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Wolfgang Amadeus Mozart Don Giovanni

(Tratto da wikipedia.org)

Titolo originale: Il dissoluto punito ossia Il Don Giovanni


Lingua originale: italiano
Genere: dramma giocoso
Musica: Wolfgang Amadeus Mozart Libretto: Lorenzo Da Ponte
Fonti letterarie: Don Giovanni Tenorio, ossia Il convitato di pietra
libretto di Giovanni Bertati
per Giuseppe Gazzaniga
Atti: due
Epoca di composizione: marzo - 28 ottobre 1787
Prima rappresentazione: 29 ottobre 1787
Teatro: Teatro degli Stati Generali di Praga

Personaggi:
Don Giovanni (baritono)
Il Commendatore (basso profondo)
Donna Anna (soprano)
Don Ottavio (tenore)
Donna Elvira (mezzosoprano)
Leporello (basso-baritono)
Masetto (baritono)
Zerlina (mezzosoprano)
Contadine e contadini, servi, suonatori e coro di sottera (coro)

Il Don Giovanni (titolo originale: Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni, K 527) è
un'opera lirica, in due atti, del compositore salisburghese Wolfgang Amadeus Mozart. È la
seconda delle tre opere italiane che egli scrisse su libretto di Lorenzo Da Ponte, un
librettista dell'epoca al servizio dell'imperatore d'Austria; essa precede Così fan tutte (K
588) e segue Le nozze di Figaro (K 492). L'opera venne composto tra il marzo e l'ottobre
del 1787, quando Mozart aveva 31 anni.

Commissionata dall'imperatore Giuseppe II essa non andò tuttavia in scena per la prima
volta a Vienna (al Burgtheater), bensì a Praga (al Teatro degli Stati Generali). Da Ponte
attinse per il libretto a numerose fonti letterarie dell'epoca.

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Trama

Atto I
Leporello attende il suo padrone, Don Giovanni, introdottosi mascherato in casa di Donna
Anna per sedurla e, se del caso, violentarla, lamentandosi della sua condizione di servitore
(Notte e giorno faticar). Ma la tentata violenza da parte del nobile non riesce: egli era
intento a cercare di violentare Donna Anna che, anche se all'inizio credeva che fosse il suo
fidanzato Don Ottavio a farle visita, subito dopo si era accorta dell'inganno ed era riuscita
ad allontanare il nobiluomo dalla sua stanza, facendolo scappare fino in giardino, dove il
servo lo attendeva. Sopraggiunge allarmato il Commendatore, padre di Anna, che dopo
aver mandato la figlia a chiamare i soccorsi, sfida a duello Don Giovanni. Questi, prima
riluttante, accetta ed in pochi istanti uccide il vecchio. Ritrova Leporello che spaventato, si
era nascosto ed ora che il Commendatore è stato ucciso, al nobile ed al suo complice non
resta che fuggire. Donna Anna, quando scopre il cadavere del padre, sviene dalla
tristezza; Don Ottavio, che l'accompagna, la soccorre e le promette di vendicare la morte
del suocero a qualsiasi costo (Ma qual mai s' offre, oh Dei).

Nel frattempo, Don Giovanni è per strada con Leporello in cerca di nuove conquiste e,
mentre parla con quest'ultimo scorge da lontano una fanciulla tutta sola e le si avvicina,
ma quando scopre che quella dama è Donna Elvira, da lui già sedotta ed abbandonata
pochi giorni prima a Burgos e che ora lo cerca disperata d'amore, si trova in grande
imbarazzo (Ah, chi mi dice mai). Don Giovanni cerca di giustificarsi e quando Donna Elvira
viene distratta da Leporello, si allontana in fretta lasciando il povero servo a tentare di
placare la furia funesta di donna Elvira: viste le circostanze, egli non può far altro che
rivelarle la vera natura del carattere di Don Giovanni e l'infinita serie delle sue conquiste di
donne in tutto il mondo (Madamina, il catalogo è questo):

Donna Elvira, sebbene sia sconvolta e molto triste, non vuole arrendersi e ricercherà quel
birbone di Don Giovanni affinché si penta definitivamente delle sue malefatte.

Intanto, un gruppo di contadini e contadine festeggiano le nozze di Zerlina e Masetto


(Giovinette che fate all' amore). Don Giovanni e Leporello, fuggiti da Donna Elvira, vanno
a vederle. Intenzionato a sedurre la fresca sposina, Don Giovanni fa allontanare con una
scusa il marito in compagnia di Leporello (che stava corteggiando alcune invitate) con tutti
gli altri paesani suscitando l'ira di Masetto che però riesce a contenersi(Ho capito, Signor
sì) e, rimasto solo con la giovane Zerlina, la invita a seguirlo e le promette di sposarla (Là
ci darem la mano). Proprio quando Zerlina sta per cedere alle promesse e alle lusinghe di
Don Giovanni, sopraggiunge Donna Elvira arrabbiatissima, che la avvisa delle cattive
intenzioni del malvagio libertino e la porta via con sé mentre arrivano Donna Anna e Don
Ottavio, venuti a chiedere a Don Giovanni aiuto per rintracciare l'ignoto assassino del
Commendatore, senza sapere che sia stato proprio lui. Donna Elvira arriva di nuovo e dice
di non credere a Don Giovanni, ma questi la accusa di essere pazza (Ah, fuggi il traditor-
Non ti fidar oh misera). Donna Anna e Don Ottavio, partiti Don Giovanni e Donna Elvira,
rimangono soli: Donna Anna ha riconosciuto dalla voce di Don Giovanni l'uccisore del
padre, ricorda al fidanzato la sua promessa e poi parte (Or sai chi l'onore). Rimasto solo,
Don Ottavio rimane stupìto dalle parole di Donna Anna, ma prima di arrestare Don
Giovanni, decide di andarla a consolare (Dalla sua pace).

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Don Giovanni, per sedurre Zerlina, ordina a Leporello di organizzare una grande festa in
onore del matrimonio (Fin ch'han dal vino). Partiti, Zerlina cerca di farsi perdonare da
Masetto (Batti, batti oh bel Masetto), ma nel frattempo arriva Don Giovanni che li invita al
ballo insieme agli altri paesani (Presto presto pria ch'ei venga). Prima della festa, Donna
Anna, Don Ottavio e Donna Elvira vogliono andare mascherati al matrimonio che Don
Giovanni ha organizzato per arrestarlo. Il donnaiolo ordina a Leporello di invitarle, senza
sapere la loro intenzioni (Bisogna aver coraggio). Arrivano contadini e contadine in festa e
iniziano a scherzare e ballare. Il cavaliere balla con Zerlina e la conduce in disparte per
farla sua, mentre Leporello intrattiene ancora Masetto. Ma la giovane grida fuori scena e
tutti vengono in suo soccorso. Don Giovanni dapprima cerca di accusare della tentata
violenza l'innocente Leporello, ma Donna Elvira, Donna Anna e Don Ottavio, gettate le
maschere, lo accusano apertamente e cercano di arrestarlo insieme a Masetto, Zerlina e
agli altri paesani. Don Giovanni e Leporello, però, riescono a fuggire (Riposate vezzose
ragazze).

Atto II
Sera, di fronte alla casa di Donna Elvira. Don Giovanni e Leporello discutono
animatamente (Eh via, Buffone). Inizialmente quest'ultimo, dopo le accuse rivoltegli
ingiustamente, vorrebbe prendere le distanze dal suo padrone, ma questi, offrendogli del
denaro, lo convince a tornare al suo servizio attuando una nuova impresa: scambiare con
lui gli abiti in modo tale che mentre il servo distrae Elvira, egli possa corteggiare
impunemente la sua cameriera. Donna Elvira, affacciatasi alla finestra (Ah, taci ingiusto
core), cade nel tranello e si illude che Don Giovanni si sia pentito e ravveduto.

Dopo che Donna Elvira e Leporello travestito si sono allontanati, Don Giovanni intona una
serenata sotto la finestra della cameriera (Deh vieni alla finestra). Sopraggiunge Masetto
in compagnia di contadini e contadine armati in cerca del nobile per ucciderlo. Protetto dal
suo travestimento, Don Giovanni riesce a far allontanare tutti gli altri tranne Masetto (Metà
di voi quà vadano): rimasto solo con il giovane e con l'inganno privato delle sue armi, Don
Giovanni lo prende a botte e si allontana. Zerlina, di lì passante, soccorre il marito che
quando le rivela l'accaduto, decide insieme a questi di catturare non solo Don Giovanni ma
anche il suo sfortunato complice dato che Masetto crede di esser stato picchiato da lui
(Vedrai carino).

Nel frattempo, Leporello travestito non sa più come comportarsi con Donna Elvira che lo
incalza e vorrebbe fuggire senza dare nell'occhio: trovata un'uscita, decide di tagliare la
corda, ma è bloccato dall'arrivo di Donna Anna, Don Ottavio, Zerlina e Masetto
accompagnati da servi, contadini e contadine, che credendolo Don Giovanni, si fanno
avanti per catturarlo e ucciderlo, non prima che però il poveretto riveli la sua vera identità
(Sola sola in buio loco). La cose comunque non cambiano, Zerlina lo accusa di aver
picchiato Masetto, Donna Elvira di averla ingannata e Don Ottavio e Donna Anna di
tradimento, quindi lo vogliono uccidere ugualmente. Il servo spiega a Masetto e a Zerlina
di non sapere nulla, dato che è da un'ora che gira con Donna Elvira e spiega a Donna
Anna e a Don Ottavio che non ha colpa di tradimento verso di loro, poi fugge (Ah, pietà
signori miei). Don Ottavio è sempre più deciso ad assicurare Don Giovanni alla giustizia e
parte per vendicare gli amici (Il mio tesoro). Mentre Masetto cerca Don Giovanni, Zerlina
raggiunge Leporello e cerca di eliminarlo perché non crede alle sue parole, ma con
l'inganno Leporello riesce a fuggire nuovamente (Per queste tue manine). Zerlina, insieme

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a Donna Elvira, cerca di inseguirlo ma sopraggiunge Masetto che spiega che Leporello è
innocente perché ha visto Don Giovanni con gli abiti del servo, poi partono. Donna Elvira,
rimasta da sola, dà sfogo a tutta la sua amarezza e rabbia ai suoi sentimenti contrastanti,
divisi fra l'amore per Don Giovanni e il desiderio di vendetta nei suoi confronti (In quali
eccessi e Mi tradì quell'alma ingrata).

È notte fonda, verso le due. Don Giovanni si è rifugiato nel cimitero e attende Leporello.
Questi arriva e racconta al padrone ciò che gli è capitato dicendo che avrebbe fatto meglio
ad andarsene invece di accettare la sua offerta di soldi: Giovanni reagisce ridendo di gusto
all'accaduto del suo servo, ma all'improvviso si ode una voce minacciosa: "Di rider finirai
pria dell'aurora". Stupìti, si guardano intorno per vedere di chi fosse quella voce
tenebrosa, ma la si sente ancora dicendo "Ribaldo, audace, lascia ai morti la pace". È la
statua funebre del Commendatore a parlare. Leporello è tremante nascosto sotto una
panchina, ma Don Giovanni non ne è per nulla intimorito, anzi, ordina beffardo a
Leporello, terrorizzato, di invitarla a cena (Oh statua gentilissima): la statua accetta
rispondendo terribilmente "Sì".

Palazzo del Commendatore, notte. Don Ottavio chiede a Donna Anna se si sia decisa a
sposarlo. Donna Anna dice che lo ama moltissimo ma è troppo addolorata per la perdita
del padre, quindi dichiara che potrà sposarlo solo quando il colpevole di questo atroce
delitto (Don Giovanni) sarà arrestato (Non mi dir). Don Ottavio non può fare a meno di
darle ragione: lui e i suoi amici vendicheranno il Commendatore, ma nessuno di loro sa
che Don Giovanni lo ha invitato a cena nel suo palazzo.

Nel palazzo di Don Giovanni, tutto è pronto per la cena: la tavola è preparata, i musicisti
sono al loro posto ecc... Quindi Don Giovanni si siede a mangiare. Il licenzioso cavaliere si
intrattiene ascoltando brani delle opere: Una cosa rara di Vicente Martín y Soler, Fra i due
litiganti il terzo gode di Giuseppe Sarti e in fine in una spiritosa autocitazione, Le nozze di
Figaro, in quel caso, l'aria di Figaro Non più andrai farfallone amoroso dello stesso Mozart
(Già la mensa è preparata). Giunge all'improvviso Donna Elvira, che implora ancora una
volta a Don Giovanni di pentirsi, ma questi si prende gioco di lei e la caccia via. La donna
esce di scena, ma la si sente gridare terrorizzata. Don Giovanni ordina a Leporello di
andare a vedere cosa stia accadendo là fuori e si sente un altro grido e questa volta è
Leporello a tornare pallidissimo e tremante: alla porta c'è la statua del Commendatore!
Dato che il servo è troppo spaventato, lo stesso Don Giovanni, allora, si reca ad accoglierla
a testa alta mentre il servo si nasconde sotto al tavolo (Ultima prova dell'amor mio). Entra
quindi la statua del Commendatore vedendo Don Giovanni stupìto e Leporello tremante
che cerca di convincere il padrone a scappare, malgrado egli rifiuti.

Il "convitato di pietra" vuole ricambiare l'invito, e propone a Don Giovanni di recarsi a cena
da lui, porgendogli la mano. Impavido e spericolato, Don Giovanni accetta e stringe la
mano della statua: pur prigioniero di quella morsa letale, rifiuta fino all'ultimo di pentirsi. Il
Commendatore, molto arrabbiato, scompare in mezzo a nubi di foschia, improvvisamente
compare fuoco da diverse parti e si sente un gran terremoto; sono demoni e diavoli che
stanno richiamando il libertino all'inferno. Egli cerca di sfuggire al suo destino ma il potere
dei mostri è troppo forte e Don Giovanni viene inghiottito dalle fiamme dell'inferno (Don
Giovanni a cenar teco). Giungono gli altri personaggi con servi, contadini e contadine
pronti ad arrestarlo. Leporello riferisce l'orribile scena appena accaduta. Dato che il Cielo
ha punito l'incorreggibile libertino, Don Ottavio chiede a Donna Anna se questa volta ella

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sia disposta a sposarlo ma il suo cuore si deve ancora sfogare, Masetto e Zerlina vanno a
cena insieme ai loro amici, Donna Elvira, poiché l'unico uomo che ha amato, Don Giovanni,
è morto, decide di ritirarsi in convento e Leporello va a cercare un padrone migliore. Il
sipario si chiude infine sui personaggi che dopo aver cantato il concertato finale (Questo è
il fin di chi fa mal) si allontanano in direzioni diverse.

Personaggi

Don Giovanni: nobile cavaliere molto licenzioso che passa la vita a sedurre le donne
(baritono).
Leporello: servitore di Don Giovanni. Scrive le sue conquiste di donne su un catalogo
(basso-baritono o basso buffo).
Commendatore: il Signore di Siviglia e padre di Donna Anna; all'inizio dell'opera sarà
ucciso da Don Giovanni poi tornerà sottoforma di statua per punirlo (basso o basso
profondo).
Donna Anna: figlia del Commendatore e promessa sposa di Don Ottavio (soprano).
Don Ottavio: promesso sposo di Donna Anna (tenore).
Donna Elvira: nobile dama di Burgos abbandonata da Don Giovanni. Donna Elvira lo
cerca affinché si penta delle sue malefatte (soprano o mezzosoprano).
Zerlina: una contadina corteggiata da Don Giovanni (soprano o mezzosoprano).
Masetto: promesso sposo di Zerlina ed è molto geloso di lei (baritono, basso-baritono o
basso).
Contadini e Contadine: amici di Masetto e Zerlina (coro).
Servi: servitori e gendarmi di Donna Anna e Don Ottavio (coro).
Suonatori: i suonatori di Don Giovanni (coro).
Demoni e Diavoli: sono entità infernali richiamate dalla statua del Commendatore per
trascinare Don Giovanni all'inferno (coro).

Una rilettura del mito di Don Giovanni


L'impronta di Lorenzo Da Ponte, futuro poeta di corte a Vienna, si avverte in maniera
sensibile in tutte e tre le opere italiane scritte per Mozart (cioè, Nozze di Figaro, Don
Giovanni e Così fan tutte). Il librettista veneto lavorò con molti dei più grandi operisti
italiani del tempo, tra cui Antonio Salieri, In particolare, mentre lavorava alla stesura del
Don Giovanni, Da Ponte stava scrivendo contemporaneamente il libretto di Axur, re
d'Ormus per Salieri (versione italiana del Tarare andato in scena pochi mesi prima a Parigi)
e L'arbore di Diana per Martìn y Soler.

Da Ponte, nella collaborazione con Mozart per la stesura dell'opera, si appoggiò ad un


precedente libretto di Giovanni Bertati intitolato Don Juan Tenorio, ossia Il convitato di
pietra, apportandovi per altro importanti modifiche. Bertati aveva quasi certamente
derivato il suo testo da un dramma in versi dell'anno 1630 del grande scrittore spagnolo
Tirso de Molina, Il seduttore di Siviglia e il convitato di pietra (El burlador de Sevilla y
Convidado de piedra).

Il tema di Don Juan Tenorio, ripreso dalla fantasia popolare, consentì a de Molina - che
articolò il suo racconto in tre distinte giornate del burlador de Sivilla - di inaugurare quella
che sarebbe stata la fortunata sorte letterario-musicale del don Giovanni. Un riferimento

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importante per Da Ponte e Mozart fu sicuramente anche il Don Giovanni o Il convitato di
pietra di Molière.

Wolfgang Amadeus Mozart, ritratto.In particolare, mentre le atmosfere cupe e intrise di


un religioso senso di colpa sono da riferirsi al modello di Tirso de Molina, l'immagine del
libertino impenitente, ateo e irriverente al punto da scherzare con le ombre dell'aldilà e
sfidare persino il giudizio divino, sono assai vicine alla commedia di Molière. Tuttavia, il
compiacimento un po' crudele con cui Don Giovanni tratta le sue conquiste, è segno di una
certa misoginia che non compare in Molière, e che invece è da ascrivere interamente a
Mozart e Da Ponte (anche guardando in prospettiva storica la terza opera della "trilogia",
cioè il Così fan tutte).

Sia Mozart che Da Ponte erano infatti uomini di mondo. Se di Mozart, nel celebre film
Amadeus diretto da Milos Forman su una sceneggiatura di Peter Shaffer, ci viene data
l'immagine, in modo piuttosto distorto, di un grande artista che, però, tra una sonata e
l'altra al clavicembalo, durante i banchetti si nascondeva sotto ai tavoli in compagnia di
avvenenti fanciulle, Da Ponte non fu da meno: si narra, infatti, che durante le intere
giornate passate davanti ad una scrivania tenesse vicino a sé un campanello per chiamare
una servetta sedicenne che gli facesse compagnia.

Certo, per parlare del Don Giovanni non si può far riferimento solo a questi episodi che
hanno un po' l'aria di una caricatura assai troppo marcata, ma la baldanzosità e l'allegria di
Mozart da una parte, e quanto sappiamo della vita del libertino Da Ponte dall'altra, si
rispecchia pienamente nella figura del celebre gentiluomo spagnolo, il cui unico obiettivo
nella vita era quello di sedurre tutte le donne che gli si presentavano a tiro.

Il protagonista
Don Giovanni passa la vita a sedurre donne. L'elenco di quelle da lui conquistate nel girare
il mondo è conservato da Leporello sul suo catalogo: in Italia 640, in Lamagna (Germania)
231, in Francia 100, in Turchia 91 e in Spagna 1003. In questo cavaliere, licenzioso quanto
coraggioso, si è talvolta voluto vedere una proiezione di Mozart perché anch'egli era un
grande seduttore di donne per la sua fama, anche se questo non è mai stato sostenuto da
nessun documento storico. La parte del Don Giovanni dovrebbe essere generalmente
interpretata da un baritono dalla voce leggera, virtuosa e dotato di agilità.

Don Giovanni finirà poi vittima del suo errore più grave, ossia di non pentirsi davanti alla
statua del Commendatore, non soltanto rifiutandosi per ben tre volte di farlo, ma
spingendosi a simulare il pentimento davanti a Donna Elvira solamente per raggiungere i
suoi scopi. Proprio per questi motivi, verso la fine dell'Atto II, scontrandosi con la statua
del Commendatore venuto dall'oltretomba e che, con un amore infinito, lo esorta a cessare
ogni violenza e a pentirsi, il nobile finirà all'inferno. Per questo motivo Mozart e Da Ponte
hanno conferito a Don Giovanni questa fissità frenetica, brutale, ossessiva e dissennata,
così caratteristica della cultura della nostra epoca, e che ritroviamo nella musica del
libertino, particolarmente nella famosa aria n°11 (Fin ch'han dal vino), nota anche col
nome di Aria dello champagne.

Mozart polemizza contro le due follie più diffuse nel suo tempo. Rivolgendosi a tutti,
attacca la cultura popolare, secondo la quale i rapporti umani sono obbligatoriamente dei

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rapporti tra chi domina e chi gli è sottoposto. In realtà, è la feudalità che, trattando la
gente alla stregua di bestiame, ha creato le condizioni culturali e sociali nelle quali essa
adotta e mantiene un tal genere di reciproche relazioni, nella maggioranza dei casi
inconsciamente. Questo fenomeno proseguirà fino ai giorni nostri, come attesta il gran
numero di persone che dichiarano con convinzione che vi saranno sempre i forti e i deboli,
e a ciò non vi è rimedio. È questo modo di pensare, segno di una sottomissione mentale
all'oppressore, il bersaglio di Mozart, il quale prima lo palesa, poi lo ridicolizza tramite la
figura "tragicomica" di Leporello, per invitare con vigore gli ascoltatori a disfarsene.
Accanto a ciò, denuncia l'incompetenza autolesionista dell'oligarchia, inscenando in
maniera precisa il metodo adottato dalle aristocrazie e dai banchieri feudali, eredi
dell'impero veneziano, il Don Giovanni ci aiuta, oggi, a comprendere e a distruggere la
follia di massa della controcultura, che l'oligarchia odierna impiega allo scopo di
manipolare la popolazione. In questo senso, il personaggio del Don Giovanni, concentrato
caricaturale contro-culturale e assai moderno, ci aiuta a identificare gli erronei presupposti
assiomatici entro i quali la feudalità ha riassorbito la nostra società, e l'opera in musica ci
fornisce gli strumenti concettuali per uscirne. Il Don Giovanni non lascia indifferenti,
poiché provoca e disturba con la sua ironia, ma non tradisce la sua intenzione ben
definita: ci mostra la supremazia delle leggi dell'universo sull'arbitrarietà della tirannia,
lanciandoci una sfida, spiegando perché l'opera non piacque ai viennesi.

Le due versioni
Il Teatro Nazionale di PragaL' opera andò in scena per la prima volta a Praga il 29 ottobre
1787 dopo diversi rinvii avutisi a partire dal 14 ottobre; dopo i consensi entusiastici di
quella "prima", il compositore scriveva, con comprensibile entusiasmo: «L'opera è andata
in scena con il successo più clamoroso possibile»; d'altronde sappiamo che la sera del 3
novembre vi era stata la quarta serata con incasso «a beneficio del compositore» e vi è
pure notizia che molti insistettero per trattenere Mozart a Praga in vista di una nuova
opera; l'impresario Guardasoni, proprio in quei giorni, si affretta a scrivere a Da Ponte:
«Evviva Da Ponte! Evviva Mozart! Tutti gli impresari, tutti i virtuosi devono benedirli!
Finché essi vivranno, non si saprà mai cosa sia la miseria teatrale». Dopo il grande
successo praghese l'opera venne rappresentata poi, nel mese di maggio dell'anno
successivo, a Vienna. La prima città veniva, per certi versi, vista come un luogo di prova
della versione definitiva che poi si sarebbe eseguita nella seconda cioè a Vienna nel
Burgtheater.

Del resto il pubblico viennese, piuttosto conservatore, avrebbe probabilmente accettato


malvolentieri l'opera nella sua versione originaria, ragione per la quale l'autore eseguì non
pochi tagli e rilevanti modifiche. Il principale taglio riguardò il finale del secondo atto, dove
venne eliminata la scena 20, in cui si ritrovano tutti i personaggi a commentare la fine di
Don Giovanni, con il concertato finale in re maggiore che contiene la morale conclusiva:
« Questo è il fin di chi fa mal:
E de' perfidi la morte
Alla vita è sempre ugual. »

In sostanza, nella versione viennese l'opera si conclude con la scena 19, e cioè la contesa
di Don Giovanni col Commendatore e la sua discesa all'inferno in mezzo al coro (soli bassi)

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delle anime dannate. Secondo alcuni, il taglio della "scena ultima" sarebbe avvenuto già a
Praga; secondo altri, non sarebbe avvenuto mai, né a Praga, né a Vienna.

Questa scelta artistica di Mozart fu probabilmente dettata dal voler concludere l'opera
nella stessa tonalità (re minore) in cui incomincia l'ouverture, dandole così un aspetto
ciclico. La disputa tra i sostenitori della partitura praghese e quelli della partitura viennese
nacque quasi immediatamente.

Anche in tempi moderni si ritrovano entrambe le scelte (il maestro Riccardo Muti preferisce
quella viennese in re minore). Dal punto di vista filologico, la disputa è stata però
definitivamente risolta dai membri della Neue Mozart-Ausgabe [3] (un'autorevole
istituzione che lavora dagli anni cinquanta alla revisione critica dell'opera mozartiana), a
favore della versione praghese: dal punto di vista storico, infatti, nel 1700 una
tragicommedia era sempre conclusa da una scena d'assieme che conteneva la morale
della storia.

Nella versione praghese non sono presenti l'aria Dalla sua pace, il duetto Per queste tue
manine, l'aria Mi tradì quell' alma ingrata e si dice anche l'ultima scena Ah dove il perfido,
mentre nella versione viennese sono presenti. La scelta più spesso usata dai direttori d'
orchestra è quella praghese ma è possibile anche ascoltare quella viennese (John Eliot
Gardiner, Roger Norrington e René Jacobs la preferiscono).

Nonostante ciò il Don Giovanni, per quanto avesse una bellissima musica e che nella
versione di Praga ottenne un grandissimo successo, nella versione viennese non fu molto
apprezzato dal pubblico, non per la musica, ma per la trama dove un nobile, ossia Don
Giovanni, muore, e in questo modo poteva provocare delle ribellioni del popolo contro altri
nobili, ed in questo caso contro l' imperatore austriaco; quindi Mozart e Da Ponte non
riuscirono ad ottenere un successo della loro opera paragonabile a quello praghese, infatti,
l'imperatore Giuseppe II ebbe a dire che: "Il Don Giovanni non è pane per i denti dei miei
viennesi".

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L'opera
Mozart anticipa il Don Giovanni ai viennesi.
Il Don Giovanni è un dramma giocoso diviso in due atti. In realtà, questa dicitura che
compare nel sottotitolo originale dell'opera dice abbastanza poco sul carattere di essa:
"dramma giocoso" era infatti anche il nome con cui all'epoca venivano definite farse del
tutto assurde. Dal punto di vista formale essa è un' opera buffa (così come la chiama
Mozart nel catalogo delle sue), con la presenza di elementi tratti dall'opera seria, come i
pezzi scritti per Donna Anna e Don Ottavio.

L'ouverture è composta da due parti, una è un Andante con moto, che verrà ripetuto in
molte occasioni in tutta l'opera, anche per la morte di Don Giovanni. La seconda parte,
invece, è un Allegro di carattere festoso. La prima aria dell'opera è "Notte e giorno
faticar", cantata da Leporello, seguita poi dall'ingresso di Donna Anna e di Don Giovanni,
che interpretano insieme al servo il trio "Non Sperar se non m'uccidi".

La caratterizzazione psicologica dei personaggi è il vero capolavoro di Mozart e Da Ponte:


Don Giovanni, pur essendo nobile, veste il ruolo del tipico basso buffo settecentesco
(vocalmente, un baritono), quasi a sottolineare l'immoralità del suo comportamento che,
per così dire, lo "abbassa" al livello del popolo[senza fonte]. Leporello (anche lui un basso
buffo) è invece un personaggio frequentemente in bilico tra l'ironia, l'insolenza e la
sottomissione nei confronti del padron Don Giovanni. Sono presenti figure comiche o dal
contorno quasi bucolico (i contadini Masetto e Zerlina) ma c'è tra queste e le figure
drammatiche una forte commistione che fa prevalere le seconde, portatrici di forti valori
morali ed etici da trasmettere al pubblico. In particolare, in contrasto alle figure semplici
ma eticamente forti, all'ascoltatore moderno non può non risultare ridicola la affettata
serietà di Don Ottavio (tenore), definito da qualche critico il "fidanzato modello": mentre
Masetto per difendere la sua Zerlina è disposto anche a prendersi botte da Don Giovanni
(travestito in quell'occasione da Leporello), Don Ottavio per la sua Donna Anna non riesce
a reagire se non con un timido «un ricorso vo' far a chi si deve, e in pochi istanti
vendicarvi prometto» cosa che in realtà, non farà mai.

Tuttavia, né Mozart, né Da Ponte sicuramente ebbero l'intenzione (almeno esplicita) di


mettere in ridicolo Don Ottavio, dando invece al suo ruolo una musica smagliante e un
tono magniloquente, da opera seria. A questo proposito è da segnalare il magnifico duetto
del primo atto (Don Ottavio e Donna Anna), Fuggi, crudele, fuggi, che potrebbe essere il
gioiello di un'opera seria, il duetto fra un Cesare e una Cleopatra, o fra un Alessandro e
una Candace.

Gli altri due personaggi seri, Donna Anna e Donna Elvira, ricevono pure grande attenzione
da Mozart sul piano musicale: Donna Anna in particolare fu interpretata da cantanti di
primo livello. Da segnalare nel ruolo di Donna Anna il magnifico Rondò che chiude le arie
solistiche del secondo atto, Non mi dir, bell'idol mio, dove Mozart fa largo uso della
coloratura, qui però intesa in senso profondamente drammatico. Se l'immoralità di Don
Giovanni tenderebbe a svilire le figure femminili (e principalmente Donna Anna e Donna
Elvira), Mozart con la sua musica le trasfigura in eroine.

Elvira, dal punto di vista musicale, ha una caratura simile a quella di Donna Anna:
l'importanza delle prime interpreti (fra cui la diva Katherina Cavalieri a Vienna) conferma la
sostanziale equivalenza al ruolo della compagna di Ottavio. Anche dal punto di vista

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vocale, Donna Elvira è un soprano come Anna, seppure dall'ottocento in poi sia invalsa la
tendenza ad attribuire a Donna Elvira la voce del mezzosoprano. Da segnalare l'aria Ah
fuggi il traditor del primo atto, in cui Mozart addirittura ricorre a delle reminiscenze
haendeliane. Appositamente scritto per la Cavalieri (notissima cantante dell'epoca) è l'aria
solistica del secondo atto, Mi tradì quell'alma ingrata, caratterizzata anche questa da un
largo uso della coloratura.

Insomma, stilisticamente il Don Giovanni è in bilico fra opera seria e buffa, e allo stesso
modo, il tono generale oscilla fra tragedia e commedia, ben giustificando quindi il
sottotitolo "dramma giocoso" con cui da Da Ponte sigilla l'intera opera. Non si potrebbe
infatti forse porre il Don Giovanni di Mozart sullo stesso piano delle grandi tragedie greche,
il cui obiettivo catartico è a noi ormai noto da tempo, e riuscire ad intravedere nella statua
del Commendatore quel deus ex machina, dalla natura quasi divina, trasmettitore di
giustizia e moralità? Tutto questo potrebbe giustificare la continuazione del titolo, ovvero
"Il dissoluto punito".

Infatti, arie e recitativi dei due atti sono preceduti in apertura da una sinfonia dalla matrice
tutt'altro che allegra, che inizialmente non troverebbe motivo per essere stata scritta con
tali toni drammatici, visto ciò che ci si aspetta da una sorta di "commedia", ma che trova
con pienezza la sua spiegazione alla fine dell'opera, in cui ricompare e si riesce a cogliere
nel susseguirsi dei suoni, l'idea di una sorta di ring-composition, di una ciclicità quasi epica
nella narrazione, che sembra, coi suoi cerchi concentrici, avvolgere a poco a poco il corpo
di Don Giovanni fino a stringerlo per trascinarlo nell'oltretomba.

Organico orchestrale
La partitura di Mozart prevede l'utilizzo di

2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti


2 corni, 2 trombe, 3 tromboni
timpani
mandolino
archi

Il basso continuo nei recitativi secchi è garantito dal clavicembalo e dal violoncello

Nel Finale del primo atto sono inoltre previste tre orchestre da suonare sul palco: la prima
composta da 2 oboi, 2 corni, archi senza violoncelli, la seconda e la terza da violini e
contrabbasso.
Anche se non indicato esplicitamente in partitura, la Tafelmusik del finale del secondo atto
viene anch'essa solitamente eseguita sul palcoscenico: essa è formata da 2 oboi, 2
clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 1 violoncello. Il mandolino viene usato per accompagnare la
canzonetta di Don Giovanni del secondo atto (N. 16). I tromboni e i timpani vengono usati
esclusivamente per accompagnare le parole della statua del Commendatore nella scena
del cimitero (secondo atto) e nel finale dell'opera.

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Struttura musicale
Ouverture (Andante con moto - Allegro)

Atto I
N. 1 Introduzione Notte e giorno faticar (Leporello, Donna Anna, Don Giovanni, il
Commendatore)
N. 2 Recitativo accompagnato e Duetto Ma qual mai s'offre, oh Dei - Fuggi, crudele, fuggi
(Donna Anna, Don Ottavio)
N. 3 Aria Ah chi mi dice mai (Donna Elvira con Don Giovanni e Leporello)
N. 4 Aria Madamina, il catalogo è questo (Leporello)
N. 5 Coro Giovinette che fate all'amore (Zerlina, Masetto, Coro di contadine e contadini)
N. 6 Aria Ho capito, signor sì (Masetto)
N. 7 Duettino Là ci darem la mano (Zerlina, Don Giovanni)
N. 8 Aria Ah fuggi il traditor (Donna Elvira)
N. 9 Quartetto Non ti fidar, oh misera (Donna Anna, Donna Elvira, Don Ottavio, Don
Giovanni)
N. 10 Recitativo accompagnato ed Aria
Recitativo accompagnato Don Ottavio, son morta! (Donna Anna, Don Ottavio)
Aria Or sai chi l'onore (Donna Anna)
N. 11 Recitativo ed Aria Fin ch'han dal vino (Don Giovanni)
N. 12 Aria Batti, batti, oh bel Masetto (Zerlina)
N. 13 Finale Presto presto pria ch'ei venga (Donna Anna, Donna Elvira, Zerlina, Don
Ottavio, Don Giovanni, Leporello, Masetto, Coro di servi)

Atto II
N. 14 Duetto Eh via buffone (Don Giovanni, Leporello)
N. 15 Terzetto Ah taci, ingiusto core (Donna Elvira, Don Giovanni, Leporello)
N. 16 Canzonetta Deh vieni alla finestra (Don Giovanni)
N. 17 Aria Metà di voi qua vadano (Don Giovanni)
N. 18 Aria Vedrai carino (Zerlina)
N. 19 Sestetto Sola sola, in buio loco (Donna Anna, Zerlina, Donna Elvira, Don Ottavio,
Leporello, Masetto)
N. 20 Aria Ah pietà, signori miei (Leporello)
N. 21 Aria Il mio tesoro intanto (Don Ottavio)
N. 22 Duetto Oh statua gentilissima (Don Giovanni, Leporello, [il Commendatore])
N. 23 Recitativo accompagnato e Rondo Crudele!.. Ah no, mio bene! - Non mi dir, bell'idol
mio (Donna Anna)
N. 24 Recitativo Ah, si segua il suo passo (Don Ottavio)
N. 25 Terzetto Già le mensa è preparata (Don Giovanni, Leporello, Donna Elvira)
N. 26 Terzetto Don Giovanni a cenar teco (Don Giovanni, Leporello, il Commendatore
[Coro di sottoterra])
N. 27 Finale Ah, dov' è il perfido (Don Ottavio, Donna Anna, Donna Elvira, Zerlina,
Masetto, Leporello)

Numeri composti per Vienna


N. 10a Aria Dalla sua pace (Don Ottavio) K 540a
N. 21a Rondo e Duetto Restate quà - Per queste tue manine (Zerlina, Leporello) K 540b
N. 21b Recitativo accompagnato ed Aria In quali eccessi, o Numi - Mi tradì quell'alma
ingrata (Donna Elvira) K 540c

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