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DANTE – PURGATORIO

Dante attraversa la Natural Burella, incontra il conte Ugolino e Lucifero, e fuoriesce a veder le stelle con
Virgilio. Si ritrova in una foce del ume Tevere, nell’altra parte rispetto a Gerusalemme, è arrivato al centro
della terra e fuoriesce sul Tevere, inizia il percorso verso la montagna del Purgatorio. Egli lo raggiunge sul
vasel leggero dell’angelo nocchiero che li porta sulla spiaggia del purgatorio. La montagna del purgatorio si
trova oltre le colonne d’ercole, in mezzo al mare, è nell’inconoscibile, formata dalla terra fuoriuscita nella
creazione della voragine infernale dopo la caduta di lucifero e degli angeli. È la cantica di mezzo, domina
una transitorietà, elemento di completa catarsi a cui giunge Dante e le anime, la disposizione delle anime al
dialogo/la coralità sono elementi evidenti. Alla sommità della montagna si trova la selva paradisiaca prima
del paradiso. La montagna è speculare rispetto all’inferno, cono rovesciato corrisponde alla montagna. I beati
in paradiso sono nella rosa candida, sorta di an teatro che permette di godere della luce della visione di Dio.
Vi è la spiaggia, poi l’alta ripa, ovvero la zona di salita per le balze dell’antipurgatorio. La porta del
purgatorio e poi le cornici dove si trovano le anime puri canti che sono divise in pene per contrappasso, si
compie un giro circolare per salire.
Purgatorio = balze antipurgatorio +sette cornici. Qui ci sono le 7 cornici dei vizi capitali, alla ne ci sono due
umi, si fanno due bagni e poi si può accedere al paradiso.
1. Selva paradisiaca.
2. Le sette cornici. (Tripartizione al contrario)
• Amore volto al male: I cornice (superbi), II cornice (invidiosi), III cornice (iracondi
• Amore tiepidamente volto al bene: IV cornice (accidiosi
• Amore eccessivo verso i beni terreni: V cornice (avari e prodighi), VI cornice (golosi), VII
(lussuriosi)
3. Antipurgatorio (accoglie le anime non ancora ammesse all’espiazione vera e propria, ha delle
categorie di peccatori)
• Scomunicati
• Morti per pigrizia (coloro che si sono pentiti tardi per pigrizia)
• Morti di morte violenta e che sono stati sempre peccatori
• Principi negligenti
Si sono convertiti tardi in punto di morte, scontano per tot tempo le loro pene
Qui le anime rimangono per tot tempo, ci sono due possibilità
1. 30 volte il tempo in cui restarono in stato di ribellione alla chiesa (scomunicati)
2. Tempo corrispondente alla loro vita terrena.
Il tempo si può accorciare con le preghiere dei vivi nei confronti dei morti, alcuni peccatori chiedono a Dante
di tornare sulla terra e chiedere alle famiglie di pregare per loro

Nel purgatorio le pene sono rovesciate: peccato più grave si trova nella prima cornice poi quelli meno gravi
sono verso la selva.

CARATTERI GENERAL
1. Contrappasso: legge secondo la quale rispetto al vizio corrisponde una pena per analogia o contrast
2. Schema in contro colloquio: è un topos. Dante instaura con le anime un colloquio, infatti è detta
cantica del colloquio/amicizia, collegamento tra purgante e Dante stesso in una forma di relazione
amicale, non c’è arroganza/ri ut
3. Medietas stilistica: sperimentazione linguistica in tutta la divina commedia. Dante sperimenta il
volgare in tutti i modi (la parte più alta si trova nel paradiso sempre più alto verso Dio). Dante fa un
viaggio da peregrinus con la lingua: infatti Dante non è stato un modello nei secoli (lo sarà Petrarca)
lui è uno sperimentatore. Egli è un unicum, aveva un’enorme conoscenza del sapere. Il registro è
basso e gergale all’inferno e progressivamente si passa ad uno stile medio al purgatorio (stile delle
bucoliche) per poi arrivare a quello alto e solenne presso Dio
4. Regno di passaggio e puri cazione lo è altrettanto come l’uso della lingua: puri cazione di Dante
viator e della lingua
5. Exempla: in ogni cornice ci sono gli esempi di peccati puniti e di virtù, esempi di ogni peccato ed
esempi da seguire (ricordo di una perfezione a cui si può arrivare
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6. Tema della coralità/inni/salmi, eco continuo: inferno regno dell’individualità e solitudine delle
anime
Confronto con l’Inferno
• È un regno di transizione
• Non esiste l’eternità
• Progressione dei peccati inversa
• Anime liete e ben disposte verso Dante, mentre all’inferno le anime spesso erano ostili
• Coralità nel purgatorio, mentre all’inferno si parla di solitudine.
• Le tinte erano tenui.
Le anime sono destinate al paradiso come i peccatori dell’inferno erano destinati alla pena eterna. Qui non
esiste eternità, tutto è in itinere, c’è una progressione inversa dei peccati. Le anime sono liete e ben disposte
verso Dante, non sono ostili. Le tinte sono tenui, quasi rassicuranti, non c’è drammaticità, teatralità e
chiaroscuri estremi, non è più la cantica del buio e dell’oscuro

LEGGI VIGENT
• Aspirano alla virtù contraria al vizio commesso
• Chiedono intercessione ai vivi per accorciare la loro pena
• Contrappasso

I ministri divini sono


1. Angelo nocchiero: traghettatore
2. Catone uticense nell’antipurgatorio: guardiano.
3. Custodi delle cornici: sono angeli
4. Matelda nel paradiso terrestre

Le guide di Dante sono


1. Virgilio: termina il compito di duca nel paradiso terrestre
2. Stazio: poeta latino
3. Beatrice

Fiumi
• Letè: cancella i peccati
• Eunoè: fa ricordare le buone azioni compiute

Viaggio inizia nella mattina, non è oscuro e fosco, misterioso.


Ulisse vede la montagna del purgatorio da lontano, si credeva ai tempi di Dante disabitato, era agli antipodi
di Gerusalemme

Canto 1: dante e virgilio sono in spiaggia del purgatorio e apparizione di catone l’uticense. Virgilio prega a
caronte di ammetterli in purgatoio (giunco è il simbolo dell’umiltà)
Canto 2: apparizione dell’angelo nocchiero e vi è l’incontr con i penitenti. Incontro con casella + rimprovero
da parte di catone.
Canto 3: antopurgatorio. Anime scomunicate.

CATONE (I canto)
Si trova anche Catone l’uticense, gura molto particolare, è un suicida che per non cadere nelle vessazioni
dei nemici decide di uccidersi. Vide libertà di Roma calpestata da Cesare e per questo motivo si tolse la vita.
Perché non si trova all’inferno? È pagano e suicida. Catone è esperienza umana e gura di qualcosa:
rappresentazione della scelta rispetto alla libertà, si sottrae alla schiavitù del nemico per essere libero. È
simbolo di libertà, concetto che si era sviluppato nell’ambito del processo di cristianizzazione del medioevo.
Egli è chiamato a custodire la libertà cristiana da ogni cattivo impulso che porta ad un dominio su sé stesso.
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Dante è infatti giunco dal manto dell’umiltà. È una gura adempiuta non allegoria, è diventata realtà
nell’aldilà.

ULISSE
Ulisse è simile a Dante. Ulissa ha superato un limite intellettuale, è andato oltre a quello che era il mondo
che dio aveva concesso. E dante stava per fare lo stesso prché stava seguendo la via del peccato, sente che
stava sviando la vita da bravo cristiano.
Bolgia cattivi consiglieri, traditori. Ulisse ha convinto i suoi compagni di viaggio a sorpassare le colonne
d’ercole, si varca la soglia del mondo conosciuto. Per il pagano Ulisse è una decisione mossa dalla curiositas,
mente laica lontana dalla visione cristiana. Per Dante il varcare la colonna d’Ercole era un peccato
gravissimo: andare contro le auctoritates, oltre il mondo che Dio aveva concesso agli umani per vivere.
Ulisse dice ai compagni di non negarsi l’esperienza di andare oltre le terre conosciute, considerando la loro
origine: loro non devono essere bruti ma devono seguire virtù e conoscenza: versi PROTOUMANESIMO.
Uomini bruti: uomo che agisce per istinto, non ratio e conoscenza, non si mettono in gioco. Parla di
esperienza e conoscenza, esce dal seminato medievale, dice che è nella natura umana, molto umanista.
Rivolta la poppa verso oriente, trasformano le vele in ali per il folle volo (andare oltre il limite). Dopo cinque
mesi di viaggio appare la montagna del purgatorio. Erano felici, ma si origina un turbine dalla nuova terra
che colpisce la prua, li fa girare tre volte, li fa sprofondare. Dante prende fonti latine per Ulisse, non
omeriche (Seneca, Cicerone, Ovidio, Virgilio)

Scrittura per Dante ha 4 sensi, lo dice all’inizio del Convivio


• Letterale: (selva oscura)
• Anagogico: sovra-senso, quello che il senso ultimo, quello che rimanda alle sacre scritture.
• Morale: fa trasparire il tipo di comportamento che dovremmo mettere in pratica una volta nita la
lettura (come uscire dalla selva), ri essione morale
• Allegorico: traslazione, concreto per astratto (peccato).
Volgare per Dante deve essere ripulito da tutti i volgarismi italiani
Per la conoscenza di Dio bisognava appellarsi alla ragione e alla fede, elementi coincidono. Qui si inserisce
Dante scrittore che aveva sperimentato diversi percorsi poetici (plurilinguismo infatti), tutta la commedia è
sperimentazione. Registro basso-medietas-alto/teologico.

RIFLESSIONE CON CASELLA (canto II)

Ci sono due piani sui quali bisogna leggere la divina commedia: innanzi tutto dante compie questo viaggio
sico che è il viaggio del dante viator e il viaggio tra inferno, purgatorio e paradiso (+ puri cazione
spiritualmente). Allo stesso tempo dante scriptor innanza la lingua per arrivare a qualcosa sempre più aulico
e sublime al paradiso. Accanto a questa evoluzione della scrittura della lingua e della scrittura, in alcune parti
si interroga sul ruolo stesso della scrittura e da bravo cristiano si chiede se i mezzi letterari possono
avvicinare a dio o se inducono al peccato. Qui parte la ri essione nel canto 5 con paolo e francesca. Questi
casono nel peccato a causa di questo libro (il lancillotto) e il lancillotto fa parte della tradizione cavalleresca.
Con questo dante giudica i valori cavallereschi e di amor cortese e afferma che secondo lui quella letteratura
non può portare ad un elevazione spirituale, perché non celebra il divino, ma qualcosa di terreno. Infatti il
libro viene descritto galeotto perché è colui che ha avvicinato lancillotto e ginevra nel racconto, ma galeotto
è anche il libro per antonomasia ha permesso che questo accadesse. È un libro che allonta i personaggi dalla
salvezza. Dopo si arriva anche al canto 2 del purgatorio, ovvero il canto di casella. Dante stesso prima della
divina commedia ha avuto un evoluzione per quanto riguarda il ruolo della scrittura: all’inizio della sua
gioventù quando aveva aderito allo stilnovismo aveva seguito e descritto il suo amore per beatrice
(sentimento terrono e determinato dalle azioni di beatrici stessa). Poi lasvolta avviene quando nela vita nuova
beatrice muore: da li dante eleva il prorpio amore e quindi beatrice non deve più corrispondere il suo saluto,
ma basta lodarla. Quindi nasce la rima della loda (è suf ciente lodare per adempire questo ruolo di scrittore).
È un amre ancora materiale. Era comunque più in alto dell’amore precedente. Poi arriva al convivio, qui c’è
un ulteriore passaggio: beatrice non è più amore, ma è loso a. L’amore di cui Dante parla è l’amore per la
sapienza e quindi non è più llegato al senso letterare, ma è metaforico. E questo è l’amore di cui parla casella
nel 2 canto del purgatorio. A uesto punto la domanda di dante è: la letteratura loso ca e l’amore per la
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loso a può bastare per elevarsi e arrivare a dio? non è suf ciente, perché serve la teologia. Casella inizia a
cantare questa canzone, che tratta di loso a, ma catone l’uticense arriva e caccia dante (non perdete tempo
e andate a puri care i vostri peccati). Perché l’amore di dio arriva con la puri cazione, la poesia non basta.
Quindi arriva la teologia.

CANTO VI
Ci troviamo nell’Antipurgatorio, dove le anime cominciano ad espiare le loro colpe. Siamo nella
terza schiera: quella degli spiriti negligenti, coloro che sono morti di morte violenta. Sono coloro
che hanno subito l’omicidio e hanno atteso il momento estremo per pentirsi. Devono attendere un
periodo di tempo pari alla loro vita prima di salire a purificarsi sulle cornici del purgatorio.
Camminano lentamente, come in processione, cantando in coro il Miserere.

Valore della preghiera e il suffragio.


Nonostante il canto sesto di ogni cantica utilizzi temi politici, quello del Purgatorio si sofferma nel
chiarire una questione dottrinaria: Dante infatti, riferendosi a un passo dell'Eneide da cui si può
capire che le preghiere non possono piegare un decreto del cielo, chiede a Virgilio il motivo per cui
le anime chiedono delle preghiere di suffragio. In tale modo egli dà una spiegazione chiara di Dio
cristiano come essere sensibile alle preghiere altrui. Si evidenzia dunque una sorta di
"contraddizione" tra l'idea del poeta e del maestro, legittimata dalla caratteristica medievale della
reinterpretazione dei testi classici secondo le proprie convinzioni di fede.

Incontro con Sordello da Goito.


Virgilio e Dante scorgono un’anima che guarda verso di loro, Virgilio gli si rivolge per conoscere il
cammino. Nel presentarsi pronuncia il nome della città natale, Mantova. L’ombra allora gli si
slancia in un abbraccio fraterno, rivelando di essere Sordello, anch’egli mantovano. Fu uno dei
maggiori poeti italiani di lingua provenzale che si distinse presso la corte di Riccardo di San
Bonifacio, a Verona. Dante, davanti allo spettacolo così intenso per la comune patria, prorompe in
un apostrofe contro l’Italia, luogo di corruzione, lacerata da lotte intestine. • Il personaggio potrebbe
sembrare un semplice strumento per introdurre il motivo dell’amore per la patria, ma Sordello
diventerà protagonista anche dei canti successivi, accompagnando i pellegrini fino alla valle dei
principi negligenti.

Invettiva contro la politica.


Dante, prorompe in un’apostrofe contro Italia, nave senza pilota e luogo di corruzione. Il poeta
continua chiedendo a cosa siano servite le leggi di Giustiniano. L’invettiva si rivolge poi alla
Chiesa, che ostacola il potere temporale dell’imperatore. La condanna si estende anche
all’imperatore Alberto D’Asburgo, che ha rinunciato a esercitare la sua autorità sulle regioni
italiane. L’ amarezza e lo sdegno di Dante sono tali da fargli dubitare retoricamente che Dio stesso
abbia distolto lo sguardo dall’Italia e che la corruzione risponda a un qualche misterioso segno della
Provvidenza. Dante si chiude in sarcasmo appellandosi a Firenze, i cui cittadini sono solerti ad
assumere cariche pubbliche, ma non hanno alcun senso della giustizia e mutano continuamente

Apostrofe di Firenze.
L’apostrofe contro l’Italia e Firenze costituisce il tema politico del’’intero canto. Questa è stimolata
in Dante da Sordello. Il tema politico si concretizza al verso 76 in un’invettiva contro la situazione
degenerata dell’Italia. La causa è rinvenuta essenzialmente nella mancanza di una guida imperiale
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che sia in grado di assumere la responsabilità di riportarla all’antico splendore. Nell’immaginario di


Dante, il mondo ideale coincide ancora con il modello della società feudale, coronata dell’intensa
armonia provvidenziale tra il potere temporale dell’Impero e il potere spirituale della Chiesa. La
rabbia dantesca chiama in causa cinque interlocutori diversi: • L’Italia: definita come una «donna di
bordello», per denunciare la sua bassezza morale e spirituale. • La gente della penisola: che ha
mostrato il più completo disinteresse per il buon governo e la pace comune. • L’imperatore Alberto I
d’Austria: che ha lasciato l’Italia a un completo stato di abbandono. • Dio stesso: cui si chiede,
retoricamente, se questa situazione di degrado e corruzione non sia forse un passaggio doloroso e
necessario per un futuro diverso. • Firenze: su cui si riversano le accuse più pesanti e sarcastiche,
Dante ne denuncia la corruzione, l’inconsistenza e la falsa partecipazione civile e politica dei
cittadini.

Confronto con il canto VI dell’inferno.


Il sesto canto di ogni cantica sviluppa il tema politico (Ciacco nell’Inferno, Giustiniano nel
Paradiso). Nel purgatorio c’è spazio anche per chiarire una questione dottrinaria: quando Virgilio,
emblema della Ragione, spiega il significato di una sua affermazione nel sesto libro dell’Eneide,
quando a Palinuro viene rifiutato il passaggio sulla riva dell’Acheronte, perché ai vivi non è
permesso spezzare le leggi divine. Dante infatti non vuole solo "correggere" una possibile
contraddizione tra il suo testo e quello del maestro (secondo il tipico atteggiamento medievale di
reinterpretare i testi classici secondo le proprie convinzioni di fede), ma anche chiarire che la legge
del Dio cristiano è sensibile alle preghiere sincere dei fedeli per i loro morti.

CANTO XI – versi 73-117

CANTO XXVI

Argomento del Canto: Ancora nella VII Cornice: le due schiere di lussuriosi. Incontro con Guido
Guinizelli. Incontro con Arnaut Daniel. È il pomeriggio di martedì 12 aprile (o 29 marzo) del 1300,
verso le quattro.

Incontro con le anime dei lussuriosi (1-24) Dante, Virgilio e Stazio camminano in la lungo l'orlo


esterno della  VII Cornice, con Virgilio che mette spesso in guardia Dante sul percorso da tenere,
mentre il poeta è colpito sul braccio destro dal sole, che illumina tutto l'occidente. Dante proietta la
sua ombra sulla amma e la rende più rossa, il che rivela a molti penitenti che è ancor vivo. Questo
è il motivo per cui iniziano a parlare di lui, dicendosi l'un l'altro che Dante sembra avere un corpo in
carne e ossa, quindi si avvicinano al poeta e lo osservano meglio, badando a non uscire dalla cortina
di amme. Uno dei lussuriosi si rivolge a Dante osservando che cammina dietro agli altri due poeti,
non per lentezza ma per deferenza, e lo prega di rispondere a lui e alle altre anime che sono
tormentate dal dubbio: com'è possibile che egli faccia ombra, come se fosse ancora in vita in quel
luogo dell'Oltretomba?

Le due schiere di lussuriosi. Esempi di lussuria punita (25-51) Dante avrebbe già risposto a
quell'anima, se la sua attenzione non fosse attirata da qualcos'altro: infatti, lungo la Cornice
occupata dalle amme, giunge un'altra schiera di lussuriosi che procede in senso opposto alla prima,
per cui il poeta osserva meravigliato. Le anime dei due gruppi si baciano reciprocamente, senza
fermarsi, proprio come le formiche si toccano il muso l'una con l'altra; quando si separano, prima di
allontanarsi emettono delle grida e i nuovi arrivati esclamano «Sodoma e Gomorra», mentre gli altri

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ricordano il peccato di Pasifae che si unì bestialmente al toro da cui fu generato il  Minotauro.
Quindi procedono di nuovo in direzioni opposte, simili a gru che si separino per puntare
rispettivamente ai monti Rifei e alle sabbie dei deserti, le prime per schivare il sole e le altre il
freddo. I penitenti si allontanano e tornano piangendo al canto dell'inno e agli esempi di castità;
quelli che si erano rivolti a Dante tornano ad avvicinarsi al limite della amma, attendendo la sua
risposta

Dante risponde alle anime (52-66). Dante risponde spiegando che il suo corpo non è rimasto sulla
Terra ma è lì con lui, con tutto il sangue e le sue giunture: sta salendo il monte per vincere il peccato
ed è atteso nell'Eden  da una donna (Beatrice) che gli procura grazia, per cui può attraversare il
Purgatorio in carne ed ossa. Dante augura alle anime di raggiungere presto la beatitudine e di poter
entrare in Cielo, quindi chiede loro di rivelare i propri nomi e di dirgli chi sono quegli altri
lussuriosi che si sono allontanati, cosicché lui possa scriverne una volta ritornato sulla Terra

Un'anima spiega la condizione delle due schiere (67-87)


Come il montanaro si stupisce quando giunge in città, ammirando muto ciò che non è abituato a
vedere, così quelle anime si meravigliano alle parole di Dante, per quanto la loro sorpresa si attenui
presto come avviene di solito nei cuori magnanimi. L'anima che ha parlato prima (Guido Guinizelli)
dichiara che Dante è beato in quanto ha il privilegio di visitare il Purgatorio da vivo, quindi spiega
che i penitenti dell'altra schiera sono colpevoli di lussuria contro natura (furono cioè sodomiti) e per
questo gridano l'esempio di Sodoma, accrescendo la loro vergogna. Lui e gli altri penitenti di questa
schiera, invece, peccarono di lussuria secondo natura, abbandonandosi tuttavia al piacere sensuale
in modo eccessivo e come bestie, per cui gridano l'esempio di Pasifae che si unì al toro nella falsa
vacca di legno

Guido Guinizelli si rivela a Dante (88-132) Ora, prosegue il penitente, Dante sa chi sono lui e i
suoi compagni di pena, ma non avrebbe il tempo di indicare i loro nomi né peraltro li conoscerebbe
tutti. L'anima rivela tuttavia il proprio nome, presentandosi come Guido Guinizelli: espia i suoi
peccati in Purgatorio perché se ne pentì prima della morte. Dante, sentendo il nome del poeta che
considera il padre suo e degli altri poeti migliori di lui che eccelsero nelle rime amorose in volgare,
vorrebbe gettarsi nel fuoco ad abbracciare Guido, anche se non osa farlo; per un buon tratto
continua a camminare senza dire nulla, guardandolo con ammirazione e non avvicinandosi alle
amme. Dopo questa lunga pausa, Dante torna a rivolgersi a Guinizelli con un giuramento che
rende credibili le sue parole: il penitente afferma che Dante lascia in lui un ricordo indelebile, che
neppure le acque del Lete potranno cancellare, poi chiede a Dante il motivo per cui manifesta tanto
affetto per lui. Dante spiega di ammirarlo per le sue poesie, che renderanno preziosi i manoscritti
che le contengono nché si userà il volgare. A questo punto Guinizelli indica col dito un'anima che
lo precede (Arnaut Daniel), dicendo che anche lui fu poeta volgare e si mostrò superiore a lui,
primeggiando anzi su tutti coloro che scrissero romanzi in prosa e versi amorosi. Guido afferma che
gli stolti gli preferiscono Giraut de Bornelh, poiché essi seguono l'opinione comune e non la verità,
proprio come molti antichi fecero nei riguardi di  Guittone  d'Arezzo, dapprima apprezzato e poi
vinto dalla verità. Guido prega poi Dante, se davvero ha il privilegio di andare in Paradiso, di
recitare un Pater noster davanti a Cristo, quel tanto che occorre alle anime del Purgatorio

Incontro con Arnaut Daniel (133-148)


Alla ne delle sue parole Guido scompare nel fuoco, forse per lasciare spazio all'anima accanto a
lui, simile a un pesce che raggiunge il fondo dell'acqua. Dante si avvicina un poco al penitente che
Guido ha indicato prima, dicendogli che nutre grande desiderio di conoscere il suo nome. Il
penitente inizia a parlare di buon grado e in perfetta lingua d'oc dichiara di non potere né voler
nascondere la propria identità, tanto gli è gradita la cortese domanda di Dante: egli è Arnaut Daniel,
che piange e canta nel fuoco. Ripensa con preoccupazione i suoi precedenti peccati, guarda con
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gioia alla beatitudine che lo attende; prega Dante, in nome della grazia che lo conduce in
Purgatorio, di ricordarsi di lui una volta giunto in Paradiso. A questo punto il penitente scompare
nuovamente entro le amme che lo puri cano

CANTO XVIII – versi 1-81

Argomento del Canto


Ancora nella IV Cornice: spiegazione di Virgilio sull'amore e il libero arbitrio. Incontro con
gli accidiosi e l'abate di San Zeno. Dante si addormenta e sogna.
È la mezzanotte di lunedì 11 aprile (o 28 marzo) del 1300

Virgilio spiega la natura dell'amore (1-39) Virgilio pone ne alla sua spiegazione e osserva Dante
per vedere se è soddisfatto. Il discepolo vorrebbe ulteriori chiarimenti, ma tace per timore di irritare
il maestro con altre domande, nché il poeta latino capisce il suo desiderio e lo invita a parlare
liberamente. Dante dichiara di aver ben compreso la precedente spiegazione, ma di voler conoscere
in modo più dettagliato la natura dell'amore, cui Virglio riconduce ogni azione virtuosa e ogni
peccato. Il maestro esorta Dante ad ascoltare attentamente, così da capire l'errore dei falsi maestri,
quindi dichiara che l'anima umana si volge naturalmente verso ciò che le piace, non appena la cosa
piacevole pone in atto la sua disposizione ad amare. L'intelletto umano è attratto dalle cose reali e fa
piegare l'anima verso di esse: se ciò avviene, quel piegarsi è amore ed è del tutto naturale. Quindi,
come il fuoco è destinato a salire in alto per la sua natura, così l'anima presa da amore si volge
verso la cosa amata, per tutto il tempo in cui questa gli procura gioia. Dante può allora capire
quanto sbagliano coloro che considerano lodevole qualsiasi amore, dal momento che forse può
essere buona la disposizione ad amare, ma non necessariamente lo è la sua attuazione

Amore e libero arbitrio (40-75). Dante afferma che le parole di Virgilio gli hanno spiegato cos'è
l'amore, tuttavia hanno accresciuto i suoi dubbi: infatti, se l'anima ama ciò che le è offerto dalla
realtà esterna e obbedisce a un impulso naturale, ciò non può essere considerato una colpa. Virgilio
premette che la sua risposta atterrà esclusivamente alla loso a, mentre per una spiegazione
dottrinale Dante è rimandato alle chiose di  Beatrice. Egli spiega che ogni anima ha in sé una
disposizione che non è avvertita se non agisce, e si manifesta solo attraverso i suoi effetti. Dunque,
l'uomo ignora la provenienza delle prime nozioni innate e l'amore dei primi beni, che sono innati
come nelle api la tendenza a produrre il miele, il che non è motivo di lode o biasimo. Af nché a
questa prima inclinazione si conformi ogni altro desiderio, l'uomo ha la ragione che deve governare
la volontà e deve dare o negare il proprio assenso agli impulsi naturali. Questo è il principio da cui
deriva la colpa o il merito, a seconda che la ragione distingua gli amori buoni da quelli cattivi. I
loso compresero bene questa libertà e basandosi su di essa elaborarono la morale: quindi,
supponendo che l'uomo sia necessariamente portato ad amare, l'intelletto è in grado di trattenere
questa tendenza. Beatrice, conclude Virgilio, dà il nome di libero arbitrio a questa virtù e il maestro
esorta Dante a tenerlo a mente

Sonnolenza di Dante. Esempi di sollecitudine (76-105). Ormai è mezzanotte passata e la luna


offusca col suo chiarore le stelle, simile a un grosso paiolo di rame, mentre percorre il cielo in senso
contrario a quello percorso dal sole quando tramonta tra Sardegna e Corsica (per chi guarda
da Roma). Virgilio ha ormai sciolto i dubbi di Dante e questi, soddisfatto dalle sue risposte, è colto
da sonnolenza, venendo però subito scosso dalle anime degli  accidiosi  che corrono dietro i due
poeti. La corsa delle anime è paragonata a quella dei Tebani che correvano durante i riti orgiastici in
onore di Bacco, lungo i umi Ismeno e Asopo in Beozia. I penitenti raggiungono i due poeti e due
di loro gridano piangendo gli esempi di sollecitudine di  Maria, che si affrettò alla montagna a
visitare Elisabetta, e di  Cesare, che per sottomettere Ilerda prima colpì Marsiglia e poi corse in
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Spagna. Gli altri accidiosi incitano i compagni di pena a non perdere tempo e ad acquistare la grazia
divina con le buone azioni

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