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La seconda colonizzazione

La colonizzazione di Cirene [154] Questo lo raccontano i Terei. Circa gli avveni-


menti successivi i Terei concordano senz’altro con i Ci-
1. Erodoto IV, 150-153; 156-158: Sin qui le versioni degli renei, ma questi ultimi riferiscono assai diversamente
Spartani e dei Terei coincidono; gli avvenimenti suc- le vicende di Batto: ecco la loro versione. In Creta sorge
cessivi, invece, li narrano come segue i soli Terei. la città di Oasso; a Oasso visse un re, Etearco, il quale
Grinno figlio di Esanio, discendente di Tera e re aveva una figlia, di nome Fronima, rimasta orfana di
dell’isola omonima, si recò a Delfi portando dalla sua madre. Per lei allora Etearco decise di risposarsi. Ma la
città cento buoi da sacrificare; lo accompagnavano altri nuova moglie pensò bene di essere a pieno titolo ma-
concittadini fra i quali Batto figlio di Polimnesto, della trigna di Fronima, procurandole guai e macchinando di
stirpe del minio Eufemo. Ora, mentre Grinno la consul- tutto contro di lei; la accusò persino di dissolutezza,
tava su altre questioni, la Pizia gli rispose esortandolo riuscendo a convincere il marito che le cose stavano
a fondare una città in Libia. Grinno ribatté: «Signore, io proprio come lei sosteneva. Etearco, incitato dalla mo-
sono ormai vecchio per muovermi; ordinalo a uno di glie, meditò ai danni della figlia un empio progetto. Si
questi giovani di intraprendere l’impresa»; e mentre ri- trovava a Oasso un mercante di Tera, Temisone;
spondeva così indicava Batto. Questo è quanto accadde Etearco lo ospitò a pranzo a casa sua e lo impegnò con
allora. In seguito, dopo il loro ritorno, non tennero più giuramento a rendergli il servizio che gli avesse chie-
conto del responso, giacché neppure sapevano dove si sto. Quando Temisone ebbe giurato, Etearco gli portò
trovasse la Libia e non avevano il coraggio di inviare la figlia e gliela consegnò, con l’invito a portarsela via
dei coloni senza una destinazione definita. e a gettarla in mare. Temisone, disgustato dall’inganno
[151] Per sette anni, a partire da allora, su Tera non del giuramento, sciolse il rapporto di ospitalità, ed ecco
cadde pioggia e in quei sette anni tutte le piante che fece: presa con sé la ragazza salpò, e quando fu al
dell’isola tranne una seccarono. I Terei consultarono largo, per liberarsi dal vincolo del giuramento, legò la
l’oracolo e la Pizia rinfacciò loro la colonia in Libia. Vi- ragazza con delle funi e la lanciò in mare; quindi la issò
sto che al loro male non esisteva rimedio, inviarono a a bordo e se ne tornò a Tera.
Creta dei messi per scoprire se qualcuno del luogo, o un [155] In seguito Fronima se la prese come concu-
nativo di Creta o uno straniero residente, fosse mai bina Polimnesto, un personaggio autorevole a Tera.
stato in Libia. Nel compiere il giro dell’isola i messi Passò del tempo e la ragazza diede alla luce un figlio
giunsero alla città di Itano; qui presero contatto con un impedito nella parola e balbuziente, al quale, secondo
pescatore di porpore, di nome Corobio, il quale di- quanto narrano sia i Terei sia i Cirenei, fu posto nome
chiarò di essere giunto in Libia trascinato dai venti, e Batto. Io credo peraltro che avesse un altro nome, mu-
precisamente nell’isola di Platea. I messi lo allettarono tato poi in Batto, dopo il suo arrivo in Libia, sulla base
con una ricompensa e lo condussero a Tera; da Tera poi dell’oracolo emesso per lui a Delfi e grazie all’onore che
partirono alcuni uomini in esplorazione, inizialmente gliene derivò. In effetti i Libici chiamano «batto» il re,
non molti. Quando Corobio li ebbe condotti nella sopra e io credo che la Pizia, vaticinando, gli si sia rivolta in
citata isola di Platea, lo lasciarono lì, con provviste per lingua libica perché sapeva che sarebbe diventato re in
un determinato numero di mesi, dirigendosi in gran Libia. Infatti quando fu adulto Batto si recò a Delfi per
fretta verso Tera per riferire sull’isola ai loro concitta- consultare l’oracolo a proposito della sua voce, e la Pi-
dini. zia, interrogata, gli rispose: «Batto, sei venuto per la
[152] Ma si assentarono per più tempo di quello pre- tua voce: ma Febo Apollo, il signore, ti manda colono
visto, sicché a Corobio venne a mancare tutto. Tempo nella Libia ricca di greggi». Che è come se in greco gli
dopo, però, una nave di Samo in navigazione verso avesse detto: «Sovrano, sei venuto per la tua voce ecce-
l’Egitto, condotta da Coleo, fu trascinata dai venti fino tera». Lui replicò: «Signore, sono venuto fino a te per
all’isola di Platea. I Sami, appreso da Corobio per filo e interrogarti sulla mia voce e tu mi profetizzi l’impossi-
per segno l’accaduto, gli lasciarono provviste per un bile, ordinandomi di colonizzare la Libia! Con quali
anno; essi poi salparono dall’isola decisi a raggiungere mezzi, con quali forze?». Ma le sue parole non persua-
l’Egitto, ma vennero portati fuori rotta dal vento di Le- sero l’oracolo a un diverso responso; e visto che otte-
vante. (...) neva sempre la stessa risposta Batto piantò lì tutto e
[153] Quando i Terei che avevano lasciato Corobio a fece ritorno a Tera.
Platea giunsero a Tera, proclamarono di aver coloniz- [156] Da allora sia a lui personalmente sia agli altri
zato un’isola in Libia. Allora i Terei decisero di inviare cittadini di Tera tutto andava storto. I Terei, non com-
coloni, col criterio di un fratello tirato a sorte ogni due prendendo il senso delle loro sciagure, mandarono a
da tutti i loro distretti che sono sette; e decisero che Delfi una delegazione per chiedere lumi sulle presenti
loro guida e re fosse Batto. In tal modo spedirono a Pla- disgrazie; e la Pizia sentenziò che se avessero coloniz-
tea due penteconteri. zato Cirene in Libia insieme con Batto le cose sarebbero
andate meglio. Allora i Terei spedirono via Batto con
due penteconteri. Gli inviati navigarono fino alla Libia;

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La seconda colonizzazione

ma poi, non sapendo che altro fare, tornarono a Tera. I l’araldo disse che Falanto non poteva indossare il cap-
Terei li respinsero senza permettere loro di accostare a pello. E quelli, avendo compreso che la macchinazione
terra, anzi intimarono loro di ripartire per la Libia. Essi, era stata scoperta, o si diedero alla fuga oppure chie-
essendo costretti a farlo, raggiunsero di nuovo la Libia sero la grazia. Essendo stato ordinato loro di farsi co-
e colonizzarono nei suoi pressi un’isola, quella chia- raggio, vennero presi in custodia, mentre Falanto fu
mata – come si è detto – Platea. E si dice che l’isola sia mandato dal dio [di Delfi] per consultarlo circa l’invio
grande come l’attuale città di Cirene. di una colonia. E quello rispose: «Ti ho concesso Saty-
[157] Per due anni abitarono a Platea senza che rion, sia per abitare la ricca Taranto sia per costituire
gliene venisse alcun vantaggio, finché, lasciato sul po- una sciagura per gli Iapigi». Dunque i Parteni andarono
sto uno di loro, gli altri si recarono tutti a Delfi. Qui con Falanto: e i Barbari e i Cretesi che precedente-
giunti si rivolsero all’oracolo, dichiarando che stavano mente occupavano quel territorio li accolsero. (...) La
abitando in Libia ma che malgrado ciò non ci avevano città fu chiamata Taranto dal nome di un eroe locale.
guadagnato nulla. A tale protesta la Pizia rispose: «Se [3] Eforo (FGrHist 70 F216) tuttavia parla della fon-
tu conosci meglio di me la Libia ricca di greggi, e io ci dazione in questi termini: i Lacedemoni facevano
sono stato, e tu invece no, mi complimento molto per guerra ai Messeni – i quali avevano ucciso il re Teleclo
la tua sapienza». Udito il responso, Batto e suoi torna- che si era recato a Messene per un sacrificio – avendo
rono indietro: il dio infatti non li scioglieva dall’obbligo giurato di non far ritorno a casa prima di aver distrutto
di fondare una colonia prima che avessero raggiunto la Messene o essere periti tutti. A guardia della città ave-
Libia vera e propria. Arrivati nell’isola, raccolsero vano lasciato i più giovani e i più anziani dei cittadini.
l’uomo che vi avevano lasciato e andarono a coloniz- Nel decimo anno di guerra le donne spartane, dopo es-
zare un territorio del continente libico di fronte a Pla- sersi riunite, mandarono alcune di loro dagli uomini a
tea; tale località, attorniata da bellissime alture boscose lamentarsi del fatto che non combattevano i Messeni
e bagnata da un fiume su uno dei lati, si chiama Aziri. in condizioni di parità: gli uni infatti, risiedendo nella
[158] Abitarono quel posto per sei anni; al settimo loro terra, facevano figli, gli altri erano accampati in
dei Libici, promettendo loro di accompagnarli in una territorio nemico dopo aver abbandonato le proprie
zona migliore, li convinsero ad abbandonare Aziri e da mogli, e c’era il pericolo che la patria venisse a mancare
lì li guidarono verso occidente. E affinché i Greci du- di uomini. Gli Spartani, da una parte volendo rispettare
rante il viaggio non vedessero il territorio più bello, il giuramento, dall’altra prendendo in considerazione
calcolarono i tempi dell’attraversamento in modo da il discorso delle donne, inviano in città i più vigorosi e
farveli transitare di notte; si tratta della regione detta allo stesso tempo i più giovani dell’esercito, sapendo
di Irasa. Li condussero poi presso una sorgente che si che non avevano preso parte al giuramento per il fatto
dice appartenga ad Apollo e dichiararono: «Greci, a voi di essersi aggiunti agli adulti quando erano ancora fan-
conviene stanziarvi qua; qui il cielo è forato». ciulli; e ordinarono a tutti costoro di congiungersi a
tutte le giovani, allo scopo di fare quanti più figli possi-
La fondazione di Taranto bile. Una volta nati, i bambini vennero chiamati Par-
teni. Messene venne conquistata nell’undicesimo anno
2. Strabone, Geografia VI 3, 2-3: Antioco, parlando della di guerra (...). Ma una volta tornati a casa gli Spartani
fondazione [di Taranto], dice che dopo lo scoppio della non consideravano i Parteni del medesimo rango degli
guerra messenica quanti tra i Lacedemoni non avevano altri, perché non erano nati da matrimonio; e quelli,
preso parte alla spedizione furono ridotti in schiavitù e dopo essersi accordati con gli iloti, tramarono contro
chiamati iloti: e se durante il conflitto erano nati loro di loro e convennero di sollevare un cappello laconico
dei figli, questi vennero detti “Parteni” e furono privati nell’agorà come segnale d’avvio della sommossa. Al-
dei diritti politici. Costoro però, non sopportando ciò – cuni iloti, però, svelarono il piano. Gli Spartani, com-
ed erano in molti – complottarono contro i membri del prendendo che sarebbe stato difficile attaccare [i Par-
demo. Quando [tutti i congiurati] furono informati del teni] – costoro erano infatti in molti e tutti concordi fra
piano alcuni furono inviati loro per esporre i partico- loro, tanto da ritenersi reciprocamente fratelli –si limi-
lari del progetto. Tra costoro c’era anche Falanto, il tarono a ordinare a quanti stavano per sollevare il cap-
quale veniva considerato il loro capo; ma egli non era pello di andar via dall’agorà. Quelli, avendo capito che
affatto d’accordo con quanto era stato stabilito ri- la trama era stata scoperta, desistettero: e gli Spartani,
guardo al complotto. S’era convenuto che l’attacco do- tramite i loro genitori, li convinsero ad andar via a fon-
vesse avvenire durante la festa delle Iacinzie, nel tem- dare una colonia e a rimanerci, se il luogo di cui aves-
pio di Amicle, mentre avevano luogo le gare, allorché sero preso possesso fosse loro bastevole; altrimenti
Falanto avesse indossato il cappello (gli appartenenti al avrebbero potuto tornare e dividersi una quinta parte
demo erano infatti riconoscibili dal copricapo). Ma della Messenia. Essi dunque partirono e trovarono gli
dopo che gli uomini di Falanto ebbero segretamente Achei impegnati in una guerra con i barbari, e dopo
preso tale accordo, all’inizio della competizione aver condiviso con loro i pericoli fondarono tutti in-
sieme Taranto.

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La seconda colonizzazione

designano la falce con il vocabolo zankle). Qualche anno


Le più antiche fondazioni siceliote dopo furono cacciati dai Sami e da altre genti di ceppo
ionico approdate in Sicilia per sottrarsi ai Persiani. Non
3. Tucidide VI 3-5: I primi tra i Greci a organizzare una passò molto e Anassilao, tiranno di Reggio, respinse i
spedizione oltre mare in Sicilia furono i Calcidesi di Sami e pensò lui a collocare nella città una colonia di
Eubea, i quali, guidati dall’ecista Theokles, fondarono popolazione mista, mutandole il nome in quello di Mes-
Nasso ed eressero l’altare ad Apollo Archegetes che an- sene a memoria della propria terra natia.
cor oggi si può notare fuori la cinta; su quest’ara, [5] La fondazione di Imera avvenne ad opera della
quando delegazioni ufficiali s’imbarcano dalla Sicilia città di Zancle per mano di Euclide, Simo e Sacone. La
per presenziare a cerimonie sacre, offrono al dio una gente accorsa alla colonia era per lo più di origine cal-
vittima. L’anno successivo uno dei discendenti di Era- cidica, ma si associarono loro alcuni fuoriusciti di Sira-
cle, Archia di Corinto, fondò Siracusa, dopo avere in cusa vittime della lotta politica, allora noti come i Mi-
precedenza espulso i Siculi dall’isola che attualmente, letidi. Dalla fusione del dialetto calcidese e di quello do-
non essendo più circondata dal mare, ne costituisce rico risultò la parlata in uso tra quei coloni; quanto alla
l’area urbana interna. Con gli anni anche la città costituzione, s’impose quella calcidese. Acre e Casmene
esterna fu congiunta con una cinta di mura e crebbe la furono fondate dai Siracusani: Acre settant’anni dopo
densità della popolazione. Theokles e i suoi Calcidesi, Siracusa, Casmene circa vent’anni dopo. Anche la più
muovendo da Nasso, nel quinto anno dalla fondazione antica colonizzazione di Camarina si deve attribuire ai
di Siracusa fondarono Lentini, dopo aver rimosso con Siracusani, circa 135 anni dopo la fondazione di Sira-
la forza da quella località i Siculi. Dopo di essa fonda- cusa; ne furono nominati ecisti Dascone e Menecolo. A
rono Catania; i Catanesi, però, scelsero il proprio ecista, causa di una rivolta e della rappresaglia armata che ne
Evarco, in seno alla loro stessa cittadinanza. seguì i Camarinesi furono espulsi dai Siracusani. Tra-
[4] Proprio in quel tempo Lamide, partito da Me- scorso un certo periodo, Ippocrate, tiranno di Gela,
gara, approdò in Sicilia alla guida di una colonia e a set- pretese e ottenne il riscatto di alcuni prigionieri sira-
tentrione del fiume Pantachio fondò una cittadina, che cusani catturati in guerra e il territorio dei Camarinesi,
chiamò Trotilo. Tempo dopo passò a Leontini, dove per e divenutone personalmente ecista ricostruì Camarina.
un breve periodo divise la direzione politica di quella Ma i coloni furono di nuovo cacciati da Gelone, e la città
colonia con i Calcidesi; scacciato dai Calcidesi, fondò risorse per la terza volta ad opera dei cittadini di Gela.
Tapso e venne a morte, mentre i suoi, espulsi da Tapso,
eressero Megara denominata Iblea, perché il re dei Si-
culi Iblone aveva loro concesso la terra (anzi ve li aveva
condotti di persona). E per 245 anni Megara fu la loro
sede, finché il tiranno di Siracusa Gelone li espulse
dalla città e dal contado. Prima però di esserne rimossi,
cento anni dopo il loro stanziamento nella colonia di
Megara, affidarono a Pamillo l’incarico di fondare Seli-
nunte. Questo personaggio, partito espressamente da
Megara, la madrepatria, cooperò con loro alla fonda-
zione. Gela fu fondata, 45 anni dopo la nascita di Sira-
cusa, da Antifemo e Entimo, alla testa di due gruppi di
coloni provenienti il primo da Rodi, l’altro da Creta.
Alla città il nome derivò dal fiume Gela, ma il punto in
cui sorge l’attuale rocca, e che fu anche il primo ad es-
ser difeso da una cerchia, ha nome Lindi. Alla colonia
vennero imposte le istituzioni doriche. Dopo un inter-
vallo di circa 108 anni dalla fondazione di Gela, i suoi
cittadini eressero Agrigento, adattandole il nome del
suo fiume; ne furono creati ecisti Aristonoo e Pistilo. La
costituzione in vigore si modellò su quella di Gela.
All’origine Anele nacque ad opera di un drappello di
corsari sbarcati da Cuma, la città calcidica nella regione
degli Opici: in seguito, da Calcide e dal resto dell’Eubea
arrivò un folto gruppo di coloni che cominciarono a di-
stribuirsi i poderi. Ne furono nominati ecisti Perieres e
Kratemenes, l’uno proveniente da Cuma, l’altro da Cal-
cide. Il nome di Zancle fu scelto inizialmente dai Siculi
dal momento che il luogo ha una forma falcata (i Siculi

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