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CAPITOLO SETTIMO: IL PARLAMENTO (pag.

727-829)

7.1) INTRODUZIONE

“Parlamento” originariamente designa l’atto del parlare successivamente questo termine ha preso anche il


significato di luogo in cui ci si riunisce per parlare. Infine, oggi, intendiamo l’insieme delle persone riunite.
Il primo parlamento, inteso con accezione moderna, risale al 1365, quando, in occasione della festa di S.
Ilario, a Westminster si riunì un parlamento inglese che decise in piena autonomia su determinate questioni
di governo.
La storia del Parlamento in Italia ha inizio con la nascita del regno nel 1861.
L’organo legislativo sabaudo era composto di due camere: una elettiva (la Camera dei deputati), l’altra si
nomina regia (il Senato del regno) e avevano competenze diversificate.
Si trattava di un parlamento bicamerale, come al giorno d’oggi, ma a differenza di quello repubblicano, le
due camere avevano funzioni diverse. Anche lo stato giuridico di senatori e deputati era diverso, le garanzie
e sicurezze dei senatori erano maggiori di quelle dei deputati.
La Camera dei deputati nasceva come contrappeso al potere regio, che trovava la sua sede naturale nel
Senato.
Durante il periodo fascista la Camera dei deputati venne sostituita con la Camera dei fasci e delle
corporazioni, ci fu una transizione dal modello rappresentativo al modello corporativo.
Alla fine della seconda guerra mondiale, secondo un’ottica democratica, la Costituzione operò la modifica
finale ripristinando e accentuando il carattere rappresentativo del parlamento, pur mantenendo le due
assemblee, le due camere oggi sono entrambe elettive.
Il parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, si riunisce in seduta
comune dei membri delle due camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.
Le espressioni “Parlamento” e “Camere” sono generalmente sinonime.
Il parlamento è un’entità complessa costituita da due assemblee distinte denominate “Camera dei deputati” e
“Senato della Repubblica”; le assemblee a loro volta sono composte da persone fisiche chiamate “deputati” e
“senatori” chiamati nell’insieme “membri del parlamento”.
Il parlamento repubblicano è un organo, ovvero una struttura burocratica adibita ad esternare la volontà di un
dato soggetto, lo Stato-persona.
Le due Camere hanno funzione legislativa e la legge del Parlamento è detta propriamente “legge dello
Stato”.
Il parlamento è un organo perché ha una rilevanza esterna, le due camere non sono organi perché, come gli
uffici, hanno rilevanza interna. Non vi sono elementi essenziali tipici dell’organo nelle camere intese
singolarmente.
Il Parlamento nel suo insieme è organo dello Stato-persona, non le singole camere.
Inoltre, la Camera dei deputati e il Senato della repubblica, considerate singolarmente, sono articolazioni
interne al parlamento e operano di norma in seduta separata ed eccezionalmente in seduta congiunta.
 
SEZIONE I: ORGANIZZAZIONE
7.2) IL PRINCIPIO BICAMERALE: seduta separate seduta comune delle Camere
Il Parlamento italiano si fonda sul principio bicamerale, si parla di bicameralismo perfetto o paritario per
indicare che le due camere godono di identiche competenze e rivestono il medesimo ruolo politico-
rappresentativo.
La finalità principale del bicameralismo italiano non è quella di dividere il lavoro parlamentare ma di fornire
a ciascuna assemblea l’occasione per giudicare il lavoro svolto dall’assise “gemella” in modo da poter
riparare ad eventuali sviste di questa usando del suo potere di emendamento.
Gli artt. 56 e 58 prevedono sia per la Camera che per il Senato il principio del suffragio universale e diretto.
Negli artt. 56-59 troviamo le linee portanti del bicameralismo paritario italiano enunciato nell’art. 55 nei
seguenti termini:
- La Camera dei deputati è composta da 630 membri, compresi i 12 della circoscrizione estero (art.56,
comma 2), mentre il senato della Repubblica conta 315 membri, 6 dei quali eletti dagli italiani
residenti all’estero (art. 57, comma 2).
- La circoscrizione estero (deputati e senatori eletti da cittadini italiani residenti all’estero) ha lo scopo
di consentire anche ai cittadini italiani risiedenti all’estero di partecipare alla vita politica del nostro
Paese.
- In Senato siedono anche, con gli stessi diritti e doveri, i Senatori di diritto ed a vita. Si tratta di ex
Presidenti della Repubblica e “i cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti in
campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, sono nominati direttamente dal presidente della
Repubblica.
- L’art.56 prevede che si possa votare per le elezioni della Camera dei deputati una volta compiuti 18
anni, mentre si può essere eletti deputati non prima di aver compiuto 25 anni. Invece, per quanto
riguarda il Senato, l’età per il diritto di voto si raggiunge ai 25 anni e la possibilità di essere votati
come senatori è fissata a 40. Le giovani generazioni vengono escluse dal Senato.

Anche se si parla di bicameralismo perfetto bisogna comunque creare una differenziazione tra i due rami del
parlamento per svolgere al meglio la funzione di reciproco controllo a distanza.
Le differenziazioni esistenti tra la Camera e il Senato hanno lo scopo di scongiurare il rischio della mera
duplicazione delle due assemblee, pur seguendo una logica che riconosce alle stesse la medesima
legittimazione politica e democratica.
Nell’ordinamento costituzionale italiano, tanto la Camera dei deputati, quanto il Senato della Repubblica
sono espressione dell’intera collettività nazionale, e come tali possono fungere ognuna da Camera di
“raffreddamento” rispetto alle decisioni politiche prese dall’altra.
La finalità del bicameralismo è quella del reciproco controllo a distanza e questo implica che le due
assemblee lavorino separatamente. In specifiche ipotesi indicate esclusivamente dalla costituzione i rami del
Parlamento si riunisco per deliberare congiuntamente (riunione del Parlamento in seduta comune).
Il parlamento in seduta comune elegge: il Presidente della Repubblica, un terzo dei componenti del consiglio
superiore della magistratura e un terzo dei giudici della corte costituzionale.
(Secondo una dottrina) Collegio imperfetto: assemblea la quale, come avviene nel caso del seggio elettorale,
non può disporre del proprio ordine del giorno, né può discutere attorno all’oggetto per cui essa è stata
convocata, ma deve limitarsi esclusivamente all’espressione del voto e alla proclamazione del risultato. 
In generale:

·       Il Parlamento può essere convocato solo in ipotesi espressamente previste, generalmente finalizzate a
determinare la composizione di altri organi costituzionali.
·       Non vi sono elementi giuridicamente rilevanti per togliere all’assemblea, una volta legittimamente
convocata, la facoltà di far precedere la deliberazione da una discussione e/o dichiarazione di voto.

 7.3) IL PRINCIPIO RAPPRESENTATIVO: partiti politici e sistema elettorale


Il Parlamento ha una natura politico-rappresentativa, svolge un ruolo centrale nell’ordinamento democratico
italiano.
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale.
I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto.
Il Parlamento risulta ,quindi, un organo elettivo e la sua rappresentatività è garantita da un procedimento
elettorale che regola la formazione periodica dell’organo, teso a preservarne il carattere democratico.
In un sistema in cui il popolo è sovrano, rappresentare il popolo significa portarlo a presenza in un
determinato luogo, tenendo presente che la sua effettiva presenza in quel luogo non è materialmente
possibile.
Distinzione tra rappresentanza politica e rappresentanza degli interessi:

·       Rappresentanza politica = rappresentanza dell’interesse generale.


Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione. Ciascun candidato, a prescindere dal suo elettorato di
riferimento, una volta eletto, deve agire avendo cura esclusivamente dell’interesse generale, e cioè
dell’interesse di tutti i cittadini, anche quelli che non gli hanno dato il loro voto.
·       Rappresentanza degli interessi = rappresentanza parziale. Questa tende al perseguimento degli
obbiettivi proprio ed esclusivi del gruppo di riferimento del rappresentante.
La distanza tra questi due tipi di rappresentanza può sembrare netta ma non lo è, e ciò dipende dal fatto che
progressivamente tra individui e pubblici poteri si è insinuato un terzo soggetto: il partito politico,
l’organizzazione politica principale di tutte le moderne democrazie.
I partiti politici svolgono l’importante funzione di intermediazione tra singoli cittadini e istituzioni ma allo
stesso tempo, pur proponendo un progetto sociale globale, tendono ad identificarsi con un elettorato
specifico.
Concezione della democrazia non sostanziale ma formale secondo cui:
Leggi elettorali: insieme delle prescrizioni giuridiche che disciplinano le modalità di svolgimento  delle
consultazioni politiche, attribuiscono la titolarità del diritto di votare , stabiliscono i requisiti necessari per
candidarsi, determinano la durata e la scadenza dell’organo elettivo. Esse consentono il funzionamento del
circuito rappresentativo.
Questa concezione della democrazia è detta procedurale o formale perché si disinteressa dei contenuti delle
scelte politiche, per concentrarsi sul rispetto delle regole elettorali.
L’interesse del popolo non è definibile a priori, ma si identifica col rispetto delle regole elettorali.
In questa prospettiva i partiti politici rappresentano per i cittadini il canale attraverso cui dialogare con i
pubblici poteri. In questo modo i partiti divengono i protagonisti del funzionamento delle istituzioni
democratiche.
I partiti politici hanno un importante ruolo-chiave nella scelta dei rappresentanti parlamentari.
Distinzione tra rappresentanza politica liberale rappresentanza politica propriamente democratica:
La differenza tra le due si riscontra nelle tipologie di legge elettorale proprie di ciascun sistema.
Stato liberale: voto circoscritto ad una quota limitata della popolazione = suffragio ristretto.
Stato democratico: diritto di voto riconosciuto a tutti i cittadini = suffragio universale.
Nonostante le differenze relative al voto l’obbiettivo di realizzare l’interesse generale è comune ad entrambi
gli schemi rappresentativi, ciò che cambia è il numero dei soggetti che votano.
La rappresentanza liberale è collegata alla sovranità della nazione.
La rappresentanza democratica è collegata alla sovranità del popolo.
Popolo: persone fisiche legate allo stato da un rapporto di cittadinanza, che si manifesta come diritto di voto
o suffragio.
Nazione: comunità spirituale, linguistica e culturale collocata in un dato territorio.
Infine, quindi, lo schema rappresentativo adottato nell’ordinamento politico italiano è quello della
rappresentanza politica democratica.
Il ruolo centrale nella qualificazione della rappresentanza è svolto dalla legge elettorale.
All’interno delle tipologie di suffragio universale troviamo due varianti del meccanismo elettorale:

a)     Leggi elettorali proporzionali: istituiscono dei congegni normativi che mirano a “riprodurre in
piccolo”, all’interno dell’assemblea elettiva, la realtà politica così com’essa emerge nel corpo elettorale.
b)     Leggi elettorali maggioritarie: strutturazione diversa dell’assemblea che consente di individuare
l’ideologia politica dominante così da assicurare a questa il diritto di governare l’intera comunità.

Le leggi elettorali proporzionali sono quelle più rispettose dell’originaria rappresentanza democratica, ma le
leggi maggioritarie si presentano in genere più funzionali nel garantire la presenza di governi stabili, in
quanto sorretti da maggioranze parlamentari sufficientemente ampie.
Quindi, i sistemi elettorali proporzionali privilegiano le ragioni della rappresentatività su quelle della
governabilità; i sistemi elettorali maggioritari privilegiano le ragioni della governabilità su quelle della
rappresentatività.
I sistemi elettorali e maggioritari possono sub-classificarsi in “estremi” e “corretti” a seconda della presenza
di più o meno intensi correttivi che comportino modifiche dell’esito finale del conteggio nella fase della
conversione dei voti in seggi.
La scelta dell’Assemblea costituente di non dare una regolamentazione articolata a livello costituzionale, ha
determinato una variabilità elevata della legge elettorale.
A grandi linee, si può dire che il sistema elettorale italiano attuale si caratterizza per un recupero della logica
proporzionalistica, sebbene corretta attraverso due istituti: il premio di maggioranza e il premio di coalizione
regionale, che vengono incontro alle esigenze di governabilità.
Attraverso questi premi è possibile creare un divario tra l’opzione vincente e quella perdente maggiore, in
termini di voti, a livello di corpo elettorale, qualora questo divario sia troppo esiguo da permettere al governo
di contare su un margine di seggi sufficientemente ampio per consentirgli di operare in condizioni di
tranquillità.
Elettorato attivo (diritto di voto politico):

- È riconosciuto a tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
- I senatori sono eletti da coloro che hanno compiuto 25 anni.
- Esiste una riserva di legge al fine di determinare requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto
dei cittadini italiani residenti all’estero.
- I cittadini non residenti in Italia possono esprimere 12 deputati e 6 senatori eleggibili nella
circoscrizione Estero secondo una ripartizione prevalentemente proporzionale.

Elettorato passivo (presentarsi alle elezioni politiche in qualità di candidati):

- Si può essere eletti deputati solo se si è elettori e si siano compiuti 25 anni.


- Si può essere eletti senatori solo se si è elettori e si siano compiuti i 40 anni di età.

Cause di ineleggibilità: svolgere, al momento della candidatura, alcune funzioni che potrebbero essere
utilizzate per acquisire un vantaggio rispetto agli altri competitori elettorali. Il candidato deve aver
abbandonato tale carica da almeno 6 mesi prima della candidatura.

Cause di incompatibilità: quando è materialmente impossibile assolvere contemporaneamente ai doveri del


parlamentare e a quelli collegati all’altra carica. La titolarità del secondo ufficio non implica l’invalidità
dell’elezione ma obbliga il candidato a scegliere quale carica ricoprire.

L’ineleggibilità determina l’invalidità dell’elezione.


L’incompatibilità obbliga a fare una scelta.

7.4) IL PRINCIPIO DI CONTINUITA’


Secondo il principio di continuità, l’esercizio di una pubblica funzione non deve subire interruzioni per
nessuna ragione.
 All’interno di un sistema in cui i titolari dei diversi uffici si alternano naturalmente secondo scadenze
temporali prestabilite, l’azione dell’organo non deve risentire di tale rotazione. Per fare ciò la procedura di
rinnovazione si deve attivare prima della scadenza delle vecchie assemblee.
L’art. 60, comma 2 stabilisce che la durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e
soltanto in caso di guerra.
Prorogare: spostare in avanti il termine di scadenza dell’organo da rinnovare.
L’unica possibilità di proroga delle Camere è lo scoppio di un conflitto bellico purché la proroga sia disposta
con legge.
Art. 78, le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.
Le Camere non possono disporre liberamente la durata della propria proroga in quanto questo andrebbe
contro il principio democratico-rappresentativo.
Art.61 "finché non siano riunite le nuove Camere, sono prorogati i poteri delle precedenti".
Questo articolo testimonia il principio di continuità del parlamento.
In questo articolo non si parla di proroga ma di "prorogatio".
Prorogatio = figura derivante dal diritto pubblico romano, che ha la finalità di coprire, nel silenzio delle fonti
normative, un vuoto funzionale potenzialmente verificabile ogni volta che si procede alla rinnovazione delle
cariche pubbliche.
La prorogatio prevede un'estensione temporale del potere d'intervento delle Camere uscenti che si esaurisce
automaticamente quando quando si riuniscono le nuove assemblee legislative.
La proroga invece opera solo in presenza di un atto espresso.
La prorogatio si esaurisce quando avviene la prima riunione delle assemblee neoelette che deve avere luogo
entro 20 giorni dalla proclamazione del risultato elettorale e la data viene fissata dal decreto del Presidente
della Repubblica che convoca i comizi elettorali.
Durante la prorogatio quali poteri possono esercitare le Camere uscenti, politicamente delegittimate?
Ci sono 3 posizioni:
A) le Camere prorogate non hanno nessuna limitazione delle proprie funzioni.
B) le Camere, in quanto scadute, devono limitarsi all'ordinaria amministrazione.
C) l'intervento delle Camere dovrebbe rappresentare l'"extrema ratio" quando non sia possibile attendere
l'insediamento delle nuove assemblee.
Questi limiti sopraelencati hanno un riscontro normativo?
1) nell'art. 61 non si desumono particolari limiti ai poteri delle Camere prorogate;
2) l'art. 85 prevede il rinvio dell'elezione del Presidente della Repubblica quando la scadenza del suo
mandato si verifica in corrispondenza di una situazione in cui il Parlamento sia già cessato o sia in procinto
di cessare nei prossimi 90 giorni.
3) in sede di promulgazione di una legge approvata da Camere scadute, il Capo dello Stato potrebbe opinare
il mancato rispetto dei corretti parametri che si trovano nell'art.74, e chiedere alle Camere una seconda
deliberazione per ragioni attinenti al merito costituzionale.
Riunioni di diritto: due riunioni all'anno a prescindere da qualsiasi formale convocazione.
Riunioni straordinarie: convocate da Presidente di ciascuna Camera, dal Presidente della Repubblica, o da un
terzo dei componenti delle relativa assemblea.
Quando c'è la convocazione di una Camera, di diritto viene convocata anche l'altra

7.5) IL PRINCIPIO DI AUTONOMIA


Autonomia di un apparato pubblico: garantire uno spazio di azione e valutazione, al riparo da influenze e
reazioni di altri soggetti che potrebbero condizionare le decisioni a la funzione.
L'art.63 prevede un'ampia potestà organizzativa interna alle due Camere, che eleggono il Presidente e
l'ufficio di Presidenza.
Questa regola serve a impedire le ingerenze del Potere esecutivo e del Presidente della Repubblica nelle
questioni parlamentari e anche a salvaguardare il Parlamento dai condizionamenti reciproci di un ramo
sull'altro.
Art.66 prevede la giurisdizione esclusiva di ciascuna Camera quanto a titoli d'ammissione, cause
d'ineleggibilità e d'incompatibilità dei propri membri.
Art.68 si sancisce l'insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai parlamentari nell'esercizio delle
loro funzioni.
Le Camere possono deliberare l'adunanza segreta per sottrarsi, all'atto di discutere e decidere su determinate
questioni, alle pressioni e alle emozioni della piazza.
L'autonomia del Parlamento può essere di tipo organizzativo, normativo e funzionale.
1) Autonomia organizzativa
a) Il presidente e l'Ufficio di presidenza:
L'art.63 prevede due organi: il Presidente e l'Ufficio di presidenza.
Il presidente esercita i poteri di direzione dei lavori dell'assemblea che presiede, la rappresentanza verso
l'esterno e ne interpreta il regolamento nello svolgimento di tali compiti.
Il Presidente è affiancato dall'ufficio di Presidenza, composto da:
~ quattro Vice Presidenti, che sostituiscono il Presidente in caso di legittimo impedimento;
~ tre Questori, che curano m gli aspetti economico-finanziari relativi al funzionamento della Camera
d'appartenenza
~ otto Segretari, che svolgono mansioni operative, tra cui, la verbalizzazione delle sedute ed il governo delle
operazioni di voto.
L'elezione del Presidente avviene a maggioranza qualificata, poiché colui che viene chiamato a ricoprire tale
carica dovrà rappresentare tutta l'assemblea.
Sia alla Camera che al Senato, l'elezione del Presidente avviene a scrutinio segreto e nei quorum di volta in
volta richiesti vengono sempre conteggiate anche le schede bianche. Così facendo si garantisce a ciascun
parlamentare la massima libertà di scelta rispetto alle indicazioni del partito d'appartenenza e si fa in modo
che egli non possa sottrarsi alla decisione.
Dopo aver eletto il Presidente si procede alla formazione dell'Ufficio di presidenza che avviene col sistema
del voto limitato: ciascun parlamentare dispone di un numero di preferenze inferiore a quello delle cariche
disponibili, così da ritagliare uno spazio di rappresentatività in tale organo anche per gli esponenti della
minoranza.
b) I gruppi parlamentari:
Rappresentano la proiezione dei partiti politici all'interno dell'Aula, e consentono al Parlamento di operare in
molte delle sue attribuzioni essenziali.
I deputati e i senatori eletti nelle liste di un partito confluiscono nell'omologo gruppo parlamentare previa
dichiarazione personale da farsi entro 2 giorni dalla prima riunione della Camera e entro 3 giorni dalla prima
riunione del Senato.
Un gruppo parlamentare si forma solo se ha una consistenza numerica minima di 20 deputati e 10 senatori.
Se un deputato o senatore non aderisce a nessun gruppo parlamentare o un gruppo non raggiunge il numero
minimo per formarsi vengono inseriti in un unico gruppo residuale detto "Gruppo misto".
c) Le giunte e le commissioni permanenti:
Dopo aver costituito i gruppi si procede alla formazione delle giunte e delle commissioni.
Giunte e commissioni = articolazioni interne dell'assemblea in cui un certo numero di deputati o senatori va a
comporre un collegio ristretto che ha il compito di riferire, istruire e decidere su questioni di rilevanza
parlamentare.
Le giunte parlamentari sono 3 alla Camera e 2 al Senato e si occupano delle stesse questioni, ovvero:
~ esaminare le proposte di modifica del regolamento che si presentano, risolvere i conflitti della sua
interpretazione e risolvere i conflitti di competenza tra le Commissioni.
~ vagliare la regolarità delle operazioni elettorali, i titoli di ammissione, le cause di ineleggibilità, di
incompatibilità e di decadenza dei deputati e dei senatori.
~ valutare le richieste della Magistratura di sottoporre deputati e senatori a procedimento penale o a
provvedimenti coercitivi della loro libertà personale o domiciliare, con possibilità di formulare, per ciascun
caso, proposta di concessione o di rifiuto dell'autorizzazione.
 
Non è previsto alcun limite di tempo per la permanenza di un componente all'interno di una giunta. Si rimane
in carica per tutta la durata della legislatura.
Nelle commissioni, invece, i componenti devono essere rinnovati periodicamente.
Le commissioni parlamentari sono 14 sia alla Camera, sia al Senato e le competenze sono articolate in base
all'omologa competenza ministeriale.
Le commissioni parlamentari sono presenti in ogni legislatura e per questo vengono definite "permanenti".
Il regolamento della Camera prevede che ciascun gruppo parlamentare, subito dopo la sua costituzione,
debba comunicare alla Segreteria generale i nominativi degli esponenti designati, nessun deputato può essere
designato per più di una commissione.
Il regolamento del Senato, invece, prevede che ciascun gruppo debba prevedere alle designazioni entro 5
giorni dalla sua costituzione.
I gruppi composti da un numero di senatori inferiore a quello delle commissioni permanenti possono
designare uno stesso senatore per più commissioni, fino a un massimo di 3, così da essere rappresentati nel
maggior numero possibile di commissioni.
All’interno di ciascuna commissione permanente è necessario riprodurre la proporzione tra le formazioni
politiche presenti in Parlamento.
Le formazioni politiche sono coinvolte nel procedimento legislativo e svolgono altre importanti funzioni, per
questo motivo bisogna cercare anche nelle commissioni permanenti di rispettare il precetto di sovranità
popolare.
Nelle giunte, invece, la regola di proporzionalità non è necessaria in quanto queste non svolgono funzioni
che incidono direttamente sulla politica del Paese.
Funzioni delle commissioni:
Ciascuna delle 14 commissioni permanenti può operare in 4 diverse modalità a seconda che:

- Debba esprimere pareri (sede consultiva)


- Si limiti a riferire all’Assemblea sul contenuto di un dato progetto di legge (sede referente)
- Abbia anche il compito di predisporre un testo normativo già strutturato (sede redigente)
- Possa votare direttamente l’approvazione/reiezione della legge sostituendosi in tal modo al plenum
(sede deliberante o legislativa)

Le commissioni non permanenti, le commissioni d’inchiesta e le commissioni bicamerali: 

Commissioni speciali e commissioni d’inchiesta: queste commissioni sono eventuali, non sono
espressamente individuate dai regolamenti e vengono istituite per far fronte a specifiche questioni, che una
volta risolte determinano la cessazione di queste commissioni.
Di conseguenza, queste commissioni sono temporanee o non permanenti.
Le commissioni d’inchiesta vengono messe in piedi per svolgere indagini su materie di pubblico interesse
con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.
Le commissioni permanenti devono rispettare la regola di proporzionalità.
Commissioni bicamerali: composizione paritetica (vi siedono contemporaneamente deputati e senatori in
egual numero) e proporzionale.
La Costituzione prevede una commissione bicamerale per le questioni regionali, che deve essere consultata
obbligatoriamente prima di sciogliere un Consiglio regionale o rimuovere un Presidente di regione.
Viste le funzioni che svolge una commissione bicamerale si può parlare di commissione permanente, però
possono anche esserci commissioni bicamerali non permanenti.
Le commissioni bicamerali, in genere, vengono istituite con legge, specialmente nel caso in cui si tratti di
commissioni d’inchiesta, in alcuni casi anche con legge costituzionale.

2) Autonomia normativa
Autonomia normativa delle Camere.
Art. 64, comma 1: indica la maggioranza assoluta con cui devono essere adottati i regolamenti parlamentari.
I seguenti articoli dettano alcune regole organizzative più specifiche:
la normale pubblicità dei lavori parlamentari, i quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea e il diritto-
dovere dei membri del Governo di partecipare ai lavori dell’Assemblea.
Art. 72: istituisce una riserva di regolamento camerale rispetto all’esame dei disegni di legge, alla disciplina
dei procedimenti abbreviati e all’approvazione in commissione.
Tre tipologie di norme regolamentari:

1)     Applicative (della Costituzione): quando i regolamenti parlamentari si limitano a rendere eseguibile


o attuabile il precetto costituzionale;

2)     Integrative (della Costituzione): quando la disciplina costituzionale è parziale e necessita di


completamento anche sul piano normativo;

3)     Estrattive (dalla Costituzione): quando la disciplina costituzionale difetti completamente, ma da


principi costituzionali è possibile inferire una tendenza normativa che però richiede di essere
integralmente disciplinata dalla fonte regolamentare.

Le disposizioni regolamentari, nel loro complesso, sono indici di efficienza del sistema parlamentare perché
permettono di far funzionare correttamente le Assemblee rappresentative, coniugando capacità decisionale
della maggioranza e garanzie della minoranza.
 
3) Autonomia funzionale
Distinzione tra:

a)     disposizioni che mirano a garantire l’indipendenza funzionale del Parlamento inteso


nella sua globalità o in quanto organo;

b)     disposizioni che tutelano la libertà di autodeterminazione dei singoli parlamentari in


quanto componenti dell’organo.

Parlamento = profilo genetico.


Si intende il momento iniziale della composizione dell’organo.
Membri del parlamento = profilo operativo.
Si intende la capacità dell’organo di esprimere nel tempo le proprio volontà attraverso le persone fisiche che
lo compongono.

a)     Autonomia funzionale: il profilo genetico.

Art.65: istituisce una riserva di legge in materia di determinazione dei titoli d’ammissione, delle cause
d’ineleggibilità e d’incompatibilità dei deputati e senatori.
Art.66: stabilisce una riserva di giurisdizione in capo a ciascuna Camera in ordine all’accertamento della
sussistenza di queste cause (quelle dell’art. sopra).

Queste due garanzie rendono possibile comporre ciascuna assemblea parlamentare in maniera totalmente
indipendente, al riparo da ogni pressione, interna ed esterna, sul Parlamento stesso.

Inoltre, la combinazione di questi due articoli contribuiscono in maniera decisiva a realizzare il principio
della separazione dei poteri e quello del bicameralismo perfetto perché attraverso gli istituti della riserva di
legge e di giurisdizione:

- Da un lato, il Parlamento viene sottratto alla sfera d’influenza degli altri apparati titolari di funzioni
costituzionali;
- Dall’altro, ciascuna Assemblea rappresentativa risulta effettivamente indipendente dall’altra. 

b)     Autonomia funzionale: il profilo operativo.

La Costituzione include 3 disposizioni (artt.67,68,69) poste a tutela della libertà d’azione dei parlamentari
come singoli che delineano quello che può essere definito lo “status” del parlamentare.

1)     Divieto di mandato operativo (art.67)

Questo articolo è volto a preservare la serenità di giudizio del parlamentare dalle sollecitazioni dell’opinione
pubblica e anche dalle pressioni sullo stesso partito d’appartenenza.

-        Il divieto di mandato imperativo è un congegno giuridico-costituzionale idoneo a preservare


l’autonomia operativa del parlamentare.

-        L’obiettivo viene perseguito attraverso una limitazione delle implicazioni estreme del principio
democratico.

-        L’art.67, tuttavia, non vieta che sul piano politico si possano registrare forme di rappresentanza
vincolata.

2)     Immunità parlamentari (art.68)

Questo articolo dichiara:

-        L’irresponsabilità per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle funzioni;

-        L’inviolabilità, nel senso che il parlamentare non può essere sottoposto a misure restrittive della
propria libertà personale, se non dietro autorizzazione della Camera d’appartenenza.

Questo articolo è volto a consentire ai deputati e senatori di prendere decisioni, anche non favorevoli al
Governo in carica o alla Magistratura, senza dover temere ritorsioni di quegli apparati che possano
minacciare la loro sfera personale o patrimoniale.
L’irresponsabilità:

-        Riguarda le opinioni e i voti espressi  dai parlamentari “nell’esercizio delle loro funzioni”;

-        Non si estende agli atti extra-funzionali;

-        Non viene meno al cessare della carica.

L’inviolabilità:
-        Si estende anche al di là dell’esercizio di attività strettamente parlamentari;

-        Esaurisce la sua azione col venir meno della carica.

Gli atti coperti dalla garanzia dell’irresponsabilità sono tutti quelli che sono oggettivamente ricollegabili al
principio d’autonomia funzionale delle Camere.
Per quanto riguarda l’inviolabilità, in base ai commi 2 e 3 dell’art. 68 i parlamentari sono sottoposti alla
giurisdizione al pari dei comuni cittadini. Non possono, però, essere perquisiti, arrestati, detenuti o privati
della libertà personale senza l’autorizzazione della Camera d’appartenenza.
L’autorità giudiziaria può, però, fare a meno dell’avallo camerale nei casi in cui:

-        I provvedimenti restrittivi sono dati in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna;

-        Il parlamentare sia stato colto nell’atto del commettere un reato, e tale reato figuri tra quelli per i quali
il codice di procedura penale preveda l’arresto obbligatorio in flagranza.

3)     L’indennità parlamentare (art.69)

Questo articolo prevede un’indennità da corrispondere ai membri delle Camere per il periodo nel quale si
siedono in Parlamento.

La disposizione ha lo scopo di liberare il parlamentare dalle preoccupazioni materiali connesse alla necessità
di procurarsi un reddito per vivere, poiché in tal modo egli dovrebbe essere meno suscettibile di
condizionamenti esterni nell’adempimento del proprio mandato.

L’indennità è costituita da quote mensili comprensive anche del rimborso spese di segreteria e
rappresentanza.

Ai membri del Parlamento è corrisposta anche una diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a
Roma.

Esiste, poi, un sistema pensionistico dei parlamentari che contempla l’erogazione di una pensione
proporzionata all’età contributiva e la percezione una tantum di un assegno di reinserimento nella vita
professionale in corrispondenza della mancata rielezione.

SEZIONE II: FUNZIONAMENTO


1. La funzione legislativa: il procedimento
Art.70 Cost.: la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere → connessione con
l’assetto paritario del bicameralismo del Parlamento italiano.
L’art. 70 Cost. suggerisce che il Parlamento svolge innanzitutto la funzione legislativa che si individua a
partire dal suo prodotto tipico: la legge parlamentare. La legge del Parlamento è anche un atto politico:
- Il Parlamento è soggetto libero nella scelta dei fini da perseguire
- La legislazione è lo strumento principale per l’individuazione ed il perseguimento degli obiettivi
politici dell’ordinamento.
2. Il procedimento legislativo (come si arriva al “prodotto” legislativo, cioè la legge del Parlamento)
Il procedimento legislativo può essere definito come la serie preordinata di atti attraverso cui si arriva
all’adozione, da parte del Parlamento, di un atto finale chiamato “legge”.
TRE FASI FONDAMENTALI:
a) l’iniziativa
b) l’esame e l’approvazione: fase che dovrà essere completata almeno due volte.
Nell’ipotesi di procedimento legislativo costituzionale, la fase approvativa risulterà ulteriormente dilatata
dato che ciascun ramo del Parlamento è chiamato ad esprimersi a favore del disegno di legge costituzionale
due volte.
c) la promulgazione e la pubblicazione della legge.
L’assetto bicamerale perfetto implica che l’esercizio della funzione legislativa sia sempre condiviso tra le
due Camere.

3. Prima fase: iniziativa

A) INIZIATIVA (Art. 71 Cost.)


Catalogo di soggetti che hanno il potere di avviare il procedimento legislativo proponendo un disegno di
legge: 1) il Governo, 2) i singoli parlamentari, 3) i cittadini in numero non inferiore ai cinquantamila, 4) agli
organi ed enti ai quali sia stata conferita da legge costituzionale.
Nessuna legge costituzionale ha individuato organi o enti ulteriori, ma l’ha fatto la Costituzione stessa in altri
articoli: 5) il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, 6) le Regioni, 7) i Comuni.
=

 L’iniziativa appartiene ad un gruppo eterogeneo di soggetti che hanno una consistenza pluripersonale
→ per questa ragione, la proposta deve articolarsi in un autonomo SUBPROCEDIMENTO → la potestà
d’iniziativa esige comunque una precisa serie di adempimenti procedurali per dirsi perfetta, e cioè
giuridicamente esistente.
 Resta salva la facoltà di entrambi i rami del Parlamento di scegliere se e quando discutere il disegno di
legge (si può parlare di insabbiamento): l’introduzione (alla Camera o al Senato) di una proposta di
legge perfetta obbliga il rispettivo Presidente ad assegnare il documento alla commissione competente
per materia, ma fino a quando il documento non viene formalmente inserito nel calendario dei lavori,
non c’è garanzia che il disegno di legge verrà effettivamente discusso.
Peculiarità di ciascun tipo di iniziativa:
1) Iniziativa governativa: il Governo è il più importante motore dell’iniziativa legislativa, infatti i disegni di
legge da esso provenienti sono gli unici ad essere sempre designati col termine “disegni”, mentre le altre
forme di iniziativa vengono denominate “proposte”.
Il subprocedimento che regola la presentazione delle proposte legislative del Governo alle Camere è
particolarmente articolato: la centralità dell’iniziativa governativa è determinata, infatti, da un triplice ordine
di fattori: politico, tecnico e giuridico.
Politico: esiste uno stretto collegamento tra il Governo e la maggioranza parlamentare, questo prende il
nome di rapporto fiduciario: un rifiuto sistematico da parte delle Camere delle proposte del Governo
assumerebbe il significato del venir meno della fiducia della maggioranza parlamentare nei suoi confronti.
Tecnico: soltanto chi svolge professionalmente certe mansioni può essere in possesso delle conoscenze
necessarie per predisporre un testo normativo coerente e funzionale allo scopo prefissato.
Giuridico: esistono ipotesi di riserva costituzionale al Governo dell’iniziativa legislativa in certe fattispecie
(= solo il Governo può avere iniziativa legislativa in alcuni casi).

2) Iniziativa parlamentare: i parlamentari non incontrano limiti formali all’esplicazione del proprio potere
d’iniziativa, se non che:
- possono presentare la loro proposta solo alla Camera d’appartenenza,
- non possono esercitare l’iniziativa in relazione alle materie per le quali ci sia una competenza riservata al
Governo o ad altri soggetti.
Nei fatti, più facilmente un parlamentare preferisce esercitare la propria prerogativa usando il potere di
emendamento (=modificazione) su un testo già predisposto: la sua iniziativa individuale, infatti, presenta una
scarsa incisività.
3) Iniziativa popolare: i cittadini possono esercitare l’iniziativa legislativa attraverso la proposta di un
progetto redatto in articoli da parte di almeno cinquantamila elettori. La mancanza anche di un solo requisito
fa sì che la proposta popolare vada a ricadere nella fattispecie della petizione popolare.
4) Iniziativa del Consiglio nazione dell’economia e del lavoro: si tratta del caso di rappresentanza degli
interessi e riguarda solo le tematiche economiche e sociali.
5) Iniziativa regionale: ci sono due richiami all’iniziativa regionale: uno speciale, l’altro generale.
L’Art. 116 consente alle Regioni ordinarie di integrare il proprio statuto d’autonomia attraverso una legge
statale per cui solo la Regione interessata può mettere in moto il relativo iter legislativo
L’Art. 121 individua nel Consiglio regionale l’organo deputato all’esercizio in linea generale dell’iniziativa
nei confronti del Parlamento: l’iniziativa può riguardare qualunque materia di competenza statale.

6) Iniziativa comunale: l’opinione maggioritaria ritiene che ai Comuni non sia ascrivibile una potestà
d’iniziativa legislativa propriamente detta → anomalia di veder riconosciuta ad un ente locale un’iniziativa
legislativa non accordata nemmeno al Governo.
L’ordinamento costituzionale odierno, però, è sensibilmente diverso: così riprende forza l’intuizione di
quella dottrina minoritaria che non aveva esitato a riconoscere piena giuridicità all’iniziativa legislativa
comunale.

4. Seconda fase: esame e approvazione della legge

B) ESAME E APPROVAZIONE DELLA LEGGE (Art. 72 Cost.)


a) esame del disegno di legge, prima in Commissione poi in Aula
b) votazione in aula sulla proposta, cui può conseguire:
- reiezione (=rifiuto) della proposta,
- approvazione della proposta,
- modificazione della proposta.
*Norma di rinvio: l’approvazione\reiezione\modificazione viene deliberata seguendo le norme del
regolamento della Camera in cui la proposta è introdotta.

Due (sub)fasi approvative:


1. Fase istruttoria (assegnazione della proposta ad una commissione e suo esame). La presentazione di un
disegno di legge perfetto in ogni suo elemento fa sorgere l’obbligo di assegnarlo alla commissione
competente per materia affinché ne intraprenda l’esame → previsione della possibilità di operare con tempi
abbreviati qualora una proposta di legge venga dichiarata urgente
=
DISTINGUERE TRE TIPOLOGIE DI APPROVAZIONE del DISEGNO DI LEGGE:
 Procedura normale: la commissione competente per materia ha il compito di riferire all’Aula il
contenuto della proposta, la sua bontà e la sua perfettibilità attraverso una relazione di maggioranza, è
possibile che a questa relazione si affianchino una o più relazione dissenzienti.
È frequente che le commissioni preferiscano presentare all’approvazione dell’Aula un disegno di legge
rielaborato ex novo dalla commissione stessa (potere di emendamento).

 Procedura urgente: gli ordinari termini procedurali vengono abbreviati. L’urgenza deve essere
dichiarata dall’Aula con una votazione apposita prima dell’inizio della fase istruttoria vera e propria.
Se la commissione si trova ad operare in sede redigente, l’Aula si troverà sottoposto all’approvazione un
disegno di legge predisposto dalla commissione ma non sarà possibile apportare alcuna modifica agli
articoli del progetto: non resta che approvarlo o rigettarlo così com’è → la delega del ddl alla
commissione redigente deve essere previamente deliberata dall’Aula e può essere accompagnata
dall’indicazione di criteri e principi cui la commissione dovrà attenersi nella redazione del testo.
 Procedure speciali: in ordine alla sede deliberante, spetta ai regolamenti camerali definire i casi e le
forme in cui l’approvazione può essere delegata alle commissioni.
=
Un iter legislativo di questo tipo ha una portata potenzialmente lesiva delle prerogative funzionali dei
singoli parlamentari → CORRETTIVI A TUTELA DELLE MINORANZE:
1) in ogni momento, su richiesta del Governo, di 1/10 dei componenti dell’Aula o di 1/5 dei membri della
stessa commissione, il ddl deve essere comunque rimesso all’approvazione del plenum
2) la commissione non può in nessun caso operare in sede deliberante se si devono approvare ddl in
determinati ambiti (per esempio, in materia costituzionale ed elettorale).
Dato che nella sede deliberante la commissione si sostituisce al plenum, i regolamenti prevedono che in
essa si seguano le stesse regole di discussione e di votazione sul progetto di legge che valgono per l’Aula
nella procedura normale.

2. Fase deliberativa (discussione e votazione della proposta). Esclusa la fattispecie in cui l’iter
approvativo si compie integralmente in commissione (sede deliberante), in tutte le altre ipotesi il testo
viene prima inserito nel calendario dei lavori e quindi posto all’attenzione dell’Aula perché lo voti.
PROCEDURA NORMALE:
- La votazione è preceduta da una prima discussione sulle linee generali del ddl → in questa
occasione possono essere presentati emendamenti al testo base predisposto dalla commissione;
- Discussione e votazione articolo per articolo: se la discussione procede dal generale al particolare, la
votazione segue il percorso inverso (prima si votano i singoli articoli, poi il provvedimento nella sua
globalità);
- Unica votazione finale: dichiara la coerenza e la congruenza del testo approvato col testo-base
predisposto dalla commissione.
Ultimata la votazione finale, il testo passerà all’altra Camera per una nuova approvazione: si replicherà
esattamente l’iter legislativo relativo alla seconda fase nella Camera che ha deliberato per prima:
assegnazione del ddl alla commissione competente, scelta della “sede”, discussione e votazione.
TRE POSSIBILI SCENARI:
1) la seconda Camera approva il ddl pervenuto dalla prima Camera così com’è → avanzamento del
procedimento legislativo alla terza e conclusiva fase;
2) la seconda Camera respinge il ddl pervenuto dalla prima Camera → decadenza autonoma del ddl;
3) la seconda Camera approva con modifiche il ddl pervenuto dalla prima Camera → il testo approvato
dai due rami del Parlamento deve essere perfettamente identico: in presenza di un’approvazione con
modifiche, il testo risulta sempre e per definizione non identico, quindi la proposta di legge dovrà essere
interpretata come una prima deliberazione e sottoposta all’Assise gemella, la quale sarà chiamata a
riprocedere dalla fase II: NAVETTA (passaggio di un ddl da una Camera all’altra potenzialmente
all’infinito) – le navette raramente superano i tre passaggi.

5. Terza fase: la promulgazione e la pubblicazione della legge

C) LA PROMULGAZIONE E LA PUBBLICAZIONE DELLA LEGGE (Art. 73 e 74 Cost.)


Il procedimento legislativo ha termine con la promulgazione della legge da parte del P. della Repubblica e la
pubblicazione della stessa nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana: dopo tali adempimenti, la legge
può finalmente iniziare a produrre i suoi effetti, però non prima che sia trascorso un certo lasso di tempo
(vacatio legis) nel quale i cittadini abbiano avuto modo di essere messi nelle condizioni di conoscere i
comandi legislativi e di conformarvisi.
Art. 73 Cost.: le leggi vengono promulgate dal Capo dello Stato entro un mese dall’approvazione, la
pubblicazione avviene subito dopo la promulgazione e l’entrata in vigore avviene quindi giorni dopo la
pubblicazione.
1. PROMULGAZIONE: apposizione alla fine del testo approvato dalle due Camere della formula solenne
con cui il Capo dello Stato ordina a tutti i cittadini di rispettare la nuova legge;
2. PUBBLICAZIONE: l’atto con cui la legge promulgata viene materialmente stampata → conoscibile per i
cittadini, in modo che possano osservarla.
Promulgazione e pubblicazione rivestono un’elevata importanza: quando si deve rintracciare una legge,
occorre disporre dei suoi estremi: data e numero. La data è quella della sua promulgazione, il numero le è
attribuito in base alla data di pubblicazione.

A) La promulgazione è un atto presidenziale il cui antecedente storico-giuridico è la promulgazione regia


prevista nello Statuto del 1848, quando, però, il Re era anche co-titolare con le Camere della potestà
legislativa (oggi si riserva l’esercizio di tale funzione al Parlamento).
Il mutamento delle condizioni politico-istituzionali ha portato a ricostruire la promulgazione presidenziale
come un atto di controllo: quando il P. della Repubblica riceve un documento legislativo da promulgare,
può inviare alle Camere un messaggio motivato in cui evidenzia i punti della legge che a suo avviso
meriterebbe una rimeditazione
=
Attraverso la promulgazione ed il rinvio, il Capo dello Stato esercita un controllo preventivo di conformità
alla Costituzione della legge → la promulgazione equivale ad un giudizio di legittimità costituzionale sulla
legge, mentre il rinvio implica un giudizio di illegittimità costituzionale.
Art.74 Cost.: impone al Capo dello Stato di promulgare se le Camere approvano nuovamente la legge → a
seguito del rinvio, si possono verificare due situazioni:
1- le Camere modificano la legge: non si vede la necessità di procedere ad una promulgazione che
fondamentalmente è già avvenuta;
2- le Camere ripropongono la legge nell’identico testo: rimangono inalterati i profili di illegittimità, tuttavia
c’è una prevalenza della volontà parlamentare su quella presidenziale.
Per questo motivo, la promulgazione non è un atto di controllo.
Il rinvio è fondamentalmente un atto di controllo: si può discutere sul tipo di controllo effettuabile in sede
di rinvio → di sola legittimità o di merito (il Capo dello Stato può esercitare la sua prerogativa di chiedere la
nuova deliberazione anche per motivi di merito).

RIASSUMENDO
- Il rinvio è un potere riconosciuto al Capo dello Stato di bloccare temporaneamente (veto
sospensivo) la volontà legislativa delle Camere → non discende dalla promulgazione regia quanto
dalla sanzione regia, e cioè dall’istituto che permetteva al Re di condividere con le Camere la
funzione legislativa = estromissione del Capo dello Stato dall’esercizio della legislazione
- La promulgazione, tanto nel contesto monarchico quanto nell’attuale fase repubblicana, serve a
ridurre ad unità le distinte volontà legislative delle due Camere
-
B) La pubblicazione dell’atto nella Gazzetta ufficiale della R. italiana è l’ultimo adempimento previsto: si
tratta di un giornale periodico che esce con cadenza esasettimanale, in essa vengono stampati i più importanti
atti giuridici.
In particolare, questa fase si compone di tre adempimenti interconnessi ma distinti:
1. pubblicazione vera e propria nella G. ufficiale, che deve avvenire subito dopo la promulgazione →
adempimento amministrativo di competenza del Ministro della giustizia, deve avvenire entro 30 giorni dalla
promulgazione. Se il Ministro non rispetta l’adempimento, andrà incontro a responsabilità giuridiche e
politiche di tipo personale;
2. inserimento della legge nella Raccolta ufficiale degli atti normativi → adempimento di competenza del
Ministro Guardasigilli (o del M. della giustizia). L’inserimento nella Raccolta garantisce la certezza della
legge, mentre la pubblicazione nella G. ufficiale ne realizza la notorietà = prevalenza dell’atto inserito
nella Raccolta
3. entrata in vigore della legge il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione → il periodo
intercorrente tra pubblicazione ed entrata in vigore è detto vacatio legis: è il periodo in cui la legge è
pubblica ma non ancora efficace poiché i quattordici giorni di vacatio servono a far maturare una ragionevole
presunzione di conoscenza della legge nei destinatari (pubblicità legale: l’atto pubblicato è conoscibile e
dunque conosciuto).
6. Le varianti al procedimento legislativo ordinario: il procedimento legislativo costituzionale (art. 138
Cost.)
PROCEDIMENTI LEGISLATIVI SPECIALI:
► Art. 138 Cost.: l’iter legislativo viene aggravato e limitato al fine di garantire alla Costituzione una
rigidità superiore a quella delle fonti primarie. Peculiarità del procedimento legislativo
costituzionale:
- Individuazione dei titolari dell’iniziativa: vengono esclusi i Comuni e il Consiglio nazionale
dell’economia e del lavoro
- Seconda fase del procedimento (approvazione): deve essere ripetuta quattro volte – non due – e i
ddl costituzionali devono essere approvati da ciascuna Camera con una maggioranza più elevata
(metà più uno dei componenti l’assemblea).
- Un ddl costituzionale deve obbligatoriamente seguire l’iter approvativo in sede referente.
Le ulteriori peculiarità procedimentali sono:
1. fermo restando che la maggioranza “minima” è quella assoluta (metà più uno dei componenti), qualora
le due assemblee legislative raggiungano la maggioranza particolarmente elevata dei due terzi dei
componenti (maggioranza qualificata), la legge costituzionale passerà direttamente alla fase finale
seguendo tutte le regole previste.
2. al contrario, sia stata raggiunta la maggioranza assoluta e non anche quella qualificata si apre
l’eventualità che il testo approvato possa essere sottoposto a referendum popolare d’approvazione purché
ne facciano richiesta un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli
regionali.
La richiesta di referendum deve essere avanzata entro tre mesi dalla pubblicazione del testo
(provvisoriamente) approvato dalle due Camere.
Espletato il referendum stesso con esito favorevole, la legge costituzionale viene promulgata dal Capo dello
Stato → se non viene raggiunta la maggioranza qualificata in seconda deliberazione, la legge viene prima
pubblicata e solo successivamente (esempio: in caso di esito positivo del referendum) promulgata.
=
La pubblicazione ha solo un valore notiziale, cioè serve a far conoscere ai cittadini il testo di legge
costituzionale provvisoriamente approvato in vista del possibile referendum. 

LEGGE DEFINITIVAMENTE APPROVATA: alla promulgazione dovrà seguire la fase integrativa


dell’efficacia (Gazzetta ufficiale, Raccolta ufficiale, vacatio) affinché la legge acquisisca l’obbligatorietà. 

Varianti del procedimento legislativo ordinario


 conversione in legge di un decreto-legge: deve essere ultimato entro 60 giorni, pena la sua
decadenza;
 Leggi di amnistia ed indulto: per essere approvate, esigono una maggioranza dei due terzi dei
componenti di ciascuna Camera sia nella votazione articolo per articolo che nella votazione finale;
 Legge di bilancio: i regolamenti parlamentari le dedicano un’apposita sessione di bilancio di 45
giorni durante i quali le Camere non deliberano su altre questioni. L’iniziativa legislativa in materia
spetta solo al Governo e si tratta di una legge obbligatoria (= deve essere presentata di anno in anno);
 Iter approvativo della legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali: iniziativa
legislativa riservata al Governo;
 Legge comunitaria: iniziativa legislativa obbligatoria annuale e riservata al Governo. Il Parlamento
approva annualmente una legge di adeguamento del diritto italiano a quello comunitario;
 Disegni di legge già esaminati o approvati nella precedente legislatura: se riproposti nei primi sei
mesi della nuova legislatura, seguono un percorso abbreviato che consente di non riprendere l’iter
legislativo da zero. 

Le attività di indirizzo politico 


La legge parlamentare è anche un atto politico:
Tra gli atti di indirizzo politico, vengono distinti quelli assunti in forma legislativa: 
1. Legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali;
2. Legge di bilancio;
E quelli di indirizzo politico non legislativi: 
3. Deliberazioni in materia di fiducia;
4. Le mozioni e le risoluzioni. 

ATTIVITÀ DI INDIRIZZO POLITICO IN FORMA LEGISLATIVA 


Sono atti di governo che il Governo compie sul terreno della politica estera e della politica economico-
finanziaria. 
Le prerogative esercitate con questi atti devono ottenere il placet dell’organo rappresentativo del popolo
sovrano (principio democratico). 
A) Legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali (Art.80 Cost.): ci fu convergenza attorno
all’idea che dovesse esserci un controllo democratico sulla politica estera, perciò si discusse sull’estensione
dell’intervento parlamentare -> due orientamenti: 
 Garantismo integrale: intervento pieno e completo dell’organo rappresentativo su tutte le scelte
governative in materia;
 Garantismo moderato: favorevole ad accordare al Governo un certo margine di autonomia.
Necessitano dell’autorizzazione delle Camere per la ratifica solo i trattati: 
1. Di natura politica 
2. Che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari 
3. Che determinano variazioni del territorio della Repubblica
4. Che determinano oneri finanziari per lo Stato
5. Che modificano altre leggi in vigore
= prevale l’orientamento moderato. 

Emendabilità del trattato


È la possibilità per il Parlamento di modificare le clausole dell’accordo stretto dal Governo italiano con un
altro stato.
Opinione tradizionale: un simile intervento è da escludere poiché autorizzare la ratifica di un accordo
significa formulare un giudizio positivo sul sul contenuto, simmetricamente se il contenuto del trattato non
incontra il favore delle Camere, queste hanno solo il potere di non autorizzate il Governo ad effettuare lo
scambio delle ratifiche -> i trattati, comunque, non sono totalmente intangibili dalle Camere: queste devono
approvate il contenuto completo del trattato, comprese le riserve apposte dal Governo al momento della
sottoscrizione
=
Il Parlamento deve autorizzare espressamente tali riserve poiché anche esse incidono sul contenuto
dell’accordo. 
In più, il principio di intangibilità del trattato è in contrasto con l’esistenza dell’ordine di esecuzione, cioè
quell’istituto che riguarda tutti gli accordi internazionali, ratificabili e non: è un atto di controllo -> le
Camere possono concorrere alla definizione dei contenuti dei patti internazionali in misura ben più ampia di
quanto non avvenga in base alla prassi attualmente esistente. 
QUINDI
la legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali è un vero e proprio atto di indirizzo politico
con cui il Parlamento determina la politica estera nazionale. 
B) Legge di bilancio: il bilancio è un documento contabile nel quale sono riportate tutte le entrate e le uscite
di ricchezza di un certo soggetto economico nell’arco di un determinato periodo di tempo (l’anno solare). 
Vari tipi di bilancio 
Bilancio previsionale: predisposto all’inizio del ciclo temporale considerato, sulla base delle aspettative di
entrata e uscita 
Bilancio consuntivo: stilato alla chiusura de ciclo economico di riferimento
Bilancio di cassa: ricchezza materialmente disponibile in un certo momento storico 
Bilancio di competenza: ricchezza giuridicamente disponibile al termine di un dato ciclo contabile 
Inoltre i flussi di ricchezza possono essere apprezzati sotto l’aspetto aziendale e sotto quello giuridico. 

Il bilancio annuale
È quello maggiormente rilevante sotto il profilo costituzionale. 
Art. 81 Cost.: le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo ->
il documento contabile principale viene accompagnato da alti atti computistici; ad l’eccezione dell’esercizio
provvisorio di bilancio, i documenti che il Governo sottopone alle Camere sono pluriennali.
=
Lo Stato si comporta come ogni altro soggetto economico: organizza il proprio piano di azione economico-
finanziaria anno per anno. 

Se l’articolo 81 denomina il bilancio consuntivo “rendiconto”, allora il “bilancio” per antonomasia è quello
preventivo. 

Aspetti procedimento dell’Iter approvativo del bilancio 


Il bilancio preventivo dello Stato viene predisposto dalla Ragioneria generale dello Stato ed approvato dal
Consiglio dei ministri, dopodiché il bilancio viene formalmente allegato alla legge di cui all’art. 81 Cost. ed
infine presentato alle Camere per la votazione. 

Divergenza dottrinale tra chi ritiene che la legge di approvazione del bilancio sia distinta dal bilancio vero e
proprio e chi rileva che la possibilità di emendare il bilancio in sede di approvazione della relativa legge
finirebbe col determinare una sostanziale coincidenza dei due documenti -> posizione più fedele al diritto
positivo vigente. 

I bilanci possono essere o di previsione o consultivi e attraverso essi si può apprezzare il livello di fiducia
delle Camere nei confronti del proprio Esecutivo.
Governo = organo titolare dei poteri amministrativi, attraverso i quali i programmi politici vengono tradotti
in provv. Reali (es. Servizi ai cittadini, costruzione di infrastrutture ecc.).
Le scelte politiche richiedono una fuoriuscita di ricchezza dalle casse statali cui deve corrispondere un
uguale o superiore flusso di entrata, che può essere alimentato attraverso il:
- prelievo fiscale;
- alienazione di beni di proprietà pubblica;
-risparmio su altre voci di spesa.
Si cerca almeno il pareggio del bilancio (pareggio di conti e ricavi).
L'Esecutivo è sottoposto al controllo democratico del Parlamento.
L'art. 81, comma 2, prevede l'eventualità che le Camere non approvino il bilancio presentato dal Governo, e
stabilisce che il Parlamento deve autorizzare con "legge l'esercizio provvisorio" del bilancio per un periodo
non superiore ai 4 mesi.
Il Governo viene autorizzato ad attuare le operazioni economiche in entrata e in uscita cosi come pianificate
nel bilancio non approvato.
Bilancio preventivo = bilancio annuale indicativo della situazione del rapporto fiduciario; frutto della
collaborazione tra Governo e Parlamento.
Bilancio consultivo (o rendiconto consultivo) = presa d'atto di quanto è accaduto al 31 dicembre dell'anno
d'esercizio rispetto a quanto è pianificato il 1 gennaio precedente. È l'approvazione del bilancio preventivo.
In caso di valutazioni errate non ci sono eventuali aggiustamenti.
Solo con la ''legge di bilancio" si determina l'esatto ammontare delle somme da incassare o da spendere; ha
sempre contenuto innovativo.

 Attività d'indirizzo politico in forma non legislativa


La politicità delle decisioni delle Camere ha una matrice camerale, per cui è indubitabile la
provenienza dell'atto e l'ascrizione della relativa responsabilità.
Tale apparato strumentale è formato dalle mozioni e dalle risoluzioni.
 Fiducia = (che si deve dare al Governo dal Parlamento) realizza sul piano politico l'idea politica della
supremazia del Parlamento sugli altri apparati statali.
È quindi una valutazione complessiva a potere direttivo.
Supremazia = figlia del principio di sovranità popolare.
Se viene meno la fiducia (anche da una sola Camera) c'è la crisi di Governo.
 Mozione = mezzo attraverso cui i Parlamentari decidono con l'intento di provocare una deliberazione
dell'Assemblea su un qualsiasi argomento.
(Le mozioni di fiducia devono essere motivate).
Risoluzione = mozione con punti di contatto e ad essa si applicano le medesime regole procedurali.
Si differenzia perché essa può essere richiesta a conclusione di un dibattito, dallo stesso Governo, da un
singolo parlamentare e in sede politica quando provenga da una commissione.
LE ATTIVITÀ DI CONTROLLO E GARANZIA 
Tutti gli strumenti attraverso i quali le Camere svolgono attività di controllo hanno generalmente natura
monocamerale ad eccezione delle commissioni d'inchiesta che si preferisce attuare con legge per favorire il
funzionamento è il coordinamento delle due Camere.
A) Le attività parlamentari di controllo
Comprendono una serie di strumenti attraverso i quali i parlamentari acquisiscono o accrescono le proprie
conoscenze in merito a questioni di pubblico interesse.
I principali strumenti di questo genere sono: 
1) Interrogazioni
Domande rivolte dai singoli parlamentari al Governo per chiedere informazioni o la conferma
sull'attendibilità di informazioni o per sapere che provvedimenti l'Esecutivo intende adottare rispetto rispetto
a certi avvenimenti.
La regola generale della presentazione dell'interrogazione prevede che la domanda sia presentata in forma
scritta ma vengono fatti anche oralmente. Il Governo si reca in Aula una volta alla settimana per rispondere.
Una volta ottenuta la risposta, il parlamentare può prendere la parola solo per dichiararsi soddisfatto o
insoddisfatto dell'esplicazione.
2) Interpellanze 
Funziona in modo simile all'interrogazione ma è diverso l'oggetto. Le informazioni richieste riguardano
sempre il comportamento dell'esecutivo.
In genere preludono ad un giudizio sulla politica governativa e possono sfociare in una mozione.
3) Audizioni ed indagini conoscitive 
Sono strumenti conoscitivi attribuiti alle commissioni parlamentari per acquisire notizie, informazioni o
documenti utili all'attività delle Camere.
Le audizioni e le indagini non si rivolgono necessariamente al Governo ma a qualunque soggetto che sia in
possesso di informazioni o documenti richiesti.
4) Le inchieste
Quando l'audizione non ottiene lo scopo desiderato, è possibile che, per acquisire le informazioni di cui
necessita, ciascuna Camera istituisca una commissione d'inchiesta ad hoc 
B) Le attività parlamentari di garanzia
Queste attività possono coincidere sostanzialmente con i poteri parlamentari di elezione e di nomina di altre
cariche istituzionali.
Le Camere eleggono: 
~ Presidente della Repubblica 
~ Consiglio superiore della Magistratura
~ Corte Costituzionale.
Queste funzioni vengono svolte secondo la modalità della riunione congiunta delle Camere ed esigono
maggioranze qualificate al fine di una valida deliberazione.
Per quanto riguarda la nomina di organi pubblici non costituzionali, la designazione dei componenti di molte
autorità amministrative indipendenti ha origine parlamentare. 

LE PROCEDURE INTERNE (DI PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI E DI VOTAZIONE)  


Art.23 reg. Camera, art.53 reg. Senato: 
~ Metodo della programmazione
~ Principio del contingentamento dei tempi: per velocizzare i tempi decisionali delle Camere.
Procedura del contingentamento: 
1) si individua la data entro cui deve concludersi un determinato iter procedurale;
2) si stabilisce quante sedute dovranno essere dedicate all'esame e alla discussione del relativo
provvedimento;
3) si effettua il calcolo del tempo totale programmato e lo si ripartisce tra i gruppi, tenendo conto anche della
loro consistenza numerica.
Modalità di voto: 
Un tempo c'era il voto segreto, adesso c'è il voto palese. 
Il voto palese è stato fatto per rafforzare la stabilità del Governo che poteva essere messa in crisi dal voto
contrario da esponenti della sua maggioranza che si sottraevano, per convinzione o convenienza, alle
direttive del partito d'appartenenza.
La decisione parlamentare si verifica quando (art.64, comma 3) è presente in Aula la maggioranza dei
componenti dell'Assemblea (quorum costitutivo), e vota a favore della proposta di deliberazione la
maggioranza dei presenti (quorum deliberativo).
Maggioranza: quota misurabile di un'entità che sia in grado di contenere in sé la quota rimanente —> metà
più una delle unità elementari di cui si compone l'intero. 
Maggioranza = sinonimo di metà più uno:
A) dei deputati o senatori, se si considera il quorum costitutivo;
B) dei deputati o senatori votanti, se si considera il quorum deliberativo. 
Maggioranza semplice: metà più uno dei votanti.
Maggioranza assoluta: quorum deliberativo rappresentato dalla metà più uno dei componenti l'organo. 
Maggioranza qualificata: per la valida deliberazione del l'organo sono richieste soglie più elevate (es. 2/3 dei
votanti). 

CAPITOLO OTTAVO: IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (pag. 839-884)


8.1) CENNI INTRODUTTIVI
1. Novità
La previsione di un Presidente della Repubblica è una novità introdotta nella Costituzione Italiana del 1948,
la quale rappresenta un abbandono del precedente impianto monarchico tipico dello Statuto Albertino. Il
passaggio dalla monarchia alla repubblica segna l’evoluzione da una forma di Stato in cui il titolare della
sovranità viene individuato per via ereditaria ad un’altra fondata sulla sovranità popolare.
2. Distinzione tra forma di governo presidenziale e parlamentare
Nella forma di governo presidenziale, il Presidente della Repubblica viene collocato al vertice del potere
esecutivo nella veste di Capo del Governo. Nella forma di governo parlamentare, il P. della Repubblica non
s’identifica con nessuno dei poteri tradizionali, ma viene considerato titolare di un ulteriore potere detto
neutro (così accade in Italia): egli, infatti, deve prevenire i conflitti tra le diverse forze politiche tramite una
costante opera di mediazione ed è autorizzato a risolvere le situazioni di crisi.
8.2) L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
3. L’elezione nei sistemi presidenziali e parlamentari
Nei sistemi presidenziali, il P. della Repubblica viene indicato direttamente dai cittadini (principio della
sovranità popolare). Nei sistemi parlamentari, la sua nomina può essere affidati ad altri soggetti
istituzionali per evitare di dar vita ad un’autorità monocratica potenzialmente antagonista al Parlamento
poiché legittimata anch’essa dal corpo elettorale. Tuttavia, l’esistenza di un P. della Repubblica non elettivo
riproduce il modello monarchico nel quale il Re non veniva designato dai sudditi ma subentrava per diritto
successorio.
4. L’ordinamento italiano
Art. 83 Cost.: l’elezione del P. della Repubblica viene attribuita al Parlamento in seduta comune integrato
dalla presenza di tre delegati per ogni Regione ad eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno solo (=
regime di stampo parlamentare).
5. I delegati regionali
La presenza dei delegati regionali concorre a valorizzare la nuova dimensione delle autonomie territoriali,
tuttavia essi partecipano ad un’elezione evidentemente affidata ad un soggetto già compiuto ed
autosufficiente, il Parlamento. La convalida dei poteri avviene ad opera della Presidenza delle Camere
riunite, essi godono delle stesse immunità riconosciute ai parlamentari e devono essere scelti dal Consiglio
regionale per assicurare la rappresentanza delle minoranze.
6. Regole fondamentali sul procedimento elettorale
Comma 3 art. 83 Cost.:
 Scrutinio segreto, per evitare che il Presidenti risulti immediatamente collegato ad un determinato
schieramento politico.
 Maggioranza qualificata dei due terzi dell’assemblea nelle prime tre votazioni, con quella assoluta
dalla quarta in avanti, al fine di “spoliticizzare” il Presidente della Repubblica, disponendo che alla
sua elezione si pervenga con un consenso ampio.
Si deve prendere a riferimento il collegio reale, cioè l’insieme dei componenti effettivamente in
carica, e non il collegio legale, cioè il numero massimo dei componenti astrattamente possibile.
Obiettivo: escludere la presentazione di candidature ufficiali alla carica di P. della Repubblica poiché
l’intenzione è quella di collocare l’eligendo in una posizione al di sopra delle parti.
7. Cause di ineleggibilità
Art. 84 Cost.: indica tre requisiti la cui mancanza impedisce l’elezione a P. della Repubblica
 Cittadinanza italiana;
 Compimento del cinquantesimo anno per rafforzare l’autorevolezza dell’eligendo;
 Godimento dei diritti civili e politici (capacità di agire e titolarità dell’elettorato attivo).

8. Cause di incompatibilità
Art. 84 Cost.: la funzione di P. della Repubblica è incompatibile
 Con qualsiasi altra carica per assicurarne e sottolinearne l’indipendenza e l’imparzialità, quindi viene
esclusa la contemporanea titolarità di uffici pubblici sia elettivi sia non elettivi;
 Con attività private e professionali, quindi gli si preclude qualsiasi altra fonte di reddito: per questo
motivo, al Presidente devono essere attribuiti mezzi adeguati per garantirsi il proprio sostentamento e per
svolgere efficacemente i propri compiti (retribuzione annua, una serie di immobili, una somma fissa di
denaro).

9. Durata del mandato e scioglimento


Art. 85 Cost.: il suo mandato copre un periodo di tempo di sette anni, risultando più lungo sia di quello
della Camera dei deputati (cinque anni), sia di quello del Senato (cinque anni): il Presidente, quindi,
costituisce un elemento di stabilità e continuità della vita istituzionale.
Trenta giorni prima della scadenza del settimo anno, il Presidente della Camera convoca il Parlamento in
seduta comune per l’elezione del nuovo Presidente; qualora le Camere siano sciolte o manchino meno di tre
mesi alla loro cessazione, all’elezione del Presidente devono provvedere le nuove Camere entro quindici
giorni dalla loro prima riunione, e nel frattempo i poteri del Presidente uscente vengono prorogati.
La ratio della norma è stata individuata nella maggiore autorità politica delle Camere neoelette rispetto a
quelle già sciolte o in scadenza, le quali potrebbero non essere in grado di dedicarsi con la doverosa
attenzione alla scelta del P. della Repubblica.
10. La proroga dei poteri del P. della Repubblica
Il P. della Repubblica prorogato dovrà attenersi esclusivamente all’ordinaria amministrazione e non potrà
comunque mai sciogliere anticipatamente le Camere (come non può farlo negli ultimi sei mesi del mandato
presidenziale).
11. Il giuramento
La procedura d’elezione si conclude col giuramento del P. della Repubblica davanti al Parlamento in seduta
comune (senza la partecipazione dei delegati regionali): il P. giura di essere fedele alla Repubblica e di
osservare la Costituzione, cioè di agire favorendone la realizzazione e non solo astenendosi dai
comportamenti da essa vietati.
8.3) IMPEDIMENTI E SUPPLENZA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
La Costituzione italiana non prevede la figura del vicepresidente della Repubblica ed affida al Presidente
del Senato il compito di sostituirlo qualora si trovi nell’impossibilità di svolgere le proprie mansioni.
Impedimenti:
 Impedimenti permanenti: ipotesi della morte e delle dimissioni (art. 86 Cost.), presupposti per l’avvio
di una rielezione “accelerata”: deve essere indetta dal presidente della Camera entro quindici giorni
dall’evento interruttivo del mandato presidenziale → SUPPLENZA SEDE VACANTE (= il supplente
occupa un ufficio privo di un titolare effettivo).
 Impedimenti temporanei: ogni caso in cui il Presidente non può adempiere le proprie funzioni,
caratterizzati da una durata limitata → SUPPLENZA SEDE PLENA (= esiste un titolare effettivo solo
momentaneamente impossibilitato a ricoprire il suo ruolo).
Situazioni concrete:
 Meno controverse: malattia, morte e dimissioni. Non viene ammessa la categoria dell’impedimento
morale, che opererebbe qualora il Presidente fosse coinvolto in uno scandalo: trova applicazione, infatti,
la presunzione di non colpevolezza, quindi è inammissibile trarre conseguenze immediate da una
situazione non ancora definitivamente accertata. L’unico modo per uscire dalla situazione di “imbarazzo
istituzionale” sembrerebbero essere le dimissioni spontaneamente offerte dal Presidente stesso.
 Ipotesi più dibattute: viaggio all’estero, sospensione disposta dalla Corte Costituzionale.
Viaggio all’estero: questa situazione non costituisce una delega, le funzioni costituzionali non sono
delegabili poiché corrispondono ad un preciso disegno istituzionale → SUPPLENZA TEMPORANEA
Sospensione disposta dalla Corte Costituzionale: produce un impedimento di tipo giuridico →
SUPPLENZA TEMPORANEA

12. I soggetti competenti a rilevare l’incapacità del Presidente


Se è il Presidente stesso a segnalare la propria inabilità, non resta che stabilire se l’atto relativo debba essere
controfirmato dal Governo solo per l’impedimento temporaneo oppure anche per quello permanente.
Se il Presidente ritiene di poter continuare a ricoprire la propria carica nonostante non sia nelle condizioni di
svolgere compiutamente le funzioni connesse oppure non sia in grado di dar corso alla supplenza, gli organi
costituzionali che possono prendere l’iniziativa dell’accertamento sono:
- il Parlamento, che ha eletto in seduta comune il Presidente e dovrà designare il suo successore;
- il Governo, che è in costante rapporto col Presidente poiché deve controfirmarne gli atti;
- il Presidente del Senato, chiamato ad assumere il ruolo di supplente;
- il Presidente della Camera, cui spetta il compito di convocare le Camere per eleggere il nuovo
Presidente.
Il Parlamento è la sede naturale della competenza in parola, tuttavia non è idoneo a far fronte con la dovuta
tempestività al vuoto istituzionale prodotto dall’impedimento del Presidente: per questo motivo trasferisce
tale incombenza sul Governo, meglio attrezzato ad assolverla e politicamente responsabile nei confronti delle
Camere.
Il provvedimento conclusivo dovrebbe essere tendenzialmente condiviso da tutti, restando in ogni modo
aperta la strada del ricorso alla Corte in caso di conflitti insanabili.
13. I poteri esercitabili dal supplente
Il supplente subentra nella totalità delle prerogative presidenziali: non sono quindi accettabili quegli
indirizzi volti a ridurne la sfera di operatività agli atti indilazionabili, sebbene sia conveniente dal punto di
vista politico che il sostituto, data la temporaneità della sua permanenza, si limiti a porre in essere
esclusivamente gli interventi necessari ad assicurare la funzionalità del sistema.
Eccezione: scioglimento anticipato delle Camere → è proibito ricorrervi negli ultimi sei mesi del mandato
presidenziale, per impedire al Presidente di indire le lezioni per favorire la propria conferma; il divieto vale a
maggior ragione per il supplente, dal momento che l’obiettivo è quello di ripristinare la situazione ordinaria
nel minor tempo possibile.
14. Praticabilità della supplenza parziale
La supplenza parziale sembra da escludere perché implica che il supplito decida quali competenze delegare e
quali mantenere su di sé (= delega di funzioni costituzionali → inammissibile). Questa obiezione potrebbe
essere superata solo nell’eventualità di un viaggio all’estero, che consentirebbe di distinguere con sufficiente
certezza le attività necessarie al perseguimento degli obiettivi per cui il viaggio viene compiuto (in capo al P.
della Repubblica) rispetto a tutte le altre (in capo al supplente).
8.4) LA CONTROFIRMA MINISTERIALE
Art. 89 Cost.: «nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri
proponenti che ne assumono la responsabilità».
15. Introduzione della controfirma
È uno dei passaggi essenziali dell’evoluzione verso il parlamentarismo a cavallo tra Otto e Novecento. In
Inghilterra, in particolare, a fronte del principio per cui «il Re non può sbagliare», si afferma
progressivamente l’idea che «il Re non può agire da solo»: questo significa sottoporre il suo operato al
controllo giurisdizionale → i ministri sono tenuti a firmare i relativi provvedimenti: si assiste allo
spostamento del potere decisionale dal Monarca al Governo, completato dall’instaurarsi di uno stretto
collegamento tra il Governo e il Parlamento (poi sviluppatosi in rapporto di fiducia, che è uno dei tratti
distintivi dei regimi parlamentari, in cui il Governo deve ottenere l’approvazione della maggioranza delle
Camere e permane in carica solo finché la stessa ne condivida la linea d’azione, potendo, altrimenti, farlo
cadere tramite un voto di sfiducia).
16. Il valore della controfirma

 Orientamento polifunzionale: il valore della controfirma varia a seconda dei provvedimenti ai quali
si faccia riferimento → distinzione tra quelli rispetto ai quali prevale la determinazione ministeriale
da quelli rientranti nell’autonoma competenza del Capo dello Stato.
Primo caso: la controfirma attesta la provenienza governativa della decisione sostanziale;
Secondo caso: assume un valore meramente formale, costituendo l’occasione per una verifica
dell’Esecutivo sulle scelte del Presidente.
Questa interpretazione, tuttavia, si scontra con l’assolutezza della formula (art. 89 Cost.), che
implica che tutti i provvedimenti presidenziali debbano essere sottoscritti da un componente del
Governo; inoltre, il collegamento stabilito tra proposta e controfirma si presenta univoco nel senso di
assegnare l’iniziativa all’Esecutivo, escludendo qualsiasi possibilità di modulare in maniera
differente il rapporto tra i due soggetti.
 Approccio monofunzionale: da preferire, assegna alla controfirma sempre il medesimo valore. Il
riconoscimento di un’autonoma capacità decisoria ad un organo (il Presidente) che non ne sarebbe
poi responsabile se non nell’ipotesi limite dell’alto tradimento e dell’attentato alla Costituzione
costituirebbe, infatti, una grave anomalia.
Eccezioni: esistono atti per i quali la controfirma è difficilmente immaginabile.
- Soluzione delle crisi di Governo: alle scelte presidenziali non possono concorrere né i ministri
dimissionari né quelli entranti, sia per ragioni di opportunità (sarebbe anomalo far concorrere il
vecchio Governo, privo della fiducia, alla determinazione di quello nuovo oppure i nominandi nella
propria stessa designazione), sia perché la controfirma dovrebbe essere apposta da chi non rivesta
più (ministri uscenti) la qualifica richiesta o non ne sia ancora stato investito (ministri entranti).
- Provvedimenti assunti dal Capo dello Stato in qualità di presidente di organi collegiali (di tali
collegi il C. dello Stato diviene presidente ex officio proprio in quanto P. della Repubblica). Questa
conclusione si adatta al Consiglio Supremo di Difesa, tuttavia appare più problematica la sua
applicazione al Consiglio Superiore della Magistratura: in questo caso, l’esenzione dalla controfirma
potrebbe essere sostenuta in forza dei principi di autonomia ed indipendenza della magistratura.

17. Atti composti e atti complessi


Ridimensionamento della capacità decisoria del Presidente → estraneità alla funzione di indirizzo politico,
riservata al Governo. Per questo motivo, i provvedimenti vengono inquadrati nella categoria degli atti
composti: con questa nozione si riconosce la diversità funzionale dei vari soggetti coinvolti; gli atti
complessi, invece, risultano incentrati sul concorso omogeneo delle volontà dei coautori.

18. Nullità ed annullabilità della controfirma


La nullità sancisce l’inidoneità dell’atto a produrre i suoi effetti fin dalla sua nascita e quindi può essere
denunciata da qualsiasi soggetto, in ogni tempo, senza alcuna possibilità di sanatoria (compromesso) → le
teorie dell’atto complesso propendono per la nullità dei provvedimenti del Capo dello Stato privi di
controfirma.
L’annullabilità consente la produzione provvisoria degli effetti finché non venga accertata, può essere
contestata solo da chi vi abbia interesse entro un determinato termine e può essere sanata → le teorie
dell’atto composto tendono ad affermare l’annullabilità, ammettendo che l’apposizione tardiva della
controfirma abbia un’efficacia sanante.
19. Atti aventi valore legislativo ed altri indicati dalla legge
Gli atti aventi valore legislativo ed altri indicati dalla legge devono essere controfirmati, oltre che dal
ministro proponente, anche dal Presidente del Consiglio → particolare importanza dei provvedimenti (fatta
salva la possibilità di ampliare la sfera di intervento del Capo del Governo).
8.5) I POTERI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Variegato quadro di competenze → raggrupparle per categorie omogenee
Criteri:
 Livello di autodeterminazione del Presidente: distinzione tra atti presidenziali deliberati da organi
diversi, atti propriamente presidenziali e atti presidenziali a partecipazione complessa
 Considerare i Poteri verso i quali gli atti si indirizzano → approccio da utilizzare

20. Tratti fondamentali del P. della Repubblica


Art. 87 Cost.: «(…) è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale».
Questa figura corrisponde all’esigenza di dar vita ad un’entità astratta in grado di superare la
frammentazione politica del Medioevo in una nuova realtà unitaria impersonata dal Re, al quale si
attribuisce una posizione di sovranità assoluta.
Successivamente, il Capo dello Stato viene progressivamente escluso dall’esercizio attivo del potere a favore
degli organi pubblici direttamente eletti dai cittadini → Capo dello Stato come simbolo dell’unità nazionale
(= nazione come comunità di uomini legati da un insieme di vincoli riassumibili nella condivisione di una
medesima storia, preservarne la coesione è uno dei compiti del capo dello Stato) e della continuità statale.
21. Funzioni relative al potere LEGISLATIVO
Art. 87 Cost.:
► 1. Potere di inviare messaggi alle Camere → comunicazioni scritte che non possono essere consegnate di
persona poiché solo il Governo è legittimato dalla Costituzione ad interagire in via immediata con le
Assemblee legislative.
Devono pervenire contemporaneamente ad entrambi i rami del Parlamento (bicameralismo perfetto).
Tale strumento è stato utilizzato raramente, sostituito da esternazioni in forma libera effettuate dal
Presidente direttamente nei confronti dell’opinione pubblica (giustificate dal collegamento con la funzione di
rappresentante dell’unità nazionale).
► 2. Indire le elezioni delle nuove Camere e fissarne la prima riunione → egli è il soggetto più adatto a
sancire il momento in cui deve aver luogo l’espressione della volontà popolare.
Il provvedimento va assunto alla scadenza del quinquennio o nell’eventualità di uno scioglimento anticipato
delle assemblee parlamentari.
► 3. Convocare ciascuna Camera in via straordinaria.

► 4. Promulgazione delle leggi: rientra nell’attività di produzione normativa?


a) Si pone l’accento sulla circostanza che, in virtù del potere di rinvio, il Presidente ha
l’occasione di interagire col Parlamento, concorrendo così alla determinazione del
contenuto del documento da esso approvato;
b) Si fa notare come quello posto in essere dal Capo dello Stato sia, in realtà, un atto dovuto,
tenuto conto che nell’ordinamento repubblicano la funzione legislativa viene assegnata
esclusivamente alle Camere → posizione più convincente = la promulgazione è una fase
meramente integrativa dell’efficacia della legge.
► 5. Art. 74 Cost.: prima di promulgarla, il Presidente può rinviare la legge alle Camere con messaggio
motivato per chiederne una nuova deliberazione. Se esse confermano la propria precedente
manifestazione di volontà, allora egli deve obbligatoriamente procedere → DIFFICOLTA’
INTERPRETATIVE, in particolare sulla determinazione della portata dei rilievi effettuabili dal Capo
dello Stato:
a) Limitazione dei rilievi in base alla legittimità costituzionale (= orientamento prevalente: il
rinvio dovrebbe in ogni caso trovare un solido ancoraggio costituzionale per evitare
un’intromissione del Presidente nell’ambito del Parlamento);
b) Estensione dei rilievi al merito delle scelte operate dal Presidente.
Il testo dell’art. 74 Cost. non stabilisce alcun vincolo in ordine alle ragioni del rinvio: nell’art. 134
Cost. si precisa che la Corte Costituzionale giudica la legittimità costituzionale delle leggi e degli atti
aventi forza di legge, quindi è lecito dedurre che si sia inteso consentire al Capo dello Stato qualunque
tipo di valutazione, senza limiti di sorta.
► 6. Art. 87 Cost.: indire il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione → quali tipi?
- Referendum abrogativo
- Referendum confermativo
- Quelli che attengono al procedimento di formazione della legge nazionale con la quale si
dispone la fusione di Regioni esistenti, la creazione di nuove Regioni o il passaggio da una
Regione all’altra di Province e Comuni
Quali tipi di referendum non rientrano nella sfera d’azione del Presidente?
- Referendum regionale, poiché la sua indizione da parte del P. della Repubblica
comporterebbe una compressione del principio di autonomia delle Regioni → la facoltà di
promulgare le leggi regionali è riservata al Presidente della Regione

► 7. Art. 87 Cost.: potere di scioglimento anticipato delle Camere. Condizioni:


- Il P. della Repubblica deve acquisire il parere dei Presidenti delle Camere
- Tale facoltà non può essere esercitata negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale
(semestre bianco)
Punti da sviluppare: 1) individuazione del soggetto titolare dell’iniziativa e 2) determinazione delle
circostanze

1) Il Presidente è vincolato da una previa proposta del Governo?


*Tesi della prerogativa presidenziale → art. 88 Cost.: attribuisce al Presidente (e non al Governo) il
compito di acquisire il parere dei Presidenti delle Camere, osservando che l’esclusione della possibilità di
procedere allo scioglimento negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale sottintende un effettivo margine
di scelta.
*Tuttavia, tale tesi si scontra con l’art. 89 Cost. che stabilisce che «nessun atto del Presidente della
Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti»: ne deriva la riconduzione al Governo
dell’iniziativa diretta allo scioglimento anticipato delle Camere = COLLABORAZIONE tra i due organi, in
modo da rendere la partecipazione del Capo dello Stato il più informata possibile (parere dei P. delle
Camere) e da scongiurare il sospetto di un suo interesse privato nella procedura (semestre bianco).

2) Circostanze che giustificano lo scioglimento anticipato


*Scioglimento funzionale: è attivabile quando le Camere non sono più in grado di esprimere una
maggioranza idonea a sostenere una linea d’azione politica (es. incapacità di dar vita ad un Governo, blocco
del sistema, insanabile contrasto tra le Camere).
*Scioglimento determinato dall’emergere di un deficit di rappresentatività del Parlamento: una simile
causa di scioglimento risulta difficilmente conciliabile col divieto di mandato imperativo.
*Scioglimento sanzione: il Parlamento è inadempiente nell’attuazione della Costituzione o si rende
responsabile di gravi violazioni della stessa (in tal caso, il Presidente può lasciare alla Corte Costituzionale il
compiuto di un eventuale annullamento delle leggi contestate).
► 8. Art. 59 Cost.: il P. della Repubblica ha la possibilità di nominare senatori a vita cinque cittadini che
abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, artistico e letterario. L’interpretazione
più comune prevede che i senatori a vita di nomina presidenziale siano cinque in totale e che i Presidenti
della Repubblica si limitino a sostituirli quando uno di questi viene a mancare.

22. Funzioni relative al potere ESECUTIVO


▬ 1. Art. 87 Cost.: il Presidente autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa
del Governo. La negazione del Capo dello Stato, il quale non è sorretto da alcuna legittimazione
democratica diretta, comprimerebbe l’autonomia di valutazione del Parlamento, il quale è invece
direttamente rappresentativo del popolo → l’autorizzazione costituisce solo l’occasione perché il
Presidente possa sollecitare un ripensamento del Consiglio dei ministri: esso può influire sulle scelte del
Governo senza però condizionarle (mera attività di sollecitazione e suggerimento) = RESIDUO
STORICO dello STATUTO ALBERTINO, in cui il Governo faceva riferimento al Re e quindi il Re
poteva bloccarne le iniziative.
▬ 2. Emanazione dei decreti aventi valore di legge e dei regolamenti: l’intervento del C. dello Stato serve
per dare veste definitiva agli atti che ne costituiscono l’oggetto, egli attesta che l’atto legislativo è stato
approvato secondo un corretto iter procedurale e non presenta (a suo giudizio) profili di illegittimità
costituzionale e quindi ne deriva l’obbligo di rispettare e di far rispettare le disposizioni in esso contenute
→ il Presidente può sollecitare, in modo riservato, un ripensamento del Consiglio dei ministri, dovendo
comunque cedere davanti alla conferma delle proprie intenzioni da parte dello stesso.
N.B.: tutti i decreti approvati dal Consiglio dei ministri devono essere emanati dal P. della Repubblica,
invece non tutti i regolamenti governativi devono essere emanati dal Capo dello Stato.
▬ 3. Art. 87 Cost.: il P. della Repubblica nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato
(Stato = Stato centrale, comprensivo anche degli enti dotati di una personalità giuridica autonoma). Al
Capo dello Stato, quindi, vengono assegnate le nomine di più alto livello; restando affidata al Governo
l’individuazione delle singole persone da investire di una determinata carica.
▬ 4. Compiti attinenti alla sfera delle relazioni con altri Stati: il P. della Repubblica riceve i
rappresentanti diplomatici e ratifica i trattati internazionali dopo aver precedentemente ricevuto, quando
occorre, l’autorizzazione delle Camere (il C. dello Stato può solo sollecitare un ripensamento del
Governo, ma la ratifica dovrà in ogni caso essere effettuata).
*La scelta dei diplomatici italiani da inviare all’estero spetta al Consiglio dei ministri: al Presidente
compete un mero ruolo di controllo e suggerimento.
*Circa la ratifica, ne sono esentati gli accordi in forma semplificata, perfezionati con la semplice
sottoscrizione del Governo.
▬ 5. Art. 87 Cost.: il P. della Repubblica ha 1) il comando delle Forze Armate; 2) presiede il Consiglio
supremo di difesa costituito secondo la legge; 3) dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
1) Comando delle Forze Armate. Il Presidente eredita una competenza precedentemente ricoperta dal
Re, il quale era però titolare ultimo del potere esecutivo (dopo il passaggio al regime repubblicano, il
Capo dello Stato risulta estraneo allo stesso). Questa ipotesi risulta difficilmente conciliabile con
l’art. 78 Cost. che stabilisce che, in presenza di un conflitto bellico, i poteri necessari sono conferiti
al Governo: si deve riconoscere al comando delle F. Armate ad opera del P. della Repubblica una
valenza esclusivamente simbolica.
2) Presidenza del Consiglio supremo di difesa. Ha un significato meramente onorifico.
3) Dichiarazione dello stato di guerra deliberato dalle Camere. Tale dichiarazione sarebbe un atto
dovuto, poiché il Presidente della Repubblica non potrebbe entrare nel merito politico della decisione
parlamentare, né potrebbe evitare lo stato di guerra già deliberato dalle Camere.
▬ 6. Art. 87 Cost.: il Presidente conferisce le onorificenze della Repubblica: esse devono essere previste
dalla legge e possono essere conferite soltanto a fronte del riconoscimento di meriti personali senza
implicare alcun privilegio (= pari dignità sociale di tutti i cittadini).
▬ 7. Formazione e crisi del Governo: il P. della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei
ministri e, su sua proposta, i ministri, implicando che ne riceva le dimissioni qualora si pervenga ad un
voto di sfiducia delle Camere oppure a una cessazione volontaria del Governo.
▬ 8. Può disporre lo scioglimento dei Consigli regionali e la rimozione del Presidente della Giunta
tramite l’emanazione di un decreto motivato.

23. Funzioni relative al potere GIUDIZIARIO


₪ 1. Presidenza del Consiglio superiore della magistratura. Essa si giustifica in relazione all’obiettivo
di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
Sul piano concreto, la carica implica facoltà analoghe a quelle riconnesse alla presidenza del Consiglio
supremo di difesa: il Presidente, oltre ad indire le elezioni dei componenti magistrati ed a richiedere ai
presidenti delle due Camere di provvedere all’elezione dei componenti di designazione parlamentare,
convoca e presiede il Consiglio Superiore. Egli ha il potere di sciogliere il Consiglio qualora ne sia
impossibile il funzionamento.
₪ 2. Art. 87 Cost.: facoltà di concedere la grazia e commutare le pene. Punto dibattuto: effettiva
titolarità di questo potere: prevale la volontà del Presidente o quella del Ministro della giustizia? La
competenza in questione ripropone una prerogativa tipica dei capi di stato (prevista anche dallo Statuto
Albertino) e consiste nella possibilità di eliminare\ridurre gli effetti della pena limitatamente ad un
singolo cittadino.
₪ 3. Nomina cinque dei quindici giudici che compongono la Corte Costituzionale. Obiettivo: fare in
modo che il Capo dello Stato apporti un contributo in termini di neutralità rispetto alle designazioni di
carattere tecnico operate dai magistrati ed a quelle politiche affidate al Parlamento → soluzione
giustificata dallo schema della separazione dei poteri (1/3 dei giudici viene nominato dal Giudiziario,
1/3 dal Legislativo, 1/3 sotto l’influenza dell’Esecutivo).
8.6) LA RESPONSABILITA’ DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Art. 89-90 Cost.: la responsabilità degli atti presidenziali viene assunta dal ministro controfirmante → esso
non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni.
Eccezione: alto tradimento o attentato alla Costituzione = il Costituente non ha confinato il Capo dello Stato
ad un ruolo di mera ratifica di atti governativi, ma ha inteso attribuirgli una capacità decisionale autonoma
coerentemente col principio per cui la responsabilità penale è personale (= quando si fa riferimento ad una
sua responsabilità, esso dovrà essere messo in condizione di determinare le sue azioni rispondendo quindi di
un fatto proprio).
Principali problemi:
1. Alto tradimento e attentato alla Costituzione: vista la peculiarità delle funzioni presidenziali svolte,
le ipotesi di reato imputabili al Presidente della Repubblica non potrebbero essere determinate
secondo i parametri del diritto penale comune. Così, in riferimento al reato di “alto tradimento”,
dovrebbe intendersi un comportamento doloso consistente in una violazione del giuramento di
fedeltà alla Repubblica, mentre per “attentato alla Costituzione” ogni comportamento doloso che
violi deliberatamente la Costituzione.
In caso di messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica ad opera del Parlamento in seduta
comune, l’art. 134 Cost. prevede che sia la Corte Costituzionale a giudicare sulle accuse mosse.
2. Interrogativo sulla sottoponibilità del Presidente a procedimento penale per i reati commessi al di
fuori dell’esercizio delle sue funzioni: al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni, come privato
cittadino, il Presidente della Repubblica è, invece, responsabile sia civilmente che penalmente:
l’immunità presidenziale si estende, infatti, ai soli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni del
Presidente della Repubblica. Orientamenti diversi:
 Azioni temporaneamente improcedibili (per la durata del mandato presidenziale):
estensione della sfera di immunità alle attività extrafunzionali → non condivisibile: esigenza
di salvaguardare il prestigio delle istituzioni.
 Irresponsabilità definitiva → si applicherebbe un approccio caratteristico dei sistemi
monarchici.
= Il P. della Repubblica resta in carica per l’intera durata del giudizio a meno che non decida spontaneamente
di dimettersi. Qualora gli vengano applicate misure restrittive della libertà personale, sarà necessario fare
ricorso all’istituto della supplenza.

CAPITOLO NONO: IL GOVERNO (pag. 897-924)


9.1) INQUADRAMENTO GENERALE

 FUNZIONE ESECUTIVA:
1. nel modello primitivo, tale sfera di attività veniva imputata al Re in collaborazione con i
suoi ministri, i quali si riunivano insieme a lui in una stanza privata (cabinet)
2. progressivamente il legame di fiducia del Governo col Parlamento si consolida, fino alla
situazione attuale in cui il Governo dipende unicamente dalle Assemblee rappresentative.

 GOVERNO: due modi di concepirlo


1. Intestazione generale: insieme di tre sezioni → Consiglio dei ministri, Pubblica
Amministrazione e Organi ausiliari
2. Sezione I: solo sezione del Consiglio dei ministri
= COINCIDENZA tra le due accezioni
3. Equivalenza tra Governo e Consiglio, poiché Presidente e ministri compongono il Governo
e costituiscono insieme il Consiglio.
9.2) LA STRUTTURA DEL GOVERNO
Art. 95 Cost.: il Presidente del Consiglio 1) dirige la politica generale del Governo e 2) mantiene l’unità di
indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.
1) POLITICA GENERALE: riguarda le linee guida della funzione esecutiva
Concetto di direzione: implica una sovraordinazione (=sta sopra) del soggetto dirigente su quelli
diretti (in riferimento alla relazione tra Presidente e ministri) → spetta al Presidente il compito di
convocare le sedute, di fissarne l’ordine del giorno e di moderare la discussione. Egli è
rappresentante del Governo nei rapporti con una serie di organi costituzionali ed è chiamato a
proporre i nomi dei ministri per la nomina da parte del Capo dello Stato. Può anche minacciare di
provocare la caduta dell’intero Governo rassegnando le proprie dimissioni.
= PREMINENZA del Presidente sul Consiglio
2) PROMUOVERE e COORDINARE l’AZIONE dei MINISTRI:
- Escludere che il Presidente possa richiedere al Capo dello Stato la revoca dei ministri dissenzienti
rispetto alla linea governativa → facoltà riconosciuta sia dallo Statuto Albertino che durante il
periodo fascista;
- Egli può sospendere l’adozione di atti da parte dei ministri sottoponendoli al Consiglio;
- I ministri devono concordare con il Presidente le pubbliche dichiarazioni che vincolano la politica
generale del Governo
= non sembra che il Presidente sia in grado di vincolare in termini imperativi il comportamento dei
ministri → situazione di equiordinazione tra una pluralità di soggetti: la capacità del Presidente di
mantenere l’azione all’interno di un progetto unitario si riconduce alla facoltà di provocare un
intervento del Consiglio, avvalendosi della sua posizione di vertice rispetto all’organo collegiale.
1. Compiti assegnati al Consiglio dei ministri

► Risoluzione dei conflitti tra ministri e previsione che l’iniziativa del Premier di porre la
questione di fiducia debba ottenere l’approvazione del collegio
► Deliberazioni riguardanti la produzione normativa nonché i rapporti con le Regioni e gli altri
Poteri dello Stato
► Può prendere posizione su qualsiasi questione rientrante nella sfera d’azione del Governo

2. Posizione dei ministri

 Responsabilità collegiale per gli atti del Consiglio e responsabilità individuale per quelli
dei loro dicasteri → l’amministrazione statale viene suddivisa in una serie di apparati
(dicasteri) individuati in base alle materie ad essi assegnate (= tendenza alla
specializzazione) e posti sotto la guida di un ministro (= snodo di collegamento tra la
dimensione politica ed il livello amministrativo\esecutivo).
Esiste una riserva assoluta di legge sul numero, sulle attribuzioni e sull’organizzazione dei
ministeri → schema rigido, allo scopo di evitare il riprodursi dei problemi emersi durante
l’esperienza precedente (S. Albertino e ventennio fascista), in cui la potestà organizzativa
era stata utilizzata dal Governo per soddisfare esigenze di carattere meramente politico
= l’azione dei singolo ministri in qualità di vertici dei rispettivi dicasteri si dovrebbe sempre
svolgere sulla base delle determinazioni consiliari ≠ frazionismo ministeriale: ognuno di
essi finisce per seguire un proprio orientamento indipendente dalle linee collegialmente
stabilite.

9.3) LE COMPONENTI NON NECESSARIE DEL GOVERNO

 Il Presidente del Consiglio dei ministri può proporre l’attribuzione ad uno o più ministri delle
funzioni di Vicepresidente del Consiglio dei ministri: SUPPLENZA del Presidente
nell’eventualità di assenza o impedimento temporaneo, in alternativa al conferimento della
supplenza al ministro più anziano qualora non abbia provveduto alla designazione del
Vicepresidente.
 Ministri senza portafoglio: non sono posti al vertice di un determinato apparato
amministrativo, pur potendo disporre di una propria struttura burocratica → anche quando i
ministri senza portafoglio sono previsti da una legge specifica, le competenze ad essi
assegnate devono essere determinate tramite delega del Presidente del Consiglio.
 Incarichi ad interim: se un determinato dicastero rimane scoperto, esso viene affidato al P.
del Consiglio o ad un altro ministro.
 Sottosegretari: affiancano i ministri nello svolgimento delle loro funzioni; essi sono nominati
con decreto del P. della Repubblica su proposta del P. del Consiglio formulata in accordo col
ministro implicato → ausiliari dei ministri. Una nuova tipologia di sottosegretari sono i vice
ministri, che possono essere incaricati, in un massimo di dieci, di occuparsi di aree o progetti
di spettanza di uno o più dipartimenti. La delega deve essere approvata dal C. dei ministri e i
delegati possono intervenire alle riunioni dello stesso.
 Commissari straordinari: possono essere nominati, con decreto del P. della Repubblica, su
proposta del P. del Consiglio previa deliberazione del Consiglio stesso. Fanno fronte a
particolari e temporanee esigenze di coordinamento tra amministrazioni statali.
 Comitati interministeriali: obiettivo di predisporre le condizioni per un efficace
coordinamento tra ministeri differenti.
Distinzione tra comitati interni ed esterni
*Comitati interni: investiti di un’attività meramente anticipatrice delle decisioni degli organi
disciplinati dalla Costituzione → non sollevano particolari problemi, si possono anzi rivelare
un luogo di dibattito e approfondimento su temi di interesse congiunto.
*Comitati esterni: posti nelle condizioni di produrre atti immediatamente operanti nell’ambito
dell’ordinamento complessivo dello Stato → vengono erose le attribuzioni del C. dei ministri
circa la determinazione della politica generale o quella dei singoli ministri per quanto
riguarda l’attuazione della stessa nei rispettivi settori.
9.4) LA FORMAZIONE DEL GOVERNO
Art. 92 Cost.: il P. della Repubblica nomina il P. del Consiglio e, su proposta di questi, i ministri.
Art. 93 Cost.: il P. del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento
nelle mani del P. della Repubblica.

a) CONSULTAZIONI: il C. dello Stato interpella esponenti del mondo politico-istituzionale per


acquisire elementi di riflessione utili in vista della nomina del nuovo Consiglio → egli deve
individuare la soluzione in grado di raccogliere un consenso maggioritario in Parlamento
poiché il Governo deve avere la fiducia delle Camere;
b) INCARICO: il P. della Repubblica affida ad un soggetto il compito di verificare presso le forze
politiche la possibilità di formare un Governo sotto la sua presidenza, concordando le linee
fondamentali del programma e la lista dei ministri da sottoporre alle Camere → il conferimento
avviene in forma orale e viene di solito accettato con riserva dall’incaricato, cioè egli ha la
facoltà di rinunciare al tentativo di dar vita ad un nuovo esecutivo nel caso non riesca a portare a
compimento l’opera di mediazione che gli è stata richiesta.
PROBLEMI:
1. determinare l’estensione della scelta effettuata dal P. della Repubblica → l’orientamento
prevalente è di attribuirle carattere discrezionale, essendo essa finalizzata allo scopo di
creare un Governo capace di instaurare col Parlamento una relazione fiduciaria
2. necessità o meno dell’incarico: l’opinione dominante è per la risposta affermativa → se il C.
dello Stato nomina direttamente il P. del Consiglio e, su proposta di questi, i ministri, allora
il Presidente viene considerato esistente senza che vi sia ancora un Consiglio da presiedere,
oppure porta a ritenere che il nuovo Premier debba prendere il posto di quello dimissionario
al vertice del Governo uscente.
Il neo Presidente non entra nell’esercizio delle sue funzioni immediatamente, ma solo
all’atto del giuramento, prima del quale la sua posizione resta sospesa
= l’incarico non è costituzionalmente imposto, ma è legittimo in quanto risulta opportuno
in vista della composizione di un Governo idoneo a ricevere l’approvazione del Parlamento.
3. Rapporto tra incaricato e P. della Repubblica: tutto dipende dalle condizioni politiche in
cui ci si muove, così un’eventuale reazione rispetto ad un eccessivo interventismo del
Presidente può aver luogo esclusivamente sul piano reale.
c) NOMINA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E DEI MINISTRI da parte del P. della
Repubblica: a tale adempimento si può provvedere in tempi diversi (prima per il P. e poi per i
ministri);
d) GIURAMENTO: la formazione del Governo giunge a compimento attraverso il giuramento
effettuato dal Presidente del Consiglio e dai ministri nelle mani del Presidente della Repubblica
= cessa la proroga dei poteri del vecchio Governo
QUALI SONO I POTERI DEL GOVERNO IN ATTESA DI FIDUCIA?
La dottrina prevalente ne circoscrive l’attività all’ordinaria amministrazione.

9.5) IL RAPPORTO DI FIDUCIA


Art. 94 Cost.: una volta formato, il Governo è tenuto, entro dieci giorni, a presentarsi di fronte alle Camere
per ottenere l’approvazione sul proprio programma, che deve avvenire ad opera di ciascuna di esse
separatamente = rapporto fiduciario
1. Manifestazione esplicita della fiducia, che induce il Governo ad esporre in via
preventiva i suoi propositi e impegna politicamente il Parlamento ad assecondarne
l’attuazione;
2. Obbligo di motivare la mozione, che costringe il Parlamento ad esporre apertamente le
ragioni della propria scelta;
3. Voto per appello nominale, per attivare la responsabilità dei parlamentari davanti
all’opinione pubblica e nei confronti dei rispettivi partiti.
TERMINE DI DIECI GIORNI: giustificato dall’intenzione di ridurre al minimo il periodo di vigenza del
Governo senza un esplicito appoggio delle Assemblee rappresentative.
3. Rottura del rapporto fiduciario
Rottura del rapporto fiduciario → crisi parlamentare
 Dovere di motivare la mozione di sfiducia
 Voto per appello nominare
 Necessità che, alla discussione, si arrivi non prima di tre giorni da quando è stata presentata la
richiesta → la maggioranza ha il tempo di ricompattarsi per difendere il proprio Gabinetto dalle
censure che gli sono state mosse dall’opposizione
 Previsione che la richiesta debba essere sottoscritta da almeno un decimo dei componenti la
Camera interessata → è sufficiente la manifestazione di volontà di uno solo dei due rami del
Parlamento, impedisce iniziative improvvise promosse da un numero limitato di firmatari.
La votazione contraria al Governo non ne implica l’automatica uscita di scena: lo costringe a rassegnare
le dimissioni, le quali vengono accettate dal Presidente della Repubblica solo al momento della nomina del
nuovo Consiglio al fine di non provocare fratture nello svolgimento delle funzioni pubbliche fondamentali.
4. Sfiducia individuale di un singolo ministro
L’art. 115 Cost. contempla espressamente la sfiducia individuale. La sfiducia individuale permette di
preservare il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo nel caso in cui sia minato esclusivamente dal
comportamento di un singolo ministro.
5. Normativa consuetudinaria praeter constitutionem (“ai sensi della Costituzione”)
Alla mozione di sfiducia ad opera del Parlamento corrisponde la questione di fiducia posta dal Governo, con
cui esso subordina la propria permanenza nell’ufficio ricoperto al fatto che il voto di una delle Camere su un
determinato tema corrisponda alle sue indicazioni → esistenza di una normativa consuetudinaria praeter
constitutionem, è una mera prassi. La sua legittimità è stata negata sulla base del rilievo che, l’unico
strumento a disposizione delle Assemblee per provocare le dimissioni del Governo, sarebbe la mozione di
sfiducia.
Tuttavia, le due fattispecie non sono immediatamente assimilabili: nella mozione di sfiducia l’iniziativa
proviene dal Parlamento, nella questione di fiducia l’iniziativa proviene dal Governo, il quale, avendo la
possibilità di dimettersi, può minacciare di avvalersene qualora l’orientamento parlamentare non corrisponda
alle sue aspettative.
PERPLESSITA’:
1. Concrete modalità di svolgimento;
2. Votazione per appello nominale, cui non si associano l’obbligo di motivazione e la previsione di una
pausa di almeno tre giorni prima della discussione;
3. Uso distorto della questione di fiducia, alla quale si fa ricorso per forzare la mano alla maggioranza o
per inibire iniziative ostacolanti delle minoranze avvalendosi degli effetti procedimentali da essa prodotti.
6. Dimissioni volontarie
Il Governo può cessare a seguito di dimissioni volontarie (crisi extraparlamentari), la cui legittimità si
ricava dalla considerazione che la permanenza in una carica elettiva non può prescindere dall’adesione del
suo titolare.

 È prassi costante che ci si dimetta in occasione dell’insediamento delle nuove Camere,


 La rinuncia del Governo può essere conseguenza di prese di posizione del Parlamento significative
di una rottura sostanziale del rapporto fiduciario,
 Contrasti insorti nell’ambito della coalizione di maggioranza, il che ha talora indotto il P. della
Repubblica ad invitare il Gabinetto dimissionario a presentarsi comunque davanti alle Assemblee
rappresentative, chiamandolo ad illustrare le ragioni della propria scelta affinché si sottoponesse al
giudizio dell’opinione pubblica.

7. Poteri del governo dimissionario


L’unico vincolo giuridicamente sancito è il divieto di chiedere alla Corte dei Conti la registrazione con
riserva degli atti amministrativi.
Trovano applicazione le stesse considerazioni relativamente al Gabinetto in attesa di fiducia, tenuto conto
che il Consiglio manca di legittimazione politica, essendosi interrotto il suo legame di fiducia con le Camere.
= ORDINARIA AMMINISTRAZIONE, si può spingere oltre tale limite solo in presenza di eventi
imprevedibili i quali richiedono un intervento immediato.

8. Rimpasto

Non si ha interruzione del rapporto fiduciario quando si verifica un rimpasto, cioè la sostituzione di uno o
più ministri senza dar corso ad una crisi di Governo in caso di morte o dimissioni degli stessi.
Le scelte del Governo finiscono per essere tutte giuridicamente consentite, salva la facoltà del Parlamento di
provocarne la caduta con lo strumento della sfiducia qualora ritenga inaccettabili i cambiamenti introdotti =
riconoscere al Governo una certa autonomia.

CAPITOLO DECIMO: LA MAGISTRATURA (pag. 935-984)


10.1 Il problema della giurisdizione: dallo Stato Assoluto all’Assemblea Costituente
La concezione moderna della giurisdizione s’afferma con gli Stati assoluti del XVI e XVII secolo.
Accanto alla concentrazione del rendere giustizia si pongono le basi per la creazione d’un sistema unitario di
giurisdizione, che proclama ora dal Re e che dal Re viene esercitata, o personalmente o indirettamente,
attraverso la diffusione nel territorio di Corti permanenti, soggette all’autorità del Sovrano.
Nella prassi l’esercizio giurisdizionale finisce per essere devoluto alla varie Corti permanenti, che acquistano
una progressiva emancipazione del controllo regio.
In contemporanea si verifica il diffondersi delle idee liberali, dove la centralità dei diritti dei singoli individui
e il rafforzamento dell’autonomia e della neutralità dei singoli organi giudicanti, s’accompagnano al
principio d’indipendenza dei giudici, che troverà la sua prima declinazione nell’Inghilterra del XVII secolo
(formulazione del pensiero di Montesquieu).
La successiva teorizzazione del principio di separazione dei poteri influenzerà sugli Stati liberali che si
diffonderanno nel resto Europa nel XVIII secolo.
Alla separazione degli organi giudiziari corrispose la loro sottoposizione alla volontà politica del Parlamento
espressa in forma legislativa (Cost. Francese del 1791).
Nell’Europa continentale la nomina elettiva dei magistrati prese esempio dal Codice Napoleonico.
Il giudice viene selezionato in base alla sua competenza tecnica, si colloca tra i funzionari statali ed è
dipendente dal Governo: l’indipendenza dei magistrati è da ricercarsi nella disciplina dello status giuridico
degli stessi (tale modello ispirò lo Statuto Albertino).
Indipendenza organica = degli organi costituzionali, operava nei confronti dell’Esecutivo in maniera
attenuata.
La magistratura subì un arresto durante il periodo fascista.
In Assemblea Costituente emersero vari punti comuni:

 Statualità ed unità della funzione giurisdizionale, la statualità è correlata alla manifestazione della
sovranità mentre l’esigenza di garantire l’unita della giurisdizione sia preordinata alla tutela
dell’uguale libertà;
 Configurazione del complesso degli organi preposti con “Potere” in virtù della titolarità esclusiva di
una funzione essenziale espressione della sovranità dello Stato;
 Esigenza di rendere il giudice soggetto alla legge (indipendenza funzionale);
 Garanzia dell’indipendenza dei giudici anche sotto il profilo del loro status;
 Attribuzione dell’amministrazione del potere giudiziario e dell’adozione dei provvedimenti sullo
status dei magistrati per la maggioranza dei suoi componenti (interno alla stessa: C.S.M.);
 Configurazione della magistratura come “potere diffuso” ed organizzazione della stessa, a differenza
delle amministrazioni pubbliche (indipendenza interna);
 Equiparazione della posizione istituzionale della magistratura requirente a quella giudicante ed
estensione delle relative garanzie d’indipendenza anche ai pubblici ministeri.
Questi obiettivi vennero trascritti nel Titolo IV della Costituzione.
10.2. La funzione giurisdizionale nella Costituzione
La Cost. ha dato maggiormente importanza a un dato “soggettivo” degli organi titolari della stessa, ovvero
che prescinde dal contenuto dell’attività, individuando la specificità della funzione sulla base delle
prerogative degli organi che la esercitano; piuttosto che oggettivo basati sul contenuto dell’attività),
denominando il Titolo IV della Parte II “La Magistratura” (e non ad es. “La funzione giurisdizionale”).
Nel Titolo in esame è contemplata la disciplina del p.m., organo che non esercita la funzione di giurisdizione
in senso proprio.
Questi non sono giudici poiché il p.m. è “parte del processo” e quindi il suo compito è quello di perseguire
l’interesse generale della giustizia (della collettività) e non quello di giudicare una controversia.
Si ha cosi una differenza tra magistratura requirente e magistratura giudicante.
Inoltre il termine Magistratura fu scelto per rispettare la simmetria col resto della Cost. (articolata per organi
non funzioni) fin da sottolineare il principio di separazione organica dei poteri.
La funzione giurisdizionale indica quell’attività all’attuazione e dichiarazione del diritto con riguardo ai
concreti.
Vi è una distinzione tra giurisdizione e legislazione, la prima deriva da un organo di tipo burocratico (con
base d’una selezione tecnica), l’attività si svolge attraverso un procedimento in forma contenziosa ed attivato
su impulso delle parti; mentre la legge viene emanata da u organo politico-rappresentativo (selezionato sulla
base di determinati programmi politici) e il suo procedimento è disciplinato dagli artt. 70 e ss. Cost. e
connotato dall’attivazione autonoma (cioè non vincolata ad atti d’iniziativa esterni) del Parlamento.
Infine la sentenza è un atto motivato e con effetti limitati alle parti del giudizio ed è sprovvista di
motivazione e produce effetti “erga omnes”.
Vi è un’ulteriore distinzione tra la funzione giurisdizionale e quella esecutiva, mentre nella prima il giudice
applica norme col compito di risolvere una specifica controversia sorta tra le parti in giudizio, il potere degli
organi giurisdizionali è interamente vincolato dalla legge (la quale rappresenta l’unica fonte per decidere
delle controversie sottoposte all’esame del giudice) e nell’attività giurisdizionale gli organi giudiziari attuano
la legge su impulso di parte; nella funzione esecutiva la pubblica amministrazione opera con finalità di
perseguire pubblici interessi delineati nei limiti della legge, inoltre dispone della discrezionalità
amministrativa (libertà di scelta relativa ai mezzi coi quali perseguire i fini stabiliti dalla legge) e agisce
come parte.
La necessità di rivedere le concezioni tradizionali s’è manifestata con urgenza dopo l’entrata in vigore della
Cost., infatti essa è formata da disposizioni che si riferiscono alla funzione giurisdizionale (art. 120 Cost.,
che qualifica la giurisdizione come “funzione” e ne riserva l’esercizio alla magistratura, i seguenti precetti
costituzionali:

 Art. 3 comma 1 si trae la singolarità degli atti giurisdizionali, il principio di uguaglianza formale
consente di dedurre il carattere degli atti giurisd. Oggetto della riserva ex art.102, i quali sono
comandi di contenuto singolare;
 La giurisdizione è applicazione e attuazione della legge (art. 101, comma 2, sancisce la
subordinazione alla legge del giudice e anche della funzione giurisdizionale):
 Art. 24 e 113, il ruolo della giurisdizione ha funzione attrattiva del diritto nel caso concreto e ha
attivazione su impulso di parte dell’organo giurisdizionale;
 Art. 111 la giurisdizione si attua mediante giusto processo (caratterizzato dalla presenza di
contrarietà tra le parti, dell’imparzialità del giudice, dalla motivazione nel provv. Giurisd.,
dall’impugnabilità in Cassazione per violazione di legge delle sentenze e dei provv. Sulla libertà
personale; inoltre sancisce i principi fondamentali della funzione applicabili a tutte le tipologie di
giurisdizione come quella amministrativa, civile, militare…);
 Art. 102 e ss. La riserva alla magistratura della giurisdizione è un elemento che diviene il suo
esercizio dei giudici.
Quindi la funzione giurisdizionale è una funzione statale volta all’applicazione del diritto in via autoritaria,
attivata su impulso di parte ed esercitata in una controversia fa un organo (il giudice) soggetto alla legge,
imparziale nelle forme del “giusto processo”.
10.3. Funzione giurisdizionale e sovranità popolare
L’art. 1 comma 2 Cost. sancisce che “la sovranità appartiene al popolo” e il principio democratico
rappresenta ‘unica fonte di legittimazione del potere pubblico.
Il potere giudiziario dev’essere concepito come una forma d’esercizio della sovranità popolare (art.101
comma 1 “la giustizia è amministrata in nome del popolo”).
Questo legame è realizzato per 3 modelli diversi:
1.
 Elezione diretta dei giudici considerati come organi direttamente rappresentativi e politicamente
responsabili;
 Subordinazione organica, cioè degli organi giurisdizionali a quelli rappresentativi, per garantire
in diversi modi il controllo da parte del popolo sugli organi titolari della giurisdione;
 Subordinazione funzionale degli atti giurisdizionali agli atti promananti dagli organi
rappresentativi, vincolando alla volontà popolare espressa in forma di legge dello stesso
esercizio della funzione giurisd. Espressa in forma di sentenze.
2. Art. 104. Cost. sancisce l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura, confermando il
principio di separazione dei poteri ed impedendo qualsiasi forma di controllo o di
subordinazione dei giudici a vantaggio di altri Poteri dello Stato.
3. Schema della subordinazione funzionale confermato all’art.101 Cost, il quale ribadisce il legame
tra principio democratico e giurisdizionale (al comma 1) e che i giudici sono sgg. Soltanto alla
legge (comma 2). Si cosi una realizzazione del vincolo gerarchico senza riserve tra il giudice e la
legge, rende palese la volontà dei Costituenti d’escludere ogni confusione tra creazione ed
applicazione del diritto.
Per cui gli organi giurisdizionali sono indipendenti ma gli atti sono soggetti a quelli legislativi.
Quindi ogni decisione giurisdizionale dev’essere conforme alla legge e su di essa fondata.
10.4. I principi fondamentali del sistema: art.101 Cost.
Relativamente alla Magistratura, i Costituenti si trovarono a dover adempiere 2 obbiettivi distinti e per alcuni
versi opposti, ovvero: l’esigenza di garantire una rigida applicazione del principio di separazione dei poteri
(gravemente compromesso durante il fascismo) e evitare un isolamento della Magistratura dagli altri organi.
L’istanza della separazione insieme a quella dell’unità si tradusse in un numero notevole di disposizioni.
L’art.101 è l’unico riferibile all’organo e alla funzione giurisdizionale che assicura la legalità della
giurisdizione.
La soggettazione dei giudici alla legge deriva da:

 la subordinazione alla legge della funzione giurisdizionale;


 l’indipendenza della funzione giurisd. Da ogni atto che non sia fondato sulla legge (indipendenza
funzionale) ma sia esso un precedente giurisdizionale o un provv. Della pubblica amministrazione;
 l’indipendenza degli organi giurisdizionali (indipendenza organica o istituzionale).
All’interno è possibile avere 2 prospettive diverse d’analisi che pongono l’attenzione sui soggetti da
tutelare (soggetti passivi) e sui soggetti dai quali l’indipendenza va garantita (soggetti attivi).
Soggetti passivi = se la tutela opera con riferimento al magistrato, si parlerà d’indipendenza personale
(art.107, comma 1).
Soggetti attivi = l’indipendenza si articola in “esterna” dove concentra le potenziali insidie ad organi o poteri,
esterni alla Magistratura (organo autonomo ed indipendente dagli altri poteri), ed interni quando si miri a
tutelare il giudice da condizionamenti provenienti dall’interno dell’Ordine giudiziario (soltanto la distinzione
della funzione dei magistrati, ci consente di escludere un rapporto gerarchico).
Esiste lo STATO DI DIRITTO, l’apparato statale a trovare nella persona (umana) il fine della sua
organizzazione.
L’art. 3 comma 1 dice che “ogni cittadino è uguale alla legge” e questo principio è l’obbiettivo attorno al
quale ruota tutto intorno al Titolo IV, Parte II della Cost.
Il diritto di ogni cittadino è di essere giudicato SOLTANTO davanti a un giudice IMPARZIALE, ossia posto
in posizione equidistante fra le parti e dagli interessi in gioco.
L’imparzialità si richiede nei tribunali speciali ( es. militari, ecclesiastico…), in favore dell’unità giurisd.
(art.102 Cost.) ecc..
Questa esigenza è riportata nell’art. 111, comma 2, dove si sancisce che “ogni processo si svolge nel
contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti al giudice terzo ed imparziale”.
Per cui l’imparzialità è lo strumento principale per garantire l’uguaglianza, mentre l’indipendenza organica
diviene condizione strumentale e fondamentale quando si vogliono raggiungere tali fini.
La Carta fondamentale dolo l’art.111 prosegue attraverso tre direttrici fondamentali:
 enunciazione del principio d’unità di giurisd. Attraverso la riserva della Magistratura ordinaria (art.
102 e 103);
 disciplina posta a tutelare l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura nelle sue varie accessioni
giurisd. (art.104 e ss.);
 regolamentazione del concreto procedimento giurisd. (ad es. il processo, art.111 e ss.).
10.5. L’unita della giurisdizione: i giudici ordinari
L’unita della giurisdizione è la trasposizione, sul piano dell’organizzazione giudiziaria, del principio di
uguaglianza davanti alla legge (art.102, ove si dispone che la “funzione giurisd. È esercitata da magistrati
ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”).
Anche il secondo comma sancisce che “non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali”.
L’art.103 prevede e disciplina giurisdizioni speciali (amministrativa, contabile e militare), mentre i giudici
ordinari rappresentano la maggior parte dei magistrati che hanno giurisdizione generale solo in materia civile
e penale.
Giurisdizione civile = regola le controversie fra sogg. Privati (o fra privati e pubblica amministrazione)
aventi per oggetto diritti soggettivi. (Referente normativo nell’art. 24 Cost. dove “tutti possono agire in
giudizio per la tutela dei proprio diritti e interessi legittimi”).
Giurisdizione penale = mira ad assicurare la potestà punitiva dello Stato in relazione alla violazione delle
leggi penali, mediante l’irrogazione delle pene per chi le trasgredisca. La gravità spiega la particolare
attenzione che viene dedicata a questa materia da diversi art. (es. artt. 111, 25 comma 2, art.27 comma 1 e 2).
L’art. 108 prescrive che “le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con
legge e fino a quando non sia emanata la nuova legge, continuano ad osservarsi le orme sull’ordinamento
vigente”.
L’organizzazione della giustizia è articolata sia orizzontalmente, in diversi uffici raggruppati in circondari a
loro volta distribuiti in distretti giudiziari presenti in ciascuna Ragione, sia verticalmente, attraverso giudici
di primo e secondo grado con al vertice la Corte di Cassazione (Roma).
Alla giurisdizione civile provvede il:
Giudice di Pace = organo individuale con competenze solo enumerate nel c.p.c. che sono controversie
“minori”. E’ giudice di primo grado;
Tribunale = giudice individuale (collegiale nei casi previsti dalla legge) e può essere sia di primo sia di
secondo grado;
Corte d’Appello = giudice collegiale di secondo grado.
Un appello contro le sentenze del Giudice di Pace si propone davanti innanzi al Tribunale, mentre l’appello
contro le sentenze del Tribunale innanzi la Corte d’Appello.
Hanno competenza in materia penale il: Giudice di Pace; il Tribunale, la Corte d’Assise e il Tribunale dei
minorenni, la Corte d’Appello e la Corte d’Appello d’assise.
L’appello contro i provv. Del Giudice di Pace, del Tribunale, della Corte d’Assise e del Tribunale dei
minorenni si propone innanzi il Tribunale, alla Corte d’Appello, alla Corte d’Assise d’Appello e all’apposita
sezione di Corte d’appello per i minorenni.
Al vertice vi è la Corte di Cassazione, innanzi alla quale possono essere impugnate le sentenze pronunciate
in Appello o in unico grado, solo per motivi di legittimità. Essa opera come giudice di secondo o terzo grado
ma esercita il suo potere nelle questioni di diritto (rispetto e applicazione della legge).
In virtù dell’Art. 65 la Corte di Cassazione “assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della
legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni, regola i conflitti
di competenza e delle attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge”.
Tra le funzioni della Corte vi è la nomofilattica, attraverso la quale viene assicurata l’uniforme
interpretazione e applicazione della legge, in virtù di massime che vengono generalmente rispettate dai
giudici di merito.
Secondo l’art.107 i giudici si distinguono fra loro soltanto per la loro funzione.
La possibilità di riesame delle sentenze da parte d’un altro giudice non è espressione di superiorità ma
risponde all’esigenza di garantire meglio i diritti dei cittadini, ai quali viene data la possibilità di correzione
degli errori di fatto o di diritto verificatosi nel procedimento.
Quindi i giudici speciali siano tali perché ultimi.
L’art. 102 comma 2 pone il divieto d’istituzione di giudici straordinari, cioè costituiti dopo la verificazione
del fatto da giudicare, e speciali, perché titolari di giurisdizione specializzata e perché soggetti ad uno statu
giuridico diverso.
Entrambi i divieti vogliono l’imparzialità del giudice, tuttavia solo il divieto dei giudici straordinari opera
senza eccezione.
Nelle magistrature speciali non possono essere ricondotte né la previsione d’istituire sezioni specializzate
(come le sezioni agrarie, quelle lavorative, i tribunali regionali delle acque pubbiche..) né la partecipazione
diretta al popolo dell’amministrazione della giustizia (art. 102, comma 2 e 3).
10.6. I giudici speciali
La presenza dei giudici speciali nel nostro ordinamento è legittimata (nonostante la regola enunciata
nell.art.102 Cost):

 dalla VI disposizione transitoria e finale della Cost.


 dall’art. 103 Cost. (enuncia tre diversi tipi di giurisdizioni speciali);
 dall’art.100 riguarda il Consiglio di Stato e la Corte dei conti con riguardo alle loro competenze;
 dall’art.108 Cost. demanda alla legge il compito di garantire l’indipendenza di giudici e giurisdizioni
speciali;
 dall’111 comma 7 e 8, relativi al ricorso in Cassazione contro le decisioni dei giudici speciali;
 dall’art. 113 Cost. si riferisce alla tutela contro gli atti della pubblica amministrazione ed alla
possibilità d’impugnazione degli stessi innanzi alla giurisdizione ordinaria o amministrativa;
 dall’art. 125, comma 2 Cost. prevede l’istituzione di organi di giustizia amministrativa di primo
grado nelle Regioni .
Le tre giurisdizioni speciali sono:
Giurisdizione amministrativa= insieme di strumenti giuridici di cui il cittadino dispone per far valere le
proprie posizioni giuridiche soggettive nei confronti della pubblica amministrazione (infatti il diritto
amministrativo regola i rapporti tra privati e pubblica amministrazione). Si agisce quindi per la tutela di
interessi legittimi lesi da un atto amministrativo. Il Consiglio di Stato è un organo centrale della giustizia
amministrativa, con sede a Roma, articolato in varie sezioni con competenza consultiva ed giurisdizionale.
Esso è giudice di secondo grado, le sue decisioni non sono impugnabili, ad ecc. dei motivi inerenti alla
giurisdizione.
Giurisdizione contabile = è una “species” della giurisdizione amministrativa. È esistente grande all’art. 28
Cost. il quale sancisce che “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente
responsabili, secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti violando i diritti”. La Corte
dei conti ha 2 competenze, ovvero materie di contabilità pubblica (responsabilità degli amministratori,
impiegati e tesorieri dello Stato e degli altri enti pubblici) e materie specificate dalla legge.
Giurisdizione militare = in tempo di pace è ammessa “soltanto per i reati militari commessi dalle Forze
Armate”, mentre in tempo di guerra la sua estensione viene rimessa alla legge. I giudici militari sono i
Tribunali militari di primo grado e la Corte militare d’appello.
10.7. Il problema dell’indipendenza dei giudici speciali
La scelta degli strumenti atti a garantire l’indipendenza dei giudici speciali è trascritta nell’art. 108, nel
comma 2 “ la legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali e del pubblico ministero
presso di esse” ed essa è rimessa al legislatore ordinario.
Inoltre quest’ultimo è vincolato al rispetto del principio di soggezione del giudice soltanto alla legge, per cui
le disposizioni legislative, ledendo questo principio, sarebbero costituzionalmente illegittime.
Fra gli interventi legislativi posti a tutela dell’indipendenza dei giudici speciali dev’essere segnalata
l’istituzione di organismi i autogoverno come il Consiglio di presidenza della giurisdizione amministrativa,
un organo costituito dal Presidente del Consiglio di Stato e dai due presidenti di Sezione più anziani per
qualifica oltre che da 10 magistrati eletti da tutti i componenti del Consiglio di Stato e dei Tribunali
amministrativi regionali.
Consiglio di presidenza della Corte dei conti = istituito con la legge dell’aprile del 1988, n. 117. Ha come
competenza i provvedimenti disciplinari e si caratterizza per la presenza d alcuni membri (4 su 17) estranei
alla magistratura contabile, scelti dai Presidenti delle due Camere.
Inoltre si istituì anche il Consiglio della magistratura militare formato da componenti laici e ha le stesse
competenze del Consiglio superiore della Magistratura.
10.8. l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura
La Cost. prevede a tutelare da ogni possibilità di condizionamento gli organi titolari della giurisdizione.
È questa l’indipendenza organica o istituzionale, garantita, dagli artt. 104 e ss. Cost.
Una volta che la Costituzione è sia un ordine (insieme di sogg. Aventi il medesimo status, indicando cosi
l’autonomia) sia un Potere (gli appartenenti ad essa sono titolari esclusivi della funzione giurisdizionale,
indicando cosi l’indipendenza) si hanno le condizioni per avere l’autonomia e l’indipendenza.
Indipendenza = totale assenza di condizionamenti esterni.
C’è inoltre una differenza tra l’autonomia normativa e l’autonomia amministrativa, la prima si riferisce al
potere d’un soggetto, ente o ordine di darsi norme giuridiche, consentendo alla Magistratura d’ autodotarsi
delle norme giuridiche necessarie alla sua organizzazione ed al suo funzionamento; mentre la seconda
consiste nella facoltà di adottare provvedimenti o atti amministrativi (art.104).
L’autonomia della Magistratura fa legare a se il C.S.M. (Consiglio Superiore della Magistratura), organo che
rappresenta la condizione d’esistenza.
Accanto al C.S.M. si pone anche il Ministro della giustizia (al quale spetta l’organizzazione ed il
funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, gli atti del C.S.M. vengono emanati dal Presidente della
Repubblica, o a volte dal Ministro della giustizia; il tirocinio, la formazione ecc..non sono di competenza
esclusiva del C.S.M. e per il conferimento d’incarichi direttivi è previsto il “concerto” con il Ministero della
giustizia.
10.9. Il Consiglio superiore della Magistratura
Esso è il vertice organizzativo dell’Ordine giudiziario ed è l’organo deputato della gestione amministrativa di
esso, ma a sua volta deve anche mantenere la Magistratura nell’apparato statale (senza fala isolare). La sua
importanza è riportata negli artt. 106 e 107, 104, 105 e 110, al fine di disciplinare la composizione le
attribuzioni e il coordinamento coi poteri del Ministro della giustizia.

 Composizione, durata in carica e funzionamento


Esso ha composizione mista, ovvero è costituito da membri di diritto e membri elettivi (all’interno vi
sono membri di provenienza eterogena ovvero in parte scelti dai magistrati ordinari, i quali però
devono definire la “categoria” che si sceglie, in questo caso si parla di membri togati e in parte scelti
in seduta comune dal Parlamento in scrutinio segreto, cioè laici).
Sono componenti di diritto il Presidente della Repubblica (che è anche il Presidente del Consiglio), il
Primo Presidente della Corte di cassazione e il Procuratore generale presso la stessa.
Sono componenti elettivi sono formati dalle componenti laica e togati, di essi si sa solamente il
numero che viene deciso dal legislatore, il quale ha anche il compito di precisare i sistemi d’elezione
ed identificare la “varie categorie” dei magistrati, i quali si distinguono in magistrati giudicanti e
magistrati requirenti, di merito e di legittimità.
Due posti sono riservati ai magistrati di Cassazione, quattro a magistrati con funzioni di pubblico
ministero e 10 a magistrati giudicanti.
attualmente il C.S.M. è formato da 27 membri, 24 elettivi e 3 di diritto.
La Cost. ci dice che:
1. il C.S.M. rimane in carica per 4 anni
2. indica le cause d’incompatibilità dei suoi membri (durante la carica non possono far parte
dall’albo dei professionisti, ne nel Parlamento né in un Consiglio regionale) ad ecc. della
nomina di un vicepresidente fra i componenti del Parlamento.
3. Ha un Comitato di presidenza, con il compito di promuovere l’attività del Consiglio e di
provvedere alla gestione dei fondi;
4. Le deliberazioni vengono prese a maggioranza semplice.

 Attribuzioni
Secondo l’art. 105 Cost. al C.S.M. spettano “le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le
promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”, quindi alla carriera dei
magistrati.
Tale competenza inizia a partire dal momento antecedente alla nomina dei magistrati e permane per
tutta la durata dell’incarico.
Oltre ad occuparsi della carriera, esso si occupa della designazione per meriti insigni all’ufficio del
consigliere di Cassazione dei professori ordinari di università o d’avvocati (purchè quest’ultimi
abbiano almeno 15 anni di attività o siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori).
Esso non ha discrezionalità illimitata ed inoltre il suo potere decisionale è circoscritto in caso di
provv. Sospensivi (art. 107 Cost., il qualche sancisce che tali atti possono essere adottati soltanto per
motivi e le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giuridico).
Esistono orientamenti volti ad ammettere la facoltà del Consiglio d’adottare atti atipici, cioè non
espressamente previsti né dalla Costituzione, né dalla legge, purchè strumentali a garantire il fine
ultimo cui il C.S.M. stesso è preposto.
Questa tendenza contrasta però il principio di legalità ma anche le riserve sancite negli artt. 105, 107
e 108 Cost.
Sempre per garantire l’indipendenza al magistrato bisogna tener conto del sistema d’impugnazione
degli atti del C.S.M.
Il giudice amministrativo presso il quale si possono impugnare gli atti del C.S.M. è il T.A.R.
(tribunale amministrativo regionale) del Lazio.
 Rapporti col Ministro della Giustizia
Il Ministro (di grazia e) giustizia svolge funzioni amministrative finalizzate a garantire l’efficienza
della giustizia (art. 107, comma 2”le forme di controllo sui magistrati da parte del potere politico, si
intrecciano nell’esercizio dell’azione disciplinare (essendo ogni decisione riservata al C.S.M.).
I rapporti tra il Ministro della giustizia e il C.S.M. vengono cosi ricostruiti:
1. Amministrazione della giustizia, sono i servizi relativi alle strutture materiali necessarie
all’amministrazione della giustizia
2. Potere generale di richiesta, inerente all’assolvimento dei compiti attribuiti al Ministro, il
quale dispone d’un generale potere di richiesta su tutti i provv. Emanati dal C.S.M. e relativi
ai magistrati.
3. Conferimento di incarichi direttivi tramite concerto, “concerto” inteso come la
collaborazione tra commissione consiliare ed Esecutivo finalizzata all’emanazione d’una
proposta comune.
4. Procedimenti disciplinari, accertare il compimento, da parte del magistrato, d’illeciti
disciplinari ed d’irrogare le relative sanzioni previste dalla legge, ovvero ammonizione,
censura, perdita dell’anzianità del servizio, incapacità temporanea, rimozione.
Questo procedimento può essere attivato soltanto in seguito all’iniziativa del Ministero della
giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
10.10. L’indipendenza dei magistrati
L’indipendenza del magistrato è tutelato dagli artt. 106, 107 e 109 sotto tre diversi profili contenenti: il
reclutamento, la carriera ed i rapporti con la polizia giudiziaria.

 Reclutamento, esso inizia con la nomina che avviene per concorso. Questo sistema è approvato
dall’art. 106 ed il precetto di cui al comma 1 dell’art.101 Cost., ogni dubbio dell’incompatibilità
deve essere escluso perchè il principio secondo cui la giustizia è amministrata in nome del popolo
trova compiuta realizzazione attraverso il “diaframma” legislativo.
Tuttavia questo principio per la nomina per concorso subisce due eccezioni ad opera dei commi 2 e 3
dello stesso art. 106, che prevedono la nomina anche elettiva dei magistrati onorari e quella per
meriti insigni dei consiglieri di Cassazione.
In quest’ultimo caso è importante osservare che non si tratta di magistrati ordinari ma di magistrati
che hanno pieno titolo a far part dell’Ordine giudiziario e inoltre l’ufficio ricoperto è quella di
consigliere di Cassazione.
 L’art. 107, Cost. e l’inamovibilità, tutela i magistrati dalle pressioni che possono provenire sia
dall’esterno, sia dall’interno dell’Ordine giudiziario.
L’indipendenza esterna viene sancita l’inamovibilità, che postula l’assenza di condizionamenti sulla
loro carriera ad opera di Poteri esterni all’ordine giudiziario (in primis dall’Esecutivo).
L’inamovibilità trova una tutela ampia escludendo le funzioni, la sede e la stabilità della carica.
Sancisce l’impossibilità di sospendere o di dispensare dal servizio o di destinare ad altre sedi o
funzioni i magistrati.
L’intervento del C.S.M. trova il suo limite nella legge o nel consenso del magistrato.
Il comma 1 determina i criteri di composizione del C.S.M., rinvia alla varie categorie in cui si
articola l’Ordine giudiziario, onde assicurare la massima rappresentazione della Magistratura.
Il secondo comma presuppone la presenza di meccanismi di avanzamento di carriera e una
differenziazione in varie classi di magistrati.
Il terzo sancisce che “i magistrati si distinguono fra loro soltanto per la diversità delle funzioni”,
significa che non possono esservi differenziazioni tra magistrati non derivanti dalla diversità dei
compiti cui essi sono assegnati.
 La disposizione della polizia giudiziaria, autorità di pubblica sicurezza deputate a svolgere
un’attività repressiva, finalizzata al compimento delle indagini ed alla reintegrazione dei diritti
violati.
Il nuovo c.p.p sancisce che “le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alla dipendenza e sotto la
direzione dell’autorità giudiziaria” (art. 56).
Nell’art.59 viene infine sancita la responsabilità nei confronti de procuratori della Repubblica degli
ufficiali preposti ai servizi di polizia giudiziaria e la possibilità di distoglierli dalle loro attività
soltanto per ordine dei magistrati dai quali dipendono.

10.11. Le garanzie relative al processo: i diritti d azione e di difesa e il principio del giudice naturale
precostituito
Le regole fondamentali del processo indicano il procedimento attraverso cui la funzione giurisdizionale si
svolge.
Ad esso sono dedicate tante disposizioni costituzionali (es. Titolo IV, Sezione II, Parte II…) per garantire
l’imparzialità e l’uguaglianza anche all’interno del singolo giudizio.
Innanzitutto per avere un processo bisogna che ci sia un’azione, ovvero l’atto di impulso del procedimento
relativo, essa sarà proposta a una singola parte, ossia da un soggetto che abbia un interesse atta tutela
giurisdizionale o comunque che sia istituzionalmente predisposto a garantire l’interesse pubblico alla
persecuzione dei reati.
Per avere l’uguaglianza invece occorre garantire a tutti il diritto d’azione (art. 24 Cost.) ed estende la
garanzia della possibilità di rispondere contro chi agisce (quindi di difendersi in giudizio).
Sempre nell’art. 24 (questa volta nel comma 2) vi è il diritto di difesa dichiarandolo “inviolabile in ogni stato
e grado di procedimento”.
Il terzo comma infine assicura “ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad
ogni giurisdizione” dotando così di sistema del gratuito patrocinio, attraverso il quale lo Stato assicura
l’esistenza legale a coloro che non potrebbero permettersela.
(I diritti di difendersi e d’agire operano sia nel settore pubblico sia in quello privato, art.113 Cost.).
Per far avvenire il processo l’art. 25 Cost. sancisce che “nessuno può essere distolto dal giudice naturale
precostituito dalla legge” esprimendo così il principio del giudice naturale precostituito (vero e proprio
diritto fondamentale del singolo individuo) e una riserva di legge (rafforza tale diritto escludendo il
riferimento a fonti secondarie).
Precostituito= compito specifico del legislatore di istituire il giudice prima dell’insorgere della causa, con
esclusione di norme retroattive (divieto di sottrazione vale anche per il legislatore).
La naturalità pone un nesso tra precostituzione e competenza del giudice, imponendo che venga
predeterminato il giudice e la sua competenza, ossia il QUANTUM di giurisdizione ad esso attribuita.
Naturale = giudice cui una determinata causa sia stata assegnata seguendo i criteri normali di competenza,
essa rilevata in base al territorio, alla materia della causa, al valore della controversia e dall’entità della pena.
Concludendo il principio del giudice naturale precostituito può essere ulteriormente specificato nel senso che
tale è il singolo giudice quando una data causa gli sia stata assegnata seguendo i normali criteri con cui un
dato ufficio distribuisce al suo interno i carichi di lavoro.

10.12 Il giusto processo

Il principio del giusto processo è sancito dall’art. 111 Cost.


Giusto = processo che si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti al giudice
terzo ed imparziale che viene effettuati in tempi ragionevoli.
Regola del contradditorio = soltanto attraverso la rinuncia e il disconoscimento di qualsiasi verità
precostituita o imposta, e mediante la fiducia nel metodo di confronto, che sembra possibile giungere
all’accertamento della verità in sede processuale.
La norma esige che il legislatore ordinario predispone concretamente la disciplina ma pone anche limiti di
contenuto al suo intervento.
Inoltre vi sono i principi del processo penale, oggetto di specifica attenzione da parte della Cost. in
considerazione alla sua attitudine a concludersi con provv. Suscettibili d’incidere sulla stessa libertà
personale dei singoli individui.
Le garanzie dell’art. 111 Cost. in materia penale concernono sia la persona accusata di reato, sia il
procedimento di formazione delle prove.
All’imputato vengono attribuiti dei diritti ed in particolare quello di:
 essere informato all’accusa a suo carico;
 aver tempo necessario per tirar su una difesa;
 avere dichiarazioni a suo carico o a sua difesa;
 ottenere l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore;
 essere assistito da un interprete se esse non sa o conosce la lingua.
Principio del contraddittorio nella formulazione della prova = la colpevolezza non può essere desunta dalle
dichiarazioni di chi sia volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’accusato.
Le deroghe ammesse sono per esplicita previsione costituzionale con il consenso dell’imputato, o per
accertata impossibilità oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.
Le garanzie dedicate al processo penale nella Parte I della Cost. sono:

 la personalità della responsabilità penale;


 la presunzione di non colpevolezza dell’imputato fino alla condanna definitiva;
E’ necessaria la presenza della motivazione (della sentenza) poiché è solo sulla base di essa che è possibile
controllare il ragionamento giuridico sul quale è fondata la decisione in vista di una sua eventuale
impugnazione.
Il doppio grado di giudizio nel nostro ordinamento dipende dal legislatore ordinario al fine di consentire il
controllo della decisione del primo giudice ad opera di un altro giudice diverso (appunto di secondo grado).

10.13. La magistratura requirente: il pubblico ministero.


Il p.m. è un magistrato disciplinato dall’ordinamento giudiziario affine agli organi giurisdizionali ma non è
giudice in quanto non esercita la funzione giurisdizionale in senso proprio, manifestando le attribuzioni ad
esso conferite nell’assicurare l’osservanza delle leggi, nel garantire la regolare amministrazione della
giustizia, nel provvedere all’esecuzione dei giudicati ma soprattutto nella repressione dei reati che si concreta
nell’esercizio dell’azione penale.
Magistratura requirente = quando si viene a conoscenza della commissione di un reato al fine di porne in
risalto la diversa natura rispetto alla magistratura giudicante.
Il p.m. in qualità di magistrato godrà di tutte le garanzie della Costituzione riservate in via generale a tutti i
magistrati, dato che la magistratura requirente rientra in un ordine “autonomo e indipendente da ogni altro
potere” (art.104, comma 1 Cost.), concorrerà ad eleggere due terzi dei componenti del C.S.M. (art.104
comma 4 Cost.), verrà nominata tramite concorso (art.106 Cost.), disciplinata in virtù di una legge ordinaria
(art.108 comma 1 Cost.) e disporrà direttamente della polizia giudiziaria (art 109 Cost.).
Il p.m. presso le magistrature speciali è accomunato ai giudici speciali ed è demandato alla legge il compito
di assicurarne l’indipendenza.
Il p.m. gode dell’indipendenza istituzionale nella sua valenza esterna (ossia nei confronti degli altri Poteri
dello Stato, Esecutivo in primis.)
L’art. 112 Cost. sancisce che il p.m. ha l’obbligo di esercitare l’azione pensale, il che comporta un duplice
ordine di conseguenze:

 Il p.m. non può essere privato del potere di promuovere l’avvio dei procedimenti penali;
 Il p.m., alla ricezione della notizia criminis, è obbligato ad esercitare l’azione penale, senza che gli
sia consentito alcun margine di scelta o che possa essere condizionato da direttive esterne o da
contingenti situazioni soggettive.
Di conseguenza, l’obbligatorietà dell’azione penale garantisce l’indipendenza funzionale del p.m. . Tale
tutela è preordinata al perseguimento della legalità nella repressione dei reati e dell’uguaglianza di tutti i
cittadini di fronte alla legge penale.
Quindi la riserva di legge “alza” il livello di tutela da quello regolamentare a quello legislativo e la sua
ripetizione “abbassa” la tutela dal livello costituzionale a quello legislativo.
Nulla vieta al legislatore di regolamentare la magistratura requirente in termini diversi da quella giudicante
(ad es. accentuando l’assetto gerarchico della prima sulla seconda). Pur in assenza di un vincolo di
subordinazione tra i vari uffici del p.m., la gerarchia cui era tradizionalmente improntata la Procura della
Repubblica si è fatta sentire nell’organizzazione interna dei suddetti uffici.

CAPITOLO UNDICESIMO: REGIONI ED ENTI LOCALI (pag. 993-1023)


11.1 Gli enti territoriali nella Cost. del 1948
L’ordinamento italiano ha un articolato sistema di enti locali.
L’impianto originario introdotto con la Carta costituzionale del 1948 è mutato a causa di 3 leggi cost. che
hanno profondamente inciso sul Titolo V, Parte II della Cost.
Una situazione d’incertezza ha creato conflitti d’attribuzione tra stato e regioni, con un aumento delle
sentenze e dell’attività interpretativa della Corte Costituzionale. Già dal Regno d’Italia, si aprì il dibattito di
suddividere o meno l’appena nato Stato unitario (articolato in Comuni e Province aventi entrambi
competenze solo amministrative) in più regioni dotate di autonomia e di funzioni anche normative.
La questione regionali non trovò esiti positivi. A ciò, andava ad aggiungersi la previsione del notevole
aggravio di spesa pubblica derivante dalla creazione di ulteriori enti territoriali. La preferenza per forme di
mero decentramento amministrativo trovò radici nelle “leggi di unificazioni amministrativa del Regno” del
1865, con le quali si soffocò ogni pretesa autonomistica plasmando l’ordinamento italiano sull’esempio del
modello napoleonico. L’assetto centralista enfatizzato con l’avvento del fascismo, che determinò la
compressione di ogni forma di autonomia giunge all’eliminazione del sistema elettivo di Province e Comuni.
Inoltre il fascismo aveva messo in luce l’opportunità di garantire che il potere fosse diviso tra diversi apparati
dello stato centrale e che quest’ultimo fosse articolato in più centri di potere locale in modo da attuare una
forma di separazione dal potere esecutivo e legislativo. Lo Stato monarchico fu accusato di aver favorito il
regime dittatoriale il quale avrebbe potuto facilmente espandersi in tutta Italia. Una volta concluso il
fascismo i costituenti decisero di votare per uno Stato regionale.
In particolare:

 Dal punto di vista dell’efficienza amministrativa si preferiva una creazione di amministrazioni più
idonee ad assumere decisioni sulle questioni locali
 Dal punto di vista politico i Costituenti furono concordi nel ritenere che l’istituzione delle regioni
avrebbe favorito la coesione sociale e l’emergere d’istanze separatistiche (piena realizzazione del
pluralismo politico/istituzionale, riducendo la distanza tra governanti e governati)

 La scelta per il regionalismo f determinata da circostanze contingenti.


I Costituenti si ritrovarono innanzi alle Regioni Valle d’Aosta (dotata di ampia autonomia ordinaria)
e Sicilia (caratterizzato per il potere anche normativo e avendo così autonomia speciale).
La presenza di queste 2 Regioni condizionava il dibattito dell’Assemblea cost., ancora prima di essere svolto
(quest’ultimo era in favore per una forma di Stato Regionale).
Art.116 Cost. dispone l’attribuzione a determinate Regioni di “forme e condizioni particolari di autonomia
secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali”.
Le forme politiche trovarono cosi un accordo sulla “questione regionale” basandosi sui modelli di Stato
napoleonico e federalistica, dove però prevalse la forma INTERMEDIARIA dello Stato regionale.

Secondo il disegno della Carta Costituzionale del 1948, l’organizzazione territoriale della Repubblica aveva
le seguenti caratteristiche:

 Centrale era l’art. 5 Cost. che divenne elemento portante delle successive riforme. Accanto
all’affermazione dell’unità e indivisibilità della Repubblica vi è il riconoscimento e la promozione
dei principi d autonomia e decentramento, ai quali dev ’essere improntata l’organizzazione
amministrativa e la legislazione dello Stato.
Inoltre importante è la differenza tra “riconosce e promuove” e “autonomia e decentramento”.
Riconosce = significato comune di “ammette”, art.114 “la Repubblica si riparte in Province, Comuni
e Regioni” dove il verbo riparte indica che gli enti territoriali sono enti derivati che compongono
l’originario ordinamento repubblicano.
Enti Autonomi in positivo: riconoscono un innalzamento della natura e del ruolo delle varie
articolazioni territoriali dello Stato, le quali divengono sogg. Pubblici e
rappresentativi delle autorità locali;
Enti Autonomi in negativo: ribadiscono la differenza tra Stato (che è sovrano) e gli altri enti (che
non sono sovrani ma soltanto autonomi.
Autonomia = potestà di autodeterminazione di una collettività relativamente all’esercizio di
pubbliche funzioni e qualifica la nostra forma di Stato come regionale;
Decentramento = principio organizzativo che postula la distribuzione territoriale dei centri
decisionali e degli uffici pubblici destinati a servire determinate collettività di utenti.

 Due tipologie di Regioni: le Regioni speciali, dotate di particolari forme di autonomia e provviste di
statuti approvati con apposite leggi costituzionali e le Regioni ordinarie, le cui condizioni di
autonomia vennero definite in maniera uniforme e dettagliata direttamente in Cost.
 La convivenza di più amministrazioni pubbliche rese indispensabile stabilire dei criteri per la
divisione delle funzioni pubbliche tra le varie amministrazioni (“criteri di ripartizione delle
competenze”).
Potestà legislativa = le regioni potevano emanare fonti primarie
La legislazione venne suddivisa in tre tipologie:

 Legislazione esecutiva: precludeva qualsiasi intervento del Legislatore nazionale e spettava


soltanto alle Regioni speciali e nelle specifiche materie stabilite nei rispettivi statuti
 Legislazione concorrente: apparteneva sia alle Regioni speciali sia alle Regioni ordinarie, la
legge era assoggettata al rispetto dei principi dello Stato con proprie “leggi cornici”
 Legislazione integrativa-attuativa: attribuita alle regioni speciali e a quelle ordinarie dallìart.117,
era consentito adottare alle esigenze locali le leggi nazionali sempre nei limiti di quest’ultimo.
La legge regionale era poi subordinata ad una serie di vincoli come nel caso del “interesse nazionale” o dei
“principi fondamentali dell’ordinamento”
Potestà amministrativa = art.118 sanciva il principio del parallelismo delle funzioni, ovvero le Regioni
avevano funzioni amministrative soltanto nelle materie che le competono, salvo il potere dello Stato di
estendere tali attribuzioni ad enti locali minori o attraverso i propri uffici.
 Per i rapporti tra Stato e Regioni erano previsti strumenti di controllo statale sia sugli atti sia sugli
organi delle Regioni, fu istituito un organo apposito (Commissario del governo) con ampi poteri di
coordinamento
 Province Comuni non godevano di una tutela di ramo costituzionale ma era la legge “della
Repubblica” (cioè dello Stato) a doverne determinare la disciplina. Il Legislatore nazionale poteva
provvedere soltanto attraverso l’emanazione delle leggi generali cioè una regolamentazione
uniforme dei vari enti locali.
11.2. Dalla lenta attuazione del regionalismo alle riforme costituzionali
I principi avrebbero dovuto trovare attuazioni in tempi assai rapidi: un anno dall’entrata in vigore della Cost.
per l’elezione dei consigli regionali e tre per l’adeguamento della legislazione statale alle esigenze delle
autonomie.
Alle regioni speciali fu la stessa Assemblea costituente ad approvarne gli statuti (ad ecc. Friuli Venezia
Giulia, si attendeva la definizione del confine orientale).
L’ottimismo del legislatore costituzionale nel 1948 venne disatteso dal ritardo del legislatore ordinario
vent’anni dopo l’entrata in vigore della Cost.
Regioni speciali = la loro autonomia venne ridimensionata dall’azione dello Stato centrale. Le stesse
disposizioni di attuazione dei relativi statuti non furono idonee a garantire integrale applicazione dei
medesimi i quali operarono in maniera incompleta.
Regioni ordinarie = attivate solo nel 1970 in seguito alle prime elezioni dei Consigli regionali (in questi 22
anni venne emanata soltanto una legge, febbraio 1963 n. 162, dedicata alla regolamentazione dei tratti
essenziali dell’organizzazione regionali e dai rapporti tra legge regionale statale). Un mutamento si ebbe con
la legislazione in seguito alle elezioni Regionali del 1970 con la legge n.281 del 16 maggio 1970 si
abrogarono le norme che imponevano l’esistenza di leggi cornici per l’emanazione di leggi regionali; l’anno
seguente ci fu l’approvazione degli statuti delle Regioni ordinarie mentre con i successivi 11 decreti
legislativi si ebbe il trasferimento delle funzioni dallo Stato alle Regioni. Col D.Lgs luglio 1977 n.616 si
dispose un ampliamento dei settori di competenza regionale sottraendo una vasta serie di funzioni
amministrative direttamente esercitate dalle Regioni in favore degli enti territoriali minori. Dopo il ritorno al
centralismo si ebbe la realizzazione di una compiuta articolazione della repubblica con l’approvazione del
nuovo testo unico degli enti locali e nelle tre riforme costituzionali.
Con il D.Lgs marzo del 1998 n.112, si realizzò una vasta opera di funzioni statali a province regioni e
comuni. Il principio fu quello di enumerare le competenze statali, per attribuire agli enti locali la generalità
delle funzioni amministrative. Successivamente si ebbe l’emanazione di tre leggi costituzionali riferibili al
Titolo V della Parte II Cost. dedicato ai rapporti tra stato, regioni ed enti locali:

 Legge novembre 1999 n.1 modificò la forma di governo delle Regioni ordinarie introducendo
l’elezione diretta del Presidente della Regione
 Legge gennaio 2001 n.2 estese alle Regioni speciali quanto previsto per le regioni ordinarie dalla
legge sopra riportata
 Legge ottobre 2001 n.3 apportò modifiche al resto del Titolo V della Cost., modificando i rapporti
tra Stato e sistema delle autonomie territoriali (in favore delle regioni e per gli enti locali)
I tratti fondamentali del nuovo assetto sono:

 Nuova formulazione del comma 1 del art-118 “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle
Province, dalle Regioni e dallo Stato” inoltre c’è la differenza tra stato ed enti territoriali in cui il
primo è sovrano mentre i secondi sono enti autonomi. Per cui il nuovo assetto del Titolo IV non
è federale.
 Rimane la distinzione tra Regioni ordinarie (disciplinate secondo un modello unitario) e speciali
dotate di particolari condizioni di autonomia in virtù di statuti approvati dalla legge Cost.
(art.116, commi1/2). Tuttavia secondo l’art.116 comma 3 possono esserci ulteriori condizioni di
autonomia avendo così forme di autonomia differenziata
 Potestà legislativa (nuovo art. 117 della Cost. ha ribaltato il criterio precedentemente adottato
realizzando l’inversione delle competenze legislative individuando materie di competenza
legislativa esclusiva statale e concorrente statale e regionale nelle quali il legislatore dispone
della normazione di dettaglio ovvero ha potestà legislativa salvo che per la determinazione dei
principi fondamentali riservato allo stato. Al potere regolamentare spetta materie di legislazione
esclusiva statale; alle Regioni materie di competenza concorrente; agli enti locali (Comuni
Province Città metropolitane) l’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni loro assegnate.
Infine alle funzioni amministrative hanno come soggetto competente il comune salvo che operi
ad un livello territoriale più ampio.
 Ai rapporti tra Stato e Regioni viene eliminato il controllo preventivo del Governo sulle leggi
delle Regioni inizialmente previsto dall’art.127 della Costituzione. Entrambi possono ricorrere
per vizi di illegittimità costituzionale dopo 60 giorni dalla pubblicazione dei rispettivi atti
legislativi alla Corte Costituzionale
 L’autonomia degli enti territoriali viene tutelata sotto il profilo finanziario. L’art.119 sancisce
che la legge statale deve garantire sia agli enti che alle Regioni “autonomia finanziaria di entrata
e di spesa.”
11.3 Le autonomie territoriali nella Cost.: Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni
Il potere politico è distribuito anche a livello territoriale. L’art.114 menziona oltre allo stato Comuni,
Province, Regioni e Città metropolitane.
Comune = ente territoriale di base ossia ente politico più vicino ai cittadini che rappresenta la propria
comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo (art.3 del “Testo unico degli enti locali” = TUEL).
Nel nostro Paese i comuni sono oltre 8000 e hanno dimensioni di popolazione e territoriali variabili.
Città metropolitane = Nonostante la loro menzione sia nel TUEL sia nella costituzione esse non sono ancora
state costituite. L’art.114 Cost. sembra imporre alla legge statale che esse possano essere realizzate e non
abrogate una volta che sono state poste in essere.
Provincia = ente territoriale intermedio tra Comune e Regione ed è costituita dall’insieme di più Comuni.
Rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e coordina lo sviluppo (art. 3 TUEL).
Esse sono circa 100 ad ecc. della Valle d’Aosta, dove esiste soltanto la Regione.
Regioni = enti territoriali che comprendono più Provincie. La Cost., all’art.131 fissa sia il n. sia il nome delle
stesse, originariamente 19 (Piemonte, Lombardia…). Non viene precisato invece il Capoluogo
(determinazione del quale è rimessa alla potestà statutaria regionale).
Essi apparati sono strumentali allo svolgimento delle funzioni dell’ente alla produzione e applicazione del
diritto entro i rispettivi confini territoriali (comma 2 art. 114 Cost.).
Sono enti, ossia persone giuridiche di diritto pubblico:

 Politici, titolari di una sfera di autonomi a politica, non sono vincolati all’indirizzo politico generale,
potendo determinare il proprio indirizzo politico negli ambiti di loro competenza;
 Rappresentativi, espressione delle rispettive collettività territoriali
 Territoriali, individuate sulla base del territorio
 Necessarie, tutti i cittadini appartengono ad Comune, ad una Provincia ed a una Regione.
Territorio = elemento essenziale, circoscrive le comunità rappresentate ed amministrate dagli enti
determinando la spera spaziale in cui vengono esercitate le funzioni amministrative e normative di questi
ultimi. Inoltre concorre a definire la dimensione dell’autonomia, ovvero fusione o creazione o distacco-
aggregazione.
Fusione = quando 2 o più Regioni esistenti ne formano una nuova.
Creazione = si da origine ad una nuova Regione a distacco di un’altra.
Si può disporre con Regioni esistenti o crearne di nuove purchè con un minimo di 1 milione di abitanti,
previa richiesta di tanti Consigli comunali che rappresentino almeno 1/3 delle popolazioni interessate, con
approvazione della proposta da parte della maggioranza tramite Referendum.
Distacco-aggregazione = distacco da una Regione e nell’aggregazione ad un’altra di Comuni e Provincia
fino a realizzarsi una modificazione e del territorio regionale lasciando invariato il n. Complessivo delle
Regioni (comma 2 art. 132 Cost.). Tale effetto può realizzarsi in seguito alla richiesta dei Comuni e delle
Province, sentiti i Consigli regionali, e con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni espresse
tramite Referendum.
Art. 133 Cost.: prende in esame l’istituzione e il mutamento delle circoscrizioni territoriali di Provincie
(comma 1) e Comuni (comma 2).
Per le Provincie interviene la legge ordinaria statale, su iniziativa dei Comuni e sentita la Regione, mentre
per i Comune interviene la legge regionale, previa consultazioni delle popolazioni interessate.
11.4. Gli organi e la forma di governo regionale
Forme di governo = esprimono le relazioni tra gli organi titolari dell’attività di indirizzo politico.
Legge Cost. novembre 1999, n.1, indica che la determinazione dei caratteri dell’organizzazione politica della
Regione dev’essere rimessa all’autodeterminazione di quest’ultima, costituendo parte integrante della sua
autonomia.
La Cost. riserva alla legge regionale la disciplina del sistema di nomina degli organi della Regione, nel
rispetto dei principi fondamentali stabiliti con la legge della Repubblica (art.122); agli Statuti regionali la
determinazione, in armonia con la Cost., della forma di Governo e dei principi fondamentali di
organizzazione e funzionamento (art.123). La riserva alle fonti regionali non avviene in maniera
incondizionata e totale. Infatti gli art. 121 e ss. Della Cost. configurano un preciso modello di forma di
governo cui le Regioni ordinarie devono transitoriamente (ossia fino all’entrata in vigore dei nuovi statuti)
conformandosi. Inoltre avendo una forma di governo diversa, le Regioni sono comunque obbligate ad
attenersi al rispetto di alcuni principi fondamentali.
Come organi della Regione non possono mancare (art.121 Cost.) il Consiglio, la Giunta e il Presidente della
Giunta.
La Cost. si limita a sancire che:

 il Consiglio è titolare della potestà legislativa regionale e può fare proposte di legge alle Camere;
 la Giunta è l’organo esecutivo della Regione e spetta ad esse la direzione di tutto l’apparato
amministrativo regionale;
 il Presidente è l’organo posto al vertice dell’ Esecutivo e dirige la politica della Giunta.
L’art. 122 sancisce inoltre che spetta:

 Alla legge regionale: il sistema di elezione del Presidente dei Componenti della giunta e del
Consiglio; i casi di ineleggibilità e di incompatibilità di tali soggetti;
 Alla legge statale determinare i principi fondamentali in materia di elezione, di incompatibilità ed
ineleggibilità degli organi in esame e la loro durata in carica;
 Agli statuti regionali prevede che il presidente della Giunta possa essere eletto in modo diverso dal
suffragio universale diretto.
E’ la stessa costituzione a stabilire direttamente i componenti della giunta e che essi debbano essere nominati
e revocati dal presidente; ove lo statuto abbia optato per un diverso sistema di nomina del presidente, dovrà
essere la regione a decidere in merito ai casi di ineleggibilità ed incompatibilità.
Art.122 comma 4 Cost.: la previsione per i parlamentari dell’immunità dei consiglieri regionali per le
opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni
La costituzione spinge a regolare i rapporti tra organi necessari delle regioni e le funzioni, delineando un
modello transitorio di forma di governo regionale. Il modello dalla revisione costituzionale del 1999 ha come
tratto principale l’elezione a suffragio universale diretto dal presidente della giunta il quale ha anche poteri di
nomina e di revoca di componenti della stessa. La centralità del presidente è confermata dal dato che, qualora
il consiglio approvi una mozione di sfiducia nei confronti di quest’ultimo o di dimissioni volontarie,
rimozione, morte o impedimento, occorrerà procedere a nuove elezioni sia del presidente sia del consiglio
(art.126 comma3). Queste elezioni vi sono anche nel caso in cui vi siano dimissioni della maggioranza del
consiglio.
Sempre nell’art.126 si spiega che la sfiducia deve essere votata sulla base di una motivazione motivata e
sottoscritta da almeno 1/5 dei suoi componenti e messa in discussione non prima di 3 giorni dalla sua
presentazione e approvata da maggioranza assoluta.
Si vede così il legame tra l’Esecutivo e il corpo elettorale e il rafforzamento della stabilità dell’esecutivo.
Gli statuti vedono riconosciuta la possibilità di derogare all’elezione diretta del presidente della Giunta
art.122 comma 5; qualora si ha un elezione a suffragio universale diretta deve essere mantenuto anche il
principio espresso nell’art 126 comma 3.
Gli organi della regione hanno un potere normativo secondario.
In conclusione la forma di governo regionale delineata in costituzione è un modello ibrido quindi non
collocabile tra le forme di governo tradizionali.
11.5 Le Regioni a statuto speciale
Il nostro ordinamento regionale si caratterizza di 5 regioni e 2 province dotate di forme e condizioni
particolari di autonomia secondo i rispettivi statuti adottati con la legge costituzionale (art.116 comma 1
Cost.). Questo richiamo si riferisce alle regioni del Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Valle d’Aosta, Sicilia,
Trentino Alto Adige e le province di Trento e Bolzano le quali fanno parte di quest’ultima.
Le Regioni a statuto speciale sono denominate così per motivi di carattere formale e sostanziale.
Gli statuti devono essere approvati secondo lo speciale provvedimento previsto dall’art.138, se tale
previsione riconosce una maggiore autonomia si parla di statuti eteronomi cioè deliberati dal parlamento.
Meccanismo: legge costituzionale gennaio 2001 n.2, consente alle regioni speciali di provvedere con la
propria fonte autonoma a determinare la loro forma di governo, il sistema elettorale di rapporto tra gli organi
della regione, l’iniziativa legislativa popolare e il referendum regionale. Il procedimento d’approvazione
delle leggi può essere:

 Maggioranza assoluta dei componenti del consiglio regionale


 Referendum confermativo su richiesta o del corpo elettorale o dei componenti dell’assemblea
 Possibilità di impugnazione da parte del governo, entro 30 giorni, davanti alla corte costituzionale
per motivi di illegittimità costituzionale
Si usa la speciale procedura di revisione delle leggi costituzionali negli statuti per recuperare spazio
all’autonomia statuaria delle regioni speciali, si richiede l’intervento dell’organo legislativo della regione
attraverso un parere necessario.
L’approvazione mediante legge costituzionale è quella di consentire gli atti normativi in oggetto di operare
deroghe alle disposizioni costituzionali che disciplinano le regioni di diritto comune.
Con l’art.10 legge ottobre 2001 n.3 si sancisce che le norme costituzionali si applicano anche alle Regioni
speciali.
11.6 I rapporti delle Regioni con lo Stato ed altri enti
Il momento centrale della disciplina costituzionale dei rapporti tra Stato e Regioni è rappresentato dalla
delimitazione delle rispettive competenze secondo la logica della separazione (autonomia). Sono previste
anche numerose forme di collaborazione tra i vari enti e a tali forme è possibile distinguere tra:

 Attività di rilievo internazionale: sin dalla loro istituzione le regioni hanno dato vita ad una serie
di rapporti sia con enti simili stranieri sia con altri stati che talvolta si sono conclusi nel
perfezionamento di accordi di intesa nelle materie rientranti nelle competenze regionali. Si è così
avuto un rilievo internazionale, ossia di attività preordinate alla migliore cura degli interessi
regionali senza che ne derivi, l’assunzione di obblighi da parte dello stato. Il riconoscimento del
potere estero dalle regioni è avvenuto in seguito alla modifica del Titolo V della Cost. con il
nuovo articolo 117 comma 9 che sancisce che la regione può concludere accordi e intese con enti
territoriali interni ad altro stato purché dento i limiti e nelle forme disciplinate da leggi dello
stato.
 Rapporti con l’Unione Europea: il ruolo delle regioni ha trovato riconoscimento nella normativa
nazionale e in un secondo tempo a livello costituzionale dove si sancisce che le Regioni e le
province autonome (Trento e Bolzano) nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari (art.117 comma5). Le funzioni si
distinguono in fase ascendente (propriamente formativa) e discendente (esecuzione ed
attuazione).
 Rapporti con lo Stato: ai rapporti tra Stato e Regioni è prevista una serie di strumenti di
coordinamento e controllo reciproci al fine di garantire efficiente funzionamento del
complessivo apparato pubblico (esempio art.75 comma , art.121 comma 2…). Nell’’art.116
comma 3 Cost. si prevede che possano essere attribuite alle regioni ordinarie forme e condizioni
particolari di autonomia in virtù di una legge statale approvata con la maggioranza assoluta delle
Camere e sulla base di un’intesa tra lo Stato e la Regione interessata. L’art.11 della legge Cost.
del 2001 prevede che alla Commissione parlamentare per le questioni regionali possano esserci i
rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali. L’art.118 comma 4
Cost. attribuisce alla legge statale il compito di disciplinare forme di coordinamento o di intesa e
l’art.120 comma 2 subordina l’esercizio del potere sostitutivo del governo a rispetto del principio
di leale collaborazione.
 Rapporti con le altre regioni: nell’art.117 comma 8 Cost. le regioni possono stipulare intese con
le altre regioni per un migliore esercizio delle proprie funzioni e tali accordi devono essere
ratificati con legge regionale.
 Rapporti con enti locali: la collaborazione e il coordinamento tra regioni e comuni è stata
prevista dall’articolo 123. Cost. dove ogni statuto regionale debba prevedere e disciplinare il
consiglio delle autonomie locali con obiettivo di garantire una sede permanente nella quale
vengano definite le linee d’indirizzo della regione in merito ai rapporti con quest’ultima. Il
consiglio è così reso obbligatorio.
11.7 I controlli dello Stato sulle Regioni
Nell’ambito dei rapporti tra Stato ed autonomie territoriali la Costituzione prevede un articolato sistema di
controlli sullo stato delle regioni. Sugli atti amministrativi della Regione rimane soltanto il controllo
giurisdizionale affidato ai tribunali amministrativi regionali, nonché quello contabile della corte dei conti,
alla quale competono anche forme di vigilanza sulla gestione amministrativa regionale (art.125 comma 2) e
il sindacato sulla legittimità costituzionale delle leggi regionali e ora successivo sia per lo stato che per le
regioni. I controlli sugli organi della Regione vengono esercitati
Attraverso gli istituti di scioglimento, della rimozione e del potere sostitutivo.
(Scioglimento e rimozione si distinguono sia per i sogg. Nei confronti dei quali tali forme di governo
vengono esercitate, sia per le funzioni assolte.)
L’art.126 Cost. prevede lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta,
sancendo che entrambi i provvedimenti debbano essere adottati con decreto motivato dal Presidente della
Repubblica, il quale rappresenta l’atto finale e contempla il parere necessario della Commissione
parlamentare per le questioni regionali. Le ragioni sono individuate:

 Nella sicurezza nazionale


 nel compimento di atti contrari alla Costituzione
 gravi violazioni di legge.
Elenca anche le ipotesi di scioglimento automatico del consiglio regionale:

 dimissioni della maggioranza del Consiglio;


 approvazione di mozioni di sfiducia da parte del Consiglio nei confronti del Pres. Della Giunta
(eletto a suffragio universale e diretto);
 rimozione, inadempimento, morte o dimissioni volontarie del Pres. Della Giunta.
Potere sostitutivo si trova nell’art.117 comma 5 e 120 comma 2 Cost. . nel 117 si spiega che le regioni e le
province autonome possono disciplinare le modalità di esercizio del potere sostitutivo in cado di
inadempienza. L’art.120 attribuisce al Governo un generale potere sostitutivo nei confronti degli organi delle
regioni. La riserva rinforzata di legge indirizza la disciplina nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di reale
collaborazione.
11.8 Comuni, Province e altri enti locali non previsti in costituzione
I principi costituzionali relativi agli enti locali “minori” possono essere:

 art.114 comma 2, affianca alle regioni i comuni, le province e le città metropolitane, qualificandoli
come enti autonomi con proprio statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla costituzione.
Viene così garantita la loro esistenza e la loro potestà statutaria.
 Art.117 comma 6, prevede la potestà regolamentare di Comuni, Province e città metropolitane in
ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Il potere
trova riconoscimento costituzionale. Inoltre riserva alla potestà legislativa esclusiva statale il
compito di provvedere il sistema elettorale di organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni,
Province e Città metropolitane
 Art.118 indica come criterio generale quello di attribuire le funzioni amministrative ai comuni
(principio di sussidiarietà verticale)
 Art.119 pone il principio di autonomia finanziaria di entrata e di spesa per tutti gli enti territoriali
Al di fuori di queste materie torna ad esserci la competenza residuale della regione la quale può provvedere a
definire le competenze “non fondamentali” di quest’ultimo.
Il TUEL pone i principi e le disposizioni fondamentali degli enti locali basandosi sulla legge Cost. n.3 del
2001.
Comuni e Province vengono considerati enti generali aldilà delle competenze necessarie le loro funzioni
incontrarono soltanto limiti negativi cioè possono perseguire quanti scopi ritengono opportuni nell’interesse
della comunità da loro governata. Nei Comuni di dimensioni minori (con una popolazione <15000 abitanti)
si ha un sistema maggioritario ad un solo turno, ovvero il sindaco vincente ottiene la maggioranza dei 2/3 dei
seggi, mentre il restante viene distribuito in maniera proporzionale; nei comuni superiori (con una
popolazione >15000 abitanti) si ha un sistema maggioritario a due turni dove il sindaco e il consiglio
potrebbero essere espressioni di due maggioranze diverse con il rischio di difficoltà di funzionamento del
sistema e infine il voto del sindaco può esser separato da quello della lista collegata.
Alla forma di governo vi sono organi di governo come Sindaco, la Giunta e il Consiglio.
Sindaco = soggetto che ha la responsabilità di tutto l’apparato amministrativo, rappresenta l’ente, nomina e
revoca gli assessori e anche i membri della giunta, adotta i provvedimenti di emergenza, può far cadere il
consiglio attraverso le sue dimissioni…
Consiglio = organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo con competenza limitata all’adozione
degli atti fondamentali previsti dall’art.12 dello stesso testo unico. Il suo scioglimento anticipato si verifica
per dimissioni o approvazione di mozione di sfiducia, morte, inadempimento o rimozione del sindaco.
Giunta = organo a competenza generale, collabora col sindaco nel governo del comune svolgendo tutti gli
atti di amministrazione che non siano riservati al sindaco o al consiglio.
Segretario comunale = figura tradizionale del nostro ordinamento che è posto alle dipendenze di una
specifica agenzia autonoma, viene nominato dal sindaco e ha il compito di garantire che tutti gli atti siano
conformi allo statuto, alla legge e ai regolamenti.
Comuni e Province per lo svolgimento delle loro funzioni possono avvalersi di strutture differenziate come:
aziende municipalizzate, istituzioni, concessionari, convenzioni (accordi o contratti che definiscono i
reciproci obblighi e rapporti finanziari) e consorzi (organismi dotati di personalità giuridica collegati all’ente
locale in base all’atto costitutivo).
I Comuni possono dar vita a: unione di comuni (enti locali costituiti da due o più comuni allo scopo di
esercitare una pluralità di funzioni di loro competenza) e comunità montane (particolare tipologia d’unione,
con lo scopo di valorizzare le zone montane per l’esercizio di funzioni proprie conferite o comunali).
11.9 I controlli sugli enti locali
Art.118 Cost. dispone che per assicurare l’esercizio unitario, le funzioni possono essere conferite ad un
livello territoriale più ampio. Anche per gli enti locali c’è la distinzione tra rimozione e scioglimento.
La rimozione degli amministratori avviene (con decreto del presidente della repubblica, su proposta del
ministero dell’interno) in seguito al compimento di atti contrari alla costituzione o per gravi violazioni di
legge o gravi motivi di ordine pubblico (art.142) in attesa del decreto si può sospendere gli amministratori.
Lo scioglimento dei consigli degli enti locali (“””””””””””, previa deliberazione del consiglio dei ministri)
può avere diversi motivi:

 Atti contrari alla costituzione, violazione di legge o gravi motivi di ordine pubblico
 Non normale funzionamento del consiglio determinato da cause politiche
 Mancata approvazione del bilancio
 Fenomeni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso
Viene nominato inoltre un commissario governativo che si sostituisce agli organi dell’ente per massimo 90
giorni.
11.10 Autonomia finanziaria
Esso rappresenta un momento cruciale della stessa autonomia normativa ed amministrativa (quest’ultime in
assenza di risorse rischiano di risolversi in enunciazioni).
Art.119 Cost. si apre con l’enunciazione che “i Comuni, le Province, le città metropolitane, le regioni hanno
autonomia finanziaria di entrata e di spesa”. Viene estesa a tutti gli enti locali l’attitudine ad avere risorse
proprie in virtù di poteri sia di imposizione tributaria sia di determinazione della modalità di spesa.
Il principio di autonomia finanziaria di entrata e di spesa è formato dalle fondamentali esigenze dell’armonia
con la costituzione e del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, attraverso le quali si
vuole garantire l’equilibrio finanziario all’interno dell’intero territorio nazionale.
Federalismo fiscale = modello di finanza pubblica che riconosce tutti gli enti territoriali sul piano
finanziario. Congiunto operare si distingue in tre risorse degli enti territoriali:

 Autonome, derivanti da tributi ed entrate proprie e da compartecipazioni riferibili al proprio territorio


 Fondo perequativo, può essere istituito dalla legge dello stato in favore dei territori con minore
capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dal fondo devono essere attribuite senza che
possano essere vincolate a determinati settori di impiego decisi dal legislatore nazionale o
dall’amministrazione centrale
 Risultanti dallo stanziamento di risorse aggiuntive da interventi speciali dello stato per specifiche
finalità (es. promuovere lo sviluppo, solidarietà sociale…)
L’art. 119 comma 4 sancisce il criterio del parallelismo funzioni/risorse precisando che le entrate con
esclusione dei fondi aggiuntivi o speciali debbano essere tali da consentire agli enti territoriali di finanziare
integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
I Comuni, Le Province, le Città metropolitane, Le Regioni hanno un loro patrimonio secondo le leggi dello
stato e possono indebitarsi soltanto per finanziare spese di investimento. In merito ai prestiti è esclusa ogni
garanzia dallo stato (art.119 comma 6). Dall’art.23 Cost. a Comuni, Province, Città metropolitane non è
previsto introdurre nuovi tributi. Alla potestà statale spetterà la fissazione dei principi fondamentali che
rappresentano la cornice entro la quale le regioni e gli enti locali potranno esercitare la propria autonomia
tributaria. L’art.119 Cost. provvede a un riordino complessivo del sistema finanziario pubblico.

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