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Credit: Il Poliedrico
Fu infatti nel XIX secolo che l’attenzione degli astronomi per il Il numero di Wolf
Sole permise importanti e significative scoperte: la
spettroscopia della luce solare permise la scoperta della parte
Il numero di Wolf è una grandezza
termica del continuum elettromagnetico, come il continuo che misura il numero di macchie
monitoraggio delle macchie solari permise la scoperta del solari e dei gruppi di macchie
ciclo undecennale del Sole ad opera dell’astronomo tedesco solari presenti sulla superficie del
Heinrich Schwabe e della codificazione del metodo di Sole.
conteggio di queste da parte dell’astronomo svizzero Rudolf Il relativo numero di macchie solari
Wolf che completò le ricerche di Schwabe. R è calcolata utilizzando la formula
(raccolti come un indice giornaliero
Nel 1769 l’astronomo scozzese Alexander Wilson scoprì che le di attività delle macchie solari):
macchie solari sono depressioni sulla superficie del Sole che
ora sappiamo essere profonde anche 1000 chilometri anche dove
dove
se osservazioni e ricerche più recenti spiegano tali
depressioni con la maggiore trasparenza del materiale posto s è il
rispetto alla fotosfera . numero
di punti individuali,
Dai Lavori di Schwabe e di Wolf si arrivò nel 1861 ai lavori
di Carrington e Spörer che scoprirono la relazione che lega lo g è il numero di gruppi di
spostamento della latitudine di apparizione sulla superficie macchie solari
solare delle macchie solari durante un ciclo, aprendo così la k è un fattore che varia con la
strada all’attuale modello interpretativo del fenomeno. posizione e la
strumentazione (anche
Le macchie solari appaiono sulla fotosfera come piccoli “pori” conosciuto come il fattore
rotondi di 2″- 4″ di diametro (1500-3000 km) o come gruppi osservatorio o la riduzione
imponenti di dimensioni angolari fino a 5′-6′ (200 000-250 000 del personale coefficiente K
km) tali quindi da poter essere percepite ad occhio nudo. ).
diagramma a farfalla di Spörer
Sul Sole possiamo osservare macchie isolate, anche di grandi dimensioni, ma per lo più esse
tendono a raccogliersi a gruppi, che comprendono anche decine di macchie grandi e piccole
associate fra loro che tendono a mostrare due centri di addensamento, uno che precede e l’altro
che lo segue nel verso della rotazione solare. Spesso si formano attorno altre macchie, che
eventualmente si fondono insieme, fino a formare grossi gruppi, con penombra comune, con punti
luminosi che si estendono da una macchia all’altra. I gruppi di macchie tendono ad assumere
formale ovale, con gli assi maggiori leggermente inclinati rispetto alla direzione Est-Ovest in modo
che la macchia di testa sia più vicina all’equatore solare di quella di coda. L’angolo di inclinazione
dipende dalla latitudine e può raggiungere i 20° a latitudini di 30-35 gradi eliocentrici.
Lo sviluppo di un gruppo di macchie, partendo dalla macchia di origine, può durare per un tempo
superiore all’intera rotazione solare. Il gruppo, che partecipa alla rotazione, scompare quindi al
lembo ovest, per riapparire, dopo 13 giorni e mezzo al lembo est. Nel momento di massimo
sviluppo un gruppo di macchie può avere diametro fino a 100 000 km o più.
Raggiunto il massimo, fra il 12° e il 16° giorno, il gruppo di macchie comincia a dissolversi.
Lentamente le macchie scompaiono, finché, dopo un periodo di 40-50 giorni, restano soltanto una
o due minuscole macchioline (una delle quali è la macchia di testa), da cui poi, col passare del
tempo, si origina un nuovo gruppo.
Le macchie solari sono sedi di intensi moti convettivi, con struttura vorticosa. In altri termini, gas
solari salgono a spirale dall’interno della macchia, con velocità di alcuni chilometri al secondo,
espandendosi e quindi raffreddandosi. La diminuzione di temperatura dei gas comporta una
minore luminosità della macchia.
Ora sappiamo che la vera natura delle macchie solari è dovuta alla rotazione differenziale del
Sole, più veloce all’equatore e più lenta ai poli, che provoca l’attorcigliamento localizzato di correnti
convettive e del loro campo magnetico. Questi tubi di plasma si isolano dal resto delle correnti
convettive sottostanti la fotosfera e impediscono che il trasporto energetico generale li riscaldi, per
questo sono più fredde.
Quando emergono in superficie, come viene mostrato dal filmato – che ricorda la polvere di cacao
che emerge dalla schiuma di un cappuccino, si possono vedere gli archi di materia magnetizzata, i
vortici magnetici del plasma talmente attorcigliati che alla fine si possono rompere liberando
energia equivalente a migliaia di bombe nucleari: i magnifici brillamenti solari.
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