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BEETHOVEN

Elissa Ciolli
VALM

Ludvig van Beethoven nasce a Bonn, in Germania, il 16 Dicembre del 1770. E'
considerato uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, etichettato come genio
della musica, nonostante la malattia che lo portò alla sordità.
Questo artista è ritenuto fondamentale per l'influenza che ha avuto sul linguaggio
musicale.
Per analizzare meglio la sua personalità artistica occorre prestare attenzione ad alcuni
avvenimenti della sua vita che hanno forgiato il suo carattere forte, un po' rozzo,
energico e sensibile.
La famiglia in cui Beethoven è cresciuto è sempre stata una famiglia predisposta alla
musica. Suo padre, Johann van Beethoven, era musicista e tenore alla corte del
principe arcivescovo Clemente Augusto di Baviera. Quest'ultimo era un uomo
brutale, schiavo dell'alcool, ed educò i suoi figli con grande durezza. Non passò
molto tempo prima che Johann van Beethoven capisse il dono musicale del figlio e
tentasse di coltivarne le doti per trarne il maggior profitto possibile, soprattutto
economico.
Vittima delle burrascose violenze psicologiche e spesso fisiche da parte del padre,
entra nel mondo della musica in giovanissima età per sviluppare il suo talento.
Quando la madre muore, Beethoven ha appena 17 anni, e si assume il compito di
tutelare la famiglia, in particolare i fratelli Kaspar e Nikolaus.
Oltre la musica, imparò soltanto a leggere, a scrivere, a contare e un pò di latino
frequentando una scuola pubblica.
Del carattere di Beethoven abbiamo molte prove scritte da parte di chi l'ha conosciuto
personalmente e lo descrive come un uomo chiuso, eccentrico, rude.

“Lei non può immaginare, caro Wegeler, quale indescrivibile, e vorrei dire orribile
impronta ha lasciato su Beethoven il venire meno dell’udito. Lei conosce il suo
carattere collerico, e dunque può ben figurarsi a cosa l’abbia condotto la sensazione
di sentirsi colpito dalla sventura: chiusura, diffidenza, spesso anche verso i suoi
migliori amici, irresolutezza in molte cose! Tranne alcune eccezioni, quando cioè si
manifesta in maniera autentica la sua originale sensibilità, i rapporti con lui sono
realmente faticosi.”[Da una lettera, del 29 giugno 1800, da Vienna, di Stephan von
Breuning a Wegeler.]

In particolare il libro “Perché Beethoven lanciò lo stufato e molte altre storie sulla
vita dei grandi compositori” di Steven Isserlis , racconta aneddoti riguardanti l'artista.
Si scopre, per esempio, come era la sua casa, la sua incerta data di nascita, come
dovette educare i fratelli minori, il rapporto con le cognate e con i suoi allievi, il
rapporto con i suoi “rivali” concertisti, come dirigeva un orchestra, perché ebbe
difficoltà a comporre per circa due anni, e come morì.
Vengono raccontate anche esperienze dirette che ci fanno capire anche gli aspetti più
piccoli del personaggio di Beethoven, come ad esempio il suo essere particolarmente
disordinato, come scrive la signora che gli affittava una stanza.

Per quanto riguarda invece lo stile compositivo di Beethoven non avrebbe senso
parlare di un'unico stile che lo caratterizzi in tutta la sua carriera artistica, questo
perché egli muta il proprio stile in base agli avvenimenti della sua vita, lasciando che
i propri stati d'animo influenzino la sua musica.
Sono stati individuati tre grandi stili in cui l'artista opera, suddivisi in tre periodi
diversi della sua vita.
Il primo periodo va dal 1782 al 1802, e vi appartengono le prime due sinfonie che
compone. In questo periodo c'è la tendenza a riutilizzare le tecniche compositive dei
suoi predecessori, aggiungendo dei tocchi personali caratterizzati da movimenti lenti.
Già dal primo periodo dimostra di prediligere atmosfere drammatiche ed una forte
intensità emotiva.
E' in questo primo periodo che scrive la famosa sonata “Al chiaro di luna”, dedicata
probabilmente ad una sua allieva da cui era particolarmente preso, ma che sposò
un'altro uomo.
Il secondo periodo, invece, si sviluppa attorno al 1803-1815 e comprende sei
sinfonie (dalla terza all'ottava). In questo periodo l'artista sviluppa uno stile più
personale e finalizzato al proprio “io”. Dimostra di avere una spiccata maestria
nell'utilizzo dei temi, che risultano semplici e magnifici, per cogliere in modo molto
più efficace l'attenzione dell'ascoltatore.
Una caratteristica particolare di questo periodo è l'enfasi e la monumentalità delle
opere, si potrebbe parlare di uno stile eroico, con ampie tensioni drammatiche e
dilatazione dei profili ritmici.
E' nel terzo periodo, forse il più caratterizzante, che compone la nona, ed ultima,
sinfonia. Si parla di un arco di tempo che va dal 1816 al 1826, gli ultimi dieci anni di
vita di Beethoven.
L'importanza di questa fase è legata da un lato ad aspetti di natura biografica, che
segnano fortemente il percorso del compositore; dall'altro alla presenza di elementi
musicali che appaiono innovativi rispetto alla sua precedente produzione. Questi non
furono anni semplici, le preoccupazioni familiari, le difficoltà economiche e i
problemi di salute lo hanno indotto a chiudersi sempre più in se stesso, rendendolo
cupo e morbosamente sospettoso persino verso gli amici più stretti.
Dal punto di vista musicale, le composizioni del terzo stile presentano un linguaggio
più astratto e concentrato. In esse si assiste ad una messa in discussione della forma
sonata, modalità che ha caratterizzato in maniera quasi esclusiva le opere precedenti.
Inoltre nei lavori di questo periodo (ed in particolare negli ultimi quartetti) Beethoven
riprende le forme musicali della variazione e della fuga, che egli ricrea in modi del
tutto personali, ottenendone una vasta serie di possibilità espressive che le regole
della forma-sonata non era più in grado di dargli. L'elaborazione dell'unico tema
viene portata all'estremo, colmo di un'intensa drammaticità e una spiccata enfasi.
La parte musicale in cui si arriva all'apice della tensione viene spostata sul finale dei
tempi.
Massimo Mila, un musicologo e critico musicale, descrive così le sue opere del terzo
periodo:

“la straordinaria tensione dei contrasti, la ripartizione dei volumi sonori in nette
zone di ombra e di luce, s’era venuta a poco a poco mitigando. Il mondo interiore del
musicista ascendeva ad una religiosa totalità e lo stile si faceva in corrispondenza
più
unito e piano, evolveva verso una trascendente smaterializzazione: l'astratta sonorità
strumentale che finora era parsa il mezzo d'espressione più appropriato al mondo
fantastico di Beethoven, kantianamente nutrito di rigorosi principi morali, non lo
soddisfa più. Sempre più spesso egli tortura la tastiera del pianoforte o le corde
degli
archi, per piegarli a una specie di recitativo, di declamazione tipicamente vocale.
Nelle ultime tre sonate seguite alla gigantesca op. 106, la dissoluzione definitiva del
tradizionale schema formale si accompagna a una ricerca di sonorità eccezionali,
attraverso la moltiplicazione d'una miriade di note nelle zone estreme della tastiera.
L'elaborazione dell'unico tema viene portata all'estremo, colmo di un'intensa
drammaticità e una spiccata enfasi.
La parte musicale in cui si arriva all'apice della tensione viene spostata sul finale dei
tempi.”

FONTI: wikipedia
skuola.net
bibliotecadellacorte.wordespress
lvbeethoven.it
focusjunior.it
rodoni.ch
classicvoice.com
libro

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