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2/2018

EXPRESSIO
Rivista di Linguistica, Letteratura
e Comunicazione

MIMESIS
EXPRESSIO. Rivista di Linguistica, Letteratura e Comunicazione

La rivista intende applicarsi agli ambiti specifici della Linguistica, della Letteratura
e della Comunicazione, intersecando gli aspetti teorici al monitoraggio delle realtà
esistenti, in prospettiva sincronica e diacronica. Saranno privilegiate le riflessioni su
temi precisi e circoscritti, legati anche a valenze pragmatiche. Le intersezioni fra le tre
componenti, considerate nella loro sfera d'azione più ampia, costituiscono un obiettivo
prioritario del progetto.

Direttore
Giulio M. Facchetti

Vicedirettori
Gianmarco Gaspari, Alessandra Vicentini

Comitato Editoriale
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Melazzo, Marta Muscariello, Paolo Musso, Paolo Nitti, Erika Notti, Federico A.
Pasquaré Mariotto, Giulia Rovelli, Daniel Russo, Andrea Spiriti

Comitato Scientifico
Luciano Agostiniani (Università degli Studi di Perugia)
Lucia Bertolini (Università degli Studi eCampus)
Gabriella Cartago (Università degli Studi di Milano)
Carlo Consani (Università degli Studi di Chieti-Pescara)
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Tutti i contributi inviati alla rivista sono sottoposti a una procedura di double blind peer
review che ne garantisce la validità scientifica.

ISSN 2532-439X

MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)


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Autorizzazione del Tribunale di Varese n. 1 del 2016


Indice

Presentazione7

Glottologia e Linguistica

Giulio M. Facchetti (Università degli Studi dell’Insubria)


I numerali hurrici: note etimologiche e interlinguistiche13

Mario Iodice (Università Pontificia Salesiana di Roma)


Fra strade, simposi e angiporti: nomi di cortigiane greche 23

Paolo Nitti (Università degli Studi dell’Insubria)


La fonologia applicata all’acquisizione dell’italiano
come lingua seconda. I risultati di una sperimentazione
attraverso il metodo TPR41

Anglistica

Elisabetta Lonati (Università degli Studi di Milano)


Discovering life in death: Communicating anatomical
dissection in eighteenth-century medical writing65

Jekaterina Nikitina (Università degli Studi di Milano)


Communication of surrogacy in the ECtHR judgments
and their overviews by bloggers: issues of
near-synonymy and popularisation97
Giulia Rovelli (Università degli Studi dell’Insubria)
“For the Benefit of those who Understand not the Latine
Tongue”. The vernacularization of medicine in
late-seventeenth-century England123

Daniel Russo (Università degli Studi dell’Insubria)


Linguistic and discursive aspects of TED Talks on vaccines153

Polina Shvanyukova (Università degli Studi di Bergamo)


Scientific communication in the age of maritime exploration:
Matthew Flinders’s circumnavigation of Australia179

Letteratura e Comunicazione

Paolo Bozzato (Università degli Studi dell’Insubria)


La comunicazione dei ruoli di genere attraverso il disegno.
Una ricerca con bambini cambogiani e italiani205

Laura Facchin (Università degli Studi dell’Insubria)


“Amico, mi chiedi perché Como mi sia sempre nel pensiero”.
Lettere e novità per un soggiorno lariano di
Angelica Kauffmann225

Massimiliano Ferrario (Università degli Studi dell’Insubria)


Imitatio Christi, imago vitae: riflessioni per una lettura critica
dell’opera di Georges Henri Rouault (1871-1958)245

Rosanna Lavopa (Università degli Studi di Bari)


“Non sono un romanziere, […] sono un cronista”.
La poetica di Gerolamo Rovetta in Mater dolorosa 277

Flavio Santi (Scrittore e traduttore, Pavia)


Per un canone minimo della letteratura italiana contemporanea:
Gaia Manzini, Piersandro Pallavicini, Mauro Covacich297
Recensioni

Antonio Bertacca (Università degli Studi di Pisa),


Communicating medicine. British medical discourse
in eighteenth-century reference works, di Elisabetta Lonati,
Di/Segni, Ledizioni, Milano, 2017 315

Roberta Facchinetti (Università degli Studi di Verona),


Approaches to teaching the history of the English language.
Pedagogy in practice, a cura di Mary Hayes, Allison Burkett,
Oxford University Press, Oxford, 2017 319

Paolo Nitti (Università degli Studi dell’Insubria),


Second language acquisition in action. Principles from practice,
di Andrea Nava, Luciana Pedrazzini, Bloomsbury Publishing,
London, 2018 323
I numerali hurrici:
note etimologiche e interlinguistiche
Giulio M. Facchetti

Abstract

The article puts forward a reflection on possible contact


points between the series of the first ten Hurrian numerals
and other linguistic traditions of the ancient Mediterranean.
In addition to an exemplary framing of interlinguistic nature,
a new model of internal etymological analysis for Hurrian
numerals is presented.

Keywords: Hurrian, numerals, Etruscan, Hurrian lexicon,


Etruscan lexicon

Alcuni anni fa avevo condotto alcune ricerche preliminari1


sulla comparabilità dell’etrusco (tenuto conto dei più recenti
avanzamenti conoscitivi)2 con alcune lingue geneticamente “iso-
late” di area micrasiatica, in particolare con il hattico e il hurrico.
Il materiale sfruttabile per la ricerca di possibili affinità ge-
netiche deve essere fondamentalmente costituito da elementi,
ossia significanti, cui si è riusciti (dall’interno dell’etrusco) a ri-
allacciare con maggiore o minore probabilità un significato più
o meno preciso.
L’analisi di quanto ci resta del hattico risulta, a tal fine, im-
produttiva, mentre, al contrario, il confronto con il materiale
hurrico3 mi aveva consentito di enucleare alcune interessan-

1
Ne ho dato notizia, succintamente, in Facchetti (2002: 111s).
2
L’etrusco forma con il retico ed il lemnio un gruppo geneticamente connes-
so, normalmente indicato come “tirrenico” (per una presentazione generale
v. Facchetti 2013).
3
Che, come noto, forma con il più tardo urarteo una famiglia linguistica a sé
Giulio M. Facchetti

ti corrispondenze (si tenga presente che in hurrico la sonorità


delle consonanti era solo posizionale-allofonica e che i suoni
trascritti con š e ž erano quasi sicuramente delle fricative inter-
dentali sorda e sonora)4:

hurrico etrusco

šuk(k)a “uno”5 θu(n) “uno”


kiga/e “tre” ci “tre”
–ži > -zi suff. per num. ordinali -z(i) suff. per avverbi numerali
–šari suff. per collettivi -θur(a-) suff. per collettivi
šije “acqua” θi “acqua”
kapp- “riempire” cap(i)- “afferrare”, “contenere”
kapparni “vaso” caper “vaso”
amol- “guardare a” mal- “osservare”
eli “festa” ila/u-cu “festa”

Come interpretare questi dati? Si tratta di combinazioni


casuali tra elementi linguistici dall’espressione fonica poco
consistente? Di tracce di antichissimi contatti culturali? Op-
pure di indizi di più stretti legami interlinguistici o addirittura
genealogici?
Se prendiamo in considerazione, oltre al piano lessicale,
anche il fattore morfologico, un rapporto genealogico hurrico-
etrusco non emerge in prima evidenza.
Tuttavia, ridotti all’essenziale, i confronti sopra delineati:

hurrico etrusco

šuk(k)a “uno” θu(n) “uno”


kiga/e “tre” ci “tre”
–ži > -zi suff. per num. ordinali -z(i) suff. per avverbi numerali

stante; v. Giorgieri (2000: 176).


4
Giorgieri (2000: 185s, nt. 43). In questo articolo per le forme della lin-
gua hurrica faccio riferimento principalmente a Giorgieri (2000) e Wegner
(2000); per le forme della lingua etrusca faccio principalmente riferimento ad
Agostiniani (1992) e Facchetti (2002), e bibliografia ivi citata.
5
Per i confronti delle forme di “uno” e “tre” si consideri anche che in hurrico
esisteva un suffisso -ga / -(k)ka di cui si sospetta un significato onorifico o
diminutivo (Giorgieri 2000: 201).

14
I numerali hurrici

sembrano qualitativamente assai significativi ed essi soli potreb-


bero costituire un forte indizio di una remota connessione hur-
rico-etrusca o hurrico-tirrenica (per “tirrenico” si intende, come
detto, la fase precedente la scissione etrusco/retico/lemnio).
Tale connessione non deve necessariamente essere configu-
rata come di natura genetica.
Sono stati ampiamente registrati fenomeni di contatto lin-
guistico-culturale in grado di intaccare il repertorio dei nume-
rali, come si ricava facilmente dalle seguenti, concrete e chiari-
ficatrici, citazioni, concernenti specifiche lingue:

– Thai
“In Thai all numerals other than the ordinary word for ‘one’ are
loanwords (and ‘one’ can be expressed by a literary loanword).
Most generally used numerals have they origin in middle Chine-
se, while numerals used in literary and poetic styles (especially
in nouns and compounds) are from Sanskrit and Pali”6.

– Hmong bianco
“Borrowed quantity words in the subdatabase refer to con-
cept that were not of crucial importance to the ancient Hmong-
Mien people, for numerals ‘two’, ‘three’ (<‘group’), and
‘many’ appeared to suffice. ‘One’ appears to be the same word
as Chinese ‘one’. ‘Four’ through ‘nine’ (and perhaps ‘ten’)
are Tibeto-Burman in origin. ‘Zero’ and all higher numerals
are borrowed, and the ordinals are built on a Lao base. Other
quantity words are borrowed: not only ‘to count’ (which makes
sense in the absence of numerals to count) but also ‘more’,
‘only’, a second word for ‘many’ and ‘half’” 7.

– Archi
“In the quantity field, the three loanwords are nol ‘zero’, bor-
rowed from Russian (presumable no more than hundred years
ago), baʕš ‘a hundred’, a loanword from Turkic (Azerbaijani
or Kumyk baš) to which Archi added pharyngealization, and

6
Suthiwa, Tadmor (2009: 605).
7
Ratliff (2009a: 646).

15
Giulio M. Facchetti

hut’i ‘part’, borrowed from Avar. So most of the numerals are


original Archi words (all easily traceable to Proto-Lezgic)”8.

– Imbabura Quechua
“In relation to function words notice, on the one hand, that
numerals from one to ten are all Quechua and that Spanish nu-
merals coexist with native forms in less conservative idiolects
… Quechua numerals often coexist with Spanish forms in the
speech of young bilinguals”9.

– Ceq Wong
“The form of the Ceq Wong numerals three and four sug-
gests that a Southern Aslian language was the donor for Ceq
Wong pet ‘three’(see Semaq Beri hmpɛt ‘three’ …) and pan
‘four’ (see Semelai hmpon ‘four’). It is unclear as to whether
Ceq Wong had relations with Souther Aslian indipendent from
Jah Hut, or Jah Hut was the donor, but has since replaced the
indigenous numerals with Malay loans (see Jah Hut tigaʔ ‘three
← Malay tiga and ʔmpat ‘four’← Malay empat)” 10.

– Hup
“Almost all loans of Portuguese origin (of which many may
have been borrowed through Tukano …) refer to new or pre-
viously unfamiliar concepts. Exemples of the replacement are
limited to manuals, and of these consistently only six through
twenty, for which the native forms were no more than semi-
lexicalized Tukano calques to begin with” 11.

– Yaqui
“[In Yaqui] there are relatively few borrowed words and
adjectives: 18 function words and seven adjectives. The fun-
ction words consist of all numerals in the sub(-)database, which
all have alternative Yaqui counterparts”12.

8
Chumakina (2009: 437).
9
Gómez Rendón, Adelaan (2009: 955s).
10
Kruspe (2009: 668).
11
Epps (2009: 1004).
12
Ratliff (2009b: 831).

16
I numerali hurrici

– Tarifiyt
“All numerals but ‘one’ are loanwords […] Thus Arabic
would have become the dominant language of the markets,
and many important items of vocabulary could thus enter Ber-
ber, This scenario is suggested by the fact that some areas of
vocabulary which are highly affected by borrowing consist of
words which are frequent in market context, such as numerals
and names of fruits and vegetables”13.

Tale esempi dettagliati ripercorrono diverse ammissibili cir-


costanze contestuali per le quali l’ipotizzato passaggio hurrico-
etrusco di alcuni termini per i numerali (e anche di altri sezioni
del lessico) potrebbe essere avvenuto.
Il contesto commerciale o di dipendenza “culturale”, in sen-
so lato, sono fattori determinanti. La tradizione linguistica hur-
rica può effettivamente aver giocato il ruolo di punto di origine
del prestito: si tenga conto che in accadico numerali di ordine
superiore, cioè nēr “600” e šar “3600” sono prestiti dal sumeri-
co, ma nel dialetto accadico di Nuzi il termine nubi “10.000” è
di origine hurrica14. Dove, quando e a quale livello di sviluppo
della tradizione linguistico-culturale “tirrenica” (o di una sua
essenziale componente formativa) ciò sia accaduto non provia-
mo qui a precisarlo; constatiamo invece l’alta verosimiglianza
della connessione che, in questi termini, non dev’essere stata
necessariamente genetica.
Un altro fattore che emerge dalle analisi esemplificative
riportate, e relative a molte altre lingue, è la possibilità, anzi
la frequenza, di una formazione eterogenea della serie dei
numerali: materiali nativi si mescolano con apporti di tradi-
zioni diverse.
Confrontiamo ora la serie dei primi dieci numerali hurrici ed
etruschi, allargando l’indagine anche alle più estese tradizioni
semitica e indeuropea (abbiamo sottolineato le corrispondenze
formali più evidenti):

13
Kossmann (2009: 197).
14
Brugnatelli (1982: 11, nt. 7).

17
Giulio M. Facchetti

hurrico etrusco semitico indeuropeo


accadico ebraico
1. šuk(k)a θu(n)
2. šin(a) zal ši/ena šənē
3. kiga/e ci
4. tumni ša
5. nari(ja) maθ
6. šeže huθ ši/ešš- šeš *s(w)eks
7. šinda semθ- sebe šəbaʕ *septm
8. kira/i cezp-
9. tamra/i nurθ- *newn
10. eman sar ešer ʕeśer

Risulta abbastanza chiaro che, oltre alla “spiegazione hurri-


ca” per “uno” e “tre” etruschi, anche la tradizione linguistica
semitica potrebbe essere verosimilmente coinvolta nel prestito
del nome etrusco per “dieci”, sar (teniamo conto che il termine
protosemitico ricostruibile è *ʕaŝar e che si avevano esiti come
ugaritico ʕašar e aramaico ʕaśar)15, così come nell’origine eti-
mologica del numero hurrico per “due”, che è praticamente
identico alla forma accadica.
Come si nota, inoltre, anche le parole semitiche e indeuro-
pee16 per “sei e “sette” (forse fra loro in qualche misura con-
nesse), potrebbero essere formalmente ricollegabili alle cor-
rispondenti di hurrico (per “sei”) ed etrusco (solo quelle per
“sette”, ma il termine etrusco per “nove” è connesso forse, in
certo modo, al nome protoindeuropeo).
Mauro Giorgieri, in una comunicazione personale (del 4 gen-
naio 2011) mi scriveva: “va notata una sorprendente identità tra
hurr. šina e la forma maschile in stato assoluto del numerale
accadico per “2”, ugualmente šina. D’altra parte anche hurr.
šeže “6” mostra una certa somiglianza, forse non casuale, con
certe forme accadiche di “6” (femm. šeššet e masch. šeššum)”.

15
Per le forme semitiche ho fatto riferimento a Brugnatelli (1982), Dolgo-
polsky (1999).
16
Per le protoforme indeuropee citate v. Szemerényi (2003: 258-261).

18
I numerali hurrici

In particolare, poi, Giorgieri rispondeva a una mia sugge-


stione circa l’ipotesi di trovare una spiegazione etimologica
“interna” per hurr. šina “due”: cioè una connessione con hurr.
šēna “fratello”. Egli riteneva tale connessione “senz’altro da
escludere, data la diversa grafia che le due parole hanno nella
lettera di Mittani, dove il vocalismo e vs. i è sempre ben distin-
to a livello ortografico: “2” è scritto ši-na, mentre “fratello” è
scritto še-e-na”. Certamente il prestito dalla tradizione semitica
(probabilmente proprio da fonte accadica) è la spiegazione, o
l’ipotesi, più corretta.
Non sono tuttavia convinto che i termini semitici (e/o indeu-
ropei) per “sei” (e tanto meno per “sette”) debbano essere neces-
sariamente ricompresi tout court in questo flusso di prestiti lin-
guistico-culturali, specialmente per quanto concerne il hurrico.
Infatti, anche a distanza di tempo dalla prima formulazione
(2011), rimango dell’opinione che il sistema dei primi nove nu-
merali cardinali hurrici sia passibile di un’analisi etimologica
interna, con un parallelo nel modello (di struttura) analogo a
quello dei numerali sumerici:

1. aš 6. aš3
2. min 7. imin
3. eš5 8. issu
4. limmu 9. ilimmu
5. ia2 10. u

Come si può osservare le suesposte forme sumeriche da “6”


a “9” sono costruite tramite un modulo di composizione “5+n”;
gli specialisti sono concordi sul punto e la verifica diretta è
piuttosto agevole per “sette” i+min (“cinque + due”) e”nove”
i+limmu (“cinque + quattro”), mentre i restanti due casi re-
stano un po’ opachi, a causa soprattutto del fatto che le forme
presentate sono le effettive traslitterazioni dei grafemi e non
trascrizioni che cercano di ricostruire l’effettiva pronuncia17.
Di conseguenza, per il hurrico, credo ragionevole proporre
un’analisi cosiffatta, tramite ricostruzione etimologica interna:

17
Per la questione cfr. Hayes (1999: 9, 19).

19
Giulio M. Facchetti

1. šu-k(k)a 6. šeže
2. šin(a) 7. šinda <*šin-da “(cinque) più due”
3. ki-ga/e 8. kira/i <*ki-ra “(cinque) con tre”
4. tum-ni 9. tamra/i <*tam-ra “(cinque) con quattro”
5. nari(ja) 10. eman

Questa soluzione postula il riconoscimento di suffissi hurr.


-k(k)a / -ga e -ni, altrimenti noti, annessi alle radici origina-
rie šu- “uno”, ki- “tre”, tum- “quattro” (alterata come tam- in
“nove”), così da permettere una trasparente analisi, in base al
modulo compositivo “(5)+n” (con ellissi dell’addendo da ripe-
tere), dei nomi hurrici per “sette” (con il morfema flessionale
direttivo -da), “otto” e “nove” (con il morfema flessionale co-
mitativo -ra).
Si noti inoltre che šin(a) “due” sarebbe, in tale prospettiva,
l’unico numero, da 1 a 4, a non essere originariamente suffissa-
to, confermando, in qualche modo, la sua provenienza esterna
(semitica).
Anche la refrattarietà di šeže “sei” a una spiegazione sul-
la base di šu- e dello schema “(5)+n” è controbilanciata dalla
notevole rassomiglianza con forme numerali semitiche, come
suggerito da Giorgieri, e dunque dalla prova di un altro prestito
che potrebbe aver interferito (o essersi sovrapposto) alla rego-
larità del modello esplicativo.
Mi sembra, in ogni caso, che la compattezza e la trasparente
analizzabilità della serie da “sette” a “nove” costituisca in sé un
forte dato di sostegno della mia proposta.
Aggiungo in conclusione che la confrontabilità con la se-
rie numerale etrusca potrebbe essere rafforzata dalla conferma
della riducibilità a radici hurriche come šu- “uno”e ki- “tre” e
forse anche la parola etrusca rin(a)- “mano” è in qualche misu-
ra etimologicamente derivata (con metatesi di sonoranti, tipo-
logicamente molto diffusa) da hurr. nari- “cinque”.

20
I numerali hurrici

Nota bibliografica

Agostiniani L. 1992, “Contribution à l’étude de l’épigraphie et de


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21
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