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Sintesi teoria linguaggi - pdf

Teoria dei linguaggi (Università degli Studi di Palermo)

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Teoria dei linguaggi – sintesi

Enunciatore: è un’entità formale astratta che definisce uno dei costituenti principali
(parametro) della situazione di enunciazione. Esso è il segno di un posto vuoto in una
formula metalinguistica che descrive alcune operazioni enunciative fondamentali. Esso
non deve essere confuso con “locutore”, laddove questo indica una persona fisica
situata nello spazio e nel tempo, che partecipa alla produzione effettiva del discorso. Il
termine soggetto enunciatore è tecnico e non ha nessuna connotazione psicologica. La
sua introduzione nel sistema di rappresentazioni metalinguistiche avviene tramite un
parametro metalinguistico indipendente da un particolare enunciatore concreto. Difatti
se si sostituisce al parametro metalinguistico - inteso come un genere di variabile
formale – una costante individuale, si otterrà la realizzazione di un’enunciazione
concreta.

Coenunciatore: Immagine speculare dell’enunciatore. Esso rappresenta l’immagine


astratta che il locutore si fa in relazione all’enunciato. Questo vocabolo è il nome
metalinguistico delle rappresentazioni che il locutore ha di sé, dell’altro e delle
relazioni di identità/alterità tra sé e l’altro. Non è da confondere con la sua controparte
concreta, il collocutore (o allocutore/interlocutore), dove quest’ultimo è dotato di una
collocazione fisica nello spazio e nel tempo. Si tratta [il coenunciatore] di un costrutto
metalinguistico elaborato per riflettere sui delicati equilibri intrapsichici (e
interpsichici) del locutore. È possibile analizzare meglio lo statuto di questa figura
metaforizzandola come l’immagine riflessa allo specchio da cui viene ricavato sia un
rapporto di identità e sia un rapporto di alterità.

Rappresentazione, referenziazione e regolazione:

- Rappresentazione: polioperazione che consiste nella costruzione di artefatti


indipendenti dalla realtà esterna. Il termine copre una vasta serie di attività
cognitive soggiacenti alla costituzione di sostituti simbolici della realtà esterna.
Il vocabolo “cognitivo” va inteso in senso tale da comprendere tutti gli aspetti
della vita mentale umana (secondo J. Piaget). Il termine “rappresentazione” è
adoperato per indicare tre diversi livelli di applicazione: rappresentazioni
nozionali (di livello 1); rappresentazioni linguistiche (di livello 2);
rappresentazioni metalinguistiche (di livello 3). L’obiettivo di TOPE è quello di
esaminare i rapporti tra questi livelli; nello specifico: ri-costruire sul piano
metalinguistico (livello 3) le operazione di linguaggio (livello 2) soggiacenti alla
costituzione di testi ed enunciati (livello 2).

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- Referenziazione: costruzione enunciativa di valori referenziali; nei termini di


Bouscaren, essa viene definita come costruzione della significazione. La nozione
partecipa alle operazioni di referenziazione nel senso che gli enunciatori
producono e riconoscono certi valori referenziali per degli enunciati dati. Il
valore referenziale è adoperato in riferimento alle proprietà che ogni termine
riceve entro un determinato sistema di ancoraggio: L’operazione in esame
fornisce a X un valore referenziale, ossia la determinazione di una proprietà che
prima non possedeva. Il termine “valore referenziale” non è da confondere con il
termine “referente”; laddove il primo è un’entità intra-linguistica mentre il
secondo è un’entità extra-linguistica.

- Regolazione: lavoro di intercomprensione tra enunciatori e coenunciatori.


Designa un’insieme di operazioni di linguaggio che garantisce il funzionamento
fisiologico dell’attività discorsiva – ossia il modo in cui essa si manifesta. In
TOPE, il vocabolo “aggiustamento” è, grosso modo, sinonimo si “regolazione”;
quando parliamo di “aggiustamento” asseriamo che l’essere umano è ‘l’IO’ e il
‘TU’ in una relazione di reciprocità. Quest’ultimo vocabolo è adoperato in
riferimento a due fenomeni correlati, quali: gli scambi verbali e le
rappresentazioni che emergono da tali scambi. “reciprocità” significa che vi è
“scambio”, o ancora, “specularità”. Le operazioni di regolazione sono così
centrate sulla costruzione delle relazioni intersoggettive che caratterizzano
l’interlocuzione. La regolazione interessa prioritariamente la sfera immaginaria
dell’intersoggettività; si nota che l’intersoggettività non è l’interlocuzione; la
prima riguarda il piano immaginario delle relazioni tra “identità/alterità” tra
enunciatore e coenunciatore, mentre la seconda riguarda il piano fisico delle
articolazioni fonatorie tra locutori e collocutori. In riferimento alla
produzione/comprensione degli enunciati, i vocaboli “regolazione” e
“aggiustamento” designano, per certi versi, un sistema di operazioni che media
tra la costruzione degli enunciati in situazioni e, per un altro, la “decostruzione”
degli enunciati costituiti – ossia il processo inverso che permette di risalire alle
rappresentazioni e ai valori nozionali di cui sono traccia i marcatori componenti.
La nozione di aggiustamento è basata sull’idea che non vi sono enunciati belli e
fatti, bensì enunciati prodotti da un soggetto in maniera tale che l’altro andrà a
ricostruire a partire dai marcatori di rappresentazione, poi comincerà da una
configurazione di marcatori per ricostruire un valore da assegnare all’enunciato.
La decostruzione inizierà dai tracciatori di operazioni o marcatori rilasciati
dall’enunciatore. Tale sistema di operazioni susseguite non è riconducibile
tuttavia alle regole di un codice – ovvero ad un insieme finito di istruzioni che
istituisce corrispondenze biunivoche tra forme e valori. L’idea di “codice”,
applicata al linguaggio, è fuorviante e profondamente irrealistica perché le
corrispondenze tra forme e valori non sono del tipo “uno-uno”, bensì “uno-molti,
o “molti-uno”. Da qui i fenomeni di polisemia – e, per lo più in generale, le
ambiguità e le ambivalenze che ‘inoculano’ nel discorso i germi del malinteso e
del fraintendimento. Sistemi di costruzione e decostruzione garantiscono al
massimo un’intercomprensione reciproca ma non la trasparenza assoluta;

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ovvero sia l’univocità priva di indeterminazioni (anche minime) di cui hanno


origine l’interpretazione e il lavoro della riformulazione parafrastica. In altre
parole, ciò a cui l’altro ricostruisce (e a cui può risalire) non è mai identico a
quanto prodotto dal locutore, bensì, al limite, analogo o affine. In TOPE , le
operazioni di linguaggio soggiacenti alla costruzione dell’enunciato prevedono,
oltre alle articolazioni fonatorie di routine, un lavoro cognitivo di tipo non
verbale – o ‘silenzioso’ – che permette a ciascun locutore di farsi un’immagine
dell’interlocutore. Il locutore produce degli enunciati in funzione dell’immagine
che si fa l’interlocutore, quest’immagine è dotata di statuto metalinguistico
sotto la forma di un punto di riferimento intersoggettivo astratto chiamato
appunto “coenunciatore”. Possiamo bensì dire che le rappresentazioni che si fa
il locutore dell’altro sono vincoli epilinguistici che agiscono sulla formazione e
sull’interpretazione degli enunciati prodotti – producibili. Mélis afferma che il
coenunciatore è un’immagine astratta dell’interlocutore che interviene a monte
nella formazione dell’enunciato; in quanto tale esso non è semplicemente il
destinatario di un concetto che il locutore ha fatto pervenire, bensì un attore
che partecipa alla costruzione del contenuto.

Attività di linguaggio: insieme delle operazioni di rappresentazioni, regolazione e


referenziazione. Il termine designa l’insieme di pratiche ed operazioni soggiacenti alla
circolazione dialogica del senso. Esso si riferisce ad una varietà di fattori eterogenei:
contenuti mentali non immediatamente (o non necessariamente) verbalizzati;
condotte di ordine mimico-gestuale basate sulla corporeità; riti e ritualizzazioni
culturali; ogni forma di prassi all’origine di tecniche e artefatti che sono il precipitato di
valori estetici, funzionali e religiosi. Nel lessico di TOPE, il complesso di tali fattori
viene chiamato “ideoprassi”. L’attività di linguaggio, perciò, è un’attività ideoprassica.

Dominio nozionale: classe di occorrenze astratte di una nozione. Laddove “nozione”


indica un insieme di proprietà eterogenee che coprono aspetti specifici della vita
biologica, fisica e culturale di ogni essere umano e ciascuna di tali proprietà è la
traccia cognitiva di interazioni finemente distribuite tra l’individuo e il mondo esterno.
A un livello più fine di dettaglio, un dominio nozionale istanzia la struttura di uno
spazio topologico – ossia di un aggregato di occorrenze nozionali possibili che può
essere descritto nei termini di una struttura matematica astratta. È possibile,
attraverso l’analogia di uno spazio topologico, definire i concetti di “interno”, “esterno”
e “frontiera” al fine di descrivere i rapporti tra le occorrenze possibili di una nozione. In
particolare: il concetto di “interno” è adoperato per designare tutte le occorrenze di
una nozione con l’occorrenza-tipo o “centro organizzatore” della nozione; quest’ultimo
designa il punto di riferimento che permette di mettere in relazione le occorrenze (e le
proprietà) di una nozione: ci sarà perciò un’occorrenza ‘privilegiata’ (o occorrenza
intercambiabile, comparabile o qualitativamente indiscernibile) che funge da centro
organizzatore. Questo concetto è alla base dell’operazione di “regolazione
intersoggettiva”, laddove l’intercomprensione tra soggetti è dipesa da una
condivisione di occorrenze – manifestate da marcatori – che concentrano delle
proprietà conformi rispetto ad un occorrenza-tipo, durante uno scambio dialogico.
“L’interno” di una nozione è costituito dalle occorrenze che entrano in una relazione di

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identificazione con il centro organizzatore; si tratta quindi di un concetto riferito a tutte


le occorrenze che possiedono “le proprietà costitutive” della nozione. Il concetto di
“esterno” è riferito alle occorrenze che non hanno alcuna proprietà del centro
organizzatore; il concetto di “frontiera”, invece, indica delle occorrenze che possiedono
sia proprietà del centro organizzatore sia proprietà ‘altre’ – ovvero “proprietà
dell’interno e dell’esterno. È solo attraverso i testi o, in generale, attraverso i prodotti
dell’attività discorsiva che si ha accesso alle nozioni e ai domini nozionali associati. Per
esempio: la nozione /dipinto/ si manifesta attraverso varietà di occorrenze enunciative
che possono essere descritti nei termini di punti di uno spazio topologico dato.
“Questo sì che è un dipinto” – espressione analoga alla rappresentazione topologica di
un punto interno (di un dominio nozionale); “questo non è per niente un dipinto” –
questa analoga invece ad un punto esterno; “questo è un dipinto così e così” –
quest’ultima analoga ad un punto di frontiera. Chiameremo “gradiente” un continuum
graduato di occorrenze nozionali che esibiscono gradi differenti di conformità rispetto
al centro organizzatore della nozione. Un dominio nozionale è ricavato (o generato)
dall’operazione di “frammentazione”, ovvero sia un’operazione di linguaggio che
permette di transitare dalla nozione ad un aggregato di occorrenze situate. Con la
frammentazione (o quantificabilizzazione) si passa dalla nozione, strettamente
predicativa (“essere-dipinto”) al dominio nozionale di occorrenze astratte (possibili).
Meglio ancora, una nozione frammentata è un’entità predicativa munita di estensione
- là dove l’estensione rimanda all’insieme di occorrenze possibili che istanziano la
nozione. In altre parole, la frammentazione garantisce il passaggio da qualcosa di
immateriale e indicibile (la nozione) a qualcosa di materiale e dicibile (le occorrenze
astratte della nozione). Quest’operazione fa passare da una proprietà a oggetti
categorizzati rispetto a quella proprietà. Il passo successivo alla frammentazione è la
scelta di un occorrenza astratta rispetto alla costituzione di una relazione predicativa
(ossia una “lexis”) situata (o enunciata), quest’operazione successiva è detta
“costruzione dell’esistenza” . Per “esistenza” si intende il fatto che l’occorrenza è
parte integrante di una pratica discorsiva (o di un testo). Questa fase è data da
un’operazione ulteriore, “l’estrazione”: ovvero la selezione di un occorrenza astratta
da un dominio nozionale e di ancorarla ad una situazione di enunciazione particolare.
Altra caratteristica relativa al dominio nozionale è il suo “centro attrattore”, questo
indica una rappresentazione immaginaria astratta che rimanda al valore estremo (o
assoluto) della nozione: questo termine deve essere visto come la rappresentazione
del valore assoluto della proprietà (o predicato). Per chiarire meglio il punto, si apre
una rappresentazione esemplare: consideriamo di dover acquistare una penna; il
negoziante ne mostra un’ampia gamma (di esemplari) e poi inizia a ordinarli: “questa,
non si può chiamare certo una penna; questa, è una penna cattiva; quest’altra è già
qualcosa che sia avvicina a una penna, ma ancora deve arrivare; tuttavia, se lei
desidera una vera penna, che merita questo nome, allora prenda proprio questa!”.

Occorrenza: generalmente una componente di una nozione. L’accezione del termine


è suddivisa in diversi aspetti. Occorrenza linguistica; riferita a marcatori (parole,
morfemi, particelle, variazioni prosodico-intonazionali, etc) – nel caso più elementare,
da occorrenze linguistiche come “disegno”, “immagine”, “diagramma”, “disegnatore”,
“illustratore”, “disegnare”, “illustrare”, etc. è possibile risalire alla nozione /disegno/.
Occorrenza fenomenica; riferita a oggetti fisici (naturali e artificiali) che l’individuo
impara a riconoscere nel corso dell’esistenza: si tratta perciò di entità concrete, ossia
di ordine empirico. Occorrenza astratta; riferita a un esemplare virtuale (o possibile): si

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tratta di occorrenze non situate (‘non ancorate in una situazione di enunciazione’) di


una nozione la cui costruzione è un’operazione peculiare che permette di trascendere
l’universo empirico delle occorrenze fenomeniche – è da queste ultime che il soggetto
ne crea nuovamente degli esemplari mentali (o immaginabili). Le occorrenze astratte
sono definite differenti e omogenee: differenti perché ogni occorrenza è sempre
un’occorrenza particolare – ossia il precipitato di proprietà singolari e irriducibilmente
specifiche; omogenee perché, al di sotto delle proprietà che le qualificano e le
distinguono, sono riconducibili alla stessa nozione di cui esse sono i “rappresentanti”.
Un ultimo aspetto da tenere conto è l’impiego della prima accezione di occorrenza
(occorrenza linguistica) adoperata come sinonimo di “operazione di ancoraggio”
attraverso una situazione di enunciazione. Da un punto di vista metalinguistico, un
evento enunciativo corrisponde all’ancoraggio di una nozione ad una situazione di
enunciazione.

Attività verbale: serie di atti reciproci di ascolto e fonazione che caratterizzano il


piano dell’interlocuzione – ossia i rapporti tra locutori e collocutori: va distinta dal
livello del linguistico e dal linguaggero. “Linguistico” qualifica un sistema di relazioni
esistente in una lingua, e in generale, l’insieme delle regole di cui un soggetto si è
appropriato. “Linguaggero” invece rinvia all’attività di linguaggio del soggetto entro
‘situazioni date’, ovvero sia designa l’insieme variegato di fattori eterogenei che
coprono aspetti psicologici, pratiche simbolico-rituali e condotte mimico-gestuali, o in
generale dell’uso della corporeità.

Linguistico: complesso di regole che specificano l’apparato formale di una lingua


storico-naturale. Da non confondere con “verbale” che indica solamente l’insieme di
atti di produzione (nel senso di fonazione) e audizione.

Operazione e poli-operazione:

- Operazione: processo inerente la costruzione di un enunciato. TOPE prevede


l’uso di questo termine per due significati precisi: un significato di tipo cognitivo,
in base al quale si incentrano le “operazioni mentali” soggiacenti alla
costituzione di un enunciato; un significato di tipo metalinguistico, relativo ai
calcoli eseguiti dal linguista nella ricostruzione formale di tali operazioni. La
differenza che intercorre tra i due significati sta nella fase di osservazione
(riflessione) che ne caratterizza il secondo uso terminologico. In linea generica,
un’operazione costituisce l’esecuzione dell’applicazione di operatori n-ari su n
operandi.

- Poli-operazione: complesso di operazioni che si attivano in blocco o


simultaneamente. Ad es: l’articolo una è un marcatore che condensa due (o tre)
operazioni distinte, singolarizzazione e femminilizzazione (e indeterminazione).
È impossibile stabilire quale operazione venga prima: esse cooperano assieme.

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Epilinguistica: attività metalinguistica non cosciente del soggetto, detta anche


razionalità silenziosa – ossia non verbalizzata – soggiacente alle operazioni di
linguaggio del locutore. Culioli osserva che l’attività linguaggera presuppone
un’attività epilinguistica costante (definita altresì come un’attività metalinguistica non
cosciente). L’impiego di tale definizione è risultata ambigua. Normand osserva che
l’attività metalinguistica è per definizione ‘cosciente’. Questo dilemma della corretta
definizione del termine è emerso nelle parole di Culioli in seguito; Culioli: “voi riflettete
sulle rappresentazioni che utilizzate senza essere del tutto coscienti” - Normand:
“eppure, lei mi sta dicendo <<voi riflettete>>, vuol dire che tutto questo dunque
diviene un’operazione cosciente?” - Culioli: “il problema è che <<riflettere>> è
interpretato come un’operazione cosciente: proviamo a trovare un altro verbo per
indicare che tutto questo ‘gira’ nella nostra testa – ma purtroppo non c’è!”. Poco più
avanti, e con passo più cauto, Culioli opta per una soluzione più attenta suggerita da
Normand; ossia accetta di adoperare il vocabolo “epilinguistico” in riferimento ad
un’attività cognitiva ‘generica’ (“di ciò che gira nella nostra testa”), che spetta al
linguista descrivere sul piano metalinguistico. Normand: “ciò vuol dire che ‘ciò che
gira’ sono precisamente quelle operazioni che si cerca di formulare sul livello ‘meta’?”
– Culioli: “proprio così”. Dopo questa spiegazione, i contorni di quest’attività sono
tuttavia chiariti. L’epilinguistica è la fonte generativa delle rappresentazioni, in larga
parte inconscie, di cui ogni marcatore è traccia. “Il termine <<epilinguistico>> lo
impiego in riferimento ad un’attività permanente di cui non abbiamo coscienza e che
ci fornisce le sue rappresentazioni” [Culioli]. Tali rappresentazioni non sono dei blocchi
cognitivi separati, piuttosto di tratta di “materiali nozionali” ‘fusi assieme’, che
‘cortocircuitano’ (poiché contraddittori) o che sfumano gli uni negli altri, “che si
incrociano e che collidono” [Culioli]. Da qui le polisemie lessicali e le ambivalenze
costitutive dell’attività di linguaggio. Sempre per Culioli e Normand, l’attività
epilinguistica poggia su operazioni mentali che condividono un carattere di invarianza
(o “resistenza”) con il concetto di “creodo”. Quest’ultimo termine, coniato da
Waddington, va a designare negli studi embriogenetici una successione di stadi
evolutivi che, soggetta a perturbazioni aleatorie, rimane invariante. Un creodo, ossia
una traiettoria di sviluppo (“cammino stabile”) garantisce il compimento di una certa
struttura biologica (o di un organo). Nel nostro senso, il termine è da intendersi come
un cammino (mentale) stabilizzato fra cammini possibili. Si osserva che i risultati di tali
operazioni mentali sono imprevedibili esattamente com’è imprevedibile l’emergenza di
una traiettoria di sviluppo stabile da un ventaglio di traiettorie possibili. I creodi sono
intesi come ‘cammini’ necessari e nello stesso tempo contingenti. Per concludere,
l’attività epilinguistica corrisponde al modo di funzionamento inconscio (storicamente
e biologicamente determinato) dell’attività di linguaggio.

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