Cardiologia – Lezione 10
L’aterosclerosi- Cardiopatia Ischemica- Infarto miocardico
1. L’aterosclerosi è una malattia che inizia fin dalla giovane età, per poi progredire con
andamento cronico fino all’età avanzata. Può interessare qualsiasi arteria, per esempio:
- Arteria cerebrale, determinando icuts o TIA
- Arteria polmonare, determinando angina stabile, infarto miocardico, ecc.
- Arterie renali, determinando stenosi delle arterie renali
- Arterie mesenteriche, determinando ischemia mesenterica
- Arterie periferiche, con claudicatio o gangrena dell’arto
L’aterosclerosi progredisce nel tempo con la formazione dell’ateroma, una placca complicata,
che si può rompere, determinando gli eventi ischemici in base alla presenza dei fattori di
rischio. Essi sono distinti in: fattori di rischio non correggibili, come l'età e il sesso, e fattori di
rischio che possono essere corretti, come il fumo della sigaretta o l’obesità.
2.1 La cardiopatia ischemica “asintomatica” si riscontra in soggetti che non hanno avuto nessun
sintomo cardiovascolare, per esempio:
- nelle autopsie dovute ad incidenti stradali o militari deceduti, in cui si è riscontrata la
presenza di aterosclerosi coronarica che non aveva mai dato segno di sé;
- nei test da sforzo eseguiti in soggetti asintomatici che presentano fattori di rischio. In
questi casi si può evidenziare ischemia silente, ovvero presenza di segni ecografici di
ischemia non associati a sintomi. In questi soggetti la coronarografia può dimostrare la
presenza di placche o ostruzione coronariche;
- nella morte cardiaca improvvisa che può essere la prima e unica manifestazione della
cardiopatia ischemica.
Nella classificazione funzionale canadese, in base alla limitazione delle attività fisiche è
possibile distinguere pazienti che presentano:
- Nessuna limitazione dell’attività fisica ordinaria (Il dolore può comparire nel momento
in cui un soggetto fa uno sforzo superiore all’attività fisica ordinaria);
- Minima limitazione dell’attività ordinaria;
- Marcata limitazione dell’attività fisica;
- Incapacità di fare qualsiasi attività fisica.
Chiaramente non tutti i dolori toracici sono di origine cardiologica, ma possono essere dovuti
a varie patologie. È importante, infatti, fare una diagnosi differenziale ( trattata a parte
precedentemente) che si basa anche sulle arborizzazioni e irradiazioni del dolore.
Non sono presenti anomalie del tratto ST durante una angina stabile in assenza di dolore, ma è
presente la modificazione di ST durante il dolore che scompare alla cessazione dello stesso. Le
anormalità di ST-T di per sé non sono specifiche di ischemia e possono essere presenti anche
in IVS, blocchi di branca, aritmie, ecc.
La dinamicità delle modificazioni di ST-T (accompagnano il dolore e scompaiono alla sua
cessazione) è più specifica.
Per cercare di slatentizzare una angina stabile, si fa la prova da sforzo. La prova da sforzo
consiste nella registrazione dell’ECG con monitoraggio della pressione, a fase 0 (a riposo),
durante e dopo lo sforzo con incrementi di velocità del tappeto (o se si sfrutta una cyclette,
della pedalata) costanti. Prevede 4 fasi, quindi con incremento, in caso di tapis roulant, sia della
pendenza sia della velocità del tappeto. Il test deve essere interrotto quando, eventualmente, si
slatentizza l’angina, quindi quando insorge dolore toracico, dispnea o alterazione del tratto ST.
Si avrà un esito positivo quando si riscontra un sottoslivellamento piatto o discendente >0,1
mV della durata >0,8 secondi, quando il paziente riferirà un dolore simile a quello per cui ha
iniziato l’iter diagnostico oppure in presenza di
aritmia.
Questo è un esempio di una prova da
sforzo positiva in cui si nota un
sottoslivellamento discendente del
tratto ST con consensuale
sopraslivellamento del tratto aVR.
L’utilizzo dei Calcio-antagonisti è limitato ai pazienti con FE conservata, sono farmaci efficaci
nell’angina da vasospasmo, soprattutto il Verapamil e Diltiazem. Effetto: vasodilatazione e
aumento del flusso sanguigno.
Gli Effetti collaterali possono essere:
- Ipotensione
- Bradicardia
3. L’infarto miocardico
La definizione universale di “infarto miocardico” è “un aumento e/o una diminuzione dei
marcatori biochimici cardiaci, (preferibilmente le troponine) con almeno un valore al di sopra
del 99⁰ percentile del limite superiore di riferimento associato ad almeno ad uno dei seguenti
sintomi:
1. Sintomi di ischemia, quindi il paziente deve avere dolore toracico;
2. variazioni ecografiche suggestive di ischemie (nuove anomalie del tratto ST
o insorgenza del blocco di branca sx);
3. comparsa di onde Q patologiche all’ECG;
4. riscontro con tecniche di imaging di perdita miocardio vitale o di nuove
alterazioni della cinesi parietale regionale.
L’infarto miocardico viene classificato in 5 tipi:
Tipo 1 → Infarto miocardico spontaneo dovuto alla rottura, fissurazione o dissezione
di placca;
Tipo 2 → Infarto miocardico secondario dovuto ad uno squilibrio tra richiesta ed offerta
di ossigeno, come nel caso dello spasmo coronarico, embolizzazione coronarica,
anemie, ipertensione o ipotensione;
Tipo 3 → Morte cardiaca improvvisa con arresto cardiaco;
Tipo 4a → Infarto miocardico associato ad intervento coronarico percutaneo, spesso
durante la rivascolarizzazione;
Tipo 4b → Infarto miocardico associato a riscontro angiografico o autoptico di trombosi
dello stent;
Tipo 5 → Infarto miocardico correlato ad intervento di by pass aortocoronarico.
Fisiopatologia:
- Rottura o erosione di placca con trombo non occlusivo sovrapposto; può associarsi
embolizzazione coronarica distale di aggregati piastrinici o di detriti aterosclerotici;
- Presenza di ostruzione coronarica dinamica, il cosiddetto spasmo coronarico: angina
variante di Prinzmetal;
- Presenza di ostruzione meccanica in progressione, cioè aterosclerosi coronarica
rapidamente evolventesi o restenosi dopo angioplastica coronarica;
All’elettrocardiogramma si riscontra:
- Un sottoslivellamento del tratto ST (almeno 0,05
mV);
- Sopraslivellamento transitorio, non persistente, del tratto ST (se fosse persistente,
sarebbe un infarto STEMI);
- Inversione dell’onda T
Questi segni sono presenti solo nel 30-50% dei pazienti. Nei restanti casi l’ECG presenta
alterazioni non specifiche o può essere normale.
Per quanto concerne l’angina
variante di Prinzmetal, si nota il
sopraslivellamento del tratto ST
durante il dolore toracico.
Solitamente nella sede inferiore, in II
e III aVF con reciprocità, cioè
sottoslivellamento nelle derivazioni
che guardano reciprocamente che
sono in I e aVL.
L’aspetto caratteristico è che il
segmento ST ritorna sulla linea
isoelettrica dopo assunzione di nitroglicerina, proprio perchè è dovuto al vasospasmo. Tramite
i nitrati ci sarà la vasodilatazione.
Si potrebbe anche riscontrare
dell’inversione delle onde T.
Questo è un ECG che dimostra la
presenza di tali onde T evidenti.
Questo è l’algoritmo
diagnostico da 0 a 3 ore con
troponina ad elevata sensibilità.
Quando siamo di fronte ad un
paziente con dolore toracico,
quello che si fa solitamente è
chiedere la presenza di
indicatori di marker di necrosi
(della troponina) a tempo 0.
Se il dolore è accompagnato da
una serie di sintomi e segni o da
un profilo di rischio elevato, si
fa la cosiddetta curva di
troponina con successivi
prelievi ogni 3 ore per verificare
l’effettivo aumento. Se il risultato è negativo, il paziente dovrà effettuare altri test diagnostici.
Nel caso di pazienti con sindrome
coronarica acuta, il cui dolore può essere
localizzato a livello retrosternale, alla
mandibola o in entrambe le braccia;
l’ECG potrà essere negativo,
sopraslivellato o sottoslivellato. Dunque,
per la corretta diagnosi, è importante
l’associazione delle troponine.
Ovviamente se il paziente ha un dolore
non toracico e l’ECG normale, non si
tratta di un dolore di origine cardiaca; se
invece c’è un incremento della troponina
nel tracciato, il paziente verrà indirizzato
verso una diagnosi di infarto miocardico STEMI, NSTEMI o angina instabile.
La coronarografia ha un ruolo centrale nella gestione dei pazienti con NSTEMI. Nella
maggior parte dei casi permette di:
- Confermare la diagnosi di Sindrome coronarica acuta e quindi di guidare la terapia
antitrombotica;
- Identificare le eventuali lesioni colpevoli (cioè la lesione che ha provocato il segno
visibile all’ECG);
- Stabilire l’eventuale indicazione alla rivascolarizzazione per via cutanea o tramite
bypass;
- Stratificare il rischio del paziente a breve e lungo termine.
Abbiamo poi una serie di popolazioni particolari e tra questi rientrano quelli di:
- Sesso femminile;
- Pazienti anziani;
- Pazienti diabetici;
- Pazienti con insufficienza renale cronica;
- Pazienti con insufficienza cardiaca acuta;
- Pazienti con insufficienza cardiaca dopo NSTEMI.
È la tipologia di infarto che presenta un persistente sopraslivellamento del tratto ST, dovuto
all’occlusione totale di placca.
Sono pazienti:
- Tipicamente ansiosi e irrequieti che tentano di lenire il dolore muovendosi e stirandosi
- Spesso presentano pallore e sudorazione, talora nausea e vomito
- Circa il 25% dei pazienti con STEMI anteriore presenta segni di iperattività simpatica
(tachicardia e/o ipertensione); mentre il 50% dei pazienti con STEMI inferiore presenta
segni di iperattività parasimpatica (bradicardia e/o ipotensione)
- In base al grado e alla presenza di disfunzione ventricolare sinistra, potremmo avere
presenza di soffi (disfunzione mitralica), terzo tono o rantoli polmonari.
Questa è la fase
IPERACUTA di un infarto
miocardico STEMI
anteriore con la presenza di
onde T iperacute in sede
anteriore (da V1 fino a V4,
derivazioni che guardano la
parete anteriore).
Proseguendo con le indagini diagnostiche, dopo l’ECG, si nota l’aumento del marker di necrosi
miocardica, dovuto alla necrosi miocardica acuta, quindi alla perdita di miocardio vitale.
Potremmo avere anche degli indici non specifici di necrosi ed infiammazione come: leucocitosi
neutrofila, aumento della VES e della PCR.
Un concetto importante è
rappresentato dalla cosiddetta
“Golden Hour” .
Il cuore è un muscolo, quindi,
quanto prima viene attuata una
rivascolarizzazione, quanto
più miocardio vitale sarà
preservato.
Dopo circa 40 minuti, si inizia
a perdere tessuto miocardico
ed è per questo che è stata
istituita la rete IMA, in modo
tale da effettuare rapidamente
un ECG a tutti i pazienti con
dolore toracico. In questo
modo, se l’ECG è positivo, il
paziente sarà direttamente trasferito nella sala emodinamica più vicina, dove verrà
rivascolarizzato nel minor tempo possibile, entro l’ora.
Quindi gli elementi più importanti nella gestione pre-ospedaliera dei pazienti con infarto
miocardico STEMI includono:
1) Il riconoscimento dei sintomi da parte del paziente e immediata richiesta di valutazione
medica;
2) Disponibilità del team di emergenza capace di eseguire manovre di rianimazione
cardio-polmonare;
3) Trasporto rapido del paziente in ospedale;
4) Implementazione rapida di riperfusione miocardica (angioplastica coronarica primaria
se possibile o terapia fibrinolitica in attesa di raggiungere la sala emodinamica per la
rivascolarizzazione).
Alla terapia meccanica dello stent viene associata anche una terapia farmacologica che preserva
la pervietà dello stent tramite antitrombotici (antiaggreganti, anticoagulanti) e una terapia
cardioprotettiva, data da Calcio-antagonisti, Beta-bloccanti, Statine, Nitrati.
Durante una procedura emodinamica,
è importante “caricare il paziente”
con la doppia antiaggregazione che
prevede una dose di Aspirina (per via
orale, ma è preferibile la via
endovenosa che prevede una dpse
superiore), associata a un secondo
antiaggregante che può essere tra
Clopidogrel, Prasugrel o Ticagrelor,
scelto in base al profilo di rischio del
paziente.
A questo viene associata una terapia
anticoagulante che prevede la
somministrazione di eparina
endovenosa per preparare il terreno all’emodinamismo.
La Terapia in fase a lungo termine prevede sia la correzione di tutti i fattori di rischio, sia la
terapia antiaggregante che, per quanto riguarda l’aspirina, deve essere continuata a vita;
“mentre per il secondo aggregante avremo una terapia che dovrà essere continuata per almeno
un anno con il Ticagrelor a dosaggio ridotto che se può essere continuato per almeno 3 anni
con tutta la terapia beta-bloccante, ACE inibitori e ovviamente statine che viene accompagnata
a vita per il paziente.” (Trascrizione letterale di una parte poco chiara)
L'incidenza della fibrillazione atriale in corso di STEMI è del 6-28%. Solitamente è associata
ad un importante danno miocardico e ad una insufficienza cardiaca acuta. Può essere ripetitiva
o durare pochi minuti. Ovviamente, in corso di una situazione ventricolare a rapida risposta
ventricolare, in un paziente con recente infarto miocardico, si può avere un'insufficienza
cardiaca acuta e quindi è per questo che bisogna ripristinare il ritmo sinusale nel più breve
tempo possibile.
Gestione della fibrillazione atriale: potremmo scegliere il controllo della frequenza o il
ripristino del ritmo sinusale in base alla databilità dell’aritmia, ma se il paziente è in uno stato
emodinamico precario, occorre fare una cardioversione elettrica, per cercare di ripristinare il
più possibile il ritmo sinusale e ovviamente il contributo atriale.
Le bradiaritmie sono:
● bradicardia sinusale;
● blocco atrioventricolare di I grado, quindi allungamento del tratto PR;
● blocco AV di II grado, quindi allungamento del tratto PR e comparsa di P bloccata;
● un blocco AV di III grado o totale, tale per cui c’è una dissociazione atrioventricolare.
Nei pazienti che hanno manifestato aritmie ventricolari maligne durante il periodo post-
infartuale, in presenza di insufficienza cardiaca o FE ridotta, l’unico meccanismo per prevenire
la morte cardiaca improvvisa è ovviamente l’impianto di un defibrillatore che verrà valutato
dopo almeno 30 gg dall’ infarto miocardico acuto, se la FE è minore del 30%.
L’infarto del ventricolo destro prevede una trattazione a parte ed è caratterizzato da una triade
diagnostica:
- Ipotensione
- Assenza di stasi polmonare
- Aumento della pressione venosa giugulare
In questo caso i diuretici e i vasodilatatori sono controindicati perché tenderebbero a ipotendere
di più il paziente. Le complicanze vanno dal BAV totale allo Shock cardiogeno.
Si noterà il sopraslivellamento in sede anteriore con consensuale sottoslivellamento in V1 e V2
e una “positivizzazione con sopraslivellamento a livello delle derivazioni di destra”.