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Pietro Santangelo
Nell’ambito delle arti grafiche a partire dagli ultimi anni ’50, va delineandosi
negli Stati Uniti una nuova corrente di artisti, alternativa a quella imperante
dell’espressionismo astratto che era stata portata alla ribalta in America da artisti come
Jackson Pollock, Willem de Koonig e Marc Rothko; in contrasto con l’espressionismo
astratto e la sua impulsiva e gestuale espressione dell’inconscio, la nuova corrente si
focalizza sull’estetica del materiale, sulla relazione tra
spazio ed oggetti, sull’effetto della luce e si concretizza
nella produzione di disposizioni geometriche (sia dipinte
che scolpite) estremamente semplici. Tra il ’55 e il ’59 il
lavoro del pittore Frank Stella (probabilmente ispirato
da alcune precedenti opere di Barnett Newman e Ad
Reinhardt come “Onement” del 1948 riprodotta qui di
fianco oppure la serie dei cosiddetti “Abstract
Paintings” dipinti nei primi anni ‘50) e dello scultore
Carl Andre comincia ad imporsi all’ attenzione dei
critici d’arte. Questi sono tecnicamente considerati
ancora dei precursori dell’arte minimalista, anche
perché il termine “Minimalismo” verrà usato per la
prima volta in un articolo del critico d’arte Richard
Wollenheim pubblicato dalla rivista Arts Magazine nel gennaio ’65. L’articolo, dal
titolo “Minimal Art”, è una retrospettiva sul lavoro degli artisti grafici Robert Murray,
del già citato Carl Andre, di Donald Judd e Robert Morri; lavoro del quale il mese
successivo Barbara Rose scriverà, sulla rivista Artforum, puntualizzando come “il più
ovvio denominatore comune era la vuotezza di tutte le opere e lo sforzo nel rifiutare
ogni cosa tranne il più scarno, irriducibile minimo”. Quello che emerge dalle opere di
questa corrente è che la Minimal Art1 cerca di focalizzarsi direttamente sull’oggetto in
se, e sperimenta i limiti dell’arte stessa chiedendo quanti degli elementi
tradizionalmente associati con essa possono essere sottratti all’opera lasciando qualcosa
che ancora può essere considerato arte. Per Strickland “nella sua definizione più
semplice il minimalismo è uno stile distinto da severità dei mezzi, chiarezza della
forma e semplicità di struttura e di testura; […più precisamente le] qualità ricorrenti
nell’ambito della pittura minimalista sono non rappresentazionismo e non
referenzialità, planarità e monocromaticismo, regolarità del contorno, uniformità delle
dimensioni, eliminazione o semplificazione geometrica delle linee, fuga dal gesto e
concomitante cancellazione della fattura”.
Come spesso è accaduto nella storia della musica, si è tracciato un parallelo tra
le correnti predominanti delle arte visive e quelle musicali, il minimalismo non fa
eccezione a questa tendenza. Così, come la pittura minimalista di Reinhardt e Newman
nasce tra la proliferante e spesso feticista complessità dell’espressionismo astratto,
equivalentemente la musica minimalista di La Monte Young, Terry Riley e Steve Reich
ha origine durante l’egemonia del serialismo integrale e post Weberniano nel quale loro
si erano formati e nel quale si supponeva che, da compositori “colti” piuttosto che
“popolari”, avrebbero continuato ad esprimersi.
1
Per dare un idea di quanto fu ricco il dibattito all’epoca attorno a questi artisti di seguito riportiamo
un elenco di (quasi) tutti gli altri aggettivi usati per definirla furono all’epoca : “ABC art”, “reductive
L’artista grafico Frank Stella (il cui motto è riassumibile con “what you see is
what you see”) nelle sue opere cerca di spostare l’enfasi dall’attività dell’artista, quale
metafora dell’umana autoaffermazione, all’attività dello spettatore e alla percezione
dell’opera d’arte quale ricerca di indizi di una esperienza metafisica. In qualche modo i
compositori minimalisti nei loro lavori mettono in pratica, più o meno consciamente, lo
stesso procedimento: ridurre al minimo il gesto compositivo lasciando che il sottile
gioco delle fasi acustiche, siano esse create dalla giustapposizione e dal mantenimento
di lunghe fasce sonore come in La Monte Young, oppure dalla complicata alternanza di
semplici pattern ritmici in rapporto cangiante durante lo svolgimento del pezzo come in
Steve Reich, venga percepito ed interpretato liberamente dall’ascoltatore.
E’ rimarchevole come quel che dice Brian Eno a proposito del suo primo ascolto di
“It’s gonna rain” di Reich, composta nel 1964, sia assolutamente in linea col pensiero
di Stella (parafrasandolo potremmo dire “what you hear is what you hear”) : “…..[ It’s
gonna rain è essenzialmente] la sovrapposizione di due pattern molto semplici, come
potrebbero esserlo due semplici linee parallele; quando le sovrapponi e le sposti con
una certa relazione anche semplice, puoi ottenere movimenti inaspettatamente molto
complessi; ed io credo che la composizione di Reich per nastro ottiene il suo effetto
nello stesso modo. Si giova, cioè, del fatto che il cervello è molto creativo…[è un po’
come] trasferire il lavoro di composizione nel cervello dell’ascoltatore dicendogli “è il
tuo cervello ha fare questo pezzo di musica poiché sai benissimo quali ingredienti ci
sono…in realtà non c’è niente di misterioso sul come questo pezzo lavora”.
2
Broadbent ipotizzò che il filtro fosse “posizionato” tra il buffer sensoriale e la cosiddetta “short
term store” cioè la memoria che elabora l’informazione, per preservarci dal sovraccarico di quest’ ultima;
This is called Broadbent's filter theory. There is some empirical evidence to support this theory, though it
has been criticized by some (Norman, et al.). There is evidence to suggest it is not just dependent on the
arrivo vengono suddivisi in base alle caratteristiche fisiche della sorgente ed alla sua
locazione, e solo una parte di questi viene sottoposta all’analisi semantica di alto livello
atta alla precisa comprensione del messaggio. In altre parole è come se esistesse un
“filtro acustico” che sceglie a quale canale prestare attenzione tra tutti quelli che
arrivano all’orecchio.
physical characteristics of the stimulus. There are stimuli such as calling someone's name which will be
processed. Treisman (1960) found evidence to suggest that the filter just increases the threshold of an
unattended stimulus and can be processed if it is particularly important or has relevant meaning. Deutsch
and Deutsch (1963) also offered an alternative to Broadbent's filter theory arguing for late selection
depending on whether the stimulus needs to be responded to.
3
Anche se la casualità in Young e Reich viene trattata diversamente. Cfr. in seguito per un
approfondimento.
fare perché è americano e quindi non sente schiacciante il peso della tradizione colta
europea. Le caratteristiche della musica di Cage derivate dall'approccio alle filosofie
orientali legano la sua opera alla poetica data: l'esaltazione dell'automatismo, il
disprezzo per la ragione, l'accettazione dell'assurdo, sono aspetti che accomunano lo
Zen all'avanguardia dadaista.”
Oltre a John Cage molto importante per entrambi i compositori minimali che
approfondiremo nel prossimo capitolo fu l’influenza del jazz, in particolar modo del
jazz modale esplorato da John Coltrane e dal suo quartetto. Per Young il jazz è il primo
terreno sul quale cominciare a muovere i passi e dal quale muovere la sua ricerca
compositiva; ed è li che ritornerà (anche se con una sua personalissima
reinterpretazione) dopo avere attraversato i periodi seriale e concettuale,
riappropriandosi di forme musicali aperte e di carattere tipicamente performativo,
quando con il sax sopranino in mi bemolle, ispirato dal soprano di Coltrane, si lancia in
furiose improvvisazioni ritmiche su lenti bordoni vocali; per Reich il jazz è l’elemento
di modernità che, una volta ascoltato e assimilato, rende inconcepibile l’espressione del
suo pensiero musicale attraverso il linguaggio compositivo seriale europeo, inoltre il
fraseggio del jazzista di Philadelphia4 atonale e di estrema complessità ritmica su
lunghi pedali armonici gli indica chiaramente che era possibile ricercare una via
alternativa a quella insegnatagli nei suoi studi di composizione.
Nella prossima sezione ci concentreremo sul lavoro di due tra quelli che sono
considerati universalmente i capiscuola dello stile minimalista in musica : La Monte
Young e Steve Reich. Questi due compositori hanno, a nostro modesto avviso, il merito
di incarnare quelle che sono le due tendenze predominanti di questo stile : la ‘drone
music’5 e la ‘repetitive music’.
4
In un intervista Reich cita esplicitamente “Africa Brass” (1961) di Coltrane come uno dei pezzi che
maggiormente lo colpì all’epoca, che gli mostrò come fosse possibile articolare un pezzo di quasi
mezzora su un accordo solo “ by having an incredible range between screaming and noise and pure
melody […] through changing his timbre incredibly melodically and his incredibile rithmic complexity
he can stay out of armony and make a music which is interesting, so this was a big lesson for me and for
many others of my generation”
5
‘Drone’ in inglese indica il bordone utilizzato per l’accompagnamento al di sopra del quale tipicamente si
sviluppano lunghe improvvisazioni modali.
La monte young e steve
reich : le due anime del
minimalismo
Il padre del minimalismo in musica, e probabilmente
l’unico davvero soddisfatto di questa definizione, è
senza dubbio La Monte Young. Nasce il 14 ottobre del
1935 nel borgo mormone di Bern nell’Idaho da una
famiglia povera di pastori, durante gli anni della sua
infanzia comincia a suonare l’armonica a bocca e a
sette anni comincia a suonare il sassofono contralto. In
quegli stessi anni sviluppa una vera passione per i suoni
lunghi e sostenuti, in particolare egli ricorda di essere stato incredibilmente affascinato
dal rumore costante prodotto dai pali della centrale telefonica di Bern. Questo ronzio
incessante viene da Young tradotto in un accordo (da lui stesso chiamato ‘Dream
Chord’) sulla base del quale costruirà molti dei suoi lavori maturi. Durante tutto il
periodo che va dal ‘35 al ’50 la sua famiglia viaggia parecchio assestandosi
definitivamente a Los Angeles, li frequentale scuole superiori dove incontra il jazz, la
musica dei nativi americani e anche la musica colta europea (l’insegnante di armonia
della John Marshall High School era infatti stato allievo di Schoenberg, così come
Leonard Stein dal quale prende regolarmente lezioni dal 1953). Young prende molto sul
serio il jazz e si interessa alle forme improvvisative più all’avanguardia, spesso
chiamato col suo gruppo per feste danzanti dichiarerà in seguito di aver abbandonato
l’attività perché voleva dedicarsi “al jazz più puro” .La sua attività come sassofonista
continua fino alla sua iscrizione all’UCLA, da quel momento in poi i suoi interessi si
sposteranno radicalmente verso l’attività compositiva sebbene già a scuola avesse
cominciato a scrivere6. Si appassiona presto alla musica di Webern, tanto che una delle
cose che più fu fonte di ispirazione per Young nello sviluppo della sua estetica fu la
tendenza del compositore viennese a ripetere le note esattamente nello stesso registro
durante il corso della composizione, come accade per esempio nella Sinfonia Op.21 e
nelle variazioni per orchestra Op.30; questo procedimento conferisce alla musica del
compositore viennese una grande chiarezza strutturale, e una rigorosa economia
6
Le sue composizioni giovanili erano scritte, a suo dire, nello stile di Bartòk con influenze addizionali da
Debussy. Queste includono un Quartetto d’archi datato 1954.
nell’utilizzo del materiale sonoro. Tali procedimenti vengono estremizzati da Young, il
quale ignora deliberatamente le usuali metodologie dodecafoniche nella gestione della
serie per concentrarsi su una scarna e minimale presentazione del materiale attraverso
lunghi suoni sostenuti fusi tra loro entità accordali separate. La costante alternanza di
queste unità separate dal silenzio incrementa la percezione di una struttura svuotata,
come in Webern, da qualsiasi tonalità e modalità. La musica, che viene qui offerta col
minimo materiale, si spiega lentamente alle orecchie dell’ascoltatore in una forma
estesa in un modo tale che la connessione tra le unità diventa così fragile, che bisogna
sviluppare un nuovo modo di ascolto. Il lavoro che meglio sintetizza questo periodo
della produzione di Young è senza dubbio Trio for Strings del 19587. Questo lungo
brano si svolge in un solo movimento della durata di cinquantotto minuti ed è
interamente composto da note sostenute, articolate in una scala dinamica che prevede
undici gradazioni (dal pppppp al fff ) e soprattutto da suonare esclusivamente senza
vibrato8 . Tutte le note del Trio sono derivate da un insieme dodecafonico, le cui
suddivisioni formano gruppi di due, tre o quattro note basate sul “Dream Chord”. Le
note vengono sovrapposte una dopo l’altra formando le singole unità accordali in
maniera progressiva, per lasciare che la percezione dell’accordo sia la più nitida
possibile, simmetricamente a come si erano formate esse spariscono, lasciando spazio
al silenzio ed all’accordo successivo. Ora ridefinito e perfezionato, l’approccio già
avuto verso le precedenti composizioni è dunque portato all’estremo cosicché nel Trio
manca “ogni somiglianza con ciò che può definirsi una melodia” stravolgendo la
visione tipicamente contrappuntistica della seconda scuola viennese. È lo stesso Young
a descrivere la sua “rivoluzione” in termini di un passaggio dall’ ‘ordinale’ al
‘cardinale’ : la tecnica seriale era, secondo lui, essenzialmente ‘ordinale’ in quanto
basata su di una sequenza lineare di altezze. L’accresciuta enfasi “su frequenze
contemporanee cioè sull’armonia, presente nei miei lavori, implica la possibilità dell’
7
Altri lavori caratterizzati dallo stesso tipo di ricerca sono for Brass (1957) e for Guitar (1958). La
composizione per ottoni è il primo dei lavori di Young che utilizza le note lunghe in maniera fondativi
per la composizione anche se passaggi più “melodici” appaiono durante il pezzo. Il pezzo è basato sugli
intervalli di quarta e quinta perfetta e di settima maggiore. Le due coppie di note che compaiono
all’inizio della prima sezione (sol# , la, sol e re) rappresentano quello che in seguito l’autore stesso
definirà ‘Dream Chord’.
8
La partitura prevede anche altri modi di esecuzione quali flautando e col legno oltre che un largo uso
degli armonici. Young richiedeva inoltre “la produzione di un dolce quanto improvviso cambio di
direzione con l’arco per minimizzare la percezione del cambio di direzione cosicché le note suonassero il
più ininterrotte possibile”.
organizzazione dei valori cardinali sia riguardo a quante frequenze si presentano
contemporaneamente sia riguardo alla relazione che intercorre tra loro”.
9
Autore tra l’altro del primo pezzo di musica interamente elettronica mai composto oltreoceano “Sine
Music” (1959). Frequentò nel 1958 i corsi di John Cage alla New School di New York, prendendo la sua
cattedra l’anno successivo; fu il primo ad insegnare negli Stati Uniti come comporre musica da sorgenti
puramente elettroniche, ed è per questo che il New Grove's Dictionary of Music lo cita come “the first
teacher of electronic music techniques in the U.S.”
10
Vedi [Cardew]
11
Fu lo stesso John Cage ad indicare a Cunningham l’opera di La monte Young, a testimonianza della
stima esistente tra i due.
the second sound comes
in and you have to
admit that you were
wrong. That is an
exaggerated account of
the piece given by one
of the managers of the
dance company.
Il 1960 è anche l’anno del trasferimento a New York grazie ad una borsa di
studio, ufficialmente per studiare musica elettronica con Cage e Maxfield; qui La
Monte Young, non ancora venticinquenne, si stabilisce ed entra in contatto con le realtà
dell’avanguardia locale, divenendo in breve tempo un punto di riferimento per gli artisti
attivi nell’area12. Di questo periodo sono le Composition1960#1-#15 tutte sviluppano
l’input compositivo cageiano, ma sembra già iniziato l’allontanamento dal maestro,
così come specificato da Young stesso13 : “whereas cage’s pieces were generally
realized as a complex of programmed sounds and activities over a prolonged period, I
was perhaps the first to concentrate on delimit the work to be a single event or object in
these less traditionally musical areas”. In pratica, come puntualizzato da Potter, ‘ the
conceptualism in other words, was being investigated with newly, minimal means’.
Alcune delle composizioni sono solo delle indicazioni di gesti ‘teatrali’, alcune di loro
sono delle poesie e alcune hanno anche implicazioni musicali; una su tutte la #7 che
consiste in una quinta perfetta (si,fa#) annotata su un pentagramma con l’indicazione
‘to be held for a long time’, questa insieme ad uno scarnissimo Death Chant (riportata
in figura) del 1962 composto in memoria della figlia di Jackson MacLow sarà per lungo
tempo l’ultima
composizione notata
classicamente da
Young fino al 1990.
L’ultima serie di lavori concettuali è raccolta nelle Composition1961#1-#29 che
consistono nella stessa frase ‘draw a stright line and follow it’ ripetuta 29 volte e datata
12
Il violinista Henry Flynt sottolinea come “The avant-garde was conducted in a messianic way…In
1960-61 in New York the role of solidifying the new wave was assumed by La Monte Young.
13
Anche Cage affermò : “La Monte Young is doing something quite different from what i’m doing, and
it strikes me as being very important. Through the few pieces of his I’ve heard, I’ve had, actually, utterly
different experiences of listening than I’ve had with any other music”.
diversamente. Per tutto il biennio ’60-’62 Young sarà impegnato nell’arte concettuale e
nella diffusione di essa insieme al movimento culturale Fluxus, collaborando anche
attivamente alla rivista Beatitude East e impegnandosi nella pubblicazione di una
antologia di lavori concettuali dal titolo An Anthology of chance / Concept art /
Meaningless Work / Natural disasters /Indeterminacy / Anti-art/ Plans of action
/Improvisation/ Stories/ Diagram/ Poetry /Essays/ Dance/ Construction/ Compositions/
Mathematics/Music. A partire dal 1962, a causa anche dell’arrivo in città di Terry
Jennings, talentuoso sassofonista californiano conosciuto ai tempi di Berkeley, Young
riprende contatto con la musica improvvisata; prima al piano, per accompagnare le
improvvisazioni di Jennings su strutture tipiche del jazz (ad esempio un classico blues I
– IV – I – V – IV – I ) dilatate nel tempo, in modo che l’improvvisatore possa
dilungarsi a suo piacimento suo ognuno degli accordi, e in seguito al sax sopranino in
Eb (è notevole il Bb dorian blues). Il jazz modale di Coltrane14 è completamente
stravolto, l’accompagnamento ritmico, furioso e vitale in tutta l’opera modale del
jazzista, è qui affidato a Angus MacLise15 e ridotto al minimo mentre il sopranino
improvvisa su velocissime figurazioni ritmiche articolate su una scala modale dal
sapore pentatonico, il tutto è immerso nel bordone creato dalla voce di Mariane Zazeela
e dalla chitarra (suonata con l’arco) da Tony Conrad. Questo è probabilmente il
periodo in cui nasce la cosiddetta “Drone Music”.
14
Young cita la famosa improvvisazione di Coltrane su ‘My Favorite Things’ come particolare influenza
insieme alla musica Indiana.
15
Mac Lise percuote con le mani un non ben specificato tipo di percussione.
È l’inizio di una nuova fase: la
maturazione dell’estetica di La
Monte Young, probabilmente anche
grazie all’incontro decisivo con
Marian Zazeela che diventerà sua
moglie esattamente un anno dopo, va
completandosi nel periodo che va dal
1964 al 1970. Da questo momento in
poi tutta l’opera di Young andrà
concentrandosi in una attività
performativa multi sensoriale, in cui
l’esperienza visiva e quella acustica
vengono progressivamente poste allo stesso livello. Il primo passo in questa nuova
direzione è quello di costituire un gruppo di persone che improvvisano insieme
all’interno di una forma aperta e sempre più vicina all’idea di continuum musicale
(nella foto vediamo Tony Conrad, Marian Zazeela, La Monte Young and John Cale
impegnati durante una performance nel ’64). In The Four Dreams of China Young
riprende in pratica tutto il materiale armonico che aveva usato nelle composizioni del
periodo ’57-’58. L’utilizzo del materiale è ora completamente diverso: come lui stesso
asserisce “The Four Dreams of China forms a structural stylistic and harmonic link
between my earlier, fully notated works composed of long sustained tones from the late
50s, and later works combining improvisation with predetermined rules and elements”.
Questa composizione è da considerarsi fondamentale in quanto non solo fornisce le basi
per il lavoro che l’ensemble sviluppa negli anni immediatamente successivi ma anche
conduce al concetto di “Ethernal music” alla base delle “dream houses” teorizzate e
messe in essere nel lustro successivo. Inoltre in questo lavoro per la prima volta viene
utilizzata per le voci e gli strumenti l’intonazione naturale, in perfetta armonia con il
sempre più ampio utilizzo dei bordoni e dell’approccio modale: è infatti nel 1964 che
comincia il suo lavoro per la sua composizione più nota ‘The Well Tuned Piano’ che
sarà completata soltanto nel 1970 e che vedrà la sua prima mondiale a Roma nel 1974.
Con il nome ‘The Theatre of Ethernal Music’ l’ensamble rimane attivo fino al
1965, anche se dal 1964 in poi con l’abbandono di Mac Lise viene accantonata la
dimensione ritmica, le performances di questo periodo raggiungono lunghezze notevoli
e spesso per dare l’impressione all’ascoltatore di entrare a fare parte di un qualcosa di
‘eterno’ il gruppo comincia a suonare anche un ora prima dell’apertura al pubblico. Il
gruppo incarna gli ideali di ‘struttura universale’, armonia e le teorie sull’effetto del
suono sia sul corpo che sulla mente che Young va sviluppando in questo periodo
parallelamente ai suoi studi di acustica e psicoacustica. Di questo periodo sono le
composizioni ‘The Days of the Antler’ e ‘The Tortoise’ i cui spartiti non sono altro che
una lunga lista di frequenze e di rapporti centesimali intorno alle quali costruire le
improvvisazioni16. L’ensemble si scioglie nell’autunno del 1966 e da quel momento
Young e Marian Zazeela continueranno ad esibirsi da soli e nonostante le condizioni
spesso restrittive imposte agli organizzatori per la diffusione del loro messaggio
attraverso l’arte, nel periodo che va dal ’69 al ’75 la loro musica riceve, probabilmente,
la più grande esposizione al pubblico. Le loro installazioni audio visive chiamate
Dream Houses, una delle quali è attiva dal 1993 al 2000 al piano di sopra del loft dove
vivono a New York, rappresentano la più ovvia manifestazione del concetto di musica
eterna; in esse il visitatore può muoversi liberamente e assorbire le frequenze prodotte
dai generatori elettronici nell’ambientazione visionaria creata dalle luci di Marian
Zazeela.
16
“I really like to improvvise and I only like to write down broad powerful, theoretical constructs”.
Steve Reich nasce a New York il 3
ottobre del 1936, sua madre si separa dal
padre andando a vivere in California
quando lui ha soltanto un anno, evento che
costringe il piccolo Steve a passare gran
parte della sua infanzia sui treni che vanno
da Los Angeles a New York e viceversa.
Questa esperienza lascerà in lui un segno
profondo (la composizione del 1988
Different Trains per nastro magnetico e
quartetto d’archi prende ispirazione
proprio da questo) e non è da escludere
che, così come il ronzio della centrale
telefonica stimolò l’attrazione di La Monte Young per i suoni continui, il ritmo
incessante del treno non sia responsabile in qualche misura della scelta estetica di Reich
nel comporre una musica (almeno nel suo periodo più strettamente minimalista) quasi
esclusivamente guidata da una incessante pulsazione.
Avviato allo studio del pianoforte e della musica classica, Reich incontra la
musica contemporanea ed il jazz tra il 1950 e 1951. All’età di 14 anni inizia lo studio
della batteria e comincia a suonare nei primi combo jazz ed all’età di 17 si iscrive alla
Cornell University, considerandosi ‘troppo vecchio’ per fare il musicista di professione
sceglie il corso di filosofia sviluppando un particolare interesse per le idee di Ludwig
Wittgenstein. Durante gli studi universitari incontra il musicologo William Austin, un
ammiratore di Stravinsky e del jazz nonchè discreto conoscitore di musiche estra-
occidentali, al quale mostra qualche sua prima composizione. Incoraggiato da Austin,
dopo il conseguimento della laurea nel 1957, Reich decide di non continuare gli studi
alla Cornell e nel 1958, dopo un anno di studi privati con Hall Overton17, si iscrive alla
Juilliard School dove compone qualche piccolo pezzo tra cui uno per orchestra d’archi
d’impianto dodecafonico dove però la serie invece di essere invertita o retrogradata
viene, più significantemente, ripetuta…
17
Overton si rivela una scelta quanto mai appropriata avendo affrontato studi classici alla Juilliard ed
avendo avuto esperienze professionali nel campo del Jazz con il leggendario pianista Thelonious Monk.
Nel 1961, bisognoso di un cambio di prospettiva, lascia la Juilliard e New York
per il Mills College di Oakland in California, attratto dalla prospettiva di studiare con
Darius Milhaud e Luciano Berio. Con quest’ultimo entra in grande confidenza, anche
se gli è sempre più chiaro che il serialismo non sarà la sua strada18, e nonostante
continuasse a comporre in quello stile diviene sempre più attratto dal jazz e
specialmente da John Coltrane, come già detto in precedenza. Il lavoro che Reich
presenta nel giugno del 1963 per il diploma alla Mills incarna il profondo conflitto che
ha luogo in lui durante questo stadio di transizione : si tratta di un lavoro dodecafonico
scritto per un combo jazz composto da piano (suonato da lui), contrabbasso, batteria,
tromba e sassofono tenore, che combina uno “strano fraseggio con una ritmica
incalzante…un pezzo davvero di basso livello che vorrei dimenticare”.
Nel settembre del 1965 Reich torna a New York, e nei cinque anni successivi che
lo separano dal completamento di ‘Drumming’ presentato nel 1971, compone quindici
20
Nel suo trattato ‘Music as a Gradual Process’ egli infatti asserisce stringatamente “I am interested in
perceptible processes. I want to be able to hear the process happening throughout the sounding music.”
21
Nella seconda parte del pezzo, ottenuta da un’ altra porzione del sermone di Brother Walzer, il canone
all’unisono è reso più denso dal fatto che le voci da due passano progressivamente ad otto, complicando
esponenzialmente le relazioni di fase e generando un movimento stereofonico incessante ed ipnotico.
Inspiegabilmente Reich non utilizzò la seconda parte del pezzo durante la premiere del gennaio ’65, forse
perché la forma d’arco qui non si completa ed il pezzo sfuma senza che venga ripristinato l’unisono.
22
Ad esempio ‘Drumming’ del 1970.
pezzi. Dato il carattere scrupoloso di Reich e la sua tendenza a sperimentare un singolo
processo compositivo per volta, non è difficile, ne tanto meno sbagliato dividere queste
composizioni in quattro gruppi : i lavori Come Out e Melodica per nastro del ’66, quelli
strumentali tra il ’66 ed il ’67 come Piano Phase e Violin Phase, un altro gruppo di
composizioni di carattere elettronico scritte tra il ‘67 e il ‘70 e un ultimo gruppo di
carattere strumentale del 1970 tra le quali spicca Four Organs. In generale durante di
questi cinque anni, Reich approfondisce il metodo compositivo proposto in It’s Gonna
Rain e da lui chiamato ‘phasing’ e si preoccupa di trasferirlo dal nastro agli strumenti;
Piano Phase e Violin Phase sono certamente degli esperimenti importanti nella
maturazione di questa procedura. Il primo è concepito per due pianisti, mentre il
secondo per un violinista e nastro magnetico. Mentre il phasing nei pezzi per nastro
viene ottenuto variando la velocità di un nastro nei confronti di un altro, nelle
composizioni strumentali dev’essere uno dei due esecutori ad aumentare la velocità
mentre l’altro (o il nastro) continua a suonare il pattern alla stessa velocità : tipicamente
dopo che una cellula ritmica viene ripetuta un certo numero di volte (non
necessariamente stabilito) si attraversa un momento di transizione fino a quando una
nuova sovrapposizione del materiale, e quindi un nuovo pattern ritmico non viene
ottenuto. La regolarità del metro è cruciale durante le fasi statiche, mentre è notevole la
sua assenza nelle transizioni. Sebbene siano date indicazioni dinamiche, in particolar
modo dei crescendo da parte dell’esecutore che incrementa la sua velocità, la dinamica
generale di queste due composizione rimane essenzialmente ferma ad un livello medio.
Piano Phase rappresenta un notevole passo in avanti nella ricerca di Reich
sull’udibilità dei processi musicali, rispetto ai lavori per nastro, infatti, questa
composizione presenta ben quattro caratteristiche che saranno alla base di molti lavori
del cosiddetto periodo minimalista maturo e del periodo post-minimalista :
23
Per quanto Potter indichi Si Mi e A come centri tonali per le tre sezioni rispettivamente.
3. l’ulteriore ambiguità metrica conferita al pezzo dal phasing e dalla
presentazione di un materiale contrappuntistico di per se dotato della sua
enfasi metrica (il primo pattern in particolare presenta una chiara
articolazione in 5 + 2 + 3 + 2);
4. infine Reich comincia a scoprire modi strutturali più sofisticati per
completare quel che era uno sviluppo schematico del ritmo e un
vocabolario modale estremamente limitato.
Nell’estate del 1970, grazie ad una borsa della Special Project Division
dell’istituto Internazionale dell’Educazione, Reich vola nella capitale del Ghana Accra
per approfondire i suoi interessi riguardo alla dimensione ritmica. Qui studia per cinque
settimane con un maestro della tribù Ewe, prima di ammalarsi di malaria ed essere
24
In Reich, writing about music, pg.15
costretto a tornare in patria. Nonostante la brevità del soggiorno Reich rimane
particolarmente impressionato dalla musica tradizionale Ghanese, ‘Non Western music
presently the single most important source of new ideas for western composers and
musicians’, dichiarerà in seguito; quello che più lo lascia affascinato è il controllo
esercitato sull’espressione individuale dalle limitazioni all’interno delle quali
l’improvvisazione viene condotta in questo tipo di musica25. Questa esperienza
sicuramente fu alla base dell’ideazione e del completamento di Drumming, il lavoro più
importante, anche in termini di lunghezza e complessità, di questo periodo. Il suo essere
fondato completamente sul ritmo, aggiungendo come in precedenza qualche nuovo
processo compositivo, fa si che lo si possa ancora considerare come il punto di arrivo di
questa fase piuttosto che l’inizio di qualcosa di nuovo. La prima cosa che risalta è
l’impiego di percussioni ad altezza determinata ed l’utilizzo della variazione timbrica
come fondamento strutturale del pezzo : questo è infatti diviso in quattro sezioni, nella
prima vengono usati bongos afrocubani di diverse dimensioni, nella seconda marimbe e
voci femminili, nella terza glockenspiel e ottavino, nella quarta infine sono presenti
tutti gli strumenti in una originale orchestra. Dal punto di vista dei processi compositivi
le novità sono essenzialmente quattro:
25
‘The pleasure I get from playing’, scrive il compositore nel 1974, ‘is not the pleasure I get of
expressing myself, but of subjugating myself to the music and experiencing the ecstasy that comes from
being a part of it’.
sufficiente energia ‘vernacolare’ da stimolare un ampio range di musicisti e di
ascoltatori anche in campi più ’popolari’ .
Questo è senza dubbio il lavoro più maturo del periodo minimalista di Steve
Reich, ed anche quello che lo proietta in una nuova fase caratterizzata dall’impiego di
26
Nel 1978 Reich farà la spesso citata affermazione “[t]here is more armonic movement in the
first 5 minutes of Music for Eighteen Musicians than in any other complete work of mine to date”.
ensemble di sempre maggiori dimensioni (frutto anche della crescente notorietà e della
maggiore importanza delle commissioni ricevute) e da un utilizzo più centrale del
movimento armonico. Da segnalare per un interessante uso del nastro, il già citato
Different Trains del 1988, dove l’elaborazione melodica del testo parlato da parte del
quartetto d’archi riveste un ruolo particolarmente interessante.
Brodo Granulare :
testura e processo
poliritmico
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La cosiddetta cultura Yoruba nella quale vengono venerati gli Orisha della santeria.
L’accompagnamento rituale è riservato ai batà, tre tamburi a forma di clessidra dalla doppia pelle,
presenti in tre grandezze diverse e simboleggianti ruoli archetipici quali la madre (Yjà - il tamburo di più
grandi dimensioni, adornato con collane dotate di sonagli cui vengono affidate le chiamate ritmiche per
cambiare canto e le improvvisazioni nelle parti strumentali), il padre (Itotele - il tamburo di medie
dimensioni che solo raramente può improvvisare) ed il figlio maschio (Okonkolo – il tamburo di piccole
dimensioni cui sono affidate le figure ritmiche più semplici)
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Cioè l’impossibilità in una trama poliritmia di individuare percettivamente con certezza un
accento che più degli altri meriti il ruolo di ‘battere’.