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L’AMPLIFICAZIONE

Il ruolo dell'amplificatore
La chitarra elettrica richiede un'amplificazione che potenzi il segnale
generato dai suoi pick-ups quando viene suonata. Essa non può
essere collegata direttamente all'altoparlante,il cui funzionamento
esige un'energia ben superiore a quella fornita dai pick-ups. E'
pertanto indispensabile utilizzare un amplificatore. Questo anello
della catena elettroacustica impiega energia elettrica proveniente
da una fonte esterna (corrente o batterie) e utilizza la tensione del
segnale proveniente dalla chitarra per controllare l'invio di tale
energia all'altoparlante. L'amplificatore consente di modificare il
tono e il volume e di aggiungere caratteristiche quali la distorsione e
il riverbero. Molti musicisti pensano all'amplificazione strettamente
in termini di amplificatori di potenza utilizzati per azionare gli
altoparlanti,ma nel vero senso la parola amplificatore può indicare
anche molti dispositivi di elaborazione del suono
(equalizzatori,espansori,compressori ecc.).
Gli amplificatori possono essere costruiti con due diverse
tecnologie: a valvole o a transistor. Le filosofie,come,si usa
dire,sono diverse,e in un certo senso lo sono anche le
caratteristiche del suono amplificato. Per il tramite dell'amplificatore,
il segnale d'ingresso del suono originale può essere riprodotto
all'uscita (altoparlante) con grande precisione. E'
questo,sostanzialmente,il significato di alta fedeltà. L'amplificazione
HI-FI (alta fedeltà) è un esigenza fondamentale per le chitarre
acustiche,i bassi (per cui si richiedono a volte sonorità
pulitissime),le tastiere,i fiati e particolarmente la voce umana.
Un amplificatore può essere anche progettato per fornire un
arricchimento armonico dei segnali ad esso inviati. Molti chitarristi
elettrici preferiscono al suono fedele questa qualità,dal momento
che se ne servono come fattore determinante per creare il proprio
suono personale. L'effetto può anche essere utile per certi strumenti
a tastiera,ma,in genere,è inadeguato per la maggior parte degli altri
strumenti a meno che non si miri a risultati particolari.
Gli amplificatori combinati con l'altoparlante (o gli altoparlanti) sono
detti amplificatori combo. Sono agevolmente trasportabili e facili da
sistemare,ma nei casi di maggiore flessibilità (come nelle necessità
di aggiungere potenza extra),si preferisce usare amplificatori
(testate) separati dalle casse. I blocchi possono essere messi in
pila (cioè uno sopra l'altro) o si può porre l'amplificatore ad una
certa distanza dalle casse per ridurre i rischi di danno da
vibrazione.

Come funziona un amplificatore


Lo schema che vedete a destra illustra i diversi stadi del
funzionamento di un tipico amplificatore valvolare con due canali di
ingresso e riverbero. Dalla qualità dell'alimentatore dipende
l'efficacia di tutti gli anelli successivi alla catena.
Quale che sia la bontà del resto del circuito,le prestazioni di un
amplificatore risulteranno certamente sminuite a causa di una sotto-
alimentazione, In questo stadio preparatorio,l'energia tratta dalla
corrente alternata di rete è elevata in alta tensione e raddrizzata in
corrente continua tramite diodi semiconduttori o valvolari. Una rete
di resistori,condensatori e una induttanza livella la corrente continua
e alimenta con tensioni diverse i vari stadi di amplificazione.
Vediamo quindi ora di analizzare le singole parti che compongono
l'amplificatore.
 
Il primo stadio, o
preamplificatore, consiste di
una valvola e dei relativi
componenti. Essi applicano un
guadagno fisso in tensione al
segnale in ingresso proveniente
dalla chitarra (in altre parole:
preamplificano il segnale). I
controlli di tono e volume
utilizzano spesso una rete
passiva di resistori e
condensatori, analoga a quella
dei controlli sulla chitarra.
Comunque il loro
funzionamento può essere
leggermente più complesso
poiché in questo caso il segnale
si trova ad una tensione più
alta, prodotta dal primo stadio.
Alcuni amplificatori sono dotati
di controlli di tono attivi che
influiscono, entro una gamma di
frequenze adeguate, sul
guadagno del secondo stadio.
Il secondo stadio consiste di
una valvola che, come il primo
stadio, è un amplificatore di
tensione. La sua funzione
consiste nel recuperare la
perdita di tensione del segnale,
dovuta all'uso dei controlli di
tono passivi, e nel fornire un
guadagno in tensione
supplementare.
Il blocco del riverbero
contiene una coppia di molle
metalliche utilizzate per dare un
segnale ritardato. Una o due
valvole fungono da
amplificatore di corrente che
pilota un trasduttore connesso
ad una estremità delle molle.
Ciò produce la vibrazione delle
molle, raccolta all'altra estremità
da un secondo trasduttore che
alimenta un amplificatore di
tensione a una o due valvole. Il
controllo di riverbero è, in
sostanza, un controllo di volume
collocato dietro alla prima di
queste valvole. In un
amplificatore a transistor
ovviamente non saranno le
valvole ad avere questo ruolo,
ma, come vedremo, la
circuitazione ''solid state''.
Il volume generale è un
controllo passivo che agisce sul
livello complessivo del segnale
inviato da tutti gli ingressi
all'amplificatore di potenza.
L'amplificatore di potenza
consiste di tre stadi: l'invertitore
di fase, il pilota e lo stadio di
potenza.

L'invertitore di fase (chiamato anche separatore di fase) produce


due segnali in uscita, uno dei quali è fuori fase rispetto all'altro di
180°. La tensione di questi due segnali è amplificata dallo stadio
pilota. Le due valvole impiegate nel separatore di fase vengono
spesso usate anche per ottenere tale amplificazione, perciò i due
stadi sono spesso combinati. Normalmente, tutte le valvole
impiegate fino a questo punto del circuito sono triodi. Per
risparmiare spazio, si usano talvolta doppi triodi, che combinano le
funzioni di due valvole in un solo bulbo. Pertanto, la funzione
teorica di una valvola può essere svolta da mezza valvola; la parte
restante di funzionalità può essere usata per altri scopi. Nello
stadio di potenza, del resto, si utilizzano una o più coppie di
valvole per convertire la tensione del segnale in un flusso di
corrente. Tale corrente è condotta attraverso il trasformatore
d'uscita e viene inviata infine all'altoparlante.

Valvolare e transistor
Un amplificatore a valvole portato ad alto livello di volume inizia a
distorcere in modo tipico: il suono diviene ricco e caldo grazie alla
preponderanza di armoniche. E' una distorsione piacevole
all'ascolto.
Gli amplificatori a transistor, al contrario, tendono a produrre in
distorsione soprattutto armoniche dispari, e ciò porta ad una
colorazione sgradevole del suono, che si contrappone alla resa ad
alta fedeltà che tali amplificatori hanno a volume più basso. I
chitarristi elettrici preferiscono per lo più la ricchezza armonica
dell'amplificatore a valvole.
La richiesta di suoni di tipo valvolare è sempre viva, benchè gli
apparecchi solid-state siano maneggevoli, robusti e in genere più
comodi per il trasporto. Molti costruttori hanno perciò iniziato a
combinare i pregi di entrambi i tipi di circuitazione, producendo
amplificatori a transistor dal suono analogo, anche se discutibile, a
quello dei modelli a valvole. Alcuni ibridi si avvalgono di stadi sia
valvolari sia a transistor, fornendo così una certa varietà di suoni.
La tecnologia moderna ha comunque portato a dei risultati
veramente sorprendenti, in quanto alcune forme di simulazione
valvolare di certi modelli sono veramente impressionanti per la loro
fedeltà al punto da renderne difficile la comparazione.

Caratteristiche di accensione
Gli amplificatori a valvole richiedono qualche istante per riscaldarsi
fino a raggiungere una temperatura adeguata al funzionamento. La
valvola, infatti, non è in grado di entrare in azione finche il filamento
ha surriscaldato il catodo al punto che gli elettroni vengono emessi
dalla superficie sotto l'effetto della tensione applicata. Il tasto di
attesa (stand-by) che si trova su quasi tutti gli amplificatori a
valvole interrompe le alte tensioni della valvola,ma lascia
completamente in azione il meccanismo di riscaldamento a bassa
tensione. Ciò consente di mantenere l'amplificatore caldo, pronto
per un uso immediato.
Gli amplificatori a transistor rispondono subito all'accensione, e non
richiedono alcun riscaldamento preliminare. L'iniziale extra-
corrente, generata nel circuito che carica i condensatori e stabilisce
la tensione di funzionamento, causa però un rumore improvviso o
un colpo negli altoparlanti. Si tratta di un inconveniente oltre che
fastidioso anche pericoloso per i coni, specie negli amplificatori di
una certa potenza. Perciò in molti ampli è incorporato un circuito
automatico che blocca per alcuni secondi l'erogazione di potenza
agli altoparlanti.

Gli altoparlanti adatti all'amplificatore


Gli amplificatori a valvole devono adattarsi perfettamente
all'impedenza degli altoparlanti, che varia da 4 ohm (leggi om), 8
ohm oppure 16 ohm. Non vanno mai accesi se non sono collegati
agli altoparlanti, se non si vuole danneggiare seriamente il
trasformatore o le valvole finali.
Gli amplificatori a transistor sono in questo senso più robusti; anzi
quasi tutti i modelli di un certo livello sono immuni sia al corto che al
circuito aperto sulle uscite per gli altoparlanti, anche se comunque è
sempre meglio averli collegati.
In genere l'impedenza minima degli altoparlanti dà il massimo
volume di uscita a livelli accettabili di distorsione. Il montaggio di
altoparlanti d'impedenza maggiore di quella prescritta causa solo un
volume di uscita ridotto, e forse anche un minore tasso di
distorsione. Se non c'è un pulsante di stand-by sull'amplificatore, è
buona precauzione abbassare a zero il volume prima
dell'accensione, anche sugli ampli a transistor.
Diffusori
La qualità sonora e il volume di un diffusore dipendono da tre
fattori: la sua efficienza, le sue dimensioni e il suo utilizzo in
combinazione con altri diffusori. L'efficienza, cioè la qualità di
energia prodotta dall'amplificatore trasformata in suono, determina il
volume che si può ottenere da un amplificatore di una data potenza.
I diffusori molto efficienti (come quelli del tipo a tromba) possono far
si che un amplificatore da 50 watt dia maggior volume di uno da
100 watt usato con diffusori meno efficienti. Le dimensioni del
diffusore, e soprattutto dei coni, sono in stretto rapporto con le sue
caratteristiche di riproduzione del suono: quanto è più grande, ad
esempio, tanto meglio riprodurrà le basse frequenze, che
richiedono il movimento di maggiori volumi d'aria. Si possono usare
altoparlanti simili in combinazioni multiple per ottenere un maggior
volume complessivo: il timbro rimarrà sempre lo stesso.

Come funziona un altoparlante


Il pick-up e il microfono convertono il segnale elettrico in energia
acustica; L'altoparlante ( o trasduttore elettroacustico, per usare
una definizione tecnica) riconverte nuovamente il segnale in suono.
Un segnale proveniente dall'uscita dell'amplificatore viene inviato
ad una ''bobina mobile'' avvolta attorno al collo del cono e posta in
mezzo ai pioli del magnete fisso e permanente dell'altoparlante.
Quando un segnale attraversa la bobina, si genera un flusso
magnetico variabile che interagisce con il campo del magnete.
Quando aumenta nella bobina mobile, la tensione viene, per così
dire, spinta dal magnete, muovendo in avanti il diaframma. Con una
tensione in caduta avviene il contrario. Il movimento avanti e
indietro del diaframma fa vibrare il cono sulla sua sospensione. Si
ha così, a turno, compressione e rarefazione dell'aria a contatto con
esso, e una conseguente generazione di onde sonore, la cui
dispersione viene regolata fisicamente dal tipo di chiusura della
cassa. Lo spazio di movimento in avanti del blocco è
convenientemente limitato, e se l'altoparlante dovesse eccedere
tale spazio (quando è applicato, per esempio, un segnale superiore
alle sue capacità di riproduzione) potrebbe danneggiarsi e il cono
staccarsi dalla sospensione. Dato che il suono si espande
immediatamente dalla fonte (e le alte frequenze sono più direzionali
delle basse), scoprirete che il montaggio dell'altoparlante sul fronte
del pannello darà risultati considerevolmente diversi dal montaggio
dell'altoparlante sul retro del pannello frontale.

Le casse (speaker cabinets)


La cassa del diffusore ha una parte importante nella riproduzione
del suono. Quando si comprime l'aria davanti al cono e questo si
muove in avanti, si rarefà l'aria dietro ad esso. Il contrario succede
quando il cono si muove all'indietro. Se l'aria davanti al cono
raggiunge rapidamente la zona d'aria retrostante,la differenza di
pressione si cancella e si ha una perdita di volume sonoro. Le
pressioni del retro e del davanti del cono sono quindi fuori fase tra
loro.
Funzione della cassa e della sua chiusura è di impedire o ridurre la
cancellazione di fase. La cassa "carica" inoltre il cono in modo da
ottimizzarne l'accoppiamento con l'aria circostante. Idealmente, il
suono non deve essere colorato in nessun modo con aggiunte di
risonanze della cassa. I materiali di costruzione delle casse devono
essere spessi e pesanti allo scopo di ridurre la vibrazioni delle
pareti. Sovente si utilizzano materiali assorbenti come il feltro
pesante, con cui si rivestono tutte le superfici interne che possono
riflettere il suono mandandolo di ritorno al diaframma o causare
''onde stazionarie''. Talora si aggiungono alla cassa anche cortine di
materiale assorbente per smorzare i riflessi interni.

Le valvole
Abbiamo visto la differenza tra la circuitazione valvolare e quella a
transistor. Vediamo ora di analizzare le valvole, anche perché è
fondamentale capirne il funzionamento e le differenze tra i vari
modelli, in modo da abbinare nel migliore modo possibile l'ampli e
le valvole con il tipo di suono preferito. Fondamentalmente in un
amplificatore abbiamo quattro tipi di valvole con funzioni diverse,
che analizzeremo una a una. Nel preamplificatore, che spesso è a
più stadi, si utilizzano più di una valvola. Se sono presenti effetti
come il riverbero e il vibrato, nei modelli di alto livello sono pilotati
da valvole (mentre nelle versioni più economiche solitamente si
usano circuiti ''solid state'' anche per questi effetti).

Valvole preamplificatrici
La valvola preampliflicatrice preamplifica il segnale in ingresso. Le
più usate sono le 12AX7, note in Europa con la sigla ECC83 (a
livello industriale viene catalogata 7025). Anche se le
denominazioni sono diverse, tecnicamente si tratta dello stesso tipo
di valvola, ma il fatto che venga prodotta in Europa, in America o ad
esempio su specifiche militari (in questo senso vengono tra l'altro
parecchio usate), porta a udibili differenze a livello timbrico e nelle
capacità di guadagno. Oggi, essendo cessate le produzioni sia
europee che americane, le sigle diverse indicano in pratica le
differenti caratteristiche. Generalmente le 7025 hanno un maggiore
guadagno e un suono più brillante, mentre gli altri due tipi hanno un
suono più ricco di medi e un timbro più caldo. I vecchi Fender
usavano le 12AY7, caratterizzate da un guadagno leggermente
inferiore e un suono più morbido.

Valvole sfasatrici
Queste valvole pilotano il finale del pre ma anche ad esempio il
riverbero interno. Solitamente si usano le 12AT7, le ECC81 o le
6201. Alcuni preferiscono le 12AX7 anche come sfasatrice, per un
suono più compresso e aggressivo.
Valvole rettificatrici
La valvola rettificatrice ha il compito di trasformare la corrente
alternata di rete in corrente continua all'interno dell'apparecchiatura.
La più usata è la GZ34, denominata in America 5AR4, mentre su
molti Fender vintage si possono trovare la 5U4 o la 5Y3.
La scelta di un tipo di valvola o l'altro dipende dalle caratteristiche
del circuito e dalle tensioni in gioco, quindi non a scelta dell'utente.
Il processo di rettificazione tramite l'uso della valvola,
paragonandola al processo tramite diodi, a parità di circuito provoca
una lieve diminuzione di potenza nell'ampli, ma dà un suono più
morbido, più carico di armoniche (specialmente ad alto volume),
una migliore distorsione e una compressione naturale del suono
che aumenta man mano che aumenta il livello di uscita. Come
ultima cosa si può dire che, sempre paragonando i due sistemi,
rende il timbro più caldo.

Valvole finali
Il compito di queste valvole è di fornire agli altoparlanti l'energia,
che determina la potenza complessiva dell'intero sistema. Due sono
i modelli a maggiore diffusione: le 6L6, usate tra l'altro per ampli
come Fender, Ampeg, Gibson, Mesa Boogie ecc., e le EL34,
solitamente usate dai Marshall. Ultimamente è possibile trovare i
Marshall che montano le 6L6- modello 5881- per problemi di
reperibilità delle EL34.
I caratteri timbrici dei due tipi di valvole sono piuttosto diversi. Le
6L6 sono brillanti e tendenzialmente lineari e hanno un buon
margine di pulizia sonora prima di saturare. Le EL34 sono invece
più grintose, con una maggiore enfasi sugli estremi di banda (un po'
più nasali) e un'attitudine alla distorsione maggiore .
Un altro modello, con un timbro più dolce e una minore potenza,
sono le EL84, rese famose da un mitico ampli quale il Vox AC30,
ricercate soprattutto anche per i bassi morbidi, le medie
leggermente bronzate e gli acuti trasparenti.
Negli Stati Uniti sono molto usate le 6V6 per amplificatori di bassa
potenza. Queste hanno una distorsione più calda e un timbro più
chiaro e più dolce rispetto alle ben più potenti cugine 6L6. Spinte al
limite rendono un suono abbastanza tipico, irrinunciabile per molti
chitarristi.

Analisi della valvola


Dopo avere visto i tipi di valvole, cerchiamo di capire come è fatta
una valvola. Questo dispositivo elettronico è costituito da un minimo
di quattro elementi attivi: un riscaldatore (cioè il filamento), un
catodo, una griglia ed una piastra (placca o anodo).Tutti questi
componenti sono contenuti all'interno di un involucro di vetro sotto
vuoto, quindi senza aria per evitare che le varie parti brucino.
Quando viene scaldato, il catodo inizia a emettere elettroni,
passando dal catodo stesso (che ha carica negativa) fino alla
piastra (che ha carica positiva). La funzione della griglia è quella di
controllare il flusso degli elettroni stessi, agendo effettivamente
come una vera e propria valvola.
Il segnale a bassa tensione, prodotto dalla corda della chitarra che
vibra all'interno del campo magnetico del pick-up, causa un
notevole flusso di corrente dal catodo alla piastra. In questo modo
si ha una grande tensione in corrispondenza della piastra. Una
parte del circuito elettronico all'interno dell'amplificatore (cioè il
controllo di bias della griglia) regola la quantità corretta di tensione
per la griglia stessa. Il bias deve essere impostato correttamente, e
questo fa sì che la valvola sia bilanciata rispetto al circuito in cui si
trova, producendo così un segnale potente e pulito. Quando il
segnale si avvicina alla sua massima potenza, la valvola,
graduatamente, inizia a reagire sempre meno al segnale originale
in ingresso, comprimendolo e saturandolo. La distorsione della
valvola (clipping) interviene gradualmente, producendo una
distorsione di basso ordine, complementare al segnale originale,
dando così origine ad un suono caldo.
Le valvole sono elementi importanti, ma anche delicati: bisogna fare
in modo che non subiscano traumi dovuti a botte improvvise.
Quando si accende l'ampli occorre farle scaldare per avere la loro
massima resa, mentre quando si spegne bisogna lasciarle
raffreddare prima di muovere l'ampli stesso.
Bisogna poi periodicamente sostituirle, in quanto tendono ad
invecchiare. Una valvola che sta ''morendo'', può dare problemi di
questo tipo: perdite di suono nei bassi o negli acuti, rumori non
usuali, poco sustain e rapido decadimento del suono, accordi
impastati (specialmente i bassi), il suono va e viene. Operare una
sostituzione appena si avverte uno di questi problemi, farà vivere
più a lungo l'amplificatore, che opererà sempre nel migliore dei
modi.

Il Preamplificatore
Come già avevamo visto nella pagina iniziale di questa sezione, la
chitarra elettrica deve essere amplificata per fare in modo che abbia
il suono, il volume e l'equalizzazione che vogliamo. Questo ruolo è
sostenuto dall'amplificatore, di cui abbiamo già ampiamente parlato.
Quello che invece vedremo in queste prossime pagine è un altro
tipo di sistema di amplificazione, che si ottiene dividendo il lavoro
dell'amplificatore in due parti: il preamplificatore e il finale. In questo
modo abbiamo la possibilità di utilizzare addirittura due marche
diverse (pre di tale modello, finale di tale marca), in modo da avere
anche filosofie costruttive diverse (pre inglese, con il tipico suono
britannico e quindi e quindi pompato magari sui bassi e acuti, finale
americano che generalmente offre un suono molto più pieno e
corposo). Per finire, le due macchine sono generalmente a rack,
quindi possono far parte di sistemi complessi, programmabili e
anche facilmente sostituibili (mentre se si è scontenti del pre o del
finale nell'amplificatore compatto, bisogna sostituire tutto).

La parte più importante per la costruzione del suono è data dal


premplificatore: questo dà la pasta del suono e quindi bisogna
ricordare che se noi lavoriamo su di un suono anche con effetti,
equalizzaaori, compressori ecc. e alla fine il corpo del suono
comunque non piace, sicuramente la colpa è da attribuire al pre.
Quando si acquista un preampli bisogna valutare inanzitutto il
gusto personale, piuttosto che il "sentito dire": provatelo
direttamente nel finale e nelle casse senza aggiungere effetti e
valutate in questo modo se il pre vi soddisfa. I consigli vanno
seguiti, ma il gusto personale ha l'ultima parola! Eseguite poi la
prova del nove sul preamplificatore, che consiste nel valutare la
qualità costruttiva e sonora del pre, in questo modo: mettete a palla
i controlli di gain, in modo da ottenere il massimo della distorsione
che il pre è in grado di offrire, e quindi abbassate il volume della
chitarra graduatamente fino al minimo (lasciamo in pratica il volume
appena aperto). A questo punto il pre non deve avere più
distorsione, ma un suono abbastanza pulito (utile per arpeggi, ad
esempio) se si lavora leggeri con la mano destra, mentre se si
suona con più forza il suono diventerà leggermente crunch, con una
buona dinamica al tocco. Se il pre non supera questo test, il
consiglio è di non acquistarlo, in quanto non ha sensibilità e
dinamica, che sono fondamentali per avere il proprio suono. A voi la
scelta!

Sistemi Operativi
I preamplificatori a rack si dividono in due categorie: Pre a canali e
Pre midi programmabili. Vediamone ora le differenze.

Sistemi a Canali.
Sono di concezione molto simili a quelli inclusi negli amplificatori. Il
loro lavoro è di elaborare il suono, singolarmente per ogni canale
che adottano (solitamente due, tre o al massimo quattro). Possono
dare quindi suoni puliti, crunch, distorti.
Le sonorità richiamabili in tempo reale possono variare da modello
a modello. Solitamente sono dotati di uscite switch, che permettono
un controllo a distanza del pre, oppure di propria pedaliera di
comando. Rispetto ai Pre midi programmabili, hanno la differenza di
essere molto semplici a livello operativo (in pratica è come usare un
amplificatore), e di essere molto meno costosi rispetto ai
corrispettivi modelli midi (molte ditte offrono su un modello di pre sia
la versione normele sia la versione programmabile).
La scelta viene fatta chiaramente anche in base al portafoglio, ma
soprattutto in merito al lavoro che deve svolgere il pre: se si ha
bisogno di due o tre suoni, ovviamente ci si rivolge al sistema
semplice, quindi quello non programmabile. Bisogna comunque
ricordare che si può rendere programmabile anche un sistema
semplice. Come, direte voi. Ne parleremo dopo.

Preamplificatori midi programmabili.


Questo genere di preamplificatori offre la possibilità di programmare
i suoni in merito all'uso che ne viene richiesto, in modo da essere
richiamati in tempo reale durante la performance. Il sistema di
collegamento, definito Midi, è comune a tutte le apparecchiature
programmabili e lo analizzeremo nel prossimo capitolo. Per quanto
riguarda la convenienza nell'adottare un preampli Midi, bisogna
sapere che la sua utilità maggiore è in quei casi dove si
necessitano più suoni diversi fra loro. Alcuni ritengono che il fatto
che sia programmabile rende un preampli meno qualitativo rispetto
ad uno analogo non programmabile: a volte è così, in quanto in
teoria può essere dedicato spazio proprio alla gestione Midi a
scapito dell'efficienza qualitativa del pre, ma in quasi tutti i modelli al
giorno d'oggi la qualità sonora e meccanica dalle apparecchiature e
sicuramente di alto livello. Quindi, adottando un pre Midi, oltre alla
possibilità di avere più suoni diversi fra loro ( puliti, distorti, crunch
in numeri vari), si ha anche la possibilità di avere ad esempio uno
stesso suono ripetuto, ma magari con più volume rispetto al suo
simile. Es.: il prog. 5 ha un suono clean che ci piacerebbe avere
anche in un solo? Lo copiamo su un altro programma, aumentando
leggermente il volume. Con la semplice pressione di un pulsante
possiamo cambiare da un suono all'altro nel mezzo di un brano,
quindi passare dal suono clean per la ritmica ad un suono clean
(con un maggiore volume) per il solo.

Controlli
Sia i preampli Midi che quelli non programmabili devono essere
intesi come i pre degli amplificatori, appunto perché svolgono lo
stesso identico lavoro. Possono essere costruiti con circuitazione a
transistor oppure valvolare e i consigli dati precedentemente vanno
seguiti anche in questo caso. I controlli sono simili, ma possono
essere aggiunte variazioni e "optional", come vedremo ora:
ovviamente si tratterà l'argomento in generale, questo perché alcuni
pre adottano questi sistemi, altri no.

Equalizzazione Pre-Distortion.
Prima di giungere allo stadio di guadagno, il segnale può essere
trattato da un equalizzatore di "pre-distorsione". Fino a questo
punto, il pre non ha ancora iniziato il lavoro, e quindi si può
paragonare l'equalizzatore "pre-distorsione" a un controllo di tono
sulla chitarra oppure al pedale equalizzatore posto tra quest'ultima
e il pre. L'unica differenza è che l'equalizzatore si trova
"fisicamente" all'interno della scatola a rack e può essere
programmato. Con questo controllo, quindi, si tratta il suono puro
della chitarra. Ma, attenzione: un'operazione fatta male in questo
punto, influisce negativamente su tutto il sound finale e perciò va
fatta minuziosamente. Provate a chiudere il tono della chitarra: se
poi si desidera un suono chiaro e cristallino, sarà impossibile
ottenerlo. L'equalizzazione "pre-distortion" deve essere quindi usata
come un leggero ritocco del suono.

Gain
A questo punto si arriva allo stadio di guadagno, e qua possiamo
trovare questi controlli:

 Gain o Drive o Saturation o altri. Con questi controlli, che


hanno nomi diversi a seconda della marca e del modello del
pre, si regolano i tipi di suono, dal suono clean, ottenuto da
valori minimi, fino al suono distorto, alzando al massimo i
valori.
 Overdirive 1 e Overdrive 2. Corrispondono a due stadi di
guadagno successivi. Il primo stadio manda il proprio segnale
al secondo, facendolo così andare in distorsione e creando
frequenze armoniche che rendono più denso il suono.
Attenzione: un basso livello di guadagno nell'overdrive 1 in
rapporto ad un alto livello nell'overdrive 2 producono un
rumore di fondo più alto rispetto al contrario.
Negli ultimi anni abbiamo visto l'evolversi della tecnologia e questo
non scappa anche a chi progetta i preamplificatori. Ad esempio
ultimamente vi è la tendenza di simulare i suoni tipici vintage (anni
50-60), grazie anche al ritorno di certe sonorità appunto tipiche di
allora. Vediamone alcuni.

 Variac. Questa particolare funzione simula la saturazione


raggiunta dalle valvole di un amplificatore quando è collegato
ad un unità attenuatrice di voltaggio. Il variac è un
'apparecchiatura che si collega alla presa di corrente per
regolare il livello di voltaggio di qualsiasi unità che vi è
collegata. Collegandogli un'ampli valvolare ed elevandogli la
tensione in ingresso, si sfruttano al massimo le valvole. In
questo modo l'ampli aumenta sia in potenza che in dinamica,
dandogli una resa sonora altrimenti irraggiungibile. Il problema
nell'uso di una simile apparecchiatura è nelle valvole, che,
"tirate a palla", hanno una vita cortissima: mantenere
l'amplificatore può diventare a questo punto molto costoso.
Ovviamente, la simulazione simulata nei moderni
preamplificatori non crea difficoltà di questo tipo.
 Rectfier. Questo circuito, che replica nel pre l'effetto delle
valvole rettificatrici, un tempo utilizzate nei finali di potenza,
controlla la dinamica e il punto di saturazione dello stadio di
guadagno. Ultimamente alcuni produttori montano questo tipo
di valvole nei circuiti dei loro finali.

Entrambi i controlli appena descritti offrono una notevole dinamica.


Per esempio, calibrando il tocco della mano destra e agendo in
chiusura sul potenziometro del volume della chitarra, si può anche
variare la risposta dell'ampli: con un tocco marcato, si ha più grinta,
mentre stando più leggeri si ottiene un suono più pulito. Il tutto con
una dinamica estremamente superiore rispetto ad un pre che non
ha questo tipo di controlli, e che quindi permette maggiore fedeltà di
risposta per quanto riguarda la tecnica personale, il tocco e
l'espressività.
Equalizzazione Post-Distortion.

Il suono che è stato ottenuto nella sezione gain, può essere ora
rifinito. Attenzione! In questo stadio si ritocca leggermente il suono,
ma non si fanno stravolgimenti alla pasta del suono, che assume le
proprie caratteristiche nel precedente stadio. Con l'equalizzatore
"post-distorsione" si può intervenire là dove coesistono delle piccole
imperfezioni del suono. Facciamo degli esempi.

 Notiamo che il suono è poco definito e leggermente chiuso. In


questo caso interveniamo sulla presenza, che ci aiuta ad
enfatizzare le frequenze medio-acute, le quali sono molto utili
per la "botta" (e quindi la presenza) del suono.
 Il suono è troppo corposo o, al contrario, troppo esile. Le
frequenze medie si occuperanno di addolcire il suono
(tagliando la gamma della frequenza) o di ingrossarlo
(enfatizzando la frequenza).
 Ovviamente i bassi sono regolabili nelle loro frequenze. Anche
in questo caso può essere necessaria una piccola regolazione.
Un buon sistema è quello di regolare il suono distorto e si
suonarlo con il "palm-muting" (stoppati della mano destra)
sulle corde basse: tutta la quantità di frequenze basse
usciranno allo scoperto e quindi si opererà di conseguenza
tagliando (se si hanno troppi bassi) oppure enfatizzando.

Ricordiamoci anche che esaltare una frequenza (specialmente


quelle medie) dà l'illusione di aumentare il volume di tutta la
gamma, mentre effettivamente aumenta il volume della sola
frequenza (oppure il contrario, cioè tagliare una frequenza sembra
diminuire il volume totale, mentre diminuisce solo quello della
frequenza interessata). Potete approfondire questo argomento nella
sezione dedicata all'equalizzatore.
Un altro punto fondamentale è quello di paragonare i suoni.
Quando si programma un preset (numero di programma
dell'apparecchiatura), è bene crearne due o tre simili, ognuno dei
quali può essere leggermente diverso in volume, saturazione o,
come in questo caso, enfasi o taglio di una data frequenza. Di
conseguenza è utile verificarne poi le eventuali differenze al fine di
capirne tutte le caratteristiche.

Output
Dopo essere stato processato, il suono viene diretto alla sezione
output, che si occupa di regolare il volume in uscita dal pre.
Solitamente abbiamo la possibilità di regolare il volume globale
dell'apparecchiatura e, per quanto riguarda i pre Midi, anche quella
di regolare il volume di ogni singolo preset. Il volume globale
manteniamolo sempre intorno a metà corsa, in modo da dare la
possibilità di programmare i preset con un volume non troppo alto,
in quanto è meglio lasciare sempre la possibilità di aggiungere
volume o di toglierlo. Il volume globale viene spesso chiamato
output level; molte volte troviamo anche un controllo in ingresso
del volume (imput level), che regola il segnale in entrata. Questo
può essere regolato a seconda della potenza di uscita della
chitarra. Nei preamplificatori non programmabili non esistono
relativi problemi di volume sui suoni interni, in quanto è possibile
intervenire in tempo reale durante la performance: al limite bisogna
bilanciare i volumi tra i vari canali che offre il pre. Non è così per i
preamplificatori Midi, nel senso che, pur essendo più versatili, gli
errori fatti in fase si programmazione li paghiamo poi dal vivo.

Programmazione
Ed eccoci al punto critico: come programmare tutto il sistema?
Innanzitutto bisogna calcolare sempre che programmare in casa, in
cuffia o in ambienti dove poi non si suona, dà come risultato che
molto probabilmente i suoni programmati non saranno perfetti dal
vivo. Il motivo è facilmente immaginabile, in quanto ogni ambiente
ha una sua acustica. Quindi il procedimento migliore sarebbe quello
di costruire i suoni in ambienti adatti, come può essere una sala
prova insonorizzata, in modo tale che il suono risulti perfetto in
partenza. Quando siamo sul palco approfittiamo dei momenti liberi
per correggere eventuali difetti che possono crearsi a causa
dell'acustica del locale stesso. Dopo questo voglio aggiungere che
è molto importante provare i suoni direttamente con un gruppo o
con una base musicale, per avere sempre conferma dei livelli di
effetti, equalizzazione, volumi nei preset e dosaggio di effetti, cosa
che altrimenti risulterebbe difficile suonando dassoli (difficile, ma
comunque non impossibile, in quanto in molti casi si finirà poi per
programmare in casa).
Dosiamo quindi perfettamente i volumi interni ad ogni singolo
preset, eventualmente prestando fede ai seguenti consigli.

 Un suono da assolo deve risaltare rispetto ad un suono da


ritmica, e perciò gli daremo più volume o un equalizzazione più
presente (medi e alti enfatizzati). Attenzione al fatto che la
somma di tutto potrebbe dare un volume troppo elevato.
 Troppo effetto in un suono potrebbe mangiare volume e
sentirsi di meno nel sound globale del gruppo. Se dobbiamo
mantenere quel tipo di suono, manteniamo il volume
leggermente più alto rispetto a quello che sembrerebbe
suonando dassoli.
 Tariamo tutti i livelli degli effetti in modo che non siamo
costretti a tirare a palla una delle apparecchiature per
guadagnare volume. Affidiamoci sempre ai led di indicazione
del clipping che sono quasi sempre presenti sulle varie
apparecchiature e cerchiamo di stare sempre intorno allo "0".
 Sfruttiamo sempre il finale di potenza. E' meglio alzare il
volume sul finale che "tirare il collo" alle altre apparecchiature.

Soffermiamoci un attimo ad analizzare il bilanciamento dei singoli


canali o dei singoli preset. Innanzitutto bisogna dire che i suoni che
potranno dare più rogna nel dosaggio dei volumi saranno i suoni
puliti. Sembra strano, ma è così. Vediamo perché.
Osservando l'escursione dinamica di un suono pulito, si può notare
che questa è completamente libera. Diamo dei valori ipotetici da "0"
a "100". Se provo a suonare con un tocco leggerissimo, darei un
volume dinamico del valore virtuale 5: vuol dire che nel contesto di
un gruppo, la parte che sta suonando non si sentirebbe affatto. Al
contrario, se suono "pestando le corde", posso arrivare ad avere un
volume troppo forte, ad esempio 95. L'amplificazione, che magari
era regolata ad un volume alto, farà saltare tutti dallo spavento.
Un suono distorto, compresso dai circuiti, ha invece una dinamica
più limitata, supponiamo da 20 a 80: suonando leggeri, avrò un
volume minimo a 20, suonando forte arriverò al massimo a 80.

Nello schema a lato potete notare la


differenza in dinamica tra un suono
clean e uno distorto.

Riassumendo, possiamo trovare nei suoni puliti due tipi di difficoltà:

 Eseguendo parti dinamicamente delicate, come ad esempio


possono essere gli arpeggi tipici dell'accompagnamento, molto
probabilmente il suono sarà debole nei confronti del resto del
gruppo.
 Se si eseguono ritmiche di una certa potenza, come la ritmica
funky (che è molto percussiva), il volume di uscita sarà molto
alto, e perciò, oltre a disturbare gli altri della band, si
manderanno in picco le unità in serie dopo il preampli.

Le soluzioni di questo tipo di problemi sono queste:


 si usa un compressore o un limiter.
 si controllano gli scompensi utilizzando il potenziometro del
volume sulla chitarra. Quindi questo vuol dire che dobbiamo
chiudere leggermente il volume quando suoniamo con una
buona botta della mano destra, e aprirlo quando siamo più
leggeri. In questo modo, che tra l'altro è sempre stato usato
(specialmente quando non si usavano gli effetti), abbiamo così
un controllo della dinamica anche sui suoni puliti.

Per finire, ricordo che un suono molto distorto causa anche tanta
compressione e quindi, a pari volume con un suono più crunch (e
quindi meno distorto), si sentirà meno nel contesto globale della
band. Di conseguenza, si dovrà tenere il volume del suono molto
distorto leggermente più alto rispetto al suono più crunch.
A questo punto vediamo come il suono preamplificato può essere
effettato utilizzando il send-return dell'amplificatore.

Send & return
Tutto il sistema di preamplificazione si basa sul controllo di volume
globale della sezione output, che, a seconda della concatenazione
delle apparecchiature, sarà o sul preamplificatore o sulle unità
multieffetto. Dipende dalla loro posizione nel percorso del segnale.
Ogni tipo di effetto, intendendo in questo senso apparecchiature a
rack o, eventuelmente, pedalini appositamente dedicati, dovrebbe
lavorare sul suono dopo che il segnale viene preamplificato.
Utilizzando il send-return, il suono verrà a passare negli effetti
tramite il pre, che lo riprenderà per poi inviarlo all'uscita del pre
stesso e sarà controllato dal potenziometro del volume output level
sul preampli (grafico A). Se invece gli effetti sono in serie dopo il
pre (si definisce sistema a cascata), l'output level dell'ultima
apparecchiatura nel percorso del segnale avrà il controllo del
volume globale (grafico B).

Il send-return è un ottimo sistema per i collegamenti di effetti


all'interno di un preamplificatore. Avevamo già accennato a questo
sistema nella sezione dedicata agli amplificatori, i quali racchiudono
in un blocco compatto sia il pre che il finale.
Analizzando il percorso del segnale, si può notare che il suono
dovrebbe giungere al finale completo di tutte le caratteristiche
costruite durante il tragitto. Gli effetti dovrebbero essere inseriti, a
seconda della loro tipologia, in punti diversi: compressori, distorsori,
equalizzatori vanno posti prima del preampli, mentre gli effetti
d'ambientazione (chorus, delay, riverbero ecc,) dopo. Vi sono
anche delle eccezioni, in quanto a seconda delle varie impedenze
delle apparecchiature queste possono essere inserite in determinati
punti. Il send-return viene utilizzato per mantenere il più possibile il
segnale analogico, mixandolo appunto con gli effetti digitali. Questi,
all'interno del pre, verranno utilizzati in maniera da influire il meno
possibile con la natura analogica del suono, lavorando comunque
nelle loro caratteristiche. Questo perché non tutte le
apparecchiature digitali offrono una conversione A/D-D/A
(analogico/digitale - digitale/analogico) di ottimo livello, e proprio per
questo motivo collegandole in cascata dopo il pre potrebbero
influire negativamente sul suono, facendogli ad esempio perdere
determinate frequenze oppure "mangiando" dinamica alla pasta
effettiva del suono. Vediamo quindi come comportarsi con i vari tipi
di effetti nel loro rapporto send-return.
Innanzitutto controlliamo l'impedenza di lavoro: i pedali solitamente
prediligono segnali di basso livello (l'uscita della chitarra), mentre gli
effetti a rack generalmente i segnali di linea, che sono di alto livello,
anche se alcuni possono disporre della selezione per lavorare con
entrambi i tipi di segnale. Nello stesso send-return non possono
coesistere pedali e processori, a meno che non si voglia
guadagnare in rumore piuttosto che in suono: in pratica avremo un
aumento di fruscio e una diminuzione del volume. Può capitare che
un pre abbia a disposizione due send-return: in questo caso
possiamo collegare in uno i pedali (segnali di basso livello, ad es.
-10db), all'altro i processori a rack (segnali di linea, cioè +4db).
Attenzione al fatto che i due send-return siano indipendenti e non
stereofonici. In quest'ultimo caso devono essere adattati ad una
linea di segnale stereo. Solitamente il send-return a basso livello
lavora prima dei controlli di equalizzazione, i quali opereranno
sull'unità a rack, lasciando inalterato il segnale trattato nel primo
send-return. Nella maggior parte dei casi, troviamo un solo send-
return nel pre, che avrà molto probabilmente a fianco un pulsante di
selezione che serve a regolare due valori (-10db o +4db):
selezioniamo il primo per i pedali e il secondo per le unità a rack.
Possiamo infine trovare anche un potenziometro di regolazione
della mandata effetti, molto utile per ottimizzare una regolazione
fine, in quanto può capitare di trovare effetti con tarature diverse da
quelle sopra descritte: è molto raro che succeda, ma nel caso
stiamo sempre nei parametri sopra descritti, che sono standard. I
collegamenti possono essere fatti in serie, in parallelo o in entrambi
i casi. Se manca quest'ultima opportunità, è necessario sapere in
quale due modi precedenti si tratta, in quanto questo ha una grande
influenza sul suono. Conviene quindi guardare le istruzioni.

Collegamenti del send-return in parallelo.

Con questo sistema si divide il segnale in due parti: uno viaggia


attraverso il pre fino all'output, l'altro viene prelevato dal send e
inviato al processore esterno, che dopo averlo elaborato lo rimanda
nel return. In questo punto il segnale effettato può essere mixato
con l'originale da un apposito controllo (mix, effect ecc.). E'
fondamentale che il segnale di ritorno all'ampli sia solo quello
effettato: azzeriamo quindi sul processore esterno il controllo del
segnale dry (diretto), in quanto quest'ultimo è già presente nel pre
ed è perciò inutile farne arrivare un altro.

Collegamenti del send-return in serie.

L'intero segnale viene inviato al processore utilizzando il send-


return in serie. Dopo essere stato effettato, ritorna al preampli: in
questo caso la differenza del bilanciamento è data dai controlli dry e
level nel processore.
Dividiamo in due categorie i processori.

 Effetti che processano l'intero segnale, che sono il Distorsore,


il Compressore, l'Equalizzatore ecc., per i quali è consigliato il
collegamento tra chitarra e ampli oppure nel send-retun in
serie, in quanto lavorano sulla pasta del suono in tempo reale.
 Effetti che mixano una porzione di segnale trattato a quello
originale, quali il Flanger, il Chorus, il Delay, il Pitch
transposer, il Riverbero ecc. A questi è consigliato il
collegamento in parallelo perché lavorano sui circuiti di tempo
di ritardo. Bisogna comunque fare una premessa: alcuni
processori di qualità elevata (Eventide, TC Elet.) hanno una
processione A/D-D/A talmente elevata da non influire
negativamente sul segnale dry, per cui possono essere messi
in serie nel send-return o addirittura in cascata dopo il pre e
prima del finale. Rimane comunque il fatto che in parallelo...

Il distorsore è poco consigliabile nel send-return: anzi, non


bisognerebbe proprio mai metterlo. Il compressore può essere
collegato nella mandata effetti (un altro modo di chiamare il send-
return), ma è preferibile prima (se a pedale) o dopo il pre in cascata
(se è a rack). In questo caso non si dovrebbero collegare
processori nel send-return.
Un ulteriore uscita che è possibile trovare nel preamplificatore e la
direct output.

Direct Outputs
Quando si registra in sala di incisione, oppure suonando dal vivo in
ambienti grossi o all'aperto, bisogna raccogliere il suono per
mandarlo rispettivamente al banco regia o al mixer Live. In gergo si
dice microfonare la chitarra: si usano infatti uno o più microfoni per
prelevare il suono sviluppato dai coni delle casse della chitarra.
Molto importante la scelta dei microfoni e la relativa posizionatura
davanti al cono. Questo è stato, e molto probabilmente sarà sempre
il migliore sistema per amplificare la nostra strumentazione.
Usare i microfoni può però portare a dei problemi: risonanze
indesirate, rientri di altri strumenti vicini e, perché no, anche il lavoro
che occorre per piazzare il microfono stesso. Per questi (e altri)
motivi sono nate le Direct Outputs (detti anche Recording
Outputs, Full Range Outputs ecc.). Si tratta di un uscita,
generalmente stereo (da qui il plurale), da cui si invia un segnale
bilanciato che deve essere inviato nei sistemi Full Range (che poi
sono gli impianti voce, i mixers, i registratori) simulando il suono
che raccoglierebbe un microfono posizionato davanti al cono della
cassa. Questo sistema è contenuto nella maggior parte dei moderni
preamplificatori e, cosa sempre più comune da riscontrare, anche
negli amplificatori ultima generazione. In alcuni casi troviamo
addirittura la possibilità di imitare un tipo di cassa piuttosto che un
altro: si può optare per una cassa aperta con un cono da 12 pollici
(il diametro), oppure per una 4x12 chiusa (tipica cassa Marshall).
Questo sistema è definito Speaker Cabinet Emulator, ed è un
circuito posto sull'uscita delle Direct Outputs. E' possibile trovarlo
anche come unità a rack o come semplici scatolotti (probabilmente
il più famoso è la Red Box della Hughes & Kettner). Non
colleghiamo mai le normali uscite L e R del preampli (Amplifer
outputs) per inviare il segnale al mixer. Queste sono concepite per
dare un segnale calibrato per un finale di potenza per chitarra, il
quale passerà il suono agli altoparlanti, i quali sono volutamente
scarni, cioè non sono in grado di diffondere l'intero spettro sonoro
delle frequenze (Full Range). Ma è proprio l'abbinamento di questo
sistema che dà il suono della chitarra. Quindi, se mandiamo il
segnale prelevato dalle uscite di linea ad un mixer, questo non sarà
in grado di interagire perfettamente: usando le distorsioni otterremo
il tipico effetto "zanzara" (se volete star male provate pure), mentre
sui suoni puliti la dinamica andrà a farsi benedire. Attenzione anche
alle uscite Line Out presenti sugli amplificatori di basso costo, in
quanto teoricamente potrebbero essere collegate ad un mixer, ma è
meglio utilizzare un microfono.
Utilizzare le Direct Outputs può portare quindi a dei vantaggi
notevoli, che poi sono il contrario di alcuni possibili inconvenienti
visti sopra per i microfoni: Rimane comunque il fatto che le Direct
Outputs offrono solo una simulazione della microfonatura, la cui
qualità sonora è, come già detto, superiore. Il sistema di lavoro del
microfono è simile all'orecchio umano, ma con una maggiore
fedeltà sonora. Al contrario dello Speaker Emulator, ha la capacità
di interagire con l'ambiente, che ha una particolare importanza nel
sound globale. La simulazione, seppure molto fedele, rimane
comunque una simulazione, e quindi la scelta varia a seconda delle
esigenze e dei casi.

Il Finale di potenza
Arriviamo all'ultimo stadio di amplificazione: il finale. Questo ha il
compito di amplificare in misura rilevante tutto il segnale che vi
entra, ritoccandolo leggermente in alcuni casi, per poi spedirlo alle
casse, le quali permettono poi di farlo sentire sotto forma di suono.
La filosofia costruttiva di un finale rispecchia quella tipica dei finali
contenuti all'interno di un'amplificatore, con la differenza che si
trova singolarmente come unità a rack e, generalmente, è
stereofonico, in quanto possiede due canali con i loro relativi
controlli.
Un finale può essere costruito con circuitazione valvolare o a
transistor o addirittura ibrida, nel senso che si trova ad avere una
circuitazione mista. I tipici controlli che possiamo trovare per ogni
singolo canale sono il volume e il presence.
Il volume, ovviamente, controlla il livello di uscita del canale.
Il presence controlla la presenza del segnale, utile come possibile
ritocco del suono globale dal vivo, in quanto può fare in modo che
la nostra performance si distingua con più chiarezza durante il
concerto, enfatizzando le frequenze medio-alte.
Solitamente sono questi i controlli che si trovano sul pannello
frontale dei comuni finali, più che sufficienti ad amplificare
correttamente il suono nel modo a noi idoneo. Può capitare di
trovare anche controlli a selezione che operano dei tagli netti ai
bassi e ai medio-alti.
Nel pannello posteriore abbiamo invece una o più uscite Line Out
per ogni canale. Sono le uscite a cui andranno collegate le casse.
Attenzione alle impedenze di queste uscite, che dovranno essere
compatibili con le impedenze delle casse. Possiamo avere uscite
da 4ohm, 8ohm e 16ohm (a seconda del tipo di finale e di
amplificatore), in modo da creare qualsiasi combinazione tra finale
e casse. In alcuni casi si può fare confusione proprio sugli
abbinamenti delle impedenze tra finali e casse. Vediamo quindi di
fare un po' di chiarezza con il grafico seguente.

  FINALE CASSA  
  8ohm 8ohm  
  16ohm 16ohm  
  8ohm 16ohm  
  4ohm 8ohm  

Si può quindi affermare che le impedenze uguali sono chiaramente


abbinabili fra loro, mentre un finale che ad esempio ha un uscita di
8 ohm può essere collegato ad una cassa che abbia l'entrata a 16
ohm. Questo vale su ogni canale di uscita del finale. Bisogna poi
aggiungere che i finali a transistor non soffrono particolarmente nei
casi in cui i collegamenti con le casse siano sbagliati (al limite può
esserci una leggera perdita di volume), mentre i finali valvolari, ed
in particolare quelli vecchi, possono subire danni, anche seri.
Consultiamo sempre i manuali guida allegati ad ogni finale.
Adattare l'impedenza di uscita del finale di potenza a quella degli
speaker significa fare in modo che tutta l'energia emessa dal finale
venga trasferita alle casse senza perdita di segnale e quindi far
funzionare il sistema al meglio delle sue possibilità (ed evitare
danni), e per ciò i valori sopra descritti non danno problemi, anche
se è sempre meglio collegare due impedenze di valore uguale.
Usando sistemi più complessi (ad esempio più speaker collegati
allo stesso finale), bisogna fare in modo che il valore totale
dell'impedenza degli altoparlanti sia corrispondente a quello
presente sul finale.
Possiamo avere due tipi di collegamento: in serie o in parallelo.
Collegare in serie due altoparlanti significa unire un terminale
positivo ed uno negativo dei due e collegare all'amplificatore i
rimanenti due terminali rimasti scollegati. I loro valori si sommano:
per esempio, due altoparlanti da 8 ohm in serie danno 16 ohm.
Quando gli altoparlanti sono collegati in parallelo, i terminali dello
stesso segno sono uniti tra loro. Per ottenere il valore totale
bisogna utilizzare una formula, indicando con R1 ed R2 i valori di
due altoparlanti, ed eseguire. (R1 x R2)/(R1 + R2). Con due
altoparlanti da 8 ohm, per esempio, avremo: (8x8)/(8+8) = 64/16 = 4
ohm. In pratica, collegando due altoparlanti uguali in parallelo il
valore si dimezza. Il sistema di collegamento in parallelo è molte
volte già inserito nei finali (occhio al manuale!), e di conseguenza
permette situazioni di collegamenti elaborate.
Oltre alle uscite per le casse, nel pannello posteriore trovano posto
il fusibile di protezione (uno o più a seconda del finale), e in alcuni
casi delle uscite per pedali Foot Switch, per il controllo a distanza di
selettori di controllo, se sono presenti nel finale. Per finire , voglio
ricordare che i finali a valvole sono delicati, ed è quindi importante
che all'interno di un rack abbiano un buon ricircolo d'aria, in quanto
la temperatura delle valvole è molto elevata, e proprio queste
devono essere fatte raffreddare prima di rimuovere il finale, il quale,
chiaramente, dovrebbe subire meno botte possibili

Conclusioni
In alcuni casi vi è la necessità di utilizzare solo il pre o il finale del
nostro amplificatore, ad esempio in quei casi dove troviamo il pre o
il finale insoddisfacente. E' possibile collegare il preamplificatore ad
un amplificatore o ad una testata, utilizzando il send-return di questi
ultimi. Con questo sistema si utilizza quindi il pre separato, che può
essere scelto tra marche e modelli diversi, e il finale
dell'amplificatore (o testata). Il segnale viene prelevato da un uscita
del pre e inviato al return nell'ampli, saltando tutta la parte di
preamplificazione dell'amplificatore (o della testata): si utilizza così
solo il finale e le casse dell'amplificatore. Il volume globale sarà
dato dal Master Volume.
Se invece non si vuole utilizzare il finale dell'ampli (o della testata),
si può prelevare il segnale dal send e inviarlo ad un finale separato
oppure ad uno Speaker Emulator, da cui verrà inviato al mixer.
Generalmente, comunque, viene utilizzato il primo sistema.
Quando adottare un sistema pre e finale al posto di un
amplificatore? Non si può dare una risposta che azzecchi ogni
situazione. E' chiaro comunque il fatto che se dobbiamo fare una
serie di concerti dove utilizziamo solo due o tre suoni, è inutile
spendere tanti soldi per un sistema che non sfrutteremo, a meno
che non troviamo nel sistema separato il suono e le caratteristiche
ideali per il lavoro che dobbiamo fare. Tra l'altro molti ritengono che,
a parità di caratteristiche, un amplificatore compatto (o una testata
e cassa) suonino un po' meglio rispetto ad un sistema pre e finale
separati. Ricordiamo che il gusto personale conta più di tutti, e
quindi a voi la scelta.

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