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Il ruolo dell'amplificatore
La chitarra elettrica richiede un'amplificazione che potenzi il segnale
generato dai suoi pick-ups quando viene suonata. Essa non può
essere collegata direttamente all'altoparlante,il cui funzionamento
esige un'energia ben superiore a quella fornita dai pick-ups. E'
pertanto indispensabile utilizzare un amplificatore. Questo anello
della catena elettroacustica impiega energia elettrica proveniente
da una fonte esterna (corrente o batterie) e utilizza la tensione del
segnale proveniente dalla chitarra per controllare l'invio di tale
energia all'altoparlante. L'amplificatore consente di modificare il
tono e il volume e di aggiungere caratteristiche quali la distorsione e
il riverbero. Molti musicisti pensano all'amplificazione strettamente
in termini di amplificatori di potenza utilizzati per azionare gli
altoparlanti,ma nel vero senso la parola amplificatore può indicare
anche molti dispositivi di elaborazione del suono
(equalizzatori,espansori,compressori ecc.).
Gli amplificatori possono essere costruiti con due diverse
tecnologie: a valvole o a transistor. Le filosofie,come,si usa
dire,sono diverse,e in un certo senso lo sono anche le
caratteristiche del suono amplificato. Per il tramite dell'amplificatore,
il segnale d'ingresso del suono originale può essere riprodotto
all'uscita (altoparlante) con grande precisione. E'
questo,sostanzialmente,il significato di alta fedeltà. L'amplificazione
HI-FI (alta fedeltà) è un esigenza fondamentale per le chitarre
acustiche,i bassi (per cui si richiedono a volte sonorità
pulitissime),le tastiere,i fiati e particolarmente la voce umana.
Un amplificatore può essere anche progettato per fornire un
arricchimento armonico dei segnali ad esso inviati. Molti chitarristi
elettrici preferiscono al suono fedele questa qualità,dal momento
che se ne servono come fattore determinante per creare il proprio
suono personale. L'effetto può anche essere utile per certi strumenti
a tastiera,ma,in genere,è inadeguato per la maggior parte degli altri
strumenti a meno che non si miri a risultati particolari.
Gli amplificatori combinati con l'altoparlante (o gli altoparlanti) sono
detti amplificatori combo. Sono agevolmente trasportabili e facili da
sistemare,ma nei casi di maggiore flessibilità (come nelle necessità
di aggiungere potenza extra),si preferisce usare amplificatori
(testate) separati dalle casse. I blocchi possono essere messi in
pila (cioè uno sopra l'altro) o si può porre l'amplificatore ad una
certa distanza dalle casse per ridurre i rischi di danno da
vibrazione.
Valvolare e transistor
Un amplificatore a valvole portato ad alto livello di volume inizia a
distorcere in modo tipico: il suono diviene ricco e caldo grazie alla
preponderanza di armoniche. E' una distorsione piacevole
all'ascolto.
Gli amplificatori a transistor, al contrario, tendono a produrre in
distorsione soprattutto armoniche dispari, e ciò porta ad una
colorazione sgradevole del suono, che si contrappone alla resa ad
alta fedeltà che tali amplificatori hanno a volume più basso. I
chitarristi elettrici preferiscono per lo più la ricchezza armonica
dell'amplificatore a valvole.
La richiesta di suoni di tipo valvolare è sempre viva, benchè gli
apparecchi solid-state siano maneggevoli, robusti e in genere più
comodi per il trasporto. Molti costruttori hanno perciò iniziato a
combinare i pregi di entrambi i tipi di circuitazione, producendo
amplificatori a transistor dal suono analogo, anche se discutibile, a
quello dei modelli a valvole. Alcuni ibridi si avvalgono di stadi sia
valvolari sia a transistor, fornendo così una certa varietà di suoni.
La tecnologia moderna ha comunque portato a dei risultati
veramente sorprendenti, in quanto alcune forme di simulazione
valvolare di certi modelli sono veramente impressionanti per la loro
fedeltà al punto da renderne difficile la comparazione.
Caratteristiche di accensione
Gli amplificatori a valvole richiedono qualche istante per riscaldarsi
fino a raggiungere una temperatura adeguata al funzionamento. La
valvola, infatti, non è in grado di entrare in azione finche il filamento
ha surriscaldato il catodo al punto che gli elettroni vengono emessi
dalla superficie sotto l'effetto della tensione applicata. Il tasto di
attesa (stand-by) che si trova su quasi tutti gli amplificatori a
valvole interrompe le alte tensioni della valvola,ma lascia
completamente in azione il meccanismo di riscaldamento a bassa
tensione. Ciò consente di mantenere l'amplificatore caldo, pronto
per un uso immediato.
Gli amplificatori a transistor rispondono subito all'accensione, e non
richiedono alcun riscaldamento preliminare. L'iniziale extra-
corrente, generata nel circuito che carica i condensatori e stabilisce
la tensione di funzionamento, causa però un rumore improvviso o
un colpo negli altoparlanti. Si tratta di un inconveniente oltre che
fastidioso anche pericoloso per i coni, specie negli amplificatori di
una certa potenza. Perciò in molti ampli è incorporato un circuito
automatico che blocca per alcuni secondi l'erogazione di potenza
agli altoparlanti.
Le valvole
Abbiamo visto la differenza tra la circuitazione valvolare e quella a
transistor. Vediamo ora di analizzare le valvole, anche perché è
fondamentale capirne il funzionamento e le differenze tra i vari
modelli, in modo da abbinare nel migliore modo possibile l'ampli e
le valvole con il tipo di suono preferito. Fondamentalmente in un
amplificatore abbiamo quattro tipi di valvole con funzioni diverse,
che analizzeremo una a una. Nel preamplificatore, che spesso è a
più stadi, si utilizzano più di una valvola. Se sono presenti effetti
come il riverbero e il vibrato, nei modelli di alto livello sono pilotati
da valvole (mentre nelle versioni più economiche solitamente si
usano circuiti ''solid state'' anche per questi effetti).
Valvole preamplificatrici
La valvola preampliflicatrice preamplifica il segnale in ingresso. Le
più usate sono le 12AX7, note in Europa con la sigla ECC83 (a
livello industriale viene catalogata 7025). Anche se le
denominazioni sono diverse, tecnicamente si tratta dello stesso tipo
di valvola, ma il fatto che venga prodotta in Europa, in America o ad
esempio su specifiche militari (in questo senso vengono tra l'altro
parecchio usate), porta a udibili differenze a livello timbrico e nelle
capacità di guadagno. Oggi, essendo cessate le produzioni sia
europee che americane, le sigle diverse indicano in pratica le
differenti caratteristiche. Generalmente le 7025 hanno un maggiore
guadagno e un suono più brillante, mentre gli altri due tipi hanno un
suono più ricco di medi e un timbro più caldo. I vecchi Fender
usavano le 12AY7, caratterizzate da un guadagno leggermente
inferiore e un suono più morbido.
Valvole sfasatrici
Queste valvole pilotano il finale del pre ma anche ad esempio il
riverbero interno. Solitamente si usano le 12AT7, le ECC81 o le
6201. Alcuni preferiscono le 12AX7 anche come sfasatrice, per un
suono più compresso e aggressivo.
Valvole rettificatrici
La valvola rettificatrice ha il compito di trasformare la corrente
alternata di rete in corrente continua all'interno dell'apparecchiatura.
La più usata è la GZ34, denominata in America 5AR4, mentre su
molti Fender vintage si possono trovare la 5U4 o la 5Y3.
La scelta di un tipo di valvola o l'altro dipende dalle caratteristiche
del circuito e dalle tensioni in gioco, quindi non a scelta dell'utente.
Il processo di rettificazione tramite l'uso della valvola,
paragonandola al processo tramite diodi, a parità di circuito provoca
una lieve diminuzione di potenza nell'ampli, ma dà un suono più
morbido, più carico di armoniche (specialmente ad alto volume),
una migliore distorsione e una compressione naturale del suono
che aumenta man mano che aumenta il livello di uscita. Come
ultima cosa si può dire che, sempre paragonando i due sistemi,
rende il timbro più caldo.
Valvole finali
Il compito di queste valvole è di fornire agli altoparlanti l'energia,
che determina la potenza complessiva dell'intero sistema. Due sono
i modelli a maggiore diffusione: le 6L6, usate tra l'altro per ampli
come Fender, Ampeg, Gibson, Mesa Boogie ecc., e le EL34,
solitamente usate dai Marshall. Ultimamente è possibile trovare i
Marshall che montano le 6L6- modello 5881- per problemi di
reperibilità delle EL34.
I caratteri timbrici dei due tipi di valvole sono piuttosto diversi. Le
6L6 sono brillanti e tendenzialmente lineari e hanno un buon
margine di pulizia sonora prima di saturare. Le EL34 sono invece
più grintose, con una maggiore enfasi sugli estremi di banda (un po'
più nasali) e un'attitudine alla distorsione maggiore .
Un altro modello, con un timbro più dolce e una minore potenza,
sono le EL84, rese famose da un mitico ampli quale il Vox AC30,
ricercate soprattutto anche per i bassi morbidi, le medie
leggermente bronzate e gli acuti trasparenti.
Negli Stati Uniti sono molto usate le 6V6 per amplificatori di bassa
potenza. Queste hanno una distorsione più calda e un timbro più
chiaro e più dolce rispetto alle ben più potenti cugine 6L6. Spinte al
limite rendono un suono abbastanza tipico, irrinunciabile per molti
chitarristi.
Il Preamplificatore
Come già avevamo visto nella pagina iniziale di questa sezione, la
chitarra elettrica deve essere amplificata per fare in modo che abbia
il suono, il volume e l'equalizzazione che vogliamo. Questo ruolo è
sostenuto dall'amplificatore, di cui abbiamo già ampiamente parlato.
Quello che invece vedremo in queste prossime pagine è un altro
tipo di sistema di amplificazione, che si ottiene dividendo il lavoro
dell'amplificatore in due parti: il preamplificatore e il finale. In questo
modo abbiamo la possibilità di utilizzare addirittura due marche
diverse (pre di tale modello, finale di tale marca), in modo da avere
anche filosofie costruttive diverse (pre inglese, con il tipico suono
britannico e quindi e quindi pompato magari sui bassi e acuti, finale
americano che generalmente offre un suono molto più pieno e
corposo). Per finire, le due macchine sono generalmente a rack,
quindi possono far parte di sistemi complessi, programmabili e
anche facilmente sostituibili (mentre se si è scontenti del pre o del
finale nell'amplificatore compatto, bisogna sostituire tutto).
Sistemi Operativi
I preamplificatori a rack si dividono in due categorie: Pre a canali e
Pre midi programmabili. Vediamone ora le differenze.
Sistemi a Canali.
Sono di concezione molto simili a quelli inclusi negli amplificatori. Il
loro lavoro è di elaborare il suono, singolarmente per ogni canale
che adottano (solitamente due, tre o al massimo quattro). Possono
dare quindi suoni puliti, crunch, distorti.
Le sonorità richiamabili in tempo reale possono variare da modello
a modello. Solitamente sono dotati di uscite switch, che permettono
un controllo a distanza del pre, oppure di propria pedaliera di
comando. Rispetto ai Pre midi programmabili, hanno la differenza di
essere molto semplici a livello operativo (in pratica è come usare un
amplificatore), e di essere molto meno costosi rispetto ai
corrispettivi modelli midi (molte ditte offrono su un modello di pre sia
la versione normele sia la versione programmabile).
La scelta viene fatta chiaramente anche in base al portafoglio, ma
soprattutto in merito al lavoro che deve svolgere il pre: se si ha
bisogno di due o tre suoni, ovviamente ci si rivolge al sistema
semplice, quindi quello non programmabile. Bisogna comunque
ricordare che si può rendere programmabile anche un sistema
semplice. Come, direte voi. Ne parleremo dopo.
Controlli
Sia i preampli Midi che quelli non programmabili devono essere
intesi come i pre degli amplificatori, appunto perché svolgono lo
stesso identico lavoro. Possono essere costruiti con circuitazione a
transistor oppure valvolare e i consigli dati precedentemente vanno
seguiti anche in questo caso. I controlli sono simili, ma possono
essere aggiunte variazioni e "optional", come vedremo ora:
ovviamente si tratterà l'argomento in generale, questo perché alcuni
pre adottano questi sistemi, altri no.
Equalizzazione Pre-Distortion.
Prima di giungere allo stadio di guadagno, il segnale può essere
trattato da un equalizzatore di "pre-distorsione". Fino a questo
punto, il pre non ha ancora iniziato il lavoro, e quindi si può
paragonare l'equalizzatore "pre-distorsione" a un controllo di tono
sulla chitarra oppure al pedale equalizzatore posto tra quest'ultima
e il pre. L'unica differenza è che l'equalizzatore si trova
"fisicamente" all'interno della scatola a rack e può essere
programmato. Con questo controllo, quindi, si tratta il suono puro
della chitarra. Ma, attenzione: un'operazione fatta male in questo
punto, influisce negativamente su tutto il sound finale e perciò va
fatta minuziosamente. Provate a chiudere il tono della chitarra: se
poi si desidera un suono chiaro e cristallino, sarà impossibile
ottenerlo. L'equalizzazione "pre-distortion" deve essere quindi usata
come un leggero ritocco del suono.
Gain
A questo punto si arriva allo stadio di guadagno, e qua possiamo
trovare questi controlli:
Il suono che è stato ottenuto nella sezione gain, può essere ora
rifinito. Attenzione! In questo stadio si ritocca leggermente il suono,
ma non si fanno stravolgimenti alla pasta del suono, che assume le
proprie caratteristiche nel precedente stadio. Con l'equalizzatore
"post-distorsione" si può intervenire là dove coesistono delle piccole
imperfezioni del suono. Facciamo degli esempi.
Output
Dopo essere stato processato, il suono viene diretto alla sezione
output, che si occupa di regolare il volume in uscita dal pre.
Solitamente abbiamo la possibilità di regolare il volume globale
dell'apparecchiatura e, per quanto riguarda i pre Midi, anche quella
di regolare il volume di ogni singolo preset. Il volume globale
manteniamolo sempre intorno a metà corsa, in modo da dare la
possibilità di programmare i preset con un volume non troppo alto,
in quanto è meglio lasciare sempre la possibilità di aggiungere
volume o di toglierlo. Il volume globale viene spesso chiamato
output level; molte volte troviamo anche un controllo in ingresso
del volume (imput level), che regola il segnale in entrata. Questo
può essere regolato a seconda della potenza di uscita della
chitarra. Nei preamplificatori non programmabili non esistono
relativi problemi di volume sui suoni interni, in quanto è possibile
intervenire in tempo reale durante la performance: al limite bisogna
bilanciare i volumi tra i vari canali che offre il pre. Non è così per i
preamplificatori Midi, nel senso che, pur essendo più versatili, gli
errori fatti in fase si programmazione li paghiamo poi dal vivo.
Programmazione
Ed eccoci al punto critico: come programmare tutto il sistema?
Innanzitutto bisogna calcolare sempre che programmare in casa, in
cuffia o in ambienti dove poi non si suona, dà come risultato che
molto probabilmente i suoni programmati non saranno perfetti dal
vivo. Il motivo è facilmente immaginabile, in quanto ogni ambiente
ha una sua acustica. Quindi il procedimento migliore sarebbe quello
di costruire i suoni in ambienti adatti, come può essere una sala
prova insonorizzata, in modo tale che il suono risulti perfetto in
partenza. Quando siamo sul palco approfittiamo dei momenti liberi
per correggere eventuali difetti che possono crearsi a causa
dell'acustica del locale stesso. Dopo questo voglio aggiungere che
è molto importante provare i suoni direttamente con un gruppo o
con una base musicale, per avere sempre conferma dei livelli di
effetti, equalizzazione, volumi nei preset e dosaggio di effetti, cosa
che altrimenti risulterebbe difficile suonando dassoli (difficile, ma
comunque non impossibile, in quanto in molti casi si finirà poi per
programmare in casa).
Dosiamo quindi perfettamente i volumi interni ad ogni singolo
preset, eventualmente prestando fede ai seguenti consigli.
Per finire, ricordo che un suono molto distorto causa anche tanta
compressione e quindi, a pari volume con un suono più crunch (e
quindi meno distorto), si sentirà meno nel contesto globale della
band. Di conseguenza, si dovrà tenere il volume del suono molto
distorto leggermente più alto rispetto al suono più crunch.
A questo punto vediamo come il suono preamplificato può essere
effettato utilizzando il send-return dell'amplificatore.
Send & return
Tutto il sistema di preamplificazione si basa sul controllo di volume
globale della sezione output, che, a seconda della concatenazione
delle apparecchiature, sarà o sul preamplificatore o sulle unità
multieffetto. Dipende dalla loro posizione nel percorso del segnale.
Ogni tipo di effetto, intendendo in questo senso apparecchiature a
rack o, eventuelmente, pedalini appositamente dedicati, dovrebbe
lavorare sul suono dopo che il segnale viene preamplificato.
Utilizzando il send-return, il suono verrà a passare negli effetti
tramite il pre, che lo riprenderà per poi inviarlo all'uscita del pre
stesso e sarà controllato dal potenziometro del volume output level
sul preampli (grafico A). Se invece gli effetti sono in serie dopo il
pre (si definisce sistema a cascata), l'output level dell'ultima
apparecchiatura nel percorso del segnale avrà il controllo del
volume globale (grafico B).
Direct Outputs
Quando si registra in sala di incisione, oppure suonando dal vivo in
ambienti grossi o all'aperto, bisogna raccogliere il suono per
mandarlo rispettivamente al banco regia o al mixer Live. In gergo si
dice microfonare la chitarra: si usano infatti uno o più microfoni per
prelevare il suono sviluppato dai coni delle casse della chitarra.
Molto importante la scelta dei microfoni e la relativa posizionatura
davanti al cono. Questo è stato, e molto probabilmente sarà sempre
il migliore sistema per amplificare la nostra strumentazione.
Usare i microfoni può però portare a dei problemi: risonanze
indesirate, rientri di altri strumenti vicini e, perché no, anche il lavoro
che occorre per piazzare il microfono stesso. Per questi (e altri)
motivi sono nate le Direct Outputs (detti anche Recording
Outputs, Full Range Outputs ecc.). Si tratta di un uscita,
generalmente stereo (da qui il plurale), da cui si invia un segnale
bilanciato che deve essere inviato nei sistemi Full Range (che poi
sono gli impianti voce, i mixers, i registratori) simulando il suono
che raccoglierebbe un microfono posizionato davanti al cono della
cassa. Questo sistema è contenuto nella maggior parte dei moderni
preamplificatori e, cosa sempre più comune da riscontrare, anche
negli amplificatori ultima generazione. In alcuni casi troviamo
addirittura la possibilità di imitare un tipo di cassa piuttosto che un
altro: si può optare per una cassa aperta con un cono da 12 pollici
(il diametro), oppure per una 4x12 chiusa (tipica cassa Marshall).
Questo sistema è definito Speaker Cabinet Emulator, ed è un
circuito posto sull'uscita delle Direct Outputs. E' possibile trovarlo
anche come unità a rack o come semplici scatolotti (probabilmente
il più famoso è la Red Box della Hughes & Kettner). Non
colleghiamo mai le normali uscite L e R del preampli (Amplifer
outputs) per inviare il segnale al mixer. Queste sono concepite per
dare un segnale calibrato per un finale di potenza per chitarra, il
quale passerà il suono agli altoparlanti, i quali sono volutamente
scarni, cioè non sono in grado di diffondere l'intero spettro sonoro
delle frequenze (Full Range). Ma è proprio l'abbinamento di questo
sistema che dà il suono della chitarra. Quindi, se mandiamo il
segnale prelevato dalle uscite di linea ad un mixer, questo non sarà
in grado di interagire perfettamente: usando le distorsioni otterremo
il tipico effetto "zanzara" (se volete star male provate pure), mentre
sui suoni puliti la dinamica andrà a farsi benedire. Attenzione anche
alle uscite Line Out presenti sugli amplificatori di basso costo, in
quanto teoricamente potrebbero essere collegate ad un mixer, ma è
meglio utilizzare un microfono.
Utilizzare le Direct Outputs può portare quindi a dei vantaggi
notevoli, che poi sono il contrario di alcuni possibili inconvenienti
visti sopra per i microfoni: Rimane comunque il fatto che le Direct
Outputs offrono solo una simulazione della microfonatura, la cui
qualità sonora è, come già detto, superiore. Il sistema di lavoro del
microfono è simile all'orecchio umano, ma con una maggiore
fedeltà sonora. Al contrario dello Speaker Emulator, ha la capacità
di interagire con l'ambiente, che ha una particolare importanza nel
sound globale. La simulazione, seppure molto fedele, rimane
comunque una simulazione, e quindi la scelta varia a seconda delle
esigenze e dei casi.
Il Finale di potenza
Arriviamo all'ultimo stadio di amplificazione: il finale. Questo ha il
compito di amplificare in misura rilevante tutto il segnale che vi
entra, ritoccandolo leggermente in alcuni casi, per poi spedirlo alle
casse, le quali permettono poi di farlo sentire sotto forma di suono.
La filosofia costruttiva di un finale rispecchia quella tipica dei finali
contenuti all'interno di un'amplificatore, con la differenza che si
trova singolarmente come unità a rack e, generalmente, è
stereofonico, in quanto possiede due canali con i loro relativi
controlli.
Un finale può essere costruito con circuitazione valvolare o a
transistor o addirittura ibrida, nel senso che si trova ad avere una
circuitazione mista. I tipici controlli che possiamo trovare per ogni
singolo canale sono il volume e il presence.
Il volume, ovviamente, controlla il livello di uscita del canale.
Il presence controlla la presenza del segnale, utile come possibile
ritocco del suono globale dal vivo, in quanto può fare in modo che
la nostra performance si distingua con più chiarezza durante il
concerto, enfatizzando le frequenze medio-alte.
Solitamente sono questi i controlli che si trovano sul pannello
frontale dei comuni finali, più che sufficienti ad amplificare
correttamente il suono nel modo a noi idoneo. Può capitare di
trovare anche controlli a selezione che operano dei tagli netti ai
bassi e ai medio-alti.
Nel pannello posteriore abbiamo invece una o più uscite Line Out
per ogni canale. Sono le uscite a cui andranno collegate le casse.
Attenzione alle impedenze di queste uscite, che dovranno essere
compatibili con le impedenze delle casse. Possiamo avere uscite
da 4ohm, 8ohm e 16ohm (a seconda del tipo di finale e di
amplificatore), in modo da creare qualsiasi combinazione tra finale
e casse. In alcuni casi si può fare confusione proprio sugli
abbinamenti delle impedenze tra finali e casse. Vediamo quindi di
fare un po' di chiarezza con il grafico seguente.
FINALE CASSA
8ohm 8ohm
16ohm 16ohm
8ohm 16ohm
4ohm 8ohm
Conclusioni
In alcuni casi vi è la necessità di utilizzare solo il pre o il finale del
nostro amplificatore, ad esempio in quei casi dove troviamo il pre o
il finale insoddisfacente. E' possibile collegare il preamplificatore ad
un amplificatore o ad una testata, utilizzando il send-return di questi
ultimi. Con questo sistema si utilizza quindi il pre separato, che può
essere scelto tra marche e modelli diversi, e il finale
dell'amplificatore (o testata). Il segnale viene prelevato da un uscita
del pre e inviato al return nell'ampli, saltando tutta la parte di
preamplificazione dell'amplificatore (o della testata): si utilizza così
solo il finale e le casse dell'amplificatore. Il volume globale sarà
dato dal Master Volume.
Se invece non si vuole utilizzare il finale dell'ampli (o della testata),
si può prelevare il segnale dal send e inviarlo ad un finale separato
oppure ad uno Speaker Emulator, da cui verrà inviato al mixer.
Generalmente, comunque, viene utilizzato il primo sistema.
Quando adottare un sistema pre e finale al posto di un
amplificatore? Non si può dare una risposta che azzecchi ogni
situazione. E' chiaro comunque il fatto che se dobbiamo fare una
serie di concerti dove utilizziamo solo due o tre suoni, è inutile
spendere tanti soldi per un sistema che non sfrutteremo, a meno
che non troviamo nel sistema separato il suono e le caratteristiche
ideali per il lavoro che dobbiamo fare. Tra l'altro molti ritengono che,
a parità di caratteristiche, un amplificatore compatto (o una testata
e cassa) suonino un po' meglio rispetto ad un sistema pre e finale
separati. Ricordiamo che il gusto personale conta più di tutti, e
quindi a voi la scelta.