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Di qualche anno più giovane di Plinio il giovane nato nel 61/62 d.C.
Originario forse delle Gallia Cisalpina o Narbonese, dove le fonti
epigrafiche attestano il cognomen Tacitus
Quaestor Augusti sotto Tito
Pretore e quindecemvir sacris faciundis 88 d.C. sotto Domiziano
89-93 è fuori da Roma per comando o governo di una provincia
93 d.C. muore il suocero giulio Agricola
97 d.C. consul suffectus (supplente sotto Nerva al posto di Verginio
Rufo defunto
100 d.C. Tacito e Plinio il Giovane impegnati nel processo contro
Mario Prisco accusato di corruzione nel governo dell’Africa
112 d.C. proconsole d’Asia sotto Traiano
120/125 d.C. morte
42. Domiziano, d'altra parte, pur incline per indole all'ira tanto più implacabile se
soffocata, era in parte acquietato dalla misurata prudenza di Agricola, che non
cercava la gloria sfidando la morte con spavalderia e con vana esibizione di
libertà di spirito. Sappiano coloro che son soliti ammirare i gesti di ribellione che
anche sotto cattivi principi vi possono essere uomini grandi e che una riservata
obbedienza, se accompagnata da energica operosità, può innalzare al vertice di
quella gloria di cui molti si ammantano ostentando il sacrificio della propria vita,
attraverso arduo percorso e senza vantaggio per lo stato
2.Dedimus profecto grande patientiae documentum; et sicut vetus aetas
vidit quid ultimum in libertate esset, ita nos quid in servitute, adempto per
inquisitiones etiam loquendi audiendique commercio. Memoriam quoque
ipsam cum voce perdidissemus, si tam in nostra potestate esset oblivisci
quam tacere.
[3] Nunc demum redit animus; et quamquam primo statim beatissimi saeculi
ortu Nerva Caesar res olim dissociabilis miscuerit, principatum ac
libertatem, augeatque cotidie felicitatem temporum Nerva Traianus, nec
spem modo ac votum securitas publica, sed ipsius voti fiduciam ac robur
adsumpserit, natura tamen infirmitatis humanae tardiora sunt remedia
quam mala; et ut corpora nostra lente augescunt, cito extinguuntur, sic
ingenia studiaque oppresseris facilius quam revocaveris: subit quippe etiam
ipsius inertiae dulcedo, et invisa primo desidia postremo amatur. Quid, si
per quindecim annos, grande mortalis aevi spatium, multi fortuitis casibus,
promptissimus quisque saevitia principis interciderunt, pauci et, ut ita
dixerim, non modo aliorum sed etiam nostri superstites sumus, exemptis e
media vita tot annis, quibus iuvenes ad senectutem, senes prope ad ipsos
exactae aetatis terminos per silentium venimus? Non tamen pigebit vel
incondita ac rudi voce memoriam prioris servitutis ac testimonium
praesentium bonorum composuisse. Hic interim liber honori Agricolae
soceri mei destinatus, professione pietatis aut laudatus erit aut excusatus.
Ora si racconta che sono immigrati in quelle terre i Camavi e gli Angrivari,
una volta cacciati e pressocché sterminati i Brutteri da una lega di tribù
vicine, mosse da odio per loro arroganza o dall'attrattiva della preda o da un
qualche favore divino nei nostri confronti; infatti non ci hanno neanche
privato dello spettacolo della battaglia. Ne caddero più di sessantamila, non
in virtù delle armi romane ma - cosa ancora più splendida - per diletto dei
nostri occhi. E prego che così durino e continuino in quei popoli, se non
l'amore per noi, almeno l'odio fra loro, dal momento che, ora che si profila
un minaccioso destino sull'impero, ormai la fortuna nulla di meglio può
accordarci che la discordia fra i nemici.
19 Ergo saepta pudicitia agunt, nullis spectaculorum inlecebris, nullis
conviviorum inritationibus corruptae. Litterarum secreta viri pariter ac
feminae ignorant. Paucissima in tam numerosa gente adulteria, quorum
poena praesens et maritis permissa: abscisis crinibus nudatam coram
propinquis expellit domo maritus ac per omnem vicum verbere agit;
publicatae enim pudicitiae nulla venia: non forma, non aetate, non
opibus maritum invenerit. Nemo enim illic vitia ridet, nec corrumpere et
corrumpi saeculum vocatur. Melius quidem adhuc eae civitates, in
quibus tantum virgines nubunt et eum spe votoque uxoris semel
transigitur. Sic unum accipiunt maritum quo modo unum corpus
unamque vitam, ne ulla cogitatio ultra, ne longior cupiditas, ne
tamquam maritum, sed tamquam matrimonium ament. Numerum
liberorum finire aut quemquam ex adgnatis necare flagitium habetur,
plusque ibi boni mores valent quam alibi bonae leges.
1. [69 d.C.]. La mia opera prenderà avvio dal secondo consolato di Servio Galba, con Tito Vinio suo collega.
Molti storici, nel ricordare le vicende di Roma lungo gli ottocentoventi anni dopo la sua fondazione ne hanno
parlato con eloquenza pari al loro spirito di libertà; ma dal tempo della battaglia di Azio, quando, nell'interesse
della pace, convenne consegnare tutto il potere a un'unica persona, talenti come quelli sono scomparsi. Da
allora mille sono stati i modi di calpestare la verità: prima il disinteresse per la realtà politica, come cosa
estranea; poi la corsa all'adulazione e, per converso, l'odio verso i dominatori. Nei due casi, tra avversione e
servilismo, l'indifferenza verso i posteri. Ma è facile rifiutare la cortigianeria di uno storico, mentre la calunnia
prodotta dall'astio trova orecchie ben disposte: perché l'adulazione implica la pesante taccia di servilismo, nella
maldicenza, invece, si profila un falso aspetto di libertà. Quanto a me, non ho conosciuto Galba, Otone e
Vitellio: quindi né benefici né offese. La carriera politica, iniziata con Vespasiano e continuata con Tito, l'ho
proseguita sotto Domiziano, non lo nego. Ma chi professa una fedeltà incorrotta al vero, deve parlare di tutti
senza amore di parte né odio. Riservo per la vecchiaia, se la vita vorrà bastare, il principato del divo Nerva e
l'impero di Traiano, tema più stimolante e più sicuro: fortuna singolare del presente, in cui siamo liberi di
pensare come vogliamo e di dire quel che si pensa.