1.1 Marketing
Il marketing è una funzione organizzativa e un insieme di processi volti a creare, comunicare e trasferire
valore ai clienti e a gestire i rapporti con essi in modo che ciò vada a vantaggio sia dell'organizzazione, sia
dei suoi stakeholder (clienti, dipendenti, fornitori, azionisti, ecc).
Il marketing cerca quindi di (1) individuare i bisogni dei potenziali clienti e (2) soddisfare quei bisogni. I clienti potenziali
possono essere sia individui che imprese. Ciò che consente di raggiungere questi obiettivi è un atto di scambio tra un
acquirente e un venditore.
1.1.1 Fattori
Ci sono diversi fattori che determinano le attività di marketing. All'interno di una organizzazione, la funzione marketing
individua e soddisfa i bisogni dei consumatori, supportato da altri settori che ne definiscono le attività: management,
finanza, produzione, risorse umane, sistemi informativi, ricerca e sviluppo. La funzione marketing deve facilitare le
relazioni con i clienti, le partnership con i fornitori, le proprietà con gli azionisti e le alleanze con altre organizzazioni.
Alla definizione delle attività di marketing concorrono fattori ambientali, come quelli sociali, economici, tecnologici,
competitivi e legislativi.
La pianificazione strategica è un'attività il cui obiettivo è la definizione delle strategie aziendali. Si tratta di un
processo manageriale volto a sviluppare e mantenere coerenza fra gli obiettivi dell'organizzazione, le sue risorse e le
opportunità offerte da un ambiente competitivo e in continuo mutamento.
L'importanza del processo di pianificazione strategica è dovuta a una serie di cambiamenti avvenuti nello scenario
economico negli ultimi decenni. Con il rallentamento della crescita economica del dopoguerra e con l'aumento del livello
di competizione, si diffuse l'esigenza di un approccio sistematico alla definizione e realizzazione delle scelte strategiche.
Questo cambiamento ha portato alla scomposizione dell'impresa in unità elementari di attività e alla definizione di
strumenti di analisi, come le matrici di portafoglio, che aiutassero l'impresa nella formulazione delle strategie.
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attraverso indagini o dedotta da dati], (6)benessere dei dipendenti [garantendo loro buone opportunità di carriera e
condizioni di lavoro adeguate], (7)responsabilità sociale [promuovere il benessere della società anche a scapito dei
profitti di breve termine].
La matrice BCG si basa su parametri oggettivi, tuttavia presenta delle limitazioni, poiché può essere limitativo
valutare l'attrattività di una impresa e la sua posizione competitiva in base a due soli parametri. Esse infatti possono
dipendere da molteplici fattori.
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La misurazione di queste due dimensioni può essere migliorata utilizzando lo strumento della score-card, ovvero una
griglia, costruita in base a diversi criteri, che attraverso una serie di parametri rilevanti permette di valutare le
performance di una impresa. Tale valutazione può avere finalità di analisi dinamica (per valutare l'andamento dei diversi
parametri nel tempo) oppure di benchmarking (per confrontare i valori dell'impresa rispetto a quelli dei concorrenti). La
media dei voti registrati permette di ottenere un voto di sintesi circa la performance dell'impresa.
2.2.3 La matrice GE
Si basa sulla logica della score-card.
Prende in considerazione diversi fattori che insieme concorrono a definire l'attrattività del mercato e la sua posizione
competitiva dell'impresa.
Misura l'attrattività in base alle caratteristiche del settore e del gruppo strategico; la posizione competitiva in base ai
punti di forza dell'impresa.
La GE non si basa solo su misurazioni oggettivi, ma anche sulle valutazioni del management.
L'asse verticale rappresenta l'attrattività del mercato (bassa, media, alta).
L'asse orizzontale rappresenta la posizione competitiva (debole, media, forte).
Otteniamo 9 quadranti, raggruppabili in tre macroaree che offrono indicazioni sulle azioni da intraprendere.
- AREA IN ALTO A DESTRA: valori medio-alti per entrambe le dimensioni. Attività su cui è opportuno investire per
migliorare i risultati o mantenerli elevati.
- AREA DIAGONALE: valori bassa-forte / media-media / alta-debole. Approccio selettivo per sfruttare gli elementi
positivi di una delle due dimensioni.
- AREA IN BASSO A SINISTRA: valori medio-bassi per entrambe le dimensioni. Attività su cui è necessario disinvestire
dopo aver sfruttato le potenzialità residue.
La matrice GE ha il vantaggio di analizzare un numero maggiore di fattori; è dotata di grande flessibilità, così la
scelta dei fattori può essere adattata alle specifiche situazioni.
Anch'essa però mostra dei limiti. Vi è una elevata soggettività nella valutazione degli indicatori, soprattutto nella
misurazione della posizione competitiva. Inoltre, dato l'elevato numero di fattori impiegati, spesso l'analisi diventa lunga
e complessa.
Può essere utile impiegare entrambe le matrici BCG e GE, per confrontane i risultati e capire le cause di eventuali
differenze di rilevazione.
2- Crescita integrativa (nell'ambito della filiera in cui l'impresa opera). Realizzabile tramite:
- integrazione a monte → gestire direttamente attività tipiche dei fornitori, per assicurarsi l'approvvigionamento.
- integrazione a valle → gestire direttamente attività tipiche dei clienti, per controllare la rete di distribuzione.
- integrazione orizzontale → acquisire la concorrenza.
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3- Crescita diversificativa (in nuovi ambiti). Nuovo prodotto in un nuovo mercato. La diversificazione è il percorso più
costoso e rischioso, ma consente un maggior livello di innovazione. Attuabile quando non ci sono opportunità di
crescita intensiva o integrativa. Realizzabile tramite:
- diversificazione concentrica → spostarsi su settori che presentano similarità con quello attuale, riallocando le
proprie competenze e sviluppandone di nuove.
- diversificazione pura → spostarsi su settori totalmente nuovi, colmando il gap di competenze tramite acquisizioni.
1 – Pianificazione
Consiste nel definire campo di attività e linee guida; nel determinare gli obiettivi e ripartirli ai vari livelli; nell'assegnare
compiti e budget.
A livello corporate vengono definite le linee generali della pianificazione e l'entità delle risorse da assegnare a ciascuna
ASA.
All'interno di ciascuna ASA viene realizzato un piano che permetta di conseguire la massima profittabilità tenendo conto
degli obiettivi e delle risorse.
Ai responsabili funzionali di ciascuna ASA vengono attribuiti risorse ed obiettivi specifici.
Attraverso queste fasi si arriva a definire il piano di marketing, un documento che descrive dettagliatamente le attività
di marketing che verranno realizzate in un periodo di tempo. Possiamo distinguere fra: 1- piano di marketing annuale
(sviluppato dal responsabile marketing dell'impresa o dell'ASA, contiene indicazioni precise circa gli obiettivi e le
strategie per un prodotto, una linea o tutta l'impresa); 2- piano di marketing a lungo termine (dura tra 2 e 5 anni,
redatto e gestito a livello corporate, ha contenuto generale che delinea gli orientamenti di fondo per i piani annuali).
Quando la validità di un piano di marketing viene valutata in base a criteri finanziari, si parla di pianificazione orientata
al valore (approccio finanziario); molte imprese lo integrano con un orientamento ai valori (approccio di
responsabilità sociale), nel quale i contenuti del piano di marketing sono valutati anche in rapporto a temi come
l'etica, l'integrità, il benessere dei lavoratori, la tutela dell'ambiente.
2 – Implementazione
Consiste nelle decisioni ed azioni necessarie ad attuare quanto pianificato, arrivando a definire e mettere in atto le
politiche di marketing mix di ciascuna marca o prodotto.
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I responsabili funzionali ripartiscono compiti e budget tra i membri dell'area marketing, stabiliscono il timing (la tabella
di marcia) per ciascuna attività, infine specificano il marketing mix. Gli altri membri del team procederanno
all'attuazione del piano di marketing.
3 – Controllo
Viene svolto periodicamente per verificare il raggiungimento degli obiettivi o, in caso contrario, per capire le ragioni del
fallimento e individuare adeguate misure correttive.
Ciascuna delle tre fasi della pianificazione di marketing prevede la produzione di documenti (report) contenenti
importanti informazioni:
- pianificazione → Piano di marketing (definisce obiettivi e politiche di marketing mix con cui raggiungerli);
- implementazione → Report dei risultati (descrive percorso ed esiti dell'implementazione del piano di marketing);
- controllo → Report delle azioni correttive (possibili misure correttive da adottare per risolvere problemi
incontrati o cogliere nuove opportunità).
Il marketing mix è l'insieme delle leve di marketing (le 4P: Product, Price, Promotion, Place) che insieme formano un
programma di marketing coeso.
Prima di implementare il programma di marketing bisognerà effettuare le previsioni di vendita e definire il budget. Per
questo lavoro è utile impiegare la funzione di risposta alle vendite, che mette in relazione i costi di marketing con i
ricavi ottenuti.
La microeconomia ha definito un criterio di valutazione dell'allocazione delle risorse: la massimizzazione della differenza
fra costi marginali e ricavi marginali, ossia quando il surplus per l'impresa è maggiore.
Per capire le logiche di implementazione dei piani di marketing è necessario analizzare la struttura organizzativa
della direzione marketing di una organizzazione.
All'interno di essa, le posizioni di linea hanno fra di loro una relazione gerarchica, per cui le linee inferiori dipendono
da quello superiori. Le posizioni di staff si affiancano ai manager di linea in un rapporto di collaborazione, ma di
indipendenza funzionale.
Il manager di linea ha la responsabilità di gestire e coordinare i product manager.
Il product manager (detto anche brand manager o responsabile di prodotto) è l'elemento fondante di ogni azienda che
produce beni di consumo; ha la responsabilità della programmazione, implementazione e controllo dei piani di
marketing annuali e a lungo termine relativi ai prodotti del brand di cui è responsabile. Un product manager sviluppa
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una forte competenza circa il prodotto e il mercato di riferimento; lavora a stretto contatto con diverse figure
professionali esterne e interne all'impresa, perciò deve possedere elevate competenze relazionali e di coordinamento.
Il category manager (che corrisponde al senior marketing manager) è responsabile del costo economico di una intera
linea di prodotti. Ha il compito di garantire uno sviluppo armonico delle diverse marche che una impresa può avere
all'interno di una linea di prodotti.
Per implementare il piano di marketing le imprese possono ricorrere a diverse tipologie di raggruppamento
operativo basate sulle linee di prodotto, oppure funzionali, per area geografica o per mercato servito. Nelle imprese più
grandi, diversi criteri di raggruppamento possono coesistere a diversi livelli.
Per implementare un programma di marketing viene elaborata la lista delle azioni, nella quale vengono stabiliti i
compiti, le persone responsabili per ciascuno di essi, la data entro cui realizzarli. Questa lista verrà poi distribuita a tutte
le persone coinvolte, di modo che ognuno conosca i propri compiti e le scadenze entro cui realizzarli.
Vengono redatte anche delle tabelle di marcia che mostrano le relazioni che si instaurano tra i vari compiti. Servono a:
- fissare i compiti principali
- stabilire i tempi per la loro realizzazione
- organizzare le attività per rispettare le scadenze
- stabilire le responsabilità per la realizzazione di ciascun compito
Uno strumento utile per la gestione della tabella di marcia è il diagramma di Gantt, che permette di individuare le
attività che devono essere svolte in maniera sequenziale e quelle che possono essere svolte contemporaneamente.
Per valutare l'efficacia dei piani di marketing è utile ricorrere a una microanalisi delle vendite, che consiste
nell'analizzare i risultati ottenuti rispetto a:
- caratteristiche del cliente
- caratteristiche del prodotto
- area geografica
- dimensioni dell'ordine o dello scontrino medio
- classe di prezzo o di sconto
- commissione per il rappresentante
Questo processo di analisi oggi è supportato da software specifici ma rimane fondamentale una collaborazione e
comunicazione adeguata tra l'ufficio marketing, quello di contabilità e quello dei sistemi informativi per evitare errori.
La microanalisi delle vendite è spesso utilizzata per realizzare l'analisi della redditività, che permette di identificare lo
specifico contributo dei diversi canali, delle aree geografiche o dei clienti a determinare il fatturato dell'impresa.
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soddisfazione dei clienti di un mercato geograficamente circoscritto. Nel caso di una multinazionale sarà necessario
realizzare una gerarchia di piani di marketing a livello corporate, ASA e di prodotto.
- Il settore. Sia la piccola che la grande impresa analizzano lo scenario competitivo, ma relativamente ad ambiti molto
diversi: nel primo caso locale, nel secondo nazionale o internazionale. Inoltre la piccola impresa lavorerà su un orizzonte
temporale di breve e medio termine, mentre la multinazionale farà anche piani a lungo termine.
Il business plan è la mappa che l'intera organizzazione deve seguire durante un determinato periodo di tempo.
A differenza del piano di marketing, il business plan contiene anche valutazioni su tematiche come ricerca e sviluppo,
attività produttive e su tutto ciò che è rilevante per caratterizzare la struttura dell'organizzazione e il suo sviluppo.
1 Ambiente demografico
Importante per valutare le opportunità offerte dai mercati. Comprende l'analisi di trend quali crescita della popolazione,
tasso di natalità, flussi migratori, classi d'età, sesso ed etnia.
2 Ambiente economico
Comprende l'analisi di fattori quali andamento del PIL e del reddito disponibile, distribuzione della ricchezza,
propensione al consumo e al risparmio, tasso di inflazione. Serve a valutare lo stato di salute del mercato in cui si opera
e fornisce le informazioni necessarie in fase di budgeting.
Importante distinguere tra i concetti di reddito lordo, reddito disponibile e reddito spendibile.
Il reddito lordo è il totale delle entrate di un individuo o di una famiglia.
Il reddito disponibile è ciò che rimane dopo aver pagato le tasse.
Il reddito spendibile dipende invece dalla propensione al risparmio (la percentuale di reddito destinata al risparmio).
3 Ambiente fisico
È l'ambiente naturale e tutto ciò che si lega ad esso. L'impresa dovrà analizzare le possibilità di sfruttamento del
territorio, e al tempo stesso la necessità di preservarlo in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Fornirà informazioni
sulla disponibilità di materie prime, le fonti di energia, le opportunità di sviluppo delle aree agricole e turistiche.
4 Ambiente tecnologico
Comprende le scoperte scientifiche, i progressi tecnologici e le loro applicazioni attuali e potenziali. Sono i fattori più
influenti in termini di portata innovativa. Per esempio il commercio elettronico ha avuto un notevole impatto sulle
dinamiche competitive di molti settori, soprattutto nei servizi. Le tecnologie di rete hanno influenzato tutte le attività e
le funzioni aziendale; oggi vengono utilizzate per numerosi scopi, tra cui il monitoraggio delle vendite, la condivisione
delle informazioni all'interno dell'azienda, la comunicazione in tempo reale con i fornitori, la gestione dei dati contabili.
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Oltre a Internet, le imprese sono sempre più spesso dotate di reti Intranet (utilizzate all'interno dell'organizzazione) ed
Extranet (che permettono all'impresa di comunicare direttamente con fornitori, distributori, agenzie pubblicitarie ed altri
partner).
5 Ambiente politico-istituzionale
Riguarda l'attività di enti e istituzioni che rappresentano la collettività nel suo complesso (governo, Stato, enti locali) o
particolari gruppi di individui (partiti, sindacati, associazioni dei consumatori). Per l'impresa hanno particolare
importanza gli interventi di politica economica e sociale del governo, il sistema legislativo e la regolamentazione dei
mercati, poiché possono generare sia barriere all'ingresso in certi settori, sia nuove opportunità in altri mercati.
6 Ambiente socio-culturale
Riguarda i valori, le credenze, le norme morali, gli stili di vita diffusi in una data società. Sono elementi fondamentali per
gestire in modo ottimale le relazioni fra l'impresa e il suo mercato, e per dare senso e personalità alle marche che
identificano i prodotti di una impresa. Le marche, infatti, non sono più solo semplici nomi o segni che consentono di
identificare un prodotto, ma elementi immateriali che lo connotano con valori e comportamenti, permettendo di
arricchire, al di là dell'aspetto funzionale, il beneficio trasferito ai consumatori.
La definizione delle forme di mercato si basa sul grado di differenziazione del prodotto e al livello di concentrazione
del mercato (la numerosità delle imprese). Con una offerta frammentata o polverizzata (poca concentrazione) il mercato
si ripartisce fra molte imprese e nessuna è in grado di influenzarlo. Quando l'offerta è molto concentrata, poche imprese
sono presenti sul mercato e le loro decisioni ed azioni hanno importanti ripercussioni sulle dinamiche competitive.
Il livello di concentrazione di un settore può essere calcolato attraverso due indici:
- l'indice di Herfindal-Hirschman → sommatorie delle quote di mercato di tutte le imprese elevato al quadrato.
- il rapporto di concentrazione CR4 → sommatoria delle quote di mercato delle prima quattro aziende del settore.
1 Concorrenti attuali
Il livello di tensione concorrenziale dipende da fattori come la forma di mercato, il grado di concentrazione, il tasso di
crescita della domanda, la struttura dei costi, le opportunità di differenziazione e le barriere all'uscita.
Elevata concentrazione → maggiore tensione, dà maggiore possibilità di costruire un vantaggio competitivo.
Elevato tasso di crescita della domanda → bassa tensione, l'alta domanda permette a tutti di crescere.
Ridotti margini di profitto → maggiore tensione, bisogna puntare a grandi volumi di vendita.
Limitate opportunità di differenziazione → maggiore tensione, l'elasticità della domanda è maggiore.
I concorrenti attuali possono essere identificati a livello di settore o di mercato.
2 Potenziali entranti
Costituiscono una minaccia perché riducono le prospettive di profitto; inoltre potrebbero introdurre sul mercato una
innovazione tale da ledere il vantaggio competitivo delle imprese già presenti.
I potenziali entranti possono essere:
• aziende la cui entrata nel mercato rappresenta un percorso di sviluppo logico rispetto all'attività già svolta
(moda → accessori e cosmesi)
• aziende la cui entrata nel mercato costituisce fonte di sinergia rispetto all'attività attuale
(imbottigliamento latte → imbottigliamento succhi)
• aziende clienti o fornitrici che potrebbero integrarsi a monte o a valle
• tutte le aziende che possono superare le barriere all'entrata.
3 Prodotti sostitutivi
La disponibilità di prodotti sostitutivi aumenta l'elasticità della domanda e costituisce quindi una minaccia.
Possono essere considerati sostitutivi tutti quei prodotti che, pur basandosi su tecnologie diverse, sono idonei a
soddisfare bisogni simili. Più è generica la definizione di un bisogno, più è ampia la sostituibilità.
4 Clienti
Se hanno un forte potere contrattuale possono costituire una minaccia alla profittabilità dell'impresa. Maggiore è questo
potere, maggiore è a riduzione di prezzo che possono ottenere. Il potere contrattuale dei clienti aumenta quando:
- la domanda di mercato è molto concentrata (pochi clienti che acquistano quantità elevate);
- i prodotti offerti sul mercato sono poco differenziati (alta sostituibilità);
- i costi di trasferimento per i clienti sono bassi (cambiare prodotto implica poco sforzo);
- il cliente è informato sulla situazione di mercato, sui prezzi e sulla struttura dei costi del fornitore.
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5 Fornitori
Costituiscono una minaccia se hanno elevato potere contrattuale che permette loro di imporre all'impresa prezzi più alti,
aumentandone i costi. Il potere contrattuale dei fornitori aumenta quando:
- il gruppo di fornitori è più concentrato di quello degli acquirenti;
- il fornitore non è minacciato dalla presenza di potenziali sostituti;
- il prodotto è altamente differenziato;
- l'impresa rappresenta un cliente marginale per il fornitore;
- il prodotto del fornitore è un mezzo di produzione importante per l'impresa cliente.
Il sistema del valore. L'impiego della catena del valore può essere esteso orizzontalmente ai concorrenti per creare un
benchmark delle proprie performance rispetto agli avversari. L'estensione può essere anche verticale a monte o valle, ai
fornitori o ai clienti, per valutare la possibilità di una integrazione verticale. Infine si può optare per un confronto
intersettoriale e valutare processi di diversificazione in settori in cui è possibile sfruttare le proprie competenze per
ottenere vantaggio competitivo.
Il modello VRIO è di supporto all'analisi dello strategic-core (il cosiddetto segreto del successo di un'azienda).
In genere consiste in competenze di natura tecnologica, organizzativa o di marketing, e comprende:
- il possesso di risorse critiche
- la disponibilità di una tecnologia unica
- il consolidamento di core competence
- la capacità di apprendimento
- il goodwill dei consumatori
- le relazioni chiave.
Nell'analisi dello strategic-core, le attività della catena del valore vengono analizzate in termini di criticità, specificità,
replicabilità e potenziale di valore. L'azienda valuterà quindi quali attività può gestire internamente, quali affidare a
partner e quali conviene acquistare sul mercato. Le attività legate allo strategic-core dovrebbero essere sempre
presidiate direttamente.
L'analisi dello strategic-core consente di capire quale movimento nel sistema del valore ha un maggiore
potenziale strategico. I 4 percorsi strategici possibili sono:
• upstream strategy → integrazione a monte, miglioramenti tecnologici, nuovi prodotti.
• downstream strategy → integrazione a valle, differenziazione, nuovi mercati.
• horizontal strategy → penetrazione del mercato, acquisizione dei concorrenti.
• related strategy → diversificazione in altri prodotti/mercati
Le strategie orizzontali, più diffuse, sono quelle con il minor livello di rischio ma la minore portata innovativa.
Quelle verticali (upstream e downstream) impongono maggiori sforzi e rischi, ma promettono buoni risultati.
Quelle di diversificazione sono le più rischiose, ma spesso hanno la portata innovativa più elevata.
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linee guida da seguire per agire correttamente e secondo giustizia in ogni situazione che presenti dubbi di carattere
morale.
5.1.1 Legalità ed etica nell'attività d'impresa
Bisogna distinguere fra comportamento legale e comportamento etico.
Mentre l'etica riguarda i principi e valori morali personali, le leggi sono l'insieme dei valori e degli standard di una
società che devono essere rispettati per non incorrere in sanzioni.
A chi opera nel marketing, l'etica indica i criteri e le modalità con cui impiegare le proprie competenze nella relazione
con gli stakeholder e nel loro interesse.
L'etica è una componente di ogni professione ed è fondamentale per il funzionamento delle imprese e delle economie di
mercato. È importante costruire rapporti di fiducia basati sulla cooperazione e sulla lealtà.
Secondo la stakeholder theory, al perseguimento del profitto deve affiancarsi l'attenzione per il ruolo che l'impresa
svolge nella comunità in cui opera: solo attraverso la soddisfazione di tutti gli stakeholder, l'impresa può ottenere
legittimazione sociale per operare sul mercato.
La piramide della responsabilità sociale di Carroll identifica in ordine crescente 4 livelli di responsabilità
dell'impresa:
• economica → fare profitti (base)
• legale → rispettare la legge (secondo livello)
• etica → avere un codice etico (terzo livello)
• filantropica → essere un buon cittadino-impresa (cima)
Secondo Carroll, la responsabilità sociale dell'impresa, RSI (CSR – Customer Social Responsibility) si concretizza in
programmi sociali ed ambientali. Tuttavia ha poco valore se non rientra in una forte dimensione etica che dia coerenza a
tutti i comportamenti aziendali. La RSI praticata in maniera superficiale è destinata a fallire, infatti oggi ci si interroga di
più sull'etica degli affari (business ethics) e su quali debbano essere i fondamenti morali dell'agire d'impresa.
L'organizzazione deve avere un codice etico definito e condiviso, in modo che le strategie di RSI influenzino i
comportamenti aziendali e si concretizzino in un insieme coerente di iniziative.
I valori guida etici sono importanti per il successo dell'impresa, in quanto permettono di costruire rapporti di fiducia con
gli stakeholders attraverso la soddisfazione delle loro aspettative.
Spesso di parla di bad companies in riferimento a quelle imprese che operano in settori eticamente controversi, come
quelli del tabacco, dell'alcol, della pornografia, delle armi. Ci si domanda quindi se sia necessario definire “cattive” tutte
le imprese di quei settori, o se sia possibile fare distinzioni in base all'effettivo comportamento.
Oggi molte imprese fanno informazione sui temi dell'etica e mettono in atto un audit interno del comportamento per
migliorare la performance allineando le politiche aziendali con i valori condivisi.
La funzione dell'internal ethical auditor prevede:
- l'analisi dei rischi etici
- la verifica dell'integrità dei comportamenti etici d'impresa
- il controllo dei sistemi atti ad assicurare il rispetto delle politiche
- la verifica delle attività dell'azienda
- la misurazione della performance etico-sociale dell'impresa.
Un ulteriore strumento per misurare il comportamento etico è il bilancio etico-sociale.
Una conseguenza importante è la triple bottom line affianca al risultato economico indicazioni che riguardano gli effetti
sociali e l'impatto ambientale delle attività prodotte.
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6.1.6 Coinvolgimento e percorsi di scelta
La durata e complessità di un processo di acquisto dipende dal grado di coinvolgimento, il quale dipende dal tipo di
prodotto, dalla situazione, dalle caratteristiche del consumatore. Il coinvolgimento dipende dal significato personale,
sociale ed economico che il consumatore attribuisce all'acquisto e quindi dal rischio (personale, sociale, economico) che
il consumatore associa ad una scelta errata. Un acquisto a coinvolgimento elevato riguarda prodotti che: hanno un costo
elevato; possono avere conseguenze a livello personale; possono influenzare la propria immagine sociale.
Più alto è il rischio, più il consumatore cerca info.
A seconda del grado di complessità dell'acquisto, il processo decisionale può distinguersi in 3 situazioni base:
• Problem solving esteso → il consumatore segue tutte le 5 fasi del processo d'acquisto, cerca molte info esterne,
valuta tutte le possibili alternative. Acquisti ad alto grado di coinvolgimento.
• Problem solving limitato → prodotto non complesso ma non del tutto banalizzato, ricerca info tramite fonti
personali.
• Problem solving di routine → prodotto poco costoso, ad acquisto frequente, basso coinvolgimento; poco tempo
dedicato al processo d'acquisto.
6.2.2 Percezione
È il processo in base al quale l'individuo seleziona, organizza ed interpreta le informazioni contenute negli stimoli a cui è
sottoposto, per crearsi una raffigurazione coerente del mondo.
▪ Distorsioni della percezione.
Un consumatore è sottoposto quotidianamente a una grande quantità di stimoli, perciò metterà in atto un processo di
percezione selettiva, in base al quale seleziona le informazioni a cui prestare attenzione, valutando se è il caso di
comprenderle e memorizzarle.
L'esposizione selettiva si verifica quando l'individuo presta attenzione solo agli stimoli che reputa in sintonia con le
sue convinzioni ed i suoi atteggiamenti, ignorando quelli che non lo sono. Ciò accade nella fase post-acquisto per
risolvere la dissonanza cognitiva, ma può anche verificarsi nella fase di percezione del bisogno (fame → alimenti).
La comprensione selettiva consiste nell'interpretare le informazioni in modo coerente con i propri atteggiamenti e
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convinzioni.
La memorizzazione selettiva implica che i consumatori non conservino tutte le informazioni che ricevono in fase di
ricerca delle info nel processo d'acquisto. Le imprese dovranno quindi trovare il modo di favorire la memorizzazione
delle caratteristiche dei prodotti che offrono.
La percezione subliminale è un processo attraverso cui uno stimolo viene impresso nella mente del consumatore
senza che questi se ne renda conto. Fare leva sulla percezione subliminale pone evidenti problemi di etica.
▪ Rischio percepito
Riguarda l'incertezza del consumatore circa le possibili conseguenze negative dei suoi acquisti, in termini economici, di
salute, di immagine, o semplicemente di funzionamento ed efficacia. Più il rischio è elevato, più attenta ed estesa sarà
la ricerca di informazioni. Il rischio infatti deriva da una incertezza dovuta a una mancanza di informazioni.
Le aziende, per stimolare l'acquisto dei prodotti, sviluppano quindi strategie mirate a ridurre il rischio, come:
- ottenere certificazioni di qualità
- ottenere l'approvazione e il sostegno di persone influenti (testimonial)
- permettere al consumatore di provare il prodotto
- fornire dettagliate istruzioni per l'uso
- offrire garanzie (di sostituzione o riparazione)
6.2.3 Apprendimento
Comprende tutti quei comportamenti risultanti dalla reiterazione di una esperienza e dal ragionamento.
(Si apprendono quali fonti di info consultare, quali criteri di valutazione usare, come effettuare le decisioni d'acquisto.)
▪ Apprendimento comportamentale
È il processo tramite cui si sviluppano risposte automatiche a situazioni che si ripetono nel tempo.
L'individuo apprende dalla ripetizione di una stessa esperienza, in base a 4 variabili fondamentali:
• MOTIVAZIONE → il bisogno che spinge l'individuo ad agire in un determinato modo (individuazione del problema)
• STIMOLO → ciò che sollecita il consumatore (informazioni, pubblicità)
• RISPOSTA → l'azione che il consumatore compie per soddisfare la sua motivazione (acquisto)
• RINFORZO → la ricompensa, il vantaggio che ne trae (soddisfazione)
Nel marketing si utilizzano due concetti derivanti dalla teoria dell'apprendimento comportamentale:
- Generalizzazione dello stimolo → consiste nel generalizzare le risposte a fronte di stimoli simili; in base a ciò
l'impresa può decidere di utilizzare lo stesso brand name per i vari prodotti che commercializza.
- Discriminazione dello stimolo → si ha quando l'individuo è in grado di percepire le differenze fra stimoli simili e
organizza la propria risposta di conseguenza; le imprese, tramite la comunicazione pubblicitaria, cercheranno di
sviluppare questa competenza del consumatore a vantaggio dei propri prodotti.
▪ Apprendimento cognitivo
Avviene utilizzando processi mentali come il pensiero, il ragionamento e il problem solving; comporta quindi la creazione
di una serie di connessioni fra più idee, o l'adeguamento del proprio comportamento in base alle conseguenze di quello
altrui. Le aziende possono influenzare questa forma di apprendimento attraverso l'utilizzo ripetuto di una comunicazione
pubblicitaria in grado di correlare positivamente la marca del prodotto al beneficio che il consumatore può trarre
dell'utilizzo del bene acquistato.
▪ Brand loyalty
Consiste nell'atteggiamento favorevole verso una marca e nel suo acquisto ripetuto nel tempo. È il risultato del rinforzo
positivo di azioni precedenti e permette al consumatore di ridurre i rischi legati all'acquisto e di risparmiare tempo e
risorse. Esiste un legame molto stretto fra abitudini e brand loyalty.
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8.2 Il marketing in un mondo privo di barriere
Il marketing globale è favorito dal fatto che con gli anni le barriere economiche vengono meno ormai in tutto il mondo.
Si configurano 4 tendenze:
- graduale declino del protezionismo economico
- integrazione economica e libero scambio fra i Paesi
- competizione globale fra aziende globali per clienti globali
- sviluppo di Internet come nuovo spazio per il commercio globale
8.2.1 Declino del protezionismo economico
Il protezionismo è una pratica che si fonda sulla costruzione di barriere all'ingresso delle imprese estere e dei loro
prodotti sul mercato nazionale. Lo scopo è proteggere le imprese nazionali per evitare che vengano indebolite dalla
concorrenza internazionale. Tuttavia è una pratica contraria ai principi di libera concorrenza, che non permette ai
consumatori di avvantaggiarsi di prezzi più bassi e di poter utilizzare le risorse rimaste in altri consumi che generano
nuova attività economica. Inoltre ritarda il confronto delle imprese nazionali con quelle estere, rallentandone lo sviluppo.
Le pratiche di protezionismo più diffuse sono i dazi doganali e il contingentamento.
I dazi sono imposte che lo stato applica sui prodotti importati per favorire i prodotti nazionali. Hanno un forte impatto
sul commercio mondiale e sui prezzi al consumo. Il dazio medio sui prodotti fabbricati nei Paesi industrializzati è del 4%.
I contingentamenti (o quote) sono restrizioni poste sulle quantità di prodotto esportabile o importabile. Vengono
stabilite e negoziate dai governi. Lo scopo è limitare l'acquisizione di quote di mercato da parte di imprese estere, a
vantaggio delle imprese locali e dell'economia nazionale. Il contingentamento va però a svantaggio del consumatore,
poiché limita la presenza di concorrenti che offrano il prodotto a prezzi più bassi.
Ogni Paese attua una qualche forma di protezionismo, ma negli ultimi cinquant'anni questa pratica è diminuita,
soprattutto in seguito alla sottoscrizione dell'Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio Estero (GATT), un
trattato internazionale che ha l'obiettivo di limitare le barriere commerciali e promuovere il commercio mondiale
attraverso la riduzione delle tariffe.
Nel 1995 i maggiori Paesi industrializzati del mondo hanno fondato l'Organizzazione Mondiale per il Commercio
(WTO, World Trade Organization) per far fronte alle sfide poste dal commercio internazionale. Ne fanno parte 147 Paesi
fra cui l'Italia. Il WTO è una istituzione permanente che regola l'interscambio di beni e servizi fra i suoi stati membri e
ha potere decisionale nel risolvere le controversie commerciali.
8.4.1 Esportazioni
Le esportazioni sono l'insieme di beni e servizi prodotti all'interno di un Paese e destinati ad altri Paesi. Questa
strategia permette alle imprese di effettuare il minor numero di cambiamenti in termini di prodotto, organizzazione ed
obiettivi generali.
- Le esportazioni indirette sono realizzate tramite intermediari, comportano minori rischi e sforzi, ma possono anche
essere meno vantaggiose. Sono ideali per le imprese che vogliono commercializzare il proprio prodotto all'estero ma non
conoscono il mercato obiettivo e non hanno i contatti necessari.
- Le esportazioni dirette sono gestite direttamente dalle imprese. In genere questa strategia viene adottata quando
l'azienda ritiene di aver raggiunto un volume di vendite tale da giustificare lo sviluppo di una struttura commerciale
propria dedicata alle esportazioni. Comportano maggiori rischi rispetto a quelle indirette, ma anche maggiori profitti.
8.4.2 Licensing
Il licensing consiste nella concessione da parte di una impresa del diritto di utilizzare un suo marchio registrato, un suo
brevetto, un suo segreto industriale o altri importanti elementi che costituiscano proprietà intellettuale, dietro
pagamento di una royalty.
Esistono due tipologie di licensing: una riguarda l'intero ciclo di produzione, l'altra riguarda la sola fase di assemblaggio.
Il vantaggio per il licenziante (l'impresa che concede la licenza) è poter penetrare un mercato con pochi rischi e senza
dover effettuare investimenti diretti. Gli aspetti negativi riguardano il fatto che il licenziante rinuncia a controllare i
suoi prodotti, riducendo i potenziali profitti realizzabili. Inoltre è possibile che in futuro il licenziatario stesso diventi un
concorrente, modificando il prodotto ed entrando nel mercato grazie a conoscenze acquisite a spese del licenziante.
Perciò molte imprese si impegnano nell'innovazione continua, in modo da tenere il licenziatario in uno stato di
dipendenza. Va anche valutata la possibilità che il licenziatario non sia in grado di produrre in modo adeguato i prodotti
del licenziante, con effetti negativi sull'immagine di quest'ultimo.
In alternativa al licensing è possibile utilizzare il franchising, una delle più diffuse strategie d'ingresso nei mercati
internazionali.
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Molte ricerche di marketing hanno a che fare direttamente con il consumatore (le sue caratteristiche) o con prodotti che
ancora non esistono. Ciò rende difficile per il ricercatore rilevare dati attendibili ed ottenere risposte affidabili. Si dovrà
quindi tenere conto della possibile divergenza fra le dichiarazioni fatte in fase di ricerca e i comportamenti effettivi. Per
ovviare a questo problema bisognerà scegliere la tecnica più adatta ed impiegarla in maniera accurata.
Manager e ricercatori adottano approcci di ricerca formali e strutturati, basati su 4 fasi: 1 definizione del problema;
2 sviluppo del piano di ricerca; 3 raccolta di informazioni utili; 4 analisi dei dati e definizione delle azioni di marketing.
10.2.3 Fase 3: sviluppare una matrice prodotto-mercato e stimare le dimensioni dei mercati
I segmenti di mercato e le categorie di prodotto potranno quindi essere incrociati per definire la matrice prodotto-
mercato, stimando quindi in ciascuna cella le dimensioni del mercato e la sua rilevanza per l'impresa. I dati per stimare
le dimensioni del mercato possono provenire da fonti interne (es. dati di vendita) o da fonti esterne (es. ricerche). In
alternativa può essere sufficiente una stima qualitativa da parte dei manager dell'impresa o di esperti del settore.
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11.3 Nuovi prodotti: ragioni di successo e insuccesso
I nuovi prodotti sono la misura della vitalità delle imprese e costituiscono il fattore centrale per garantire la loro crescita.
Il lancio di un nuovo prodotto comporta rischi finanziari che sono tanto elevati quanto più è alto il grado di innovazione.
11.4.5 Sviluppo
La fase di sviluppo consiste nel trasformare le idee in prototipi; essi verranno poi sottoposti a test funzionali e di
mercato, in base ai quali il prodotto verrà modificato fino ad assumere la configurazione definitiva.
I test funzionali sono effettuati in laboratorio per garantire che il prodotto sia sicuro e funzioni in modo efficace.
I test sul consumatore servono ad ottenere un primo riscontro sull'impatto che il prodotto potrà avere sul mercato
target, verificando l'apprezzamento degli elementi differenziali ed eventuali problemi d'uso da correggere. I test
potranno essere condotti in laboratorio o nelle case dei consumatori, affidando loro campioni del prodotto.
11.4.7 Commercializzazione
A questo punto bisogna fissare gli aspetti operativi della commercializzazione del prodotto e stabilire il momento più
opportuno per il lancio. Inoltre occorre decidere se lanciare il prodotto su un mercato test o su tutto il mercato, ma in
genere si preferisce distribuire l'operazione di lancio nel tempo.
È anche importante decidere quale strategia di sell in (vendita alla distribuzione) utilizzare: definire le azioni
promozionali e di comunicazione nei confronti del trade; negoziare con gli intermediari le condizioni di acquisto del
nuovo prodotto; definire il più conveniente posizionamento a scaffale; predisporre gli strumenti illustrativi più idonei che
possano facilitare i venditori nella presentazione del prodotto; predisporre le attività di promozione e merchandising nel
punto vendita compatibilmente alle esigenze del trade e alle diverse situazioni di mercato.
Infine bisogna decidere quando presentare il nuovo prodotto agli intermediari: in anticipo rispetto alla effettiva
disponibilità del prodotto (previsita), o contestualmente ad essa. Attraverso la previsita si riesce ad avere una
maggiore flessibilità nella programmazione dell'attività produttiva e si favorisce il raggiungimento di una copertura
distributiva elevata ancor prima del lancio del prodotto. Il principale svantaggio della previsita è che la concorrenza, nel
lasso di tempo tra la presentazione del prodotto e il suo lancio sul mercato possa intraprendere azioni di disturbo o
precederci con una versione del prodotto uguale o migliore.
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I beni di largo consumo pongono particolari problemi di commercializzazione, perché la grande distribuzione richiede
spesso una fee d'ingresso (slotting fee) per i nuovi prodotti. In alcuni casi i distributori chiedono ai loro fornitori
anche delle fee di fallimento (failure fee) ovvero il pagamento di una penale se il prodotto non raggiunge un
determinato obiettivo di vendite.
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4 situazioni tipiche che spingono a effettuare un riposizionamento del prodotto:
• Reazione al posizionamento di un concorrente → l'esistenza di concorrenti con un prodotto simile ma più efficace nel
presidiare il mercato determina una perdita di quota di mercato e l'erosione dei profitti. Occorre puntare su un nuovo
posizionamento per ridare una identità specifica alla propria offerta ed evitare il confronto diretto con imprese più forti.
• Ingresso in un nuovo mercato → se il nuovo mercato è restio ad adottare il prodotto, conviene riposizionarlo.
• Cogliere nuove tendenze in atto → per venire incontro a cambiamenti di gusti, abitudini, stili di vita dei consumatori.
• Modifica del valore offerto → trading up (aggiungere valore); trading down (ridurre il valore per ridurre costi e prezzi).
12.4 Branding e gestione della marca
Il branding è una decisione fondamentale nella commercializzazione dei prodotti; consiste nella scelta di un nome, una
frase, un disegno, dei simboli o una loro combinazione in grado di rendere identificabili e distinti uno o più prodotti da
quelli della concorrenza. La marca ha, infatti, un ruolo centrale nell'aiutare il consumatore a strutturare e memorizzare
l'informazione che gli viene dal mercato e in questo modo rendere più efficiente il processo di scelta. La riconoscibilità
dei prodotti di marca consente di riacquistare un prodotto di cui si è stati soddisfatti o di non farlo nel caso contrario.
Inoltre l'acquisto diventa più rapido e il consumatore risparmia tempo.
La marca è qualunque parola, dispositivo (disegno, suono, forma, colore) o una loro combinazione, usati per
distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di un'altra. L'associazione fra uno specifico prodotto e la marca
avviene attraverso i registri uditivi e visivi. L'associazione di tipo uditivo classica è quella che lega la marca al suo nome
o a un particolare suono. L'associazione di tipo visivo lega la marca a un certo logotipo o logo.
La ragione sociale è una denominazione commerciale con la quale un'organizzazione viene legalmente riconosciuta e
che la identifica nello svolgimento di tutte le sue attività. Si compone di un nome e di una indicazione della forma
giuridica scelta (s.p.a., s.r.l., s.a.s.). Ragione sociale e marca possono coincidere, oppure essere nettamente distinti.
Si parla di marchio quando una ragione sociale o una marca sono registrati legalmente, così che l'azienda ne ha l'uso
esclusivo. Un marchio conosciuto è un supporto fondamentale per pubblicizzare la propria offerta e sviluppare la fedeltà
dei clienti; per questo motivo esistono crescenti problemi di contraffazione, ovvero di uso improprio di un marchio noto
con il quale si propongono copie del prodotto originale. I danni della contraffazione riguardano sia le imprese (meno
profitti), sia i governi (meno entrate fiscali), sia i consumatori (rischi economici e fisici).
13.3.1 Prodotto
Tre elementi da approfondire circa il prodotto sono: l'esclusività, il branding, la gestione delle capacità di servizio.
▪ Esclusività. Una differenza importante fra beni e servizi è che questi ultimi non possono essere brevettati e
l'innovazione può quindi essere immediatamente copiata dai concorrenti; diventa più difficile difendere l'esclusività della
propria offerta.
▪ Branding. Dato che i servizi sono intangibili e quindi più difficili da descrivere, il brand name o l'individuazione del
logo sono particolarmente importanti per ottenere riconoscibilità e influire sulle decisioni di acquisto dei consumatori.
▪ Gestione della capacità di servizio. La maggior parte dei servizi ha una capacità limitata a causa dell'inseparabilità
del servizio da chi lo fornisce e della sua deperibilità: la capacità produttiva, se non viene impiegata, è persa.
La gestione della capacità di servizio consiste nel progettare un servizio integrandolo con azioni volte a influenzare
la domanda dei consumatori per renderla meno discontinua nel tempo. L'obiettivo è gestire la disponibilità di servizio in
modo che: la domanda corrisponda alla capacità per la durata del ciclo della domanda; le risorse a disposizione
dell'impresa siano usate per massimizzare il rendimento del capitale investito (ROI, return on investment).
13.3.2 Prezzo
La leva del prezzo nei servizi può essere utilizzata per cercare di bilanciare capacità e domanda. La discriminazione
temporale dei prezzi consiste nell'applicare prezzi diversi nelle diverse ore del giorno o nei diversi giorni della
settimana per gestire le variazioni nella domanda del servizio.
13.3.3 Distribuzione
Spesso le reti distributive si limitano a vendere il diritto di fruire un servizio in un dato momento e in un dato luogo
(agenzie di viaggio, polizze assicurative). In altri casi la rete di vendita contribuisce alla prestazione (banche).
In passato nel marketing dei servizi si è dedicata poca attenzione alla distribuzione ma, con l'aumentare della
concorrenza, si è riconosciuto il valore di una rete distributiva che avvicini il più possibile il consumatore al servizio
desiderato. La rete Internet oggi offre una copertura di livello mondiale per molte tipologie di servizio.
13.3.4 Promozione
Per molti servizi la promozione e la pubblicità sono fondamentali per mostrare i benefici del servizio per l'acquirente e
per aiutarlo a superare le difficoltà che incontra nel processo di acquisto in rapporto all'immaterialità della prestazione.
Andranno quindi sottolineate la qualità della prestazione, l'efficienza, la disponibilità del personale.
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● Capitolo 14 – Le basi per la determinazione del prezzo
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14.4.1 Il controllo dei costi e l'analisi marginale
Si distinguono 5 diverse tipologie di costo:
• costo totale (Ct) → è la spesa totale sostenuta da un'azienda per la produzione e vendita dei propri prodotti. È la
somma di costi fissi e variabili. Ct = Cf + Cv
• costo fisso (Cf) → è quella parte dei costi che non varia al variare della quantità prodotta e venduta.
• costo variabile (Cv) → è la somma delle spese dell'azienda che variano al variare della quantità prodotta e venduta.
• costo variabile unitario (Cvu) → è il costo variabile espresso su base unitaria. Cvu = Cv / Q
• costo marginale (Cm) → è l'incremento del costo totale che deriva dalla produzione di una unità aggiuntiva di
prodotto. Cm = (Variazione dei Ct) / (Aumento di 1 unità di Q) = ∆Ct / ∆Q = Pendenza della curva dei Ct
Il marketing deve tenere conto della struttura dei costi dei prodotti che promuove, analizzando gli effetti delle decisioni
di prezzo. Costi fissi e variabili hanno una diversa influenza: per esempio, se i primi sono molto elevati rispetto ai
secondi, quando l'impresa ha una capacità produttiva inutilizzata è portata a ridurre anche drasticamente i prezzi per
ottenere risorse a copertura dei costi fissi. Se invece i costi fissi sono molto contenuti e quelli quelli variabili alti, non c'è
necessità di ridurre il prezzo.
Questi esempi sono una dimostrazione di analisi marginale, cioè la verifica dei costi e dei ricavi generati dalla vendita
di una ulteriore unità di prodotto. Il principio di base è che conviene produrre e vendere un dato prodotto fino a quando
il ricavo marginale sarà maggiore rispetto al costo marginale.
15.3.1 Sconti
Gli sconti sono riduzioni del prezzo di listino concesse a un acquirente come corrispettivo per determinati comportamenti
che riducono i costi del venditore, come l'acquisto di grandi quantitativi di merce, il pagamento anticipato, acquisti fatti
in periodi in cui la domanda è bassa. Le tipologie di sconto più adottate sono: sconti sulla quantità; sconti stagionali;
sconti commerciali (funzionali); sconti per pagamenti in contante.
▪ Sconti sulla quantità. È una riduzione di prezzo per i clienti che acquistano quantitativi elevati. Chiedendo un
servizio più esteso generano infatti economie di scala che vengono compensate tramite lo sconto.
Gli sconti sulla quantità possono essere di due tipi:
- non cumulativi → si basano sulle dimensioni del singolo ordine di acquisto, incoraggiando il cliente a concentrare la sua
domanda in pochi grandi ordini (es. spedizioni);
- cumulativi → si basano sul numero totale di unità ordinate in un certo periodo di tempo, spingendo il cliente a essere
fedele per raggiungere le soglie che danno diritto allo sconto.
▪ Sconti stagionali. Servono a sostenere le vendite nei periodi dell'anno in cui queste sono più basse, migliorando in
questo modo l'uso della capacità produttiva. Possono essere applicati sugli acquisti anticipati per incoraggiare i clienti ad
accumulare scorte in anticipo rispetto alla effettiva necessità. Questa politica include anche un premio per gli
intermediari che, acquistando prima del necessario, si assumono i rischi derivanti dai costi di magazzino e dalle scorte
accumulate che potrebbero rimanere invendute.
Una tipica forma di sconto stagionale sono i saldi di fine stagione, utilizzati dai rivenditori per smaltire le scorte di
invenduto e mantenere operativa la capacità di vendita in periodi in cui resterebbe inutilizzata.
▪ Sconti commerciali (funzionali). Sono riduzioni del prezzo di listino offerte agli intermediari commerciali della filiera
in base a: la loro posizione nel canale distributivo; le attività di marketing che svolgeranno a favore del produttore.
▪ Sconti per pagamento in contanti. Possono essere concessi ai clienti che saldano subito quanto dovuto anziché
ricorrere a forme di pagamento posticipate o al credito al consumo. In questo modo il venditore riduce il tempo di
copertura dei costi e aumenta il tempo di maturazione di interessi attivi sui ricavi.
15.3.2 Abbuoni
Gli abbuoni sono riduzioni dei prezzi di listino concessi agli acquirenti che mettono in pratica un certo tipo di attività.
Comprendono gli abbuoni per permuta e gli abbuoni promozionali.
▪ Abbuoni per permuta. È una riduzione di prezzo concessa quando la cessione di un prodotto usato rappresenta una
parte del pagamento di un nuovo prodotto. È una pratica molto diffusa fra i concessionari di auto.
▪ Abbuoni promozionali. È un premio (in denaro o prodotti) riconosciuto ai clienti che aderiscono a specifiche
iniziative, per esempio a rivenditori che partecipano a programmi di promozione delle vendite. I diversi tipi di abbuono
possono prevedere un pagamento in contanti per la prestazione, uno sconto specifico per i prodotti oggetto della
promozione o una quantità aggiuntiva di prodotto gratuita. Spesso una parte di questo risparmio viene trasferita sui
consumatori finali.
Alcune imprese hanno scelto di sostituire gli abbuoni promozionali con una politica di every day low pricing (prezzi
bassi tutti i giorni), che consiste nel ridurre o eliminare le spese promozionali per poter offrire ai consumatori un prezzo
medio più basso. Infatti, se vengono eccessivamente utilizzate, le promozioni rischiano di perdere la loro funzione di
offerta straordinaria, e di rendere poco credibile il prezzo di un prodotto e il suo valore. L'every-day-low-price consiste
appunto nell'eliminare la promozione e investire le relative risorse in un prezzo stabilmente più basso.
Il conto economico
Il conto economico sintetizza la redditività di un'impresa per uno specifico periodo di tempo, di solito un trimestre o un
anno. Lo scopo è mostrare come costi e ricavi concorrono alla determinazione dell'utile, informazioni che permettono di
valutare eventuali azioni per migliorare la redditività futura. I tre elementi chiave del conto economico sono:
i ricavi dalla vendita dei prodotti; i costi di produzione e commercializzazione; l'utile o la perdita.
Il costo del venduto è il costo totale dei prodotti venduti nel periodo considerato (costi di acquisto e di eventuale
lavorazione). Alcuni termini relativi al costo del venduto:
- magazzino, è il valore di materie prime, semilavorati, componenti e prodotti disponibili per l'esercizio corrente ma
acquistati o lavorati in quello precedente;
- sconti sull'acquisto, riduzioni sul prezzo di acquisto;
- manodopera diretta, il costo della manodopera impiegata per realizzare il prodotto finito;
- margine lordo, la differenza fra il valore delle vendite nette e il costo del venduto; corrisponde alle risorse a
disposizione dell'impresa per pagare le spese di vendita, amministrative e generali, lasciando un margine di profitto.
Le spese di vendita sono i costi di vendita del prodotto (retribuzioni degli addetti alla vendita, spesa pubblicitaria).
Le spese amministrative sono i costi di gestione dell'azienda (retribuzione del titolare e del contabile, forniture d'ufficio).
Le spese generali quei costi non inclusi altrove (affitto, attrezzature, interessi passivi, manutenzione, assicurazione...).
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Il guadagno dell'azienda, l'utile al lordo delle imposte, si calcola sottraendo il costo del venduto e le spese dalle
vendite nette.
Indici per la determinazione del prezzo, per la valutazione delle rotazioni e il ritorno sugli
investimenti
Il mark-up è l'importo aggiunto al costo del venduto per determinare il prezzo di vendita, espresso in euro o in
percentuale. Ha un significato analogo a quello di margine lordo: quest'ultimo è più usato nella gestione contabile,
mark-up è più utilizzato nel marketing per le decisioni di prezzo.
Il mark-up percentuale sul prezzo di vendita è pari a: (Mark-up / Prezzo di vendita) x 100
Il mark-up percentuale sul costo del venduto è pari a: (Mark-up / Costo del venduto) x 100
Il mark-down è la riduzione del prezzo di vendita del prodotto, che si rende necessaria se l'impresa non riesce a
venderlo a prezzo pieno. La percentuale di mark-down si calcola come rapporto tra il mark-down in euro (il valore in
euro del prezzo di ribasso) e le vendite nette. Mark-down = (Mark-down / Vendite nette) x 100
Il tasso di rotazione del magazzino è una misura di quante volte lo stock di magazzino viene venduto nel periodo
considerato. È un indicatore importante della rapidità con cui l'impresa riesce a vendere l'assortimento di prodotti in
offerta e quindi anche un indicatore del successo dell'offerta nella clientela. Il valore dei beni di magazzino costituisce
una immobilizzazione di risorse economiche, perciò un miglioramento delle rotazioni ha effetti positivi anche sulla
redditività. Corrisponde al rapporto fra il costo del venduto e il valore medio del magazzino al prezzo di acquisto.
Il valore in euro del magazzino medio al prezzo di acquisto è calcolato come media dei valori del magazzino iniziale e di
quello finale. Tasso di rotazione = Costo del venduto / Magazzino medio al prezzo di acquisto.
Il ROI (Return On Investment; utile sul capitale investito) è una misura molto efficace dei risultati ottenuti da
un'azienda durante un esercizio. Corrisponde al rapporto fra l'utile netto e il valore degli investimenti effettuati per
ottenere quell'utile. ROI = Utile netto / Capitale investito
Il ROI può essere incrementato aumentando il tasso di rotazione degli investimenti (quindi aumentando il tasso di
rotazione del magazzino) o il margine di profitto (abbassando il costo del venduto rispetto alle vendite nette).
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Un canale di marketing deve assicurare lo svolgimento di tutte queste funzioni che, al suo interno, possono essere
ripartite in vario modo tra i diversi membri del canale (produttori, intermediari, consumatori).
▪ I benefici che i consumatori ottengono dagli intermediari. Comprendono 4 tipi di utilità:
Utilità di tempo → disponibilità di un bene o servizio nel momento in cui se ne ha bisogno.
Utilità di luogo → disponibilità di un bene o servizio nel luogo in cui se ne ha bisogno.
Utilità di forma → la possibilità di avere un prodotto modificato sulla base delle proprie esigenze.
Utilità di possesso → la possibilità di ottenere facilmente un bene o servizio.
16.2 Struttura e organizzazione del canale
Per trasferire un prodotto dal produttore al consumatore finale, si può optare per canali di diversa lunghezza. L'obiettivo
del marketing è trovare la modalità di distribuzione più efficiente. Esistono molte differenze fra i canali di marketing per
i beni di consumo e per quelli destinati alle aziende.
17.3.1 Trasporto
Può essere realizzato attraverso 5 modalità di base: ferrovia, strada, aereo, nave, condutture. Spesso le aziende
combinano più modalità insieme. Tutte possono essere valutate in base a 6 criteri: costo, tempo, capacità, affidabilità,
accessibilità (praticabilità del percorso), frequenza (di praticabilità).
18.2.3 Assortimento
I punti vendita al dettaglio si differenziano anche in base all'ampiezza (numero di categorie) e profondità (numero di
varianti nella categoria) dell'assortimento. Il distributore può quindi specializzarsi o despecializzarsi.
▪ Specializzazione. I punti vendita specializzati presentano un assortimento profondo (tante varianti per tipologia).
La specializzazione può riguardare una certa categoria merceologica (single-line store) o un certo processo di consumo
(limited-line store). Quando ad essa si unisce una politica di prezzo aggressiva il distributore può arrivare a dominare il
mercato. In questi casi si parla di category killer: grandi superfici specializzate (GSS) su specifici comparti, localizzate in
aree extraurbane con grandi parcheggi. Queste puntano inoltre a curare l'ambientazione di vendita e l'esperienza di
acquisto, e a integrarsi con centri commerciali pianificati.
▪ Despecializzazione. I punti vendita despecializzati gestiscono un'ampia varietà di categorie merceologiche con
profondità limitata, e sono i grandi magazzini, gli ipermercati e i supermercati; la loro caratteristica comune è la
combinazione nello stesso assortimento di merceologie che non sono complementari dal punto di vista del consumo, ma
che lo possono essere rispetto ai processi d'acquisto. Questa estensione della varietà di categorie offerte porta a un
assortimento despecializzato; l'esempio principale è l'ipermercato, che comprende reparti alimentari e non. Il
vantaggio dell'ipermercato per il consumatore è poter acquistare una grande varietà di prodotti in una unica spedizione
d'acquisto, abbinando un buon livello qualitativo e prezzi convenienti. Negli Stati Uniti gli ipermercati non hanno avuto
successo, mentre è diffusa la formula del discount department store e del supercenter, che hanno una forte vocazione
nell'offerta non alimentare, pur proponendo anche un assortimento alimentare completo. Un'altra formula
despecializzata diffusa in Europa è il superstore: punti vendita simili a grandi supermercati, con un'offerta alimentare
ricca integrata dalle principali categorie non alimentari di largo consumo.
La diffusione delle formule despecializzate consente al consumatore di acquistare lo stesso prodotto in diverse tipologie
di punti vendita. Questa concorrenza fra formati distributivi diversi è detta concorrenza intertype (o inter-formula) e
si contrappone a quella di concorrenza intratype (o intra-formula) che è quella fra punti vendita dello stesso tipo.
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18.6.1 Multicanalità
È l'impiego di diversi formati di distribuzione per rispondere meglio alle specifiche esigenze dei diversi gruppi di clienti,
offrendo uno spettro più ampio di benefici ed esperienze. Uno degli aspetti più importanti è l'integrazione fra canali fisici
e virtuali, che permette ai clienti maggiore comodità nei processi di acquisto e all'impresa di raggiungere un bacino di
clientela più ampio, riducendo i propri costi. Inoltre Internet è un ottimo mezzo per la raccolta, gestione e condivisione
delle informazioni, oltre che uno strumento dalle crescenti potenzialità di interazione.
19.2.2 Feedback
Risposta e feedback sono due elementi del processo di comunicazione che insieme creano un circuito di retroazione
(feedback loop).
La risposta consiste nell'impatto che il messaggio ha avuto sulla conoscenza, sugli atteggiamenti o sui comportamenti
del destinatario.
Il feedback è l'interpretazione della risposta da parte del mittente e fornisce un'indicazione sulla corretta decodifica del
messaggio da parte del ricevente.
19.2.3 Rumore
Il rumore è costituito dai fattori che operano una distorsione non pianificata del messaggio, che quindi potrà non essere
recepito correttamente dal destinatario. Può consistere in un semplice errore o nell'uso di termini e immagini che non
comunicano con chiarezza il messaggio. Può presentarsi anche quando l'utilizzo di termini gergali, accenti particolari o
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stili di comunicazione non adeguati rendano difficile la comprensione del messaggio.
19.3.1 Pubblicità
La pubblicità è qualunque forma di comunicazione non personale a pagamento relativa a un'organizzazione, un bene,
un servizio o un'idea da parte di un soggetto chiaramente identificato.
La mancanza di personalizzazione è una delle caratteristiche principali della pubblicità: i mass media trasmettono il
messaggio a gruppi di individui e non generano un feedback loop immediato. Prima dell'invio del messaggio è quindi
necessaria un'approfondita ricerca di marketing per avere chiaro cosa comunicare, a chi e come. Si dovranno condurre
dei pre-test per selezionare gli elementi visivi, testuali e di marca da utilizzare per raggiungere il target scelto ed evitare
errori di decodifica.
La pubblicità richiede quindi una pianificazione molto accurata; è un processo complesso e molto costoso.
I principali svantaggi della leva pubblicitaria sono gli elevati costi di elaborazione e realizzazione della campagna, la
mancanza di feedback diretto e la scarsa personalizzazione.
I vantaggi riguardano invece la possibilità di raggiungere larghi insiemi di individui.
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19.3.5 Direct marketing
Il direct marketing comprende varie forme di comunicazione che portano il consumatore a contatto diretto con
l'azienda, per: generare un acquisto dei suoi prodotti, la richiesta di ulteriori informazioni o la domanda di un campione
del prodotto; indirizzare il consumatore verso un determinato punto vendita; ottenere informazioni circa le
caratteristiche di un determinato target e i suoi comportamenti d'acquisto.
Il direct marketing può assumere diverse forme, come la vendita diretta, il direct mail, i cataloghi, la vendita telefonica
e il marketing online.
I vantaggi comprendono una comunicazione interattiva e la possibilità di adattare e personalizzare il messaggio per
soddisfare le esigenze di mercati obiettivo anche molto piccoli.
Gli svantaggi riguardano invece la necessità di database esaurienti e sempre aggiornati, che richiedono elevati
investimenti di sviluppo e manutenzione, e la possibile inefficacia della comunicazione, causata dall'eccessiva pressione
che le imprese esercitano sul consumatore, la quale genera fastidio e bassi tassi di risposta. Ciò ha anche portato a
regolamentare l'uso del direct marketing per garantire la difesa della privacy.
19.4.1 Il target
I piani di comunicazione posso essere indirizzati al consumatore finale, a un cliente industriale o ad entrambi.
Le attività promozionali dirette ai consumatori finali prevedono spesso l'utilizzo dei mass media.
La pubblicità viene poi integrata da iniziative e promozioni periodiche per mantenere vivo l'interesse dei potenziali
clienti, per premiare i clienti fidelizzati e per incentivare alla prova i non acquirenti o i clienti della concorrenza.
La vendita personale viene invece utilizzata per la comunicazione con gli acquirenti industriali, dove i volumi di vendita
giustificano l'investimento in una relazione diretta e personalizzata, integrata con promozioni che servono a fidelizzare
gli intermediari. Anche i distributori al dettaglio usano la vendita diretta. Chi utilizza il libero servizio invece fa un uso
intenso della promozione al consumo, in sinergia con i fornitori o su iniziativa propria.
Pubbliche relazioni e direct marketing sono usati in modo più omogeneo e dipendono meno dal target di riferimento.
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Il messaggio varierà a seconda della forma adottata, del tipo di interesse stimolato e delle parole utilizzate.
▪ Contenuto del messaggio. La maggior parte dei messaggi pubblicitari contiene sia elementi informativi che
persuasivi. I contenuti informativi e persuasivi si possono però fondere sotto forma di stimolazione emotiva, per
offrire al consumatore una ragione di fondo per agire. Esistono diversi approcci per la stimolazione emotiva. I più diffusi
sono:
- appelli alla paura (fear appeal) → inducono il consumatore a pensare di poter evitare una qualche esperienza
negativa attraverso la modificazione di un comportamento, come l'acquisto di un bene o l'aumento o diminuzione del
suo consumo. Nell'utilizzare appelli alla paura il pubblicitario dovrà accertarsi che il messaggio sia abbastanza forte da
catturare l'attenzione e l'interesse del pubblico, ma non al punto da spingerlo ad ignorarlo.
- appelli al sesso (sex appeal) → stimolano l'attenzione e favoriscono l'associazione cognitiva fra il consumo del
prodotto e la carica di sensualità ed erotismo del consumatore; tuttavia difficilmente riescono ad influire sul suo modo
di pensare, sentire ed agire. Inoltre spesso questo genere di appelli ostacola la trasmissione del messaggio perché
distrae dal contenuto promozionale. È un approccio molto diffuso in ogni categoria di prodotto.
- appelli all'ironia (humorous appeal) → fanno leva sull'umorismo e il divertimento per attirare l'attenzione del
pubblico nei confronti del prodotto e generare associazioni positive. È molto diffuso in numerose categorie di prodotti.
Un impiego riuscito dell'ironia può dar luogo a dei tormentoni e risultare quindi particolarmente memorabile. Tuttavia
l'ironia può stancare, finendo per annoiare il consumatore se non si rinnova nei codici e nelle espressioni. Inoltre la sua
efficacia varia a seconda della cultura di riferimento a cui è indirizzata la campagna pubblicitaria.
▪ Realizzazione del messaggio (esecuzione). La realizzazione del messaggio pubblicitario prevede la collaborazione
di diversi professionisti. Le figure principali sono l'art director (per la parte visiva) e il copy writer (per i testi).
Nel caso della pubblicità online si aggiunge una figura esperta in progettazione grafica di messaggi multimediali.
Il reparto creativo di un'agenzia si compone di più coppie creative (art©) che lavorano sotto la supervisione di un
direttore creativo. Un'altra figura molto importante è l'account executive, che ha il ruolo di comprendere le esigenze
di comunicazione del cliente e definire il piano di comunicazione. Il piano viene poi trasferito al reparto creativo sotto
forma di briefing. L'account ha anche un ruolo importante di mediazione fra creativi e clienti. Una volta definito il
messaggio, per la realizzazione effettiva entra in gioco la figura del producer, che ha il compito di contattare tutti i
fornitori (case di produzione, registi, attori, tipografie) necessari all'esecuzione materiale del messaggio.
Sempre più spesso i creativi ricorrono all'uso di testimonial per aumentare l'efficacia di un messaggio; tuttavia alcuni
critici sostengono che si tratti di una scorciatoia per la creatività, usata per rimediare alla mancanza di idee originali.
Inoltre nel ricorrere ai testimonial bisogna fare attenzione all'effetto boomerang che potrebbe generarsi nel caso in cui la
persona che svolge questo ruolo assumesse un comportamento in contrasto con il valore della marca, con un effetto
negativo sulla sua immagine.
20.6.1 Gli strumenti base delle relazioni pubbliche: la gestione delle relazioni con i media
La gestione delle relazioni con i media è una delle attività principali delle relazioni pubbliche; l'obiettivo è creare e
rafforzare l'immagine aziendale. Le relazioni con i media possono essere gestite da un ufficio interno all'impresa o
esternalizzate e affidate a un'agenzia di relazioni pubbliche. I principali strumenti sono:
• Media list → consiste in una raccolta di informazioni relative ai giornalisti e alle redazioni con i quali l'impresa è
interessata a mantenere buone relazioni. Oltre ai dati generici come nominativo, indirizzo e testata di appartenenza,
includono informazioni relative alle tematiche trattate, alla loro specializzazione nella redazione e agli articoli già
scritto in merito all'azienda o ai concorrenti.
• Comunicato stampa → è un testo indirizzato ai giornalisti il cui contenuto è relativo a eventi aziendali di particolare
interesse e il cui scopo è far sì che la notizia venga diffusa al grande pubblico.
• Conferenza stampa → consiste in un incontro di alcuni esponenti aziendali con i giornalisti di varie testate per
divulgare notizie rilevanti e approfondirne contenuti e implicazioni rispondendo alle varie domande. I costi sono molto
elevati.
Per verificare l'impatto del comunicato stampa o di una conferenza si utilizza la rassegna stampa, una raccolta di tutte
le pubblicazioni conseguenti alla divulgazione di una notizia, che permette di valutare come i media hanno percepito e
veicolato quanto l'azienda ha comunicato.
• Intervista → in questo caso bisognerà preparare l'intervistato (in genere una figura di rilievo dell'impresa) circa le
modalità con cui avverrà il dialogo con il giornalista e raccogliere tutte le informazioni di cui l'intervistato potrebbe
necessitare per rispondere alle domande.
La misurazione dei risultati è fondamentale, perché permette di verificare la validità di ogni strumento utilizzato e di
modificare le attività di relazione messe in atto. Le tecniche di misurazione possono essere quantitative o qualitative;
nel primo caso ci si limita a calcolare il numero dei partecipanti alla conferenza o degli articoli scritti su una determinata
notizia; nel secondo caso entrano in gioco componenti soggettive di valutazione, per valutare se un dato articolo è
positivo o negativo per l'impresa. Infine i risultati della valutazione quantitativa e qualitativa vengono uniti e utilizzati
per stendere la relazione finale, che terrà conto degli aspetti positivi e negativi emersi.
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- esterni → visitano periodicamente i clienti e provvedono al rifornimento dei rivenditori. Spesso svolgono anche attività
di consulenza e assistenza tecnica.
- interni → operano nella sede dell'impresa o nei negozi e si occupano di processi più semplici e routinari; sono meno
coinvolti nella risoluzione di problemi e la loro efficacia è maggiore nel caso di prodotti con poche opzioni o altamente
standardizzati.
21.3.1 Prospecting
Consiste nella ricerca di potenziali clienti qualificati (prospect). Per alcune tipologie di beni o servizi che vengono
acquistati una sola volta, il prospecting continuo è necessario per sostenere le vendite.
In genere l'impresa fornisce alla forza di vendita una serie di linee guida per orientare l'attività di prospecting.
I prospect possono essere distinti in 3 diversi livelli:
- clienti lead → coloro che hanno le caratteristiche per diventare clienti potenziali
- clienti potenziali → coloro che desiderano o hanno bisogno del prodotto
- clienti qualificati → coloro che sono interessati al prodotto e sono in grado di acquistarlo.
Al fine di acquisire l'informazione necessaria a riconoscere i clienti lead, potenziali e qualificati si possono usare diversi
mezzi: la richiesta di nominativi ai clienti attuali, la partecipazione a eventi di settore, la consultazione di annuari e
guide specializzate. Una volta identificata la lista di prospect, l'impresa può ricorrere a diversi modi per farsi conoscere,
come la visita da parte di un agente o un pre-contatto a mezzo telefono o posta. Questa fase è anche utile per
selezionare ulteriormente i prospect ed escludere quelli poco rilevanti.
21.3.2 Preapproccio
Dopo aver identificato il cliente qualificato, il venditore deve raccogliere ulteriori informazioni per poter pianificare
l'approccio di vendita più adatto, come il ruolo dell'individuo all'interno del processo di acquisto o la sua capacità di
spesa. È anche importante individuare il momento migliore per contattare un potenziale cliente.
Nel caso l'impresa sia entrata in un nuovo mercato, in un altro Paese o in una regione con importanti differenze rispetto
all'area di provenienza, è fondamentale raccogliere informazioni sui comportamenti e la cultura del cliente per
comprendere il protocollo di relazione corretto.
21.3.3 Approccio
Consiste nell'incontro iniziale fra il venditore e il potenziale cliente. Gli obiettivi consistono nell'ottenere l'attenzione del
cliente, stimolarne l'interesse e costruire le basi per la presentazione di vendita e per il successivo rapporto. Dare una
buona impressione è fondamentale; a questo scopo il venditore può ricorrere a una serie di espedienti retorici e di
comunicazione interpersonale che facilitano la costruzione di un clima disteso e di confidenza, per esempio iniziando la
conversazione con un riferimento a conoscenze comuni o a un referente autorevole.
Nelle situazioni internazionali la sensibilità e la capacità richieste al venditore sono maggiori, per via delle possibili
differenze culturali. In alcuni contesti è importante dedicare del tempo alla conversazione non lavorativa; in altri casi
anche la gestualità o lo scambio dei biglietti da visita assumono particolare rilevanza.
21.3.4 Presentazione
L'obiettivo è convertire un potenziale cliente in un cliente acquisito, creando il desiderio del bene o servizio.
Le principali modalità di presentazione sono 3: stimolo-risposta; formula selling; bisogno soddisfazione.
La presentazione stimolo-risposta presume che sulla base dello stimolo dato dal venditore aumenti la probabilità di
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acquisto da parte del cliente. Tuttavia non è sempre adatta: in alcuni contesti è più opportuna una presentazione più
strutturata; in altri casi può risultare una modalità aggressiva che indispone il cliente.
La presentazione formula selling prevede che il venditore trasferisca al cliente informazioni strutturate, complete e
dettagliate, secondo uno schema preordinato. In questo modo la conversazione è standard per tutti i clienti. Può essere
utile quando non si conoscono le differenze fra i potenziali clienti, per cui il venditore non ha informazioni su cui
modellare il contenuto e lo stile della comunicazione. Garantisce una presentazione completa ma manca di flessibilità e
spontaneità.
In questi due approcci il venditore domina la conversazione.
La presentazione bisogno-soddisfazione si basa invece sull'ascolto del cliente. L'obiettivo è comprendere le reali
esigenze e gli interessi del cliente, per adattare la comunicazione alle sue caratteristiche. Comprende due stili di vendita
principali:
- l' adaptive selling → il venditore deve saper gestire i momenti di ascolto, in cui stimola il cliente a fornire informazioni,
e i momenti in cui offre soluzioni, attraverso la proposta del prodotto più adatto alle sue esigenze.
- la consulenza di vendita → si concentra sull'individuazione dei problemi rispetto ai quali il venditore svolge un ruolo di
risolutore; in questo modo il valore per il cliente supera quello associato all'acquisto del prodotto, poiché spesso
emergono nuove soluzioni che creano un valore unico. È molto usata nel marketing b2b.
▪ La gestione delle obiezioni. Durante la presentazione, il cliente potrebbe esprimere valutazioni negative o
osservazioni critiche che possono compromettere il processo di vendita. Alcune obiezioni sono valide perché relative alle
caratteristiche del bene o servizio, altre sono dovute a fattori relazionali o limiti del prodotto. La forza di vendita dovrà
gestire efficacemente le obiezioni, per favorire la ripresa della relazione e la prosecuzione del processo, ma dovrà farlo
sempre in maniera etica, cortese e professionale. A questo scopo, le tattiche relazionali più comuni sono 6:
1 Accettare e convertire l'obiezione. Usare l'obiezione come ragione per l'acquisto (es. prezzo alto = alta qualità).
2 Posporre. Rimandare a un momento successivo la discussione sull'obiezione; è utile quando questa interrompe
un'argomentazione chiave o anticipa un argomento previsto in una fase successiva.
3 Concordare e neutralizzare. Sottolineare come il problema sia secondario rispetto ad altre caratteristiche del
prodotto.
4 Accettare l'obiezione. Quando è sensata e valida, il venditore può accettarla e discuterla adottando il punto di vista
del cliente; in questo modo darà un'immagine di professionalità, correttezza e onestà.
5 Negazione. Affrontarla negandola con decisione quando è frutto di disinformazione ed è falsa.
6 Ignorare l'obiezione. Può essere fatto quando l'obiezione ha portato la trattativa in una fase di stallo o quando non è
realmente importante per il potenziale cliente.
La gestione efficace delle obiezioni richiede senso della tempistica, capacità di valutazione dello stato d'animo del
potenziale cliente e abilità nella comunicazione, competenze che si acquisiscono con l'esperienza e la preparazione.
La presentazione dovrà sempre essere guidata da eticità e correttezza: mentire o rappresentare in modo ingannevole le
caratteristiche di un prodotto è controproducente nel lungo periodo.
21.3.5 La chiusura
Consiste nell'ottenere un impegno di acquisto da parte del potenziale cliente. È la fase più importante e la più
complicata in quanto il venditore deve capire il momento in cui il potenziale cliente è pronto ad acquistare. I segnali
rivelatori comprendono il linguaggio corporeo, le dichiarazioni e le domande. Le 3 possibili tecniche di chiusura sono:
- chiusura di prova → consiste nel chiedere al potenziale cliente di prendere una decisione su alcuni aspetti relativi
all'acquisto del prodotto (es. il colore, il modello, etc)
- chiusura ipotetica → consiste nel chiedere al potenziale cliente di fare una scelta circa le condizioni di consegna, di
garanzia o di finanziamento, nell'ipotesi in cui la vendita dovesse avvenire.
- chiusura d'urgenza → consiste in uno stimolo forte al convincimento del cliente (es. citando la scadenza di una
offerta).
Nell'utilizzare queste tecniche, il venditore deve prestare attenzione a non indisporre il cliente, che potrebbe sentirsi
forzato all'acquisto; perciò va attentamente valutato il momento in cui chiudere il processo di vendita e proporre
esplicitamente l'ordine al cliente.
21.3.6 Il follow-up
L'obiettivo è assicurarsi che il prodotto sia stato consegnato, installato correttamente e funzionante. È una fase
fondamentale per consolidare il rapporto acquirente-venditore e assicurarne una lunga durata.
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▪ L'organizzazione della forza di vendita comporta 3 scelte fondamentali:
1 scegliere fra l'impiego di una forza vendita interna o il ricorso ad agenti indipendenti, come gli agenti plurimandatari;
2 decidere se organizzare i venditori interni in base all'area geografica, al tipo di cliente o di prodotto;
3 determinare il numero totale di venditori interni da impiegare.
1 In genere la decisione in merito all'impiego di forza vendita interna o esterna è di lungo periodo e viene modificata
raramente. I parametri di valutazione sono economici e comportamentali.
- Sotto l'aspetto economico bisognerà valutare che tipo di venditori impiegare in relazione ai volumi di vendita stimati.
Gli agenti esterni hanno un alto costo variabile ma non comportano costi fissi; i venditori interni hanno un costo
variabile inferiore ma comportano costi fissi. Considerando il volume di vendita che rende indifferenti le due alternative,
al di sotto di esso conviene ricorrere ad agenti esterni, se invece il volume di vendite è superiore conviene avvalersi di
forza di vendita interna.
- Sotto l'aspetto comportamentale bisognerà valutare questioni relative alla possibilità di controllo, alla flessibilità e alla
disponibilità dei venditori indipendenti e interni.
2 Se l'impresa decide di utilizzare forza vendita interna, può definirne la struttura organizzativa in base a 3 criteri:
- per area geografica → è la struttura più semplice: a ciascun venditore è associata un'area di competenza, con confini
geografici definiti, in cui visiterà tutti i clienti e rappresenterà tutti i prodotti venduti dall'azienda. Consente di
raggiungere un'elevata efficienza perché riduce gli spostamenti e la ripetizione delle visite presso il singolo cliente.
- per tipo di cliente → più adatta quando i clienti di una certa area sono molto eterogenei e occorre quindi una
specializzazione per tipo di acquirente o di canale di marketing. Consente di raggiungere una maggiore efficacia, ma
comporta maggiori costi amministrativi e una duplicazione del lavoro di vendita, perché si usano più team per
presentare gli stessi prodotti. Una variante dell'organizzazione per tipo di cliente è il key account management, che
consiste nel dedicare dei team di vendita ad alcuni clienti particolarmente importanti, per migliorare la relazione
commerciale ed instaurare una collaborazione a lungo termine.
- per prodotto → più adatta quando i prodotti richiedono conoscenze specialistiche elevate. Consente alla forza di
vendita di sviluppare competenze specifiche sulle caratteristiche tecniche, le applicazioni e i metodi di vendita relativi a
un prodotto. I costi amministrativi e operativi sono elevati.
3 Una volta scelta la struttura, l'impresa dovrà stabilire il numero di venditori da utilizzare, in base a: struttura
organizzativa, numero di clienti serviti, frequenza di visita prevista, durata media di visita, tempo necessario a
completare una vendita. A questo scopo è utile applicare il metodo del carico di lavoro: NS = (NC x CF x CL) / AST
NS= numero di venditori; NC= numero di clienti; CF= frequenza di visite necessarie per ogni cliente ogni anno;
CL= durata media di una visita; AST= quantità media di tempo di vendita disponibile ogni anno.
▪ Lo sviluppo delle politiche di account management consiste nello stabilire chi dovrà essere contattato dai
venditori, i tipi di attività di vendita e di customer service da svolgere e le modalità con cui dovranno essere svolti.
I diversi clienti possono essere raggruppati in base al loro livello di attrattività e alla posizione competitiva
dell'organizzazione di vendita; ne deriva una matrice che costituisce un supporto nella definizione di politiche di account
management:
- alta attrattività / alta posizione competitiva → alti livelli di frequenza di visita e di servizio per fidelizzare il cliente.
- bassa attrattività / alta posizione → contenere gli investimenti e le visite per difendere la posizione competitiva.
- alta attrattività / bassa posizione → migliorare la posizione competitiva o disinvestire e orientarsi verso altri clienti.
- bassa attrattività / bassa posizione → limitare investimenti, passare al telemarketing o dismettere il contatto.
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