Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
RiflessioniLibere
l il potere
l la politica
l il futuro
Edixioni Pubblisfera
Riflessioni Libere si tratta di commenti e riflessioni scritte nel periodo 2001-2002
e, in alcuni casi, pubblicati da “Il Quotidiano della Calabria” e da altri giornali.
1
Parliamo dei tempi di Radio Sila Tre. All’epoca ricordo che chi
entrava nelle tue grazie poteva permettersi di tutto, mentre per gli
altri...
Radio Sila Tre è stata per me una splendida esperienza. All’epoca fu
tra le prime d’Italia. Una sfida coraggiosa che abbiamo vinto grazie
a tanti giovani. Molti di loro oggi sono impegnati nella politica, nel
giornalismo, nel sindacato, nella società. Quella Radio fu una scuola di
vita e di impegno sociale. E per me che ne sono stato il Direttore per
dieci anni è una grande soddisfazione vedere quei dj e quei giornalisti
occupare importanti posti di responsabilità.
Una domanda seria, forse dolorosa per te: ti manca padre Antonio
Pignanelli?
Molto. Fu la guida della mia età più bella, quella dei dubbi e delle
incertezze. E’ stato un frate cappuccino dinamico e coraggioso che mi
ha “contagiato” molto. Lo abbiamo seguito in tante battaglie sociali,
abbiamo vinto molte sfide e lui è stato per noi giovani tutti un punto
di riferimento insostituibile.
2
Ma è vero che organizzavi scherzi da brividi? Mi hanno detto che
uno della tua ciurma si è travestito da alto prelato per una “visita
pastorale” e poi hanno scoperto tutto perchè ha esagerato col vino.
Naturalmente l’idea era tua...
Ma come lo sai? Sì, confesso che è vero. Abbiamo organizzato la
perfetta “visita pastorale” di un vescovo ad un villaggio di contadini
in Sila. Uno scherzo incredibile con decine di persone coinvolte. E
all’epoca ne abbiamo fatto di peggio. Meglio tacere!
Laratta e la DC. Non eri molto amato dai Potenti di allora. Una
volta ti hanno pure “trombato”!?
A 20 anni venni eletto consigliere comunale della Dc al mio paese
con 525 voti. Un trionfo. Poi divenni capogruppo consiliare. Dopo
5 anni fui il primo dei non eletti perchè non entrai nelle “quaterne”
dei potenti di allora. Per me è stata una bellissima esperienza che mi
ha formato e fatto crescere molto. I banchi di un consiglio comunale
aiutano a capire la politica e la società: soprattutto a un giovane,
soprattutto in un tempo in cui si fronteggiavano grandi partiti (DC e
PCI) e il mondo era diviso in blocchi, il comunismo era alle porte, la
3
politica era fatta da “cavalli di razza” che erano spesso anche uomini
di altissimo livello. L’Italia democratica l’ha fatta la DC. Ma anche la
Sinistra, i laici, il Sindacato. Ma la DC su tutti.
8
Il senso del ridicolo
nell’Italia di Berlusconi
S
aranno tanti i danni che Berlusconi, alla fine del suo impegno
politico, avrà fatto all’Italia. Danni economici e sociali, danni
alle istituzioni, al rapporto fra i partiti, al sistema-Paese nel
suo complesso che uscirà profondamente lacerato dalle scelte che
Berlusconi e co. avranno fatto in questi anni. Quello che - comunque
- sarà difficile da “perdonare” a Berlusconi è il senso del ridicolo in
cui ha fatto scivolare le Istituzioni e la vita politica nazionale. Dalle
gaffe fatte sul palcoscenico mondiale nella sua veste di Ministro degli
Esteri, a quelle di Primo Ministro che davanti al Capo di un Governo
straniero racconta la presunta storia del “tradimento” della propria
moglie con il filosofo del centro-sinistra Massimo Cacciari. Ciliegina
sulla torta, si è spinto a proporre la nomina di senatore a vita del re del
quiz Mike Bongiorno, suggerendo così a un senatore calabrese in vena
di notorietà a basso costo di proporre per il nostro Capo del Governo
il premio Nobel per la Pace!
10
consacrarono Berlusconi quale nuovo leader del Paese. Il famoso
“Patto con gli Italiani”, quello delle autostrade a destra e manca, delle
ferrovie, dei porti e degli aeroporti in ogni angolo del Paese, non è
altro che il più riuscito dei trucchi del Cavaliere per convincere i
telespettatori, un po’ come fa un buon piazzista davanti alla piccola
folla della fiera di paese.
Ma le finanziarie bugiarde di Tremonti, i famosi primi “100 giorni”
di governo, il conflitto di interessi, il falso in bilancio, le rogatorie
internazionali, il rientro dei capitali all’estero, la Legge Cirami
presentati come strumenti per accrescere la democrazia del Paese
altro non sono che la logica conseguenza della politica degli inganni
inaugurata con il Patto per l’Italia.
12
“Una Chiesa dal volto laico”
H
o ascoltato con grande interesse, da semplice cittadino e da
cattolico, l’appassionata lettura che l’Arcivescovo Metropolita
di Cosenza, mons. Giuseppe Agostino, ha fatto della sua
ultima lettera pastorale in apertura del convegno pastorale che si è
tenuto all’Auditorium “Giovanni Paolo II” del Seminario cosentino
di Rende. Una lettera molto bella, coraggiosa, profonda, dalla quale
traspare l’ansia per le sorti del cristianesimo e la speranza di costruire
una Chiesa nuova, viva, aperta. Una Chiesa “fuori dal tempio”, laica,
che vive con realismo le angosce del nostro tempo e si esprime con
gioia e speranza.
Agostino raccoglie le inquietudini dei cristiani, traccia un cammino
di rinnovamento e pone domande che hanno in sè una sola grande
risposta: la ricerca di Dio.
Al termine di un anno di analisi più o meno approfondite fatte dai
minisinodi sparsi sul territorio e più o meno frequentati, appare
evidente la necessità di avviare nuovi “itinerari di fede”, di rinnovare
profondamente la catechesi. Un occhio particolare ai giovani “che
bisogna incontrare dove si radunano, ascoltarli, impegnarli”. Ed ecco
la necessità, sulla quale mons. Agostino insiste molto, della formazione
dei laici, della loro preparazione e del costante aggiornamento.
Nascerà quindi a Cosenza una scuola diocesana presieduta dallo stesso
Arcivescovo.
Determinato egli è apparso sulla necessità di una seria educazione alla
liturgia “che non si deve ridurre ad aspetti estrinseci rituali”; ed è forte
il richiamo alla liturgia domenicale che deve essere ben preparata.
Mons. Agostino annuncia “dolce fermezza” nella purificazione
della liturgia “superando ogni privatismo specie nelle celebrazioni
delle messe e dei sacramenti del matrimonio, delle esequie ecc”. E
finalmente chiede “silenzio”: profondi spazi di silenzio, che aiutano a
pregare, ad ascoltarsi, a ritrovarsi. Chiarissimo il richiamo a liberare
tutte le celebrazioni dal rapporto con il danaro.
13
La lettera dell’Arcivescovo traccia quindi
un percorso altamente significativo che
dovrà affrontare la Chiesa in una situazione
di “nuovo paganesimo” che idolatrizza
il successo, l’affare; in un tempo di
massificazione e di alienazione.
14
essere richiamo, braccia aperte per accogliere, cuore non giudice ma
silenziosamente ed operativamente speranzoso”. Ecco le parole più
belle che Agostino ripete e invoca: silenzio, speranza, amore, libertà,
povertà.
N
on c’è alcun dubbio che il centro-sinistra si trovi davanti ad un
bivio: rinnovarsi oppure morire. Il fatto che l’Ulivo rimanga
ancora una sommatoria di partiti e di classi dirigenti, non
prospetta niente di buono nella grande battaglia per sconfiggere la
destra in Calabria e nel resto del Paese. I passi che sta movendo il
centro-sinistra sono ancora deboli, l’immagine non brilla, la capacità
di riconquistare il consenso perduto è tutta da verificare. Il nuovo
Ulivo deve ancora nascere.
Nel momento in cui i partiti non trovano la forza di superare lo choc
provocato dal berlusconismo all’intero sistema della rappresentanza
democratica, c’è bisogno di una vera sfida per sconfiggere il disinteresse
generale verso tutto quello che dice e fa la classe politica. Compresa
quella di centro-sinistra.
16
E’ il momento di una nuova primavera della politica dopo la triste e
lunga stagione dell’incertezza che dura da un decennio.
Il centro-sinistra deve capire che non è più il tempo né il momento
di chiudersi, di restringere la partecipazione, di giocare agli equilibri
fatti a tavolino o, peggio ancora, calati dall’alto ad una base che non è
più disponibile ad accettare le scelte a scatola chiusa.
Nei giorni scorsi ho comunicato la messa in rete di un mio sito
web. La cosa, destinata ad aprire una “finestra” di dialogo con tanti
amici sparsi su un vasto territorio, è stata vista come l’annuncio di
una mia “discesa in campo” in vista delle elezioni per la presidenza
della Provincia (della cui cosa sembra che nessuno voglia
parlare!). Credo che ogni giusta aspirazione debba essere
oggetto di discussione e di confronto. E quindi di
condivisione. Dico questo per entrare nell’argomento
della scelta dei candidati, a qualsiasi livello. E per dire
subito come la penso: nessuno può immaginare di fare
scelte e di imporle alla base dei partiti e soprattutto
alla base elettorale. Sarebbe un suicidio per il centro-
sinistra. Le candidature devono essere condivise,
discusse, accettate. Nessuno può imporre
niente a nessuno. Così come è fuori da
ogni logica immaginare di fare le
scelte nell’ottica dell’appartenenza,
inseguendo un equilibrio fra
Province, Regioni e Parlamento,
distribuendo le designazioni
all’interno della coalizione
rispettando esclusivamente le
quote elettorali dei singoli
partiti. Mi sembrano cose
del tutto prive di buon
senso in un momento
tanto delicato della vita
politica.
E torna il tema delle
17
primarie. Argomento che si affaccia ad ogni scadenza elettorale da
almeno un decennio, per poi essere gentilmente messo in soffitta con
la solita scusa che le primarie non si possono organizzare mancando
una legge che le disciplini. E’ vero, non siamo negli Stati Uniti.
Ma una cosa è certa: con le primarie o con un sondaggio, con una
consultazione vasta oppure affidandosi ad un comitato formato da
“saggi”, eletti, simpatizzanti e cittadini impegnati... l’importante è
che i candidati ottengano il consenso e la condivisione da parte di una
vasta platea di elettori. Se manca il consenso e la condivisione non c’è,
si ritirano i candidati e si passa ad altre proposte.
E’ importante che il centro-sinistra si renda conto che non ci sono
più soltanto i partiti che possano decidere nel chiuso di una stanza;
oggi c’è tutto un mondo nuovo che ci guarda con interesse, ma anche
con sospetto. Questo è un mondo fatto da movimenti, associazioni,
gruppi di pacifisti laici e cattolici, cittadini impegnati in senso
ampio. Un mondo che non può essere lasciato ai margini, non può
non partecipare e condividere. Ben sapendo che chi è destinato ad
assumersi impegno di governo dovrà farlo senza condizionamenti e
al solo scopo di promuovere lo sviluppo, il lavoro, la promozione
umana, sociale e culturale dei cittadini, secondo un programma chiaro
che deve essere sottoposto agli elettori. Al governo dei Comuni,
delle Province e della Regione non possono però non partecipare le
diverse componenti sociali che si riconoscono in un progetto politico
fortemente alternativo: immagino un disoccupato accanto ad un
intellettuale, un imprenditore a fianco di un giovane e di un esperto,
il docente con il professionista, tutti insieme nel governo delle
amministrazioni accanto agli uomini indicati dai partiti. Uomini,
donne, giovani per dare vita ai governi del centro-sinistra che siano
alternativi a quelli fallimentari del centro-destra.
I partiti devono recuperare immediatamente un importante ruolo
guida, progettando e programmando la crescita e lo sviluppo. Devono
però farlo e parteciparlo: la vera sfida è la condivisione. Dei progetti,
dei programmi, delle candidature. Idee chiare, progetti concreti,
uomini forti e determinati per lanciare la sfida del cambiamento. Solo
così torneremo a vincere.
18
Il potere nell’epoca
dell’incertezza
Il Capitalismo
Con il crollo del sistema comunista alla fine degli anni ’80, siamo
tutti scivolati nella convinzione che il capitalismo fosse l’unico
sistema possibile. Le discussioni sulla terza via sono sembrate
improvvisamente vecchie. Le alternative al capitalismo inutilizzabili.
Il capitalismo è dunque diventato il sistema unico, trionfante e
definitivo nella concezione e nella gestione dell’economia, nella
democrazia, nella elaborazione dei progetti sociali. Con il crollo delle
Torri Gemelle a New York ci siamo resi improvvisamente conto che
probabilmente il capitalismo fosse giunto al capolinea.
Il futuro
19
Perché non c’è più il futuro?
Perché la tecnologia rende in pochi mesi tutto vecchio e superato.
L’orizzonte di un investimento non supera che l’arco di pochi mesi.
La politica soffre questa accelerazione continua: Berlusconi cerca il
consenso immediato con la sua politica-spettacolo che non ha una
base e nemmeno una prospettiva credibile. Anche il centro-sinistra
vive questa sindrome di dilatazione del presente, come se ogni
giorno, ogni mese, debba accadere qualcosa. Per cui viviamo tutti
nell’emergenza, nell’incapacità di progettare nel tempo, di proporre e
costruire una classe dirigente capace.
Innovazione e investimenti
I cattolici e la politica
Il potere
E
’ lento il centro-sinistra. Lento nel ritrovare la forza e l’orgoglio
di essere una grande alleanza. Un insieme di uomini forti, liberi,
coraggiosi, riformatori. Un insieme di forze moderne che sanno
dare fiducia e speranza ad un Paese e ad una Regione fortemente
provati, spaventati e senza futuro. Il centro-sinistra ha al suo interno
le migliori energie, la sintesi di storie e tradizioni culturali e politiche
che farebbero invidia a chiunque. Eppur non si muove…! L’alleanza
fa fatica, si divide ogni giorno, manifesta in continuazione una crisi
che è di ricchezza, di abbondanza di uomini, idee, progetti. Siamo una
famiglia grande che non sa di essere una.. grande famiglia!
23
frattempo i partiti guardano con preoccupazione al successo dei
girotondi e ai grandi cortei no-global come se questi non possano
rappresentare una forza in più alla vittoria del centro-sinistra. La
guerra tutta interna alla sinistra produce una corsa alla dissacrazione
degli eventi e alla demonizzazione dei personaggi. In tutto il centro-
sinistra è forte l’ incapacità a creare solidarietà mentre vince
la testarda determinazione a distruggere le novità e le idee.
Si aspetta un leader che porti alla vittoria e non si pensa al
fatto che il centro-sinistra non ha bisogno di un “padrone”,
di un “capo”. Ma di un uomo capace di essere sintesi
di mille idee e che sappia aggregare nel governare.
Con lui una squadra di amministratori capaci e di
intellettuali aperti. L’unica vittoria possibile è quella
che si ottiene con l’unità delle forze sociali, politiche
e culturali che oggi sono all’opposizione: facile a
dirlo, difficile a realizzarlo. Ma è indispensabile
provarci, provarci senza arrendersi mai. Il
centro-sinistra è l’unica alleanza che porta nel
proprio seno la forza della storia del Paese, la
prospettiva del cambiamento, la possibilità della
solidarietà. Cattolici, laici, ambientalisti, progressisti
stanno insieme nel centro-sinistra per dare un futuro
nuovo al Paese. A tale forza di ‘liberazione’ devono
partecipare anche le “piazze” con la loro carica di
passione, le energie fresche e spontanee del mondo
della cultura, i giovani, il sindacato, la tradizione
socialista. Solo stando insieme, con programmi chiari
di crescita e progresso, potremmo battere una destra
destabilizzante che ha messo in crisi il Paese. Lo stesso
discorso vale per la Calabria. Il Centro-sinistra deve
far dimenticare le peggiori esperienze del passato e la
litigiosità interna. Più coraggio, dunque, nel superare i metodi vecchi
e nell’eliminare l’autoreferenzialità di troppi partiti per dare vita a
un’alleanza fresca, libera, moderna nella quale si ritrovino le migliori
energie del centro-sinistra. Nessuno escluso.
24
La crisi della politica;
il fallimento dei partiti
negli Enti Locali
S
ta accadendo qualcosa nei Comuni della Calabria (ma la
cosa si ripete in gran parte delle Regioni meridionali). Più
specificatamente sta accadendo qualcosa di negativo in molti
Comuni della nostra Provincia; Comuni in cui la politica è stata
messa in un angolo per far posto alla sbrigativa gestione del potere da
parte di gruppi che non avvertono alcun rossore.
Un tempo nei Comuni si formavano le classi dirigenti dei partiti; dagli
Enti Locali il passo era obbligato verso la Regione ed il Parlamento
nazionale.
26
In Calabria la crisi dei Comuni è aggravata dall’assoluta latitanza
della Regione che vive in pieno degrado politico e non è in grado
di impegnare le ingenti risorse finanziare comunitarie che da sole
potrebbe assicurare alle comunità maggiore sviluppo e alle imprese di
crescere e assumere.
L’invenzione delle Comunità Montane non ha aiutato la formazione
di una nuova classe dirigente che, fattasi sul campo, si proponesse
a un livello superiore. Se si eccettuano un paio di casi, il resto delle
Comunità Montane del cosentino è da anni in crisi di identità, in
alcuni casi sono stati sciolti gli organismi statutari, altre sono senza
un governo da molti mesi. Basti pensare alla Comunità Montana del
Savuto, a quella di Verbicaro, a quella Silana dove il centro-sinistra
caccia la Margherita e tira avanti senza grandi risultati, a quelle in
cui si annuncia da tempo il ricambio del presidente e il rinnovo della
giunta. In molti casi le giunte si alternano ogni sei mesi per garantire
un posto di potere a turno a tutti i consiglieri! Da qui la convinzione
del fallimento di questi enti che, nati per favorire lo sviluppo delle
aree interne, hanno finito per promuovere le sagre dell’angurie sulle
spiagge. Fatte salve un paio di Comunità Montane ben gestite, tutte
le altre registrano un clamoroso fallimento. Il problema, comunque,
non è solo calabrese.
27
Sarà anche per la disponibilità dei gruppi consiliari, ma questo
si ottiene soprattutto per l’autorevolezza e la stima di cui gode
il Presidente Acri che tiene insieme un’alleanza formata da tanti
partiti, permettendo all’ Ente di raggiungere risultati notevoli. Ne è
la prova il buon gradimento elettorale certificato da Eurispes che in
un’indagine recente assegna alla Provincia di Cosenza quasi il 60% di
soddisfazione fra gli intervistati ( la Provincia supera anche il Comune
capoluogo, stacca di molto lo Stato centrale e la Regione Calabria che
è l’ultima per gradimento e fiducia nei cittadini).
Quello che è accaduto al Comune di Cosenza prima, durante e dopo
le elezioni amministrative rappresenta una forte crisi del centro-
sinistra in città: in questo caso riesce a perdere anche quando vince
con un ottimo risultato elettorale. Il coinvolgimento dei partiti del
centro-sinistra nel governo della città capoluogo rimane un punto
fermo se si vuole costruire un’alleanza forte e credibile in vista delle
prossime scadenze elettorali.
La crisi degli Enti Locali porterà senza dubbio al progressivo
scioglimento dei partiti che si trasformeranno velocemente in
semplici cartelli elettorali. Il centro-destra stravince a livello nazionale
trascinato da un leader che è poi il padre-padrone dell’alleanza, perde
però nei Comuni dove non è in grado di tenere insieme la propria
maggioranza; il centro-sinistra che pure è molto ben radicato sul
territorio, non riesce a gestire i quadri dei partiti che appaiono sempre
più disancorati dai vertici provinciali e regionali.
In questa confusione politica generale, diventa difficile far emergere
dal basso una nuova e ben determinata classe dirigente che prenda in
mano gli organismi decisionali dei vari partiti e si proietti quindi ai
livelli più alti delle istituzioni. Il rischio è notevole: senza un ricambio
rapido e convincente, i vertici dei partiti e gli uomini che sono da anni
nelle Istituzioni si convinceranno di non avere eredi validi e capaci.
Da qui la convinzione di essere insostituibili diventa certezza. In
queste condizioni, visto anche il disinteresse della cosiddetta società
civile, il rinnovamento sarà più difficile e la crisi dei partiti si farà
ancora più acuta. Il fossato tra la classe politica e la società reale rischia
di allargarsi irrimediabilmente.
28
Sogni e utopia
I
n un momento in cui la politica è in piena confusione, mentre
i partiti si avvitano su se stessi e le Istituzioni appaiono come
paralizzate, ho ascoltato con piacere l’intervento che il presidente
del consiglio provinciale, on. Francesco Principe, ha pronunciato
nel corso di un vertice della maggioranza che governa la Provincia
di Cosenza. Il presidente Principe ha parlato di utopia; ha invitato
tutti a riscoprire il gusto di pensare in grande e di affrontare i temi
sociali e culturali con un taglio diverso, con la voglia e il gusto di
‘sognare’. Il discorso, lungo e sentito, di Francesco Principe mi ha
fatto pensare molto. In effetti ha invitato a non immaginare che i
cittadini amministrati vogliano sapere da noi politici soltanto come
e quando verrà riparata una strada, come si farà funzionare uno
sportello pubblico o si sosterrà un’associazione di volontariato.
A
lla fine della legislatura in corso saranno passati ben 10 anni di
governi di Centro-destra alla Regione Calabria. Fatta salva la
breve esperienza della Giunta Meduri (che produsse un documento
di programmazione – il POR Calabria - che venne considerato uno
strumento di straordinaria importanza per lo sviluppo della nostra terra),
le due ultime legislature sono state sempre appannaggio dei partiti della
Casa delle libertà.
Nelle due legislature le giunte sono state tantissime: le ultime tre di
Chiaravalloti (ma sembra certo che non si fermi qui!), prima ancora un
paio di Nisticò, poi Caligiuri.
Non c’è bisogno di aspettare la fine della legislatura in corso per definire
‘sciagurata’ l’esperienza del Centro-destra in Calabria. I fallimenti portano
il nome e il cognome del tradimento del POR Calabria, dell’enorme
buco nella Sanità, del mancato trasferimento delle funzioni alle Province
(approvata la legge, mancano i regolamenti), della gestione miope e
clientelare di tutte le competenze della Giunta regionale. E per finirla
subito: l’inadeguatezza dei Presidenti a guidare le diverse giunte regionali,
Chiaravalloti su tutti; lo sfascio istituzionale che si consuma nelle sedute
dei consigli regionali durante le quali si sfiora lo scontro fisico; il pessimo
rapporto tra esecutivo e consiglieri; l’attività legislativa di scarso valore.
32
Un sogno chiamato Mina
P
ronto? Buongiorno, cerco Franco Laratta”
E’ una donna al telefono. Mi trovo fuori e quindi le
dicono di richiamare. Lei, comunque, non vuol lasciare
il nome. Riprova più tardi. Stessa scena. La signora richiama
anche un terza e quarta volta. Inultilmente. Poi un pò si
secca: “Senta, dica che ha chiamato Mina Mazzini e che
non lo trovo mai. Lui però sa dove cercarmi”. Sembrava
uno scherzo. Mina, proprio lei, che mi vuole! Daccordo,
ho un amore per la grande interprete che dura da
sempre; conosco bene il figlio Massimiliano con il quale
sono molto amico da anni. Ma da qui a ricevere una
sua telefonata ne corre. Eppure quel giorno di quattro
anni fa era proprio lei al telefono. Ne ho la conferma
chiamando alla sua casa discografica di Lugano: “Sì,
la signora cerca proprio lei, gliela passo”. Attimi
di panico e poi una conversazione semplice
che non voglio riportare. Rimane forte il
ricordo di una voce giovanissima, e di un
“arrivederci a Lugano” che ogni tanto mi
sembra di risentire.
Mina si nasconde da oltre 20 anni. Io la
scopriì nel 1974, grazie ad una sua canzone
suonata ad un juke-box. Frequentavo il primo anno
della Ragioneria, ed allora andavano forti i Rolling
Stones (ricordo la splendida “Angie”) e tanti gruppi
stranieri. Cominciai lentamente l’esplorazione del
pianeta Mina. Comprai subito i suoi dischi: il primo
era “Frutta e verdura”, il 33 giri che conteneva “E poi”,
la canzone che ascoltai dal juke-box. Poi venne “Amanti
di Valore”, quindi a ritroso gli altri dischi. Ogni anno
l’attesa per il suo nuovo lavoro e la ricerca delle sue
foto, di articoli che parlassero di lei e della sua vita. In
33
quel periodo apparve in televisione con Milleluci. Sarebbe stata la
sua ultima volta in Tv, dopo 15 anni di straordinarie trasmissioni del
sabato sera, preludio della grande fuga dal mondo dello spettacolo.
Nel 1978 tenne il suo ultimo grande concerto dal vivo, alla Bussola di
Viareggio. Io, appena diciottenne, non potei andare. Titoli entusiastici
su tutti i giornali, grande trionfo e pubblico in delirio per quelle serate
in Versilia. Poi l’addio per sempre alle scene, nonostante la popolarità
in aumento ed il crescente apprezzamento della critica per le sue
interpretazioni sempre più di altissimo livello.
Proprio in quel periodo apriva a San Giovanni in Fiore una radio
libera. Si chiamava Radio Sila Tre ed era diretta da me. Mina aveva
sempre un grande rilievo nella programmazione musicale della radio,
tanto che finì per essere scoperta ed apprezzata da tanti giovani dj.
Anche il pubblico, abituato ad altro genere di musica, imparò a
conoscere le canzoni più belle di Mina. Ricordo in particolare un
Album straordinario, “Attila”, che trionfò in radio per mesi. Del resto
è tutt’ora uno dei lavori più riusciti di Mina. In quel 33 giri debuttava
quale autore Massimiliano Pani, il 16enne figlio della cantante, che
scrisse per l’occasione due brani molto belli: “Sensazioni” e “Il vento”.
A Radio Sila Tre furono le due canzoni più richieste e trasmesse per
tanti mesi. In tutte le radio italiane “Attila” fu un successo. Il giovane
Massimiliano, però, venne curiosamente maltrattato da un certa
impietosa e stupida critica. Io, invece, gli scrissi per dimostrargli
il mio apprezzamento e per incoraggiarlo a continuare perchè ne
aveva la stoffa e tutte le qualità. Mi rispose rigraziandomi e da allora
cominciò un lungo ed intenso rapporto epistolare. Pani apprezzava i
miei suggerimenti e le mie indicazioni. Ma ci scrivevamo di tutto e lui
si è subito dimostrato molto maturo e particolarmente intelligente ed
attento. Dopo un paio di anni ci incontrammo a Milano, poi in seguito
in Svizzera, dove lui vive con la mamma, a Roma e in altre città. Entrò
presto nello staff degli stretti collaboratori di Mina, continuando a
scrivere e rivelandosi ben presto un ottimo arrangiatore. Poi incise
per conto suo (ma, sebbene bravo, non fu molto fortunato), debuttò
in Tv quale conduttore facendosi subito notare per il suo stile e la sua
eleganza nel parlare. Non gli feci mai mancare i miei giudizi e i miei
34
incoraggiamenti tutte le volte che faceva qualcosa come Massimiliano
Pani, non già quale figlio d’arte. Nacque una bella amicizia che dura
tutt’ora e alla quale Massimiliano mi ha detto di tenere molto.
Il giovane e capace figlio di Mina deve avere parlato più volte alla
madre del nostro rapporto. Ed una volta in particolare, dopo un
nostro incontro a Roma dove siamo andati con mia moglie e mio
figlio a prenderlo all’aeroporto per poi stare insieme per alcune ore,
Mina mi ha fatto quella inattesa e graditissima telefonata.
Altre volte l’ho sentita mentre cercavo Massimiliano, ed una volta lei
ha voluto parlare con mio figlio Andrea, all’epoca di 8 anni, il quale
desiderava da tempo di parlarle, evidentemente ed involontariamente
plagiato dal papà, ma che apprezza molto le canzoni dell’ ex Tigre di
Cremona. Andrea, che aveva sentito il Cd “Napoli” del 1996, voleva
sapere da Mina come faceva a cantare così bene in napoletano. Lei
glielo ha spiegato ed ha anche risposto a tutte le sue domande!
Mina, del resto, è sempre stata con me molto affettuosa: quando da
ragazzino le scrivevo - e sarà successo tante volte- mi faceva avere
autografi e posters. Qualche volta anche alcuni suoi dischi.
Negli ultimi anni Mina è, dal punto di vista musicale, molto
cambiata. Legatissima alla famiglia, lontana anni luce dal mondo delle
spettacolo, ha saputo cambiare e superare i tempi e le mode. Grazie
a Massimiliano Pani, che produce i dischi della mamma e dirige la
casa discografica di Lugano circondandosi di musicisti giovani e
capaci, Mina si è riscoperta una inteprete più nuova e attenta alle
esigenze del pubblico, ma mai disponibile a fare ciò che non le piace
o non la convince. Al termine di quella sua telefonata ci siamo dati
appuntamento in Svizzera. Io le chiesi di venire in Sila per ammirare
le bellezze naturali della nostra montagna. Lei mi ha risposto che non
gradisce compiere viaggi così lunghi. Dopo quella conversazione sono
andato davvero a Lugano. Avevo appuntamento con Massimiliano e,
devo dire, temevo(!) di trovare anche Mina. Dentro di me è la cosa
che desidero di più, ma nello stesso tempo ne sono anche spaventato.
Quel giorno lei non c’era ed io sono stato a lungo nella Pdu con Pani
a seguire la preparazione di un disco. A tarda sera ho ripreso il treno
da Lugano per Milano, accompagnato alla stazione da Massimiliano.
35
Avrei voluto sì incontrarla di persona, ma sono anche convinto che i
sogni non dovrebbero mai realizzarsi. Perchè sarebbero diversi dalla
nostra immaginazione e dai nostri desideri. Mina è, per me, un sogno
lungo una vita. La trovo in macchina tutte le volte che viaggio; ha
fatto da colonna sonora di tutti i momenti più belli della mia vita; mi
ha portato per mano da ragazzino fino alle soglie della maturità. L’ ho
ascoltata quando ero triste e volevo scacciare la malinconia. Lei, con
la sua splendida voce, mi segue ogni giorno, in sottofondo e in primo
piano, con la stessa puntualità del tempo che scorre veloce e supera
ogni evento. Perchè Mina è cultura, passione, poesia!
Mina ha segnato la storia degli ultimi 40 anni in Italia: il suo volto, le
sue canzoni, le sue vicende personali, hanno caratterizzato gli eventi, le
mode, gli avvenimenti di un Paese che è cresciuto e cambiato. Insieme
a lei. Per me è stata un momento di evasione e di passione: quasi come
un’amica sincera e riservata che ti segue sempre senza chiedere mai,
pretendendo però massima fedeltà. Alcune sere fa ascoltavo un brano
di Mina a casa mentre i miei bambini giocavano. La piccolina, Karen
di due anni, si divertiva a canticchiare. Le ho chiesto: “Sai chi canta
questa canzone?”. Non poteva ovviamente saperlo. Le ho detto: “é
Mina”. E lei, candida: “Papà, Mina chi è”? Già, Mina chi è? Karen
avrà tempo, se lo vuole, di scoprirlo. Non è che sia molto importante
per la sua vita, ma saprà che lo è stata per quella del
suo papà.
Grazie, Mina!
36