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Filippo Tommaso Marinetti 1876-1944

e l’estetica futurista

L’esordio del Futurismo si ha a Parigi, il 20 febbraio del 1909,


quando su “Le Figarò” viene pubblicato in lingua francese il
Manifesto del Futurismo.

L’autore del Manifesto Futurista è Tommaso Marinetti, poeta e


scrittore italiano, nato ad Alessandria d’Egitto e trasferitosi poi
con la famiglia a Milano.

Studia al liceo francese e all’università di Parigi.


A Milano fonda la rivista “Poesia” in cui pubblica i lavori di
giovani poeti, sostenendo il verso libero dall’uso della metrica e
della rima.
Erede di un cospicuo patrimonio familiare, Marinetti può di
dedicarsi interamente all’attività culturale a sostegno del
Futurismo.
Opera come teorico, critico, romanziere e poeta.

La scelta di esordire a Parigi è strategica, essa infatti è


riconosciuta come la capitale internazionale dell’arte e della
cultura in cui hanno luogo le più importanti iniziative artistiche.

In Italia invece prevalgono ancora posizioni conservatrici, tra


le poche eccezioni sono il movimento milanese della
Scapigliatura e il gruppo di pittori che si ispira al Divisionismo
francese.
Il Manifesto del Futurismo

Si scaglia contro la cultura ufficiale italiana ancora fortemente


legata alla tradizione letteraria accademica e vincolata ad un
pensiero conservatore.

Negli 11 punti programmatici del Manifesto si esalta:


•  Il movimento aggressivo e la temerarietà
•  la velocità di un’automobile da corsa
•  la bellezza che nasce dalla lotta, quindi solo un’opera di
carattere aggressivo può essere un capolavoro
•  la guerra come sola igiene del mondo
•  la distruzione dei musei, delle biblioteche, delle accademie
Nasce una nuova poetica artistica fondata essenzialmente sul
dinamismo, velocità, sintesi e forza.
Si tratta di una proposta che coinvolge non solo l’arte, ma l’intera
cultura e la concezione stessa della vita.

Il primo impegno futurista è quello della distruzione dei vecchi


valori.
Alla base di quest’agire eroico, audace e provocatorio esiste già
nella cultura filosofica europea una corrente chiamata vitalismo,
a cui sicuramente il Futurismo fa capo.

La nuova estetica futurista è legata alla moderna tecnologia e al


suo principale strumento, la macchina, nuova protagonista
dell’epoca contemporanea.
L’automobile con il suo vibrante rumore e con la sua velocità, il
moderno panorama urbano industrializzato sono i punti di
riferimento per il Futurismo.
Il clima generale è dominato dal nazionalismo che ben si salda
con l'aggressiva richiesta di rinnovamento e di azione del
futurismo, ed è proprio in questo l’ambito ideologico che viene
teorizzato anche il ricorso alla violenza.

L’obiettivo prioritario del Futurismo è di svecchiare la


cultura italiana.

Marinetti e la sua cerchia effettuano una vera e propria


campagna pubblicitaria per ottenere i consensi, le serate
futuriste sono un espediente propagandistico in cui gli spettacoli
teatrali sono una via di mezzo tra la rappresentazione e il
comizio.

In queste serate il pubblico ha spesso reazioni rumorose e


violente, arrivando a volte anche alla rissa.
Manifesto dei pittori futuristi

In occasione di una delle serate futuriste, tenutasi al Teatro


Politeàma Chiarella di Torino, 8 marzo 1910, viene reso noto il
Manifesto dei pittori futuristi, a cui farà seguito il Manifesto
tecnico della pittura futurista. Entrambi i manifesti furono
firmati da: Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Rùssolo,
Giacomo Balla e Gino Severini.

•  Nel Manifesto dei pittori futuristi sono espressi contenuti


teorici in cui si ribadisce il rifiuto della tradizione e della pittura
accademica.
•  Nel Manifesto tecnico della pittura futurista sono espresse
indicazioni più pratiche, in cui il principio basilare della pittura
futurista è il rapporto tra immagine e movimento.
Rapporto tra immagine e movimento

Per la persistenza delle immagini sulla retina, le cose in


movimento si moltiplicano e si deformano, succedendosi
come vibrazioni nello spazio che percorrono:
•  Un cavallo in corsa non ha 4 gambe ma 20, e il loro movimento
è rappresentato da triangoli.

•  I pittori hanno sempre mostrato cose e persone poste davanti


all’osservatore, i Futuristi pongono l’osservatore al centro del
dipinto.
A differenza delle altre avanguardie internazionali, il Futurismo
persegue una visione estetica globale che investe tutti i
campi dell’arte e coinvolge tutte le forme di espressione e
comunicazione, fino all’esperienza politica e sociale.

Si traduce così in un Programma politico futurista, firmato da


Marinetti e altri nel 1913, contro il socialismo e a favore
dell’entrata in guerra.

L’avventura politica del Futurismo comincia nel febbraio 1918 e


si conclude nel marzo del 1920, quando Marinetti scioglie il
partito e riporta prudentemente il Futurismo entro i confini
della sola esperienza artistica.
Durante il ventennio fascista il movimento futurista conserverà
una certa autonomia di ricerca e di scambio culturale
mantenendo i contatti con la scena internazionale.

Negli anni Trenta, quando il fascismo, si alleerà con il nazismo


di Hitler, che definirà l'arte delle nuove avanguardie come
degenerata, Marinetti con la sua fama, riuscirà a mantenere
aperto, in Italia, un piccolo spazio per l’arte moderna.
Umberto Boccioni
Umberto Boccioni, 1882-1916
Di famiglia romagnola, nasce a Reggio Calabria, nel 1900 si
trasferisce a Roma dove approfondisce i propri interessi per la
pittura, prendendo lezione di disegno e frequentando la Scuola di
nudo.
Con Severini frequenta lo studio del più anziano e già affermato
Giacomo Balla, dal quale apprende la tecnica divisionista e il
gusto per la pittura dal vero.
Nel 1907 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ma
poco dopo si trasferisce a Milano, nei dipinti di questo periodo
traspare sia la tecnica divisionista appresa da Balla, sia quella
impressionista e postimpressionista.
Nel 1910 conosce Marinetti e aderisce con entusiasmo al
Futurismo e collabora alla stesura del Manifesto dei pittori
futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista.
Scrive “Pittura e scultura futuriste”, un testo teorico nel quale
definisce i principi fondamentali della pittura futurista:
1.  linee di forza,
2.  dinamismo,
3.  simultaneità.
Richiamato alle armi per la Prima guerra mondiale, muore
cadendo da cavallo.
La città che sale, Umberto Boccioni, 1910-1911, olio su tela, 199,3x301 cm, Museum
of Modern Art, Simon Guggenheim Fund, New York
La città che sale, Umberto Boccioni,
1910-1911, olio su tela, 199,3x301
cm, Museum of Modern Art, Simon
Guggenheim Fund, New York

Per questa tela realizza numerosi bozzetti e disegni preparatori.


È un concitato affollarsi di cavalli da tiro e di operai, dal cui
intrico emergono sullo sfondo le alte impalcature di edifici in
costruzione.
Lo scenario è quello della periferia urbana in espansione in cui
si svolge un concitato movimento ed azioni di forze.
Il Futurismo colloca la propria arte sullo sfondo della metropoli
moderna.
La città che sale, Umberto Boccioni,
1910-1911, olio su tela, 199,3x301
cm, Museum of Modern Art, Simon
Guggenheim Fund, New York

Un altro riferimento del dipinto è il lavoro, primo titolo del dipinto.


Una febbrile attività anima le figure degli uomini e dei cavalli
in primo piano, deformandone i corpi mediante le tensioni
muscolari.
Il movimento è generato dall’impiego della tecnica divisionista,
evidenziata dall’uso di pennellate fitte, minute e filamentose.
Le masse di colore che si compenetrano e si scontrano
generano un forte effetto dinamico.
La città che sale, Umberto Boccioni,
1910-1911, olio su tela, 199,3x301
cm, Museum of Modern Art, Simon
Guggenheim Fund, New York

Con questo dipinto, Boccioni segna un passo decisivo verso la


disgregazione della rappresentazione.
Il suo obiettivo è andare oltre la pura rappresentazione degli
oggetti e dei personaggi per esprimere un’emozione, uno
stato d’animo.
Stati d’animo: Gli addii, I versione, 1911, olio su tela, 70x95 cm, Museo del
Novecento, Milano
Stati d’animo: Gli addii, I versione,
1911, olio su tela, 70x95 cm, Museo
del Novecento, Milano

L’artista analizza uno stesso evento, la partenza, nei diversi stati


d’animo che essa suscita.
L’opera consiste in un ciclo di tre dipinti:
•  Stati d’animo: Gli addii
•  Stati d’animo: Quelli che vanno
•  Stati d’animo: Quelli che restano
Di questo trittico esistono due versioni: una precedente
all’incontro con i pittori cubisti, l’altra successiva.
Stati d’animo: Gli addii, I versione,
1911, olio su tela, 70x95 cm, Museo
del Novecento, Milano

In entrambe le versioni sono presenti gli elementi essenziali della


pittura di Boccioni:
1.  La pittura come espressione di sensazioni che devono apparire
sulla tela con la forza chiassosa di fanfare assordanti.
2.  La riaffermazione del ruolo fondamentale della tecnica
divisionista in cui luce e moto distruggono la materialità dei
corpi.
Stati d’animo: Gli addii, I versione,
1911, olio su tela, 70x95 cm, Museo
del Novecento, Milano

Nella I versione degli Addii è evidente la tecnica della


scomposizione divisionista.
Le ondeggianti linee di colore serpeggiano sulla tela divenendo
masse cromatiche.
Esse lasciano intravedere figure appena delineate, non più persone
sulla banchina di una stazione, ma ombre scure nell’atto di
abbracciarsi, il saluto prima della partenza.
Stati d’animo: Gli addii, I versione,
1911, olio su tela, 70x95 cm, Museo
del Novecento, Milano

Così ripetuto, il movimento sembra espandersi nello spazio e


coinvolgere l’osservatore stesso all’interno del dipinto,
risvegliando in lui il ricordo di questa esperienza.
Stati d’animo: Gli addii, II versione, 1911, olio su tela, 70,5x96,2 cm, Museum of
Modern Art, New York
Stati d’animo: Gli addii, II
versione, 1911, olio su tela,
70,5x96,2 cm, Museum of Modern
Art, New York

La II versione dello stesso dipinto risente dell’esperienza


cubista, nell’espandersi dinamico dei volumi.
Figure sfaccettate, per nulla naturalistiche, ripetono l’abbraccio
moltiplicandolo nello spazio.
Al centro del dipinto emerge il profilo di una locomotiva a
vapore, riconoscibile solo per frammenti distinti e disarticolati
Distinguiamo il volume tondeggiante della caldaia, in visione
frontale, e il fumo che uscendo dal fumaiolo, sale diventando un
gioco di colori con toni arancio e celeste…
il numero di serie della macchina, posto sulla fiancata opposta
della cabina di guida e il fanale posteriore rosso al centro.
In basso percepiamo anche l’andamento dei binari.
Sullo sfondo un traliccio allude alla futura elettrificazione delle
linee, simbolo di progresso e di modernità.
Il tutto affiora fra l’assieparsi di numerosi altri piani e linee,
assumendo proporzioni irreali come solo nella memoria può
accadere
Stati d’animo: Gli addii, II versione,
1911, olio su tela, 70,5x96,2 cm,
Museum of Modern Art, New York

Tra i criteri della pittura futurista presenti nell’opera:


1.  Simultaneità della visione, la simultaneità degli eventi è uno degli aspetti
della moderna vita metropolitana che la pittura futurista vuole esprimere.
2.  Sintesi tra la visione ottica, percezione, e visione mentale,
comprensione
3.  Compenetrazione dinamica, estrema vicinanza e sovrapposizione tra gli
oggetti in cui si materializza l’idea della sinestesia, sollecitazione di più
sensi contemporaneamente, condizione tipica della vita moderna.
Stati d’animo: Gli
addii, II versione,
1911, olio su tela,
70,5x96,2 cm,
Museum of Modern
Art, New York

La finalità è quella di portare lo spettatore nel centro del quadro.


La pittura non è più descrittiva di una certa realtà, ma diventa
essa stessa evento, e lo spettatore partecipa a quell’evento, non
è più un osservatore passivo.
Forme uniche della continuità
nello spazio
Boccioni nel 1912 pubblica il
Manifesto tecnico della scultura
futurista in cui trasporta in
scultura i principi del Futurismo:
1.  Simultaneità della visione
2.  Sintesi tra visione ottica,
percezione, e visione
mentale, comprensione
3.  Scomposizione ed
espansione delle forme nello
spazio circostante

Forme uniche della continuità nello spazio,


Umberto Boccioni, 1913, bronzo, 126,4x40,6
cm, Museo del Novecento, Milano
L’opera rappresenta una
possente figura umana che
incede a grandi passi.
Senza volto né braccia, la
forma rappresenta il puro
movimento.
Il suo profilo segue linee
frammentate e irregolari, che si
protendono e sembrano
fluttuare nello spazio.
La figura si amplia oltre i suoi
stessi limiti volumetrici per
fondersi con l’ambiente
circostante e la sensazione che
Forme uniche della continuità nello spazio,
ne deriva è di forte dinamicità.
Umberto Boccioni, 1913, bronzo, 126,4x40,6
cm, Museo del Novecento, Milano
Per Boccioni le nuove finalità della scultura
futurista non sono più la verosimiglianza
o la riproduzione di sembianze
riconoscibili, ma la propria autonoma
tridimensionalità, che si esprime
mediante il dispiegarsi nello spazio di forze
e di forme.

Forme uniche della continuità


nello spazio, Umberto Boccioni,
1913, bronzo, 126,4x40,6 cm,
Museo del Novecento, Milano
Antonio Sant’Elia
e
le architetture
impossibili
Antonio Sant’Elia 1888-1916
Nasce a Como, dopo aver frequentato le scuole tecniche a
Cantù e a Como, si trasferisce a Milano per lavorare dapprima
come capomastro e poi in qualità di disegnatore presso
l’ufficio tecnico del Comune.
Frequenta l’Accademia di Brera e l’Accademia di Belle Arti di
Bologna, conseguendo il diploma di professore di Disegno
architettonico e iniziando così l’attività di architetto.
Nel 1914 aderisce al Futurismo firmando il Manifesto
dell’architettura futurista.
Parte volontario per la guerra, morendo in battaglia.
Il contributo di Sant’Elia al Futurismo è costituito da una serie di
disegni che prefigurano l’architettura di una metropoli
moderna proiettata nel futuro.
La Città nuova
È una metropoli avveniristica
costituita da un insieme integrato di
edifici residenziali e infrastrutture,
cioè strade, impianti e servizi
necessari alla vita urbana.
Invece del singolo edificio Sant’Elia
propone un’architettura a scala
urbana. Un progetto che da vita a
una nuova idea di città, grande,
moderna, tecnologica.
La città si espande lungo diverse
direttrici.

La Città nuova, Antonio Sant’Elia,


studio, 1914, inchiostro nero e matite
acquerellate su carta, 48,9x32 cm,
collezione privata
Un alto casamento dalle pareti
gradonate affiancato da volumi a torri
contenenti gli ascensori.
Ampie superfici vetrate e volumi
tecnici sulla sommità, incrementano la
spinta verticale che genera
dinamismo.
Ai piedi del casamento tralicci
orizzontali e verticali, ponti, pilastri
e contrafforti.
Si ha una compenetrazione di
elementi strutturali orientati in
diverse direzioni.

La Città nuova, Antonio Sant’Elia,


studio, 1914, inchiostro nero e matite
acquerellate su carta, 48,9x32 cm,
collezione privata
Città Nuova, casa a gradini su più piani
Volumi ben distinti determinano le diverse
funzioni:
•  abitativa, quella del fabbricato a gradoni
•  per i servizi, quella delle torri verticali, con
vetrate e antenne.
Sant’Elia individua un nuovo organismo
urbano, la cui morfologia non è più
determinata dall’accostarsi di singoli edifici,
ma al contrario, avviene un avveniristico
processo di integrazione tra l’architettura e
il sistema delle infrastrutture stradali e di
trasporti.

La Città nuova, casa a gradinata su più piani, Antonio Sant’Elia,


studio, 1914, matita e inchiostro colorato su carta, 27,5x11,5 cm,
collezione privata
In questo modo, Sant’Elia realizza una vera e
propria sintesi tra architettura e
urbanistica.
Nella Città nuova l’intero organismo
urbano diventa un’immensa architettura,
con spazi abitativi e vie di comunicazione
orizzontali e verticali.

La Città nuova, casa a gradinata su più piani, Antonio Sant’Elia,


studio, 1914, matita e inchiostro colorato su carta, 27,5x11,5 cm,
collezione privata
Stazione d’aeroplani
È ancora un esempio di
integrazione tra
architettura e
infrastrutture della
mobilità: stazione di
aeroplani, treni ferroviari
con funicolari ed ascensori,
su tre piani stradali.
Così come oggi avviene nei
moderni terminal
aeroportuali.

Stazioni d’aeroplani e treni ferroviari


con funicolari ed ascensori su tre piani
stradali, Antonio Sant’Elia, 1914,
inchiostro nero e matita nero-azzurra su
carta gialla, 50x39 cm, Musi civici, Como
L’architetto concepisce una
pista di atterraggio …
collegata a una sottostante
stazione ferroviaria …
mediante sette funicolari a
cremagliera …
e quattro blocchi di
ascensori formati da torri in
acciaio e vetro, terminanti
con alte antenne per la
trasmissioni telegrafiche.
Nel catalogo della mostra,
in cui saranno esposte
queste tavole, Sant’Elia
pubblica anche un testo in
cui descrive la sua
metropoli.
Successivamente il testo
verrà ristampato come il
Manifesto dell’architettura
futurista.

Stazioni d’aeroplani e treni ferroviari


con funicolari ed ascensori su tre piani
stradali, Antonio Sant’Elia, 1914,
inchiostro nero e matita nero-azzurra su
carta gialla, 50x39 cm, Musi civici, Como
Giacomo Balla
Il movimento
e
la luce
La ricostruzione futurista
dell’universo
È il titolo di un manifesto
pubblicato nel 1915 da Giacomo
Balla e Fortunato Depero,
attraverso cui il Futurismo
estende il proprio campo di
azione non solo nell’ambito
artistico, ma ovunque; in modo
da coinvolgere gli oggetti e gli
ambienti della vita quotidiana, gli
abiti, gli arredi.

Progetti per abiti, Giacomo Balla,


1930, tempera su carta, 22x15,5 cm,
Fondazione Biagiotti Cigna, Guidonia
Paravento futurista, Giacomo
Balla, 1916-1917, olio su legno,
124x115,5 cm, Collezione
privata, Roma
Il complesso plastico
È la nascita di un oggetto artistico futurista, proposto dal
Manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo”, che impiega
materiali di diverso genere e pratiche artistiche diverse. Alla sua
formazione concorrono pittura, scultura, architettura, grafica,
poesia musica, attraverso apparecchi sonori incorporati nel
complesso plastico.
Può essere un pannello decorativo o una scena teatrale, e
concentra su di sé tutte le qualità specifiche di ogni espressione
artistica di cui è la risultanza.
Il complesso plastico è in grado di coinvolgere tutti i nostri sensi,
cioè la sinestesia, stimolazione simultanea di tutti i nostri sensi.
Ambientazione
Nasce sempre dal Manifesto
“Ricostruzione futurista dell’universo”
e consiste nel realizzare non più
singole opere d’arte, ma
un’aggregazione più complessa di
oggetti, arredi, e decorazioni.
Dal loro insieme si ha una radicale
trasformazione dello spazio, che
tende a diventare un’opera d’arte
totale.
Un esempio di ambientazione è
quella che crea Balla nella sua casa
a Roma, dove ogni cosa è dipinta
con lo stesso disegno che si ripete
e con colori vivacissimi. Così da
creare una continuità spaziale in cui
tutto l’ambiente ne risulta coinvolto e
trasformato
Paesaggio + sensazione di cocomero, Giacomo Balla, 1918, tempera su carta
intelaiata, 55x77cm, Istituto svizzero, Roma.
Giacomo Balla, 1871-1958
Nasce a Torino, figlio di un fotografo, studia violino, ma rimasto
orfano, lascia la musica, la scuola e inizia a lavorare e a
dipingere.

Nel 1889 inizia a frequentare l’Accademia Albertina, entrando in


contatto con la pittura divisionista.

Si trasferisce a Roma dove si dedica interamente alla pittura.


Inizialmente il suo interesse è per il verismo con particolare
attenzione per lo studio della luce.

Trascorre un breve periodo a Parigi, dove approfondisce la


tecnica divisionista, tornato a Roma, la sua pittura attira
l’interesse di giovani artisti come Boccioni, Severini, Sironi.
Nel 1910 aderisce al Futurismo, firmando il Manifesto dei pittori
futuristi, dal 1912 che partecipa allo sviluppo dei temi evocati dai
manifesti futuristi.

Nel 1915, firma insieme a Fortunato Depero, il Manifesto della


Ricostruzione futurista dell’universo, che rappresenta una
tappa significativa nell’evoluzione dell’estetica futurista.

Partecipa anche nel 1918 alla stesura del Manifesto del colore,
dato il suo interesse per l’impiego dei colori nel linguaggio
astratto.

Nel 1930 Balla si allontana dal Futurismo per tornare alla


pittura figurativa fatta di paesaggi e ritratti, la sua aspirazione è
di assoluto realismo che se non è perseguito, fa cadere la pittura
in forme decorative e ornamentali.
Dinamismo di un cane a guinzaglio, Giacomo Balla, 1912, olio su tela, 90,8x110 cm,
Albright-Knox Art, Buffalo
Dinamismo di un cane a
guinzaglio, Giacomo Balla, 1912,
olio su tela, 90,8x110 cm, Albright-
Knox Art, Buffalo

L’adesione di Balla al Futurismo avviene con una serie di dipinti


dedicati al dinamismo, si tratta di opere innovative che risentono
delle contemporanee ricerche sull’immagine fotografica del
movimento e delle prime sperimentazioni cinematografiche.
Dinamismo di un cane a
guinzaglio, Giacomo Balla, 1912,
olio su tela, 90,8x110 cm, Albright-
Knox Art, Buffalo

Dinamismo di un cane a guinzaglio


In questo dipinto Balla fissa sulla tela le singole fasi, impercettibili
all’occhio umano, di cui si compone un movimento. È il primo
studio analitico delle cose in movimento.
Le figure e gli oggetti riconoscibili sono un cane bassotto…
il suo guinzaglio…
e i piedi di una figura femminile.
Tutti e tre questi elementi appaiono però moltiplicati, nella posizione
che essi assumono istante per istante, fino a diventare delle vibrazioni.
Il guinzaglio è descritto fissando quattro posizioni successive del
suo movimento, fra loro raccordate da una sottile ragnatela di curve
argentee che suggeriscono la scia del movimento stesso.
Velocità astratta, Giacomo Balla, 1913, olio su tela, 200x332 cm, Torino
Velocità astratta,
Giacomo Balla, 1913, olio
su tela, 200x332 cm,
Torino,

Velocità astratta
In quest’opera Balla passa dallo studio del dinamismo a quello
della velocità.
La sagoma dell’automobile non è più riconoscibile, è
parzialmente ripetuta traslata nello spazio, si confonde in un
succedersi e sovrapporsi di forme disposte in sequenza, come a
fissare i successivi avanzamenti.
Velocità astratta,
Giacomo Balla, 1913, olio
su tela, 200x332 cm,
Torino,

Altre forme arrotondate simili a vortici alludono al movimento


delle ruote e al loro incessante trascinante rincorrersi.
La riconoscibilità degli oggetti cede il posto ad un intreccio
di linee astratte che descrivono la sola forma geometrica del
movimento.

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