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di
IDRODINAMICA
M.Calvetti e E.Iacopini
per Il Corso di FLUIDI e TERMODINAMICA
Dipartimento di Fisica, Università di Firenze
May 8, 2004
Abstract
1
0.1 Programma del corso
CORSO DI LAUREA IN FISICA - UNIVERSITA’ DI FIRENZE
Anno accademico 2003-2004
Programma del corso di DINAMICA dei FLUIDI e TERMODINAMICA.
60 Ore, con esercitazioni.
Prof. Mario Calvetti
Dinamica dei Fluidi
Principio di Pascal. Legge di Stevino. Legge di Pascal. Legge di
Archimede. Descrizione del moto dei fluidi. Operatori gradiente, diver-
genza e rotazione. Equazione di continuità.Equazioni del moto di Eulero.
Teorema di Leonardo. Teorema di Bernoulli. Moto di liquidi reali. Vis-
cosità e tensione superficiale. Legge di Poiseulle
Termodinamica
Definizione di gas perfetto. Calcolo della pressione sulle pareti di una
scatola con il modello microscopico. La costante di Boltzman e l’ energia
cinetica media delle molecole di un gas. Derivazione dell’equazione di stato
di un gas perfetto (legge di Boyle). Principio zero della Termodinamica ed
equilibrio termodinamico. Grandezze termodinamiche. Variabili di stato.
Definizione di Energia Interna, calore assorbito e lavoro compiuto dal sis-
tema. Equivalente meccanico del calore. La caloria. Primo Principio della
Termodinamica. Le scale termometriche Celsius e Fahrenheit. Il piano di
Clapeyron e le trasformazioni termodinamiche. Trasformazioni di un gas
perfetto. Trasformazioni Isoterme, Isobare, Isocore, Adiabatiche per un
gas perfetto. Calore specifico a pressione e a volume costante per un gas
perfetto. Il termometro a gas e la temperatura assoluta. Trasformazioni re-
versibili ed irreversibili. Il secondo Principio della Termodinamica. Postu-
lato di Clausius , postulato di Kelvin e loro equivalenza. Il ciclo di Carnot.
Rendimento delle macchine termiche. Rendimento del ciclo di Carnot e
dei cicli irreversibili. Definizione di Entropia. Entropia come variabile di
stato. Il secondo principio della termodinamica formulato tramite le pro-
prietà dell’entropia. Relazione tra l’Entropia e la probabilità di Stati in
equilibrio. Calcolo della variazione di Entropia nell’espansione di una gas
perfetto con metodi termodinamici (espansione Isoterma) e metodi statis-
tici. Funzioni termodinamiche. Energia interna, Entalpia, Energia libera
di Helmoltz e di Gibbs. Sistemi statistici in equilibrio. Discretizzazione
dello spazio delle fasi in posizione ed impulso. Stati di energia possibili
e calcolo della popolazione di equilibrio con la distribuzione multinomi-
ale. Funzione di ripartizione. Definizione di Temperatura assoluta in gradi
Kelvin. Legge di distribuzione di Maxwell Boltzman per un sistema in
equilibrio statistico. Relazione tra temperatura assoluta e l’energia cinet-
ica media. Funzione di distribuzione delle velocité0 di Maxwell per un gas
perfetto.
2
Testi consigliati per il programma di Termodinamica classica:
• C.Mencuccini V.Silvestrini: Meccanica e Termodinamica-LIGUORI
EDITORE
• S.Rosati : Meccanica e Termodinamica-
• P.Mazzoldi M.Nigro C.Voci : Elementi di Fisica-Meccanica Termodinamica-
EdiSES
• Per la dinamica dei fluidi e la meccanica statistica sono sufficienti
queste dispense
• E.Fermi: Termodinamica-Boringhieri
• F.Reif: La fisica di Berkeley-Fisica Statistica 5-ZANICHELLI BOLOGNA
• M.Alonso E.J.Finn: Fundamental University Physics-Quantum and
statistical physics III.ADDISON WESLEY
L’esame consiste in una prova orale durante la quale si discutono gli
argomenti del programma e si svolgono alcuni esercizi numerici.
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Contents
0.1 Programma del corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1 Idrostatica 5
1.1 introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 La pressione nei gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.3 La Legge di Boyle dei gas perfetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.4 La pressione nei liquidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.5 Legge di Stevino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.6 Il barometro di Torricelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
1.7 Paradossi idrostatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
1.8 I vasi comunicanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
1.9 Il Principio di Archimede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
1.10 Elementi utili di algebra vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.11 Operatori di campo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
1.12 Il Teorema di GAUSS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
1.13 Il Teorema di STOKES . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
1.14 Esercizi di calcolo vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
2 Idrodinamica 42
2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.2 L’equazione di continuità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.3 Equazioni del moto e la legge di Stevino . . . . . . . . . . . . . . 45
2.4 Le equazioni del moto di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
2.5 Il teorema di Leonardo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
2.6 Il teorema di Bernoulli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
2.7 Il teorema di Torricelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
2.8 Il Tubo di Venturi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
2.9 Il moto di liquidi reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
2.10 Moto di un liquido viscoso in una condotta . . . . . . . . . . . . . 60
2.11 Equilibrio di un liquido in rotazione uniforme . . . . . . . . . . . 61
2.12 Effetti della rotazione terrestre sulla superficie degli oceani . . . . 62
2.13 Legge di Poiseuille . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
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1 Idrostatica
1.1 introduzione
Iniziamo definendo che cosa si intende per gas perfetto e liquido perfetto. Come
sappiamo dalla Fisica elementare, le differenze essenziali che ci sono fra corpi
solidi, liquidi e gassosi sono che
Pur esistendo corpi che non appartengono a nessuna delle categorie sopra elen-
cate (colloidi), e pur esistendo corpi di difficile collocazione (vetri, lave, ecc, la
classificazione data è molto generale.
Noi ci occuperemo delle proprietà dei gas e dei liquidi perfetti (come sappiamo
le cose perfette non esistono . . . ).
Il gas perfetto.
Si definisce gas perfetto un gas costituito da molecole che interagiscono per
urto e non attraverso forze di potenziale a lunga distanza. Negli urti le molecole si
scambiano energia ed il gas raggiunge l’equilibrio termodinamico nel quale tutte
le molecole hanno la stessa funzione di distribuzione dell’energia. Una buona
approssimazione dei gas perfetti sono i gas rarefatti.
Il liquido perfetto.
Si tratta di un liquido la cui densità non può essere modificata in alcun modo
(cioè incomprimibile) tale da non possedere attrito interno, ovvero tale che le
forze interne non si oppongano allo scorrimento di uno strato di liquido su un
altro. Come conseguenza di questa seconda proprietà, il lavoro compiuto contro le
forze interne del liquido, pur cambiandone la forma, è sempre nullo ! L’acqua, la
benzina, l’alcool possono essere visti come una buona approssimazione di liquido
perfetto, mentre l’olio, il miele, per esempio, sono liquidi molto viscosi, cioè con
forte attrito interno e dunque lontani dall’approssimazione di liquido perfetto.
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1.2 La pressione nei gas
La pressione che un gas esercita contro il recipiente che lo contiene è dovuta ai
numerosi urti che le molecole del gas fanno contro le sue pareti.
La pressione P , definita come la forza per unità di superficie, si calcola
nell’ipotesi di urti elastici (vedi Fig.1).
Figure 1: La pressione del gas è provocata dall’urto delle molecole contro le pareti
6
Consideriamo un elemento di superficie di parete dS per calcolare la forza dF
esercitata da questo elemento di superficie sulle molecole del gas.
I parametri importanti sono:
• la densità numerica del gas ρ, cioè il numero di atomi per unità di volume
∆p = 2mvx
La variazione totale della quantità di moto, nel tempo dt, si ottiene moltipli-
cando la variazione d’impulso di un singolo urto per il numero di urti nel tempo
considerato; questa deve essere uguale, per la legge di Newton, al prodotto della
forza media dF esercitata dalla parete sul gas per il tempo dt:
dF dt = ρ dS dt mvx 2
7
2
P = ρ < Ecin >
3
Come si vede la pressione sulla superficie è proporzionale alla densità numerica
del gas vicino alla parete ed all’energia cinetica media. Questa è la legge dei gas
perfetti in forma microscopica (locale).
Si noti che, a causa della conservazione della componente dell’impulso paral-
lela alla parete, la forza di pressione risulta perpendicolare alla parete stessa.
P V = nRT
dove
• n numero di moli.
Una mole contiene un numero di molecole pari al numero di Avogadro
NA = 6.022 × 1023 mol−1 .
Si ha quindi che:
2
PV = Ntot < Ecin > = n R T
3
dalla quale
3 n 3 n 3
< Ecin > = RT = RT = kT
2 Ntot 2 nNA 2
dove k = 1.38 × 10−23 JK −1 è la costante di Boltzmann.
8
La costante dei gas, il numero di Avogadro e la costante di Boltzmann sono
legate dalla relazione R = kNA
Abbiamo quindi visto come le proprietà macroscopiche del gas, i suoi parametri
di stato come la temperatura, il volume e la pressione, siano legate alle loro pro-
prietà microscopiche, come la densità numerica e l’energia cinetica media delle
molecole. La connessione tra le proprietà macroscopiche e quelle microscopiche,
descritta dalla meccanica statistica, è uno dei grandi successi della fisica dell’800.
Approfondiremo in seguito alcuni aspetti della meccanica statistica legati ai prin-
cipi fondamentali della termodinamica.
L’acqua esercita delle forze sulle pareti le quali reagiscono con forze uguali
ed opposte, realizzando cosı̀ una situazione di equilibrio. Che sia proprio cosı̀
lo capiamo immediatamente praticando un foro nella parete del recipiente. In
quella zona, la parete non può opporre alcuna forza contro l’acqua per cui essa
non è più in equilibrio e fuoriesce dal recipiente!
In assenza di attrito interno (liquido perfetto), ed in uno stato di quiete, la
forza dF esercitata dal liquido su una superficie infinitesima dS ha una intensità
proporzionale a dS , ed è diretta secondo la normale a dS.
9
La costante di proporzionalità P fra l’ intensità della forza e la superficie su
cui agisce viene chiamata pressione
dF~ = P dS
~
~ , non da
e dipende solamente dal punto dove si trova l’ elemento di superficie dS
come essa è orientata.
Questo fatto va sotto il nome di PRINCIPIO DI PASCAL (Blaise Pascal,
1623 − 1662). (vedi Fig.3)
La validità del principio di Pascal risiede nel fatto che in liquido perfetto gli
strati di liquido si muovono tra di loro senza attrito.
In questo caso il liquido può solo esercitare una forza perpendicolare alla
superfice perchè parallelamente non c’è attrito.
Consideriamo il prisma retto (vedi Fig.4) di dimensioni infinitesime dx, dy e
dz, posto in un punto interno al volume occupato dal fluido in quiete.
10
Se il liquido contenuto nel prisma è in equilibrio, la somma vettoriale delle
forze esterne che agiscono su di esso deve essere nulla, cioè la somma algebrica di
ciascuna delle tre componenti delle forze che agiscono sulle superfici deve essere
nulla.
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Nel sistema di unità di misura internazionale (SI), dove la forza si misura in
newton (N) e la superficie in metri quadri, la pressione si misura in mN2 = pascal.
Esistono altre unità di misura storiche ancora diffuse come, per esempio:
• 1 baria = 1 dine
cm2
unità di pressione nel sistema cgs = 0.1 pascal
12
Applichiamo le solite considerazioni di statica al liquido contenuto nel cilindro:
poiché esso è in quiete, la risultante delle forze esterne deve essere nulla.
Occupiamoci della componente della risultante delle forze lungo la direzione
definita dalla generatrice del cilindro (orientata, per esempio, da P1 a P2 ).
Chiaramente la pressione sulla parete laterale del cilindro non ha componente
lungo questa direzione, solo la pressione esercitata sulle due superfici di base può
contribuire a questa risultante, che vale
R = P1 dS1 − P2 dS2
Poiché R deve essere nulla, e le due superfici hanno la stessa area, la pressione
nei due punti è la stessa.
Il funzionamento del TORCHIO IDRAULICO è basato su questo fatto. Esso
consente, per esempio, di sollevare oggetti molto pesanti, come per esempio un
automobile, ovvero di generare forze intense a partire da forze molto meno intense.
(vedi Fig.6)
Dato che la pressione nel liquido è la stessa, ( a parte effetti dovuti al campo
gravitazionale) usando la forza f sulla superficie s possiamo produrre sulla su-
perficie S (con S >> s) una forza
S
F = PS = f
s
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che può essere anche molto maggiore di f pur di fare il rapporto delle superfici
tale che Ss >> 1.
E’ l’analogo della leva. Come nel caso di quest’ultima, durante il funziona-
mento del torchio, se la forza f sposta il suo punto di applicazione di una quantita
dx, allora, dato che il liquido è incompressibile e quindi il suo volume non può
cambiare, la forza F sposta il suo punto di applicazione di dx Ss .
Il lavoro fatto dalla forza f e quello fatto dalla forza F risultano cosı̀ uguali
(principio dei lavori virtuali), l’energia meccanica si conserva.
Si può infine, con un marchingegno (compressore) per certi versi simile al
torchio, trasformare una pressione p in una pressione P ≫ p .
La macchina in questione è rappresentata nella Fig.7. Potete verificare che,
anche in una macchina cosı̀ fatta, l’energia meccanica si conserva.
Figure 7: Il compressore.
14
1.5 Legge di Stevino
La legge di Stevino dice che, a causa della presenza della forza di gravità, la
pressione in un liquido aumenta con la profondità perché gli strati inferiori, del
liquido, devono sostenere quelli superiori.
Consideramo infatti il parallelepipedo di liquido rappresentato in Fig.8.
15
che si integra immediatamente fornendo
P + ρgz = cost
16
Alla base del tubo e dunque sulla superficie interna della botte:
P = Patm + ρgh
dove h è l’altezza dell’acqua nel tubo (si trascura l’altezza della botte). Natu-
ralmente, la pressione atmosferica è presente, anche all’esterno della botte, per
cui la quantità ρgh fornisce direttamente la differenza di pressione a cui è sot-
tosposta la parete della botte. Basta allora, per esempio, che h = 10 m perchè
questa differenza di pressione sia già dell’ordine della pressione atmosferica, in-
fatti ρgh = 1000 · 9.8 · 10 = 0.98 · 105 pascal.
Da questo risultato segue che la pressione a cui viene sottoposto un subacqueo
mentre scende nelle profondità marine, cresce di circa una atmosfera ogni 10 metri
di discesa. Analogamente si deduce che non si può aspirare acqua da un pozzo
profondo più di 10 metri.
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1.6 Il barometro di Torricelli
Fu Evangelista Torricelli, allievo di Galileo, il primo ad utilizzare la legge di
Stevino per mettere in evidenza sia l’esistenza del vuoto che l’esistenza di una
pressione esercitata dall’atmosfera presente intorno a noi.
Egli inventò per questo uno strumento, oggi noto appunto come Barometro
di Torricelli, ovvero Barometro a mercurio. Si tratta semplicemente di un tubo
chiuso ad una estremità che, riempito preventivamente di mercurio, viene capo-
volto in una bacinella ripiena dello stesso liquido, vedi Fig.10.
Il pelo libero del liquido nel tubo e la superficie libera nella bacinella non
stanno alla stessa altezza, la differenza di altezza h è dovuta al fatto che le due
superfici libere del mercurio non si trovano alla stessa pressione.
Sulla superficie del mercurio nella bacinella si esercita infatti la pressione
atmosferica Pa , mentre il pelo libero nel tubo si trova a pressione nulla (nel
volume di tubo che si è vuotato del mercurio preesistente, la pressione residua è
18
uguale alla tensione di vapore THg del mercurio a temperatura ambiente, molto
inferiore alla pressione atmosferica).
Dalla legge di Stevino, segue che
Pa − THg ≈ Pa ≈ ρHg gh
1T orr ≡ 1mmHg ≡ ρgh = 13.6103 Kgm−3 ×9.8 ms−2 ×10−3 m = 133.3 Nm−2 = 133.3 P ascal
19
1.7 Paradossi idrostatici
Consideriamo i recipienti rappresentati nella figura riportata sotto (vedi Fig.11).
Tutti hanno la stessa superficie di base S e sono riempiti di liquido fino alla
stessa altezza. Chiaramente non contengono la stessa massa di liquido eppure,
per quanto ci assicura la legge di Stevino, la pressione che il liquido esercita sulle
basi dei recipienti è la stessa nei tre casi.
Dunque la forza di pressione sulla base non può coincidere necessariamente
con il peso del liquido, perchè esso, nei tre casi è diverso !
D’altronde se dovessimo sostenere i recipienti, lo faremmo applicando alle loro
basi un forza uguale ed opposta al peso del liquido in essi contenuto (ammettiamo,
per semplicità, di poter trascurare la massa del contenitore in confronto con quella
del liquido che contiene). Come si esce da questo apparente paradosso?
Occorre ricordare che le forze di pressione sono ortogonali alle superfici su cui
agiscono: è immediato notare che
• nel caso a), la pressione sulle superfici laterali non ha componente verticale,
mentre le varie componenti orizzontali si elidono a vicenda;
• nel caso b) e c), la pressione sulle superfici laterali continua a produrre una
forza risultante sulle pareti che non ha componente orizzontale, ma, essendo
le superfici oblique, ha componente verticale.
E’ proprio questa componente verticale, che si origina sulle pareti laterali, che
sommata algebricamente alla forza di pressione sul fondo, uguaglia il peso del
liquido(!) qualunque sia la forma del recipiente!
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Per renderci conto quantitativamente che le cose stanno proprio cosı̀ conside-
riamo un recipiente qualsiasi riempito di un liquido (vedi Fig.12).
Figure 12: La pressione produce sul fondo del recipiente una forza uguale al peso
totale del liquido.
P = ρgh
dF~ = P dS
~
dove dS~ è un vettore che ha per modulo l’area dS, per direzione quella della
normale all’elemento di superficie considerato e come verso quello uscente dal
volume del liquido. Quest’ultima è la definizione di superficie orientata (vedi
Fig.13).
Nel nostro problema siamo interessati alla componente verticale di dF~ ,
Introduciamo dunque il versore k̂ = (0, 0, 1) dell’asse z.
Possiamo scrivere che la componente verticale di dF~ nel modo seguente:
dFz = k̂ · dF~ = P k̂ · dS
~ = ρ g h k̂ · dS
~
21
Figure 13: La superficie orientata
22
Per concludere questo argomento, verifichiamo anche che le forze di pressione
sulle pareti del recipiente non possono produrre una risultante avente componente
orizzontale (infatti, non si è mai visto un recipiente pieno di liquido, appoggiato
ad un tavolo orizzontale, accelerare a causa della pressione del liquido sulle sue
pareti!).
Consideriamo la figura 14 ed occupiamoci, per esempio, della componente y
della forza di pressione sulla parete del recipiente (vedi Fig.14).
Figure 14: La pressione produce sulle pareti del recipiente una forza totale con
componente orizzontale nulla.
23
~ ,risulta
Da quanto detto prima, circa il significato del prodotto scalare k̂ · dS
evidente che
~1 = −ĵ · dS
ĵ · dS ~2 = dx dz
Le due superfici dS1 e dS2 sul piano x − z sono quindi uguali e la componente
y della forza di pressione agente sulla porzione di superficie del recipiente indi-
viduata dal parallelepipedo infinitesimo considerato risulta identicamente nulla.
Integrando sulla coordinata x, abbiamo che anche la componente y della forza
di pressione agente sulla intera superficie del recipiente, compresa fra z e z + dz è
nulla. Integrando anche su z, concludiamo che non c’ è componente y della forza
di pressione sulla intera superficie del recipiente.
Analogamente possiamo procedere per la componente x, per cui resta di-
mostrato che la pressione sulla parete di un recipiente qualsiasi non produce
componente orizzontale.
24
Figure 15: I vasi comunicanti e la legge di Pascal. I liquidi si dispongono su
altezze tali che la pressione esercitata da una colonna, in un qualunque punto
assegnato, coincide con la pressione esercitata in quello stesso punto dall’altra
colonna.
ne segue che la risultante delle forze di pressione esercitate dal liquido sul corpo
è una forza diretta verso l’alto (la pressione è maggiore in basso) che vale (legge
di Archimede):
F = S∆P = ρghS = ρgV = gM
dove V è il volume del parallelepipedo ed M la massa di liquido in esso contenuto.
Questo risultato, ottenuto nel caso di un corpo avente una simmetria parti-
colarmente semplice, vale, come è noto, in generale. La dimostrazione è sempli-
cissima. Consideriamo per questo un corpo solido di forma qualsiasi immerso in
un liquido, per esempio acqua, come mostrato in Fig.16.
Chiamiamo S la sua superficie esterna. Immaginiamo che la superficie S,
invece del corpo , racchiuda idealmente un corpo fatto dallo stesso liquido in cui
è immerso. Risulta ovvio che il corpo sarebbe in equilibrio!
Questo significa che il peso del liquido viene equilibrato dalle forze di pressione
del liquido stesso, ovvero che le forze di pressione del liquido esercitano sulla
superficie S una forza esattamente uguale al peso del liquido racchiuso entro la
superficie S.
Tuttavia, per lo studio della statica di un corpo solido (corpo rigido), non
basta conoscere le forze che vi agiscono sopra, ma anche il loro punto di appli-
cazione!
25
Figure 16: Il peso del liquido stesso è sostenuto dalla spinta di Archimde
26
Figure 17: Un corpo immerso in un liquido riceve una spinta verso l’alto pari al
peso del liquido spostato.
27
Figure 18: Se il centro di spinta è più in alto del centro di massa l’equilirio è
stabile.
• Prodotto scalare.
~ e B
Si dice prodotto scalare o interno di due vettori A ~ la quantità (per
28
Figure 19: Se il centro di spinta è più in alto del centro di massa l’equilirio è
stabile.
~ ·B
A ~ = Ax Bx + Ay By + Az Bz = Ai Bi = δij Ai Bj
• Prodotto vettoriale.
~eB
Si chiama prodotto vettoriale o esterno di due vettori A ~ il vettore :
~∧B
A ~ =A
~×B
~ = ( Ay Bz − Az By , Az Bx − Ax Bz , Ax By − Ay Bx )
~ × B)
(A ~ i = ǫijk Aj Bk
dove ǫijk è il tensore a tre indici completamente antisimmetrico, che vale
1 se la terna ijk è una permutazione pari (ciclica) di 123,
−1 se si tratta di una permutazione dispari (permutazione ciclica + una
inversione),
29
Figure 20: Per avere equilibrio stabile il Metacentro deve essere più in alto del
centro di massa.
• Campo scalare.
Si chiama campo scalare una funzione f (~x, t) a valori scalari, per esempio
il campo di temperature in un corpo assegnato. Il campo è detto costante
se non dipende dal tempo ed è detto uniforme se non dipende dal punto ~x.
• Campo vettoriale.
~ (~x, t) a valori vettoriali, per esempio
Si dice campo vettoriale una funzione V
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il campo di velocità all’interno di un liquido in moto.
Di nuovo, si parla di campo costante quando esso è indipendente dal tempo
e di campo uniforme quando è indipendente dalle coordinate spaziali.
• Superficie chiusa.
Una superficie si dice chiusa se racchiude un volume, come per esempio
quella di una sfera, di un cubo, etc.
• Superficie aperta.
E’ una superficie non chiusa, necessariamente essa è limitata da un bordo
Γ.
• Superficie orientata.
In ogni punto di una superficie descritta da un vincolo derivabile è definita la
retta perpendicolare al piano tangente alla superficie nel punto dato. Se la
superficie è chiusa, allora la normale alla superficie in un suo punto gener-
ico è il versore diretto secondo la retta perpendicolare alla superficie nel
punto dato, orientato in modo che esca dal volume racchiuso dalla superfi-
cie stessa. Se la superficie è aperta, occorre definire un verso (arbitrario) di
circolazione sul suo bordo Γ. Il verso della normale alla superficie è definito
in modo che un osservatore allineato secondo tale verso veda l’orientamento
definito su Γ come antiorario.
~ · dS
dΦ = V ~
• Gradiente.
E’ un operatore lineare che applicato ad un campo scalare genera un campo
vettoriale nel modo seguente:
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La direzione del grad f (~x) (calcolato in un punto x0 , y0 , z0 ) è quella nella
quale la derivata direzionale calcolata in quel punto è massima. Il valore
massimo della derivata direzionale è pari al modulo del gradiente.
La derivata direzionale nella direzione del versore û , indicata con ∇û f (~x)
è la variazione della funzione f (x, y, z) per unità di spostamento nella di-
rezione di û. E’ la forma vettoriale della comune derivata e viene definita
come:
f (~x + hû) − f (~x)
∇û f (~x) = ∇f (~x) · û = lim
h→0 h
La derivata direzionale nella direzione û si scrive anche come:
d ~ = ux ∂x + uy ∂y + uz ∂z
= û · ∇
dû
Il vettore gradiente è perpendicolare alla curva di livello in x0 , y0 se z =
f (x, y) e perpendicolare alla superficie F (x, y, z) = 0.
• Divergenza.
E’ un operatore differenziale che applicato ad un campo vettoriale genera
un campo scalare:
~ (~x) = ∂x Vx (~x) + ∂y Vy (~x) + ∂z Vz (~x)
div V
• Rotazione.
E’ un operatore differenziale che applicato ad un campo vettoriale genera
un altro campo vettoriale nel modo seguente:
~ (~x)
rotV
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~ è un campo
Questa condizione vale anche al contrario, nel senso che se V
vettoriale il quale, in un volume aperto e connesso Ω dato, ha rotazione
identicamente nulla, allora esiste una funzione scalare F definita in quel
volume Ω , tale che il campo Ω ne è il gradiente.
La funzione F viene detta il potenziale del campo , per ragioni che appari-
ranno chiare più in seguito. Essa non è univocamente determinata, bensı̀
lo è a meno di una qualunque funzione che dipenda unicamente dal tempo.
33
1.12 Il Teorema di GAUSS
Il teorema afferma che il flusso di un campo vettoriale uscente da una qualsiasi
superficie chiusa è uguale all’integrale della divergenza del campo sul volume
racchiuso: Z Z
~ dΩ =
div V ~ dS
V ~
Ω Σ
~ è definita come:
La divergenza di un campo vettoriale V
R
~ dS
V ~
~ = lim
div V S
Ω→0 Ω
dove l’integrale superficiale è il flusso uscente dalla superficie S che racchiude il
volume Ω, centrato nel punto in cui si calcola la divergenza. In parole si può dire
che la divergenza è il flusso uscente dall’unità di volume, nel punto considerato.
Il flusso dΦ uscente da un volume infinitesimo dΩ si può quindi scrivere come
dΦ = divV dΩ
Dimostrazione.
Sia dato un campo vettoriale V ~ (~x) ed una superficie chiusa infinitesima cubica
, vedi Fig.21, che racchiuda il volume infinitesimo dΩ
Il flusso del campo V ~ uscente dal volume infinitesimo attraverso le superfici
laterali parallele al piano x − z è dato da
il segno negativo del secondo termine è dovuto al fatto che la superficie è orientata
con versore uscente dal volume infinitesimo,
∂x Vx dxdydz
∂z Vz dxdydz
si ha quindi che il flusso totale uscente dal volume infinitesimo è dato da
~ dxdydz =
dφ = (∂x Vx + ∂y Vy + ∂z Vz ) dxdydz = div V
~V
∇ ~ dxdydz = (∂i Vi ) dΩ
34
Figure 21: La Divergenza, calcolata in un punto, non è altro che il flusso uscente
da una superficie ininitesima chiusa diviso per il volume racchiuso.
E’ importante notare che i flussi uscenti dalla faccie laterali dei volumi in-
finitesimi interni al volume si cancellano in quanto uscendo da un volume entrano
in quello adiacente. Ne risulta che solo i flussi uscenti dalla superficie esterna non
sono cancellati, vale quindi il teorema di Gauss:
L’integrale di volume della divergenza di un campo vettoriale è uguale al flusso
totale uscente dalla superficie che racchiude il volume:
Z Z
~ dΩ =
div V V~ dS
~
Ω Σ
35
Figure 22: Il teorema di Gauss
Dimostrazione.
Si consideri il percorso infinitesimo, di lati dy e dz, centrato nel punto ~x,
perimetro della superficie dS ~ = dydz orientata come mostrato in Fig. 24.
L’orientamento del sistema di riferimento è scelto in modo tale che la superficie
considerata sia nel piano y − z.
Il verso (positivo) di percorrenza del perimetro è quello per il quale ruotando
~
la vite destrorsa (il cavatappi) avanza nella direzione di dS.
Si calcoli l’integrale di linea del campo V~ sul percorso infinitesimo, come
somma dei contributi calcolati sui quattro lati:
• Lato 1
Z
~ d~l = V
V ~ (~x − 1/2~kdz) ~jdy = (Vy (~x) + 1/2∂z Vy dz) dy
1
36
Figure 23: Teorema della circuitazione
• Lato 2
Z
~ d~l = V
V ~ (~x + 1/2~jdy) ~kdz = (Vz (~x) + 1/2∂y Vz dy) dz
2
• Lato 3
Z
V~ d~l = V
~ (~x + 1/2~kdz) −jdy
~ = −(Vy (~x) − 1/2∂z Vy dz) dy
3
• Lato 4
Z
V~ d~l = V ~
~ (~x − 1/2~jdy) −kdz = −(Vz (~x) − 1/2∂y Vz dy) dz
4
(∂z Vy − ∂y Vz ) dz dy = (∇ × V~ )x dy dz = (rotV
~ )x dy dz
37
Figure 24: Circuitazione infinitesima
Se si sommano tutti gli integrali sui circuiti infinitesimi i contributi sui lati
adiacenti interni alla superficie si annullano perchè vengono percorsi in senso
opposto, e quindi danno contributo totale nullo.
Solo i lati coincidenti con il perimetro esterno Γ della superficie § danno
contributo non nullo, vale quindi il teorema di Stokes:
I Z
~ d~l =
V ~ ) · dS
rot(V ~
Γ S
38
Figure 25: Il teorema di Stokes
~ · (B
A ~ × C)
~ =B
~ · (C
~ × A)
~ =
~ · (A
=C ~ × B)
~
Dimostrazione.
~ · (B
A ~ × C)
~ = Ai ǫijk Bj Ck = ǫijk Ai Bj Ck =
~ · (C
ǫijk Ai Bj Ck = ǫjkiAi Bj Ck = Bj ǫjki Ai Ck = B ~ × A)
~ =
• Dimostrare che:
~ × (B
A ~ × C)
~ = B(
~ A~ · C)
~ − C(
~ A~ · B)
~
Dimostrazione.
Calcoliamo la componente iesima del vettore risultato:
39
~ × (B
(A ~ × C))
~ i = ǫijk Aj (B
~ × C)
~ k = ǫijk Aj ǫklm Bl Cm = ǫijk ǫklm Aj Bl Cm =
Consideriamo il prodotto ǫijk ǫklm . Ruotando gli indici del primo termine si
ha
~ A·
= δil δjm Aj Bl Cm −δim δjl Aj Bl Cm = Bi Aj Cj −Ci Al Bl = (B( ~ C)−
~ C(~ A·
~ B))
~ i
~) =0
grad(rotV
Dimostrazione:
~ ) = ∂i (rotV
div(rotV ~ )i = ∂i ǫijk ∂j Vk = ǫijk ∂i ∂j Vk =
k = 1 −→ ǫ231 ∂2 ∂3 V1 + ǫ321 ∂3 ∂2 V1 = ∂2 ∂3 V1 − ∂3 ∂2 V1 = 0
perché le derivate parziali miste sono uguali. La stessa cosa viene ripetuta
per k = 2ek = 3.
La somma totale è quindi nulla, come dovevamo dimostrare.
40
• Sia ~v (~x) un campo vettoriale continuo e derivabile, dimostrare che:
~ v
~v × rot(~v ) = grad(1/2v 2) − (~v · ∇)~
Dimostrazione.
Il risultato deve essere un vettore. Calcoliamone quindi la componente
iesima.
41
2 Idrodinamica
2.1 Introduzione
Il compito dell’idrodinamica è quello di studiare il moto dei liquidi. Esistono
sostanzialmente due modi per affrontare il problema:
• Punto di vista lagrangiano (Joseph Louis de Lagrange (1736-1813).
Si considera un elemento infinitesimo di liquido: al tempo t0 esso si troverà
nel punto P~0 (x0 , y0, z0 ). Al passare del tempo, questo elemento di liquido
si sposterà, e le sue coordinate saranno funzioni del tempo:
x = X(P~0 , t0 , t)
y = Y (P~0 , t0 , t)
z = Z(P~0 , t0 , t)
Conoscendo le funzioni X, Y , Z per ogni (P~0 , t0 ) , conosceremo natural-
mente il moto di ogni elemento di liquido.
42
Il volume di liquido che nel tempo dt fluisce attraverso l’intera superficie S è
dato dalla somma di tutti i contributi infinitesimi calcolati sulla superficie:
Z
Q= ~
~v(~x) · dS
S
dM d( ρdV )
R Z
− =− V = ~
ρ~v (~x) · dS
dt dt S
Essendo
dM d( ρdV )
R Z
− =− V = ΦS = div(ρ~v )dV
dt dt V
per ogni superficie, segue che:
dρ
div(ρ~v ) = −
dt
Questa è la prima equazione fondamentale dell’idrodinamica. Esprime matem-
aticamente il principio di conservazione della massa. Come si vede è una proprietà
locale,valida in ogni punto ~x. La massa si conserva IN OGNI PUNTO!
43
Nel caso particolare di un liquido ideale la densità è costante:
dρ
− = 0 = div(ρ~v )
dt
Il campo di velocità di un liquido ideale ha divergenza nulla.
44
2.3 Equazioni del moto e la legge di Stevino
(Leonhard Euler (1707 − 1783) fisico matematico di Basilea, allievo di Johann
Beroulli)
Vogliamo scrivere l’equazione del moto per i liquidi perfetti.
Per fare questo consideriamo un elemento del fluido contenuto in un volume
infinitesimo dV , come indicato in Fig.26. La massa di fluido in esso contenuto è
Figure 26: Legge del moto dei fluidi. Un elemento di fluido soggetto alle forze
di pressione ed alla forza peso.
dm = ρdV
dm~a = dF~
45
• le forze di pressione; sono quelle dovute alla presenza del liquido esterno
al volume considerato. Queste forze agiscono sul fluido dm attraverso la
pressione che, dall’esterno del volumetto, agisce sulle sei facce. Se le pres-
sioni sulle sei facce sono sono diverse la risultante delle forze di pressione è
diversa da zero.
liquido perfetto, sono perpendicolari alle superfici, e che le superici chiuse sono
orientate con i versori uscenti dal volume dV .
46
La risultante delle forze esterne di pressione, nella direzione x è data dalla
differenza di pressione tra le due superici opposte
∂P (x, y, z)
dFx = P (x − 1/2dx, y, z) dy dz − P (x + 1/2dx, y, z) dy dz = − dx dy dz
∂x
Nelle altre direzioni si ottiene
∂P (x, y, z)
dFy = P (x, y − 1/2dy, z) dx dz − P (x, y + 1/2dy, z) dx dz = − dx dy dz
∂y
∂P (x, y, z)
dFz = P (x, y, z − 1/2dz) dx dy − P (x, y, z + 1/2dz) dx dy = − dx dy dz
∂z
Possiamo quindi scrivere la risultante delle forze di pressione come
dF~ = −grad P dV
0 = −grad(P ) − ρgrad(U)
∂P
0=− −g
∂z
∂P
= −g
∂z
che integrata da la legge di stevino:
P + gz = cost
47
2.4 Le equazioni del moto di Eulero
Come sappiamo il metodo che usiamo per la desrizione del moto del fluido è il
metodo euleriano.
Come si collega l’accelerazione istantanea del liquido in un punto al campo di
velocità euleriano?
Per definizione la massa dm che al tempo t si trova in ~x(x, y, z) ha velocità
~v (x, y, z, t). Se aspettiamo un tempo dt essa si sposterà in una nuova posizione
x~′ legata a ~x dalla relazione
La velocità di dm in questo punto sarà data dal valore del campo di velocità
euleriano nel punto ~x′ ma . . . al tempo t + dt.
Deve quindi essere
~ v+ρ ∂~v
ρ(~v · ∇)~ = −grad(ρU) + gradP
∂t
L’equazione del moto ora scritta e l’equazione di continuità div~v = 0 per un
liquido incomprimibile sono chiamate le equazioni di Eulero.
Usando la relazione vettoriale
ovvero
1
grad( v 2 + U + ρ−1 P ) = ~v × rot~v − ∂t~v
2
Un liquido che si trovi in stato di moto irrotazionale (rot~v = 0), diremo che
è soggetto ad un moto di potenziale. La ragione è che, come abbiamo detto
precedentemente, se rot~v = 0 allora esiste una funzione scalare φ tale che ~v =
gradφ. Cioè se il moto è irrotazionale allora il campo di velocità si ottiene da
una opportuna funzione scalare φ che viene chiamata potenziale.
48
Sostituendo nell’equazione di Eulero
si ottiene
grad(1/2v 2 + U + ρ−1 P + ∂t φ) = 0
Sapendo che affinché una funzione di (x, y, z) possa avere gradiente identica-
mente nullo, in un volume aperto e connesso, occorre e basta che essa sia uniforme
(costante nello spazio). In questo caso si può scrivere che
1/2v 2 + U + ρ−1 P + ∂t φ = 0
Nel caso in cui il liquido sia, per esempio, l’acqua di mare e si stia considerando
la sua superficie , dove la pressione è costante rispetto al tempo ed alla posizione
ed uguale alla presione atmoserica P0 , possiamo assorbire il termine costante di
pressione nel potenziale aggiungendovi il termine ρ−1 P0 t.
In questo modo, trascurando il termine quadratico della velocità, abbiamo
gz + ∂t φ = 0
49
2.5 Il teorema di Leonardo
(Leonardo da Vinci (1452-1519) genio universale)
Introduciamo il concetto di linea di flusso e di tubo di flusso. Supponiamo di
essere in condizioni stazionarie; sia dato cioè un campo vettoriale ~v (x, y, z), non
dipendente dal tempo.
Si definisce linea di flusso del campo ~v (x, y, z) passante per un dato qualunque
punto P , quella linea che passa per P ed ha, in ogni suo punto, la tangente
parallela al vettore ~v (x, y, z).,see Fig.28. Da questa definizione si deducono le
equazioni che devono essere soddisfatte dalle linee di flusso:
dx vx dx vx
= ; =
dy vy dz vz
cioè , in generale
dx dy dz
= =
vx (x, y, z, t) vy (x, y, z, t) vz (x, y, z, t)
In generale le linee di flusso cambiano in funzione del tempo. Se il campo
delle velocit non dipende dal tempo il moto si dice stazionario. In questo caso le
linee di flusso coincidono con le traiettorie delle particelle di fluido. Le traiettorie
vecx(x, y, z, t) sono date dalle equazioni:
d~x
= ~v (x, y, z, t)
dt
Diremo che un liquido si muove, in un dato volume, di moto non vorticoso se
rot~v = 0
in ogni punto del volume considerato. In questo caso all’interno del volume
considerato nessuna linea di flusso può essere chiusa su se stessa. Questo si
dimostra procedendo per assurdo.
Supponiamo che esista una linea di flusso Γ chiusa nel volume considerato. In
questo caso l’integrale di linea di ~v sulla curva Γ:
I
~ 6= 0
~v dl
Γ
e quindi rot~v non può essere identicamente nullo. Questo risultato chiarisce, fra
l’altro, l’origine del nome rotore per l’operatore differenziale ∇×.
50
Figure 28: Le linee di flusso sono sempre parallele alla velocità euleriana
Nel seguito, salvo diverso avviso, tratteremo il caso di moto non vorticoso
(irrotazionale).
Data una superficie S, chiameremo tubo di flusso che si appoggia su S il
volume definito dall’insieme delle linee di flusso che attraversano S. Chiameremo
poi parete del tubo di flusso la superficie definita dalle linee di flusso che si
appoggiano sul bordo della superficie S,
Osserviamo che, data la definizione di tubo di flusso, il liquido in moto non
può attraversare la parete laterale perchè, sulla parete, la velocità del liquido non
ha componente ortogonale.
Consideriamo allora due superfici S1 ed S2 che si appoggiano entrambe allo
stesso tubo di flusso. (vedi Figura 29). Consideriamo il volume V definito dalla
superficie S costituita da S1 ed S2 e dalla superficie laterale S del tubo di flusso
che va da S1 ad S2 .
Applichiamo a questo volume il teorema della divergenza del vettore densità
di corrente J~ = ρ~v :
Z Z Z Z Z Z
0= div J~ dV = div(ρ~v) dV = ρ~v d~s = J~ d~s + ~ s+
Jd~ ~ s
Jd~
V V ST OT S1 S2 S
51
Figure 29: Il tubo di flusso ed il teorema di Leonardo
Osserviamo che nei due integrali rimasti l’orientamento delle due superfici
è quello definito dal Teorema di Gauss, ovvero secondo la normale uscente dal
volume V.
Il risultato ottenuto stabilisce quindi che la portata entrante il tubo di flusso
in S1 , dove il vettore ~v è opposto al vettore d~s, è uguale alla portata in uscita
sulla superficie S2 . Non è altro che la conservazione della massa del liquido.
Se il tubo di flusso è abbastanza stretto da poter assumere che la velocità del
liquido sia la stessa nei vari punti della superfici d’ingresso ed uscita, allora si ha
ovvero che, lungo un tubo di flusso (per esempio, lungo una condotta, un fiume
ecc) la velocità media del liquido è inversamente proporzionale alla sezione del
tubo. Questo risultato è noto come Teorema di Leonardo.
52
Suppuniamo di essere in condizioni di moto stazionario, e consideriamo un
generico tubo di flusso infinitesimo, che si appoggia su due superfici dS1 e dS2 ,
ortogonali al tubo stesso, vedi Fig.30.
53
Quello dovuto alla forza peso è stato, assumendo di spostarci nel campo grav-
itazionale terrestre con accelerazione di gravità costante:
dLg = dm g h
Per il teorema dell’energia cinetica la somma di queste due quantità deve
uguagliare la variazione di energia cinetica della massa dm.
Fissato un livello di riferimento arbitrario, possiamo scrivere il dislivello tra
le due superfici come differenza delle due altezze h = h1 − h2. In questo caso
possiamo scrivere:
1
dm(v22 − v12 ) = dm ρ−1 (p1 − p2 ) + dm g (h1 − h2 ))
2
ovvero:
1 1
p1 + ρ g h1 + ρ v12 = p2 + ρ g h2 + ρ v22
2 2
che esprime, appunto, il Teorema di Bernoulli. Esso è quindi niente altro che
l’espressione della conservazione dell’energia meccanica nel moto di un liquido
ideale.
Dividendo l’equazione di conservazione precedente per ρ g, otteniamo un’altra
forma del Teorema di Bernoulli, cioè
1 2
(g ρ)−1 p1 + h1 + v = costante
2g 1
Dimensionalmente ciascun addendo ha le dimensioni di una lunghezza: la
prima viene chiamata altezza piezometrica, la seconda altezza geometrica e la
terza altezza cinetica : il Teorema di Bernoulli stabilisce che la somma algebrica
di queste tre altezze é costante nel liquido in moto. Si noti che il Teorema di
Bernoulli stabilisce che la costante a cui è pari la somma delle tre altezze sopra
citate è indipendente dalla posizione solo entro il tubo di flusso considerato.
Solamente nel caso in cui il moto sia anche irrotazionale oltrechè stazionario,
allora essa è indipendente dalla posizione nel liquido, come mostrato a partire
dall’equazione di Eulero !
54
Figure 31: Teorema di torricelli: La velocità di uscita del liquido è uguale a quella
della caduta libera da un’altezza h
Questo risultato è, come dicevamo, una conseguenza della conservazione dell’energia
meccanica che, nei liquidi ideali, abbiamo visto essere descritta dal Teorema di
Bernoulli.
Come abbiamo visto, nel moto irrotazionale di un liquido ideale, in con-
dizioni stazionarie, la somma delle altezze piezometriche, geometriche e cinetiche
è costante.
Osserviamo che al livello del pelo del liquido ed all’uscita dell’orifizio la pres-
sione, e dunque anche l’altezza piezometrica, è la stessa (la pressione coincide in
entrambi i casi con quella atmosferica, che, almeno se h non è troppo grande, è
la stessa).
L’altezza cinetica è praticamente nulla in alto (grande sezione della botte
rispetto a quella del rubinetto), mentre quella geometrica è nulla in basso (pren-
dendo quello del rubinetto come livello di riferimento): per il Teorema di Bernoulli
ne segue che, se h è il dislivello fra il pelo liquido ed il rubinetto, e v la velocità
di uscita, risulta
v2 q
h= −→ v = 2gh
2g
che, formalmente, è lo stesso risultato che otterremmo nel moto di caduta del
liquido nel campo di gravità della Terra, partendo da fermo, da un’altezza h.
55
2.8 Il Tubo di Venturi
Un’altra applicazione del Teorema di Bernoulli è rappresentata dal cosiddetto
Tubo di Venturi , usato, per esempio, per misurare la portata di una condotta,
vedi Fig.32.
Si tratta di un tubo orizzzontale, che presenta una strozzatura: la differenza
di pressione del liquido nella sezione normale e in qualla strozzata consente, note
le due sezioni, di conoscere la portata della condotta. All’esterno di un aereo, per
esempio, permette di misurare la portata dell’aria e, quindi, la velocità dell’aereo
rispetto all’aria.
Q = S1 v1 = S2 v2
56
da cui si ricava che la portata volumetrica è data da
v
2(p1 − p2 )
u
u
Q = S 1 S2 t
ρ(S1 2 − S2 2 )
Un’altra interessante applicazione del tubo di Venturi è quella di usarlo per
estrarre l’aria da recipienti chiusi fino ad avere pressioni dell’ordine di qualche
millesimo di pressione atmosferica. Può essere usato come mostrato in figura
usando semplicemente un flusso d’acqua (per esempio, di rubinetto).
Figure 33: In una lamina di liquido viscoso, in moto laminare, la forza di attrito
prodotta è proporzionale alla differenza di velocità tra il pelo superiore e quello
inferiore, alla superfice di contatto considerata, ed inversamente proporzionale
allo spessore della lamina. Il coefficiente di proporzionalità è, per definizione, la
viscosità.
In assenza di viscosità non dovrebbe essere necessaria alcuna forza per man-
tenere la lamina in movimento, invece osserviamo quanto segue:
57
• occorre applicare alla lamina una forza F nella direzione del moto, pro-
porzionale alla superficie della lamina, proporzionale alla sua velocità e
inversamente proporzionale alla distanza fra le lamine
ηSv0
F =
d
La costante di proporzionalità dipende dal liquido e si chiama coefficiente
di viscosità dinamica, le sue dimensioni sono Kg (ms)−1
~ · grad(vi)
dFi = ηdS
dFz−y = ηdxdydz∂x ∂x vx
dFx−z = ηdxdydz∂y ∂y vx
Quindi, in definitiva, la componente dFx della forza di origine viscosa che
agisce sull’elemento di liquido considerato vale:
dFx = η dV ∇2 vx = η dV △vx
58
dove dV è il valore del volume considerato dV = dxdydz e ∇2 = △ è l’operatore
scalare laplaciano, definito come
∇2 = ∂x 2 + ∂y 2 + ∂z 2
Questo risultato, ottenuto per la componente dFx agente sul volumetto con-
siderato, si generalizza banalmente alle altre componenti, per cui, in definitiva,
la forza di origine viscosa agente su di esso vale
dF~ = η dV ∇2~v
dalla quale
~a = −gradU − ρ−1 − ηρ−1 ∇2~v
Come sappiamo l’accelerazione ~a è legata al campo delle velocità euleriano
dalla relazione
~a = (vi ∂i )~v + ∂t~v
per cui abbiamo infine
59
Nel caso di un liquido viscoso in moto irrotazionale, ricordiamo che la densità
del liquido è costante per ipotesi, essa diventa
1
∂t~v = −grad(U + P − gradv 2) + ν∇2~v
2
Nel caso di moto stazionario si ha
60
pressione per immettere una massa dm = ρSvdt = ρQdt nella condotta, esso vale
61
Figure 34: In un recipiente in rotazione uniforme il pelo dell’acqua ha una forma
parabolica
ω2 2
z − z0 = R
2g
6.282
z − z0 = 0.0225 = 0.045m = 4.5cm
19.62
62
mondiale (vero solo in media ...), e che la densità dell’acqua sia costante ovunque
(salinità costante). Ne segue che sulla superficie del mare il potenziale per unità
di massa, determinato dalla gravità e dal campo centrifugo dovuto alla rotazione
diurna della Terra sul suo asse, deve avere un valore costante, ovvero la superficie
del mare deve essere una equipotenziale.
Circa la gravità, assumeremo anche, in prima approssimazione, che sia lecito
trattare il problema come se tutta la massa della Terra fosse concentrata nel suo
centro. Come sappiamo questo è rigorosamente vero solo se la distribuzione di
massa della Terra ha simmetria sferica.
Chiamando allora ω la velocità angolare della Terra sul suo asse (vedi Fig.
35)
Figure 35: Deformazione della superficie oceanica causata della rotazione terrestre
2π 2π
ω= = rad/s ≈ 7.272 10−5rad/s
T 86400
indicando con G la costante di gravitazione universale
63
ed indicando con M la massa dell’intera Terra, in coordinate sferiche abbiamo
che la superficie oceanica deve verificare l’equazione
GM 1
− − ω 2R2 sin2 (θ) = cost
R 2
L’equazione implicita
R = R(θ, φ)
GM
= gR0 = 9.81 × 6.4 × 106 = 6.28 × 107 (m/s)2
R0
mentre risulta invece
1 2 2
ω R0 = 1.08 × 105(m/s)2
2
E’ dunque chiaro che possiamo trattare il termine centrifugo come una per-
turbazione (piccola) a quello gravitazionale. Introduciamo per questo la quantità
δR = R − R0
δR
e sviluppiamo al primo ordine in R 0
l’ equazione della superficie equipoten-
ziale. Essendo
1 1 1 δR
= δR ≈ − 2
R0 + δR R0 (1 + R ) R0 R0
e confondendo R con R0 (considerandoli uguali) nel termine 12 ω 2R2 sin2 (θ), risulta
GM δRGM 1 GM
− + 2
− ω 2 R02 sin2 (θ) = −
R0 R0 2 R0
64
da cui si ottiene
1
δRg − ω 2 R02 sin2 (θ) = 0
2
ovvero
δR 1
= ω 2R0 sin2 (θ) = Ksin2 (θ)
R0 2g
dove abbiamo posto
1 2
K= ω R0 ≈ 1.725 × 10−3
2g
Il fatto che K ≪ 1 conferma la liceità di fermarsi al primo ordine nello sviluppo
di 1/(R + δR).
Da quanto abbiamo detto, segue quindi che
z2 y2 x2
+ + =1
R02 (R0 (1 + K))2 (R0 (1 + K))2
R2
R2 cos2 (θ) + sin2 (θ) = R02
(1 + K)2
1
R2 + R2 ( − 1)sin2 (θ) = R02
(1 + K)2
65
R2 − 2KR2 sin2 (θ) ≈ R02 −→ R2 (1 − 2Ksin2 (θ)) ≈ R02
66
2.13 Legge di Poiseuille
Vediamo adesso di legare la resistenza R al coefficiente di viscosità introdotto
prima ed ai parametri geometrici della condotta.
Immaginiamo, per semplicità, che si tratti di una condotta a sezione circolare,
per avere un sistema a simmetria cilindrica, e che il moto sia laminare.
Essendo il sistema a simmetria cilindrica ci aspettiamo che la velocità sia una
funzione di r e sia massima al centro della condotta.
Consideriamo la lamina di liquido di lunghezza L compresa nella corona cilin-
drica di raggi r ed r + dr, vedi Fig.36. La superficie esterna della corona subisce,
a causa dell’attrito con il liquido esterno che si muove più lentamente, una forza
diretta nel verso opposto al moto ( dv(r)dr
è negativa perché la velocità decresce
con r), la cui componente è pari a
dv
F (r + dr) = ηS(r + dr) (r + dr)
dr
La superficie interna, a sua volta, è spinta nella direzione del moto dalla forza
dv
−F (r) = −ηS(r) (r)
dr
67
Occorre tenere presente che nel verso del moto è presente anche la forza che
si origina dalla differenza di pressione fra i due estremi della lamina, data da
∆P 2πrdr
Siccome il liquido non accelera, la somma di queste forze deve essere nulla,
per cui
F( r + dr) − F( r) + ∆P 2πrdr = 0
da cui otteniamo
dF
= −∆P 2πr
dr
d’altronde
dF dS dv d2 v
= η( +S 2 )
dr dr dr dr
per cui otteniamo
dS dv d2 v
η( + S 2 ) = −∆P 2πr
dr dr dr
Essendo l’area interna della corona circolare al raggio r data da
S(r) = 2πrL
si ottiene
dv d2 v
η(2πL + 2πrL 2 ) = −∆P 2πr
dr dr
ovvero, dividendo per 2πηrL e ponendo A = ∆P L
(per quanto detto questa
grandezza è indipendente la L e rappresenta appunto la perdita di carico), otte-
niamo
1 dv d2 v A
+ 2 =−
r dr dr η
la cui soluzione che soddisfa la condizione al contorno v(r0 ) = 0 è
A(r0 2 − r 2 )
v(r) =
4η
Dunque il profilo della velocità nel tubo è parabolico, con valor massimo
Ar0 2
v(0) =
4η
Possiamo utilizzare adesso questo profilo di velocità per calcolare la portata
del tubo. Occorre integrare da r = 0 ad r = r0 la seguente funzione
Z
2πA Z
Q= 2πrdrv(r) = rdr(r02 − r 2 )
4η
68
d’altronde l’integrale vale
Z
r04
rdr(r02 − r 2 ) =
4
per cui abbiamo
2πAr04 π∆P r04
Q= =
16η 8ηL
Questo risultato è noto come legge di Poiseuille. Essa stabilisce che in con-
dizioni di moto laminare, la portata di un tubo è direttamente proporzionale alla
differenza di pressione fra gli estremi del tubo, alla quarta potenza del raggio ed
inversamente proporzionale alla lunghezza del tubo ed al coefficiente di viscosità
πr 4 ∆P
Q=
8ηL
da cui segue che la resistenza opposta dalla condotta al moto del liquido vale
8ηL
R=
πr 4
69