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La presenza in Italia
dei gesuiti iberici espulsi
Aspetti religiosi, politici, culturali
a cura di
Ugo Baldini
Gian Paolo Brizzi
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INDICE
GIAN PAOLO BRIZZI, Jesuits Expelled And Exiled To Italy. A New Direction
For Research . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
INMACULADA FERNÁNDEZ ARRILLAGA, Narraciones inéditas de los jesuitas espa-
ñoles en el exilio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
MARIAGRAZIA RUSSO, La grande dispersione in Italia dei gesuiti portoghesi
espulsi: processi di catalogazione e documentazione inedita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
ANTONIO TRIGUEIROS, I gesuiti portoghesi espulsi in Italia: vita e cultura nei
quattro convitti italiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
MARCO CALLEGARI - LORENZA PERINI, Per una bibliografia dei gesuiti iberici in
Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
LAURA LAURENCICH MINELLI, Una proposta “illuminista” delle reducciones: il
manoscritto anonimo Exacta relacion de las Misiones del Paraguay . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
GIANPAOLO ROMANATO, I gesuiti delle “Reducciones” dal Paraguay all’Italia:
José Manuel Peramás . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113
ENRIQUE GIMÉNEZ LÓPEZ, Jesuitas españoles en Bolonia (1768-1773) . . . . . . . . . . . . 125
MARIA TERESA GUERRINI, Il lungo esilio. Forme di convivenza e integrazione
nella società bolognese dei gesuiti espulsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157
LUIGI PEPE, I gesuiti a Ferrara e la cultura scientifica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185
ELISABETTA MARCHETTI, Bartolomeo Dal Monte e i gesuiti espulsi a Bologna. . 211
MAURIZIO FABBRI, Gesuiti spagnoli espulsi mediatori di culture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229
UGO BALDINI, La storia naturale dei continenti extraeuropei negli scritti degli
esiliati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247
PIERO DEL NEGRO, L’Illuminismo nella provincia veneta: il gesuita spagnolo
Bruno Martí versus il conte rodigino Antonio Maria Manfredini. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281
FRANCESCO BERTI, Illuminismo, rivoluzione, modernità: lo spirito del secolo in
alcuni significativi scritti dei gesuiti espulsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 321
ANTONELLA BARZAZI, I gesuiti iberici in Italia tra libri e biblioteche . . . . . . . . . . . . . . . 337
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Sono molti gli intrecci e i rinvii tra l’espulsione dei gesuiti iberici e il mondo
dei libri e delle biblioteche.
L’esilio diede luogo all’abbandono di biblioteche di case e collegi, lasciate
nei paesi d’origine e riassorbite da diverse istituzioni, e alla perdita di libri
personali distrutti o sottratti tra le mille difficoltà del trasferimento in Italia.
Ma significò anche incontro con le tipografie e il mercato librario della peni-
sola, tenace ricostruzione di nuove librerie individuali, inserimento, infine,
nella rete delle biblioteche private e istituzionali, nelle quali gli esuli opera-
rono e finirono in alcuni casi per assumere compiti direttivi. L’impiego in qua-
lità di bibliotecario poté affiancarsi a quello di precettore privato e di docente
in scuole e università e si accompagnò a un impegno pubblicistico a volte in-
tenso; rappresentò in ogni caso un punto d’arrivo nell’integrazione degli
espulsi nella vita intellettuale degli Stati italiani. Si trattò di uno degli esiti di
quella seconda fase del radicamento degli esuli che si aprì – secondo le più re-
centi ricostruzioni complessive del fenomeno – sul finire degli anni settanta.1
Dopo un decennio di esistenza umbratile e precaria, attraverso itinerari dif-
ficili e tortuosi che comportarono spesso una vera e propria «doppia forma-
zione», si profilavano – una volta superato lo scoglio della soppressione della
Compagnia – la pubblicazione di alcune delle più impegnative opere degli ex
gesuiti iberici e l’assunzione da parte di questi ultimi di incarichi e funzioni
istituzionali di rilievo.
1
NICCOLÒ GUASTI, L’esilio italiano dei gesuiti spagnoli. Identità, controllo sociale e pratiche
culturali (1767-1798), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2006; NICCOLÒ GUASTI, I gesuiti
spagnoli espulsi (1767-1815): politica, economia, cultura, in Morte e resurrezione di un Ordine re-
ligioso. Le strategie culturali ed educative della Compagnia di Gesù durante la soppressione (1759-
1814), a cura di PAOLO BIANCHINI, Milano, Vita e Pensiero, 2006, p. 15-52; cfr. inoltre le due
recenti sintesi dello stesso autore: Rasgos del exilio italiano de los jesuitas españoles, «Hispania
sacra», 123 (2009), p. 257-278; I gesuiti spagnoli espulsi e la cultura del Settecento, «Ricerche di
storia sociale e religiosa, 76 (2009), p. 45-77.
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2 Sui due, nati rispettivamente nel 1731 e nel 1745, cfr. MIGUEL BATLLORI, La cultura hi-
Roma, nel 1802, dopo la nuova espulsione degli ex gesuiti. Cfr. la nota biografica e l’introdu-
zione di ANTONIO ASTORGANO ABAJO in LORENZO HERVÁS Y PANDURO, Biblioteca Jesuítico-
española (1759-1799), Madrid, Libris, 2007; inoltre ANTONIO ASTORGANO ABAJO, La Biblio-
teca Jesuítico-española de Hervás y su liderazgo sobre el resto de los ex jesuitas, «Hispania sacra»,
56 (2004), p. 170-268.
4 MIGUEL BATLLORI, Andrés, Giovanni, in Dizionario Biografico degli Italiani, 3, Roma, Isti-
numerosi.
6 Cfr. il saggio di ALESSANDRO AVOLI, in appendice a MONALDO LEOPARDI, Autobiografia,
Roma, Edizioni dell’Altana, 1997; inoltre MARIAGRAZIA RUSSO, Um só dorido coraçao: impli-
cazioni leopardiane nella cultura letteraria di lingua portoghese, Viterbo, Sette città, 2003, p.
43, 88.
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7
Sul caso fiorentino, oggi particolarmente ben documentato, cfr. EMMANUELLE CHAPRON,
«Ad utilità pubblica». Politique des bibliothèques et pratiques du livre à Florence au XVIIIe siè-
cle, Genève, Droz, 2009, e RENATO PASTA, La biblioteca aulica e le letture dei principi lorenesi,
in Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, a cura di SERGIO BERTELLI-RENATO PASTA, Fi-
renze, Olschki, 2003, p. 351-387; per la politica libraria asburgica a Milano: MARIA TERESA
MONTI, Promozione del sapere e riforma delle istituzioni scientifiche nella Lombardia austriaca,
in La politica della scienza. Toscana e Stati italiani nel tardo Settecento. Atti del convegno (Fi-
renze 27-29 gennaio 1994), a cura di GIULIO BARSANTI-VIERI BECAGLI-RENATO PASTA, Firenze,
Olschki, 1996, p. 367-392; SILVIO FURLANI, Maria Teresa fondatrice di biblioteche, «Accademie
e biblioteche d’Italia», 50 (1982), p. 459-474. Per le riconversioni di biblioteche gesuitiche, av-
venute in alcuni casi d’intesa e sotto la guida di membri della Compagnia, cfr. PAOLO TINTI, La
libraria dei Gesuiti di Modena, Bologna, Pàtron, 2001, e, per Bologna, LUIGI BALSAMO, Le bi-
blioteche dei Gesuiti, in Dall’isola alla città. I Gesuiti a Bologna, a cura di GIAN PAOLO BRIZZI-
ANNA MARIA MATTEUCCI, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1988, p. 183-192.
8
Peculiare, per la lunga persistenza di questi tratti, l’esperienza veneziana. Cfr., oltre a MA-
RINO ZORZI, La Libreria di San Marco. Libri, lettori, società nella Venezia dei Dogi, Milano, Mon-
dadori, 1987, ANTONELLA BARZAZI, Tra erudizione e politica: biblioteche a Venezia nel Sette-
cento, in Saperi a confronto nell’Europa dei secoli XIII-XIX. Atti del convegno internazionale di
studi (Pisa, Scuola Normale Superiore, 14-15 dicembre 2006), a cura di MARIA PIA PAOLI, Pisa,
Edizioni della Normale, 2009, p. 117-135; ANTONELLA BARZAZI, De la bibliothèque savante à la
bibliothèque publique: collections et lecteurs à Venise entre XVIIe et XVIIIe siècles, in corso di
stampa in Ouvrir les bibliothèques au public à l’aube des Lumières. Actes du colloque (Université-
Médiathèque d’Orléans, 16-17 mai 2008), ed. par DANIEL-ODON HUREL – JEAN-PIERRE VITTU.
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9RENATO PASTA, Centri e periferie: spunti sul mercato librario italiano nel Settecento, «La bi-
bliofilia», 105 (2003), p. 175-200.
10 PIERANGELO BELLETTINI, Tipografi romagnoli ed ex gesuiti spagnoli negli ultimi decenni del
Settecento, in Il libro in Romagna. Produzione, commercio e consumo dalla fine del secolo XV al-
l’età contemporanea. Convegno di studi (Cesena, 23-25 marzo 1995), a cura di LORENZO BAL-
DACCHINI-ANNA MANFRON, II, Firenze, Olschki, 1998, p. 557-657; MARIA GIOIA TAVONI, La so-
cietà di Pallade tra nobili e tipografi, ivi, p. 501-555; MARIA GIOIA TAVONI, La fortuna di Gre-
gorio Biasini (1732-1788) editore a Cesena nel XVIII secolo, «Accademie e biblioteche d’Italia»,
67 (1999), p. 7-23.
11 JUAN ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, edición de LIVIA BRUNORI, Valencia, Generalitat
Valenciana, 2006. L’edizione rende disponibili oltre 1300 lettere, reperite in una quantità di
fondi epistolari, soprattutto – ma non solo – italiani.
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1781 (ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, I, p. 160), Andrés aderiva di buon grado alla proposta
dello stampatore, giuntagli attraverso il bibliotecario ducale di Parma Ireneo Affò, di assumersi
personalmente «lo spaccio di 300 copie, essendomene a quest’ora fatta richiesta di 200 per sola
la Spagna, e d’altre non poche per altre parti d’Italia e di Germania, ben inteso però … che il
ribasso che si suol fare di 10 per 100 a chiunque ne prende dieci soltanto dovrà essere di 20 per
100 prendendone 300». Su Azara e il ruolo centrale da lui esercitato nella vicenda dell’esilio ge-
suitico, tra occhiuta sorveglianza sugli espulsi e supporto al loro impegno intellettuale, cfr. GUA-
STI, L’esilio italiano, passim; l’inventario della biblioteca del plenipotenziario spagnolo, testi-
monianza di una straordinaria ampiezza di interessi culturali e di una raffinata bibliofilia, è stato
pubblicato in GABRIEL SÁNCHEZ ESPINOSA, La biblioteca de José Nicolás de Azara, Madrid, Cal-
cografía Nacional-Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, 1997.
15
Le lettere indirizzate da Andrés dapprima a Giambattista Bodoni, quindi a Johann Georg
Handwerk, agente della tipografia, costituiscono un asse portante nella corrispondenza del ge-
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suita valenzano fin verso il 1798. Sottoscrizioni al Dell’origine furono procurate tra l’altro, a
Ravenna, dal cardinal legato Valenti Gonzaga, come risulta da una lettera di Andrés a Han-
dwerk (Mantova, 10 dicembre 1787, in ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, I, p. 543).
16
BELLETTINI, Tipografi romagnoli, p. 579-597.
17
Sulle Cartas familiares, delle quali è in corso una traduzione italiana a cura e con intro-
duzione di MAURIZIO FABBRI (JUAN ANDRÉS, Lettere familiari, Corrispondenza di viaggio dal-
l’Italia del Settecento, I-II, Rimini, Panozzo editore, 2008-2009), cfr. in generale le osservazioni
di ELISA D’ANDREA, Fra letteratura e storia: la cultura di antico regime nelle Cartas familiares di
Juan Andrés, «Annali di Ca’ Foscari», 44 (2005), p. 147-171.
18
MARIO INFELISE, L’editoria veneziana nel ’700, Milano, Angeli, 1989, p. 249-251.
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19 ANTONELLA BARZAZI, Dallo scambio al commercio del libro. Case religiose e mercato li-
brario a Venezia nel Settecento, «Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», classe di
scienze morali, lettere ed arti, 156 (1997-98), p. 1-45.
20 ANTONELLA BARZAZI, Gli affanni dell’erudizione. Studi e organizzazione culturale degli or-
dini religiosi a Venezia tra Sei e Settecento, Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti,
2004, p. 255-332.
21 Pur nel permanere di una bilancia di esportazioni sostanzialmente favorevole a Venezia,
la crescente attività delle tipografie parmensi suscitò, negli ultimi decenni del secolo, forti
preoccupazioni nell’arte della stampa cittadina (INFELISE, L’editoria veneziana, p. 253).
22 NEREO VIANELLO, Canonici, Matteo Luigi, Dizionario Biografico degli Italiani, 18, Roma,
Istituto della Enciclopedia Italiana, 1975, p. 167-170; IRMA MEROLLE, L’abate Matteo Luigi Ca-
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tende di essere messo a fuoco il ruolo di altri possibili tramiti: dal conte di Len-
dinara Giambattista Conti, spesso soggiornante nel suo palazzo di Ferrara,
grande appassionato di letteratura spagnola,23 all’ex gesuita portoghese Manuel
de Azevedo. Questi, giunto a Roma fin dal 1742 per gli studi al Collegio ro-
mano e in seguito vicino a Benedetto XIV, aveva soggiornato a Venezia dopo il
1754, spostandosi quindi in varie località dello Stato pontificio – da Fano sot-
toscrisse il III volume dell’Idea dell’universo di Hervás (1779) – per tornare in-
fine a Venezia, dove negli anni ottanta risulta saldamente inserito nella cerchia
del penultimo doge della Repubblica, Paolo Renier.24 Tutta da indagare anche
la collocazione tra diaspora iberica e società colta veneziana dell’andaluso Cri-
stoforo (Cristóbal) Tentori, uno dei protagonisti più notevoli dell’esilio gesui-
tico a Venezia. Pure presente nelle liste dei sottoscrittori dell’opera di Hervás,25
Tentori era stato accolto in casa del patrizio Alessandro Almorò Tiepolo come
educatore del figlio Giovanni Almorò, presso il quale avrebbe continuato a vi-
vere fino alla morte, nel 1810.26
24 Manuel de Azevedo fu autore, oltre che di una fortunata vita di S. Antonio da Padova, di
opere di argomento liturgico, di componimenti poetici e – dietro il nome arcadico Nicander Jas-
seus – di una Venetae urbis descriptio (Venezia 1780). Questa, molto attenta tra l’altro alle bi-
blioteche cittadine, risulta dedicata al doge Renier, di cui l’ex gesuita portoghese pronunciò nel
febbraio del 1789 l’elogio funebre. Cfr. CARLOS CABECINHAS, Manuel de Azevedo, S.J. Um ilu-
stre exilado (1713-1796), «Brotéria. Cristianismo e cultura», 169 (2009), p. 337-347; BELLETTINI,
Tipografi romagnoli, p. 593, 608, 627; ANDREA DA MOSTO, I dogi di Venezia nella vita publica e
privata, Firenze, Giunti, 1983, p. 527-528, 596. Ai suoi spostamenti tra Padova e Venezia e ai
soggiorni estivi in Romagna Azevedo fa riferimento in una lettera del 1° luglio 1789, edita tra
le Lettere di illustri letterati alla celebre poetessa Paolina Grismondi nata contessa Secco-Suardo,
fra le Arcadi Lesbia Cidonia, Bergamo, Stamperia Mazzoleni, 1833, p. 132-133. La citata De-
scriptio, così come gli altri scritti pubblicati a Venezia da Azevedo in questo periodo, uscirono
dalla tipografia di Antonio Zatta, il quale, fin dalle battaglie pubblicistiche antigesuitiche degli
anni sessanta, si era distinto per il suo impegno a favore della Compagnia, ispiratogli probabil-
mente dal legame con i Rezzonico, la famiglia di papa Clemente XIII (INFELISE, L’editoria ve-
neziana, p. 90-94). Allo Zatta risulta appoggiata a Venezia la raccolta delle sottoscrizioni per
l’Idea dell’universo di Hervás (BELLETTINI, Tipografi romagnoli, p. 580).
25 BELLETTINI, Tipografi romagnoli, p. 592, 610, 652.
26 Nel corso della sua visita a Venezia nel 1785, Andrés ebbe da Tentori notizie sulla bi-
blioteca e sulle collezioni di medaglie di casa Tiepolo. JUAN ANDRÉS, Cartas familiares, III, Ma-
drid, Antonio de Sancha, 1790, p. 197. Il lavoro più importante e impegnativo di Tentori, il
Saggio sulla storia civile, politica, ecclesiastica e sulla corografia e topografia degli Stati della Re-
pubblica di Venezia ad uso della nobile e civile gioventù (Venezia, Giacomo Storti, 1785-1790),
fu – secondo Gaetano Cozzi – «un’opera ufficiosa», che, ispirata da un patrizio autorevole come
il Tiepolo, espresse «una concezione dello Stato veneto adeguata a tempi ed esigenze nuove, con
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l’antica Dominante integrata al suo Dominio, in una realtà unitaria» (GAETANO COZZI, Am-
biente veneziano, ambiente veneto. Saggi su politica, società, cultura nella Repubblica di Venezia
in età moderna, Venezia, Marsilio, 1997, p. 345). Posizioni antirivoluzionarie e conservatrici
l’abate spagnolo manifestò nella Raccolta cronologico-ragionata di documenti inediti che formano
la storia diplomatica della rivoluzione e caduta della Repubblica di Venezia, uscita anonima a Ve-
nezia, con falsa data di Augusta, nel 1799. Nella primavera 1797, Tentori aveva risposto a un
concorso indetto dalla Municipalità provvisoria veneziana, sul tema del passato libero e demo-
cratico della Serenissima, con una scrittura in cui ribadiva l’essenziale natura «aristodemocra-
tica» del governo veneziano e stigmatizzava il progetto «anarchico democratico» del cospira-
tore trecentesco Baiamonte Tiepolo, allora oggetto di larvata rivalutazione. Il suo testo, pub-
blicato all’indomani del passaggio di Venezia all’Austria, si concludeva con un riverente saluto
all’imperatore Francesco II. Cfr. FRANCO VENTURI, Settecento riformatore, 5, L’Italia dei lumi,
II: La Repubblica di Venezia (1761-1797), p. 460-461.
27 Per il largo consenso che circondava l’attività delle scuole gesuitiche veneziane e l’an-
nessa accademia sullo scorcio della loro esistenza rinvio a BARZAZI, Gli affanni dell’erudizione,
p. 387-394.
28 MARINO BERENGO, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino, Einaudi,
1980, p. 119.
29 Frequenti i richiami alle occasioni offerte dal mercato veneziano nel carteggio di Gallissà
e Pla con Giovanni Bernardo De Rossi edito da BATLLORI, La cultura hispano-italiana, p. 358-
390. Il 23 febbraio 1781 ad esempio Gallissà dava notizia del prezzo modesto sborsato per due
opere di Richard Simon appartenute alla biblioteca della famiglia Soranzo, acquistata per gran
parte dall’ex confratello Canonici (ivi, p. 360).
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lo experimenté, pues en los pocos dias que allì estuve compré, para mì y
para otros, libros que en otras ciudades me hubieran costado al doble, y tal
vez a ningun precio los hubiera podido encontrar».30 Di qui l’invito a Car-
los a proporre a qualche conoscente di «formar una libreria» proprio a Ve-
nezia, approfittando della presenza in Italia di tanti spagnoli «inteligentes en
libros», al modo dei signori moscoviti e polacchi e dei principi tedeschi che
tenevano agenti nel Tocay per gli acquisti di vini.31 Un paragone scherzoso
dietro il quale cogliamo, oltre alla realtà del ruolo ormai consolidato degli
iberici nel settore, i progetti patrocinati dai fratelli Andrés per l’istituzione
di un canale stabile di commercio di produzioni tipografiche italiane e spa-
gnole, nel quale sarebbero andati a integrarsi gli scambi librari instaurati
nella penisola.32
Grandi «intendenti di libri», secondo la definizione che Andrés riservava
a se stesso e agli ex confratelli, gli espulsi iberici maturarono dunque in Ita-
lia, in tempi non troppo lunghi, una completa padronanza dei meccanismi
del mercato librario, requisito irrinunciabile per il bibliotecario di antico re-
gime. Occorre però chiedersi quale fu – dal punto di vista più strettamente
culturale – il loro contributo specifico, in che modo la loro attività, le loro
scelte nel campo librario e documentario si collegarono, da una parte, a pro-
cessi evolutivi profondi e generalizzati, che toccavano la concezione del libro,
la struttura delle raccolte, la funzione del bibliotecario, dall’altra alla robusta
tradizione biblioteconomico-bibliografica sviluppata dalla Compagnia di
Gesù nel quadro dei suoi collegi. Su questi aspetti, rimasti finora nell’ombra
anche in relazione alle figure maggiori, la documentazione pubblicata o se-
gnalata fornisce una serie di elementi, utili a ricomporre almeno in parte la fi-
sionomia dei bibliotecari ex gesuiti.
Di Gallissà, attivo nella biblioteca pubblica di Ferrara, conosciamo lo spic-
cato interesse per l’erudizione ebraica e le lingue orientali, che ne fecero un cor-
rispondente autorevole del massimo ebraista italiano del Settecento, Giovanni
Bernardo De Rossi, docente di lingue orientali a Parma. Nello scambio epi-
30
ANDRÉS, Cartas familiares, III, p. 211.
31
Ivi, p. 212.
32
GUASTI, L’esilio italiano, p. 155-162. «Ho piacere che Sua Eccellenza dottor Pesaro fac-
cia conoscer costì la letteratura spagnola – scriveva Andrés, da Mantova, al bibliotecario mar-
ciano Jacopo Morelli il 15 settembre 1790 – sono tanto indolenti i nostri librai spagnoli che
niente basta a spronarli per fare mutuo il commercio co’ librai esteri: potrebbe forse intra-
prenderlo qualche veneziano; le sole ricerche ch’io ho avute di vari libri di Spagna avrebbono
potuto smerciare una buona condotta di tali libri». Chiedeva subito dopo notizie di Azara, in
visita a Venezia: «È stato egli dal signor abate Canonici? O ha fatto il sacrifizio di privarsi di que-
sto piacere alla politica antigesuitica?» (ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, II, p. 679-680).
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stolare con De Rossi, nel quale si sarebbe successivamente inserito anche il più
giovane Joaquín Pla, Gallissà – «el más erudito español que yo conozco», nel
giudizio di Andrés – si esprime con sicurezza sulle questioni interpretative e fi-
lologiche che il professore parmense viene affrontando nei suoi scritti, lo assi-
ste nella ricerca sul mercato di opere d’erudizione sacra, discute sulle caratte-
ristiche e il valore di edizioni e manoscritti dell’Antico Testamento.33 Ma si sof-
ferma anche sulle difficoltà dell’allestimento della libreria di Ferrara, sulle
scarse risorse assegnate dalle autorità dello Studio, che lo costringono a gestire
con la massima oculatezza gli scambi di opere doppie.34 Impegnato a incre-
mentare i fondi di una «bibliotheca publica» come quella ferrarese, di recente
costituzione e destinata principalmente a professori e studenti dell’Università,
Gallissà ritiene di dover privilegiare, nella scelta dei libri, testi «d’uso ed anche
necessari», tralasciando invece le edizioni più antiche, certo pregevoli, ma «di
quasi mera curiosità».35 Sicché preferisce, nel 1783, cedere ai colleghi della
tanto più ricca biblioteca Magliabechiana un incunabolo di Dione Cassio di
particolare rarità.36 Pur continuando a dichiarare la propria scarsa passione
per «le vecchie edizioni molto incomode per l’uso», si riaffaccerà in seguito, in
veste di esperto intermediario, su un mercato – quello del libro raro – in que-
gli anni sempre più frequentato e redditizio.37
Oltre ai frammenti del carteggio, due brevi scritti ci offrono ulteriori in-
formazioni sul lavoro svolto da Gallissà nella biblioteca che considerò sempre
sua creatura. Il primo, uno schema di classificazione disciplinare, steso in data
imprecisata e pure edito da Batllori, ci mostra l’ex gesuita alle prese con un
problema dai risvolti teorici spinosi come quello dell’albero delle cono-
di Andrés in una lettera del 5 dicembre 1782, da Mantova, a Eugenio Llaguno (ANDRÉS Y MO-
RELL, Epistolario, I, p. 247).
34 Come rilevato da Guasti (L’esilio italiano, pp. 153-157), a partire dalla fine degli anni set-
tanta Gallissà risulta ben inserito nei traffici librari che fanno capo ad Andrés, a Mantova, e, a
Firenze, al vicebibliotecario della Magliabechiana Giulio Perini, con la mediazione di Antonio
Conca. «Listas de libros venales» fatte circolare da Gallissà vengono in più occasioni richia-
mate da Andrés nell’epistolario (cfr. ad esempio le lettere a Luigi Valenti Gonzaga del 16 di-
cembre 1770 e del 2 febbraio 1780 in ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, I, p. 104, 110). «Vi scri-
verà Conca da Ferrara – comunicava Andrés, nell’ottobre 1785, a Perini – che dovete farvi de’
libri di Gallisà. Noi siamo tanto carichi che non v’è luogo per questi» (ivi, p. 386).
35 Così nella lettera del 23 febbraio 1781 a De Rossi, in BATLLORI, La cultura hispano-italiana,
p. 360.
36 «Degno della Magliabechiana, per esser uno de’ più rari, ignoto al Fabricio e detto irre-
peribile dall’Osmond», assicurava Gallissà a Perini il 22 dicembre 1783. CHAPRON, «Ad utilità
pubblica», p. 254.
37 Ivi, p. 255.
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38 MIGUEL BATLLORI, El problema de la visión de las ciencias en el siglo XVIII. Actitud de Lu-
ciano Gallissà, exiliado en Ferrara, in Historia y pensamiento. Homenaje a Luis Díez Del Corral
Ofrecido por la Universidad Complutense, Madrid, EUDEMA, 1987, p. 99-117.
39 Ivi, p. 106,114.
40 Ivi, p. 108-109.
lio italiano, p. 209n. Gallissà lasciò Ferrara nel 1798 per raggiungere la Spagna. La scelta della
secolarizzazione, compiuta tempestivamente, prima della soppressione della Compagnia, gli
eviterà nel 1801 la nuova espulsione (BATLLORI, El problema, p. 101).
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42 Cfr. MARIO ROSA, I depositi del sapere: biblioteche, accademie, archivi, in La memoria del
sapere. Forme di conservazione e strutture organizzative dall’antichità a oggi, a cura di PIETRO
ROSSI, Roma-Bari, Laterza, 1988, p. 193-196; MARIO ROSA, Un médiateur dans la République des
Lettres: le bibliothécaire, in Commercium litterarium: la communication dans la République des
lettres, 1600-1750, a cura di HANS BOTS-FRANÇOISE WAQUET, Amsterdam, Maarssen, 1994, p.
93-99; una quantità di possibili esemplificazioni su questa fase, riferite alla vicenda fiorentina,
ma non solo, si traggono ora da CHAPRON, «Ad utilità pubblica».
43 Dopo il vecchio lavoro di AGATA LO VASCO, Le biblioteche d’Italia nella seconda metà del
secolo XVIII. Dalle “Cartas familiares” dell’abate Juan Andrès, Milano, Garzanti, 1940, un’am-
pia e suggestiva ricostruzione d’insieme è ora nel saggio di Maria Gioia Tavoni in questo volume.
44 Cfr. le lettere a Perini, da Mantova, del 17 novembre 1785 e del 19 luglio 1789 in ANDRÉS
(ivi, 24 agosto, 28 settembre, 22 gennaio 1788; 16 novembre 1789), ivi, I, p. 541, 587-590; II,
p. 602-603, 638-639. Sull’auspicio per l’istituzione di una «pública escuela de bibliografia»,
avanzato da Andrés durante la visita compiuta nel 1785 all’Istituto bolognese delle scienze, cfr.
JUAN ANDRÉS, Cartas familiares, I, Madrid, Antonio de Sancha, 1791, p. 30, e CHAPRON, «Ad
utilità pubblica», p. 360.
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Lettera da Mantova del 16 novembre 1791 in ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, II, p. 726.
46
Al Catalogo dei codici manoscritti della famiglia Capilupi (Mantova, Societa all’Apollo,
47
1797) Andrés lavorò dall’inizio degli anni novanta. Cfr. le lettere a Tiraboschi, da Mantova, del
29 marzo e del 18 ottobre 1790; quelle, sempre da Mantova, a Morelli, del 15 settembre 1790,
del 30 maggio e 3 ottobre 1792; infine quella al fratello Carlos, da Parma, del 15 settembre
1798, in ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, II, p. 657, 679, 689 750, 766-767, 995-1000.
48
FRANCO ARATO, Un comparatista: Juan Andrés, «Cromohs», 5 (2000), p. 1-14
<http://www.cromohs.unifi.it/5_2000/arato.html>.
49
Così, scrivendo a Mehus il 1° ottobre 1789, stigmatizzava abitudini diffuse «nell’Inghil-
terra» (ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, II, p. 636).
50
«Yo … no estimo los libros por la data de la imprenta … con todo como la moda es de
buscar los libros que no se leen y despreciar los que se han de estudiar, no dudo que muchos
de estos harán gola al señor marqués Durazzo», aveva scritto Andrés di fronte a una lista di
libri in vendita redatta da Gallissà per il genovese Giacomo Filippo Durazzo e contenente di-
verse edizioni del Quattrocento (lettera a Luigi Valenti Gonzaga, da Mantova, del 16 dicembre
1779, in ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, I, p. 104).
51
Cfr. ad esempio la prefazione al citato Catalogo dei codici Capilupi, p. 3. Andrés si diceva
per contro particolarmente soddisfatto che il suo lavoro avesse già potuto offrire notizie utili ad
almeno una decina di «dotti scrittori» (ivi, p. 5). Cfr. ARATO, Un comparatista, p. 13; inoltre
NEREO VIANELLO, Ventitrè lettere di Juan Andrés a Gaetano Melzi, «Archivio veneto», 98 (1973),
p. 61-62.
52
JUAN ANDRÉS, Lettera al sig. abate Giacomo Morelli sopra alcuni codici delle Biblioteche ca-
pitolari di Novara e Vercelli, Parma, Stamperia Reale, 1802.
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fronti dell’ospite e dei suoi studi, Andrés additava ad esempio, nelle Cartas familiares, il bi-
bliotecario della Palatina di Parma Ireneo Affò (JUAN ANDRÉS, Cartas familiares, IV, Madrid, De
Sancha, 1793, p. 32).
54 Lettera a Mehus, da Mantova, del 15 luglio 1793, in ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, II,
p. 800-801.
55 L’Einleitung, uscita nel 1777-78, era stata preceduta nel 1774 da un prima versione, dal
titolo Gründriss der Bibliographie oder Bücherkunde. LUIGI BALSAMO, La bibliografia. Storia di
una tradizione, Firenze, Sansoni, 1984, p. 112-113.
56 Nella seconda edizione, pubblicata nel 1795, il manuale di Denis – testo di notevole im-
352
57Per il ruolo centrale di Denis, «nume tutelare degli ex gesuiti», nel reinserimento dei
membri dell’ordine soppresso nella vita intellettuale e sociale della capitale e dei territori asbur-
gici, cfr. ivi, ad indicem.
58 Lettera del 5 febbraio 1808 a Gherardo Rangone Terzi in ANDRÉS Y MORELL, Epistolario,
III, p. 1400. Sullo scorcio del 1801 Andrés aveva richiamato, dell’ex confratello austriaco, morto
da poco, un’Elegia extintae Societatis in onore della Compagnia, «poca cosa, per me cara per la
memoria dell’autore» (v. le lettere da Parma a Saverio Bettinelli del dicembre 1801 e dell’8 gen-
naio 1802, ivi, II, p. 1081 e 1083). Il testo poetico indicato era il Fatum Societatis Jesu, che,
stampato clandestinamente a Vienna, circolò in più lingue, segnando l’origine del mito della pre-
destinazione gesuitica alla redenzione di un’Europa sconvolta dagli eserciti napoleonici (TRAM-
PUS, I gesuiti e l’Illuminismo, p. 300).
59 «Io seguito a stare benissimo, occupato in formare un corpo di biblioteca de’ membri di-
visi de’ nostri padri, e ormai abbiamo empiute le scansie del bel vaso di libreria, che rimaneva per
buona sorte intero benché affatto vuoto», scriveva Andrés a Gaetano Marini il 9 luglio 1805 (AN-
DRÉS Y MORELL, Epistolario, II, p. 1226). Nell’ottobre 1806 la morte di Matteo Luigi Canonici
annullerà gli accordi avviati da Andrés per il dono all’erigendo collegio napoletano di un certo
numero di codici appartenenti all’ex gesuita veneziano. Cfr. le lettere a Gaetano Marini e a Mo-
relli dell’8 ottobre 1805 e quella a Mauro Boni del 21 gennaio 1806, ivi, III, p. 1244-1246, 1269.
60 Come ipotizzato da Guasti (L’esilio italiano, p. 190), la necessità di preservare i nuclei di
libri raccolti o inviati a Napoli da molti gesuiti poté essere all’origine della scelta di Andrés di
rimanere nella capitale del Regno.
61 Nel 1816 Andrés pubblicherà gli Anecdota graeca et latina ex mss. codicibus Bibliothecae
Regiae Neapolitanae deprompta, I, Napoli, Tipografia Regia, 1816, cui era premessa una storia
della biblioteca.
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62 Cfr. la lettera a Morelli del 3 dicembre 1811 in ANDRÉS Y MORELL, Epistolario, III, p.
1586-1587; VIANELLO, Ventitré lettere, p. 68; ZORZI, La libreria di San Marco, p. 363-364.
63 Cfr. le lettere a Gaetano Melzi, del 21 novembre 1811, e a Francesco Del Furia, del 28 giu-
liticis societatibus commentarius di Nicola Ignarra, Andrés esortava il suo corrispondente a «la-
sciarlo qui per la Biblioteca Reale che non l’ha, e che n’ha più bisogno di voi». Cfr. ANDRÉS Y
MORELL, Epistolario, III, p. 1641, lettera del 13 settembre 1812; VIANELLO, Ventitré lettere, p.
62.
65 Quasi agiografico, venato delle nuove sollecitudini pedagogiche e apologetiche dei primi
anni della Restaurazione, il ritratto di Andrés bibliotecario delineato dal primo biografo: «Egli
non ignorando che all’incauta gioventù una vasta libreria è come l’Oceano agl’inesperti noc-
chieri, visitar solea gli studenti ne’ loro banchi; e quando indagava a qual lido tendessero per
farlo più sicuramente rinvenire; e quando chiedea conto dell’intrapreso cammino per mostrarne
gli errori; e quando gli ammoniva degli scogli dove la Religione e il pudore van miseramente a
naufragare. Mentre però sopra ben molti allievi diffondea i suoi lumi letterari, somministrava
eziandio largo soccorso alle loro indigenze; affinché l’animo non oppresso dalle miserie prose-
guisse con maggior coraggio, e senza svagamento la incominciata carriera; e rimanesse impie-
gato a promuovere le scienze quel danaro che colle scienze appunto egli si avea procacciato»
(ANGELO ANTONIO SCOTTI, Elogio storico del padre Giovanni Andrés della Compagnia di Gesù,
Napoli, St. di Giovanni de Bonis, 1817, p. 40).
66
La polizia borbonica ne avrebbe invece disposto la consegna, come nucleo a parte, alla
Biblioteca Reale. VIANELLO, Ventitrè lettere, p. 58 e n.
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