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Sommario
Col presente DTO si intende riprendere i concetti relativi al
ciclo della formazione, già dettagliati nella UNI ISO
10015:2001, Gestione per la qualità - linee guida per la
formazione ma aggiornandole sia ai requisiti espressi dalla
UNI ISO 29990:2011, Servizi per l’apprendimento relativi
all’istruzione e alla formazione non formale - Requisiti di
base per i fornitori del servizio sia ai requisiti espressi dalla
recente legislazione europea e italiana sulla SSL e, con ottica
più allargata, all’area di applicazione specialistica della SSL
che può definirsi area della prevenzione sostenibile.
I contenuti dei documenti tecnici operativi sono redatti con la massima cautela e attenzione, ma
rappresentano solo il punto di vista dell’Associazione. Essendo destinati alla divulgazione tra i Soci, si è
privilegiato il linguaggio pratico e di facile comprensione piuttosto che l’uso esasperato di termini tecnici
o giuridici, più esatti ma non generalmente noti. Si raccomanda pertanto di considerarli come un
contributo alla conoscenza di ognuno e non come affermazioni/dichiarazioni erga omnes.
Indice
0 Premessa ...................................................................................................................................................... 2
Il presente documento, redatto e approvato da AIAS, Associazione professionale Italiana Ambiente e Sicurezza, è protetto da copyright ed è destinato
alla distribuzione tra i soli Soci AIAS e non può essere riprodotto da terzi senza autorizzazione scritta della Presidenza AIAS. Il contenuto del documento
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improprio ne sia fatto dai Soci e dai Terzi.
Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
0 Premessa
Lo scopo che si è prefissato per la realizzazione del presente DTO è stato di fornire una guida alla
progettazione e attuazione efficace del processo formativo con particolare riferimento all’ area di
applicazione specialistica della SSL. Si sono consultate pertanto le fonti disponibili sulle recenti ricerche e
applicazioni nella suddetta area specialistica e se ne sono estratti solo ii para-grafi ritenuti più utili a definire
il quadro complessivo di riferimento per tutto il processo. Si citeranno pertanto specificamente, paragrafo
per paragrafo, le fonti e gli autori.
2 Riferimenti normativi
[1] UNI ISO 29990:2011, Servizi per l’apprendimento relativi all’istruzione e alla formazione non formale -
Requisiti di base per i fornitori del servizio e UNI 11595:2015, Servizi di formazione per l’educazione e la
formazione non formali - Guida all’applicazione della UNI ISO 29990
[2] Consulta Inter associativa Italiana per la Prevenzione, CIIP, La formazione in materia di salute e sicurezza
sul lavoro: problematiche applicative e proposte, documento del 10 di-cembre 2015, e Position paper
sulla formazione OSH&E del GdL CIIP, rev. 7 del 17/11/2014
[4] ISO 15489 (all parts), Information and documentation — Records management
[5] UNI ISO 10015:2001, Gestione per la qualità - linee guida per la formazione
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
[6] Regione Lombardia - Formazione, Istruzione e Lavoro - Accreditamento degli enti di formazione e di
orientamento al lavoro, a cura di Giacomo Elias; Roma, Armando, 2003
[7] Consiglio del Parlamento Europeo – Raccomandazione del 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro
europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente
[8] Cedefop-European Centre for the Development of Vocational Training – European guide-lines for
validating non-formal and informal learning, 2009
[9] Carlo Bisio, Fare apprendere la sicurezza. Manuale per la formazione dei formatori per la sicurezza, 2014,
by Carlo Bisio.
[10] UNI 10771:2015, Consulenza di direzione (consulenza di management) Valori, processo e competenze
del servizio. Criteri applicative della UNI EN 16114.
[11] Strumenti innovativi per la formazione alla salute e sicurezza nelle grandi imprese - Un’esperienza del
mondo ENI, INAIL 2012.
[12] Formazione dei lavoratori in materia di igiene e sicurezza sul lavoro – Guida per le imprese, Regione
Lombardia, ASL Monza e Brianza, Maggio 2014.
3 Termini e definizioni
Abilità, dal rif. [7]: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a
termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le abilità sono
descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o pratiche
(comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).
Applicazione specialistica, dal rif. [10]: Applicazione di conoscenze (discipline di riferimento), metodologie
e tecniche operative per il funzionamento della propria area di responsabilità in termini organizzativi
(efficienza) e dei risultati attesi (efficacia).
Apprendimento, dal rif. [1]: Acquisizione di conoscenze, comportamenti, abilità, valori, orientamento o
comprensione.
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Apprendimento permanente (life-long learning), dal rif. [7]: Tutta l’attività di apprendimento sostenuta nel
corso della vita, che risulta in un miglioramento di conoscenze, abilità, competenze e qualificazioni per
ragioni personali, sociali e/o professionali.
Apprendimento complessivo (life-wide learning), dal rif. [7]: apprendimento sia formale, non formale o
informale, che ha luogo in tutta l’estensione delle attività della vita (personali, sociali o professionali) e in
ogni sua fase.
Apprendimento informale, dal rif. [7]: apprendimento che deriva dalle attività di tutti i giorni, legate al
lavoro, alla famiglia o al divertimento. Non è preorganizzato, né strutturato in termini di obiettivi, tempo,
supporto di apprendimento. L’apprendimento informale è principalmente non intenzionale dal punto di vista
del discente.
Risultati dell’apprendimento (learning outcomes), dal rif. [7]: l’insieme di conoscenze, abilità e/o
competenze che un individuo ha acquisito e/o è in grado di dimostrare al termine di un processo di
apprendimento.
Attestazione (o certificazione) dei risultati dell’apprendimento, dal rif. [7]: il processo di attestazione
formale che le conoscenze, abilità e/o competenze acquisite da un individuo sono state valutate e validate
da una struttura competente a fronte di uno standard predefinito. La certificazione ha come risultato
l’emissione di un attestato, certificato, diploma o titolo.
Attestato o certificato, dal rif. [7]: un documento ufficiale, emesso da una struttura che lo concede, che
registra i risultati raggiunti da un individuo secondo una procedura di valutazione standard
Contesto esterno, dal rif. [13]: Ambiente esterno nel quale l’organizzazione cerca di conseguire i propri
obiettivi.
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• Dell’organizzazione; e
• Relazioni con i portatori d’interesse esterni, loro percezioni e valori.
Definizione dei parametri esterni ed interni da tenere in considerazione quando si gestisce il rischio e si
definiscono il campo di applicazione ed i criteri di rischio per la politica per la gestione del rischio.
NOTA: NELLA PRESENTE NORMA INTERNAZIONALE, IL TERMINE “DIALOGO SOCIALE” È UTILIZZATO ESCLUSIVAMENTE NEL
SIGNIFICATO ATTRIBUITO DALL ’ORGANIZZAZIONE I NTERNAZIONALE DEL LAVORO , ILO.
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Facilitatore, dal rif. [1]: Persona che lavora coi discenti per assisterli nell’apprendimento
Istruzione non formale, dal rif. [1]: Attività educative organizzate al di fuori dei sistemi stabiliti e
riconosciuti di istruzione elementare, secondaria o superiore.
Esempio: Formazione professionale, apprendimento continuo, formazione in azienda sia affidata (o)
all'esterno sia interna (o).
Omologazione formale: il processo di concedere una status ufficiale alle abilità e competenze:
Omologazione sociale: il riconoscimento del valore delle abilità e/o competenze da parte di parti
interessate economiche o sociali.
NOTA: VEDI ANCHE VALUTAZIONE DEI RISULTATI DELL’APPRENDIMENTO E VALIDAZIONE DEI RISULTATI
DELL ’ APPRENDIMENTO
Qualifica, dal rif. [7]: risultato formale di un processo di valutazione e convalida, acquisito quando l’autorità
competente stabilisce che i risultati dell’apprendimento di una persona corrispondono a uno standard
definito. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche sono definiti nell’allegato II della raccomandazione
otto livelli attraverso descrittori che indicano i risultati dell’apprendimento in termini di conoscenze, abilità
e competenze.
Trade-off, dal rif. [10]: Caratteristica della complessità che esprime un concetto di interdipendenza tra due
o più valori, tra due o più problemi, tra due o più soggetti, da soddisfare in presenza di risorse finite.
NOTA: I TRADE-OFF AUMENTANO DI NUMERO E DI CRITICITÀ CON L’AUMENTARE DEGLI STAKEHOLDER E LA DIMINUZIONE
DELLE RISORSE .
Valutazione dei risultati dell’apprendimento, dal rif. [7]: il processo di convalida delle conoscenze, abilità
e/o competenze di un individuo contro predefiniti criteri, specificando metodi di apprendimento e
aspettative. La valutazione è tipicamente seguita dalla validazione e dalla emissione di un attestato o
certificato.
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Valutazione cumulativa dell’apprendimento, dal rif. [7]: il processo di valutare gli esiti di un discente in
una specifica conoscenza, abilità, competenza, in un determinato momento.
Valutazione formativa, dal rif. [7]: un processo riflessivo a due vie tra un docente/valutatore e un discente,
per promuovere l’apprendimento.
Validazione dei risultati dell’apprendimento, dal rif. [7]: la conferma, da parte di una struttura
competente, che i risultati dell’apprendimento (conoscenze, abilità e/o competenze) acquisite da un
individuo in un setting formale, non-formale o informale siano stati valutati a fronte di predefiniti criteri e
corrispondano ai requisiti di uno standard di validazione. La validazione tipicamente porta alla emissione di
un attestato o certificato.
Visione grandangolare, dal rif. [10]: visione ampia di un oggetto/soggetto di analisi/osservazione (per
esempio un sistema organizzativo) che permette di rilevare le relazioni di interdipendenza tra le parti che lo
compongono e coglierne le implicazioni manifeste e latenti, reali e potenziali.
Visione sistemica, dal rif. [10]: Visione che si focalizza sulle interdipendenze culturali, economiche,
professionali e richiede una visione grandangolare e prospettica, per superare gli specialismi, andare oltre le
famiglie di competenze tradizionali, comprendere i diversi attori in campo (stakeholder) sempre più numerosi
e competitivi, governando i trade-off in una situazione sempre più critica di scarsità delle risorse.
NOTA: IL CAMBIAMENTO CULTURALE, POLITICO ED ECONOMICO DELLA SOCIETÀ RICHIEDE UNA VISIONE SISTEMICA.
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NOTA: PER CHIARIRE L’IMPORTANZA DATA A QUESTO APPROCCIO DALLA ATTUALE REVISIONE DELLA NORMA (RIF. [3])
RIPORTIAMO QUI DI SEGUITO UNA PARTE DEL PARAGRAFO DEDICATO AL RISK-BASED THINKING.
ll concetto di risk-based thinking era implicito nelle precedenti edizioni della presente
norma internazionale, per esempio attraverso i requisiti relativi a pianificazione, riesame
e miglioramento. La presente norma internazionale specifica requisiti che richiedono
all'organizzazione di comprendere il proprio contesto (vedere punto 4.1) e di
determinare i rischi, come base per la pianificazione (vedere punto 6.1). Ciò rappresenta
l'applicazione del risk-based thinking per pianificare e attuare i processi del sistema di
gestione per la qualità (vedere punto 4.4) ed è di supporto nella determinazione
dell'estensione delle informazioni documentate.
Una delle finalità essenziali di un sistema di gestione per la qualità è quella di agire
come strumento preventivo. Di conseguenza, la presente norma internazionale non
contiene un punto o un sottopunto a sé stante, relativo alle azioni preventive. Il concetto
di azione preventiva viene espresso attraverso l'impiego del risk-based thinking nella
formulazione dei requisiti del sistema di gestione per la qualità.
Ma non basta; e per definire l’ampiezza e l’ottica del Risk assessment ci aiuta quanto indicato chiaramente
e succintamente nella norma UNI 10771:2015, Consulenza di direzione (consulenza di management) Valori,
processo e competenze del servizio. Criteri applicative della UNI EN 16114 (il rif. [10]) che, tra gli altri profili
professionali, tratta quello del consulente manageriale (e di conseguenza anche del formatore o facilitatore
manageriale) specialista dell’Area di applicazione specialistica che include la SSL. La norma (rif. [10]) richiede
per questa figura competenze che sappiano rispondere non solo delle specificità della SSL, ma anche alle
aspettative aziendali per la Qualità, l’Ambiente, la Responsabilità sociale. In breve potremmo dire che questa
è l’area di applicazione specialistica della prevenzione sostenibile, avendo l’aggettivo sostenibile in sé le tre
componenti ambientale, sociale (incluso sicurezza e benessere negli ambienti di lavoro e di vita) e economica.
Per chiarire l’importanza della Responsabilità sociale per ogni Organizzazione si veda lo schema sintetico che
la rappresenta, nella figura 2 dell’Appendice 6 del presente DTO; per il resto, torniamo al rif. [10]. Questo
standard chiede al consulente manageriale dell’Area di applicazione specialistica Qualità, Ambiente,
Sicurezza, Responsabilità sociale, ovvero come su detto, Area della prevenzione sostenibile, di assumere un
approccio olistico e proattivo (lo standard parla di visione grandangolare), che tenda a una integrazione dei
sistemi, “attraverso la collocazione delle diverse componenti in un quadro sinergico, organizzativamente
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coerente”. E’ questo approccio olistico e proattivo che Aias attraverso il suo Comitato Tecnico-Scientifico,
CTS, attraverso le Aias Professional Community e attraverso il suo network, promuove da anni; ed è questa
la vision che si chiede al suddetto consulente di management, così come ai consulenti (e formatori) di diversa
Area di applicazione specialistica; solo così il consulente di management potrà “dare cioè un senso strategico
e culturale all’agire consulenziale e, come richiedono i governi europei, offrire un sostanziale contributo
all’economia per un mercato senza confini”. Il che, come obiettivo dell’apprendimento assegnato da un
Cliente a un formatore o a una struttura dedicata alla formazione non formale che offra un servizio puntato
all’efficace attuazione, è raggiungibile solo se si segue una progettazione e un’attuazione
metodologicamente mirate, come esamineremo e dettaglieremo nei paragrafi e capitoli che seguono al
presente.
Localmente il testo è stato modificato solo per aggiornarlo alle indicazioni normative intervenute nel
frattempo.
La normativa antinfortunistica stabilisce specifici criteri di ripartizione della responsabilità all’interno degli
ambienti di lavoro, individuando per via normativa le posizioni soggettive di obbligo e collegando ogni singola
responsabilità all’accadimento di un evento lesivo.
Ai sensi del D.Lgs. 81/08, così come modificato dal D.Lgs. 106/09, in seguito denominato D.Lgs. 81/08 e
successive modifiche e integrazioni (s.m.i.), si definiscono come:
• Informazione: «complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla
riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro»;
• Formazione: «processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del
sistema di prevenzione e protezione aziendale, conoscenze e procedure utili alla acquisizione di
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competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla
riduzione e alla gestione dei rischi»
• Addestramento: «complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di
attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure
di lavoro».
Il D.Lgs. 81/08 e s.m.i. include l’informazione e la formazione tra le misure generali di tutela (art. 15), così
come avveniva nel D.Lgs. 626/94, sottolineandone così l’importanza fondamentale nel miglioramento delle
condizioni di salute e sicurezza, nello sviluppo di una più radicata cultura della prevenzione nei luoghi di
lavoro e nel coinvolgimento attivo di tutte le figure del sistema tali da promuovere il processo partecipativo
sopra indicato.
Una novità introdotta dal decreto, con l’intento di qualificare la formazione alla salute e sicurezza, è che
questi corsi di formazione debbano prevedere una verifica degli apprendimenti al fine di accertare la
comprensione e l’assimilazione di conoscenze e procedure da parte di tutti i soggetti formati.
L’ampliamento del concetto di formazione con l’esplicito obbligo di aggiornamento richiede un approccio
alla formazione in tema di salute e sicurezza inteso, non «come un obbligo da assolvere una tantum, ma
piuttosto come un percorso di formazione e apprendimento continuo».
Quantomeno dall’entrata in vigore del D.Lgs. 626/94 il ruolo di tale soggetto appare profondamente
mutato: da mero “creditore” è divenuto un “collaboratore” di sicurezza e, per certi versi, a sua volta
“debitore”. Ed è proprio attraverso l’adempimento, da parte del Datore di Lavoro e dei Dirigenti, del dovere
di informarlo e formarlo, sufficientemente, adeguatamente e in maniera comprensibile rispetto alle
conoscenze linguistiche, che il lavoratore da soggetto passivo assume un ruolo attivo. In altri termini, il
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lavoratore diventa soggetto attivo se, e nella misura in cui, viene fatto destinatario di un’effettiva ed efficace
attività formativa e informativa.
Il lavoratore correttamente formato e informato infatti possiede tutti gli strumenti necessari per
comprendere che deve compiere, per quanto di sua competenza, tutte le azioni a tutela della sicurezza
propria e altrui.
Non è infatti casuale che l’art. 20, comma 1, del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. preveda che «ciascun lavoratore deve
prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo
di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle
istruzioni e ai mezzi forniti dal Datore di Lavoro».
Il lavoratore, in ossequio alla disposizione di cui all’art. 20, comma 2 lettera h), è tenuto a partecipare ai
programmi di formazione e di addestramento organizzati dal Datore di Lavoro, il quale a sua volta deve, ai
sensi dell’art. 18, comma 1, lettera l), «adempiere agli obblighi di informazione, formazione e di
addestramento di cui agli articoli 36 e 37» del medesimo decreto.
1 Attraverso tale attività si vuole consentire «a ciascun lavoratore di avere una conoscenza globale del rischio presente in ogni reparto
dell’impresa; in tal modo si eviterebbero condotte imprudenti e negligenti del lavoratore non solo sul suo posto di lavoro, ma in ogni luogo
di lavoro dell’impresa» (O. Di Monte, L’informazione e la formazione dei lavoratori, in M. Ricci (a cura di), La sicurezza sul lavoro, Cacucci,
Bari, 1999, p. 179). Solamente in tal modo il lavoratore, avendo conoscenza e coscienza dell’intero ciclo produttivo in cui la sua attività si
inserisce sarà in grado di assumere scelte di comportamento consapevoli, che non mettano in alcun modo a repentaglio la sua incolumità e
quella altrui (T. Giornale, Informazione e formazione dei lavoratori, in M. Ricci (a cura di), La sicurezza sul lavoro, Cacucci, Bari, 1999, p. 368).
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In attesa dell’emanazione degli accordi di cui sopra e dell’elaborazione da parte della Commissione
consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro dei criteri di qualificazione delle figure del
formatore per la salute e sicurezza, l’art. 37 comma 7 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. precisa che i corsi di formazione
dei lavoratori e dei loro rappresentanti devono avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove
presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del Datore di Lavoro, durante l’orario di lavoro e
non devono comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
La formazione e l’informazione dei lavoratori sui rischi specifici è normata nei titoli successivi al primo.
Nel D.Lgs. 81/08 e s.m.i. i programmi formativi vanno progettati e definiti anche sulla base delle risultanze
della valutazione dei rischi; infatti, l’art. 28 comma 2 lettera f) prevede che in tale fase il Datore di Lavoro
individui le mansioni che espongono i lavoratori a rischi specifici e che richiedono una riconosciuta capacità
professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
Quest’ultimo, come cita l’art. 37, comma 5, deve essere «effettuato da persona esperta e sul luogo di
lavoro».
Gli aggettivi utilizzati dal legislatore riguardo la formazione dei lavoratori (adeguata, sufficiente,
comprensibile, specifica) indicano che la progettazione della stessa va realizzata perseguendo obiettivi di
efficacia ed efficienza, mirando all’effettivo trasferimento di competenze. Per tale motivo, i percorsi formativi
vanno progettati sulla base delle reali esigenze formative dei destinatari, tenendo conto delle risultanze della
valutazione del rischio, delle competenze pregresse, del contesto all’interno del quale essi operano,
dell’attività lavorativa specifica, della provenienza dei destinatari della formazione, delle attese normative.
Anche la giurisprudenza sottolinea che l’informazione e la formazione non possano essere generiche,
evasive e sfuggenti, ma debbano essere caratterizzate da specificità in relazione ad ogni singola attività
lavorativa 2. In particolare, è escluso che l’obbligo di formazione possa considerarsi adempiuto attraverso la
semplice apposizione della segnaletica di sicurezza nei luoghi di lavoro o attraverso l’affissione della
normativa di riferimento, oppure attraverso la consegna di manuali d’uso dei macchinari 3, poiché si ritiene
che tali attività non esauriscano l’obbligo in esame, rappresentandone, piuttosto, solo dei momenti attuativi
degli stessi.
2 Tra le molte, cfr. Cass. pen., Sez. IV, 7 dicembre 2006, n. 40294, in Igiene e Sicurezza del Lavoro, 2007, p. 104.
3 Sul punto cfr. ad esempio, Cass. pen., Sez. IV, 21 aprile 2006, n. 14175, in Igiene e Sicurezza del Lavoro, p. 493.
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Il principio di effettività della formazione è garantito dalle previsioni che orientano tale attività a «ciascun
lavoratore» 4, enfatizzando così l’individualizzazione dell’offerta formativa e la necessità di progettare
percorsi formativi sulla base delle indicazioni prima citate.
In questo contesto ricordiamo infine l’innovativa disposizione di cui all’art. 37, comma 13, che prevede che
il contenuto della formazione debba essere facilmente comprensibile per i lavoratori e consentire
l’acquisizione di conoscenze e di competenze necessarie in materia di salute e sicurezza. Se questa riguarda
lavoratori immigrati occorre preventivamente verificare la comprensione e la conoscenza della lingua
utilizzata.
L’efficacia ed efficienza della formazione vanno quindi valutate sui risultati da essa prodotti, esistendo un
vero e proprio obbligo di risultato sul Datore di Lavoro che ha un dovere di verifica e di controllo sul grado
dell’apprendimento 5. Parimenti è necessario che anche l’attività di addestramento sia accompagnata da
momenti di accertamento e verifica.
Anche l’addestramento del lavoratore deve essere ispirato a criteri di effettività: esso, pertanto deve essere
ripetuto, fino a quando non ne venga accertata la completa padronanza da parte del lavoratore, in modo da
consentire una correzione in itinere e un miglioramento di quanto appreso.
Per il RLS eletto o designato all’interno delle aziende, l’art. 37, comma 11, specifica che la durata, i contenuti
specifici e le modalità della formazione saranno definiti in sede di contrattazione collettiva nazionale.
In attesa della definizione di tali contrattazioni la durata minima dei corsi è stabilita in n. 32 ore iniziali di
cui n. 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione adottate.
Come elemento di continuità della formazione, che deve tener conto dell’evoluzione normativa tecnica e
organizzativa, è stato anche introdotto l’obbligo di aggiornamento periodico, che dovrà essere disciplinato
4 Con tale espressione il legislatore sembra peraltro voler sottolineare come informazione e formazione si configurino come dei “diritti
individuali”, facenti capo cioè ad ogni singolo lavoratore e non al lavoratore collettivamente inteso (cfr. M. Lai, La sicurezza del lavoro, cit.,
p. 200).
5 M. Lai, La sicurezza del lavoro tra legge e contrattazione collettiva, Giappichelli, Torino, 2002, p. 201. Anche la giurisprudenza ritiene che
l’attività di formazione e di informazione debba ispirarsi al “principio di effettività”. Cass. pen., Sez. IV, 3 ottobre 2000, n. 12775, in Igiene e
Sicurezza del Lavoro, 2001, p. 106. Da ultimo cfr. Cass. pen. Sez IV, 11 Agosto 2010, n. 31679.
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dalla contrattazione collettiva nazionale, ma la cui durata non può essere inferiore a n. 4 ore annue (per
aziende che occupano dai 15 ai 50 lavoratori) e a n. 8 ore annue (per aziende che occupano più di 50
lavoratori).
Una novità introdotta dal decreto, con l’intento di qualificare la formazione alla salute e sicurezza, è che
questi corsi di formazione e di aggiornamento debbano prevedere una verifica degli apprendimenti al fine di
accertare la comprensione e l’assimilazione di conoscenze e procedure da parte di tutti i soggetti formati.
Con riferimento alla formazione del RSPP, il D.Lgs. 81/08 e s.m.i.si conforma alla previgente disciplina (in
particolare al Provv. 26 gennaio 2006, n. 2407. Accordo tra il Governo e le regioni e province autonome,
attuativo dell'articolo 2, commi 2, 3, 4 e 5, del D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 195, che integra il D.Lgs. 19 settembre
1994, n. 626, in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Atto n. 2407): il
responsabile è tenuto a frequentare specifici corsi di formazione suddivisi in tre moduli (A, B, C) con verifica
dell’apprendimento, in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da
stress lavoro-correlato 6, di organizzazione e gestione delle attività tecnico amministrative e di tecniche di
comunicazione in azienda e di relazioni sindacali.
6 La dottrina giuridica ritiene infatti configurabile a carico del Datore di Lavoro o del soggetto garante una responsabilità penale (dolosa o
colposa a seconda dei casi) per il delitto di lesioni personali laddove il lavoratore subisca una malattia conseguente a condotte di mobbing.
Grava sul Datore di Lavoro l’obbligo di evitare che la presenza di situazioni di mobbing produca danni alla personalità morale o fisica dei
lavoratori, donde ove tali nocumenti si verifichino il datore è chiamato a risponderne per il mancato impedimento, come fosse stato lui stesso
a cagionarli. Sul punto cfr. G. De Falco, Mobbing: divieto e tutela nella normativa per la sicurezza del lavoro, in Cassazione Penale, p. 3222
ss., nonché, da ultimo M. Bellina, Mobbing: profili penali, in Diritto e Pratica del Lavoro, 2007, p. 1913 ss.
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La metodologia di organizzazione dei corsi e la loro articolazione sono definiti nell’Accordo Stato-Regioni
del 26 gennaio 2006 già citato che rappresenta il riferimento principale per la formazione degli adulti alla
salute e sicurezza sul lavoro e ne individua gli elementi fondamentali quali ad esempio: individuazione dei
soggetti formatori, individuazione di un responsabile del progetto formativo, le caratteristiche dei docenti, il
numero massimo di partecipanti, definizione degli obiettivi didattici, l’utilizzo delle metodologie didattiche
attive, la valutazione dell’ apprendimento, le certificazioni, ecc.
L’impostazione relativa al possesso di titoli e requisiti è stata mantenuta dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i. (art. 38,
comma 1) ma sono state introdotte importanti innovazioni riguardanti la formazione.
In particolare il comma 2 dell’art. 38 stabilisce che i medici in possesso della specializzazione in igiene e
medicina preventiva o in medicina legale «sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari
da definire con apposito decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministero del
Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali», e fornisce anche indicazioni circa le situazioni di esonero da tale
obbligo.
Inoltre, il ruolo della formazione ed in particolare dell’aggiornamento del medico competente, è stato
ulteriormente potenziato da quanto dettato dal comma 3 dello stesso articolo, che stabilisce che per svolgere
le funzioni di medico competente sia necessario un aggiornamento attraverso la partecipazione al
programma di educazione continua in medicina (D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 e s.m.i.).
4.3.5 La formazione dei Dirigenti e la formazione (integrativa alla prevista per i lavoratori) dei Preposti
Una ulteriore innovazione introdotta dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i. attiene alla formazione dei Dirigenti e dei
Preposti, anch’essa ispirata a criteri di adeguatezza e specificità, nonché periodicamente aggiornata, in
relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. Per queste figure, nella precedente
normativa in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, non era previsto alcun obbligo
formativo.
In particolare l’art. 37, comma 7, precisa che i contenuti di tale formazione devono riguardare i sotto
elencati argomenti:
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Con tale obbligo formativo si va quindi a colmare la lacuna inerente le competenze professionali in materia
di salute e sicurezza, necessarie per il corretto svolgimento del ruolo di dirigente e di preposto.
4.3.6 La formazione del Datore di Lavoro che svolge direttamente i compiti del Servizio di
Prevenzione e Protezione dai rischi
L’art. 34 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. introduce importanti novità riguardo allo svolgimento diretto dei compiti
del SPP dai rischi da parte del Datore di Lavoro, nelle ipotesi di cui all’allegato II del decreto stesso.
Infatti, il Datore di Lavoro che intende svolgere il ruolo di RSPP deve frequentare corsi di formazione di
durata minima di 16 ore e massima di 48 ore adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e
relativi alle attività lavorative nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano
(art. 34, comma 2 dell’Accordo 21 dicembre 2011, n. 223/CSR. Accordo tra il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sui corsi di
formazione per lo svolgimento diretto, da parte del datore di lavoro, dei compiti di prevenzione e protezione
dai rischi, ai sensi dell'articolo 34, commi 2 e 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Rep. Atti n.
223/CSR).
4.3.7 La formazione dei lavoratori incaricati alla gestione delle emergenze e del Primo Soccorso
Nei luoghi di lavoro a cui si applica il D.Lgs. 81/08 e s.m.i., non si registrano al momento variazioni rispetto
al quadro che regolamenta la formazione dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione
incendi e lotta antincendio, di Primo Soccorso e comunque di gestione dell’emergenza.
Pertanto i contenuti della formazione continuano ad essere validi ed in particolare per quanto concerne
l’incendio sono regolamentati dal D.M. 10 marzo 1998, e per quanto riguarda il Primo Soccorso dal D.M.
388/2003, in attesa dell’emanazione di appositi decreti che recepiscano le innovazioni tecniche, normative e
organizzative.
Circa gli obblighi di aggiornamento, mentre il D.M. 388/2003 prevede l’obbligo di aggiornamento triennale,
per gli Incaricati delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio non è indicata una periodicità precisa,
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
ma l’aggiornamento deve avvenire, quantomeno, tutte le volte che vi sono modifiche nell’ambito aziendale
che possono avere effetto su questa fattispecie di rischi.
Il tema attuale della cultura di sicurezza è riconducibile alla condivisione di valori e di significati culturali.
Anche su diversi aspetti del benessere organizzativo e della prevenzione dello stress, la possibilità di
attribuzione di significato al proprio lavoro è di grande importanza. Un’impostazione del problema profonda
ed organica del tema della formazione alla sicurezza è quindi quello che vede la formazione come una risorsa
per facilitare le attribuzioni di significato, uno strumento per abilitare persone, gruppi e organizzazioni a
costruire senso e nuovi significati alle prassi quotidiane, al lavoro delle persone, alla loro vita.
Così, nella sicurezza lavorativa, una puntuale analisi dei bisogni formativi (che tratteremo al paragrafo 8.1.2
del presente DTO) deve prendere atto della valutazione dei rischi, ma anche dell’analisi degli infortuni ed
incidenti che si sono verificati; non si deve trascurare di ascoltare direttamente le persone che rivestono ruoli
rilevanti per la sicurezza, spesso si intervista un campione di lavoratori e supervisori, si ascoltano poi persone
che rivestono altri ruoli con responsabilità per la sicurezza; talvolta si procede anche tramite un questionario.
E’ anche opportuno verificare quale formazione è stata svolta in precedenza, con quali risultati, quali
competenze sono effettivamente presenti; naturalmente per una buona pianificazione delle attività
formative occorre rimanere al corrente dei cambiamenti sia esterni all’azienda (ad esempio nuovi obblighi di
legge), sia interni (movimenti di personale e assunzioni, cambiamenti organizzativi o di processo).
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
E’ evidente che il quadro normativo definisce i contenuti di formazione, ma in ciò il legislatore non definisce
un bisogno di formazione, vuole semmai garantire che il bisogno venga soddisfatto; il bisogno, nella sua
specificità, va indagato a cura di chi deve organizzare la formazione. Se ad esempio la norma indica che al
lavoratore va data una formazione circa l’uso di determinati dispositivi di protezione, non dice quali sono gli
obiettivi didattici, i metodi, le modalità di valutazione, i materiali da usare, il tempo ottimale da dedicare
(qualche volta solo i tempi minimi), la numerosità del gruppo, qualche volta il numero massimo di
partecipanti. Ma neppure, quasi mai, i contenuti di dettaglio, che possono ovviamente differire in contesti
differenti o di fronte a gruppi di diversa esperienza o scolarità. Non è la conoscenza della norma – e neppure
l’esame del documento di valutazione dei rischi – a risolvere il problema della progettazione di una
formazione effettiva, che invece va affrontato con le categorie concettuali e metodologiche proprie della
formazione degli adulti intesa come leva di sviluppo.
I principi della andragogìa di M. Knowles sono un esempio di quanto ci si dovrebbe sforzare di realizzare per
un’efficacia della formazione di questo tipo.
Ad esempio, si tenga conto che l’adulto generalmente apprende meglio se un percorso formativo propone
un approccio «per problemi» e non «per argomenti», e che apprende in modo più efficace se le attività
formative valorizzano la sua esperienza passata.
Box 1: Formazione
Secondo il rif. [5] è il processo che si occupa di sviluppare le conoscenze, le abilità e comportamenti
necessari a soddisfare i requisiti.
Ma quali sono i requisiti? Se ci concentriamo sugli obiettivi potremmo dire che il processo è finalizzato a
sostenere, favorire e facilitare il cambiamento, a sviluppare nuovi comportamenti, a produrre un
cambiamento nella sfera dell’essere, e quindi tende allo sviluppo delle capacità e perciò al cambiamento
nei ruoli e negli atteggiamenti.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
Inoltre, dal rif. [9], Fare formazione è come un’arte, e in quanto tale molto del suo successo si basa su come
il formatore riesce a interpretare il ruolo, sulla sua creatività e sulla sua esperienza; ma come in ogni arte
esiste una grammatica da rispettare per ottenere opere che riescano a comunicare.
Per questo è importante convenire e applicare quanto è detto nell’Appendice 3 del presente DTO, se si
vuole ottenere l’efficacia e il risultato da un servizio di apprendimento ben progettato.
7 METODOLOGIE DIDATTICHE
NOTA: IL CAPITOLO 22 DEL RIF. [2] EVIDENZIA L’IMPORTANZA DELL’USO DI METODOLOGIE DIDATTICHE INNOVATIVE.
Ne riportiamo il testo.
L’innovazione nella formazione non consiste solo nell’adozione delle nuove tecnologie.
Modalità interessanti e nuove sensibilità sono presenti nella formazione odierna, e possono essere
proficuamente utilizzate nei percorsi sulla sicurezza; ad esempio:
E’ opportuno sottolineare che anche la formazione condotta con metodi più tradizionali quali la lezione
“frontale” può essere di grande impatto e qualità, se gestita con capacità comunicativa e un alto profilo dei
formatori non solo sull’aspetto contenutistico ma anche didattico.
La scelta della metodologia didattica più idonea a raggiungere gli obiettivi e i risultati attesi è un punto
cruciale della progettazione formativa.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
La “lezione” frontale è lo strumento privilegiato quando la finalità prevalente del momento formativo è il
semplice trasferimento di concetti ed informazioni a partecipanti sprovvisti di elementi conoscitivi rispetto
all’argomento trattato. Anche tale metodologia può prevedere momenti di interattività, se impostata con un
approccio dialogico.
Le metodologie didattiche (ossia le azioni strategiche attraverso le quali si vuole ottenere l’apprendimento)
di tipo attivo (ossia attività procedurali che coinvolgono attivamente il discente nel processo di
apprendimento) si basano invece sul presupposto che l’apprendimento effettivo è di tipo esperienziale e
relazionale. Tali metodologie risultano particolarmente efficaci quando si tratta di acquisire atteggiamenti,
capacità di analisi e soluzioni di problemi e di incrementare specifiche capacità, perché sviluppano processi
di apprendimento diversi da quello per ricezione e più autonomi (per scoperta, per azione, per problemi,
ecc.). Il ricorso a metodologie didattiche attive è stato contemplato e anzi raccomandato dallo stesso
legislatore perché l’acquisizione di atteggiamenti, capacità di analisi e problem solving sono gli elementi che
ritroviamo in molti ambiti formativi riguardanti la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. All’applicazione
dell’action learning si accennerà in Appendice 3, a proposito della formazione dei formatori, ma ovviamente
anche per qualunque altro tipo di discente, specialmente l’adulto nell’apprendimento non formale, il
laboratorio (metodo operativo), la ricerca sperimentale (metodo investigativo), la ricerca-azione (metodo
euristico-partecipativo), il mastery learning, etc. si sono dimostrati altamente efficaci.
1. la definizione delle esigenze (dei bisogni) di formazione, che tratteremo al paragrafo 8.1 del presente
DTO;
2. la progettazione e pianificazione della formazione, che tratteremo al paragrafo 8.2 del presente DTO;
3. l’erogazione della formazione (realizzazione delle attività didattiche), che tratteremo al paragrafo 8.3
del presente DTO;
4. la valutazione del processo e dei risultati della formazione, che tratteremo al paragrafo 8.4 del
presente DTO.
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Il
monitoraggio è trattato al capitolo 5 del rif. [5] ed è principalmente finalizzato alla validazione ex post del
processo formativo. Questo tema sarà ripreso all’Appendice 2 del presente DTO.
Il processo formativo è un insieme di attività la cui natura comporta che vi siano ampi margini di
partecipazione di diversi attori. E’ quindi importante che nelle fasi descritte vengano coinvolti i ruoli principali
Ad esempio alcuni lavoratori, loro rappresentanti, la direzione, le principali funzioni a staff come la
formazione o la sicurezza, ecc. – in momenti diversi e con diverse modalità.
Un corretto approccio a questa tematica richiede, innanzitutto, l’individuazione degli strumenti e tecniche
che devono essere peculiari e congruenti rispetto allo specifico oggetto di indagine, che presuppone a sua
volta la chiara definizione di cosa si intenda per bisogno di formazione.
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Nel caso specifico della formazione alla sicurezza sul lavoro, l’attività formativa è infatti quasi
esclusivamente promossa da organizzazioni concrete (industrie, banche, enti pubblici, aziende, ecc.) che
vedono nella formazione uno strumento per migliorare la loro efficienza mediante il coinvolgimento e la
crescita culturale del personale e per risolvere taluni problemi connessi con la preparazione professionale
delle persone.
In questo senso quindi l’ABF, indipendentemente dall’essere un’attività di ricerca effettuata da specialisti
per la messa a punto di un’esperienza formativa, è anche ciò che le organizzazioni, implicitamente o
esplicitamente, ma certo al di là di ogni problema concettuale o tecnico, fanno o hanno già fatto nel momento
stesso in cui pensano di rivolgersi alla formazione, nei termini, ad esempio, della definizione di massimali di
costi, impegni finanziari, budget.
Dalle premesse precedenti, risulta pertanto come l’ABF non possa essere affrontata unicamente sul piano
della definizione degli obiettivi di ricerca o della costruzione degli strumenti da impiegare. Essa deve in altri
termini essere effettuata considerando nel contempo il complesso contesto di relazioni organizzative che fa
da sfondo all’attività di formazione programmata, e che quindi influisce in modo determinante soprattutto
perché, anche se il momento dell’analisi dei bisogni viene normalmente collocato all’inizio, in realtà lo si
ritrova poi in svariati altri momenti del processo formativo.
Di fatto, la rilevazione delle esigenze formative non è circoscrivibile ad una specifica fase, ma investe
l’intero processo formativo, dovendo leggere esigenze che possono variare nel corso dello sviluppo del
processo formativo.
E’ fondamentale pertanto che In realtà prima ancora della fase 1 (definizione delle esigenze di formazione)
stia l’analisi della domanda e cioè lo studio delle motivazioni e dei problemi che hanno spinto l’azienda
committente a avanzare una richiesta che è spesso una semplice ipotesi che non corrisponde alla vera
necessità organizzativa. Solo contestualizzando la domanda (dal punto di vista storico, umano e logistico) e
approfondendo le ragioni della domanda formativa si possono mettere a fuoco gli aspetti cognitivi-emotivi
che l’hanno originata. Ciò consentirà di definire correttamente le reali esigenze di formazione e di progettare
le attività formative evitando scontri tra la cultura organizzativa del committente e il punto di vista del
formatore/facilitatore esterno.
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In entrambi i casi il bisogno di formazione è lo scarto tra come sono e come debbono
diventare le competenze, le conoscenze, le abilità di una persona, di un gruppo, di
un’organizzazione.
Nel secondo caso oggetto di analisi è tutta un’organizzazione, o una sua unità
organizzativa; ad esempio, che tipo di formazione serve al Servizio manutenzione di
un’azienda con tutte le sue professionalità interne quali operai, supervisori, impiegati,
manager. Oppure un tipo di professionalità specifico presente in varie sue unità
organizzative; ad esempio, che tipo di formazione serve ai manutentori di quell’azienda
(operai, supervisori, ingegneri di manutenzione).
Occorre chiedersi quali sono le evoluzioni della tecnologia o del mercato, quali
difficoltà si incontrano, quali punti di forza o di miglioramento vi sono per quella unità
organizzativa o professionalità.
Più nel dettaglio, i BF potranno quindi essere considerati, di volta in volta, come l’insieme di una o più delle
seguenti definizioni:
• Desideri di sviluppo personale dichiarati dai lavoratori e finalizzati ad un miglior svolgimento dei loro
compiti;
• Scarto tra il ruolo teorico della formazione e il ruolo effettivamente giocato;
• Scarto tra la formazione istituzionale richiesta da norme cogenti e quella effettivamente erogata
• Scarto tra i contenuti della formazione professionale di base e ciò che i lavoratori desidererebbero
(o dovrebbero) apprendere;
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• Scarto tra il modello pedagogico utilizzato dalla formazione pregressa e i desideri dei lavoratori o
delle loro organizzazioni;
Per quanto in quasi tutte le definizioni riportate il BF compare definito dal termine “scarto”, non si deve
concludere che l’ABF viene ad identificarsi direttamente con un’operazione di misurazione di uno “scarto”,
appunto, da colmare. In realtà il concetto di BF va di là della logica di tipo riduzionistico, per la quale
l’individuo è esclusivamente la mansione che deve disimpegnare, ed ha esclusivamente conoscenze e
capacità associate allo svolgimento di tale compito, ma deve considerare in modo particolare che il
dipendente è comunque individuo concretamente membro di una organizzazione ben definita.
Conseguenza di quanto sopra espresso, destinata ad avere fondamentale influenza sull’ABF, è che quindi
non esiste una reale dicotomia tra i BF dell’individuo e dell’organizzazione, nel senso che l’attività di
formazione nasce e si sviluppa all’interno di un contesto istituzionale che li comprende entrambi. Una
possibile vera dicotomia potrebbe invece esistere tra la definizione dei BF che viene proposta
dall’organizzazione e quella che è possibile ricavare dagli individui.
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Nessuno fra questi strumenti è di per sé migliore di altri: ciascuno può esplicare il suo miglior potenziale in
certe situazioni particolari, o può corrispondere di più alle caratteristiche e alle abilità di un determinato
formatore.
E’ pertanto a quest’ultimo che spetta la scelta e l’affinamento degli strumenti, non solo a lui più congeniali,
ma anche scientificamente più coerenti con gli scopi che si prefigge ed i soggetti ai quali l’indagine si rivolge,
per poter leggere la realtà in maniera utile e il più possibile libera da pregiudizi.
Nella scelta e nell’applicazione, esclusiva di uno o integrata di più modalità, si dovrà tenere conto del fatto
che la formazione non dovrebbe essere esclusivamente finalizzata alla copertura di ruoli o disimpegno di
compiti pre-definiti e statici, ma anche preparare al cambiamento, favorendo l’adattamento alle mutevoli
condizioni, sia esogene che esterne, in cui l’organizzazione si trova ad agire.
Si deve quindi tenere in considerazione un ampliamento dei bisogni di ruolo e la possibilità di dover
investire sulla flessibilità delle persone in modo che l'organizzazione sia in grado di affrontare i cambiamenti.
Per avere un quadro d'insieme di come queste dinamiche organizzative vengono percepite dalle persone
dell'organizzazione, può essere molto utile anche svolgere un'indagine di clima organizzativo
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In coerenza con quanto illustrato nei capitoli precedenti, la schematizzazione degli strumenti qui proposta,
è da intendersi come una un suggerimento non vincolante, che l’analista dovrà decidere se e in quale misura
utilizzare in riferimento alla specificità di ogni progetto affrontato.
In particolare, l’uso della scheda guida per la rilevazione dei BF più oltre illustrata è da intendersi come un
supporto di natura generale, da adattarsi al tipo di intervista semi-strutturata o rilevazione scelto a cura
dall’analista. Essa può infatti essere indifferentemente utilizzata per raccogliere dati relativi a singoli
dipendenti, a gruppi eterogenei o a gruppi accomunati dalla stesso ruolo e/o mansione.
Gli individui poi possono essere gli stessi soggetti che saranno formati, oppure persone in posizione chiave
per la determinazione del livello di ingresso pre-formazione e dei conseguenti bisogni formativi, quali
responsabili del Personale, manager delle sicurezza, direttori di funzione, eccetera.
Anche la sezione dedicata alla rilevazione del livello di formazione in ingresso, ovvero registrato al
momento della rilevazione, deve essere inteso come una traccia da integrarsi con gli ulteriori elementi che
l’analista ritenesse necessari.
Competenza, dal rif. [7]: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali
e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto
del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.
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Possono essere chiarificatrici delle relazioni tra competenze e capacità alcune considerazioni tratte da:
Ricerca scientifica e nuove imprese high-tech. Formazione e strumenti di valorizzazione in Toscana, a cura di
Sabina Nuti e Andrea Piccaluga. Progetto Trio, tecnologie, ricerca, innovazione, orientamento per la
formazione professionale, Giunti 2002.
La competenza si compone:
- delle conoscenze, cioè dei fatti, dei metodi e dei concetti chiave;
- dei contatti, cioè dell’abilità sociale, delle reti dei contatti e dell’influenza che si può esercitare sugli altri;
- dei valori, cioè della determinazione ad agire e delle convinzioni nell’assumere responsabilità;
Per le nostre finalità è opportuno in sintesi considerare la competenza quale il “saper fare” ossia il saper
applicare in contesti specifici le cognizioni teoriche acquisite individuando il comportamento e le azioni più
efficaci per realizzare il risultato voluto. Le competenze possono distinguersi in competenze tecniche, a
elevato grado di stabilità e certezza, e competenze soft, a elevato grado di indeterminatezza e incertezza,
legate più al comportamento e alla capacità di operare in contesti sistemici e complessi. Per ottenere sia le
prime che le seconde è necessario che conoscenze e capacità si abbinino per diventare competenza.
Questa infatti, sia tecnica che soft, si genera quando un elemento cognitivo, una conoscenza, trova un
motore che la utilizza: la capacità. La pura conoscenza che non si associa a una abilità o capacità è sterile.
Sinteticamente, in termini gestionali, le capacità possono essere raggruppate nelle seguenti tipologie:
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
- capacità intellettuali, ossia capacità di raccogliere ed elaborare informazioni, capacità di analisi, capacità di
risolvere i problemi ecc.;
- capacità sociali o relazionali, ossia capacità di rapporto interpersonali, capacità di negoziazione, leadership
ecc.;
La valutazione delle competenza è argomento assai vasto e complesso, e meriterebbe una trattazione
teorica specifica che esula però dalle finalità del presente documento.
Tra l’altro, analogamente a tutto il processo di valutazione dei BF, la valutazione delle competenze risente
fortemente delle caratteristiche peculiari dell’organizzazione a cui è applicata, per cui la sua struttura può
variare anche significativamente da un caso all’altro.
Ci si limiterà quindi a fornire una semplice traccia di ausilio per l’analista, al quale spetterà il compito di
valutare altre eventuali ulteriori indagine, compresa l’elaborazione statistica dei risultati delle rilevazioni
singole o di gruppo.
Lo strumento, selezionato all’interno di una vasta gamma di altri approcci possibili, è quello di un
questionario che può essere compilato dall’analista, riportandovi le proprie personali valutazioni derivate
dalle risposte dei soggetti interrogati, o consegnato per la compilazione a soggetti o gruppi di essi (es.:
dirigenti o preposti di aeree specifiche, responsabili della formazione, responsabili della sicurezza, gruppi
omogenei di lavoratori, ecc.) selezionati con criteri decisi dall’analista stesso e indicati nel rapporto di
valutazione.
Sulla base dei risultati, l’analista decide sull’opportunità di effettuarne l’analisi quantitativa, che è
indirizzata a quantificare il possesso da parte dell’intervistato di ciascuna competenza costitutiva del
profilo/funzione/area indagata, associando ad essa un peso numerico, con la seguente scala:
1 ottimo: la competenza indagata è pienamente posseduta dal o nel profilo/funzione/area aziendale, sia
sotto il profilo delle conoscenze teoriche che dell’esperienza pratica, nonché per quelle di natura attitudinali,
in grado di garantire il massimo livello di performance atteso;
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
3 sufficiente: la competenza indagata è presente ma ad un livello che pur garantendo il minimo livello
atteso di performance è suscettibile di ampi margini di miglioramento;
4 scarso: la competenza indagata è presente ad un livello che non garantisce il raggiungimento del livello
minimo di performance attese.
Sezione 2: dopo aver individuato i ruoli/funzioni/aree aziendali interessati dall’analisi, individuare per
ciascun ruolo/area/funzione le attività sensibili ai fini della sicurezza.
Sezione 3: per ciascuna delle attività individuate, o per una selezione di esse effettuata secondo
l’intenzione dell’analista, individuare le competenze richieste secondo lo schema seguente:
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
Ad ogni competenza individuate può essere attribuito, in modo approssimativo, la sua importanza
relativamente alla performance attesa per il ruolo, secondo lo schema seguente:
1. necessarie: competenze in mancanza delle quali è certo che le performance attese non saranno
raggiunte, rendendo impossibile il conseguente loro miglioramento continuo;
2. molto importante: competenze la cui mancanza, pur non essendo indispensabili, renderà poco
efficiente il raggiungimento delle performance attese e il loro miglioramento continuo;
3. importanti: competenze il cui possesso può essere elemento di apprezzabile maggior efficienza nel
raggiungimento delle performance attese e di facilitazione nel processo di miglioramento
continuo;
4. utili: competenze in grado di facilitare il miglioramento continuo delle performance.
Sezione 4: una volta stabilite le competenze di ciascuna singole attività, l’analista procederà alla valutazione
del grado di possesso da parte dei soggetti o della funzione/area organizzativa aziendale considerata,
secondo quanto esposto al precedente capitolo
Dal confronto fra l’importanza per il profilo/funzione/area della competenza indagate, e il grado di
possesso della stessa da parte del profilo/funzione/area, è possibile elaborare un indice grossolano per la
valutazione dei BF per ciascuna singola competenza, o per tipologia di competenza o una valutazione
complessiva del profilo/funzione/area.
Sottraendo infatti al valore del peso quello del possesso, otterremo un valore oscillante tra 3 e -3, il cui
significato in prima approssimazione può essere così sintetizzato:
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3 0 -3
BF che non richiede interventi BF in equilibrio con la domanda BF immediato: da
immediati ma da rivalutare attuale di performance. programmare nel
conformemente al processo di Programmare un aggiornamento a breve/brevissimo periodo un
miglioramento continuo breve/medio termine della piano formativo per il
formazione, in coerenza con il raggiungimento del livello
processo di miglioramento minimo di competenze richiesto
continuo
Sezione 5: riportare le esperienze formative già effettuate, dettagliando per quanto possibile i dati richiesti.
Esse saranno utilizzate dall’analista per la successiva elaborazione del piano formativo.
L’analista può tuttavia decidere di elaborare un set specifico di domande da sostituire alla semplice
definizione della competenza richiesta. In tal caso è necessario che l’analista indichi, in altro documento i
criteri con cui si sono associate le domande alle diverse aree e tipologie di competenza. Detti criteri potranno
essere oggetto di una ulteriore linea guida.
La Qualità è una strategia che l'azienda si dà, è un investimento per migliorare il proprio servizio e le proprie
performance, e pertanto può essere applicata sia all'organizzazione nel suo insieme (Qualità di Sistema), sia
a qualsiasi prodotto/servizio offerto (Qualità di Processo), anche nell'ambito di lavoro di una sola persona o
di un gruppo.
In quest’ottica, anche la formazione è un processo che vede coinvolti ruoli, risorse e competenze specifiche.
L’ex ISPESL, nell’ambito della ricerca “La valutazione della qualità degli interventi formativi in materia di
salute e sicurezza sul lavoro”, diretta a rendere disponibile un set di indicatori per la valutazione della qualità
di "prodotto" e di "processo" degli interventi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ha
individuato cinque dimensioni della qualità, che sono state utilizzate ai fini della progettazione, realizzazione
ed erogazione delle attività formative svolte nelle attività svolte in collaborazione tra INAIL e ENI.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
1. la dimensione "progettuale"
Comprende sia la correttezza metodologica del processo formativo sia la corrispondenza del processo alle
esigenze prevenzionali. L’approccio metodologico di un intervento formativo in materia di salute e sicurezza
sul lavoro deve essere di tipo “andragogico”, cioè un approccio focalizzato sui processi di apprendimento
tipici degli adulti e sulle dinamiche socio-affettive che si accompagnano ad essi. La progettazione deve iniziare
da un’accurata analisi del fabbisogno formativo che comprenda:
• le esigenze che determinano la necessità dell’azione formativa e gli obiettivi generali che il percorso
formativo dovrà raggiungere;
• il profilo dei soggetti destinatari dell’azione formativa, le specifiche competenze
• che caratterizzano il profilo e i requisiti di ingresso;
• il contesto organizzativo e le specifiche aree di attività in cui viene indirizzato il percorso formativo.
• A questa segue la progettazione dell’intervento formativo che deve essere condotta tenendo conto dei
seguenti elementi:
• la strategia formativa (che dovrà privilegiare le metodologie didattiche attive) e la struttura generale
del percorso formativo (argomenti, sequenza, correlazione logica, tempi e l’articolazione oraria);
• il materiale didattico e gli strumenti didattici di supporto;
• i risultati attesi e le modalità di verifica dell’apprendimento.
2. la dimensione "organizzativa"
Si riferisce all’adeguatezza dei fattori umani, strutturali, metodologici e tecnologici necessari alla
conduzione del percorso formativo.
Una corretta ed efficace gestione dell’azione formativa non può prescindere dalla disponibilità di ruoli e
competenze specifiche. Il ruolo di docente è di primaria importanza nello sviluppo di un’azione formativa
orientata agli adulti. I requisiti non possono limitarsi solo al possesso del sapere professionale (competenze
specialistiche) ma anche all’esperienza nella formazione.
Altrettanto importante è l’idoneità delle esperienze e delle competenze delle altre figure che, a vario titolo,
partecipano al processo formativo (responsabile di progetto, tutor).
Relativamente ai percorsi formativi a distanza, per valutare la qualità organizzativa è necessario prendere
in considerazione l’usabilità (facilità di utilizzo) dell’interfaccia utente utilizzata. Il Cognitive Walkthrough
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(CW) è uno dei metodi più utilizzati nella valutazione di interfacce utente e analizza le azioni dell’utente (il
discente) che tenta di raggiungere un qualche obiettivo definito all’interno di uno scenario d’uso. Il CW è
basato sul modello dell’azione di Holland, Hutchins e Norman e analizza l’interfaccia utente valutando la
facilità delle azioni che possono contribuire all’esecuzione del compito definito nello scenario prendendo in
considerazione i seguenti fattori:
3. la dimensione "economica"
Si riferisce all’ottimizzazione delle risorse economiche rispetto al raggiungimento degli obiettivi formativi.
È il bilancio che viene fatto tra il costo dell’organizzazione del percorso formativo (docenti, esperti, tecniche
utilizzate, logistica) ed efficienza in termini di esiti didattici.
Le verifiche dell’apprendimento permettono di valutare la qualità degli esiti didattici e possono essere di
due tipi: “verifiche in itinere” e “verifiche ex post”. Le “verifiche in itinere” (intermedie) hanno lo scopo di
monitorare l’andamento dell’apprendimento durante lo sviluppo dell’azione formativa offrendo, in alcuni
casi, la possibilità di azioni correttive sulla strategia formativa anche in itinere. Le “verifiche ex post”
rappresentano la prima evidenza circa il raggiungimento degli obiettivi e dei risultati attesi.
Si riferisce all’effettivo utilizzo sul lavoro di quanto appreso attraverso comportamenti e prestazioni
conformi alle attese e alle esigenze specifiche del contesto lavorativo.
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La verifica della ricaduta sui comportamenti e le abilità nelle attività lavorative a distanza dalla
partecipazione al corso di formazione permette di valutare la qualità dell’impatto professionale.
In tutti i casi bisogna tener presente che per qualsiasi tipo di corso di formazione il D.Lgs. 81/2008 pone un
obiettivo generale che consiste nel ..."trasferire ai lavoratori e agli altri soggetti del sistema di prevenzione
e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per svolgimento in
sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi".
Nell'ambito di questo obiettivo generale è necessario identificare poi gli obiettivi specifici correlati alla
particolare figura professionale, differenziandoli per ciascuno di essi sulla base dei diversi ruoli e delle diverse
funzioni che dovranno svolgere nel contesto lavorativo.
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E' necessario che i risultati attesi siano coerenti con gli obiettivi formativi e siano conseguibili con la
partecipazione al percorso formativo.
Se da un lato gli obiettivi orientano i risultati attesi, dall'altro il raggiungimento dei risultati attesi dipendono
dalla coerenza e adeguatezza progettuale, in termini di contenuti didattici e strategia formativa.
Nella identificazione dei risultati attesi bisogna tenere conto che nel D.Lgs. 81/2008 vengono riportati, per
ciascuna figura prevista dal sistema di sicurezza aziendale, obblighi, attribuzioni e responsabilità legati al
ruolo ed è delineata una rete relazionale tra le varie figure che si basa su istituti quali la comunicazione,
l'informazione, la consultazione.
Di conseguenza i risultati attesi non possono limitarsi alla semplice acquisizione di nozioni sulla SSL e alla
conoscenza dei rischi ma devono riflettere gli aspetti relativi al sapere agire e relazionarsi nell'ambito delle
attività che si è chiamati a svolgere.
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E' necessario tenere presente che i processi di apprendimento e di coinvolgimento nella formazione degli
adulti in ambito lavorativo sono diversi di quelli tipici ad esempio dell'apprendimento scolastico. Tale
elemento è di fondamentale importanza sia nella strutturazione didattica del percorso formativo che nella
definizione e scelta dei profili dei docenti.
Qualsiasi percorso formativo sulla sicurezza sul lavoro non può prescindere dalla adozione di metodologie
didattiche attive che prevedono il coinvolgimento diretto da parte del soggetto da formare. Il progetto di
massima dovrà dunque indicare quali metodologie didattiche attive saranno adottate nel percorso formativo.
Nella successiva fase di progettazione di dettaglio, per ogni unità didattica, saranno indicate e descritte le
metodologie didattiche da utilizzare nello sviluppo degli argomenti specifici.
Nel definire la struttura generale del percorso formativo bisogna tener presente che per alcune figure nel
campo della sicurezza sul lavoro il D.Lgs. 81/2008, dopo la pubblicazione degli Accordi Stato Regioni del
21.12.2011 entrati in vigore il 26.01.2012, riporta i contenuti minimi della formazione ed in alcuni casi anche
la struttura modulare e l'articolazione oraria per le figure del lavoratore, del preposto e del dirigente, nonché
del datore di lavoro che intenda espletare personalmente i compiti di RSPP.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
Sebbene i contenuti riportati sono indicati come contenuti minimi, si è di fronte ad un elevato grado di
dettaglio sia di contenuto che di articolazione oraria tali da rappresentare vincoli stringenti (ad esempio i
percorsi formativi per RSPP/ASPP e quelli ex art. 37 D.Lgs. 81/08, addetti antincendio, addetti al pronto
soccorso),
Perciò, oltre alla sistematizzazione dei contenuti, dal punto di vista della sequenzialità logica e della
coerenza didattica risulta importante e decisiva ai fini dell’efficacia dell’azione formativa la scelta della
metodologia didattica.
In ogni caso, è opportuno in questa fase della progettazione individuare e stabilire con chiarezza e dettaglio
i contenuti dell’unità didattica e la sequenza degli argomenti che non dovranno essere generici o dar luogo a
diverse interpretazioni da parte di chi svilupperà l’azione formativa.
A conclusione di questo paragrafo vale la pena di rimarcare che rispettare i contenuti indicati come minimi
(per legge) non esclude la necessità di valutarne la sufficienza ed adeguatezza rispetto agli effettivi fabbisogni
formativi dei singoli come risultanti dall’ABF.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
Per ciascuna unità didattica vengono poi definiti e descritti gli obiettivi specifici e i risultati attesi, gli
argomenti da trattare e la guida crono pedagogica.
Infine la scheda di progettazione didattica presenta un quadro sinottico in cui è riepilogata la struttura e
l'articolazione del corso.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
complessità delle situazioni, in cui le pratiche e l’esperienza non sono vie sicure di soluzione dei problemi
allorché vengono scisse dalle conoscenze scientifiche, dalle teorie, dagli approcci sistematici o dalla
discussione collaborativa con le équipe di lavoro e dalla valutazione condivisa dei risultati.
Sarebbe pertanto proficuo valorizzare ciò che vi è di originale in ognuna delle metodologie formative (in
presenza, sul campo, a distanza) e dei relativi paradigmi di apprendimento (razionalista-trasmissivo,
sistemico-interazionista, costruttivista-sociale) per realizzare progetti, corsi, eventi formativi in cui sia
possibile esplorare completamente i quattro stadi del ciclo di apprendimento, descritti da David Kolb e
sintetizzati nella figura 1 in Appendice 6 con i quattro stadi dell’apprendimento di Kolb: L’apprendimento
riflessivo (attraverso l’ osservazione riflessiva), l’ apprendimento teorico (attraverso la concettualizzazione
astratta), l’ apprendimento attivo (attraverso la sperimentazione attiva) e l’ apprendimento esperienziale
(attraverso l’esperienza concreta).
In questi momenti la partecipazione alle attività formative crea – o almeno facilita – l’apprendimento, cioè
l’acquisizione degli obiettivi didattici. Questa fase a volte ha una durata di poche ore, a volte di giorni o mesi.
Le modalità possono essere le più diverse; in ragione di quanto stabilito in fase progettuale si va dalla
formazione in aula a momenti di affiancamento o di training on the job, alla formazione individuale, all’ e-
learning, alla formazione outdoor, ecc.
NOTA: IL CAPITOLO 20 DEL RIF. [2] TRATTA IL TEMA DELL’EFFICACIA DIDATTICA. NE RIPORTIAMO IL TESTO, CHE NON
RICHIEDE ULTERIORI COMMENTI.
Si ritiene corrispondente alle migliori prassi una formazione che si ispiri ai seguenti punti che:
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
obiettivo di addestramento questo sia basato su applicazioni concrete a uno o più casi reali, con
approccio di problemi solving e in un contesto di lavoro singolo o di gruppo;
• Eviti presentazioni lunghe non intervallate da altre (anche brevi) attività, quali ad esempio analisi di
fotografie, di micro-casi, brevi questionari, discussioni guidate da una domanda, ecc.
• Valorizzi il contributo del gruppo di partecipanti e delle sue dinamiche; spesso un apprendimento
più efficace e la condivisione di valori culturali come quelli relativi alla sicurezza si basa sulla
comunicazione e sul confronto in un gruppo in apprendimento.
• Sviluppi le azioni derivanti dalle esperienze dei focus-group per la costruzione di una sequenza di
attività logicamente connesse, volte ad esplorare, comprendere, diagnosticare e prevedere in tempi
rapidi gli atteggiamenti presenti in un gruppo (formativo, socio-economico, organizzativo)
relativamente a qualcosa (focus o oggetto dell’intervista di gruppo) in vista di possibili azioni in
merito (scelte decisionali).
A tale fine si ipotizza di sviluppare simulatori per alcuni rischi operativi specifici.
Le attività di valutazione servono a costruire dei giudizi di valore attorno ai diversi aspetti dell’attività
formativa. In termini più semplici servono a dire che cosa è andato bene o male. I giudizi che si esprimono
devono essere utili a prendere decisioni.
NOTA: IL CAPITOLO 21 DEL RIF. [2] EVIDENZIA L’IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DEL PROCESSO
Dell’attività formativa. Ne riportiamo il testo, che non richiede ulteriori commenti. Più sintetico è il
paragrafo “Valutazione” nel capitolo 4 del rif. [12], che rinvia però a un approfondimento proponendo una
scheda in allegato II (Indicazioni per effettuare la valutazione di un percorso formativo).
In una prospettiva moderna e mirata all’efficacia del processo la valutazione prevede l’espressione dei
punti di vista degli attori coinvolti a diverso titolo, in una prospettiva di costruzione partecipata di giudizi
valoriali utili alla presa di decisioni; essa ha la funzione generale di contribuire alle attribuzioni di senso circa
il processo di formazione e i suoi esiti.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
L’apprendimento è la premessa per raggiungere gli obiettivi di cambiamento del comportamento sul
lavoro, ha ripercussioni sull’organizzazione aziendale in base al grado di cambiamento comportamentale
determinato dal processo di apprendimento
Secondo l’ormai consolidata letteratura specialistica la valutazione delle attività formative può intervenire
in diversi momenti del processo e con diverse finalità:
• La valutazione della reazione dei partecipanti, o del gradimento, o della qualità percepita, hanno la
finalità di monitorare e valutare gli aspetti soggettivi della partecipazione; questo aspetto non
corrisponde ad una valutazione di efficacia, esso rivela in ogni caso elementi importanti per il
miglioramento continuo;
• La valutazione degli apprendimenti produce dati e considerazioni circa il raggiungimento degli
obiettivi didattici e degli altri guadagni che il processo formativo tende a produrre presso i
partecipanti;
• La valutazione dell’applicazione degli apprendimenti in contesti diversi da quello formativo si occupa
di valutare il trasferimento degli apprendimenti acquisiti in contesti professionali o comunque diversi
da quello strettamente formativo; questo aspetto sta assumendo crescente importanza, sebbene su
di esso influiscano molte variabili di contesto estranee alla formazione;
• La valutazione degli impatti organizzativi mette al centro della propria attenzione gli esiti non più
individuali ma collettivi della formazione, che spesso si rivelano sotto forma di andamento di
indicatori di prestazione (ad es. andamento degli infortuni)
Al di là dei quattro aspetti sopra citati, ormai consolidati nella letteratura degli ultimi 40 anni, sarebbe
importante estendere la valutazione anche ad altri indicatori di outcome della qualità del processo formativo
e del “sistema formazione” letto sia a livello micro (azienda) sia a livello macro (settore produttivo) elementi:
• La qualità del processo formativo e della sua organizzazione, da monitorare attraverso specifici
indicatori (Key Performance Indicators) per il miglioramento continuo (Plan Do Check Act),
all’interno di sistemi di gestione;
• Gli impatti più profondi che la formazione ha sulle storie professionali, personali, familiari; ciò è più
facilmente esplorabile attraverso analisi qualitative, e spesso sfugge ai tradizionali strumenti e
metodi di valutazione;
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• Lo sviluppo di una cultura della sicurezza pervasiva a livello aziendale, che consenta di passare da
un’organizzazione basata sulla “blame culture” ad una learning organization, che promuova
atteggiamenti resilienti e che sia capace di apprendere dai propri errori
• La valutazione ex ante dei progetti formativi, utile sia al fine di valutare investimenti e finanziamenti,
sia al fine di garantire un predeterminato livello di qualità ai progetti prima che essi vengano
realizzati;
• Il ritorno sull’investimento, dimensione di estrema importanza dal punto di vista gestionale,
sebbene il suo calcolo comporti una notevole complessità.
Quando di tratti di valutazione degli apprendimenti, le verifiche finali dovrebbero prevedere la soluzione
di casi pratici con specifici richiami delle nozioni/conoscenze acquisite.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
• La formazione in e-learning diventi nei fatti una formazione a distanza in cui una persona si trovi
sostanzialmente in auto-apprendimento per tutto il percorso;
• L’architettura didattica della piattaforma sia orientata prevalentemente ad un apprendimento sulla
base di collegamenti stimolo-risposta e secondo vetusti schemi skinneriani, trascurando quindi la
complessità del fenomeno dell’apprendimento in età adulta, le sue necessità di creare collegamenti,
di svolgersi nelle relazioni, di avere momenti di riflessione e di autovalutazione, ecc.;
• Vengano realizzate in e-learning parti di formazione per le quali gli obiettivi di apprendimento
rendano piuttosto adeguate altre modalità di formazione.
Per quanto riguarda la fase di gestione, in particolare, occorrerà realizzare esperienze di apprendimento
secondo i seguenti punti:
• Il tutor del corso curerà che avvenga un socializzazione prima dell’inizio del corso (ad es. inviterà i
partecipanti a presentarsi e illustrare le proprie motivazioni e aspettative agli altri partecipanti,
usando una modalità online);
• L’organizzazione del percorso e dei contenuti richiederà ai partecipanti di rielaborare le nozioni in via
di apprendimento attraverso la presentazione e discussione di casi o altri metodi didattici;
• L’ergonomia cognitiva della piattaforma e dei prodotti sarà curata sia dalla ottemperanza alle norme
internazionali volontarie sull’ergonomia cognitiva, sia, ove possibile, attraverso il contributo degli
utilizzatori alla messa a punto della piattaforma o prodotto;
• Saranno identificati nel percorso formativo momenti e modalità per eventuali sessioni in presenza
(percorsi “blended”), momenti di comunicazione sincrona del gruppo (ad es. chat), partecipazione a
spazi virtuali anche per condivisione di documenti, costruzione di progetti a distanza e altre modalità
per condividere fra partecipanti le acquisizioni fatte e costituire una comunità di pratiche;
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
• Saranno poste in essere modalità per intercettare tempestivamente eventuali problemi legati sia alla
comprensione dei contenuti, sia alla scarsa motivazione e coinvolgimento dei partecipanti; azioni
saranno intraprese a fronte di criticità di entrambe le categorie.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
“Gli elementi in ingresso per il monitoraggio potrebbero includere tutte le registrazioni di tutte le fasi del
processo di formazione. Sulla base di queste registrazioni si può effettuare un riesame delle differenti fasi
per determinare le non conformità e quindi le azioni correttive e preventive. Tali elementi in ingresso
possono essere raccolti nel corso del processo per fornire le basi per validare il processo di formazione e per
proporre raccomandazioni per il miglioramento.
Se le procedure sono state seguite e i requisiti specificati sono stati soddisfatti, le registrazioni delle
competenze del personale dovrebbero essere aggiornate per registrare l'aumento di qualificazione
raggiunto.
Se le procedure non sono state seguite, ma i requisiti della formazione sono stati soddisfatti allora le
procedure dovrebbero essere riviste e le registrazioni delle competenze del personale formato dovrebbero
essere aggiornate per registrare l'aumento di qualificazione raggiunto.
Se le procedure sono state seguite, ma i requisiti della formazione non sono stati soddisfatti allora sono
necessarie azioni correttive per migliorare il processo di formazione o sviluppare un'appropriata soluzione
diversa dalla formazione.
Soprattutto il riesame del processo di formazione dovrebbe evidenziare le ulteriori opportunità per
migliorare l'efficacia delle diverse fasi del processo di formazione.
Dovrebbero essere conservate appropriate registrazioni delle varie attività di monitoraggio e valutazione
condotte, dei risultati ottenuti e delle azioni pianificate.”
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
La formazione dei formatori per la sicurezza dovrebbe riconoscere le diverse componenti della
professionalità del formatore:
• La componente di presidio dei contenuti della formazione, collegabile agli studi e alle esperienze
fatte sul campo dal formatore;
• Quella relativa alla capacità comunicativa, didattica e delle abilità sociali;
• Quella che pertiene al presidio del processo formativo, ad esempio saper progettare in modo efficace
un percorso formativo o saperne valutare i risultati.
Dal momento che la cultura della sicurezza è uno dei risultati più pregiati della formazione in questo campo,
il formatore dovrebbe essere consapevole del proprio ruolo di esempio; difficilmente infatti avviene
un’appropriazione di valori culturali presso i partecipanti alla formazione se i formatori non indicano con
l’esempio un modo di pensare e di agire orientato alla costruzione della sicurezza e del benessere.
Box 4, da: Ricerca scientifica e nuove imprese high-tech. Formazione e strumenti di valorizzazione in
Toscana, a cura di Sabina Nuti e Andrea Piccaluga. Progetto Trio, tecnologie, ricerca, innovazione,
orientamento per la formazione professionale, Giunti 2002.
Per il formatore le solide competenze specialistiche, se pur necessarie, non sono sufficienti. Occorre anche
un mix di sensibilità pedagica, esperienza specifica, flessibilità personale e un approccio induttivo nella
gestione d’aula. Il formatore deve pertanto pianificare ogni percorso formativo secondo un approccio
orientato all’utente (il discente): lasciarsi ispirare da criteri di grande concretezza e semplicità sia nella scelta
dei contenuti che del linguaggio; affrontare in ogni intervento solo i contenuti essenziali e utilizzare la propria
creatività nella scelta e nella combinazione delle metodologie didattiche. Obiettivo del formatore è infatti
quello di favorire da parte del partecipante l’acquisizione della conoscenza, non solo della realtà ma anche
di sé. Da un lato, infatti, i riferimenti sono il mercato, l’innovazione tecnologica, le normative; ma dall’altro
sono fondamentali i punti di forza e di debolezza della “persona” prima ancora “dell’imprenditore” (facendo
riferimento sia all’imprenditore-datore di lavoro sia al suo consulente interno od esterno all’impresa,
imprenditore di sé stesso).
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
Il percorso formativo del formatore promotore della cultura della sicurezza e della prevenzione sostenibile
nei luoghi di lavoro e di vita
Il formatore promotore della cultura della sicurezza e della prevenzione non è né si deve porre nella
posizione di essere il consulente tecnico specialista della sicurezza. Il nuovo formatore, promotore di cultura,
deve invece agire più come un councellor e facilitatore che come un formatore tradizionale esperto delle
tecniche e delle metodologie della sicurezza. Acquisendo un idoneo set di competenze che gli permettano di
entrare in sintonia con l’utente del servizio di apprendimento (il discente), questo formatore promotore sarà
accettato con maggiore facilità dagli operatori che preferiscono:
Il percorso formativo del formatore promotore di cultura è schematizzabile nei seguenti punti:
a) Individuazione dei processi critici nella promozione della cultura della sicurezza
b) Individuazione dei bisogni formativi degli operatori coinvolti nei processi selezionati
c) Individuazione dei gap esistenti in termini di conoscenze e competenze critiche presenti negli operatori
d) Progettazione e realizzazione dell’azione formativa per produrre apprendimento: action learning
Il metodo di lavoro del formatore promotore di cultura nella progettazione e realizzazione delle action
learning è schematizzabile nei seguenti punti:
Per quanto riguarda le competenze proprie delle varie figure professionali operanti nel settore della
Formazione non formale, il Quadro Regionale degli standard professionali pubblicato dalla Regione
Lombardia nell’aprile 2015 include i profili (con le conoscenze, le abilità ecc) del Formatore (Livello EQF 5),
del Responsabile di Formazione (Livello da EQF 4 a EQF 6), del Tutor d'aula, del Tutor on line (di contenuto),
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
Per ciascuna di queste figure professionali della Formazione per la Prevenzione sostenibile la formazione e
l’esperienza professionale devono essere adeguate a quanto detto al paragrafo 4.1 e 7 del presente DTO.
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Il D.Lgs. 81/08 ha definito gli obblighi relativi alla FORMAZIONE PROFESSIONALE in materia di Salute e
Sicurezza sul Lavoro e gli Accordi della Conferenza Stato Regioni hanno articolato le modalità specifiche per
l’attuazione di una formazione efficace.
I primi Accordi, che risalgono al 2006, hanno definito le modalità per la formazione delle figure
professionalmente deputate alla gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro in azienda (Responsabili del
Servizio di Prevenzione e Protezione – RSPP), mentre gli Accordi Stato-Regioni approvati nel 2011 hanno
determinato la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione, nonché dell’aggiornamento, dei
lavoratori, dei preposti e dei dirigenti.
In tutti i casi, proprio per evidenziare l’importanza di una formazione efficace come strumento portante
ed insostituibile del sistema di “Prevenzione e Protezione”, negli Accordi citati sono state definite anche le
metodologie per la erogazione dei diversi percorsi formativi.
In questi anni si è potuto constatare che si sono sviluppate ampie zone di elusione e/o evasione degli
obblighi nomativi relativi alla formazione, con il frequente ricorso a soluzioni di mera apparenza, il rilascio di
attestati formativi di comodo e/o al seguito di procedure meramente burocratiche e prive di contenuti reali,
con docenze affidate a formatori non qualificati e la vendita di corsi in “formazione a distanza” privi dei
requisiti di legge, spesso anche di contenuti pertinenti, tali da configurare vere fattispecie di truffa ai danni
degli utenti.
Tali anomalie hanno potuto svilupparsi proprio a causa della mancanza o della inadeguatezza dei controlli
che hanno consentito il dilagare di situazioni illegali.
Tuttavia, lo stesso contesto legislativo ha contribuito allo sviluppo di pratiche illegali in quanto, con
l’individuazione di soggetti autorizzati “ex lege” alla erogazione di attività di formazione pur privi di
competenze specifiche, l’esercizio della delega o della sub delega è diventata la norma.
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Documento Tecnico Operativo N. 1 - 2016
Si è così assistito a deleghe “in bianco” che enti bilaterali di dubbia rappresentatività o associazioni datoriali
e sindacali hanno distribuito, senza alcun controllo reale delle competenze dei delegati e, soprattutto, del
corretto svolgimento del percorso didattico.
Tutto ciò ha determinato uno sviluppo di un “mercato” della formazione con la rincorsa al minor costo
senza alcun riferimento a criteri di qualità, efficienza ed efficacia.
Naturalmente i datori di lavoro che si avvalgono di tali offerte pseudo formative sono, di fatto, vittime di
veri e propri raggiri ma, in molti casi contribuiscono al dilagare di pratiche illecite in quanto sollecitano la
produzione di attestati e documenti non preoccupandosi dei contenuti e dell’efficacia di quanto acquistato.
Tale prassi spesso è attuata anche in aziende dotate di certificazione del sistema di qualità e, in alcuni casi,
anche con altri sistemi di gestione certificati.
La nuova edizione della norma UNI ISO 9001:2015 introduce la necessità di organizzare la gestione di ogni
processo aziendale in funzione di una “Valutazione preventiva di tutti rischi”. La nuova Norma individua e
richiama specificatamente la formazione professionale del personale quale aspetto particolarmente rilevante
nell’analisi di questi rischi ai fini della continuità operativa aziendale, così come la qualificazione dei fornitori
selezionati e quindi, tra questi, i formatori incaricati dal datore di lavoro.
Avvalersi di fornitori non qualificati per la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro comporta,
di fatto, anche la non conformità del sistema di gestione.
La qualificazione dei fornitori di percorsi formativi non può essere certificata da un soggetto non abilitato,
ma dovrebbe perseguire criteri univoci. La Norma UNI ISO 29990:2011 (Servizi per l’apprendimento relativi
all’istruzione e alla formazione non formale – requisiti base per i fornitori del servizio) costituisce
indubbiamente uno strumento adeguato per questa certificazione, riconosciuto a livello internazionale e
poco conosciuto purtroppo in Italia.
Proposte
• Individuazione di soggetti autorizzati “ex lege” solamente tra enti, istituzioni o strutture private che
svolgono attività di formazione in modo istituzionale (Regioni/ASL, INAIL, Università, Scuole Superiori
di Formazione, ecc.), dotati di specifica conoscenza e competenza nel settore.
• Tutti gli altri soggetti che svolgono attività di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
sia autonomamente che in collaborazione con soggetti legittimati, devono dimostrare/certificare la
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Migliorare i criteri di verifica della “Qualificazione dei Formatori” in linea con gli standard europei (EQF).
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Siti di Associazioni
http://www.ciip-consulta.it/
http://www.aias-sicurezza.it/
http://www.eusafe.org/index.php/it/
Siti Istituzionali
http://sicurezzasullavoro.inail.it/
http://www.istat.it/
http://www.inps.it/
http://www.enshpo.eu/
http://www.osha.europa.eu/
http://www.echa.europa.eu/
http://www.ilo.org/
www.aslmonzabrianza.it/
Si suggerisce inoltre un sito con un glossario multilingue, utile per la scelta delle parole chiave della SSL, in
italiano, inglese, tedesco, francese, da utilizzare per ricerche web di informazioni specialistiche in tutto il
mondo.
http://eohsterm.org/
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Fig. 2 – Schema delle relazioni tra i sette temi fondamentali della responsabilità sociale espressi dal governo
(governance) dell’Organizzazione (Ente) e la sostenibilità. I sette temi fondamentali della RS sono (secondo
lo standard ISO 26000:2010 Guida alla Responsabilità sociale, rif. [14] del presente DTO) la governance
dell’Organizzazione, le corrette prassi gestionali, i rapporti e le condizioni di lavoro, l’ambiente, il
coinvolgimento e lo sviluppo della comunità, gli aspetti specifici relativi ai consumatori, i diritti umani e il
rispetto delle regole internazionali.
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