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La Tecnologia ai tempi del Covid-19:

cosa pensano i giovani


di Ruggero Morelli

Le 4 domande
1.- Di recente sono stati scritti saggi sul potere che hanno le grandi società come Apple, Google,
Facebook, Microsoft e Amazon, di influenzare l’opinione pubblica. Alcuni temono che siano
addirittura in pericolo le nostre democrazie. Come valutate questo fenomeno detto della nuova
civiltà digitale?

2.- Le tecnologie (smart working, app di tracciamento, insegnamento a distanza, etc.) sono state
protagoniste durante i mesi della pandemia e Umberto Galimberti si è spinto a dire che la tecnica
non è più nelle mani dell'uomo, ma addirittura è il nostro ambiente che ha ormai sostituito
l'ambiente naturale. Pensate che sia così alla luce delle vostre esperienze di studio e di lavoro
iniziali?

3.- In Italia esiste dal gennaio 2019 il Fondo Nazionale per la Innovazione. E' stato creato
su indicazione della UE. Come dovrebbe operare ed indirizzare le proprie risorse seguendo il
dettato della Costituzione?

4.- A causa della crisi economica del covid-19 molte imprese hanno chiesto ed ottenuto un aiuto
dallo Stato. La parte pubblica ritiene che debba esserci un ''controllo'' sulle somme erogate, mentre
gli imprenditori sono restii ad accettare ogni condizione. Quale idea vi siete fatta?

Francesco Gadducci fr.gadducci@gmail.com

1)
Pensare che i nuovi strumenti che abbiamo a disposizione, grazie all'evoluzione tecnologica, non
possano farci del male è da ingenui.
Se possiamo avere la possibilità di entrare in contatto con una persona dall'altra parte del mondo in
pochi secondi lo dobbiamo alla crescita esponenziale dei sistemi di comunicazione come Facebook,
Whatsapp ecc.
Questo non vuol dire che non si debba tener conto degli elementi, per così dire, dannosi derivanti
dal mal utilizzo di questi strumenti.
Possiamo sì parlare dell'utilizzo dei dati a disposizione dei grandi Social Network, ma anche in
ambito più piccolo, possiamo citare l'utilizzo di foto e video su internet che hanno portato ad
evidenti probelmi di body shaming, fake news ed anche purtroppo revenge porn.
Sebbene questi strumenti ci permettano di operare pressoché intuitivamente senza troppi sforzi, ciò
non significa che non si debbano prendere le misure necessarie al buon utilizzo di questi ultimi.
Nel caso concreto, è vero sì che queste società hanno sempre più modo di immagazzinare
informazioni dall'utente per poi utilizzarle al fine di creare pacchetti pubblicitari adeguati al gusto di
questo; ma è anche vero che la stessa accusa era stata mossa dai primi anni 80 nei confronti della
televisione, con la paura che le generazioni future sarebbero state completamente soggiogate da chi
controllava la "scatola magica".
In parole povere, sicuramente è necessaria una particolare cautela nell'utilizzo di questi strumenti,
per poter sfruttare i grandi vantaggi che ci garantiscono senza esserne danneggiati.
2)
Può essere anche vero, da quello che ho potuto riscontrare nei miei studi ci sono varie teorie tutte
ben supportate.
Personalmente ritengo che l'uomo non sia in balia degli eventi, o per meglio dire, al volere della
tecnica.

3)
Oltre a donare linfa vitale alle Industrie 4.0, ormai fondamentali per il mantenimento di un sistema
industriale operativo, sicuramente, il Fondo Nazionale per la Innovazione deve poter dare inizio ad
una evoluzione che possa permetterci di equiparare alcuni settori di cui una volta eravamo leader
incontrastati.
La nostra Carta costituzionale si è dimostrata più volte flessibile rispetto alle evoluzioni intervenute
successivamente alla sua approvazione, i nostri principi fondamentali devono rimanere un faro da
cui mai allontanarsi troppo, consentendo in determinate situazioni una evoluzione (più che
cambiamento) di alcune norme; sempre che questo sia fatto nell'interesse dello Stato e della crescita
che ormai stiamo cercando da più di 10 anni.

4)
Purtroppo, la situazione ci giunge nuova ed incredibilmente catastrofica dal punto di vista
economico statale.
Siamo di fronte ad una crisi senza precedenti in cui ogni singola decisione potrebbe risultare in un
pericoloso passo falso.
Se è ben vero che il mondo statale e quello privato delle imprese siano sempre stati in posizioni
diverse se non addirittura contrastanti, è altresì vero che debbano necessariamente perdere entrambi
un po' del loro "territorio" in favore dell'altro, così da trovare una soluzione, o una serie di
soluzioni, univoche.
Su una ipotetica barca in balia delle onde siamo tutti a rischio annegamento, dobbiamo
necessariamente deciderci tutti a remare nella stessa direzione.

.........

Benedetta Cirillo bene210395@gmail.com

1)
Considero che Facebook, Google, Amazon, Microsoft e molte altre aziende tecnologiche
possano rappresentare effettivamente un pericolo per noi e per le nostre democrazie.
I provvedimenti interni e lo stesso Gdpr, per quanto importanti, purtroppo non sono
sufficienti a tutelare la privacy dei cittadini, semplicemente per il fatto che la normativa
internazionale è ancora fortemente disomogenea in materia; questo fa sì che i grandi
colossi digitali riescano in effetti a violare il diritto alla riservatezza, utilizzando e
trasferendo i dati personali degli utenti al fine di profilarli per scopi commerciali,
statistici e non solo. Grazie alla Big Data Analytics, i frammenti delle nostre
informazioni lasciati sulla rete possono essere riaggregati per ricostruire identità, stili di
vita e improprie classificazioni. È impressionante sapere che ogni giorno, al mattino,
Amazon riesca a prevedere dettagliatamente gli acquisti dei suoi clienti, o che Google
sia in grado di mappare la diffusione di un'influenza prima ancora che essa si diffonda
effettivamente tra la popolazione; in alcuni casi , addirittura, il modo in cui focalizziamo
lo sguardo sugli schermi dei dispositivi, può rivelare molto sulle nostre abitudini ed
interessi.
Verrebbe da obiettare che potremmo anche non acconsentire all'uso dei dati personali,
soprattutto quando si tratta di quelli sensibili, ma è bene sapere che spesso il consenso al
trattamento dei dati non è completamente libero, poiché, se non rilasciato, l'accesso ai
servizi viene di fatto precluso. Altrettanto delicata e complessa è l'individuazione della
titolarità e responsabilità del trattamento dei dati, complessità che alla fine ostacola e
rallenta la tutela dell'individuo eventualmente violato.
Come noto, negli ultimi anni si sono moltiplicati i ricorsi penali e le attenzioni nei
confronti delle Big Tech, soprattutto per fare chiarezza sul rapporto tra esse e i poteri
pubblici. Mi riferisco in particolare ai gravi scandali riguardanti intercettazioni
e profilazioni massive, i più esemplari dei quali sono stati i casi Schrems e della
Cambridge Analytica. Dopo tali episodi, risalenti rispettivamente al 2013 e al 2018,
siamo entrati a conoscenza del fatto che, direttamente o indirettamente, i giganti digitali
tendono a cedere impropriamente milioni di dati personali ai Governi e alle varie cause
politiche del momento, mettendo seriamente a rischio i cittadini e, evidentemente, la
tenuta democratica delle nostre società.
Torno quindi al punto di partenza, affermando che avremmo bisogno al più presto di
una legislazione internazionale omogenea; solo così potremmo limitare il potere
pervasivo di questi soggetti che si arricchiscono globalmente grazie ai nostri dati
personali.

2)
A mio parere il problema sollevato da Galimberti è concreto, spetta poi a noi mantenere
il rapporto con l'ambiente naturale.
Le nostre esperienze quotidiane e, oggi, la pandemia hanno mostrato con maggiore
chiarezza che ormai non possiamo più fare a meno delle nuove tecnologie; esse
determinano gran parte delle attività umane e modificano rapidamente le nostre vite,
migliorandole ma anche peggiorandole sotto molti punti di vista.
Grazie allo sviluppo tecnico, l'Internet of Things modella mondi “smart” nei quali siamo
stati tutti inseriti; nel farlo, ha bisogno di elaborare costantemente enormi moli di dati
personali.
Ed è qui che vorrei soffermarmi: onde evitare di cedere al pericolo concreto di
alienamento, è fondamentale ricordare che alla base di questi pervasivi ambienti digitali
ci siamo noi e le nostre vite. Avere coscienza del fatto che la tecnica e le innovazioni
dipendono sempre e comunque dall'uomo, significa rifiutare la perdita di contatto con la
realtà. Dovremmo essere ben consapevoli che le tecnologie sono a nostra completa
disposizione , incredibili strumenti che semplificano la quotidianità, ma che non
potranno mai sostituire esperienze fondamentali per lo sviluppo umano.
Di fronte al rischio di una tecnica fuori controllo, sarà necessario riconoscere la nostra
preminenza su di essa. Così facendo, potremo nuovamente affermare il valore degli
ambienti naturali deteriorati nel tempo dal filtraggio digitale , per tornare così a
ristabilire forme di socialità e di apprendimento basate su rapporti tangibili, e a vivere gli
spazi che ci circondano in maniera più pura.
3)
Il Fondo Nazionale Innovazione è più che mai fondamentale, considerato l'evidente
ritardo dell'Italia in questo settore.
Gli obiettivi enunciati al momento della sua creazione vanno nella direzione giusta, il
nostro Paese, per crescere, ha bisogno di maggiori investimenti in settori strategici, come
il greentech, l'intelligenza artificiale, l'healthcare e la creatività. La cosa più importante,
adesso, è che il fondo funzioni efficacemente, affinché le Start Up e le PMI innovative
che vi accedono, possano ottenere agilmente le misure richieste senza essere costrette a
stabilirsi in altri Stati.
L'efficienza del nuovo strumento potrà quindi incentivare lo sviluppo e la competitività
delle nostre aziende, rimaste purtroppo molto indietro rispetto ai loro competitors.
Ci tengo a sottolineare che avremmo bisogno di maggiori investimenti in innovazioni
non solo per riallinearci con il resto d'Europa, ma anche e soprattutto per colmare
quell'inaccettabile enorme divario esistente all'interno delle nostre Regioni. Le misure
dovrebbero essere destinate omogeneamente sul tutto il territorio, sostenendo soprattutto
i progetti ideati al Sud, cosicché l'Italia finalmente, possa iniziare a crescere ad una sola
velocità.

4)
In tempi normali gli aiuti di Stato sono vietati dalla normativa europea. A causa
dell'emergenza in corso, tuttavia, la Commissione ha autorizzato per tutto il 2020 tali
misure, con l'obiettivo di scongiurare un collasso economico senza precedenti. Tra i
sostegni permessi rientrano ad esempio: le sovvenzioni dirette alle imprese, prestiti
pubblici a tasso agevolato, garanzie statali sui prestiti bancari, agevolazioni fiscali, e
sostegno ai salari dei dipendenti; pochi giorni fa, in via del tutto straordinaria, Bruxelles
ha dato il via libera anche a eventuali salvataggi pubblici.
In pratica l'Italia potrà concedere aiuti statali per un totale di 300 miliardi, fondamentali
per salvare il nostro tessuto economico composto principalmente da piccole e medie
imprese.
Ovviamente l'Ue impone controlli sui benefici concessi, controlli che sono, a mio parere,
imprescindibili per due principali ragioni.
Prima di tutto perché in un momento tanto delicato come quello che stiamo vivendo, gli
obblighi di trasparenza e pubblicità si affermano con maggiore forza. Sarà necessario
verificare chiaramente chi saranno i destinatari degli aiuti, cercando così di evitare
ingiustizie e cumuli di benefici (come dimostrato chiaramente dall'attuale caso del
gruppo FCA).
In secondo luogo, un adeguato sistema di controllo potrà impedire che le aziende degli
Stati membri più ricchi sovrastino quelle dei Paesi in maggiore difficoltà nel concedere
aiuti pubblici; in altre parole, grazie a delle efficienti verifiche non vi saranno distorsioni
della concorrenza a livello comunitario.
Ci tengo a sottolineare che una discussione sugli aiuti di stato non può essere affrontata
senza toccare anche il problema dei paradisi fiscali; oggi più che mai necessitiamo di
un'unione fiscale nella zona euro al fine di mantenere una giusta concorrenza e la
competitività di tutte le imprese europee.
Concludo sostenendo che non ho mai creduto alla teoria della “Mano Invisibile”, in
determinati periodi l'intervento pubblico sul mercato rappresenta l'unica ancora di
salvezza per l'economia. Dovrebbe essere interesse di tutti, in special modo delle
imprese, che tali interventi vengano attuati nella più totale chiarezza.

..........

Simone Bacci simo.bacci93@gmail.com

1)
Il problema principale che sta emergendo dalla nuova civiltà digitale e dalle grandi
corporation, cioè dalle multinazionali americane che detengono il controllo dell’insieme
delle strutture, dei servizi e delle piattaforme digitali, è legato al grande volume di dati
personali che vengono trattati da queste grandi aziende. Le nostre informazioni
personali, le nostre attività online, i nostri acquisti e persino il contenuto dei nostri
messaggi e delle nostre mail, costituisce la grande mole di dati di cui queste aziende
dispongono. Queste informazioni sono per lo più riutilizzate a fini commerciali, per
invogliare i consumatori a compiere determinati acquisti affini ai loro gusti, e dunque
attirando un notevole numero di inserzionisti e altre aziende commerciali interessate a
vendere i propri prodotti.
Questo uso dei nostri dati seppur invasivo non credo che rappresenti una minaccia alla
nostra libertà, quanto più un “pungolo” per condizionare i nostri comportamenti verso il
consumo, giusto per riprendere il concetto di condizionamento discusso in “Nudge, la
spinta gentile”, il bestseller del premio Nobel Richard H. Thaler e di Cass R. Sunstein.
Se guardiamo all’aspetto democratico può sicuramente essere visto come un pericolo il
possesso dei nostri dati personali da parte di queste grandi corporation, ma è altrettanto
vero che sono stati fatti molti passi verso la tutela della nostra privacy e su un utilizzo
meno invasivo dei nostri dati, non da ultimo gli sviluppi a seguito dello scandalo di
Cambridge Analytica, e dunque sotto questo aspetto, la dialettica e le pressioni
legislative e politiche esercitate dai governi e dall’opinione pubblica potrebbero essere
sufficienti ad un maggiore controllo e a un uso responsabile e contenuto dei nostri dati.
Verrebbe da chiedersi anche quali potrebbero essere i rischi di un eventuale passaggio in
mano pubblica di questo tipo di ricchezza digitale, quali sarebbero allora le conseguenze
sulla nostra libertà e sul controllo esercitato dai governi sulle nostre vite? Sicuramente
anche questo aspetto non può essere banalizzato, e anzi in paesi come la Cina, dove il
controllo sui mezzi di stampa e sui dati delle aziende digitali (quasi tutte pubbliche) è in
mano al governo, a farne le spese è spesso la libertà di opinione e più in generale la
libertà individuale.

2)
Credo che il problema fondamentale sia proprio nell’eccessiva influenza che la tecnica
ha nella nostra società. Ontologicamente il problema filosofico della concezione
moderna della tecnica è che essa è divenuta da mezzo a fine. Nell’ultimo secolo il
modello capitalista-consumistico ha posto la tecnica al centro della vita umana e al di
sopra dell’ambiente, penso che invece per ristabilire una sinergia tra l’uomo e l’ambiente
sia essenziale guardare alla nostra società con una rinnovata ottica umanistica, che ponga
l’uomo al centro del modello di società.
Spesso nel mondo del lavoro si predilige la produttività, il profitto e la crescita rispetto
alla qualità del lavoro e al fine sociale della propria azienda, penso che invece sia
essenziale rimodellare la tecnica “a dimensione di uomo” in modo da riportarla ad essere
un mezzo, e dunque più affine all’uomo e all’ambiente che abitiamo. Per fare questo
serve formare nelle nuove generazioni una forte propensione agli studi umanistici e non
soltanto a quelli scientifici forse più utili alla produzione. Fortunatamente nel mondo e
anche in Italia non mancano esempi virtuosi in questo campo, penso ad esempio
all’imprenditore Brunello Cucinelli e alla sua visione del lavoro.

3)
Il Fondo Nazionale Innovazione, gestito da Cassa Depositi e Presiti è un soggetto (SGR)
multifondo che può operare attraverso lo strumento del Venture Capital, si tratta dunque
di 1 miliardo di investimenti che potranno essere utilizzati direttamente nel capitale di
Pmi che rispondano a particolari requisiti di innovazione, oppure indirettamente in fondi
di Venture Capital.
I requisiti di innovazione principali sono l’elevato potenziale di sviluppo e la non
quotazione in mercati regolamentati, è stato deciso inoltre di focalizzare gli investimenti
nei settori strategici per l’Italia, che sono essenzialmente lo sviluppo dell’intelligenza
artificiale, blockchain, il settore aerospaziale e l’Internet of Things; ma anche su settori
cruciali per la crescita, quale l’industria sostenibile, la sanità, la mobilità, il cibo e il
made in Italy.
Guardando proprio alla volontà del legislatore non ho particolare remore rispetto al
percorso scelto, e anzi ritengo che quanto deciso sia molto importante, e che, oltre a
rappresentare un buon modo di indirizzare i fondi, sia un aiuto concreto allo sviluppo di
nuove realtà italiane di piccole e medie dimensioni che con il tempo potrebbero essere in
grado di divenire competitive anche con l’estero e di guadagnarsi nuove fette di mercato,
con una ricaduta del tutto positiva anche sul livello di innovazione dell’industria del
nostro paese.
Proprio in virtù di una nuova visione umanistica del lavoro penso che sia importante
iniziare a puntare sull’innovazione, non solo della produzione, ma anche della qualità del
lavoro e delle condizioni dei lavoratori.

4)
In questa situazione di emergenza penso che sia doveroso da parte dello stato sostenere
le imprese in difficoltà elargendo prestiti e aiuti economici, in alcuni casi anche a fondo
perduto, tuttavia è anche giusto che, sempre data l’emergenza, ci sia una pretesa di
maggiore “controllo” al fine di tutelare le ricadute sociali e occupazionali delle scelte
operate dalle imprese beneficiarie, soprattutto se di grandi dimensioni.
Ad esempio credo che misure sul controllo delle partecipazioni come il Golden Power
trovino una loro ragione d’essere in una situazione straordinaria come quella
dell’epidemia da Covid, al fine di tutelare soprattutto le imprese strategiche e più in
generale gli interessi dello stato, con delle ricadute positive per le imprese su cui agisce
ma a danno forse della libertà degli azionisti. Tuttavia una volta che saremo usciti dalla
situazione di difficoltà la Costituzione è molto chiara per quanto riguarda la libertà di
impresa, e a parte per quanto riguarda i settori strategici, è auspicabile un ritorno ad un
più ridotto interventismo statale.
È indubbio però che la situazione emergenziale causata dal Covid abbia riportato al
centro anche il ruolo dello stato che interviene in economia, e su questo nei prossimi
anni si dovrà aprire una riflessione di stampo politico.

.....

Leonardo Esposito leonardo.espositovangone@gmail.com

1)
È un fenomeno estremamente rischioso, perché ormai ci affidiamo consapevolmente ai
servizi offerti da tali società come se fossero “neutre”, dimenticando che si tratta invece
di società private che inseguono il profitto. A livello individuale, forniamo con troppa
leggerezza un gran numero di dati personali, mentre a livello collettivo le istituzioni si
avvalgono sempre più spesso degli strumenti digitali offerti da queste società. Andiamo
con ordine.
A livello individuale, è noto che siamo ormai soggetti al cosiddetto “effetto bolla”, vale
a dire che ci vengono mostrati soltanto dei contenuti per noi appetibili, in linea con le
preferenze e le scelte compiute in passato (libri, cd…). Inoltre, abbiamo tutti
sperimentato che le inserzioni pubblicitarie spesso riguardano dei prodotti che abbiamo
recentemente cercato, o ai quali ci siamo interessati. Il rischio di tutto ciò è che siano le
grandi società a guidare le nostre scelte di consumatori, e non viceversa.
A livello istituzionale, ormai tutta la comunicazione politica viaggia sui social network:
ad esempio, le recenti conferenze del Presidente del Consiglio dei Ministri erano in
diretta anche sui social media, con numeri elevatissimi. Tuttavia, affidarsi in misura
ormai predominante a tali piattaforme significa sottostare ai regolamenti delle stesse, che
potrebbero cambiare, rendendo alcune dichiarazioni o iniziative non gradite, magari
temporaneamente rimosse. Il rischio di affidarsi a società private per lo svolgimento
della vita democratica è che, un giorno, queste possano influire sul circuito democratico,
influenzando le scelte dei cittadini.

2)
Il tema sollevato da Umberto Galimberti è di sicuro interesse ed è destinato ad imporsi
con maggior intensità nel prossimo futuro. Tuttavia, dalle esperienze vissute in queste
settimane possiamo ricavare due insegnamenti. Il primo è che l’uomo mantiene ancora
un ruolo di assoluta preminenza come attore e soggetto della storia: in queste settimane,
ad esempio, il calo dei contagi e dei decessi non è stato raggiunto tramite l’utilizzo di
app o di tecnologie all’avanguardia, ma grazie allo sforzo di milioni di cittadini
responsabili, protagonisti del cambiamento che desideravano vedere attorno a loro. Il
secondo è che l’utilizzo delle tecnologie ha ridotto certamente il nostro bisogno di
relazionarsi col prossimo in maniera immediata, ma che l’uomo rimane un animale
sociale: rapportandoci ancora a queste settimane, tra le mancanze avvertite con più
intensità vi è stata quella dei rapporti umani, delle conversazioni tra vicini, tra amici, tra
colleghi, ossia di conversazioni che avvengono fisicamente. Dunque, allo stato attuale vi
sono ancora elementi per cui si può ritenere che la tecnica sia nelle mani dell’uomo e che
l’ambiente naturale abbia una sua rilevanza.
Il tema proposto da Galimberti, però, sarà assoluto protagonista del prossimo futuro, in
cui si prospetta l’utilizzo massiccio di sistemi di automazione, a ogni livello. Chi vivrà,
vedrà.

3)
In termini generali, tale Fondo costituisce un’occasione unica per compiere alcune delle
innovazioni di cui il nostro Paese ha maggiormente bisogno. Gli sforzi dovrebbero
essere complessivamente tesi ad assicurare l’uguaglianza sostanziale della società,
ovverosia che tutti siano in grado di raggiungere i medesimi obiettivi, anche partendo da
condizioni di partenza differenti.
In queste settimane, è emersa con chiarezza la necessità di investire adeguatamente
nell’infrastruttura digitale: tutto il Paese dovrebbe essere coperto dalla fibra ottica, e la
stessa infrastruttura andrebbe potenziata drasticamente, per adeguarla ai più alti standard
europei e internazionali. Ciò si rifletterebbe su numerosi elementi coperti (anche) dalla
Costituzione: pensiamo al diritto allo studio, col recente dibattito sulla didattica a
distanza. Pensiamo alla possibilità di fare impresa, garantendo agli imprenditori delle
aree rurali di potersi collocare con efficacia nel settore dell’e-commerce, in costante
crescita. Pensiamo alla possibilità di lavorare da casa, un tema oggi scottante per via
dell’applicazione estensiva dello smart working. Un investimento pubblico e di
dimensioni notevoli nell’infrastruttura digitale garantirebbe benefici a tutta la
popolazione.

4)
In una situazione di emergenza nazionale e globale, è difficile applicare la stessa chiave
di lettura adoperata in passato. Ora, le imprese che hanno richiesto e ottenuto dei
contributi (a prescindere dal nome e dalle modalità) dallo Stato, non lo hanno fatto per
“furbizia”, ma per sopravvivere a questo periodo complesso e, si spera, per non chiudere
definitivamente. La sopravvivenza di un’impresa non è fine a sé stessa, ma ha effetti
anche sulle vite dei lavoratori che in essa lavorano e che, dalla salute dell’impresa,
indirettamente ricavano la possibilità di vivere una vita dignitosa. Il tessuto
imprenditoriale italiano è composto in larga parte di piccole e medie imprese,
naturalmente più a rischio in caso di gravi crisi congiunturali. Dunque, è auspicabile che
in questa fase il controllo, se vi deve essere, sia ridotto. Un controllo significativo delle
risorse impiegate limiterebbe l’iniziativa privata dell’imprenditore, ma soprattutto
rischierebbe di applicare dei criteri uniformi a un tessuto imprenditoriale che è composto
di moltissime specificità da tutelare. Le risorse destinate a una piccolissima impresa
copriranno delle spese che, probabilmente, una media impresa può ancora permettersi.

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