Sei sulla pagina 1di 20

2015 • Anno XXI • Numero 1

a cura della
FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA SETTENTRIONALE
SEZIONE DI TORINO

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

ATT 1-2015.indb 1 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

La polifonia della comunione


nella Commedia di Dante

Benché la componente musicale sia indubbiamente una delle più importanti,


notevoli e significative della Divina commedia, l’attenzione critica che ha ricevu-
to finora è proporzionalmente assai ridotta. Se una discussione completa della
musica nella Commedia è impossibile nello spazio di un articolo, nelle prossime
pagine cercheremo di sottolineare i principali aspetti musicali nelle tre cantiche,
per poi proporre un’interpretazione del concetto dantesco di polifonia all’interno
di un quadro teologico trinitario.

Stato dell’arte

Per quanto possa sembrare strano, il testo italiano di riferimento sulla musi-
ca nella Commedia è ancora un libro scritto più di un secolo fa da Arnaldo
Bonaventura,1 nel quale si raccolgono in modo sistematico e si discutono i ver-
si riguardanti la musica nel poema dantesco. Negli anni successivi, la ricerca
sull’argomento ha sovente preso la forma di articoli o saggi brevi su singoli passi
o episodi. Fra i più importanti lavori recenti si ricorda la notevole ricerca di
Claudia Schurr sul significato della musica nella Commedia,2 e un libro estre-
mamente dettagliato, documentato e profondo di Francesco Ciabattoni,3 a cui
attingeremo nelle prossime pagine.
Accanto alla scarsità di studi pubblicati sull’argomento, un elemento impor-
tante dovrà essere preso in considerazione, ossia come le differenti interpretazio-
ni del tema «Dante e la musica» possano produrre approcci e risultati completa-
mente dissimili.
Vi sono innanzitutto studi in cui si equiparano alla musica tutti i fenomeni
uditivi reperibili nella Commedia. Benché questa sia una scelta legittima, è inutile

 A. Bonaventura, Dante e la musica, s.e., Livorno 1904.


1

 C.E. Schurr, Dante e la musica. Dimensione, contenuto e finalità del messaggio musicale nella
2

“Divina commedia” (Quaderni di «Esercizi, musica e spettacolo»), Università degli studi di Perugia,
Perugia 1994.
3
 F. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, University of Toronto Press, Toronto 2010.

105

ATT 1-2015.indb 105 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

dire come ciò espanda ulteriormente il campo di ricerca; inoltre, a mio vedere, i
significati della musica (deliberata espressione artistica di esseri autocoscienti) e
del semplice suono non possono essere considerati equivalenti.
Altri studi non distinguono tra le similitudini o metafore musicali e la mu-
sica realmente eseguita e udita nella Commedia. Tuttavia, il punto di vista «sog-
gettivo» adottato da Dante, che descrive i regni oltremondani nel modo in cui
personalmente li esperisce, dovrebbe scoraggiare l’adozione di tale semplicistica
equivalenza.
Altre analisi riguardano la musicalità della poesia dantesca, dei suoi versi,
dei suoi artifici retorici: questo è naturalmente un aspetto cruciale degli studi su
Dante, ma non è quello che adotteremo nelle prossime pagine. Altri saggi anco-
ra considerano la musica all’interno dell’intera produzione letteraria di Dante:
anche se la ricerca svolta per il presente testo ha preso in considerazione gli altri
lavori di Dante, ci riferiremo ad essi solo occasionalmente e quando l’esposizione
lo richiederà. Infine, altri studi si dilungano sui brani musicali composti sui testi
di Dante (sia dai suoi contemporanei sia successivamente) e quelli ispirati dai
personaggi o dalle situazioni descritte nella Commedia (per esempio la Sonata
Dante di Franz Liszt o la Francesca da Rimini di Cijajkovskij). Poiché tali studi
riguardano la Wirkungsgeschichte della Commedia più che l’intenzionalità creativa
di Dante, non ne discuteremo in questa sede.
Le pagine che seguiranno prendono in considerazione principalmente il si-
gnificato della musica eseguita dalle anime, dagli angeli e dai demoni e/o di
quella udita da Dante nella Commedia, con riferimenti occasionali alle più im-
portanti metafore musicali. L’obiettivo principale è quello di dimostrare la rela-
zione tra la musica realmente esperita nell’itinerario della Commedia e la realtà
dell’amore e della grazia divina, e di esporre come queste entrano in relazione
con una concezione polifonica della Trinità.

Un itinerario musicale
Il ruolo della musica per Dante va compreso all’interno della cornice teologica
e filosofica della sua epoca, in particolar modo con riferimento a Platone (così
come era letto e compreso nel medioevo) e Boezio. Dal Timeo di Platone Dante
ha tratto una concezione «armonica» dell’universo, nella quale musica, filosofia
ed estetica sono dipendenti le une dalle altre e armoniosamente intrecciate;4 le
proporzioni armoniche dell’Anima mundi costituiscono la giustificazione teoreti-
ca per la recezione e interpretazione cristiane della mitica «armonia delle sfere».

4
  Per l’importanza del Timeo di Platone nella produzione dantesca, cf. R. De Benedictis, Ordine e
struttura musicale nella «Divina commedia», European Press Academic Publishing, Fucecchio 2000, 27.

106

ATT 1-2015.indb 106 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

Inoltre, il Timeo di Platone ha influenzato i tratti fondamentali della teoria della


musica boeziana; benché la conoscenza degli scritti di Boezio da parte di Dante
sia stata probabilmente indiretta5 (e perciò mediata dalla recezione e interpreta-
zione del De institutione musica nelle fonti a cui Dante aveva accesso), la triplice
concezione di musica come mundana, humana e instrumentalis è fedelmente ri-
specchiata dal trattamento dantesco della musica nelle tre cantiche, e a sua volta
è ispirata dal dialogo platonico.
Le più importanti metafore strumentali nella Commedia (così come l’unico
vero suono strumentale) si trovano nell’Inferno, e corrispondono alla concezione
boeziana secondo cui quella instrumentalis era la meno nobile fra le branche
della musica. L’intero Purgatorio è intessuto di musica humana, come espressione
della lotta delle anime verso la conquista della propria piena e redenta umanità;
i cori delle anime beate, che appaiono a Dante nei diversi cieli del Paradiso, cor-
rispondono all’interpretazione dantesca dell’armonia delle sfere.6
Così, per De Benedictis, la metamorfosi della musica dantesca nelle tre canti-
che rispecchia l’itinerario dell’anima verso la propria patria celeste: sia la musica
sia l’anima subiscono un’evoluzione positiva, una trasformazione in bono, deter-
minata dal loro inscindibile legame.7 Una simile evoluzione è implicata nella
concezione della Schurr, che vede la musica nella Commedia come un simbolo
che rispecchia l’ascesa dall’eterna negazione dell’amore, attraverso un amore im-
perfetto (ma che si sta perfezionando), fino all’espressione di un amore assoluto
e perfetto.8 Per Ciabattoni, l’aspetto uditivo di questa evoluzione può essere ri-
assunto come un itinerario dalla cacofonia infernale alla polifonia paradisiaca,
attraverso la monofonia purgatoriale.9
Com’è noto, l’epoca di Dante fu segnata da un profondo rinnovamento della
musica, nei propri aspetti sia teorici sia pratici. La teoria della musica vide l’in-
fluenza del concetto aristotelico (mediato dalla scolastica) sull’impianto boezia-
no: in particolare, ciò implicò una rinnovata attenzione alla natura uditiva del

 Cf. ivi, 19.


5

 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 154ss., per una discussione completa del tratta-
6

mento un po’ ambiguo del tema dell’«armonia delle sfere» nel testo dantesco. Cf. anche C. Richelmi,
«Circulata melodia. L’armonia delle sfere nella Commedia di Dante Alighieri», disponibile online a
http://users.unimi.it/gpiana/dm5/dm5dancr.htm (ultimo accesso: 12/5/2013).
7
  De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 93.
8
  Schurr, Dante e la musica, 42.
9
 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 3; 5; 12ss; M. Stillmann («The Music of Dante’s
Purgatorio», in Hortulus 1[2005]1, disponibile online a http://www.scribd.com/doc/64265149/The-
Music-of-Dante-s-Purgatorio, ultimo accesso: 12/5/2013) condivide la sua concezione della musica
paradisiaca come essenzialmente polifonica. Si può aggiungere che Schelling considerava il Paradiso
come l’unica cantica realmente musicale, assimilando l’arte dell’Inferno dantesco alla scultura e il
Purgatorio alla pittura: F.W.J. Schelling, «Über Dante in philosophischer Beziehung», in M. Schröter
(a cura di), Schellings Werke, Beck, München 1965, III, 572-583, spec. 582.

107

ATT 1-2015.indb 107 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

suono (e la riconsiderazione della musica come una scientia media) e su quello


del tempo e del movimento musicali («tempus est mensura motus»).10 A loro
volta, questi fenomeni vennero influenzati dalla diffusione delle pratiche polifo-
niche attraverso l’Europa nel XIII secolo.11

Inferno: l’anti-liturgia dell’amore divino


Nella sua concreta realtà uditiva, l’inferno di Dante è stato visto come il regno
dell’«anti-musica».12 Vedremo spesso come la musica costituisca uno dei più po-
tenti simboli danteschi per l’amore nella sua essenza divina; allo stesso tempo, il
concetto di musica come ordine e proporzione rispecchia l’armonia intra-trinita-
ria, l’armonia dell’universo e quella dell’essere umano. Se, ovviamente, le anime
dannate sono eminentemente disarmoniche in se stesse e con le altre, dovremmo
però esercitare cautela nel considerare l’inferno come totalmente disarmonico.
Per De Benedictis, infatti, i suoi suoni costituiscono una sorta di caos armo-
nico, un’armonia del disordine e dell’anti-musicalità.13 Commentando il dantesco
«là dove ’l sol tace» (Inf., I, 60), Iannucci sostiene che il «silenzio» del sole è do-
vuto all’assenza di ordine e «perciò» di musica,14 e De Benedictis ne riprende la
posizione: l’Inferno dantesco rappresenta la scomparsa della musica (o meglio la
pienezza dell’anti-musica), nella misura in cui né armonia né melodia possono
trovare spazio fra i dannati.15
Benché ciò sia indubbiamente vero, un altro elemento della musica è tutt’al-
tro che assente dall’Inferno: a mio vedere, il ritmo vi è infatti costantemente pre-
sente, per esempio nei micro e macrocicli invariabili delle punizioni delle anime
dannate. Inoltre, secondo me, il ritmo è anche l’unico elemento dell’estetica poe-
tica che Dante non rinnega nell’Inferno: com’è noto,16 il poeta ha deliberatamente
violato le regole estetiche stilnovistiche (che egli stesso aveva enunciato nel se-
condo libro del De vulgari eloquentia) per rappresentare la «morte della poesia»17
nell’Inferno.
Il sopravvivere del ritmo musicale e poetico nell’Inferno dantesco rispecchia, a
mio vedere, un elemento che gli occhi moderni non devono trascurare: l’inferno

  Tommaso d’Aquino, Commento alla fisica di Aristotele, 3 voll., ESD, Bologna 2004, II, 300ss.
10

  Cf. P. Dessì, «Le polifonie semplici», in V. Minazzi (a cura di), Atlante storico della musica nel
11

medioevo, Jaca Book, Milano 2011, 220-223.


12
  De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 9; cf. Stillmann, «The
Music of Dante’s Purgatorio».
13
  De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 9.
14
  Cf. A.A. Iannucci, «Musica e ordine nella “Divina commedia” (Purgatorio II)», in G.C. Alessi –
R. Hollander (a cura di), Studi americani su Dante, Franco Angeli, Milano 1984, 87-111, spec. 91 e 93.
15
 Cf. De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 58-59.
16
  Ivi, 74.
17
  Cf. «la morta poesì» (Purg., I, 7).

108

ATT 1-2015.indb 108 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

dantesco è certamente il regno del disordine nei suoi tratti microscopici (il di-
sordine dell’anima in se stessa, con le altre e con i demoni); tuttavia, per Dante,
persino l’inferno faceva parte di un ordine macroscopico, poiché la punizione dei
ribelli era necessaria all’armonia trascendente della giustizia divina.
Ciononostante, la vera musica, e in particolar modo la polifonia, sono im-
possibili all’inferno: come sottolineava De Sanctis, il canto corale è irrealizza-
bile poiché manca l’unità realizzata dall’amore: se l’odio è agghiacciante soli-
tudine, nell’amore si trovano simpatia, empatia e armonia.18 Il canto polifonico
richiede lo sforzo di intonare la propria voce a quella del vicino e di adattare
il proprio tempo e il proprio ritmo interiori a quelli degli altri: simboli, questi,
particolarmente efficaci per indicare l’amore cristiano. Se un ritmo globale è
reperibile anche nell’inferno e nella sua esistenza, il ritmo come comunione
(«cuori che battono insieme») è certamente assente. Ciò era già chiaro a Jacopo
della Lana, per il quale i suoni «temperati»19 per la musica sono deliziosi, e il
ritmo rappresenta l’ordine tramite cui le diverse voci possono suonare insieme
con dolcezza.20
In realtà, molti suoni vengono prodotti simultaneamente nel «paesaggio so-
noro»21 infernale: è una polifonia casuale che non ha nulla dello sforzo comu-
nionale degli altri due regni ultraterreni. Tuttavia, Dante la utilizza per rimarcare
la distanza tra inferno e paradiso: questa simultaneità di suoni che non hanno
intenzionalità comunionale è una delle numerose parodie della liturgia celeste
che simboleggiano la concezione del diavolo come «simia Dei». Chiaramente,
Lucifero, con i suoi tre volti, rappresenta una parodia della Trinità: se il Dio
unitrino è la perfetta relazione comunionale, Lucifero è un individuo singolo,
senza relazioni, e le cui tre facce rappresentano sia una mostruosità sia una
disintegrazione dell’io. Anche se in modo meno ovvio ed evidente, la musica in-
fernale realizza diverse altre parodie: per Ciabattoni, l’Inferno è un rovesciamento
«sistematico» e «tragico» della musica sacra, una «parodia» e perversione22 musi-
cale del purgatorio e del paradiso; qui «gli attributi metafisici della musica sono

18
 F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, 2 voll., Laterza, Bari 1958, I, 211. Cf. E. Ardissino,
«Parodie liturgiche nell’“Inferno”», in Annali d’italianistica 25(2007), 217-232, spec. 218, che sottolinea
l’isolamento delle anime, impedimento invalicabile alla liturgia come evento comunionale.
19
  Come dimostrato da L. Spitzer (Classical and Christian Ideas of World Harmony, a cura di A.
G. Hatcher, The John Hopkins University Press, Baltimora 1963; trad. it. di V. Poggi, L’armonia del
mondo, Il Mulino, Bologna 2009, 102), l’aggettivo utilizzato da della Lana («attemperato») fa parte di
una famiglia semantica che è in stretta relazione con l’armonia e la polifonia. Cf. Ciabattoni, Dante’s
Journey to Polyphony, 165.
20
 D. Alighieri, La Commedia con il commento di Iacomo della Lana, Tipografia Regia, Bologna
1866, I, 129. Egli connette anche il «sanza tempo» dantesco (Inf., III, 29) con il rumore e il tumulto
sentiti da Dante al suo ingresso all’inferno (Inf., III, 25-28).
21
  Per utilizzare un’espressione del compositore canadese Barry Truax (n. 1947).
22
 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 44 e 90.

109

ATT 1-2015.indb 109 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

utilizzati per sprofondare i dannati nella disperazione eterna».23 L’evocazione


distorta o parafrasata dei canti sacri «denota una parodia del canto risanante
o santificante del Purgatorio e del Paradiso», in quanto «l’effetto benefico della
musica è per sempre negato ai dannati».24 Similmente, il movimento circolare e
le grida degli angeli neutrali (Inf., III, 37-39) scimmiottano la danza e il canto
dei cori celesti, e la «banda» diabolica (Inf., XXI, 118ss) si pone «all’opposto della
musica di Dio».25
Man mano che Dante si addentra nell’inferno, i fenomeni acustici rispecchia-
no la progressiva degenerazione delle anime dannate e dei demoni, i cui suoni
diventano sempre più bestiali e inumani (si pensi all’abbaiare di Cerbero, a cui
fanno eco le anime in Inf., V, 19; alla voce «chioccia» di Plutone, che ricorda il
verso delle galline, ecc.).26 Nel canto XXX (vv. 49ss), Mastro Adamo è l’esempio
più chiaro di come l’umanità possa decadere al livello subumano simboleggia-
to dalla musica strumentale (la meno nobile, per Boezio). Ancora una volta,
l’analisi di Ciabattoni è estremamente stimolante: il «corpo» di Adamo, la cui
forma ricorda quella di un liuto, è un «equivalente perverso»27 della cetra celeste
(simbolo della croce, spesso reperibile nei trattati medievali);28 la sua posizione
«corporea» e il suo nome sono a loro volta una parodia del Cristo crocifisso, il
«nuovo Adamo».29
A tutto ciò, vorrei aggiungere un’altra osservazione: secondo Mt 22,21, le
monete sono simboli degli uomini nel loro essere immagine di Dio; e, all’epoca
di Dante, il modo più efficace per riconoscere le monete false era ascoltarne il
tintinnio («suonare come moneta falsa»). L’apparenza fisica dell’anima di Mastro
Adamo, punito in quanto falsario, è perciò simile a quella di un liuto; tuttavia,
quando essa viene colpita dal suo vicino, il suono che ne risulta è quello di un
tamburo (uno degli strumenti meno elevati, in quanto non può produrre suoni
«intonati»).30 Perciò, similmente alle monete che falsificava, la realtà del peccato
di Mastro Adamo è rivelata dal suono.

  Ivi, 47.
23

  Ivi, 67.
24
25
  Ivi, 53.
26
 Cf. De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 72.
27
  Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 61.
28
  Cf. G. Vinciguerra, La croce e la cithara. Note sulla musicalità del Venerabile Signum in Purg. 2,
Venezia 1999, disponibile online a http://www.princeton.edu/dante/ebdsa/gv99.htm (ultimo acces-
so: 12/5/2013); Nicezio, De Psalmodiae bono: PL 68,371; Riccardo di san Vittore, Allegoriae in Vetus
Testamentum: PL 175,692; Pseudo san Bonaventura, Vitis mistica: PL 184,655, ecc.
29
  Cf. Rm 5,12-15; 1Cor 15,22.45.
30
  In epoca barocca, Giovanni Battista Marino (uno dei più celebri poeti della sua epoca) scrisse
un’omelia assai interessante nella quale il liuto è visto come strumento demoniaco, in opposizione alla
cetra (suonata dal Cristo); anche qui, il diavolo scimmiotta Dio («transformat se in Angelum lucis»)
e come falsario (similmente a Mastro Adamo). Inoltre, Marino cita il «rovescio della medaglia», con
un’ulteriore allusione numismatica (cf. G.B. Marino, Dicerie sacre, Luigi Pizzamiglio, Torino 1614; A.

110

ATT 1-2015.indb 110 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

Un altro esempio del valore negativo della musica strumentale infernale è


rappresentato dall’unica vera apparizione di suoni strumentali nell’inferno, ossia
il corno di Nembrotte (Inf., XXXI, 70-81). Come segnala la Schurr, la degene-
razione della musica a suoni inarticolati ricorda la confusione delle lingue a
Babele, in quanto entrambe sono conseguenza dell’orgoglio e della ribellione. Il
suono del corno, perciò, è un surrogato della «parola» che fallisce e scompare;
esso si fa voce dell’inesprimibile desolazione dell’inferno.31
Al punto infimo della disumanizzazione, dove né la musica né l’amore sono
possibili, Dante e Virgilio troveranno la loro via d’uscita dall’inferno sul «corpo»
di Lucifero stesso, guidati dal suono del ruscello (Inf., XXXIV, 130); similmente,
secondo De Benedictis, la citazione modificata dell’inno Vexilla regis da parte
di Virgilio è quasi uno «spartiacque tematico» della musica, in cui termina la
macrosequenza della musica negata e rinnegata, e potrà risorgere quella della
musica vera e propria.32

Purgatorio: la guarigione dell’individuo


e della comunità attraverso la musica
All’inferno, l’amore è impossibile, anche se relitti di tenerezza per parenti o figli si
possono ritrovare in alcune delle anime. Nessuna vera musica potrà essere udita
fra i dannati. La musica è ricreata nel Purgatorio, dove agirà come potere «vivifi-
cante»33 e risanante, per poi trovare la propria apoteosi in cielo.
Nel Purgatorio dantesco, tuttavia, la musica non ha esclusivamente, ma solo
prevalentemente, un valore positivo: troveremo canti ingannevoli (che ricordano
al lettore la «facoltà corruttiva di certa musica»); canti di purificazione, in cui la
musica è un pharmakon (canti penitenziali, perlopiù tratti dalla liturgia quaresi-
male e pasquale, o canti di celebrazione e glorificazione); oltre, naturalmente, ai
versetti cantati dagli angeli.34
A mio vedere, il ruolo un po’ ambiguo della musica purgatoriale (che inganna
e guarisce)35 è un ulteriore potente simbolo dell’amore, che, a sua volta, può esse-
re sia ingannevole sia salvifico: il Purgatorio dantesco mostra ampiamente come
l’amore erroneamente diretto possa diventare negativo per l’anima.

Ruffino, Vanitas vs. Veritas. Caravaggio, il liuto, la caraffa e altri disincanti, Allemandi, Torino 2013, 57).
Anche se qui non troviamo riferimenti espliciti a Dante, considero questo passaggio come esempio
notevole di come tali concetti fossero in relazione reciproca (e forse come un momento significativo
nella storia della recezione della Commedia).
31
  Schurr, Dante e la musica, 120; 138-139. Cf. anche Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 48.
32
  De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 79.
33
 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 97.
34
 Cf. ivi, 98-99 e 110.
35
 Cf. ivi, 97.

111

ATT 1-2015.indb 111 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

Benché le anime purganti non abbiano più dubbi sulla loro salvezza defini-
tiva, la loro condizione di «già ma non ancora» le accomuna agli esseri umani
viventi: una condizione che viene espressa attraverso la preghiera e la musica. È
questa somiglianza che «rende il Purgatorio la cantica più umanamente commo-
vente».36 Così, i canti liturgici della Chiesa militante sono gli stessi della Chiesa
penitente, in un comune itinerario verso il cielo: secondo me, Dante fa uso della
musica liturgica per segnare la profonda unità e comunione tra il mondo dei
viventi e il purgatorio stesso.
Il repertorio cantato dalle anime penitenti è prevalentemente composto da
salmi e inni (i cosiddetti «salmi idiotici»): secondo Ciabattoni, la combinazione
dei due dimostra che «Dante aveva in mente il repertorio gregoriano più che il
salterio biblico, e ciò prova l’origine liturgica delle sue citazioni».37 Tale reperto-
rio era comunemente utilizzato e conosciuto dalla comunità dei credenti all’epo-
ca di Dante: l’evocazione di un solo verso era sufficiente per portare alla memoria
del lettore la corrispondente melodia.38
In purgatorio, la musica ha bisogno di parole: esse sono viste dalla Schurr
come un fardello indispensabile e un’incrostazione della condizione mortale, che
quasi offusca la purezza della musica celeste;39 tuttavia, la musica è parte inte-
grante della purificazione spirituale delle anime e coopera alla riconciliazione di
carne e spirito.40
La liturgia purgatoriale fa uso di tutti gli stili salmodici (salmodia diretta,
antifonale e responsoriale), con una prevalenza dello stile più semplice nelle
prime cornici, a cui subentrano i più ricercati man mano che Dante sale il monte
del purgatorio: il grado di complessità della musica liturgica sembra ascendere
parallelamente all’itinerario spirituale delle anime.41 La Schurr sottolinea che la
musica, insieme alla penitenza «fisica» e all’insegnamento biblico e morale, fa
parte della purificazione purgatoriale: in corrispondenza dell’ascesa/ascesi del­
l’ani­ma, la recitazione evolve da una mera scansione ritmica a un canto libero,
incorniciato dal ritmo musicale.42
Tutte queste tre forme salmodiche, tuttavia, sono strettamente monofoni-
che (ossia cantate all’unisono). La monofonia è un simbolo non solo dell’unità,
ma anche dell’unificazione, dell’espiazione e della riconciliazione: integrazione
all’interno del singolo individuo e lotta per la conquista dell’armonia all’interno

36
  Ivi, 95.
37
  Ivi, 111-112.
38
 Cf. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, I, 211.
39
  Schurr, Dante e la musica, 80.
40
 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 6 e 92-93.
41
 Cf. Stillmann, «The Music of Dante’s Purgatorio».
42
  Schurr, Dante e la musica, 113. Cf. ivi, 27ss, in cui discute diversi esempi dal De vulgari eloquen-
tia, e propone una teoria della concezione dantesca di tempo, ritmo, numero e misura.

112

ATT 1-2015.indb 112 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

della comunità penitente.43 Il canto all’unisono realizza una «perfetta unità d’in-
tenti»,44 nel comune impegno contro la tentazione e nella ricerca di perdono e
misericordia: la società stessa è riconciliata mentre gli individui «re-imparano ad
agire a tempo con una communitas di altri esseri umani».45
Il canto monofonico richiede la disciplina di adattare il proprio respiro a
quello degli altri, e di intonarsi con le altre voci. Inoltre, cantare la stessa linea
melodica spesso richiede uno sforzo: le diverse estensioni vocali devono sotto-
mettersi alla melodia prescelta anche se questa può trascendere (o quantomeno
risultare scomoda) l’estensione vocale dell’individuo. Per Hildegard von Bingen,
la creazione si potrà dire compiuta quando l’armonia della lode umana (un’ar-
monia tra umanità e cosmo) risuonerà pienamente in Dio. Il ristabilirsi della
«sinfonia» è un dono della grazia e il risultato degli sforzi umani: la «sin-fonia»
musicale è, allo stesso tempo, un’immagine e una realtà operante della concordia
delle anime. Nella vita della sua comunità monastica, suggerisce la Bingen, que-
sta «sinfonia» delle voci è un «processo»: le voci si «intonano» le une con le altre,
e, con la lode angelica, le anime si «intonano» le une con le altre nella comunione
reciproca, e in comunione con il creato e con Dio.46
L’amore, così, diviene la forza unificante tramite cui alle anime, «esseri musi-
cali», è permesso di lasciare la propria «coscienza individuale», essendo «assorte
in uno stesso spirito di carità». La monofonia non è monotonia, e l’armonia delle
anime è il risultato del loro accordo spirituale: l’unità (sia in atto sia in processo)
e l’armonia rivelano la forma più alta di bellezza.47
Inoltre, accanto allo sforzo musicale necessario all’intonazione comune, la
monofonia aveva anche un valore penitenziale all’interno della liturgia del tempo
di Dante: la polifonia, ritenuta un’espressione di gioia, era infatti esclusa dai riti
penitenziali.48
Se il sogno di Dante di cui è protagonista la «femmina balba» (Purg., XIX,
7ss) è un esempio chiarissimo dell’azione potenzialmente fuorviante della mu-
sica, in ciò simile all’amore mal indirizzato, le opinioni riguardo all’episodio
di Casella (Purg., II, 76ss) sono diverse. Personalmente, concordo con quanto

 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 168.


43

 E. Ardissino, «I canti liturgici nel Purgatorio dantesco», in Dante Studies 108(1990), 39-65,
44

spec. 43.
45
  Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 110.
46
 Cf. W.T. Flynn, «“The Soul is Symphonic”: Meditation on Luke 15:25 and Hildegard von
Bingen’s Letter 23», in D. Zager (a cura di), Music and Theology: Essays in Honor of Robin A. Leaver,
Scarecrow Press, Plymouth 2007, 1-8, spec. 4-5. La concordia musicale e quella dello spirito sono quin-
di, per Hildegard, un risultato dell’azione trinitaria nell’uomo: cf. Hildegard von Bingen, Letter 23, in
L. van Acker (a cura di), Hildegardis Bingensis Epistolarium. Pars Prima I-XC, Corpus Christianorum
Continuatio Mediaevalis, Brepols, Turnhout 1991, XCI, 61-66, righe 126-128.
47
 Cf. Spitzer, L’armonia del mondo, 98, riguardo a Purg., XVI, 16-21.
48
 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 26.

113

ATT 1-2015.indb 113 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

sostiene la Schurr, secondo cui Catone non condanna una forma mondana
di canto, bensì la sua percezione: il talento di Casella porta gli ascoltatori a
un’«eternità di tempo fòre» che non si confà al «ritmo» e al tempo misurato
del purgatorio. Così, secondo la Schurr, il «non più» con cui la critica qualifica
l’opportunità di un canto d’amore nell’anti-purgatorio dovrebbe essere trasfor-
mato in un «non ancora», poiché «il godimento totale del canto amoroso avrà
luogo altrove».49 A mio vedere, se la musica è un simbolo e un tramite della
grazia e dell’amore divino, si può supportare il punto di vista della Schurr. Va
ricordato, infatti, che Catone è un pagano: la sua è una vita imperniata sulla
moralità, più prossima all’economia della Legge che a quella della grazia. Egli
è giustificato dalla sua etica adamantina (benché, naturalmente, la sua stessa
moralità sia un dono della grazia), ma forse non gli è dato di comprendere il
potere salvifico della musica (dell’amore, e della musica d’amore: basti ricordare
la sua durezza nei confronti del ricordo della moglie). A mio avviso, viceversa,
il canto di Casella è in realtà un atto di compassione verso Dante e gli altri
penitenti: Casella condivide con loro un dono di bellezza, per pura generosità
e solidarietà. Una tale compassione nasce dalla conoscenza e dalla coscienza
della condizione di peccato che accomuna i membri del genere umano: forse,
quindi, la rigida moralità di Catone gli impedisce di comprendere la misericor-
dia divina, che si mostra attraverso il canto di Casella.
A questo proposito, vorrei proporre un accostamento di alcuni importanti
versi della Commedia, ciascuno dei quali inizia con la parola «Amor». I primi tre
si trovano nel celebre episodio di Paolo e Francesca (Inf., V, 100: «Amor, ch’al
cor gentil ratto s’apprende»; V, 103: «Amor, ch’a nullo amato amar perdona»;
V, 106: «Amor condusse noi ad una morte»); la loro collocazione all’inizio di
tre terzine consecutive potrebbe essere, a sua volta, una parodia infernale della
Trinità. Anche se la storia dei due amanti è profondamente commovente, sia
per il lettore sia per Dante stesso, il loro amore mal diretto li portò alla morte
eterna («condusse noi…»), trascinandoli in un vortice di cui la loro punizione
senza fine è immagine e ricordo. Il secondo episodio è l’evocazione della can-
zona di Dante da parte di Casella nel Purgatorio: qui, il canto d’amore trattiene
coloro che dovrebbe invece spingere all’espiazione, e allo stesso tempo dona
loro un’anticipazione dell’eterna beatitudine che bramano di ottenere (Purg., II,
112: «Amor che ne la mente mi ragiona»). Il terzo frammento è l’ultimo verso
dell’intera Commedia (Par., XXXIII, 145: «L’amor che move il sole e l’altre stel-
le»), in cui l’amore trinitario è la fonte di un perfetto movimento di bellezza (né
il vortice della passione né la statica indolenza dell’anti-purgatorio). Nel caso di
Francesca, Dante sperimenta un amore compassionevole che apparentemente

49
  Schurr, Dante e la musica, 88.

114

ATT 1-2015.indb 114 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

confligge con la necessità della giustizia, e in cui l’unica «musica» è l’indistinto


rimbombo del vento infernale; nell’episodio di Casella, sia la musica sia l’amore
distraggono Dante stesso dall’urgenza della giustizia divina; infine, egli potrà
trovare la perfetta coincidenza di amore e ordine nella contemplazione della
bellezza di Dio (o meglio, di Dio «come» bellezza).50
L’ingresso di Dante nel purgatorio vero e proprio è segnato da un simbolo
acustico, il suono stridente delle porte che si chiudono alle sue spalle (Purg., IX,
133-145). Questo suono aspro è stato visto da De Benedictis come «il ricordo
di un ostacolo superato», la «memoria di musica stonata» che separa Dante dal
suo passato con una cesura musicale.51 Tuttavia, io qui preferisco la lettura di
Ciabattoni, che distingue questo suono sgraziato «dagli esempi di cacofonia in-
fernale»: poiché la purificazione del purgatorio si compie tramite la sofferenza, e
poiché le anime penitenti sono ansiose di «sottomettersi [ai] crudeli tormenti» che
le renderanno infine degne della beatitudine eterna,52 «non è inconcepibile che
un suono aspro possa essere ossimoricamente percepito come dolce».53 Inoltre,
secondo me, benché ovviamente la chiusura dei portali del purgatorio segni
l’inizio di una dolorosa purificazione per le anime che vi entrano, esse sono an-
che il simbolo dell’irrevocabilità della loro stessa salvezza: un altro motivo per
cui il loro suono può essere dolce e stridente al tempo stesso.54
All’interno dell’atmosfera penitenziale del purgatorio, Dante inserisce im-
portanti (seppur rari) episodi che anticipano la beatitudine celeste anche dal
punto di vista uditivo. Così, il «grido» di liberazione (Purg., XXI, 60) unisce
le anime penitenti e quelle beate in una comune dossologia;55 e il «bordone»
di Purg., XXVIII, 7-18 prepara il pellegrino all’avvento «della polifonia e di
Beatrice».56
Così, l’esperienza che Dante fa del paradiso terrestre rappresenta una tran-
sizione e una trasformazione: la polifonia fa il suo ingresso nella Commedia con
il canto del Salmo 30 da parte del coro degli anziani (Purg., XXX, 83-84),57 e

50
  Discuteremo nelle prossime pagine dell’esperienza sinestesica di suono/musica e luce/stelle
nel Paradiso di Dante.
51
 Cf. De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 101.
52
 Cf. Purg., XXIII, 72: «Io dico pena, e dovria dir sollazzo».
53
  Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 122-124. Ciabattoni suggerisce anche che il suono
stridente delle porte del purgatorio possa essere assimilato a quello imperfetto degli organi medie-
vali.
54
  Cf. anche A. Vettori, «La breccia silenziaria in Purgatorio X», in Lectura Dantis 21-22 (prima-
vera-autunno 1997), 78-100, riguardo a come il Te Deum percepito da Dante all’interno del suono dei
portali incornici il canto X insieme con il Padre nostro, altra preghiera liturgica, nella cornice degli
orgogliosi.
55
 Cf. Par., XXVII, 1-2, e il commento della Schurr (Dante e la musica, 92).
56
 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 146.
57
 Cf. ivi, 148.

115

ATT 1-2015.indb 115 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

la musica celeste è «indissolubilmente legata» all’incedere della processione e


della rappresentazione sacra. Al sostituirsi di Beatrice a Virgilio, la polifonia
soppianta la monofonia: il pellegrino, «ora nello stato della giustizia e del li-
bero volere […], è […] pronto ad entrare nel regno della grazia divina, di cui la
musica è il mezzo».58

Paradiso: la polifonia della lode


Il ritmo, unico relitto di musica presente all’inferno, faceva parte colà dell’ordine
della giustizia divina; l’incapacità delle anime dannate di intonarsi a vicenda
e di respirare insieme – ossia di sottomettere il loro volere individuale alle ri-
chieste di una bellezza superiore – rispecchiava la loro incapacità di amare. In
purgatorio, le anime hanno sperimentato lo sforzo di cantare insieme: creare uno
spazio acustico per il canto del loro vicino, adattare la loro voce all’altezza del
canto comunitario, echeggiare nella preghiera liturgica la supplica e la lode della
Chiesa militante e di quella trionfante. Il canto gregoriano monodico, repertorio
purgatoriale, segue il ritmo della parola: l’individuo deve sottomettersi al ritmo
della preghiera per intonare il proprio respiro a quello della comunità.
In polifonia, viceversa, le singole voci sperimentano la massima libertà all’in-
terno di un ritmo ordinato e delle leggi contrappuntistiche. Moduli ritmici com-
plessi e singole melodie molto diverse l’una dall’altra possono coesistere quando
un’intelligenza superiore coordina il risultato complessivo. Quando la diversità
è purificata dallo sforzo ascetico e dalla grazia, diviene bellezza e arricchimento
reciproco. All’inferno, la varietà dei timbri e delle estensioni vocali ha prodotto
la cacofonia della disperazione; il purgatorio riconcilia la diversità nello sforzo
comunionale; in cielo, la varietà produce godimento, non solo per il risultato
acustico, ma anche per il processo e l’atto stesso del cantare. L’intonarsi reciproco
delle anime le une con le altre è già realizzato; è un fatto acquisito, che permette
loro di cantare insieme spontaneamente. In cielo, la bellezza è ordinata: diviene
una «forza cinetica che si sforza di creare e mantenere l’accordo e l’ordine del
mondo».59
Solo recentemente si è presa consapevolezza della dimensione polifonica del-
la musica del Paradiso dantesco, soprattutto perché l’insufficiente conoscenza
storica delle pratiche musicali all’epoca di Dante ha impedito il riconoscimento
delle descrizioni di polifonia reperibili nella Commedia. Come dimostrato dagli
studi di Mario Tubbini e Giulio Cattin sul Liber ordinarius della cattedrale di S.
Reparata a Firenze, la polifonia era praticata sistematicamente nell’Italia centro­

58
  Ivi, 150-151.
59
  De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 7.

116

ATT 1-2015.indb 116 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

settentrionale dei secoli XIII-XIV.60 Nell’intero Paradiso, Dante usa termini tecni-
ci molto precisi per riferirsi a forme specifiche del canto polifonico: in Par., VIII,
16-18 troviamo l’affascinante descrizione di un organum melismaticum, e la cele-
bre similitudine dell’orologio (Par., X, 139) «sottolinea l’importanza della misu-
razione del tempo per il canto polifonico».61 A mio vedere, l’armonia espressa dal
canto polifonico non soltanto necessita di un chiaro ritmo all’interno del tempo,
ma è anche un mezzo esperienziale per il dialogo fra tempo ed eternità: in Par.,
XVII, 43-45 il tempo (futuro) è «visto» così come l’armonia polifonica è udita.
Inoltre, il fatto che «la polifonia improvvisata fosse una pratica diffusa in
Toscana e nord Italia al tempo di Dante»62 è notevole: da un lato, ciò spiega
perché solo una piccola quantità di fonti scritte della prima polifonia italiana sia
giunta ai giorni nostri; dall’altro, la polifonia improvvisata è la forma musicale
che meglio si adatta a descrivere il libero arbitrio purificato nella sua interazione
amorosa con Dio e con le altre anime.
Come ampiamente dimostrato da Ciabattoni, la musica nel Paradiso è usata
coerentemente come mezzo per la comunicazione della grazia e della beatitu-
dine, divenendo un «mezzo di espressione mistico63 che aggira la fagocitazione
del linguaggio poetico».64 Come segnala Spitzer,65 il contemporaneo di Dante
Richard Rolle de Hampole (1290-1349) descrisse la propria esperienza misti-
ca come l’estatico udire la musica trascendente della grazia;66 e, nel suo elenco
di prove documentali sulle pratiche polifoniche nell’Italia dei secoli XIII-XIV,
Ciabattoni67 cita l’agiografia medievale su Angela di Foligno e Chiara d’Assisi.
Entrambe queste sante hanno vissuto momenti mistici ed estatici nei quali la
loro esperienza trascendente di Dio fu simboleggiata anche dal canto polifonico.

60
  Cf. G. Cattin, «Novità dalla cattedrale di Firenze: polifonia, tropi e sequenze nella seconda
metà del XII secolo», in Musica e storia 6(1998)1, 7-36; M. Tubbini, Due significativi manoscritti della
cattedrale di Firenze: studio introduttivo e trascrizione (Thesis ad Lauream 224), Pontificium Athenaeum
s. Anselmi de Urbe-Pontificium Institutum Liturgicum, Roma 1996; Ciabattoni, Dante’s Journey to
Polyphony, 5; 9ss; 10-12; 18; 27; 37ss. Ciabattoni è il primo studioso di Dante che prenda in conside-
razione i risultati di questi studi musicologici recenti, dando loro l’importanza cruciale che meritano.
Inoltre, se il famoso (ancorché dubbio) viaggio di Dante a Parigi ha realmente avuto luogo, il poeta
potrebbe aver avuto la possibilità di ascoltare anche composizioni polifoniche scritte (cf. ivi, 11).
61
 Cf. ivi, 158; 164 e 78.
62
  Ivi, 10 (corsivo mio).
63
  Cf. anche gli esempi citati da C. Di Fonzo, «Della musica e di Dante: paralipomeni lievi», in
Scritti offerti a Francesco Mazzoni dagli allievi fiorentini, Pubblicazioni della SDI, Firenze 1998, 47-61,
disponibile online a http://www.danteide.net/PDF_cdf/miscellanea%20minor.pdf (ultimo accesso:
12/5/2013), che cita altri mistici come Mathelda di Hackerborn, Beda il Venerabile e santa Fursa.
64
  Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 217; cf. ivi, 5-6; 155ss.
65
  Spitzer, L’armonia del mondo, 54.
66
  Cf. R. Rolle de Hampole, Incendium amoris 189, disponibile online a http://www.ccel.org/r/
rolle/incendium/incendium.htm (ultimo accesso: 12/5/2013).
67
  Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 21.

117

ATT 1-2015.indb 117 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

Mi sembra, quindi, che la musica (e nella fattispecie quella polifonica) sia stata
vista come un simbolo, se non un mezzo, per l’amore mistico.
Nei primi passi di Dante fra i cieli del Paradiso (ad esempio III, 16ss), le ani-
me beate sono tanto ansiose di parlare con lui quanto egli di ascoltarle; tuttavia,
il linguaggio verbale è visto come una forma minore di comunicazione, la cui
necessità è posta dalle limitazioni carnali di Dante, e dopo il quale le anime sono
libere di consacrarsi nuovamente al loro canto beatifico.68 Nei canti seguenti
compare un nuovo modulo poetico, che coinvolge tra linguaggi diversi: il canto,
la danza (movimento)69 e la luce contribuiranno concordemente alla trasmissio-
ne di un singolo messaggio.70 In modo più semplicistico, De Benedictis assegna
al suono e alla luce un ruolo «intercambiabile» per il raggiungimento dell’ordine
micro e macrocosmico;71 similmente, la coreografia sacra di Par., XIII, 20ss è
simbolo e realizzazione dell’armonia suprema.72
La tripla epifania divina di luce, danza e musica riecheggia, secondo la
Schurr, i tre momenti del dialogo comunionale elencati da Dante in Par.,
XXXIII, 124-126 (cfr. XXVI, 28-36 e XXVIII, 109-114),73 ossia l’intendere,
l’amare e l’arridere. La luce corrisponderebbe perciò all’intendere; l’unione di
amore e felicità dovrebbe significare azione e manifestazione, che corrispondo-
no a danza e suono. Ancora una volta, la Schurr sostiene che la trasformazione
della voce cantante in discorso non significa che le parole possano sostituire
il canto o il concetto la musica. Ciò accade solo in una «situazione di insuf-
ficienza, quando, cioè, il coinvolgimento di un interlocutore imperfetto (come
Dante) offusca l’immediatezza del dialogo ideale, rappresentato dalla musica
(canto)».74 Solo nella visione dell’Aquila (Par., XVII-XIX) la parola detta diverrà
parte della triplice espressione dell’amore divino: qui le anime danzanti forme-
ranno le lettere di una frase (Par., XVIII, 91-93); il loro canto comunicherà le
parole (Par., XIX, 97) e le luci verranno mosse in virtù delle loro parole (Par.,
XX, 148).
Mentre le parole cantate dalle anime penitenti nel purgatorio erano sempre
chiaramente intelligibili, nel paradiso la musica trascende la comprensione
intellettuale: le parole, nel migliore dei casi, sono superflue, e spesso del tut-

68
 Cf. Schurr, Dante e la musica, 47.
69
 Per sant’Agostino, la musica era la «scientia bene movendi» (De Musica I,iii): la musica e il
movimento sono quasi identici.
70
  Schurr, Dante e la musica, 48.
71
  De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 7.
72
  Cf. A. Milbank, Renewing the Christian Imaginary through Space: Art and Architecture, disponibile
online a http://www.stbonifacetrust.org.uk/documents/renewing_the_christian_imaginary_2b.pdf
(ultimo accesso: 12/5/2013), 4ss.
73
 Cf. Schurr, Dante e la musica, 52ss.
74
  Ivi, 54.

118

ATT 1-2015.indb 118 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

to inadeguate per l’espressione dell’ineffabile (cf. Par., I, 70-73). Nemmeno la


musica stessa può essere pienamente goduta dai sensi mortali di Dante. Il si-
lenzio di Par., XXI, 58ss corrisponde al cessare del sorriso di Beatrice: «Questa
pausa musicale fa parte del processo di temperamento ed intonazione (tempe-
rasse, verso 10 precedente), mentre il tessuto musicale dell’universo si adatta ai
sensi indeboliti del pellegrino».75 Questa concezione è condivisa dalla Schurr:
nell’Empireo, la musica non è soppiantata dalla luce, e la progressiva assenza
della musica non è assoluta, bensì relativa alla percezione di Dante. «Con la
cessazione del movimento, in quanto legato alla dimensione spaziale, cessa
anche la musica, in quanto legata alla dimensione temporale». Tuttavia, se il
tempo musicale è assorbito dall’eternità, il significato della musica celeste non
può scomparire: «La sua realizzazione sarà diversa, lontanamente immagina-
bile come concentrazione e fusione simultanea di momenti prima dislocati nel
tempo».76

L’eco del canto reciproco della Trinità


Soltanto alcuni degli studiosi che si sono occupati di Dante e della musica han-
no realizzato la differenza cruciale tra il canto monofonico del Purgatorio e la
polifonia del Paradiso. Persino il monumentale e superbo saggio di Spitzer sul­
l’idea cristiana dell’armonia non giunge a identificare le radici di tale distinzione:
le anime beate cantano polifonicamente poiché la polifonia è uno dei migliori
simboli dell’amore reciproco della Trinità.
La Commedia suggerisce in più di un’occasione l’idea della «musicalità» di
Dio: in Par., XV, 1-6 Dante raffigura Dio come il musicista che suona la lira delle
anime;77 e il numero tre è ricorrente nelle descrizioni dei cori angelici proposte
da Dante. Il solenne Osanna di Par., XXVIII, 115.118-120 è cantato dalla «secon-
da triade di angeli» ed è «presentato, di nuovo, come l’intrecciarsi di tre linee me-
lodiche». Come Ciabattoni giustamente segnala, questo Osanna è la conclusione
musicale dell’itinerario del pellegrino, che era stato inaugurato con il Miserere di
Inf., I, 65 (pronunciato senza melodia, in corrispondenza della disperazione e del
buio dell’inferno e dell’anima «perduta»). A tale preghiera era stata fornita un’eco
nel Miserere di Purg., V, 24, cantato dalle anime penitenti e trasformatosi in una
liturgia di lode nell’ultimo inno del Paradiso.78 Si aggiunga che il primo Miserere

  Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 184; 179 e 185.


75

 Cf. Schurr, Dante e la musica, 73; 75 e 77.


76
77
 Come Iannucci («Musica e ordine nella “Divina commedia” [Purgatorio II]», 87-111) sottolinea,
un’immagine simile era stata proposta da sant’Agostino (Epistole CXXXVIII,i.5: PL 33: «Velut magnum
carmen cuiusdam ineffabilis modulatoris»).
78
 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 167 per la citazione precedente e 168 per questo
suggerimento interpretativo.

119

ATT 1-2015.indb 119 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

era stato pronunciato nella solitudine e nell’isolamento, il secondo viene cantato


monofonicamente da un coro, e l’Osanna è intessuto nella gloriosa polifonia di
tre linee melodiche.
Come si diceva, la polifonia celeste è stata posta solo occasionalmente in
relazione con la propria vera origine: per esempio, le note di Sinclair alla simi-
litudine musicale di Par., XIV, 118 sottolineano lo sforzo di Dante per «trovare
un’espressione per l’inesprimibile, […] suggerendo l’eterna unità e […] l’eterna di-
versità di Dio nel suo essere ed operare che sembrano alternarsi ma sono simulta-
nei ed immutabili».79 Similmente, De Benedictis porta all’attenzione l’ineffabilità
dell’unione delle anime beate con Dio nella loro lode cantata alla Trinità (Par.,
XII, 25-27): il coro esprime la propria intima armonia e la effonde sull’intero
universo.80
È forse quella della Schurr l’opinione più precisa su questo argomento: essa
individua una «connaturata somiglianza» e un «reciproco rinvio tra amore e mu-
sica», mentre l’anima si immerge nell’ineffabilità di entrambi, e aggiunge: «Forse
il concetto di “relazione” potrebbe essere letto non soltanto come figura di un
ordine armonioso da cui scaturisce la creazione, ma come momento costitutivo
dell’Amore».81
Il concetto musicale di polifonia è peraltro adottato da Cunningham82 come
paradigma e quadro esegetico per ogni tentativo di approssimare e comprendere
parzialmente il mistero trinitario.83 Inoltre, esso si rivela utile anche a riguardo di
diverse relazionalità (ancorché derivate e interconnesse), come quella fra Dio e
l’uomo, o quelle tra esseri umani in una comunità, e particolarmente all’interno
della Chiesa. Nella musica polifonica, per Cunningham, l’essere-uno e l’essere-tre
non rappresentano una violazione del principio di non-contraddizione: la rela-
zionalità (tra suoni o persone) è la dimensione naturale della musica. Inoltre, il
«principale attributo della polifonia è la differenza simultanea e non escludente:
ossia, più di una nota è suonata contemporaneamente, e nessuna di queste note
è tanto predominante da renderne muta un’altra».84

79
 D. Alighieri, The Divine Comedy of Dante Alighieri, a cura di J.D. Sinclair, John Lane, London
1939; Oxford University Press, New York 1961, 209.
80
 Cf. De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella «Divina commedia», 125. Tuttavia, qui De
Benedictis parla di un coro «all’unisono» e sostiene che «l’unisonanza è necessariamente un dato
espressivo per la comprensione del discorso musicale». Ovviamente questa affermazione, peraltro piut-
tosto oscura, non va obbligatoriamente condivisa.
81
  Schurr, Dante e la musica, 26-27.
82
 D.S. Cunningham, These Three Are One: The Practice of Trinitarian Theology. Challenges in
Contemporary Theology, Blackwell, Oxford 1998, 127ss.
83
 Cf. Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 164: «La metafora e l’immaginario musicale sono
necessari per comprendere, se non il mistero della Trinità, almeno la sua rappresentazione visuale/
acustica».
84
  Cunningham, These Three Are One: The Practice of Trinitarian Theology, 128.

120

ATT 1-2015.indb 120 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

Similmente, la Schurr sostiene che «soltanto la musica può sostenere la vera


simultaneità di più voci, ma non la parola»,85 e, per Ciabattoni, l’uso dantesco
dell’organum melismaticum «adombra una fusione polifonica delle voci in un’uni-
tà, che si trova anche nel mistero della Trinità, che è composta di entità differenti
come le parti musicali si uniscono in un solo canto».86
E davvero, per Jenson, la comunione trinitaria è un «canto», all’interno del
quale l’uomo è «condotto», e al quale, per grazia di e tramite lo Spirito, è chiama-
to a partecipare;87 anche qui, la Schurr correttamente riconosce «una sostanziale
unità tra il canto terreno e quello celeste», in quanto «entrambi sono un “pren-
dere la nota” dietro a una fonte di ispirazione trascendente, qual è lo “spiro” di
Amore o lo “spiro” degli eterni giri»88 (cf. Par., XXV, 132). Così, l’adozione di una
concezione polifonica per descrivere le relazioni trinitarie permette al lettore di
riconoscere il paradigma di ogni relazionalità il cui ordine è formato dall’amore;
la polifonia riconcilia «la molteplicità degli individui con l’unità del Creatore»,89
e offre un modello per una miglior società e politica: l’organum è utilizzato nuo-
vamente da Dante per presentare Carlo Martello, il prototipo del governo giusto,
e Giustiniano utilizza la metafora musicale della polifonia per indicare la pacifi-
ca società del cielo (Par., VI, 124-126). Così, la polifonia acquisisce una «signifi-
catività allegorica in termini politici, teologici e poetici».90
Se la polifonia del Dio unitrino è il punto di arrivo del viaggio del pellegri-
no, l’itinerario musicale di Dante può essere preso come paradigma di altri cam-
mini spirituali: per esempio, la caotica e frammentaria pluralità della cacofonia
infernale potrebbe essere vista come simbolo del politeismo, che deve subire la
purificazione «monofonica» del purgatorio (forse rappresentativa del radicale
monoteismo giudaico) per ricevere la rivelazione del Dio polifonico unitrino.
A livello scritturale, se la confusione babelica era la conseguenza dell’orgoglio
umano, la Pentecoste rappresenta una pluralità riconciliata: il caos è conse-
guenza dell’espressione egocentrica e individualistica di un ego che punta a so-
praffare gli altri e all’autoaffermazione. Lo sforzo di coloro che rispondono alla
chiamata divina consiste nel cooperare con la grazia per creare unità, cosicché la
varietà dei carismi possa risultare all’interno della ritrovata unità del linguaggio
e del cuore.
Abbiamo visto nelle pagine precedenti che la musica è, per Dante, un sim-
bolo della grazia e dell’amore divino: entrambi sono raffigurati e contrario, e

  Schurr, Dante e la musica, 79.


85

  Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 159, a riguardo di Par., XIII, 25-27 e della doppia
86

ghirlanda di Par., XIV, 28-33.


87
  Cf. R.W. Jenson, Systematic Theology. The Triune God, Oxford University Press, Oxford 1997, 235.
88
  Schurr, Dante e la musica, 86, su Purg., XXX, 91-93.
89
  Ciabattoni, Dante’s Journey to Polyphony, 11-12; 155; 168 e 217-218.
90
  Ivi, 173 e 154.

121

ATT 1-2015.indb 121 20/07/15 15.23


Chiara Bertoglio

tramite la loro assenza, nell’inferno; entrambi agiscono come forza di purifi-


cazione e risanamento nel purgatorio, dove la musica rinasce ed è a sua volta
un mezzo per la rinascita spirituale; entrambi brillano nella rivelazione celeste
della bellezza di Dio, che è comunicata e rispecchiata dall’eterna lode delle
anime beate.
La musica è costituita da bellezza e ordine, e, come tale, è uno dei migliori
simboli dell’ordine della grazia. Dopo l’anti-sinfonia dell’inferno, con la compe-
tizione di ego che si autoaffermano, la monodia liturgica del purgatorio insegna
alle anime penitenti a intonarsi con la liturgia d’amore intra-trinitaria. Questo
apprendimento permette loro di trovare la vera voce dell’umanità, che era stata
persa e rovinata dal peccato: i suoni dell’inferno erano subumani, bestiali e bruti;
l’ascesi consiste nel «prendere la nota» dal canto amoroso del Figlio al Padre
nello Spirito, e nel trovare la nostra genuina umanità nel Figlio e all’interno
della sua lode liturgica. La sofferenza del purgatorio unifica i penitenti; il loro
grido d’aiuto è lo stesso, così come il loro desiderio di liberazione. Nella soffe-
renza del purgatorio, tutti aspirano a un medesimo obiettivo, l’unione con Dio.
Nel Purgatorio di Dante, quanto più è tormentosa la sofferenza delle anime (che
è sopportata con amore e «intonandosi» alla volontà di Dio), tanto più l’anima
desidera la propria liberazione, che coincide con la propria unione con Dio (e
che, a sua volta, è il volere di Dio). Così, la preghiera delle anime «si intona» con
la preghiera del Figlio, che è una preghiera sacrificale (cf. Ap 13,8) così come
un’eterna lode.91
La polifonia divina è perciò una perfetta metafora della comunione realiz-
zata attraverso l’accoglienza dell’altro, l’apertura e l’ascolto, tramite la carità, del
vincolo intra-trinitario per eccellenza. L’eterno dialogo tra Padre, Figlio e Spirito
diviene bellezza poiché è armonia totale e non ha altri scopi al di fuori di se
stesso.92 Così, per citare Edwards, il paradiso, «società felice nel massimo grado»,
è popolato da anime che esprimono «il loro amore, la loro gioia, e l’intima con-
cordia ed armonia, e bellezza spirituale […] cantando dolcemente le une per le
altre».93 La bellezza di una creazione redenta è perciò nella concordia reciproca

91
  Qualche decennio dopo la composizione della Commedia di Dante, santa Caterina da Siena
descrisse il Cristo crocifisso come il primo «musicista», il cui esempio dovrebbe essere il modello
per tutti i credenti: «El primo che solfasse in suono di vita fu il dolce e amoroso Verbo, pigliando la
vostra umanità. E con questa umanità unita con la Deità, facendo uno dolce suono in su la croce,
prese il figliuolo de l’umana generazione […]. Tucti voi altri sonate inparando da questo Maestro». C.
Benincasa (santa Caterina da Siena), Libro della Divina Dottrina volgarmente detto Dialogo della Divina
Provvidenza, disponibile online a http://www.ilpalio.siena.it/Personaggi/DialogoDivinaProvvidenza
(ultimo accesso: 12/5/2013), 147.
92
 R.W. Jenson, «Language and Time», in Response, 8(1966), 75-80.
93
 J. Edwards, Miscellanies, Yale University Press, New Haven 1994 (Y13:331), 182.

122

ATT 1-2015.indb 122 20/07/15 15.23


La polifonia della comunione
nella Commedia di Dante

«fra una mente ed un’altra, e fra tutte le menti e Cristo Gesù […], e tra le persone
della Trinità, la suprema armonia in assoluto».94

Chiara Bertoglio
corso Monte Cucco, 125 – 10141 Torino
chiara@chiarabertoglio.com

Sommario
Nella Commedia di Dante, la musica occupa un posto di assoluto rilievo: ad essa sono
affidate alcune delle più efficaci metafore e simbologie dell’amore divino. Totalmente
assente nell’Inferno, in cui né amore né bellezza trovano spazio se non nel ricordo, essa
si presenta nel Purgatorio come strumento di guarigione, purificazione e preghiera: qui il
canto è monodico e unisono, come nella tradizione gregoriana della liturgia medievale.
Nel Paradiso, la polifonia (invenzione assai recente all’epoca) compare con sempre mag-
gior frequenza a simboleggiare con la sua bellezza la gioia della beatitudine, e con il suo
conciliare pluralità e unità il gaudio della comunione radicata nel mistero della Trinità
divina, vera polifonia dell’amore.

Summary. Communion polyphony in Dante’s Comedy


In Dante’s Comedy music is granted a place of absolute prominence: through it some
of the most effective metaphors and symbols of God’s love are conveyed. Plainly absent
in Hell, in which there is no room either for love or for beauty except by recollection, it
comes out in Purgatory as an instrument of healing, purifying and praying: here singing
is monodic and unisonous, according to the Gregorian tradition of the Middle Ages
liturgy. In Paradise, polyphony (a novelty at Dante's time) appears more and more fre-
quently. Its beauty signifies the heavenly bliss; its power to reconcile plurality with unity
symbolises the joy of communion, which is rooted within the mystery of God's Triunity,
a true polyphony of love.

  Id., The Works of Jonathan Edwards, The Christian Classics Ethereal Library, s.d., II, n. 182.
94

123

ATT 1-2015.indb 123 20/07/15 15.23

Potrebbero piacerti anche