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Monica
Questa classificazione può essere considerata come un continuum che varia da una maggiore
possibilità di controllo delle VD e delle variabili di disturbo (gli esperimenti) ad una semplice
osservazione e procedure tecniche valide solo per identificazione e descrizione di un fenomeno
(metodi descrittivi). Il fulcro è sempre l’individuazione delle variabili più utili per le analisi e per il
controllo e la valutazione delle soluzioni effettivamente implementate. In questo il disegno della
ricerca attraverso modalità standardizzate cerca di effettuare un controllo delle variabili che agiscono
sui costrutti psicologici per poi calcolare quelle che sono le influenze di questi costrutti su queste
variabili.
L’ indagine sperimentale ha come obiettivo generale l’individuazione di relazioni causali tra le
variabili esaminate. In particolare lo scopo è consentire una interpretazione non ambigua dei risultati
escludendo a priori tutte le possibili interpretazioni alternative. Il quasi esperimento invece ha come
obbiettivo quello di descrivere come ciò che accade a livello comportamentale, cognitivo ed emotivo
sia in relazione con altri fattori e condizioni e quindi predire la situazione e permettere di trarre
conclusioni che diano indicazioni sulla relazione emersa dall’analisi delle osservazioni raccolte ma
non la comprensione. In ultimo ci sono i metodi descrittivi che si propongono di fornire una
rappresentazione il più accurata possibile di ciò che avviene a livello dei comportamenti, dei vissuti
emotivi e delle cognitivi offrendo però un quadro descrittivo che di solito si ferma al primo approccio
ad un’area di ricerca e fornisce poi informazioni e suggerimenti utili per l’approfondimento
dell’indagine. Maggiore è il controllo sulle condizioni e sui metodi osservativi, maggiore sarà la
rigidità delle regole, ma sarà possibile garantire un’alta fedeltà della relazione tra le variabili oggetto
di studio. I metodi descrittivi di ricerca comprendono procedure e tecniche validi per l’identificazione
e descrizione di un fenomeno (comportamento/azione/attitudine/tratto etc.) o relazioni tra diverse di
questi. Il fulcro in questo caso diviene l’individuazione delle variabili che sono più utili per le analisi
preliminari di un’indagine, ovvero nel controllo e valutazione dell’evidenza delle soluzioni
implementate. Infatti, tramite modalità standardizzate si effettua un controllo sulle variabili che
agiscono sui costrutti psicologici per calcolare l'influenza che tali variabili esercitano su di essi. Per
questo i disegni sperimentali all’opposto sono indagini in cui vengono attivati efficacemente tutte le
possibili fonti di controllo, soprattutto per quello che riguarda l’estrazione e l'assegnazione casuale
dei soggetti e la manipolazione della variabile indipendente L’assenza di forme di controllo è la
caratteristica fondamentale che determina l’ultima categoria di metodi di ricerca, i quasi esperimenti
nei quali la variabile indipendente non è direttamente manipolabile (Si dovrebbero anche menzionare
i disegni pre-sperimentali che non prevedono l'assegnazione casuale dei soggetti alle diverse
condizioni sperimentali; questo rende plausibili molte delle ipotesi alternative che minacciano la
validità delle indagini. Questi disegni non consentono di scartare un notevole numero di
interpretazioni alternative plausibili). In ultimo occorre ripetere che le ipotesi teoriche devono sempre
essere espresse e considerate come verificabili e falsificabili, poiché solo in tale maniera è possibile
apportare un progresso reale nella conoscenza disciplinare, ovvero giungere ad una maggiore
conoscenza dell'oggetto di studio. Solo nel caso degli esperimenti quando si è in grado di controllare
tutti i fattori in gioco soprattutto quelli considerati rilevanti dalla nostra ipotesi, per cui il ricercatore
è in grado di manipolare il fattore indipendente (stimolo sperimentale) e contemporaneamente tenere
sotto controllo i fattori intervenienti di disturbo, allora si può parlare di schema sperimentale vero e
proprio. Se il controllo non è totale, se non si è in grado ad esempio di randomizzare i soggetti
all’interno dei gruppo, allora si parla di disegni di ricerca quasi sperimentali. In questi disegni lo
schema adottato dal ricercatore è quello in cui l’introduzione dello stimolo sperimentale o i fattori di
disturbo non sono controllabili e quindi c’è una limitazione allo studio comparativo di situazioni già
predeterminate.
Considerando che la scienza moderna non rivendica più l’assolutezza della verità epistemologica,
non solo nelle scienze soft ma anche in quelle hard, non c’è più una differenziazione delle concezioni
della scienza come prima che vedeva una concezione legata alla dimostrazione, una legata alla
descrizione e una legata all’auto correggibilità, in questo momento invece viene meno questa
suddivisione e i disegni vengono considerati in modo diverso, in psicologica è raro rintracciare un
consenso diffuso circa un’ unica definizione di tratto, sintomo, atteggiamento, disturbo, psicosi, ma
anche la stessa personalità, etc. Quasi sembra che non esista un linguaggio comune con cui discutere
della natura dei problemi che vengono affrontati. Nonostante ciò in questo panorama così complesso
di teorie e modelli diverse che sono spesso incommensurabili vi invito a leggere il contributo di Khun
sui paradigmi. C’è comunque un sorprendente consenso su quello che è un esperimento psicologico
e di come le caratteristiche siano molto chiare: il controllo, la randomizzazione, l’isolamento, il
gruppo di paragone. C’è voluto molto affinché la definizione di esperimento si affermasse, Cattel,
che molto ha contribuito a questo dibattito, voleva eliminare il termine esperimento perché l’enfasi
che il termine esperimento dà sulla ricerca dei nessi causali porta poi alla catalogazione di tutte quelle
ricerche, che sono poi la grande maggioranza, in cui non si può raggiungere quel determinato livello.
Quelli che per noi oggi sono quasi esperimenti un tempo erano invece degli esperimenti, quindi c’è
stato anche un importante passaggio di concezione. La definizione psicologica dell’esperimento
caratterizzato dal controllo, randomizzazione, isolamento è poi passato anche in discipline similari
delle scienze del comportamento, come sociologia e pedagogia e si è dovuto soprattutto agli
esperimenti della corrente comportamentista degli anni 30 del ‘900 che ha condotto la diffusione delle
definizioni di esperimento che sono molto simili a quelle odierne.
Metodi sperimentali
L’ “esperimento” è una predisposizione di condizioni e procedure che consentono le osservazioni
delle relazioni tra le circostanze controllate (variabili indipendenti) e i risultati incontrollati (variabili
dipendenti) con l’intento di effettuare inferenze circa i rapporti causali tra le variabili (dipendente e
indipendente). Cambridge Dictionary of Psychology (2009). Il problema con il metodo sperimentale
in ambito psicologico come abbiamo detto deriva dalla difficoltà del controllo di altri fattori
intervenienti rispetto alle scienze tradizionali. Se oltre alle VI manipolate dal ricercatore e le VD
misurate ce ne sono altre che non teniamo sotto controllo allora diventa complicato parlare di
esperimenti. Pensiamo ad esempio di dover esaminare un gruppo di punteggi di studenti nell’esame
di psicometria e ci interessi sapere le femmine hanno livelli di performance più alti dei maschi.
Potremmo avere dei dati che supportino questa ipotesi ma dovremmo farci anche delle domande
giuste: ci sono altre variabili da tenere in esame? ad esempio motivazione, umore del giorno, età,
esperienza, quoziente intellettivo? Le differenze osservate nel punteggio delle femmine ed dei maschi
potrebbero essere dovute a ciascuno di questi fattori in aggiunta o in sostituzione a quello che è il
genere. Dovremmo tenere sotto controllo tutte queste possibili variabili intervenienti, offuscanti, e
potremmo ad esempio scegliere un numero uguale di maschi e femmine che sono anche
corrispondenti su quello che è l’umore, l’ansia, l’età etc, ma più controlli mettiamo nella selezione
dei soggetti più difficile diventerà trovare dei partecipanti, è una delle parti più difficili di una ricerca
perché non dipende dal ricercatore. Obiettivo della ricerca per esperimento è l’individuazione di
relazioni causali tra fattori, ossia relazioni in cui si suppone che un fattore, supposto dipendente, sia
propriamente causato da (almeno) un altro fattore supposto indipendente. Attraverso una ricerca per
esperimento è possibile ad esempio determinare l’esistenza di una relazione causale tra le variazioni
del profitto in matematica (fattore dipendente) e le variazioni della motivazione allo studio (fattore
indipendente, isolato da un insieme di altri fattori), mediante un piano di ricerca appositamente
predisposto. Nei metodi sperimentali i livelli di costrizione sono più elevati perché dobbiamo evitare
che ci siano effetti no voluti sulla variabile che stiamo studiando. L’obiettivo del metodo sperimento
è di giungere alla comprensione di un fenomeno attraverso la sua riproduzione controllata. Ne deriva
che il grado di costrizione a cui il ricercatore è sottoposto nella progettazione ed esecuzione
dell’esperimento è massimo. Da questo punto di vista, la sperimentazione rappresenta la forma di
ricerca più asettica e controllata nell’ambito delle scienze del comportamento in quanto richiede che
i soggetti siano estratti dalla popolazione in maniera casuale, che siano inseriti in gruppi o assegnati
alle condizioni in maniera sempre casuale e che le variabili di confusione siano controllate attuando
poi confronti fra soggetti sottoposti a differenti condizioni. Nella sperimentazione l’introduzione
controllata della VI viene chiamata stimolo sperimentale, che non è altro che la variazione indotta
in un fattore di ingresso in un sistema allo scopo di provocare modificazioni su quello che è il fattore
che rappresenta il prodotto del sistema stesso. Proprio per le esigenze di controllo dei fattori la
sperimentazione viene in genere condotta in un ambiente controllato che può essere un laboratorio
ma anche in genere (e più spesso) un ambiente artificiale che riguarda situazioni che permettono al
ricercatore di tenere sotto controllo le variabili intervenienti, come una classe una comunità un
contesto naturale possono essere ambienti artificiali a patto che sia possibile operare controlli
sperimentali.
I vantaggi e gli svantaggi di due o più trattamenti attivi oppure le differenze nell’esito di un intervento
con quello rilevato in gruppi non trattati o sottoposti ad un trattamento placebo vengono comparati
nelle sperimentazioni controllate “randomizzate” (RCT – Randomized controlled trial). Per fare ciò
è necessario avere delle condizioni particolari, tenere sotto controllo le variabili confondenti necessita
di una randomizzazione e questo è il vantaggio principale, cioè avere finalmente la possibilità di
poter determinare che il cambiamento della VD è dovuto soltanto alla VI. Invece lo svantaggio
principale sono la difficoltà e l’estremo costo nel mettere in campo questo tipo di esperimenti
randomizzati controllati, nonché i costi legati alla partecipazione dei soggetti, e quelli per
l’implementazione perché è necessario avere una equipe dedicata di particolare grandezza. Un altro
svantaggio è rappresentato dalle difficoltà etico-pratiche legate al trattamento placebo, al momento
in cui confrontiamo un trattamento normale/nuovo con nessun trattamento: naturalmente ci sono
difficoltà etiche di notevole livello relative al fatto che ci sono soggetti che non curiamo per
dimostrare semplicemente l’effetto e l’efficacia di un trattamento. Questo tipo di studi permette di
confrontare trattamenti attivi oppure di paragonare l’esito di un intervento con quello di gruppi non
trattati, ma permettono anche di standardizzare fattori quali l’esperienza intesa come abilità del
terapeuta, ma anche la durata del trattamento. Requisito fondamentale è l’aderenza del terapeuta alla
tecnica della terapia in esame (corrispondenza ai manuali). Si deve prestare infatti particolare
attenzione affinché questi studi siano condotti in modo conforme alla loro descrizione, nel rispetto
cioè di un protocollo che deve essere approvato da un comitato etico e deve poi essere controllato
nella sua applicazione; per questo molti trattamenti vengono descritti nei manuali specificando anche
le tecniche della terapia che devono essere adottate. L’aderenza dello sperimentatore alla tecnica deve
essere monitorata come parte della sperimentazione. Questo tipo di ricerche presentano dei limiti
intrinseci da un punto di vista etico e pratico, non è mai possibile infatti realizzare una condizione
sperimentale ideale, cioè contrapporre un trattamento a non trattamento, di solito si parla di treatment
as usual cioè il confronto fra un trattamento normale ed un trattamento standard, oppure di waiting
list ovvero si tengono i soggetti in una lista di attesa per un periodo di tempo limitato passato il quale
si effettuano altre rilevazioni per vedere il cambiamento fra coloro che nel frattempo hanno fatto il
trattamento e coloro che lo stanno iniziando.
Test: il Treatment as usual è una condizione di controllo uguale alla waiting list? -> no falso, in una
i soggetti sperimentano il trattamento tradizionale, nell’altro nessun trattamento in attesa di essere
inseriti in un gruppo.
Per quello che riguarda i disegni controllati e randomizzati spesso ci si trova a dover limitare la
generalizzabilità dei risultati perché il confronto fra questi trattamenti diventa abbastanza complicato,
è più difficile trovare le condizioni analoghe a quelle cliniche di routine in ambito della ricerca, ad
esempio gli approcci comportamentali e cognitivo-comportamentali sono più facili dal punto di vista
della realizzazione dello studio randomizzato controllato per quello che riguarda i trattamenti di
orientamento psicodinamico.
Il metodo sperimentale applicato alla ricerca clinica ha lo scopo di valutare se un particolare
intervento terapeutico (che d'ora in poi chiameremo convenzionalmente trattamento) causa un
cambiamento in una o più variabili dipendenti (dette anche outcome clinici, esiti clinici, o endpoints).
I metodi sperimentali per la verifica dell'efficacia degli interventi terapeutici sono applicabili a diversi
trattamenti e a diversi esiti. Il trattamento potrebbe essere una terapia psicodinamica, mentre gli
outcome clinici potrebbero essere i sintomi di depressione; oppure il trattamento potrebbe essere una
riabilitazione del linguaggio e l'outcome clinico la fluenza verbale del paziente. In generale, un
esperimento scientifico si caratterizza per la manipolazione di una o più variabili (che sono dette
indipendenti) e per la misura degli effetti di tale manipolazione su altre variabili (che sono dette
dipendenti). (Ercolani, 2007, p. 16)
LA RICERCA SPERIMENTALE La ricerca per esperimento o sperimentale, come la ricerca
standard discende dalla tradizione di ricerca quantitativa che ha in Galton, Wundt e Thorndike i suoi
precursori, ma ne riprende gli elementi propriamente detti “sperimentali”. Obiettivo della ricerca per
esperimento è l’individuazione di relazioni causali tra fattori, ossia relazioni in cui si suppone che un
fattore, supposto dipendente, sia propriamente causato da (almeno) un altro fattore supposto
indipendente. Attraverso una ricerca per esperimento è possibile ad esempio determinare l’esistenza
di una relazione causale tra le variazioni del profitto in matematica (fattore dipendente) e le variazioni
della motivazione allo studio (fattore indipendente, isolato da un insieme di altri fattori), mediante un
piano di ricerca appositamente predisposto. Il Cambridge Dictionary of Psychology (2009) definisce
“esperimento” una predisposizione di condizioni e procedure che consentono le osservazioni delle
relazioni tra le circostanze controllate (variabili indipendenti) e i risultati incontrollati (variabili
dipendenti) con l’intento di effettuare inferenze circa i rapporti causali tra le variabili (dipendente e
indipendente). Il disegno della ricerca è principalmente costituito dall’esposizione delle teorie e delle
ipotesi che riguardano queste relazioni causali, per questo nelle indagini completamente descrittive
un disegno di ricerca vero e proprio è essenzialmente assente, mentre quest’ultimo per i veri
esperimenti (e anche quasi esperimenti) è sempre presente e necessario. La ricerca per esperimento
viene condotta attraverso opportuni piani sperimentali, tra i quali i principali sono: il piano
sperimentale a due gruppi, il piano sperimentale a quattro gruppi, il piano sperimentale a gruppo
unico. Nella sperimentazione, l’introduzione controllata, la manipolazione da parte del ricercatore del
fattore indipendente è quello che viene chiamato lo stimolo sperimentale, ossia la variazione indotta
in un fattore di ingresso di un sistema allo scopo di provocare modificazioni sul fattore che
rappresenta il prodotto del sistema stesso. Ad esempio si effettuano degli studi sulle condizioni di
lavoro e si modificano alcune caratteristiche lavorative allo scopo di provocare cambiamenti nelle
prestazioni e/o benessere dei soggetti. Il fattore indipendente viene anche chiamato fattore
sperimentale. Mentre nella ricerca standard e nella ricerca interpretativa il successo della ricerca
dipende dal fatto che l’operazione di rilevazione dei dati non modifica la realtà sotto esame e tenga
conto del maggior numero possibile di aspetti di essa, all’opposto nella sperimentazione si cerca di
controllare al massimo l’effetto di tutti i fattori, operando in modo da escludere l’effetto dei fattori di
disturbo e mettere in evidenza l’effetto del fattore indipendente. Proprio per le esigenze di controllo
dei fattori, la sperimentazione viene in genere condotta in ambiente controllato, ma non è detto che
un ambiente controllato debba per forza coincidere con un ambiente artificiale: sperimentazioni
possono avvenire in classe, in comunità, in contesti naturali, a patto che siano passibili di controllo.
La sperimentazione in Psicologia avviene raramente in laboratorio, più spesso opera sul campo in
ambito clinico, nella scuola, nei centri di educazione e di formazione, per individuare linee di
miglioramento del servizio e verificare sul campo l’efficacia delle istanze teoriche, le quali emergono
dalla riflessione teoretica o dalla riflessione sui risultati di altre ricerche empiriche. Solo se si è in
grado di controllare tutti i fattori in gioco e considerati rilevanti dall’ipotesiguida, dunque dal fattore
indipendente (lo stimolo sperimentale) ai fattori intervenienti (i fattori di disturbo), si può parlare di
schema sperimentale vero e proprio. Laddove un controllo totale non sia possibile si può parlare di
disegni di ricerca quasi sperimentali. Un disegno quasi sperimentale è uno schema di ricerca in cui il
ricercatore non può controllare l’introduzione dello stimolo sperimentale o i fattori di disturbo e deve
limitarsi a studiare comparativamente situazioni già predeterminate. Ad esempio un piano quasi
sperimentale elementare potrebbe consistere nello studio, a posteriori, degli impiegati di due uffici,
uno in cui sono presenti attività di team-building e gestione del gruppo, e l’altro in cui non sono
presenti. Il ricercatore raccoglie dati durante la giornata lavorativa o dopo le riunioni di lavoro senza
poter influire su di essi in alcun modo. Un piano quasi sperimentale è quindi un piano dove non è
possibile controllare pienamente né il fattore sperimentale né i fattori di disturbo che possono incidere
sul fattore dipendente. Il ricercatore più che una sperimentazione opera una comparazione tra
situazioni diverse, secondo i già visti canoni della comparazione. La questione ha un peso rilevante
sia nella formazione del ricercatore sia nello sviluppo dell’innovazione in psicologia ed è stata a lungo
dibattuta. Il contributo di D. Campbell, in particolare, è rilevante per l’introduzione di una
significativa distinzione nel campo della ricerca anche in psicologia. Il suo Experimental and
quasiexperimental design for research, pubblicato in collaborazione con Julian C. Stanley (1966) ha
segnato per le teorie, i modelli e le tecniche di valutazione dei sistemi sociali una svolta decisiva.
Com'è noto la questione della validità dell'azione/comportamento dal punto di vista psicologico è
segnata da un duplice problema: a) come e se garantire una funzione predittiva
all'azione/scelte/comportamento e alle scienze che se occupano e come; b) come e se corroborare la
fecondità esplicativa delle regole che guidano la sua evoluzione naturale, sia in quanto campo
conoscitivo (dunque come disciplina) sia in quanto sistema di azioni mirate al perseguimento di uno
scopo di diagnosi, trattamento terapeutico, trasformazione, formazione o di cura della personalità o
di quanti hanno bisogno di essere supportati. I due problemi possono essere risolti solo a condizione
che chiunque si faccia psicologo (di sè o di altri) possa dichiarare di possedere un criterio
sufficientemente giustificabile a cui ispirare la propria condotta, le regole dell'azione che egli chiama
o intende come terapeutiche, ma anche un criterio con cui sia possibile confrontare i risultati di detta
azione. Tale criterio potrà chiamarsi paradigma, teoria o modello; in ogni caso deve avere dei
connotati irriducibili ad altri circolanti o dominanti nei diversi campi conoscitivi o pratici dell'azione
umana. Il metodo sperimentale applicato alla ricerca clinica ha lo scopo di valutare se un particolare
intervento terapeutico (che d'ora in poi chiameremo convenzionalmente trattamento) causa un
cambiamento in una o più variabili dipendenti (dette anche outcome clinici, esiti clinici, o endpoints).
I metodi sperimentali per la verifica dell'efficacia degli interventi terapeutici sono applicabili a diversi
trattamenti e a diversi esiti. Il trattamento potrebbe essere una terapia psicodinamica, mentre gli
outcome clinici potrebbero essere i sintomi di depressione; oppure il trattamento potrebbe essere una
riabilitazione del linguaggio e l'outcome clinico la fluenza verbale del paziente. In generale, un
esperimento scientifico si caratterizza per la manipolazione di una o più variabili (che sono dette
indipendenti) e per la misura degli effetti di tale manipolazione su altre variabili (che sono dette
dipendenti). (Ercolani, 2007, p. 16) In un contesto scientifico e tecnologico avanzato, il criterio di
immediato riferimento, ovvero l'interrogativo con cui le scienze sociali, e la Psicologia in primis, si
sono immediatamente confrontate è stato il seguente: ammesso che solo entro un'ottica sperimentale
sia possibile assicurare validità al trattamento, perché mai quest'ultima risulta essere piuttosto
invalidata che validata? Si è reso necessario quindi procedere all'esame di quei lineamenti
sperimentali di ricerca compatibili con le caratteristiche dell’intervento psicologico, comparandole
quindi con quei fattori che invece comunemente minacciano di invalidarlo. Una definizione di
esperimento diviene quindi preliminarmente necessaria, e con Campbell si può intendere per
esperimento quel tipo di ricerca entro cui sia possibile manipolare variabili e osservarne gli effetti
rispetto ad altre variabili. All’interno dell’indagine sperimentale i ricercatori hanno sviluppato diversi
metodi di analisi: comportamentale, fenomenologico, clinico, simulativo, psicofisiologico,
osservativo. I fondamentali sono:
• il metodo comportamentale, che si riferisce alla circostanza in cui lo sperimentatore esercita un
duplice livello di controllo: da un lato, sui dati ambientali (versante dello stimolo, S), dall'altro, sui
dati comportamentali (versante delle risposte, R). L’esempio classico è rappresentato dalla prova in
cui lo sperimentatore sia in grado di decidere tra gli eventi ambientali quelli da considerare come
variabili indipendenti, e quindi manipolabili secondo le proprie ipotesi mantenendo costanti gli altri,
e selezionare tra le risposte, quelle da osservare tassativamente come variabili dipendenti.
• Sostanzialmente, possiamo definire il metodo fenomenologico come il metodo che utilizza sempre
dei dati fenomenologici come variabile dipendente. In altre parole, lo sperimentatore deve
innanzitutto definire il campo fenomenologico in cui il soggetto si trova, determinarne le
caratteristiche specifiche. Per campo fenomenologico si intende l'insieme delle percezioni di ciò che
il soggetto vede, o ode ecc.; non ciò che sa, o pensa di sapere, di come sia il mondo reale al di là delle
sue percezioni; ciò che gli appare, il fenomeno, non la pretesa cosa in sé al di là di questo. Si tratta,
si badi bene, di un procedimento che non ha nulla di impressionistico, e che richiede, palesemente, la
determinazione dei parametri fisici delle condizioni di stimolazione che si utilizzano. Ma il fatto di
utilizzare linee, poniamo di una certa lunghezza, movimenti di oggetti di determinata velocità,
chiarezza di superficie di determinati valori, non significa che siano questi valori «fisici» ad essere
usati (come nel metodo comportamentale), ma è il valore fenomenologico che essi hanno per i
soggetti. (Luccio, 2005, p. 24)
• Il metodo osservativo definisce le procedure, le tecniche e gli strumenti che permettono di osservare,
registrare, descrivere, trascrivere e codificare il comportamento umano o l’interazione sociale che si
realizza tra le persone sia in condizioni naturali (o naturalistica) sia standardizzate di laboratorio
(controllata). Il soggetto non valuta se stesso, ma viene valutato da un osservatore che deve essere
adeguatamente addestrato per evitare errori giudizio che renderebbero invalida la misurazione. In
questo ambito lo studio di tipo longitudinale (Gli studi longitudinali sono quelli condotti su un unico
gruppo di soggetti, che viene osservato lungo un arco di tempo, su cui si effettuano due misurazioni,
distanziate da un periodo significativo, relative alla caratteristica, per poi confrontare i due risultati e
valutarne le differenze - ad esempio la capacità di gioco simbolico dei bambini) può fornire indizi più
convincenti su una possibile relazione causale. Tuttavia, si tratta sempre di prove indiziarie e non di
prove conclusive, poiché anche nel caso si riesca a stabilire una successione temporale tra la presunta
causa e il presunto effetto, non è possibile esser certi della causalità della relazione dato che non si
possono escludere, tramite il controllo sperimentale, tutte le possibili interpretazioni alternative dei
risultati ottenuti (per esempio, può esservi una correlazione spuria - dovuta a una terza variabile - tra
la presunta causa e il presunto effetto). Come esempio di ricerca longitudinale potremmo considerare
uno studio basato sull'ipotesi che le strategie messe in atto dai genitori per risolvere i conflitti con i
propri figli (fattore di rischio) siano correlate all'insorgenza di un successivo disturbo della condotta
(condizione clinica). Più specificamente, si potrebbe supporre che le madri di bambini con problemi
di condotta più gravi utilizzino con minor frequenza strategie "positive" per risolvere conflitto in
famiglia, e facciano più spesso ricorso a strategie di tipo reattivo, rispetto alle madri di bambini con
disturbo di condotta più lieve o liberi dal disturbo. (Ercolani 2007, p. 11)
Gs Pi Fs Pf
Fase Esempio
1. selezione del gruppo sperimentale GS la classe 5A del liceo scientifico Fermi
2. rilevazione del valore del fattore dipendente test iniziale di profitto in matematica
prima dello stimolo sperimentale Pi
3. introduzione dello stimolo sperimentale (il didattica dell’analisi matematica con
fattore sperimentale) Fs l’ausilio di un CD ROM
4. rilevazione del valore de fattore dipendente Pf test finale di profitto in matematica
Tuttavia questo schema sperimentale non garantisce rilevazioni affidabili. La variazione del fattore
dipendente prima e dopo lo stimolo sperimentale non è detto che debba necessariamente essere
imputata all’introduzione dello stimolo stesso. Per aumentare la probabilità che la differenza dei
risultati sia effettivamente dovuta soltanto al trattamento è necessario che l’ossatura dello schema
sperimentale sia il più stringente possibile. Questo perché ci sarà sempre una differenza di
misurazione tra un momento e l’altro e probabilmente tra t0 (momento pre test) e t1 (momento post
test) alcune condizioni potrebbero essere cambiate. Con tutta probabilità i risultati della classe nel
test di profitto finale saranno migliori di quelli nel test di profitto iniziale, ma: a) chi ci assicura che
tale miglioramento sia un miglioramento significativo, ossia netto e consistente, e non solo un leggero
miglioramento, del tutto normale per dei ragazzi in crescita; b) chi ci assicura che tale miglioramento
sia effettivamente da imputarsi all'introduzione della didattica attraverso il Cdrom e non ad altri
fattori, quali ad esempio allievi già di per sé particolarmente motivati allo studio, docente con elevata
professionalità, ecc. Quindi come facciamo a sapere se il miglioramento nella misurazione sia
statisticamente significativo e che non dipenda quindi da altri fattori se non da quelli sperimentali?
Lo studio sperimentale ci deve permettere di rispondere a questa domanda, ovvero di attribuire questo
miglioramento solo e soltanto alla variazione determinata dalla VI. Se non confrontiamo tale
miglioramento con quello di un gruppo equivalente al primo sul quale lo stimolo sperimentale non
viene applicato (detto gruppo di controllo) non potremo mai essere sicuri di questo. Per questo i
disegni più utilizzati in psicologia confrontano gruppi di soggetti che sono sottoposti a differenti
condizioni controllate dallo sperimentatore. Il piano sperimentale con un gruppo sperimentale e un
gruppo di controllo (piano sperimentale a due gruppi) è schematizzato in figura 2.
Test: la randomizzazione delle condizioni è una delle procedure adatte a controllare alcune variabili
confondenti -> vero, soprattutto quelle legate all’effetto maturazione e all’apprendimento al test
Figura .2- Piano sperimentale a due gruppi (fra i più utilizzati nell’ambito statistico)
Gs Pis Fs Pfs
Gc Pic Fo Pfc
Se i due gruppi sono equivalenti, per tutti i possibili fattori che possono incidere sul fattore
indipendente (nel nostro caso il profitto in matematica), le differenze tra il miglioramento del gruppo
sperimentale e il miglioramento del gruppo di controllo saranno da attribuirsi alla presenza dello
stimolo sperimentale e si potrà dire in modo proprio che lo stimolo sperimentale è causa di tali
miglioramenti, dato che l'introduzione dello stimolo viene temporalmente seguita dal miglioramento
di profitto e questo è l'unico fattore che differisce tra i due gruppi. Allo stesso tempo tale disegno
permette di controllare gli effetti della regressione, selezione, mortalità, storia, maturazione,
deterioramento dello strumento e dell’interazione mortalità per trattamento ma non consente tuttavia
di controllare l'interazione pre-test del trattamento e post test. Infatti, il proporre ai due gruppi una
prova iniziale può essere una possibile fonte di invalidità dei risultati. Le prove iniziali e le prove
finali devono infatti rilevare le stesse competenze per poter essere confrontabili. Se gli allievi però
hanno già ricevuto una prova iniziale sanno su quali argomenti dovranno focalizzarsi durante
l'intervento formativo e sarà quindi difficile dire se i miglioramenti saranno imputabili all'intervento
formativo in sé o all'interazione tra questa acquisita consapevolezza da parte degli allievi e l'intervento
formativo stesso.
Test: il piano sperimentale tra i gruppi prevede che tutti i soggetti subiscano la stessa modalità di
fattore sperimentale - > falso, ai due gruppi viene somministrata una modalità diversa del fattore
Per ridurre la criticità del disegno a due gruppi, dato dall’effetto delle prove iniziali è possibile
aggiungere ai due gruppi altri due gruppi, uno al quale si applica il fattore sperimentale e uno al quale
si applica il fattore ordinario, senza somministrare a questi le prove iniziali (piano sperimentale a
quattro gruppi, detto anche disegno sperimentale di Salomon). Con questo tipo di disegno gli effetti
del pre-test, ovvero la sensibilizzazione dei soggetti al pre-test, vengono minimizzati, permettendo
anche di fare effettivamente delle analisi più accurate. Lo scopo è valutare l’impatto del pre test sugli
effetti ottenuti da un intervento specifico, ovvero la domanda che Salomon si pone è: “la
somministrazione del pre test influenza la realtà dei nostri risultati?”. Nonostante pochi ricercatori
riescano ad utilizzare nella realtà questo tipo di piano sperimentale in quanto molto oneroso, è però
importante perché, come precedentemente detto, il pre test riveste un ruolo di enorme valore;
individuare se l’assesement iniziale contribuisce a determinare l’efficacia del trattamento nel contesto
reale è una questione fondamentale perché la validità e attendibilità dei risultati ottenuti nelle
condizioni controllate del laboratorio consentono una generalizzazione del trattamento nella più larga
scala. Questo disegno elaborato da Salomon (1949) costituisce il disegno sperimentale ideale in
quanto permette di minimizzare, se non annullare, la maggioranza delle ipotesi alternative, con scarsa
plausibilità, che comunque possono minacciare la validità interna dei disegni di ricerca. Questo
disegno prevede quattro gruppi (G), ognuno corrispondente ad una precisa condizione sperimentale;
i soggetti sono assegnati ai gruppi in modo casuale ed i quattro gruppi differiscono sia in termini di
presenza/assenza del trattamento (G 1 e G3 con trattamento e G2 e G4 senza trattamento(controllo)),
sia in presenza/assenza del pre-test (Pi) (G1 e G2 con pre-test e posttest; G3 e G4 con solo post-test).
Il disegno Salomon viene così rappresentato:
Figura 3 - Piano sperimentale a quattro gruppi
Vedi figura più avanti prima del paragrafo “Alcuni disegni fattoriali”
L’idea di fondo è che si possa poi controllare che se non ci sono effetti dovuti dal pre test i risultati
ottenuti da G1 e G3 dovrebbero essere uguali fra loro, poiché il gruppo 3 che ha subito il fattore
sperimentale ma non il pre test ha ottenuto un risultato simile a G1. Allo stesso modo si verifica che
il G1 abbia avuto un miglioramento rispetto al G2 e al G4, gruppi di controllo. Il disegno consente di
controllare le minacce alla validità interna costituite da selezione, regressione, mortalità, storia,
maturazione e deterioramento dello strumento. È possibile inoltre studiare l'effetto dell'interazione
pre-test per trattamento. Nella pratica è pero spesso difficile allestire piani sperimentali con più
gruppi. Si pensi ad un insegnante che intende controllare l'efficacia di un'innovazione didattica ma
non ha la possibilità di mettere in piedi un piano sperimentale che coinvolga altre classi che non siano
la sua. L'unica soluzione possibile è quella di applicare fattore ordinario e fattore sperimentale sullo
stesso gruppo in tempi diversi (piano sperimentale a gruppo unico, figura 4). Questo tipo di piano
sperimentale ha però delle difficoltà legate all’approccio di tipo longitudinale (si consiglia di leggere
un articolo free di Menesini- Codecasa dal titolo “Una rete di solidarietà contro il bullismo.
Valutazione di una esperienza italiana basata sul modello della peer education” in quanto presenta
una ricerca condotta su alcune scuole e permette di analizzare questo tipo di piani sperimentali in
ambito educativo). *Cenni alla ricerca alla fine di questo documento
Figura 4 - Piano sperimentale a gruppo unico
Vedi figura più avanti prima del paragrafo “Alcuni disegni fattoriali”
I soggetti subiscono l'applicazione dei fattori ordinario e sperimentale in tempi diversi. L'applicazione
del fattore sperimentale avviene ad uno stadio diverso della loro maturazione e questo fa si che si
abbiano risultati migliori nella prova finale non solo a causa dell'applicazione del fattore sperimentale
ma anche a causa del maggior grado di maturazione dei soggetti. Una possibile soluzione può essere
quella di ricorrere ad un campione ciclico istituzionale ricorrente, ossia applicare il fattore ordinario
sulla lA dell'anno scolastico corrente e il fattore sperimentale sulla lA dell 'anno scolastico successivo,
confrontando poi i risultati delle due classi analogamente a quanto indicato nel piano sperimentale a
gruppo unico. L'assunto di base è quello che le due classi si possano considerare equivalenti. Solo se
si è in grado di controllare tutti i fattori, dal fattore indipendente (lo stimolo sperimentale) ai fattori
intervenienti (i fattori di disturbo) si può parlare di schema sperimentale vero e proprio. Laddove un
controllo totale non sia possibile si può parlare di disegni di ricerca quasi sperimentali. Un disegno
quasi sperimentale è uno schema di ricerca in cui il ricercatore non può controllare l'introduzione
dello stimolo sperimentale o i fattori di disturbo e deve limitarsi a studiare comparativamente
situazioni già predeterminate. Per l'esempio precedente un piano quasi sperimentale potrebbe
consistere nello studio, a posteriori, di due classi di prima liceo, una in cui la didattica della
matematica è stata condotta con il metodo della lezione frontale, l'altra in cui è stato adottato l'uso del
Cd-rom con attività in laboratorio di informatica. Il ricercatore raccoglie dati durante o dopo gli
interventi didattici senza poter influire su di essi in alcun modo. Un piano quasi sperimentale è quindi
un piano dove non è possibile controllare pienamente né il fattore sperimentale né i fattori di disturbo
che possono incidere sul fattore dipendente. Il ricercatore più che una sperimentazione opera una
comparazione tra situazioni diverse, secondo i canoni visti nel primo capitolo. L'analisi dei dati
avviene attraverso tecniche statistiche per i dati strutturati, ad esempio i dati dei test iniziali e finali,
caricabili su una matrice dei dati. Particolare importanza assume nei piani sperimentali la tecnica
denominata analisi della varianza, che consente di rilevare se esistono differenze significative tra i
risultati ottenuti ad un test da parte di due o più gruppi di soggetti. I dati dei resoconti di osservazione
che accompagnano l'esperimento potranno essere elaborati mediante tecniche qualitative di analisi
dei dati. Tali tecniche verranno trattate in dettaglio nel modulo 6.
Lezione 4 - Disegni fattoriali
I piani a uno, due, o quattro gruppi permettono di valutare sostanzialmente l’impatto di una singola
variabile indipendente su più gruppi, nel senso che in gruppo può essere somministrato il trattamento
che interessa e nell‘altro no, o un treatment as usual, o versioni differenti della condizione
sperimentale. Prescindendo comunque dalle varianti, i piani sperimentali valutano una solo variabile
indipendente che poi è il limite principale di questi esperimenti in quanto rispondono ad interrogativi
su una variabile di interesse relativamente semplice perché la VD nel disegno sperimentale non
permette di analizzare la moderazione o la mediazione che sono elementi che coinvolgono gli
interventi di altre variabili indipendenti. Ovviamente la semplicità degli interrogativi non sminuisce
la loro importanza e quindi anche i piani sperimentali di questo tipo sono rilevanti, però le questioni
semplici sono quasi “esaurite” quindi dobbiamo procedere verso esperimenti più complessi che ci
consentano di indagare più a fondo magari su quelle relazioni che abbiamo già individuato in
letteratura. Ad esempio un esperimento con una variabile singola potrebbe aver considerato l’impatto
di due diverse strategie, tipo regolazione delle emozioni e rilassamento, per affrontare lo stress indotto
da una singola sessione sperimentale. Un semplice interrogativo su quale fra le due strategie funzioni
meglio è un punto di partenza che può essere analizzato attraverso un piano sperimentale a 2 gruppi.
Una questione però più complessa e più ambigua potrebbe insorgere laddove si voglia aggiungere un
moderatore: esiste forse una ragione per cui le due strategie applicate a soggetti con disturbi diversi
ottengano risultati diversi? In questo ci sono di aiuto i disegni fattoriali che consentono di analizzare
simultaneamente due o più variabili chiamate in questo caso fattori in un singolo esperimento.
Ognuno di queste variabili indipendenti vengono rilevate su due o più livelli o condizioni. È
importante dire che questi disegni fattoriali non vanno confusi con l’analisi fattoriale che è invece
una tecnica statistica che serve per fare un’analisi degli item. Il termine fattore indica semplicemente
le variabili indipendenti. I disegni che hanno due VI a due livelli vengono chiamanti disegni fattoriali
2x2 dove sono visibili i possibili esiti degli effetti principali e dell’effetto di interazione. Tale disegno
alla fine crea 4 gruppi che rappresentano ogni possibile combinazione dei livelli dei due fattori.
L’analisi dei dati ci dovrà indicare se il fattore A è significativo, mentre B e l’interazione non sono
significativi; oppure il fattore B è significativo, mentre A e l’interazione non sono significativi (la
non significatività dell’interazione è rappresentata graficamente da due segmenti che sono paralleli e
non si intersecano); oppure l’interazione è significativa: si tratta di un’interazione antagonista, mentre
i due effetti principali di A e B non sono significativi (la significatività dell’interazione è rappresentata
graficamente da due segmenti che si intersecano); oppure gli effetti principali di A e B sono
significativi, mentre non esiste interazione fra gli effetti dei due fattori. Se l’interazione è significativa
ciò non significa che automaticamente anche gli effetti principali dei due fattori siano significativi.
Nel disegno 2x2, dove questi numeri indicano il numero delle variabili e i loro livelli, le informazioni
vengono riassunte nelle tabelle ma poi è più facile rendersi conto attraverso i grafici se ci sono degli
effetti significativi. La ragione principale che porta all’utilizzo di un disegno fattoriale è l’interesse
per l’effetto combinato di due o più variabili, quindi per la loro interazione, per questo si dice che
sono moderate nella loro interazione. Ovviamente il fatto che ogni fattore abbia due o più livelli
complica notevolmente la nostra capacità di analisi. I piani di ricerca che si occupano di andare a
vedere questo effetto combinato si basano di solito su variabili dipendenti di tipo quantitativo, come
un certo punteggio di una scala di atteggiamento, una certa intensità di una fobia e così via. La tecnica
statistica che si utilizza è l’analisi della varianza o ANOVA che a seconda del tipo di disegno fattoriale
potrà poi diventare di una certa complessità. L’ANOVA fattoriale, così come i disegni fattoriali, non
va confusa con l’analisi fattoriale che ha uno scopo diverso e che si occupa degli item di un test.
Test: nei disegni fattoriali ogni gruppo è sottoposto ad una combinazione delle variabili indipendenti
-> vero, dalle celle della tabella di contingenza si evince facilmente questa combinazione
A seconda poi del numero delle VI e dei rispettivi livelli avremo poi delle griglie diverse. Gli elementi
cardine di un disegno fattoriale completamente randomizzato (o tra i soggetti) sono:
a) due o più variabili indipendenti (VI) manipolate con due o più livelli per ciascuna di esse;
b) quando ogni VI è completamente incrociata con ogni altra VI, cosa che comporta che ogni livello
di un fattore sia combinato con ogni livello dell'altro fattore;
c) quando i soggetti sono assegnati in modo randomizzato ad ogni gruppo
d) quando ogni gruppo è sottoposto solamente ad una combinazione delle VI. E' il piano di base già
illustrato nella matrice 2x2 presentata nelle pagine precedenti.
Test: nei disegni fattoriali 2x2 se nella rappresentazione grafica i due segmenti sono paralleli allora
c’è effetto di interazione fra i fattori ->falso, i due segmenti devono intersecarsi
Oltre ai piani tra i soggetti, però troviamo i disegni fattoriali entro i soggetti chiamati anche disegni
fattoriali a misure ripetute, dove i gruppi sono sottoposti a tutte le combinazioni dei fattori invece,
che ad una sola di esse. Se si tengono sotto controllo gli effetti dell'ordine e della sequenza, questi
ultimi disegni offrono una maggiore sensibilità agli effetti della VI, l'esigenza di un minor numero di
soggetti e una maggiore efficienza. Alle volte, le due o più VI che costituiscono un disegno fattoriale
possono essere di tipo diverso: ad esempio, una tra i soggetti e l'altra entro i soggetti, oppure una
manipolabile e l'altra no. Questi piani vengono chiamati "disegni misti". Un disegno misto quindi
può includere una VI tra i soggetti ed una entro i soggetti; oppure può invece indicare un disegno
fattoriale che comprende un fattore manipolato ed uno non manipolato. Nel primo caso, un fattore
richiede tanti gruppi di soggetti quanti sono i suoi livelli di variazione e l'altro fattore comporta che
tutti i soggetti siano sottoposti a tutti i livelli. Il secondo tipo di disegni misti, cioè quello composto
da fattori manipolati e non manipolati, assegna i soggetti in modo randomizzato alle condizioni della
variabile manipolata, mentre ai livelli del fattore non manipolato vengono assegnati sulla base di
caratteristiche preesistenti: come maschio e femmina, volontari e non volontari, ecc.. Il problema
presentato da questo disegno riguarda l'interpretazione dei risultati, perché le variabili non manipolate
comportano sempre degli effetti di confusione, per cui è difficile fare inferenze causali basate
sull'analisi degli effetti principali delle variabili indipendenti.
I disegni a serie temporali interrotte
Tipo di studio longitudinale (cross sectional) effettuati su un unico gruppo che viene osservato per un
lungo arco di tempo, sono abbastanza complicati da realizzare perché hanno bisogno di una
numerosità molto alta e si verifica un’alta mortalità del campione in considerazione dei tempi molto
lunghi. Nonostante il ricercatore riesca a trattare i gruppi con le medesime modalità è difficile avere
una validità interna con un grado elevato. Nella loro forma generale, i disegni a serie temporali
interrotte assomigliano a un disegno con un solo gruppo e due prove, ma, invece di una singola misura
prima del trattamento ed una dopo, richiedono diverse misurazioni della VD (osservazioni multiple),
a scadenze ben definite, sia prima della condizione sperimentale (di cui si conosce comunque la
cadenza) che dopo. Così, prima del trattamento e per un certo periodo di tempo, si effettuerà la prima
serie di misurazioni; poi si darà luogo alla fase della manipolazione, infine quando questa verrà
interrotta, si riprenderanno le misurazioni per un altro periodo di tempo. L'eventuale effetto del
trattamento viene evidenziato in una differenza tra la serie di osservazioni che precedono il
trattamento e la serie di osservazioni che lo seguono (un follow up ad esempio a tre, sei, o dodici
mesi). Lo svantaggio maggiore del disegno a serie temporali interrotte è costituito dall’impossibilità
di tenere sotto controllo le minacce alla validità interna costituite da storia, deterioramento dello
strumento, mortalità e possibili influenze di natura ciclica; presenta inoltre problemi relativi alla
validità esterna. Questi piani sono sostanzialmente una variazione dei disegni entro i soggetti, perché
ogni elemento del gruppo è sottoposto a tutte le condizioni di trattamento. Sono comunque poco
applicati se non su larga scala per disegni epidemiologici
Vedi figura a pag. 15 della dispensa
In questo tipo di disegni, la molteplicità delle misurazioni protratta nel tempo ha un ruolo molto
importante. Consente, infatti, di evidenziare la tendenza dei dati prima della condizione sperimentale
chiamata linea di base (baseline), che viene utilizzata come punto di paragone fisso per l'andamento
dei dati raccolti dopo il trattamento. I disegni a serie temporali interrotte, a causa della molteplicità
delle misure prima e dopo il trattamento, controllano gli effetti dovuti alla regressione verso la media;
non controllano invece gli effetti della storia. Sostanzialmente la molteplicità delle misure sostituisce
il gruppo di controllo. Questi piani possono essere usati ad esempio in una ricerca clinica, o in quegli
studi che prima osservano i soggetti tramite misurazioni per un certo periodo di tempo, come può
essere uno studio sul comportamento di bambini con problemi comportamentali, che vengono
osservati per un anno intero prima del trattamento. Una volta ottenuti dati sufficienti, viene applicato
il trattamento, e una volta terminato questo stadio si riprendono le misure dei soggetti per lo stesso
tempo di osservazione precedente l'applicazione del trattamento. E' quindi un disegno utile per
condurre ricerche sui fenomeni naturali o clinici. Tuttavia in questo tipo di disegno vi sono due
potenziali fattori di confusione: la storia e la strumentazione, infatti, il disegno per essere espletato
richiede sempre un certo periodo di tempo, durante il quale possono accadere degli eventi capaci di
influire sulla VD (come la storia), e quando vengono riprese le misurazioni dopo l'interruzione del
trattamento, può accadere di introdurre qualche cambiamento nel modo di raccogliere e di codificare
i dati (strumentazione). Un interessante sviluppo del disegno a serie temporali interrotte semplici è
quello a serie temporali interrotte multiple. Questo piano è del tutto simile al precedente, ad eccezione
del fatto che utilizza un secondo gruppo di soggetti (il gruppo di controllo) che non è sottoposto al
trattamento. Rispetto al disegno a serie temporali interrotte semplici, questo piano ha il pregio di
permettere il controllo degli effetti di confusione dovuti alla storia. Teoricamente infatti, qualsiasi
avvenimento esterno al trattamento dovrebbe influire in ugual misura sia sul gruppo sperimentale sia
su quello di controllo. Ma come nel caso del piano con un gruppo di controllo non equivalente, anche
in questo disegno l'interazione tra selezione e storia è tanto più probabile quanto più i gruppi sono
differenti.
Disegni simulati prima e dopo
Quando le ricerche sono condotte sul campo, non si può sempre assegnare casualmente i soggetti ai
differenti livelli di trattamento. In molte circostanze, però, è possibile esercitare un sufficiente
controllo sui momenti di registrazione delle prove preliminari e del post-test, come pure sui campioni.
Ad esempio, negli studi su grandi popolazioni, è possibile rilevare l'impatto esercitato da un
intervento qualunque sull'insieme della popolazione se si possono raccogliere e misurare i dati della
variabile che interessa sia prima che accada l'evento che modifica tale variabile sia dopo. Ad esempio,
se si suppone che un'università voglia promuovere una campagna pubblicitaria per una corretta
utilizzazione della biblioteca su 10.000 iscritti, si potrebbero formare due gruppi di soggetti
(sperimentale e di controllo), quindi misurare le abitudini di consultazione del gruppo di controllo
prima dell'inizio della campagna pubblicitaria e dopo che questa è terminata, misurare le abitudini di
consultazione del gruppo sperimentale. A questo punto si confrontano i dati ottenuti nella prova
preliminare del gruppo di controllo con quelli ottenuti nel post-test dal gruppo sperimentale. Questo
disegno viene denominato a campioni differenti nel pre-test e nel post-test. Questo disegno è utile
quando il trattamento riguarda tutta la popolazione. Qualora il gruppo di controllo non potesse essere
sottoposto alla condizione sperimentale, il disegno più opportuno è quello a campioni differenti nel
pre-test e nel post-test, con o senza trattamento. Questo disegno richiede che il gruppo sperimentale
e quello di controllo siano a loro volta suddivisi in due sottogruppi. I due sottogruppi del gruppo
sperimentale corrispondono al gruppo sperimentale e di controllo del disegno visto precedentemente;
i due sottogruppi del gruppo di controllo sono sottoposti al pre-test e al post-test rispettivamente. Per
cui si avrà:
Vedi figura a pag. 16 della dispensa
L'efficacia del trattamento viene verificata confrontando la differenza osservata tra i risultati dei
sottogruppi 1 e 2 e quella osservata tra i sottogruppi 3 e 4. Questo disegno potrebbe essere utile
quando si volesse confrontare, ad esempio, le abitudini alimentari di una popolazione sottoposta ad
una campagna pubblicitaria su una sana nutrizione (sottogruppi sperimentali) e quella di una
popolazione non toccata dalla campagna (sottogruppi di controllo). Grazie al gruppo di controllo, di
cui una parte è sottoposta al pre-test ed una al post-test, il ricercatore può controllare gli effetti dovuti
alla storia e alla maturazione. E' possibile però che i risultati siano influenzati da certe variabili esterne
che intervengono solo nel gruppo sperimentale. Infine il disegno può risentire dell'effetto della
mortalità. Questi sono solo alcuni dei disegni sperimentali possibili, ma rappresentano i tipi di disegni
più usati nella ricerca sperimentale in psicologica.
I disegni quasi-sperimentali
I disegni quasi-sperimentali assomigliano ai veri esperimenti, infatti, ne possiedono gli aspetti
essenziali e cioè: un'ipotesi di tipo causale da verificare; la possibilità di qualche manipolazione della
VI cosa che consente dei confronti tra due o più condizioni sperimentali. Poiché non controllano tutte
le variabili di disturbo, le inferenze basate sui loro dati non sono molto affidabili. Ciò accade perchè
non è possibile manipolare a piacimento la VI (variabile indipendente), non si possono scegliere in
modo casuale dalla popolazione i soggetti che devono formare il campione, e non si possono
assegnare i soggetti ai gruppi in modo randomizzato. Fanno parte dei disegni quasi-sperimentali i
disegni che presentano un gruppo di controllo non equivalente; i disegni a serie temporali interrotte
e i disegni simulati prima e dopo. I disegni con gruppo di controllo non equivalente costituiscono la
soluzione migliore quando i gruppi formano delle entità naturali, che devono essere mantenute intatte
per studiarne le caratteristiche. La mancanza di equivalenza dei gruppi viene in genere limitata
componendo un gruppo di controllo quanto più possibile simile a quello sperimentale. Si
sottopongono infatti i gruppi al pre-test per individuarne il grado di equivalenza. Un esempio di
questo tipo di disegno può essere così rappresentato:
Fase A: A bambini di scuola elementare è stato presentato un questionario composto da sei domande
con punteggio da 0 a 7 per valutare il loro atteggiamento nei confronti delle persone anziane valutando
se esistesse una differenza legata al genere. Vengono poi presentate alcune storie positive con
protagonisti anziani.
Fase B: I bambini sono stati suddivisi in due gruppi (atteggiamento positivo e atteggiamento negativo)
ed è stata presentata loro una prova di memoria nella quale era chiesto di ricordare una storia
connotata positivamente relativa a persone anziane. Il ricordo è stato misurato attraverso il numero di
frasi ricordate.
L'eventuale differenza significativa tra i dati del pre-test con quelli del post-test può indicare la misura
del cambiamento attribuibile al trattamento. Questo disegno, mentre per l'assenza di randomizzazione
presenta maggiori pecche per quanto riguarda la validità interna rispetto ai disegni sperimentali veri,
ha però il vantaggio di rispettare l'integrità naturale dei gruppi e di non toglierli dal contesto della vita
quotidiana. Così la validità esterna, e in particolare quella ecologica, sono meglio salvaguardate.
Ercolani (2007) puntualizza come il livello di costrizione richiesto dai disegni quasi-sperimentali
riguardi in particolare le variabili che hanno dato luogo alla formazione dei gruppi di soggetti, la
tipologia di trattamento cui saranno sottoposti, la misura del rendimento prima e dopo il trattamento,
ecc. La maggiore libertà operativa della quasi-sperimentazione va a discapito della capacità di
controllo (scarsa) sulle eventuali variabili intervenienti (non controllate), che in ultima istanza
potrebbero costituire la spiegazione effettiva delle oscillazioni sperimentali.