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degli altri due sinottici abbia tentato di fare, che il contatto con ricevuto dalla prima predicazione .

.apostolica e che si -ritrova tale


Gesù che parlava e agiva, o meglio che agiva con la sua sola
e quale in Marco stesso 1,14, ha però il suo equivalente attra
parola, non annunziava solo il regno e il suo re, ma ne verso gli scritti più diversi del Nuovo Testamento nel senso
faceva realizzare la venuta improvvisa nella sua persona cosl
sconcer tante sia per gli « spiriti » e sia per gli uomini più che essi dànno alla « Parola » . Infatti, come ha fatto vedere
Kittel, ·fin dagli strati più antichi del · Nuovo Testamento « Pa
diversi. An cora una volta Gesù è il vangelo in se stesso,
çome è il regno Cristodi-come
rola Dio »divuol
coluidire
chepraticamente . sémpre
costituisce, .nella sual'annunzio di Gesù
morte e nella sua
e il re.
risurrezione e in tutto quello che la sua appa1·izione · poté signi
0

Questo sulla lrnea degli usi più antichi e più generalizzati


del termine « vangelo », cioè « buona novella » negli scritti del ficare di . salutare, la proclamazione ·effettiva del regno escatolo
Nuovo Testamento . In questi usi, come già nel profeta Isaia 24, gico, di Dio stesso che viene a stabilire il suo regno.
il vangelo è l'ann_unzio dell'avvenimento della salvezza . Nel Nuo Dodici volte negli Atti, due volte nelle lettere· ai Tessalo
vo Testamento in generale, questo diverrà l'annunzio di Cristo nicesi, tre in quelle ai Corinzi ; una in quella ai Colossesi, quattro
morto e risuscitato e in Marco stesso l'annunzio di tutto quello · nelle pastotali, due in quella agli Ebrei e una nella - Prima
che è arrivato a significare l'incontro con Gesù per coloro che Pe tri, quest'espressione - « Parola di Dio » non ha evidentemente
l'avevano conosciuto durante la sua carriera terrestre . L'espe altro senso. Lo stesso senso ha quattro volte nel vangelo di san
rienza della sua morte e della sua risurrezione non fece che il Luca. Qui appunto, in questa equivalenza fra la « Parola di
luminare retrospettivamente l'impressione senza uguale che ne Dio » e il vangelo, che non ha solo come oggetto ·Gesù Cristo
avevano ricevuta immediatamente. ma che è Gesù Cristo come lo·intende la fede -cristiana, si trova,
In· questo senso vi è qualcosa di giusto nella supposizfone come ha fatto notare Kittel, la vera origine della -cristologia del
che il vangelo di Marco sia semplicemente « storico )); ma è prologo del quarto vangelo. · ·
del tutto errato vedere in esso qualsiasi cosa che ci permetta cli
rappresentarci un « Gesù della storia » che non sia stato im
mediatamente per i suoi, sia pure osçuramente, « il Cristo della

I
fede ». È sicuro però che il vangelo di Marco sembra trasmet
terci, più di qualsiasi altro testo, qualcosa dell'impressione più La Parola di Giovanni
diretta che Gesù doveva fare sui testimoni della sua - vita pub
blica: il sentimento d'un incontro, in un primo tempo scon ln luogo, come dimostra· Kittel, in questo contesto
primo
certante, col regno e col suo re celeste. «.Parola di Dio » ha un equivalente in « Parola del Signore »,
L'antichità cristiana poté davvero trasmetterci una tradi cioè di Cristo. Ma vi è di più: .Cristo e tutto quello che egli
zione solida presentandoci questo vangelo come il riassunto dato . significa, tutta la metamorfosi che il suo ingressQ nella nostra
da Marta delle catechesi di Pietro 25 • Turner ha fatto osservare storia .individuale, collettiva e persino cosmica rappresenta, in
come il racconto di Marco, cosl spesso in terza persona plurale, questo caso, è pronto ad assorbire tutto quello che il solo ter
sembri aver fissato narrazioni che dovevano essere state fatte mine « Parola » poteva significare nel contesto biblico. Infatti
in prima persona. I suoi innumetevoli verbi in questa terza per questo era già avvenuto prima del quarto vangelo e indipenden
sona plura,le, forma poco aramaica come poco greca, si possono temente .da esso. Di quest'uso assoluto di « - Parola » senza un
spiegare difficilmente in altro modo : il « noi » del primo nar complemento, conservando tutto quello che la tradizione bi
ratore nel suo interprete sarebbe divenuto un « essi » a prima blica aveva potuto annettere al vocabolo e che noi abbiamo ana
vista enimmatico 26 •
Quell'uso speciale del termine « vangelo » all'inizio di Mar
lizzato, ma applicandolo a Cristo nella prospettiva .che abbiamo
definita sopra, K.ittel cita molti esempi: nientemeno che nove
a'
co, uso che deriva direttamente dal senso che il termine negli Atti, uno nelle lettere ai Tessalonicesi, uno in quella ai
.aveva Galati, uno in quella ai Colossesi, cinque nelle pastorali, due
nella Prima Petri e uno nella lettera di Giacomo. Fra gli . altri
evangelisti, Matteo ne presenta · quattro esempi nel solo capi tolo
" Cf Is 40,9 e 61,1.
25
Cf quello che ci dice già Ireneo.
13, e Luca tre ugualmente raggruppa'ti nel solo··capitolo 4.
16
Vedi gli studi di Tumer, citati sopra, a p. 165.
:325
324
Ma l'esempio più notevole, come era da attendersi, è quello di
Marco: nel solo capitolo 4 usa nove volte « Parola » assoluta zic;>ne dea _ prsenza diina in tu tte le azioni di Cristo quando
mente in questo senso e un'altra volta altrove, senza contare un G1ovanru d1ch1ara: « E il Verbo si fece carne e venne ad abitare
eemP_io supplementare nella conclusione, senza dubbio postic; (letteralmente : ha piantato la sua tenda ) in mezzo a noi » n. II
eia, riportata dalla maggior parte dei manoscritti. In fine, nel greco eskenosen non è solo una traduzione, ma una traslittera
corpo del vangelo di Giovanni stesso è costante quest'uso del zione della Schekinah, della « dimora sotto la tenda l> 28 come
quale si possono elencare più di venti esempi. ha messo bene in luce Phythian-Adams. Ormai la « tenda » il
Dopo ciò, per venire alle espressioni del prologo non oc « taberaolo .» mobile e anche il tempio permanente della
correva far altro che praticare un'anamnesi esplicita degli ulti pre senza d1vma m mezzo a noi è la carne, cioè l'umanità di
mi sviluppi ai quali era giunta nell'Antico Testamento la « Pa rola Gesù come dirà il capitolo 2. '
» come azione creatrice nella quale Dio si rivela e si comu nica Seguendo la stessa linea, si può pensare che nel racconto di
e farne l'applicazione formale a Gesù e alla sua appari zione in Gi?vanni circ I r.isurrzione la menzione degli angeli che ap
mezzo a noi. Di fatto la Parola, identificata con Gesù fin dalle paiono uno a1 p1ed1 e l altro al capezzale della tomba vuota
prime battute, evoche.rà · in primo luogo tutto quello che il in cluda un'ausione ai due cherubini che incorniciavano lo
racconto sacerdotale della creazione aveva annesso a que sto spazio voto di sc;>pra del santo dei santi, il luogo nel quale
termine. L'« inizio », il « principio » della manifestazione della . la Sche kinah s1 manifestava e dal quale la Parola . s! era fatta
Parola è ora l'inizio assoluto della Genesi, quello della c7eazione, udire a Mosè ed Aronne come ai profeti e a Isaia in modo
nel quale la Patola è l'agente divino, in una rela zione così particolare 29 • Di qui l'affermazione finale d'una suprema
stretta con Dio, che in un senso è identica a lui e, al lo stesso audacia: « Noi vedemmo la sua goria » - la gloria era
tempo, è quello per cui tutto è chiamato all'essere. propriamente l'irraggia
Si introducono poi temi già armonizzati dall'Antico Testa ento della Schekmab - « gloria come di unigenito dal
Il:lent con quelli della Genesi e che suppongono l'ulteriore iden Padre pieno di grazia e di verità ... ». E ancora: '
tificazione della Parola con la Sapienza. Infatti è la sua imma Dalla sua pienezza
nenza nel mondo che dà al mondo la possibilità di esseri;: un noi tutti abbiamo ricevuto ,
« mondo », cioè ordina to e non caotico; in essa il mondo e grazia su grazia. .
trova la fonte permanente di quello che vi è in esso di vivo e Perché la legge fu data per mezzo di Mosè
di lu minoso. In altre parole, la Parola è il disegno divino che la grazia e la verità vennèro per mezzo di Gesù Cristo.
si iscri ve in filigrana nella struttura di tutte le cose e dà loro un
senso. Per questo la Parola che aveva creato tutto all'origine,
può es sere detta presente in permanenza nel mondo, così che,
E m fine, ecco quello che riassume tutto :
venen do come farà, essa compatirà in casa sua, in m'ezzo ai Dio nessuno l'ha mai visto:
suoi an- che se i suoi non la riconosceranno. ' proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre
Infati, dopo la prima identificazione che aveva già operata lui lo ha rivelato 30• '
Proverbi 8 fra la Parola di Genesi 1 e la Sapienza, ritroveremo
l'ulteriore .identificazione di Ecclesiastico 24 fra la Parola -Sa
pienza e la Schekinah, la presenza localizzata nella storia del Precisiamo che per Giovanni come per tutto il Nuovo Te
Dio altrettanto trascendente quanto immanente. stan;iento la . < grazia » è ogni manifestazione della generosità
All'inizio però, nel primo « principio » dell'emissione della dell amore d1vmo, ma la verità negli scritti di Giovanni sem-
Parola, trascendente la creazione ma manifesta in essa e per
mezzo di essa, è stato riallacciato il suo «, principio » storico: 27
Gv 1,14. Vedi dopo il lavoro capitale di C. H. Donn, The interpretatio11
la profezia, e specialmente quella profezia che avrebbe toccato of the 4t . ospel, Cambridge, 1953, W, F. HoWARD, The Fo11rtb Gospel in
il suo cqmpimento, che è quella del Battista. Qui raggiungiamo Recent Cr1t1c1sm . and I11terpretation, riveduto da C. K. Barrett, quarta ediz., L?
Marco, ma lo sorpassiamo anche, sia pure spiegando semplice ndra, 1955, e, il volume collettivo pubblicato da Desclée de Brouwer, L' Evan g1/e
,f e Jea11, et11des et problèmer, Parigi, 1958.
mente quello che già implicava tutta la sua supposta rivela- ,. VI cdi PHYTHIAN·ADAMS, The People a11d the Presence .
0 s 9.
' Gv 1,14-
17.
326
327
battesimo di Gesù, compare in ·Marco una volta sola; ma è
bra designare la realtà di Dio che si comunica . Di qui il risul fuo ri dubbio che quest'unica citazione ha per lui U:na grande
tato di questa rivelazione di Gesù come la. Parola, d1e .è anche impor tanza. Il centurione che aveva vigilato sulla crocifissione,
la Sapienza · e in ·fine la Presenza definitiva di Dio con noi, e dopo che Gesù era morto> secondo il nostro evangelista avrebbe
anzi in noi nella scoperta di quello che è la filiazione di Gesù escla mato: « Veramente quest'uomo era Figlio di Dio » 31 •
e di quello ·che ha di unico: fa filiazione del « monogeno », di Matteo attribuisce questa riflessione al gruppo dei soldati
quell'unico Figlio di Dio che è Dio egli stesso, che si mani festa in generale quando hanno costatato l'insieme dei fenomeni in
a noi facendosi uno di noi. soliti che accompagnano la morte di Gesù: oscuramento del
Qui ogni intervento d'un qualsiasi riferimento al Logos cielo, terremoto, velo del tempio squarciato, ecc. 32 • Marco re
stoico o neoplatonico è superfluo: è chiaro che ogni versetto gistra solo quest'ultimo particolare (nel quale vede senza dub bio
del prologo ha il suo antecedente in una delle fasi dello svi luppo un senso simbolico); e si ha l'impressione che per lui sia solo
progressivo che abbiamo seguito attraverso l'Antico Te stamento: un . segno supplementare che .viene semplicemente a con fermare
dalla Parola, attraverso ·la Sapienza, alla Schekinah e l'intuizione imposta al centurione dalle circostanze nel le quali
·finalmente, alla « rivelazione » escatologica. Quanto al prin cipio è mor to Gesù.
immediato della sintesi, è evidente il senso nuovo o piut tosto Luca da parte sua attribuisce ugualmente la riflessione al
rinnovato che la « Parola ' di Dio », come « Parola » per centurione, ma gli fa dire semplicemente: « Quest'uomo era ve
eccellenza, aveva già ricevuto nell'insieme del Nuovo Testamen to. ramente giusto » 33 .
Più in particolare, è la sua identificazione col vangelo cosl come È evidente che Luca, come fa spesso, si è preoccupato cli
la concepisce ·san Marco : la buona novella che· Gesù non ha dare il senso della frase attualmente pronunziata, che dovette
solo annunziata e porta ta, ma che è egli stesso. essere effettivamente pronunziata dal centurione. Matteo l'ha ri
Se è necessaria una controprova a quest'analisi, la troviamo portata tale e quale, ma come una riflessione della soldatesca ro
nell'Apocalisse. Il carattere non astra tto e speculativo, ma es m.ana in generale, confermando senz'altro il suo modo partico
senzialmente biblico, cioè concreto, attivo e personale "dell'iden lare di vedere le cose: che gli stessi soldati hanno testimoniato
tificazione di Gesù con la Parola negli scritti di Giovanni ci è contro i capi dei Giudei del carattere soprannaturale della mor te
attesta to dalla grande yisione del capitolo ·19: il èavaliere vit cli Gesù e di quello che ne è seguito 34 • Anche Marco ha ri
torioso, glorioso e incoronato i cui vestiti sono stati inzuppati portato la frase come era stata detta, ma il modo con cui la
nel sangue, ma che appare nel cielo e il cui nome è: « la Pa mette in risalto e la valorizza sembra indicare che egli vede
rola di Dio ». Allo stesso tempo ci è attestato il contesto con in essa .uri senso che sorpassa quello che le aveva annesso il suo
naturale del « Logos » di Giovanni: non la filosofia né qual autore.
siasi sapienza religiosa, ma la « sapienza nel mistero ». Egli rap Inf atti, come l'ha compreso Luca, sulla .bocca d'un Romano
presenta l'ultima trasformazione ·imposta all'apocalisse giudaica di quel tempo chiamare un uomo « figlio di Dio » aveva un
dal vangelo cristiano del regno celeste e del suo re incoroato al senso ancor più vago che per un Giudeo. Nel linguaggio di que
te,tmine delle sue sofferenze redentrici. · st'ultimo l'espressione poteva significare: « il Messia »; ma sul
le labbra d'un pagano non significava nulla cli più di quello che
ha scritto . Luca : « un giusto », un uomo certamente approvato
da Dio, ma nulla dì più . .
Il vangelo del Figlio di Dio in M arco Marco al con trario, che in tut to il suo vangelo cerca di evi
tare, piuttosto di doverlo spiegare, tutto quello che un estraneo
alle abitudini di linguaggio e di pensiero tipicamente giudaiche
Abbiamo già ricordato che Marco, secondo alcun.i manoscrit non poteva comprendere, dovette vedere nella riflessione del
ti, dopo· la formula alquanto ·sibillina: « Inizio del vangelo di
Gesù Cristo » aggiunge: « :figlio di Dio ». Westcott e Hort so li Mr 15,39.
no stati i primi editori moderni a pe11sare ·che 32
Mc 27,51-54 .
quest'aggiunta appartenesse certamente al testo autentico . " Le 23,47.
Però l'espressione « Figlio di Dio », fuori del racconto del
14
Mt 27,54.

328 329

I
centurione una formula facilmente accet tabile per un Giudeo,
ma nella quale l'insieme del suo insegnamento tendeva a dÌino Anche per questo certamente, Marco - supponendo che
sttare che era necessario mettere assai più di quanto il centu rione sia stato il primo a dare in greco la sua versione del vangelo
stesso aveva potuto mettervi direttamente. -ha optato (in · un modo che doveva poi Ìlnporsi agli altri
Questo pare verosimile specialmente quando si osserva la due sinot-
cura con cui Marco citò in un altro passo, a conclusione del di . tici), nella traduzione della bath qol del battesimo, evidente
scorso escatologico di Gesù, la sola parola che si trova nei si mente ispirata nella sua origine a Isaia 42,l, non per la versione
nottici (a parte la grande eucaristia sulla « conoscenza » di Lu dei Settanta pais eklegménos, ma per le parole ui6s agapet6s,
ca 10 e di Matteo 11), nella quale sentiamo Gesù chiamarsi in « Figlio prediletto » invece di « servo eletto ». Occorre però
modo assoluto « il Figlio »: notare che queste parole suppongono la mediazione di quella
versione, col duplice senso possibile di pais sia come una tradu
Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, zione dell'ebraico ébèd col semplice senso di « servo », sia co me
neanche gli angeli del cielo, e neppure il Figlio, ma solo il
Padre ". sinonimo possibile di uios « figlio ».
Quando si tiene conto di tutto questo, diviene più che pro
babile che Westcott e Hort abbiano ragione di conservare le
Ma tteo non ha questa menzione del « Figlio », se non se parole « Figlio di Dio » in capo al secondo vangelo. Esse non
condo il Vaticanus e il Codex Bezae, mentre gli altri costituiscono forse per Marco la prima e l'ultima parola di quel
manoscritti, in compenso, in questo passo non hanno « il Padre lo che voleva dire identificando il vangelo, come Parola divina
», bensì « il Padre mio » 36 . Quanto a Luca, egli omette per eccellenza, con Gesù? Se cosl è, il movimento del pensiero
puramente e sempli cemente la frase, come usa fare quando si riguardo all'interpretazione della persona di Cristo è fin dall'ini
trova di fronte a una frase che rischierebbe di provocare uno zio e coscientemente identico in Marco e in Giovanni.
scandalo n. Ma anche se si dovesse esitare ad accettare questa congettu
Anche se si deve pensare, come abbiamo cercato di dÌino strare ra, resterebbe innegabile che il corpo del vangelo di Marco se
1
s, che la forma data a questa frase da Marco non può es sere gna praticamente il passaggio dall'idea che Gesù è una cosa sola
stata inventata da lui, bisogna riconoscere che questa desi col vangelo o la Parola all'idea che la manifestazione unica del
gnazione di se stesso « il Figlio » da parte di Gesù, parve così la ·divinità in tutta la sua vita si espresse, già con la sua stessa
importante al secondo evangelista che egli credette di non po terla bocca, nell'affermazione della sua filiazione. Perciò questa filia
omettere né glossare. zione diviene in Marco l'oggetto essenziale del kerigma missio
In questo caso bisogna concludere che la visione in Gesù del nario che la fede dei pagani convertiti deve accettare .
< Figlio » per eccellenza è assai centrale per Marco e che a que
sto egli del tutto coscientemente vuole condurre i suoi lettori
d'origine pagana, lettori dei quali gli parve che il centurione po
tesse fornire un modello. Per lui il vangelo è una cosa sola con
Il Figlio unico e la sua unica conoscenza del Pad1·e secondo Gio
Gesù, che riassume e porta alla sua pienezza la Parola nella vanni
quale Dio interviene per rivelarsi, al punto che tutte le azioni
di Gesù causavano nei loro testimoni quel tÌinore sacro che pro
viene dalla Presenza divina. In queste condizioni il titolo di Fi glio In Giovanni non vi sono dubbi: già nel testo incontestato
di Dio non significa una più o meno vaga adozione di Gesù da del prologo l'affermazione: « la Parola si è fatta carne » spiega
parte di quel Dio che egli rivela come Padi:e, ma esprime la che si deve riconoscere Gesù come il Figlio di Dio, il Figlio
presenza manifesta e il possesso, unico da parte sua, della stessa unico (monogeno) nel senso che gli appartiène la stessa divinità del
divinità del Padre. Padre. « La Parola era Dio » da tutta l'eternità; dunque il Fi glio
è « Dio » in quanto è l'unico genera to da Dio. Notiamo che
" Mr 13,32. « Figlio monogeno » non è che la parafrasi greca dell'ebraismo
" Mt 24,36.
,, Cf Le 21,29·3.3. « Figlio prediletto » nel senso in cui Marco prendeva questa pa
>• Cf sopra, p. 212. rola.
D'altra parte, la presenza speciale di Dio in Gesù, presenza
330
3.31
che tutto manifestava nella sua vita terrestre, secondo Marco nosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto
come abbiamo vist-0, è anche un elemento fondamentale per il cono?cere loro il tuo nome e lo farò conoscere, ·perché l'amore
pensiero di Giovanni . E anche in lui questo si rivela fin dal con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro ••.
prologo nei termini più espliciti: ·ormai, la Schekinah riposa in
permanenza su quella « carne ·» di Gesù nella quale si è incar La conoscenza che i discepoli hanno ricevuto dal Figlio, dal la
nata la « Parola ». sua parola, è la conoscen za del Nome divino; e questa equi-
Ma sarà forse il ·tratto più proprio del quarto vangelo svi . vale a conoscere che Gesù viene dal Padre e ha ricevuto tu tto da
luppate la filiazione unica di Gesù come nella cornice della gran lui. Non si uò. non tirare la conclusione che il Figlio non è solo
de berakah citata da Matteo e da Luca. È la conoscenza perfetta la Parola di D10, ma quella Parola nella quale Dio nomina se
che il Figlio ha del Padre, conoscenza che corrisponde stesso.
esattamen te a quella che il Padre, e solo il Padre, ha del . Ma quella conoscenza che il Figlio trasmette è una partecipa
Figlio, che sarà meditata da san Giovanni come il segreto della z10ne a quella che egli ha del Padre. Riceverla vuol dire rice
filiazione.
vere 'amore stesso del Padre ricevendo il.Figlio.
Con questa conoscenza reciproca, sempre come nel testo di
Matteo e di Luca, va di pari passo una trasmissione al Figlio di Ricordiamo che, già nel capitolo 7, Gesù aveva esclamato :
tutto quello che appartiene al Padre. Però il Figlio, conforme Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha man
mente al disegno del Padre, ha voluto c;omunicarci e la cono .dato ".
scenza del Padre e il possesso di tut to quello che il Padre
pos siede e gli ha dato. Cosl si chiarisce ugualmente la nostra Al contrario, nel capitolo 8, diceva:
parte cipazione alla filiazione propria del Figlio.
Si può dire che nel quarto vangelo questi temi saranno esa Voi non conoscete né me né il Padre· se conosceste me, co-
noscereste anche il Padre mio ". '
minati in tutte le loro sfaccettature, mentre erano solo stati in trodotti
in Matteo e Luca. Ma è degno di nota che l'essenziale di
questa amplificazione si trovi ancora in una preghiera al Pa dre, e . Nel capitolo 10;
la grande similitudine del buon pastore ave
una preghiera che fa corpo con l'eucaristia dell'ultima Ce na : va sviluppato per a prima volta questo tema della conoscenza 44 •
intendiamo parlare di quel testo d'una ricchezza inesauri bile che Dopo di. che egli proseguiva: « Io sono il buon pastore, cono
ci offre il capitolo 17 del vangelo e che i moderni han no sco le nue pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre
chiamato « preghiera sacerdotale » 39 • co.nosce me e io conosco il Padre » 45 • Vi è dunque fra le pecore
Il Figlio comincia col chiedere al Padre di glorificarlo preci e pastore, che è il Figlio, la stessa intimità che vi è fra il Figlio
sando: « perché il Figlio glorifichi te ». E aggiungerà subito che e il ae! ,e attraverso questa intimità, egli le farà entrare in
si tratta della gloria che il Figlio aveva già presso di lui prima quell mt11ruta del Padre che è la vita eterna:
che il mondo fosse. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse
Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai per
dal mondo, - aggiunge. - Erano tuoi e li hai dati a dute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che
me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dal
che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le la mano del Padre mio. Io e il Padre siamo ·una cosa sola
parole che hai dato a me io le ho date à loro; essi le hanno ••.
accolte e sa1mo ve.ramente ·che sono uscito da te e hanno
creduto che tu mi hai mandato '0• · La preghiera, fi.n · dalle prime parole, lo ricordava in una
parentesi :
Più avanti, dirà:
.. 17,25-26.
Padre giusto, iimondo non ti ha conosciu to, ma io· ti ho co- " 7 2 9
o · s; i9 :
;o Gv 17. 44 10,5.
"' Gv 17,5-8. " 10,14-15.
.. 10,27-30.
332
333
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e
colui che hai mandato, Gesù Cristo 47 • Tutto questo in definitiva non è che uno sviluppo di quello
che Gesù aveva detto a Tommaso e poi a Filippo :
La stessa preghiera sottolinea anche e più ancora che alla Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se
conoscenza che il Figlio ha del Padre va unito il possesso co non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il
mune di tutto quello che gli appartiene: Padre; fin da ora lo conoscete e lo avete veduto 51 •
Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie ".
E ancora :
E parallelamente, questo comune possesso di tutto si fonda Chi ba visto me, ha visto il Padre ... Non credi che io
su una perfetta unione, o per dirla meglio manifesta una perfet ta sono nel Padre e il Padre è in me? ".
unità nella n;mtua immanenza:
Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che m1 hai dato,
perché siano una cosa ·sola, come noi 9 •
La luce in conf1.itto con le tenebre: il giudizio
E ancora :
Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei m me Questa conoscenza del Padre nel Figlio, questa stessa v1s10-
e io in te, siano anch'essi in noi una· cosa sola, perché il ne a cui siamo chiamati e che ci farà contemplare la gloria che
mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai egli ha ricevuta dal Padre e ce la farà possedere a nostra volta,
dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa è per noi « la vita ». Cosl nella Parola stessa « la vita era la
sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e luce degli uomini » 53. Questa luce però « risplende nelle tene
il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come bre, ma le tenebre non l'hanno accolta », prosegue il prologo 54 .
hai amato me. Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato Così almeno si traduce, ordinariamente, il verbo katélaben. Ma
siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria,
quella che mi hai dato; poiché tu mi bai amato prima della l'accostamento col testo parallelo di 12,35 deve condurre a tra durre
creazione del mondo so. piu ttosto: « ma le tenebre non la poterono dominare », come
intesero la maggior parte dei Padri greci.
È infatti il tema centrale del vangelo la lotta tra la luce e le
La conoscenza che il Figlio ha del ·Padre comporta tenebre, e la vittoria della luce sulle tenebre in Gesù.. In que
dunque il possesso di tutto quello che gli appartiene, l'unità più sto per Giovanni consiste il giudizio. È quello che domina già
per fetta con lui, l'immanenza reciproca del Padre nel Figlio e nel capitolo 5 e riempirà di sé il capitolo 7 e 8, il quale
del Figlio nel Padre, la quale fa sl che la gloria, cioè la qualità ultimo comincia con l'affermazione:
di vina manifestata dal Padre passi da lui al Figlio. E tutto
que so non è altro che l'irraggiamento dell'amore eterno del Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nel
Padre, di quell'amore con cui ha amato il monogeno « prima le tenebre, ma avrà la luce della vita ...
della crea zione del mondo ».
Il capitolo 9 con la guarigione del cieco nato concluderà que
Però il Figlio, comunicandoci la sua conoscenza del Padre
sta sezione nel « segno » di questa vittoria, esattamente come la
ci fa parte di tutti i suoi beni fino all'unità con lui, fino alla su
sezione 4-6, dominata dal tema della vita, era stata « segnata »
filiazione, che comporta la partecipazione alla gloria divina; e
dalla guarigione del parali tico nel ·capitolo 5.
quella gloria non solo la vedremo, ma diverrà nostra.
Il tema del giudizio come conflitto vittorioso della luce con

'7 17,3.
.. 17,10. " 14,6-7 '
n Versetto IO. Cf tutto il seguito.
" 17 SI 1,4.
,. 11:2i:z4. ... 1,5.
ss S,12.

334
335
le tenebre è annunziata fin dalla fine del capitolo 3, all'affermazione c11trale del vangelo:
negli svi· luppi dati dall'evangeHsta alla Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
conversazione con Nicodemo. In essa, tut.o dipende chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna ".
Questo non è in contraddizione con
Si potrebbe essere tentati di dedurne che la
l'affermazione preceden te secondo la quale il
questione del aiudizio non abbia più ragione di
essere, come sembrano dire le prime parole che Figlio non è stato manda to per giudicare il
seguono. Ma il seguito più lontano dimo· strerà, come mondo, ma per salvarlo. Infatti torna
immediatamente l'idea che basta credere al Figlio
ha detto bene Nygren , che in realtà non vi è giudi zio per superare il giudizio; e quest'idea si esplicita
più inesorabile che un tale amore, quando lo si anche meglio:
rifiuta.
Tuttavia l'evangelista comincia col commentare la In verità in verità vi dico: chi ascolta la mia
parola che ha riportata dicendo: parola e crede a colui che mi ha· mandato, ha
la vita eterna e non va incon tro al giudizio,
Dio non· ha mandato il Figlio nel mondo per ma è passato dalla morte alla vita 61 •
giudicare il . mondo, ma perché il mondo si salvi
per mezw di ·lui ".
Gli sviluppi del capitolo 8 rendono l'idea
ancora più chia ra, se è possibile. Nel capitolo 7
E aggiunge subito dopo: Gesù aveva detto agli apo stoli:
Chi crede in lui, non è condannato ; ma chi non
crede, è già condannato, perché non ha creduto Non giudicate secondo le apparenze, ma
nell'unigenito Figlio di Dio ". giudicate con giusto giudizio! 62 •

E spiega: Ora, dice loro:


E il giudizio è questo: la luce è venuta nel Voi giudicate secondo la carne; io non giudico
mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre nessuno. E anche se giudico, il mio giudizio è
alla luce, perché le loro opere erano malvagie. vero, perché non sono solo, ma io e il Padre
Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non che mi ha mandato ".
viene alla luce perché non siano svelate le sue o·
pere. Ma chi opera la verità viene alla luce, E più avanti:
perché appaia chiaramente che le sue opere sono
state fatte in Dio ". Non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha
insegnato il Padre, ·cosl io parlo. Colui che mi
ha mandato è con me e non mi ha lasciato
Abbiamo in queste prime parole 'la chiave di solo, perché io faccio ·sempre le cose che gli
tutto quello che seguirà sul giudizio e in particolare la sono gradite 61•
chiave delle contrad dizioni apparenti
dell'insegnamento di Giovanni su questo punto. E questo ci conduce alle affermazioni capitali:
Nel capitolo 5, infatti, è detto:
Perché non comprendete il mio linguaggio?
Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni Perché non po tete dare ascolto alle mie
giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio parole, voi che avete per padre il diavolo, e
come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, volete compiere i desideri del padre vostro.
non onora il Padre che lo ha man dato 60 • Egli è stato .omicida fin da principio e non ha
perseverato 11ella verità, perché non vi è
56 3,16. verità in lui. Quando dice il falso, par.la del
Sl 3,17. suo, perché è menzognero e padre della
S& 3,18.
menzogna. A me, invece, voi non credete,
'9 3,19-21.
60
5,22-23.
perché dico la verità . Chi di voi può
convincermi di peccat.o? Se dico la verità,
perché non mi ·credete? Chi è da Dio ascolta
le parole 'di Dio: per que sto voi non le
·ascoltate, perché non siete da Dio ".

61
5,24.
" 7,24.
61
8,15-16.
"' 8,28-29.
65
8,43-47.

336
È dunque chiaro che il giudizio avviene quando si rifiuta la verità divina che Cristo ci porta e che è la verità stessa di quel
l'amore che ci trasporta al di là del giudizio. Il La croce e la glorificazione del Figlio
diavolo al con trario, colui che rifiuta l'amore, è
menzognero e padre di men zogna. Chi rifiuta la
verità che Cristo portava, confessa in que sto modo La contropartita di questo giudizio, che è
di aver scelto definitivamente d'appartenere costituito dall'in contro con la luce per coloro
piuttosto al diavolo che a Dio. che si ostinano a restare nelle te nebre, è la.
Dopo il capitolo 9, guarigione simbolica del glorificazione che il Figlio trova presso il
cieco nato; dopo il capitolo 10, sulla conoscenza Padre. Ma questo equivale a dire che egli non è
reciproca fra le pecore e il pa store, fondata sulla glorificato quaggiù, se non attraverso la croce.
conoscenza che il Figlio ha del Padre e la conoscenza Abbiamo già visto che in san Luca la croce
che il Padre stesso ha dei suoi; e dopo la risurre era presentata come l'<( esodo » pasquale di Gesù,
zione di Lazzaro che scatena le ostilità contro come la sua anfzlepsis, la sua ascensione verso
Gesù, egli sale a Gerusalemme dove potrà riprendere il Padre. Questo tema in Giovanni di viene un
per un'ultima volta que sto tema del giudizio delle vero leitmotiv. A tre riprese Gesù annunzia la
tenebre da parte della luce, per por tarlo finalmente sua ero
alla sua conclusione: sono giudicati dalla parola di .ce, ma ogni volta con termini a doppio
salvezza che egli porta, senza che egli debba
significa to, che lasciano vedere l'ascensione
intervenire in altro modo, coloro che la rifiutano.
dietro la croce.
Coloro che l'accolgono, en trano fin d'ora nella luce Già al momento dell'incontro con Nicodemo,
della vita. le parole sul l'amore salvatore che si manifesta
Gesù allora gridò a gran voce: « Chi crede in me, nel dono del Figlio erano state precedute da
non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; questa formula:
chi vede me, vede co lui che mi ha mandato. Io
come luce sono venuto nel mondo, perché Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, cosi bisogna che sia
chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. ·innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, crede in lui abbia la vita eterna 67•
io non lo con danno; perché non sono venuto per
condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Le parole che seguono immediatamente non
Chi respinge e non accoglie le mie pa role, ha chi lasciano dubbi: quell'elevazione sarà la sua morte
lo condanna : la parola che ho annunziato lo con sulla croce. Ma quello che precede, aveva
dannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho orientato direttamen te verso la risurrezione:
parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato,
egli stesso mi ha ordinato che Eppure nessuno ·è mai salito al cielo,
.cosa devo dire e annunziare . E io so che il suo fuorché il Figlio del l'uomo che è disceso
comandamento è vita eterna. Le cose dunque che dal cielo ".
io dico, le dico come il Pa- dre le ha dette a me
".
Una seconda volta, nel capitolo 8, Gesù nel
bel mezzo delle discussioni nelle quali si rivela
Cosl, torniamo alla fine a quello che era stato il il conflitto delle tenebre contro la luce, dirà,
principio: non solo quello che Gesù dice non è che unendo più chiaramente che mai i due temi della
quello che dice il suo stesso Padre, ma credere in lui è morte e dell'esaltazione :
credere nella Parola viva che salva coloro che
l'accolgono rischiarandoli con la luce della vita . Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo,
Coloro che la rifiutano, che si chiudono alla verità allora saprete che Io Sono e non faccio nulla
dell'amore divino che li cerca, sono giudicati da da me stesso ...
questo stesso fatto.
Ma la parola più decisiva sarà pronunziata a
Gerusalemme nell'imminenza della passione,
quando Gesù esclamerà: '
Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire?
Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo
.. 12,44-50 . sono giunto a quest'ora! Padre glorifica il
tuo nome. · '
338 61
J,14-15.
.. 3,13.
o 8,28.
339
E la voce celeste sì farà sentire e dirà:
molazione. E in questo modo, « seguendolo dappertutto dove egli
L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò. va », alla gloria per mezzo della croce e già nella croce, noi di
veniamo un regno di sacerdoti, chiamati a glo.rificare incessante mente
Gesù spiega: « l'Agnello e colui che è assiso sul trono » 74 •
Questa voce non è venuta per me, ina per voi. Ora è il giu Non vi è forse conferma migliore del carattere profondamen
dizio cli questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà te biblico della mistica di Giovanni della conoscenza di Dio in
gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti Gesù Cristo e della sua origine nei primi strati della u·adizione
a me 70 • cristiana, che quell'eco costante che l'Apocalisse dà al vangelo 75 .
Come in essa vediamo già Gesù ' Cristo identificato con la Pa
L'Evangelista commenta subito: rola divina, spada a doppio taglio, fonte di luce e di vita, noi
vi scopriamo per il fedele credente la stessa prospettiva che il
Ques.to diceva per indicare cli qual morte doveva morire 71• vangelo ci scopre come quella del Figlio: entrare nella gloria
del Padre attraverso l'immolazione liberamente accettata .
lnline, durante la Cena Gesù si offrirà alla volontà del suo
Padre per la salvezza del mondo con quelle prime parole della
preghiera sacerdotale, di cui abbiamo commentato le idee ma
dri: I sacramenti, il dono dello Spirito, il ritorno del Figlio
Padre, è giunta l'ora: glorifica il i:uo Figlio, perché il tuo
Fi glio glorifichi te 71•
Per Giovanni come per Paolo, infatti, la nostra unione a
Questa glorificazione del Padre da parte del Figlio che ha Cristo nella passione è la condizione della nostra unione a lui
nella gloria della risurrezione . Così avremo in noi l'amore del
corrispondenza nella glorificazione del Figlio da parte del Padre
Padre che si è manifestato nel Figlio, e - per rispettare la
si esprime in modo equivalente nella frase centrale della pre ter minologia alla quale Giovanni si attiene scrupolosamente -
ghiera:
sa remo fatti « i.figli » di Dio dal potere della Parola che si è
Per essi (i discepoli) io santifico (o meglio: consacro) me stes fatta nostra carne e che è il Figlio « unico ».
so, perché siano anch'essi santificati (o consacrati) nella ve Ma, come insegna con insistenza nella sua prima lettera, que
rità ". sto non è un puro nome: non solo siamo chiamati figli di Dio,
ma lo siamo realmente:
Per conseguenza, in Giovanni come in san Paolo l'aspetto
sacerdotale, sacrificale della passione non è che l'espressione di · Quale grande amore ha dato a noi il Padre per essere chia
quella offer ta totale del Figlio alla volontà d'amore del Padre mati figli di Dio, e lo siamo realmente! 1•
che gli fece affrontare e vincere sulla croce le potenze nemiche.
Ma esattamente come nella Prima Petti o nella lettera agli Egli continua e ci dà cosi l'ultima parola di quella trasfor
Ebrei, l'esercizio del suo sacerdozio è inteso come un'ascesa ver mazione del nostro essere che dev'essere operata dalla cono
so il Padre nella quale attira quelli che a·edono in lui. scenza di Dio nel suo Figlio venuto nella nostra carne:
È esattamente quello che sarà il tema principale d.ell'Apo Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo
calisse. Col « martirio », cioè con la testimonianza del sangue non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli
data alla verità riconosciuta Ìll' Gesù Cristo, noi entriamo, al se ·si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché cosl lo ve
guito dell'Agnello immolato, nella gloria celeste della sua im- dremo come egli e 77 •
0
12,27-32. " Ap 5,13.
'
" DoM J. DUPONT ha fatto vedere questa concordanza nel suo Essai rnr la
71 cbristologie de raint Jean, Bruges, 1951.
Versetto 33. 76
72 17,1.
lGv 3,1.
7l 17,19.
11
3,2.
J40

I
· 341

I
Questa assimilazione al Figlio che è in noi il frutto dell'a perché senza di me non potete far nulla ... Come il Padre ha
amato me, cosl io ho amato voi. Rimanete nel mio amore ".
more del Padre suppone, come mette in evidenza tutta la let
tera, che abbiamo in noi questo stesso amore come era nel Fi
glio. È l'eco diretta di quello che Gesù disse ai suoi la vigilia Per Giovanni però, come per Paolo, è chiaro che i sacra
della sua passione: menti del battesimo e dell'eucaristia, ricevuti nella fede, sono
quelli che producono e conservano questo inserimento su Cristo
Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, che ci permette di ricevere effettivamente in noi e di restituirgli,
come io vi ho amato 71• cWfondendolo· sui fratelli, l'amore con . cui egli ci ama e che
di scende su di noi dal Padre stesso.
Un po' più avanti, egli dità l'ultima parola su quello che Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo
intendeva dire parlando a quel modo: amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora: presso di lui ".
Nessuno ha: un amore più grande di questo : dare la vita per
i propri amici ". Mà questa dimora di Dio in noi, fondata sulla reciprocità
d'amore, ha il suo principio nella venuta a noi della Parola fat
Nella conversazione coi Greci durante la quale Gesù annunzia ta carne che, nei sacramenti, ci raggiunge e sollecita ciascuno
l'imminenza della sua passione, egli lo fa, come sempre, iden in particolare. Come dice l'Apocalisse in una formula parallela
tificandola con la glorificazione. Ma allora scopriamo un aspetto alla precedente:
essenziale della glorificazione, che è la comunicazione agli uo Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce
mini della vita nell'amore divino . e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con
81
È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In verità me •
in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non
muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Nella prima parte del vangelo, che è dominata da questo
Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo tema della vita comunicata da Cristo, Cullmann ha giustamente
mondo, la conserverà per la vita eterna ". rilevato che una prima sezione è dominata dai temi battesimali,
e la seguente dai temi eucaristici.
Se è essenziale alla vita del Figlio comunicarsi nell'amore Nella conversazione con Nicodemo Gesù dichiara:
del quale si dà prnva con la morte, non è meno essenziale alla In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto (o non
vita ·ricevuta fruttificare nei figli nello stesso amore. È quello ri:uasce di nuovo: aucora una volta, il doppio senso è certa
che insegnerà, un po' più avanti, la sipiilitudine della vite. Il mente deliberato), non può vedere il regno di Dio .
Figlio non è completo, se non quando è arrivato a includerci in
sé; ma noi non possiamo vivere della sua vita senza amare co E quando Nicodemo esprime la sua meraviglia di fronte al
me siamo stati amati. l'idea di nascere una seconda volta, Gesù sviluppa il senso di
Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni « nascere dall'alto »:
tralcio che in me non porta frutto, lo toglie, e ogni tralcio
che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da
mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me Spirito, non può entrare nel Regno di Dio "".
e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso
se non rimane nella vite, cosl anche voi se non rimanete in Il seguito illustrerà questo tema nel colloquio con la Sama
me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, ritana al pozzo di Giacobbe; e le sue parole sull'acqua viva sa-
fa molto frutto,
" 15,1-10.
71 ., 14,23.
Gv 13,34.
79
15,13.
11
Ap 3,20.
IO 12,23·25. " Gv 3,3 e 5.

343
342
tanno poi sigillate dalla guarigione del paraliticò nella piscina di Bethesda 85 •
Cosl, nel capitolo 6, dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù pronunzia il grande discorso
sul pane di vita, la cui conclusione sarà:
In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio
dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la
vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita I
eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia
carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io
in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io
ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è
nato dallo Spirito 19•
·I
vivo per il Padre, cosl anche colui che mangia di ·me vivrà
per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello La . stessa cosa avviene dopo il discorso sul pane di vita:
che mangiarono i pa dri vostri e morirono. Chi mangia questo :E: lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; 1
pane vivrà ineterno 16•
pa role che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi ·sono alcun1
tra voi che non credono ".
È significativo che a questi due testi corrispondano due c·om
menti paralleli. Dopo quello che è stato detto sul battesimo, Questo ·equivale a dire che isacramenti della passione-glori
Gesù aggiunge: ficazione richiedono la fede nella Parola esattamente come la
Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crede morte del Figlio : lo Spirito che in essi si riceve da lui, è rice
rete se vi paderò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai sa vuto solo a condizione che la fede penetri al di là dell'apparen
lito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal za semplicemente carnale 91 •
cielo ". In definitiva dunque, la visione giovannea del Figlio che di
scende a noi per farci risalire con lui presso il Padre dopo che
Così dopo quello che è stato detto sull'eucaristia, egli com- saremo divenuti figli nel « monogeno » si allarga nel dono del
lo Spirito. Nel capitolo 8, quando Gesù esclama: « Se qual
cuno ha sete, venga a me e beva : chi crede in me, come dice
la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno » 92 ,
l'evangelista aveva commentato:
Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avreb?ro rice
vuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spmto, per
ché Gesù non era stato ancora glorificato ".
menta: . '
Gli ultimi trattenimenti coi discepoli prometteranno insie
Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo sa me il dono · dello Spirito che concorda con la ascesa di Cristo
lire ·1à dov'era prima? ". verso il Padre e il suo ritorno nel quale ci prenderà con sé per
vivere eternamente alla presenza del Padre.
In altre parole, quello che avviene sulla terra nel sacramento Il · tema dèllo Spirito è annunziato alla fine del capitolo _ 1,
non è che la contropartita in .noi di quell'ascesa al cielo, attra quello della similitudine della vite. Il cqmmento a questa sum
verso la croce, che è il tutto dell'opera salvatrice compiuta litudine ha fatto vedere che lo stesso odio del mondo che si è
dal Figlio nella nostra carne. E come dimostrano in un caso e concentrato sul Figlio deve continuare nei suoi discepoli, se gli
nel l'altro i versetti finali, a questa risalita del Figlio sono fedeli. ·Ma la loro testimonianza, quella testimonianza di
corrisponde la discesa dello Spirito. Gesù conclude con cui l'Apocalisse farà l'essenziale di quello che a sua imitazione
Nicodemo: chiamiamo martirio, non sarà che quella dello Spirito passato
in essi:
Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo
Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se ho detto: dovete ri Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo
nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà te-

•s Capitoli 4 e
5. " 3,<'>8.
.. 6,53-58. "' 6,63.
87
3,12-13. " Vedi O. CuLLMANN, Lu sacre111e11tr da11s l'évangile ioba1111ique.
•• 6,61-62. " 7,38.
" 7,39.
34 345
4
stimonianza, e anche voi' mi renderete testimonianza, perché no di Cristo subito dopo la sua mor te e la sua risurrzione 98
siete stati con me fin dal principio 94 • • Allora anche lo Spirito convincerà il mondo incredulo del
suo peccato, giustificherà Cristo e attesterà la condanna del
Un po' più avanti egli dirà loro, riferendosi alle persecu- diavolo 99 • Egli compirà questo giudizio per contrasto col fatto
zioni che aveva loro predette: stesso che illuminerà i discepoli sull'insegnamento del loro
maestro e in modo particolare su quello che egli dirà loro circa
Non ve le ho dette (queste cose) dal principio, perché ero con la sua morte inevitabile e ormai imminente.
voi. Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di
voi mi domanda : Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete
cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora vi dico la capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di
verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non .me verità, egli vi guiderà alla verità rutta intera, perché non par
ne andrò, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne lerà da sé, ma vi dirà rutto ciò che avrà udito e vi annun
sarò andato, ve lo manderò •J. zierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del
mio e ve l'annunzierà . Tutto quello che il Padre possiede è
Per Giovanni dunque, come per Luca, sarà l'ascensione o, mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annun
zierà ""'.
come diceva quest'ultimo, l'esodo di Gesù verso il Padre, attra
verso la croce che pori:a all'ascensione, che provocherà la discesa
dello Spirito. Infatti per Gfovanni lo Spirito comincia a essere Il seguito ci fa vedere il Figlio che ascende verso il Padre e
comunicato dal Figlio a partire dalla risurrezione. Il quarto van non ha più bisogno di chiedergli qualche cosa per i suoi disce
gelo mette insieme le apparizioni nelle quali si manifestano il poli, mentre essi stessi non sentono più il bisogno di interrogarlo.
risuscitato e il dono dello Spirito. Già nel capitolo 13 egli aveva Tutto quello che chiederanno al Padre in suo nome, saranno
detto: sicuri di ottenerlo.
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti . Io pregherò Il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato e avete
il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga creduto che io sono venuto da Dio. Sono uscito dal Padre e
con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado
ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo cono al Padre 101 •
scete, perché dimora presso di voi e sarà in voi ".
E l'ultima parola sarà :
·Pare che sia necessario intendere che 6.no a quel momento Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho
lo Spirito era presso di loro in Gesù, mentre ora verrà dentro vinto il mondo 102 •
di loro. D'altra parte, questa ·venuta dello Spirito coinciderà
con la ricomparsa di Cristo risuscitato.
Questa promessa dello Spirito che deve venire a noi quan do
Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il il Figlio salirà verso il Padre, come per far interiorizzare le parole
mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vi del Figlio, la Parola filiale che è egli stesso e per mezzo della
vo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel quale il Padre ci vuole adottare come suoi figli, presuppone la
Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comanda consolazione fondamentale degli ultimi discorsi intimi coi di
menti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato scepoli:
dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui '7 •
Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, non lo
Il capitolo 16 preciserà che si tratta di visioni che essi avran- avrei detto. Io vado a prepararvi un P?Sto; quando sarò an-

.. 16,16-22.
.. 15,26-27.
" Versetti 8-11.
" 16,4-7. 100
•• 14,15-17. 16,U-15.
101
97 16,27-28 .
14 ,18-21. IOl 16,33.

346 347
dato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò
con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo
dove io vado voi conoscete la via '0 '.

L'Apocalisse riunirà le due prospettive dello Spirito . con noi


e di Cristo che torna definitivamente per condurci al Padre. Es sa
ci lascia sulla visione dello Spirito e della Sposa che dice
« Vieni! » mentre il Testimone per eccellenza rispone:
« Sl, verrò presto! ».
- Amen . Vieni, o Signore Gesù! ,..

conclude l'autore. E queste sono, come era conveniente, le ulti-


me parole del Nuovo Testamento 105• · PARTE TERZA

L'INTELLIGENZA DELLA FEDE

lo:! 14,2-4.
10
' Ap 22,20.
' ' Fuori delle opere citate in questo capitolo, siamo ancora particolarmente
0

debitori ad A. FEmLLET, Le mystre de i'amo11r divin da11s la tbéologie iohan11i


q11e, 1970, come all'ultimo volume di F. M. BRAUN, ]ea11 le Théologien (voi. 3).
Parigi, 1972. li commento pubblicato da Bultmann nel 1950 è senza dubbio la
sua opera più brillante, ma è basata su una serie di ipotesi totalmente inverifi
cabili. G. BoRNKAMM ( Z11r ItzterpretatiotJ des ]ohannes Evange/ium in Geschi
chte und Glm1be, I, 1968, p. 104ss), ha dimostrato come lo sforzo di Kiisemann
sulla stessa linea, per riportare Giovanni al docetismo, sia privo di ogni base .

·348
17.

IN CERCA DEL TEANDRISMO

Dall'annunzio all'intelligenza della fede

Attraverso il Vecchio Testamento abbiamo potuto seguire


quella Parola divina che si rivelerà in tutta la sua pienezza co
me il Figlio di Dio, avvezzandosi, per riprendere la frase di
Ire neo, a· vivere coi figli degli uomini. O se cosl si preferisce,
l'ab biamo vista sollecitare l'attenzione e l'accoglienza
dell'umanità per preparare quest'ultima a riceverla.
Nel Nuovo Testamento la vediamo off rirsi, comunicarsi a
noi tutta intera attraverso l'irradiamento immediato della sua
presenza, ormai incarnata nella stessa carne della nostra umanità.
Attraverso la tradizione della Chiesa fino a noi, ci resta da
scoprire come la nuova umanità, rigenerata da questo contatto
e da questa unione, si apra e si offra all'irradiazione della Pa
rola fatta carne e ne prenda a poco a poco una conoscema ben
definita. .
Come già abbiamo visto quando abbiamo parlato dell'incon
tro della Parola con la Sapienza, non dobbiamo immaginare che
il processo d'intelligenza e d'accettazione della Parola succeda
semplicemente al processo d'incarnazione e di rivelazione. In
un certo modo, appunto perché quest'ultimo processo impegna
immediatamente il precedente, la Parola non poteva ' comuni
carsi" in Cristo senza una preparazione che disponesse l'umanità
alla sua accoglienza. Già l'Antico Testamento è il testimone di
questo intreccio necessario di processo di rivelazione e di pro
cesso di assimilazione. Nello stesso Nuovo Testamento, la rive
lazione arriva al suo termine negli apostoli solo in una prima
fase di assimilazione del vangelo, che si può già dire teologica.
Abbiamo potuto seguirla ricordando la predicazione dl san Pie
tro e dei Dodici subito dopo la risurrezione fino alla redazione

351
dei nostri qua ttro vangeli, passando attraverso l'intermediario
Eucaristia e cristologia I .
sicuramente cruciale della predicazione di san Paolo.
Cosl ancora una volta, nel Nuovo Testamento, Parola e Sa pienza
si uniscono. E come l'Antico passò al Nuovo per lo sfociare Infatti è uno sviluppo progressivo delle preghiere di tipo
dell'antica Sapienza biblica nell'apocalisse intertestamen taria, cosl , eucaristico, sulle quali si aprono tutte le lettere paoline, che offre
affenniamo volentieri che, durante questo tempo inter medio la cui all'Apostolo l'occasione per elaborare la sua cristologia. Essa
descrizione è cosl caratteristica dell'opera di san Luca e he può raggiunge la sua vetta più alta nella preghiera di questo genere
essere chiamato il tempo della Chiesa, la nuova con la quale inizia la let tera ai Colossesi. Nella lettera agli Efe
Sapienza della nuova ed eterna alleanza è chiamata a tendere sini che, come abbiamo visto, ci offre come una sintesi riflessa
verso l'ultima apocalisse. Sarà la rivelazione del Figlio di Dio della teologia e speciaLnente della cristologia dell'Apostolo in
con potenza 1 nella parusia e nel consolidamento del regno del riferimento diretto all'edificazione della Chiesa che è il corpo di
Padre nel quale saremo e nel quale siamo fin da ora chiamati a en Cristo, l'eucaristia iniziale arriva persino a invadere la lettera
trare come coeredi del Figlio eterno. intera.
Questo sviluppo definitivo della Sapienza evangelica nella Questo carattere profondamente eucaristico della teologia
teologia della Chiesa e nella filosofia cristiana che non se ne se cristiana, a cominciare dalla cristologia che ne è come il cuore,
para 2 , è strettamente legato all'espansione missionaria che deve sussisterà attraverso tutta l'opera dei Padri. La risonanza li.dea
portare il vangelo di Cristo e su Cristo fino agli estremi confini e· innica di tutta la teologia cristiana, che sgorga da questo
della terra . È dunque imperniato sull'evoluzione della cristolo aspetto di ogni cristologia fedele alle sue origini eucaristiche, è
gia. Le fasi di questa evoluzione corrispondono alle questioni forse particolarmente sensibile nei grandi Cappadoci e special
- che l'evangelizzazione deve porre di volta in volta al vangelo, nel mente in Gregorio di Nissa. D'altra parte il loro umanesimo
la misura che i suoi messaggeri vanno chiamando alla conver sione ellenico non . fa c_he corroborare su questo punto il loro istinto
tutti gli uomini con le loro diverse esperienze e con le mentalità cristiano. Essi non dimenticano mai che una teologia per gli
successive che da esse ricavano o ricaveranno la loro riflessione antichi greci era essenzialmente un inno, come gli inni omerici.
sulle suddette esperienze. A fortiori sarà cosl coi grandi spirituali che saranno loro
Dall'inizio del Nuovo Testamento e in modo particolare in discepoli. Le Omelie pseudomacariane 3 sono veri cantici alla
san Paolo che, in questo come nella missione, ha il ruolo del gloria del risuscitato che trasfigura coloro che si abbandonano
grande iniziatore, la forma fondamentale di questa Sapienza che alla sua contemplazione. La « teologia mistica » dello Pseudo
costituisce come la risposta alla Parola totalmente comunicata, Dionigi, come la « teognosia » di Gregorio di Nissa della quale
e nella quale essa perfeziona la sua rivelazione nella ri"sposta che è un'erede diretta, è u n'intuizione espressamente ineffabile del
le è data, si presenta come eucaristica. Vale a dire che è co mistero di Dio, rivela to in Cristo 4 . Per questo, essa trova espres
stantemente abbandono, offerta totale da parte dell'uomo al di sione solo in una prosa esaltata ai confini della poesia, poiché
segno creatore e salvatore che la Parola gli svela in quella co la sua metafisica « superessenziale » non solo non pretende di
noscenza di Dio che è l'effetto ·della Parola ricevuta con · fede esaurire questo « mistero » nella « catafasi », ma ne è solo una
e che impegna all'ubbidienza, alla conformità e in definitiva aÌ l'unione lode entusiasta. Essa si limita a lanciarci nella sua direzione fuio
del credente con lui. L'eucaristia infatti è ·l'espressione attiva, a perderci nella sola « apofasi » nella quale lo possiamo raggiun
effettiva di questa risposta alla Parola, e comporta una docilità che gere: nel silenzio mistico; al centro della tenebra che è una
non è semplicemente intellettuale, ma viva e vitale, come la Parola cosa sola con la sua luce inaccessibile.
stessa è comunicazione di quella vita divina che ci è rivelata Anche attraverso il Medio Evo occidentale, quella che poté
principalmente nell'agape: un irresistibile bisogno di darsi.
rivelandosi.
' Dati in Migne, PG 34. Vedi Jo studio cli W. JAEGER, Two Rediscove(ed
W'ork.r o/ A11cie11t Christian Literntttre: Gregory o/ N yssa a>1d Macarius, Leiden,
1
Cf 2Ts 1,7. 1952.
' Diremmo che la filosofia ctistiana è l'analisi della situazione deU'uomo cri ·'.- Cf il·. nostro Spii:itt111lité dtt Notweari Testame11t et des Pères, seconda
stiano nel mondo, mentre la sapienza teologica è l'analisi dcl mistero di Cristo ediz., Parigi, 1966, p. 434ss e 485ss (trad. it., Spiritualità del N .T . e dei Padri, De
che ingloba noi e tutto il cosmo. · honiane, Bologna, 1970).

352 353
12. Il Figlio eterno ·
essere chiamata la « teologia· monastica » per opposizione a quel dosene conto, per adottare una visione di Cristo profondamente
la delle scuole secolari, non sarà che sopravvivenza cli quell'an profana. Ì·
tica tradizione teologica cristiana di cui le cristologie dell'anti chità
5 Abbiamo qui quello che iPad ri cappadoci in particolare ave
costituiscono, ancora una volta, come il cuore vivo • Nei più vano già visto e denunziato nell'arianesimo . La logica interna
celebri maestri della scolastica, e in particolare in san Tom maso, dell'arianesimo, che da Ario stesso a Eunomio dov.eva portarlo
la visione d'insieme . che sostiene tutto il sistema, cioè una al più arido razionalismo, pareva loro irresistibile, dal momen \,
trasfigurazione eristica dello schema neoplatonico della usci ta
delle creature e del loro ritorno al creatore, rivela ancora un to che si faceva della cristologia, appunto come Eunomio, la
6 materia d'un semplice gioco dialettico di concetti 7 • Per resiste
dinamismo che è quello della contemplazione eucaristica .
re all'eresia forse più distruttrice del cristianesimo che sia mai
Là dove verrà a mancate al pensiero cristiano questa anima
esistita, era invece necessario cominciare col riproporre le ana
zione profonda, gli si cercherà istintivamente una compensazio ne
lisi nozionali, certamente inevitabili, nel contesto della salvezza
in una pietà affettiva nei riguardi di Cristo; e nascerà quella che
fu chiamata la divozione sensibile alla sua umanità. Allora però si promessa dalla Parola e ricevuta con la fede. Allora il mistero
cristiano non solo non si sarebbe dissolto e quasi volatilizzato
rivela presto il rischio di sovrapporre semplicemente un
con l'analisi teologica, ma sarebbe stato ·riportato al suo posto
nestorianesimo sentimentale a un monofisismo intellettuale, di
sovrapporre a una visione astratta della divinità di Cristo un'af centrale nella visione d'una vita umana interamente attirata nel
l'orbita propria della vita divina ; e questo è appunto quello
fettività il cui calore fittizio fa vedere che è indirizzata a un
che noi abbiamo chiamato la prospettiva eucaristica.
miraggio. Quell'umanità a cui essa si indirizza non è punto la
Nell'ultima parte di questo lavoro, parte che ci deve prepa rare
sua, quella del Verbo fatto carne, ma una semplice proiezione
a concluderlo con un saggio di sintesi cristologica che cor
idealizzante della nostra. È quello che san Bernardo chiamerà
risponda agli imperativi dell'ora presente, ci sforzeremo dun
un amore di Cristo carnale. La cristologia e la pietà medievali
que di seguire passo passo l'evoluzione del problema cristolo gico
in questo tragico divorzio preparavano quelle cristologie moder ne,
che in pratica non sono altro che « gesuologie », perché non nella Chiesa. Non cercheremo per questo di produrre una storia,
fanno che rivelare una incapacità insanabile di ritrovare nel « Ge anche se brevissima, delle cristologie successive; procu reremo
invece di tracciare per quanto è possibile la genealogia delle
sù della storia » il « Cristo della fede » .
grandi questioni che si sono imposte le une dopo le altre. Si
Questo processo di degradazione, il cui aggravamento pro
vedrà facilmente come ogni nuova questione sia stata susci tata
gressivo caratterizza tante cristologie contemporanee, deriva ine
dalla soluzione o dal tentativo di soluzione proposto per la
luttabilmente da una visione divenuta eccessivamente intellettua
'precedente. Già questo lascia presentire che lo sviluppo mai ter
lista, ma d'un intellettualismo astratto, che ha ridotto la Parol
mina to · della cristologia è avviato e riavviato incessantemente
divina a una rivelazione meramente nozionale . Ma questo, di
dalle questioni parzialmente insolute con l'insoddisfazione che
ciamolo ancora una volta, è solo il risultato d'una teologia in provocano e dalle ripercussioni imprevedibili delle questioni che
generale e d'una cristologia in particolare che ha prduto il suo parevano risolte felicemente.
senso eucaristico e si è ridotta a una pseudoscienza, nettamente Se non si vuole che questo sviluppo vada fuori strada o si
distaccata dalla contemplazione vivente. . ·impantani, la cristologia deve riportarsi incessantemente alla
È quello che tende a ripetersi quando le domande che il l
sorgente della vita cristiana del Nuovo Testamento, ritrovata a :i
mondo da evangelizzare rivolge al vangelo, invece di essere ri quel punto in cui essa sgorga dal compimento dell'Antico Te
cevute nella Chiesa come furono ricevute nei secoli più costrut stamento in Gesù Cristo. Ma questo ritorno alla fonte restereb
tivi' del pensiero cristiano e introdotte in qualche modo all'in be inoperante, se non contribuisse a restaurare, a rigenerare l'at
terno delle prospettive eucaristiche della sua fede, conducono teggiamento spontaneamente eucaristico della fede che aderisce
invece i pensatori cristiani a uscire da esse, non sempre renden- al mistero cristiano con tutte le potenze dell'anima umana. Se è
vero di ogni teologia cristiana autentica che la sua autenticità
5 Cf DoM JEAN LECLERC, L'amour des lettres et le désir de Dieu, Parigi,

1957. 1
Vedi G. L. PRESTIGI!, Fatbus and Heretics, Londra, 1948, il capitolo su
• Vedì più avanti, a p. 418 . Eunomio.

354 355
dipende dalla misura in cui le sue speculazioni si radicano e si
proiettano nella fede, è necessario specialmente per la cristolo J rriva fino alla fine del secolo IV, ed è dominato
gia elaborarsi come la presa di coscienza riflessa di tutto quello dalla lotta con lo gnosticismo eretico, e poi dal confronto con
che comporta la fede, della quale l'eucaristia cristiana è l'espres la filosofia ellenica e specialmente con la sua dottrina sul Logos.
sione e, più che l'espressione, il primo esercizio . In esso la prima questione che si impone è quella della na
In sostanza, se col vangelo di Giovanni crediamo in Cristo tura della salvezza portata da Cristo. È forse una semplice rive
Figlio di Dio come nella Parola fatta carne, per tentare di com lazione « gnostica » che ci illumina circa·una realtà immutabile,
prenderlo quanto ci è possibile dobbiamo cercare in qualche mo circa uno « spirito » invariabilmente .buono e anzi divino. che
do di entrare con la fede nella coscienza che egli stesso poteva dobbiamo scoprire in noi stessi e tirar fuori da un mondo di
avere del suo Padre, dell'opera che gli aveva dato da compiere, materia irrimediabilmente cattivo? Oppure è una trasformazione
della sua funzione e per questa via della sua stessa persona. Ma radicale di ogni realtà creata, buona nella sua origine ma per
questo non è altro che imparare a vedere tutto quello che lo ri vertita da una caduta volontaria, che dev'essere rigenerata dal
guarda nella luce di quell'eucaristia nella quale egli ha dato l'accondiscendenza del Dio che l'aveva fatta e che discende fino
il senso della sua esistenza e del suo stesso essere consacrandosi a essa nel suo stato di decaduta per risollevarla?
in essa al suo sacrificio riconciliatore. Per essa e in essa infatti Il secondo problema sarà quello del mediatore : il Logos, la
egli ci ha permesso di seguirlo fino ad arrivare al Padre. Pre Parola salvatrice, è tale in virtù d'una condizione connaturale
sentandola incessantemente al Padre come il memoriale del Fi glio intermediaria fra la divinità e l'umanità oppure per l'unione del
eterno, noi troviamo accesso presso di lui e, fin da quando la divinità e dell'umanità in un'unica persona? In altre parole,
siamo ancora quaggiù, ci è aperto il regno, quel regno paterno la Parola fatta carne può essere conf usa col Logos stoico o neo
nel quale· siamo i coeredi del Figlio unico, divenuto ·u platonico, oppure, come diceva già sant'Ireneo, nel Figlio eter
primoge
no di Dio, Dio egli stesso, ma fatto .uomo per la nostra sal
nito fra innumerevoli fratelli. vezza, siamo èhiamati a passare dal nostro stato di creature de
Quando avremo saputo risolverle una dopo l'altra in que cadute all'adozione dei figli di Dio? 9• Atanasio esprimeva già
sta luce, le questioni poste al vangelo dal mondo medievale e
per 'primo questo pensiero nella formula: il Figlio di Dio, Dio
poi dal mondo moderno, come anche quelle già sollevate nell'an come il Padre e della sua stessa divinità, si è fatto uomo per
tichità e ·risolte dai Padri, contribuiranno in compenso alla no diviliizzarci 10 •
stra conoscenza del mistero di Cristo 8 . Provata dall'esperienza Ma quando si arriva a queste precisazioni, deve sorgere un
totale della Chiesa, che si prolunga nella nostra esperienza per altro prqblema, ed è quello che sarà dibattuto fra il Concilio di
sona.le, la cristologia del nostro tempo a sua volta ci farà pro Nicea e quello di Costantinopoli, cioè: il Figlio si confonde col
gredii-e ex umbris et imaginibus in veritatem, dalle parole mol Padre, oppure si devono riconoscere nel Dio unico diversi sog
tiplicate incessantemente, ma sempre insufficienti, verso l'incon tro getti, e quindi in primo luogo la pienezza di quella relazione pa
immediato con la Parola viva e vivificante, che non avrà più terna di cui la pa ternità terrestre non è che un'immagine? Di
bisogno delle nostre formule transitorie per suscitare finalmente qui una visione rinnovata di quello che comporta per la stessa
la risposta perfetta che la sposerà perfettamente . divinità la filiazione del Figlio e, allo stesso tempo, la divinità
di quello Spirito che egli ci ha mandato da parte del Padre,
perché infondesse nei nostri cuori lo stesso amore che esiste fra
il Padre e il Figlio.·
Lo sviluppo del problema cristologico Per un inevitabile capovolgimento, o meglio per la dialettica
necessaria a un approfondimento armonioso del mistero della
fede, questo chiarimento circa la divinità del Figlio condurrà in
La ricapitolazione attraverso la storia della Chiesa del pro J!! JJ.dg ioè_a mettere in evidenza l'integrità e la pie
blema cristologico, alla quale ci accingiamo, si potrà dividere se nezza della sua umanità. Come diceva già san Gregorio di Na-
condo cinque· periodi principali.
' °Cf più avanti, a p,
' Cf più avanti, a p. 464 .
366ss. " Cf più avanti, a p.
368ss.
.356
357
zianzo, se ci salva l'incarnazione del Verbo nella nostra carne, il disegno eterno cli Dio di creare un mondo libero, ma desti-
cioè in tutto il nostro essere creato, quello che non fosse ,stato
11 . nato a unirsi a ,lui, include la predestinazione eterna del Figlio
assunto, non sarebbe salvato • eterno del suo amore a incarnarsi nella « carne del peccato »
13
,
Di qui però nascerà la tentazione nestoriana di immaginar e nella supposizione che sopravvenisse il peccato, per superarlo
la perfezione dell'umanità di Cristo come cosl completa in se senza annientarci nello stesso tempo. •'!'

stessa, che l'identità del Figlio cli Dio si frazioni e non si possa Questo « perché » dell'incarnazione, che passa al centro del ";$

più concepire Cristo se non giustapponendo in lui divinità e le prospettive da sant'Anselmo a Duns Scoto e a san Tommaso
umanità senza unirle realmente nella sua persona. occuperà il tero periodo dello sviluppo cit_qlogico: quello dei
Contro questo errore reagirà san Cirillo cli Alessandria, che Medio Evo latino. Siccome non furono conservate vive tutte le
sarà seguito dal Concilio di Efeso. San Cirillo proclamerà che prospet tive della teologia patristica, né in particolare furono ap
noi adoriamo in Gesù « l'unica ph ysis del Verbo divino fatto prezzate sufficientemente tutte le intuizioni di Massimo il Con
carne » u. f ssore per superare la visione troppo ristretta del binomio gra
Ma questa formula a sua volta doveva far sorgere il sospetto zia-peccato nella quale s'era rinchiusa in Occidente la contro
che una proclamazione della divinità di Cristo come principio versia pelagiana e semi.pelagiana, non si può dire che la teolo
della sua esistenza personale supponesse sempre una mutilazio gia scolastica abbia mai risolto questo problema in modo soddi
ne, se non un totale annullamento della sua umanità . Il monofi sfacente. Di qui un duplice inconveniente che pesa su tutte le
sismo cli Eutiche intenderà la mia physis (una sola natura) cli cristologie moderne: aporie calcedoniane che non sono mai state
Cirillo come se la natura umana, entrando in contatto ·· con la rio!te a fondo e aporie implicate in ogni cristologia
na tura divina del Salvatore, non potesse non confondersi con postago stm1ana che non sono mai state neppure comprese
essa e scomparire. Di qui l'affermazione del Concilio di Calcedo chiaramente e tanto meno chiarite.
nia: che le due nature sono unite in una sola persona senza con Cosi in un quarto periodo che viene fino a noi tutte le cri
fusione dell'una con l'altra. stologie che sono state tenta te secondo la linea d'vvio tomista
Ma come interpretare questa'formula? Di quale persona si dell'unità cli essere in Cristo eviteranno difficilmente un sospet
to di monofisismo, mentre tutte quelle che partono dall'assump
tratta? Superando l'enipostasia equivoca cli Leonzio di Bisanzio,
tus homo, dall'uomo assunto in Dio in Cristo, eviteranno con
sarà necessario arrivare alla precisazione definitiva: che questa
persona nella quale le due nature sono unite è quella del Verbo uguale difficoltà il sospettò di nestorianesimo. E tanto le une
come le altre non sapranno più come mettere insieme incarna
eterno.
zione e salvezza.
. E sarà ancora necessario mettere a parte tutte ·1e interpreta
zioni che supporranno che questo comporti una sola « energia » Quando a tutto questo si sarà aggiunto il primato moderno
o persino una sola volontà, cosi che sia tolto alla natura umana dato all'accostamento psicologico per tutto quello che si riferisce
alla teoria della persona, si avrannp quelle cristologie caratteriz
cli Cristo qualcosa di essenziale a favore dell'elemento · corrispon
zate dalla kenosi nelle quali si può dire che le due tentazfoni si
dente della sua natura divina. Cosl già si era visto Aria supporre
intrecciano costantemente. Cosi esse solleveranno un nuovo
che in Gesù il Logos tenesse il posto dell'anima, o Apollinare problema del quale bisogna dire certamente che è un problema
cli Laodicea supporre che lo stesso Logos si sostituisse al nous, falso, ma altamente rivelatore d'una crisi profonda del pensiero
cioè all'intelligenza creata. -
Solo con Massimo il Confessore si raggiungerà una visione teologico 14 .
decisamente equilibrata e sintetica, nella quale si vede che l'as In fine, nel nostro tempo vediamo sorgere insieme il desi
sunzione dell'umano tutto intero nella persona divina del Fi glio derio d'una cristologia esistenzialista anziché essenzialista nella
fatto uomo non solo non abolisce in lui la libertà essen ziale alla scuola protestante di Bultmann, ma anclle in pensatori cattolici
natura umana, ma la restaura e la consacra. Ma an che allora si come Karl Rahner, per i quali il problema si unisce a quello
scopre tutto quello che implica una tale concezione : d'una teologia trascendentale nel suo senso kantiano della pa-

11
Cf più avanti, a p. 389ss. " Cf più avanti, a p. 414ss.
12 Cf più avanti, a p. 395ss. " Cf più avanti, a p. 443ss.

358 359
rola: una teologia che non parta · da qualche contenuto, ma 18.
dal condizionamento a priori della nostra coscienza.
Affrontato sotto altri punti di vista, è lo stesso problema
di fondo che si pongono altri tentativi cristologici del nostro DALLA FEDE DEGLI APOSTOLI
tempo, come quello di Tillich e più ancora quello di Bulgakoff, AL CREDO DI NICEA-COSTANTINOPOLI
per costruire tutto su una visione, non dell'umanità di Cristo e
della sua divinità, ma sia della divinià della sua umanità, sia
dell'umanità della sua divinità . Da parte sua, Teilhard de Char
din ci inviterebbe piuttosto a vedere la divinità di Cristo come
il compimento in 1u1 dell'evoluzione dell'umanità 15 •
Ci pare che qui solo una considerazione più approfondita
della storia biblica della salvezza, nella sua relazione con la vita
intradivina del Dio che ci si è rivela to nella sua Parola, potreb
be eliminare le aporie di Calcedonia, uscire dal vicolo cieco me
dievale del Cur Deus homo mal posto, dissipare gli equivoci La crisi gnostica
d'un esistenzialismo senza ontologia o d'un trascendentalismo
senza vera trascendenza, e allo stesso tempo sfuggire finalmente
all'opposizione fra l'umano e il divino senza cadere per questo La prima crisi che la fede cristiana dovette attraversare nel
in qualsiasi forma di conf usionismo immanentista 16• la sua espansione a contatto del mondo pagano fu quella dello
Tale è il senso delle ricerche che ora conti1meremo trattan gnosticismo, che si concluse con una duplice precisazione ap
do dell'evoluzione del problema cristologico nella Chiesa. Già portata alla cristologia: Cristo non è solo un rivelatore della
si vede che ancora una volta e forse più che mai l'aspetto storico realtà cosl come essa è, ma ha il potere di introdurre in essa
del nostro lavoro non lo riduce a una semplice inchiesta sul pas una trasformazione rad.icale. In compenso, come salvatore egli
sato . Si tratta piuttosto d'una « ricerca » nel senso più ricco del non è diverso dal creatore, ma lo stesso Dio, autore delle nostre
l'espressione: la ricerca di quel vero teandrismo che ci permet libertà all'origine, che è venuto alla :fine dei tempi a liberarci
terebbe di veder nel Figlio eterno, con un solo sguardo, la divi dalla schiavitù del peccato e della morte nella quale eravamo
nità perfetta, l'umanità completa e l'unità della divinità e dell'u caduti.
manità come principio della nostra riconciliazione col Padre. Le origini di quello che è detto gnosticismo sono ancora
oggetto di discussioni fra gli specialisti, anche se alcun! punti
sono ormai stati chiariti.
Uno dei primi storici dello gnosticismo, Eugène de Faye 1,2
aveva lavorato sull'ipotesi avanzata da Adolf von Harnack
che esso rappresentasse una prima e più o meno inf elice tradu
zione del cristianesimo nei termini del pensiero filosofico greco.
L'importanza fondamentale data alla « gnosi.», cioè a una cono
scenza religiosa salvatrice, pareva loro la pietra di paragone di
questa origine. Ma i lavori, fra gli altrì, di Dom Louis Dupont
sul vocabolario della gnosi 3 hanno fatto vedere che appunto
questo vocabolario doveva orientarci in una direzione del tutto
diversa. Nella letteratura dell'ellenismo filosofico il termine gnosi,
1
Vedi E. DE FAYE, G1J ostiques et g11osticm11e, Parigi, 1901.
2 Cf A. VON HARNACK, Dogme11geschicbte, il primo capitolo.
1 DoM JACQUES DUPONT, « G11osis ». La co1111aisra11ce religieuse da1J s les é
" Cf più avanti, a p. 49lss e 464ss .
16
Cf più avanti, a p. 46lss. pitres de saùrt Paul, Lovanio-Parigi, 1949.

360 361
come quelli con esso imparentati, non designò mai una cono In questa spiegazione vi è certamente una grande parte di
scenza filosofica o religiosa. In Platone come in Aristotele e tutti verità, ma dev'essere completata con una considerazione più at
i loro successori fino ai neoplatonici compresi, questo ruolo è tenta del materiale mitologico del quale l'apocalittica come la
sempre riservato alle parole che si riallaccio110 al sostantivo epz più antica letteratura biblica, non avevano cessato di
far uso.
stéme o al verbo eidénai. Nel nostro studio sulla figura del Figlio dell'uomo abbiamo vi
Al contrario, negli scritti ermetici come nei testi propria sto c.ome Je apcalissi che si possono dire ortodosse si sono impa
mente gnostici, è chiaro che il vocabolario legato a gnosi e gno dromte dt temi come quello del!'uomo primordiale o del primo
nai, e in particolare la nozione di gn6sis tou theott {conoscenza uomo, 1:e del paradiso, ma trasferendone radicalmente il
di Dio), con l'idea che questa gnosi è salvatrice per se stessa, significato. D'una figura cosmologica e ktisiologica come quella
si' riallacciano al vocabolario biblico. La conoscenza di Dio dei dell'uomo primordiale, si era fatta la figura escatologica per
profeti, tradotta in gn6sis tou theou dai Settanta, è senza dub eccellenza di un uomo nuovo, celeste, che doveva comparire alla
bio all'origine del vocabolario degli gnostici, quali che siano fine dei tem pi come l'artefice della salvezza degli uomini e
le trasformazioni che essi abbiano potuto imporre alle nozioni d'una trasforma zione definitiva dell'universo .
che essa ricopriva nella Bibbia. . Nello gnosticismo questa figura del Figlio dell'uomo, in un
In conseguenza di questa costatazione, R. M. Grant, ripren pruno tempo sotto la sua forma semplicemente giudaica, poi sot
dendo e portando a termine quello che Friedlander aveva già to la sua forma cristiana, sarà come riassorbita nel mito dua lista
proposto fin dall'inizio del secolo e sul quale Culltnann aveva dal quale l'apocalisse giudaica l'aveva strappata. E in con se?
già richiamato l'attenzione 4, non vede punto l'origine dello 17enza di questo fatto, si vedrà comparire, negli scritti gno stm
gnosticismo nell'ellenismo tradizionale né in un ellenismo lar della fine del secondo secolo della nostra èra, quella figura del
gamente tributario dell'Oriente, e forse principalmente del maz redentore celeste nella qLJale Bultmann e i suoi discepoli vedono
deismo iraniano, come avevano poi suggerito Bousset e Reitzen ancora l'origine delle cristologie del Nuovo · Testamento, mentre è
stein 5, ma semplicemente nel giudaismo di poco posteriore alle divenuto chiaro per gli storici delle religioni comparate
origini cristiane, ed esattamente nell'apocalittica giudaica che che ne è solo un ricalco posteriore e persino relativamente tar divo
7
in quel tempo stava degenerando rapidamente 6• Lo gnostici •

smo sarebbe il risultato d'una metamorfosi dclle speculazioni In Valentino, per esempio, gli « spirituali », i soli che sono
apocalittiche, dovuta allo scoraggiamento generale della speran za cap?ci di salvezza e che ne sono capaci per nascita, sono ca duti
escatologica in conseguenza dell'insuccesso di tutti i movi menti al « pleroma » divino originale nel corpo, nella materia
di liberazione e della rovina definitiva di Gerusalemme. essenzialmente cattiva, e in essa resteranno imprigionati fino al
·Alla visione degli « eoni » successivi e del regno divino che la venuta di Cristo, « eone » disceso fino a essi da quello stesso
soppianta il regno del diavolo si sarebbe allora sostituita quel « pleroma », ma che ha preso solo un'apparenza corporale della
la di due mondi perpetuamente contemporanei e sovrapposti quale si spoglia al momento della crocifissione. Tutta la sua
l'uno all'altro. La salvezza non sarebbe più il passaggio dal opera salvatrice si riduce a restituire a questi « spirituali » la
l'uno all'altro alla fine dei tempi, ma la scoperta temporale del coscienza della loro natura, simile alla sua. Questa gnosi, e solo
l'uno dietro l'altro con l'assorbimento del pensiero nel solo questa, permetterà loro di epararsi dal corpo e di raggiunge re,
mondo della luce e del bene. sulle orme del « salvatore », il pleroma al quale non ban no
cessato di appartenere. Per tutto questo .non si richiede al tro
• Cf O. CuLL.MllNN, Le problème litteraire et bistorique du roma11 pseudo · che un risveglio della loro coscienza provoca to dalla venuta e
clé111e11ti11, étude mr le rapport elltre le g11osticisme et le iudéo-cbristianisme, dall'insegnamento del salvatore, cioè dalla coscienza momen
Parigi, 1930, e M. FRIEDLiiNDER, Der vorchristliche iudische Gnostizismus, Ber
lioo, 1898, come anche Die religiose/I Beweg1111ge11 imierhalb des Jude11111ms im
taneamente oscurata di quello che sono stati e che non potreb
Z eitalter Jes11s, Berlino, 1905. bero cessare di essere 8 .
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6
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