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NOSTRI (Rassegna)
Author(s): Michel David
Source: Lettere Italiane , GENNAIO-MARZO 1963, Vol. 15, No. 1 (GENNAIO-MARZO 1963),
pp. 84-116
Published by: Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.
Stable URL: https://www.jstor.org/stable/26248849
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Non mi soffermerò
mancati ritratti sul caso del Greco
psicanaliticilm né su per il quale
quello immagino
del Piranesi che la non saranno
critica
d'arte italiana più recente non ha esitato a chiamare « surrealista » per la sua
ispirazione « delirante » e l'« ansia senza fine » che lo ha fatto presago dell'an
goscia moderna. Mi fermerò invece su un autore che, seppure scrittore di
lingua francese, è oggi rivendicato dai critici come rappresentante di diritto
della cultura italiana. Casanova è infatti l'unico letterato italiano del Settecento
ad avere interessato gli studiosi di psicologia, in un secolo pur ricco di stra
vaganti e che altrove ha consegnato agli psicanalisti i casi insigni di un
Rousseau e di un Sade 107 bis.
9, 1952, pp. 147-164 (ma qui Othello è interpretato come tendenzialmente omoses
suale). La stessa conclusione è quella di M. Waugh, Othello: the tragedy of Iago, in
« Psychoanalytic Quarterly », 19, 1950, pp. 202-212. Si ricorderà che il tema di Otello
è trattato da Giraldi Cinzio prima che da Shakespeare.
Quanto a Verdi, potrebbe ingannare il titolo di un capitolo del libro di Th. Reick,
The hauntìng Melody, Ν. Y. I960 (pp. 163-169: La forza del Destino), ma non vi
si tratta dell'analisi dell'opera verdiana.
116 II problema dei sessi, p. 34.
117 R. ABIRACHED, Casanova ou de la dissipation, Parigi 1961.
118 M. SAUVAGE, Le cas Don Juan, Parigi 1954. Il Dott. C. Dedet ha discusso
quest'anno, in Francia, una tesi di medicina su « Physiopathologie du donjuanisme ».
l'incesto dei Mémoires che il Comisso stesso aveva eliminato nella sua versione
italiana, preferendo il silenzio alla comprensione.
Ma, se la fortuna letteraria sembra segnare un passo avanti notevole, il
mito di Casanova mi pare dunque attraversare un momento difficile. Narciso,
mitomane, esibizionista, il veneziano sembra diventare il simbolo di quello che
l'uomo maturo deve fuggire. In realtà diventa anche un riflesso fedele dell'uomo
infantile che gli stessi psicanalisti ci indicano come diffusissimo oggi. A questo
punto ci si ricorderà dell'attacco recente di Comisso, il letterato più casano
viano di oggi, contro Piovene che aveva ripreso i temi marafioniani. Co
misso — senza però far nome — arrivava all'accusa di « ipocrisia ». E d'altra
parte, potrà forse stupire che un critico come C. Bo119 faccia osservare come
Casanova (che non va confuso con un Sade) sia « il cattolico di pura tradizione,
il veneziano », un uomo « semplice, naturale » che ama la vita « senza doppi
fondi, senza troppi rigurgiti della fantasia e veleni psicologici ». La sua « fon
damentale innocenza » da alla sua opera « un gusto naturale, immediato, il
gusto del vino buono, del vino di casa nostra (...) Casanova è uomo delle
nostre parti, semplice, naturale, autentico ».
119 C. Bo, Casanova senza veli, in « La Stampa », 6 mag. I960. Non ho conservato
purtroppo le date degli articoli di Piovene e di Comisso apparsi qualche anno fa su
« La Stampa » e « Il Mondo ».
129 M. Bonaparte, E. Poe, Parigi 1933.
121 G. Debenedetti, Saggi critici, III, Milano 1959, pp. 11-66. Si vedrà a p. 27,
32, 41, 66, come il D. si difende di fare della « psicopatologia letteraria », di parlare
di « algolagnie », di « chi sa quali complessi », pur usando in realtà molti strumenti
freudiani ο junghiani, per una diagnosi « da medici di campagna », come dirà mode
stamente (71) in un altro saggio della stessa epoca (1943-44).
tentato per vie junghiane (lontanamente, e non so fino a che punto indiretta
mente) di rendere conto dell'unità di un poeta fin qui ritenuto inspiegabile
autobiograficamente.
Si vedrà, infatti, come un critico tradizionale continui a parlare dei due
Belli, « il Belli uomo e il Belli poeta (...) io non credo affatto che sia neces
sario ricorrere alla spiegazione della doppia personalità (...). E non capisco
proprio che cosa ci sia di strano ο di contradittorio nel fatto che un signore
posato e rispettoso dell'ordine costituito potesse poi ogni tanto aprire un
occhio un po' scanzonato sulla realtà 143 » mentre l'eclettico Bo (recensendo lo
stesso volume di Lettere) concludeva: « Sembrerebbe che alla base della sua
visione del mondo dovesse esserci una specie di scompenso, una mancanza di
equilibrio », formula in cui si rispecchia fedelmente il giudizio di Vigolo.
Un altro punto di vista nettamente opposto a quello di Vigolo è stato
espresso duramente da C. Muscetta 15°. Sarebbe interessante inserire nel dossier
delle discussioni intorno al valore dei metodi contenutistici comparati (ideo
logica ο psicanalitica) proprio questa polemica tra due critici sensibili, prepa
rati, e così divergenti in apparenza. Muscetta il quale vuole avanzare « con il
Belli in mano, e leggerlo storicamente « come va letto », scende in campo contro
le «divagazioni rondesche »151 e le «interpretazioni divaganti... come sono
tutte quelle nelle quali il Vigolo si sbizzarrisce davvero con hoffmaniano ca
priccio e vien fuori un Belli che sembra consacrato poeta nel « conclave dei
sogni », cari all'arte del suo moderno interprete »152, insomma contro le « for
zature » del testo. Per Muscetta era «lontano dal suo idi Belli! animo il
demoniaco romantico-decadente », « il sogno non era per lui mitica matrice
di un mondo fantastico » e non vi era posto per l'« abissale divinità della
Morte, della Carne e del Diavolo ». L'arte è « riflesso » della vita e la via
maestra è quella del « realismo »153: perciò le « fonti » letterarie indicate dal
Vigolo sono sistematicamente ridotte da Muscetta per cui prevalgono le fonti
« reali », storiche. Se vi sono fonti abissali, « la fantasia del Belli riaffiora
sempre dal surreale al reale, trovando nel riso la serena liberazione di ogni
vario prodotto dei desideri, impliciti nei nostri sogni »I54. Muscetta non può
evidentemente accettare che vi sia nell'uomo maturo possibilità d'irrazionale,
d'inconscio non risolto in termini razionali (« Nous qui voulons toujours raison
garder » diceva un famoso « irrazionalista ») e che Vigolo cerchi di spiegare
metastoricamente quelle deflagrazioni inanalizzabili della creazione-liberazione
poetica. Ma, si potrebbe chiedere a Muscetta, perché il Belli non si sia espresso
unicamente in prosa politica.
Quando lo stesso Muscetta vuol tracciare un profilo storico dell'infanzia
del Belli, un po' infastidito di avere a trattare di una « preistoria » senza impor
tanza decisiva, egli lo fa però con mano rapida e leggermente freudiana (« padre
149 P. Gentile, Le lettere del Belli, in « Corriere della Sera », 1 marzo 1962;
C. Bo, in « La Stampa », 12 gen. 1962.
150 C. MUSCETTA, Cultura e poesia di G. G. Belli, Milano 1961, soprattutto
pp. 265-285 e p. 300.
151 Op. cit., p. 274.
152 Op. cit., p. 267.
153 Op. cit., pp. 16, 215.
154 Op. cit., p. 276.
altro tentativo per quanto sappia, a parte torse una paradossale battuta di
C. E. Gadda 192 per cui l'amore essenziale di Saba fu quello della balia Peppa
sulla quale egli proiettava la sua « lubido » prima di diventare « dedito al
piramidone ed agli endecasillabi »; Contini, per primo, ha sottolineato la pre
destinazione di Saba alla psicanalisi, questa sua « crudeltà analitica e cono
scitiva » che lo faceva « nascere psicanalitico prima della psicanalisi », ed ha
rilevato anche in lui un « morbido desiderio pedagogico »193. Ma sono accenni
e non indagine analitica. D'altra parte, per un esame approfondito della psico
logia di Saba gioverà aspettare l'edizione, prossima, sembra, dell'Epistolario,
di cui A. Marcovecchio ci ha dato utili frammenti194.
G. Debenedetti, nei cui vecchi articoli sabiani non vi è traccia di abito
psicanalitico, ha tentato nella prefazione all'ultima raccolta poetica di Saba
una interpretazione a base freudiana1S5. Descrivendo l'ultima crisi « ciclica »
del poeta, preso da una « delusa volontà di amare », (« Un vecchio amava un
ragazzo... »), Debenedetti cerca una unità profonda che giustifichi insieme il
Piccolo Berto, Epigrafe e Uccelli, scoprendola nell'assunzione ad esorcismo della
attività poetica per tentare di liberarsi da un « destino » (è la parola chiave
della filosofia di Debenedetti) insopportabile — Saba, si sa, era spesso animato
da tentazioni di suicidio, sin dall'adolescenza —. Si tratta ogni volta di una ceri
monia crudele d'espiazione alla quale egli ci invita e per la quale si vale di
una persona a lui cara: il Piccolo Berto, l'io puerile e nascosto nel ricordo,
gli uccellini in gabbia, il commesso Carletto, il « ragazzo ». Capri espiatori reali
ο onirici, elusivi ο rassegnati, vengono sottomessi alla magia naturale della
η a tentativi rnnrrpti rit rlnminavinnp t-*prrViP crnntinn t fallimpnti rli ÇiiKa
pp. 233-234, si troverà una bibliografia in parte utile per la mia ricerca (tra l'altr
W. SOSLEIN, I. S. Translates the problems of Psychoanalysis into a Novel, in « T
Evening Post », New York 4 agosto 1930. Non è citato di B. Freedman, I. S. a
psychoanalytic novelist, in « Psychoanalytic Review », 18, 1931, pp. 434-438).
192 C. E. Gadda, op. cit., pp. 58-59. L'articolo è del 1946.
133 G. Contini, op. cit., pp. 89, 92, 98.
191 A. Marcovecchio, L'epistolario di Saba, in « Terzo Programma », ed. RAI,
1961, n. 2, soprattutto, p. 134.
195 G. DEBENEDETTï, La quinta stagione di Saba, prefazione a U. SABA, Epigrafe
Ultime Prose, Milano 1959, pp. 7-31. Ved. pure la premessa di DEBENEDETTï a Lettere
di U. S., in « Nuovi Argomenti », 1959, pp. 1-32 (In una di queste lettere Saba,
paradossalmente, rimprovera, al critico dei « destini », di mancare della « fatalità del
l'argomento », p. 17). In Omaggio a U. Saba, « Galleria », I960, pp. 4-5, una lettera
del poeta in cui fa un'analisi di sogno.
reso conto che i suoi schemi in proposito erano piuttosto semplici e rudimen
tali, seppure intuitivamente penetranti, e umani. Per chi volesse avere un'idea
dei concetti generali di Saba sulla rivoluzione freudiana, rimando alla lettera
che il poeta scrisse al direttore della « Fiera Letteraria » in risposta polemica
a Croce, « campione mondiale di scherma »196.
Pirandello dovrebbe essere per la psicanalisi un soggetto particolarmente
affascinante: la mole dell'opera, l'onirismo profondo dell'ispirazione, il « rea
lismo allucinato », la specie di eterno monologare, il tono di confessione che
assume quasi ogni sua novella ο commedia, una certa aria ossessiva che si spri
giona da ogni suo personaggio, tutto ciò era fatto per provocare diffidenza da
parte della critica italiana tradizionale poco abituata ad una letteratura così
surreale, e nello stesso tempo doveva guadagnare i favori della critica straniera,
e quindi degli indagatori dell'inconscio. Ora, poiché manca ancora uno studio
biografico oggettivo veramente rigoroso su Pirandello (il libro di Nardelli è
incompleto e discutibile), poiché manca ancora l'epistolario197 e « la vita intima
di Pirandello è ancora da conoscere »198, l'unico mezzo per avvicinarsi a questa
intimità rimane lo studio attento dell'opera e delle sue costanti fantastiche e
concettuali. Ma non credo che l'interesse degli psicanalisti abbia corrisposto al
successo mondiale dell'opera pirandelliana.
Non posso tenere conto, qui, delle intuizioni brevi, talvolta illuminanti,
che possono averci date in merito scrittori ο critici di formazione psicanalitica,
perché sarebbe un'impresa che ovviamente esorbiterebbe dai limiti della mia
inchiesta. Potrei accennare, per esempio a certe osservazioni di un Moravia
ι« li cosiaetto piranaemsmo, cioè quena specie ai rurore aenrante e ìuciao cne
spingeva Pirandello a denudare i suoi personaggi e a ridurli all'essenziale anch
quando quest'essenziale non fosse più che un grido di dolore ο di gioia, questo
pirandellismo va messo tra le maggiori operazioni igieniche di cui abbia fruit
l'arte del nostro tempo »139) ο di un Debenedetti (« Si sa quale appassionato e
dolente rancore lo animasse contro quelle sue creature troppo smaniosamente
vive (...) Si sa quale sentenza di male e di patimento egli pronunciava contr
quella smania (...) E lui puniva: dopo di averli umiliati in aspetti meschin
spesso e ripugnanti, li trascinava, come per un labirinto di torture, attravers
tutte le possibilità, casuistiche, combinazioni, deformazioni, che una vera logica
intrepida e senza riguardi, solo a se stessa obbediente, una sorta di furor logicu
era capace di escogitare... »200) ο di un Piovene (" Pirandello riflette nella sua
opera la condizione tipica del piccolo intellettuale del sud, tagliato fuori dalle
196 U. SABA, Poesia e -psicanalisi, in « Fiera letteraria » del 5 sett. 1946, n. 22.
11 volumetto delle Scorciatoie e Raccontine non ebbe il successo di pubblico che ave
vano avuto le puntate uscite prima su un giornale romano nel 1945 : si trova ancora
in magazzino da Mondadori, nella povera edizione prima, a 180 lire! Su « La Stampa
dei 17, 25 luglio e 29 agosto 1962 e su « Paese-Sera » del 28 agosto 1962, sono stat
pubblicate 31 « scorciatoie » inedite, scritte tra il 1928 ed il 1935 all'epoca della sc
perta di Freud da parte di Saba.
197 Si veda in proposito Lettere ai famigliari di L. Pirandello, estratti con presen
tazione di S. d'Amico, in « Terzo Programma », ed. RAI, 3, 1961, pp. 273-312.
198 S. D'Amico, introd. cit., p. 280.
199 A. MORAVIA, Pirandello (a dieci anni dalla morte), in « Fiera letteraria »
12 die. 1947.
200 G. DEBENEDETTI, Saggi critici, cit., p. 146.
potuto vedere, è certamente ortodosso e insiste sul legame edipico che unisce
suocera e genero nella loro tacita connivenza, in Così è. Quanto a E. Mor
purgo 'm, la sua analisi dei Sei personaggi rivela una buona conoscenza delle
idee generali freudiane e può ancora oggi essere utile, benché non vi si tratti di
una psicanalisi approfondita. È un esempio dei primi tentativi italiani (rarissimi)
di unire la tradizionale analisi psicologica con la nuova, allora scandalosa. « Con
la lente di Freud » infatti cerca di chiarire la « rivelazione imbarazzante » della
commedia. Senza soffermarsi sul problema di sapere se Pirandello conosca
Freud, che egli giudica problema senza grande importanza, Morpurgo indica
il significato anti-eroico del teatro delle Maschere Nude ed il suo clima onirico.
Poi illustra la « geniale analisi » dei personaggi, dal padre narciso, incestuoso,
nevrotico, alla madre masochista, e stranamente resistente all'analisi, alla figlia
stra, esempio di rimozione dell'ideale verso il basso e il sudicio, e di ambiva
lenza nei confronti del fratello, al figlio traumatizzato e oscuramente colpevole.
Fratelli di Edipo e Hamlet, segnati dal destino degli istinti questi personaggi
vivono il dramma edipico grazie alla scissione tra loro e gli attori, simbolo della
scissione tra conscio e inconscio, vita e meccanismo.
Ma chi ha particolarmente studiato Pirandello dal punto di vista stretta
mente freudiano è G. Resta207 di cui già conosciamo un contributo ariostesco.
Rimando a quello che dissi a proposito dei principi generali e del metodo di
Resta. Ma aggiungerò qualche appunto particolare suscitato dalla lettura dei
suoi 4 contributi pirandelliani. Mi sembra, prima di tutto, un po' artificiale
Siamo entrati ora in una epoca ancora più vicina a noi e le analisi rigoro
samente psicanalitiche, per ovvie ragioni, si fanno più rare, anche se la nuova
critica usa con meno scrupolo qualcuna delle parole ο delle intuizioni freudiane.
Il riflesso che impedì a Freud di passare dallo studio della Gradiva a quello
del suo autore funziona regolarmente.
Sul futurismo italiano, vi sarà poco da osservare, poiché il movimento si
è costruito prima del dilagare della dottrina freudiana e non vi sono studi di
carattere psicanalitico su opere ο autori di questo. Non vi fu infatti l'incontro
con Freud, come invece accadde per il dadaismo, nato nella seconda capitale
della psicanalisi, Zurigo, ο per il surrealismo di cui si conoscono le chiare radici
solo materiali per una psicanalisi più aggiornata, più rispettosa del partico
e dell'individuale. Come un Debenedetti, Fernandez mi sembra rapprese
un esempio interessantissimo dell'incrocio tra la critica letteraria e la psican
di oggi.
Un altro esempio di come una grande umanità possa riscattare anche i
giudizi sommari della prima psicanalisi lo voglio trovare nella Scorciatoia di
Saba dedicata ad Agostino·. « Il Caso Moravia. Ho letto Agostino. È un bel
libro; il migliore — fino ad oggi — di questo Autore (...) Ma è un cattivo
libro (...) Insudicia amore. Tutto Moravia è — purtroppo — così. Si direbbe
che i suoi personaggi non provino nessun piacere a quella cosa dalla quale
pure — dice Euripide — derivano ai mortali le loro più care delizie. Gli amanti
(in verità) odianti di Moravia compiono — ο si sforzano di compiere — i gesti
amorosi, come fossero esclusivamente gesti di astio e di reciproco disprezzo (...)
A Moravia (egli non è il solo) deve essere accaduto qualcosa. Non oggi, non
ieri; in tempi per lui preistorici, sepolti nelle profondità di un totale (non
però irrevocabile) oblìo. È come se egli, essendo ancora piccolo bambino,
avesse (fingendo, magari, di dormire) spiato e sorpreso (...) l'« amplesso »; e
— come succede ai pargoli maldesti — scambiato questo con un'aggressione;
un atto sadico. Poi dimenticò. Ma era ormai — senza saperlo — fissato a quel
l'immagine mostruosa e irreale. Essa improntò, non dico la sua vita (che né so,
227 I. SCARAMUCCI, Romanzi del nostro tempo, Brescia 1956, ved. Moravia tra
esistenzialismo e freudismo, pp. 87-130 e soprattutto 115-130.
né voglio saperlo); ma (questo posso affermarlo) la sua arte (...) Che non ci
sia nessuno che possa — essendo ancora tempo — strappargli dalla retina la
visione funesta; mutare una maledizione infantile in una benedizione d'adulto:
guarirlo insomma? » m.
228 U. Saba, op. cit., pp. 113-115. Ci si può chiedere se Saba non abbia preso
l'idea di scrivere il romanzo autobiografico di cui parla nel maggio 1953 alla figlia
Linuccia (ved. A. MarcoveCCHIO, L'epistolario di Saba, cit., pp. 145-146) e su cui
si vedrà il giudizio di E. MORANTE (in « Nuovi Argomenti », 1961, n. 51/52,
pp. 46-48) : « Vi si narrano le prime esperienze erotiche (amorose) di un ragazzo : le
quali s'iniziano, per avventura, con una di quelle relazioni che — sebbene reali, e
umane, e comuni in natura — la superstizione considera, nella loro specie, tabù ». Si
penserà anche alla parentesi di Saba: « egli non è il solo ».
229 U. Saba, op. cit., pp. 74-75.
230 U. Saba, op. cit., p. 146.
231 U. Saba, op. cit., p. 75.
232 I. Scaramucci, op. cit., pp. 243-244.
233 C. Bo, La lente di Gadda, in « La Stampa », 24 settembre 1957.
234 C. Varese, Cultura letteraria contemporanea, Pisa 1951, p. 213.
233 La recensione di J. De RlCAUMONT, a Le festin du commandeur in « Psyché »,
1952, η. 63, pp. 62 s. non ha quasi nulla di psicanalitico, malgrado l'indirizzo della
rivista.
236 Ree. di J. DE RlCAUMONT, a Le chien, le photographe et le tram, ved. nota
precedente. Ma I. Scaramucci dà qualche indicazione più specificamente psicanalitica, in
op. cit., pp. 174-178.
237 Ved. I. Scaramucci, op. cit., pp. 159-160.
238 G. Sogliani, Scheda psichiatrica per N. Palumbo, in « La Fiera letteraria »,
26 ottobre 1958. Ma si tratta più di un esame psichiatrico che psicanalitico, a propo
sito del protagonista di II Giornale.
239 G. Dalma, Via del Maltempo di Onofrio Fabrizi, Psicodinamismo del matri
cidio, in « Psicoanalisi », 1945, η. 1, pp. 70-87. Cfr. ree. di E. WEISS, in « Psycho
analytic Quarterly », 16, 1947, p. 144.
210 Si vedrà però C. MUSATTI, L'Abisso ovvero responsabilità dei pensieri segreti,
in « Psiche », 1948, pp. 79-82; M. Choisy, Albertina di V. Bompiani, in « Psyché »,
1948, η. 17, p. 380.
Su II medium dell'italo-americano Menotti, ved. S. Tarachow, Psychoanalytic
observations on The Medium und The Téléphoné by G. C. Menotti, in a Psychoanalytic
Review », 36, 1949, pp. 376-384.
241 Ved. A. GRINSTEIN, Miracle of Milan: some psychoanalytic notes on a movies,
in « American Imago », 10, 1953, pp. 229-245; ree. di J. Quéval a Lo DUCA, L'éro
tisme et le cinema, Parigi 1961, in « Mercure de France », 1961, pp. 300-303; D.
DREYFUS, Cinéma et psychanalyse, in « Mercure de France », 1961, pp. 617-632, e
pp. 625-632 su L'avventura di Antonioni.
242 G. HASSELQUIST, Viaggio nell'enigma di me stesso, Bonacci, Roma 1957.
213 S. TlSSI, op. cit., parte seconda, Preludio a un saggio di autoanalisi, pp. 303-340.
244 G. FlASSELQUIST, Antologia di prosa analitica, Firenze, Vallecchi, 1954.