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Un cacciatore insegue una preda: su quest'azione elementare e su questi due attanti, uno
maschile e uno femminile, verte la ricerca pubblicata in questo libro. È ovviamente paradossale
ridurre a una proposizione semplice lo studio importante e voluminoso che l'autore ha dedicato al
tema dell'animale guida, scrutinando più di mezzo migliaio di testi, quasi uno per pagina – di cui
almeno un 10%, se ho contato bene, appartiene in senso stretto al Medioevo romanzo – e
pervenendo a risultati di rilievo tale da rendere questa monografia indispensabile per chiunque
voglia ancora approfondire gli argomenti trattati, in ordine sia alle specifiche interpretazioni
testuali sia alle implicazioni di carattere metodologico e scientifico più generali. L'articolazione
del volume in tre parti («La terra: lo stanziamento e i suoi miti», «Dentro e fuori dall'altro mondo»,
«Oltre l'estrema frontiera») corrisponde, grosso modo, alle principali macrovarianti narrative a cui
il tema dell'inseguimento dell'animale, fino a valicare frontiere altrimenti insuperabili, ha dato
luogo; le ultime cento pagine contengono un utile apparato, composto dal catalogo dei testi
citati, dagl'indici dei motivi, dei tipi fiabistici, degli animali, dei nomi (selettivo), oltre che dalla
bibliografia distinta in primaria (fonti) e secondaria (saggi critici). Per dare appena un'idea dei testi
utilizzati, e in grandissima misura messi a disposizione del lettore, in versione italiana, attraverso
citazioni molto estese che dovrebbero, nelle intenzioni dell'autore, riverberarsi una nell'altra e
agevolare la penetrazione nel discorso mitico, basti dire che si comincia con il mondo antico e
tardo-antico, si passa al Medioevo, soprattutto con le fonti agiografiche, che assurgono quasi al
ruolo di summa degli altri generi letterari, per confrontarsi quindi in maniera crescente col
patrimonio fiabistico internazionale (dei cinque continenti) e con le relative mitologie (leggende
siberiane, inuit, giapponesi, sioux, maya, indiane, …).1
Anche se le fonti sono esclusivamente testuali, o testualizzate, con sporadici riferimenti
all'iconografia e alla cultura materiale, giusta le predilezioni e le competenze del ricercatore, è
difficile incasellare questa ricerca nelle tradizionali divisioni disciplinari (ciò sia detto a suo merito),
che spesso rendono inafferrabile la fondamentale unità della cultura umana, per un malinteso e
miope specialismo.2 A giusto titolo, perciò, fin dalla prima pagina, il percorso si dichiara come
«una vera e propria archeologia culturale» tesa a ricostruire «uno strato antichissimo e di
immensa vitalità, le cui sopravvivenze sono rimaste estremamente cospicue, per quanto
largamente fraintese, sia nella cultura medievale che nella tradizione folklorica.» (p. 7) Proprio
questi due sistemi culturali, il Medioevo e il folklore, si rivelano sempre di più e di nuovo come «un
immenso deposito di tradizioni mitiche» che vivono nel 'tempo grande' (Bachtin), che scompiglia
le diacronie pigre e superficiali entro cui l'abitudine critica colloca i testi: uno dei punti fermi
acquisiti da questa ricerca sull'animale guida è infatti l'affermazione metodologica che «di quando
in quando la tradizione medievale e quella folklorica conservano dei materiali mitici (cioè arcaici)
in forma più intatta e più fresca della stessa tradizione classica.» (p. 226) Questo principio, più
volte ribadito da Propp nei suoi studi,3 secondo cui «quando si ha a che fare con contenuti affidati
a tradizioni memoriali di lunga durata la qualità delle testimonianze non dipende dalla
cronologia» (ibidem), è perfettamente analogo a quello pasqualiano, corrente in ecdotica,
1
Assente la tradizione ebraica, se si eccettua una fuggevole citazione del libro biblico di Giona e la versione tacitiana
dell'esodo.
2
Si leggano con attenzione le pagine poste «In limine» ricche di verve polemica.
3
Da Le radici storiche dei racconti di fate (Torino, Boringhieri, 1972: cfr. § 10 delle Premesse e passim) a La fiaba russa
(Torino, Einaudi, 1990, p. 166 e passim).
6
All'imitazione rituale di una fiera si ricollega anche la truce fisionomia dei guerrieri-belva ben noti alle culture
germaniche (ma non solo a quelle, beninteso).
7
Cfr. Rita Caprini, Animali totemici, in «L'immagine riflessa» n.s. VII (1998), pp. 221-36, che ripercorre l'esperienza
scientifica dei «Quaderni di Semantica», diretti da Mario Alinei, in cui la ripresa della discussione, con nuovi dati
soprattutto linguistici, sulla categoria di totemismo è in qualche modo centrale.
8
Il termine, com'è noto, risale a Kerényi che lo identificava nel materiale della mitologia, «un'antica massa di
materiale tramandata in racconti ben conosciuti che tuttavia non escludono ogni ulteriore modellamento» (da C.G.
Jung – K. Kerényi, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, Torino, Boringhieri, 1972, p. 15); nello studio di cui
ci stiamo occupando, invece, mi sembra prevalente il tratto della complessità, della costellazione di motivi (p. 190),
che tuttavia non è in contrasto con la definizione del grande studioso ungherese.
MASSIMO BONAFIN
(UNIVERSITÀ DI MACERATA)
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Magari in un'edizione ridotta e convenientemente rivista sotto il profilo editoriale; dispiace, infatti, accorgersi che
un libro come questo non abbia avuto la cura tecnica che meritava. Non dico solo per i molti refusi nel testo, quasi
tutti sanabili mentalmente da un lettore attento, ma anche per alcuni scompensi bibliografici, certo occasionati
anche dalla scelta, a mio avviso discutibile, di ricorrere ad entrambi i sistemi di citazione oggi in uso, quello 'autore-
anno' e quello 'citazione-nota', cosicché la bibliografia risulta dispersa parte nelle note (quella meno centrale per il
tema) e parte nelle liste in fondo al volume. Nelle «Fonti», in cui si mescolano edizioni vetuste, testi originali e
traduzioni moderne correnti, accade che l'elenco dei titoli abbreviati subisca sconvolgimenti alfabetici (p.es. Gesta –
Gilgamesh – Gervasio; Passio – Pausania – Paolo; Poliziano – Poema – Ponzela – Plummer; Procopio – Première –
Proverbi); nella «Bibliografia» invece il lettore non troverà lo scioglimento di alcune indicazioni in chiave incontrate
nelle note (Anderson 1932, Donà 1987-88, Eliade 1965, Harf Lancner 1986, Lévi-Strauss 1962, Philippson 1944, Rajna
1884).