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A. Cherubini
Introduzione
• “L’informatica è nata dalla logica come Minerva dalla testa di Giove” (G. Longo):
– La distinzione fra hardware e software presente per la prima volta nelle architet-
ture di calcolo, disegnate da von Neumann e Turing nel dopoguerra, era stata
proposta molto prima da Turing allo scopo dell’analisi logica della deduzione.
– La teoria della computabilità nasce negli anni ’30 (Gödel, Church, Kleene,
Turing...), cioè ben prima dei moderni calcolatori.
• La logica trova nell’informatica molte delle sue motivazioni e nuovi campi di ricerca.
Si potrebbe concludere:
• Riprendendo idee di Leibinitz, nel 1801 Woodhouse propone un netto distacco fra
geometria ed algebra. L’algebra è una manipolazione di simboli che deve trovare il
suo fondamento non nel riferimento allo spazio, ma nella correttezza formale. Poco
più tardi, intorno al 1830, si comincia ad abbandonare l’idea cha la validità di una
dimostrazione dipenda solo dalla natura dell’argomento trattato e Peacock nel “A
treatise on algebra” sottolinea che il significato delle operazioni e dei risultati dipende
solo dai postulati assunti e non dalle interpretazione dei simboli, cominciando a
suggerire l’idea di diverse interpretazioni e di astrazione che sta attualmente alla
base dell’algebra.
i
ii
• L’algebra può quindi essere considerata come un primo passo verso la logica, come
uno strumento per riconoscere ciò che accomuna calcoli che abbiamo imparato a fare
in momenti e su oggetti diversi, come un linguaggio agile ed elegante con svariate
applicazioni.
• Infine le teorie algebriche costituiscono ottimi esempi di teorie logiche, come vedremo
verso la fine del corso.
Indice
I Relazioni 1
I.1 Relazioni binarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
I.1.1 Relazioni binarie su un insieme A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
I.2 Relazioni di equivalenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
I.3 Relazioni d’ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
iii
capitolo I
Relazioni
Nel seguito lavoreremo su insiemi, ovvero su collezioni di oggetti. Diamo per note le
notazioni, le definizioni di inclusione, uguaglianza e operazioni su insiemi e le relative
proprietà (attenzione al Paradosso di Russell 1).
Ricordiamo che si chiama prodotto cartesiano degli n insiemi A1 , A2 , . . . , An , l’insieme
A1 × A2 × . . . × An = {(a1 , a2 , . . . , an )|ai ∈ Ai , i = 1, 2, . . . n} ;
notiamo che gli elementi del prodotto cartesiano sono n-uple ordinate ed è quindi rilevante
l’ordine in cui si considerano gli insiemi. Per estensione se n = 1 il prodotto cartesiano si
riduce ad A1 .
Si chiama relazione R (n-aria o di arità n) fra gli n insiemi A1 , A2 , . . . , An un qualsiasi
sottoinsieme di A1 × A2 × . . . × An .
Siano ora R ⊆ A1 × A2 × ... × An e T ⊆ A1 × A2 × ... × An due relazioni fra gli n
insiemi A1 , A2 , ..., An, dalle definizioni insiemistiche si ha:
• R = T sse R ⊆ T e T ⊆ R.
• R ⊂ T sse R ⊆ T ed esiste almeno una n-upla (a01 , a02 , ..., a0n ) ∈ T tale che (a01 , a02 , ..., a0n ) 6∈
R.
1
2 § I.1 - RELAZIONI BINARIE
Come è ben noto dalle nozioni sulla teoria degli insiemi, le definizioni di intersezione
ed unione si possono estendere ad una famiglia arbitraria di relazioni fra gli n insie-
mi A1 , A2 , ..., An . Pertanto se consideriamo un insieme qualunque I ed una famiglia di
relazioni {Ri |i ∈ I} fra A1 , A2 , ..., An , usiamo le seguenti notazioni:
\
Ri = {(a1 , a2 , ..., an )|∀i ∈ I : (a1 , a2 , ..., an ) ∈ Ri }
i∈I
[
Ri = {(a1 , a2 , ..., an )|∃i ∈ I : (a1 , a2 , ..., an ) ∈ Ri }
i∈I
Le operazioni fra relazioni godono ovviamente delle proprietà ben note per le operazioni
insiemistiche.
x
a
y
b
z
c
w
CAPITOLO I - RELAZIONI 3
• la matrice di incidenza.
Dopo aver fissato un ordine fra gli |A1 | elementi di A1 e fra gli |A2 | elementi di
A2 (ad esempio quello in cui vengono elencati gli elementi in ciascun insieme) la
matrice di incidenza di R è una matrice con |A1 | righe ed |A2 | colonne, con elementi
in {0, 1}, tale che il suo elemento di posto (i, k) è 1 se e solo se la coppia costituita
dall’i-esimo elemento di A1 e dal j-esimo elemento di A2 appartiene ad R.
A1 = {a, b, c}
A2 = {x, y, z, w}
A3 = {h, k}
R = {(a, x), (a, w), (b, x), (b, y), (b, z)}
T = {(x, h), (z, h), (w, k)}
Calcoliamo R·T , si ha (a, h) ∈ R·T in quanto esiste x tale che (a, x) ∈ R e (x, h) ∈ T ,
(a, k) ∈ R · T in quanto esiste w tale che (a, w) ∈ R e (w, h) ∈ T , (b, h) ∈ R · T in
quanto esiste x tale che (a, w) ∈ R e (w, h) ∈ T , nessuna altra coppia appartiene
ad R · T . Usando i grafi delle due relazioni (sovrapponendo i vertici di ugual nome)
abbiamo:
4 § I.1 - RELAZIONI BINARIE
a
y
h
b
z
k
c
w
• Rm · Rn = Rm+n = Rn · Rm ,
• (Rm )n = Rmn .
• Proprietà transitiva.
Si dice che una relazione R gode della proprietà transitiva (o semplicemente è tran-
sitiva) se (a1 , a2 ) ∈ R ed (a2 , a3 ) ∈ R implica (a1 , a3 ) ∈ R.
Si può facilmente provare che una relazione è transitiva se e solo se R2 ⊆ R.
In termini di grafo di incidenza una relazione è transitiva sse, ogni volta che si può
andare da un vertice a1 ad un vertice a2 seguendo due frecce consecutive, c’è un arco
che collega a1 ad a2 ; in termini di matrice di incidenza una relazione è transitiva se
tutte le volte che sia l’elemento di posto (i, k) sia l’elemento di posto (k, j) sono 1
anche l’elemento di posto (i, j) è 1.
∅, IA e ωA sono relazioni transitive.
• anche se R e T sono seriali, R∩T in generale non è seriale: basta prendere A = {a, b},
R = {(a, b), (b, b)}, T = {(a, a), (b, a)};
• se R è riflessiva anche ogni relazione che contiene R (e quindi anche R∪T ) è riflessiva;
1. R ⊆ T ;
• esiste almeno una relazione che gode di tutte le proprietà in P e che contiene R e
In generale invece non esiste la chiusura seriale di una relazione R, basta considerare
A = {a, b}, R = {(a, b)}, per trovare una relazione seriale che contenga R dobbiamo
aggiungere ad R una coppia il cui primo elemento sia b, quindi (b, a) o (b, b). Nel primo
caso otteniamo T = {(a, b), (b, a)}, nel secondo S = {(a, b), (b, b)}. T ed S sono entrambe
seriali e contengono entrambe R ma né T ⊆ S nè S ⊆ T .
CAPITOLO I - RELAZIONI 9
3. è contenuta in ogni relazione riflessiva, simmetrica, transitiva che contenga R; infatti sia S
una relazione riflessiva, simmetrica, transitiva che contenga R, per la riflessività S contiene
anche IA ed essendo simmetrica se contiene R deve anche contenere R−1 , pertanto R∪IA ∪
R−1 ⊆ S. Inoltre S in quanto contiene R ∪ IA ∪ R−1 ed è transitiva deve anche contenere
la chiusura transitiva di R ∪ IA ∪ R−1 ⊆ che è proprio T .
A = {a, b, c, d}, R = {(a, a), (a, b), (b, d), (c, d)}
{(a, a), (a, b), (b, d), (c, d), (a, d)}
(le potenze di esponente maggiore di 2 non possono infatti aggiungere nuove coppie
in questo caso).
Il tutto poteva facilmente essere ottenuto con considerazioni sulla matrice di inci-
denza di R. Si ha:
1 1 0 0
0 0 0 1
MR = 0
0 0 1
0 0 0 0
CAPITOLO I - RELAZIONI 11
e quindi:
1 1 0 1
0 0 0 0
MR2 = (MR )2 =
0
0 0 0
0 0 0 0
si ottiene
MR∪R2 ∪R3 = MR∪R2 = MR∪R2 ∪R3 ∪R4 ∪...
R ∪ R−1 = {(a, a), (a, b), (b, d), (c, d), (b, a), (d, b), (d, c)}
da cui:
(R ∪ R−1 )2 = {(a, a), (a, b), (a, d), (b, b), (b, c), (c, b), (c, c)}
R3 = {(a, a), (a, b), (a, d), (a, c)}
non avremmo in generale ottenuto la relazione cercata, infatti tale relazione può non
essere transitiva (ricordarsi che l’unione di relazioni transitive non è necessariamente
transitiva). A tal scopo basta considerare A = {a, b, c}, R = {(a, b), (b, c)}; risulta
[
Rn = {(a, b), (b, c), (a, c)}
n>0
e dunque
! !−1
[ [
n n
R ∪ R = {(a, b), (b, c), (a, c), (b, a), (c, b), (c, a)}
n>0 n>0
P AP −1 = P (P −1 BP )P −1 = (P P −1 )B(P P −1 ) = B,
da cui ricordando che (P −1 Q−1 ) = (QP )−1 abbiamo che A = (QP )−1 C(QP )
è simile a C (prendere D = QP ).
CAPITOLO I - RELAZIONI 13
• Nell’insieme di tutti gli uomini la relazione che associa due uomini sse essi sono
nati nello stesso anno è una relazione di equivalenza.
• Sull’insieme di tutti gli uomini si consideri la relazione ρ che associa due uomini
se e solo se sono nati nello stesso anno. La ρ-classe del prof. Giacconi3 è
l’insieme formato da tutti gli uomini nati nel 1931.
S
Si dice partizione di A un insieme {Bi |i ∈ I} di sottoinsiemi di A tale che sia i∈I Bi =
A e Bi ∩ Bj 6= ∅ implichi Bi = Bj .
Esempi I.7.
• La suddivisione di Z nei due sottoinsiemi degli interi pari e degli interi dispari
è una partizione di Z.
• La suddivisione di tutti gli uomini nei sottoinsiemi di coloro che sono coetanei
(nati nello stesso anno) è una partizione dell’insieme degli uomini.
Viceversa, data una partizione di A è sempre possibile definire una relazione d’equiv-
alenza ρ che induca su A la partizione data.
Si definisce ρ ponendo (a, b) ∈ ρ se e solo se a, b stanno nello stesso elemento della partizione, il
resto è quasi ovvio.
Esempi I.8.
• Determinare l’insieme quoziente di Z rispetto alla relazione di congruenza mod-
ulo 3.
Osserviamo che la classe che contiene 0 è formata da tutti e soli gli interi m
tali che 3|m − 0, cioè da tutti e soli i multipli di 3. Tale classe coincide con la
classe che ha per rappresentante 3 (in quanto 3 appartiene sia alla classe che ha
per rappresentante 0 sia alla classe che ha come rappresentante 3 e due classi
che hanno un elemento comune coincidono); lo stesso argomento si può usare
per provare che la classe che ha come rappresentante 0 coincide con ogni classe
che abbia per rappresentante un intero della forma 3h con h intero relativo. La
classe che contiene 1 è formata da tutti e soli gli interi m tali che 3|m − 1, cioè
da tutti e soli i numeri della forma 3h + 1 con h intero relativo; la classe che
contiene 2 è formata da tutti e soli gli interi m tali che 3|m − 2, cioè da tutti e
soli i numeri della forma 3h + 2 con h intero relativo. Queste 3 classi sono una
partizione di Z e pertanto sono le sole classi distinte di Z rispetto alla relazione
di congruenza modulo 3 e sono pertanto i 3 elementi dell’insieme quoziente di
3
Riccardo Giacconi, Nobel per la fisica nel 2002.
CAPITOLO I - RELAZIONI 15
T = {(a, b), (a, d), (c, e), (a, a), (b, b), (c, c), (b, a), (d, a), (e, c)}.
Risulta:
T 2 = {(a, b), (a, d), (c, e), (a, a), (b, b), (c, c), (b, a), (d, a), (e, c), (b, d), (d, b)}
ρ = {(a, a), (b, b), (b, d), (b, e), (d, b), (d, d), (d, e), (e, b), (e, d), (e, e), (c, c)}.
Esempi I.9.
• La usuale relazione ≤ è una relazione d’ordine totale su N.
• Considerato l’insieme delle parti di un insieme A, P(A), la relazione di inclu-
sione debole è una relazione d’ordine su P(A) e non è totale.
• La relazione di divisibilità è una relazione d’ordine su N e non è totale.
• La relazione di divisibilità non è una relazione d’ordine su Z. (perché?)
Osserviamo che la proprietà riflessiva può sembrare una richiesta un po’ forte, richiedendo
questa proprietà non sono chiamate relazioni d’ordine la usuale relazione < in N (Z, Q,
R, C) e la inclusione forte di insiemi nell’insieme delle parti di A. Alcuni testi quindi non
richiedono la riflessività, ma in tal caso risulta essere una relazione d’ordine la relazione ∅,
ma rispetto a questa relazione tutte le coppie di elementi sarebbero formate da elementi
non confrontabili. In genere nei testi di matematica è richiesta la proprietà riflessiva ed
in quelli di informatica no.
Se R è una relazione d’ordine su A si usa per convenzione scrivere a ≤ b o b ≥ a per
dire che (a, b) ∈ R.
Esercizio I.5. Giustificare brevemente le risposte positive e fornire un controesem-
pio nel caso di risposta negativa.
Osserviamo che, data una relazione R, non esiste in genere una relazione d’ordine che
contenga R perché se R non è antisimmetrica tutte le relazioni che contengono R non
sono antisimmetriche. Ci si potrebbe allora chiedere se una relazione antisimmetrica R
possa sempre essere contenuta in una relazione d’ordine. Poiché una relazione d’ordine è
riflessiva e transitiva, se esistesse una relazione d’ordine contenente R, questa conterrebbe
la chiusura riflessiva e transitiva di R. Se tale chiusura non risulta antisimmetrica, allora
non esiste una relazione d’ordine che contiene R. Se invece è antisimmetrica è anche una
relazione d’ordine e quindi abbiamo trovato una relazione d’ordine che contiene R (che è
tra l’altro la minima relazione d’ordine che contiene R).
Quando si lavora con relazioni d’ordine ≤ su A, si utilizza spesso una versione sem-
plificata del grafo di incidenza di ≤, detto diagramma di Hasse. Questo diagramma si
ottiene dal grafo di incidenza usando alcune convenzioni:
• non si rappresentano gli autoanelli (perché su ogni vertice ce ne è uno);
• non si mette la freccia sugli archi (perché ogni arco ha una sola freccia), ma si
assume che ogni arco vada dal vertice che sta più in basso a quello che sta più in
alto nel disegno;
• se c’è un arco che va dal vertice a al vertice b ed uno che va dal vertice b al vertice c,
si evita di disegnare l’arco (sicuramente presente nel grafo per la transitività della
relazione) che va dal vertice a al vertice c.
CAPITOLO I - RELAZIONI 17
12
6 4
3 2
Osserviamo che:
• diciamo minorante di B (se esiste) un elemento m ∈ A tale che per ogni b ∈ B sia
m ≤ b;
18 § I.3 - RELAZIONI D’ORDINE
Osserviamo che:
Un insieme parzialmente ordinato tale che per ogni sua coppia di elementi a, b esistano
inf{a, b} e sup{a, b} si dice reticolo.
Esempio I.13. L’insieme dell’esempio precedente non è un reticolo, non esiste in-
fatti inf{2, 3}. L’insieme B = {2, 4, 6, 12} rispetto alla relazione d’ordine definita
ponendo a ≤ b sse a divide b è un reticolo (trovare inf e sup di ogni coppia di suoi
elementi).
capitolo II
II.1 Funzioni
Una relazione f ∈ A × B tale che per ogni a ∈ A esiste uno ed un solo b ∈ B tale
che (a, b) ∈ f si dice funzione (o applicazione) da A a B. In tal caso si usa la più
comune notazione f : A → B e l’unico elemento b associato ad a dalla relazione f viene
indicato con f (a) e chiamato immagine di a mediante f , l’elemento a viene invece detto
controimmagine di b. Si utilizzano anche le notazioni f (A) per indicare {f (a)|a ∈ A} ed
f −1 (b) per indicare {a ∈ A|f (a) = b}.
Siano ora f : A → B e g : B → C due funzioni, è facile provare che il prodotto di f
per g, pensate come relazioni, è una funzione f ◦ g : A → C definita da f ◦ g(a) = g(f (a))
per ogni a ∈ A.
Infatti sappiamo che f ◦ g è seriale (essendo sia f sia g seriali) e quindi per ogni a ∈ A esiste
almeno un c ∈ C tale che (a, c) ∈ f ◦g. Supponiamo ora (a, c) ∈ f ◦g e proviamo che c = g(f (a)),
da (a, c) ∈ f ◦ g per definizione di prodotto esiste un b tale che (a, b) ∈ f e (b, c) ∈ g ma poiché
f è una funzione l’elemento b ∈ B tale che (a, b) ∈ f è unico ed è b = f (a) da cui (f (a), c) ∈ g
ma poiché g è una funzione anche c è unico e risulta c = g(f (a)).
19
20 § II.1 - FUNZIONI
Naturalmente per verificare che una relazione f è una funzione iniettiva si deve
anche verificare la condizione che definisce una funzione (∀a ∈ A ∃ uno ed un solo
b ∈ B t.c. (a, b) ∈ f ).
Rappresentando la relazione f tramite la sua matrice di incidenza (se possibile) si
ha che f è una funzione iniettiva se e solo se su ogni riga della matrice c’è uno ed
un solo 1 e su ogni colonna al più un 1.
Rappresentando la relazione f tramite il suo grafo di incidenza (se possibile) si ha
che f è una funzione iniettiva se e solo se da ogni vertice che rappresenta un elemento
di A esce uno ed un solo arco e ad ogni vertice che rappresenta un elemento di B
arriva al più un arco. É immediato provare che:
Proposizione II.1. Il prodotto di due funzioni iniettive è una funzione iniettiva,
se il prodotto f ◦ g delle funzioni f e g è iniettivo allora f è iniettiva.
Dimostrazione. Infatti se f non fosse iniettiva esisterebbero a1 6= a2 tali che f (a1 ) =
f (a2 ), ma allora ovviamente si avrebbe anche f ◦ g(a1 ) = g(f (a1 )) = g(f (a2 )) = f ◦ g(a2 ),
contro l’iniettività di f ◦ g.
La funzione g può essere non iniettiva anche se f ◦ g è iniettiva, basta infatti considerare
il seguente esempio:
Naturalmente per verificare che una relazione f è una funzione suriettiva va anche
verificata la condizione che definisce una funzione.
Rappresentando la relazione f tramite la sua matrice di incidenza (se possibile) si
ha che f è una funzione suriettiva se e solo se su ogni riga della matrice c’è uno ed
un solo 1 e su ogni colonna almeno un 1.
Rappresentando la relazione f tramite il suo grafo di incidenza (se possibile) si ha
che f è una funzione suriettiva se e solo da ogni vertice che rappresenta un elemento
di A esce uno ed un solo arco e ad ogni vertice che rappresenta un elemento di B
arriva almeno un arco.
É immediato provare che:
CAPITOLO II - FUNZIONI, CARDINALITÀ, LEGGI DI COMPOSIZIONE 21
f
A B
ρker f
g
A/ ker f
Inoltre g è iniettiva.
Osserviamo che come conseguenza del teorema di fattorizzazione si ottiene che f (A)
è in corrispondenza biunivoca con A/ ker f . Inoltre il teorema dice che una qualsiasi
funzione f può essere pensata come il prodotto di una funzione suriettiva per una funzione
iniettiva.
2
Dire che un diagramma è commutativo significa che comunque ci muoviamo lungo le direzioni permesse
da quel diagramma, quando arriviamo ad uno stesso punto otteniamo lo stesso risultato: quindi, nel
nostro caso, se partiamo da a ∈ A e ci muoviamo lungo la freccia etichettata da f arriviamo all’elemento
f (a) ∈ B, se ci muoviamo lungo il cammino composto dalla frecce etichettate con pker f e g otteniamo
g(pker f (a)) = pker f ◦ g(a), la commutatività del diagramma dice quindi che pker f ◦ g = f .
24 § II.3 - CARDINALITÀ DI UN INSIEME
• |A| = |A|,
Diciamo che A ha cardinalità inferiore a B, |A| < |B|, se |A| ≤ |B| ma |A| =
6 |B| (cioè
se esiste una funzione iniettiva da A a B ma non esiste una funzione biunivoca da A a
B).
Diciamo che l’insieme A è finito ed ha cardinalità n se ha la stessa cardinalità di
{1, 2, ..., n}.
Diciamo che A è infinito se non è finito, ovvero se non ha cardinalità n per alcun n
intero positivo. Una caratterizzazione degli insiemi infiniti è:
a(n) = a
| ∗ a {z
∗ ... ∗ a}
n volte
(Notate bene che l’associatività non è indispensabile per definire le potenze ma per
stabilire le loro proprietà. Come avremmo potuto introdurre una definizione di
potenza ad esponente positivo di a senza l’associatività?)
(Cos’è la potenza quarta di 3 rispetto all’usuale somma di naturali?)
• Esiste un elemento neutro (identità) in A rispetto all’operazione ∗ se esiste un e ∈ A
tale che per ogni a ∈ A risulta e ∗ a = a ∗ e = a. Se si ha solo e ∗ a = a, e si dice
elemento neutro a sinistra, se invece si ha solo a ∗ e = a, e si dice elemento neutro
a destra.
Proposizione II.12. Se esiste l’elemento neutro, si può definire in A la potenza
ad esponente 0 di un qualunque a ∈ A, ponendo a(0) = e.
• Esiste uno zero in A rispetto all’operazione ∗ se esiste uno z ∈ A tale che per ogni
a ∈ A risulta z ∗ a = a ∗ z = z. Se si ha solo z ∗ a = z, z si dice zero a sinistra, se
invece si ha solo a ∗ z = z, z si dice zero a destra.
Proposizione II.15. Se in A esistono zero a destra e zero a sinistra rispetto all’-
operazione ∗, questi coincidono.
ã ∗ (a ∗ c) = (ã ∗ a) ∗ c = e ∗ c = c ∗ e
dunque c = ã ∗ b.
(a1 ∗ a2 ) ∗ (ã2 ∗ ã1 ) = (a1 ∗ (a2 ∗ ã2 )) ∗ ã1 = (a1 ∗ e) ∗ ã1 = a1 ∗ ã1 = e,
Strutture algebriche
Si dice struttura algebrica una coppia hA, Ωi formata da un insieme A, chiamato sostegno
della struttura, e da un insieme non vuoto e finito di leggi di composizione interne Ω
che possono godere di particolari proprietà. Gli elementi di A si dicono elementi della
struttura. La struttura si dice finita se è finito il suo sostegno.
Di seguito elenchiamo alcune importanti strutture algebriche, cominciando da quelle
caratterizzate da una singola legge di composizione interna.
29
30
Poiché come sappiamo l’unità di un monoide è unica, il monoide può essere visto
come una struttura algebrica con due operazioni, un’operazione binaria · associativa
ed una operazione 0-aria f che corrisponde alla scelta dell’elemento neutro ed associa
ad ogni elemento b uno stesso elemento e, legata a · dalla relazione a · e = e · a = a
per ogni a nell’insieme sostegno. Un monoide viene di conseguenza spesso indicato
con la notazione hA, ·, ei per mettere in risalto la presenza di tale operazione di arità
0.
• Si dice gruppo un monoide hA, ·, ei in cui ogni elemento ammette inverso rispet-
to all’operazione ·. In altre parole un gruppo è un insieme A con una legge di
composizione binaria · associativa, che soddisfa le seguenti condizioni:
Poiché, come abbiamo visto, in un gruppo l’elemento neutro è unico ed ogni elemen-
to ammette un unico inverso (ricordarsi quanto detto per una legge di composizione
interna associativa), un gruppo può essere visto come una struttura algebrica con
tre operazioni, un’operazione binaria · associativa, una operazione 0-aria f , che cor-
risponde alla scelta dell’elemento neutro e, ed un’operazione 1-aria g che corrisponde
al passaggio all’inverso tale che per ogni elemento a si abbia a · g(a) = g(a) · a = e.
Per mettere in risalto l’esistenza di queste due operazioni, per un gruppo si usa
spesso la notazione hA, ·,−1 , ei.
Ci sono definizioni equivalenti di gruppo. Sussiste infatti la seguente.
Proposizione III.1. Sia A un insieme con una legge di composizione interna bi-
naria associativa. Sono equivalenti:
(i) A è un gruppo;
(ii) esiste un e ∈ A tale che, per ogni a ∈ A, si ha a · e = a (e · a = a) e per
ogni a ∈ A esiste un b ∈ A tale che a · b = e (b · a = e), cioè in A ci sono
elemento neutro a destra ed inverso destro di ogni elemento (oppure in A ci
sono elemento neutro a sinistra ed inverso sinistro di ogni elemento);
(iii) per ogni a, b ∈ A, le equazioni a · x = b, x · a = b ammettono ciascuna una e
una sola soluzione in A.
CAPITOLO III - STRUTTURE ALGEBRICHE 31
Dimostrazione.
(i)⇒(iii) Ci è già noto.
(iii)⇒(ii) Si consideri l’equazione x · b = b e sia e la sua unica soluzione, si ha allora e · b = b;
sia poi d la soluzione dell’equazione a · x = a, da a · d = a segue a · (d · b) = a · b,
dall’unicità della soluzione dell’equazione a · x = a · b si deduce d · b = b = e · b e
dunque d = e; esiste quindi un e tale che per ogni a ∈ A si ha a · e = a. La soluzione
dell’equazione a · x = e risulta poi essere un elemento b di A tale che a · b = e.
(ii)⇒(i) Poiché in A esiste per ipotesi unità destra e ed ogni elemento ammette inverso destro,
dobbiamo dimostrare che ogni elemento ammette inverso sinistro e che e risulta unità
sinistra. Sia a · b = eeb · c = e, allora:
b · a = (b · a) · e = (b · a) · (b · c) = ((b · a) · b) · c =
= (b · (a · b)) · c = (b · e) · c = b · c = e,
a = a · e = a · (b · a) = (a · b) · a = e · a,
Le strutture appena elencate sono le principali strutture con una sola legge di composizione
binaria interna. Passiamo ora alle strutture con 2 leggi di composizioni binarie.
• Si dice anello una struttura algebrica hA, Ωi con due operazioni binarie denotate da
+ e ·, tali che:
(1) hA, +i è un gruppo abeliano detto gruppo additivo dell’anello,
(2) hA, ·i è un semigruppo detto semigruppo moltiplicativo dell’anello,
(3) valgono le proprietà distributive di · rispetto a +, cioè per ogni a, b, c ∈ A si
ha:
a · (b + c) = a · b + a · c, (a + b) · c = a · c + b · c.
32
Esempi III.4.
– L’insieme delle matrici quadrate di ordine n ad elementi interi è un anello
rispetto agli usuali somma e prodotto di matrici.
– L’insieme Z degli interi relativi rispetto agli usuali somma e prodotto è un
anello.
– I polinomi a coefficienti reali nell’indeterminata x, rispetto alle usuali op-
erazioni di somma e prodotto sono un anello.
Un anello il cui semigruppo moltiplicativo sia un monoide si dice anello con unità;
un anello in cui il semigruppo moltiplicativo sia commutativo si dice anello commu-
tativo. Il primo degli esempi precedenti è dunque un anello con unità, gli altri sono
anelli commutativi con unità.
In un anello lo zero (elemento neutro rispetto a +) è unico e ogni elemento ammette
un unico opposto. Pertanto un anello può essere visto come una struttura algebrica
con due operazioni binarie + e ·, una operazione 0-aria (scelta dello zero), una
operazione 1-aria (passaggio all’opposto), legate opportunamente tra loro. Un anello
viene quindi spesso denotato da hA, +, ·, 0, −i.
Dimostrazione. Sia hA, +, ·, 0, −i privo di divisori dello zero e sia a·b = a·c con a, b, c ∈ A
ed a 6= 0, allora si ha a · b + (−a · c) = 0 cioè a · (b + (−c)) = 0, pertanto b + (−c) = 0
altrimenti a e b + (−c) sarebbero divisori dello 0. Analogamente si prova che b · a = c · a
con a 6= 0 implica b=c.
Viceversa, sia hA, +, ·, 0, −i un anello in cui valgono le leggi di cancellazione e supponiamo
a · b = 0 con a 6= 0, allora essendo a · b = a · 0, per cancellazione si ottiene b = 0, per cui
a, b non sono divisori dello 0.
Riflettete sulla possibilità di cancellare nell’anello Z degli interi relativi rispetto alle
usuali somma e prodotto e su quanto avviene nell’anello delle matrici quadrate di
un dato ordine n rispetto a somma e prodotto di matrici.
CAPITOLO III - STRUTTURE ALGEBRICHE 33
• Si dice corpo un anello in cui gli elementi diversi dallo 0 formano gruppo rispetto
a ·.
Esempi III.5.
– I numeri razionali, reali e complessi rispetto alle usuali operazioni di somma
e prodotto sono campi.
– L’insieme {0, 1, 2} rispetto alla somma e al prodotto definiti da:
+ 0 1 2 · 0 1 2
0 0 1 2 0 0 0 0
1 1 2 0 1 0 1 2
2 2 0 1 2 0 2 1
Non esistono corpi finiti che non siano campi. Sussiste infatti l’importante teorema:
a ∧ (a ∨ b) = a, a ∨ (a ∧ b) = a, per ogni a, b ∈ A
Esempi III.7.
– L’insieme degli interi naturali con le operazioni di intersezione ed unione
definite da a ∧ b = M.C.D.(a, b) e a ∨ b = m.c.m.(a, b) è un reticolo.
– L’insieme delle parti di un insieme A rispetto alle usuali operazione di
intersezione ed unione insiemistica è un reticolo.
Riflettere sul fatto che abbiamo già dato una definizione di reticolo come insieme
parzialmente ordinato in cui ogni coppia di elementi ammette inf e sup. Vedremo
più avanti come le due definizioni si equivalgano.
2
Evariste Galois (1811,1832)
34 § III.1 - SOTTOSTRUTTURE DI UNA STRUTTURA ALGEBRICA
Osservazione III.2. Data una struttura algebrica hA, Ωi, è facile provare che
l’intersezione di un numero qualsiasi di congruenze di A è una congruenza di
A, inoltre la relazione universale è una congruenza, dunque, data una qualsiasi
relazione binaria ρ su A, esiste sempre la minima congruenza di A contenente
ρ che si dice congruenza generata da ρ su A. Tale congruenza risulta essere
l’intersezione di tutte le congruenze su A contenenti ρ.
definita da
ω 0(ρa1 , ρa2 , ..., ρan ) = ρω(a1 ,a2 ,...an )
è una legge di composizione interna ω 0 di arità n su A/ρ, detta operazione indotta da
ω. Dobbiamo ovviamente verificare che la definizione di ω 0 sia ben posta, ovvero che
ω 0 (ρa1 , ρa2 , ..., ρan ) non dipenda dai rappresentanti scelti per le ρ-classi. Supponiamo
infatti
ρa1 = ρb1 , ρa2 = ρb2 , ..., ρan = ρbn
36 § III.2 - RELAZIONI DI CONGRUENZA E STRUTTURE QUOZIENTI
e quindi
ω 0(ρb1 , ρb2 , ..., ρbn ) = ρω(b1 ,b2 ,...,bn) = ρω(a1 ,a2 ,...,an) = ω 0(ρa1 , ρa2 , ..., ρan ).
Esercizi III.1.
• Verificare che hZn , +, ·i è un anello commutativo e con unità. Verificare inoltre
che se n non è un numero primo in tale anello ci sono dei divisori dello 0.
• Verificare che hZn , +, ·i è un campo se e solo se n è un numero primo. (ricor-
darsi che dati due interi naturali r, s, esistono due interi relativi h, k tali che
M.C.D.(r, s) = hr + ks)
Le regole di calcolo in hZn , +, ·i fanno parte della cosiddetta aritmetica modulare. Fac-
ciamo ora alcune osservazioni sulla soluzione di equazioni a coefficienti in hZn , +, ·i.
• Una equazione del tipo {a}x + {b} = {c} con a primo con n ammette sempre una
ed una sola soluzione. Infatti ogni classe {a} con 1 = M.C.D.(a, n), ha inverso3 e
perciò risulta x = {a}−1 {c − b}.
• Una equazione del tipo {a}x + {b} = {c} con a non primo con n o non ammette
soluzioni o ne ammette più di una. Infatti ogni classe {a} con M.C.D.(a, n) > 1, è
un divisore dello 0, cioè esiste una classe {d} diversa da {0} tale che {a}{d} = {0},
dunque se {r} è una soluzione dell’equazione anche {r} + {d} lo è. (perché?)
3
1 = M.C.D.(a, n) = ha + kn per qualche intero h, k implica {1} = {h}{a} + {k}{n} = {h}{a}.
CAPITOLO III - STRUTTURE ALGEBRICHE 37
nel gruppo
A2 , ∗,−1 , e2
che conservi l’operazione binaria (che sia cioè un omorfismo fra i due semi-
gruppi hA1 , ·i e hA2 , ∗i) allora
Infatti preso b in A1 si ha
Dimostrazione. Sappiamo già che ker f è una relazione di equivalenza, dimostriamo che è
compatibile con le operazioni. Sia ω1 una qualsiasi operazione di arità n in Ω1 , e siano
Si considerino f (ω1 (a1 , a2 , ..., an )) e f (ω1 (b1 , b2 , ..., bn )). Per definizione di omorfismo, detta ω2
l’operazione in Ω2 associata a ω1 , si ha
da cui si ha immediatamente
ovvero
(ω1 (a1 , a2 , ..., an ), ω1 (b1 , b2 , ..., bn )) ∈ ker f,
per definizione di ker f .
Una struttura hA, Ωi e una sua struttura quoziente hS/ρ, Ω0 i sono sempre simili e la
proiezione canonica ρρ : A → A/ρ è un epimorfismo di hA, Ωi su hS/ρ, Ω0 i e ker ρρ = ρ.
Siamo ora in grado di enunciare il seguente:
CAPITOLO III - STRUTTURE ALGEBRICHE 39
III.4.2 Laterali
Dati un gruppo hA, ·i, un suo elemento a ed un suo sottogruppo H diciamo laterale sinistro
(destro) di H in hA, ·i, avente come rappresentante a, l’insieme:
I laterali vengono spesso semplicemente indicati con aH (Ha). Nel caso in cui H sia
normale i laterali destri e sinistri aventi come rappresentanti a coincidono e si chiamano
semplicemente laterali di H in hA, ·i. Viceversa ogni sottogruppo in cui laterali destri e
sinistri coincidono è normale. Le classi di congruenza di una relazione di congruenza ρ su
un gruppo hA, ·i sono allora laterali del sottogruppo normale ρe .
Al contrario se abbiamo un gruppo hA, ·i e un suo qualsiasi sottogruppo normale H,
la relazione ρH definita ponendo (a, b) ∈ ρH se e solo se a · b−1 ∈ H è una relazione di
congruenza su hA, ·i avente come ρ-classe dell’unità il sottogruppo H e come ρ-classe di
a il laterale di H in avente come rappresentante a.
Pertanto i laterali di un sottogruppo normale H di un gruppo hA, ·i costituiscono gli
elementi del gruppo quoziente A/ρH (spesso indicato con A/H) e l’operazione • indotta
da · sui laterali di H è così definita:
(H · a) • (H · b) = H · (a · b),
Esercizio III.3. Che legame c’è con la proiezione canonica che abbiamo definito a
partire da una relazione di congruenza di hA, ·i? Come viene riformulato il teorema
di fattorizzazione degli omomorfismi?
III.4.3 Ideali
Si consideri ora un anello hA, +, ·i, un sottoanello I di hA, +, ·i si dice ideale di hA, +, ·i
se per ogni i ∈ I e per ogni a ∈ A si ha i · a ∈ I e a · i ∈ I.
Se ρ è una congruenza di hA, +, ·i, la ρ-classe dello 0 è un ideale di hA, +, ·i e la ρ-classe
di un qualsiasi elemento a di hA, +, ·i, è l’insieme I + a = {i + a|i ∈ I}.
Esercizio III.4. Dimostrare l’affermazione precedente.
I+a si chiama laterale di I avente rappresentante a (notate che è il laterale del sottogruppo
I nel gruppo additivo hA, +i). Viceversa se si considera un ideale I dell’anello hA, +, ·i,
la relazione binaria su A definita ponendo aρI b se e solo se a − b ∈ I è una relazione di
congruenza le cui classi sono i laterali di I in hA, +, ·i. Tra i laterali di un ideale I di
hA, +, ·i (che sono classi di congruenza di hA, +, ·i) si possono quindi definire le operazioni
⊕, • indotte rispettivamente da +, · ponendo:
(I + a) ⊕ (I + b) = I + (s + t)
(I + s) • (I + t) = I + (s · t),
rispetto a tali operazioni i laterali dell’anello hA, +, ·i formano a loro volta un anello che
ha per zero I e per opposto di I + a il laterale I + (−a). Tale anello sarà indicato con la
notazione A/I e coincide con l’anello quoziente rispetto alla congruenza indotta da I.
Poiché dal teorema di fattorizzazione degli omomorfismi sappiamo che tutte e sole
le immagini di un anello mediante epimorfismi sono i suoi anelli quozienti, da quanto
sopra osservato si ricava che le immagine mediante epimorfismi di un anello risultano
completamente determinate quando si conoscano gli ideali dell’anello.
Facili conti permettono di verificare che gli unici ideali di un corpo sono il corpo stesso
e l’insieme {0}. I due anelli quozienti sono perciò isomorfi rispettivamente ad un anello
costituito da un solo elemento che funziona da zero (tale anello può essere visto come un
corpo degenere in cui zero e unità coincidono e non ci sono elementi diversi dallo zero) e
allo stesso corpo. Le immagini mediante epimorfismi di un corpo sono allora solo due: il
corpo degenere formato dal solo zero e il corpo stesso.
capitolo IV
Definizione IV.2. Si dice reticolo una struttura algebrica hL, ∧, ∨i con due leggi di
composizioni (interne) binarie che chiameremo intersezione ed unione ed indicheremo
con ∧ e ∨, che godono delle seguenti proprietà:
• commutativa: ∀a, b ∈ L : a ∧ b = b ∧ a, a ∨ b = b ∨ a;
• di assorbimento: ∀a, b ∈ L : a ∧ (a ∨ b) = a, a ∨ (a ∧ b) = a.
Si può facilmente passare da una definizione all’altra, vale infatti il seguente enunciato:
Proposizione IV.1. Le definizioni IV.1 e IV.2 sono equivalenti.
Dimostrazione.
• Definizione IV.1 ⇒ Definizione IV.2
Se (L, ≤) è un insieme (parzialmente) ordinato tale che per ogni a, b ∈ L esistano in L
inf{a, b} e sup{a, b}, possiamo porre:
Poiché per ogni a, b ∈ L esistono per ipotesi inf{a, b} e sup{a, b} e per come sono definiti
sono unici, ∧ e ∨ sono leggi di composizioni interne binarie su L.
Ovviamente entrambe le operazioni godono della proprietà commutativa, verifichiamo che
godono anche della proprietà associativa: siano x = (a ∧ b) ∧ c e y = a ∧ (b ∧ c), quindi,
per definizione di ∧, x = inf{inf{a, b}, c} e y = inf{a, inf{b, c}}. Ne segue x ≤ inf{a, b} e
x ≤ c, ma inf{a, b} ≤ a e inf{a, b} ≤ b, quindi per la transitività della relazione ≤, si ha
x ≤ a e x ≤ b. Ora x ≤ b e x ≤ c implicano, per definizione di inf, x ≤ inf{b, c} che assieme
ad x ≤ a implica x ≤ inf{a, inf{b, c}} = y. Analogamente si prova che y ≤ x e dunque,
per la antisimmetria di ≤, si ottiene a = b. Allo stesso modo si prova l’associatività di ∨.
43
44
Infine proviamo che le ∧ e ∨ che abbiamo introdotto godono anche della proprietà di
assorbimento. Sia z = a ∧ (a ∨ b) = inf{a, sup{a, b}}, per definizione di inf, abbiamo
z ≤ a. Inoltre si ha anche a ≤ a (per la riflessività di ≤) ed a ≤ sup{a, b}, per definizione
di sup, e quindi a è un minorante di {a, sup{a, b}}, da cui a ≤ z perché z è il massimo
minorante. Dunque per la antisimmetria a = z. Analogamente si prova che a ∨ (a ∧ b) = a.
Pertanto hL, ∧, ∨i è un reticolo secondo la definizione 2.
– idempotenza: ∀a ∈ L a ∧ a = a, a ∨ a = a.
Infatti, utilizzando due volte la proprietà di assorbimento si ha a∧a = a∧(a∨(a∧b)) =
a e analogamente a ∨ a = a ∨ (a ∧ (a ∨ b)) = a.
– a ∧ b = a se e solo se a ∨ b = b.
infatti se a ∧ b = a si ha a ∨ b = (a ∧ b) ∨ b = b (per le proprietà commutativa e di
assorbimento), analogamente se a ∨ b = b si ha a ∧ b = a ∧ (a ∨ b) = a.
a ∧ c = a ∧ (b ∧ c) = (a ∧ b) ∧ c = b ∧ c = c
Verifichiamo poi che rispetto alla relazione d’ordine così introdotta per ogni a, b ∈ L
esistono in L inf{a, b} e sup{a, b} e si ha proprio inf{a, b} = a ∧ b e sup{a, b} = a ∨ b.
Per provare che inf{a, b} = a ∧ b dobbiamo mostrare che a ∧ b ≤ a e a ∧ b ≤ b, infatti:
(a ∧ b) ∧ a = a ∧ (a ∧ b) = (a ∧ a) ∧ b = a ∧ b
x ∧ (a ∧ b) = (x ∧ a) ∧ b = x ∧ b = x.
Possiamo quindi passare da una all’altra definizione a seconda di quello che ci è utile.
Osserviamo che la relazione d’ordine che abbiamo introdotto è compatibile con le op-
erazioni, ovvero se a ≤ b, c ≤ d allora a ∧ c ≤ b ∧ d e a ∨ c ≤ b ∨ d. (Provarlo per
esercizio)
CAPITOLO IV - RETICOLI ED ALGEBRE DI BOOLE 45
Esempi IV.1.
• Si consideri il reticolo (definito come insieme ordinato) costituito dall’insieme
dei naturali N con la relazione d’ordine definita da n ≤ m se e solo se n divide
m. Poiché inf{n, m} = M.C.D.(n, m) e sup{n, m} = m.c.m.(n, m), N con le
operazioni interne M.C.D. e m.c.m è un reticolo secondo la definizione 2.
• Si consideri l’insieme Z degli interi con l’usuale relazione di ≤, Z è un reticolo
rispetto alle operazioni min{n, m} e max{n, m}.
• Si consideri l’insieme P(A) delle parti di un insieme A con le usuali oper-
azioni di unione e intersezione insiemistica, allora su P(A) viene indotta come
relazione d’ordine la relazione di inclusione insiemistica.
Si dice zero di un reticolo hL, ∧, ∨i l’elemento neutro, se esiste, rispetto all’operazione
∨ (che è lo zero rispetto all’operazione ∧ ed è il minimo rispetto alla relazione d’ordine
indotta). Si dice uno di un reticolo hL, ∧, ∨i l’elemento neutro, se esiste, rispetto all’op-
erazione ∧ (che è lo zero rispetto all’operazione ∨ ed è il massimo rispetto alla relazione
d’ordine indotta). Ovviamente un reticolo finito ha sempre zero e uno.
Un reticolo si dice distributivo se e solo se valgono le proprietà distributive di un’op-
erazione rispetto all’altra:
∀a, b, c ∈ L : a ∧ (b ∨ c) = (a ∧ b) ∨ (a ∧ c), a ∨ (b ∧ c) = (a ∨ b) ∧ (a ∨ c).
Va osservato che se vale una delle due proprietà precedenti vale anche l’altra e viceversa.
Si dice sottoreticolo di un reticolo hL, ∧, ∨i un sottoinsieme H di L chiuso rispetto alle
operazioni ∧ e ∨.
Esempio IV.2. L’insieme dei numeri pari è un sottoreticolo del reticolo
hN, M.C.D., m.c.m.i ,
mentre non lo è l’insieme H = {1, 2, 3, 12} (pur essendo un reticolo quando si con-
sideri su H la relazione di divisibilità come relazione d’ordine, notate che in questo
caso sup{2, 3} è 12, non m.c.m.(2, 3)).
x x
u
y y z u
v
z v
46
Proposizione IV.2. In un’algebra di Boole la relazione d’ordine indotta può essere anche
definita ponendo a ≤ b se e solo se a ∧ b0 = 0.
Dimostrazione. Se a ≤ b, si ha a ∧ b = a, ma, per definizione di 0, 0 = a ∧ 0 = a ∧ (b ∧ b0 ), da
cui per la proprietà associativa:
0 = (a ∧ b) ∧ b0 = a ∧ b0 .
a = (a ∧ b) ∨ (a ∧ b0 ) = (a ∧ b) ∨ 0 = a ∧ b,
cioè a ≤ b.
Si dice atomo di un reticolo hL, ∧, ∨i con 0 un elemento a ∈ L e diverso da 0 tale che per
ogni b ∈ L si abbia a ∧ b = 0 o a ∧ b = a, in altre parole a è un elemento tale che 0 < a e
non esiste b con 0 < b < a1 ; questo viene spesso indicato dicendo che l’elemento a copre
lo 0.
Proposizione IV.3. In un reticolo finito per ogni b ∈ L e diverso da 0 esiste almeno un
atomo a tale che a ≤ b.
Dimostrazione. O b è un atomo e allora b ≤ b, o esiste un elemento b1 ∈ L tale che b1 ≤ b
e o b1 è un atomo o esiste un elemento b2 ∈ L tale che b2 ≤ b1 ≤ b e o b2 è un atomo o esiste
un elemento b3 ∈ L tale che b3 ≤ b2 ≤ b1 ≤ b, etc.; poiché gli elementi di L sono finiti questa
sequenza deve finire in un numero finito di passi, ma termina solo quando si trova un bi ∈ L tale
che bi ≤ ... ≤ b1 ≤ b e bi è un atomo.
Di conseguenza ogni reticolo finito hL, ∧, ∨i, non ridotto a un solo elemento, contiene un
insieme non vuoto di atomi.
Proposizione IV.4. In un’algebra di Boole finita hL, ∧, ∨,0 i, ogni b ∈ L e diverso da 0
si scrive come unione di tutti e soli gli atomi di L minori o eguali a b.
1
Con il simbolo < intendiamo la relazione binaria su L definita da a < b se e solo se a ≤ b e a 6= b.
CAPITOLO IV - RETICOLI ED ALGEBRE DI BOOLE 47
Corollario IV.7. Un’algebra di Boole finita hL, ∧, ∨,0 i ha ordine 2n per qualche intero
naturale n.
Corollario IV.8. Per ogni intero naturale n esiste un’algebra di Boole hL, ∧, ∨,0 i di
ordine 2n .
Bibliografia
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