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DOI: 10.4000/books.xy.338
Editore: Editore XY.IT
Luogo di pubblicazione: Arona
Anno di pubblicazione: 2010
Data di messa in linea: 19 dicembre 2019
Collana: Educazione alla teatralità
ISBN digitale: 9788897160397
http://books.openedition.org
Edizione cartacea
Data di pubblicazione: 1 settembre 2010
ISBN: 9788890373299
Numero di pagine: 167
GAETANO OLIVA
Docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo,
Drammaturgia, Teatro di Animazione,
Organizzazione ed economia dello spettacolo nella
Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore sedi di Brescia, Piacenza e
Milano, è direttore artistico del Centro di Ricerche
Teatrali “Teatro – Educazione” del Comune di
Fagnano Olona. Attore e regista
INDICE
Prefazione
Gaetano Oliva
L'Arte dell'improvvisazione
Paolo Damiani
Premessa
L’improvvisazione
La performance
Composizione e improvvisazione
Il principio formativo audiotattile
La nozione di istante
Lo spazio della musica
Tra formazione e improvvisazione
Il concetto di modello
Il laboratorio musico-teatrale
Gaetano Oliva
La cultura ritrovata del corpo
Jaques Dalcroze: il metodo
Rudolf Steiner: l’euritmia
Conclusioni
Esperienze laboratoriali
Progetto Ritmìa
Sonia Simonazzi
Conclusioni
Gaetano Oliva
Prefazione
Gaetano Oliva
Perché un Convegno?
1 Prima di assumere l’incarico di direzione del
Conservatorio “G. Nicolini” di Piacenza nell’anno
accademico 1989-90, ho compiuto un’attenta
riflessione sulla situazione della musica in Italia,
sotto l’aspetto sia professionale che educativo. Una
premessa indispensabile per definire le eventuali
strategie future e, in seguito, individuare gli
obiettivi primari da perseguire: realizzare una serie
di priorità affinché le attività didattico-artistiche e
divulgative fossero riordinate in filoni formativi e
strategici chiari e definiti. Due gli indirizzi operativi
delineatisi con tutta evidenza:
1. Creare le condizioni didattiche culturali e artistiche per
ottimizzare un percorso di studio che potesse offrire agli
studenti, avviati alla professione di musicista, un assortimento
di opportunità atte a garantire una formazione adeguata e
rispondente alle esigenze professionali del mondo musicale.
2. Fare del Conservatorio un punto di riferimento per le attività
musicali territoriali, compatibilmente con il ruolo primario
dell’istituzione e, inoltre, un centro di divulgazione musicale
rivolto in particolare agli studenti dell’infanzia, delle primarie e
secondarie di primo grado: questo per supportare l’impegno di
tanti docenti che operano nello specifico settore.
2 In tale circostanza ho avuto l’opportunità di
verificare quale fosse la reale situazione
dell’educazione musicale nel nostro Paese,
situazione di cui ancora non avevo valutato la
portata e l’eventuale ricaduta sull’iter educativo
degli studenti. Inoltre si delineava un contrasto
evidente e inspiegabile con le gloriose tradizioni
musicali del nostro Paese (culla delle arti e
specificatamente dell’arte musicale se si considera
che le forme musicali e gli strumenti, nei secoli,
sono stati creati grazie all’opera del genio italiano)
e l’assenza della disciplina musicale in alcuni tratti
del percorso scolastico. Ma ancora più sostanziale
ed evidente, appariva la sottovalutazione delle
potenzialità, ampiamente verificate da esperti e
ricercatori, di una vera educazione artistico-
musicale finalizzata all’armonico sviluppo
formativo della persona. Tale lacuna si sarebbe
potuta colmare unicamente mediante l’istituzione
di un percorso educativo esteso a tutto l’arco della
scolarità: dalle primarie alle secondarie superiori.
Ritengo che chi ha responsabilità legislative abbia il
dovere di prestare maggiore attenzione alla
creatività e alla genialità degli artisti italiani e
soprattutto ad una realtà che pone il nostro Paese,
per quanto riguarda l’inserimento della disciplina
musicale nei vari gradi della scolarità, agli ultimi
posti di una ipotetica graduatoria internazionale.
3 La Musicoterapia, disciplina che sta assumendo un
ruolo sempre più importante e definito nelle
Istituzioni Universitarie e nei luoghi di cura
(addirittura intervenendo a supporto della
medicina ufficiale nella cura di particolari
patologie), è la dimostrazione pratica ed evidente
delle potenzialità dell’arte musicale già peraltro
riconosciute dall’antica cultura greca che assegnava
all’arte dei suoni un potere di particolare rilievo nei
vari ambiti educativi, culturali e sociali.
4 Il Conservatorio di Piacenza ha costantemente
rivolto l’attenzione al problema, attivandosi, per
quanto possibile e compatibilmente con le risorse
disponibili, in tutti gli ambiti della scolarità, in
particolare nelle scuole dell’infanzia, proponendo
con la collaborazione dei vari Assessorati, comunali
e provinciali, interventi ed iniziative che
avvicinassero i bambini alla musica, coordinando
altresì reti di operatori del settore che sono
intervenuti nelle varie realtà con specifici progetti
(“La Musica e la Scuola”, “Ritmia”, etc..). Operazioni
lodevoli e naturalmente valide se effettuate a
supporto di insegnamenti istituzionali. In caso
contrario, la loro incisività viene alquanto sminuita.
A proposito di interventi di personalità del mondo
musicale, i numerosi appelli per una adeguata
valorizzazione dell’educazione musicale iniziando
dall’infanzia, sono sempre caduti nel vuoto; ma solo
partendo da tale premessa si può avviare un
processo educativo che, considerando le enormi
potenzialità intellettive e di apprendimento del
fanciullo, conduca a risultati ben diversi.
5 Artisti quali Claudio Abbado, Maurizio Pollini,
Salvatore Accardo, Riccardo Muti, Daniel
Barenboim, e tanti altri hanno sempre ampiamente
e fortemente sottolineato, in più occasioni,
l’esigenza di un precoce contatto con l’arte
musicale.
6 Tutti visionari? Un’utopia collettiva? Non credo.
Eppure tali appelli sono sempre caduti nel vuoto!
7 È sotto gli occhi di tutti quanto l’arte, in particolare
la musica d’arte, sia ghettizzata dai mass media che
condizionano, in modo determinante, la cultura ed i
gusti dei giovani e quanto ciò possa incidere sulla
loro formazione. La frequente strumentale
assimilazione tra musica d’arte e musica d’uso e tra
i rispettivi valori, è l’espressione della confusione di
ruoli determinata dalla stampa e dalla televisione.
8 Sotto certi aspetti la riforma Gentile sta ancora
condizionando la scuola italiana relegando le arti ad
un ruolo marginale e, in particolare, la musica.
Interessante, a tal proposito, un pensiero di Franco
Frabboni:
I linguaggi grafico-pittorici, iconico-teatrali, ma
soprattutto il linguaggio musicale (fidanzato naturale
della “creatività”), anziché farsi oggetto di competenza
logico-immaginativa (in quanto “lente” per potere
guardare-capire-reinventare il mondo), vengono relegati,
in guisa di Cenerentola, ad accudire la bassa cucina
dell’intrattenimento degli allievi negli spazi-break
dell’insegnamento ufficiale. Cosicché alla creatività
vengono fatte indossare le vesti giullaresche del clown,
con il compito di distrarre gli allievi - per qualche attimo -
dalla cultura ufficiale: portandoli temporaneamente in
groppa alla fantasia prima di riprendere il posto nel banco
in attesa del rintocco canonico delle ore disciplinari, delle
lezioni frontali che occupano il palinsesto quotidiano della
vita scolastica Morale. Il neoalfabetismo in agguato
all’uscita dai percorsi scolastici sogghigna compiaciuto di
fronte ad una scuola che tiene in quarantena la
CREATIVITÀ 1 .
9 Con ciò non si intende sottovalutare le lodevoli
iniziative musicali assunte dai singoli istituti in
collaborazione o in convenzione con i Conservatori
o Licei Musicali Pareggiati locali, ma ciò non può
sostituire l’efficacia di un percorso istituzionale
progettato con coerenza dalle scuole dell’infanzia
alle secondarie superiori. È, quindi, necessario fare
riferimento ad un concetto di cultura più ampio che
unisca tutte le espressioni artistiche, compresa la
musica. L’arte, la musica nascono con l’uomo.
L’impulso creativo nasce dall’inconscio, dalle idee
che “ristagnano” (come affermava il filosofo
Nietzsche) e si traducono in linguaggi espressivi,
con modalità legate alle varie predisposizioni
umane. La necessità di esprimere emozioni,
sensazioni, moti dell’animo, da sempre ha dato vita
a quella parte di umanità sganciata dalla pura
materialità. Possiamo constatare come l’espressione
artistica si sia trasformata, attraverso i secoli,
divenendo parte integrante dello sviluppo civile e
sociale.
10 La profonda convinzione dell’unità delle arti e della
loro comune origine (considerando ognuna parte di
un unicum che deve oggi ricomporsi) è alla base di
progetti didattici mirati ad una completa
formazione della persona. La Musica dovrebbe
quindi accompagnare lo studente per tutto il suo
ciclo di studi. L’aspetto legislativo è dunque
fondamentale. I programmi della scuola elementare
(1985), i successivi orientamenti del 1991 per la
scuola dell’infanzia, nonché le recenti indicazioni
per il curricolo dell’infanzia, primaria e secondaria
di I grado del 2007, sono, per quanto riguarda la
formulazione di un percorso di educazione
all’ascolto e alla pratica musicale, alquanto
apprezzabili. Ritengo però (e ciò risulta dal lungo
contatto del Conservatorio con gli Istituti Scolastici
del I ciclo di istruzione), che le condizioni per la
realizzazione degli obiettivi non siano, in termini di
disponibilità di risorse, di tempo, di preparazione
specifica degli insegnanti e di auspicabili interventi
di esperti esterni, corrispondenti alle necessità e ai
traguardi individuati dal legislatore.
11 Primaria è l’importanza di una costante attenzione
alla preparazione degli insegnanti che si
inseriranno nei vari livelli del percorso musicale;
una preparazione adeguata, aggiornata su tutto
l’arco formativo recependo i significativi progressi
ottenuti nel campo della didattica musicale, della
pedagogia e della psicologia infantile e
adolescenziale.
12 La legge di riforma n. 508 dei Conservatori e
Accademie d’Arte ha modificato l’assetto
istituzionale di tali scuole trasformandole in Istituti
di Alta Formazione Artistica e Musicale che attivano
percorsi sperimentali di I e II livello; un segmento
innovativo che consente di avviare finalmente i
Corsi di Didattica della Musica (già peraltro attivati
da alcuni Conservatori), creando le premesse per
importanti cambiamenti nella scuola italiana.
Anche in tale ambito il Conservatorio di Piacenza
sta progettando l’avvio di un corso di Didattica della
Musica per predisporre un corso di studio che formi
i futuri docenti di discipline musicali e che consenta
di intervenire, con competenza e adeguati obiettivi,
nella formazione artistico-musicale dello studente,
premessa fondamentale per una completa
formazione della persona.
13 L’inserimento della disciplina musicale nei percorsi
scolastici ove ora è assente, nonché la necessità di
dare un supporto professionale all’impegno dei
docenti del I ciclo di istruzione scolastica, oltre ad
arricchire l’area di proposte educative, creerebbero
le condizioni necessarie per offrire maggiori
opportunità occupazionali ai giovani diplomati dei
Conservatori.
14 Si porrebbero così le premesse per la realizzazione
di un completo ciclo formativo e per incrementare
una capillare diffusione della cultura musicale,
elemento vitale alla vita culturale del nostro Paese,
culla del melodramma, della musica strumentale,
della liuteria, etc. Il vuoto educativo artistico-
musicale, di fatto esistente nelle primarie
(parzialmente colmato da iniziative delle singole
istituzioni), rappresenta comunque la situazione
più penalizzante e limitante per il successivo
impegno educativo dei docenti della scuola media
dell’obbligo. Nell’età infantile il bambino esprime le
maggiori potenzialità intellettive e di
apprendimento consentendo di coltivare in lui sia la
sfera logico-matematica che tutti gli aspetti
formativi relativi alla sfera emotiva e creativa, alle
attività ritmico-corporee (ginnastica ritmica,
strumentario Orff, etc.) nonché esecutive; cantare o
“eseguire insieme” rafforza il concetto di
partecipazione attiva alle realizzazioni comuni del
gruppo classe. Come già sottolineato, non è meno
grave l’assenza della musica nei curricoli scolastici
dei Licei e Istituti Professionali Statali (eccetto
l’Istituto Magistrale); in tali Istituzioni la Musica
non è ancora assurta al ruolo di disciplina
curriculare. A Piacenza il Conservatorio ha stipulato
importanti convenzioni con il Liceo Scientifico
Statale “L. Respighi”, con l’Istituto “G. M.
Colombini” e ha avviato proficue collaborazioni con
il Liceo Artistico Statale “B. Cassinari”. Sul
territorio nazionale sono stati avviati laboratori
musicali e assunte iniziative artistiche in
collaborazione con Conservatori e Istituti Musicali
Pareggiati del territorio, ma tali lodevoli interventi,
tesi a colmare vuoti di ampi spazi educativi,
richiederebbero provvedimenti più strutturati per
poter realizzare un completo percorso educativo.
15 In buona sostanza si trascurano o non si valutano
adeguatamente le positive ricadute delle
espressioni artistiche sulla formazione della
persona, attività che rispondono alle esigenze insite
nella stessa natura umana. L’uomo non è solo
raziocinio, è anche capacità di sentire
interiormente gli avvenimenti che hanno una
variegata risonanza nel suo intimo; occorre
rivalutare aspetti fondamentali della persona che in
altri Paesi hanno da tempo la dovuta
considerazione e spazio nel processo educativo.
Aspetti che si armonizzano con i saperi, dando loro
una valenza e una risonanza interiore
indispensabile ad una percezione più completa ed
equilibrata della realtà. I valori dell’arte offrono
una preziosa integrazione al percorso di formazione
dell’individuo che diverrà cittadino nella società di
domani; quindi non solo “sapere”, ma anche “saper
sentire”. In una società basata su tutt’altre priorità,
tutto ciò può apparire come utopia, espressione di
concetti retorici, assenza di un sano pragmatismo,
ma forse non è proprio così.
16 Occorre forse, invece, rivolgere uno sguardo al
lontano passato e ripensare, pur in una realtà
profondamente mutata, ai preziosi insegnamenti
tramandati dalle grandi civiltà che hanno fatto la
storia.
17 Considerate tali premesse e con la ferma
convinzione della profonda influenza della Musica
nella formazione della persona, nonché della
necessità di un suo inserimento in tutto il percorso
educativo, avuta altresì l’opportunità, come
Presidente del Rotary Piacenza Farnese, di
programmare attività a favore dei giovani musicisti
e della scuola, ho ritenuto di proporre la
realizzazione di un Convegno che potesse
rappresentare un momento di sintesi della
situazione attuale dell’educazione musicale in Italia
e un ulteriore stimolo al legislatore per una
maggiore attenzione alla scuola ed al patrimonio
artistico-musicale del Paese.
18 Concludo il mio intervento ringraziando a nome del
Rotary tutti coloro che hanno contribuito, nelle
varie forme e interventi, alla realizzazione
dell’iniziativa.
NOTE
1.FRANCO FRABBONI, La casa dei giorni di festa della Scuola, paragrafo n°4
(La creatività: dove abita la musica) in Innovazione Educativa: Mensile
di discussione e progettazione di nuovi itinerari formativi (inserto
allegato al n°8 - dicembre 2005 - pagina 6, IRRE, Emilia Romagna
(Bologna), TECNODID editrice.
La musica come
linguaggio
Fabrizio Dorsi
Premessa
1 L’Educazione alla Teatralità rivela una molteplicità
di finalità e scopi per contribuire al benessere
psico-fisico e sociale della persona; in particolare
vuole aiutare ciascuno a realizzarsi come individuo
e come soggetto sociale; vuole dare la possibilità a
ognuno di esprimere la propria specificità e
diversità, in quanto portatore di un messaggio da
comunicare mediante il corpo e la voce; desidera
stimolare le capacità; vuole accompagnare verso
una maggiore consapevolezza delle proprie
relazioni interpersonali; aspira a concedere spazio
al processo di attribuzione dei significati, poiché
accanto al fare non trascura la riflessione, che
permette di acquisire coscienza di ciò che è stato
compiuto.
2 L’Educazione alla Teatralità, che trova il suo
fondamento psico-pedagogico nel concetto dell’arte
come veicolo definito da Grotowski, in quanto
educazione alla creatività, rappresenta per
chiunque una possibilità preziosa di affermazione
della propria identità, sostenendo il valore delle arti
espressive (teatro, musica, danza, arti visive, arti
letterarie) come veicolo per il superamento delle
differenze e come vero elemento di integrazione.
Attraverso l’arte, l’uomo si racconta, è protagonista
della sua creazione. Essa lo mette in contatto con se
stesso ma, allo stesso tempo, lo pone in relazione
con lo spazio in una dimensione temporale.
L’Educazione alla Teatralità è veicolo di crescita, di
sviluppo individuale, di autoaffermazione e di
acquisizione di nuove potenzialità personali.
3 Nelle arti espressive, dove non ci sono modelli, ma
ognuno è modello di se stesso, le identità di ogni
persona entrano in rapporto attraverso una realtà
narrante; l’azione, la parola, il gesto, la musica,
diventano strumenti di indagine del proprio vivere.
La musica
4 La musica è formata da due elementi principali
quali il suono e il ritmo. Il suono è l’elemento
attraverso il quale quest’arte si manifesta, il ritmo è
l’elemento attraverso il quale i suoni vengono
animati. Questi due elementi, iniziando dai sistemi
più semplici e naturali, progredirono nel tempo
come necessità dell’uomo, di qualsiasi epoca e
razza, di manifestare e comunicare i propri
sentimenti per mezzo di un linguaggio comune,
quale, infatti, è la musica. Essa, superando ogni
ostacolo di lingua e di confine, parla direttamente
al cuore di ogni essere umano a qualunque nazione
o razza appartenga.
5 Come si ascolta la musica? Ogni persona ha uno o
più modi particolari di ascoltare e percepire la
musica. C’è chi si lascia andare alle sensazioni, chi
partecipa col corpo, chi lavora di fantasia, chi ama
collegare l’esperienza sonora al proprio vissuto,
quindi ciascuno ha il suo ascolto.
6 La musica trasmette degli stimoli a seconda di come
è fatta e ciascuno reagisce con una o più condotte di
ascolto: ricordare, associare, fantasticare,
analizzare, che dipendono dal genere musicale e da
come ci si sente in quel momento. In questo modo
l’esperienza musicale valorizza gli aspetti creativi
della persona e contribuisce alla definizione della
propria identità personale.
La persona e la musica
30 La musica è una delle tante componenti
dell’ambiente sonoro e, insieme ai suoni di altro
genere, va a comporre un panorama acustico in cui
inevitabilmente si è sommersi. Essa è quindi un
elemento del mondo con il quale l’essere umano
interagisce.
31 La musica sta intorno alla persona e l’individuo sta
nella musica. Essa è una delle arti performative che
si inserisce nel laboratorio delle arti espressive e
viene utilizzata come “veicolo” di espressioni. Basti
pensare a quanti suoni musicali accompagnano la
vita quotidiana di ogni persona, infatti, gli effetti
acustici circondano l’individuo anche quando non si
è deciso volontariamente di ascoltarli: la suoneria
di un cellulare, il sottofondo musicale diffuso nel
supermercato, etc. Come reagiscono le persone agli
stimoli musicali da cui sono avvolte? Come arrivano
a dare loro un senso? Che cosa fanno della/con la
musica?
32 Il mondo sonoro in cui si inserisce la musica è
composto sia da fragori naturali che da rumori
“antropici”, per esempio parole umane o artificiali.
33 La musica da una parte si avvale di risorse a
disposizione dell’uomo (battito di piedi, canto, etc.)
e dall’altra spinge all’ideazione e realizzazione di
strumenti che dischiudano ulteriori possibilità. Si
apre a questo riguardo il tema del rapporto tra base
biologico-innata e componente culturale-acquisita
nella musica. Si sostiene sovente che la musica sia
un linguaggio e/o che la sua funzione sia quella di
comunicare (emozioni, aspirazioni, etc.).
34 Si può osservare che raramente una persona si
accinge ad ascoltare musica perché desidera
ricevere un messaggio e, soltanto in alcuni casi, chi
compone o esegue musica si prefigge di trasmettere
un messaggio. A prova della pervasività della
musica, si può menzionare un’indagine condotta nel
Regno Unito nel 2003 presso studenti volontari che
frequentavano la Keele University ai quali fu
chiesto di annotare, per sette volte il giorno, che
cosa stessero facendo in quel momento. Risultò che
nella maggior parte dei casi i giovani riferivano che
stavano ascoltando musica o per libera scelta o
perché essa era presente come sottofondo
nell’ambiente in cui si trovavano.
35 Un’indagine condotta dallo psicologo Osmano Oasi,
in contesto nazionale su un campione di 313
adolescenti, attesta che più di un quarto degli
intervistati ascolta intenzionalmente musica per
più di due ore il giorno e quasi la metà dei
partecipanti alla ricerca la ascolta quotidianamente
per un tempo che va dall’una alle due ore. Ciò che si
ravvisa nei suoni e che ci conduce a tracciare una
linea di demarcazione tra musica e non-musica è
l’intenzionalità. Se alla base di una produzione
sonora si coglie la volontà di creare qualcosa che sia
espressione di un’emozione, di un desiderio, di un
pensiero, allora quell’evento acustico si etichetta
come “musica”, mentre non si considera musica il
canto degli uccelli perché le loro sonorità non
derivano dall’esplicito intento di produrre suoni ma
hanno solo fini di segnalazione. Il fatto che si
consideri musica solo la produzione di suoni
attraversata da un’intenzionalità espressiva e
generata non solo da automatismi istintivi, non
significa però che la musica sia svincolata da
qualsiasi contrasto fisico e non abbia origini
organiche. Verosimilmente la musica affonda le
proprie radici nella costituzione somatica dell’uomo
e gli atti musicali (improvvisare, comporre, cantare,
etc.) si sviluppano sempre nel e attraverso il corpo.
36 L’intenzionalità propria della musica è “incarnata”
nella materialità di cui sono fatti i suoni e nelle
strutture, funzioni e risonanze biologiche di chi ne
fruisce. Gli atti intenzionali che si sviluppano nella
musica sono ancorati al corpo, da non intendersi in
maniera meccanicistica, ma come realtà aperta, per
propria natura, a una relazione di senso con il
mondo. Così pure gli atti musicali hanno anche un
collegamento nella cultura, la quale offre occasioni
e forme sociali che incentivano e organizzano la
fruizione musicale e la sostengono attraverso la
creazione, per esempio, di strumenti musicali.
La parola e la musica
56 La musica può avere un duplice volto:
rappresentativo, in quanto dà luogo a immagini
sonore, e linguistico, in quanto si traduce in un
analogo alfabetico o sillabico. Inoltre, si può anche
rilevare un analogo narrativo. Linguisticità della
musica e musicalità del linguaggio alludono ad una
comune base che musica e parola condividono. La
musica è anche discorso che dice qualcosa
sfruttando meccanismi propri della comunicazione
verbale. In un discorso la scelta o la creazione di
parole talvolta avviene su base onomatopeica. Certe
espressioni linguistiche nascono da combinazioni di
fonemi che riecheggiano i suoni che il denotato
produce nella realtà. Il meccanismo onomatopeico è
usato di frequente anche nella musica.
L’onomatopea musicale è sempre una selezione,
accentuazione o tipizzazione di suoni naturali o
artificiali e quindi una loro trasformazione. Molto
importante nella musica sono anche gli elementi
prosodici, che equivalgono al “come” le parole
vengono dette. Più precisamente sono l’intensità, la
velocità, il ritmo, le pause, l’intonazione, la
flessione, la cadenza con cui le parole sono dette e
che comunque riescono a trasmettere informazioni
su sentimenti e intenzioni del parlante. Non è
casuale che i bambini preferiscano canti diretti a
loro che canti diretti agli adulti; i piccoli sanno
cogliere le inflessioni prosodiche dei primi e le
percepiscono come adatte alle interazioni con loro.
57 Esiste un continuum tra linguaggio parlato e cantato:
si pensi per esempio alle nenie delle balie. I tratti
comuni a musica ed espressione umana di
un’emozione possono essere rinvenuti, per
esempio, nelle caratteristiche della voce, quindi una
musica triste non comunica la tristezza quale stato
emotivo effettivamente provato da qualche
individuo, ma comunica che ciò che si percepisce
ascoltandola è simile a ciò che si percepisce di
fronte a chi esprime la sua tristezza.
Conclusioni
59 La riflessione sulla musica come strumento di
comunicazione ha portato ultimamente a
considerare le possibilità comunicative della musica
come un’ulteriore risorsa nelle situazioni educative
in cui siano presenti disagi umani, sociali e
culturali. Si tende cioè a sottolineare la dimensione
relazionale della musica, in altre parole la sua
capacità di facilitare la costruzione di relazioni
umane positive. Se si considera che nella scuola
italiana i bambini diversamente abili sono inseriti
nelle classi di normodotati si capisce facilmente
come l’educazione musicale abbia cominciato a
riflettere sulle modalità con cui la musica può
favorire l’integrazione. L’ipotesi non è ovviamente
quella di predisporre interventi di musicoterapia,
per i quali sono necessarie competenze e contesti
del tutto differenti da quelli scolastici, quanto
piuttosto di costruire situazioni educative che
consentano a ciascuno di esprimere le proprie
potenzialità musicali all’interno di percorsi
didattici collettivi, strutturati in modo da
permettere a ognuno di realizzare degli
apprendimenti commisurati alle proprie possibilità
e, nello stesso tempo, di acquisire un atteggiamento
aperto e disponibile nei confronti della diversità.
60 Anche la richiesta sempre più diffusa sul territorio
di educatori alla teatralità in grado di agire in
contesti educativi differenti (con gli anziani, i
disabili, nei centri sociali, dentro le carceri e gli
ospedali, etc.) pone all’educazione musicale
problemi analoghi: in questi casi, infatti, non si
tratta di mettere a punto percorsi didattici mirati
all’acquisizione di tecniche o allo sviluppo di abilità,
ma di rafforzare, attraverso l’esperienza musicale,
l’identità dei soggetti con cui si opera,
assecondando e facilitando le trasformazioni
possibili e auspicabili.
Musica e formazione
della persona: confronto
con l'Europa
Johannella Tafuri
Germania
21 In Germania vi sono sedici Lànder e questo
comporta una certa autonomia tra di essi per cui è
presente una certa varietà tra le diverse
configurazioni anche se vi sono delle linee generali
governative.
22 Da un punto di vista musicale, si ricava dai
documenti ufficiali che la musica viene considerata
indispensabile nell’educazione generale, ed è
interessante analizzare come, nelle linee guida
generali dei programmi nazionali, si sottolinei
esplicitamente l’importanza della musica nella
formazione di tutti i cittadini. L’educazione
musicale è una materia obbligatoria nelle scuole
pubbliche ed è considerata indispensabile
nell’educazione generale. Studi musicali sono
presenti sia nella scuola primaria (2 ore
settimanali), sia nella scuola secondaria (3 o più ore
settimanali) ed è possibile, in quest’ultima, scegliere
l’orientamento musicale e studiare uno strumento.
Alle lezioni di strumento si aggiungono corsi
opzionali di coro, orchestra, jazz band e rock band.
23 Gli interventi politici sono orientati in 4 direzioni:
1. Educazione musicale generale in tutte le scuole;
2. Formazione degli insegnanti;
3. Facilitazioni per i più bravi;
4. Attività musicali per amatori.
24 Esiste un Centro di Informazione Musicale che
fornisce informazioni a livello nazionale e
internazionale e che organizza e sponsorizza molte
attività soprattutto per i giovani musicisti quali
concorsi, cori, orchestre, progetti per musica da
camera, master classes vocali e strumentali,
produzione di CD, etc.
25 Esistono molte Scuole di musica private (più di
1.000) e molti corsi per adulti, orientati ad attività
musicali amatoriali. Questo è un aspetto
interessante perché manifesta interesse per gli
amateurs, (che noi chiamiamo “dilettanti” ma con
una sfumatura negativa) cioè per coloro che hanno
fatto studi musicali, sono interessati alla musica ma
non ne fanno una professione pur avendo a volte
sviluppato una notevole sensibilità musicale.
Gran Bretagna
26 In Gran Bretagna esiste una grande varietà di
attività musicali alle quali le persone si accostano
sia mediante l’ascolto di radio o CD, sia attraverso la
partecipazione (molto alta) alle numerosissime sale
da concerto. Questo è particolarmente significativo
dall’infanzia all’adolescenza ma vale molto anche
tra gli adulti.
27 Ciò significa che una forte “inculturazione
musicale” avviene principalmente nel tempo libero.
28 In Gran Bretagna vi è anche una forte presenza di
etnie diverse e quindi delle loro tradizioni musicali;
i gruppi più numerosi provengono da India,
Pakistan e Bangladesh, di conseguenza, l’ambiente
musicale è molto ricco e vario di generi e
sottogeneri e quindi bambini e ragazzi si abituano
presto a esperienze musicali culturalmente diverse.
29 Ciò che è significativo è che lo sviluppo musicale sia
considerato un percorso “normale”: tutti i bambini
possono sviluppare la propria musicalità e
raggiungere un certo tipo di risultato.
30 Prima di entrare nella scuola primaria, i bambini
fanno esperienze musicali molto ricche e, quando
arrivano in prima, possiedono già una serie di
competenze musicali: conoscono e cantano
correttamente numerose canzoni, hanno sviluppato
il senso tonale e della struttura musicale e
possiedono già un buon senso ritmico. Nel National
Curriculum emanato dal Ministero per la scuola
primaria e secondaria (5-14 anni) la musica occupa
un posto molto importante e ruota intorno a 4
attività generali o ambiti considerati centrali:
eseguire (performing): saper cantare, suonare, studiare, provare
con gli altri;
comporre (composing): saper improvvisare, esplorare, sviluppare,
produrre;
valutare (appraising): analizzare, confrontare, comunicare,
adattare;
ascoltare (listening): interpretare, commentare.
Portogallo
35 La situazione politica, la dittatura, il cambiamento,
la storia di questo Paese aiuta certamente a capirne
fattuale impostazione.
36 Nelle ultime norme emerge che il progresso della
riforma scolastica, è consistito nell’inserire
l’educazione artistica; ovviamente nelle arti vi è
anche la musica, però il concetto di educazione
musicale è ancora poco affermato e, in sostanza, si
fa poca educazione musicale.
37 La scuola di base ha la durata di otto anni,
raggruppati in: quattro + due + due (anziché cinque
+ tre come in Italia). L’educazione musicale
generale, cioè finalizzata alla formazione della
persona, ha acquistato da poco un certo rilievo.
Secondo il Curriculum Nazionale è obbligatoria fino
a 11 anni e opzionale da 12 a 15. È necessario però
aggiungere che l’insegnante dei primi quattro anni
è l’insegnante elementare “generalista” non
specializzato in musica, con tutte le conseguenze
che è possibile immaginare. Nel quinto e nel sesto
anno è presente l’insegnante esperto (come nella
nostra scuola media), nel settimo e nell’ottavo,
come abbiamo detto, è opzionale. Per le classi I-IV,
il programma nazionale è piuttosto vago e l’attività
musicale dipende soprattutto dall’interesse e dalle
capacità degli insegnanti, oltreché da eventuali
attività extrascolastiche promosse dalle famiglie.
38 Nelle classi V-VI, l’educazione musicale è svolta da
insegnanti musicisti per 3 ore alla settimana e gli
alunni, se opportunamente stimolati e sostenuti
dagli insegnanti, formano gruppi strumentali con lo
strumentario Orff oppure dei cori.
39 Dalla VII alla IX classe, dove la musica è opzionale,
quando viene insegnata, è disciplina di insegnanti
musicisti.
40 Nel complesso, quindi, nell’ambito portoghese,
l’educazione musicale è piuttosto limitata malgrado
il Ministro della Pubblica istruzione riconosca
l’importanza dell’educazione alle arti per tutti i
bambini e i giovani.
41 È interessante comunque notare che c’è una certa
“educazione musicale” extrascolastica che avviene
per lo più attraverso la partecipazione alle bande,
molto diffuse soprattutto nei piccoli centri e molto
attive in particolare durante l’estate, mediante la
partecipazione a festival e rassegne. I ragazzini che
desiderano far musica si rivolgono quindi ai corsi di
avviamento bandistico facendo così un’esperienza
molto interessante e arricchente.
Scandinavia
42 I tre Paesi della penisola scandinava hanno visto un
risveglio e una crescita musicale in questi ultimi 30
anni quale non si era mai vista prima. Vengono
considerati come un insieme perché, in questo
campo, Svezia, Norvegia e Finlandia risultano
abbastanza simili. L’educazione musicale è
considerata importante a livello educativo generale,
non è rivolta necessariamente a chi vuol fare il
musicista professionista, ma è adatta e aperta a
tutti perché permette di esprimersi, di comunicare,
di crescere e raggiungere un livello più armonioso
della propria persona.
43 Oltre all’educazione musicale svolta a scuola, sono
molto diffuse le attività musicali nel tempo libero e
le persone coinvolte anche a livello amatoriale sono
numerose. L’educazione musicale è obbligatoria nei
primi 6 anni della scuola dell’obbligo (in Svezia 9), e
i programmi ruotano intorno a quattro obiettivi
generali: eseguire, ascoltare, conoscere e creare.
Rispetto alla Gran Bretagna, troviamo qui il
“conoscere” che risulta abbastanza vicino al
discorso dell’approfondimento nell’attività di
ascolto, quindi un ascoltare che fa conoscere e
progredire e va nella direzione della capacità di
valutare.
44 Oltre all’educazione musicale svolta a scuola, in
quasi tutte le comunità scandinave esistono centri
musicali presso i quali è possibile imparare a
suonare uno strumento e il saper suonare viene
ritenuto una capacità importante per conoscere
meglio la musica. Oltre al suonare, viene inoltre
favorita la capacità di danzare. Ci sono moltissimi
centri dappertutto dove poter suonare, far parte di
un’orchestra, di un coro: molte scuole, che di
mattina funzionano come scuole classiche, nel
pomeriggio diventano dei centri per poter fare le
prove e fare concerti e questa è una pratica comune
molto diffusa. Coloro che insegnano educazione
musicale a scuola sono, molto spesso, direttori di
ensembles musicali, cori e orchestre, per cui le
scuole diventano sede di prove e concerti di tutti i
tipi e gli alunni partecipano come esecutori
all’intensa vita musicale locale.
45 In questo modo la formazione musicale di base
viene ampliata e arricchita con una pratica
musicale non tanto individuale quanto piuttosto
collettiva: si suona insieme, si fa musica insieme e
sono gli stessi insegnanti di musica della scuola ad
avere il loro coro, la loro orchestra, il loro gruppo
cameristico.
46 In Svezia, in particolare, la recente riforma (1994)
ha favorito le autonomie locali lasciando libertà ai
singoli istituti circa il numero di ore da assegnare
ad alcune materie, tra le quali è compresa la
musica. Ciò ha contribuito a rafforzare la relazione
tra la scuola e la società. Gli obiettivi musicali
tradizionali si sono arricchiti mediante un notevole
pluralismo musicale diffuso soprattutto nelle
attività del tempo libero.
47 Nelle linee generali nazionali, è riconosciuta
l’importanza della musica nella scuola e nella
società e si sottolinea che l’insegnamento della
musica non deve solo favorire lo sviluppo musicale,
ma deve soprattutto soddisfare gli interessi e i
bisogni degli studenti nei confronti della musica. Si
ritiene, inoltre, importante fornire loro gli
strumenti necessari per orientarsi nel flusso
massificante di informazioni.
48 Nella penisola scandinava vengono riconosciute le
autonomie locali nel senso che ogni scuola ha la
possibilità di scegliere il proprio numero di ore per
poter valorizzare le realtà locali e ciò rafforza
maggiormente la relazione tra la scuola e la società.
La circolazione di gruppi etnici diversi favorisce
anche un certo pluralismo e vi è molta presenza di
musica giovanile pop, rock, jazz che dialoga,
interagisce, arricchisce, non si contrappone.
49 L’educazione musicale deve quindi contribuire allo
sviluppo personale e sociale degli alunni nonché
condurli a una relazione piacevole con la musica.
Spagna
50 La recente riforma del sistema scolastico ha avuto
delle ripercussioni positive anche sull’educazione
musicale e sugli studi musicali.
51 La possibilità di avere, unico Paese in Europa,
insegnanti elementari specializzati in musica presso
le università, ha favorito una buona diffusione
dell’educazione musicale fin dalla scuola primaria.
52 Nel programma nazionale spagnolo si dà una certa
importanza all’educazione artistica suddivisa nei
tre ambiti: musica, arti figurative e
drammatizzazione, ambiti che, nella pratica
didattica, devono essere differenziati.
53 L’educazione musicale include da un lato la
percezione attiva e l’ascolto attento (individuare,
riconoscere, analizzare...), dall’altro l’espressione e
la elaborazione musicale (pratica vocale e
strumentale). In sintesi, come dice il Regio Decreto
«l’educazione musicale si propone di preparare gli
allievi come interpreti, ascoltatori e fruitori di
musica, produttori espressivi e creativi, e
conoscitori dei primi rudimenti della tecnica e del
linguaggio musicale. Questi quattro aspetti, a loro
volta, sono campo di lavoro sia ai fini della
comunicazione, sia ai fini del poter esprimere il
proprio vissuto, sentimenti ed emozioni personali».
54 Un’altra attività importante in Spagna, in questi
ultimi anni, è la notevole valorizzazione delle
scuole di musica per favorire la pratica amatoriale.
La grande diffusione delle Scuole di musica private
ha quindi sollecitato il governo centrale e i governi
regionali ad avere un’attenzione particolare nei
loro confronti così da tutelare e promuovere il
lavoro da loro svolto.
NOTE
6.MASSIMO MILA, Musica e scuola nel costume italiano, in Nuova Rivista
Musicale Italiana, n. 1, maggio-giugno 1967, p. 7
7.GIORGIO PESTELLI, Nota all’edizione italiana, in OTTO KAROLYI, La grammatica
della musica, Torino, Einaudi, 1969, pp. 9-10
8. Su questi temi didattici si rinvia a quanto ho scritto in ENRICO
BOTTERO, ALESSANDRO PADOVANI, Pedagogia della musica, Milano, Guerini e
Associati, 2000, pp. 38-41 e 71-92.
9. È pur vero che nei Conservatori ci sono i corsi di didattica di tutto
rispetto ma è lecito pensare che non ovunque siano diffusi metodi
innovativi, anche grazie al sostanziale immobilismo didattico
dell’Istituzione Conservatorio nella sua globalità.
L'Arte
dell'improvvisazione
Paolo Damiani
Premessa
1 Nel corso della storia, ogni civiltà musicale ha
conosciuto quell’insieme di pratiche immemorabili
chiamate oggi per semplicità “improvvisazione”.
Improvvisare è certamente il modo più antico di far
musica, tuttavia su quest’arte misteriosa, gli studi
musicologici di qualità sotto il profilo scientifico
sono apparsi soltanto negli ultimi trenta anni.
2 Le ragioni di questo fenomeno sono vaste e
complesse, certo è che, con l’avvento della scrittura
musicale, si è progressivamente perduto ciò che
non poteva essere codificato. La dicotomia tra
composizione e improvvisazione si è risolta a tutto
vantaggio della prima, almeno nelle Accademie
d’occidente: una contrapposizione falsa e artificiale,
in base alla quale ciò che è scritto è cultura alta e
ciò che è orale è cultura bassa, indegna di essere
praticata e analizzata.
3 Pregiudizi eurocentrici duri a morire: e a poco vale
ricordare che Messiaen e J. S. Bach furono
improvvisatori eccelsi e che, in molte culture, le
definizioni di composizione e improvvisazione non
esistono, non possono neanche essere nominate. Gli
studi sull’improvvisazione sono oggi comunque ben
presenti: per una panoramica su di essi si rimanda
al bel saggio di Michele Pedrazzi apparso su Musica-
Domani n.144, del settembre 2007.
L’improvvisazione
4 Si vuole, invece, affrontare la questione del punto di
vista del musicista che sa improvvisare, di chi sale
spesso su un palco esprimendosi anche grazie
all’improvvisazione. Notiamo subito che ogni
definizione appare parziale, inadeguata e arbitraria,
a causa della vastità del campo d’azione e da
pratiche anche molto distanti tra loro. Inoltre -
come ha scritto Toni Morrison - le definizioni
appartengono a chi le crea, non a ciò che viene
definito.
5 Di sicuro, l’improvvisazione non si improvvisa:
quando ascoltiamo un buon performer sentiamo
chiaramente ciò che lo ha musicalmente nutrito, la
sua storia e i suoi percorsi.
6 «L’improvvisazione sviluppa un’estetica
dell’imprevisto. Ma la sensazione di imprevisto non
nasce dal nulla, è a partire da un quadro di
riferimento che può manifestarsi la sorpresa: è il
quadro che permette all’imprevisto di acquistare un
senso musicale per contrasto, e rispetto alla
relazione che stabilisce con il prevedibile» 13 .
7 L’imprevisto però fa paura, così come il rischio, il
vuoto, il silenzio: perciò molti musicisti si rifugiano
in virtuosismi fini a se stessi, in formule reiterate
che esprimono solo nevrosi personali e nessuna
poetica. Il cliché è sempre in agguato, bisogna
evitarlo o usarlo per inventare nuove possibilità
narrative.
8 In ogni caso, che l’improvvisazione sia idiomatica, si
riferisca cioè a uno stile, o libera da modelli,
l’artista dovrebbe esprimere un alto grado di
libertà, di fluidità, di mobilità, d’immaginazione, di
“delirio”, secondo Siron. Siamo d’accordo; ma
come?
9 Comporre e interpretare avvengono
contemporaneamente e nello stesso musicista; è un
gesto che succede nell’istante, gli esiti del processo
sono ignoti prima e non possono mai darsi due
improvvisazioni identiche. L’apprendimento
avviene sul campo, per prove ed errori, e si sviluppa
nell’azione.
10 C’è pensiero in questo fare? Non solo, direi che c’è
reazione a ciò che accade nell’attimo: ogni elemento
del racconto dialoga con ciò che è appena avvenuto
e orienta i suoni successivi; la musica suggerisce
diverse possibilità di sviluppo, l’atteggiamento più
fecondo è quello di ascoltare profondamente e
lasciarsi guidare dall’intuito, senza rigidità
eccessive e pronti a recarsi ovunque.
La performance
11 Nel momento della performance, c’è un
coinvolgimento tra corpo e strumento: un pensiero
rapido, allora “urgente”. Un sapere nel mentre si fa.
12 Dalla sua fondazione, avvenuta nel 1530, le Collège de
France ha come missione principale non già di
trasmettere saperi certi e definiti, ma piuttosto di
insegnare le savoir en train de se faire.
13 Oltre alle 52 cattedre istituzionali che ricoprono un
vasto insieme di discipline, ogni anno vengono
istituite due cattedre, una di innovazione
tecnologica, e una di creazione artistica.
Quest’ultima nel 2007 è stata affidata al noto
compositore Pascal Dusapin che, nella lezione
inaugurale, ha espresso concetti sul comporre che
mi sembrano perfetti per ragionare
sull’improvvisazione e sul “sapere nel mentre si fa,
mentre accade”. Dusapin è interessante non solo
perché eccellente compositore ma anche perché,
allievo di Xenakis, per parlare di musica spesso si
serve di immagini rubate all’architettura.
14 Tra le altre: come può un edificio moderno
integrarsi in una preesistenza antica? Come
alterare una simmetria o desincronizzare le linee di
un volume? Come passare da una melodia acuta ad
un’altra più grave e associare il tutto a sonorità più
complesse, come cambiare ritmo, magari riducendo
la massa di un’orchestrazione accelerando la
velocità? E che vuol dire in musica angolo, volume,
linea, massa?
Composizione e improvvisazione
15 Questi pensieri sulla composizione raccontano
egregiamente anche certe modalità di
funzionamento dell’improvvisazione, il che è
naturale visto che composizione e improvvisazione
rappresentano due facce della stessa medaglia.
L’edificio sonoro si costruisce con logica e intuito,
istinto e solide fondamenta: ma è fatto di suoni e
silenzi, d’aria che vibra, non di mattoni e cemento
armato. L’improvvisazione esiste da sempre, e
perciò non ha bisogno di argomenti che ne
giustifichino la propria legittimità. E tuttavia le
cose cambiano quando la dobbiamo insegnare,
quando dobbiamo sperimentare “la creazione nel
suo farsi”.
16 Forse non possiamo dar conto dell’invenzione, di
come un’idea appare, ma si può evidenziare un
andamento e una sequenza di decisioni. Questo
percorso può essere predeterminato, nella mente o
su carta, o analizzato a posteriori grazie all’ascolto
del materiale registrato. Il testo è il corpo, come
amava ripetere Carmelo Bene, ma è anche la
registrazione della performance improvvisata, essa
“fa testo”, per la messa in luce dei percorsi
improvvisativi soggiacenti: descrivere l’opera non è
inventare, ma serve anche per nuove creazioni,
questo è certo. L’improvvisazione non parte dal
nulla, l’artista è sempre in bilico tra memoria e
necessità di oblio, e ci vuole il rigore di un Peter
Brook per “distinguere tra le intuizioni che
conducono alla verità e le emozioni che sono frutto
dell’indulgenza verso se stessi”. Chi improvvisa è
autore e interprete al tempo stesso, si tratta di dare
senso ai suoni e a ciò che sta tra i suoni; in tutto
questo il ruolo degli ascoltatori è decisivo, musicisti
e pubblico sono una comunità che inventa insieme
il concerto, gli dà forma e colore. Anche lo spazio è
fondamentale, rappresenta uno strumento decisivo
per la riuscita dell’evento: acustica, luce, colore,
temperatura, linea di fuga, disposizione di pubblico
e artisti, il suono nello spazio, e come parole e suoni
ci rimbalzano dentro.
17 Quanto servono idee prestabilite, per
un’improvvisazione? Un’idea può essere una
composizione da trasformare o anche una dinamica
da esplorare, o la semplice necessità di creare
energia, suoni mobili in andamenti lineari o
interrotti, agevoli o impervi, sul filo del burrone o
verso l’eccesso. Posso accumulare molti materiali
densi ed eterogenei, metterli vicino e poi lavorare
per sottrazione fino a disegnare un percorso che
abbia un qualche riconoscibile disegno, un colore,
un ritmo, eliminando tutto ciò che “suona”
superfluo, incongruo. Emergono forme che
diventano riconoscibili, magari dopo diversi
concerti, o prove con se stessi e con altri. Cerchi di
eliminare i luoghi comuni, i trucchi, i cliché e vai
nell’inesplorato, nell’inconscio, per trovare
un’immagine convincente, dei momenti veri emersi
al di là del testo, nella relazione con te stesso o con
altri musicisti, e con la platea.
18 Musicisti e pubblico (si) ascoltano: Roland Barthes
ci ha insegnato che «ascoltare è cercare di sapere
ciò che sta per accadere.... L’ascolto parla» 14 .
Insieme si crea qualcosa nell’attimo, nel mentre si
fa. Fino all’istante in cui anche l’ultimo suono
svanisce e non torna più. C’è silenzio prima e dopo,
in mezzo istanti di suoni che spariscono appena
ascoltati. Quando si ascolta un brano composto, si
cerca di (ri)trovare i margini di una forma che già
esiste; quando si ascolta un’improvvisazione, si
assiste ad una forma che si fa in quel momento,
ecco la forma formante di Luigi Pareyson: «Se ogni
operazione è sempre formativa, nel senso che non
riesce ad essere se stessa senza il formare, invece
l’operazione artistica è formazione, nel senso che in
essa il pensare e l’agire intervengono
esclusivamente per renderle possibile e di non
essere altro che formazione. L’operazione artistica è
un processo di invenzione e produzione esercitato
non per realizzare opere speculative o pratiche, ma
solo per se stesso: formare per formare,
perseguendo unicamente la forma per se stessa:
l’arte è pura formatività». E non basta: «Formare
dunque significa fare, ma un tal fare che mentre fa,
inventa il modo di fare. Si tratta di fare, senza che il
modo di fare sia predeterminato e imposto: lo si
deve trovare facendo, e solo facendo si può
giungere a scoprirlo, si tratta d’inventario, senza di
che l’opera fallisce» 15 . In pratica l’opera scopre le
proprie regole e nell’improvvisazione le scopre
nell’hic et nunc, mentre avviene: ecco il fare che
inventa “il modo in cui il da farsi si lascia fare”.
19 Prima, non sappiamo cosa faremo, non c’è una
forma nella nostra mente. Quando ci si avventura
nell’opera, lentamente le cose affiorano, vengono
alla luce. Potremmo affermare che non so cosa
cerco, ma quando lo trovo lo riconosco. Quando
cerco tuttavia non mi muovo al buio ma sempre
all’interno di un campo di possibilità, la forma
formante si autogenera passo dopo passo mentre
l’artista asseconda questo flusso per dominarlo e
per ascoltarne le suggestioni da elaborare.
20 Spesso conviene attendere nel silenzio, per trovare.
È Dusapin a ricordarci che, comunque, “ascoltare
un’opera musicale non è un lavoro di esperti in
previsioni”. Vuol dire che, anche nell’ascolto,
dovremmo lasciarci andare e aprirci al possibile, a
ciò che non siamo in grado di prevedere o di
immaginare. I buoni improvvisatori cercano sempre
di creare scarti e distanze da modelli prestabiliti, da
forme formate; in questo senso l’artista deve essere
infedele, tiene conto del passato ma si trasforma in
altro, non si limita a replicarlo.
21 Al di là dell’idea di partenza - che può esserci o
meno - ciò che conta è il desiderio e la necessità di
azione, di messa in movimento, un’intuizione
dinamica. Certo, servono una tecnica strumentale
eccellente e un bagaglio teorico di prima qualità.
Quando compongo cerco nel tempo, tanto tempo, di
disegnare una forma. Quando improvviso, il tempo
è quello della performance, che si aggiunge al molto
tempo in cui ho improvvisato.
22 Comporre e improvvisare vuol dire creare limiti,
frontiere: là sono stabilite per sempre, lì sono
volutamente mobili, cangianti. Sono ambedue
processi nel tempo, complementari e
interdipendenti.
23 Non a caso chi improvvisa parla di composizione
istantanea, che permette di valorizzare tutto ciò
che nella musica non può essere scritto, quella
dimensione che il musicologo Vincenzo Caporaletti
ha definito “audiottattile” nel suo seminale testo La
definizione dello swing.
La nozione di istante
34 Una nozione importante è quella di “istante”:
quando la musica risuona dentro di noi essa è già
passata, finita; noi non possediamo il tempo, ma
possiamo possedere l’Istante. Non solo per godere il
presente e consumarlo, ma perché l’istante
raccoglie vissuti e sogni, futuro e desideri: dietro
l’istante c’è una storia e una lunga preparazione.
Allora, per vincere l’angoscia di queste sparizioni, si
cerca di ascoltare individuando delle forme. Ma non
si deve mai dimenticare che la musica esiste anche
per rispondere a logiche diverse, per favorire fughe
e perdite. È come muoversi in un labirinto di cui è
vano cercare l’uscita, essa appare e scompare
incessantemente.
35 E allora possiamo usare tranquillamente la parola
“emozione”, da sempre demonizzata nella scuola
italiana. L’arte serve per emozionarci e raccontarci
cose insensate ((e)mozione=movimento -
L’emozione ci trasporta e ci trasforma).
36 Del resto, quando di un’opera d’arte diciamo che è
riuscita? Non quando applica delle regole, ma
quando “inventa” le proprie regole, questo vuol
dire “trovare facendo”, le forme ci appaiono
lentamente, per tentativi, o molto velocemente, se
improvvisiamo. È come un’onda, un’onda ampia.
37 Finalmente, seguendo l’intuizione di Gilles Deleuze,
comporre/improvvisare vuol dire divenire e
disegnare degli andamenti, dei percorsi, luoghi di
transito e di stazionamento, e non luoghi,
naturalmente.
38 Davvero è un’arte della Fuga. Fuga dalla memoria?
Ruolo della memoria e della ripetizione, il groove,
l’ostinato, il riff. E, d’altro canto, l’obbligo morale di
essere infedeli al proprio passato, creando nuovi
procedimenti e soluzioni inattese. Ecco
l’apparizione/sparizione di vecchie forme (la
sinfonia, la canzone, il blues...) e l’urgenza di forme
nuove, diverse, che nascono dal “fare”, dall’azione-
ascolto.
39 A scuola si imparano tecniche storicizzate, scale e
accordi, contrappunti e fughe, ma poi bisogna
andare oltre, al di là della replicazione e mettere in
forma strutture di tempo e di spazio, nuove grafie e
incroci di linguaggi diversi.
40 La musica ha un che di irrazionale e di
incomprensibile che ci riporta alla nozione di
“inconscio come mente”, l’inconscio “mente”,
potremmo dire.
41 C’è il problema dell’analisi: c’è un ritmo, nella
musica e nell’arte, forse una chiave di lettura
comune. Eppure spesso le parole mancano. Non è
questione di arte astratta o figurativa, mancano
sempre. Forse perché giudichiamo l’opera in base a
modelli del passato che l’opera ha rifiutato,
applichiamo un linguaggio inadeguato sul piano
critico.
42 Esiste un territorio di contiguità tra suoni e visioni,
se così si può dire ed è quello della partitura
musicale intesa come raffinata elaborazione grafica.
Non si parla tanto della partitura tradizionale,
durate e altezze nel pentagramma, si allude
piuttosto a relativamente nuove forme di scrittura,
inventate da compositori come Gyòrgy Ligeti, Earle
Brown, Krzystov Penderecki, Sylvano Bussotti.
Stockhausen, nel 1960, ha individuato alcune
tendenze nella grafia:
1. scrittura di azione (descrizione delle azioni da compiere per
produrre suono);
2. scrittura di progetto - progetto cifrato che può essere autonomo
(non vincolato alla realizzazione);
3. musica solo da leggere (grafismi, ideogrammi), legata alla
percezione visiva;
4. musica solo da udire (pratiche di improvvisazione);
5. gradi intermedi di musica da leggere e da vedere (mixed-media)
segno + gesto + suono + visione.
NOTE
10.FRANCESCO CAPPA, CRISTINA NEGRO (a cura di), Il senso nell’istante, Milano,
Guerini Scientifica, p. 92
11. Questa frase è stata estrapolata da una conversazione privata con
l’autore
12. Questo aforisma appartiene alla tradizione orale
13.JACQUES SIRON, Musiques, Arles, Actes Sud, 2007, p. 694
14.ROLAND BARTHES, L’ovvio e l’ottuso, Torino, Einaudi, 1985, p. 242
15.LUIGI PAREYSON, Estetica: teoria della formatività, Milano, Bompiani,
1966, p. 23
16.WASSILY KANDINSKY, Punto linea superficie, Milano, Adelphi, 1968, p. 24
17. Ibidem, p. 31
18.DEREK BAILEY, L'improvvisazione, Milano, Arcana Editore, 1980, p. 215
19.SIMHA AROM, L’improvisation dans les musiques de tradition orale, in
AA.VV, Selaf, Paris, 1987, p. 121
20.JEAN MOLINO, Musiques, cit., p. 492
21.BERNARD LORTAT-JACOB, L’improvisation dans les musiques de tradition
orale, cit., p. 45
22.ENRICO BOTTERO, Pedagogia della musica, Milano, Guerini Scientifica, p.
30
23.FRANCESCO CAPPA, CRISTINA NEGRO (a cura di), Il senso nell’istante, cit., p.
40
24.STEVE LACY, Tradizione orale, Conversazione con Paolo Damiani nel
corso di un seminario sull’improvvisazione, Roncella Jonica 1982
25.VINCENZO CAPORALETTI, I processi improvvisativi nella musica, Lucca, Lim
Editrice, 2005, p. 6
26.VINCENZO CAPORALETTI, La definizione dello swing, Teramo, Idea Suoni
Editore, 2000, p. 161
27.MICHEL IMBERTY, Le scritture del tempo, Milano, Ricordi, 1990, p. 231
28.FRANCESCO GIANNATTASIO, Il concetto di musica, Roma, Nuova Italia
Scientifica, 1992, p. 168
29.BERNARD LORTAT-JACOB, L’improvisation dans les musiques de tradition
orale, cit., p. 48
30.FRANCESCO GIANNATTASIO, Il concetto di musica, cit., p. 168
31.VINCENZO CAPORALETTI, Iprocessi improvvisativi nella musica, cit., p. 42
32. Ivi, p. 123
33. Ivi, p. 109
34.FRANCESCO GIANNATTASIO, Il concetto di musica, cit., p. 203
La riforma degli studi
musicali in Italia: quale
prospettiva per i nuovi
musicisti
Bruno Carioti
Le leggi
1 La Legge 508/99 ha riformato il segmento finale
degli studi musicali in Italia ed ha sancito la
trasformazione di Conservatori in Istituti Superiori
di Studi Musicali, conferendo loro la facoltà di
rilasciare Diplomi Accademici di I e di II livello
equivalenti rispettivamente alle Lauree e alla
Lauree Magistrali, titoli questi ultimi rilasciati dalle
Università.
2 Nella stessa Legge viene ampliato l’ambito di azione
dei Conservatori che vedono indicati, tra i loro fini
istituzionali, oltre a quello tradizionale della
formazione, anche quelli della ricerca e della
produzione artistica.
3 In questi anni, attraverso l’attivazione dei corsi
sperimentali, i Conservatori hanno operato una
profonda rivisitazione dei loro programmi e, in
ossequio ai dettami della Legge, hanno avviato
un’intensificazione della loro presenza nell’ambito
della produzione artistica, correlata all’attività di
formazione. A tal proposito vorrei ricordare alcuni
dati tratti dal sito del MIUR riguardo alla
produzione artistica nel settore AFAM: 130
orchestre, 303 formazioni corali o da camera, 5129
manifestazioni pubbliche realizzate nello scorso
anno (14,25 manifestazioni al giorno).
4 Per quanto concerne l’ambito della formazione, dal
momento che i Conservatori sono stati inseriti
nell’ambito del segmento terziario della formazione
- quello finalizzato all’avvio alla professione - , oltre
a rivisitare i programmi formativi dei corsi già in
essere, hanno dovuto adeguare l’articolazione dei
corsi alle regole proprie del segmento universitario,
utilizzando quindi il meccanismo dei crediti
formativi, in sintonia altresì con il modello europeo.
L’offerta didattica quindi risulta molto più
strettamente, che in passato, collegata alle
necessità evidenziate dal mondo del lavoro e si
esplica anche in ambiti che fino ad oggi non sono
stati toccati dal Conservatorio.
5 In conseguenza di ciò sono stati avviati numerosi
corsi innovativi nell’ambito dei nuovi linguaggi
musicali (jazz, pop, musica elettronica), della
musica antica, della musica etnica.
6 Oltre a questo ci si è rivolti anche all’ambito delle
professioni che, pur essendo legate al mondo
musicale, non avevano trovato ospitalità all’interno
dei Conservatori. In aggiunta alle professioni figlie
dell’evoluzione delle nuove tecnologie (tecnici del
suono, etc.) ci si è rivolti, infatti, anche a settori
totalmente nuovi quali quello del marketing in
ambito musicale, del management in ambito
musicale, della musicoterapia e altri.
7 Accanto a queste possibilità di occupazione in
settori innovativi, oltre all’insegnamento, restano
ancora valide le tradizionali possibilità di impiego
dei musicisti che si diplomano nei nostri
Conservatori: strumentisti nelle orchestre e nei
gruppi da camere, artisti del coro, solisti e così via.
Le scarse possibilità di impiego nell’ambito della
produzione artistica sono determinate da molteplici
motivi: scarsa sensibilità del nostro Paese nei
confronti della musica “colta” (palinsesti RAI dai
quali è praticamente scomparsa la musica classica),
mancanza di una educazione musicale diffusa. A
questo si deve aggiungere un’incomprensibile
politica dei governi che si sono succeduti negli anni
i quali, forse ignari o peggio disinteressati dalle
grandi tradizioni che l’Italia vanta nel settore
artistico, hanno penalizzato e continuano a
penalizzare il settore con continui tagli ai
finanziamenti, tagli che rischiano di soffocare i
Conservatori. La paventata soluzione di trasformare
le Università - e quindi anche i Conservatori - in
fondazioni non può certo costituire una soluzione al
problema, anche in considerazione delle difficoltà
economiche contingenti che non fanno intravedere
nell’immediato la possibilità di reperire
finanziamenti alternativi a quello ministeriale.
Evidentemente l’aver collocato i Conservatori nel
segmento finale degli studi musicali, ha sollevato il
problema della formazione musicale precedente il
segmento dell’alta formazione. In questo campo ben
poca strada è stata fatta e la situazione è, tutt’oggi,
assai confusa.
I curricoli scolastici
8 Le recenti affermazioni contenute nei nuovi
curricoli scolastici prevedono lo studio “pratico”
della musica all’interno della scuola primaria
(infanzia ed elementare) e nella scuola media.
Questa previsione aprirebbe enormi prospettive di
occupazione per i diplomati nei Conservatori anche
in considerazione delle nuove possibilità formative
che si aprono con i corsi triennali di didattica
previsti nei nuovi ordinamenti. In questo ambito sta
operando con grande efficacia il Comitato per
l’inserimento della pratica musicale nella scuola
presieduto dal Prof. Berlinguer. Da tempo si parla
della creazione dei Licei ad indirizzo musicale,
previsti nella Riforma Moratti e mai attuati.
L’istituzione dei Licei dovrebbe completare quel
complesso iter di riforma tratteggiato nella Legge
508 e che dovrebbe delegare ai Licei la parte di
formazione del periodo medio che a oggi viene
impartito esclusivamente all’interno dei
Conservatori. Proprio a questo riguardo è
necessario fare alcune riflessioni utili per capire le
peculiarità dell’insegnamento della musica come
attualmente viene svolto nei Conservatori e come
invece potrebbe essere nei futuri Licei musicali.
9 I Conservatori da sempre riescono a servire un
territorio molto ampio dal momento che le lezioni
di musica, soprattutto nei primi anni di corso,
occupano soltanto uno o due giorni alla settimana.
Gli allievi quindi frequentano le scuole alle quali
sono iscritti nel luogo di residenza e raggiungono il
Conservatorio solo nei giorni prescritti. Il Liceo
invece, per sua organizzazione, ha necessità di una
frequenza quotidiana, con classi ben strutturate e
con orari comuni a tutti: alle 8,30 si entra in classe e
alle 13,30 si esce. A questo si aggiunga che gli
studenti che attualmente seguono gli studi musicali
nei Conservatori frequentano contemporaneamente
sia istituti professionali che licei, secondo la loro
scelta vocazionale o semplicemente perché l’istituto
prescelto è il più vicino a casa. È evidente che se si
sostituisse integralmente il segmento iniziale dei
Conservatori, per moltissimi ragazzi che
attualmente studiano in Conservatori sarebbe
impossibile frequentare le lezioni di musica perché
la sede del Conservatorio è ad una distanza tale che
non consente loro di frequentarne quotidianamente
le lezioni. È necessario quindi prevedere un periodo
più o meno lungo di coesistenza tra i Conservatori e
il Liceo musicale. Questo è peraltro espressamente
indicato nei documenti ministeriali nei quali
l’attivazione dei licei viene condizionata
all’esistenza di una convenzione con un
Conservatorio. Non è ancora chiaro come si
procederà per selezionare le proposte di attivazione
che sono numerosissime. E proprio il modo di
selezione delle proposte che, al di là dei tecnicismi,
è un atto squisitamente politico, farà meglio capire
cosa ci si aspetta da questi licei. Per far questo è
necessario anche prendere in esame i curricula
proposti per tali licei. Dai documenti che sono
circolati in questi tempi, riportano le bozze dei
piani orari dei futuri licei, e da questi, tramite
un’attenta analisi, si evince che, su un totale di 32
ore settimanali, ben 12 sono dedicate alle materie
squisitamente musicali divise tra le discipline di
Esecuzione e interpretazione, Teoria e
composizione, Storia della Musica, Laboratorio di
musica d’insieme, Nuove tecnologie. È chiaro che le
materie musicali sono fortemente caratterizzanti e
improntate ad una preparazione pre-
professionalizzante degli studenti. D’altro canto
non potrebbe essere altrimenti visto che la Legge
508/99 (la Legge di riforma dei Conservatori)
prevede espressamente che il segmento inferiore
dei Conservatori dovrebbe essere sostituito proprio
dai licei musicali.
Conclusione
10 Vorrei dire che sarebbe finalmente ora che, anche
in Italia, si riconoscesse alla Musica quel valore
formativo della persona che in altre nazioni - e già
da tempo - le è attribuito, tant’è che tale disciplina
è presente all’interno dei curricoli formativi della
maggior parte dei Paesi del mondo in misura ben
maggiore di quanto lo sia in Italia. Siamo invece
purtroppo agli ultimi posti nelle classifiche
mondiali e purtroppo non solo in campo musicale. È
tempo che anche la nostra classe politica si renda
conto di quanto importante sia la formazione dei
nostri giovani. Solo investendo nel campo della
formazione e, in particolare, nel campo della
formazione superiore, si potrà immaginare un
futuro diverso per il nostro Paese, altrimenti
destinato al declino, nonostante le nostre
grandissime tradizioni in tale campo. Basti pensare
che le Università più antiche sono nate proprio in
Italia e che, per quanto riguarda la formazione
musicale, abbiamo addirittura il primato mondiale.
Mi piace ricordare che il primo Conservatorio è
nato proprio in Italia, a testimonianza di quanto
fosse viva l’attenzione nei confronti di tale
disciplina.
11 Si vuole, infine, concludere citando Socrate e le sue
considerazioni sulla Musica:
La mousiké, nel suo senso ampio di complesso di arti cui
presiedono le Muse, è uno strumento essenziale per
l’educazione dei cittadini, perché, fin da bambini, li guida
senza che se ne accorgano all’apprezzamento
disinteressato (philia) e alla consonanza (symphonia) con
la bella ragione (kalos logos). In questo modo, il bambino
acquisirà una propensione ad apprezzare ciò che
moralmente è bello e a disprezzare ciò che moralmente è
brutto, prima di essere in grado di afferrarne il logos.
Mentre i bambini vengono indirizzati alla virtù senza che
se ne rendano conto, chi li educa deve avere presenti gli
eide (immagini) della sophrosyne, del coraggio, della
eleutheriotes (generosità), della magnanimità e delle altre
virtù sorelle. 35
12 Sarebbe bello che i nostri politici tenessero bene in
evidenza tali affermazioni e adeguassero le loro
decisioni a tale illuminata visione dell’importanza
della musica nella formazione dell’individuo.
NOTE
35.PLATONE, Opere complete, volume VI, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 113
Lo studio dello strumento
nella scuola di base
Annibale Rebaudengo
40
La creatività
La creatività degli insegnanti
Diritto al sogno
16 Il diritto di sognare, di compensare le
inadeguatezze della vita andando altrove con il
pensiero ha, da sempre, nella musica un veicolo
privilegiato e molto efficace. La musica ha anche la
funzione consolatrice e compensatoria.
17 Nell’Iliade, nel nono canto, gli Achei, afflitti dalla
disfatta subita dai troiani, muovono gli
ambasciatori guidati da Ulisse nella tenda di Achille
per convincerlo a rinunciare all’ira e spronarlo a
combattere. In una traduzione di Maria Grazia Ciani
in prosa, si trova: «Giunsero in fine alle tende e alle
navi dei Mirmidoni e trovarono Achille che
consolava il suo cuore suonando la cetra armoniosa,
munita di un ponte d’argento, che dal bottino scelse
egli stesso dopo aver distrutto la città di Eezione.
Con la cetra consolava il suo cuore cantando gesta
di eroi, di fronte a lui sedeva in silenzio Patroclo e
attendeva che il discendente di Eaco ponesse fine al
suo canto. Si fecero avanti i messi, li guidava il
glorioso Odisseo e davanti a lui si fermavano.
Stupito Achille si alzò dal suo seggio con in mano la
cetra, si alzò anche Patroclo quando vide gli eroi».
41
NOTE
36.HOWARD GARDNER, Educare al comprendere. Stereotipi infantili e
apprendimento scolastico, Milano, Feltrinelli, 1993, p. 23
37. Ivi, p. 21
38. Per un approfondimento delle catene sensoriali con cui ci si
approccia alla realtà, cfr., ROBERT DILTIS, JOHN GRINDER, RISCHARD BANDLER,
L ESLIE C. BANDLER, JUDITH DELOZIER, Programmazione neurolinguistica. Lo
studio della struttura dell’esperienza soggettiva, Roma, Astrolabio, 1982
39. Per il trasferimento nella didattica musicale delle teorie
pedagogiche di Piaget, cfr., FRANCOIS DELALANDE, Le condotte musicali.
Comportamenti e motivazioni del fare e ascoltare musica, Bologna, Clueb,
1993; cfr., inoltre, FRANCOIS DELALANDE, La musica è un gioco da bambini,
Milano, Franco Angeli, 2001
40. Per un approfondimento della creatività strumentale, cfr.,
Annibale Rebaudengo, Il pianoforte, uno strumento per la scuola, in Prove
e saggi sui saperi musicali. Ricercare per insegnare, Pisa, ETS, 2003
41. Omero, Iliade, Venezia, Marsilio, 1990, p. 381
Educare con la musica
Isidoro Gusberti
Un’osservazione globale
1 Riflettere e confrontarsi su ciò che rappresenta “la
musica” oggi, nell’ambito dello sviluppo,
dell’equilibrio e della crescita globale della persona,
ci porta molto lontano, tuttavia il nostro ruolo di
educatori e di didatti, ci impone alcune
considerazioni; ecco pertanto il mio personale
punto d’osservazione maturato in quasi
quarant’anni di attività su queste problematiche.
2 Per musica, intendo l’intero “sistema sonoro” che ci
circonda, ciò che sentiamo, che percepiamo e che
“viviamo”, in tutte le sue forme ed espressioni;
considerando poi come i tempi siano cambiati e,
insieme siano mutate anche le condizioni
ambientali, ecco che il ripensare i modi di approccio
metodologico-didattico in materia di educazione e
formazione musicale risulta essere doveroso e
necessario. È anacronistico pensare di proporre o
riproporre metodologie di approccio musicale, in
uso solo qualche anno fa; chi avesse questa
convinzione vivrebbe al di fuori dei concreti
confronti educativi, posti in essere dai nuovi
contesti formativi. Basti per capire questo concetto
una sola osservazione, quella relativa alla mancanza
di quegli spazi di silenzio, che un tempo dividevano
e diversificavano i vari momenti sonori e che
rappresentavano valido contributo nel destare
l’interesse verso “l’elemento ritmico sonoro”. Il
fatto, per esempio, che tutto sia ormai pervaso ed
invaso da suoni e rumori induce inevitabilmente a
modificare l’approccio metodologico al sistema
sonoro e, la mancanza di quegli spazi di silenzio,
rende più difficile incuriosire e mantenere desta
l’attenzione. I nostri ritmi di vita (i quali hanno
contribuito non poco ad abbassare la soglia
d’attenzione e di approfondimento) e i nostri
percorsi lavorativi, sono costantemente
accompagnati e scanditi da “colonne sonore” 42 e
questo non può non trovare considerazioni, nel
corso di analisi di progetti e percorsi educativi e
formativi, destinati a soggetti in età evolutiva. Il
“sentire” o “dover sentire qualcosa” non di rado
irrita e ciò non può che nuocere al nostro stato
affettivo ed emotivo e di conseguenza, anche a
quello comportamentale, innescando spesso un
processo costruttivo di “barriere psicologiche” tali
da impedire, nel presente e forse, anche nel futuro,
ulteriori passaggi e trasmissioni dell’elemento
sonoro, indipendentemente dai suoi contenuti.
Considerando pertanto come tutti si sia sottoposti e
condizionati dal mondo sonoro che ci circonda,
dobbiamo pensare a come l’approccio
metodologico-musicale possa diventare incidente
nel progetto formativo del soggetto e, per far
questo, non solo si dovranno tenere presenti
percorsi di informazione e di conoscenza, ma anche
connotati di “destrutturazione” dei “disturbi sonori”
che, volontariamente o involontariamente, siano già
presenti nel soggetto in età evolutiva. E allora,
come possiamo fare per qualificare il mondo sonoro
e renderlo specifico quale elemento formativo nei
processi di crescita e di educazione? La risposta è
tutt’altro che semplice, ma può essere ricercata in
una osservazione e in uno studio particolare sui
soggetti in età evolutiva ed anche nelle nostre
capacità di apertura alle “nuove frontiere di
conoscenza e di integrazione musicale”, inventando
e promuovendo percorsi coinvolgenti e aggreganti
che orientino, indirizzino armonicamente ed
interagiscano con tutta la sfera globale educativa e
formativa. Un aspetto che ritengo importante e che
vorrei evidenziare nelle modalità della
comunicazione musicale è quello che vede la sua
trasmissione svolta con quella che comunemente si
definisce “passione”; quella passione intensa e
sentita, contagiosa e che spesso riesce a
trasformarsi in un insostituibile veicolo per
l’affermazione, l’accoglienza e la condivisione del
dato sonoro, la “passione nel/del comunicare”,
quell’imperscrutabile modo che talvolta può
contribuire efficacemente a far superare difficoltà
didattiche o metodologiche, migliorare
qualitativamente e forse anche quantitativamente,
le aspettative nel raggiungimento degli obiettivi. Su
questo aspetto credo moltissimo e i miei tanti anni
di esperienza in questo ambito educativo me lo
fanno ritenere una componente veramente
importante.
Un percorso imprescindibile
3 Un’altra componente che il tempo non riesce a
scalfire ed intaccare, è quella della scoperta della
voce e della vocalità, percorso insostituibile nella
formazione musicale. Per quanto possa sembrare
strano, il nostro rapporto con la voce non è così
“naturale” come potrebbe e dovrebbe essere.
4 Una volta esistevano moltissime “palestre” che
costituivano il naturale ambiente espressivo vocale,
dalla casa, con le mamme e le nonne che cantavano,
fino ad arrivare alle osterie, nelle quali sentivi
intonare terze e seste, con tale spigliatezza da far
invidia, oggi, ai più agguerriti sostenitori dei metodi
di accordatura storici 43 . A noi rimane pressoché
solo l’ambito scolare, per “dare voce” alla
spontaneità, alla sensibilità ed alle emozioni dei
bambini; la voce, questo meraviglioso ed
insostituibile strumento capace di far conseguire
scoperte ed affermazioni di sé, totali e gratificanti.
È chiaro comunque come anche questo approccio
abbia variabili metodologiche. Un percorso fattibile
in una comunità sonora potrebbe non essere
proponibile in altre e ciò per le innumerevoli
peculiarità che ciascuna di esse possiede.
L’educazione al canto, meglio se trattasi di canto
corale 44 è da ascriversi fra le dinamiche più
significative ed incidenti in ambito formativo ed
educativo; in questo complesso discorso anche
l’ascolto musicale ha un suo ruolo importante
nell’educazione musicale (culturale), ma considero
questo mezzo con una certa delicatezza. La musica è
di per sé un linguaggio profondamente complesso
ed estremamente efficace, con un effetto diretto sui
nostri sentimenti ed emozioni, per questo la scelta
del cosa far ascoltare va valutata per l’intera serie
di messaggi che questo o quel componimento
comunica. Un errore nell’ascolto musicale, spesso
usato con troppa disinvoltura, può causare reazioni
involontarie ed errate: quante volte siamo rimasti
un po’ sconcertati di fronte a certe reazioni di
bambini dopo un ascolto? Quante volte ci siamo
interrogati sul perché di certe risposte, in contrasto
con le nostre aspettative?
5 E qui mi fermo, poiché addentrarsi nell’intimità
delle emozioni e dei sentimenti a cui l’ascolto può
portare dovrebbe porre in essere confronti molto
più approfonditi, sia sui contenuti che sulle
modalità. Una cosa però è necessario sottolineare:
quando si va ad attuare un ascolto musicale, si pensi
anche ad una forma di mediazione tra i linguaggi;
per esempio, trattare di musica descrittiva o musica
a programma, con relative spiegazioni ed
informazioni, timbri di strumenti, cellule ritmiche,
riferimenti storici, in modo da guidare
l’immaginazione.
6 Altro aspetto significativo potrebbe essere quello di
considerare la musica come componente
interdisciplinare nei vari percorsi formativi.
Pensiamo, ad esempio, alle potenzialità ed alle
opportunità esistenti nella Scuola dell’infanzia,
prima ancora che nella Scuola primaria, alle quali
mi rivolgo con più determinazione per l’iniziazione
alla vita musicale, prima che questa li trovi
sprovvisti nella conoscenza e sprovveduti
nell’accoglienza.
Notazione musicale
7 L’ultimo aspetto che è opportuno trattare è quello
della lettura della notazione musicale.
Personalmente sono fra coloro che sostengono
quanto il “vedere”, faccia capire molto di più che
non il “sentire” e “ripetere”. Il metodo Educare con
la Musica di mia ideazione parte proprio da questi
principi e cioè che prima i segni si vedano
graficamente, si capiscano nella loro forma,
posizione e ruolo e poi si eseguano; questo principio
di lavoro è concepito sulla base di esperienze
metodo- logiche e di approccio didattico che fa
riferimento alle “chiavi antiche”, attraverso le quali
risulta essere più facilmente comprensibile la
ragione delle righe, degli spazi e, quindi, della
posizione delle note e conseguentemente, dei suoni.
8 Per la lettura ritmica, al fine di facilitare il buon
esito della stessa e del conseguente dettato,
sorprendente è stato l’uso del quadretto, inteso
come spazio temporale, entro cui disegnare i vari
elementi e segni ritmici. Tuttavia, rimando a
successive pubblicazioni l’argomentare
ulteriormente queste personali metodologie e la
loro validità comprovata dalle tante istituzioni che
adottano Educare con la Musica. A conclusione è
necessario ribadire come il Conservatorio “G.
Nicolini” da tempo si stia occupando di “educazione
musicale” attraverso corsi propedeutici, corsi di
formazione per docenti e soprattutto di rapporti
con le Scuole, in quanto se vero è che “il mondo
sonoro” ormai ci accompagna nella nostra
quotidianità, altrettanto vero è che di esso sempre
di più dovremmo appropriarci, per meglio
conoscerne e condividerne l’eterno fascino, in
continua evoluzione.
NOTE
42. Abitualmente il concetto di “colonna sonora” indica la musica al
servizio di una data circostanza visiva, ma contestualmente a questo
scritto esso acquista un significato più globale, ovvero tutta una serie
di suoni ben ingegnati che ci accompagnano, seguono e rapiscono la
nostra attenzione in ogni ambiente.
43.ISIDORO GUSBERTI, La musica nella formazione e nello sviluppo del
bambino: alcune riflessioni, Milano, edizioni Suvini Zerbini, “La
Cartellina”, anno quinto n° 18 aprile 1981
44.ROBERTO GOITRE, Cantar leggendo, Milano, edizioni Suvini Zerbini,
1972, pp. I- XII
Il laboratorio musico-
teatrale
Gaetano Oliva
La ripetizione:
Conclusioni
116 Come dimostrato, il teatro è sempre stato
accompagnato dall’elemento musicale; già
nell’antichità, infatti, esisteva un forte
collegamento tra il coro greco e il pubblico che
assisteva allo spettacolo. L’aspetto musicale si
riscontra ancora tutt’oggi nella creazione
dell’Educazione alla Teatralità e del laboratorio
teatrale incentrato sul possesso dello spazio
scenico, su un miglioramento della consapevolezza
di sé in quanto attore-persona, sul rapporto con il
gruppo e sullo sviluppo della creatività. Accanto al
laboratorio vi sono altri metodi di sperimentazione
teatrale; eclatante è l’esempio di autori come Jaques
Dalcroze e Rudolf Steiner, i quali hanno elaborato
teorie per risolvere problemi individuali proprio
basandosi sul rapporto intercorrente tra
movimento corporeo, musica e spazio scenico.
117 La musica, inoltre, è presente anche in altri ambiti
come la psicopedagogia e, sia teatro che musica,
sono utili per formulare progetti di Educazione alla
Teatralità adeguati all’età e allo sviluppo cognitivo
del soggetto. Perciò musica e teatro sono il reale filo
rosso che accomuna e lega tutta la storia
dell’Educazione alla Teatralità.
NOTE
45.GAETANO OLIVA,Il laboratorio teatrale, Milano, LED, 1999, p. 27
46. Ibidem
47.EUGENIA CASINI ROPA,Alle origini della danza moderna, Bologna, Il
Mulino, 1990, p. 48
48. Ivi, p. 68 s.
49. Georges Demeny fu il pioniere dell’educazione fisica in Francia e
sviluppò gli esercizi fisici nelle scuole.
50.JACQUES LECOQ, De la pantomime au mime moderne, in AA.VV., Le théâtre
du gestes, Paris, Bordas, 1987, p. 59
51.EUGENIA CASINI ROPA, Alle origini della danza moderna, cit., p. 183
52. Ivi, p. 184
53. Ivi, p. 189
54. Ivi, p. 190
55. Ivi, p. 192
56.LIDIA BARATTO GENTILI,Euritmia, Milano, Filadelfia Editore, 2006, p. 15
57. Ivi, p. 22
58. Ibidem
59. Ivi, p. 30
60. Ivi, p. 35
61. Ivi, p. 39
62. Ivi, p. 58
63. Ivi, p. 70
64. Ivi, p. 77
65. Ivi, p. 89
66. Ivi, p. 94
67. Ivi, p. 99
68. Ivi, p. 115
Esperienze laboratoriali
Introduzione alla Ricerca-
Azione
Giancarlo Sacchi