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L’Africa delle città a cura di

Urban Africa Alessandro Gusman


e
Cecilia Pennacini
L’Africa della città Comitato Scientifico del Centro Piemontese di Studi Africani
Urban Africa
Irene Bono, Egidio Dansero, Mario Deaglio, Cristina Giacoma,
Ngandu Mukendi, Barbara Pasa, Cecilia Pennacini,
Nicoletta Pirozzi, Matteo Robiglio

Volume realizzato con il coordinamento tecnico


di Marco Sottilotta

© 2017
Accademia University Press
via Carlo Alberto 55
I-10123 Torino

Pubblicazione resa disponibile


nei termini della licenza Creative Commons
Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0

Possono applicarsi condizioni ulteriori contattando


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prima edizione dicembre 2017


isbn 978-88-99982-38-6
edizioni digitali www.aAccademia.it/urbanafrica

book design boffetta.com

Accademia University Press è un marchio registrato di proprietà


di LEXIS Compagnia Editoriale in Torino srl
Indice Introduzione Alessandro Gusman, Cecilia Pennacini VII

L’Africa delle città / Urban Africa


African Cities: Material Life and Post-Coloniality Bill Freund 3

Prima sezione. Africa settentrionale


L’urbanizzazione degli insediamenti di profughi.
Il caso della regione di Tindouf (Algeria) Luciano Ardesi 27
Black Tunisians and racism in the discourse
of national media, urban élites and local rural actors:
the case of Abid Ghbonton Marta Scaglioni 40
Musica, arti visive, street fashion: lo stile
afro-gnawa a Essaouira (Marocco) Alessandra Turchetti 53
The informal Mediterreanean city:
exploring some common policy targets Oussama Kharchi
between Southern Europe Claudio Bordi
and Northern Africa Simone Ombuen 65
Tripoli. Trasformazioni di una Medina
mediterranea Ludovico Micara 76 V

Seconda sezione: Africa occidentale


Nuovi trend sullo spazio urbano nell’Africa
occidentale francofona Adriana Piga 87
African urban subalternity: hegemonic planning,
subaltern practices and neoliberal citizenship
(Nouakchott, Mauritania) Armelle Choplin 103
Nouakchott: sviluppo urbano, Francesca Nucci
politiche pubbliche e risposte cittadine Marta Alonso Cabré 116
Dalla città diffusa al land grabbing: territori urbani
tra consenso e conflitti a Nouakchott Giuseppe Maimone 124
Nutrire la città: la sfida dell’approvvigionamento
alimentare di Ouagadougou
tra organizzazione territoriale Egido Dansero
e sistemi di trasporto Lasane Yameogo 137
Dream cities. I progetti di sviluppo immobiliare
in Africa occidentale: investimenti, Valerio Bini
pianificazione immaginari urbani Cristina D’Alessandro 155
Building Accra. Stories of development
from a West African City Arturo Pavani 167
Indice Identità, conflitti e nuove solidarietà urbane Ester Botta
a Conakri Abdoulaye Wotem Somparè 175
Dinamiche di auto-organizzazione dello spazio urbano
e di autocostruzione negli slum di Freetown,
Sierra Leone Federico Monica 185
When Brazilian Samba takes the streets of Porto-Novo:
Festival and Funeral within Urban Space
in Southern Benin João De Athayde 197
Lo spazio urbano letterario di Luanda Cristina Maciariello 210

Terza sezione: Africa centrale e orientale


African cities as critical sites of violent conflicts
and post-conflict reconstruction Karen Buscher 223
Kampala. Dalla capitale itinerante
alla metropoli postcoloniale Cecilia Pennacini 234
Brutta gente, bella vita: pianificazione urbana e morale
a Kampala Anna Baral 250
La transizione di una baraccopoli.
VI Korogocho 1996-2015 Fabrizio Floris 262
Marsabit: dalle carovane al centro commerciale.
Mappare una città accidentale Erika Grasso 275
L’acqua e i sistemi di approvvigionamento idrico:
la sfida delle città Maria Chiara Pastore 288
Da Anjalamanga villaggio reale ad Antananarivo capitale
del regno del Madagascar (XIV-XIX) Liliana Mosca 300
Nuovi compiti dell’architettura in Nord Africa e in Africa
orientale: una linea figurativa tra pianificazione energetica
e tradizione insediativa Gentucca Canella 314

Quarta sezione: Africa australe


Planning the intangible: urban development
and ownership strategies in New Brighton,
Port Elisabeth Marta Montanini 329
I modi della governance nel commercio informale
a Johannesburg Antonio Pezzano 342

Abstracts 355
Profili degli autori 377
L’Africa della città Da Anjalamanga villaggio reale ad Antananarivo capitale
Urban Africa del regno del Madagascar (XIV-XIX)
Liliana Mosca

300 1. Da Anjalamanga ad Antananarivo (XIV-XVII secolo)


La città di Antananarivo non è stata costruita in età moderna,
né è una creazione della Francia. Essa è la capitale del regno
merina, poi regno del Madagascar, status conservato nel pe-
riodo coloniale e con l’indipendenza.
La città, situata nella regione Imerina, a un’altezza media
di 1450 metri, si estende sulle creste e i fianchi delle colline
vicine con una struttura a Y. Nei secoli xiv-xix essa conserva,
nella parte più elevata, l’habitat delle genti vazimba, giunte
sull’altopiano tra l’viii e il x secolo dall’Insulindia, come
rivelano gli scavi archeologici di Ambohimanana.
Nel passaggio da villaggio reale a capitale si distinguono
più periodi: dai primi decenni del xvii a metà xviii secolo,
ai primi dell’ottocento, quando emerge come centro politico
e economico-militare del paese.
Le tradizioni merina narrano che a fondare la città fu il
re Andrianjaka. Egli, sconfitta la signoria di Ambohimanga,
decise di conquistare quella di Anjalamanga, occupata dai
vazimba tra il xiii e xiv secolo, istituendovi una forma em-
brionale di organismo politico centralizzato. Alla sua sommi-
tà era stata eretta una cittadella fortificata a pianta rettango-
lare circondata da alberi di amontana, genere di ficus, segno
Da Anjalamanga del potere regio. La cittadella era uno spazio sacro, simbolo
villaggio reale
ad Antananarivo dell’autorità e centro del mondo. Al suo interno tutto era
capitale in relazione con i punti cardinali: il nord simboleggiava il
del regno
del Madagascar potere e l’autorità, l’est il sacro e gli antenati, il sud la sotto-
missione, l’ovest il profano. La cittadella ospitava una piazza
per riunire i sudditi e al centro si alzava la pietra sacra, sim-
bolo del potere regio e del vincolo tra il sovrano e le forze
dell’universo. La rocca custodiva anche le tombe dei sovrani
defunti e intorno a essa, a migliore difesa della vita del signo-
re, era stato eretto un muro di pietra a secco e scavati fossati
profondi e larghi. Andrianjaka conquistò Anjalamanga verso
il 1610 e nell’installarvi mille soldati come coloni pronunciò
la frase «C’est ici Antananarivo (À-la-ville-des-mille)».
Nel punto più alto della collina, ad Analamasina, fece edi-
ficare la sua cittadella, dove dopo che l’indovino individuò
il luogo, fu eretta la sua dimora, chiamata Besakana, “che
conserva il bene”. Essa fu edificata nel rispetto della tradi-
zione dei primi occupanti: fu orientata nord sud, a pianta
rettangolare, con tetto pendente e realizzata con legni rari e
aggiunta di materiale vegetale. Besakana fu considerata un
301
luogo sacro in quanto simbolo del potere regio, residenza
reale e rappresentativa del microcosmo del creato. Essa fu as-
sociata alla dinastia regnante e considerata il prototipo della
casa ancestrale: tranon-drazana.
Andrianjaka stabilì una nuova organizzazione sociale.
Cacciò i capi vazimba da Antananarivo e alle genti che gli
giurarono fedeltà accordò di restare. Allargò poi i confini
della città verso nord e nordovest e v’installò i suoi soggetti,
secondo la gerarchia definita dal padre Ralambo. Conscio
che le fortune politiche della dinastia erano legate anche alla
crescita socio-economica della neonata città e alla prosperità
dei suoi abitanti, ordinò di costruire dei canali e delle dighe,
per trasformare la palude creata dal fiume Ikopa in una fer-
tile risaia nota poi come Betsimitatatra.
Alla sua scomparsa (c. 1630), la città vantava istituzioni per
l’esercizio dell’attività politica, militare, religiosa e economi-
ca proprie di una capitale. Andrianjaka fu celebrato per le
sue gesta guerriere e per la sua azione socio-economica ma
soprattutto per avere legata la fortuna del regno e della di-
nastia andriana alla fondazione di una capitale dalla valenza
cosmologica, che assicurò al primo e alla seconda coesione
Liliana e forma. Da Antananarivo e dalla cittadella cominciò, infatti,
Mosca l’ascesa del regno merina.

2. La città nel XVIII secolo


Poco si sa di Antananarivo nei decenni successivi. Si narra
dell’impegno dei successori, Andriantsitakatrandriana e
Andriantsimitoviaminandriandehibe, nei lavori di bonifica
delle paludi della pianura. Le notizie ricominciano con il
re Andriamasinavalona. Durante il suo regno (1675-1710)
la città subì consistenti cambiamenti. La cittadella reale fu
ampliata ospitando la sua dimora, quelle delle sue spose,
della prole, dei dignitari e dei servi. Dal lato nord, ci fu
un’espansione verso la campagna con la fondazione di altri
quartieri, dove il re installò le genti degli antichi e nuovi
gruppi statutari da lui fissati. Egli, inoltre, potenziò i punti
di mercato e fece costruire un foro più grande nella località
di Andohalo a causa della crescente urbanizzazione, frutto
delle conquiste delle terre dell’ovest.
Andriamasinavalona non trascurò il benessere dei suddi-
ti; proseguì la messa in opera di dighe sulla riva destra del
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fiume Ikopa e costruì un canale per collegare il villaggio di
Ambohimanambola al fiume Sisaony. Migliorò la Betsimita-
tatra per ottenervi più raccolti di riso, l’arma più efficace
contro le ricorrenti calamità naturali che colpivano il regno.
Alla morte del re, il reame, per sua volontà, fu diviso fra i
quattro figli. L’Imerina tornò a essere frazionata in piccole
signorie e Antananarivo perse il ruolo guida, condividendo
il suo status con le città di Ambohimanga, Ambohidatrimo
e Ambohidrabiby.
Dal 1710 al 1794 cinque re si succedettero sul trono di An-
tananarivo. L’ultimo, Andrianamboatsimarofy, fu sconfitto
da Andrianampoinimerina, re di Ambohimanga, che riuscì,
dopo tre vani tentativi, a conquistare la città nel 1794.

3. La città al tempo di Andrianampoinimerina (1794-1810)


Il nuovo signore di Antananarivo, che aveva la fama di abile
amministratore e guerriero, non incontrò difficoltà nel riuni-
ficare l’Imerina e scelse come capitale Antananarivo. Il risor-
to regno abbracciò sei territori comprendenti un insieme di
dodici colline considerate sacre dai merina e che esprimeva-
no l’unità dell’Imerina intorno al suo centro: Antananarivo.
Da Anjalamanga Sin dai primi giorni del regno, Andrianampoinimerina
villaggio reale
ad Antananarivo rese pubblico il suo progetto politico: «il mare è il limite della
capitale mia risaia», per cui mosse guerra alle altre popolazioni per
del regno
del Madagascar allargare i confini del reame. La città includeva la cittadella
fortificata e trentatré quartieri: alcuni situati al suo interno,
altri all’esterno. La delimitavano una cerchia di mura e un
fossato, che furono fortificati al pari dei villaggi satelliti. L’ac-
cesso alla città avveniva attraverso sette porte. La più impor-
tante era quella di Ambavahadimasina, ubicata a nord-est e
considerata sacra sia per la posizione sia per essere utilizzata
dal sovrano per entrare e uscire dalla città. Luogo principale
della città era la piazza di Andohalo, che divenne il principale
mercato cittadino, senza perdere, però, il ruolo di agorà e di
luogo sacro. Grande attenzione fu dedicata anche alla citta-
della. Furono costruite altre dimore reali, la cui realizzazione
rivelava una piena armonia tra sovrano e sudditi e si conso-
lidò il suo ruolo di centro del potere, di luogo di riunione
della corte, di spazio sacro e di necropoli.
Dalla nuova Antananarivo il re espulse gli originari abi-
tanti per insediarvi, serbando la centralità della sua residenza
303
e l’organizzazione sociale, i sudditi originari della località
dell’Avaradrano, culla della dinastia merina. Questa decisio-
ne ebbe la doppia funzione di sedentarizzare le persone e
di controllarle. Esse furono ripartite in tre gruppi: andriana
(nobili), hova (liberi), mainty (neri emancipati). A ognuno fu
dato un quartiere nella parte alta della città. Si creò un vero
ordinamento politico dello spazio e Antananarivo divenne il
microcosmo del regno con al centro il sovrano, garante del
potere sacro trasmesso dagli antenati. Il re, inoltre, ordinò a
mille soldati, esperti nella coltivazione del riso, d’installarsi
nella pianura della Betsimitatatra. Una serie di dighe sui fiu-
mi Ikopa, Sisaony e Mamba e di canali permise la bonifica
di altre terre.

4. Antananarivo capitale del regno del Madagascar (1810-1828)


Nel 1810 Andrianampoinimerina morì. Gli successe il figlio
Radama, che favorì la trasformazione della capitale del regno
merina in capitale del regno del Madagascar. Il giovane re,
pur impegnato in guerre per allargare i suoi domini, commis-
sionò dei lavori nella cittadella per dare lustro al suo regno.
Essa fu, infatti, estesa in direzione nord e ovest e recintata
Liliana con una palizzata in pietra rifinita con tavole di legno, dove
Mosca furono inserite delle zagaglie. Nella parte nuova fece costrui-
re l’edificio noto come Tranovola, “casa d’argento”, nel quale
la tradizione merina conviveva con le influenze occidentali
e creole. Il Tranovola fu la prima costruzione merina a un
piano e con veranda, differenziandosi così dalla casa tradizio-
nale. Altri elementi originali furono la presenza all’interno
di decorazioni murali e di pregiati arredi. Nella parte meri-
dionale della cittadella furono riparate delle abitazioni, fu
costruita la casa detta Bevato per la principessa Rasalimo, e
altri due edifici: il Collegio Reale e la Scuola di Palazzo. Egli
ordinò poi di erigere una residenza nel villaggio di Mahazo-
arivo, dove fu utilizzata l’argilla, altro materiale insolito per
un edificio reale. La residenza andò però in fiamme nel 1816.
Nel 1825 il re ne comandò la ricostruzione, ma di nuovo le
fiamme la distrussero. L’anno dopo, nella località di Soanie-
rana, l’architetto Gros o Legros iniziò la costruzione di una
nuova residenza reale. Essa, come per il Tranovola, innovò
l’arte della costruzione in Imerina. Si distinse, infatti, ancora
304 di più dalla casa ancestrale per le dimensioni, lo stile, ma
soprattutto per la diversa ripartizione interna dello spazio.
La costruzione aveva, infatti, un nucleo centrale e due ali su
più piani, con balcone e/o veranda circolare. Le novità non
causarono una totale rottura con la tradizione, perché fu
rispettata la forma rettangolare e l’orientamento. L’ultimo
edificio che Radama decise di costruire doveva sorgere nella
piazza di Andohalo e superare in altezza la dimora del missio-
nario David Griffiths, quale segno del potere del sovrano. La
costruzione cominciò all’inizio del 1825, un incendio, però,
distrusse il cantiere mai più riaperto.
Il re progettò lo sviluppo anche della città bassa, contando
Antananarivo oramai circa 15.000 abitanti. Dapprima si tentò
di livellare la collina di Ambohijanahary per fare sviluppare
la città nella direzione sud-ovest. La durezza della roccia della
collina ne impedì, però, la realizzazione. I piani di espansio-
ne andarono quindi in direzione nord-ovest, dove, tagliata
la roccia, si aprì un passaggio nella località nota come Am-
batovinaky. Dagli anni Venti presero così forma i quartieri di
Ambatonakanga e di Isoraka sul lato ovest della collina. Il re,
inoltre, fece posare dei ponti in legno sui fiumi Ikopa e Si-
Da Anjalamanga saony nei quartieri di Tanjombato, Ampitafika e Ambaniala,
villaggio reale
ad Antananarivo per cui la città si allargò anche in direzione sud e sud-ovest.
capitale Alla sua morte, nel 1828, Antananarivo aveva un nuovo
del regno
del Madagascar assetto urbanistico, che ne faceva la degna capitale del regno
del Madagascar. La città si era allargata decisamente verso la
parte bassa della collina, creando dei sobborghi con case in
argilla e non più in legname, materiale oramai irreperibile
sull’altopiano e di esclusivo appannaggio dei nobili. Nacque
così una periferia che, rispetto alla città alta, se ne discosta-
va profondamente. In quel processo di trasformazione della
città non fu estranea l’influenza europea. A partire dal 1820,
Radama concesse a artigiani, consiglieri militari e missionari
europei di vivere stabilmente a corte e questi non solo ebbero
un’influenza sulla persona del re ma concorsero alla crescita
e progresso del regno.

5. L’Antananarivo della regina Ranavalona I (1828-1861)


Ranavalona I salì al trono nel 1828. Il suo regno si contraddi-
stinse per le opere compiute nella cittadella come per quelle
volte allo sviluppo della città. Antananarivo raggiunse, infatti,
305
con Ranavalona, un’estensione rimasta più o meno identica
fino al crollo della monarchia nel 1897: il suo limite a sud
fu Ambohipotsy, a est Ambanidia, a nord Andravohangy, a
ovest Isotry.
La regina, per rinsaldare la monarchia, costruì la sua di-
mora all’interno della cittadella. I lavori iniziarono nell’a-
prile del 1839, dopo che l’indovino ebbe indicato il giorno
propizio e fu innalzato il pilone centrale formato da tre par-
ti e alto circa 39 metri. Esso era la struttura essenziale per
calcolare l’angolo nord-est del palazzo riservato, come da
tradizione, agli antenati. L’edificio, tutto in legno, fu chia-
mato Manjakamiadana, “che regna in pace”, in ricordo di
uno dello stesso nome, trasferito nella città sacra di Ambohi-
manga. Terminato nel 1841, superò per dimensioni gli altri
edifici della cittadella. Alla costruzione parteciparono decine
di migliaia di operai diretti dal francese Jean Laborde, che
rispettò nella struttura e nell’orientamento usanze e costumi
ancestrali. L’edificio di due piani aveva un corpo centrale e
spazi laterali, una veranda con portico e logge sovrapposte.
Noto anche come “il palazzo della regina”, architetturalmen-
te non era rivoluzionario, fatto salvo per la dimensione. La
Liliana sua maestosità esaltava la potenza della sovrana: «À travers
Mosca Manjakamiadana la monarchie affirme avec vigueur sa sou-
veraineté».
Ranavalona fece poi costruire un’altra dimora: Tsaraha-
fatra, “il buon consiglio”, mentre alla metà degli anni Qua-
ranta ordinò di abbattere e ricostruire per il figlio Rakoto
la dimora Tranovola. Dispose inoltre di riattare le assi delle
pareti delle residenze reali costruite al tempo di Andrianam-
poinimerina, restaurare i tetti delle tombe reali e l’edificio
dell’idolo Manjakatsiroa, una delle divinità malgasce. Sem-
pre nella cittadella reale, la regina fece creare un giardino,
una serra e un serbatoio per l’acqua, quest’ultimo, però, non
fu mai funzionante. Fu anche ampliata la cittadella, che, a
fine secolo, copriva una superficie di due ettari e sedici are. I
lavori interessarono tutti e quattro i lati, mentre tutt’intorno
fu alzato un muro di sostegno in pietra.
Circa l’espansione della città, Antananarivo accorpò nu-
merosi villaggi fuori delle mura, per esempio: Isoraka, Fa-
ravohitra, Antanimena e Andravoangy. Proseguì la bonifica
della piana di Mahamasina, poi trasformata in campo di ma-
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novra militare. Nel lago Anosy, Jean Laborde, su un’isoletta,
costruì una residenza-chalet per la sovrana e fu anche auto-
re del mausoleo in pietra per il primo ministro Rainiharo a
Isoraka.

6. Antananarivo durante il breve regno di Radama II


(1861-1863)
Rakoto, figlio di Ranavalona, salì al trono con il nome di Ra-
dama II il 18 agosto 1861. Egli regnò poco più di due anni. La
sua morte per strangolamento fu originata da contrasti con il
primo ministro, capo del partito conservatore, che lo accusò
di sovvertire le tradizioni e soprattutto di avere concesso al
francese Joseph Lambert lo sfruttamento delle risorse natura-
li di una larga parte del Madagascar. Il suo regno, come detto,
fu corto perché Rakoto potesse lasciare un’impronta nello
sviluppo urbanistico della città. Prima di salire al trono egli
aveva però diretto dei lavori per migliorare la circolazione
nella pianura e per sostituire il ponte in legno di Tanjombato
con uno in pietra a nove campate poggianti su nove piloni.
Il sovrano rifiutò di abitare nella cittadella, preferendogli il
quartiere di Ambohimitsimbina. Qui, violando il divieto del
Da Anjalamanga tempo di Andrianampoinimerina, che aveva proibito l’uso
villaggio reale
ad Antananarivo della pietra nella città – perché sulla pietra sacra il sovrano ri-
capitale ceveva la sua consacrazione e utilizzata solo per commemora-
del regno
del Madagascar re i defunti – fece edificare la sua dimora con tale materiale.
Radama II, infine, nel 1856 si fece costruire una residenza a
Ilafy, località alla quale era legato per avervi vissuto in gio-
ventù. Questa casa, sebbene avesse un primo piano, era stata
realizzata in legno e costruita nel rispetto della tradizione.

7. “L’ère de bâtisseurs” (1863-1883)


I regni di Rasoherina e Ranavalona II furono vitali per lo
sviluppo urbanistico di Antananarivo, anni definiti come
“l’ère de bâtisseurs”. Le realizzazioni architettoniche operate
in quel ventennio furono però possibili grazie all’intuito di
Radama II di riaprire il paese alle influenze occidentali, ac-
cogliendo missionari, artigiani e manovali. La loro presenza
e le loro attività furono il motore del rinnovo architettonico
della ville haute inclusa la cittadella reale, della ville basse e
della periferia sia nel settore dell’edilizia civile che in quella
religiosa.
307
Alla trasformazione nello spazio urbano di Antananarivo
concorsero altri due eventi di straordinaria importanza sotto
Ranavalona II. Il primo fu l’abolizione del divieto dell’uso
della pietra nella cinta cittadina (17 giugno 1868); il secondo
la conversione al protestantesimo della sovrana e del marito,
il primo ministro Rainilaiarivony (21 febbraio 1869).
Prima di considerare gli effetti legati alle due vicende, si
ricorda che la regina Rasoherina fece costruire nel recinto
reale la dimora detta Manampisoa, “bellezza aggiunta”. L’e-
dificio in legno aveva una forma architettonica composita,
associando la casa creola a quella missionaria. Essa era a più
piani, con una grande sala centrale, una balconata per mu-
sicisti e l’interno finemente decorato. Sempre sotto Rasohe-
rina, nel 1864 erano cominciati i lavori in pietra del tempio
di Ambatonakanga, il primo dei quattro templi commemo-
rativi in onore dei martiri cristiani malgasci, disegnato dai
missionari Cameron e Sibree. Esso fu inaugurato il 22 gen-
naio 1867, prima quindi della decisione di Ranavalona II di
abolire il divieto relativo all’uso della pietra nella città.
Gli altri templi, tutti in pietra, furono quello di Ambohi-
potsy, aperto il 15 settembre 1868; quello di Faravohitra e
Liliana infine quello di Ambonin’Ampamarinana, inaugurati rispet-
Mosca tivamente il 15 settembre 1870 e il 28 marzo 1874. A questi
edifici religiosi, realizzati dalla London Missionary Society,
se ne affiancarono ulteriori della stessa confessione come di
altre confessioni cristiane. I cattolici inaugurarono la chiesa
di Ambohimitsimbina il 6 aprile 1866 e di San Giuseppe a
Mahamasina il 25 marzo 1869. L’8 maggio 1873 iniziarono i
lavori della Cattedrale di Andohalo, aperta al culto nel 1878
e consacrata il 17 dicembre 1890. Negli stessi anni gli an-
glicani e la missione norvegese costruirono edifici di culto
nella capitale. I primi, che avevano già edificato due templi
a Atsimon’Anjoma e a Ankadifotsy, nel 1883 avviarono la co-
struzione del tempio a Andohalo, i secondi avevano eretto
nel 1872 un tempio nel quartiere di Ambatovinaky.
L’abolizione del divieto di costruire in pietra all’interno
dell’urbs fu un’innovazione assoluta, alla quale se ne accom-
pagnò una più rivoluzionaria: la decisione di Ranavalona II di
costruire in pietra all’interno della cittadella reale. La regina
ordinò di rivestire di pietra il palazzo di Manjakamiadana e
commissionò inoltre una chiesa palatina.
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Il restauro di Manjakamiadana, che durò dal 1869 al 1875,
fu diretto dagli architetti James Cameron e William Pool. Es-
so ebbe un impatto simbolico e politico di grande importan-
za, perché fu il segno della rottura definitiva con le tradizioni
ancestrali. I quattro angoli di Manjakamiadana, il più famoso
e noto edificio reale, furono, infatti, ricoperti con quattro tor-
ri, che ricordavano i campanili dei templi commemorativi. La
dissacrazione dello spazio della cittadella reale si perfezionò
con la chiesa palatina realizzata da William Pool. L’edificio
fu eseguito senza tenere in alcun conto la cosmologia degli
antenati.
Degli altri edifici eretti ancora sotto Ranavalona II si ri-
corda il Palazzo di Giustizia, costruito nel luogo dove i so-
vrani erano soliti rendere giustizia e inaugurato nel 1881; la
residenza del primo ministro Rainilaiarivony, realizzata in
pietra e mattoni, con quattro torri e una cupola centrale in
vetro che dava luce a un enorme salone. Questa costruzione
confermò la riuscita sociale e il prestigio del proprietario,
discendente della potente famiglia degli Andafiavaratra.
Alla morte di Ranavalona II, nel 1883, Antananarivo da
tempo non era più una città di materiale vegetale ma di pie-
Da Anjalamanga tre e mattoni. Tutto ciò trapelava dalle realizzazioni architet-
villaggio reale
ad Antananarivo toniche della casa regnante, come da quelle religiose e infine
capitale dall’architettura civile. Quest’ultima non si espresse in opere
del regno
del Madagascar per migliorare le carenti infrastrutture cittadine, la cui man-
canza era dovuta anche all’originaria divisione della città in
alta e bassa, quanto piuttosto nell’architettura civile privata.
Si assistette, infatti, alla costruzione di grandi dimore da parte
dei nobili e degli alti dignitari. Queste grandi dimore, dette
tranobe, furono realizzate a discapito del modello della casa
ancestrale, la tranokotona, fatta con assi di legno, privilegian-
do il modello della casa missionaria, il cui primo esempio
era stata l’abitazione del missionario Pearse. Le tranobe erano
costruzioni a più piani, con veranda, colonne, archi eccete-
ra. Nella costruzione si adoperavano i materiali più diversi.
L’arredo interno, di ottima fattura e per lo più importato,
denotava che le case non erano più un luogo sacro, il tanin-
drazana. Altresì importante era l’ubicazione: più erano vicine
alla cittadella reale o comunque situate nella ville haute, più
era evidente il successo socio-politico del proprietario.
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8. Antananarivo al tempo di Ranavalona III (1883-1897)
Con Ranavalona III terminò il regno del Madagascar. Il paese
fu dichiarato il 6 agosto 1896 colonia francese e nel febbraio
1897 il Governatore Generale Gallieni depose la sovrana, esi-
liandola alla Réunion. Più vicende negative avevano segnato
il regno di Ranavalona III: lo scoppio della prima guerra fran-
co-malgascia (1883-1885), l’inizio del protettorato francese
(17 dicembre 1885), lo scoppio della seconda guerra franco-
malgascia, la presa di Antananarivo (30 settembre 1895).
Sotto Ranavalona III nuovi edifici abbellirono la città: la
prima scuola di medicina, una banca, l’osservatorio astro-
nomico a Ambohidempona, l’ospedale di Soavinandriana e
infine la Residenza francese. Tra le opere pubbliche ci fu l’i-
naugurazione della linea telegrafica Antananarivo-Tamatave.
L’infrastruttura urbana continuò a essere carente: la prima
strada lastricata è del 1888 e collegava il quartiere di Ando-
halo alla cittadella reale. Le grandi famiglie continuarono a
erigere belle e eleganti dimore con colonnato, sculture, pre-
ziose rifiniture interne, ma della tradizione ancestrale restava
solo l’angolo di nord-est.
La conquista francese del Madagascar segnò la fine di se-
Liliana coli di cambiamenti che avevano visto la trasformazione di
Mosca un villaggio reale in capitale del Madagascar. Ciò era stato
possibile grazie alla casa a spazio unico, rivelatasi un utile
strumento di dominazione e di prestigio. Nel tempo erano
intervenuti i cambiamenti ma mai tali da fare perdere alla
casa e ad Antananarivo i propri tratti originali. Essi non scom-
parirono neanche nel periodo coloniale, quando si avviarono
diversi lavori pubblici nella città. I primi furono quelli nel
luogo sacro: la piazza di Andohalo, che Gallieni fece ridise-
gnare. Antananarivo, “la città dei mille”, continuò, infatti, a
rappresentare nella memoria collettiva dei malgasci il loro
più autorevole luogo storico, il simbolo della nazione.

Bibliografia
La bibliografia che segue, per ragioni di spazio, è estremamente
ridotta, considerata la letteratura disponibile sul tema esposto.
***
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Fig. 1
Evoluzione dell’architettura.
Aa. Vv., La Cité des Mille.
Antananarivo: histoire,
architecture, urbanisme,
Cite/Tsipika, Antananarivo, p. 88
Da Anjalamanga
villaggio reale
ad Antananarivo
capitale
del regno
del Madagascar

Fig. 2
Antananarivo, il
palazzo reale, le
case dei nobili
W. Ellis, Madagascar
Revisited, Describing
the Events of a
New Reign and the
Revolution which
Followed: Setting
Forth Also the
Persecutions Endured
by the Christians,
and Their Heroic
Sufferings, with
Notices of the Present
State and Prospects of
the People,
J. Murray, London,
1867 p. 249

313

Fig. 3
Place d’Andohalo
à Tananarive,
deux ans après
l’arrivée des
Français
Origine Colonel
Laroche- ECPAD,
fotografo Charles
Borbal de Combret,
http://www.ecpad.fr/
un-sejour-au-tonkin-
et-a-madagascar-
1885-a-1900/
consultato 28
novembre 2017

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