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VOLPE (Massimo Bonafin)

1. La volpe non ha lo stesso nome nelle lingue dell'Europa occidentale e la varietà delle sue
denominazioni attraversa tanto il dominio romanzo che quello germanico; accanto all'it. 'volpe',
dal lat. vulpes (gr. alopex), di origine indeuropea, il francese ha sostituito l'antico goupil (dal lat.
vulpecula) col nome proprio Renart (mod. renard), mentre lo spagnolo ha raposa (ma anche
zorro). Le lingue germaniche hanno sia il tipo tedesco Fuchs (ingl. fox) che quello nordico räv,
che derivano, forse al pari dello spagnolo, da una sineddoche che designa l'animale attraverso
una parte (la coda) o una proprietà (il colore 'rosso' del pelo). Queste designazioni sostitutive
indicano la presenza di un tabù sul nome della volpe, che si può spiegare in un quadro ideologico
di tipo totemico, e quindi implicano un forte investimento immaginario su questo animale, che è
da ritenersi alla base della sua utilizzazione letteraria.

2. Nella Bibbia la volpe (in ebraico shû'al) non è molto rappresentata, tranne il passo
(Giudici 15, 4-5) in cui Sansone fa bruciare i campi di grano dei Filistei legando delle fiaccole
accese alle code di 300 volpi - rito analogo a quello della festa romana dei Cerialia (19 aprile), in
onore di Cerere, ricordata da Ovidio nei Fasti (IV, 679-712), in cui pure si lasciavano
scorrazzare nel Circo Massimo delle volpi, alle quali erano state attaccate delle torce accese alla
coda. Nell'Antico Testamento le poche occorrenze delle volpi (quasi sempre al plurale)
compaiono in contesti negativi, di rovina e distruzione (Cantico 2, 15; Lamentazioni 5, 18;
Neemia 3, 35; con l'aggiunta di Ezechiele 13, 4 e Salmo 63, 11, dove la traduzione italiana – nel
testo base della CEI - reca 'sciacalli'). Nel Nuovo Testamento, a parte Matteo 8, 20 (= Luca 9,
58), che allude in modo neutro alle tane delle volpi, c'è solo il passo di Luca 13, 32 in cui Gesù
chiama 'volpe' Erode: i commentatori vedono qui tanto un riferimento all'astuzia quanto
un'allusione spregiativa; nella tradizione esegetica ebraica, infatti, l'animale impersona sì la
furbizia, che però non sempre consegue l'obbiettivo, ma anche l'individuo di bassa condizione,
spesso in contrasto simbolico col leone (una contrapposizione destinata a lunga fortuna e comune
anche alla tradizione mediorientale). Si deve tuttavia aggiungere che l'espressione Mishlé
Shu'alim (Favole della volpe) è frequente nella letteratura talmudica e midrascica, anche se non è
possibile stabilire se sia esistita una raccolta di questo genere di racconti nel periodo cui si
riferiscono le allusioni. Delle poche fiabe di animali conservate con questa etichetta, inoltre,
meno di un terzo avrebbe la volpe come protagonista, nonostante l'affermazione di Rabbi
Johanan (ca. 250-290 d.C.) che Rabbi Meir (ca. 135-170 d.C.) conosceva e utilizzava nei suoi
sermoni 300 favole della volpe. Il numero 300 è senz'altro una formula iperbolica, ma una
tradizione narrativa riferita a questo animale continua fino al Medioevo, quando si intreccia con
la tradizione latina e francese imperniata su Renart, come appare anche dalla raccolta di favole
Mishlé Shu'alim, composta verso la metà del XIII secolo da Rabbi Berechiah Ha-Nakdan.

3. La volpe è protagonista di numerose favole che l'antichità greco-latina ci ha trasmesso


sotto i nomi di diversi autori, a partire dai frammenti di Archiloco (650 a.C.); essa compare nel
ruolo principale del racconto assai più degli altri animali [à] tanto nelle raccolte greche di Esopo
(VI secolo a.C.) e Babrio (II secolo d.C.), che in quelle latine di Fedro (I secolo d.C.) e Aviano

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(V secolo d.C.). A questa tradizione si rifanno anche le compilazioni medievali in latino


(Aesopus Latinus Wissemburgensis, Romulus, Favole di Ademaro di Chabannes) e in volgare,
che apportano tuttavia spesso consistenti elementi di novità grazie all'innesto di materiali
folklorici, non altrimenti documentati. Il tema della volpe nella favolistica antica e medievale si
presenta come un luogo privilegiato per lo studio delle relazioni fra letteratura e folklore: le
caratteristiche prevalenti nella sua rappresentazione, derivino o meno dall'esperienza diretta
dell'animale, ricadono nella sfera dell'inganno [à] e dell'uso dell'astuzia [à] per ottenere un
vantaggio o evitare un danneggiamento, ma altresì nell'orizzonte temporale della tempestività,
intesa come capacità di cogliere al volo l'occasione propizia. La volpe pertanto si presta bene a
incarnare la metis, quell'intelligenza obliqua che insieme alla prontezza nell'azione e alla
conoscenza di molti trucchi consente al più debole fisicamente di trionfare sul più forte. La
valorizzazione dell'astuzia come risorsa indispensabile alla sopravvivenza in un universo dove
predominano i rapporti di forza è una costante dell'immagine della volpe, almeno nella tradizione
occidentale culta e popolare (dal Romanzo di Renart la volpe a Il segno di Zorro di Johnston
McCulley, 1919, senza dimenticare il Robin Hood di Walt Disney, 1973); ne discende anche una
messa fra parentesi della morale nella valutazione degli atti concreti del personaggio, visti con
simpatia anche se causano danni, dolore e morte alle sue vittime e trasgrediscono norme etiche
fondamentali. Pure il noto passo del Principe (XVIII, 3) di N. Machiavelli (1513), sulla
necessità di saper usare, al momento opportuno, i modi della volpe oltre a quelli del leone, si può
in sostanza ricondurre a questo ambito di idee, ancorché al servizio del potere. Parimenti
enfatizzata, nella stessa linea, risulta la marginalità che accompagna la vita e le azioni della
volpe, dalla preferenza per il mondo notturno alla condizione asociale, dall'habitat selvaggio, a
cui fa sempre ritorno dopo le sue incursioni nel territorio civilizzato, alle implicazioni simboliche
del colore del suo mantello: 'rosso' è, almeno dal Medioevo in avanti, un indice di inquietante
inaffidabilità.

Accanto a questa connotazione prevalente, la volpe realizza, già nella tradizione favolistica,
anche il tipo complementare dell'ingannatore ingannato, sia finendo vittima di un tranello tesole
da altri, sia perché un suo tiro viene sventato o successivamente vendicato, o anche perché cade
nella trappola che essa stessa ha preparato, o ancora subisce una sorta di contrappasso. Si
manifesta qui quella tipica ambivalenza, che oltrepassa la compresenza di qualità negative e
positive propria della rappresentazione di tutti gli animali e fa della volpe la migliore
incarnazione letteraria occidentale del briccone o trickster [à]. Se racconti eziologici
internazionali la connotano come un eroe culturale, di cui interessano tanto l'origine del suo
aspetto (pelo rosso, coda a punta bianca, andatura particolare) quanto i suoi rapporti con gli altri
animali (orso, lupo, leone, ecc.), individualismo, trasgressione, rovesciamenti, malignità, la
individuano d'altronde come un trickster del tutto comparabile a quelli di altre latitudini
(sciacallo, coyote, ecc.), e dunque un archetipo pronto a incarnarsi in molteplici avatars, anche
antropomorfi. In questo tipo di racconti si può osservare una piuttosto stabile distribuzione dei
ruoli (astuto/stolto), pur nella varietà degli attori (volpe/orso, volpe/lupo ecc.) e le astuzie del

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protagonista sono perlopiù finalizzate a conseguire scopi immediati e materiali (conquistare del
cibo, eliminare un ostacolo, un avversario, un competitore, uscire da una situazione pericolosa).

4. I miti e le leggende, a cui la letteratura tanto occidentale che orientale ha spesso attinto
volentieri, offrono della volpe anche un'altra immagine, quella di un essere soprannaturale
(anche se non ci sono tracce decisive di una forma di culto vero e proprio, almeno nella cultura
occidentale), ovvero di un demone atmosferico e/o della vegetazione, come appare dal folklore,
che conosce scongiuri per tenerla lontana e la precauzione di non pronunciarne il nome in
determinate circostanze (p.es. dopo il tramonto) o periodi (tra Natale e l'Epifania); da questo
deriverebbe anche l'uso di nomi sostitutivi, che i dialetti, le lingue e anche le letterature hanno
conservato con dovizia: nomi propri (Renart è quello più celebre), nomi di parentela (zia,
comare), ma anche perifrasi o sineddochi (pelorosso). La soprannaturalità della volpe
spiegherebbe anche la sua presenza nelle fiabe di magia come aiutante dell'eroe, spesso in un
rapporto di reciprocità e interdipendenza, ma in questo caso è difficile distinguerla da altri
animali-aiutanti magici. Il cristianesimo interviene su queste credenze prima moralizzando i
Bestiari, che riportano la descrizione dell'astuzia venatoria della morte simulata per ghermire più
facilmente la preda (già nel Fisiologo, III secolo d.C., e nel Trattato sulla pesca di Oppiano, II
secolo d.C.), e poi facendone un animale tout court demoniaco (nelle Vite dei santi); Dante,
p.es., la evoca solo nell'Inferno (XXVII, 75) e nel Purgatorio (XIV, 53 e XXXII, 119) come
simbolo della frode o addirittura dell'eresia. La religione ufficiale dunque amplifica le
rappresentazioni di una volpe perturbante, legata al mondo dei morti, degli spiriti, delle creature
che, come il diavolo appunto, possono assumere sembianze umane.

Se la credenza nella metamorfosi (di un essere umano in una volpe) è attestata nel folklore,
non stupirà di vederla tematizzata in un romanzo come accade ne La signora trasformata in
volpe dell'inglese David Garnett (1922), in cui la trasformazione della moglie del protagonistra
è improvvisa, irreversibile, e l'accento cade sulla progressiva sparizione di qualsivoglia tratto
umano. Nella letteratura dell'estremo Oriente, invece, è la volpe che si trasforma in donna: nella
tradizione giapponese, per sposare un uomo al quale lascerà una discendenza, in racconti
comparabili a quelli 'melusiniani' del Medioevo occidentale; nella tradizione cinese, è piuttosto
una donna seducente, o una cortigiana, che può condurre alla rovina l'uomo che si accompagna a
lei: all'attributo consueto dell'inganno si aggiunge qui quello della lascivia [àlussuria], che non è,
peraltro, senza riscontri anche nella tradizione europea (v. sotto per le storie di Renart, ma si
ricordi pure la metafora oscena dei Canti Carnascialeschi). Il legame con la sessualità è ben
presente, p. es., nel romanzo di D.H. Lawrence La volpe (1922), in cui l'animale, pur colto nella
sua condizione naturale di predatore dei pollai, diventa per la protagonista un'immagine
dell'uomo che attraverso l'inconscio la attrae irresistibilmente: i tratti folklorici dell'incantesimo
prodotto dallo sguardo della volpe, della lunghezza della coda che racchiude anche la sua forza
(qui pure simbolo fallico), insieme alle suggestioni cromatiche (la punta bianca, il rosso lucido),
traspaiono riconoscibili nella rielaborazione artistica di Lawrence.

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5. Nella letteratura occidentale la volpe ha la sua massima espressione nella tradizione


renardiana, dal Romanzo di Renart la volpe antico francese al Reineke Fuchs (La volpe Renardo)
di Goethe (1794). Impossibile citare qui tutte le opere di questa galassia, che trova una prima
importante condensazione nei trentamila versi del macro-testo antico francese (ca. 1175-1250) -
che sfrutta anche l' Ysengrimus mediolatino del maestro Nivardo di Gand (ca. 1150) - e
successive agglomerazioni nelle riprese del tema in Rutebeuf (1261), in autori francesi del XIII
e XIV secolo, in testi italiani, tedeschi, inglesi, olandesi, ecc. quasi ininterrottamente fino alla
fine del XVIII secolo, e non è senza influenze anche sulla favolistica moderna, a cominciare da
J. de La Fontaine, che insieme alla tradizione classica teneva presente anche quella medievale e
quella orientale (Favole, 1668-1694). Conviene perciò accennare sincronicamente ad alcuni dei
temi portanti di quello che si può definire un vero e proprio genere o sottogenere della letteratura
europea, favorito anche dalla configurazione aneddotica tipica delle storie di trickster, dalla
serialità potenzialmente illimitata. Benché attinga anche al repertorio favolistico, trasmesso al
Medioevo sotto il nome di Esopo, ma arricchito (v. sopra) anche da filoni narrativi allotrii, il
Renart dà vita a una rappresentazione originale delle storie della volpe, calate ora in un contesto
storico e sociale determinato (il feudalesimo), imperniate sull'antagonismo epico con il lupo [à] e
sul rapporto conflittuale con la corte del leone [à], prive del didascalismo tipico delle favole, di
cui pure importano il procedimento di far parlare gli animali, ma in un quadro di forte
caratterizzazione individuale, accentuata dall'uso di nomi propri stabili per i personaggi
principali. Anzi, proprio l'uso della parola da parte della volpe tende a porsi una spanna sopra
quello degli altri animali, perché diventa uno strumento dei suoi inganni, rivelando una capacità
di manipolazione retorica e semiotica del linguaggio assai raffinata. Tra le molteplici avventure
che vedono la volpe, sempre affamata e in cerca di cibo [à] per sé o per la sua famiglia, venire in
conflitto con altri animali, domestici o selvatici, hanno un posto particolare quelle con il lupo
Isengrino, con la cui consorte Ersenta Renart ha commesso prima adulterio e poi violenza
[àstupro]. Da questo fatto prende spunto il processo intentato alla volpe dinanzi alla corte feudale
del leone Nobile, a cui si rivolgono successivamente per ottenere giustizia tutte le altre sue
vittime, dal gallo [à] con le galline, all'orso, al gatto [à] ecc. Quanto a quest'ultimo, c'è da dire
che il suo rapporto con la volpe è sempre ambiguo, ad indicare una distinzione imprecisa di sfere
d'azione; non è senza significato che la volpe sia spesso percepita come un'intersezione fra il
cane [à], alla cui famiglia zoologica appartiene, e il gatto, con cui condividerebbe alcuni tratti del
comportamento (la furbizia, l'asocialità). Del resto la coppia di personaggi 'il gatto e la volpe' è
diventata proverbiale e universale, quantomeno dalla pubblicazione delle Avventure di Pinocchio
di C. Collodi (1883) in poi.

Tornando al Renart, lo schema del processo [à] struttura molti racconti, giacché si presta bene
a sviluppare diversi personaggi, con diverse storie e differenti punti di vista. Nel mondo
medievale il processo si risolve spesso con un giuramento [à] o un'ordalia [à] e le avventure di
Renart sfruttano questa situazione per dimostrare ulteriormente l'astuzia della volpe, che riesce a
sventare la vendetta dei suoi nemici e/o a sfuggire alla punizione delle sue colpe, ricorrendo

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anche alla bestemmia e allo spergiuro. Qui, come altrove, il comportamento del personaggio
viola deliberatamente, e con un certo gusto, i dettami della religione ufficiale e le regole della
società in cui vive, ponendosi come outsider e potenziale fuorilegge (v. sopra e [àbandito]),
nello stesso tempo dunque come virtuale antieroe, degno della riprovazione del lettore
benpensante, ma anche rivelatore delle tensioni e delle contraddizioni di una comunità in
apparenza coesa e omogenea. L'inesauribile fortuna letteraria di Renart, attestata anche
dall'iconografia, ha indotto a un certo punto gli autori medievali a provare a completare le sue
storie con un inizio e una fine epici, narrandone cioè la nascita e la morte; ma, se la storia della
creazione della volpe si scioglie in una concisa parodia manichea della Genesi, in cui Adamo dà
vita alle creature buone ed Eva a quelle cattive (come la volpe e il lupo), la storia della presunta
morte [à] e dei funerali [à] parodici di Renart diventano l'occasione di un'affermazione
carnevalesca dei principi vitali della sessualità e del corpo [à], che per la sua radicalità ha pochi
precedenti e paralleli nella letteratura del Medioevo occidentale. Questo racconto ha anche dato
luogo a un tema iconografico, quello della processione funebre della volpe, accompagnata alla
tomba dal rumoroso corteo [à] degli animali, che occupa un posto di rilievo nella nutrita serie di
rappresentazioni di argomento renardiano che si rinvengono nei bassorilievi e nelle incisioni di
molti edifici di culto dell'Europa medievale e moderna. Altri temi minori che le storie di Renart
svolgono con brio e vivacità sono il pellegrinaggio parodico degli animali, la confessione dei
peccati [à] che diventa occasione di vanto delle imprese bricconesche [àmillanteria], il conflitto
continuo con i contadini [à], la contraffazione della vita cavalleresca (caccia, duelli, battaglie,
assedii, ecc.) e della vita del clero (la volpe che predica o dice messa è pure un tema
iconografico), il culto delle reliquie e i poteri magici, la falsa morte (astuzia che, opportunamente
trasformata, arriva fino al Volpone di Ben Johnson, 1607), oltre a ovvi motivi favolistici, come
la divisione della preda (o la parte del leone), il leone ammalato, ecc. ma sempre collocati sullo
sfondo di un universo creaturale e materialistico, alieno da qualsiasi trascendenza.

6. L'ambivalenza della volpe, che caratterizza il trickster Renart nelle sue rappresentazioni
letterarie fino al XIII secolo, viene progressivamente sfumata nelle apparizioni successive in cui
prevale un intento allegorico e didascalico, che trasforma gli allegri inganni e le astuzie, godute
anche da un pubblico virtualmente complice, in una maschera irrigidita della falsità e
dell'ipocrisia [à], spesso strumentale a una demistificazione dell'ideologia religiosa, e la renardie
in quintessenza della malvagità umana. La satira degli ordini mendicanti fa premio sulla comicità
già nell'opera di Rutebeuf, Renart le Bestourné, la polemica sociale e politica contro l'invadenza
del denaro riduce a un mero pretesto la rappresentazione del regno degli animali nel
Couronnement de Renart (1263-1270), le preoccupazioni allegoriche e morali e la satira
anticlericale ritornano anche nell'opera di Jacquemart Gielée, Renart le Nouvel (1289), mentre
il gusto trecentesco per la dilatazione enciclopedica connota il Renart le Contrefait (1319-1342).
Proprio il potenziale spirito del disordine [à], la disponibilità alla trasgressione continua di leggi,
norme e divieti d'ogni tipo, l'intelligenza volta più al male che al bene, costituiranno
quell'iperconnotazione simbolica della volpe destinata a oscurare nel tempo i valori narrativi e

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comici, presenti nell'archetipo del trickster. Così negli Animali parlanti (1802) del Casti essa
appare nel ruolo politico di consigliere del sovrano, maestra di frode e spregiudicata
manipolatrice degli altri e degli eventi, in un contesto aspramente satirico e ormai ignaro
dell’ambivalenza dello zoomorfismo.

Un'immagine più naturalistica della volpe resta invece consegnata alla letteratura favolistica, a
cui s'è già accennato e che si ripercuote in modo originale anche nell'opera teatrale in musica di
Leos Janácek (1924) La volpe astuta, strutturata come una successione di episodi attorno a un
esile trama, che mette a confronto il mondo degli uomini e quello degli animali; il libretto
riutilizza alcuni materiali folklorici e tradizionali, come la simulazione della morte per catturare
gallo e galline, la credenza secondo cui la volpe scaccia il tasso dalla sua tana e se ne
impossessa, la capacità di evitare una trappola, o il trucco di fingersi zoppa per sviare un
contadino e farsi inseguire, mentre qualcun altro divora il contenuto del cesto abbandonato
dall'uomo. Nella cultura popolare dell’era informatica, infine, la volpe è protagonista del furry
fandom, una corrente che riunisce, soprattutto nel mondo statunitense e nei paesi europei di
lingua germanica, tutti coloro che in qualche modo vedono nell’animale antropomorfo un mezzo
simbolico per recuperare ed esprimere quegli aspetti della natura umana, che la società tende a
reprimere.

ALTRI TESTI

Heinrich der Glichezaere, Reinhart Fuchs

Rainaldo e Lesengrino, a cura di A. Lomazzi, Olschki, Firenze 1972

Van den vos Reynaerde

Reynaerts Historie (1375)

Renart le Contrefait

Juan Ruiz, Libro del buen amor, (1343?) trad. it. Il libro del buon amore, a cura di G. Di
Stefano, Rizzoli, Milano 1999

William Caxton, The History of Reynard the Fox (1481)

Ferenc Herczeg, La volpe azzurra, (1917)

Richard Hughes, The Fox in the Attic, (1961), trad. it. La volpe nella soffitta, Milano 1963

Ignazio Silone, La volpe (1937), La volpe e le camelie (1960)

Grazia Deledda, La volpe (?)

BIBLIOGRAFIA CRITICA

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VOLPE (Massimo Bonafin)

Adolf Graf, Die Grundlagen des Reineke Fuchs, Academia Scientiarum Fennica, Helsinki
1920; Will-Erich Peuckert, Folclore della volpe, (1930-31), trad. it. "Quaderni di semantica", 4
(1983), pp. 33-57; Mariarosaria Pugliarello, Le origini della favolistica classica, Paideia,
Brescia 1973; Marcel Detienne - Jean Pierre Vernant, Le astuzie dell'intelligenza nell'antica
Grecia (1974), Laterza, Roma-Bari 1977; Haim Schwarzbaum, The Mishle Shu'alim (Fox
Fables) of Rabbi Berechiah Ha-Nakdan. A Study in Comparative Folklore and Fable Lore,
Institute for Jewish and Arab Folklore Research, Kiron (Tel-Aviv) 1979; Le Renard: tours,
détours et rétours, in "Etudes mongoles ... et sibériennes", 15 (1984); Hans-Jörg Uther, Fuchs, in
Enzyklopädie des Märchens. Handwörterbuch zur historischen und vergleichenden
Erzählforschung, W. de Gruyter, Berlin - New York 1987, Bd. 5, cc. 447-78; Massimo Bonafin,
Zoonimi, trickster e totemismo. Stratificazioni etniche nel "Roman de Renart", "Quaderni di
semantica", 17 (1996), pp. 53-72; Kenneth Varty, The "Roman de Renart". A Guide to Scholarly
Work, Scarecrow Press, Inc., Lanham, Md. & London 1998; Kenneth Varty, Reynard, Renart,
Reinaert and Otheer Foxes in Medieval England: the Iconographic Evidence, Amsterdam U.P.
1999; Kenneth Varty (ed.), Reynard the Fox. Social Engagement and Cultural Metamorphoses in
the Beast Epic from the Middle Ages to the Present, Berghahn Books, New York - London 2000;

TESTI CITATI

La Sacra Bibbia

Ovidio, Fasti

Rabbi Berechiah Ha-Nakdan, Mishlé Shu'alim (Favole della volpe)

Esopo, Favole

Babrio, Favole

Fedro, Favole

Aviano, Favole

Ademaro di Chabannes, Favole

Aesopus Latinus Wissemburgensis,

Romulus,

Le Roman de Renart, trad. it. Il Romanzo di Renart la volpe, a cura di M. Bonafin, Edizioni
dell'Orso, Alessandria 19992

Johnston McCulley, The Mark of Zorro, (1919), trad. it. Il segno di Zorro , Mondadori,
Milano 1998

Niccolò Machiavelli, De Principatibus (1513), = Il Principe

Il Fisiologo, a cura di F. Zambon, Adelphi, Milano 1975

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VOLPE (Massimo Bonafin)

Oppiano, Trattato sulla pesca

Bestiari medievali, a cura di L. Morini, Einaudi, Torino 1996

Dante, Divina Commedia

David Garnett, La signora trasformata in volpe (1922), trad.it. Einaudi, Torino 1973

David H. Lawrence, The Fox (1922), trad. it. La volpe

Goethe, Reineke Fuchs (1794), trad. it. La volpe Renardo

Nivardo di Gand , Ysengrimus

Rutebeuf, Renart le Bestourné (1261)

Jean de La Fontaine, Fables, trad. it. Favole

Carlo Collodi , Le Avventure di Pinocchio (1883)

Ben Johnson, Volpone or the Fox, (1607)

Couronnement de Renart (1263-1270)

Jacquemart Gielée, Renart le Nouvel (1289),

Leos Janácek, La volpe astuta (1924)

G.B. Casti, Gli animali parlanti (1802), ed. a cura di G. Muresu, Longo, Ravenna 1978

RETE TEMATICA

animali; astuzia; bandito; beffa; belve; briccone-trickster; campagna; cane; caso; cibo; colpa-
peccato; contadino; corpo; creazione; fame; Francia, Germania Inghilterra; funeraler; gallo;
gatto; giuramento; individualismo; infedeltà; inganno; ipocrita-falso; leone; lupo; lussuria;
maschera; menzogna; millanteria; morte; ordalia; ordine/disordine; processo; religione (satira
della); ribellione; selvaggio?; sesso; simulazione; stupro; tradimento; virtù/vizio;

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