tratta dell’unico
residuo della vegetazione originaria di questa pianura, giunto a noi grazie alla
presenza dell’adiacente santuario della Madonna dell’Incoronata (risalente agli
inizi dell’undicesimo secolo).
L’area è stata riconosciuta come Parco Naturale Regionale Bosco dell’Incoronata.
Moraea sisyrinchium La vegetazione forestale igrofila in prossimità delle rive del Torrente Cervaro è
(= Iris collina) diffe- costituita da un saliceto a Salix alba, mentre nelle aree del letto ciottoloso si
renzia le comunità di inserisce la vegetazione dei salici bassi a Salix triandra e a S. purpurea, mentre,
querceto a Quercus
nei più recenti terrazzi idrografici, sono presenti pioppeti a Populus alba e P. nigra.
virgiliana del Bosco
dell’Incoronata All’interno del meandro abbandonato dal torrente si conserva un interessante
(E. Biondi). bosco a Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa con Carex remota e Ulmus minor.
La maggiore copertura forestale del Bosco dell’Incoronata è però costituita da
Vegetazione alofila un bosco ceduo invecchiato, con esemplari secolari di Quercus virgiliana e Q.
nel Lago di Varano amplifolia, riconducibile a due principali aspetti, uno termofilo, con Euphorbia
a Arthrocnemum
macrostachyum e a
characias, Clematis flammula, Rosa sempervirens, Asparagus acutifolius, Rubia
Sarcocornia fruticosa peregrina e Smilax aspera e l’altro, più mesofilo, con Quercus dalechampii,
(E. Biondi). Ulmus minor, Cercis siliquastrum, Crataegus monogyna, Ligustrum vulgare e
Euonymus europaeus. Nello strato
erbaceo sono presenti Iris collina,
Achnatherum bromoides, Buglossoides
purpurocaerulea, Brachypodium sylva-
ticum e Carex halleriana.
Numerose sono inoltre le aree
importanti, ricche di biodiversità,
nel settore subcostiero del Tavoliere,
tra queste vanno comprese le zone
umide dei Laghi di Lesina e di Varano,
situate nel settore settentrionale, e
il già citato Bosco dell’Incoronata
nella parte centro-occidentale della
stessa pianura. Altri importanti
biotopi si trovano più a est rispetto
a quest’ultimo, localizzati in aree
litoranee e sublitoranee: Palude di
Frattarolo, Palude della Daunia Risi,
Vasche Terra Apuliae, Valle San
Floriano e Saline di Margherita di
Savoia. Si tratta di ecosistemi ritenuti
molto importanti, soprattutto per
l’avifauna (è sufficiente, ad esempio,
accennare alla ricchissima popolazione
di fenicotteri rosa ospitata nelle Saline
di Margherita di Savoia, ritenuta tra
le più importanti a livello europeo),
ma non meno rilevanti sono questi
ecosistemi anche per la supersite flora
alofila. Alla foce del Candelaro, sono
state rinvenute tre specie di salicornie
481 Subprovincia apula
Le Murge e A sud il Tavoliere comunica con la subregione geografica delle Murge, in Provincia
la penisola di Barletta-Andria-Trani ed in parte in quella di Bari. Si tratta della prima parte
salentina dell’altopiano carsico delle Murge. Il secondo settore comprende invece la Murgia
sud-orientale che dalla costa della provincia di Bari si estende al Golfo di Taranto
e raggiunge il limite meridionale con la provincia di Brindisi, dove inizia il Salento.
Nel settore nord-occidentale delle Murge è localizzata una vasta area, al di sopra
dei 200 m di altitudine con substrato ricco di terra rossa. In questo settore si
ha una elevata potenzialità per boschi a Quercus dalechampii, specie diffusa su
buona parte della penisola e presente in diverse tipologie di boschi misti. Tuttavia,
l’intenso sfruttamento da parte dell’uomo ha attualmente ridotto questi boschi a
piccoli lembi relitti e spesso degradati. Si tratta di comunità a Q. dalechampii con
Q. virgiliana e Q. pubescens, con un abbondante strato arbustivo, costituito sia da
specie termofile, come Rosa sempervirens e Rubia peregrina, sia da specie legate
ad un substrato relativamente fresco quali Crataegus laevigata, C. monogyna,
Prunus spinosa e Ligustrum vulgare.
L’ubicazione geografica favorisce la presenza di un gran numero di specie sud-
Areali europei di orientali: in particolare una delle peculiarità della Subprovincia apula è proprio
Quercus coccifera la straordinaria ricchezza di taxa del genere Quercus (12 dei 15 taxa autoctoni
(in verde) e citati per l’Italia nella Checklist della Flora Vascolare Italiana del 2005) che
Quercus calliprinos
in alcuni casi danno luogo a formazioni presenti solo in questo territorio. È il
(in rosso). A destra
areale di Quercus caso di Quercus trojana, Q. calliprinos e Q. ithaburensis subsp. macrolepis, che
calliprinos nel raggiungono qui il limite occidentale della loro distribuzione.
territorio Salentino. Quercus calliprinos dà origine, nel Salento, a veri boschi in cui spesso domina
con il leccio. Lo strato arbustivo è ricco di sclerofille come Pistacia lentiscus e
Rhamnus alaternus, mentre lo strato erbaceo è in genere scarso e caratterizzato
dalla presenza di elementi stenomediterranei come Achnatherum bromoides,
Allium subhirsutum e Carex distachya. Quercus calliprinos forma anche macchie
molto dense (comunità a Quercus calliprinos e Arbutus unedo) che sono molto
ricche di specie sempreverdi e sclerofille, con Arbutus unedo e Myrtus communis,
oltre a Pistacia lentiscus, Prasium majus, Phillyrea angustifolia e P. latifolia.
Quercus trojana qui al limite occidentale della sua distribuzione, si ritrova solo
nelle Murge di sud-est e nelle Murge laertino-materane. Occupa le aree sommitali
delle gravine e i terrazzi, soprattutto dove il suolo è costituito da terre rosse.
In questi contesti le formazioni di fragno, caratterizzate dalla presenza di Teucrium
siculum, spesso ospitano Quercus virgiliana, Fraxinus ornus e un’elevata presenza
di Carpinus orientalis. Nello strato arbustivo e fra le lianose si trovano elementi
schiettamente termofili, come Pistacia lentiscus, Rosa sempervirens, Clematis
483 Subprovincia apula
Areale europeo di in cui alla sughera dominante si associa anche un’elevata presenza di Quercus
Quercus suber. ilex oltre a: Brachypodium sylvaticum, Myrtus communis e Carex hallerana. Per
A destra contro il bosco maggiormente diffuso corrisponde ad un aspetto decisamente più
areale nella termofilo che risulta differenziato dalle seguenti specie: Arbutus unedo, Lonicera
suprovincia apula.
implexa, Daphne gnidium, Calicotome infesta, Viburnum tinus, Erica arborea e Iris
collina.
Nel Salento meridionale, prevalentemente nel territorio di Tricase, è peculiare la
484 Provincia adriatica
Nota localmente col nome di brunitta, confusa anche con le forme giovanili di
Quercus calliprinos è quercia sempreverde Quercus ilex. In questo caso il principale
a portamento arbustivo, più raramente elemento di distinzione è la pelosità, in
arboreo, che può raggiungere in media i quanto Q. ilex ha le foglie (almeno le più
6-8 m di altezza. Ha foglie relativamente giovani) rivestite nella pagina inferiore
piccole, misuranti circa 3 cm di lunghezza, da un denso feltro di peli bianchi, che le
coriacee, lucide, di colore verde cupo a rende visibilmente discolori (verdi e lucide
lamina ellittica e con 6-7 denti subspinosi superiormente, biancastre inferiormente)
per lato; cupule con squame appuntite; mentre in Quercus calliprinos il tomento è
ghianda di forma variabile con apice quasi assente oppure è presente (ma meno
acuto. Presenta germogli e rami giovani fitto) anche nella pagina superiore ed è di
tomentosi, con un fitto feltro di pelosità colore grigio-giallastro. Nell’habitus adulto
giallastra, carattere che la differenzia le due specie si differenziano nettamente
dalla forma tipica di Quercus coccifera per il portamento, lo sviluppo in altezza, le
caratteristiche morfologiche delle ghiande
Quercus calliprinos che sono ovoidali ed a punta accentuata
(R. Gennaio). e in particolare nelle cupole, munite di
squame rigide e ad apice generalmente
ricurvo verso l’esterno. Le ghiande di
Quercus calliprinos hanno, di norma,
una maturazione biennale che avviene,
pertanto, nel secondo anno, successivo
all’impollinazione, nel periodo aprile-
maggio. Pertanto in ragione del ciclo
biennale sulla stessa pianta sono presenti
due tipi di ghiande: quelle più grosse
dell’anno precedente, in via di maturazione
e quelle dell’anno, più piccole destinate a
(che ha invece germogli e rami giovani maturare l’anno successivo. In casi più
quasi del tutto glabri). Non di rado rari su un numero limitato di individui,
Quercus calliprinos viene considerata un oltre al ciclo biennale, si innesta un ciclo
morfotipo particolarmente xerofilo di Q. annuale con fioritura e impollinazione
coccifera, a distribuzione mediterraneo- in ottobre-novembre. In questo caso le
orientale (Israele, Cipro, Turchia, Grecia, ghiande maturano più tardivamente, in
Albania, Montenegro, Croazia e Italia), dicembre, rispetto alle ghiande biennali
in contrapposizione a quest’ultima che che maturano in novembre. In Italia la
ha una distribuzione a gravitazione diffusione di Quercus calliprinos è limitata
occidentale. Quercus calliprinos può essere alla Sicilia meridionale, Puglia ed una
Tipiche escrescenze
rosse prodotte da
un insetto rincote su
Quercus calliprinos,
dalle quali si estraeva il
chermes per
colorare le stoffe
(P. Medagli).
486 Provincia adriatica
Quercus trojana
(P. Medagli).
Quercus trojana (= Q. macedonica), nota italiana risulta localizzata esclusivamente
comunemente col nome di fragno, è nell’altipiano delle Murge pugliesi di sud-
una specie con foglie semi-sempreverdi, est. Queste stazioni coincidono con il limite
lanceolate, con nervature evidenti e 12- occidentale dell’areale del fragno che è
15 denti ottusi o subspinosi per lato. La ampiamente diffusa nei Balcani (Slovenia,
cupula di 2,5 x 3 cm è legnosa ed avvolgente Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro,
la ghianda, con squame lanceolato-acute, Albania, Macedonia, Epiro, Peloponneso
lunghe 2-3 mm. Nell’ambito della Penisola occidentale). In particolare forma ancora
487 Subprovincia apula
oggi boschi piuttosto estesi nella zona presenza di Quercus trojana nelle Murge
dove sorgeva l’antica città di Troia, in di sud-est alle particolari condizioni
Turchia, a giustificazione del nome della geomorfologiche e pedoclimatiche di
specie. La presenza in Puglia di Quercus questo territorio: l’assenza di questa specie
trojana riveste un notevole significato nelle altre aree pugliesi testimonierebbe
fitogeografico in quanto, insieme con un clima particolare e ben differenziato di
altre specie quali Ephedra foeminea, questa parte delle Murge rispetto alle altre
Campanula versicolor, Scrophularia lucida, aree. La specie forma estesi popolamenti
Quercus macrolepis etc. fa parte di un in questa parte del territorio che presenta
contingente paleoegeico orientale che ha in una temperatura media annua più elevata
Puglia il suo estremo limite occidentale di rispetto a quella registrabile nelle Murge di
diffusione. A tal proposito il Gavioli aveva nord-ovest, a causa degli inverni più miti.
evidenziato presso Matera la presenza di Il substrato tipico è di natura calcarea,
una varietà macrobalana, caratterizzata e vegeta rigogliosa sulle cosiddette
da grosse ghiande. Tale varietà venne terre rosse, fresche e profonde, che
a torto ritenuta un prodotto dell’antico sono disposte su un substrato calcareo
isolamento dell’areale pugliese, disgiunto compatto. In questo settore geografico le
piogge risultano abbondanti da ottobre
a dicembre, con un massimo quasi
sempre a novembre. La piovosità decresce
progressivamente da dicembre a maggio e
cade bruscamente in giugno-luglio e nelle
prime due decadi di agosto. Dal punto
di vista dell’andamento pluviometrico
il fragno occupa quei distretti in cui le
precipitazioni sono abbondanti sino alla
tarda primavera, tali cioè da consentire
Bosco rado di fragno la presenza di acqua nel suolo anche
a Martina Franca all’inizio dell’estate. Pertanto ha bisogno
(P. Medagli). di disporre di acqua nel terreno fino
a quando non abbia completato il
da quello principale, fino a che tale differenziamento fogliare in modo da poter
presunta varietà non venne individuata sopportare un lungo periodo di severa
anche in Croazia. aridità estiva che talvolta può protrarsi
In Italia Quercus trojana risulta esclusiva per parte della stagione autunnale. La
di un ben delimitato distretto, dove precoce crisi idrica estiva è il fattore
rappresenta la più importante essenza limitante che determina l’assenza del
forestale formando boschi puri o misti fragno in molte aree della Puglia. Infatti
con Quercus virgiliana, più raramente il fragno non è capace di tollerare allo
con Q. ilex o con Q. calliprinos. Oggi stadio di plantula una precoce crisi idrica
non si rinvengono quasi più fustaie ma estiva allorquando le foglie risultano
solo lembi di cedui semplici e composti, ancora incompletamente differenziate. Le
di dimensioni solitamente modeste che temperature medie annuali si aggirano
costituiscono parte integrante delle sui 15,5°C, con isoterme di gennaio
aziende agricole e zootecniche della zona. intorno ai 7,5°C, isoterme di luglio
Il fragno compare spesso anche con oscillanti tra 24 e 24,5°C, con media delle
grossi esemplari isolati, in siepi e filari e temperature minime del mese più freddo
costituisce un elemento caratterizzante (gennaio) che non sono mai estremamente
del paesaggio della Murgia di sud-est, nota rigide. L’areale di Q. trojana è compreso
anche come Murgia dei trulli, dove crea entro valori di evapotraspirazione
un binomio inscindibile con le originali potenziale oscillanti tra 820 e 740 mm.
e ben note strutture dell’architettura Fragneti puri si rinvengono sull’altipiano
contadina. Molto diffusi sono i cosiddetti murgiano, con valori intorno a 760,
pascoli arborati, formazioni arboree rade mentre il fragno si associa a Quercus
di Quercus trojana utilizzate per il pascolo. virgiliana e a Q. ilex laddove risultano
In particolare le ghiande del fragno erano più alti i valori dell’evapotraspirazione
molto apprezzate per l’alimentazione dei potenziale. È sintomatica, a tal proposito,
maiali. Diversi autori attribuiscono la la composizione floristica del sottobosco
488 Provincia adriatica
Quercus ithaburensis
subsp. macrolepis.
L'esemplare
plurisecolare di
Tricase
(R. Gennaio).
Quercus ithaburensis è una quercia a con areale che si estende ad oriente fino
foglie semi-sempreverdi (cioè ingialliscono alla Turchia, Siria e Palestina. In Italia è
in autunno ma permangono sulla pianta presente la subsp. macrolepis (= Quercus
fino alla primavera successiva) con macrolepis), o comunemente vallonea
lamina a base cuoriforme, leggermente esclusiva di un ben delimitato distretto
increspata, glabra e lucida di sopra, con della Puglia meridionale nelle province
6-8 nervi e margine con 5-7 denti acuti di Lecce, Brindisi e Taranto, dispersa in
e mucronati. Grosse cupule larga 3-3,5 modesti nuclei, filari ed esemplari singoli
cm, con squame legnose, lanceolato- o addensata in maniera significativa
acute, revolute; ghiande 2x4 cm, spesso soprattutto nella zona di Tricase. Questo
ad apice umbilicato. Ha una distribuzione estremo lembo della Puglia rappresenta
mediterraneo-orientale, con centro di il limite occidentale dell’areale dove tale
diffusione nella Penisola Balcanica e specie può esistere e riprodursi allo
489 Subprovincia apula
stato spontaneo. Una segnalazione del delle pelli, ma per far fronte al crescente
secolo scorso riferita al Bosco Selva fabbisogno di materia prima la specie
presso Matera, in Basilicata, non è stata sarebbe stata importata dall’Albania dov’è
più riconfermata nonostante apposite ampiamente diffusa (secondo alcuni il
ricerche. nome italiano della specie deriverebbe dalla
La vallonea costituisce, probabilmente, città albanese di Valona). Attualmente nel
l’entità botanica più rappresentativa e territorio di Tricase la vallonea si rinviene
controversa della flora salentina; il suo prevalentemente sul margine dei coltivi o
interesse è anche giustificato dal fatto lungo i caratteristici muretti a secco, più
che essa figura tra le specie per le quali è raramente in piccoli nuclei su suoli incolti.
riconosciuta l’esigenza di istituire riserve In ogni caso si tratta di popolamenti
per la salvaguardia dello stock genetico e arborei e arbustivi privi di sottobosco a
inoltre risulta inserita fra le specie della causa delle attività agricole.
Lista Rossa Nazionale. Degno di nota Il celebre “Boschetto” di Tricase, per la
è un individuo plurisecolare al quale sua purezza monofitica, pur nelle ridotte
la tradizione popolare attribuisce l’età dimensioni, costituisce una formazione
di circa 800 anni, ma verosimilmente impropriamente definita “bosco”, ma
intorno ai 400, noto come la vallonea dei ormai priva di un vero e proprio sottobosco
100 cavalieri avente una circonferenza del e quindi fortemente antropizzata.
tronco di 4,40 m a m 1,30 dal suolo. L’area a maggior densità di vallonee
Secondo alcune ipotesi la specie sarebbe gravita verso il mare, comprendendo
stata anticamente introdotta nel tutto l’arco di territorio interposto tra le
Salento dall’Oriente a partire dal 1400, ultime propaggini delle Serre e la costa,
diffondendosi ed assumendo una notevole assecondando le peculiari esigenze
importanza economica come materia prima ecologiche e pedologiche della specie.
per l’estrazione del tannino dalle cupole In un recente censimento realizzato
e dalle ghiande, utilizzato per la concia dall’Orto Botanico dell’Università del
artigianale delle pelli. Secondo un’altra Salento sono stati censiti 6.224 esemplari
ipotesi la vallonea rappresenterebbe arborei di diverse dimensioni diametriche
un relitto indigeno la cui coltivazione è a dimostrazione di come la reale
stata incentivata dall’attività della concia consistenza della vallonea nel Salento sia
stata in passato fortemente sottostimata.
Ghianda immatura di Risulta evidente che si è di fronte ad un
Quercus buon rinnovamento spontaneo della
ithaburensis subsp. popolazione, come dimostrano, fra l’altro,
macrolepis la presenza di plantule, di lettiera e
(A. Turco). di giovani arbusti nelle situazioni più
consolidate e di apparente equilibrio. Tutto
ciò mostra la potenzialità elevata di questa
specie ed avvalora l’ipotesi che possa
trattarsi di un relitto floristico confinato in
un limitato ambito con idonee condizioni
fitoclimatiche. La vallonea esige piogge
abbondanti da ottobre a marzo; vegeta in
una zona a clima subumido, con inverno
Un ramo giovanile di temperato. Tali condizioni, benché al limite
Quercus ithaburensis rispetto alle esigenze ecologiche della
subsp. macrolepis specie in altre aree del Mediterraneo, sono
in cui si nota la sufficienti alla sua crescita e rinnovazione
pelosità del fusticino spontanea. La vallonea si rinviene non di
e della pagina rado come componente di boschi misti con
inferiore della foglia. Quercus calliprinos, oppure in cespuglieti
Le ghiande maturano su substrato roccioso accompagnata dal
nel secondo anno terebinto e dal biancospino comune, dove
raggiungendo notevoli forma popolamenti radi con esemplari
dimensioni poco sviluppati date le severe condizioni
(E. Biondi). del substrato.
490 Provincia adriatica
Le Gravine Nella Terra delle Gravine, nome suggestivo del Parco Naturale Regionale (istituito
nel 2005, comprende un territorio di circa 25.000 ha nelle Murge sud-orientali
con gravitazione sul Golfo di Taranto), si ha un immenso scenario di forre,
plateaux e piccoli rilievi collinari, modellato dai fenomeni carsici che hanno
dato origine a doline, depressioni o campi carreggiati, così tipici del paesaggio
dell’Alta Murgia. In quest’area all’azione prodotta dal carsismo superficiale si è
sommata quella delle acque fluviali e torrentizie che nel tempo hanno scavato la
roccia dando origine alle gravine. Si tratta di un paesaggio di forre di eccezionale
bellezza, oltre che esempi di splendida integrazione di micropaesaggi di insolita
rilevanza ambientale, che si esprimono attraverso una ricchissima biodiversità,
floristica e vegetazionale.
Entità floristiche significative delle gravine sono quelle definite come paleogeiche
transjoniche meridionali, tra le quali va ricordata Campanula versicolor, orofita
mediterranea orientale, con areale principale nella parte meridionali della Penisola
Balcanica. La distribuzione italiana della specie appare chiaramente disgiunta
in due aree: le falesie del Salento
meridionale e il bordo meridionale delle
Murge, che costituiva probabilmente
la linea di costa durante il Pliocene.
La specie si rinviene nelle Gravine di
Laterza e del Varco, nel comune di
Laterza, e nella Gravina di Leucaspide,
in territorio di Statte.
Altre specie interessanti sono: Carum
multiflorum, specie rara nota in Italia
solo per la Puglia e per la Gravina
di Matera in Basilicata, Asyneuma
limonifolium, specie anfiadriatica,
con un areale che abbraccia gran
parte della Penisola Balcanica e trova
l’estrema propaggine occidentale
nella Puglia centro-meridionale e
Campanula nel Materano. Altra significativa presenza è quella di Salvia triloba, tipica delle
versicolor è specie garighe del mediterraneo orientale, presente nella Gravina di Leucaspide, oltre
rupestre del che in altre aree d’Italia (Calabria meridionale, Sicilia e Lazio, presso Ausonia).
mediterraneo
Sono inoltre da ricordare anche altre specie a diffusione mediterraneo-orientale
orientale, con areale
principale nella parte quali Scrophularia lucida, Tremastelma palaestinum e Allium atroviolaceum.
meridionale della Tra le endemiche se ne annoverano alcune ad areale ristretto: Centaurea
Penisola Balcanica. Si centaurium, endemica dell’Italia meridionale, la cui presenza in Puglia è
rinviene nelle Gravine strettamente localizzata sul Gargano e nell’area murgiana, dove è conosciuta per
di Laterza, del Varco e la sola stazione di Laterza; Centaurea subtilis, endemismo apulo-lucano, molto
Leucaspide
raro, noto per la stazione di Laterza, per i dintorni di Matera e per il Gargano;
(E. Biondi).
Centaurea apula, appartenente al ciclo di Centaurea deusta, e Arum apulum,
entrambe endemiche dell’area murgiana.
Il territorio delle Gravine è interessato dalla presenza di modeste superfici
boscate, sia per le caratteristiche morfologiche dei luoghi sia per l’azione
millenaria dell’uomo. In quest’area, come in quella analoga della zona di Matera,
con i suoi Sassi, si è sviluppata la civiltà rupestre degli abitanti delle grotte
(case-grotta), popoli di pastori che hanno determinato, pertanto, la progressiva
rarefazione delle formazioni boschive. Nelle gravine si sono comunque potute
talora conservare, data l’impervietà dei siti, formazioni arboree più evolute che,
molto spesso, assumono il ruolo di veri e propri accantonamenti relittuali. Un
491
Le coste L’area costiera a sud di Bari è interessata da una estesa pianura quaternaria che
si connette direttamente con i calcari mesozoici della scarpata murgiana. Tra
Torre Canne e Torre San Leonardo (circa 6 km) si estende un sistema dunale che,
seppure molto importante, è ciò che resta dell’originaria duna che interessava
l’intera zona compresa tra Monopoli e Brindisi. Un’altra area dunare molto
importante interessa la zona di Torre Guaceto, in provincia di Brindisi.
A destra La prima area è stata dichiarata dalla Regione Puglia Parco Regionale delle Dune
un aspetto della costiere mentre la seconda è stata riconosciuta come Riserva Naturale statale di
vegetazione dunale Torre Guaceto. La causa della riduzione di questi importanti ecosistemi dunali è,
con Echinophora principalmente, l’erosione marina, aggravata però dall’incuria dell’uomo. In questo
spinosa (fiori bianchi) modo la pianura retrostante rischia di perdere completamente l’efficace protezione
ed Euphorbia paralias
assolta dai sistemi dunali, con danno enorme per gli ambienti umidi salmastri
(completamente verde)
nella duna embrionale retrodunali, legati alla presenza di fiumi e torrenti sotterranei che riemergono in
ad Elymus farctus questa zona e alle ingressioni marine. La vegetazione che riveste le dune presenta in
(E. Biondi). alcuni punti una struttura sicuramente complessa che in parte si sviluppa su una
piattaforma carbonatica che viene scoperta dai processi erosivi del sistema dunale e
dal conseguente avanzamento del mare. La gestione della duna non è sicuramente
ottimale in quanto la richiesta sempre più pressante di spiagge per il turismo, porta
gli operatori a scalzare il piede della formazione sabbiosa, favorendo il processo di
destrutturazione del sistema già sottoposto alla forte azione dei venti dominanti.
A questo processo la vegetazione cerca di reagire autonomamente, ricostruendo
le formazioni di dune embrionali ad Elymus farctus che però, al ritornare della
buona stagione, vengono rimosse dagli operatori per favorire l’ampliamento della
spiaggia. Nella Riserva di Torre Guaceto, le dune sono più alte, ma anche l’erosione
marina è più devastante in quanto la vegetazione del micro-bosco, con esemplari
vetusti di Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa, si trova sul ciglio della parete
sabbiosa originata dall’erosione. Tale condizione è inoltre aggravata dalla creazione
di sistemi mini-insediativi, nelle parti più stabili del micro-bosco, come piccole
baracche, che danneggiano una vegetazione di grande pregio.
493 Subprovincia apula
Ipomoea sagittata
(E. Biondi).
A destra
retroduna del
tratto di costa di Lido
Morelli (Ostuni, BR).
In primo piano la
vegetazione alofila ed
igrofila e sullo sfondo la
macchia che
colonizza le dune
(E. Biondi).
Vegetazione delle aree umide retro-dunali delle coste sabbiose pugliesi centro-meridionali
(da Biondi et al. 2006, ridisegnato):
Vegetazione densa a
Cladium mariscus,
in primo piano
Juncus acutus
(E. Biondi).
A destra
dune costiere
a Torre Canne. La foto
risale al 2009 quando
l'erosione marina era
più contenuta rispetto
ad oggi
(E. Biondi).
494 Provincia adriatica
Vaschette di corrosione
in prossimità del mare.
Il fondo ricoperto da
uno spesso strato di sale
non consente
lo sviluppo della
vegetazione
(E. Biondi).
A destra
Arthrocnemum
macrostachyum
(E. Biondi)
Sulle coste rocciose della Puglia a sud di Bari sono molteplici le cenosi vegetali
ricche di endemismi e di specie di notevole interesse conservazionistico.
Le scogliere Per lunghi tratti delle coste murgesi e salentine si rinvengono scogliere piatte,
calcarenitiche più o meno elevate rispetto al livello medio del mare, costituite da formazioni
e calcaree calcarenitiche di varia natura. Su queste sono presenti piccole zone depresse,
denominate vasche di mare, la cui origine è direttamente imputabile all’azione
delle onde che raggiungono la scogliera durante le mareggiate. La dimensione dei
piccoli bacini è molto variabile, vanno da poche decine di centimetri ad uno-due
metri di diametro, mentre la profondità rimane modesta e più o meno costante.
L’acqua marina colma i bacini prevalentemente durante i periodi invernali mentre
in quelli estivi li raggiunge solo saltuariamente per poi evaporare, lasciando sul
fondo un deposito di sale. A questi si possono inoltre aggiungere sabbia e limo
nonché sostanze organiche diverse depositate dal mare (alghe, pesci, etc.). Nelle
vasche si sviluppano comunità di piante alofile diverse a seconda della distanza
dal mare e del materiale presente nel fondo dei bacini. Nella prima parte della
falesia, la più vicina al mare, le vasche non presentano vegetazione di piante
superiori mentre in quelle immediatamente più interne, si sviluppano dense
Il Tavoliere La parte meridionale della Puglia comprende il Tavoliere Salentino vasta pianura
Salentino calcarea (province di Brindisi, Lecce e Taranto) ricoperta irregolarmente da terre
rosse mediterranee che ospitano tipologie diverse di vegetazione, essenzialmente
legate ai pascoli e al sistema agricolo. Sulle aree in cui la roccia è affiorante, si
originano garighe a Satureja cuneifolia, specie orientale che in Italia si rinviene
solo in Puglia, dal Gargano fino a Santa Maria di Leuca ed in Calabria, presso
Laino Borgo. A questa specie si aggiungono: Euphorbia spinosa, Helianthemum
jonium, Anthyllis vulneraria subsp. maura e Scabiosa maritima.
La gariga a Nelle aree in cui è presente uno strato di suolo, seppure di pochissimi centimetri
Satureja cuneifolia di profondità, si forma una prateria a Stipa capensis con altre specie terofitiche
sulle rocce emergenti e qualche erbacea perenne. Tra le specie presenti si segnalano Bellardia trixago,
costituisce delle isole
circondate dalle
Minuartia verna, Scabiosa maritima, Trifolium arvense, Lagurus ovatus, Andryala
praterie annuali a integrifolia, Hypochoeris achyrophorus, Linum strictum subsp. corymbulosum,
Stipa capensis Hyparrhenia hirta, Eryngium campestre, Daucus carota, etc.
(E. Biondi). Su suoli più profondi e su rocce conglomeratiche si origina una prateria a
Hyparrhenia hirta dominante con:
Asphodelus ramosus, Micromeria
graeca, Asperula aristata, Cachrys
sicula, Carlina corymbosa, etc. Le
aree agricole vengono, per contro,
ricavate sui suoli più profondi e sono
rappresentate da seminativi o oliveti e,
talora, anche vigneti. Dall’abbandono
dei seminativi si originano praterie
post-colturali a Daucus carota ed
Avena barbata.
I processi dinamici coinvolgono tutte
queste cenosi erbacee e le garighe che
si trasformeranno nella macchia a
Quercus calliprinos o nel bosco della
stessa specie, su terreni più profondi.
Processo dinamico
evolutivo che, a partire
dalle formazioni di
gariga e pascolo,
evolve verso la
macchia mediante lo
sviluppo successionale
di arbusti come Pyrus
spinosa, Daphne
gnidium, Pistacia
lentiscus, Rubus
ulmifolius e la stessa
Quercus calliprinos
che nel tempo diviene
dominante
(E. Biondi).
497
I bacini di Nel Salento la presenza di diverse aree depresse costiere permette lo sviluppo
acque salmastre di ambienti salmastri, colonizzati da specie alofile che danno luogo a comunità
nel Salento differenti in funzione delle variazioni delle condizioni ambientali (profondità
dell’acqua, quantità di acqua disponibile e quindi valori di salinità delle acque,
caratteristiche del suolo). Se ne hanno esempi ai Laghi Alimini, a Torre Colimena,
alla Salina Grande di Taranto, al Mar Piccolo e alle Paludi del Capitano e del Conte.
Situati ad appena 8 km a nord dell’abitato di Otranto, in situazione subcostiera
separata dal mare Adriatico da un cordone dunale, i Laghi Alimini costituiscono
un biotopo umido di grande rilevanza ambientale. Si tratta di due bacini idrici
denominati rispettivamente Lago Alimini Grande, che sfocia in mare, e Lago
Alimini Piccolo o Fontanelle, più interno, le cui acque raggiungono il primo
bacino lacustre attraverso un canale.
Il lago Alimini Piccolo presenta acque
dolci in cui si sviluppa una vegetazione
idrofitica costituita prevalentemente
da una formazione a Potamogeton
lucens, maggiormente diffuso, con P.
pectinatus e Myriophyllum spicatum.
In alcune aree interne al canneto a
Phragmites australis che delimita
completamente le acque del lago, si
rinvene la vegetazione a Potamogeton
coloratus e a P. salicifolius con la piccola
pianta carnivora Utricularia australis.
Le comunità elofitiche bordano il lago
Periploca graeca
formando una spessa cintura nella
in frutto su un
arbusto di Myrtus quale si evidenzia, oltre al fragmiteto
communis. (dominato da Phragmites australis),
È una specie la vegetazione a Cladium mariscus e
mediterranea nord- a Typha angustifolia. La vegetazione
orientale che in più rilevante è però dominata da
Puglia si rinviene
Juncus subnodulosus, pianta lacustre
nel Salento, ai Laghi
Alimini e al Bosco e ampiamente distribuita in Europa
Paludi di Rauccio che qui si combina però con piante
(E. Biondi). mediterranee come Holoschonenus
498
Un aspetto del
bosco che circonda il
Lago Alimini Grande,
in cui domina Fraxinus
angustifolia subsp.
oxycarpa
(E. Biondi).
romanus, Cyperus longus ed Euphorbia pubescens. La cintura costituita da grandi
elofite è irregolarmente bordata da megaforbie nitrofile dominate da Dorycnium
rectum con altre specie igrofile e nitrofile tra cui Calystegia sepium, Cirsium
creticum subsp. triumfetti, Carex hispida e Pulicaria dysenterica.
Il lago Alimini Grande che si apre sul mare presenta il fondale ricoperto da un
tappeto di Cymodocea nodosa collegato a formazioni dominate da Zostera noltii.
La rilevante salinità dell’acqua permette lo sviluppo della vegetazione a Ruppia
maritima e, più internamente, a Bolboschoenus maritimus var. compactus. La
vegetazione esterna alla elofitica è data da formazioni a Carex extensa con Plantago
crassifolia, mentre quella maggiormente alofila è dominata da Sarcocornia
fruticosa. L’aspetto più spettacolare è rappresentato dalla vegetazione legnosa
che circonda la depressione dei laghi Alimini (su substrato calcareo) su cui si
rinviene il bosco a Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa che risulta alluvionato
per lunghi periodi dell’anno. Nella parte più esterna del bosco non inondato con
frassino meridionale e olmo campestre, si rinviene Periploca graeca insieme a
Vitis vinifera.
Periploca graeca
è una specie lianosa,
del Mediterraneao
nord-orientale che
fiorisce tra
maggio e giugno.
Nella penisola italiana
si rinviene sia nel
litorale adriatico
(soprattutto in Puglia)
che in quello
tirrenico settentrionale
(P. Medagli).
499 Subprovincia apula
Sulla costa
orientale della
provincia di Lecce
la Torre Minervino
(sedicesimo secolo)
domina una falesia
calcarea, con
vegetazione a Thymus
capitatus e Satureja
cuneifolia
(E. Biondi).
Il territorio salentino accoglie una ricca ed territori orientali e occidentali della regione
interessante flora rappresentata, secondo mediterranea, sia dalla presenza di una serie
l’ultimo censimento effettuato, da 1.340 di particolari habitat, anche di superficie
specie, che costituiscono circa il 25% limitata, ma sufficienti a ospitare una elevata
dell’intera flora vascolare italiana. Si tratta biodiversità vegetale.
di un dato sorprendente se si considera la La maggior parte di questi habitat è localizzata
limitata superficie territoriale in questione, la lungo le coste o nelle immediate vicinanze,
sua uniformità orografica, climatica e il suo che presentano ancora un sufficiente grado
alto grado di antropizzazione. di naturalità. Infatti le componenti più tipiche
Il dato viene giustificato sia dalla posizione della flora salentina, cioè i suoi endemismi,
geografica del territorio salentino, cerniera sono quasi tutti legati ad ambienti costieri.
biogeografica e punto di contatto tra i Le entità endemiche esclusive del Salento
sono 9: Vicia giacominiana, una fabacea
Serapias orientalis
annuale presente esclusivamente nelle
subsp. apulica
garighe di Porto Badisco; Iris revoluta, ridotto
(P. Medagli).
ad una popolazione di alcune decine di
individui isolati sul piccolo scoglio Mojuso
nella baia di Porto Cesareo; Centaurea
leucadea scoperto dal Lacaita sulle rupi
prossime al celebre Santuario; Centaurea
japygica, tipico del tratto costiero compreso
fra Novaglie e Leuca; Centaurea nobilis e
Dianthus japigicus, piante tipiche delle rupi
marittime tra Otranto e il Capo di S. Maria di
Leuca; Centaurea tenacissima un'asteracea
prostrata a cuscinetto che predilige le coste
basse sia adriatiche che ioniche; Limonium
japygicum presente sulle scogliere della costa
ionica tra Otranto e Torre Colimena ed infine
Ophrys tardans, rara orchidacea di origine
ibridogena localizzata in provincia di Lecce.
Alle endemiche salentine vanno aggiunte
diverse endemiche pugliesi come Serapias
orientalis subsp. apulica o subendemiche,
cioè specie a distribuzione condivisa tra la
Puglia e le coste balcaniche, come Aurinia
leucadea, Ophrys candica presente nel
Salento e nell’isola di Creta o Serapias politisii
500 Provincia adriatica
la vICIa dI gIaComInI
Doline in località
Madonna del Lago,
San Donato (LE)
(P. Ernandes).
Vaschette su calcari
in Contrada Badessa,
Ostuni (BR)
(P. Ernandes).
Cicendia filiformis
(P. Ernandes).
Al centro
Juncus capitatus
(P. Ernandes).
A destra
Juncus pygmaeus
(P. Ernandes).
504 Provincia adriatica
A destra
suoli saturi presso
Contrada Padula,
Cutrofiano (LE)
(P. Ernandes).
L’area del Nella porzione lucana della Subprovincia apula, spostandosi dallo Ionio verso
Metaponto l’interno, si incontrano cenosi psammofile delle dune, con alcuni lembi ancora
ben conservati alle foci del Basento e del Sinni. La sequenza della vegetazione
dunale è sostanzialmente uguale a quella già descritta per la parte meridionale
del litorale adriatico, rispetto alla quale si ritiene opportuno evidenziare alcune
importanti comunità non trattate in precedenza, come la vegetazione a Plantago
albicans e Anchusa hybrida, che svolge un ruolo molto delicato ed importante
nella vegetazione secondaria pioniera della duna. Si tratta di cicatrizzazioni che
questa comunità opera nell’ambito della vegetazione psammofila quando le dune
vengono destrutturate dall’attività eolica. Un altro esempio, questo non rinvenuto
sulle coste adriatiche meridionali italiane, è la vegetazione a Lomelosia argentea
che si combina con Helianthemum jonium, che ricorda la vegetazione del nord-
Adriatico solamente per la presenza della specie dominante. Anche la vegetazione
alofila retrodunale presenta comunità importanti e diversificate. I residui lembi di
boschi igrofili planiziali nella pianura alluvionale, quelli di macchia ed i querceti
a Quercus pubescens e Q. virgiliana, sui terrazzi marini, nonché le formazioni
calanchive dell’area collinare retrostante, sono tutti elementi importanti del
paesaggio vegetale dell’area, che vanno pertanto tutelati.
Sui terrazzi marini conglomeratico-sabbiosi del metapontino, alle spalle delle
piane litorali, e in ambiti caratterizzati da condizioni edafiche particolarmente
aride della fascia collinare è possibile osservare formazioni stabili di macchia
mediterranea, primarie non derivanti da alterazione del bosco originale,
dominate da Pistacia lentiscus. A questa specie si accompagnano Phillyrea
latifolia, Juniperus oxycedrus subsp.
Esemplari di macrocarpa, Asparagus acutifolius
Fraxinus
e Helictotrichon convolutum, che
angustifolia subsp.
oxycarpa nel bosco di raggiunge in queste comunità il limite
Policoro. settentrionale della sua distribuzione
in Italia. In questi ambiti, nei siti più
degradati, alla macchia si alternano
garighe a cisti, praterie a carattere
substeppico con Stipa austroitalica, S.
capensis e Hyparrhenia hirta, e pratelli
dominati da piccole terofite.
Sui terrazzi argilloso-conglomeratici
e sulle colline argillose e marnose
retrostanti si possono osservare
formazioni dominate da querce del
gruppo di Quercus pubescens s.l., in
genere in posizione più interna rispetto
alla macchia a Pistacia lentiscus,
dove il suolo ha le caratteristiche
per ospitare comunità più evolute.
Si tratta di comunità con uno strato
arboreo discontinuo, che permette
l’ingresso di elementi termofili della
macchia e della gariga, come Pistacia
lentiscus, Rhamnus alaternus, Rosa
sempervirens, Cistus creticus subsp.
eriocephalus, C. monspeliensis e, negli
ambiti più freschi, Spartium junceum.
Spostandosi ancora più verso
506 Provincia adriatica
Praterie a Stipa
austroitalica, specie
endemica dell’Italia
meridionale con
distribuzione limitata
all’area della
Subprovincia apula
(E. Carli).
FasCIa CostIera e sIstemI FluvIalI
significativa lungo la costa fino al Conero. Al di sopra del Conero il clima tende al
temperato con chiari elementi di continentalità.
Le piante che vivono sulle coste partecipano a tutto il processo di stabilizzazione
dei substrati del litorale, dei fondali marini e delle sabbie terrestri, contribuendo
molto efficacemente al mantenimento e all’evoluzione dei sistemi costieri.
Per comprendere la struttura e la funzionalità della fascia costiera è necessario
interpretare i fenomeni e i gradienti ecologici su tutta la costa, evitando la
separazione artificiosa tra ambiente sommerso ed emerso. Moltissimi dei fattori
che riguardano la stabilità geomorfologica o la diffusione di comunità nel tratto
emerso della spiaggia dipendono infatti da fenomeni che trovano la loro origine in
mare. Si pensi ad esempio all’erosione delle dune determinata dall’alterazione dei
fondali o all’influenza che ha l’eutrofizzazione marina sulla vegetazione dunale.
La parte sommersa delle spiagge del Mediterraneo è caratterizzata da praterie
di fanerogame marine, purtroppo in grave rarefazione, che svolgono un ruolo
di estrema importanza nella stabilizzazione dei fondali. Tali comunità hanno il
compito di ridurre l’intensità degli effetti dovuti al moto ondoso attraverso il fitto
fogliame, attenuare l’erosione e favorire l’accumulo della sabbia per mezzo di uno
sviluppato apparato ipogeo. Posidonia oceanica, che a dispetto del suo nome è
endemica del Mediterraneo, è la fanerogama marina più importante in quanto
l’accrescimento del rizoma, in direzione sia orizzontale che verticale, contrasta
il suo progressivo insabbiamento e origina una formazione a terrazzo, detta in
francese matte, che si oppone ai processi di erosione del fondale.
La posidonia continua inoltre ad avere un ruolo molto importante quando origina
dei corpi sferici (palle di mare) che favoriscono lo sviluppo della vegetazione nitrofila
e si oppongono all’erosione eolica e marina della spiaggia. La prateria a Posidonia
A destra oceanica costituisce la comunità di fanerogame sommerse maggiormente estesa
duna antistante sui fondali del Mediterraneo, dove si rinviene sino a circa 30-40 m di profondità.
il Lago di Fogliano,
Parco Nazionale
Altre fanerogame che determinano praterie sottomarine sono Cymodocea nodosa,
del Circeo che si rinviene sino a circa 20 m di profondità, Zostera noltii, dell’Atlantico e del
(R. Copiz). Mediterraneo dove colonizza i primi 5 m di profondità, e Z. marina, la specie
più comune e importante delle coste nord atlantiche e nord pacifiche, che nel
Cakile maritima Mediterraneo si rinviene alla foce dei grandi fiumi come ad esempio nel nord
(R. Copiz). Adriatico.
512 Fascia costiera e sistemi fluviali
La flora della parte emersa della spiaggia caratterizza alcune comunità che, come
abbiamo già evidenziato in altre parti del Volume, si susseguono con regolarità
dalla battigia sino alle zone più stabili del retroduna, in una fitosequenza formata
da comunità vegetali molto ben differenziate e autonome, nel senso che ciascuna
comunità in genere coincide con la tipologia potenziale del limitato settore di sua
pertinenza.
In Italia le coste basse sabbiose presentano, nel primo tratto della spiaggia
emersa, una flora terofìtica, alo-nitrofila, in cui prevale Cakile maritima con
Salsola kali, Euphorbia peplus, Polygonum maritimum e Xanthium italicum, questi
ultimi particolarmente presenti negli aspetti più nitrofili.
Cakile maritima, come tutte le specie annuali, supera la stagione invernale sotto
forma di seme e inizia a germinare all’inizio della primavera quando il mare
raggiunge sporadicamente la zona della spiaggia in cui si sviluppa. Per favorire
tale processo C. maritima presenta una lunga radice capace di intercettare la
poca acqua dolce presente in profondità in vicinanza della battigia.
Nel tratto di spiaggia verso la duna la sabbia è meno umida e quindi più facilmente
rimovibile dal vento. Per questa ragione si formano piccoli accumuli di sabbia
(dune embrionali), ove si rinviene in prevalenza Elymus farctus. Nei settori più
interni le dune embrionali possono dare luogo a cordoni paralleli alla linea di
costa. Queste dune embrionali, insieme alla comunità caratterizzata da Elymus
farctus, limitano in modo significativo l’erosione della spiaggia e della duna
retrostante. Hanno infatti la capacità di ridurre la forza del mare scomponendo
l’onda principale in tante piccole onde che via via vanno ad esaurire la propria
La spiaggia nella
Riserva naturale
forza erosiva. La pulizia della spiaggia con mezzi meccanici, che comporta
orientata di Torre Salsa l’eliminazione delle dune embrionali e della rada comunità vegetale, facilita la
(Sicilia meridionale): penetrazione delle onde principali, che arrivano al piede della duna con la stessa
in primo piano violenza erosiva con cui era arrivato alla battigia. Queste piccole dune, nella
la vegetazione ad parte più arretrata, iniziano a fondersi e danno luogo a cordoni continui paralleli
Ammophila arenaria alla linea di costa.
subsp. australis
con Echinophora
In rapporto all’intensità e costanza dei venti e alla disponibilità di sabbia, si possono
spinosa e Eryngium originare, in posizione ancora più arretrata, dune di dimensioni anche molto più
maritimum elevate delle precedenti, che in condizioni idonee raggiungono altezze di decine di
(E. Biondi). metri. Sono queste le dune bianche, stabilizzate principalmente dalla graminacea
Ammophila arenaria subsp. australis.
Quest’ultima ed Elymus farctus sono
tipiche specie che vivono sui substrati
sabbiosi (psammofile) e sono capaci
di favorire l’accumulo della sabbia
trasportata dal vento riuscendo in
questo modo a edificare le dune. Queste
piante hanno un apparato radicale
particolarmente voluminoso rispetto al
resto della pianta che nel tempo tende a
dare luogo a un fittissimo groviglio che
trattiene una grande quantità di sabbia.
In sintesi, il sistema duna è controllato
in termini dinamici e strutturali dalle
piante, sia nella parte sommersa che in
quella emersa.
Le piante psammofile vivono in un
ambiente molto difficile a causa anche
della scarsa presenza dell’acqua e
513 Fascia costiera e sistemi fluviali
Halocnemum
strobilaceum
presso la foce del
Fiume Ombrone
(E. Biondi).
517 Fascia costiera e sistemi fluviali
Nel nord Adriatico la flora delle praterie alofile ha una particolare importanza
biogeografica in quanto è prevalentemente costituita da specie con distribuzione
atlantica. Si segnala infatti la presenza di Salicornia veneta, Limonium
narbonense, Spartina maritima, Puccinellia festuciformis che danno luogo ad
altrettante interessanti comunità. Le salicornie perenni si aggregano in comunità
che si rinvengono nella maggioranza dei grandi sistemi lagunari italiani, come
ad esempio quelle costituite da Sarcocornia fruticosa e Puccinellia festuciformis.
Nel nord Adriatico si rinvengono inoltre Arthrocnemum macrostachyum e
Halocnemum strobilaceum, presenti anche nel sud della Sardegna, nella Sicilia
meridionale e nel Parco dell’Uccellina in Toscana. Suaeda maritima e Salicornia
patula danno luogo a una delle comunità terofitiche più diffuse nelle praterie
salate italiane, mentre nelle situazioni più termofile di Sicilia, Sardegna, litorale
laziale e pugliese si rinvengono interessanti comunità a Salicornia emerici e
Halopeplis amplexicaulis (presente solo in Sicilia). Nelle lagune del nord Adriatico
le comunità terofitiche sono determinate in prevalenza da Salicornia veneta,
specie di grande taglia, impropriamente attribuita da alcuni autori a S. fragilis,
a distribuzione esclusivamente atlantica, rispetto alla quale S. veneta costituisce
un importante esempio di vicarianza geografica.
Recentemente sulle coste italiane sono state rinvenute alcune stazioni di Salicornia
dolichostachya che si riteneva esclusiva delle coste atlantiche. Questa salicornia è
stata rinvenuta nel Parco Nazionale del Circeo, nello Stagno di Santa Gilla di Cagliari
e nello stagno di S’Ena Arrubia nell’oristanese. La vegetazione delle stazioni sarde
è rappresentata da comunità a Salicornia dolichostachya e S. emerici. Al Parco del
Circeo S. dolichostachya si inserisce invece in un contesto vegetazionale diverso, in
quanto rappresenta un aspetto delle comunità a Suaeda maritima e Salicornia patula.
Salicornia
dolichostachya,
retroduna presso il
lago di Caprolace,
Parco Nazionale del
Circeo
(M. Iberite).
518 Fascia costiera e sistemi fluviali
Le piante che vivono negli ambienti salati così selettivi in relazione alla variazione dei
sono organismi eccezionali altamente diversi fattori ecologici determinanti per la
specializzati che sono in grado di germinare, vita vegetale, si formano diverse comunità in
crescere e riprodursi con successo in prevalenza mono o paucispecifiche, sempre
condizioni del tutto particolari grazie ad pioniere. Il numero delle specie alofite è
adattamenti con i quali riescono a colonizzare molto ampio. Alcune sono diffuse, in specifici
ambienti così inospitali. Queste piante, in ambienti come lo sono ad esempio le specie
base alla tolleranza rispetto alla salinità del del genere Limonium sp.pl. lungo le coste
suolo, vengono distinte in due ampi gruppi rocciose, grazie alla loro capacità di vivere nelle
principali: quello delle alofite (tolleranti al fessure delle rocce e di sopportare il contatto
sale in qualsiasi fase della loro vita) e quello diretto con l’acqua marina e l’aerosol marino.
delle glicofite (intolleranti a livelli di salinità Sono queste specie per lo più endemiche
superiori allo 0,5%). Le alofite sono dotate e microendemiche, rese sito-specifiche da
di adattamenti morfologici e fisiologici che particolari meccanismi di riproduzione
consentono loro di colonizzare gli ambienti asessuata (apomissia) e dalla bassa dispersione
salati in cui le concentrazioni di cloruro di dei propaguli. Anche il Crithmum maritimum,
sodio nel suolo superiori all’1% sono tossiche pur essendo una specie ad ampia diffusione,
per la maggior parte delle piante. In questi presenta queste caratteristiche, dando origine
ambienti particolarmente inospitali le alofite a comunità diverse con le specie del genere
si distribuiscono secondo una zonazione che Limonium. Altre alofite colonizzano aree sia più
segue dei gradienti, in rapporto all’influenza compromesse dalle trasformazioni territoriali
delle maree, alla dinamica del livello di falda sia caratterizzate da fattori abiotici ancora più
freatica e soprattutto alla salinità della limitanti che spesso le rendono rare o molto
falda stessa e del suolo. Al contrario delle particolari. Di seguito viene presentata una
altre piante, per crescere in modo ottimale breve descrizione delle più rappresentative
preferiscono soluzioni ben più concentrate di specie alofite, insieme ad alcune che talora non
sale e hanno inoltre un’elevata resistenza alla sono considerate possedere tale importante
siccità, mostrando la capacità di accumulare caratteristica ecologica.
sali nei tessuti o di eliminarli con uno
specifico apparato ghiandolare, di ridurre Salicornie e altre specie annuali. Salicornia
l’intensità della traspirazione e di resistere a patula, è una specie diploide, caratterizzata
cospicui assorbimenti di sodio. dal tipico portamento a piccolo cespuglio. Si
I principali meccanismi di adattamento delle insedia su suoli sabbiosi-limosi, per lo più al
piante alofite all’elevata salinità sono tre: margine di formazioni costituite dalle specie
- capacità di introdurre il cloruro di sodio alofile perenni, su substrato non inondato
nella cellula (presente in varie specie di nel periodo estivo. Lungo le coste italiane e
Artemisia); le isole S. patula si associa soprattutto con
- capacità di accumulare il cloruro di Suaeda maritima mentre presso la Foce del
sodio nei vacuoli (tipico di molte specie Candelaro (Puglia) è stata rinvenuta una rara
di Chenopodiaceae); questo meccanismo comunità in cui vegeta insieme a Suaeda
provoca la cosiddetta succulenza salina splendens.
dovuta all’ingrossamento del fusto, legata Salicornia emerici, è una specie tetraploide che
all’assorbimento di notevoli quantità di forma comunità pioniere omogenee in micro-
acqua in modo da diluire le concentrazioni depressioni o in ampi spazi, a lungo allagati,
dei sali, riducendone la tossicità (Salicornia spesso in collegamento più o meno diretto
sp.pl., Suaeda maritima, Sarcocornia con il mare. Si distribuisce in popolamenti
sp.pl., Arthrocnemum sp.pl., Halocnemum monospecifici lungo le coste ioniche (golfo di
strobilaceum e H. cruciatum); Taranto) e tirreniche (tosco-laziali, sarde e
- capacità di eliminare il cloruro di sodio siciliane).
mediante cellule secretrici presenti lungo Salicornia veneta, specie tetraploide di
il fusto e nelle foglie (Limonium sp.pl. e grande taglia, si sviluppa in depressioni
Atriplex portulacoides). allagate per un lungo periodo dell’anno
Molte piante possono presentare più tipologie spesso comprendente anche l’estate. È stata
di tali adattamenti. Inoltre, le alofite riescono considerata per molto tempo endemica del
a recuperare lo shock metabolico imposto nord Adriatico ma è stata rinvenuta in diverse
dallo stress salino in maniera molto più località della penisola italiana ed in Sardegna
veloce rispetto alle glicofite. In questi ambienti oltre che in Croazia.
519 Fascia costiera e sistemi fluviali
Salicornia emerici,
a destra
Salicornia veneta.
tappeti relativamente densi. Graminacea suoli subsalsi che costituisce pratelli terofitici
annuale che forma comunità paucispecifiche subnitrofili a fioritura primaverile con
in cui si inseriscono altre specie alofile come Spergularia salina (Sardegna) o con Spergularia
Spergularia media, S. marina, Salicornia media (= S. marginata) Si rinviene anche sulle
sp.pl., Chenopodium sp.pl. ed Atriplex sp.pl. Si argille salse e sub-salse dei calanchi.
distribuisce lungo quasi tutte le coste italiane. Cressa cretica, è una pianta della famiglia
Parapholis filiformis, graminacea che delle Convolvulaceae, camefitica-alofila e
costituisce vegetazione pioniera con cosmopolita. In Italia si rinviene in diverse
salicornie ed altre specie annuali, nelle aree regioni tirreniche (Sardegna, Sicilia, Calabria,
fangose e sabbiose, soggette a brevi periodi Lazio e Toscana), mentre in Adriatico è stata
di sommersione. Solitamente si associa con rinvenuta solo in Puglia. Cresce su substrati
Spergularia marina, Hordeum marinum e argilloso-limosi e su spiagge sassose,
Polypogon maritimus mentre in Sardegna si costituendo comunità da monospecifiche a
combina anche con Polypogon subspathaceus. paucispecifiche, in questi casi si combina con
Parapholis incurva, piccola graminacea che specie per lo più annuali.
forma comunità pioniere con Catapodium Altre piante annuali del genere Atriplex danno
balearicum in Sicilia e Sardegna ed inoltre, origine a comunità paucispecifiche: è il caso
in quest’ultima regione, si associa a Brachy- di A. prostrata che si combina talvolta con
podium distachyum. A. tornabenei sui terreni sabbiosi e ghiaiosi
Hordeum marinum, graminacea tipica dei con Cakile maritima, dando origine ad una
Crypsis aculeata
(E. Biondi).
A destra
fioritura di
Spergularia salina
(E. Biondi).
521 Fascia costiera e sistemi fluviali
Cressa cretica
in piena fioritura
(E. Biondi).
A destra
Mesembryanthemum
cristallinum
(E. Biondi).
narbonense, Limbarda crithmoides, Atriplex bassa delle falesie, raggiunte dagli spruzzi
portulacoides e Sarcocornia perennis. delle onde, o va a delimitare il perimetro
Arthrocnemum macrostachyum si distribuisce delle depressioni salate nell’area in cui il
lungo le coste della penisola italiana (ad substrato diviene più solido e maggiormente
eccezione delle regioni Liguria, Marche, drenante; si distribuisce lungo le coste
Abruzzo, Molise e Basilicata), in Sardegna dell’Italia centrale e meridionale. Sulle coste
e Sicilia. Lungo le coste delle Murge baresi, del Gargano e delle Isole Tremiti forma densi
A. macrostachyum si rinviene sulle falesie cespuglieti con Suaeda vera o con Artemisia
calcaree, in depressioni di erosione, in arborescens; le stesse comunità si rinvengono
cui si accumula il sale portato dalle onde, anche a delimitare lo Stagno di Santa Gilla
associandosi a Limonium virgatum. (Cagliari) dove inoltre si rinviene anche
Sarcocornia perennis è specie molto un’altra comunità in cui A. arborescens si
diffusa nel Mediterraneo soprattutto nella combina con Asparagus stipularis e Nicotiana
parte settentrionale del bacino, in cui si glauca, pianta originaria del Sud-America e
rinviene in estese formazioni insieme ad divenuta invasiva in molte regioni d’Italia.
altre alofite come Puccinellia festuciformis, Sui versanti a mare del promontorio di Capo
Limonium narbonense, L. virgatum, Limbarda S. Elia (Sardegna) Atriplex halimus forma
crithmoides, Atriplex portulacoides e delle garighe nitrofile subalofile con Salsola
sporadicamente con la giuncacea Triglochin vermiculata. È questa un’altra alofita perenne
bulbosum subsp. barrelieri. arbustiva distribuita prevalentemente nelle
Le formazioni arbustive più elevate rispetto alle zone aride dell’Europa meridionale, Nord
depressioni salate e pertanto relativamente d’Africa, Isole Canarie e sud-est asiatico.
meno alofile, sono dominate da Atriplex In Italia, è presente solo in Sardegna
portulacoides (= Halimione portulacoides) (promontorio di Capo S. Elia e Golfo di
che costituisce densi tappeti. La pianta è Cagliari: zona litorale e stagnale).
cespugliosa con foglie glauche, grigio-argentee, Spartina maritima, è una graminacea di
e ricoperte da minute squame contenenti aria. ambienti fangosi costieri salmastri (velme)
Dà origine a comunità paucispecifiche con a distribuzione prevalente cantabro-
Limbarda crithmoides, Limonium bellidifolium, atlantica ed è presente anche nel bacino del
L. narbonense, Suaeda vera, Puccinellia Mediterraneo, dove si rinviene esclusivamente
festuciformis e Arthrocnemum macrostachyum, nel settore nord-adriatico italiano, in cui
a seconda della salinità dell’ambiente che entra in contatto con l’endemica Salicornia
colonizza. In Sardegna è stata, inoltre, descritta veneta. In questa zona è presente anche
una comunità pioniera con Cynomorium Spartina anglica (S. maritima x S. alterniflora),
coccineum, pianta perenne, parassita di su substrati prevalentemente di transizione
alcune Amaranthaceae come Atriplex, Suaeda con le formazioni sabbiose ed altri ibridi
e Salsola. Un’altra comunità descritta sempre che rischiano di compromettere anche la
in Sardegna vede la combinazione tra A. popolazione originale di S. maritima.
portulacoides e Camphorosma monspeliaca, Diverse sono le specie del genere Artemisia in
pianta camefitica suffruticosa, ad areale ambiente salato o salmastro che si sviluppano
orientale, eurasiatico, che cresce nei luoghi su suoli argillosi o sabbioso-limosi, al margine
salsi litoranei su formazioni argillose e su delle depressioni retrodunali e talora, anche
rocce di diversa natura. su falesie, in aree sommitali o piccoli terrazzi.
Altra pianta arbustiva di questi luoghi è Artemisia gallica subsp. densiflora è una
Limoniastrum monopetalum, diffusa negli camefita suffruticosa con densa rosetta di
ambienti alofitici della Sardegna e della Sicilia, foglie basali, alta 15-30 cm, tomentosa, di
mentre la sua presenza nel Lazio e in Puglia color grigio. È una specie endemica della
è di dubbio indigenato, più probabilmente è Corsica, dove è stata segnalata solo per
sfuggita alla coltivazione. Si tratta infatti di Bocche di Bonifacio e St. Florent e della
una pianta molto attrattiva per i suoi fiori Sardegna settentrionale, particolarmente
di colore rosa-violetto ed inoltre si coltiva diffusa nell’Arcipelago di La Maddalena, dove
facilmente nelle aree costiere meridionali calde si associa con Helichrysum italicum subsp.
(termo mediterranee). Si associa facilmente microphyllum su piccoli ripiani, con depositi
con Puccinellia festuciformis, Iris sisyrinchium, di sostanza organica prodotta dalle colonie
Agropyron elongatum, Arthrocnemum di uccelli marini. Nel settore nord-orientale
macrostachyum, Sarcocornia perennis e della Sardegna (Porto Pozzo e Porto Liscia,
Limonium glomeratum, specie endemica in Gallura) costituisce un’altra comunità
italiana presente in Sardegna e Sicilia. camefitica, endemica sarda, con Limonium
Atriplex halimus forma comunità arbustive, pulviniforme, specie diploide a distribuzione
alo-nitrofile, che si sviluppano nella parte più puntiforme.
523 Fascia costiera e sistemi fluviali
Cartografia
sinfitosociologica di
un tratto del Fiume
Esino. Si tratta di
un documento di
estremo dettaglio
relativo al mosaico
vegetazionale.
È possibile
riconoscere le serie
di vegetazione, le
associazioni relative
alle comunità
presenti anche in
spazi arealmente
molto limitati e i
microgeosigmeti
fluviali relativi alle
sponde e alle isole
fluviali
(Cartografia elaborata
in linea con Biondi et
al., 2012).
(da Biondi et al. 2009, ridisegnato e modificato).
526
Vegetazione ripariale povere di sostanze nutritive disciolte (da oligo- a mesotrofiche), a Phragmites
lungo il Fiume australis in acque lentamente fluenti o nelle zone di sponda con limi e/o argille
Tagliamento sempre umide, a Schoenoplectus tabernaemontani nelle zone più vicine alla riva e
(E. Del Vico). in condizioni ecologiche simili a quelle della variante a P. australis.
Su substrati limosi o limoso-argillosi si sviluppano fitocenosi costituite
principalmente da giunchi, carici e terofite di piccola taglia, a Cyperus flavescens
e a Samolus valerandi e Carex serotina. Sempre su substrati limosi, lungo canali
laterali, ove l’acqua mantiene una certa mobilità e una relativa oligotrofia, si
rinviene in posizioni soleggiate Glyceria plicata, oppure popolazioni di Rorippa
sylvestris o ancora comunità a Polypogon viridis e Paspalum distichum.
In corrispondenza di acque lentamente fluenti o correnti lungo le sponde dei
canali laterali, è possibile notare la presenza di Apium nodiflorum a cui si
accompagnano Veronica anagallis-aquatica e V. beccabunga. Queste specie
formano comunità legate alla presenza di acque correnti ben ossigenate, che
si rinvengono prevalentemente nel tratto iniziale dei fiumi, ma che si possono
sviluppare anche nel medio e basso corso, laddove le acque, infiltratesi a monte
nelle alluvioni ghiaiose, riemergono filtrate più a valle.
Le ghiaie miste a sabbie dei greti fluviali, le barre e gli isolotti (in posizione leggermente
rialzata rispetto al letto di magra) sono colonizzati da formazioni erbacee perenni
e da quelle pioniere di salici arbustivi. Tra le prime, è particolarmente diffusa
la presenza di Artemisia verlotiorum e di Lotus tenuis. In particolare quest’ultima
specie è presente anche su substrati argilloso-limosi di zone leggermente depresse
e umide: con Mentha aquatica e Calamagrostis pseudophragmites dà luogo a una
fitocenosi maggiormente umida. Sugli isolotti fluviali, in contatto fisico ma non
dinamico, con queste e altre formazioni emicriptofitiche, si hanno salici pionieri
(Salix incanus, S. purpurea e S. eleagnos) cui spesso si associa Populus nigra.
Nel basso corso dei fiumi, su substrati sabbioso-limosi, è possibile rilevare
una formazione alto-arbustiva a Salix triandra. Si tratta di una formazione con
poche specie quali, ad esempio, Agrostis stolonifera, Xanthium italicum, Lythrum
salicaria, Polygonum lapathifolium, Galium palustre. In termini dinamici queste
comunità vengono sostituite da fitocenosi forestali a Salix alba, che in posizione
più esterna si integrano o lasciano il posto a comunità caratterizzate dalla
presenza di Populus nigra.
Sui terrazzi alluvionali più o meno recenti si rinvengono le ontanete ad Alnus
glutinosa e i boschi a Populus alba.
Nei territori ove prevale un clima mediterraneo è possibile rinvenire boschi a
Fraxinus oxycarpa e Carex remota. Si tratta di comunità rinvenute in diverse
località della costa adriatica italiana anche se nella parte più settentrionale sono
529 Fascia costiera e sistemi fluviali
“Si tratta di uno dei rari esempi a livello europeo Wiesinger et al., 1998; Müller, 2005, 2009;
di fiume alpino a carattere torrentizio e ad Müller e Tockner, 2007). Non sono mancati
alveo ramificato (tipo “braided”), che mantiene i contributi monografici (Bianco et al., 2006,
dinamiche naturali ed elevata complessità Vio, 1992) o locali, di ottima divulgazione
morfologica, costituendo un ininterrotto corridoio (Simonetti, 1992; Toniutti et al., 2002). La
ecologico che raccorda la regione alpina con Carta delle serie di vegetazione evidenzia
il litorale veneto-friulano. Esso pertanto può l’importanza di questo fiume lungo l’intero
costituire un ecosistema fluviale di riferimento corso. Il mosaico morfologico delle comunità
per tutta Europa”. Questa premessa, espressa perialveali endalpiche è caratterizzato da
in Poldini, Sburlino e Vidali (2008), sintetizza saliceti di greto, aspetti a Myricaria germanica
l’interesse naturalistico di questo fiume che o a Hippophaë rhamnoides e alnete di Alnus
Leontodon berinii ha saputo suscitare ammirazione da parte di incana.
(M. Da Pozzo). studiosi centroeuropei (Lippert et al., 1995; Nel settore meso-esalpico compaiono anche
originali comunità glareicole con l’endemico
Leontodon berinii oltre ai boschi misti di
ontano e pino silvestre. Nell’Alta Pianura,
in cui non mancano componenti nitrofile ed
alloctone, si osservano ancora importanti
residui di boschetti a Salix triandra, S. alba,
con Populus nigra in aspetti più maturi, e
comunità erbacee pioniere con specie guida
Epilobium dodonaei e Scrophularia canina.
Notevoli, inoltre, i lembi di prati aridi, con
aspetti sia magredili a copertura discontinua
che più evoluti (stipeti e crisopogoneti,
talvolta ricchi di orchidee).
Gli effetti dell’antropizzazione emergono
anche nella bassa pianura in cui spiccano
i boschi alveali di Populus alba, associati a
depressioni con boschi paludosi di Alnus
glutinosa e/o Fraxinus oxycarpa, nelle
adiacenze. Di assoluto interesse, anche
floristico, è il mosaico morfologico delle
comunità dunali, presso la foce, in cui
compare Quercus ilex, con altre entità a
Anagallis tenella
(M. Da Pozzo).
531
Gladiolus palustris
(M. Da Pozzo).
533 Fascia costiera e sistemi fluviali
Brassica glabrescens
(M. Da Pozzo).
534
Salix caprea
(A. Tilia).
535
3 PARTE TERZA
FLORA DEI PAESAGGI
A DETERMINISMO
ANTROPICO
536 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Nella parte seconda, oltre a una descrizione sintetica del paesaggio fisico e vegetale
dell’Italia, si è cercato di evidenziare le relazioni tra ambiente naturale, flora e
vegetazione. Nel nostro Paese ciò è particolarmente evidente in quanto le condizioni
ecologiche cambiano anche su ridotte superfici e la posizione centrale nel bacino
del Mediterraneo ha favorito nel tempo la presenza di specie provenienti da distretti
biogeografici anche lontani. L’Italia è però anche un Paese con una elevata densità
abitativa, ed è pertanto caratterizzata da paesaggi a forte condizionamento antropico
che presentano un contesto floristico coerente con la tipologia e l’intensità delle
attività dell’uomo. Si è quindi creduto opportuno illustrare l’importanza della flora
nei paesaggi agricoli e urbani e dedicare uno spazio alla flora esotica considerata,
insieme alla fauna esotica, una delle maggiori cause di perdita di biodiversità nel
mondo.
In particolare il 50% della biodiversità animale e vegetale in Italia è oggi contenuto
o dipende in qualche misura dalle zone agricole estensive che sono ancora un
elemento importante del paesaggio italiano, rappresentando circa il 50% della
superficie agricola totale ed essendo localizzate prevalentemente nelle aree
collinari e montane. L’agricoltura ebbe inizio con la coltivazione dei cereali e dei
legumi e successivamente della vite, dell’olivo e degli altri fruttiferi. All’aumentare
delle aree coltivate iniziarono a formarsi comunità di piante, provenienti dal Medio
Oriente o da altri paesi del Mediterraneo, capaci di vivere in ambienti aperti o tra
le coltivazioni. Dato il ruolo positivo che le piante autoctone possono avere anche
nei sistemi agricoli rurali o intensivi (ad esempio di supporto all’impollinazione), la
nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC) sostiene le coltivazioni agricole inserite
in paesaggi a elevata naturalità.
Gran parte del nostro territorio è inoltre interessato da un’elevata presenza di
centri abitati. Siamo infatti ricchi di paesi e borghi di valore storico così come si
hanno aggregati urbani anche molto estesi che recentemente hanno dato luogo a
14 città metropolitane. A titolo esemplificativo si segnala che l’area metropolitana
di Roma ospita circa 4.500.000 abitanti su una superficie di circa 500.000 ettari.
Anche in questi contesti la flora e la vegetazione favoriscono una migliore qualità
ambientale sia in termini funzionali che paesaggistici. Si è quindi creduto opportuno
far conoscere anche il ruolo che le foreste urbane e periurbane possono avere
nella riduzione dell’inquinamento atmosferico e nella mitigazione del cambiamento
climatico. Attualmente le foreste, a causa del progressivo abbandono delle attività
colturali, occupano vasti territori e, in alcuni casi, stanno lentamente acquisendo,
per struttura e funzione, i caratteri tipici delle foreste naturali o vetuste. All’interno
di questi sistemi forestali si registrano elevati valori di assorbimento della CO2,
un maggior numero di specie arboree ben differenziate per classi di età (compresi
anche esemplari secolari) e specie vegetali e animali esclusive di queste formazioni
a basso impatto antropico.
537 Flora dei paesaggi a determismo antropico
tra queste alcune specie del genere Cyperus, Le comunità delle specie infestanti
in particolare C. glomeratus. risultano fortemente condizionate dalle
A seguito della scoperta dell’America, sono tecniche colturali: semina, sarchiatura,
arrivate altre specie infestanti insieme avvicendamento e, soprattutto, irrigazione.
alle nuove piante di interesse agronomico Le infestanti, perlopiù sono piante annuali
tra le quali il mais, la patata, i fagioli, il che presentano uno spiccato comportamento
pomodoro, il tabacco e diverse altre. Tra pioniero e un ciclo vitale molto breve. Inoltre,
le erbacce provenienti dal Nuovo Mondo mostrano un marcato opportunismo ecologico
ricordiamo le specie del genere Amaranthus e uno straordinario adattamento alle attività
e Conyza, inoltre molte piante che si sono colturali che quasi lasciano pensare ad una
insediate sulle dune (Ambrosia, Oenothera) vera e propria forma di coevoluzione. Le
dove costituiscono un grave problema per la infestanti o commensali delle colture danno
flora autoctona. Il topinambur (Helianthus vita a fitocenosi dinamiche, mutevoli nella
tuberosus), inizialmente fu introdotto nel composizione in quanto aperte all’ingresso
Vecchio Continente quale pianta di interesse di specie provenienti da altri ambienti come
agronomico, successivamente la coltura i pascoli secondari o gli altri ecosistemi
venne abbandonata ed ora la specie si sinantropici.
comporta come infestante e ruderale. Negli ultimi decenni, a seguito, dei
La velocità e l’efficienza dei collegamenti e profondi e repentini cambiamenti delle
dei trasporti hanno facilitato enormemente tecniche colturali caratterizzate da una
l’arrivo di tante altre specie esotiche in meccanizzazione spinta e da un uso sempre
questi ultimi decenni, tra queste le piante più massiccio della chimica, in particolare
dell’Africa australe, favorite da un generale erbicidi e fertilizzanti di sintesi, le comunità
riscaldamento del clima, si stanno ormai delle infestanti si trasformano rapidamente,
diffondendo a macchia d’olio nei campi gli equilibri tra le specie mutano velocemente,
coltivati. Casi emblematici sono rappresentati alcune scompaiono altre mostrano vere e
da Oxalis pes-caprae la cui fioritura tinge di proprie esplosioni demografiche. L’uso degli
un giallo tenue gli oliveti costieri non solo della erbicidi ha drasticamente ridotto il numero
fascia tirrenica, ma anche di quella adriatica delle commensali nelle colture, alcune
in quanto la specie ormai sta risalendo anche il sono divenute rare o addirittura scomparse
versante orientale della penisola attestandosi su vaste aree. Altre, invece, hanno fatto
sulla fascia costiera marchigiana. L’altra registrare una forte diffusione, come nel caso
specie è un senecio, Senecio inaequidens, delle graminacee dei generi Bromus, Phalaris,
che sta rapidamente colonizzando i pascoli Setaria e Lolium nei campi di frumento e
aridi, le colture abbandonate, i tracciati orzo. Nei terreni coltivati a mais le moderne
ferroviari e stradali. Entrambe le specie sono pratiche colturali hanno, invece, favorito
originarie del Sudafrica. Le nuove arrivate, a specie un tempo piuttosto localizzate tra
partire dalla scoperta e colonizzazione delle cui Abutilon theophrasti, Calystegia sepium,
Americhe, vengono individuate con il termine oppure due neofite Ambrosia coronopifolia
di neofite, cioè piante di recente introduzione, e Datura stramonium, quest’ultima specie
per distinguerle dalle archeofite. fortemente tossica ed allucinogena.
Raccolta di zafferano
(Crocus sativus) in
Abruzzo tra i ruderi
della città romana di
Peltuinum (AQ)
(A. Manzi).
542 Flora dei paesaggi a determismo antropico
(Quercus pubescens s.l.) strategiche in o il melo cotogno (Cydonia oblonga) sono stati
passato per l’allevamento dei maiali, sono sacrificati alle macchine agricole.
stati eliminati. Ovunque, sono state divelte le siepi
È scomparso così l’antico paesaggio dei che cingevano i campi. Cortine vegetali
seminativi arborati che per secoli ha impenetrabili a difesa dei raccolti realizzate
caratterizzato le dolci campagne italiane. preferibilmente con arbusti spinosi: a sud
Eliminati anche i filari di alberi che marruca (Paliurus spina-christi) o alloro
segnavano i fossi, i confini dei campi oppure (Laurus nobilis), a nord prugnolo (Prunus
le vecchie strade spesso di impianto romano spinosa) e biancospino (Crataegus sp.),
o medievale. Sempre più rari i filari di salici sui terreni argillosi e calanchivi le tamerici
(Salix alba) capitozzati per la produzione dei (Tamarix sp.). All’interno delle siepi venivano
vimini, di gelsi (Morus alba) impiantati in favorite alcune specie spontanee con frutti
passato per l’allevamento del baco da seta. eduli come peri e meli selvatici, ma anche
Anche gli alberi sacri che segnavano i confini noccioli e, in alcune aree, il corniolo (Cornus
dei campi come il sambuco (Sambucus nigra) mas), arbusto oggetto nella preistoria di
tentativi di domesticazione per i frutti eduli.
Gittaione (Agrostemma Le siepi sono state le protagoniste della
githago) bella infestante rivoluzione agricola dei campi chiusi che nel
delle colture di cereali meridione si sono affermati con vigore solo
(A. Manzi). dopo il processo di eversione feudale nel primo
decennio dell’Ottocento, quando sulle ceneri
dei feudi e dei possedimenti demaniali si
costituì la proprietà privata. I campi recintati
da siepi o muretti a secco sono destinati
esclusivamente all’agricoltura, al contrario
dei campi aperti, gestiti collettivamente e
nati dall’esigenza di conciliare due attività
antitetiche: l’agricoltura e la pastorizia.
La perdita delle siepi, dei filari o dei singoli
alberi isolati nei campi sta comportando la
banalizzazione degli ambienti rurali italiani,
la forte riduzione della biodiversità vegetale
e animale, nonché il degrado e la perdita del
più bel paesaggio agrario del mondo, quello
italiano frutto dell’interazione millenaria
tra una natura meravigliosa e il lavoro di
generazioni di uomini che si sono succedute
in quello che fu il Giardino d’Europa.
Campi abbandonati
ricolonizzati da
Spartium junceum
(A. Manzi).
544 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Riproduzione
schematica della
complessità agraria
nella coltura
promiscua dei
terreni del territorio
anconetano (disegno
di M. Morbidoni in
Biondi e Morbidoni,
2010).
In basso a sinistra La coltura promiscua. Durante il periodo della mezzadria le capacità lavorative
aspetto primitivo di delle famiglie contadine crearono nuove forme produttive diffondendo, su tutta
allevamento della vite la collina, la coltura promiscua costituita dalla consociazione di più specie di
in filari che hanno
interesse agricolo nello stesso appezzamento. Ciò permetteva di incrementare la
sostituito le alberate
con le viti maritate varietà delle produzioni, ma nello stesso tempo questa consociazione di produzioni
(E. Biondi). agricole ha fatto assumere al nostro paesaggio agrario aspetti molto caratteristici,
ampiamente diffusi, che si sono mantenuti sino alla fine della prima metà del
In basso a destra ventesimo secolo. Fra le coltivazioni, la più frequente era quella della vite maritata
resti di viti maritate che si sviluppava avvinghiata al proprio tutore vivo, detto oppio che nella maggior
inglobate nel bosco parte dei casi è Acer campestre. Questo viene potato in modo da fargli aprire la
nella zona montana, chioma per assicurare alla vite e ai suoi
preso l’abitato di
Appennino, frazione
frutti, la necessaria esposizione alla
di Pieve Torina, nel luce. Tra le viti veniva coltivato il grano
maceratese e talora anche le leguminose come la
(E. Biondi). fava, il favino o l’erba medica.
546 Flora dei paesaggi a determismo antropico
L’estrema
semplificazione che
attualmente si verifica
nei paesaggi agrari
con terreni argillosi
delle Marche è
responsabile, insieme
alla mancata gestione
del reticolo idrico
secondario, delle forti
perdite di suolo per
erosione nella regione
(disegno di M.
Morbidoni in Biondi e
Morbidoni, 2010).
Un aspetto del
paesaggio agrario
che corrisponde al
disegno precedente,
colline di Jesi (AN)
(E. Biondi).
Il paesaggio della
bianca città di Ostuni
che si erge su una
distesa di olivi monu-
mentali
(E. Biondi).
549 Flora dei paesaggi a determismo antropico
mirto, alaterno ed altre specie, comprese nelle Murge, quercia spinosa e fragno. Tutti
quelle delle garighe mediterranee. In molti questi alberi insieme agli arbusti e alle
casi sono ancora presenti alberi isolati o altre specie selvatiche e coltivate creano
riuniti in piccoli boschi con pino d’Aleppo, un agro-ecosistema particolarmente
leccio, quercia di Virgilio e, nel Salento e ricco di specie. Si tratta di un habitat di
elezione per numerose specie animali,
L’immagine dimostra molte delle quali vengono richiamate
la qualità del nell’allegato II della Direttiva Habitat:
substrato sul quale si Bufo viridis, Bombina pachypus, Circaetus
impiantano i secolari gallicus, Burhinus oedicnemus, Coracias
olivi della Puglia garrulus, Falco naumanni, Melanocorypha
meridionale calandra, Zamenis longissima, Elaphe
(E. Biondi). quatuorlineata, Zamenis situla, Tarentola
mauritanica, Vipera aspis e Testudo
hermanni.
Salvaguardare i vecchi olivi significa
inoltre mantenere frammenti di storia
legati all’attività millenaria dell’uomo
che ha favorito lo sviluppo di centinaia
di varietà locali. Sono queste varietà
realizzate mediante cure colturali
trasmesse a livello familiare, o comunque
locale, che hanno dato luogo a cultivar
e varietà, ancora oggi riconoscibili per la
qualità degli olii anche nelle regioni non
particolarmante vocate alla coltivazione
dell’olivo. È il caso ad esempio delle
Marche, in cui le varietà antiche di olivi,
i cosiddetti piantoni, sopravvissuti grazie
all’impegno di agricoltori consapevoli
del loro pregio, rischiano di scomparire
per le difficoltà economiche legate alla
ridotta remunerazione di questi impianti. tutti gli aspetti fondamentali, non riesce,
Il Mercato dell’olio è infatti fortemente di fatto, a coglierne, con consapevolezza,
condizionato dalle produzioni derivanti le logiche e i limiti conservativi. Risente
dai moderni impianti, costituiti da infatti, eccessivamente, del concetto di
piccoli alberi, coltivati ad elevata densità, salvaguardia monumentale applicabile
fortemente produttivi e poco dispendiosi, ai manufatti storici, a cui la tradizione
in quanto facilmente meccanizzabili. Ciò italiana è sostanzialmente legata per
comporterà la rimozione dei piantoni, l’eccezionale patrimonio artistico che
espressione di una vasta variabilità connota il nostro Paese. Il paesaggio
genotipica, indicata con nomi locali come non è un monumento, è una parte di
ad esempio: piantone di Mogliano, raggia, territorio costituita da un insieme di
magnola, orbetana, oliva nostrale di ambienti in continua trasformazione. È
Rigoli, sagittaria, sargano, pendolino, oliva un sistema vivo sul quale si concretizza
riccia, oliva grossa, mignola, cornetta, una serie di attività economiche, per
limoncella, etc. A questi si sostituiranno cui è legato ad una propria dinamica.
per contro poche varietà ritenute più Per la sua conservazione non sono
produttive e compatibili con le moderne assolutamente applicabili le regole utili
tecniche agronomiche. Si ritiene che la nella conservazione dei monumenti
salvaguardia delle piccole aree a piantoni e delle cose inanimate. Purtroppo la
costituisca pertanto una priorità per legge vedendo ancora il paesaggio come
non perdere un importante biodiversità monumento, non ne riesce ad individuare
seppure legata all’attività dell’uomo. le necessarie logiche dinamiche correlate
alla sua natura biologica e antropologica.
Olivi secolari e paesaggi. È dall’inte- È questo un concetto basilare, il nodo non
grazione tra paesaggio naturale, mo- risolto dai legislatori, che crea una grave
dellato dalle attività umane, e i prodotti empasse nell’applicazione della legge, al
direttamente dovuti al genio e alle momento non superata.
tecnologie umane che si creano i paesaggi Cosa sarebbe ad esempio delle storiche
e se ne determina il loro valore. Purtroppo ville medicee dei territori toscani al di fuori
la recente legge sul paesaggio (in delle distese di olivi che ricoprono le colline
applicazione della Convenzione europea pisane o senesi? O dei bellissimi paesaggi
del paesaggio) pur richiamando per la del Salento e delle aree garganiche o,
salvaguardia degli ambiti paesaggistici ancora, della spettacolare Basilica di
Particolare di un
fusto contorto di olivo
secolare
(E. Biondi).
552 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Loreto, qualora venissero privati dei loro Salento. In questa area dal 2013 gli olivi
oliveti? È mediante la qualità della sua secolari sono minacciati da questo ospite
gestione che si realizza la salvaguardia indesiderato proveniente da molto lontano
del paesaggio; è quindi necessario attivare (Costa Rica, Honduras e California) che
una strategia integrata per salvare gli produce il disseccamento di foglie e rami
oliveti secolari del Mediterraneo, che e quindi, nei casi più gravi, dell’intero
faccia riferimento ad aspetti concorrenti albero. In poco tempo la malattia ha
rivolti alla pluralità di condizioni che la infestato dapprima gli olivi del territorio
loro presenza evoca ed esalta. Bene ha di Taranto, diffondendosi poi anche nel
fatto il Consiglio regionale della Puglia ad Salento leccese, sino al brindisino.
approvare, all’unanimità, la legge sulla Il nome Xylella deriva da legno o xilema,
Tutela e valorizzazione del paesaggio del quale ostruisce i vasi che trasportano
degli ulivi monumentali della Puglia (n. 39 la linfa greggia, per cui i rami connessi
del 03/10/2006), con la quale vengono a questa parte del legno seccano le loro
sottoposti a particolare tutela cinque foglie. La pianta può quindi seguitare a
milioni di olivi secolari monumentali, degli produrre fiori e frutti (dai quali si ottiene
oltre 60 milioni di piante che segnano il sempre un buon olio) però solo nei rami
paesaggio della regione. Un provvedimento ancora verdi e ricchi di foglie. Le ricerche
legislativo di grande rilevanza, di hanno evidenziato che in una pianta
significativo valore conservativo, da infetta il batterio è rinvenibile solo nella
considerare come esempio da imitare per parte secca della stessa, facendo cadere
tutte le regioni italiane che dispongono di i dubbi sulla possibilità che lo stesso
simili monumenti vegetali. batterio non sia il responsabile della
malattia.
Un ospite imprevisto minaccia gli olivi. È pertanto un vero flagello rispetto al
Il batterio Xylella fastidiosa minaccia quale si sta ancora studiando, in quanto
purtroppo di far perdere ad un vasto per l’Unione Europea è questo il primo
territorio il suo aspetto paesaggistico caso di infezione su una vasta area e
migliore, in quanto legato alla coltivazione segnatamente sull’olivo. Non si conoscono
degli olivi, pregiudicandone anche le quindi ancora bene i provvedimenti più
attività economiche fondamentali, perché adeguati da assumere e pertanto non
oltre a compromettere la produzione si ritiene possibile sviluppare ulteriori
diretta delle olive e dell’olio, incide approfondimenti in questa sede.
indirettamente sulle entrate turistiche del
Parte più alta dell’ager di Pinè nel loro insieme costituiscono un tetraphyllum, Herniaria glabra e Tunica
(1.300 m), aspetto campionario molto interessante di specie e saxifraga, occupa le stesse stazioni di
odierno del paesaggio di comunità legate a variazioni di substrato Sagina procumbens, ma in condizioni secche
agrario. I muretti in e di disturbo antropico. Si riportano di e soleggiate quali il sagrato dell’antica pieve
passato delimitavano seguito le principali tipologie di vegetazione di Baselga;
campi coltivati, oggi sinantropica legate ai diversi ambienti. - Hordeum murinum con Taraxacum
trasformati in prati officinale, Lolium perenne, Poa annua e
falciabili; alla base dei Macereti, discariche recenti, muretti a secco Conyza canadensis, ben sviluppata lungo i
muretti si sono formati e stazioni soleggiate. muretti delle strade;
cespugli di Corylus Comunità a: - Sedum album e Poa compressa con Sedum
avellana - Erigeron annuus con Convolvulus arvensis, rupestre, S. sexangulare, Poa compressa,
Bedollo (TN) Veronica arvensis, Setaria viridis, Conyza Trifolium arvense e Potentilla argentea. Si
(F. Pedrotti). canadensis, si insedia sui cumuli di tratta di fitocenosi che si sviluppano sulla
macerie o di terra scavati dalle talpe nei parte superiore dei muretti a secco;
prati falciabili; - Torilis japonica con Geum urbanum, Galium
In alto a destra - Asplenium ruta-muraria e A. trichomanes aparine, Bromus sterilis, Galeopsis bifida,
versante con terrazzi con Ceterach officinarum e altre specie del Galeopsis speciosa, Alliaria officinalis e
sostenuti da muretti genere Sedum, costituisce la vegetazione Urtica dioica, si sviluppa lungo le strade
(996 m), in passato dei muretti a secco di porfido; rurali e al bordo dei muretti.
coltivati ed oggi - Chenopodium album e Conyza canadensis
trasformati in prati con Plantago major, Trifolium repens, Lactuca Margini del bosco, dei campi e orti.
falciabili, invasi pro- serriola, Capsella bursa-pastoris, Rumex Comunità a:
gressivamente obtusifolius, Setaria glauca, Polygonum - Arctium lappa con Urtica dioica, Artemisia
da Corylus avellana persicaria, Chenopodium polyspermum, vulgaris, Geranium sibiricum, Dactylis
e Populus tremula Trifolium pratense e Artemisia vulgaris; glomerata, Lychnis alba, Stachys sylvatica
Miola (TN) - Eragrostis minor e Polygonum arenastrum e Stellaria nemorum;
(F. Pedrotti). con Euphorbia peplis, Trifolium repens, - Chelidonium majus con Bromus sterilis,
Cynodon dactylon e talvolta Polycarpon Carex hirta, Urtica dioica, Veronica persica,
Alliaria petiolata, Galium aparine; comunità
sciafila degli orti presso le case;
- Amaranthus retroflexus, Chenopodium
I prati non più sfalciati album e Artemisia vulgaris, si sviluppa
(1.300 m), vengono anche al margine dei campi, con suolo
invasi da piante di profondo, fertile, umido e talvolta è
lampone (Rubus ida- infestante nei campi di mais;
eus); in primo piano - Impatiens parviflora con Urtica dioica,
un prato ad Arrhena- Aegopodium podagraria, Geum urbanum,
therum elatius ancora Geranium robertianum, Chelidonium majus,
sfalciato Glechoma hederacea, Ranunculus repens,
Regnana (TN) Mycelis muralis, Lunaria annua ed altre
(F. Pedrotti). specie a comportamento nitrofilo e sciafilo;
555 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Campo di mais (954 - Lamium purpureum e Stellaria media con Chenopodium album, Linaria vulgaris e
m); al suo bordo si os- Cardamine hirsuta, Veronica hederifolia, altre specie;
servano alcune piante Veronica persica, Lamium purpureum, - Heracleum sphondylium e Rumex
di Datura stramonium Lamium amplexicaule, Poa annua, obtusifolius con Urtica dioica, Taraxacum
Pian delle Meje (TN) Cerastium glomeratum, Arabis thaliana, officinale, Lychnis alba, Vicia sepium,
(F. Pedrotti). Senecio vulgaris, si sviluppa negli orti Geranium sylvaticum, poco diffusa
primaverili. sull’Altopiano di Pinè, ove si sviluppa in
aree di terra smossa e iperletamata;
Radure erbose. - Portulaca oleracea con Echinochloa crus-
In alto a destra Comunità a: galli e Polygonum lapathifolium, si sviluppa
campo di grano - Cichorium intybus con Elytrigia repens, su depositi di terriccio, foglie secche e
saraceno (954 m), con Echium vulgare, Melilotus alba, Daucus resti di concime stallatico, molto ricchi di
vegetazione infestante carota, Pimpinella saxifraga, Salvia sostanza organica e abbastanza umidi;
a Galinsoga parviflora e pratensis, è comune nel piano collinare; - Tanacetum vulgare e Artemisia vulgaris con
Portulaca oleracea, che - Bromus inermis; questa specie si insedia Dactylis glomerata, Achillea millefolium,
si osserva bene lungo il al bordo dei prati falciabili e su scarpate Urtica dioica, Elytrigia repens, Galium
bordo del campo erbose con Convolvulus arvensis, Urtica mollugo e diverse altre specie, occupa
Pian delle Meje (TN) dioica, Melilotus alba, Artemisia vulgaris, e le stazioni ruderali consolidate e, in
(F. Pedrotti). a specie provenienti dai prati falciabili come particolare, muretti di campagna;
Heracleum sphondylium, Poa pratensis, - Urtica dioica e Parietaria officinalis con
Dactylis glomerata, Stellaria graminea. Galium aparine, Alliaria officinalis, Glechoma
hederacea, comunità nitrofila che si sviluppa
Stazioni ruderali nitrofile e strade di spesso al bordo degli arbusti di sambuco;
Campo di cavolo campagna. - Urtica urens e Chenopodium bonus-henricus
cappuccio (954 m), con Comunità a: con Lamium album, Urtica dioica (in scarsa
vegetazione infestante - Conyza canadensis e Lactuca serriola, quantità); il Chenopodium bonus-henricus
a Galinsoga parviflora e comunità ruderale termofila poco comune, presso le malghe oltre i 1.500 m è sostituito
Portulaca oleracea con Artemisia vulgaris, Taraxacum vulgare, da Rumex alpinus. È la tipica comunità
Pian delle Meje (TN)
(F. Pedrotti).
A destra
piccolo campo
coltivato a patate e
zucche (1.000 m),
con vegetazione
infestante a Galinsoga
parviflora e Portulaca
oleracea
Sternigo al Lago (TN)
(F. Pedrotti).
556 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Arbusti di Sambucus - Populus tremula e Corylus avellana con Acer Ne sono state colpite soprattutto le specie
nigra fra i campi (996 pseudoplatanus, Sambucus nigra, Sorbus primaverili tipiche delle colture messicole,
m); all’ombra di essi si aucuparia, Ulmus campestris e Fraxinus come il fiordaliso (Centaurea cyanus), il
sviluppa la comunità a excelsior; si tratta di siepi e boschetti tra le papavero (Papaver rhoeas) e il papavero a
Chelidonium majus colture abbandonate; clava (Papaver dubium). Molte specie che in
Miola (TN) - Robinia pseudacacia; nei robinieti sono passato erano comuni (come Agrostemma
(F. Pedrotti). comuni Vinca minor, Poa nemoralis e githago, Ranunculus arvensis, Anagallis
Luzula nivea, specie residue dei carpineti. caerulea, Anagallis phoenicea, Specularia
Nella zona del villaggio del Buss ha speculum-veneris e Delphinium consolida)
completamente occupato gli antichi terrazzi non sono più state osservate. Le specie estive
una volta coltivati; delle colture sarchiate hanno più possibilità di
- Salix caprea e Buddleja davidii; la specie resistere, perché possono svilupparsi anche
Buddleja davidii è stata segnalata per la negli orti e presso le case; un’altra possibilità
prima volta in Trentino nella località di di sopravvivenza è rappresentata dalle
Pila presso Trento nel 1924. È ora molto stazioni ruderali, come accumuli di macerie
frequente e forma un arbusteto denso nel e detriti. Il fenomeno del neofitismo è invece
quale sono presenti anche Salix caprea, responsabile dell’arrivo di nuove specie come
Clematis vitalba e Populus sp. Galinsoga parviflora, Matricaria discoidea e, in
epoche più recenti, Galinsoga ciliata, Juncus
quale Futuro per Il paesaggIo macer, Bromus inermis, Senecio inaequidens,
dell’aGer? Geranium sibiricum, Impatiens parviflora,
In totale, sull’Altopiano di Pinè sono presenti I. glandulifera, Oenothera biennis, Solidago
oltre 40 comunità sinantropiche; nella radura canadensis, S. gigantea, Robinia pseudacacia,
di Bialowieza, situata al centro della foresta Buddleja davidii. Si sono in tal modo formate
omonima in Polonia, sono state rinvenute 27 le nuove comunità prima elencate. Ma ci
comunità sinantropiche. Il valore così elevato sono altre comunità in via di formazione a
a livello di comunità vegetali di Pinè, riferito causa di alcune delle neofite già nominate
all’area antropica, si può spiegare con la precedentemente, come Senecio inaequidens,
maggiore eterogeneità ecologica dei territori Helianthus tuberosus, Impatiens glandulifera,
montani rispetto a quelli di pianura. Nel corso Solidago canadensis e S. gigantea. Il paesaggio
degli anni si è verificata una forte riduzione dell’ager, dunque, non è stabile come quello
a carico delle specie della flora arvense e della silva, ma è sottoposto a continui
la probabile scomparsa di alcune di esse. cambiamenti e modifiche a causa dell’uomo.
558 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Recupero dei
terrazzamenti e delle
capanne a Piano
delle Cappelle,
Lettomanoppello (PE)
(M. Monaco).
Gregge di pecore e
capre, tra le località
Macchie di Cocco e
Colle della Civita di
Roccamorice (PE)
(L. Di Martino).
Il paesaggio agro-
silvo-pastorale tra
Colle dell’Astoro, a
Lettomanoppello (PE),
e Colle della Civita a
Roccamorice (PE)
(L. Di Martino).
Fico d’India
(Opuntia ficus-indica).
Sul Gargano la specie
veniva coltivata per i
suoi frutti, per
delimitare i coltivi ed
anche per la raccolta
della cocciniglia,
dalla quale si ricavava
un colorante rosso
(E. Biondi).
“Dal fico d’India alle alpestri faggete” con una gestione agro-silvo-pastorale di eccel-
questa espressione il Fenaroli nel 1966 volle lenza, frutto della sapiente integrazione di
sintetizzare la grande diversità del paesaggio una popolazione che ha saputo nel tempo
garganico. Diversità agraria e diversità costruire un’armonica compenetrazione
di specie spontanee nel Gargano sono tra boschi, pascoli e campi. Lo studio dei
intimamente interconnesse: endemismi contesti agricoli tradizionali evidenzia come
floristici si intrecciano straordinariamente il Gargano rappresenti un prezioso serbatoio
con paesi e borghi: la Campanula garganica di biodiversità. La conservazione di questo
vegeta su muri di Santuari e Masserie; patrimonio di genotipi è l’obiettivo principale
sistemi marino-costieri si legano a boschi richiamato anche da organismi internazionali
di forra con alloro a secolari tigli ed olmi di come l’UNESCO, che proprio nelle realtà
montagna che si alternano ad agrumeti e locali necessita sempre più d’interventi
terrazzamenti di olivi, mentre nelle pianure immediati al fine di non disperdere un
costiere gli orti si estendono sino ad invadere patrimonio di conoscenze, di meccanismi
la spiaggia. adattativi e di risorse eccezionali. Si sta
A scala di paesaggio il Gargano presenta comprendendo, ad esempio come le attività
Ciliegia visciola
e ciliegia canfaloni
(N. Biscotti).
dell’uomo e quelle della natura hanno creato la tenacia di molte famiglie contadine è stato
funzionalità ecologiche che favoriscono la possibile conservare sino ai nostri giorni
presenza, la distribuzione e l’abbondanza di significative presenze di frutti in campi in
specie e cultivar particolarmente legate alle parte abbandonati. In queste situazioni si
caratteristiche dei territori. rinvengono ancora vecchi alberi capaci di
dare i loro frutti, attraverso i quali si possono
La diversità agraria. Le ultime statistiche ricostruire i tasselli di una importante storia
sui tanti frutti del Gargano risalgono alla della frutticoltura, legata alle vicende umane
fine dell’Ottocento ed inizio Novecento e ai saperi tradizionali delle popolazioni
quando si parlava di un milione di quintali passate.
di frutta, e più specificatamente di 50 mila Il tema dei frutti antichi è oggi finalmente
quintali di mandorle, 200 mila quintali di oggetto di crescente interesse, in quanto
fichi d’India, 10 mila quintali di fichi secchi si è passati dal capriccio di appassionati
e 100 mila quintali di agrumi. Dagli inizi del cultori, all’implementazione di progetti di
secolo passato, scende l’oblio, nessuno parla ricerca che mirano a rivalutare l’importanza
più di questa importante produzione di della varietà dei cultivar antichi, aprendo un
frutta, se ne parla solo a livello di curiosità, nuovo capitolo dell’agronomia, quello della
denominandoli come frutti antichi. Quali biodiversità agraria.
sono i frutti antichi? Basta andare indietro La diversità frutticola del Gargano, come di
di due generazioni di contadini e già si può altre piccole realtà italiane, è il frutto di quel
parlare di antichità? I frutti antichi sono la modello di agricoltura che l’Istat classificava
straordinaria diversità di specie e cultivar promiscua e che ha rappresentato la
che nell’arco degli ultimi 30-40 anni hanno struttura produttiva dell’Italia agricola
conosciuto un lento e silenzioso oblio, che si è sviluppata in ogni angolo della
corrispondente al rapidissimo sviluppo della penisola e delle nostre isole. Dal periodo
frutticoltura moderna e di quella industriale. dell’anteguerra, sfogliando le statistiche
Un abbandono che ha portato all’estinzione agrarie ufficiali, si può notare come, con
di gran parte di questa diversità senza mai progressione quasi matematica, la coltura
essere stata scoperta sino in fondo in quanto promiscua abbia ceduto il posto alle
mai studiata e valorizzata. Nel Gargano per cosiddette colture specializzate.
Pero marchese
(N. Biscotti).
A destra
diversità di agrumi
prodotti nel territorio
garganico
(N. Biscotti).
Dal 1950 al 1969 la coltura promiscua tratti essenziali del paesaggio agrario; viti,
passa dai quasi 3 milioni di ettari del 1950, olivi e mandorli come unici alberi possibili
a 1.625.000 del 1969. Da questa data in poi in condizione d’aridità permanente, qual è
l’Istat non censirà più queste forme colturali. in generale il Gargano. In alcuni valloni vi
A partire dalla fine degli anni 90 del 900, sono eccezionali sorgenti che sono utilizzate
in tempi in cui il tema dei frutti antichi era per l’impianto degli agrumi, unico esempio
ancora lontano dal divenire una moda, come nella parte italiana del bacino adriatico che
ormai lo è oggi, la straordinaria ricchezza trova un corrispettivo con quello croato,
di specie e cultivar tradizionali che ancora dedito prevalentemente alla coltivazione dei
conservava il promontorio del Gargano, mandarini, nella foce del fiume Neretva. La
motiva un primo lavoro di censimento e coltura dell’agrume ha qui radici antiche
catalogazione. Tale indagine porta alla (tra le più antiche realtà agrumarie italiane
luce questa diversità (per ognuno di questi e del Mediterraneo). Il melangolo, il primo e
frutti si realizza un database che archivia i diffuso agrume in Europa prima dell’arrivo
siti delle piante madri, aspetti pomologici, dell’arancio dolce, è un frutto che nel
ampelografici, agronomici e etnobotanici). Gargano è documentabile già dall’anno
Si tratta di 28 specie tra vite e fruttiferi mille ma che potrebbe risalire all’epoca dei
(pomacee, drupacee, agrumi), che realizzano saraceni che interagiscono con il Gargano
una diversità di 60 vitigni e 300 tipi di fruttiferi già dal 400. Le prime forme di arancio dolce
(es. 48 tipi di pere, 15 di susini, 26 di fichi, che si affermano nel Mediterraneo a partire
15 di castagne e 10 di mele). Una varietà che dal XVI secolo, si coltivano anch'esse nel
ancora non rende ragione di quanto esisteva Gargano insieme alle più antiche popolazioni
agli inizi del 900 quando Michele Vocino del biondo comune, del limone femminello
così scriveva: “Nelle vigne e negli oliveti comune, del mandarino (Citrus reticulata),
abbondano in genere alberi da frutta di ogni del cedro (C. medica), del bergamotto (C. x
tipo”. Vigne, oliveti e mandorleti tracciano i aurantium), dell’arancia varlotto, dell’arancia
Pero marchisciano
(N. Biscotti).
566 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Pittoresco
campionario di
varietà di fichi
(N. Biscotti).
568 Flora dei paesaggi a determismo antropico
le pIante edulI
I vari usi delle specie vegetali nella mesofili, l’alliaria comune (Alliaria petiolata) e
conoscenza popolare sono oggetto di studio la bardana (Arctium minus) che crescono su
dell’etnobotanica; più in particolare la suoli ricchi di nitrati, preferibilmente nelle
fitoalimurgia si occupa dell’uso delle piante radure e al margine delle formazioni forestali.
spontanee a scopo alimentare. Le prime sono in genere consumate crude
Si assiste ora ad un rinnovato interesse per in insalata, mentre i piccioli della bardana
questo patrimonio di conoscenze, ormai vengono lessati e utilizzati in vari modi. La
quasi esclusivo delle persone anziane, che lassana (Lapsana communis) può ritrovarsi
costituisce un approfondimento culturale, anche nei boschi più caldi e le sue foglie
oltre che uno svago, dando inoltre la tenere, cotte, possono rappresentare un
possibilità di approfondire la conoscenza del gustoso condimento per un primo piatto.
territorio e degli habitat naturali. I pascoli alpini e montani, sfruttati da
Tutti gli ambienti, dalle quote più elevate mandrie e greggi, sono ricchi di stazzi,
al mare, dai contesti meglio conservati a malghe e granges, in prossimità dei quali i
quelli antropizzati, possono offrire materiale suoli profondi ricchi di sostanze organiche
per un ritorno alla conoscenza delle piante creano le condizioni per lo sviluppo di un
spontanee utilizzabili per l’alimentazione. tipo di vegetazione ruderale e nitrofila molto
Gli habitat forestali caratterizzati dalle rigogliosa. Oltre ai romici, molto frequenti e
conifere hanno un sottobosco generalmente non commestibili, e all’ortica (Urtica dioica)
molto povero. Al contrario, i boschi di latifoglie che viene consumata cotta e utilizzata anche
e soprattutto le radure e gli orli ad essi legati, in fitoterapia, è frequente e spesso abbondante
ospitano molte specie erbacee commestibili. lo spinacio di montagna (Chenopodium bonus-
Cynara cardunculus Ne sono esempio la lattuga dei boschi henricus), molto ricercato per le sue qualità
(carciofo selvatico) (Lactuca muralis), frequente nei boschi più organolettiche.
(G. Nicolella). freschi, come faggete, boschi misti e querceti Nei prati della fascia collinare e montana,
tra le specie un tempo comunemente usate
nella dieta contadina, come il grespino
spinoso (Sonchus asper), ve ne sono alcune
ricercate anche per il carattere terapeutico.
Sono infatti riconosciute l’azione diuretica del
soffione (Taraxacum officinale) e le proprietà
depurative di altre piante amare come la cicoria
(Cichorium intybus), la costolina (Hypochoeris
radicata) e la radicchiella vescicosa (Crepis
vesicaria), tutte da consumare dopo una
leggera cottura in acqua che aiuta a ridurre il
loro sapore amaro. Nella tradizione popolare
vanno sotto il nome di cicoria tutte le specie
amare appena citate.
Nei pascoli delle aree costiere, a clima
decisamente più mediterraneo, con elevato
stress da aridità estiva, crescono rigogliosi
il carciofo selvatico (Cynara cardunculus),
di cui si utilizzano i piccioli delle foglie e
i capolini immaturi cotti, e il porraccio
(Allium ampeloprasum), progenitore del porro
coltivato. In questo ambiente sono frequenti
anche diverse asteracee di dimensioni
modeste, come l’erba bussola (Lactuca
serriola) e il lattugaccio (Chondrilla juncea)
che vengono consumate crude in insalata,
privilegiando le foglie tenere e gli apici del
fusto e dei rami.
Le sorgenti e i piccoli corsi d’acqua non
inquinati sono habitat di alto valore
conservazionistico e possono anche ospitare
569 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Papaver rhoeas
(papavero)
(E. Biondi).
571 Flora dei paesaggi a determismo antropico
la Flora urbana
L’urbanizzazione costituisce uno dei fenomeni più rilevanti della nostra epoca.
Più della metà della popolazione mondiale vive oggi nelle città, porzione che in
Europa supera il 70% e che è destinata ad aumentare, in particolare nei paesi
in via di sviluppo. Anche la ricerca ambientale ha pertanto rivolto negli ultimi
anni sempre maggiore attenzione alle aree più densamente popolate, istituendo
una vera e propria disciplina, l’Ecologia urbana, che si occupa del funzionamento
degli ecosistemi e della conservazione delle comunità naturali nelle città.
Fin dai primi risultati, questi studi hanno smentito il concetto che l’ambiente
metropolitano sia ostile alla biodiversità. Nonostante l’intenso impatto antropico
infatti, numerose specie della flora spontanea e della fauna selvatica trovano
nel territorio urbano condizioni favorevoli alla loro sopravvivenza, determinando
un’elevata biodiversità, generalmente maggiore all’interno delle città rispetto alle
aree rurali circostanti. Le cause di questa ricchezza di specie sono numerose,
prima fra tutte l’eterogeneità di habitat presenti in città, che offrendo una grande
varietà di ambienti permette la coesistenza di organismi con diverse esigenze
ecologiche. In Europa la maggior parte delle città è sorta in territori naturalmente
eterogenei, ad esempio in prossimità della costa o lungo le sponde di corsi d’acqua,
e con l’aggiunta di nuovi settori in epoche successive si è sviluppata verso l’esterno
come un mosaico di diversi ambienti, in cui si riconoscono corrispondenze tra la
tipologia dei quartieri e la composizione della flora.
L’espansione per fasce concentriche ha determinato l’instaurarsi di gradienti
centro-periferia, che riguardano prevalentemente la densità degli edifici e i
parametri climatici e che si rispecchiano in una corrispondente zonazione della
flora. Il fenomeno di isola di calore ad esempio, vale a dire l’innalzamento della
temperatura dei centri cittadini rispetto alle aree circostanti, richiama verso
i nuclei urbani specie termofile di origine più meridionale. Questo effetto è
particolarmente evidente nelle città dell’Italia settentrionale, nelle quali elementi
della flora mediterranea e piante esotiche provenienti da climi più caldi trovano
rifugio nelle aree del centro dove le temperature invernali sono più miti.
La presenza di antiche mura o resti archeologici nei centri storici è un altro fattore
responsabile delle differenze nella composizione in specie tra centro e periferia in
molte città italiane. Vecchi muri e ruderi ospitano una flora del tutto peculiare,
composta da piante originarie di habitat rupestri, che resistono allo stress idrico e
prediligono i substrati calcarei, come il cappero (Capparis spinosa) e la violaciocca
(Matthiola sp.pl.). A queste specie Fulco Pratesi nel 1975 ha dedicato il libro
"Clandestini in città".
572 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Per la prima volta in Italia, e con grande efficacia, l’autore illustra la presenza
nelle nostre città, con particolare riferimento all’area di Roma antica, di piante
ed animali selvatici. Le piante che vivono sulle mura dei centri storici o nel
margine delle loro strade possono dimostrare concretamente come la biodiversità
determinata da queste clandestine sia elevatissima in quanto queste piante
riescono a vivere anche nelle nostre metropoli, spesso sovraffollate ed inquinate.
Sulle mura cittadine si diffondono diverse specie, la più importante è
sicuramente Parietaria judaica che purtroppo provoca allergie, ma insieme a
questa si sviluppano anche piante attrattive ed eduli come Capparis spinosa,
dai bellissimi fiori, Centranthus ruber o Antirrhinum majus, rinvenibile in Italia
Capparis spinosa anche nella specie A. tortuosum, decisamente più mediterranea, e l’elegante
(E. Biondi). camefita strisciante con piccoli fiori Cymbalaria muralis. Matthiola incana è anche
profumata e presenta un bel colore viola, spesso screziato di bianco, mentre
Mura dell'antica
Cheiranthus cheri presenta fiori gialli. Sugli edifici che crescono in prossimità delle
fortificazione del rive dei laghi, come quelli insubrici o in prossimità dei fiumi, si rinviene Erigeron
Cardeto di Ancona karvinskianus, pianta subtropicale, coltivata in Europa che si è poi naturalizzata
(E. Biondi). e diffusa. Al margine delle strade e nelle zone dove si accumulano i rifiuti organici
vivono molte piante ruderali e nitrofile,
tra queste le ortiche: Urtica dioica
perenne e U. membranacea annuale,
sono le più diffuse nelle nostre città.
Sempre in questi ambienti si possono
rinvenire anche piante molto belle ed
eleganti come Acanthus mollis, le cui
foglie ispirarono i capitelli corinzi, il
bellissimo Allium neapolitanum dalle
fioriture bianche primaverili, Arum
italicum e Smyrnium olusatrum che un
tempo veniva usato a scopo alimentare
al posto del sedano. Tutte queste
piante sono specie sciafile e pertanto
vivono in città anche nel sottobosco
di boschi umidi ad Ulmus minor. Le
stesse piante possono inoltre penetrare
nella vegetazione boschiva dominata
da specie esotiche come Ailanthus
altissima o Robinia pseudoacacia.
L'adattamento dei vegetali si manifesta
attraverso la loro capacità di colonizzare
anche micro-habitat temporanei,
quando ad esempio si determinano
anche piccole perdite di acqua, che
percola attraverso le fessure dei muri
ed in poco tempo compaiono, non solo
muschi e piccole colonie di alghe ma
anche felci relativamente comuni come
l'elegante Adiantum capillus-veneris o
talvolta anche rare come Pteris vittata.
Di questa felce, grazie alla sua capacità
di vivere in simbiosi micorrizica, si è
dimostrato che riesce ad accumulare
importanti quantità di arsenico.
573 Flora dei paesaggi a determismo antropico
la Flora dI roma
Il comune di Roma Capitale, che occupa una patrimonio di conoscenze naturalistiche del
superficie di circa 130.000 ettari, si estende mondo classico. La sua opera e quella di
tra l’apparato vulcanico sabatino e quello Dioscoride, originario della Cilicia e medico
albano, in direzione NW-SE, e tra la linea militare al seguito dell’esercito romano,
di costa e le propaggini del subappennino saranno di riferimento fino al Rinascimento.
laziale, in direzione SW-NE. Condivide Nel Medioevo, molta parte di questo sapere
con la più ampia Campagna Romana, viene gelosamente custodita nelle biblioteche
di cui rappresenta il centro geografico e ecclesiastiche, soprattutto Benedettine, e con
paesaggistico, la notevole eterogeneità di i monaci bizantini si arricchisce di cultura
substrati, di forme del terreno, di bioclimi orientale. Sono proprio i religiosi che, avendo
e il peculiare carattere biogeografico, con la possibilità di approfondire la conoscenza
influenze europee, orientali e mediterranee. delle piante e delle loro proprietà attraverso
Grazie a questa varietà e all’ulteriore diversità lo studio delle opere classiche, istituiscono
di ambienti indotta da una secolare presenza gli orti dei semplici (erbe medicinali) nei
dell’uomo, l’area comunale ospita circa il 50% monasteri e si adoperano nella cura dei
delle piante vascolari del Lazio pur occupando malati. Tuttavia, la botanica resta, almeno
poco più del 7% del territorio regionale. fino al sedicesimo secolo e anche oltre, una
La peculiarità della flora romana era in disciplina prevalentemente medica “limitata
qualche modo già nota nell’antichità, al di là a rappresentare il modesto ufficio di arte
di quali fossero i reali confini dell’Urbe nelle sussidiaria della medicina”, funzione ben
varie epoche storiche. I Romani, la cui cultura espressa da Enrico Carano (1933); solo
e attitudine era in origine più orientata verso la successivamente acquista i connotati di una
praticità che verso la pura speculazione come scienza laica, affrancata dalla medicina.
quella dei Greci, osservavano e raccoglievano Studiosi di piante, spesso medici o religiosi
le piante con lo scopo di verificarne l’utilità e con una forte inclinazione per la botanica,
la possibile applicazione nel campo agrario o stilano i primi elenchi di piante spontanee e
terapeutico, o nel giardinaggio. La competenza coltivate, relativi a territori italiani e non.
acquisita in questo senso era veramente Contributi puntuali e specifici sulla flora di
notevole, come dimostrano le opere di Catone, Roma compaiono a partire dal diciassettesimo
Varrone, Columella, Palladio, Virgilio, Celso, secolo. Il primo lavoro realizzato per l’area
Galeno. Almeno per quel che riguarda il romana con preciso riferimento ad una località
territorio italiano, si può attribuire alla civiltà è quello sulla florula spontanea dell’Anfiteatro
romana il merito di aver contribuito in modo Flavio, a cura del medico Domenico Panaroli
sostanziale all’avvio degli studi floristici, che (1643). Si tratta di un semplice elenco di
non si limitavano solo alla identificazione 337 piante disposte in ordine alfabetico.
di una pianta, ma erano rivolti anche a Un ruolo importante è svolto da Giovanni
comprenderne la sua ecologia, sempre ai fini Battista Triumfetti che, nominato nel 1678
del successivo utilizzo. Nelle Georgiche del direttore dell’Orto botanico del Gianicolo,
poeta Virgilio si legge: …In verità, non tutti i erborizzò molto sia per motivi di studio,
terreni possono produrre tutto. Lungo i fiumi sia per l’arricchimento dell’Orto. La sua
nascono i salici, sulle paludi melmose gli produzione di lavori è vasta e l’erbario lasciato
ontani e sui monti pietrosi gli infruttiferi orni; rappresenta la più antica collezione di piante
rigogliosissimi di mirti i litorali; infine Bacco romane giunta fino a noi e oggi conservata
(= la vite) preferisce i colli assolati, mentre il nella Biblioteca Casanatense. Nel corso del
tasso ama il nord e il freddo…Naturalmente, tempo gli studi di floristica si intensificano
oggetto di interesse non era soltanto la e vedono la luce opere che prendono in
flora di Roma e dintorni, ma anche quella considerazione territori più ampi, nei quali
presente nel resto dell’Italia romana e nelle Roma è inclusa, o contributi destinati ad
lontane terre conquistate, come Asia e approfondire alcuni aspetti della flora di
Africa. Esistevano figure esperte (rizotomi Roma o, ancora, ambiti specifici della città.
o Herbarii), per quanto spesso controverse Nel diciottesimo secolo, l’abate Francesco
perché ritenute non sempre affidabili, Maratti scrive un lavoro sulle piante dell’Agro
deputate alla raccolta di piante ornamentali Romano di cui era un profondo conoscitore;
e aromatiche e inviate appositamente nei il manoscritto, recuperato presso un libraio,
nuovi domini in cerca di flora interessante. fu stampato postumo (1822) e risente molto
La botanica inizia ad acquisire i caratteri di della scarsa competenza di padre Maurizio
scienza con Plinio il Vecchio che ha il grande Benedetto Olivieri, professore di lingua
merito di raccogliere tutte le informazioni e umanità greca, che ne curò l’edizione.
fino ad allora note e trasmettere così il Nel 1745 Liberato Sabbati pubblica il suo
577 Flora dei paesaggi a determismo antropico
studio sulla flora romana, catalogo in di Roma, mentre Augusto Béguinot pubblica
ordine alfabetico che include anche piante lavori sulla flora dei depositi alluvionali del
coltivate. Interessante è l’elenco di specie Tevere nella città (1899, 1901). Nel ventesimo
che si può desumere da un lavoro sulla secolo, molteplici sono i contributi alla flora
duna di Castelfusano prospiciente la Villa di Roma; come esempio si possono citare i
di Plinio, pubblicato nel 1714 dal medico lavori di Bruno Anzalone per i muri di Roma
Giovanni Maria Lancisi. Si tratta di una (1951) e per il Tevere (1976, 1986), di Alfredo
dissertazione sull’origine e la formazione dei Cacciato per lo scalo ferroviario Ostiense
tomboleti (macchia mediterranea) e sul ruolo (1952) e di Giuliano Montelucci per la
che le piante rivestono in questo processo: Macchia Grande di Ponte Galeria-Maccarese
un acuto spirito di osservazione lo porta ad (1951). Seguono nel tempo diversi studi di
affermare che diverse piante si succedono rilievo che condividono tutti la caratteristica
nel tempo e nel luogo. Nel diciannovesimo di essere dedicati soltanto ad una parte del
secolo, le pubblicazioni di Antonio Sebastiani patrimonio botanico della città. L’Atlante della
e Ernesto Mauri (1818) e, soprattutto, di Flora di Roma, pubblicato nel 1995 da Laura
Pietro Sanguinetti (1864) sulla flora romana, Celesti-Grapow in collaborazione con Paolo
costituiscono opere notevoli per il contributo Petrella, annovera le entità presenti nell’area
dato alla conoscenza della flora del Lazio, compresa all’interno del Grande Raccordo
Roma compresa, territorio che hanno tutti Anulare e ne illustra la loro distribuzione.
esplorato spinti da una profonda passione L’oggetto dello studio è per la prima volta la
e competenza. Sempre nel corso di questo flora nella sua totalità, naturalmente rispetto
secolo, diversi autori (Sebastiani, 1815; al limite territoriale prescelto. Questo lavoro,
Deakin, 1855; Fiorini Mazzanti, 1874-1878) frutto di un sistematico censimento condotto
pubblicano lavori sulla flora del Colosseo. nel periodo 1985-1994, rappresenta uno dei
Sul finire del 1800, Fabrizio Cortesi e Lorenzo risultati del programma avviato negli anni
Senni (1896) si occupano della flora ruderale settanta da Valerio Giacomini per lo studio
dell’ecosistema urbano, nell’ambito del
Filago asterisciflora progetto Man and Biosphere dell’UNESCO.
specie rarissima nel Dagli anni novanta in poi, diversi botanici (tra
Lazio cui: F. Bartolucci, P.M. Bianco, G. Buccomino,
Riserva Naturale G. Caneva, L. Celesti-Grapow, S. Ceschin, P.
Statale di Cornelini, G. Fanelli, D. Iamonico, E. Lattanzi,
Castelporziano (RM) L. Leporatti, F. Lucchese, A. Pavesi, G.
(A. Tilia). Salerno, P. Tescarollo) hanno condotto studi
floristici nell’ambito del territorio comunale.
Oggetto di interesse sono state diverse aree
archeologiche (ad es. Palatino, Colosseo, Ostia
Antica, Gabii), alcune aree naturali protette e
non (ad es. Caffarella, Monte Mario, Bacino del
Fosso della Magliana, Castelfusano, Castel di
Guido, Vallone di Ponte Lupo) o particolari siti
immersi nel tessuto urbano (ad es. Giardino
Zoologico, Cimitero Monumentale del Verano,
Orto Botanico di Roma, Monte Testaccio, Scalo
Ostiense, Tevere). Infine, anche la palinologia
(D. Magri e L. Sadori) ha contribuito alla
conoscenza della flora romana, rivelando ad
Narcissus tazetta esempio quali fossero la componente floristica
e i tratti distintivi del paesaggio vegetale
a Ostia Antica
nell’area deltizia del Tevere (Stagno di Ostia,
(S. Bonacquisti).
Porto romano di Ostia Antica e Fiume morto)
in età preistorica, dal paleolitico superiore in
poi. Molto chiari sono i segni di una presenza
umana sempre più significativa nel tempo.
La recente Vascular flora of Rome, pubblicata
da Laura Celesti-Grapow e altri autori nel
2013, prende in considerazione l’intera area
comunale e si pone come sintesi attuale delle
conoscenze floristiche della città. Utilizzando
i dati bibliografici a partire dal 1984 e solo per
i settori esterni al GRA anche dati originali,
elenca tutti i taxa segnalati entro i confini
amministrativi di Roma.
578 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Questo ultimo lavoro porta ad una serie di I taxa meritevoli di conservazione, circa 200,
considerazioni tra cui l’importante conferma sono presenti nei diversi siti archeologici
che, in linea con i messaggi chiave lanciati dal della città, nelle aree agricole e nelle ville
progetto internazionale Cities and Biodiversity storiche, ma si concentrano soprattutto nei
Outlook, una ricca biodiversità può esistere lembi residui di vegetazione naturale. Questi
nelle città. La peculiarità della Flora romana è lembi persistono in ambiti particolarmente
quindi legata ai suoi numeri (1649 entità, 677 sfavorevoli alle attività agro-pastorali e
generi e 139 famiglie), ma anche e soprattutto all’insediamento, come le forre che incidono i
al suo valore conservazionistico, dato da taxa plateaux vulcanici della Campagna Romana,
rari, minacciati di estinzione (sensu IUCN) ovvero in aree sottoposte a vincoli naturalistici
o di valore biogeografico presenti nelle aree (Parchi Regionali, Riserve Naturali Regionali,
periferiche così come nel centro della città. Riserve Naturali Statali, Siti di Importanza
Gli alberi e gli arbusti rappresentativi della Regionale, Nazionale e Comunitaria), talvolta
vegetazione naturale potenziale dell’area combinati a vincoli archeologici. Le forre,
romana, ovvero di quelle comunità di piante profonde incisioni create dai corsi d’acqua
che si svilupperebbero spontaneamente in per erosione delle rocce, solcano buona parte
assenza di disturbo antropico e in accordo del territorio comunale (soprattutto a nord e
con le caratteristiche del suolo e del clima, ad est) e al di fuori dell’ambito strettamente
sono 79. Ne fanno parte le 8 diverse specie di urbano costituiscono un importante elemento
querce, legate ai boschi naturali caducifogli geomorfologico del paesaggio. Di particolare
e sempreverdi tipici del contesto romano interesse sono quelle che si sviluppano nei
(Quercus robur, Q. cerris, Q. frainetto, Q. pressi di San Vittorino, in un contesto di
pubescens, Q. virgiliana, Q. x pseudosuber, vegetazione termofila a dominanza di Quercus
Q. suber e Q. ilex), gli arbusti della macchia pubescens con Carpinus orientalis, Styrax
mediterranea costiera (come i ginepri officinalis, Cercis siliquastrum, Paliurus
Juniperus turbinata e J. oxycedrus subsp. spina-christi, Quercus ilex, Phillyrea latifolia,
macrocarpa), gli elementi degli ambienti Rhamnus alaternus, Rosa sempervirens.
umidi e delle fasce ripariali, tra cui specie La particolare morfologia di valle stretta,
comuni (come i pioppi e alcuni salici) ma profonda e con pareti ripide, crea un ambiente
anche entità ormai rare legate alle foreste fresco-umido in grado di ospitare elementi
umide di pianura, come Frangula alnus. Ad tipici di faggeta, di bosco mesofilo o legati a
accrescere ancor di più il valore della flora condizioni di elevata umidità. Al piede della
legnosa concorrono alcuni elementi orientali, forra, dove prevale una comunità a Carpinus
la cui presenza è legata alla prossimità betulus, si rinvengono infatti alcune erbacee
del settore appenninico. Ne sono esempio come Cardamine chelidonia, C. enneaphyllos,
Staphylea pinnata, Carpinus orientalis e la Veronica montana e Sanicula europaea, tipiche
rara Styrax officinalis, in Italia limitata a delle faggete, così come 9 specie di felci che
pochissime aree del Lazio e della Campania. crescono rigogliosissime grazie al particolare
Altre entità hanno un carattere extrazonale, microclima che si viene a creare. Proprio tra
Pteris cretica sono cioè presenti al di fuori del loro contesto queste ultime, degna di nota è Pteris cretica,
climatico abituale grazie alla combinazione di una specie fortemente igro-sciafila che è
(A. Tamorri).
particolari fattori ambientali. È questo il caso considerata un relitto terziario, sopravvissuta
di Ilex aquifolium, tipico di ambienti di faggeta cioè alle ultime glaciazioni ma diffusa molti
A destra o bosco mesofilo, che cresce sui versanti milioni di anni fa in un periodo geologico in cui
Coronilla juncea argillosi più freschi e umidi della Riserva il clima in Italia era più caldo e umido rispetto
(G. Landucci). Naturale dell’Insugherata. all’attuale. Il paesaggio delle terre emerse era
579 Flora dei paesaggi a determismo antropico
la rendono una specie molto ornamentale. È è specie rarissima nel Lazio e inclusa nella
inserita tra le specie minacciate di estinzione lista rossa regionale.
nel Lazio. Fra le aree archeologiche, molto diffuse nel
Anche il Sito di Importanza Comunitaria (SIC) territorio comunale, hanno una notevole
di Macchiagrande di Ponte Galeria, situato nel importanza gli Scavi di Ostia Antica, il più
settore subcostiero a nord del Tevere, spicca grande complesso archeologico del Lazio
per una elevata eterogeneità di ambienti e nonché parte integrante della Riserva Naturale
comunità vegetali (tra cui boschi a Quercus Statale del Litorale Romano. Il contesto urbano
cerris e Q. frainetto, boschi a Quercus ilex, antico nella sua complessa articolazione (muri,
boschi a Carpinus betulus nelle forre, varie strutture ipogee, pavimentazioni di vario
tipologie di prati, garighe), una flora piuttosto tipo) e le sponde del Tevere che lambiscono
ricca e un numero significativo di emergenze il sito creano una molteplicità di ambienti,
floristiche. In particolare, il sito ospita due offrendo ospitalità a comunità vegetali e ad
specie diffuse prevalentemente nell’area una flora altrettanto eterogenee. Sono così
mediterranea occidentale, molto rare in Italia presenti boscaglie a Laurus nobilis, cenosi
e nel Lazio limitate ai settori litoranei: una è muricole, differenti tipologie di vegetazione
Simethis mattiazzi che si rinviene nelle radure prativa, cenosi delle pavimentazioni, lembi
dei boschi e al margine delle garighe a Cistus di vegetazione ripariale a Salix alba, Populus
salvifolius o a C. creticus subsp. eriocephalus; tremula, Phragmites australis.
l’altra è Triglochin laxiflorum, che cresce Sui muri (opus testaceum e opus reticulatum),
nelle pozze umide temporanee su substrato molto selettivi per carenza di suolo e acqua,
sabbioso e ha un aspetto di giunco con fiori eccessiva esposizione a sole e vento, si
piccoli, poco appariscenti, che compaiono nel insediano elementi casmofili e litofili con
periodo tardo estivo-autunnale. Ambedue specifiche strategie di adattamento allo
sono minacciate di estinzione a livello stress o al disturbo. Le pareti verticali sono
regionale. colonizzate da Hedera helix, Teucrium flavum,
Altra area protetta di particolare rilievo è Prasium majus, Reseda alba subsp. alba
la Zolforata di Pomezia (Riserva Naturale di e Trachelium caeruleum subsp. caeruleum
Decima-Malafede), legata al vulcanismo dei che in primavera colpisce per le sue belle
vicini Colli Albani, dove esiste una anomala e dense infiorescenze violacee. Diffusa,
concentrazione atmosferica di anidride sia sulle parti sommitali dei muri sia tra
carbonica (CO2) con presenza di acido le tessere dei mosaici temporaneamente
solfidrico (H2S). In un contesto di vegetazione non manutenuti, è Micromeria microphylla,
a dominanza di Quercus suber, le sponde e i elemento subendemico con distribuzione
terreni prossimi ai piccoli laghi solforosi che prevalentemente mediterraneo-orientale,
denotano fortemente questo paesaggio sono molto raro in Italia (Lazio, Puglia, Sicilia) e
colonizzati dalla presenza quasi esclusiva inserito nelle liste rosse regionali. La sua
di Agrostis monteluccii, una graminacea presenza negli Scavi, unica stazione nota per
endemica in grado di sopravvivere alle il Lazio, sembra essere legata ad una antica
condizioni ambientali estreme del luogo, rara e accidentale introduzione con il trasporto di
e minacciata di estinzione sia nel Lazio che marmi provenienti dalle aree geografiche di
a livello nazionale. Sempre nell’ambito della origine della specie (mediterraneo orientale). I
Riserva di Decima-Malafede, merita un cenno prati di piccola estensione che si sviluppano
speciale Trifolium latinum, ritenuto estinto su un substrato sabbioso ospitano Cerastium
(non più osservato dal 1902) e recentemente siculum, una piccola cariofillacea con una
ritrovato all’interno di una comunità erbacea distribuzione strettamente mediterranea,
terofitica prossima ad un sentiero e in un molto rara e minacciata di estinzione a livello
ambito caratterizzato da boschi a Quercus regionale. Lungo le sponde del fiume, nel
cerris e Q. frainetto. La specie ha una sottobosco dei piccoli nuclei a Salix alba e
distribuzione europea sud-orientale e in Italia Populus alba, vegeta Vinca difformis che si fa
è attualmente segnalata solo per la stazione notare per i suoi grandi fiori color pervinca
situata nella Riserva. ed è una specie molto rara e inclusa nelle
Di grande interesse, nei settori più interni, è il liste rosse come taxon in serio pericolo di
lembo del Lago di Bracciano incluso nei confini estinzione nel Lazio. In alcuni ambienti
comunali di Roma e parte dell’omonimo Parco umidi (base dei muri, canali di scolo) è
Naturale Regionale. Nelle comunità lacustri possibile osservare anche altre entità poco
sommerse caratterizzate dalla dominanza comuni nella regione come Laphangium
di Juncus articulatus e Eleocharis acicularis luteo-album e Juncus ambiguus. Nonostante
è ospitata Isoëtes sabatina, una piccola Ostia Antica sia fortemente connotata dalla
felce recentemente descritta come nuova presenza umana, la flora spontanea che la
per la scienza e endemica di questo settore; caratterizza è molto ricca (circa 500 entità) e
la stessa Eleocharis acicularis, elemento nel suo insieme risponde alle caratteristiche
comune nelle risaie dell’Italia settentrionale, climatiche e litologiche del contesto.
581
In primo piano
Agrostis monteluccii
Zolforata di Pomezia
(RM)
(D. Gloria).
Le aree archeologiche immerse nel tessuto romana. Si rilevano tuttavia alcuni impatti
urbano mostrano, al pari di Ostia Antica, una significativi sui beni antropici. Il caso più
elevata ricchezza floristica e una significativa importante è quello dell’albero del paradiso,
presenza di specie rare. Tra le specie più Ailanthus altissima, che riesce a crescere sui
interessanti si può citare Lamarckia aurea, monumenti di pregio storico ed artistico, e su
graminacea annuale che predilige ambienti altri manufatti, determinando seri rischi di
aridi e substrati sabbiosi o rocciosi come deterioramento con il suo vigoroso apparato
le sommità dei muri antichi e che nel Lazio radicale. Introdotto in città originariamente
ha una presenza circoscritta a pochissime come albero ornamentale, si è diffuso
stazioni. copiosamente nelle aree marginali, formando
La flora di Roma è costituita anche da un popolamenti molto densi i cui individui
numeroso contingente di specie alloctone, producono numerosissimi semi alati, dispersi
introdotte volontariamente o accidentalmente poi dal vento. Sono proprio questa grande
dall’uomo. L’ultimo censimento ha rilevato la capacità riproduttiva e l’efficace modalità di
presenza di 228 specie che crescono allo stato dispersione a costituire una minaccia per
spontaneo nel territorio Comunale, di cui 81 la conservazione dei monumenti, in quanto
naturalizzate, ossia formanti popolamenti i semi riescono a raggiungere e germinare
stabili, indipendentemente dall’apporto di sui siti più elevati e sulla sommità di muri e
nuovi propaguli da parte dell’uomo. Si tratta ruderi, dove il controllo è più difficile e costoso.
di specie quasi esclusivamente confinate agli L’abbondanza e la frequenza di questa specie
ambienti più antropizzati, come bordi di vie in tutto il territorio metropolitano sono
e habitat ruderali, che difficilmente entrano molto aumentate negli ultimi anni, ed è
a far parte delle comunità naturali e che quindi necessario intervenire per controllare
non costituiscono quindi una minaccia alla i popolamenti già presenti e limitarne
conservazione della biodiversità dell’area l’ulteriore diffusione.
Nei popoli antichi le conoscenze legate al Vecchio rappresenta una fonte estremamente
mondo della natura erano diversificate e importante anche se, pure essendo una vera
profonde, sia per le valenze religioso-rituali, enciclopedia del sapere del mondo antico, non
ma anche e soprattutto per le loro valenze sempre consente una facile identificazione
pratiche in ambito alimentare, medicinale e delle piante trattate.
domestico-artigianale. Sebbene non sia sufficientemente noto
Così, nelle antiche culture del mondo il livello di conoscenza floristica in epoca
ellenistico-romano, come già in quello delle classica, va ricordato che André (2010),
culture del vicino Oriente e dell’Egitto, la basandosi soprattutto su fonti letterarie,
rappresentazione dei fenomeni della natura riporta oltre 4.000 nomi usati dagli antichi per
e delle vicende umane era diffusamente individuare le specie vegetali, corrispondenti
utilizzata come uno strumento di a circa 1.100 taxa attuali. Se ci riferiamo alla
comunicazione. La scelta di un certo soggetto Flora Mythologica, Dierbach (1833) indica solo
non era infatti casuale o prettamente 220 specie fra quelle con espliciti riferimenti
decorativa, ma serviva per dare un messaggio, scritti, mentre Fabre (2003) cita invece 93
un monito, o un augurio, a chi l’avrebbe specie vegetali fra quelle comuni nell’ambito
osservata (Vitruvio, De Architectura). Nello mitologico e medicinale.
stesso tempo la natura, nelle sue molteplici Gli studi sull’iconografia naturalistica
forme di manifestazione era l’espressione romana, e in particolare quelli che hanno
delle volontà divine (Seneca, De beneficiis; tentato di analizzare la biodiversità floristica
Lucrezio, De Rerum Natura; Plinio il Vecchio, nelle rappresentazioni artistiche, sono
Naturalis Historia). relativamente pochi. La Fitoiconologia, ovvero
La divinità della Natura nella cultura romana lo studio delle rappresentazioni botaniche
è esplicitamente menzionata da diversi filosofi nell’arte, trova spazio soprattutto negli studi
e scienziati dell’antica Roma, come Seneca1 di storia dell’architettura e degli elementi
e Plinio il Vecchio2 che la definisce Madre di ornamentali, in quanto questo soggetto
ogni cosa. Non è un caso che, a partire dal rientra in quelle che sono definite decorazioni
mondo sumero e persiano, stemmi, scettri architettoniche o artistiche. Gli studi mirati ad
e decorazioni imperiali mostrassero forme approfondire gli aspetti floristici delle pitture
associabili a capsule di papavero, frutti romane risultano invece relativamente più
di melograno, fiori di loto, come simboli numerosi e riguardano soprattutto lo studio
di fertilità, di rigenerazione, ma anche di delle piante rappresentate nei giardini romani,
potere. La stilizzazione progressiva, cioè come quelli della Villa di Livia a Prima Porta a
la geometrizzazione di forme in natura più Roma, o nelle numerose ville di Pompei.
libere, come quella del bocciolo di melograno
(balaustion) - come auspicio di fertilità Un caso di spicco: l’Ara Pacis di Augusto.
- ad esempio nelle balaustre, spesso ha L’ampio spazio dato alla rappresentazione
contribuito alla perdita di questo significato, botanica in un monumento di così grande
che nel momento della sua proposizione era rilievo storico e dal potente valore simbolico,
invece assai chiaro e potente. eretto per rappresentare l’inizio di un’era
di pace dopo che Augusto aveva sedato le
Le fonti della conoscenza naturalistica ultime ribellioni in Gallia e Spagna, giustifica
degli antichi. Diverse fonti scritte danno un’attenzione alla ricostruzione degli elementi
importanti testimonianze soprattutto per fondanti del suo sistema iconografico. I fregi
quanto riguarda la conoscenza delle piante vegetali del paramento esterno, organizzati
medicinali, quali in particolare le opere di in sei pannelli fra di loro omologhi, ne
Teofrasto (IV secolo a.C., De Historia Plantarum costituiscono infatti più della metà dello spazio
e De Causis Plantarum) e di Dioscoride (De scultoreo, rappresentando per l’osservatore
Materia Medica), a cui sono anche collegate le anche l’elemento di principale impatto visivo,
illustrazioni di alcuni codici antichi (Aliotta, essendo posti ad altezza d’uomo, cioè nella
2013). Così la Naturalis Historia di Plinio il parte di più agevole osservazione.
1Seneca osserva esplicitamente infatti “Che cos’è la Natura se non Dio stesso e la ragione divina immanente al mondo
nella sua totalità e in ogni sua parte?” (De Beneficiis, IV, 7)
2Plinio il Vecchio commenta come “Il mondo, questo insieme che ci si è compiaciuti di chiamare anche in modo diverso
“il cielo”, la cui volta copre la vita di tutto l’universo, va considerato una divinità, eterna, senza inizio e senza fine…”
(Naturalis Historia. XXXVII, 205).
583 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Al fine di cogliere il senso della composizione piana alluvionale vicino al Tevere non ancora
è necessario guardarla a diverse distanze; edificata (il Campo Marzio, allora luogo di
avvicinandosi alle singole porzioni del esercitazioni militari), è possibile percepire
pannello è possibile apprezzare la struttura altre forme sempre ispirate alla natura.
dei singoli elementi che lo compongono, come A livello sistematico le specie riconoscibili sui
se fossero le singole tessere del mosaico. Tale pezzi originali assommano a circa 90 entità
difficoltà era sicuramente minore nel mondo differenti, ma tale numero è sicuramente un
antico, per l’uso del colore che avrebbe valore per difetto di quella che doveva essere
sottolineato la metamorfosi di un elemento in la diversità globale. Alcune assumono un
un altro attraverso un passaggio cromatico. ruolo ricorrente (es. Acanthus, Arum, Lilium,
Guardando invece il monumento a una certa Phoenix, Nymphaea e soprattutto Cardueae),
distanza, come era possibile all’epoca della mentre altre sono peculiari del contesto in cui
sua costruzione, in quanto collocato su una sono inserite.
Modello di pianta
scolpita nel
paramento esterno
dell’Ara Pacis:
Phyllitis
scolopendrium
(da Caneva, 2010).
584 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Modello di pianta
scolpita nel
paramento esterno
dell’Ara Pacis:
Calystegia cfr. sepium
(da Caneva, 2010).
Elemento cordiforme
sui pannelli dell’Ara
Pacis che si ispira al
doppio pastorale di
una felce aquilina,
percepibile attraverso
la fusione dei dettagli
(da Caneva, 2010).
585 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Modello di pianta
scolpita nel
paramento esterno
dell’Ara Pacis:
Gagea sp.
(da Caneva, 2010).
la rICChezza della Flora medIterranea Nei giardini dipinti a noi pervenuti questo
nelle rappresentazIonI dell’antIChItà numero si riduce a circa 50 specie, di cui
Le specie identificate nelle pitture murali, nei solo una ventina sono più ricorrenti, essendo
mosaici e nelle sculture dell’antica Pompei espressione fisica di valenze simboliche e
sono 64, a cui se ne sommano numerose altre divine, come palme (Phoenix dactylifera),
ritrovate come reperti vegetali nella terra di oleandri (Nerium oleander), rose (Rosa
scavo, fino a raggiungere un totale di 182 gallica, R. centifolia), gigli (Lilium candidum),
diverse entità. melograni (Punica granatum), cipressi
Specie N F Specie N
Nerium oleander 8 cc Acanthus mollis 127
Phoenix dactylifera 8 cc Vitis vinifera 117
Myrtus communis 6 cc Phoenix dactylifera 97
Punica granatum 5 cc Punica granatum 61
Cupressus sempervirens 5 cc Ficus carica 58
Hedera helix 5 cc Laurus nobilis 55
Acanthus mollis 4 cc Hedera helix 48
Laurus nobilis 4 c Pinus pinea 34
Viburnum tinus 4 c Malus domestica 27
Anthemis arvensis 3 c Pyrus communis 25
Arbutus unedo 3 c Myrtus communis 17
Chrysanthemum segetum 3 c Allium sativum 16
Lilium candidum 3 c Lilium candidum 15
Matthiola incana 3 c Cupressus sempervirens 14
Nelumbo nucifera 3 c Cydonia oblonga 14
Phyllitis scolopendrium 3 c Phyllitis scolopendrium 14
Pinus pinea 3 c Prunus cerasus 14
Quercus robur 3 c Olea europaea 12
Rosa sp. 3 c Papaver rhoeas 12
Cydonia oblonga 2 c Prunus domestica 12
Papaver rhoeas 2 c Triticum monococcum 12
Papaver somniferum 2 c Nerium oleander 11
Picea abies 2 c Papaver somniferum 11
Prunus avium 2 c Prunus dulcis 11
Prunus cerasus 2 c Prunus persica 11
Rosa centifolia 2 c Quercus robur 11
Viola reichenbachiana 2
Frequenza della flora nell’iconografia dei giardini romani.
F = Frequenza,
Gli elementi della flora più ricorrenti nell’iconografia N = Numero di rappresentazioni
romana. cc = comunissima,
N = Numero di rappresentazioni. c = comune.
586 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Alcune delle specie più frequenti nell’iconografia romana; dall’alto verso il basso:
Punica granatum. In sequenza orizzontale: Villa di Livia (Prima Porta); girali augustei; frammento del Tempio di Venere Genitrice e particolare da un
sarcofago (Roma).
Laurus nobilis. In sequenza orizzontale: Villa di Livia (Prima Porta); altare funerario e particolare dal Tempio di Apollo Sosiano (Roma); cornice (Ostia
Antica) (da Kumbaric e Caneva, 2014).
Acanthus mollis. In sequenza orizzontale: Villa di Livia (Prima Porta); capitello (OstiaAntica); Foro di Cesare (Roma).
587 Flora dei paesaggi a determismo antropico
la Flora esotICa
la Flora Introdotta
Nel corso del tempo, esplorando sempre nuovi innumerevoli scopi (alimentari, officinali,
territori, l’uomo ha trasportato un enorme ornamentali etc.) tanto da diventare tipiche
numero di organismi viventi in ogni parte di una regione, come i cipressi in Toscana o
del globo, oltre barriere biogeografiche, come i fichi d’India in Sicilia. Molte specie, fra cui
oceani e catene montuose, insormontabili piante di grande utilità, furono introdotte
con i mezzi di dispersione naturale. Questo per la prima volta negli orti botanici,
processo ha subito una notevole accelerazione come ad esempio l’Orto di Padova, che ha
dopo il quindicesimo secolo con la scoperta rappresentato fin dalla sua istituzione un
del continente americano e il conseguente importante centro di importazione e scambio
scambio di specie tra Vecchio e Nuovo di sementi e piante provenienti da tutto il
Mondo. Introdotti nelle nuove regioni, alcuni mondo.
organismi si sono diffusi spontaneamente Fino a pochi decenni or sono la situazione
e hanno colonizzato nuovi territori, delle invasioni di specie vegetali in Italia
facilitati dai cambiamenti di uso del suolo, non era particolarmente critica rispetto
dall’urbanizzazione e dall’agricoltura. La a quanto si verifica in altri Paesi, perché il
colonizzazione di nuovi ambienti è un evento nostro territorio è caratterizzato, almeno in
di per sé naturale ma negli ultimi anni, con lo alcuni settori, da uno stato di conservazione
sviluppo dell’economia globale, l’incremento relativamente elevato, fattore che limita la
dei viaggi e degli scambi commerciali, l’uomo diffusione delle specie invasive. Solo nella
sta determinando la diffusione di animali e Pianura Padana, in relazione alla densità di
piante, parassiti, specie infestanti e agenti popolazione, all’uso agricolo del territorio ed
patogeni su tutta la superficie terrestre alla presenza di aree urbane, la diffusione
con intensità e velocità senza precedenti, delle specie esotiche è da tempo paragonabile
ponendo improvvisamente in contatto entità a quella di molti paesi centroeuropei. Di
evolutesi separatamente. Se da un lato la recente l’entità del fenomeno è aumentata in
globalizzazione sta portando all’arricchimento modo allarmante, in gran parte del territorio
delle comunità locali con elementi provenienti italiano, soprattutto per la sinergia con i
da ogni parte del mondo, essa sta nel cambiamenti di uso del suolo e l’alterazione
contempo determinando l’espansione di degli ecosistemi. In questo contesto, allo scopo
un gruppo di specie, denominate invasive, di pianificare efficaci interventi di gestione
che si diffondono rapidamente in modo è importante conoscere le specie presenti e
incontrollato. Alcune di esse provocano individuare quelle che rappresentano un
impatti negativi sulle attività produttive (ad rischio per la loro velocità di espansione e per
es. agricoltura, selvicoltura), sui beni e sulla gli impatti generati.
salute dell’uomo; altre causano gravi danni Dall’ultimo censimento a scala nazionale
all’ambiente, contribuendo alla perdita di nel 2010, la componente alloctona della
biodiversità, al degrado degli habitat naturali flora d’Italia risulta costituita da 1.023
e all’impoverimento dei servizi forniti dagli specie e sottospecie di piante vascolari.
ecosistemi, come la disponibilità delle riserve Questa ricchezza è dovuta sia a fattori
idriche e la stabilizzazione dei suoli. Per storici (intensità del flusso di persone e
questi motivi la ricerca sulle specie alloctone, merci, presenza di orti botanici etc.), sia
rivolta tradizionalmente alla descrizione all’eterogeneità del territorio nazionale,
di nuove entità giunte da paesi lontani (da che comprende regioni biogeografiche ben
cui il termine esotiche) è stata di recente differenziate. Oltre alle entità diffuse in tutto
intensificata e rivolta al controllo delle specie il Paese, per lo più infestanti delle colture
invasive dannose e alla mitigazione dei loro o tipiche dei siti antropizzati, esistono
impatti. infatti numerose specie caratteristiche dei
Proteso verso il centro del Mediterraneo diversi ambiti biogeografici, fra cui 205
e quindi interessato dai principali flussi esclusive della regione Mediterranea (come
commerciali sin da tempi molto antichi, il Carpobrotus sp. pl., Opuntia ficus-indica,
territorio italiano è stato oggetto di intensi Agave americana, Acacia sp.pl.), 193 di
scambi di piante di varia provenienza. quella Continentale (come Fallopia japonica,
La comparsa di nuove specie nel nostro Impatiens sp.pl., Solidago sp.pl.) e 57 delle
Paese è stata tradizionalmente accolta con Alpi (come Heracleum mantegazzianum).
grande interesse e molte piante sono state La flora alloctona italiana è dominata dalle
integrate nella cultura locale e utilizzate per famiglie più diffuse a scala globale come
589 Flora dei paesaggi a determismo antropico
le Asteraceae (112 entità) e le Poaceae che con l’uso dei diserbanti sono in fase di
(88); i generi più rappresentati sono quelli declino.
tipicamente ruderali come Oenothera (22 Mentre le archeofite si sviluppano prevalente-
entità), Amaranthus (19) e Solanum (17) o mente nei sistemi agricoli (ad es. Abutilon
quelli che comprendono specie ornamentali theophrasti, infestante delle colture), le
come Opuntia (19). La maggioranza dei taxa è neofite sono tipiche delle aree urbane e
stata introdotta dalle Americhe e dall’Eurasia; antropizzate (come alcune specie dei generi
seguono le specie di origine africana e quelle Erygeron e Solidago). Le prime piante di
native di altre regioni del Bacino Mediterraneo. origine americana giunsero in Europa già
Le restanti specie hanno provenienza molto con il primo viaggio di ritorno di Colombo
varia, dalle zone tropicali all’Australasia. nel 1493; la coltivazione del mais (Zea
A seconda del periodo di introduzione si mays) sul territorio italiano ad esempio è
distinguono 103 archeofite, tra cui Isatis documentata dal 1495. Come testimonia un
tinctoria, Arundo donax, Abutilon theophrasti, campione d’erbario del 1532 conservato nella
importate in tempi remoti, come il ricino Biblioteca Angelica di Roma, la prima neofita
(Ricinus communis), noto già in epoca romana segnalata allo stato spontaneo per la flora
e 920 neofite, introdotte dopo la scoperta d’Italia è Amaranthus retroflexus. Varie fonti
dell’America. Questa distinzione si rende documentano la diffusione spontanea di altre
necessaria ai fini applicativi in quanto la neofite, come Impatiens parviflora, a partire
maggioranza delle archeofite non viene dalla metà del Cinquecento.
generalmente inclusa nei programmi di Un’altra importante distinzione va effettuata
Carpobrotus controllo; al contrario, questa categoria tra le specie casuali, presenze effimere che si
acinaci-formis include alcune specie legate all’agricoltura riproducono spontaneamente ma non formano
nel sistema dunale tradizionale, come il papavero (genere popolamenti stabili e dipendono dall’apporto
(G. Brundu). Papaver) e il fiordaliso (Centaurea cyanus), di nuovi semi o propaguli (parti vegetative,
bulbi, rizomi etc.) e quelle naturalizzate, che
sono entrate a far parte stabilmente della
flora italiana. Le specie casuali costituiscono
il contingente più numeroso della flora
introdotta, costituito in gran parte da piante
a uso ornamentale o alimentare che sfuggono
alla coltura (ad es. Solanum lycopersicum, il
pomodoro) e germinano non lontano dalle
aree di provenienza dei semi, in prossimità
degli insediamenti abitati o dei coltivi.
La maggior parte delle 524 specie natura-
lizzate non causa alcun impatto negativo e
anzi comprende piante di notevole interesse,
tuttavia 163 sono attualmente considerate
invasive per la loro modalità di diffusione
rapida e incontrollata e per gli impatti che
arrecano alle comunità vegetali, all’economia
(ad esempio al settore agricolo) e alla salute
umana; la componente invasiva costituisce
quindi il 16% della flora alloctona totale
d’Italia. Si tratta principalmente di entità
diffuse in tutto il Paese, anche se non
mancano specie con distribuzione limitata,
per ora, a poche stazioni. L’individuazione di
queste ultime assume particolare importanza
ai fini del controllo della loro espansione,
perché alcune di esse sono ben note per i
danni arrecati in altre aree geografiche e
sul territorio nazionale potrebbero essere
allo stato iniziale del processo di invasione;
alcuni esempi riguardano piante di ambiente
acquatico, come Azolla filiculoides, Hydrocotyle
ranunculoides, Lagarosiphon major, Ludwigia
peploides subsp. montevidensis, Salvinia
molesta e Spartina×towsendii, presenti solo
590 Flora dei paesaggi a determismo antropico
in poche località ma che si ritiene abbiano e numerose specie si sono propagate lungo
la potenzialità di diffondersi rapidamente in i binari delle ferrovie, come Chamaesyce
futuro. nutans, o lungo i bordi di vie, come Senecio
In generale, il numero di specie alloctone e inaequidens, la cui veloce espansione lungo
la loro proporzione nella flora tendono ad la rete viaria italiana è documentata dagli
aumentare con la densità della popolazione anni Cinquanta.
umana. I valori più elevati sono rilevati Nonostante la maggior parte delle specie
nelle regioni più densamente popolate alloctone rimanga limitata alle aree
dell’Italia settentrionale (ad es. Lombardia); antropizzate, molte di esse si inseriscono
al contrario, le regioni meno densamente anche nei sistemi naturali. Gli ambienti più
popolate presentano i valori più bassi (ad es. minacciati dalle invasioni sono i boschi e i
Molise, Valle d’Aosta). greti dei fiumi, gli ambienti umidi, le acque
Favorite dal disturbo antropico, le specie interne e gli habitat costieri.
alloctone prevalgono negli habitat ruderali Le aree montuose in generale sono meno
(ad esempio Conyza albida, C. bonariensis, interessate dalle invasioni, sia per la minore
Eleusine indica) e gran parte di esse cresce pressione antropica, sia per il clima che,
esclusivamente nelle aree urbane, nei siti in particolare alle alte quote, limita lo
industriali, nei sistemi agricoli e lungo le sviluppo della maggior parte delle specie
vie di comunicazione. Gli habitat artificiali, finora introdotte. Recenti studi hanno però
in particolare le città, sono centri di prima evidenziato che alcune specie possono
introduzione e successiva diffusione di piante tollerare il clima delle quote intermedie (ad
esotiche da parte dell’uomo, prevalentemente esempio Reynoutria japonica) e che quindi
a scopo ornamentale nei parchi e nei giardini. particolare attenzione deve essere posta ad
Anche la rete stradale e ferroviaria favorisce evitare l’introduzione di esotiche o controllare
la dispersione secondaria della flora invasiva la presenza di quelle già esistenti nelle aree
Heracleum
mantegazzianum
(A. Curtaz).
591 Flora dei paesaggi a determismo antropico
montuose che ospitano spesso specie vegetali hanno sostituito le loro leggi precedenti
di grande pregio. La tendenza delle specie sulla protezione della flora con nuove leggi;
alloctone a gravitare attorno alle attività ed esempio la Regione Valle d’Aosta, con
umane si riflette anche nelle tipologie di la Legge Regionale 45 del 2009 ha vietato
impatto esercitato. Nella maggioranza dei l’introduzione di specie esotiche in ambienti
casi si tratta infatti di piante infestanti, che naturali e ha previsto di monitorare la
riducono la resa delle colture e aumentano diffusione e di incentivare l’eradicazione di
i costi di produzione connessi all’uso di tre specie vegetali particolarmente dannose:
erbicidi (ad es. specie dei generi Amaranthus, Heracleum mantegazzianum, Reynoutria x
Digitaria, Erigeron e Oxalis). Alcuni studi bohemica e Senecio inaequidens. La prima
sulla flora infestante indicano un incremento specie, invasiva in molti paesi Europei, è
dell’incidenza delle specie alloctone nel una grande ombrellifera erbacea perenne di
territorio italiano negli ultimi 40 anni. origine caucasica, che è stata introdotta per la
L’analisi delle fonti disponibili, anche se a sua eccezionalità e bellezza (può raggiungere i
carattere preliminare, ha rilevato 42 specie, 3 metri di altezza con la sua ombrella che può
per lo più tossiche o allergeniche, con effetti portare fino a 10.000 semi) ma può provocare
negativi sulla salute umana come ad esempio in alcune persone dermatiti di contatto,
Ambrosia artemisiifolia. simili a ustioni. La specie si sta diffondendo
Per quanto riguarda gli impatti sull’ambiente spontaneamente nei prati e lungo i fiumi
sono state individuate 88 specie la cui nelle regioni del Nord Italia ma è ancora
espansione costituisce una minaccia alla possibile arrestarne lo sviluppo con una
conservazione della natura per la loro corretta informazione, con il monitoraggio e
tendenza ad escludere le altre specie, ad l’eradicazione delle popolazioni esistenti e con
alterare le caratteristiche degli ecosistemi il divieto alla vendita nei vivai.
o a diffondersi in habitat vulnerabili. La La novità più importante dal punto di
situazione è critica ad esempio nelle piccole vista normativo è tuttavia il “Regolamento
isole, dove alcune entità particolarmente del Parlamento Europeo e del Consiglio
invasive, come Carpobrotus sp.pl., stanno (N. 1143/2014) recante disposizioni volte
minacciando la sopravvivenza di taxa rari a prevenire e gestire l’introduzione e la
o endemici, prevalentemente negli habitat diffusione delle specie esotiche invasive”
costieri con ricadute quindi non solo sulla entrato in vigore nel gennaio 2015. Scopo
biodiversità delle comunità locali, ma anche del Regolamento è di introdurre una serie
a scala globale. di norme per prevenire, ridurre al minimo e
Per questi motivi, unitamente alle difficoltà mitigare gli effetti negativi sulla biodiversità
ed agli elevati costi del controllo, di recente causati dall’introduzione e dalla diffusione
si è evidenziata sempre più la necessità di delle specie esotiche invasive all’interno
prevenire l’introduzione e la diffusione delle dell’Unione Europea. Il primo passo del
specie invasive attraverso iniziative che Regolamento sarà la redazione di una lista
diffondano la conoscenza dei rischi e dei costi di specie invasive di rilevanza unionale sulla
dell’invasione. In moltissimi casi infatti le base di un’analisi del rischio. Tali specie
specie più dannose sono state introdotte come saranno sottoposte a regolamentazione,
ornamentali e sarebbe stato possibile utilizzare che comprende ad esempio il divieto di
al loro posto specie ugualmente belle ma meno introduzione, commercio, possesso, ripro-
pericolose. Oltre alla corretta informazione sui duzione e rilascio (eccezioni molto limitate,
rischi che alcune specie presentano, molti stati per utilizzi in condizioni controllate). Il
hanno già applicato normative per il controllo coordinamento tra Paesi e la prevenzione
dell’esportazione e dell’importazione di specie sono tra i principi fondamentali del Regola-
vegetali e animali. Negli aeroporti sono sempre mento come anche la prioritizzazione degli
più accurati i controlli sugli organismi vivi interventi. Per realizzare questi obiettivi, la
importati ed esportati, a salvaguardia della conoscenza delle caratteristiche biologiche
biodiversità dei paesi da cui le specie arrivano delle specie introdotte e della loro potenziale
(attraverso la Convenzione sul Commercio invasività risultano lo strumento migliore per
Internazionale delle specie minacciate, CITES) evitare la diffusione delle specie più dannose
e anche a protezione dei paesi in cui le specie ma anche di utilizzare come ornamentali o
verrebbero introdotte. alimentari, senza nessun danno, specie a
Negli ultimi anni alcune Regioni Italiane bassa capacità invasiva.
592 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Reynoutria japonica
(G. Bruno).
A destra
infiorescenze di
Reynoutria japonica
(S. D'Andrea).
Campo di mais
invaso da Ambrosia
artemisiifolia
(F. Vidotto).
Una delle piante invasive più dannose e Veneto, ma poi anche nelle regioni del
per la salute umana e per l’agricoltura centro. L’aumento della concentrazione
è Ambrosia artemisiifolia, un’erbacea del suo polline nell’aria è stato seguito con
annuale di origine nord americana che crescente apprensione dagli allergici e dai
libera nell’aria una grande quantità di medici che hanno evidenziato che questa
polline fortemente allergenico nel periodo pianta, in alcune aree, è diventata la prima
compreso tra metà agosto e fine settembre. causa di pollinosi. La specie, attraverso la
Questa pianta è stata segnalata per produzione di moltissimi semi, si diffonde
la prima volta in Europa alla metà in particolare nelle aree disturbate dalle
dell’ottocento ma ha incominciato a attività umane, lungo le strade, le ferrovie
diffondersi dal 1950 in poi, a seguito di e nei settori agricoli dove è diventata una
introduzioni multiple, in centro Europa e delle più temute infestanti delle colture
anche in nord Italia. Da quel momento le estive come il girasole e la soia perché è
segnalazioni di presenza di questa specie molto difficile da controllare con le comuni
si sono moltiplicate esponenzialmente, tecniche di diserbo.
prima nel Nord, in Piemonte, Lombardia Più di tutte le altre specie esotiche,
Ambrosia artemisiifolia ha diffuso la
consapevolezza dei danni che queste
piante possono provocare. Molti stati già
da tempo hanno finanziato ricerche sulla
sua comparsa nei vari settori del territorio
e hanno cercato di limitarne la diffusione
con campagne di estirpazione manuale e
chimica. Recentemente sono state anche
sviluppate ricerche sulla possibilità di
controllarla con metodi di lotta biologica,
favorendo i suoi antagonisti naturali o
introducendo nemici dalle sue zone di
origine, come alcune specie di insetti (www.
cabi.org). Negli ultimi tempi l’ambrosia è
stata inserita nelle liste allegate ad alcune
leggi regionali che elencano le specie di cui
si consigliano il controllo e, ove possibile,
Infiorescenza l’eradicazione. Per ora buoni risultati sono
maschile di Ambrosia stati ottenuti in poche aree d’Europa,
artemisiifolia come in Svizzera, con una capillare azione
Piossasco (TO) di sensibilizzazione degli agricoltori e degli
(D. Bouvet). altri cittadini.
594 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Carpobrotus
affine acinaciformis
(G. Brundu).
L’espansione delle specie del genere favorita dal passaggio attraverso il sistema
Carpobrotus negli habitat costieri digerente degli animali.
costituisce una delle principali minacce Introdotte per ornamento e per la
alla conservazione della biodiversità stabilizzazione dei suoli, queste specie
relativamente alla fascia costiera in Italia, sono estesamente coltivate nei giardini
probabilmente la più seria posta da una delle località costiere di villeggiatura e
specie vegetale. Si tratta di entità e forme direttamente sulla duna, generalmente
ibride appartenenti alla famiglia delle nei pressi di strutture balneari. La loro
Aizoacee, originarie delle aree costiere diffusione allo stato spontaneo in Italia è
della regione del Capo in Sud Africa. nota già dalla metà del 1800 e negli anni
Sono piante perenni con portamento recenti si è intensificata fino ad assumere
prostrato, molto apprezzate per la caratteri di grande invasività lungo le
rusticità e la fioritura abbondante e coste dell’Italia centrale e meridionale,
vistosa. I lunghi fusti striscianti possono in particolare lungo il versante tirrenico.
raggiungere alcuni metri; durante la La vigorosa crescita vegetativa porta alla
crescita si lignificano, si ramificano formazione di popolamenti monospecifici
frequentemente e si sovrappongono gli uni impenetrabili che colonizzano in breve
agli altri, determinando la formazione di tempo ampie superfici e impediscono lo
spessi tappeti. stabilirsi di altre piante. Essi possono
I fusti hanno inoltre la capacità di radicare inoltre modificare le proprietà chimiche dei
ai nodi e produrre propaguli indipendenti suoli aumentandone il contenuto di azoto
da frammenti distaccati dalla pianta e carbonio organico e riducendone il pH.
madre. Questa forma di riproduzione Nelle aree invase le specie del genere
vegetativa rende le entità del genere Carpobrotus occupano gli stessi ambienti
Carpobrotus particolarmente adatte a in cui vivono nelle regioni originarie,
sopravvivere e a diffondersi sulle dune, soprattutto gli habitat costieri, le dune e
dove vaste porzioni della pianta possono le coste rocciose, dove possono sostituire
essere ricoperte dalla sabbia. la vegetazione preesistente. Il problema è
Le foglie sono succulente, opposte, a particolarmente rilevante sulle piccole isole
sezione triangolare, arrossate ai margini, e sulle coste rocciose, siti di conservazione
allargate alla base e ristrette verso l’apice. di importanti endemismi, dove la loro
I fiori sono grandi (5-9 cm di diametro), espansione costituisce una minaccia non
isolati, gialli o rosa-purpurei. solo per la biodiversità a scala locale, ma
I frutti, carnosi e indeiscenti, rimangono per la stessa sopravvivenza di taxa rari,
a lungo sulla pianta, dove si seccano o come sta avvenendo ad esempio per alcune
vengono ingeriti da mammiferi generalisti specie endemiche del genere Limonium
che ne disperdono i semi, prodotti in sulle isole dell’arcipelago Toscano e sulle
grande quantità. La germinazione è Isole Ponziane (Ventotene).
595 Flora dei paesaggi a determismo antropico
crescita della CO2 in atmosfera, così come, specialmente nelle forme più naturali
o vetuste, garantiscono la tutela di specie animali e vegetali particolarmente rare
che si trovano solo all’interno di formazioni particolarmente mature.
È importante ricordare che la ricchezza di specie non è di per sé un buon
parametro di valutazione dello stato di conservazione di un ecosistema. Dopo
un taglio forestale raso o un incendio tutte le foreste tendono ad avere un
aumento nel numero di specie provenienti però dalle zone aperte limitrofe. Non
sono ovviamente queste le pratiche che ci interessano, ma quelle che invece
permettono la presenza del maggior numero di specie tipiche delle formazioni
forestali. Per avere questo risultato dobbiamo garantire alle foreste un elevato
livello di naturalità. Questa è la ragione per cui a livello nazionale si stanno
studiando i boschi vetusti, ossia le formazioni più naturali, proprio per confermare
l’importanza di adottare modelli selvicolturali già descritti (ma poco adottati)
nella pratica della selvicoltura “sistemica o naturale” promossa dall’Accademia
Nazionale di Scienze Forestali.
Dallo studio delle foreste vetuste è anche emerso che la vetustà comporta la
presenza di un gran numero di piante giovani e, in particolare, un incremento di
specie legnose.
Questa caratteristica è particolarmente importante anche in funzione del
cambiamento climatico: l’unico mezzo disponibile per mitigarne gli effetti e
favorirne l’adattamento è aumentare la biodiversità partendo dalla componente
legnosa. La moderna selvicoltura ha già acquisito questo modello dato che
attualmente nelle pratiche gestionali si tende a mantenere un elevato numero di
Bosco di Fagus sylva-
matricine non solo di alberi di elevato interesse forestale (quali ad esempio, abete
tica in veste invernale, rosso e cerro), ma anche di alberi pionieri (aceri, frassini e carpini) particolarmente
Monte Terminillo (RM) utili per recuperare al bosco terreni abbandonati e per superare fasi climatiche
(G. Capotorti). non idonee alle specie tipiche degli stadi maturi.
597 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Bosco a Fagus
sylvatica
(E. Giarrizzo).
A destra
bosco a Populus alba
(R. Frondoni).
riferimento a quelle autoctone e naturalizzate prodotti forestali non legnosi e del loro
nel nostro Paese: crescente prestigio qualitativo ed economico
- tutela della complessità paesaggistica nel mercato globale;
e della diversità biologica dei sistemi - messa in opera di sistemi naturali di
paesistici, contrastandone l’abbandono fitorimedio, depurazione e contenimento
e la frammentazione e favorendone la degli inquinanti in ambiente urbano
rinaturazione strutturale e compositiva e e rurale, nonché spesso del ripristino
la loro funzione in termini di connettività ambientale e della stessa regolazione
ecologica; microclimatica.
- integrazione degli obiettivi di conservazione La multifunzionalità dei sistemi arborei
nelle politiche per i cambiamenti climatici; naturali e seminaturali e di quelli forestali
- prevenzione selvicolturale e protezione può essere garantita per le generazioni future
dagli incendi boschivi; attraverso un equilibrio tra sviluppo socio-
- promozione del ripristino e del mante- economico e salvaguardia dell’ambiente, tra
nimento della funzione di difesa delle utilizzo economico delle risorse e tutela del
formazioni forestali riguardo all’assetto territorio e del paesaggio, ponendo particolare
idrogeologico, alla regimazione delle acque attenzione alla criticità nazionale legata al
e al mantenimento della loro quantità e consumo di suolo di pianure e aree costiere in
qualità; contrasto con l’abbandono degli spazi rurali
- promozione della partecipazione delle di collina e di montagna. Alla diversificazione
comunità locali come elemento chiave della delle funzioni riconosciute ai sistemi forestali
gestione, valorizzandone i saperi; non è però finora seguito un soddisfacente
- promozione della comprensione delle adeguamento della determinazione del
relazioni tra i servizi ecosistemici offerti loro valore economico (Marchetti et al.,
dai boschi e benessere umano, e loro 2014). I metodi utilizzati sono ancora oggi
remunerazione; largamente basati sul valore di scambio, che
- utilizzo sostenibile delle bioenergie e della fa riferimento ai prodotti ritraibili, e meno
risorsa rinnovabile legno, anche a vantaggio frequentemente al valore d’uso rappresentato
della conservazione e del risparmio degli dalle funzioni protettivo-ambientali che il
ecosistemi forestali minacciati su scala bosco svolge. Ancora più raro è il riferimento
globale; emersione e valorizzazione dei al valore intrinseco del bosco, cioè in quanto
599 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Bosco a
Ostrya carpinifolia
(S. Bonacquisti).
601 Flora dei paesaggi a determismo antropico
L’aumento degli ultimi anni dell’utilizzo di coetanei. Ciò sta portando a un lento,
prodotti a ciclo di vita lungo, ad esempio positivo accumulo di sostanza organica nei
per usi strutturali in edilizia (travi lamellari, suoli forestali. Lo scambio netto di carbonio
etc.), o del riciclo dei materiali a ciclo breve dell’ecosistema, al contrario, diminuisce in
contribuirà a incrementare significativamente seguito alla riduzione/assenza di interventi
l’immagazzinamento di carbonio nella filiera di gestione a causa della decomposizione
foresta-legno. In ogni caso, l’impiego di della sostanza organica caduta al suolo.
prodotti legnosi, quale che sia il loro ciclo di In relazione a quest’ultimo aspetto, si
vita, genera sempre un effetto sostitutivo, dato ribadisce l’opportunità di un aumento dei
che materiali alternativi implicano, di norma, prelievi legnosi dai boschi italiani, che, oltre
consumi energetici per la loro produzione a consentire una maggiore immobilizzazione
superiori a quelli richiesti dalla manifattura di carbonio nei prodotti ritraibili, potrebbe
del legno (ad es.: la produzione di un infisso agire da volano sui soprassuoli, riducendone
in alluminio richiede mediamente oltre cento l’età media e aumentando correlativamente il
volte la quantità di energia necessaria per saggio di incremento.
produrre un pezzo in legno ad analogo uso). Come già osservato, questa prospettiva va,
Un aspetto critico riguarda il valore finanziario peraltro, considerata in modo prudente e
ritraibile dall’effetto di sequestro del carbonio calibrata caso per caso, sulla base di una
atmosferico. Non esistono ancora meccanismi adeguata pianificazione forestale. Di fatto, la
redistributivi ufficiali a favore dei proprietari capacità delle foreste di sequestrare carbonio
forestali, per i quali è possibile operare su va sempre inquadrata nella prospettiva di
base volontaria richiedendo la certificazione una gestione globalmente ecocompatibile,
del carbonio sequestrato nelle loro superfici prevedendo di favorire:
forestali e, se ammissibile, commercializzarne - la complessità della composizione dendro-
i crediti (emission trading), con alcuni esempi logica e della struttura orizzontale e
di successo (Carbomark in Regione Veneto, verticale dei soprassuoli;
No Effetto Serra Forest stipulato dal Comune - il rispetto dei cicli naturali di rinnovazione;
di Rocca di Papa (Roma) con la Fondazione - il recupero dei popolamenti che, a causa
Terra Onlus tramite l’Ente Parco Regionale di una gestione non razionale, risultano
dei Castelli Romani, Phoresta onlus, etc.). significativamente degradati (l’incremento
Nei boschi italiani è in atto un generalizzato della quantità di carbonio sequestrabile
processo di invecchiamento collegato alla a seguito del recupero delle situazioni di
relativamente ridotta quantità di prelievi di degrado del patrimonio forestale nazionale
legname rispetto alla produzione naturale è stimato non inferiore a 1,3 milioni di
e all’allungamento dei turni nei soprassuoli tonnellate all’anno).
Faggeta con
Ilex aquifolium
sul massiccio della
Majella
(G. Capotorti).
602 Flora dei paesaggi a determismo antropico
bosChI vetustI
Fomes fomentarius,
specie fungina
parassita e saprofita
spesso presente nei
boschi vetusti,
Parco Nazionale
d’Abruzzo,
Lazio e Molise
(S. Burrascano).
Gli ecosistemi forestali presenti in Italia Nel gestire il bosco, infatti, l’uomo ha
sono molto diversi tra loro, sia per quanto da sempre selezionato le specie arboree
riguarda la struttura che la composizione. più produttive o commercialmente più
Questo elevato grado di diversificazione vantaggiose, quali Picea abies o Abies alba
deriva sostanzialmente dalla spiccata nelle foreste montane delle Alpi o Fagus
eterogeneità ambientale del nostro sylvatica nelle foreste della fascia montana
Paese. L’Italia, oltre ad includere aree dell’Appennino. Questo ha spesso contri-
a latitudini relativamente diverse e a buito a far diminuire la diversità di specie
subire in maniera differenziata l’influenza arboree. Allo stesso tempo le forme di
del Mar Mediterraneo, è caratterizzata gestione hanno modificato direttamente
dalla presenza di numerose tipologie di la struttura del bosco, inducendone la
substrati rocciosi. Infine, la presenza di rigenerazione da seme (governo a fustaia)
alte montagne rende il territorio altamente o dai ricacci (polloni) di ceppaie esistenti
articolato e diversificato per forme (governo a ceduo), favorendo o meno lo
(versanti, zone pedemontane, altopiani, sviluppo in altezza degli alberi. Nell’ambito
etc.) e per condizioni climatiche legate alle di tale ampia diversificazione, tuttavia, si
diverse fasce altitudinali. individuano ambiti forestali particolari
Tuttavia questi fattori ambientali, per che risultano piuttosto rari poiché la loro
quanto estremamente rilevanti, non sono composizione e struttura non sono legate
sufficienti a spiegare la varietà di sistemi ad una specifica scelta gestionale ma alla
forestali presenti nel nostro Paese, poiché dinamica naturale che in essi ha luogo.
questi hanno risentito e risentono in modo Questi boschi, definiti vetusti (old-growth
sostanziale anche di pratiche di gestione forests nella letteratura anglosassone),
attiva mirate alla produzione di legname, sono particolarmente rari nel territorio
le quali rivestono un ruolo fondamentale italiano che, in confronto a molte altre
nel determinare la composizione e la aree del pianeta, è stato densamente
struttura del bosco. abitato nel corso dei passati millenni.
603 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Grande tronco di
faggio a terra,
Monti Lepini
(S. Bonacquisti).
alpina che si nutre di legno di faggio ed Dalla fine degli anni settanta fino a circa
è indicata come specie da conservare dieci anni fa si era sostenuta l’ipotesi
dalla Direttiva Habitat (92/43/CEE). che all’aumentare dell’età le foreste
Anche queste specie sono spesso rare o perdessero la loro capacità di accumulare
minacciate a livello nazionale o europeo carbonio fino al raggiungimento di una
in quanto nelle foreste utilizzate per la fase di equilibrio (la quantità di carbonio
produzione di legname il legno morto viene accumulato nella biomassa viene
asportato e risulta quindi molto raro. compensata da quella ceduta attraverso il
Oltre che per le peculiarità nella struttura processo di respirazione). Questa ipotesi
e nella composizione, lo studio dei boschi è stata smentita da uno studio che ha
vetusti è oggi estremamente attuale poiché analizzato i flussi di carbonio delle foreste
questi ecosistemi sono stati rivalutati boreali e temperate di tutto il pianeta
anche in relazione al loro ruolo nel dimostrando come le foreste vetuste
contrasto ai cambiamenti climatici e alla continuino ad assorbire carbonio (circa
loro capacità di mantenere tali funzioni 1,3 miliardi di tonnellate all’anno in tutto
anche a fronte di modificazioni ambientali. il pianeta). Questo è possibile poiché se
È noto come tra i gas immessi è vero che la morte degli individui di età
nell’atmosfera quale effetto delle attività e dimensioni maggiori farà sì che questi
umane, l’anidride carbonica sia quello si decomporranno rilasciando una parte
più abbondante con notevole influenza del carbonio in atmosfera attraverso
sull’effetto serra e sul clima del pianeta. Il la respirazione nel corso dei decenni
fatto che gli ecosistemi forestali, come altri successivi, d’altro canto, spazio e risorse
ecosistemi, siano in grado di assorbire si renderanno disponibili per lo sviluppo
anidride carbonica dall’atmosfera accu- di giovani alberi che cresceranno, e quindi
mulando il carbonio sotto forma di assorbiranno carbonio rapidamente.
biomassa e sostanza organica del suolo Un’altra caratteristica dei boschi vetusti,
ha portato ad un picco di attenzione ed in generale delle foreste a maggior grado
verso le foreste. Molti studi recenti hanno di naturalità, è l’elevato numero di specie
analizzato la capacità di accumulo di di alberi presenti. Come già accennato, la
biomassa da parte degli ecosistemi gestione forestale convenzionale prevede la
forestali in relazione alla loro età e fase selezione di una o poche specie produttive
di sviluppo portando a risultati inattesi e l’eliminazione delle altre. L’alto numero
poiché differenti da quanto era stato di specie arboree che caratterizza le foreste
ipotizzato nei decenni precedenti. che hanno subito una gestione meno
605 Flora dei paesaggi a determismo antropico
Cephalanthera
longifolia e
Dactylorhiza
maculata
(E. Giarrizzo).
Viburnum opulus
(E. Biondi).
607
4 PARTE QUARTA
GLI STRUMENTI
DI TUTELA
608 Gli strumenti di tutela
La Flora in Italia cerca di far conoscere la flora e i paesaggi vegetali del nostro
Paese ponendo particolare attenzione non solo agli ambienti naturali, ma anche
alle aree agricole e ai sistemi urbani. Non sono evidenziate solo le specie di valore
conservazionistico, ma la flora nel suo complesso che, nell’interagire con gli
elementi dell’ambiente naturale e le attività umane, ha dato luogo a un’eccezionale
eterogeneità paesaggistica.
Per meglio comprendere lo scenario di riferimento, relativo alla conservazione
della flora in Italia, sono illustrate le principali iniziative a livello europeo e
nazionale finalizzate alla tutela del patrimonio vegetale. La loro realizzazione
è strettamente associata ai risultati della ricerca scientifica e a una maggiore
collaborazione e integrazione di queste tematiche nelle politiche economiche e
sociali, in una prospettiva di sostenibilità ambientale.
Come si vedrà in dettaglio nei paragrafi successivi, tutte le azioni proposte a livello
internazionale e locale hanno come obiettivo la riqualificazione dei territori, che
per troppo tempo sono stati utilizzati trascurando la sostenibilità ambientale,
sociale ed economica degli interventi. Qualsiasi impegno economico necessario
per la riqualificazione ambientale non deve pertanto essere considerato un costo
ma un investimento, non solo in denaro, ma anche in conoscenza e ricerca
scientifica. È per tutta questa serie di ragioni che è opportuno sostenere quella
vasta area della ricerca di base che assegna un nome alle piante (tassonomia)
e definisce le condizioni ecologiche che favoriscono la presenza delle diverse
specie vegetali (autoecologia), in quanto condizione prioritaria di riferimento per
qualsiasi intervento di riqualificazione ambientale. Possono sembrare obiettivi
609 Gli strumenti di tutela
A destra Simili forme di devozione si trovano anche serre, inizia la trasformazione che avrebbe
attività didattiche nel in epoca ellenistica e romana nella quale, portato nel tempo gli Orti Botanici a divenire
Giardino Botanico soprattutto durante l’epoca tarda, si ebbe la luoghi di studio, di didattica e ricerca, ma
Alpino Pietracorva coltivazione dei fiori in serra. anche di conservazione, di sperimentazione
(P. Pavone). Nel tardo medioevo si avvia la realizzazione e di educazione ambientale. Sia dal punto
di giardini maestosi che porterà in seguito a di vista scientifico che storico-culturale le
quelli di Versailles e di Caserta. collezioni di piante vive ed essiccate, curate
Dopo la nascita a Salerno del primo Orto in queste strutture, rappresentano un
Botanico dell’Occidente, ad opera di Matteo patrimonio di altissimo valore che, in virtù
Silvatico, tra il quindicesimo e il sedicesimo delle diverse interpretazioni cui si prestano,
sec., fiorisce la botanica italiana; nascono diventano un valido strumento per attività
anche i primi Orti Botanici accademici di ricerca e di sperimentazione, ma anche
per favorire l’attività didattica delle scuole di educazione ambientale, di didattica e di
di Medicina e Farmacia, destinati alla divulgazione.
coltivazione di piante di interesse medicinale. Per questo identificati come Musei, gli
Luca Ghini, nel 1544, fonda il primo Orto Orti Botanici rappresentano un effettivo
dei semplici a Pisa e, nel 1545, quello collegamento tra la cultura scientifica e
universitario di Firenze; tra i primi Orti quella umanistica.
Botanici accademici anche quelli di Padova Istituzionalmente, oggi, gli Orti Botanici
(1545) e di Bologna (1567). devono assolvere funzioni e compiti che, in
I modelli di realizzazione sono quelli classici particolare per quelli europei, sono delineati
612 Gli strumenti di tutela
Orto Botanico
dell’Università di
Napoli: panorama
(P. Pavone).
613 Gli strumenti di tutela
Orto Botanico ha compromesso seriamente il patrimonio cultura più attenta alla conservazione della
dell’Università di vegetale ed è diventato impossibile garantire biodiversità del nostro pianeta.
Bologna: le serre la conservazione in situ di diverse specie. Offrendo l’opportunità di conoscere la natura
(P. Pavone). L’importante missione della conservazione è da vicino, gli Orti Botanici si pongono così
svolta attraverso l’attività di Index seminum come nuove agenzie educative e assumono il
(raccolta e scambi di semi), la realizzazione ruolo di interlocutori del mondo scolastico, e
di impianti e moltiplicazione ex situ, la non solo, attraverso le attività di educazione,
reintroduzione sul territorio di specie a di sensibilizzazione e di socializzazione
elevato rischio di estinzione e, negli ultimi ambientale, sviluppate con metodologie
anni, grazie anche alle attività delle banche specifiche che privilegiano i laboratori
del germoplasma. Le sedici strutture che all’aperto. Molti di questi laboratori fanno
hanno allestito, presso le loro sedi, banche uso di moderni strumenti interattivi, come le
del germoplasma partecipano alla rete RIBES chiavi dicotomiche KeyToNature – Dryades,
(Rete Italiana Banche del germoplasma per la realizzate dall’Università di Trieste, per il
conservazione ex situ della flora Spontanea). riconoscimento delle piante superiori o dei
Le attività per la conservazione sono inoltre licheni. Vengono poi organizzati incontri
supportate da specifiche attività di educazione di approfondimento per adulti, ma anche
e di divulgazione rivolte al pubblico, con mostre ed eventi culturali di diverso tipo
l’obiettivo di sensibilizzare e favorire un (presentazioni libri, spettacoli teatrali,
atteggiamento più consapevole nei confronti concerti, etc.).
dell’ambiente e la diffusione di una nuova
Giardino Botanico
della Majella
"Michele Tenore",
Lama dei Peligni
(CH): educazione
ambientale
(P. Pavone).
614 Gli strumenti di tutela
A destra
Orto Botanico di
Palermo. Laghetto
con Cyperus papyrus
ed altre essenze
acquatiche. Sullo
sfondo Dracaena
draco
(G. Domina).
616 Gli strumenti di tutela
In estrema sintesi possiamo dire che nel metà del XIX secolo). Oltre a queste
corso dei suoi ormai 500 anni di vita collezioni chiuse, c’è l’erbario generale, in
l’erbario, utilizzato all’inizio solo come accrescimento costante ogni anno grazie
strumento didattico, è passato poi a alle donazioni degli studiosi, alle missioni
divenire anche strumento di studio e di di raccolta del personale e al deposito dei
confronto per arrivare ad essere un archivio campioni relativi a nuove segnalazioni
sistematico (come quello di Linneo) e, per il territorio italiano, sia per le specie
infine, un archivio biogeografico, in quanto native che per quelle esotiche. L’erbario di
i suoi campioni sono stati sempre più Firenze, così come tutti gli altri erbari nel
corredati di informazioni dettagliate sulla mondo, è meta continua di specialisti che
loro provenienza geografica ed ecologica. chiedono di consultare le collezioni per
Non solo, l’erbario costituisce anche un le loro ricerche. All’osservazione diretta
importante serbatoio di informazioni sui campioni, sia in sede che inviati in
genetiche grazie alla possibilità di estrarre prestito, si è aggiunta negli ultimi tempi la
DNA dai suoi reperti, fatte salve le consultazione dei data base, nonché delle
modalità di conservazione e l’età di questi immagini ad alta definizione dei campioni,
ultimi. È un dato abbastanza recente che in particolare di quelli appartenenti alle
delle 70,000 specie botaniche che si stima raccolte originali (per l’erbario di Firenze
debbano essere ancora scoperte, più della si veda http://parlatore.msn.unifi.it/
metà siano già state raccolte e conservate index_new.html).
negli erbari, in attesa che qualcuno le La pubblicazione online delle immagini e
identifichi come specie nuove. dei dati dei campioni costituisce l’ultima
In Italia esistono oggi più di 160 erbari frontiera della ricerca in erbario. Ormai la
con quasi 12 milioni di campioni. Il più maggior parte delle più grandi collezioni
importante, fondato da F. Parlatore nel nel mondo è, in misura maggiore o minore,
1842, è quello di Firenze, con circa 5 milioni accessibile anche in rete: questo costituisce
di reperti e contenente fondamentali senza dubbio un enorme vantaggio per la
collezioni storiche come l’erbario di conservazione di documenti così delicati
Andrea Cesalpino (1563, primo erbario al come i reperti essiccati delle piante che,
mondo allestito con criterio scientifico), non a caso, da più di un decennio – per
l’erbario Micheli-Targioni (con le raccolte quanto riguarda la legislazione italiana -
pre-linneane di Pier Antonio Micheli), sono inclusi tra i beni culturali dello Stato,
l’erbario di Philip B. Webb (contenente al pari delle opere d’arte e dei libri antichi
le prime raccolte effettuate in regioni e quindi soggetti a precise norme di tutela
ancora inesplorate della Terra tra XVIII e protezione che mettono in evidenza – se
e XIX secolo) e, infine, l’erbario Beccari ce ne fosse ancora bisogno – la loro grande
della Malesia (allestito nella seconda preziosità.
“Sala Erbario
Webb”, sezione di
Botanica del Museo
di Storia Naturale
dell’Università degli
Studi di Firenze.
618 Gli strumenti di tutela
Appendici CITES. Questa specie è stata artificialmente sono ormai esentate dagli
coltivata per secoli e non si hanno prove adempimenti della Convenzione.
dell’esistenza di popolazioni selvatiche. È Le tre famiglie dell’ordine Cycadales sono
coltivata in molte nazioni e il commercio di tutte incluse in CITES, ma molte specie,
piante, foglie e derivati è esclusivamente e tre generi per intero, sono inclusi in
di origine coltivata. Appendice I.
Un altro grande gruppo di piante, con molte Soltanto nove specie di palme rientrano
specie incluse in CITES, è quello delle piante nella Convenzione. Tutte le specie ora
carnivore. I generi soggetti a controllo sono incluse in Appendice II sono originarie del
Nepenthes, Sarracenia e Dionaea. Madagascar, che possiede una flora molto
Le piante del genere Galanthus sono ricca in palme, la cui richiesta di semi
comuni nei giardini europei e le circa 19 e piante per il mercato internazionale
specie, principalmente quelle diffuse in non era più sostenibile. Le prime specie
Turchia, sono incluse in CITES. incluse, Chysalidocarpus decipiens
Anche tutte le specie di Cyclamen sono (Dypsis decipiens) e Neodypsis decaryi
incluse in CITES. Le 21 specie sono (Dypsis decaryi), sono ormai ampiamente
di grande interesse per l’industria disponibili in coltivazione.
florovivaistica, e quattro specie sono Sono anche incluse in CITES le specie
diffusamente coltivate nei giardini appartenenti a tre generi di felci arboree:
europei. Una specie, Cyclamen persicum, Dicksonia, Cyathea e Cibotium.
è normalmente disponibile presso i fiorai Diverse specie di alberi sono in commercio
e i centri di giardinaggio europei: si tratta per la produzione di legname o per altri
di una specie così largamente coltivata e usi, come quello medicinale, e un certo
commercializzata, che le piante propagate numero di specie sono poste sotto
osservazione dalla CITES. Il commercio di
Aloe dichotoma esemplari e parti è vietato per i legnami
riesce a crescere in in Appendice I come ad esempio Abies
condizioni di aridità guatemalensis, Dalbergia nigra, Fitzroya
estrema nei deserti cupressoides e Podocarpus parlatorei.
della Namibia e della L’Appendice II comprende molte specie
Repubblica del Sud di notevole importanza commerciale
Africa. come il mogano (Swietenia humilis, S.
A causa dell’estrema macrophylla - soltanto le popolazioni
lentezza nella neotropicali - e S. mahagoni), il ramino
crescita è inserita in (Gonystylus sp. pl.), l’afromosia (Pericopsis
Appendice II elata) ed il palissandro (Dalbergia sp. pl.).
di CITES Il commercio di alcuni di questi legnami
(M. Sajeva). è soggetto a precise quote che vengono
stabilite di anno in anno a seconda dello
stato delle popolazioni naturali.
Tra le specie arboree va anche citata
Prunus africana la cui corteccia viene
utilizzata dall’industria farmaceutica.
Per quanto attiene alla componente
botanica, le istituzioni che meglio possono
adempiere alla divulgazione e diffusione
Cycas revoluta è una di quanto stabilito dalla Convenzione
pianta ornamentale CITES sono gli Orti Botanici. Dal 2014,
ormai diffusissima e al termine di una convenzione attivata tra
propagata da molti il Ministero dell’Ambiente e della Tutela
coltivatori. del Territorio e del Mare e Orti botanici
A causa della sua universitari aderenti alla Società Botanica
somiglianza con Italiana, è presente online (http://
specie rare e www.societabotanicaitaliana.it/cites/)
minacciate è inserita una banca dati utile per conoscere le
in Appendice II di piante CITES presenti negli Orti botanici
CITES universitari italiani. La convenzione ha
(M. Sajeva). consentito di censire 4.870 individui più 31
popolazioni corrispondenti a 1.604 taxa.
620 Gli strumenti di tutela
conservazione della biodiversità vegetale, ripresi anche dalla Strategia nazionale per
la biodiversità, rappresentano un punto di riferimento per la conservazione della
flora italiana. Per ottenere risultati soddisfacenti è necessario conoscere lo stato
di conservazione delle popolazioni vegetali e ciò si ottiene partendo dalla biologia
della conservazione, dalla tassonomia e dalla distribuzione delle popolazioni, delle
comunità e dei paesaggi. La conoscenza della distribuzione territoriale si ricava
dalle cartografie tematiche di sintesi e di dettaglio relative alla copertura del suolo,
alla vegetazione potenziale, alle serie di vegetazione, alle ecoregioni e alle cartografie
floristiche, che riportando l’esatta posizione delle singole specie ne ricostruiscono
la distribuzione. Solo integrando queste conoscenze di base con valutazioni relative
agli ecosistemi e agli habitat che ospitano le singole popolazioni si hanno elementi
utili per pianificare le azioni di recupero e di ripristino ambientale necessarie per
migliorare lo stato di vulnerabilità di una specie o di un habitat.
Percentuale di
copertura ed uso
del suolo in Italia
(superficie totale
31.059.343 ha)
(Dati CORINE 2006).
623 Gli strumenti di tutela
In leggero anticipo rispetto alla Convenzione Italiana, uno specifico Manuale italiano
sulla Biodiversità (Rio de Janeiro, 1992) d’interpretazione degli habitat rilevabili
che ha introdotto l’approccio ecosistemico nel nostro territorio quale strumento utile
come riferimento per la gestione delle sia per fini conoscitivi che applicativi. La
risorse naturali, l’Unione Europea ha corretta e omogenea interpretazione degli
proposto con la Direttiva 92/43/CEE habitat è, infatti, fondamentale per la
(meglio nota come Direttiva Habitat) definizione dei siti della Rete Natura 2000,
un modello di conservazione, diretta e la pianificazione delle azioni di gestione
indiretta, delle specie animali e vegetali da promuovere per conservare in modo
mediante la conservazione degli habitat. soddisfacente gli habitat, la redazione delle
Per la prima volta in un atto normativo valutazioni di incidenza e la formulazione
vincolante per gli Stati membri dell’UE dei programmi di monitoraggio previsti
viene chiaramente espresso il legame tra dalla Direttiva.
specie e comunità e, altra importante Il manuale è quindi uno strumento
novità, la fitosociologia viene assunta nella tecnico-scientifico di riferimento in ambito
maggior parte dei casi come riferimento italiano; ma è anche utile nei rapporti
per la definizione ed il riconoscimento con gli organismi tecnico-amministrativi
degli habitat. Vengono, inoltre, considerati dell’UE e per sviluppare confronti con gli
importanti anche gli ambienti semi- altri Stati membri. Esso raccoglie, infatti,
naturali, cioè viene tutelata la biodiversità un’interpretazione condivisa dai maggiori
indotta dall’opera millenaria dell’uomo, esperti nazionali dei singoli habitat,
agricoltore ed allevatore. Si riconosce, tenendo conto anche di quanto già
così, ad alcuni aspetti del paesaggio realizzato autonomamente dalle singole
modellato dall’uomo un particolare Regioni; ed è di fondamentale utilità per
valore di biodiversità e se ne propone la valutare lo stato di conservazione degli
conservazione attiva. Molti habitat, al pari habitat e definire le azioni di gestione
del paesaggio, sono considerati, infatti, necessarie per il mantenimento o il
il risultato dell’evoluzione naturale, raggiungimento dello stato soddisfacente,
culturale, sociale ed economica di un così come definito nella Direttiva stessa.
territorio. La Direttiva anticipa quindi i La sua redazione è stata possibile grazie
principi della Convenzione europea sul al lavoro di un nutrito team di esperti e
Paesaggio del 2000. ricercatori, supportati da un rilevante
Purtroppo, la diagnosi degli habitat numero di soci della Società Botanica
riportata nel Manuale europeo di Italiana e della Società Italiana di Scienza
interpretazione degli habitat di interesse della Vegetazione (ex Società Italiana di
comunitario, nonostante i tanti Fitosociologia). Per gli habitat marini
aggiornamenti avvenuti nel tempo, si è avuto un valido supporto nella
non consente in molti casi un chiaro Società Italiana di Biologia Marina. Per
riferimento a biotopi e comunità vegetali ogni habitat uno o più esperti hanno
presenti in Italia, se non per caratteri stilato la relativa scheda e tutte sono
fisionomici ed ecologici a volte piuttosto state sottoposte a verifica e validazione
generici. Per tale ragione, nel corso degli mediante l’attivazione di uno specifico
anni, diverse Regioni italiane hanno sito web. A questa importante fase hanno
redatto testi e manuali sugli habitat partecipato circa 130 botanici con oltre
di interesse comunitario identificati 800 segnalazioni, commenti e integrazioni.
nel proprio territorio, mostrando però, Tale fase ha reso il prodotto largamente
in diversi casi, una certa eterogeneità condiviso dalla comunità scientifica.
di interpretazione. Si è reso, quindi, In particolare, è stata realizzata una
indispensabile il raggiungimento di una dettagliata ricognizione delle ricerche
visione unitaria a livello nazionale, sia floristiche e vegetazionali, dei testi già
nella individuazione che nella valutazione realizzati a livello regionale e dei volumi
degli habitat di interesse comunitario. della collana Quaderni Habitat, promossa
Nel 2009, il Ministero dell’ambiente ha dal Ministero dell’Ambiente e dal Museo
ritenuto quindi opportuno realizzare, in di Storia Naturale di Trento. Molto utili
collaborazione con la Società Botanica sono stati anche gli studi presentati in
631 Gli strumenti di tutela
occasione dei Congressi delle società cui 2 prioritari), che includono alcune
scientifiche coinvolte. formazioni arbustive sempreverdi di
Il manuale ha accertato la presenza in Italia ambiente costiero, ma anche interno in
di 131 habitat di interesse comunitario, territori con clima mediterraneo;
rispetto ai 230 inclusi nella Direttiva. In - 15 habitat prativi naturali e semi-naturali
sintesi, riferendosi per facilità alle nove (di cui 5 prioritari), segnalati soprattutto
macro-tipologie di habitat definite dalla nelle fasce montana e subalpina delle
Direttiva 92/43/CEE, per l’Italia sono regioni alpine ed appenniniche, dove la
stati riconosciuti e descritti: pratica del pascolo e/o dello sfalcio non
- 16 habitat marino-costieri (di cui 4 consentono la naturale evoluzione della
prioritari), cioè habitat propriamente vegetazione verso le comunità legnose;
marini o che hanno un legame molto - 8 habitat di torbiera e palude (di cui 4
stretto con le acque marine; prioritari), comunità vegetali presenti,
- 11 habitat dunali (di cui 3 prioritari), anch’esse, soprattutto nelle regioni
habitat delle dune costiere attuali alpine e appenniniche, laddove si hanno
caratterizzati da una vegetazione condizioni di clima temperato e buona
strettamente psammofila, ad eccezione disponibilità d’acqua nel suolo;
di un habitat che si sviluppa ugualmente - 11 habitat rocciosi (di cui solo 1
su depositi sabbiosi ma di origine prioritario), che, escludendo l’habitat
antica e non costieri, rappresentato 8330 “Grotte marine sommerse o
dalle “Praterie aperte a Corynephorus e semisommerse” ed alcune falesie
Agrostis su dune interne”, presenti in costiere, include habitat presenti
Lombardia e Piemonte; soprattutto nelle zone montuose, dove
- 15 habitat di acque dolci (di cui solo 1 i settori rupicoli e i ghiaioni sono più
prioritario), distinti in habitat di acque frequenti ed estesi.
ferme (o lentiche, cioè laghi, stagni - 39 habitat forestali (di cui 12 prioritari),
e aree palustri) e di acque correnti (o comunità forestali sia caducifoglie che
lotiche, cioè fiumi e torrenti); sempreverdi, di ambienti planiziali,
- 5 habitat arbustivi temperati (di cui solo collinari e montani.
1 prioritario), diffusi nelle regioni alpine Per ogni habitat riconosciuto per l’Italia è
e peninsulari, in particolare nei settori stata compilata una scheda appositamente
montuosi. Rientrano in questa tipologia predisposta, comprensiva di diversi campi,
alcune comunità oromediterranee, il principale dei quali è la Frase diagnostica
tipiche delle montagne delle grandi isole dell’habitat, che illustra le caratteristiche
o dei rilievi costieri; che l’habitat stesso assume nel nostro
- 11 habitat arbustivi mediterranei (di Paese e ne evidenzia eventuali sottotipi
Prateria dell'habitat di
interesse comunitario
6210(*) nel Parco
Nazionale del Cilento,
Vallo di Diano e
Alburni
(R. Copiz).
633 Gli strumenti di tutela
Aree protette e tutela della flora. Come si è evidenziato nella parte introduttiva,
le aree protette in Italia svolgono un ruolo assolutamente importante per tutelare
la biodiversità e quindi conservare il capitale naturale, inteso come l’insieme degli
elementi della natura e dei loro servizi ecosistemici. L’abbandono delle attività
agricole, l’aumento delle copertura forestale, l’aumento dell’agricoltura estensiva
di pianura e la crescita dei sistemi urbani favoriscono la scomparsa di un elevato
numero di specie vegetali e animali. Secondo la IUCN (Unione Internazionale per la
Conservazione della Natura) sono tantissime le specie vegetali vulnerabili inserite
nelle liste rosse (si parla di oltre il 5% della flora mondiale) e tra queste moltissime
rischiano l’estinzione. In Italia fu la Società Botanica Italiana, in collaborazione
con il WWF, a mettere in evidenza questa problematica. Negli ultimi anni la
stretta collaborazione tra MATTM e SBI ha permesso di valutare con i criteri delle
Liste Rosse fissati dalla IUCN il grado di minaccia di oltre 2500 specie della flora
vascolare; a ciò si aggiunge la valutazione dello stato di conservazione effettuato
per 113 specie di flora e per 132 habitat di interesse comunitario nell’ambito del
già descritto III Rapporto Nazionale della Direttiva Habitat (2007-2012).
L’importanza e la significatività dei Parchi nazionali emerge anche dal fatto che,
sebbene ricoprano soltanto circa il 5% del territorio nazionale, interessano in
realtà percentuali significative delle ecoregioni d’Italia, evidenziando in tal modo
un’elevata rappresentatività dell’eterogeneità ambientale italiana. Per quanto
riguarda le Important Plant Areas il sistema dei Parchi nazionali contribuisce per
il 21% alla loro protezione e in 19 Parchi su 24 più del 50% del territorio è stato
individuato come IPA.
Le Aree Importanti per le Piante sono un riferimento molto significativo per valutare
anche lo stato di conservazione ambientale di un Paese. Per questa ragione in
collaborazione con il Ministero dell’Ambiente si è realizzata una cartografia
che ha dato risultati veramente interessanti. Non solo sono state individuate
aree importanti nei settori più naturali del nostro territorio, ma anche aree che
ospitano specie endemiche o comunque ritenute importanti da un punto di vista
conservazionistico in ambiti fortemente coltivati, come la Pianura Padana, o in
ambiti molto antropizzati, come lungo la fascia costiera.
L’applicazione del modello rete ecologica rappresenta uno strumento con elevate
potenzialità per conservare la flora e migliorare, in fase di pianificazione il livello
di connettività ecologica, che è essenziale per tutelare e valutare la biodiversità
e la naturalità di un territorio. Si tratta di un approccio legato alla biologia della
conservazione e dedicato prevalentemente a valutare l’idoneità di un territorio per
una determinata specie. L’applicazione di questo modello a scala territoriale ha
634 Gli strumenti di tutela
portato a definire un nuovo modello di rete dedicato non ad una sola specie, ma
all’insieme delle caratteristiche territoriali denominato Rete Ecologica Territoriale
e fortemente integrato con la pianificazione urbanistica di area vasta o di singolo
Comune.
2 3
1.
Corno Grande.
Gran Sasso d’Italia
(AQ)
(A. Tilia).
2.
Piscina della Verdesca,
Parco Nazionale
del Circeo (LT)
(R. Frondoni).
3.
Boschi misti
submontani dei
Monti Simbruini,
Camerata Nuova (RM)
(L. Rosati).
4.
Duna nel
Parco Nazionale
del Circeo (LT)
(R. Frondoni).
635 Gli strumenti di tutela
Molte specie vegetali sono minacciate di vegetali, rappresentano il metodo più usato a
estinzione sulla Terra. Secondo la IUCN, livello mondiale per la valutazione del rischio
organizzazione mondiale che si occupa di estinzione. Inoltre possono essere applicati
delle specie animali e vegetali in pericolo di sia a livello regionale che nazionale.
estinzione, delle circa 20.000 specie di piante A livello nazionale ad inizio anni novanta fu
considerate nelle Liste Rosse mondiali (il 6% pubblicato il Libro Rosso della Flora Vascolare
di tutte le specie vegetali che si stima abitino Italiana a cura della Società Botanica Italiana
sulla Terra), oltre il 50% sono a rischio di (SBI) in collaborazione con il WWF grazie anche
scomparsa. La Lista Rossa IUCN è il più al contributo del Ministero dell’Ambiente. In
completo inventario di specie a rischio di questo volume venivano segnalate e valutate
estinzione a livello globale. La prima idea di 458 specie. Successivamente nel 1997
stilare una lista delle specie minacciate risale vennero pubblicate le Liste Rosse Regionali
al 1933 e viene attribuita ad uno dei pionieri delle Piante d’Italia, in cui si approfondì lo
del movimento conservazionista americano, stato di conservazione di oltre 3.000 specie a
John C. Phillips. La prima vera Lista Rossa di livello regionale. Da allora poco è stato fatto
mammiferi e uccelli redatta dalla IUCN risale e le informazioni sullo stato di conservazione
al 1964. A partire dal 1994 le valutazioni delle piante vascolari in Italia sono state
del rischio di scomparsa sono basate su un disperse in una serie di pubblicazioni e
sistema di categorie e criteri quantitativi e report, che hanno impedito di avere una
scientificamente rigorosi. Queste categorie visione completa a scala nazionale.
e criteri, applicabili sia a specie animali che A partire dal 2005, la SBI ha dato una
nuova spinta alla redazione di liste rosse,
grazie anche ad una fattiva collaborazione
con la IUCN, permettendo l’acquisizione
di nuove informazioni e di un notevole
bagaglio di esperienza, soprattutto sul
piano metodologico. Nel 2011 il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare (MATTM), nell’ambito di una
convenzione con Federparchi, ha promosso la
redazione di una serie di Liste Rosse Nazionali
Marsilea quadrifolia, riguardanti sia animali (vertebrati, coleotteri
categoria di minaccia saproxilici, libellule e coralli) che vegetali,
EN, Endangered realizzate attraverso l’applicazione della più
(T. Abeli). recente metodologia IUCN, coinvolgendo
ricercatori ed esperti di specifiche discipline
(Comitato Italiano IUCN, ISPRA, Società
scientifiche, LIPU). Per le piante vascolari
e non vascolari (briofite e licheni), il lavoro
iniziato nel 2011 dalla Società Botanica
Italiana è proseguito per circa un quinquennio
e ha portato alla valutazione dello stato di
conservazione di oltre 2.000 entità, secondo le
più recenti linee guida pubblicate dalla IUCN.
Tra le specie valutate ci sono 86 briofite, 54
licheni e 14 specie di funghi, ma soprattutto
oltre 2.000 specie di piante vascolari tra cui
tutti gli endemismi del territorio italiano. I
risultati emersi da questo lavoro non sono
particolarmente incoraggianti. Trenta specie
non sono più state ritrovate sul territorio
nazionale, e quindi sono probabilmente
estinte. Di queste sono sicuramente estinti
Linaria tonzigii, almeno 3 endemismi siciliani (Herniaria
categoria di minaccia fontanesii subsp. empedocleana, Limonium
NT, Near Threatened catanense e Suaeda kocheri), mentre un
(S. Orsenigo).
636 Gli strumenti di tutela
Cypripedium calceolus,
categoria di minaccia
LC, Least concern
(T. Abeli).
637 Gli strumenti di tutela
A livello nazionale, il 17% della superficie IPAs anche nella pianura più fertile e
totale delle IPAs risulta essere esterna a maggiormente di interesse agricolo d’Italia
qualsiasi vincolo o sistema di protezione (es. “Valli del Mincio e Bosco Fontana”
della natura (aree protette o siti della Rete in Lombardia e “Fiume Po fra Piacenza e
Natura 2000). La presenza di IPAs esterne Cremona” in Emilia Romagna).
alla rete delle aree protette evidenzia il Assicurare una migliore connettività degli
valore della naturalità diffusa sul territorio habitat naturali ed adottare un approccio
italiano, dove le IPAs rappresentano a scala di paesaggio, offre alle specie e agli
importanti serbatoi di biodiversità utili habitat vulnerabili ai cambiamenti climatici
per la definizione delle reti ecologiche. maggiori possibilità di adattamento e
Da segnalare in particolare la presenza contrasta gli effetti dell’isolamento dovuto
di IPAs anche in diverse porzioni del alla frammentazione.
territorio della Val Padana, proprio là ove Le IPAs individuate forniscono un
era quasi impensabile che si trovassero contributo per la pianificazione territoriale
aree con elementi floristici di interesse e per la corretta gestione del territorio: i
europeo. La presenza invece di alcune risultati ottenuti possono essere utilizzati
specie di interesse quali, ad esempio la per pianificare il territorio tenendo conto
Trapa natans o le felci Marsilea quadrifolia della conservazione della diversità vegetale
e Salvinia natans, insieme a dei lembi (ad es. redazione di piani paesaggistici,
residui di habitat di ambiente fluviale, gestione e zonizzazione delle aree protette),
compresi i boschi ripariali e planiziali, sia all’interno che all’esterno della rete
hanno concorso a definire alcune nazionale delle aree protette.
sPecIe selezIonate Per Il Parco nazIonale del cIrceo rarItà lr reg lr naz e
Callitriche brutia RR CR
Centaurea cineraria subsp. circae RR LR LR E
Cornucopiae cucullatum RR LR LR
Crocus longiflorus RR VU
Eleocharis uniglumis subsp. uniglumis RR CR
Leontodon intermedius RR
Limonium pandatariae RR LR LR E
Malcolmia littorea RR VU EN
Oenanthe aquatica RR LR
Ophioglossum vulgatum RR VU
Pimpinella anisoides RR VU E
Salicornia dolichostachya RR
Triglochin laxiflorum RR VU
Zostera noltii RR
rarItà: RR rarissima.
lIsta rossa regIonale (lr reg): CR seriamente minacciata, LR basso rischio, VU vulnerabile.
lIsta rossa nazIonale (lr naz): EN minacciata, LR basso rischio.
e: Endemita.
642 Gli strumenti di tutela
Naturaitalia è il portale tematico del Enti che ne fanno parte, tramite l’utilizzo
Ministero dell’Ambiente e della Tutela di standard di metadatazione, geo-
del Territorio e del Mare, realizzato per referenziazione e crono-referenziazione.
divulgare ed approfondire le tematiche I soggetti in possesso di archivi di dati su
legate alla conservazione della biodiversità componenti della biodiversità, aderendo
nazionale. Nella sezione Vivi le aree al Network, tramite la sottoscrizione di
naturali è riportata la storia, la geografia, un Protocollo di Intesa con il Ministero,
la flora, la fauna e la normativa di ogni rendono interoperabili i propri database,
Area Protetta, con indicazioni pratiche per senza che avvenga il trasferimento fisico
raggiungerla e una ricca galleria di foto, dei dati stessi e senza rinunciare alla
video e pubblicazioni. detenzione dei diritti legali. Il Ministero,
Nella sezione Scopri la biodiversità viene con il supporto tecnico-scientifico di
illustrata la biodiversità italiana e perché ISPRA, è impegnato nel rendere questo
è importante conservarla, ma anche cosa strumento sempre più fruibile ed
può fare ognuno di noi per contribuire alla efficiente, affinché sempre più soggetti
tutela di questo straordinario patrimonio aderiscano e diventi così sempre più
naturale. utilizzato da parte del mondo della ricerca,
Una sezione del Portale Naturaitalia delle amministrazioni, delle Aree Protette
è dedicata al Network Nazionale della dei comuni cittadini interessati ai dati
Biodiversità (NNB), un’infrastruttura sulla biodiversità.
informatica realizzata a partire dal 2013 Lo sviluppo del NNB nei prossimi anni
dalla Direzione Generale Protezione potrà orientarsi verso la realizzazione di
Natura e del Mare come strumento di un unico portale per ricerche scientifiche,
supporto per l’attuazione della Strategia comuni e semantiche, verso una sempre
Nazionale per la Biodiversità. migliore integrazione e standardizzazione
Il NNB risponde alle indicazioni inter- dei dati, verso lo sviluppo di strumenti
nazionali e nazionali inerenti la gestione di analisi dati e reportistica, verso
degli Open data, a partire dai principi l’implementazione di un efficiente
della Comunicazione SEIS COM (Shared geodatabase e di strumenti per la
Environmental Information System 2008) collezione di dati tramite meccanismi di
e dalla Direttiva INSPIRE, che prevede citizen science. Tali prospettive di sviluppo
di rendere omogenee e condivisibili, consentiranno al Network di stare al
all’interno dell’Unione europea, le infor- passo con una società sempre più digitale
mazioni georeferenziate di carattere e indirizzata verso l’apertura dei database
ambientale, affinché queste siano di territoriali e una crescente interoperabilità
supporto alle politiche ambientali. tra le banche dati esistenti, e quindi verso
Obiettivo del Network è quello di la massimizzazione dell’efficienza nell’uso
condividere e rendere accessibili a tutti i del dato. (www.naturaitalia.it)
dati sulla biodiversità di proprietà degli
643 Gli strumenti di tutela
NOI Cl IMPEGNIAMO A
- Creare un momento di confronto permanente con la comunità scientifica, la
società civile il mondo produttivo ed economico le Istituzioni in cui periodicamente
sono discussi ed eventualmente ridefiniti gli obiettivi e le strategie per l’educazione
ambientale e allo sviluppo sostenibile monitorandone lo stato d’attuazione.
- Attuare nell’ambito della programmazione 2014-2020 del PON Scuola nonché
nella Strategia Nazionale sullo Sviluppo Sostenibile in attuazione dell’Agenda 2030
strategie e progetti che realizzino efficacemente gli obiettivi, le metodologie e le azioni
individuate nei tavoli tematici della Conferenza Nazionale sull’Educazione Ambientale.
- Creare una piattaforma che possa favorire lo scambio e la condivisione di esperienze, al
fine di consentire la replicabilità e dare risonanza a esempi e buone pratiche educative
al fine di rilanciare un sistema nazionale per l’educazione alla sostenibilità. (http://
www.minambiente.it/sites/default/files/BANNER/carta_integrale.pdf)
648 Appendici
BIBLIOGRAFIA Voll. 1-10. Masi, Bologna. Biondi E., Blasi C., 2004. Successione naturale ed
La bibliografia è coerente con l’articolazione del Biondi E., 1994. The phytosociological approach to eterogeneità vegetazionale: 266-267. In: Blasi C. et
Volume. Agli elenchi generali, a cura degli Autori, landscape study. Ann. Bot. (Roma), 52: 135-141. al. (a cura di). Incendi e Complessità Ecosistemica.
segue la bibliografia dei contributi tematici. Dalla pianificazione forestale al recupero ambientale.
Biondi E., 1996. Il ruolo della fitosociologia Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio, Società
nell’ecologia del paesaggio: 51-63. In: Ingegnoli V., Botanica Italiana, Palombi Editori, Roma.
PARTE PRIMA Pignatti S. (Eds.). L’ecologia del paesaggio in Italia.
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Palombi Editori, Roma.
Ministero dell’Ambiente, TIPAR Poligrafica Editrice,
678 Appendici
Alyssum argenteum All. Alisso argenteo Anthemis cretica L. s.l. Camomilla montana
Alyssum diffusum Ten. subsp. calabricum Španiel , Anthemis cretica L. subsp. calabrica (Arcang.) R. Fern. Camomilla montana
Marhold , N.G.Passal. & Lihová Anthemis cupaniana Tod. ex Nyman Camomilla di Cupani
Alyssum montanum L. s.l. Alisso montanino Anthemis gussonei Nicotra
Alyssum nebrodense Tineo Alisso dei Nebrodi Anthemis hydruntina H. Groves Camomilla d'Otranto
Alyssum rupestre Ten. Anthemis hydruntina subsp. silensis (Fiori) Brullo,
Amaranthus blitoides S. Watson Amaranto a foglie Gangale & Uzunov
marginate Anthemis maritima L. Camomilla marina
Amaranthus deflexus L. Amaranto prostrato Anthemis messanensis Brullo
Amaranthus retroflexus L. Amaranto comune Anthemis montana L. Camomilla montana della
Ambrosia artemisiifolia L. Ambrosia con foglie di Calabria
Artemisia Anthemis muricata (DC.) Guss. Camomilla ruvida
Ambrosia coronopifolia Torr. & A. Gray Ambrosia con foglie di Anthemis pulvinata Brullo, Scelsi & Spamp. Camomilla montana
lappolina Anthemis secundiramea Biv. Camomilla costiera
Ambrosina bassii L. Ambrosina di Bassi Anthemis secundiramea var. cossyrensis Guss. Camomilla costiera
Amelanchier ovalis Medik. s.l. Pero corvino Anthericum liliago L. Lilioasfodelo maggiore
Ammoides pusilla (Brot.) Breistr. Prezzemolo bastardo Anthericum ramosum L. Lilioasfodelo minore
Ammophila arenaria (L.) Link Sparto della sabbia Anthoxanthum odoratum L. s.l. Paleo odoroso
Ammophila arenaria (L.) Link subsp. arundinacea Sparto pungente Anthyllis alpestris (Schult.) Kit.
H.Lindb. Anthyllis barba-jovis L. Vulneraria barba di Giove
Ammophila arenaria (L.) Link subsp. australis (Mabille) Sparto pungente Anthyllis hermanniae L. Vulneraria spinosa
Laínz Anthyllis montana L. s.l. Vulneraria montana
Ammophila littoralis (Beauv.) Rothm. Sparto pungente Anthyllis montana L. subsp. atropurpurea (Vuk.) Vulneraria montana rosso-
Amorpha fruticosa L. Falso indaco Pignatti scura
Ampelodesmos mauritanicus (Poir.) T. Durand & Tagliamani Anthyllis vulneraria L. s.l. Vulneraria a fiori rossi
Schinz Anthyllis vulneraria L. subsp. busambarensis (Lojac.) Vulneraria alpestre
Anacamptis × gennarii (Rchb.f.) H.Kretzschmar, Pignatti
Eccarius & H.Dietr. Anthyllis vulneraria L. subsp. maura (Beck) Maire Vulneraria della Mauretania
Anacamptis laxiflora (Lam.) R.M. Bateman, Pridgeon Orchide acquatica a fiori Anthyllis vulneraria L. var. rubriflora DC. Vulneraria della Rocca
& M.W. Chase distanziati Busambra
Anacamptis longicornu (Poir.) R.M.Bateman, Pridgeon Antinoria insularis Parl. Nebbia di Antinori
& M.W.Chase Antirrhinum majus L. Bocca di leone
Anacamptis morio (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & Antirrhinum siculum Mill. Bocca di leone siciliana
M.W.Chase Aphyllanthes monspeliensis L. Ventaglina di Montpellier
Anacamptis papilionacea (L.) R.M.Bateman, Pridgeon Orchide a farfalla Apium crassipes (W.D.J. Koch ex Rchb.) Rchb. f. Sedano dal fusto grosso
& M.W.Chase Apium inundatum (L.) Rchb. f. Sedano sommerso
Anacamptis pyramidalis (L.) Rich. Orchide piramidale Apium nodiflorum (L.) Lag. Sedano d'acqua
Anacyclus clavatus (Desf.) Pers. Camomilla tomentosa Aposeris foetida (L.) Less. Lattuga fetida
Anagallis caerulea L. Aquilegia alpina L.
Anagallis phoenicea Scop. Aquilegia barbaricina Arrigoni & E. Nardi Aquilegia di Sardegna
Anagallis tenella (L.) L. Centonchio palustre Aquilegia bertolonii Schott Aquilegia di Bertoloni
Anagyris foetida L. Legno-puzzo Aquilegia einseleana F.W.Schultz Aquilegia di Einsele
Anchusa capellii Moris Buglossa di Capelli Aquilegia magellensis F. Conti & Soldano Aquilegia della Majella
Anchusa crispa Viv. subsp. crispa Buglossa sarda Aquilegia nugorensis Arrigoni & E. Nardi Aquilegia del nuorese
Anchusa hybrida Ten. Buglossa ibrida Aquilegia nuragica Arrigoni & E. Nardi Aquilegia nuragica
Anchusa sardoa (Illario) Selvi & Bigazzi Buglossa sarda Arabis alpina L. s.l. Arabetta caucasica
Anchusa undulata L. subsp. hybrida (Ten.) Bég. Buglossa ibrida Arabis alpina L. subsp. caucasica (Willd.) Briq. Arabetta alpina
Anchusella cretica (Mill.) Bigazzi, E. Nardi & Selvi Buglossa cretese Arabis caerulea All. Arabetta celeste
Andrachne telephioides L. Andracne greca Arabis collina Ten. s.l. Arabetta rosea
Andreaea nivalis Hook. Arabis madonia C. Presl Arabetta delle Madonie
Andreaea rupestris Hedw. Arabis rosea DC. Arabetta collinare
Andromeda polifolia L. Rosmarino di palude Arabis thaliana L. Arabetta comune
Andropogon distachyos L. Barboncino a due spighe Arabis turrita L. Arabetta maggiore
Androsace alpina (L.) Lam. Androsace alpina Araujia sericifera Brot. Pianta della seta
Androsace brevis (Hegetschw.) Ces. Androsace orobia Arbutus unedo L. Corbezzolo
Androsace helvetica (L.) All. Androsace svizzera Arctium lappa L. Bardana maggiore
Androsace mathildae Levier Androsace di Matilde Arctium minus (Hill) Bernh. Bardana
Androsace maxima L. Androsace maggiore Arctium nemorosum Lej. Bardana selvatica
Androsace pubescens DC. Androsace pubescente Arctostaphylos alpinus (L.) Spreng. Corbezzolo alpino
Androsace vandellii (Turra) Chiov. Androsace di Vandelli Arctostaphylos uva-ursi (L.) Spreng. Uva ursina
Androsace villosa L. subsp. villosa Androsace pelosa Aremonia agrimonoides (L.) DC. Agrimonia delle faggete
Androsace vitaliana (L.) Lapeyr. subsp. praetutiana Androsace del Piceno Arenaria balearica L. Arenaria delle isole Baleari
(Sünd.) Kress Arenaria bertolonii Fiori Arenaria di Bertoloni
Andryala integrifolia L. Arenaria biflora L. Arenaria biflora
Andryala rothia Pers. subsp. cossyrensis (Guss.) Maire Lanutella dentata Arenaria grandiflora L. Arenaria a fiori grandi
Anemonastrum narcissiflorum (L.) Holub subsp. Anemone narcissino Arenaria huteri A. Kern. Arenaria di Huter
narcissiflorum Argyrolobium zanonii (Turra) P.W. Ball Citiso argenteo
Anemone apennina L. subsp. apennina Anemone dell'Appennino Arisarum proboscideum (L.) Savi Arisaro codato
Anemone hortensis L. Anemone fior di stella Arisarum vulgare Targ. Tozz. Arisaro comune
Anemone narcissiflora L. Anemone narcissino Aristida adscensionis L. subsp. coerulescens (Desf.) Aristida azzurrina
Anemone trifolia L. s.l. Auquier & J. Duvign.
Anemonoides baldensis (L.) Galasso, Banfi & Soldano Anemone del monte Baldo Aristida coerulescens Desf. Aristida azzurrina
Anemonoides nemorosa (L.) Holub Anemone bianca . Aristolochia altissima Desf.
Anemonoides ranunculoides (L.) Holub Anemone gialla Aristolochia clusii Lojac. Aristolochia di Clusius
Anemonoides trifolia (L.) Holub subsp. brevidentata Anemone trifogliata a denti Aristolochia lutea Desf. Aristolochia gialla
(Ubaldi & Puppi) Galasso, Banfi & Soldano brevi Aristolochia rotunda L. s.l. Aristolochia rotonda
Angelica sylvestris L. s.l. Angelica selvatica Aristolochia sicula Tineo Aristolochia siciliana
Anogramma leptophylla (L.) Link Felcetta annuale Aristolochia tyrrhena E. Nardi & Arrigoni Aristolochia del Tirreno
Antennaria carpatica (Wahlenb.) Bluff & Fingerh. Sempiterni del calcare Armeria aspromontana Brullo, Scelsi & Spamp. Spillone dell'Aspromonte
Antennaria dioica (L.) Gaertn. Sempiterni di montagna Armeria brutia Brullo, Gangale & Uzunov Spillone calabrese
Anthemis aetnensis Schouw Camomilla dell'Etna Armeria denticulata (Bertol.) DC. Spillone del serpentino
Anthemis arvensis L. s.l. Camomilla falsa Armeria gussonei Boiss. Spillone di Gussone
680 Appendici
Armeria helodes F. Martini & Poldini Spillone palustre Asplenium obovatum Viv. subsp. billotii (F.W.Schultz) Asplenio obovato di Billot
Armeria majellensis Boiss. s.l. Spillone della Majella O.Bolòs, Vigo, Masalles & Ninot
Armeria marginata (Levier) Bianchini Spillone traslucido Asplenium onopteris L. Asplenio maggiore
Armeria morisii Boiss. Spillone di Moris Asplenium ruta-muraria L. s.l. Asplenio ruta di muro
Armeria nebrodensis (Guss.) Boiss. Spillone dei Nebrodi Asplenium sagittatum (DC.) Bange Scolopendria emionitide
Armeria pungens (Link) Hoffmanns. & Link Spillone delle spiagge Asplenium scolopendrium L. Scolopendria comune
Armeria sardoa Spreng. s.l. Spillone di Sardegna Asplenium septentrionale (L.) Hoffm. subsp. Asplenio settentrionale
Armeria sardoa Spreng. subsp. genargentea Arrigoni Spillone del Gennargentu septentrionale
Armeria sulcitana Arrigoni Spillone del Sulcis Asplenium trichomanes L. s.l. Falso capelvenere
Arnica montana L. Arnica Arnica montana Asplenium trichomanes L. subsp. pachyrachis (Christ) Falso capelvenere
Arrhenatherum elatius (L.) P. Beauv. ex J. & C. Presl Avena altissima Lovis & Reichst.
s.l. Asplenium viride Huds. Asplenio verde
Arrhenatherum nebrodense Brullo, Miniss. & Spamp. Aster alpinus L. Astro alpino
Artemisia alba Turra Assenzio maschio Aster alpinus L. subsp. alpinus Astro alpino
Artemisia arborescens (Vaill.) L. Assenzio arbustivo Aster amellus L. Astro di Virgilio
Artemisia caerulescens L. subsp. caerulescens Assenzio litorale Aster bellidiastrum (L.) Scop. Astro falsa pratolina
Artemisia campestris L. subsp. variabilis (Ten.) Greuter Assenzio napoletano Aster tripolium L. Astro marino
Artemisia coerulescens L. Assenzio azzurrino Astracantha sicula (Raf.) Greuter Astragalo siciliano
Artemisia eriantha Ten. Assenzio genepì bianco Astragalus alpinus L. Astragalo alpino
Artemisia gallica Willd. subsp. densiflora (Viv.) Assenzio francese a fiori Astragalus centralpinus Br.-Bl. Astragalo austriaco
Gamisans addensati Astragalus frigidus (L.) A. Gray Astragalo bianco
Artemisia genipi Weber Assenzio genepì a spiga Astragalus genargenteus Moris Astragalo del Gennargentu
Artemisia glacialis L. Assenzio genepì nero Astragalus monspessulanus L. s.l. Astragalo rosato
Artemisia laxa (Lam.) Fritsch Astragalus monspessulanus L. subsp. wulfenii (W.D.J. Astragalo rosato di Wulfen
Artemisia nitida Bertol. Assenzio lucido Koch) Arcang.
Artemisia umbelliformis Lam. subsp. eriantha (Ten.) Assenzio genepì bianco Astragalus nebrodensis (Guss.) Strobl Astragalo dei Nebrodi
Vallès-Xirau & Brañas Astragalus onobrychis L. Astragalo falsa-lupinella
Artemisia variabilis Ten. Assenzio napoletano Astragalus parnassi Boiss. subsp. calabricus (Fisch.) Astragalo di Calabria
Artemisia verlotiorum Lamotte Assenzio dei fratelli Verlot Maassoumi
Artemisia vulgaris L. Assenzio selvatico Astragalus raphaelis Ferro Astragalo di Raphaelis
Arthrocnemum macrostachyum (Moric.) Moris Salicornia glauca Astragalus sempervirens Lam. Astragalo spinoso
Arum apulum (Carano) P.C. Boyce Gigaro pugliese Astragalus sesameus L. Astragalo minore
Arum cylindraceum Gasp. Gigaro meridionale Astragalus siculus Biv. Astragalo siciliano
Arum italicum Mill. Gigaro chiaro Astragalus terraccianoi Vals. Astragalo di Terracciano
Arum lucanum Cavara et Grande Gigaro meridionale Astragalus vesicarius L. subsp. carniolicus (A. Kern.) Astragalo vescicoso della
Arum maculatum L. Gigaro scuro Chater Carniola
Arum pictum L. f. Gigaro sardo-corso Astrantia minor subsp. pauciflora Bert.
Arundo donax L. Canna comune Astrantia pauciflora Bertol. s.l. Astranzia delle Alpi Apuane
Arundo plinii Turra Cannuccia di Plinio Asyneuma limonifolium (L.) Janch. subsp. limonifolium Raponzolo meridionale
Asarum europaeum L. Baccaro comune Asyneuma trichocalycinum (Ten.) K. Malý Campanula delle faggete
Asparagus acutifolius L. Asparago pungente Athamanta cortiana Ferrarini Atamanta di Corti
Asparagus albus L. Asparago bianco Athamanta ramosissima Port. Atamanta ramosissima
Asparagus aphyllus L. Asparago marino Athamanta sicula L. Atamanta siciliana
Asparagus stipularis Forssk. Asparago spinoso Athamanta turbith (L.) Brot. subsp. turbith Atamanta purgativa
Asparagus tenuifolius Lam. Asparago selvatico Athyrium filix-femina (L.) Roth Felce femmina
Asperugo procumbens L. Buglossa dentata Athyrium filix-foemina (L.) Roth Felce femmina
Asperula aristata L. f. s.l. Stellina aristata Atriplex halimus L. Atriplice salato
Asperula arvensis L. Stellina dei campi Atriplex latifolia Wahlenb. Atriplice comune
Asperula calabra (Fiori) Ehrend. & Krendl Stellina calabrese Atriplex portulacoides L. Atriplice portulacoide
Asperula crassifolia L. Stellina di Capri Atriplex prostrata Boucher ex DC. Atriplice comune
Asperula garganica Huter, Porta & Rigo ex Ehrend. & Stellina del Gargano Atriplex tatarica L. Atriplice tatarica
Krendl Atriplex tornabenei Tineo Atriplice di Tornabene
Asperula gussonii Boiss. Stellina di Gussone Atropa belladonna L. Belladonna
Asperula peloritana C.Brullo, Brullo, Giusso & Stellina dei monti Peloritani Atropa bella-donna L. Belladonna
Scuderi Aubrieta columnae Guss. s.l. Aubrezia di Colonna
Asperula pumila Moris Stellina nana Aubrieta columnae Guss. subsp. columnae Aubrezia di Colonna
Asperula purpurea (L.) Ehrend. s.l. Stellina purpurea delle Aubrieta columnae Guss. subsp. italica (Boiss.) Mattf. Aubrezia italiana di
Apuane Colonna
Asperula purpurea (L.) Ehrend. subsp. apuana (Fiori) Stellina purpurea Aubrieta columnae subsp. bulgarica Ancev
Bechi & Garbari Aubrieta columnae subsp. croatica (Schott, Nyman &
Asperula staliana Vis. subsp. diomedea Korica, Lausi Stellina delle isole Tremiti Kotschy) Mattf.
& Ehrend. Aubrieta columnae subsp. pirinica Assenov
Asperula taurina L. subsp. taurina Stellina cruciata Aubrieta deltoidea subsp. sicula (Strobl) Phitos Ambretta siciliana
Asphodeline liburnica (Scop.) Rchb. Asfodelo della Liburnia Aubrieta sicula Strobl
Asphodeline lutea (L.) Rchb. Asfodelo giallo Aurinia leucadea (Guss.) K. Koch Alisso di Leuca
Asphodelus albus auct. Fl. Ital. non Mill. Asfodelo bianco Aurinia saxatilis (L.) Desv. subsp. megalocarpa Alisso sassicolo
Asphodelus fistulosus L. Asfodelo fistoloso (Hausskn.) T.R. Dudley
Asphodelus macrocarpus Parl. Asfodelo montano Avellinia festucoides (Link) Valdés & H.Scholz Avellinia simile alla festuca
Asphodelus macrocarpus Parl. subsp. macrocarpus Asfodelo montano Avellinia michelii (Savi) Parl. Avellinia di Micheli
Asphodelus microcarpus Viv. Asfodelo mediterraneo Avena barbata Pott ex Link Avena barbata
Asphodelus ramosus L. Asfodelo mediterraneo Avena fatua L. Avena selvatica
Asphodelus ramosus L. subsp. ramosus Asfodelo mediterraneo Avena sativa L. s.l. Avena comune
Asphodelus tenuifolius Cav. Asfodelo minore Avena sterilis L. s.l. Avena maggiore
Asplenium adiantum-nigrum L. subsp. adiantum- Adianto nero Avenella flexuosa (L.) Parl. Migliarino capellino
nigrum Avenula cincinnata (Ten.) Holub Avena meridionale
Asplenium cuneifolium Viv. subsp. cuneifolium Asplenio del serpentino Avenula praetutiana (Parl. ex Arcang.) Pignatti Avena abruzzese
Asplenium dolomiticum (Lovis & Reichst.) Á.Löve & Asplenio di Eberle Avenula versicolor (Vill.) M. Laínz Avena screziata
D.Löve Azolla filiculoides Lam. Azolla maggiore
Asplenium fissum Kit. ex Willd. Asplenio diviso Baldellia ranunculoides (L.) Parl. Mestolaccia minore
Asplenium foreziense Legrand ex Magnier Asplenio foresiaco Ballota nigra L. s.l. Marrubio selvatico
Asplenium lepidum C. Presl subsp. lepidum Asplenio grazioso Barbarea sicula C. Presl Erba di S. Barbara siciliana
Barlia robertiana (Loisel.) Greuter Orchidea di Ropert
681 Elenco nomi latini e comuni
Bassia hirsuta (L.) Asch. Granata hirsuta Bromus hordeaceus L. s.l. Forasacco peloso
Bassia saxicola (Guss.) A.J. Scott Granata rupicola Bromus inermis Leyss. Forasacco senza reste
Bellardia trixago (L.) All. Perlina minore Bromus madritensis L. Forasacco di Madrid
Bellardiochloa variegata (Lam.) Kerguélen subsp. Fienarola violacea dell'Etna Bromus ramosus Huds. Forasacco maggiore
aetnensis (C. Presl) Giardina & Raimondo Bromus secalinus L. Forasacco delle messi
Bellevalia dubia (Guss.) Kunth s.l. Giacinto siciliano Bromus sterilis L. Forasacco rosso
Bellidiastrum michelii Cass. Astro falsa pratolina Bryonia marmorata E.Petit Brionia sarda
Bellis perennis L. Pratolina comune Buddleja davidii Franch. Albero delle farfalle
Bellis pusilla (N. Terracc.) Pignatti Pratolina minore Buglossoides calabra (Ten.) I.M. Johnst. Erba perla calabrese
Bellis sylvestris Cirillo Pratolina autunnale Buglossoides purpurocaerulea (L.) I.M. Johnst. Erba perla azzurra
Berardia subacaulis Vill. Berardia quasi acaule Buglossoides splitgerberi (Guss.) Brullo
Berberis aetnensis C. Presl Crespino comune Bunium bulbocastanum L. Bulbocastano comune
Berberis vulgaris L. s.l. Crespino dell'Etna Buphthalmum salicifolium L. subsp. flexile (Bertol.) Asteroide salicina
Berberis vulgaris L. subsp. aetnensis (C. Presl) Rouy Crespino comune Garbari
& Foucaud Bupleurum elatum Guss. Bupleuro delle Madonie
Berberis vulgaris L. subsp. vulgaris Crespino comune Bupleurum fruticosum L. Bupleuro cespuglioso
Berteroa incana (L.) DC. Berteroa comune Bupleurum lancifolium Hornem. Bupleuro a foglie lanceolate
Berteroa obliqua (Sm.) DC. subsp. obliqua Berteroa obliqua Bupleurum ranunculoides L. Bupleuro ranuncoloide
Berula erecta (Huds.) Coville Sedanina d'acqua Butomus umbellatus L. Giunco fiorito
Beta vulgaris L. subsp. maritima (L.) Arcang. Bietola marittima Buxus balearica Lam. Bosso delle Baleari
Betula aetnensis Raf. Betulla dell'Etna Buxus hildebrandtii Baill.
Betula etnensis Raf. Betulla dell'Etna Buxus sempervirens L. Bosso comune
Betula pendula Roth Betulla bianca Cachrys ferulacea (L.) Calest. Basilisco comune
Bidens frondosa L. Forbicina fogliosa Cachrys libanotis L. Basilisco liscio
Bidens tripartita L. s.l. Forbicina comune Cachrys sicula L. Basilisco dentellato
Bifora radians M. Bieb. Bifora raggiata siciliano
Bifora testiculata (L.) Spreng. Coriandolo selvatico Cakile maritima Scop. Ravastrello marittimo
Biscutella apuana Raffaelli Biscutella delle Apuane Cakile maritima Scop. subsp. aegyptiaca (Willd.) Ravastrello marittimo
Biscutella laevigata L. subsp. hispidissima (Posp.) Biscutella montanina Nyman
Raffaelli & Baldoin Cakile maritima Scop. subsp. maritima Ravastrello marittimo
Biscutella lyrata L. Biscutella marittima Calamagrostis arundinacea (L.) Roth Cannella dei boschi
Biscutella maritima Ten. Biscutella marittima Calamagrostis epigejos (L.) Roth Cannella delle paludi
Biscutella pichiana Raffaelli subsp. ilvensis Raffaelli Biscutella dell'Elba Calamagrostis pseudophragmites (Haller f.) Koeler Cannella spondicola
Biscutella pichiana Raffaelli subsp. pichiana Biscutella di Pichi Calamagrostis varia (Schrad.) Host Cannella screziata
Bistorta vivipara (L.) Delarbre Poligono viviparo Calamagrostis villosa (Chaix) J.F. Gmel. Cannella delle abetine
Bituminaria basaltica Miniss., C. Brullo, Brullo, Trifoglio del basalto Calamintha grandiflora (L.) Moench Mentuccia a fiori grandi
Giusso & Sciandr. Calendula arvensis (Vaill.) L. Fiorrancio dei campi
Bituminaria bituminosa (L.) C.H. Stirt. Trifoglio bituminoso Calendula suffruticosa subsp. gussonii Lanza
Bituminaria morisiana (Pignatti & Metlesics) Greuter Trifoglio di Moris Calendula suffruticosa Vahl subsp. fulgida (Raf.) Fiorrancio suffruticoso
Bivonaea lutea (Biv.) DC. Bivonea gialla Guadagno
Blechnum spicant (L.) Roth Lonchite minore Calicotome infesta (C. Presl) Guss. subsp. infesta Sparzio infestante
Blysmus compressus (L.) Panz. ex Link Lisca minore Calicotome rigida (Viv.) Maire & Weiller
Bolboschoenus maritimus (L.) Palla Lisca marittima Calicotome spinosa (L.) Link Sparzio spinoso
Bolboschoenus maritimus var. compactus (Hoffm.) Calicotome villosa (Poir.) Link Sparzio villoso
T.V.Egorova Callitriche brutia Petagna Gamberaia calabrese
Bonannia graeca (L.) Halácsy Bonannia Callitriche palustris L. Gamberaia comune
Borago officinalis L. Borragine Callitriche platycarpa Kütz. Gamberaia a frutti larghi
Borago pygmaea (DC.) Chater & Greuter Borragine di Sardegna Callitriche stagnalis Scop. Gamberaia maggiore
Bothriochloa ischaemum (L.) Keng Barboncino digitato Calluna vulgaris (L.) Hull Brughiera Brugo
Botrychium lunaria (L.) Sw. Botrichio lunaria Caltha palustris L. Calta palustre
Botrychium simplex E. Hitchc. Botrichio minore Calystegia sepium (L.) R. Br. Vilucchio bianco
Brachypodium distachyum (L.) Beauv. Paleo distico Calystegia sepium (L.) R. Br. subsp. sepium Vilucchio bianco
Brachypodium genuense (DC.) Roem. & Schult. Paleo genovese Calystegia soldanella (L.) Roem. & Schult. Soldanella marina
Brachypodium pinnatum (L.) P. Beauv. Paleo comune Campanula alpestris All. Campanula occidentale
Brachypodium ramosum Roem. & Schult. Paleo delle garighe Campanula apennina Podlech Campanula degli Appennini
Brachypodium retusum (Pers.) P. Beauv. Paleo delle garighe Campanula bertolae Colla Campanula di Bertola
Brachypodium rupestre (Host) Roem. & Schult. Paleo rupestre Campanula bononiensis L. Campanula bolognese
Brachypodium sylvaticum (Huds.) P. Beauv. s.l. Paleo silvestre Campanula cenisia L. Campanula del Moncenisio
Brassica bivoniana Mazzola & Raimondo Campanula cervicaria L. Campanula ruvida
Brassica drepanensis (Caruel) Ponzo Cavolo di Bivona Campanula elatines L. Campanula piemontese
Brassica fruticulosa Cirillo subsp. fruticulosa Cavolo arbustivo Campanula elatinoides Moretti Campanula dell'Insubria
Brassica glabrescens Poldini Cavolo friulano Campanula excisa Schleich. Campanula incisa
Brassica gravinae Ten. Cavolo di Gravina Campanula forsythii (Arcang.) Bég. Campanula di Forsith
Brassica incana Ten. Cavolo biancastro Campanula fragilis Cirillo s.l. Campanula gracile
Brassica insularis Moris Cavolo di Sardegna Campanula fragilis Cirillo subsp. cavolinii (Ten.) Campanula napoletana
Brassica montana Pourr. Cavolo delle rupi,Cavolo Damboldt
selvatico Campanula garganica subsp. acarnanica (Damboldt)
Brassica oleracea L. subsp. robertiana (Gay) Rouy et Cavolo delle rupi,Cavolo Dambold
Fouc. selvatico Campanula garganica subsp. cephallenica (Feer)
Brassica raimondoi Sciandr., C. Brullo, Brullo, Giusso, Hayek
Miniss. & Salmeri Campanula garganica Ten. subsp. garganica Campanula del Gargano
Brassica repanda (Willd.) DC. subsp. repanda Cavolo ricurvo Campanula glomerata L. Campanula a mazzetti
Brassica rupestris Raf. s.l. Cavolo rupestre Campanula marcenoi Brullo
Brassica tinei Lojac. Campanula medium L. Campanula toscana
Brassica tournefortii Gouan Cavolo di Tournefort Campanula micrantha Bertol. Campanula degli Appennini
Brassica villosa Biv. subsp. tinei (Lojac.) Raimondo & Cavolo di Tineo Campanula morettiana Rchb. Campanula di Moretti
Mazzola Campanula persicifolia L. s.l. Campanula con foglie di
Briza maxima L. Sonaglini maggiori pesco
Briza media L. Sonaglini comuni Campanula pyramidalis L. Campanula adriatica
Bromus condensatus Hack. s.l. Forasacco condensato Campanula raineri Perp. Campanula dell'arciduca
Bromus diandrus Roth s.l. Forasaccodi Gussone Campanula ramosissima Sibth. & Sm. Campanula ramosissima
Bromus erectus Huds. subsp. erectus Forasacco eretto Campanula rapunculoides L. subsp. rapunculoides Campanula serpeggiante
682 Appendici
Centaurea jacea L. subsp. haynaldii (Borbás ex Hayek) Fiordaliso bratteato di Chamomilla recutita (L.) Rauschert Camomilla
Hayek Haynald Chamorchis alpina (L.) Rich. Gramignola alpina
Centaurea jacea L. subsp. weldeniana (Rchb.) Greuter Fiordaliso di Welden Charybdis glaucophylla Bacch., Brullo, D'Emerico, Scilla dalle foglie glauche
Centaurea japygica (Lacaita) Brullo Fiordaliso salentino Pontec. & Salmeri
Centaurea kartschiana Scop. Fiordaliso del Carso Charybdis maritima (L.) Speta Scilla marittima
Centaurea leucadea Lacaita Fiordaliso di Leuca Charybdis pancration (Steinh.) Speta Scilla marittima
Centaurea magistrorum Arrigoni & Camarda Fiordaliso dei maestri Cheilanthes acrostica (Balb.) Tod. Felcetta odorosa
Centaurea montana L. Fiordaliso montano Cheilanthes marantae (L.) Domin Felcetta lanosa
Centaurea montisborlae Soldano Fiordaliso del Borla Cheiranthus cheiri L.
Centaurea nicaeensis All. Centaurea nizzarda Chelidonium majus L. Erba da porri
Centaurea nigrescens Willd. subsp. neapolitana Fiordaliso nerastro Chenopodium album L. subsp. album Farinello
(Boiss.) Dostál napoletano Chenopodium bonus-henricus L. Spinacio di montagna
Centaurea nobilis (H. Groves) Brullo Fiordaliso nobile Chenopodium polyspermum L. Farinello con molti semi
Centaurea paniculata L. subsp. carueliana (Micheletti) Fiordaliso tirreno Chenopodium pumilio R. Br. Farinello nano
Arrigoni Chondrilla chondrilloides (Ard.) H. Karst. Lattugaccio dei torrenti
Centaurea parlatoris Heldr. Fiordaliso di Parlatore Chondrilla juncea L. Lattugaccio
Centaurea pentadactyli Brullo, Scelsi & Spamp. Fiordaliso di Pentedattilo Chrysalidocarpus decipiens Becc.
Centaurea poeltiana Puntillo Fiordaliso di Poelt Chrysanthemum coronarium L. Crisantemo giallo
Centaurea pumilio L. Fiordaliso di Creta Chrysanthemum segetum L. Cresta di gallo
Centaurea rhaetica Moritzi Fiordaliso retico Chrysopogon gryllus (L.) Trin. Trebbia maggiore
Centaurea scabiosa L. s.l. Fiordaliso vedovino Chrysosplenium dubium Gay ex Ser. Erba milza dubbia
Centaurea scannensis Anzal., Soldano & F. Conti, sp. Fiordaliso abruzzese Cicendia filiformis (L.) Delarbre Cicendia comune
nova Cichorium intybus L. Cicoria
Centaurea scillae Brullo Fiordaliso di Scilla Cirsium alpis-lunae Brilli-Catt. & Gubellini Cardo dell'Alpe della Luna
Centaurea seguenzae (Lacaita) Brullo Cirsium bertolonii Spreng. Cardo di Bertoloni
Centaurea solstitialis L. subsp. solstitialis Fiordaliso solstiziale Cirsium creticum (Lam.) d'Urv. s.l. Cardo cretense
Centaurea subtilis Bertol. Fiordaliso garganico Cirsium creticum (Lam.) d'Urv. subsp. triumfetti Cardo cretese di Trionfetti
Centaurea tenacissima (H. Groves) Brullo Fiordaliso cicalino (Lacaita) K. Werner
Centaurea tommasinii A. Kern. Fiordaliso di Tommasini Cirsium echinatum (Desf.) DC. Cardo a cuscinetto
Centaurea triumfetti All. Fiordaliso di Trionfetti Cirsium erisithales (Jacq.) Scop. Cardo zampa d'orso
Centaurea ucriae Lacaita s.l. Fiordaliso delle scogliere Cirsium microcephalum Moris Cardo a capolini piccoli
di Ucria Cirsium palustre (L.) Scop. Cardo di palude
Centaurea umbrosa Lacaita Cirsium tenoreanum Petr. Cardo di Tenore
Centaurea veneris (Sommier) Bég. Fiordaliso di Portovenere Cirsium vallis-demonis Lojac. Cardo del Valdemone
Centaurium tenuiflorum (Hoffmanns. & Link) Fritsch Centauro a fiori gracili Cistus albidus L. Cisto bianco
s.l. Cistus clusii Dunal Cisto di Clusius
Centranthus calcitrapae (L.) Dufr. subsp. calcitrapae Valeriana calcitreppola Cistus creticus L. s.l. Cisto di Creta
Centranthus ruber (L.) DC. Valeriana rossa Cistus creticus L. subsp. creticus Cisto di Creta
Centranthus ruber (L.) DC. subsp. ruber Valeriana rossa Cistus creticus L. subsp. eriocephalus (Viv.) Greuter Cisto rosso
Cephalanthera damasonium (Mill.) Druce Cefalantera bianca & Burdet
Cephalanthera longifolia (L.) Fritsch Cefalantera maggiore Cistus crispus L. Cisto a foglie crespe
Cephalanthera rubra (L.) Rich. Cefalantera rossa Cistus incanus L. Cisto rosso
Cephalaria leucantha (L.) Roem. & Schult. Vedovina a teste bianche Cistus monspeliensis L. Cisto di Montpellier
Cerastium alpinum L. s.l. Peverina alpina Cistus salvifolius L. Cisto femmina
Cerastium apuanum Parl. Peverina delle Apuane Cistus salviifolius L. Cisto femmina
Cerastium arvense L. subsp. suffruticosum (L.) Ces. Peverina suffruticosa dei Cistus villosus L.
campi Citrus aurantium melitense Riss. Arancio maltese
Cerastium boissierianum Greuter & Burdet Peverina di Boissier Citrus aurantium torulosum Riss. Arancio a frutto striato
Cerastium caespitosum Gilib. Citrus limon (L.) Burm f. Limone
Cerastium cerastoides (L.) Britton Peverina a tre stimmi Citrus medica L. Cedro
Cerastium glaciale Gaudin ex Ser. Citrus reticulata Blanco Mandarino
Cerastium glomeratum Thuill. Peverina dei campi Citrus x aurantium L. Bergamotto
Cerastium glutinosum Fr. Peverina glutinosa Cladium mariscus (L.) Pohl Falasco
Cerastium pedunculatum Gaudin Peverina delle morene Clematis cirrhosa L. Clematide cirrosa
Cerastium semidecandrum L. Peverina annuale Clematis flammula L. Clematide fiammella
Cerastium siculum Guss. Peverina siciliana Clematis vitalba L. Vitalba
Cerastium supramontanum Arrigoni Peverina del Supramonte Clematis viticella L. Clematide paonazza
Cerastium thomasii Ten. Peverina di Thomas Cnidium silaifolium (Jacq.) Simonk. subsp. silaifolium Carvifoglio dei boschi
Cerastium tomentosum L. Peverina tomentosa Coeloglossum viride (L.) Hartm. Celoglosso
Cerastium uniflorum Clairv. Peverina a un fiore Colchicum autumnale L. Colchico d'autunno
Ceratonia siliqua L. Carrubo Colchicum cupanii Guss. Colchico di Cupani
Ceratophyllum demersum L. Ceratofillo comune Colchicum gonarei Camarda Colchico del monte Gonare
Ceratophyllum submersum L. subsp. submersum Ceratofillo sommerso Colchicum lusitanum Brot. Colchico portoghese
Cercis siliquastrum L. subsp. siliquastrum Albero di Giuda Colchicum triphyllum Kunze Colchico a tre foglie
Cerinthe minor L. subsp. auriculata (Ten.) Domac Erba vajola a foglie Colchicum verlaqueae Fridl.
auricolate Colutea arborescens L. Vessicaria
Ceterach javorkeanum Vida Erba ruggine di Javork Colymbada tauromenitana (Guss.) Holub
Ceterach officinarum Willd. s.l. Erba ruggine Conium maculatum L. subsp. maculatum Cicuta
Chaenorhinum rubrifolium (Robill. & Castagne ex Linajola arrossata Conopodium capillifolium (Guss.) Boiss. Bulbocastano capillare
DC.) Fourr. subsp. rubrifolium Convallaria majalis L. Mughetto
Chaerophyllum calabricum Guss. ex DC. Convolvulus arvensis L. Vilucchio comune
Chaerophyllum hirsutum L. s.l. Cerfoglio selvatico Convolvulus cneorum L. Vilucchio turco
Chaerophyllum hirsutum var. calabricum (Guss. ex Convolvulus elegantissimus Mill. Vilucchio elegantissimo
DC.) Päol. Convolvulus pentapetaloides L. Vilucchio a cinque petali
Chamaecytisus hirsutus (L.) Link Citiso peloso Conyza albida Willd.
Chamaecytisus purpureus (Scop.) Link Citiso purpureo Conyza bonariensis (L.) Cronq.
Chamaecytisus spinescens (Presl) Rothm. Citiso spinoso Conyza canadensis (L.) Cronq. Saeppola canadese
Chamaenerion angustifolium (L.) Scop. Garofanino maggiore Coriandrum sativum L. Coriandolo comune
Chamaenerion dodonaei (Vill.) Schur Garofanino di Dodonaeus Coriaria myrtifolia L. Sommacco provenzale
Chamaerops humilis L. Palma nana Coridothymus capitatus (L.) Reichenb. fil. Timo arbustivo
Chamaesyce nutans (Lag.) Small Euforbia delle ferrovie Cornucopiae cucullatum L. Cornucopia
Chamaesyce prostrata (Aiton) Small Euforbia prostrata Cornus mas L. Corniolo maschio
684 Appendici
Cornus sanguinea L. s.l. Corniolo sanguinello Cymbalaria pubescens (J. Presl) Cufod. Ciombolino siciliano
Cornus sanguinea L. subsp. hungarica (Kárpáti) Soó Corniolo sanguinello Cymodocea nodosa (Ucria) Asch. Cimodocea
ungherese Cynara cardunculus L. subsp. cardunculus Carciofo selvatico
Coronilla emerus L. Cornetta dondolina Cynodon dactylon (L.) Pers. Gramigna rampicante
emeroide Cynoglossum barbaricinum Arrigoni & Selvi Lingua di cane della
Coronilla emerus L. subsp. emeroides (Boiss. et Cornetta dondolina Barbagia
Spruner) Hayek Cynoglossum nebrodense subsp. lucanum Selvi & Lingua di cane della
Coronilla juncea L. Cornetta giunchiforme Sutorý Lucania
Coronilla major Riv. Cynomorium coccineum L. subsp. coccineum Fungo di Malta
Coronilla minima L. s.l. Cornetta minima Cynosurus cristatus L. Covetta dei prati
Coronilla scorpioides (L.) W.D.J. Koch Cornetta coda di scorpione Cynosurus echinatus L. Covetta comune
Coronilla valentina L. Cornetta di Valenza Cynosurus polybracteatus Poir. Covetta dei prati
Coronilla valentina L. subsp. valentina Cornetta di Valenza Cyperus capitatus Vand. Zigolo delle spiagge
Coronopus procumbens Gilib. ex Ces., Pass. & Gibelli Cyperus flavescens L. Zigolo dorato
Cortusa matthioli L. Cortusa di Matthioli Cyperus glomeratus L. Zigolo ferrugineo
Corydalis cava (L.) Schweigg. & Körte subsp. cava Colombina cava Cyperus kalli (Forsskål) Murb. Zigolo delle spiagge
Corydalis solida (L.) Clairv. s.l. Colombina solida Cyperus laevigatus L. subsp. laevigatus Zigolo levigato
Corylus avellana L. Nocciolo comune Cyperus longus L. Zigolo comune
Corynephorus divaricatus (Pourr.) Breistr. Panico fascicolato Cypripedium calceolus L. Scarpetta di Venere
Cosentinia vellea (Aiton) Tod. Felcetta lanosa Cystopteris alpina (Lam.) Desv. Felcetta alpina
Cosentinia vellea (Aiton) Tod. subsp. vellea Felcetta lanosa Cystopteris dickieana R. Sim Felcetta di Dickie
Cotinus coggygria Scop. Sommacco selvatico Cystopteris fragilis (L.) Bernh. Felcetta fragile
Cotoneaster integerrimus Medik Cotognastro minore Cytinus hypocistis (L.) L. Ipocisto comune
Cotoneaster nebrodensis (Guss.) C. Koch Cotognastro dei Nebrodi Cytisophyllum sessilifolium (L.) O. Lang Citiso a foglie sessili
Cotoneaster tomentosus (Aiton) Lindl. Cotognastro tomentoso Cytisus aeolicus Guss. Citiso delle Eolie
Crambe hispanica L. Crambio di Spagna Cytisus decumbens (Durande) Spach Citiso sdraiato
Crambe tataria Sebeók Crambio di Tataria Cytisus emeriflorus Rchb. Citiso con foglie di
Crataegus laevigata (Poir.) DC. Biancospino selvatico dondolina
Crataegus monogyna Jacq. Biancospino comune Cytisus hirsutus L. subsp. hirsutus Citiso peloso
Crataegus oxyacantha L. Biancospino selvatico Cytisus nigricans L. s.l. Citiso scuro
Crepis aspromontana Brullo, Scelsi & Spamp. Radicchiella Cytisus purpureus Scop. Citiso purpureo
dell'Aspromonte Cytisus scoparius (L.) Link subsp. scoparius Ginestra dei carbonai
Crepis aurea (L.) Cass. s.l. Radicchiella aranciata Cytisus sessilifolius L. Citiso a foglie sessili
Crepis biennis L. Radicchiella dei prati Cytisus spinescens C. Presl Citiso spinoso
Crepis caespitosa Gren. et Godr. Radicchiella occidentale Cytisus villosus Pourr. Citiso trifloro
Crepis chondrilloides Jacq. Radicchiella del Carso Dactylis glomerata L. s.l. Erba mazzolina spagnola
Crepis froelichiana DC. subsp. dinarica (Beck) Radicchiella slovena di Dactylis glomerata L. subsp. hispanica (Roth) Nyman Erba mazzolina comune
Guterm. Froelich Dactylis hispanica Roth Erba mazzolina comune
Crepis lacera Ten. Radicchiella laziale Dactylorhiza maculata (L.) Soó subsp. fuchsii (Druce) Orchide di Fuchs
Crepis pygmaea L. Radicchiella dei ghiaioni Hyl.
Crepis pygmaea L. subsp. pygmaea Radicchiella dei ghiaioni Dactylorhiza romana (Sebast.) Soó s.l. Orchide romana
Crepis rubra L. Radicchiella rosa Dactylorhiza saccifera (Brongn.) Soó Orchide macchiata
Crepis vesicaria L. s.l. Radicchiella vescicosa saccifera
invernale Dactylorhiza sambucina (L.) Soó Orchide sambucina
Crepis vesicaria L. subsp. hyemalis (Biv.) Babc. Radicchiella vescicosa Dalbergia nigra (Vell.) Benth.
Cressa cretica L. Cressa di Creta Damasonium alisma Mill. s.l. Mestolaccia stellata
Crithmum maritimum L. Finocchio di mare Danthonia decumbens (L.) DC. subsp. decumbens Danthonia minore
Crocus albiflorus Kit. Zafferano selvatico Daphne alpina L. subsp. scopoliana Urbani Dafne alpina di Scopoli
Crocus ilvensis Peruzzi & Carta Zafferano dell'Elba Daphne blagayana Freyer Dafne di Blagay
Crocus longiflorus Raf. Zafferanoautunnale Daphne cneorum L. Dafne odorosa
Crocus minimus DC. Zafferano minore Daphne gnidium L. Dafne dittinella
Crocus siculus Tineo Zafferano di Sicilia Daphne laureola L. Dafne laurella
Crocus thomasii Ten. Zafferano di Thomas Daphne mezereum L. Fior di stecco
Crocus vernus (L.) Hill s.l. Zafferano selvatico Daphne oleoides Schreb. Dafne spatolata
Crocus weldeni Hoppe & Fürnr. Zafferano di Welden Daphne petraea Leyb. Dafne minore
Crucianella latifolia L. Crucianella ruvida Daphne sericea Vahl Dafne olivella
Crucianella maritima L. Crucianella marittima Daphne striata Tratt. Dafne rosea
Cruciata glabra (L.) Ehrend. s.l. Crocettona glabra Dasypyrum villosum (L.) P. Candargy, non Borbás Grano villoso
Cruciata pedemontana (Bellardi) Ehrend. Crocettona piemontese Datura stramonium L. subsp. stramonium Stramonio
Crupina vulgaris Cass. Crupina comune Daucus carota L. s.l. Carota selvatica
Crypsis aculeata (L.) Aiton Brignolo spinoso Daucus carota L. subsp. hispanicus (Gouan) Thell. Carota delle scogliere
Crypsis schoenoides (L.) Lam. Brignolo ovato Daucus gingidium L. Carota delle scogliere
Cryptogramma crispa (L.) R. Br. ex Hook. Felcetta crespa Daucus gingidium L. subsp. mauritanicus (L.) Onno Carota del Marocco
Cryptotaenia thomasii (Ten.) DC. Lereschia di Thomas Daucus nebrodensis Strobl
Cucubalus baccifer L. Erba cucco Delphinium consolida L. Speronella consolida
Cupressus sempervirens L. Cipresso comune Delphinium fissum Waldst. & Kit. subsp. fissum Speronella lacerata
Cuscuta cesattiana Bertol. Cuscuta di Cesati Delphinium longipes Moris Speronella sarda
Cuscuta europaea L. Cuscuta europea Delphinium peregrinum L. Speronella peregrina
Cutandia maritima (L.) Barbey Logliarello delle spiagge Deschampsia caespitosa (L.) Beauv. Migliarino maggiore
Cyanus segetum Hill Fiordaliso Deschampsia cespitosa (L.) P. Beauv. s.l. Migliarino maggiore
Cyanus triumfetti (All.) Dostál ex Á. & D. Löve Fiordaliso di Trionfetti Deschampsia flexuosa (L.) Trin. s.l. Migliarino capellino
Cyanus triumfettii subsp. axillaris (Celak.) Štepánek Fiordaliso di Trionfetti Desmazeria pignattii Brullo & Pavone Logliarello di Pignatti
Cycas revoluta Thunb. Dianthus brutius Brullo, Scelsi & Spamp. subsp. Garofano calabrese
Cyclamen hederifolium Aiton subsp. hederifolium Ciclamino napoletano brutius
Cyclamen persicum Mill. Ciclamino persiano Dianthus brutius Brullo, Scelsi & Spamp. subsp. Garofano di Pentedattilo
Cyclamen purpurascens Mill. subsp. purpurascens Ciclamino delle Alpi pentadactyli Brullo, Scelsi & Spamp.
Cyclamen repandum Sm. Ciclamino primaverile Dianthus caryophyllus L. Garofano comune
Cyclamen repandum Sm. subsp. repandum Ciclamino primaverile Dianthus cyathophorus subsp. minae (Mazzola,
Cydonia oblonga Mill. Melo cotogno Raimondo & Ilardi) Raimondo
Cymbalaria aequitriloba (Viv.) A. Chev. subsp. Ciombolino trilobo Dianthus deltoides L. subsp. deltoides Garofanino minore
aequitriloba Dianthus gasparrinii Guss. Garofano selvatico siciliano
Cymbalaria muralis P.Gaertn., B.Mey. & Scherb. Dianthus genargenteus Bacch., Brullo, Casti & Giusso Garofano del Gennargentu
685 Elenco nomi latini e comuni
Dianthus glacialis Haenke subsp. glacialis Garofano glaciale Elatine alsinastrum L. Pepe d'acqua maggiore
Dianthus japigicus Bianco & Brullo Garofano salentino Elatine macropoda Guss. Pepe d’acqua meridionale
Dianthus miniatus A.Huet ex Nyman Eleocharis acicularis (L.) Roem. & Schult.
Dianthus pavonius Tausch Garofano pavonio Eleocharis multicaulis (Sm.) Desv. Giunchina cespugliosa
Dianthus rupestris Lam. Eleocharis nebrodensis Parl. Giunchina minore
Dianthus rupicola Biv. s.l. Garofano rupicolo Eleocharis palustris (L.) Roem. & Schult. Giunchina minore
Dianthus rupicola Biv. subsp. aeolicus (Lojac.) Brullo Garofano rupicolo Eleocharis palustris (L.) Roem. & Schult. subsp. Giunchina minore
& Minissale palustris
Dianthus rupicola Biv. subsp. rupicola Garofano delle Eolie Eleocharis quinqueflora (Hartmann) O. Schwarz Giunchina a cinque fiori
Dianthus sanguineus Vis. Garofanino sanguigno Eleocharis uniglumis (Link) Schult. Giunchina con una brattea
Dianthus sylvestris Wulfen subsp. longicaulis (Ten.) Garofano selvatico Eleusine indica (L.) Gaertn. s.l. Gramigna indiana
Greuter & Burdet Elymus elongatus (Host) Runemark subsp. elongatus Gramigna allungata
Dianthus sylvestris Wulfen subsp. siculus (C. Presl) Garofano selvatico siciliano Elymus farctus (Viv.) Runemark ex Melderis Gramigna delle spiagge
Tutin Elymus farctus (Viv.) Runemark ex Melderis subsp. Gramigna delle spiagge
Dianthus tarentinus Lacaita Garofano tarantino farctus
Dianthus virgatus Pasq. Garofano vergato Elymus panormitanus (Parl.) Tzvelev Gramigna di Palermo
Dianthus vulturius Guss. & Ten. subsp. Garofano dell'Aspromonte Elymus repens (L.) Gould Gramigna comune
aspromontanus Brullo, Scelsi & Spamp. Elyna myosuroides (Vill.) Fritsch Elina
Dianthus vulturius Guss. & Ten. subsp. vulturius Garofano del Vulture Elytrigia atherica (Link) Kerguélen Gramigna litoranea
Dictamnus albus L. Dittamo Elytrigia repens (L.) Nevski Gramigna comune
Didymodon vinealis (Bridel) R. H. Zander Emerus major Mill. Cornetta dondolina
Digitalis laevigata Waldst. & Kit. subsp. laevigata Digitale levigata Emerus majus Mill. s.l. Cornetta dondolina
Digitalis lutea L. subsp. australis (Ten.) Arcang. Digitale piccola a fiori gialli Emerus majus Mill. subsp. emeroides (Boiss. & Cornetta dondolina
Digitalis micrantha Roth Digitale piccola a fiori gialli Spruner) Soldano & F. Conti emeroide
Digitalis purpurea L. Digitale purpurea Empetrum hermaphroditum Hagerup Moretta ermafrodita
Digitaria sanguinalis (L.) Scop. s.l. Sanguinella comune Eokochia saxicola (Guss.) Freitag & G.Kadereit Granata rupicola
Diplotaxis erucoides (L.) DC. subsp. erucoides Rucola bianca Ephedra distachya L. Efedra distachia
Diplotaxis tenuifolia (L.) DC. Rucola Ephedra distachya L. subsp. distachya Efedra distachia
Dittrichia viscosa (L.) Greuter s.l. Enula cepittoni Ephedra foeminea Forssk. Efedra orientale
Doronicum clusii (All.) Tausch Doronico di Clusius Ephedra fragilis Desf. Efedra fragile
Doronicum columnae Ten. Doronico di Colonna Ephedra major Host subsp. major Efedra maggiore
Doronicum hirsutum Lam. Ephedra nebrodensis Guss. Efedra dei Nebrodi
Doronicum orientale Hoffm. Doronico orientale Ephedra nebrodensis Guss. subsp. nebrodensis Efedra dei Nebrodi
Doronicum pardalianches L. Doronico medicinale Epilobium angustifolium L. Garofanino maggiore
Doronicum plantagineum L. Doronico plantagineo Epilobium dodonaei Vill. Garofanino di Dodonaeus
Dorycnium germanicum (Gremli) Rikli Trifoglino tedesco Epilobium fleischeri Hochst. Garofanino di Fleischer
Dorycnium herbaceum Vill. Trifoglino erbaceo Epilobium hirsutum L. Garofanino d'acqua
Dorycnium hirsutum (L.) Ser. Trifoglino irsuto Epilobium montanum L. Garofanino di motagna
Dorycnium pentaphyllum Scop. Trifoglino legnoso Epimedium alpinum L. Epimedio alpino
Dorycnium pentaphyllum Scop. subsp. herbaceum Trifoglino erbaceo Epipactis aspromontana Bartolo, Pulv. & Robatsch Elleborina dell'Aspromonte
(Vill.) Rouy Epipactis atrorubens (Hoffm. ex Bernh.) Besser Elleborina violacea
Dorycnium rectum (L.) Ser. Trifoglino palustre Epipactis flaminia P.R. Savelli & Aless. Elleborina di Romagna
Draba aizoides L. subsp. aizoides Draba aizoide Epipactis helleborine (L.) Crantz s.l. Elleborina comune
Draba aspera Bertol. Draba di Bertoloni Epipactis meridionalis H. Baumann & R. Lorenz Elleborina meridionale
Draba dolomitica Buttler Draba delle Dolomiti Epipactis microphylla (Ehrh.) Sw. Elleborina ninore
Draba fladnizensis Wulfen Draba di Fladniz Epipactis palustris (L.) Crantz Elleborina palustre
Draba hoppeana Rchb. Draba di Hoppe Epipogium aphyllum Sw. Epipogio
Draba olympicoides Strobl Draba simile alla specie Equisetum arvense L. s.l. Equiseto dei campi
olympica Equisetum palustre L. Equiseto palustre
Dracunculus vulgaris Schott Dragonea Equisetum ramosissimum Desf. Equiseto ramosissimo
Drosera anglica Huds. Drosera a foglie allungate Equisetum telmateja Ehrh. Equiseto massimo
Drosera rotundifolia L. Drosera a foglie rotonde Eragrostis minor Host Panicella minore
Dryas octopetala L. subsp. octopetala Camedrio alpino Erianthus ravennae (L.) P.Beauv. Canna del Po
Drymochloa drymeja (Mert. & Koch) Holub subsp. Festuca dei querceti Erica arborea L. Erica arborea
exaltata (C. Presl) Foggi & Signorini Erica carnea L. Erica carnicina
Dryopteris affinis (Lowe) Fraser-Jenk. s.l. Felce pelosa Erica cinerea L. Erica cenerina
Dryopteris carthusiana (Vill.) H.P. Fuchs Felce certosina Erica forskalii Vitm. Erica pugliese
Dryopteris dilatata (Hoffm.) A. Gray Felce dilatata Erica multiflora L. Erica multiflora
Dryopteris filix-mas (L.) Schott Felce maschio Erica multiflora subsp. hyblaea Domina & Raimondo
Dryopteris pallida (Bory) Maire & Petitm. subsp. Felce pallida Erica scoparia L. Erica da scope
pallida Erica sicula Guss. Erica siciliana
Dryopteris submontana (Fraser-Jenk. & Jermy) Fraser- Felce del sottomonte Erigeron annuus (L.) Desf. Cespica annua
Jenk. Erigeron canadensis L. Saeppola canadese
Dryopteris tyrrhena Fraser-Jenk. & Reichst. Felce tirrena Erigeron epiroticus (Vierh.) Halácsy Cespica dell'Epiro
Drypis spinosa L. s.l. Dripide di Jacquin Erigeron karvinskianus DC.
Drypis spinosa L. subsp. jacquiniana Wettst. & Murb. Dripide comune Eriophorum angustifolium Honck. Pennacchi a foglie strette
Dypsis decaryi (Jum.) Beentje & J.Dransf. Eriophorum latifolium Hoppe Pennacchi a foglie larghe
Dypsis decipiens (Becc.) Beentje & J.Dransf. Eriophorum scheuchzeri Hoppe Pennacchi di Scheuchzer
Echinaria todaroana (Ces.) Cif. & Giacom. Eritrichium nanum (L.) Schrad. ex Gaudin Eritrichio nano
Echinochloa crus-galli (L.) P. Beauv. Giavone comune Erodium corsicum Léman Becco di gru corso
Echinophora spinosa L. Finocchio litoraneo spinoso Erodium lebelii Jord. subsp. marcuccii (Parl.) Guitt. Becco di gru di Marcucci
Echinops ritro L. subsp. siculus (Strobl) Greuter Cardo pallottola Erucastrum palustre (Pirona) Vis. Erucastro delle paludi
meridionale Erucastrum virgatum C. Presl Erucastro a verghe
Echinops spinosissimus subsp. neumayeri (Vis.) Cardo-pallottola di Eryngium amethystinum L. Calcatreppola ametistina
Kožuharov Neumayer Eryngium barrelieri Boiss. Calcatreppola di Barrelier
Echium anchusoides Bacch., Brullo & Selvi Viperina simile alla Eryngium bocconei Lam. Calcatreppola di Boccone
buglossa Eryngium campestre L. Calcatreppola campestre
Echium italicum L. subsp. siculum (Lacaita) Greuter Viperina maggiore siciliana Eryngium crinitum C. Presl Calcatreppola crinita
& Burdet Eryngium maritimum L. Calcatreppola marittima
Echium vulgare L. s.l. Viperina azzurra comune Erysimum bonannianum C. Presl Violaciocca di Bonanno
Edraianthus graminifolius (L.) A. DC. s.l. Campanula graminifolia Erysimum brulloi G.Ferro Violaciocca di Brullo
Edraianthus siculus Strobl Erysimum crassistylum C. Presl Violaciocca meridionale
686 Appendici
Galium magellense Ten. Caglio della Majella Globularia alypium L. Vedovelle cespugliose
Galium mollugo L. s.l. Caglio tirolese Globularia alypum L. Vedovelle cespugliose
Galium mollugo L. subsp. erectum Syme Caglio bianco Globularia cordifolia L. Vedovelle celesti
Galium montis-arerae Merxm. & Ehrend. Caglio del Pizzo Arera Globularia incanescens Viv. Vedovelle delle Apuane
Galium odoratum (L.) Scop. Caglio odoroso Globularia meridionalis (Podp.) O. Schwarz Vedovelle appenniniche
Galium palaeoitalicum Ehrend. Caglio delle Apuane Globularia neapolitana O. Schwarz Vedovelle napoletane
Galium palustre L. s.l. Caglio di palude Glyceria aquatica (L.) Wahlenb.
Galium palustre L. subsp. elongatum (C. Presl) Lange Caglio di palude Glyceria maxima (Hartm.) Holmb. Gramignone maggiore
Galium rotundifolium L. subsp. hirsutum Brullo & al. Caglio a foglie rotonde Glyceria notata Chevall. Gramignone minore
nom. illeg., non G. rotundifolium hirsutum (Nees) Glycyrrhiza glabra L. Liquirizia
Arcang. Gnaphalium hoppeanum W.D.J. Koch subsp. Canapicchia della Majella
Galium scabrum L. Caglio ellittico magellense (Fiori) Strid
Galium schmidii Arrigoni Caglio di Schmid Gnaphalium subfalcatum Cabrera
Galium tricornutum Dandy Caglio coriandolino Gnaphalium sylvaticum L. Canapicchia comune
Gastridium ventricosum (Gouan) Schinz & Thell. Codino maggiore Gnaphalium uliginosum L. subsp. uliginosum Canapicchia palustre
Gaudinia fragilis (L.) P. Beauv. Forasacchino Gratiola officinalis L. Graziella
Genista aetnensis (Biv.) DC. Ginestra dell'Etna Gymnadenia conopsea (L.) R. Br. Manina rosea
Genista anglica L. Ginestra inglese Gymnocarpium dryopteris (L.) Newman Felce delle querce
Genista aristata C. Presl Ginestra dei Nebrodi Gymnocarpium robertianum (Hoffm.) Newman Felce del calcare
Genista aspalathoides Lam. var. gussonei Sommier Ginestra di Gussone simile Gynandriris sisyrinchium (L.) Parl. Giaggiolo dei poveretti
all'aspalato Gypsophila muralis L. Gipsofila dei muri
Genista brutia Brullo, Scelsi & Spamp. Ginestra calabrese Gypsophila repens L. Gipsofila strisciante
Genista cilentina Vals. Ginestra del Cilento Hainardia cylindrica (Willd.) Greuter Logliarella cilindrica
Genista cinerea (Vill.) DC. Ginestra cenerina Halimione portulacoides (L.) Aellen Atriplice portulacoide
Genista corsica (Loisel.) DC. Ginestra di Corsica Halocnemum cruciatum Tod. Salicornia crociata
Genista cupanii Guss. Ginestra di Cupani Halocnemum strobilaceum (Pallas) M. Bieb. Salicornia strobilacea
Genista demarcoi Brullo, Scelsi & Siracusa Ginestra di De Marco Halopeplis amplexicaulis (Vahl) Ces., Pass. & Gibelli Salicornia amplessicaule
Genista desoleana Vals. Ginestra di Desole Haplophyllum patavinum (L.) G. Don Ruta padovana
Genista germanica L. Ginestra spinosa Hedera helix L. s.l. Edera
Genista holopetala (Koch) Bald. Ginestra con petali interi Hedysarum hedysaroides (L.) Schinz & Thell. Sulla alpina
Genista januensis Viv. Ginestra genovese Helianthemum alpestre (Jacq.) DC. Eliantemo rupinoalpestre
Genista madoniensis Raimondo Ginestra delle Madonie Helianthemum apenninum (L.) Mill. Eliantemo degli Appennini
Genista michelii Spach Ginestra di Micheli Helianthemum canum (L.) Baumg. Eliantemo rupino biancastro
Genista monspessulana (L.) L. Johnson Citiso di Montpellier Helianthemum cinereum (Cav.) Pers. Eliantemo cinereo
Genista pichisermolliana Vals. Ginestra di Pichi Sermolli Helianthemum jonium Lacaita Eliantemo jonico
Genista pilosa L. Ginestra tubercolosa Helianthemum nebrodense Guss. Eliantemo nebrodense
Genista radiata (L.) Scop. Ginestra stellata Helianthemum nummularium (L.) Mill. s.l. Eliantemo maggiore
Genista sagittalis L. Ginestra alata Helianthemum nummularium (L.) Mill. subsp. Eliantemo oscuro
Genista salzmannii DC. Ginestra di Salzmann obscurum (Celak.) Holub
Genista sardoa Vals. Ginestra sarda Helianthemum oelandicum (L.) Dum. Cours. s.l. Eliantemo rupino
Genista sericea subsp. pollinensis Conti, Feoli Ginestra del Pollino Helianthemum oelandicum (L.) Dum. Cours. subsp. Eliantemo rupinoalpestre
Chiapella & Bernardo alpestre (Jacq.) Ces.
Genista sericea Wulfen Ginestra sericea Helianthemum oelandicum (L.) Dum. Cours. subsp. Eliantemo rupino biancastro
Genista sylvestris Scop. Ginestra di Carniola incanum (Willk.) G. López
Genista sylvestris Scop. subsp. dalmatica (Bartl.) Ginestra di Micheli Helianthemum oelandicum (L.) Dum. Cours. subsp. Eliantemo rupino
Lindb. italicum (L.) Ces.
Genista tinctoria L. Ginestra minore Helianthemum sessiliflorum (Desf.) Pers. Eliantemo a spiga
Genista tyrrhena Vals. subsp. pontiana Brullo & De Ginestra tirrenica delle Isole Helianthemum sicanorum Brullo, Giusso & Sciandr. Eliantemo dei Sicani
Marco Pontine Helianthus tuberosus L. Topinambur
Genista tyrrhena Vals. subsp. tyrrhena Ginestra tirrenica Helichrysum errerae Tineo subsp. errerae
Gentiana acaulis L. Genziana di Koch Helichrysum hyblaeum Brullo Perpetuini dei monti Iblei
Gentiana bavarica L. Genziana bavarese Helichrysum italicum (Roth) G. Don s.l. Perpetuini d'Italia
Gentiana brachyphylla Vill. s.l. Genziana a foglie brevi Helichrysum italicum (Roth) G. Don subsp. Perpetuini d'Italia con foglie
Gentiana brentae Prosser & Bertolli Genziana del Brenta microphyllum (Willd.) Nyman piccole
Gentiana dinarica Beck Genziana appenninica Helichrysum italicum (Roth) G. Don subsp. Perpetuini dei litorali
Gentiana froelichii Jan subsp. zenariae F. Martini & Genziana di Zenari pseudolitoreum (Fiori) Bacchetta, Brullo & Mossa
Poldini Helichrysum italicum subsp. siculum (Jord. & Fourr.)
Gentiana lutea L. s.l. Genziana maggiore Galbany & al.
Gentiana pneumonanthe L. Genziana mettimborsa Helichrysum litoreum Guss. Perpetuini dei litorali
Gentiana punctata L. Genziana punteggiata Helichrysum microphyllum (Willd.) Cambess. Perpetuini con foglie
Gentiana tergestina Beck Genziana di Trieste piccole
Gentiana verna L. s.l. Genziana primaticcia Helichrysum microphyllum Cambess. subsp. Perpetuini tirrenici a foglie
Gentianella campestris (L.) Börner Genzianella campestre tyrrhenicum Bacch., Brullo & Giusso piccole
Gentianella crispata (Vis.) Holub Genzianella del Pollino Helichrysum nebrodense Heldr. Perpetuini dei Nebrodi
Gentianella germanica (Willd.) E.F.Warb. Genzianella tedesca Helichrysum panormitanum Guss.
Gentianella pilosa (Wettst.) Holub Genzianella pelosa Helichrysum pendulum (C. Presl) C. Presl Perpetuini delle scogliere
Geranium argenteum L. Geranio argentino Helichrysum stoechas (L.) Moench Perpetuini profumati
Geranium nodosum L. Geranio nodoso Helictotrichon convolutum (C. Presl) Henrard Avena siciliana
Geranium robertianum L. Geranio di S.Roberto Helictotrichon sedenense (Clarion) Holub Avena montana di Seyne
Geranium sibiricum L. Geranio di Siberia Helictotrichon sempervirens (Vill.) Pilg. Avena montana
Geranium sylvaticum L. Geranio silvano Heliotropium suaveolens M. Bieb. subsp. bocconei Eliotropio profumato di
Geranium versicolor L. Geranio striato (Guss.) Brummitt Boccone
Geum montanum L. Cariofillata montana Heliotropium supinum L. Eliotropio peloso
Geum reptans L. Cariofillata strisciante Helleborus bocconei Ten. s.l. Elleboro istriano di Boccone
Geum urbanum L. Cariofillata comune Helleborus bocconei Ten. subsp. intermedius (Guss.) Elleboro di Boccone
Gladiolus communis L. subsp. byzantinus (Mill.) A.P. Gladiolo bizantino Greuter & Burdet
Ham. Helleborus dumetorum Waldstein & Kitaibel ex Elleboro dei cespugli
Gladiolus palustris Gaudin Gladiolo di palude Willdenow subsp. Illyricus Starmüler
Glandora rosmarinifolia (Ten.) D.C.Thomas Erba perla mediterranea Helleborus foetidus L. Elleboro fetido
Glaucium flavum Crantz Papavero delle spiagge Helleborus multifidus W. et K. subsp. istriacus Elleboro di Boccone
Glebionis segetum (L.) Fourr. Cresta di gallo (Schiffner) Merxm. et Podl.
Glechoma hederacea L. Edera terrestre Helleborus niger L. s.l. Rosa di Natale
688 Appendici
Iris xiphium L. Giaggiolo inglese Knautia drymeia Heuff. s.l. Ambretta dei querceti
Isatis allionii P. W. Ball. Glasto appenninico Knautia illyrica Beck Ambretta illirica
Isatis apennina Ten. ex Grande Glasto appenninico Knautia purpurea (Vill.) Borbás Ambretta purpurea
Isatis tinctoriaL. subsp. tinctoria Knautia ressmannii (Pacher) Briq. Ambretta di Ressmann
Isoëtes duriei Bory Calamara di Durieu Kobresia myosuroides (Vill.) Fiori Elina
Isoëtes histrix Bory Calamaria istrice Kochia saxicola Guss. Granata rupicola
Isoëtes iapygia Ernandes, Beccarisi, Zuccarello Koeleria hirsuta (DC.) Gaudin Paleo irsuto
Isoëtes longissima Bory & Dur. Calamaria velata Koeleria lobata (M. Bieb.) Roem. & Schult. Paleo lobato
Isoëtes malinverniana Ces. & De Not. Calamaria malinverniana Laburnum alpinum (Mill.) Bercht. & J. Presl Maggiociondolo alpino
Isoëtes sabatina Troìa & Azzella Calamaria sabatina Laburnum anagyroides Medik. s.l. Maggiociondolo
Isoëtes subinermis (Durieu) Cesca & Peruzzi Laburnum anagyroides Medik. subsp. anagyroides Maggiociondolo
Isoëtes velata A. Braun s.l. Calamaria velata Lactuca alpina (L.) A. Gray Lattuga alpina
Isoëtes velata A. Braun velata Lactuca muralis (L.) Gaertn. Lattuga dei boschi
Isolepis cernua (Vahl) Roem. & Schult. Lisca delle pozze Lactuca serriola L. Erba bussola
Isopyrum thalictroides L. Isopiro comune Lagarosiphon major (Ridl.) Moss Pesce d'acqua arcuato
Jacobaea ambigua (Biv.) Pelser & Veldk. s.l. Senecione ambiguo Lagurus ovatus L. s.l. Piumino
Jacobaea candida (C.Presl) B.Nord. & Greuter Senecione candido Lagurus ovatus L. subsp. nanus (Guss.) Messeri Piumino nano
Jacobaea gibbosa (Guss.) B. Nord. & Greuter Senecione gibboso Lamarckia aurea (L.) Moench Lamarckia dorata
Jacobaea maritima (L.) Pelser & Meijden s.l. Senecione cinerario Lamiastrum galeobdolon (L.) Ehrend. & Polatschek Falsa ortica gialla
costiero subsp. flavidum (F. Herm.) Ehrend. & Polatschek
Jacobaea maritima subsp. bicolor (Willd.) B. Nord. & Cineraria marittima di due Lamium album L. subsp. album Falsa ortica bianca
Greuter colori Lamium amplexicaule L. Falsa ortica reniforme
Jacobaea paludosa (L.) P. Gaertn., B. Mey & Scherb. Senecio palustre a foglie Lamium flexuosum Ten. Falsa ortica flessuosa
subsp. angustifolia (Holub) B. Nord. & Greuter strette Lamium flexuosum Ten. var. pubescens (Sibth.) Caruel Falsa ortica flessuosa
Jacobaea uniflora (All.) Veldkamp Senecione unifloro pubescente
Jasione montana L. Vedovella annuale Lamium galeobdolon L. s.l. Falsa ortica gialla
Jovibarba allionii ( Jord. & Fourr.) D.A. Webb Semprevivo di Allioni Lamium orvala L. Falsa ortica maggiore
Juglans regia L. Noce Lamium purpureum L. Falsa ortica purpurea
Juncus acutus L. Giunco pungente Lamyropsis microcephala (Moris) Dittrich & Greuter Cardo a capolini piccoli
Juncus acutus L. subsp. acutus Giunco pungente Laphangium luteoalbum (L.) Tzvelev Canapicchia bianco-
Juncus ambiguus Guss. Giunco delle rane giallognola
Juncus arcticus Willd. Giunco artico Lapsana communis L. Lassana
Juncus articulatus L. Giunco nodoso Larix decidua Mill. Larice comune
Juncus bufonius L. Giunco annuale Laserpitium nitidum Zanted. Laserpizio lucido
Juncus capitatus Weigel Giunco a capolino Laserpitium prutenicum L. Laserpizio pimpinellino
Juncus compressus Jacq. Giunco compresso prussiano
Juncus effusus L. Giunco comune Laserpitium siculum Spreng.
Juncus gerardii Loisel. Giunco di Gerard Laserpitium siler L. s.l. Laserpizio del Gargano
Juncus inflexus L. Giunco tenace Laserpitium siler L. subsp. garganicum (Ten.) Arcang. Laserpizio sermontano
Juncus littoralis C.A. Mey. Giunco costiero Laserpitium siler L. subsp. siculum (Spreng.) Laserpizio sermontano
Juncus macer S.F. Gray Santangelo, F. Conti & Gubellini siciliano
Juncus maritimus Lam. Giunco marittimo Lathraea squamaria L. Latrea comune
Juncus monanthos Jacq. Giunco unifloro Lathyrus annuus L. Cicerchia pallida
Juncus pygmaeus Rich. ex Thuill. Giunco pigmeo Lathyrus cicera L. Cicerchia cicerchiella
Juncus subnodulosus Schrank Giunco subnodoso Lathyrus clymenum L. Cicerchia porporina
Juncus tenageja Ehrh. Giunco delle pozze Lathyrus jordanii Ten. Cicerchia di Giordano
Juniperus alpina Gray Lathyrus laxiflorus (Desf.) Kuntze subsp. laxiflorus Cicerchia lassiflora
Juniperus communis L. Ginepro comune Lathyrus niger (L.) Bernh. Cicerchia nera
Juniperus communis L. subsp. hemisphaerica (J. Presl Ginepro comune Lathyrus nissolia L. Cicerchia di Nissole
& C. Presl) Nyman Lathyrus odoratus L. Cicerchia odorosa
Juniperus communis L. subsp. nana Syme Ginepro comune Lathyrus pannonicus (Jacq.) Garcke subsp. Cicerchia ungherese
Juniperus communis subsp. alpina (Suter) Celak. asphodeloides (Gouan) Bässler
Juniperus hemisphaerica J. Presl & C. Presl Ginepro comune Lathyrus pratensis L. s.l. Cicerchia dei prati
Juniperus macrocarpa Sm. Ginepro rosso Lathyrus setifolius L. Cicerchia capillare
Juniperus nana Willd. Ginepro comune Lathyrus sphaericus Retz. Cicerchia sferica
Juniperus oxycedrus L. s.l. Ginepro rosso Lathyrus venetus (Mill.) Wohlf. Cicerchia veneta
Juniperus oxycedrus L. subsp. deltoides (R.P. Adams) Lathyrus vernus (L.) Bernh. s.l. Cicerchia primaticcia
N.G. Passal. Laurus nobilis L. Alloro
Juniperus oxycedrus L. subsp. macrocarpa (Sibth. & Ginepro rosso Lavandula angustifolia Mill. Lavanda officinale
Sm.) Neilr. Lavandula latifolia Medik. Lavanda a foglie larghe
Juniperus oxycedrus L. subsp. oxycedrus Ginepro coccolone Lavandula multifida L. Lavanda d'Egitto
Juniperus phoenicea L. s.l. Ginepro fenicio Lavandula stoechas L. Lavanda selvatica
Juniperus phoenicea L. subsp. phoenicea Ginepro fenicio Lavatera arborea L. Malvone maggiore
Juniperus phoenicea L. subsp. turbinata (Guss.) Ginepro fenicio turbinato Lembotropis nigricans (L.) Griseb. Citiso scuro
Nyman Lemna gibba L. Lenticchia d'acqua
Juniperus sabina L. Ginepro sabino spugnosa
Juniperus sibirica Burgsd. Ginepro nano Lemna minor L. Lenticchia d'acqua comune
Juniperus thurifera L. Ginepro turifero Lemna minuta Kunth Lenticchia d'acqua minuta
Juniperus thurifera L. subsp. thurifera Ginepro turifero Lemna trisulca L. Lenticchia d'acqua
Juniperus thurifera var. africana Maire spatolata
Juniperus turbinata Guss. Leontodon anomalus Ball Dente di leone delle
Jurinea bocconii (Guss.) DC. Cardo di Boccone Apuane
Jurinea mollis (L.) Rchb. subsp. mollis Cardo del Carso Leontodon apulus (Fiori) Brullo Dente di leone pugliese
Kali turgidum (Dumort.) Guterm. Leontodon berinii (Bartl.) Roth Dente di leone di Berini
Kalmia procumbens (L.) Gilt, Kron & Stevens ex Azalea delle Alpi Leontodon cichoraceus (Ten.) Sanguin. Dente di leone meridionale
Galasso, Banfi & F. Conti simile alla cicoria
Kernera saxatilis (L.) Sweet Coclearia delle rupi Leontodon crispus Vill. Dente di leone crespo
Kickxia cirrhosa (L.) Fritsch Cencio sottile Leontodon helveticus Mérat emend. Widder Dente di leone svizzero
Kickxia commutata (Bernh. ex Rchb.) Fritsch subsp. Cencio perennante Leontodon hispidus L. Dente di leone comune
commutata Leontodon intermedius Porta Dente di leone garganico
Knautia dinarica (Murb.) Borbás subsp. silana Ambretta silana Leontodon montanus Lam. s.l. Dente di leone montano
(Grande) Ehrend. Leontodon siculus (Guss.) Nyman Dente di leone siciliano
690 Appendici
Leontopodium alpinum Cass. Stella alpina Limonium sibthorpianum (Guss.) Kuntze Limonio di Sibthorp
Leontopodium alpinum Cass. subsp. nivale (Ten.) Stella alpina Limonium sommierianum (Fiori) Arrigoni Limonio di Sommier
Tutin. dell'Appennino Limonium strictissimum (Salzm.) Arrigoni Limonio strettissimo
Leontopodium nivale (Ten.) Huet ex Hand.-Mazz. Stella alpina Limonium syracusanum Brullo Limonio di Siracusa
dell'Appennino Limonium tauromenitanum Brullo Limonio di Taormina
Leontopodium nivale (Ten.) Huet ex Hand.-Mazz. Stella alpina Limonium todaroanum Raimondo & Pignatti Limonio di Todaro
subsp. nivale dell'Appennino Limonium virgatum (Willd.) Fourr. Limonio virgato
Leonurus cardiaca L. Cardiaca comune Limosella aquatica L. Limosella acquatica
Leopoldia tenuiflora (Tausch) Heldr. Giacinto dal pennacchio a Linaria alpina (L.) Mill. Linajola alpina
fiore sottile Linaria arcusangeli Atzei & Camarda Linajola di Arco dell'Angelo
Lepidium draba L. Lattona Linaria capraria Moris & De Not. Linajola della Capraria
Lepturus incurvus (L.) Druce Logliarella ricurva Linaria cossonii Barratte Linajola di Cosson
Lereschia thomasii (Ten.) Boiss. Lereschia di Thomas Linaria flava (Poir.) Desf. subsp. sardoa (Sommier) A. Linajola sardo-corsa
Leucanthemopsis alpina (L.) Heywood Margherita alpina Terracc.
Leucanthemum adustum (W.D.J. Koch) Gremli Margherita bruciacchiata Linaria humilis Guss.
Leucanthemum platylepis Borbás Margherita a squame larghe Linaria minor (L.) Desf. Linajola minore
Leucanthemum vulgare (Vaill.) Lam. Margherita comune Linaria multicaulis (L.) Mill. subsp. aetnensis Giardina Linajola multicaule
Leucojum aestivum L. s.l. Campanelle estive & Zizza dell'Etna
Leucojum roseum F. Martin Campanelle rosee Linaria purpurea (L.) Mill. Linajola purpurea
Leucopoa calabrica (Huter, Porta & Rigo) H. Scholz Festuca della Calabria Linaria tonzigii Lona Linajola bergamasca
& Foggi Linaria vulgaris Mill. subsp. vulgaris Linaria comune
Leucopoa dimorpha (Guss.) H. Scholz & Foggi Festuca appenninica Linnaea borealis L. Linnea
Leucopoa spectabilis (Bertol.) H. Scholz & Foggi Festuca della Carniola Linum alpinum Jacq. Lino alpino
subsp. carniolica (Hack.) H. Scholz & Foggi Linum katiae Peruzzi Lino di Katia
Leuzea conifera (L.) DC. Fiordaliso ovoide Linum maritimum L. s.l. Lino marittimo
Libanotis daucifolia (Scop.) Rchb. Finocchiella maggiore Linum punctatum C. Presl Lino punteggiato
Ligustrum vulgare L. Ligustro Linum strictum L. s.l. Lino minore
Lilium bulbiferum L. s.l. Giglio rosso Linum strictum L. subsp. corymbulosum (Rchb.) Rouy Lino minore con piccoli
Lilium bulbiferum L. subsp. croceum (Chaix) Jan Giglio rosso corimbi
Lilium candidum L. Giglio di S. Antonio Linum tenuifolium L. Lino montano
Lilium martagon L. Giglio martagone Linum trigynum L. Lino spinato
Limbarda crithmoides (L.) Dumort. s.l. Enula bacicci Liparis loeselii (L.) Rich. Liparide di Loisel
Limodorum abortivum (L.) Sw. Fior di stecco Liquidambar orientalis Mill. Liquidambar orientale
Limodorum brulloi Bartolo & Pulv. Fior di stecco di Brullo Listera cordata (L.) R. Br. Listera minore
Limodorum trabutianum Batt. Fior di stecco trabuziano Listera ovata (L.) R. Br. Listera maggiore
Limonium acutifolium (Rchb.) Salmon Limonio a foglie acute Lithodora rosmarinifolia (Ten.) I.M. Johnst. Erba-perla mediterranea
Limonium apulum Brullo Limonio pugliese Lobularia maritima (L.) Desv. subsp. maritima Filigrana comune
Limonium avei (De Not.) Brullo & Erben Limonio di Ave-Lallemant Logfia gallica (L.) Cosson & Germ. Bambagia francese
Limonium bellidifolium (Gouan) Dumort. Limonio del Caspio Logfia minima (Sm.) Dumort. Bambagia minima
Limonium brutium Brullo Limonio calabrese Loiseleuria procumbens (L.) Desv. Azalea alpina
Limonium calabrum Brullo Limonio calabrese Lolium multiflorum Lam. s.l. Loglietto
Limonium catanense (Tineo ex Lojac.) Brullo Limonio catanese Lolium perenne L. Loglio perenne
Limonium circaei Pignatti Limonio del Circeo Lolium rigidum Gaudin subsp. lepturoides (Boiss.) Loglio marittimo
Limonium contortirameum (Mabille) Erben Limonio contorto Sennen & Mauricio
Limonium cordatum (L.) Mill. Limonio cordato Lolium siculum Parl. Loglio siciliano
Limonium cosyrense (Guss.) Kuntze Limonio di Pantelleria Lolium temulentum L. s.l. Loglio ubriacante Zizzania
Limonium cumanum (Ten.) Kuntze Limonio di Cuma Lomelosia argentea (L.) Greuter & Burdet Vedovella delle spiagge
Limonium cunicularium Arrigoni & Diana Limonio dell'isola di S. Lomelosia crenata (Cirillo) Greuter & Burdet s.l. Vedovina garganica di
Maria Dallaporta
Limonium densiflorum (Guss.) Kuntze Limonio a spighe dense Lomelosia crenata (Cirillo) Greuter & Burdet subsp. Vedovina crenata
Limonium densissimum (Pignatti) Pignatti Limonio densissimo crenata
Limonium dianium Pignatti Limonio di Giannutri Lomelosia crenata (Cirillo) Greuter & Burdet subsp. Vedovina crenata
Limonium diomedeum Brullo Limonio delle Tremiti dallaportae (Boiss.) Greuter & Burdet
Limonium doriae (Sommier) Pignatti Limonio di Doria Lomelosia cretica (L.) Greuter & Burdet Vedovina delle scogliere
Limonium dubium (Guss.) Litard. Limonio dubbio Lomelosia graminifolia (L.) Greuter & Burdet Vedovina strisciante
Limonium flagellare (Lojac.) Brullo Limonio flagellare Lomelosia graminifolia (L.) Greuter & Burdet subsp. Vedovina strisciante
Limonium glomeratum (Tausch) Erben Limonio a glomeruli graminifolia
Limonium gorgonae Pignatti Limonio della Gorgona Lonicera alpigena L. Caprifoglio delle Alpi
Limonium ilvae Pignatti Limonio dell'Elba Lonicera caerulea L. subsp. caerulea Caprifoglio turchino
Limonium intermedium (Guss.) Brullo Limonio intermedio Lonicera caprifolium L. Caprifoglio comune
Limonium ionicum Brullo Limonio ionico Lonicera etrusca Santi Caprifoglio etrusco
Limonium japygicum (H. Groves) Pignatti Limonio salentino Lonicera implexa Aiton subsp. implexa Caprifoglio mediterraneo
Limonium lacinium Arrigoni Limonio di Capo Lacinio Lonicera xylosteum L. Caprifoglio peloso
Limonium laetum Pignatti Limonio dell'Asinara Loranthus europaeus Jacq. Vischio quercino
Limonium minutiflorum (Guss.) Kuntze Limonio delle Eolie Lotus angustissimus L. Ginestrino sottile
Limonium montis-christi Rizzotto Limonio di Montecristo Lotus commutatus Guss. Ginestrino delle spiagge
Limonium morisianum Arrigoni Limonio di Moris Lotus corniculatus L. subsp. preslii (Ten.) P. Fourn. Ginestrino
Limonium multiforme Pignatti Limonio toscano Lotus cytisoides L. s.l. Ginestrino delle scogliere
Limonium narbonense Mill. Limonio comune Lotus cytisoides L. subsp. conradiae Gamisans Ginestrino delle scogliere di
Limonium nymphaeum Erben Limonio delle ninfe Conrad
Limonium optimae Raimondo Limonio siciliano di Optima Lotus edulis L. Ginestrino commestibile
Limonium opulentum (Lojac.) Brullo Limonio opulento Lotus germanicus (Gremli) Peruzzi Trifoglino tedesco
Limonium pachynense Brullo Limonio di Pachino Lotus tenuis Waldst. & Kit. ex Willd. Ginestrino gracile
Limonium pandatariae Pignatti Limonio di Ventotene Lotus versicolor Tineo
Limonium panormitanum (Tod.) Pignatti Limonio di Palermo Ludwigia palustris (L.) Elliott Porracchia dei fossi
Limonium pavonianum Brullo Limonio di Pavone Ludwigia peploides subsp. montevidensis (Spreng.) Porracchia di Montevideo
Limonium planesiae Pignatti Limonio di Pianosa P.H.Raven
Limonium pulviniforme Arrigoni & Diana Limonio pulviniforme Lunaria annua L. Lunaria meridionale
Limonium remotispiculum (Lacaita) Pignatti Limonio salernitano Lunaria rediviva L. Lunaria comune
Limonium retirameum Greuter & Burdet subsp. Lupinus graecus Boiss. & Spruner Lupino greco
caralitanum (Erben) Arrigoni Luzula alpinopilosa (Chaix) Breistr. Erba lucciola dei ghiaioni
Limonium secundirameum (Lojac.) Brullo Limonio con rami secondati Luzula alpino-pilosa (Chaix) Breistr. Erba lucciola dei ghiaioni
691 Elenco nomi latini e comuni
Luzula calabra Ten. Erba lucciola comune Melittis melissophyllum L. subsp. albida (Guss.) P.W. Erba limona
Luzula campestris (L.) DC. Erba lucciola comune Ball
Luzula forsteri (Sm.) DC. Erba lucciola mediterranea Mentha aquatica L. Menta acquatica
Luzula italica Parl. Erba lucciola pendula Mentha arvensis L. Menta campestre
Luzula lutea (All.) DC. Erba lucciola gialla Mentha pulegium L. Menta poleggio
Luzula luzuloides (Lam.) Dandy & Wilmott s.l. Erba lucciola bianca Mentha requienii Benth. subsp. bistaminata Mannocci Menta sarda con due stami
Luzula multiflora (Ehrh.) Lej. Erba lucciola multiflora & Falconcini
Luzula nemorosa Hornem. Menyanthes trifoliata L. Trifoglio fibrino
Luzula nivea (L.) DC. Erba lucciola maggiore Mercurialis ovata Sternb. & Hoppe Mercorella ovale
Luzula pedemontana Boiss. & Reut. Erba lucciola piemontese Mercurialis perennis L. Mercorella perenne
Luzula pindica (Hausskn.) Chrtek & Křísa Erba lucciola del monte Mesembryanthemum cristallinum L. Erba cristallina comune
Pindo Mesembryanthemum nodiflorum L. Erba cristallina stretta
Luzula sicula Parl. Erba lucciola siciliana Mespilus germanica L. Nespolo comune
Luzula sieberi Tausch Erba lucciola di Sieber Meum athamanticum Jacq. Finocchio montano
Luzula spicata (L.) DC. s.l. Erba lucciola d'Italia Micromeria canescens (Guss.) Benth. Issopo villoso
Luzula spicata (L.) DC. subsp. italica (Parl.) Arcang. Erba lucciola pendula Micromeria fruticosa (L.) Druce subsp. fruticosa Issopo garganico
Luzula sylvatica (Huds.) Gaudin s.l. Erba lucciola a foglie larghe Micromeria fruticulosa (Bertol.) Šilic Issopo marittimo
Luzula sylvatica (Huds.) Gaudin subsp. sieberi Erba lucciola di Sieber Micromeria graeca (L.) Benth. ex Rchb. s.l. Issopo meridionale
(Tausch) K. Richt. Micromeria graeca (L.) Benth. ex Rchb. subsp. graeca Issopo meridionale
Luzula sylvatica (Huds.) Gaudin subsp. sylvatica Erba lucciola a foglie larghe Micromeria graeca (L.) Benth. ex Rchb. subsp. Issopo meridionale a foglie
Lychnis alba Mill. tenuifolia (Ten.) Nyman sottili
Lycium intricatum Boiss. Spina santa insulare Micromeria juliana (L.) Benth. ex Rchb. Issopo montano
Lycopodium annotinum L. Licopodio annotino Micromeria microphylla (d'Urv.) Benth. Issopo a foglie minuscole
Lycopodium inundatum L. Licopodio inondato Micromeria thymifolia (Scop.) Fritsch Issopo del Carso
Lycopus europaeus L. s.l. Erba-sega comune Micropyrum tenellum (L.) Link Festuca annua
Lycopus exaltatus Ehrh. Erba sega maggiore Middendorfia borysthenica (Schrank) Trautv. Salcerella a foglie ovali
Lygeum spartum L. Sparto steppico Minuartia condensata (C.Presl) Hand.-Mazz.
Lysimachia europaea (L.) U.Manns & Anderb. Centonchio europeo Minuartia graminifolia (Ard.) Jáv. s.l. Minuartia graminifoglia
Lysimachia minima (L.) U.Manns & Anderb. Centonchio minore Minuartia grignensis (Rchb.) Mattf. Minuartia delle Grigne
Lysimachia nummularia L. Mazza d'oro minore Minuartia sedoides (L.) Hiern Minuartia sedoide
Lysimachia punctata L. Mazza d'oro punteggiata Minuartia verna (L.) Hiern s.l. Minuartia primaverile
Lysimachia vulgaris L. Mazza d'oro comune Misopates orontium (L.) Raf. Gallinetta comune
Lythrum borysthenicum (Schrank) Litv. Salcerella del Dnieper Moehringia bavarica (L.) Gren. s.l. Moehringia bavarese
Lythrum portula (L.) D. A. Webb Salcerella erba-portula Moehringia concarenae F. Fen. & F. Martini Moehringia della concarena
Lythrum salicaria L. Salcerella comune Moehringia dielsiana Mattf. Moehringia di Diels
Lythrum thymifolia L. Salcerella con foglie di timo Moehringia glaucovirens Bertol. Moehringia verde-glauca
Lythrum tribracteatum Spreng. Salcerella con due brattee Moehringia markgrafii Merxm. & Gutermann Moehringia di Markgraf
Malcolmia littorea (L.) R. Br. Malcolmia costiera Moehringia papulosa Bertol. Moehringia vescicolosa
Malcolmia nana (DC.) Boiss. Maresia nana Moehringia tommasinii Marchesetti Moehringia di Tommasini
Malcolmia ramosissima (Desf.) Gennari Malcolmia molto ramosa Moehringia trinervia (L.) Clairv. Moehringia a tre nervi
Malus domestica (Borkh.) Borkh. Melo comune Moenchia erecta (L.) G. Gaertn., B. Mey. & Scherb. Peverina eretta
Malus florentina (Zuccagni) C.K. Schneid. Melo ibrido s.l.
Malus sylvestris (L.) Mill. Melo selvatico Molineriella minuta (L.) Rouy Nebbia di Molineri
Malva agrigentina (Tineo) Soldano, Banfi & Galasso Malvone di Agrigento Molinia altissima Link Gramigna altissima
Malva moschata L. Malva muschiata Molinia arundinacea Schrank Gramigna altissima
Marsilea quadrifolia L. Quadrifoglio acquatico Molinia caerulea (L.) Moench s.l. Gramigna liscia
Matricaria chamomilla L. Camomilla Molinia caerulea (L.) Moench subsp. arundinacea Gramigna altissima
Matricaria discoidea DC. Falsa camomilla (Schrank) K. Richt.
Matteuccia struthiopteris (L.) Tod. Felce penna di struzzo Molinia caerulea (L.) Moench subsp. caerulea Gramigna liscia
Matthiola fruticulosa (L.) Maire s.l. Violaciocca alpina Moltkia suffruticosa (L.) Brand Erba perla rupestre
Matthiola fruticulosa (L.) Maire subsp. fruticulosa Violaciocca alpina Moneses uniflora (L.) A. Gray Piroletta soldanina
Matthiola fruticulosa (L.) Maire subsp. valesiaca (Gay Violaciocca alpina del Monotropa hypopitys L. Ipopitide
ex Gaudin) P.W. Ball Vallese Montia arvensis Wallr. Pendolino delle fonti
Matthiola incana (L.) R. Br. s.l. Violaciocca rossa Moraea sisyrinchium (L.) Ker.-Gawl. Giaggiolo dei poveretti
Matthiola incana (L.) R. Br. subsp. pulchella (Conti) Violaciocca rossa graziosa Moricandia arvensis (L.) DC. Moricandia comune
Greuter & Burdet Morus alba L. Gelso comune
Matthiola incana (L.) R. Br. subsp. rupestris (Raf.) Violaciocca rossa delle rupi Morus nigra L. Gelso nero
Nyman Murbeckiella zanonii (Ball) Rothm. Erba cornacchia di Zanoni
Matthiola tricuspidata (L.) R. Br. Violaciocca marina Muscari gussonei (Parl.) Tod. Giacinto dal pennacchio di
Medicago disciformis DC. Erba medica disciforme Gussone
Medicago lupulina L. Erba medica lupulina Muscari kerneri (Marchesetti) Soldano Cipollaccio di Kerner
Medicago marina L. Erba medica marina Muscari tenuiflorum Tausch Giacinto dal pennacchio a
Medicago minima (L.) L. Erba medica minore fiore sottile
Medicago truncatula Gaertn. Erba medica troncata Mycelis muralis (L.) Dumort. Lattuga dei boschi
Megathyrsus bivonianum (Brullo, Miniss., Scelsi & Myosotis humilis Ruiz & Pav.
Spamp.) Verloove Myosotis ramosissima Rochel ex Schult. Nontiscordardimé
Melampyrum carstiense Fritsch ramosissimo
Melampyrum fimbriatum Vandas Spigarola fimbriata Myosotis scorpioides L. Nontiscordardimé delle
Melampyrum italicum Soó Spigarola italiana paludi
Melampyrum nemorosum L. Spigarola violacea Myosurus minimus L. Coda di topo
Melampyrum velebiticum Borbás ex Hand.-Mazz. Spigarola di Velebit Myricaria germanica (L.) Desv. Tamerice germanica
Melandrium rubrum Garcke Myriophyllum alterniflorum DC. Millefoglio d'acqua gracile
Melica arrecta Kuntze Melica piramidale Myriophyllum spicatum L. Millefoglio d'acqua comune
Melica ciliata L. s.l. Melica barbata Myriophyllum verticillatum L. Millefoglio d'acqua
Melica minuta L. Melica minuta ascellare
Melica nutans L. Melica pendente Myrtus communis L. s.l. Mirto
Melica uniflora Retz. Melica comune Myrtus communis L. subsp. communis Mirto
Melilotus alba Medicus Meliloto bianco Najas marina L. Ranocchina maggiore
Melilotus albus Medik. Meliloto bianco Najas marina L. subsp. marina Ranocchina maggiore
Melilotus officinalis (L.) Pall. Meliloto comune Nananthea perpusilla (Loisel.) DC. Margherita piccolissima
Melittis melissophyllum L. s.l. Erba limona biancastra Narcissus obsoletus (Haw.) Spach Narciso autunnale
Narcissus poëticus L. Narciso dei poeti
692 Appendici
Narcissus serotinus L. Narciso autunnale Ophrys mirabilis Geniez & Melki Ofride mirabile
Narcissus supramontanus Arrigoni Narciso del Supramonte Ophrys numida Devillers-Tersch. & Devillers
Nardus stricta L. Nardo rigido Ophrys oestrifera subsp. bremifera (Steven) K.Richt.
Nasturtium officinale R. Br. Crescione Ophrys panormitana (Tod.) Soò Ofride palermitana
Nelumbo nucifera Gaertn. Fior di loto Ophrys passionis Sennen
Neodypsis decaryi Jum. Ophrys pollinensis E.Nelson ex Devillers-Tersch. &
Neotinea ustulata (L.) R.M.Bateman, Pridgeon & Orchidea bruciacchiata Devillers
M.W.Chase Ophrys sphegifera Willd.
Neottia nidus-avis (L.) Rich. Nido d'uccello Ophrys sphegodes Mill. subsp. praecox Corrias Ofride del Gargano
Nepeta foliosa Moris Gattaia di Sardegna Ophrys sphegodes Mill. subsp. sphegodes Ofride verde-bruna
Nerium oleander L. Oleandro Ophrys tardans O. & E. Danesch Ofride tardiva
Neslia paniculata (L.) Desv. s.l. Neslia pannocchiuta Opuntia ficus-indica (L.) Mill. Fico d'India
Nicotiana glauca Graham Tabacco glauco Orchis × bergonii Nanteuil
Nigella arvensis L. subsp. glaucescens (Guss.) Greuter Damigella campestre Orchis × colemanii Cortesi
& Burdet glaucescente Orchis × dietrichiana Bogenh.
Nigritella buschmanniae Teppner & Ster Nigritella di Buschmann Orchis × gennarii Rchb.f.
Nigritella nigra (L.) Rchb. f. p.p. Nigritella nera Orchis × penzigiana A.Camus
Nigritella widderi Teppner & E. Klein Nigritella di Widder Orchis × pseudoanatolica H.Fleischm.
Noccaea rotundifolia (L.) Moench Erba storna a foglie rotonde Orchis anthropophora (L.) All. Ballerina
Notholaena marantae (L.) Desv. Felcetta lanosa Orchis commutata Tod. Orchide screziata
Nuphar lutea (L.) Sm. Ninfea gialla Orchis coriophora L. Orchide cimicina
Nymphaea alba L. Ninfea comune Orchis incarnata L. Orchide incarnata
Odontites bocconei subsp. angustifolia (Lojac.) Orchis italica Poir. Orchide italiana
Giardina & Raimondo Orchis laxiflora Lam. Orchide acquatica
Odontites bocconii (Guss.) Walp. Perlina di Boccone Orchis maculata L. subsp. fuchsii (Druce) Hylander Orchide di Fuchs
Oenanthe aquatica (L.) Poir. Finocchio acquatico Orchis mascula (L.) L. s.l. Orchide maschia
cicutario Orchis morio L. Giglio caprino
Oenanthe fistulosa L. Finocchio acquatico Orchis papilionacea L. Orchide a farfalla
tubuloso Orchis pauciflora Ten. Orchide calabrese
Oenanthe lachenalii C.C. Gmel. Finocchio acquatico di Orchis provincialis Balb. ex Lam. & DC. Orchide di Provenza
Lachenal Orchis purpurea Huds. Orchide maggiore
Oenanthe pimpinelloides L. Finocchio acquatico Orchis quadripunctata Cirillo ex Ten. Orchide a quattro punti
comune Orchis simia Lam. Orchide omiciattolo
Oenanthe silaifolia M. Bieb. Finocchio acquatico con Orchis spitzelii Saut. ex W.D.J. Koch Orchide di Spitzel
foglie strette Orchis tridentata Scop. Orchide screziata
Oenothera biennis L. Enagra comune Orchis ustulata L. Orchide bruciacchiata
Olea europaea L. Olivo Ornithogalum corsicum Jord. & Fourr. Latte di gallina di Corsica
Olea europaea L. subsp. oleaster (Hoffmanns. & Link) Olivo Ornithogalum etruscum Parl. subsp. etruscum Latte di gallina toscano
Negodi Ornithogalum etruscum Parl. subsp. umbratile Latte di gallina umbratile di
Olea europaea var. sylvestris (Mill.) Lehr Olivastro (Tornad. & Garbari) Peruzzi & Bartolucci Toscana
Omphalodes verna Moench Borrana primaverile Ornithogalum umbellatum L. Latte di gallina comune
Onobrychis alba (Waldst. & Kit.) Desv. subsp. Lupinella bianca Ornithogalum umbratile Tornad. & Garbari Latte di gallina umbratile
echinata (G. Don) P.W. Ball Ornithopus perpusillus L. Uccellina minore
Onobrychis arenaria (Kit.) DC. subsp. tommasinii Lupinella dei colli di Orobanche crenata Forssk. Succiamele delle Fave
(Jord.) Asch. & Graebn. Tommasini Orobanche denudata Moris Succiamele del rovo
Onobrychis caput-galli (L.) Lam. Lupinella cresta di gallo Orthilia secunda (L.) House Piroletta pendula
Ononis cristata Mill. subsp. apennina Tammaro & Ononide dell'Appennino Osmunda regalis L. Felce florida
Catonica Ostrya carpinifolia Scop. Carpino nero
Ononis masquillierii Bertol. Ononide di Masquillier Osyris alba L. Ginestrella comune
Ononis minutissima L. Ononide minutissima Otanthus maritimus (L.) Hoffmanns. & Link Santolina delle spiagge
Ononis variegata L. Ononide screziata Oxalis acetosella L. Acetosella dei boschi
Onosma canescens C. Presl Viperina siciliana Oxalis pes-caprae L. Acetosella gialla
Onosma echioides (L.) L. Viperina comune Oxyria digyna (L.) Hill Acetosella soldanella
Onosma echioides subsp. dalmatica (Scheele) Peruzzi Viperina giallognola Paeonia mascula (L.) Mill. Peonia maschio
& N. G. Passal. dalmata Paeonia morisii Cesca, Bernardo & N.G. Passal. Peonia di Moris
Ophioglossum lusitanicum L. Ofioglosso lusitanico Paeonia officinalis L. subsp. banatica (Rochel) Soó Peonia selvatica
Ophioglossum vulgatum L. Ofioglosso comune Paeonia officinalis L. subsp. officinalis Peonia selvatica
Ophioglossum vulgatum L. subsp. vulgatum Ofioglosso comune Paeonia peregrina Mill. Peonia pellegrina
Ophrys × macchiatii E.G.Camus Paliurus spina-christi Mill. Marruca
Ophrys apifera Huds. Ofride fior di api Pallenis spinosa (L.) Cass. Asterisco spinoso
Ophrys apifera var. tilaventina Nonis & Liverani Pallenis spinosa (L.) Cass. subsp. spinosa Asterisco spinoso
Ophrys archimedea P.Delforge & M.Walravens Pancratium illyricum L. Giglio di mare di Sardegna
Ophrys argolica subsp. pollinensis (E.Nelson) Kreutz Pancratium maritimum L. Giglio marino comune
Ophrys biancae (Tod.) Macch. Panicum capillare L. Panico capillare
Ophrys bombyliflora Link Ofride fior di bombo Papaver alpinum L. subsp. alpinum Papavero delle Alpi Retiche
Ophrys caesiella P. Delforge Ofride grigia-azzurra Papaver alpinum L. subsp. ernersti-mayeri Markgr. Papavero alpino
Ophrys calliantha Bartolo & Pulv. Ofride dai fiori belli Papaver alpinum L. subsp. rhaeticum (Leresche) Papavero alpino di Ernest
Ophrys candica (E. Nelson ex Soó) H. Baumann & Ofride di Creta Markgr. Mayer
Künkele Papaver degenii (Urum. & Jáv.) Kuzmanov Papavero di Degen
Ophrys ceto Devillers, Devillers-Tersch. & P.Delforge Papaver dubium L. s.l. Papavero a clava
Ophrys flammeola P.Delforge Papaver ernersti-mayeri (Markgraf) T. Wraber Papavero alpino
Ophrys fuciflora (F.W. Schmidt) Moench s.l. Ofride dei fuchi Papaver rhoeas L. Papavero
Ophrys holosericea subsp. parvimaculata (O.Danesch Ofride dal piccolo disegno Papaver somniferum L. Papavero da oppio
& E.Danesch) O.Danesch & E.Danesch Paradisea liliastrum (L.) Bertol. Paradisia Giglio di monte
Ophrys insectifera L. Ofride insettifera Paragymnopteris marantae (L.) K.H. Shing Felcetta lanosa
Ophrys lacaitae Lojac. Ofride di Lacaita Parapholis filiformis (Roth) C.E. Hubb. Logliarella filiforme
Ophrys laurensis Geniez & Melki Parapholis incurva (L.) C.E. Hubb. Logliarella ricurva
Ophrys lucana P. Delforge Ofride di Lucania Parapholis strigosa (Dumort.) C.E. Hubb. Logliarella sottile
Ophrys lunulata Parl. Ofride a mezzaluna Parietaria judaica L. Vetriola minore
Ophrys lutea Cav. Ofride gialla Parietaria officinalis L. Erba vetriola
Ophrys mattinatae Medagli, Rossini, Quitadamo, Paris quadrifolia L. Uva di volpe
D’Emerico, Turco Parnassia palustris L. Parnassia
693 Elenco nomi latini e comuni
Paronychia kapela (Hacq.) A. Kern. s.l. Paronichia della Kapela Pinus mugo Turra subsp. mugo Pino mugo
Parrotia persica C.A.Mey. Pinus mugo Turra subsp. uncinata (Ramond ex DC.) Pino uncinato
Paspalum paspaloides (Michx.) Scribner Panico acquatico Domin
Pedicularis comosa L. Pedicolare chiomata Pinus nigra J.F. Arnold s.l. Pino nero
Pedicularis elegans Ten. Pedicolare elegante Pinus nigra J.F. Arnold subsp. laricio (Poir.) Maire Pino laricio
Pedicularis elongata A. Kern. subsp. elongata Pedicolare gialla Pinus nigra J.F. Arnold subsp. nigra Pino nero d'Austria
Pedicularis elongata A. Kern. subsp. julica (E. Mayer) Pedicolare delle Alpi Giulie Pinus nigra subsp. calabrica (Loudon) A.E.Murray
Hartl Pinus nigra subsp. dalmatica (Vis.) Franco Pino nero di Dalmazia
Pedicularis kerneri Dalla Torre Pedicolare di Kerner Pinus pinaster Aiton s.l. Pino marittimo
Pedicularis palustris L. Pedicolare palustre Pinus pinaster Aiton subsp. escarena (Risso) K. Richt. Pino marittimo
Pedicularis tuberosa L. Pedicolare zolfina Pinus pinaster Aiton subsp. pinaster Pino marittimo
Pennisetum setaceum (Forssk.) Chiov. Penniseto allungato Pinus pinaster Griseb. subsp. hamiltonii (Ten.) Huguet Pino marittimo
Peplis portula L. Salcerella erba-portula del Villar
Pereskia grandifolia Haw. Pinus pinea L. Pino domestico
Pericopsis elata (Harms) Meeuwen Pinus rigida Mill. Pino rigido
Periploca angustifolia Labill. Periploca minore a foglie Pinus sibirica Du Tour Pino siberiano
strette Pinus strobus L. Pino strobo
Periploca graeca L. Periploca maggiore Pinus sylvestris L. Pino silvestre
Persicaria bistorta (L.) Samp. Pistacia lentiscus L. Lentisco
Persicaria dubia (Stein.) Fourr. Poligono mite Pistacia terebinthus L. Terebinto
Persicaria hydropiper (L.) Delarbre Poligono pepe d'acqua Pistacia terebinthus L. x saportae Burnat Pistacia Saporte
Persicaria lapathifolia (L.) Delarbre s.l. Poligono nodoso Pisum sativum L. subsp. biflorum (Raf.) Soldano Pisello a due fiori
Petagnaea gussonii (Spreng.) Rausch. Falsa sanicola Plantago afra L. subsp. zwierleinii (Nicotra) Brullo Piantaggine pulicaria di von
Petasites albus (L.) Gaertn. Farfaraccio bianco Zwierlein
Petasites hybridus (L.) G. Gaertn., B. Mey. & Scherb. Farfaraccio maggiore Plantago albicans L. Piantaggine biancastra
Petasites paradoxus (Retz.) Baumg. Farfaraccio niveo Plantago altissima L. Piantaggine palustre
Peucedanum cervaria (L.) Lapeyr. Imperatoria cervaria Plantago amplexicaulis Cav. Piantaggine a foglie
Peucedanum officinale L. subsp. officinale Imperatoria medicinale amplessicauli
Peucedanum oreoselinum (L.) Moench Imperatoria apio-montano Plantago arenaria Waldst. & Kit. Piantaggine ramosa
Peucedanum ostruthium (L.) W.D.J. Koch Imperatoria vera Plantago atrata Hoppe s.l. Piantaggine nera
Phagnalon rupestre (L.) DC. subsp. illyricum (H. Scuderi illirico Plantago bellardii All. Piantaggine di Bellardi
Lindb.) Ginzb. Plantago cornuti Gouan Piantaggine di Cornut
Phagnalon sordidum (L.) Rchb. Scuderi tricefalo Plantago cornutii Gouan Piantaggine di Cornut
Phegopteris connectilis (Michx.) Watt Felce dei faggi Plantago crassifolia Forssk. Piantaggine a foglie
Phillyrea angustifolia L. Ilatro a foglie strette ispessite
Phillyrea latifolia L. Ilatro comune Plantago cupanii Guss. Piantaggine di Cupani
Phillyrea media L. Plantago grovesii Brullo Piantaggine di Groves
Phleum ambiguum Ten. Codolina meridionale Plantago humilis Guss. Piantaggine a cuscinetto
Phleum arenarium L. Codolina delle spiagge Plantago lanceolata L. Piantaggine lanciuola
Phleum bertolonii DC. Codolina di Bertoloni Plantago lanceolata var. sphaerostachya Mert. et Koch
Phleum hirsutum Honck. subsp. ambiguum (Ten.) Codolina meridionale Plantago macrorrhiza Poir. Piantaggine a radice grossa
Tzvelev Plantago major L. s.l. Piantaggine maggiore
Phleum pratense L. Codolina comune Plantago major L. subsp. intermedia (Godr.) Lange Piantaggine intermedia
Phlomis fruticosa L. Salvione giallo Plantago maritima L. s.l. Piantaggine marittima
Phoenix dactylifera L. Palma da datteri Plantago maritima L. subsp. serpentina (All.) Arcang. Piantaggine serpeggiante
Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud. s.l. Cannuccia di palude Plantago media L. subsp. brutia (Ten.) Arcang. Piantaggine media
Phyllitis scolopendrium (L.) Newman Scolopendria comune calabrese
Phyllolepidum rupestre (Ten.) Trinajstic Alisso rupestre Plantago peloritana Lojac. Piantaggine dei monti
Physoplexis comosa (L.) Schur Raponzolo di roccia Peloritani
Physospermum cornubiense (L.) DC. Fisospermo di Cornovaglia Plantago sarda C.Presl
Physospermum verticillatum (Waldst. & Kit.) Vis. Fisospermo verticillato Plantago serraria L. Piantaggine seghettata
Phyteuma hedraianthifolium R. Schulz Raponzolo rupestre Plantago subulata L. var. grovesii Beg. Piantaggine di Groves
Phyteuma humile Schleich. ex Gaudin Raponzolo nano Plantago weldenii Rchb. Piantaggine di Welden
Phyteuma orbiculare L. Raponzolo orbicolare Platanthera bifolia ( L. ) Rich. subsp. osca R.Lorenz ,
Phyteuma pedemontanum Rich.Schulz Romolini , V.A.Romano & Soca
Picea abies (L.) H. Karst. Abete rosso Platanthera bifolia (L.) Rich. Platantera comune
Picea excelsa (Lam.) Link Abete rosso Platanthera chlorantha (Custer) Rchb. Platantera verdastra
Picris scaberrima Ten. Aspraggine scabra Platanus orientalis L. Platano orientale
Pilosella piloselloides (Vill.) Soják Sparviere fiorentino Plumbago europaea L. Caprinella
Pilularia minuta Durieu ex A. Braun Pilularia minore Poa alpina L. Fienarola delle Alpi
Pimpinella anisoides V.Brig. Tragoselino meridionale Poa alpina var. minor W.D.J.Koch
Pimpinella lutea Desf. Tragoselino giallo Poa annua L. Fienarola annuale
Pimpinella major (L.) Huds. Tragoselino maggiore Poa balbisii Parl. Fienarola di Balbis
Pimpinella saxifraga L. Tragoselino comune Poa bulbosa L. Fienarola bulbosa
Pimpinella tragium Vill. subsp. lithophila (Schischk.) Tragoselino rupestre Poa compressa L. Fienarola compressa
Tutin Poa glauca Vahl Fienarola glauca
Pinguicula apuana Casper & Ansaldi Pinguicola delle Apuane Poa laxa Haenke Fienarola lassa
Pinguicula fiorii Tammaro & Pace Erba unta di Fiori Poa nemoralis L. s.l. Fienarola dei boschi
Pinguicula leptoceras Rchb. Erba unta bianco-maculata Poa pratensis L. Erba fienarola
Pinguicula mariae Casper Pinguicola di Maria Poa sylvicola Guss. Fienarola dei boschi
Pinguicula vallis-regiae F.Conti & Peruzzi Pinguicola della Poa trivialis L. Fienarola comune
Camosciara Poa violacea Bellardi Fienarola violacea
Pinguicula vulgaris L. Erba unta dei monti Ernici Podocarpus parlatorei Pilg.
Pinguicula vulgaris L. subsp. anzalonei Peruzzi & F. Erba unta di Anzalone Podospermum canum C.A. Mey. Scorzonera di Jacquin
Conti Podospermum laciniatum (L.) DC. Scorzonera sbrindellata
Pinguicula vulgaris L. subsp. ernica Peruzzi & F. Conti Erba unta dei monti Ernici Polycarpon tetraphyllum (L.) L. s.l. Migliarina a quattro foglie
Pinus cembra L. Pino cembro Polycnemum arvense L. Canforata selvatica
Pinus halepensis Mill. Pino d'Aleppo Polygala carueliana (Benn.) Burnat Poligala di Caruel
Pinus heldreichii subsp. leucodermis (Antoine) Polygala chamaebuxus L. Poligala falso bosso
A.E.Murray Polygala forojulensis A.Kern.
Pinus leucodermis Antoine Pino loricato Polygala major Jacq. Poligala maggiore
Pinus mugo Turra s.l. Pino mugo Polygala preslii Spreng. Poligala di Presl
694 Appendici
Polygala vulgaris L. s.l. Poligala comune Primula elatior (L.) Hill s.l. Primula maggiore
Polygonatum gussonei Parl. Sigillo di Salomone Primula farinosa L. Primula farinosa
maggiore Primula glaucescens Moretti Primula lombarda
Polygonatum multiflorum (L.) All. Sigillo di Salomone Primula glutinosa Wulfen Primula vischiosa
maggiore Primula grignensis D.M. Moser Primula irsuta
Polygonatum odoratum (Mill.) Druce Sigilllo di Salomone Primula halleri J.F. Gmel. Primula di Haller
comune Primula hirsuta All. Primula irsuta
Polygonatum verticillatum (L.) All. Sigillo di Salomone Primula integrifolia L. Primula a foglie intere
verticillato Primula latifolia Lapeyr. Primula a foglie larghe
Polygonum amphibium L. Poligono anfibio Primula longobarda Porta ex Pax
Polygonum arenarium Waldst. & Kit. Poligono degli arenili Primula marginata Curtis Primula impolverata
Polygonum arenastrum Boreau Poligono delle sabbie Primula matthioli (L.) K.Richt. Cortusa di Mattioli
Polygonum aviculare L. s.l. Poligono centinodia Primula palinuri Petagna Primula di Palinuro
Polygonum bellardii All. Poligono di Bellardi Primula pedemontana Thomas ex Gaudin Primula piemontese
Polygonum bistorta L. Bistorta Primula polliniana Moretti Primula meravigliosa
Polygonum hydropiper L. Poligono pepe d'acqua Primula recubariensis Prosser & Scorteg. Primula di Recoaro
Polygonum lapathifolium L. Poligono nodoso Primula spectabilis Tratt. Primula meravigliosa
Polygonum maritimum L. Poligono marittimo Primula tyrolensis Schott Primula del Tirolo
Polygonum minus Hudson Poligono minore Primula veris L. s.l. Primula odorosa
Polygonum persicaria L. Poligono persicaria Primula veris L. subsp. veris Primula odorosa
Polygonum scoparium Loisel. Poligono scopario, Poligono Primula villosa Wulfen Primula villosa
corsico Primula vulgaris Huds. Primula comune
Polygonum viviparum L. Poligono viviparo Primula wulfeniana Schott Primula di Wulfen
Polypodium cambricum L. Polipodio meridionale Prunella vulgaris L. subsp. vulgaris Prunella comune
Polypodium cambricum L. subsp. serrulatum (Schinz Polipodio meridionale Prunus africana (Hook.f.) Kalkman
ex Arcang.) Pic. Serm. Prunus avium L. Ciliegio
Polypodium interjectum Shivas Polipodio sottile Prunus brigantina Vill. Pruno del Delfinato
Polypodium vulgare L. Polipodio comune Prunus cerasus L. Amareno
Polypogon maritimus Willd. Coda di lepre marittima Prunus cupaniana Guss. Ciliegio di Cupani
Polystichum aculeatum (L.) Roth Felce aculeata Prunus domestica L. s.l. Susino
Polystichum filix-mas (L.) Roth Prunus dulcis (Mill.) D.A. Webb Mandorlo
Polystichum lonchitis (L.) Roth Felce lonchite Prunus mahaleb L. Ciliegio canino di Fiume
Polystichum setiferum (Forssk.) T. Moore ex Woyn. Felce setifera Prunus mahaleb L. subsp. cupaniana (Guss.) Arc. Ciliegio canino di Cupani
Populus alba L. Pioppo bianco Prunus mahaleb L. subsp. fiumana Pénzes Ciliegio canino di Fiume
Populus canadensis Moench Pioppo del Canadà Prunus padus L. s.l. Pado
Populus canescens (Aiton) Sm. Pioppo canescente Prunus persica (L.) Batsch Pesco
Populus nigra L. Pioppo nero Prunus prostrata Labill. Pruno prostrato
Populus tremula L. Pioppo tremulo Prunus prostrata subsp. humilis (Moris) Arrigoni Pruno prostrato sardo
Populus x canadensis Moench Pioppo del Canadà Prunus serotina Ehrh. Pruno serotino
Portulaca oleracea L. s.l. Porcellana comune Prunus spinosa L. Prugnolo
Potamogeton coloratus Hornem. Brasca arrossata Prunus webbii (Spach) Vierh. Mandorlo di Webb
Potamogeton crispus L. Brasca increspata Pseudofumaria alba (Mill.) Lidén subsp. alba Colombina bianca
Potamogeton lucens L. Brasca trasparente Pseudolysimachion barrelieri (Schott ex Roem. & Veronica di Barrelier
Potamogeton natans L. Brasca comune Schult.) Holub s.l.
Potamogeton nitens Willd. ex Cham. & Schltdl. Pteridium aquilinum (L.) Kuhn Felce aquilina
Potamogeton nodosus Poir. Brasca nodosa Pteris cretica L. Pteride di Creta
Potamogeton pectinatus L. Brasca delle lagune Pteris vittata L.
Potamogeton polygonifolius Pourr. Brasca poligonifoglia Pteroselinum nebrodense Guss.
Potamogeton salicifolius Wolfg. Ptilostemon greuteri Raimondo & Domina Cardo di Greuter
Potamogeton trichoides Cham. & Schltdl. Brasca capillare Ptilostemon niveus (C. Presl) Greuter Cardo niveo
Potentilla anserina L. subsp. anserina Argentina Ptilostemon strictus (Ten.) Greuter Cardo stretto
Potentilla apennina Ten. Cinquefoglia Ptilotrichum rupestre (Ten.) Boiss. subsp. rupestre Alisso rupestre
dell'Appennino Puccinellia convoluta (Hornem.) Hayek Gramignone delle saline
Potentilla argentea L. Cinquefoglia bianca Puccinellia distans (Jacq.) Parl. subsp. distans Puccinellia a pannocchia
Potentilla calabra Ten. Cinquefoglia di Calabria lassa
Potentilla caulescens L. Cinquefoglia penzola Puccinellia festuciformis (Host) Parl. Gramignone marittimo
Potentilla cinerea Chaix ex Vill. Cinquefoglia cenerina Puccinellia palustris (Seen.) Hayek Gramignone marittimo
Potentilla corsica Sieber ex Lehm. Cinquefoglia rupestre di Pulicaria dysenterica (L.) Bernh. Incensaria comune
Corsica Pulicaria odora (L.) Rchb. Incensaria odorosa
Potentilla crantzii (Crantz) Beck ex Fritsch subsp. Cinquefoglia di Crantz Pulicaria vulgaris Gaertn. Incensaria fetida
crantzii Pulmonaria apennina Cristof. & Puppi Polmonaria appenninica
Potentilla crassinervia Viv. Cinquefoglia di Sardegna Pulsatilla alpina (L.) Delarbre s.l. Pulsatilla alpina
Potentilla erecta (L.) Raeusch. Cinquefoglia tormentilla Pulsatilla vernalis (L.) Mill. Pulsatilla primaverile
Potentilla frigida Vill. Cinquefoglia gelida Punica granatum L. Melograno
Potentilla grammopetala Moretti Cinquefoglia a petali stretti Pycnocomon rutifolium (Vahl) Hoffmanns. & Link Vedovina a foglie di ruta
Potentilla micrantha Ramond ex DC. Cinquefoglia fragola Pycreus flavescens (L.) P.Beauv. ex Rchb. Zigolo dorato
Potentilla nitida L. Cinquefoglia delle Dolomiti Pyracantha coccinea M. Roem. Agazzino
Potentilla palustris (L.) Scop. Cinquefoglia di palude Pyrola minor L. Piroletta minore
Potentilla pusilla Host Cinquefoglia pelosetta Pyrola secunda L. Piroletta pendula
Potentilla reptans L. Cinquefoglia comune Pyrus amygdaliformis Vill. Pero amigdalino
Potentilla rigoana Th. Wolf Cinquefoglia del Trentino Pyrus communis L. Pero comune
Potentilla tommasiniana F.W. Schultz Cinquefoglia di Tommasini Pyrus pyraster Burgsd. Pero comune
Potentilla zimmeteri Borbás Cinquefoglia di Zimmeter Pyrus sicanorum Raimondo, Schicchi & P.Marino Pero dei Monti Sicani
Prangos ferulacea (L.) Lindl. Basilisco comune Pyrus spinosa Forssk. Pero amigdalino
Prasium majus L. The siciliano Pyrus vallis-demonis Raimondo & Schicchi Pero di Valdèmone
Prenanthes purpurea L. Lattuga montana Quercus × fontanesii Guss.
Primula acaulis (L.) Hill Primula comune Quercus amplifolia Guss. Quercia a foglie larghe
Primula albenensis Banfi & Ferl. Primula del monte Alben Quercus calliprinos Webb Quercia di Palestina
Primula allionii Loisel. Primula di Allioni Quercus cerris L. Cerro
Primula apennina Widmer Primula appenninica Quercus coccifera L. Quercia di Palestina
Primula auricula L. Primula orecchia d'orso Quercus congesta C. Presl Quercia congesta
Primula daonensis (Leyb.) Leyb. Primula della Valle di Daon Quercus crenata Lam. Cerrosughera
695 Elenco nomi latini e comuni
Rumex bucephalophorus L. s.l. Romice capo di bue Saponaria sicula Raf. Saponaria siciliana
Rumex obtusifolius L. s.l. Rómice comune Sarcocornia fruticosa (L.) A.J. Scott Salicornia fruticosa
Rumex scutatus L. s.l. Romice scudato Sarcocornia perennis (Mill.) A.J. Scott Salicornia radicante
Ruppia cirrhosa (Petagna) Grande Erba da chiozzi spiralata Sarcopoterium spinosum (L.) Spach Spinaporci
Ruppia maritima L. Erba da chiozzi comune Satureja cuneifolia Ten. Santoreggia pugliese
Ruscus aculeatus L. Ruscolo pungitopo Satureja montana L. s.l. Santoreggia montana
Ruscus hypoglossum L. Ruscolo maggiore Satureja montana L. subsp. montana Santoreggia montana
Ruta angustifolia Pers. Ruta a foglie strette Satureja subspicata Bartl. ex Vis. subsp. liburnica Šilic Santoreggia lilacina croata
Ruta chalepensis L. Ruta d'Aleppo Saxifraga aizoides L. Sassifraga gialla
Ruta chalepensis subsp. latifolia Salisb. ex H. Lindb. Saxifraga ampullacea Ten. Sassifraga del Gran Sasso
Ruta corsica DC. Ruta corsa Saxifraga androsacea L. Sassifraga rosulata
Ruta graveolens L. subsp. divaricata (Ten.) P. Fourn. Saxifraga arachnoidea Sternb. Sassifraga ragnatelosa
Ruta lamarmorae Bacch., Brullo & Giusso Ruta di La Marmora Saxifraga aspera L. Sassifraga spinulosa
Saccharum aegyptiacum Willd. Saxifraga aspera subsp. bryoides (L.) Engl. & Irmsch.
Saccharum ravennae L. Canna del Po Saxifraga australis Moric. Sassifraga meridionale
Sagina maritima G. Don Sagina marittima Saxifraga biflora All. subsp. biflora Sassifraga a due fiori
Sagina pilifera (DC.) Fenzl Sagina pelosa Saxifraga bryoides L. Sassifraga brioide
Sagina procumbens L. Sagina sdraiata Saxifraga caesia L. Sassifraga verdazzurra
Sagittaria sagittifolia L. Sagittaria comune Saxifraga callosa Sm. Sassifraga meridionale
Salicornia dolichostachya Moss Salicornia ramosissima Saxifraga cervicornis Viv. Sassifraga sardo-corsaa
Salicornia emerici Duval-Jouve Salicornia di D'Emerico Saxifraga cochlearis Rchb. Sassifraga spatolata
Salicornia fragilis P.W.Ball & Tutin Saxifraga corsica (Duby) Gren. & Godr. Sassifraga di Corsica
Salicornia patula Duval-Jouve Salicornia europea Saxifraga cotyledon L. Sassifraga dei graniti
Salicornia veneta Pignatti & Lausi Salicornia veneta Saxifraga depressa Sternb. Sassifraga della Val di Fassa
Salix alba L. Salice bianco Saxifraga exarata Vill. s.l. Sassifraga muschiata
Salix alba L. subsp. alba Salice bianco Saxifraga exarata Vill. subsp. ampullacea (Ten.) D.A. Sassifraga solcata
Salix atrocinerea Brot. subsp. atrocinerea Salice grigio scuro Webb
Salix brutia Brullo & Spamp. Salice calabrese Saxifraga facchinii Koch Sassifraga di Facchini
Salix caprea L. Salicone Saxifraga florulenta Moretti Sassifraga dell'Argentera
Salix cinerea L. Salice cenerino Saxifraga italica D.A. Webb Sassifraga d'Italia
Salix crataegifolia Bertol. Salice delle Apuane Saxifraga moschata Wulfen Sassifraga solcata
Salix daphnoides Vill. Salice dafnoide Saxifraga muscoides All. Sassifraga simile al muschio
Salix eleagnos Scop. s.l. Salice ripaiolo Saxifraga oppositifolia L. Sassifraga a foglie opposte
Salix eleagnos Scop. subsp. angustifolia (Cariot) Rech. Salice ripaiolo Saxifraga oppositifolia L. subsp. speciosa (Dörfl. & Sassifraga graziosa a foglie
f. Hayek) Engl. & Irmsh. opposte
Salix eleagnos Scop. subsp. eleagnos Salice ripaiolo a foglie Saxifraga paniculata Mill. Sassifraga alpina
strette Saxifraga petraea L. Sassifraga dei muri
Salix glabra Scop. Salice glabro Saxifraga presolanensis Engl. Sassifraga della Presolana
Salix gussonei Brullo & Spamp. Salice di Gussone Saxifraga retusa Gouan subsp. augustana (Vacc.) D.A. Sassifraga valdostana
Salix herbacea L. Salice nano Webb
Salix incana Schrank Salice ripaiolo Saxifraga rotundifolia L. Sassifraga a foglie rotonde
Salix ionica Brullo, Scelsi & Spamp. Salice dello Jonio Saxifraga seguieri Spreng. Sassifraga di Seguier
Salix myrsinifolia Salisb. Salice annerente Saxifraga tombeanensis Boiss. ex Engl. Sassifraga del monte
Salix oropotamica Brullo, Scelsi & Spamp. Salice dei fiumi montani Tombea
Salix pedicellata Desf. Salice pedicellato Saxifraga valdensis DC. Sassifraga valdese
Salix pentandra L. Salice odoroso Scabiosa crenata Cyr. Vedovina garganica di
Salix purpurea L. Salice rosso Dallaporta
Salix reticulata L. Salice reticolato Scabiosa maritima L. Vedovina maritima
Salix retusa L. Salice retuso Scheuchzeria palustris L. Giuncastrello delle torbiere
Salix rosmarinifolia L. Salice a foglie di rosmarino Schoenoplectus lacustris (L.) Palla Lisca lacustre
Salix serpillifolia Scop. Salice a foglie di serpillo Schoenoplectus litoralis (Schrad.) Palla Lisca costiera
Salix triandra L. s.l. Salice da ceste con foglie di Schoenoplectus litoralis (Schrad.) Palla subsp. litoralis Lisca costiera
mandorlo Schoenoplectus supinus (L.) Palla Lisca prostrata
Salix tyrrhenica Brullo, Scelsi & Spamp. Salice tirrenico Schoenoplectus tabernaemontani (C.C. Gmel.) Palla Lisca di Tabernaemontanus
Salsola agrigentina Guss. Salsola di Agrigento Schoenus ferrugineus L. Giunco nero delle paludi
Salsola kali L. Salsola erba kali Schoenus nigricans L. Giunco nero comune
Salsola oppositifolia Desf. Salsola a foglie opposte Scilla autumnalis L. Scilla autunnale
Salsola soda L. Salsola soda Scilla bifolia L. Scilla silvestre
Salsola vermiculata L. Salsola vermiculata Scilla elisae (Speta) Valdés Scilla di Elisa
Salvia ceratophylloides Ard. Salvia incisa Scilla obtusifolia Poir. subsp. obtusifolia Scilla a foglie ottuse
Salvia garganica Ten. Scirpoides holoschoenus (L.) Soják subsp. australis Scirpo romano
Salvia glutinosa L. Salvia vischiosa (Murray) Soják
Salvia officinalis L. Salvia comune Scleranthus annuus L. subsp. aetnensis (Strobl) Pign. Centograni dell'Etna
Salvia pratensis L. s.l. Salvia dei prati Scleranthus perennis L. subsp. vulcanicus (Strobl) Bég. Centograni vulcanico
Salvia triloba L. f. Salvia triloba Scleranthus vulcanicus Strobl Centograni vulcanico
Salvia verbenaca L. Salvia minore Sclerochloa dura (L.) P. Beauv. Fienarola indurita
Salvinia molesta D.S. Mitch. Erba pesce molesta Scorpiurus muricatus L. Erba lombrica comune
Salvinia natans (L.) All. Erba pesce Scorzonera glastifolia Willd. Scorzonera a foglie di
Sambucus nigra L. Sambuco nero gladiolo
Samolus valerandi L. Lino d'acqua Scorzonera hirsuta L. Scorzonera irsuta
Sanguisorba dodecandra Moretti Salvastrella con dodici Scorzonera hispanica L. s.l. Scorzonera di Spagna
stami Scorzonera jacquiniana (W.D.J. Koch) Boiss. Scorzonera di Jacquin
Sanguisorba officinalis L. Salvastrella maggiore Scorzonera laciniata L. s.l. Scorzonera sbrindellata
Sanicula europaea L. Sanicola europea Scorzonera villosa Scop. s.l. Scorzonera di Colonna
Santolina etrusca (Lacaita) Marchi & D'Amato Crespolina etrusca Scorzonera villosa Scop. subsp. columnae (Guss.) Scorzonera spinulosa
Santolina insularis (Gennari ex Fiori) Arrigoni Crespolina maggiore Nyman
Santolina leucantha Bertol. Crespolina apuana Scrophularia canina L. Scrofularia comune
Santolina ligustica Arrigoni Crespolina ligure Scrophularia canina L. subsp. bicolor (Sm.) Greuter Scrofularia bicolore
Santolina pinnata Viv. Crespolina apuana Scrophularia hoppii Koch Scrofularia di Hoppe
Saponaria alsinoides Viv. Saponaria rossa Scrophularia juratensis Schleicher Scrofularia di Hoppe
Saponaria lutea L. Saponaria gialla Scrophularia lucida L. Scrofularia pugliese
Saponaria officinalis L. Saponaria comune Scrophularia nodosa L. Scrofularia nodosa
697 Elenco nomi latini e comuni
Scrophularia ramosissima Loisel. Scrofularia delle spiagge Sesleria nitida Ten. Sesleria dei macereti
molto ramosa Sesleria nitida Ten. subsp. sicula Brullo & Giusso
Scrophularia scopolii Hoppe ex Pers. Scrofularia di Scopoli Sesleria pichiana Foggi, Gr.Rossi & Pignotti Sesleria di Pichi
Scutellaria columnae All. s.l. Scutellaria di Gussone Sesleria uliginosa Opiz Sesleria delle paludi
Scutellaria columnae All. subsp. gussonei (Ten.) Scutellaria di Colonna Setaria glauca (L.) Beauv. Pabbio glauco
Arcang. Setaria italica (L.) P. Beauv. Pabbio coltivato
Secale cereale L. Segale comune Setaria pumila (Poir.) Roem. & Schult. Pabbio rossastro
Secale strictum (C. Presl) C. Presl Segale selvatica Setaria viridis (L.) P. Beauv. s.l. Pabbio comune
Sedum acre L. Borracina acre Sherardia arvensis L. Toccamano
Sedum album L. Borracina bianca Sibbaldia procumbens L. Sibbaldia strisciante
Sedum amplexicaule DC. subsp. tenuifolium (Sm. in Borracina a foglie Sideritis italica (Mill.) Greuter & Burdet Stregonia italiana
Sibth. & Sm.) Greuter amplessicauli e gracili Sieversia montana (L.) Spreng.
Sedum caeruleum L. Borracina azzurra Silene acaulis (L.) Jacq. s.l. Silene a cuscinetto simile al
Sedum dasyphyllum L. Borracina cinerea muschio
Sedum montanum Songeon & E.P. Perrier Borracina montana Silene acaulis (L.) Jacq. subsp. bryoides (Jord.) Nyman Silene a cuscinetto
Sedum rubens L. Borracina arrossata Silene acaulis (L.) Jacq. subsp. exscapa (All.) Br.-Bl. Silene a cuscinetto
Sedum rubens L. var. cosyrense Somm. Borracina arrossata di Silene badaroi Breistr. Silene di Badarò
Pantelleria Silene beguinotii Vals. Silene di Béguinot
Sedum rupestre L. s.l. Borracina rupestre Silene bryoides Jord. Silene a cuscinetto
Sedum sexangulare L. Borracina insipida Silene calabra Brullo, Scelsi & Spamp. Silene calabrese
Sedum thartii L.P.Hébert Silene canescens Ten. Silene colorata
Sedum villosum L. subsp. glandulosum (Moris) P. Borracina ghiandolosa Silene capraria Sommier Silene di Capraria
Fourn. Silene colorata Poir. Silene colorata
Selaginella helvetica (L.) Spring Selaginella svizzera Silene conica L. Silene conica
Sempervivum arachnoideum L. Semprevivo ragnateloso Silene coronaria (L.) Clairv. Crotonella coronaria
Sempervivum dolomiticum Facchini Semprevivo delle Dolomiti Silene corsica DC. Silene di Corsica
Senecio aethnensis Jan Senecione dell'Etna Silene dichotoma Ehrh. Silene dicotoma
Senecio alpinus (L.) Scop. Senecione alpino Silene elisabethae Jan Silene di Elisabetta
Senecio angulatus L. f. Senecio rampicante Silene hicesiae Brullo & Signorello Silene di Pianosa
Senecio apuanus Tausch Senecione delle Apuane Silene ichnusae Brullo, De Marco & De Marco f. Silene di Ichnusa
Senecio bicolor Willd. Cineraria costiera di due Silene italica (L.) Pers. s.l. Silene italiana
colori Silene italica (L.) Pers. subsp. sicula (Ucria) Jeanm. Silene siciliana
Senecio brachychaetus DC. Senecione italiano Silene lanuginosa Bertol. Silene lanosa
Senecio candidus (J. & C. Presl) DC. Senecione candido Silene linicola C.C. Gmel. Silene del lino
Senecio cineraria DC. Senecione cinerario Silene mollissima (L.) Pers.
Senecio fontanicola Grulich & Hodálová Senecione delle fonti Silene nocturna L. Silene notturna
Senecio fuchsii Gmelin Senecione ovato Silene nocturna subsp. capraria (Sommier) Peruzzi Silene di Capraia
Senecio gibbosus (Guss.) DC. subsp. cineraria (DC.) Senecione gibboso & Carta
Peruzzi, N.G. Passal. & Soldano Silene nodulosa Viv. Silene nodulosa
Senecio glaber Ucria Senecione glauco Silene notarisii Ces. Silene di Notaris
Senecio glaucus subsp. hyblaeus Brullo Silene nummica Vals. Silene moneta
Senecio halleri Dandy Senecione di Haller Silene peloritana C.Brullo, Brullo, Giusso, Miniss. &
Senecio inaequidens DC. Senecione sudafricano Sciandr.
Senecio incanus L. s.l. Senecione canuto Silene pichiana Ferrarini & Cecchi Silene delle Apuane
Senecio leucanthemifolius Poir. Senecione costiero Silene rupestris L. Silene rupestre
Senecio lividus L. Senecione livido Silene saxifraga L. Silene sassifraga
Senecio nebrodensis L. Silene sericea All. Silene setosa
Senecio ovatus (G. Gaertn., B. Mey. & Scherb.) Willd. Senecione ovato Silene sicula Ucria Silene siciliana
s.l. Silene succulenta Forssk. subsp. corsica (DC.) Nyman Silene di Corsica
Senecio scopolii Hoppe & Hornsch. ex Bluff & Senecione illirico Silene suecica (Lodd.) Greuter & Burdet Silene svedese
Fingerh. s.l. Silene tyrrhenia Jeanm. & Bocquet Silene di Badarò
Senecio squalidus L. subsp. aethnensis (DC.) Greuter Senecione dell'Etna Silene velutina Loisel. Silene vellutata
Senecio squalidus subsp. siculus (All.) Arcang. Silene viridiflora L. Silene a fiori verdastri
Senecio vulgaris L. Senecione comune Silene viscaria (L.) Borkh. Crotonella viscaria
Sequoiadendron giganteum (Lindl.) J.Buchholz Silene vulgaris (Moench) Garcke s.l. Silene rigonfia
Serapias cordigera L. Serapide cuoriforme Silybum marianum (L.) Gaertn. Cardo mariano
Serapias cordigera L. subps. lucana R. Lorenz & V. A. Simethis mattiazzi (Vandelli) Saccardo Lilioasfodelo di Mattiazzi
Romano Sisymbriella dentata (L.) O.E. Schulz Crescione dentato
Serapias cossyrensis B. & H. Baumann Serapide di Pantelleria Sisymbrium officinale (L.) Scop. Erba dei cantanti
Serapias frankavillae Cristaudo, Galesi & R. Lorenz Sisymbrium strictissimum L. Erba cornacchia a lanciuola
Serapias lingua L. Serapide lingua Smilax aspera L. Salsapariglia nostrana
Serapias nurrica Corrias Serapide della Nurra Smyrnium olusatrum L. Corinoli comune Macerone
Serapias orientalis (Greuter) H. Baumann & Künkele Serapide orientale Smyrnium perfoliatum L. s.l. Corinoli comune
subsp. apulica H. Baumann & Künkele Smyrnium perfoliatum L. perfoliatum Corinoli comune
Serapias politisii Renz Serapide di Politis Solanum dulcamara L. Morella rampicante
Serapias vomeracea (Burm. f.) Briq. s.l. Serapide maggiore Solanum lycopersicum L. Pomodoro
Serratula tinctoria L. s.l. Serratula dei tintori Soldanella calabrella Kress Soldanella calabrese
Seseli bocconi Guss. subsp. bocconi Finocchiella di Boccone Soldanella minima Hoppe subsp. samnitica Cristof. Soldanella della Majella
Seseli bocconi Guss. subsp. praecox Gamisans Finocchiella precoce di & Pignatti
Boccone Soldanella pusilla auct. Soldanella piccola
Seseli libanotis (L.) W.D.J. Koch subsp. libanotis Finocchiella maggiore Solenopsis bivonae (Tineo) M.B.Crespo, Serra & Juan Laurenzia di Bivona
Seseli polyphyllum Ten. Seseli amalfitano Solenopsis laurentia (L.) C. Presl Laurenzia comune
Sesleria apennina Ujhelyi Sesleria degli Appennini Solenopsis minuta (L.) C. Presl subsp. nobilis (Wimm.) Laurenzia di Bivona
Sesleria argentea (Savi) Savi Sesleria argentata Meikle
Sesleria autumnalis (Scop.) F.W. Schultz Sesleria d'autunno Solidago canadensis L. Verga d'oro del Canadà
Sesleria caerulea (L.) Ard. subsp. caerulea Sesleria comune Solidago gigantea Aiton Verga d'oro maggiore
Sesleria calabrica (Deyl) Di Pietro Sesleria calabrese Solidago litoralis Savi Verga d'oro marina
Sesleria cylindrica (Balbis) DC. Sesleria argentata Solidago virgaurea L. s.l. Verga d'oro comune
Sesleria italica (Pamp.) Ujhelyi Sesleria italiana Sonchus arvensis L. s.l. Grespino dei campi
Sesleria juncifolia subsp. kalnikensis (Jáv.) Jogan Sesleria di Kalnik con foglie Sonchus asper (L.) Hill s.l. Grespino spinoso
di giunco Sonchus crispus Poir.
Sesleria juncifolia Suffren Sesleria a foglie di giunco Sonchus maritimus L. subsp. maritimus Grespino marittimo
698 Appendici
Trachomitum venetum (L.) Woodson subsp. venetum Apocino veneziano Typha latifolia L. Lisca maggiore
Trachynia distachya (L.) Link Paleo distico Typhoides arundinacea (L.) Moench Scagliola palustre
Tragopogon pratensis L. Barba di becco comune Ulex europaeus L. Ginestrone
Tragopogon pratensis L. subsp. orientalis (L.) Celak. Barba di becco orientale Ulex europaeus L. subsp. europaeus Ginestrone
Tragopogon tommasinii Sch. Bip. Barba di becco di Ulmus campestris L. Olmo campestre
Tommasini Ulmus glabra Huds. Olmo montano
Trapa natans L. Castagna d'acqua Ulmus minor Mill. Olmo comune
Tremastelma palaestinum (L.) Janchen Vedovina del Levante Umbilicus chloranthus Heldr. & Sart. ex Boiss. Ombelico di Venere
Trichocereus pasacana (F. A. C. Weber) Britton et Rose verdastro
Tricholaena teneriffae (L.) Link Panico di Teneriffe Urginea undulata (Desf.) Steinh. Scilla ondulata
Trichophorum cespitosum (L.) Hartm. Tricoforo cespuglioso Urtica dioica L. Ortica comune
Trientalis europaea L. Centonchio europea Urtica dioica L. subsp. dioica Ortica comune
Trifolium alpestre L. Trifoglio alpestre Urtica membranacea Poir. ex Savigny Ortica annuale
Trifolium alpinum L. Trifoglio alpino Urtica rupestris Guss. Ortica rupestre
Trifolium angustifolium L. Trifoglio a foglie strette Urtica urens L. Ortica minore
Trifolium arvense L. s.l. Trifoglio dei campi Utricularia australis R. Br. Erba vescica delle risaie
Trifolium badium Schreb. Trifoglio bruno Utricularia bremii Heer ex Koell. Erba vescia di Bremi
Trifolium bivonae Guss. Trifoglio di Bivona Utricularia minor L. Erba vescica minore
Trifolium bocconei Savi Trifoglio di Boccone Utricularia vulgaris L. Erba vescica comune
Trifolium campestre Schreb. Trifoglio campestre Vaccaria hispanica (Mill.) Rauschert Cetino dei campi
Trifolium cherlerii L. Trifoglio di Cherler Vaccinium gaultherioides Bigelow Mirtillo falso
Trifolium dubium Sibth. Trifoglio minore Vaccinium microcarpum (Turcz. ex Rupr.) Schmalh. Mirtillo minore
Trifolium fragiferum L. Trifoglio a fragola Vaccinium myrtillus L. Mirtillo nero
Trifolium incarnatum L. Trifoglio incarnato di Vaccinium uliginosum L. s.l. Falso mirtillo dei luoghi
Molineri umidi
Trifolium medium L. Trifoglio medio Vaccinium uliginosum L. subsp. microphyllum (Lange) Mirtillo falso
Trifolium michelianum Savi Trifoglio di Micheli Tolm.
Trifolium montanum L. subsp. rupestre (Ten.) Nyman Trifoglio montano Vaccinium vitis-idaea L. Mirtillo rosso
Trifolium mutabile Port. Trifoglio mutabile Valantia deltoidea Brullo Erba croce della Busambra
Trifolium nigrescens Viv. Trifoglio annerente Valeriana celtica L. s.l. Valeriana celtica
Trifolium nigrescens Viv. var. dolychodon Sommier Valeriana celtica L. subsp. celtica Valeriana celtica
Trifolium ochroleucum Huds. Trifoglio bianco-giallo Valeriana dioica L. Valeriana palustre
Trifolium pallescens Schreb. Trifoglio pallido Valeriana montana L. Valeriana montana
Trifolium pallidum Waldst. & Kit. Trifoglio pallido Valeriana saliunca All. Valeriana saliunca
Trifolium pratense L. s.l. Trifoglio delle nevi Valeriana saxatilis L. Valeriana delle rupi
Trifolium repens L. s.l. Trifoglio bianco Valeriana tripteris L. s.l. Valeriana trifogliata
Trifolium resupinatum L. Trifoglio risupinato Valerianella dentata (L.) Pollich Gallinella dentata
Trifolium rubens L. Trifoglio rosseggiante Vandenboschia speciosa (Willd.) G. Kunkel Felcetta atlantica
Trifolium savianum Guss. Trifoglio di Savi Veratrum lobelianum Bernh. Veratro bianco
Trifolium scabrum L. Trifoglio scabro Verbascum niveum Ten. s.l. Verbasco niveo
Trifolium stellatum L. Trifoglio stellato Verbascum niveum Ten. subsp. garganicum (Ten.) Verbasco niveo del
Trifolium striatum L. s.l. Trifoglio striato Murb. Gargano
Trifolium subterraneum L. s.l. Trifoglio sotterraneo Verbascum rotundifolium Ten. Verbasco a foglie rotonde
Trifolium suffocatum L. Trifoglio soffocato Verbascum siculum Tod. Verbasco siciliano
Trifolium sylvaticum Gérard ex Loisel. Trifoglio selvatico Verbena supina L. Verbena minore
Trifolium thalii Vill. Trifoglio di Thal Veronica alpina L. Veronica delle Alpi
Triglochin bulbosum L. subsp. barrelieri (Loisel.) Rouy Giuncastrello bulboso Veronica anagallis-aquatica L. Veronica acquatica
Triglochin laxiflorum Guss. Giuncastrello meridioonale Veronica aphylla L. s.l. Veronica minore
Trigonella esculenta Willd. Fieno greco cornicolato Veronica arvensis L. Veronica dei campi
Trigonella gladiata M. Bieb. Fieno greco selvatico Veronica barrelieri Roem. & Schult. subsp. barrelieri Veronica di Barellier
Trigonella monspeliaca L. Fieno greco di Montpellier Veronica beccabunga L. Erba grassa
Trinia dalechampii (Ten.) Janch. Sassifraga di Dalechamp Veronica brevistyla Moris Veronica a stilo breve
Tripidium ravennae (L.) H. Scholz Canna di Ravenna Veronica catenata Pennell Veronica rosea
Tripodion tetraphyllum (L.) Fourr. Vulneraria annuale Veronica hederifolia L. s.l. Veronica con foglie d'edera
Tripolium pannonicum (Jacq.) Dobrocz. subsp. Astro marino Veronica jacquinii Baumg. Veronica di Jacquin
tripolium (L.) Greuter Veronica longistyla Lange
Tripolium sorrentinoi (Tod.) Raimondo & Greuter Astro di Sorrentino Veronica montana L. Veronica montana
Trisetaria distichophylla (Vill.) Paunero s.l. Gramigna dei ghiaioni Veronica persica Poir. Veronica comune
Trisetaria flavescens (L.) Baumg. s.l. Gramigna bionda Veronica scutellata L. Veronica delle paludi
Trisetaria gracilis (Moris) Banfi & Arrigoni Gramigna di Sardegna Veronica serpyllifolia L. s.l. Veronica a foglie di serpillo
Trisetaria panicea (Lam.) Maire Gramigna minore Veronica urticifolia Jacq. Veronica delle faggete
Trisetaria segetum (Savi) Soldano Gramigna a fiori piccoli Viburnum lantana L. Viburno lantana
Trisetaria villosa (Bertol.) Banfi & Soldano Gramigna villosa Viburnum opulus L. Oppio
Trisetum argenteum (Willd.) R. et S. Gramigna argentea Viburnum tinus L. Viburno tino
Trisetum bertolonii Jonsell Gramigna villosa Vicia cassubica L. Veccia dei Kassubi
Trisetum flavescens (L.) Beauv. Gramigna bionda Vicia dalmatica A. Kern. Veccia della Dalmazia
Trisetum flavescens (L.) Beauv. subsp. flavescens Gramigna bionda Vicia dumetorum L. Veccia delle boscaglie
Triticum monococcum L. Farro piccolo Vicia ervilia (L.) Willd. Vecciola
Trochiscanthes nodiflora (All.) W.D.J. Koch Angelica minore Vicia giacominiana Seglb. Veccia di Giacomini
Trollius europaeus L. s.l. Botton d'oro Vicia glauca C. Presl Veccia glauca
Trollius europaeus L. subsp. europaeus Botton d'oro Vicia narbonensis L. s.l. Veccia di Narbona
Tuberaria guttata (L.) Fourr. Fior gallinaccio comune Vicia narbonensis L. subsp. narbonensis Veccia di Narbona
Tuberaria lignosa (Sweet) Samp. Finocchio acquatico di Vicia pannonica Crantz s.l. Veccia ungherese
Lachenal Vicia pisiformis L. Veccia pisellina
Tuberaria villosissima sicula (Grosser) Bartolo, Fior gallinaccio di Sicilia Vicia pseudocracca Bertol. Veccia assottigliata
Pulvirenti et Salmeri Vicia sativa L. s.l. Veccia comune
Tulipa australis Link Tulipano montano Vicia sepium L. Veccia delle selve
Tulipa sylvestris L. Tulipano dei campi Vicia sicula (Raf.) Guss. Veccia siciliana
Tunica saxifraga (L.) Scop. Vicia tetrasperma (L.) Schreb. Veccia a quattro semi
Tussilago farfara L. Tossilaggine comune Vicia villosa Roth subsp. ambigua (Guss.) Kerguélen Veccia assottigliata
Typha angustifolia L. Lisca a foglie strette Vinca difformis Pourr. s.l. Pervinca intermedia
Typha domingensis (Pers.) Steud. Tifa di Santo Domingo Vinca minor L. Pervinca minore
700 Appendici
Vinca sardoa (Stearn) Pign. Pervinca sarda Viola nebrodensis C. Presl Viola dei Nebrodi
Vincetoxicum hirundinaria Medik. s.l. Vincetossico contiguo Viola palustris L. Viola palustre
Vincetoxicum hirundinaria Medik. subsp. adriaticum Vincetossico comune Viola reichenbachiana Jord. ex Boreau Viola silvestre
(Beck) Markgr. Viola riviniana Rchb. Viola di Rivinus
Vincetoxicum hirundinaria Medik. subsp. contiguum Vincetossico adriatico Viola suavis subsp. adriatica (Freyn) L.Haesler
(W.D.J. Koch) Markgr. Viola valderia All. Viola di Valdieri
Vincetoxicum hirundinaria Medik. subsp. laxum Vincetossico comune Vitaliana primuliflora Bertol. subsp. praetutiana (Buser Androsace del Piceno
(Bartl.) Poldini ex Suend) I.K. Ferguson
Viola aethnensis (DC.) Strobl s.l. Viola messinese Vitex agnus-castus L. Agnocasto
Viola aethnensis (DC.) Strobl subsp. aethnensis Viola dell'Etna Vitis vinifera L. s.l. Vite comune
Viola aethnensis (DC.) Strobl subsp. messanensis (W. Viola dell'Etna Vulpia fasciculata (Forssk.) Fritsch Paleo delle spiagge
Becker) Merxm. & Lippert Vulpia ligustica (All.) Link Paleo ligure
Viola alba Besser s.l. Viola bianca Vulpia membranacea auct., non (L.) Dumort. Paleo delle spiagge
Viola alba Besser subsp. dehnhardtii (Ten.) W. Becker Viola di Dehnhardt Vulpia myuros (L.) C.C. Gmel. Paleo sottile
Viola ambigua Waldst. & Kit. s.l. Viola ambigua Vulpia sicula (C. Presl) Link Paleo siciliano
Viola arborescens L. Viola cespugliosa Wahlenbergia lobelioides (L. f.) Link subsp. nutabunda Wahlenbergia
Viola argenteria Moraldo & Forneris Viola dell'Argentera (Guss.) Murb.
Viola cenisia L. Viola del Moncenisio Woodsia alpina (Bolton) Gray Felcetta alpina
Viola comollia Massara Viola di Comolli Woodsia ilvensis (L.) R. Br. Felcetta pelosa
Viola corsica Nyman s.l. Viola corsa Woodsia pulchella Bertol. Felcetta glabra
Viola corsica Nyman subsp. ilvensis (W. Becker) Viola dell'isola d'Elba Woodwardia radicans (L.) Sm. Felce bulbifera
Merxm. Xanthium italicum Moretti Nappola italiana
Viola corsica Nyman subsp. limbarae Merxm. & W. Viola di Limbara Xanthium orientale L. subsp. italicum (Moretti) Nappola italiana
Lippert Greuter
Viola eugeniae Parl. s.l. Viola di Eugenia Xanthium strumarium L. Nappola minore
Viola eugeniae Parl. subsp. eugeniae Viola di Eugenia Zannichellia palustris L. s.l. Zannichellia delle paludi
Viola graeca (W. Becker) Halácsy Viola greca Zannichellia palustris L. subsp. pedicellata (Wahlenb. Zannichellia delle paludi
Viola kitaibeliana Schult. Viola di Kitaibel & Rosén) Arcang.
Viola limbarae (Merxm. & W.Lippert) Arrigoni Viola del Limbara Zea mays L. Granoturco
Viola magellensis Porta & Rigo ex Strobl Viola della Majella Zelkova sicula Di Pasq., Garfì & Quézel Zelkova siciliana
Viola merxmuelleri Erben Viola di Merxmueller Ziziphus jujuba Miller Giuggiolo
Viola messanensis (W.Becker) Brullo Zostera marina L. Zostera marina
Viola mirabilis L. Viola meravigliosa Zostera noltii Hornem. Zostera di Nolt
Finito di stampare nel mese di ottobre 2017