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Fisiologia

Scienze Motorie (Università degli Studi di Urbino Carlo Bo)

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CELLULA EUCARIOTE
Le cellule eucariote, sono più complesse e più grandi rispetto a quelle procariote (10
volte + grandi). Caratteristica principale che contraddistingue le EUCARIOTI da
PROCARIOTI è la presenza del NUCLEO racchiuso all’interno della MEMB.PLASMATICA
(aspetto non è rispettato dagli ERITROCITI):
• MEMB.PLASMATICA: separa l’ambiente INTRACELLULARE da quello
EXTRACELLULARE.
Funzioni:
• trasporto selettivo molecole dentro-fuori cellula, attraverso PROTEINE DI
MEMB.
• comunicaz. Intercellulare attraverso RECETTORI proteici x
neurotrasmettitori-ormoni.
• Presenza di complessi proteici con att.enzimatica.
• Ecc.

STRUTTURA
All’interno della memb. ritroviamo LIPIDI – PROTEINE.
LIPIDI di memb. la memb. è composta da fosfolipidi (diversi tipi, elenco pag.6),
molecole anfipatiche , cioè caratterizzate da una testa “polare” e quindi idrofila e
due code “apolari” cioè idrofobe (non si dissolvono in acqua e non si associano
con sostanze idrofile) che formano un doppio strato fosfolipidico, in cui sono
immerse PROTEINE e altri componenti presenti in quantità minore. Nel doppio
strato fosfolipidico, le code dei fosfolipidi sono rivolte all’interno, mentre le teste
idrofile rivolte verso l’ambiente acquoso del versante interno ed esterno.
I fosfolipidi possono differire in termini di lunghezza delle catene di acidi grassi,
numero di doppi legami e presenza di gruppi polari (contenenti gruppi fosfato).
Le diverse tipologie di fosfolipidi, si dispongono in maniera diversa nella
costituzione della memb. (vedi tab.pag.6).
Altri LIPIDI presenti nella memb.:
Colesterolo (steroide): La sua struttura ciclica e rigida permette di svolgere un
ruolo di regolatore della fluidità della memb. cellulare, conferendogli
un’adeguata compattezza con la sua struttura ciclica, evitando così che la
membrana cristallizzi a basse temperature, perdendo la sua funzionalità biologica
(aumenta la stabilità meccanica e la flessibilità delle cellule, così facendo però
diminuisce la permeabilità a piccole cellule idrosolubili). Si trova in prossimità di
un acido grasso insaturo e la sua regione polare sporge nello strato acquoso
extracellulare.
Glicolipidi: tra i quali il GLICOSILFOSFATIDILINOSITOLO (GPI), svolge un ruolo
importante nell’ancorare le proteine al foglietto esterno. Anche in questo caso
regione polare sporge nella faccia esterna, mentre la parte idrofobica si trova
all’intero.

Funzione e fluidità Il doppio strato fosfolipidico rende stabile l’intera struttura


della membrana e le catene di acidi grassi ne determinano la fluidità, inoltre
sono un’efficace barriera a sostanze idrofile. Del resto la variabilità della fluidità
della membrana (stato di liquido-cristallino a temperatura fisiologica) è
determinata da diversi fattori.
Quelli che l’AUMENTANO sono:
• Aumento temperatura
• Presenza di acidi grassi a catena corta
• Aumento dell’insaturazione degli acidi grassi, impedisce alla molecola di
associarsi strettamente con LIPIDI CIRCOSTANTI aumento fluidità.
• Scarse molecole di colesterolo
Quelli che la DIMINUISCONO sono:

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• Interazione dei gruppi negativi dei fosfolipidi (gruppo fosfato) con ioni Ca+
+

Un’adeguata fluidità è essenziale x lo svolgimento di molte funzioni della


membrana stessa. Questa fluidità permette ai fosfolipidi e alle proteine a essi
associate di spostarsi lateralmente nello strato della membrana in cui si trovano,
per tale motivo viene definita a mosaico fluido.
Poiché le molecole, a temperature più basse, si muovono lentamente e la fluidità
diminuisce, le varie funzione della membrana possono rallentare. Per risolvere
questo problema, alcuni organismi cambiano la composizione lipidica delle loro
membrane quando si trovano a basse temperature, sostituendo grassi saturi con
grassi insaturi AUMENTO FLUIDITA’.
Alcune membrane contengono lipidi (SFINGOLIPIDI – COLESTEROLO) che si
aggregano a formare RAFT LIPIDICI (zattere), al quale sono associati specifiche
proteine che si muovono su di essa. Tra le funzione dei RAFT LIPIDICI c’è quella di
segregare meccanismi e molecole di segnale.

PROTEINE di memb. costituiscono quasi il 50% della composizione della cellula.


Si classificano in:
• Proteine INTEGRALI: sono immerse nel BILAYER FOSFOLIPIDICO, dove aa
idrofobici si associano a catene di ac.grassi (idrofobiche anche loro).
Ci sono poi proteine INTEGRALI, denominate proteine
TRANSMEMBRANA, le quali attraversano completamente il bilayer
affacciandosi sulla FACCIA ESTERNA-INT. Per questo loro orientamento,
tali proteine hanno sia una regione idrofobica a forma di alfa-elica, si
estende attraverso lo spazio IDROFOBICO dell’intera memb. ; sia una
idrofilia gli aa costituenti questa regione, sono esposti all’ambiente
acquoso su entrambi i lati (faccia INT-EST).
• Proteine ANCORATE: sono ancorate alla memb. x mezzo di ancore
lipidiche localizzate in uno dei 2 foglietti del bilayer (est-int). In particolare
PROTEINA e MOLECOLA LIPIDICA, sono connesse mediante legame
covalente (es. GLICOLIPIDE localizzata sul foglietto esterno, ancora le
proteine a tale foglietto).
• Proteine PERIFERICHE: si associano con i gruppi polari di testa dei lipidi
di memb., ma più comunemente si legano a PROTEINE INTEGRALI –
PROTEINE ANCORATE.
Le PROTEINE PERIFERICHE vengono facilmente rimesse dalla memb.,
mentre quelle INTEGRALI e ANCORATE richiedono detergenti.

• NUCLEO: contiene la maggior parte del materiale genetico della cellula (DNA), e svolge
varie funzioni:
• è la sede della replicazione del DNA;
• controlla le attività cellulari;
• assemblaggio dei ribosomi a partire da RNA e proteine specifiche che
avviene in specifiche regioni detti: nucleoli

Memb. nucleare il nucleo è formato da 2 membrane, ognuno delle quali è un doppio


strato fosfolipidico, che nel loro insieme formano la MEMBRANA NUCLEARE. Le 2
membrane sono separate da uno spazio di circa 10-20 nm e sono perforate da circa 3500
pori nucleari (diametro 9nm), che collegano l’interno della cellula con il citoplasma. A
livello di questi pori, la membrana esterna del rivestimento nucleare è in continuità con
quella interna. I pori sono costituiti da oltre 100 diverse proteine che interagiscono tra
loro attraverso interazioni idrofobiche.
Funzione pori nucleari sono i canali che regolano il movimento di materiali tra il

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nucleo e il citosol (funzionano un po’ come i cancelli a tornello degli stadi).


Attraverso i pori passano piccole sostanze come ioni e molecole con peso molecolare
inferiore a 10.000 Da. Anche molecole più grandi possono passare attraverso i pori, ma
con un tempo maggiore. Il passaggio x molecole di grandi dimensioni, come ad esempio
le proteine sintetizzate nel citoplasma, hanno bisogno di una sequenza segnale
(sequenza di aminoacidi) che permette di legarsi ad un recettore proteico del poro, che
ha una forma tridimensionale, comportando il cambiamento della struttura
tridimensionale del recettore cosicché esso stira il poro x lasciar passare la proteina che
viene così fatta entrare nel nucleo.
In certi siti, la membrana esterna dell’involucro si estroflette verso il citoplasma e risulta
in continuità con la membrana di un altro organello, il RETICOLO ENDOPLASMATICO.

Inoltre nella EUCARIOTE sono presenti molti altri organelli citoplasmatici immersi
appunto nel CITOPLASMA:
• Citoplasma:
• Mitocondri: I mitocondri sono la sede della respirazione cellulare.
Da un punto di vista strutturale hanno 2 membrane:
• membrana esterna liscia e protettiva, offre poca resistenza al passaggio
di sostanze verso e dà il mitocondrio.
• membrana interna che esercita un controllo molto più stretto su ciò che
entra ed esce dalla matrice mitocondriale, la quale contiene quegli
enzimi che permettono di svolgere il ciclo dell’acido citrico – beta
ossidazione – ossidazione amminoacidi – ciclo urea. Tale membrane
tende poi a ripiegarsi verso l’interno in molti punti dando origine a
strutture che vengono chiamate creste mitocondriali, sulle quali sono
presenti complessi enzimatici che andranno a costituire la CATENA
TRASPORTO DEGLI ELETTRONI e sui quali avviene il processo di
fosforilazione ossidativa.
All’interno della matrice è anche presente del DNA ciclico che comprende 16.659
nucleotidi, ed è composto da 37 geni. I geni mitocondriali, nell’uomo, sono
ereditati per linea materna, in assenza di mutazioni il DNA della madre è identico
a quello del figlio, e così per le generazioni successive, per i discendenti di linea
materna. Il mtDNA svolge funzioni di codifica numerosi enzimi necessari alla
fosforilazione ossidativa – codifica RNA necessario x trascrizione e traslazione
mtDNA – responsabile processi patogeni in seguito a mutazione mtDNA –
coopera con genoma nucleare nell’espressione di geni nucleari-mitocondriali –
ecc.
• Ret.endoplasmatico ruvido: è un’estesa rete membranaria presente in tutto il
citoplasma, ed è particolarmente sviluppato nelle cellule che producono e
secernono proteine. La sua caratteristica rugosa è dovuta alla presenza sulla
superficie della memb. dei RIBOSOMI.
In questo organello vengono espletate le funzioni di traslazione mRNA e la
modificazione post-traslazionale delle proteine destinate ad essere secrete dalla
cellula.
• Ret.endoplasmatico liscio: mancano i ribosomi, determinando una superficie
LISCAI. All’interno del lume del REL, possono entrare le proteine sintetizzate del
RER che subiscono delle modifiche conformazionali; oltretutto il REL svolge altre
importanti funzione come quello di sintesi di lipidi e ormoni steroidei ed è
responsabile della detossificazione da farmaci e veleni.
Nel muscolo scheletrico e cardiaco, prende il nome di RET.SARCOPLASMATICO
LISCIO e svolge la funzione di coordinare la contrazione muscolare,
immagazzinando ioni Ca2+ e rilasciandoli.
• Apparato Golgi: è costituito da cisterne appiattite, definite sacculi e da piccole
vescicole racchiuse da membrana, definite vescicole del Golgi.

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L’apparato di Golgi, sembra avere 3 parti funzionali distinte: una base, un


compartimento di mezzo e un apice. I sacculi localizzati nel compartimento di
base, costituiscono la regione cis (stesso lato) che è la più vicina al nucleo,
mentre quelli disposti nel compartimento apicale costituiscono la regione trans.
Nei sacchi che caratterizzano la regione CIS si fondono le vescicole provenienti
dal RER, le quali permettono il trasferimento all’app.Golgi delle proteine
sintetizzate nel RER. A livello della regione TRANS dell’app.Golgi, le proteine
subiscono modificazioni (es.glicosilazione) e vengono divise in pacchetti che
andranno poi ad essere smistate ad altre parti della cellula (es.memb.plasmatica,
lisosomi, ecc).
• Lisosomi: sono organelli associati alla memb. con un interno acido (pH=4,5) e nel
quale sono contenuti numerosi enzimi (proteasi, nucleasi, lipasi, glicosidasi). La
sua funzione è quella di degradazione di quelle SOST.ESTERNE portate all’interno
della cellula attraverso processi di ENDOCITOSI e FAGOCITOSI. I lisosomi
degradano anche gli ORGANELLI INTRACELLULARI attraverso il processo di
autofagia. Gran parte di quanto viene degradato, va poi ad essere riciclato dalla
cellula. Il processo di degradazione non è casuale e in molti casi ha un bersaglio
preciso.
• Proteasomi: hanno funzione digestiva, ma al contrario dei LISOSOMI, non sono
associati alla membrana. Servono a degradare principalmente le proteine
intracellulari selezionate x la degradazione (ma possono anche degradare
proteine associate alla memb.)
• Ribosomi: si trovano in tutto il CITOSOL, dove svolgono la funzione di tradurre
l’mRNA x le proteine citosoliche e x le proteine che non verranno né secrete
nella cellula né incorporate nella memb, come ad esempio gli enzimi x il
MITOCONDRIO.
• Perossisomi: Sono organelli costituiti da una sola membrana, dove al loro interno
sono presenti 3 enzimi specializzati nella decomposizione dei perossidi tossici
(perossido di idrogeno H2O2): Uricasi, D-aminoacido-ossidasi, e catalasi. Essi
svolgono la funzione di decomporre i perossidi tossici senza che vadano in
contatto con altre componenti della cellula, in quanto essendo altamente tossici,
sono in grado di danneggiare le membrane e le macromolecole biologiche. I
perossisomi delle cellule del fegato, partecipano inoltre alla detossificazione, cioè
alla demolizione di molecole dannose, come ad esempio l’alcol.
• Citoscheletro: è composto da:
• Microfilamenti (filamenti actina): nelle cellule muscolari hanno un ruolo
essenziale nell’att.contrattile; in altre cellule (macrofagi) hanno un ruolo
nella locomozione; costituisce l’interno dei microvilli; lega l’interno
cellula con cellule adiacenti attraverso giunzioni cellulari.
• Filamenti intermedi: hanno funz. principalmente strutturale e sono in
grado di legare l’interno della cellula alle cellule adiacenti e alla matrice
extracellulare circostante attraverso DEMOSOMI e EMIDESMOSOMI.
• Microtuboli: svolge varie funzioni: trasporto all’interno della cellula di
vescicole (es. trasporto vescicole contenenti neurotrasmettitori da SOMA
neurone lungo ASSONE) attraverso proteine motrici (chinesina trasporto
CENTRO cellula PERIFERIA; dineina trasporto PERIFERIA CENTRO);
spostamento cromosomi durante MITOSI e MEIOSI, movimento CIGLIA e
FLAGELLI (es.coda spermatozoi).
Vicino al nucleo della cellula si trova un centro organizzatore dei
microtuboli, dal quale essi si estendono verso la periferia della cellula.

MEMBRANA CELLULARE: trasporto trans-membrana


MECCANISMI DI TRASPORTO TRANSMEMBRANARIO

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Liquidi INTRACELLULARE – EXTRACELLULARI sono costituititi principalmente da H2O, in


cui sono disciolti SOLUTI (ioni, glucosio, aa).
Il normale funzionamento cellulare, richiede il continuo spostamento di H2O – SOLUTI
attraverso le pareti della cellula, ma la presenza della MEMB.PLASMATICA, con il suo
interno IDROFOBICO, costituisce una barriera al movimento di “quasi” tutti i SOLUTI,
compreso H2O. Il loro passaggio è mediato grazie alla presenza di specifiche proteine
trasportatrice.
Possono invece passare senza il bisogno di trasportatori gas (es. O2 – CO2) e etanolo.

Le diverse tipologie di PROTEINE TRASPORTATRICI di memb.


• CANALI IDRICI (acquaporine) oltre ad attraversare la memb. x OSMOSI, l’H2O si
serve di specifici canali ad ATT. CONTROLLATA. In questi canali, il passaggio di
acqua che può entrare e uscire dalla cellula può essere modulata attraverso il
meccanismo di GATING (apertura-chiusura canale). Nonostante ciò questi canali
possono rimanere aperti continuamente, funzionando come dei pori ad att. NON
CONTROLLATA.
Questi canali si dividono in quelli permeabili solo H2O e in quelli permeabili
anche a sost. a BASSO PESO MOLECOLARE e prendono il nome di
ACQUAGLICEROPORINE, in quanto permettono il passaggio del GLICEROLO.
• CANALI IONICI sono presenti in tutte le cellule (particolarmente importanti x il
funzionamento di cellule eccitabili: neuroni – cell.muscolari).
Caratteristica proprie dei canali ionici e che permettono di differenziarsi l’uno con
l’altro sono:
• SELETTIVITA’ Avremo canali che permetteranno il passaggio di uno
specifico ione, altri che saranno NON selettivi consentendo il passaggio
di tutti gli ioni (cationi-anioni).
Come vengono riconosciuti se ANIONI – CATIONI? il canale è formato da
aa che a seconda della POLARITA’ (+ o -) attraggono rispettivamente
cariche (- o +).
Come avviene la selezione di ioni aventi la stessa carica? (es. Na+ - K+)
Sebbene il numero atomico di Na+ sia inferiore di quello di K+, il diametro
complessivo di Na+ è maggiore di quello di K+ perché proprio in virtù delle
sue dimensioni inferiori Na+ è circondato da un alone di H2O di idratazione
più grande di quello che circonda K+. I CANALI IONICI x Na+ si trovano ad
utilizzare un meccanismo di selezione basato sulla DISIDRATAZIONE del
Na+ cioè il canale Na+ è formato da aa polari che attraggono molecole
H2O spogliando il Na+ il quale si trova nelle sue dimensione originali, a
questo punto la selezione viene fatta in base alla GRANDEZZA atomo Na+
(più piccolo del K+).
I CANALI x K+ si servono di un meccanismo selettivo basato sulla
GRANDEZZA K+.
• REGOLABILITA’ (meccanismo di gated) ci sono canali sempre aperti, altri
oscillano tra apert-chiuso. Tale regolabilità è determinata da fattori come:
voltaggio membrana – messaggeri intracellulari (Ca2+-ATP-GMPc) –
molecole eccitatore-inibitore (es.acetilcolina apertura canali x ingresso
cationi nella placca motrice cell.musc.sch.).
• TRASPORTATORI SOLUTI ne esistono differenti tipologie, divise in 3 categorie:
• Uniporto permettono il passaggio di un’unica molecola (es.GLUT2
trasportatore glucosio).
• Sinporto permettono il passaggio di 2 o più molecole/ioni nella
stessa direzione.
• Antiporto permettono il passaggio di 2 o più molecole/ioni in
direzioni opposte.
• TRASPORTATORI ATP-dipendenti sono trasportatori che x svolgere la loro

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funzione richiedono ATP (quindi energia TRASPORTO ATTIVO). Si differenziano


in:
• ATPasi x trasporto di IONI:
• tipo P: vengono fosforilate durante il ciclo di trasporto. Un
esempio di questa tipologia è la pompa Na+-K+ (Na++K+
+ATPasi). Questo trasportatore è presente in tutte le cellule ed
è composto da 3 subunità:
• α presenta 4 isoforme (α 1-2-3-4), la più diffusa e
presente in tutte le cellule è α1. Questa sub unità
contiene i siti di interazione x Na+-K+-ATP e lega anche
glicosidi cardiaci (come ouabaina) che esercita
un’azione inibitoria nei confronti della pompa. L’azione
di questa sub unità sarà quella di portare fuori 3 Na+ e
dentro 2 K+ x ogni ATP idrolizzato. Ciò viene espletato
in quanto: inizialmente il sito di interazione x Na+ è
ATTRATTIVO e permette a 3 Na+ di legarsi, mentre il
sito di interazione K+ è REPULSIVO. Legame con ATP e
sua idrolisi determina cambiamento conformazione,
che porta al passaggio del sito di interazione Na+
(REPULSIVO), rilasciano i 3 Na+ all’esterno, mentre sito
interazione K+ (ATTRATTIVO) legando 2 K+. Il
distaccamento dell’ADP permette il ritorno alle
condizioni originarie, consentendo ad un nuovo cicli di
iniziare.
Questa sub unità non è però in grado di funzionare
senza la sub unità β.
• Β presenta 3 isoforme. Essa svolge la funzione di
guidare la sub unità α verso la membrana,
consentendo il rilascio all’esterno di Na+ e allo stesso
tempo di legarsi al K+. Inoltre partecipa alla
modulazione dell’affinità della pompa con Na+ - K+.
• γ partecipa alla modulazione dell’affinità della pompa
con Na+ - K+.
• tipo V: conosciuta come H+-ATPasi, si trova nella memb.cell. ha
un ruolo importante nell’acidificazione dell’urina.
• Trasportatori ABC: sono presenti sia in cellule procariote – eucariote.
Caratterizzate da presenza di sito interazine x ATP. Nell’uomo ci sono
diverse tipologie, che si differenziano x il trasporto di molecole-ioni
alquanto diversi (Cl- - colesterolo – ac.biliari – farmaci –ecc).

TRASPORTO VESCICOLARE
Il trasporto vescicolare è un ulteriore meccanismo adottato da alcune cellule, x il
trasporto all’INTERNO e all’ESTERNO della cellula. Questo meccanismo si serve di
VESCICOLE, prodotte da porzioni di memb.cell., x imprigionare al suo interno i vari
SOLUTI in maniera tale da non permettere interaz. citoplasmatiche.
A seconda che il trasporto determina l’ENTRATA o l’USCITA dei soluti dalla cellula,
distinguiamo: ENDOCITOSI – ESOCITOSI.

ENDOCITOSI può essere di 3 forme:


• PINOCITOSI: consiste nell’assunzione NON specifica di PICCOLE MOLECOLE e
H20. Questa proprietà è essenziale delle CELLULE ENDOTELIALI, in quanto
consentono lo scambio di liquidi attraverso i vasi sanguigni (H20 che giunge ai
tessuti).
• FAGOCITOSI: permette l’assunzione di PARTICELLE DI GRANDI DIMENSIONI

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(batteri – detriti cellulari). È un’importante caratteristica delle cellule del


sist.immunitario (neutrofili-macrofagi), le quali agiscono legandosi all’antigene
(batterio) e fagocitandoli all’interno x poi distruggerli.
• ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORI: permettono l’assunzione di SPECIFICHE
MOLECOLE. Queste molecole si legano al suo SPECIFICO RECETTORE presente
sulla superf. Memb. plasmatica. Tale legame permette l’attivazione di una
proteina presente al di sotto della memb., la CLATRINA. Questa proteina attira i
RECETTORI legati alla molecola in un punto specifico, creando un’invaginazione
verso l’interno della membrana (dovuta alle forze di torsione che si vanno a
creare sulla membrana) che porterà alla formazione della VESCICOLA. Il legame
RECETTORE-CLATRINA è mediato dalla presenza della proteina ADATTINA
(img.pag.13).
Una volta costituita la VESCICOLA essa viene separata dalla memb. grazie
all’intervento di un’ulteriore proteina ATPasi (proteina integrale di memb. che
utilizza ATP x espletare l’azione enzimatica. Di questa classe di proteine da parte
anche la POMPA Na+-K+, la quale utilizza TRASPORTO ATTIVO; ma anche la ATP
sintasi responsabile nei mitocondri della sintesi di ATP).
Una volta all’interno, le molecole di CLATRINA – ADATTINA si dissociano dalla
VESCICOLA x tornare ad essere riutilizzare nella formazione di una nuova
vescicola. La VESCICOLA invece è pronta x fondersi con altri organelli cell.
(es.lisosoma).

ESOCITOSI con questo meccanismo vengono imprigionati SOLUTI, prodotti dalle cellula,
all’interno di VESCICOLE isolandoli dalle possibili interazione citoplasmatiche. Il
contenuto verrà poi riversato nell’AMB.EXTRACELLULARE grazie alla fusione delle
VESCICOLE con la MEMB.PLASMATICA.
Possiamo distinguere 2 tipologie:
• esocitosi COSTITUTIVA avviene nelle PLASMACELLULE e FIBROBLASTI x la
secrezione di IMMUNOGLOBULINA e COLLAGENE.
• esocitosi REGOLATA REGOLATA in quanto l’ESOCITOSI è attivata in seguito ad
uno specifico stimolo. Meccanismo tipico delle CELLULE GHIAND.ENDOCRINE –
NEURONI – CELLULE GHIAND.ESOCRINE x la secrezione rispettivamente di
ORMONI – NEUROTRASMETTITORI – ENZIMI (di varia natura). Questi prodotti
una volta sintetizzati vengono accumulati in VESCICOLE nel citoplasma, fino a che
uno specifico stimolo (ORMONALE – NEURONALE) ne determina la secrezione
che consiste nella fusione della VESCICOLA con la memb.plasmatica e il
riversamento del contenuto nell’AMB.EXRACELLULARE.

Fisiologia del trasporto di SOLUTI-H20: sistemi di trasporto di SOLUTI e H20 da una


parte all’altra della membrana.
La presenza di PROTEINE TRASPORTATRICE e del meccanismo di TRASPORTO
VESCICOLARE, non sono sufficienti a spiegare il trasporto dei SOLUTI e H20 da una parte
all’altra della memb. è necessaria un’ adeguata FORZA che permetta questo processo.
A tal proposito possiamo distinguere meccanismi di TRASPORTO PASSIVO-ATTIVO.

TRASPORTO PASSIVO
Definito PASSIVO, in quanto è un meccanismo di trasporto che avviene
spontaneamente, sfruttando la forza derivante dal GRADIENTE ELETTROCHIMICO: le
molecole diffondono spontaneamente.
GRADIENTE CHIMICO indica la differenza di CONCENTRAZIONE di MOLECOLE tra una
zona ed un’altra. Questa situazione induce la tendenza al trasferimento di MOLECOLE
dalla parte a maggior concentrazione minor concentrazione.
GRADIENTE ELETTRICO indica la differenza di CONCENTRAZIONE di MOLECOLE

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CARICHE (ioni) tra la porzione intra-extra cellulare. Ciò comporta la produzione di una
differenza di potenziale tra i 2 compartimenti, con tendenza delle cariche a passare da
una parte all’altra del compartimento x ristabilire la differenza di potenziale.

Il trasporto PASSIVO può avvenire x:


• DIFFUSIONE SEMPLICE attraverso la membrana, cioè le molecole attraversano il
bilayer fosfolipidico. Considerando che la memb.plasmatica costituisce
un’efficace barriera al passaggio di numerose molecole biologicamente
importanti, la DIFFUSIONE attraverso il bilayer non è una modalità efficiente x lo
spostamento di molecole da un lato all’altro di essa (vedi esemp.pag.14). Per
questo processo, maggiore è la LIPOSOLUBILITA’ di una molecola, maggiore è la
sua permeabilità alla memb. (quindi maggiore è la sua capacità di DIFFUSIONE x
il bilayer).
Un esempio di meccanismo di DIFFUSIONE SEMPLICE è l’OSMOSI è un
meccanismo PASSIVO utilizzato dalle molecole di H2O x attraversare la memb..
Essendo le cellule immerse in ambiente acquoso, il gran quantitativo di particelle
di acqua entrano ed escono dalla cellula seguendo un gradiente di
concentrazione del soluto. In particolar modo essendo la MEMB.CELL.
semipermeabile, cioè permeabile all’acqua e scarsamente permeabili ai soluti,
l‘acqua si sposta dalla regione a CONCENTRAZIONE MINORE di soluto
(IPOTONICA) a quella a CONCENTRAZIONE MAGGIORE (IPERTONICA),
equilibrando la differenza di concentrazione.
La FORZA che spinge l’H2O da un compartimento BASSA CONCENT. di soluto ad
una ad ALTA CONCENT.è data dalla differenza di PRESSIONE OSMOTICA tra i 2
lati della memb.
Che cos’è la PRESSIONE OSMOTICA è la forza esercitata dalle molecole che
costituiscono la soluzione in una certa area (non dipende da fattori come
DIMENSIONE-MASSA-NATURA CHIMICA varie molecole) [la soluzione
IPERTONICA avrà una PRESS.OSMOTICA MAGGIORE rispetto alla IPOTONICA
poiché sono presenti PIU’ SOLUTI che determinano una FORZA MAGGIORE su
una determinata AREA]
La PRESS.OSMOTICA viene calcolata mediante legge di van’t Hoff (vedi pag.13).
Fattori che influenzano la velocità di DIFFUSIONE SEMPLICE i diversi fattori che
influenzano la VELOCITA’ DI DIFFUSIONE e che permettono di misurarla, sono riassunti
dalla prima legge di Fick pag.14.

• DIFFUSIONE FACILITATA avviene attraverso proteine trasportatrici di memb.


(canali ionici – trasportatori di soluti) che facilitano l’attraversamento del bilayer x
quelle molecole che hanno una bassa LIPOSOLUBILITA’ (es.ioni).

TRASPORTO ATTIVO
Meccanismo che avviene CONTRO GRADIENTE. Per poter essere realizzato sarà
necessario fornire energia. Le modalità con le quali può essere ricavata ENERGIA,
denota 2 tipologie di trasporto:
• Trasporto attivo PRIMARIO è adottato dai TRASPORTATORI ATPdipendenti, i
quali utilizzano l’energia derivante dall’idrolisi ATP x permettere il trasporto
attivo delle molecole.
• Trasporto attivo SECONDARIO adottati dai TRASPORTATORI DI SOLUTI in
modalità ANTIPORTO, i quali sfruttano l’energia derivante dal passaggio secondo
gradiente di certe molecole, x permettere il trasporto attivo di quelle molecole
contro gradiente.

Cap.2
OMEOSTASI LIQUIDI CORPOREI

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Concetto di EQUILIBRIO STEADY STATE


Nei soggetti sani, volume e composizione dei liquidi extra-intracellulare tendono a
mantenere uno stato stazionario, nonostante l’aggiunta-rimozione di H2O e altri SOLUTI.
Questo stato di equilibrio è definito come EQUILIBRIO STEADY STATE ed è mantenuto
grazie all’azione delle cellule epiteliali che rivestono i vari organi.

Logica del nostro organismo sul mantenimento di EQUILIBRIO di un sostanza x far si


che ogni sostanza contenuta nel corpo mantenga una certa quantità o concentrazione
costante, è previsto:
• valore di riferimento (set point) attorno al quale il valore della sostanza si deve
aggirare
• meccanismo che misuri la DEVIAZIONE SET POINT, cioè la differenza tra SET
POINT e VALORE ATTUALE
• meccanismo effettore, che operi a mantenere l’equilibrio.

EQUILIBRIO dell’H2O ogni giorno vengono ingeriti vari volumi di liquidi e viene prodotta
acqua dal metabolismo cellulare. L’H2O NON viene assunta ed espulsa giornalmente in
maniera costante, nonostante ciò il corpo mantiene ogni giorni EQUILIBRIO STEADY
STATE H2O, facendo corrispondere precisamente la quantità persa con quella assunta.
In particolar modo, il corpo controlla il proprio contenuto di H2O attraverso variazioni
OSMOLALITA’ (num.molecole disciolte in 1kg solvente) LEC quando viene assunta
↑H2O ↓OSMOLALITA’ quando invece ↓H2O ↑OSMOLALITA’.
Il SET POINT è geneticamente predeterminato x ciascun soggetto e le variazioni di
osmolalità sono monitorate da cellule dell’IPOTALAMO ed ogni variazione dal valore di
riferimento attiva segnali ormonali e neurali (es.pag.22).

Definizione e volume dei compartimenti dei LIQUIDI CORPOREI l’acqua rappresenta


circa il 60% del peso corporeo, ma si assiste ad una certa variabilità in seguito a fattori
come:
• presenza di tess.adiposo: questo tessuto contiene meno H2O rispetto ad altri,
perciò ↑TESS.ADIPOSO ↓%H20 riferibile al peso (sogg. di 100kg con alto
tess.adiposo non avrà il 60% (60kg) di H2O, ma di meno).
• Età: il neonato ha il 75% H2O, percentuale che diminuisce con la crescita fino ad
attestarsi in età adulta intorno al 60%.
L’acqua nel nostro organismo è distribuita in 2 compartimenti:
INTRACELLULARE: compartimenti con più alta concentrazione H2O, pari ai 2/3 H2O tot.
EXTRACELLULARE: presenta il restante 1/3 H2Otot.. Questo compartimento si divide a
sua volta in liquido interstiziale (3/4 volume LEC) e plasma (1/4 volume LEC), separati
dalla parete capillare.
(calcolo H2O in L pag.22).
PLASMA e LIQ.INTERSTIZIALE hanno una composizione simile perché separati
dall’endotelio capillare che è perfettamente permeabile a IONI e PICCOLE MOLECOLE.
La principale differenza tra i 2 liquidi è la concentrazione maggiore di PROTEINE nel
PLASMA rispetto al LIQ.INTERSTIZ..

Scambio di liquidi tra compartimento EXTRA-INTRA


Gli spostamenti di liquidi tra INTERNO-ESTERNO cellula, sono determinati da differenze
PRESS.OSMOTICA tra LEC – LIC.
LEC – LIC sono in equilibrio osmotico, ma basterebbe una variazione di concentrazione
di soluto (osmolalità) all’interno di uno dei 2 compartimenti, x determinare
un’alterazione dell’equilibrio osmotico che verrà presto ripristinano dal passaggio di
acqua da un compartimento all’altro, attraverso le ACQUAPORINE (vedi esempi pag.24-
25) quindi il riequilibrio osmotico (e quindi anche dell’osmolalità) si verifica

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principalmente attraverso spostamenti ACQUA e NON dei SOLUTI.

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CONDIZIONI IDEALI X IL FUNZIONAMENTO CELLULARE: MANTENIMENTO


DELL’OMEOSTASI CELLULARE
Il corretto funzionamento cellulare richiede uno stretto controllo della COMPOSIZIONE
INTRACELLULARE (LIC) e del VOLUME CELLULARE.
COMPOSIZIONE-VOLUME sono regolati dall’azione di specifiche proteine trasportatrici
di membrana.

COMPOSIZIONE INTRACELLULARE: Composizione ionica delle cellule


Immerso nel LIC oltre agli organelli sono presenti diverse molecole tra le quali molecole
cariche (ioni). La composizione ionica, varia da tessuto a tessuto: NEURONI diverse da
CELL.MUSCOLARI e da CELLULE SANGUE.
Caratteristica principale del LIC è la presenza di una ↓[Na+] - ↑[K+] rispetto al LEC,
risultato dell’attività della pompa Na+-K+ porta 3 Na+ fuori dalla cellula e 2 K+ dentro x
ogni ATP idrolizzato. In questo modo si viene a costituire un differente gradiente di
concentrazione tra INT-EST cellula (tanti K+ INTERNO – pochi K+ ESTERNO) (tanti Na+
ESTERNO – pochi Na+ INTERNO). La pompa Na+-K+ x agire CONTROGRADIENTE utilizza
ATP.
Oltre a costituire un GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE, la pompa è responsabile
insieme al canale selettivo K+ della formazione del POTENZIALE DI MEMBRANA, che a
riposo è di pochi mV e presenta un interno NEGATIVO e un esterno POSITIVO.
Come viene prodotto il POT.MEMB. a riposo?
La presenza dei canali selettivi K+ permette agli K+ di fuoriuscire dalla cellula SECONDO
GRADIENTE, contribuendo a formare un interno NEGATIVO.

La formazione del GRADIENTE IONICO-ELETTRICO, costruito dalla pompa utilizzando


ATP, viene sfruttato x far avvenire gli altri processi di trasporto di molecole e ioni da e
verso la cellula, senza che essi utilizzino altrettanto ATP. (vedi esempi pag.25-26)

Il POTENZIALE DI MEMB., che a riposo è di pochi mV, può variare di molto


Tutti i trasportatori che trasferiscono una carica da un lato all’altro della membrana
hanno la capacità di influenzare il POT.MEMB., x questo motivo sono detti elettrogenici.
Il contributo dei vari TRASP.ELETTROGENICI al POT.MEMB. (Vm) varia considerevolmente
da cellula a cellula. Avremo infatti trasportatori come POMPA Na +-K+ che con la sua
attività trasferisce 1 carica positiva netta (3Na+ fuori – 2 K+ dentro: 3-2=1), influenzando
il Vm solo di qualche mV. Stessa cosa ad esemp. ANTIPORTO 3Na+-1Ca2+.
I trasportatori che più influenzano il Vm sono i CANALI IONICI, e l’intensità della loro
influenza dipende dalle loro caratteristiche: SELETTIVITA’ – NUMERO DI CANALI –
ATTIVITA’ (gating).
Nell’attraversare la memb. x mezzo di un CANALE IONICO, gli ioni generano corrente, che
per convezione:
• Se CATIONI verso ESTERNO e ANIONI verso INTERNO cell. corrente POSITIVA
• Se CATIONI verso INTERNO e ANIONI verso ESTERNO corrente NEGATIVA.
Sempre x convenzione il valore Vm è espresso in base alla condizione INTRACELL. (es. -
80mV interno NEG. – est. POS.)
La corrente generata dal passaggio di ioni attraverso un canale, dipende da:
• FORZA MOVIMENTO IONI: dipende dall’energia del GRADIENTE DI
CONCENTRAZIONE IONI tra i 2 lati memb.
• CONDUTTANZA CANALE: determinata da num.canali ionici che si trovano nella
memb. e dalla durata stato aperto di ciascuno di essi.

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Essendoci canali x specifici ioni, a seconda delle situazioni potremo avere APERTI
certi canali e CHIUSI altri, influenzando il Vm: nella maggior parte delle cellule a
riposo la memb. ha un alta conduttanza x K+ (cioè tanti canali selettivi K+ aperti),
permettendo la fuoriuscita di K+ SECONDO GRADIENTE e quindi un Vm negativo
[-Vm ≈ -60mV]. Nelle cellule eccitabili, con l’avvio del POTENZIALE D’AZIONE si
ha un’ alta conduttanza x Na+ (si aprono i canali selettivi Na+) permettendo
l’entrata degli Na+ e quindi una depolarizzazione della cellula [+Vm].
Nei casi di alta conduttanza x K+ si può arrivare fino ad un max di -90,8mV.
Nei casi di alta conduttanza x Na+ si può arrivare fino ad un max di +66,6mV.

VOLUME CELLULARE: Regolazione del volume cellulare


Variazione del VOLUME della cellula possono danneggiarla e indurla alla morte. Per tale
motivo, le cellule hanno sviluppato dei meccanismi di regolazione del proprio volume.
Il volume può aumentare o diminuire a seconda che entri più o meno acqua all’interno
della cellula mediante il sistema delle acquaporine. Il passaggio di acqua da una parte
all’altra della cellula, è possibile grazie a variazione dell’OSMOLALITA’ nei 2
compartimenti:
• Caso in cui le cellule siano in una condizione ISOTONICA: la maggior parte delle
cellule nel corpo è immersa nel LEC isotonico e in tali condizioni il mantenimento
del VOLUME CELLULARE è un processo che richiede energia.
Perché è richiesta energia x il mantenimento del VOLUME? Nelle condizioni
isotoniche il VOLUME della cellula sarebbe alterato in seguito ad influenza dell’
effetto GIBBS-DONNAN. Questo effetto va comunque ad essere contrastato
dall’azione pompa Na+-K+, la quale spinge fuori dalla cellula 3Na+ portando
dentro 2K+ x ogni ATP. La formazione del GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE [K+]
spinge gli K+ ad uscire dalla cellula passando x il canale selettivo K+, di
conseguenza si avrà un interno NEGATIVO che favorirà la fuoriuscita del Cl-
(repulsione tra cariche negative). In questo modo quindi la pompa Na+-K+ riduce
il numero di cariche positive all’interno della cellula, evitando un aumento della
pressione osmotica e mantenendo costante il volume cellulare in soluzione
ISOTONICA.
• Caso in cui le cellule NON sono in una condizione ISOTONICA (ipertonica-
ipotonica): certe regioni del corpo NON sono ISOTONICHE (es.midollare del rene)
e la porzione extracellulare potrà essere ipotonica-ipertonica, con conseguente
aumento o diminuzione VOLUME cellulare. Poiché entrambi gli effetti possono
danneggiare la cellula e indurla anche a morte, molte cellule sono dotate di
meccanismi che limitano la VARIAZIONE DI VOLUME, che si attivano nell’arco di
alcuni secondi o minuti. Nel caso di:
• RIGONFIAMENTO cellulare: si attua meccanismo DIMINUZIONE VOLUME
(RVD: Regulatory Volume Decrease) vengono ESPULSE particelle
(osmoliti), RIDUCENDO PRESS.OSMOTICA e riportando volume alla
NORMALITA’.
• RAGGRINZIMENTO cellulare: vengono trasportate particelle (osmoliti)
all’INTERNO, AUMENTANDO PRESS.OSMOTICA e ripristinando VOLUME
normale.

Cap.3
TRASDUZIONE DEL SEGNALE – RECETTORI DI MEMBRANA
La corretta FUNZIONE CELLULARE espletata dalle cellule, è possibile grazie ad una
comunicazione tra cellule (comunicazione intracellulare). Per questa comunicazione si
realizzano MESSAGGERI CHIMICI esterni (ormoni - neurotrasmettitori - fattori di
crescita – sostanze odorose – prodotti metabolismo cell.). Le funzioni cellulari sono
anche coordinate grazie a MESSAGGERI FISICI esterni (luce - stimoli meccanici-termici)

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MESSAGGERI FISICI-CHIMICI vengono recepiti dalle cellule grazie alla presenza di


RECETTORI situati nella MEMB. – CITOPLASMA – NUCLEO. La loro ricezione da luogo ad
una cascata di segnali i quali integrandosi, determineranno una certa risposta x ciascun
stimolo.

Comunicazione tra cellule (intercellulare)


Le cellule comunicano tra loro rilasciando molecole di segnalazione extracellulare
(ormoni – neurotrasmettitori), che si legano a proteine recettrici situate nella
memb.plasmatica, citoplasma o nucleo. L’interazione MESS.EXTRACELL. - RECETTORE
viene trasdotta in un segnale di attivazione o inattivazione (a seconda del
MESS.EXTRA.).
A sua volta i RECETTORI interagiscono con varie PROTEINE DI SEGNALE INTRACELLULARE
(chinasi – fosfatasi – proteina G). A sua volta queste proteine agiscono nei confronti di
PROTEINE BERSAGLIO (enzimi – canali ionici – proteine trasportatrici – ecc), andando a
regolare la loro attività e modulando il funzionamento cellulare.
La natura dei MESS.EXTRACELLULARI è quella di essere proteine (es.insulina) –
catecolamine (adrenalina-noradrenalina) – ormoni steroidei (aldosterone-estrogeni) –
iodotironine (ormoni tiroidei: T4-T3) – eicosanoidi (es.prostaglandine) – ioni Ca2+ -
monossido azoto (NO) – CO2. Essi sono secreti dalle cellule mediante processi di
esocitosi o diffusione.
Questi messaggeri vengono captati da altre cellule, solo se quest’ultime possiedono
specifici RECETTORI (di memb. – citoplasma – nucleo) in grado di legare la molecola con
alta affinità e specifcità.
Meccanismi di comunicazione intercellulare le molecole segnale possono agire su
distanze lunghe o brevi e richiedono contatto fisico o stretta vicinanza. A tal proposito
possiamo distinguere 5 meccanismi di comunicazione intercellulare (img.pag.39):
• Diretta (contatto-dipendente): la molecola rimane in contatto con la memb.
della cellula dalla quale proviene e va a legarsi con un recettore presente sulla
memb. di una cellula adiacente.
• Paracrina: i messaggeri rilasciati hanno effetti locali (su cellule vicine) su cellule
diverse dalla tipologia dalla quale sono secreti.
• Autocrina: la molecola liberata agisce sulla stessa cellula o su altre cellule dello
stesso tipo.
• Sinaptica: le terminazioni assoniche di neuroni, rilasciano neurotrasmettitori che
andranno ad agire su altri neuroni o su cellule che si trovano in vicinanza del
neurone. La prossimità fisica TERMINALE NERVOSO – CELL.BERSAGLIO, assicura
l’arrivo del segnale alla cell.bersaglio.
La comunicazione sinaptica si può svolgere anche mediante giunzioni
comunicanti (gap junction) che si formano tra cellule comunicanti. Queste
giunzioni sono strutture a forma di placca in cui le memb.plasmatiche delle
cellule accoppiate sono strettamente giustapposte (circa 3nm, il piccolo spazio
che si ha è occupato da materiale elettrodenso). Sulle membrane sono presenti
dei canali che mettono in comunicazione il citosol delle 2 cellule. Ogni canale è
composto da 2 CONNESSONI, ognuno composto da 6 subunità di proteine
integrali di memb. (connessine). Il CONNESSONE di una cellula, allineato con
quello di una cell. adiacente, forma un canale di tipo gated che quando è aperto
permette il passaggio di ioni e piccole molecole. La permeabilità di questi canali
è regolata da [Ca2+] – [H+] – AMPc del citosol – pot.memb.
• Endocrina: le molecole segnale sono ormoni, che vengono immessi nel circolo
sanguigno. I segnali endocrini sono relativamente lenti e la diffusione e il
trasporto in circolo fino alle CELL.BERSAGLIO può avvenire in SECONDI (se la
risposta comporta modifiche att. proteine cellulari) o ORE (se la risp. comporta
modifiche espressione genica o sintesi nuove proteine).

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RECETTORI
Tutte le molecole di segnale, x poter espletare la loro funzione di MESSAGGERO,
necessitano di un’interazione con uno SPECIFCO RECETTORE. Tali recettori agiscono
come trasduttori, convertendo l’interazione LIGANDO-RECETTORE in segnali
intracellulari che influenzano il funzionamento cellulare.
Diverse vie di trasduzione del segnale dal momento che l’ORMONE si lega al
RECETTORE, il segnale viene trasferito all’interno della cellula e destinato alle PROTEINE
BERSAGLIO, grazie a proteine intracellulari di segnale, le quali costituiscono complesse
reti intracellulare (img.pag.45). Questa complessa rete di segnalazione, incrementa la
velocità-efficienza-specificità del segnale.
Alcune delle proteine delle vie di segnalazione intracellulare trasmettono il segnale:
• trasferendolo da una proteina all’altra
• da una regione all’altra (es. citosol nucleo)
• altre amplificano il segnale producendo ulteriori quantità di molecole segnale o
attivando un vasto numero di proteine segnalazione a valle.
I messaggeri intracellulari (secondari) utilizzati possono essere AMPc – GMPc – Ca2+ -
diacilglicerolo (DAG).
Le cellule sono in grado di modificare la sensibilità a un segnale mediante adattamento
o desensibilizzazione: ciò significa che l’esposizione prolungata a un ORMONE induce nel
tempo ad una diminuzione della risposta cellulare. Tale diminuzione è dovuta ad una
riduzione num. recettori espressi nella memb. plasmatica – inattivaz. Recettori
(MECCANISMO GRK–βarrestine) modificazioni proteine segnale che mediano effetto a
valle dei recettori. L’adattamento consente alle cellule di rispondere alle variazioni dei
livelli ormonali piuttosto che a livelli assoluti.
Si suddividono 2 tipologie di RECETTORI:
• Recettori della memb.plasmatica: si riconoscono 4 tipologie di recettori di
membrana (img.pag.42):
• Recettori legali ai CANALI IONICI (IONOTROPI): i neurotrasmettitori si
legano ai recettori e aprono – chiudono il canale. In questo modo si va a
modificare la permeabilità della memb. agli ioni e il potenziale di memb.,
convertendo un SEGNALE CHIMICO (neurotrasmettitori) in SEGNALE
ELETTRICO (modificazione potenziale memb.) (es.pag.44).
• Recettori accoppiati a PROTEINE G (METABOTROPI) (img.pag.112): sono
recettori accoppiati ad una proteine G eterotrimerica dotate di sub unità
alfa-beta-gamma. Il recettore presenta nella porzione extracellulare il sito
legame x LIGANDO, mentre in quella intracellulare quello x la proteina G
(la maggior parte dei farmaci non antibiotici, è diretta contro questa
tipologia di recettori). La proteine G svolge un ruolo di mediazione tra
RECETTORE-PROTEINA BERSAGLIO. Queste sub unità sono in grado di
assemblarsi in centinaia di combinazioni differenti, a seconda del tipo di
RECETTORI – EFFETTORI.
La PROTEINA G è ancorata alla membrana, sulla quale può muoversi
senza però staccarsi.
Attività PROTEINA G:
In breve, il legame LIGANDO-RECETTORE va a stimolare la PROTEINA G
che a sua volta inbisce o attiva le PROTEINE BERSAGLIO che possono
essere enzimi o canale ionici.
In particolare:
Assenza di ligando proteine G sono INATTIVE e presentano il complesso
eterotrimerico dotato nella sub unità alfa di GDP.
• Attivazione proteina G il LIGANDO si lega al RECETTORE e
quest’ultimo andrà ad interagire con il complesso alfa-beta-
gamma, inducendo una modificazione conformazionale che
promuove il rilascio di GDP e permette alla sub unità alfa il

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legame con GTP. Tale legame stimola la dissociazione della sub


unità ALFA dal complesso eterotrimerico. Si ottiene così il dimero
BETA-GAMMA – monomero ALFA, ognuno dei quali potrà
interagire con gli effettori a valle (adenilato ciclasi – fosfolipasi),
ATTIVANDOLI:
• Adenilato ciclasi converte ATP AMPc. Esso viene attivato
quando si ha interazione LIGANDO-RECETTORE e la sub
unità che si stacca è di tipo αs. L’AMPc, essendo molto
idrofilo, gira nella cellula e alti livelli determinano
l’attivazione della chinasi A (PKA) (in particolar modo sono
necessari 4 AMPc x attivare ogni PKA. Perché è necessario
questo alto numero? Rappresenta un meccanismo che
permette all’enzima di attivarsi solo ad alti livelli senza
subire inutili attivazioni a livelli più bassi) che agisce sulle
altre proteine effettrice attraverso la fosforilazione
(es.GLICOGENO LISI-SINTESI).
L’inattivazione dell’ADENILATO CICLASI si ha sempre in
condizione di interazione LIGANDO-RECETTORE, ma la sub
unità α che interagirà con l’ADENILATO CICLASI è di tipo αi.
Tale inattivazione comporta ↓AMPc portando
all’inattivazione la chinasi A (PKA).
• Fosfodiesterasi converte GMPc GMP. Nei bastoncelli della
retina è previsto un meccanismo in cui è presente come
EFFETTORE A VALLE la fosfodiesterasi. In particolar modo, i
bastoncelli sono molto sensibili alla luce e ciò è dovuto al
loro elevato contenuto di rodopsina. Proprio
l’assorbimento di luce da parte della rodopsina determina
attivazione PROTEINA G trasducina, che attraverso la sub
unità αt attiva la GMPc fosfodiesterasi. Tale enzima agisce
sull’ GMPc degradandolo in AMP, ciò comporta una
↓GMPc inducendo la chiusura di un canale cationico da lui
controllato e conseguente variazione VOLTAGGIO MEMB.
• Fosfolipasi la sub unità αq può attivare le fosfolipasi C –
A2. La prima tipologia agisce in particolar modo sul
fosfatadilinositol 4,5 difosfato (PIP2) (fosfolipide che
presenta a livello del gr.fosfato un carboidrato (INOSITOL)),
convertendolo in inositol trifosfato. Quest’ultima
diffondendo nel citosol va a legarsi con recettore presente
nel RE dove attiva canale Ca2+ ligando-attivato x la
liberazione di Ca2+ nel citosol, il quale entra SECONDO
GRADIENTE ELETTROCHIMICO
La seconda tipologia di fosfolipasi, agisce sui fosfolipidi
liberando acido arachidonico che può essere:
• Rilasciato dalla cellula in situazioni di
infiammazione o x regolare cellule vicine
• Trattenuto dalla cellula x essere incorporato nella
memb. cell. o immesso nel citosol x essere
metabolizzato e formare secondi messaggeri.
• Inattivazione PROTEINA G l’inattivazione PROTEINA G con
conseguente inattivazione EFFETTORI avviene quando la sub
unità ALFA idrolizza il GTP GDP + Pi. L’idrolisi di GTP viene
facilitata dall’intervento delle proteine RGS. La conformazione
ottenuta permette alle sub unità di riunirsi, ricostituendo il
complesso eterotrimerico.

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È presente un altro processo di inattivazione o meglio di


desensibilizzazione dei recettori accoppiati a proteine G. Tale
meccanismo permette l’attenuazione della risposta cellulare
durante l’esposizione prolungata a livelli ormonali elevati e
prevede l’endocitosi dei recettori posti sulla memb.: i RECETTORI
sono accoppiati a delle proteine chinasi (GRK), le quali una volta
avvenuta l’interazione LIGANDO-RECETTORE, aumentano la loro
capacità di fosforilazione nei confronti dei domini intracellulari
dei RECETTORI. Questo evento comporta anche il reclutamento di
proteine β arrestine, le quali inattivano il recettore, stimolando la
rimozione dei RECETTORI dalla memb.plasmatica x endocitosi.
• Recettori CATALITICI: agiscono come ENZIMI o sono associati ad enzimi
ed agiscono su di essi regolandoli. La prima tipologia di recettori, sono
prevalentemente proteine chinasi e agiscono determinando la
fosforilazione di altre proteine (agendo su specifici aa), attivando o
inibendo la loro attività.
• Recettori TRANSMEMBRANA: tali recettori non corrispondono
esattamente alla definizione classica di recettori, in quanto presentano la
caratteristica di trasdurre gli specifici segnali extracellulari in messaggeri
intracellulari (es.pag.41).
• Recettori nucleari: alcuni di questi recettori sono localizzati nel citoplasma ed
entrano nel nucleo a seguito di un’interazione con l’ORMONE. Altri recettori
invece entrano nel nucleo senza legame con l’ormone (come recettore x ormone
tiroideo). In entrambi i casi, i RECETTORI INATTIVI sono legati a PROTEINE
INIBTRICI e il legame con l’ormone implica la dissociazione con la proteina
inibitrice. Gli ormoni che vanno a legarsi con tali recettori hanno natura
IDROFOBICA e possono così attraversare la membrana.
L’interazinoe ORMONE-RECETT.NUCL. determina il legame del RECET.NUCL. con
proteina capace di attivare la trascrizione di specifici genica.

FISIOLOGIA DEL MUSCOLO


A seconda del tipo di LAVORO svolto dal muscolo (LOCOMOZIONE – POMPAGGIO
SANGUE – PERISTALSI), possiamo distinguere 3 tipologie di muscolature: m.scheletrico –
m.cardiaco – m.liscio.

MUSCOLO SCHELETRICO
È sotto il controllo VOLONTARIO, agisce sullo SCHELETRO permettendo: locomozione,
mantenimento postura, linguaggio, respirazione.

ORGANIZZAZIONE MUSC.SCHELETRICO (vedi riassunto anatomia II)

CONTROLLO ATT.MUSC.SCH.
Nervi motori il musc.scheletrico è controllato dal SNC. In particolare ogni musc.sch. è
innervato da un motoneurone α, i cui corpi cellulari hanno sede nel corno ventrale del
MS. Dal CORNO VENTRALE si originano gli assoni che fuoriescono dal MS, passando x la
RADICE ANTERIORE. Queste fibre motorie si uniscono alle FIBRE SENSITIVE derivanti
dalla RADICE POSTERIORE formando i NERVI SPINALI. Questo FASCIO NERVOSO MISTO
raggiungerà la periferia. I NERVI MOTORI si ramificheranno in prossimità del muscolo e
ciascun ramo andrà ad innervare una singola fibra muscolare. La connessione FIBRA
NERVOSA-MUSCOLO determina la giunzione neuromuscolare.

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Unità motorie Tutti i RAMI NERVOSI che derivano da un singolo motoneurone alfa e le
FIBRE MUSCOLARI innervate, formano l’UNITA’ MOTORIA. Essa è l’unità funzionale
contrattile, poiché quando il MOTONEURONE ALFA manda l’impulso, tutte le FIBRE
MUSCOLARI, innervate dai suoi rami (e quindi costituenti l’unità motoria) si contraggono
in maniera sincrona.
A seconda della funzioni svolte dal muscolo (MOVIMENTI FINI – GROSSOLANI), varia la
grandezza delle UNITA’ MOTORIE:
• MOVIMENTI FINI UNITA’ MOTRICI piccole (poche ramificazione del
motoneurone, quindi poche fibre muscolare innervate da 1 motoneurone alfa)
(es.muscoli occhio)
• MOVIMENTI GROSSOLANI UNITA’ MOTRICI grandi (es.muscoli arti)
Il numero di unità motorie attivate, determina il GRADO DI CONTRAZIONE.
Considerando che queste unità sono distribuite omogeneamente nel muscolo, la
tensione generata da un muscolo è uniforme anche quando sono attive POCHE UNITA’
MOTORIE.
MINORE è il NUMERO DI FIBRE/UNITA’ MOTORIE, tanto più precisamente può essere
controllata la FORZA MUSCOLARE.

ECCITAZIONE e conseguente CONTRAZIONE della fibra muscolare


A livello della GIUNZ.NEUROMUSCOLARE, il motoneurone alfa rilascia acetilcolina, la
quale determina l’insorgenza di un POTENZ. DI AZIONE lungo tutta la fibra muscolare. La
durata del potenziale nel musc.sch. è < 5ms, questa breve durata del potenziale,
permette una contrazione molto rapida della fibra.
Il pot.azione percorre il SARCOLEMMA, raggiunge i TUBULI T i quali sono collegati con 2
CISTERNE TERMINALI del RS, contenenti Ca2+. L’arrivo del pot.azione stimola il rilascio di
Ca2+ dalle CISTERNE TERMINALI, con un certo ritardo rispetto al potenziale azione
(qualche ms), determinando un ↑[Ca2+] (che raggiunge picco a 20ms) che provoca
l’interazione ACT-MIOS. e quindi l’inizio della contrazione di scossa che sviluppa una
forza chiamata forza di scossa (img.pag.273).

Meccanismo che determina la liberazione di Ca2+


La liberazione di Ca2+ è possibile grazie all’interazione tra TUBOLO T – RS. Questa
interazione è garantita da ponti proteici conosciuti anche come piedi (o pedicelli)
(img.pag.274), i quali connettono in più punti le 2 strutture. Questi PONTI PROTEICI sono
canali di membrana x rilascio di Ca2+ delle CISTERNE TERMINALI, in risposta a un
POT.AZIONE.
La proteina che costituisce questi ponti, prende il nome di recettore della rianodina
[RYR] (in seguito alla capacità di legarsi al farmaco rianodina), ed è una grossa proteina
omotetramerica (formata da 4 subunità uguali). Gran parte di questa proteina è
localizzata nel mioplasma posto tra CISTERNA TERMINALE – TUBOLO T, mentre solo una
piccola porzione è immersa nella MEMB. RS.
Si ritiene che ogni RYR interagisca con 4 recettori della di-idropiridina [DHRP], complessi
proteici localizzati all’interno della memb. del TUBOLO T. Questi complessi proteici sono
recettori x Ca2+ voltaggio dipendenti. L’arrivo di un pot.azione sul TUBOLO T, determina
un cambiamento di conformazione del DHRP, che a sua volta comporta l’apertura del
RYR, permettendo il passaggio di Ca2+ dal RS al MIOPLASMA.
Altre proteine localizzate in prossimità di RYR:
• CALSEQUESTRINA proteina calcio fissante a bassa affinità. È localizzata nel lume
delle CISTERNE TERMINALI. Consente al Ca2+ di accumularsi a elevate
concentrazioni nel lume delle CISTERNE TERMINALI, creando così un gradiente di
concentrazione favorevole all’efflusso di Ca2+ dal RS al MIOPLASMA, quando RYR
si apre.
• TRIADINA posta nella memb. delle CISTERNE TERMINALI e legano RYR –

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CALSEQUESTRINA.
• JUNCTION posta nella memb. delle CISTERNE TERMINALI e legano RYR –
CALSEQUESTRINA.
• HRC proteina calcio fissante a bassa affinità. È localizzata nel lume delle
CISTERNE TERMINALI a concentrazioni minori rispetto alla CALSEQUESTRINA.

EVENTO CONTRATTILE
Interazione ACTINA-MIOSINA: formazione PONTI TRASVERSALI
La CONTRAZIONE x poter avvenire ha bisogno di un ↑[Ca2+]. La FORZA (tensione)
sviluppata dall’evento contrattile aumenta all’aumentare delle concentrazioni di [Ca2+],
con andamento sigmoideo (grafico pag.276).
Meccanismo con il quale Ca2+ aumenta TENSIONE il Ca2+ legandosi alla troponina C,
determina un cambiamento nella conformazione dell’intera molecola che modifica la
posizione della TROPOMIOSINA, esponendo i siti di interazione ACTINA-MIOSINA,
formando così un PONTE TRASVERSALE (si genera tensione).
In seguito alla stretta vicinanza tra molecole di TROPOMIOSINA CONTIGUE, al momento
in cui una unità di TROPOMIOSINA modifica la sua posizione, si ha un’influenza anche
sulla molecola di TROPOMIOSINA contingua, esponendo i suoi siti di interazione ACT-
MIOS.

Meccanismo contrazione
4 fasi TEORIA DELLO SLITTAMENTO DEI FILAMENTI
• Nelle condizioni di RIPOSO ACT-MIO non interagiscono in seguito alla presenza di
TROPOMIOSINA che maschera i siti di interazione. In questo stadio la MIOSINA
presenta nel sito specifico x l’ATP: ADP-Pi.
• Una volta che il Ca2+ diffonde tra le miofibrille e si lega alla TROPONINA C,
determinando un cambiamento di conformazione. Cambiando conformazione, la
TROPONINA C modifica anche la posizione della TROPOMIOSINA, smascherando
i siti di interazione ACT-MIOS.
A questo punto la MIOSINA va a legarsi con l’ACTINA, tramite il sito specifico x
l’actina, costituendo un PONTE TRASVERSALE.
• Da questo legame la TESTA MIOSINICA subisce un cambiamento di
conformazione con conseguente rilascio di ADP-Pi. Il distacco di ADP+Pi
determina la flessione della TESTA MIOSINICA, che esercita una trazione sul
FILAMENTO DI ACTINA, spingendolo verso il CENTRO del sarcomero (AZIONE DI
RACHET). Tale azione è possibile in seguito all’orientamento bipolare della
miosina
• Il distacco dell’ADP dalla TESTA MIOSINA libera il sito di interazione x ATP e
immediatamente un nuova ATP si lega alla TESTA MIOSINA. Questo evento
riduce l’affinità della MIOSINA x ACTINA, determinando il distacco della TESTA
MIOSINA da ACTINA.
La MIOSINA idrolizzerà ATP ADP + Pi e parte dell’energia viene utilizzata x
riportare la TESTA MIOSINA nella posizione di riposo.
Se i livelli di Ca2+ nel mioplasma sono ancora ELEVATI si ha un altro ciclo, con
formazione di ulteriori PONTI TRASVERSALI, producendo ulteriori contrazioni del
muscolo. L’AZIONE DI RACHET è in grado di muovere il FILAMENTO SOTTILE di circa
10nm.
Il ciclo continua fino a quando il SERCA sequestra Ca2+ nel RS, abbassando i livelli di Ca2+
intracellulare e provocando la dissociazione del Ca2+ dalla TROPONINA C. Questo evento
provoca il ritorno nella conformazione iniziale della TROPONINA C e conseguentemente
anche della TROPOMIOSINA che andrà mascherare i siti di interazione ACT – MIOS.
Cosa succede se l’ATP si esaurisce? l’esaurimento di ATP (come si verifica con la morte),
blocca il ciclo nella FASE 3, cioè si formano i complessi ACT – MIOS. in maniera

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permanente, in quanto non interviene nessuna nuova ATP a provocare la dissociazione.


In questo stato il muscolo è rigido (RIGOR MORTIS).
Esistono poi delle incertezze su quante molecole di MIOSINA contribuiscano alla
generazione della FORZA (leggi pag.277).

Meccanismo che determina il sequestro di Ca2+


Il rilasciamento del muscolo striato, si ha quando viene sequestrato Ca2+ intracellulare
nel RS.
La captazione di Ca2+ nel RS è dovuta all’azione di una pompa Ca2+ (Ca2+-ATPasi). Questa
pompa è presente in tutte le cellule in associazione con il ret.endoplasmatico e prende il
nome di SERCA (Sarcoplasmic Endoplasmic Reticulum Calcium ATPase). Il SERCA è la
più abbondante proteina del RS del musc.scheletrico ed è presente x tutta la lunghezza
dei TUBULI e nelle CISTERNE TERMINALI. Essa trasporta 2 Ca2+ nel lume ogni 1 ATP
idrolizzata.
Lungo i tubuli longitudinali del RS è presente una proteina calcio fissante a bassa
affinità, la SARCALUMENINA, che si ritiene sia coinvolta nel trasferimento di Ca2+ dai siti
di captazione nei TUBULI LONGITUDINALI ai siti di rilascio nelle CISTERNE TERMINALI.

MODULAZIONE FORZA DI CONTRAZIONE


Unità motoria
Tutte le fibre muscolari possono essere innervate da 1 solo motoneurone alfa, le fibre
che sono innervata dallo stesso motoneurone alfa costituiscono l’UNITA’ MOTORIA.
Una unità motoria è costituita pertanto dalla stessa tipologia di fibra muscolare e
l’eccitazione del motoneurone che innerva una certa UNITA’ MOTORIA, attiva
contemporaneamente tutte le fibre di quella unità motoria. Distinguiamo:
UNITA’ MOTORIE lente (100-500 fibre) costituite da fibre tipo I innervate da un
motoneurone facilmente eccitabile.
UNITA’ MOTORIE rapide (1000-2000 fibre) costituite da fibre tipo II innervate da un
motoneurone scarsamente eccitabile.
La grandezza dell’unità motrice è correlata alla funzione svolta dal muscolo:
Muscoli che svolgono MOVIMENTO FINI presentano unità motorie costituite da poche
fibre
Muscoli che svolgono MOVIMENTO GROSSOLANI presentano unità motorie costituite
da parecchie fibre.

Reclutamento
Per sviluppare una forza maggiore si dovranno reclutare maggiori fibre muscolari il che
significa attivare maggiori UNITA’ MOTORIE. In una contrazione vanno ad essere
reclutate x prime le UNITA’ MOTRICI scossa lenta, se è necessaria una forza
progressivamente maggiore, vengono reclutate le UNITA’ MOTRICI scossa rapida. La
selezione di questa sequenza è dovuta al tipo di innervazione, le FIBRE LENTE
presentano una fibra nervosa con un diametro più piccolo rispetto a quelle che
innervano le RAPIDE, ciò consente una depolarizzazione più rapida.
Questo reclutamento delle unità motrici prende il nome di principio delle dimensioni.
Quando viene attivata una sinapsi eccitatoria nella memb.postsinaptica si ha l’apertura
di canali e ciò provoca la comparsa di una corrente post-sinaptica (EPSC). EPSC di
uguale intensità generano a livello del cono di emergenza dei piccoli motoneuroni,
VARIAZ. DI POT. più ampie di quelle generate a livello dei motoneuroni di maggiori
dimensioni tutto ciò in conseguenza alla legge di Ohm (V=RI), dove i motoneuroni più
piccoli presentano una maggiore R rispetto ai motoneuroni più grandi. Perciò, se si tiene
conto che i pot.post-sinaptici eccitatori (EPSP) a livello del SNC sono piccoli e che x
raggiungere la soglia x l’insorgenza del PA debbono potersi sommare, è facile rendersi
conto del fatto che, mano a mano che aumenta il livello dei segnali sinaptici, la
conseguente depolarizzazione raggiungerà la SOGLIA DI SCARICA dapprima nei

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motoneuroni piccoli poi in quelli più grandi.


Il vantaggio di questo tipo di reclutamento è che x prime vengono reclutate le fibre che
si affaticano + lentamente e che, producendo bassi livelli di forza, consentono un fine
controllo motorio.
Il processo di incremento della forza di contrazione mediante il reclutamento di più unità
motrici, è chiamato SOMMAZIONE SPAZIALE, perché è una somma di forze che derivano
da fibre muscolari distribuite su una vasta area del muscolo.
Tetano
Il processo di reclutamento delle fibre e lo sviluppo della forza, dipende anche dal tempo
di contrazione SOMMAZIONE TEMPORALE.
I potenziali d’azione inviati, sono uniformi in tutto il muscolo scheletrico. A seconda della
frequenza con il quale viene inviato il pot.azione si ha uno sviluppo di forza variabile:
• 1 singolo pot.azione (img.pag.280 sx) determina il rilascio di una quantità Ca 2+
sufficiente x una SCOSSA SEMPLICE di breve durata, in quanto il Ca2+ viene ad
essere ripompato rapidamente nel RS.
• Invio altro pot.azione prima che muscolo si rilassi completamente (img.pag.280
centro) si determina un incremento della forza di scossa (TETANO
INCOMPLETO).
• Alte frequenze di pot.azioni (img.pag.280 dx) determina che i livelli di Ca 2+
aumentano e si mantengono elevati x tutto il periodo di stimolazione con
sviluppo di max livello di forza (TETANO).
Che frequenza è richiesta x produrre un TETANO? Dipende dal tipo di fibre che
costituiscono l’UNITA’ MOTORIA (img.pag.281):
UNITA’ MOTORIA fibre LENTE possono tetanizzare a frequenze + basse rispetto a quelle
rapide, di conseguenza vengono ad essere reclutate x prime in virtù anche della loro
maggior resistenza alla fatica.
UNITA’ MOTORIA fibre RAPIDE tetanizzano a frequenze + alte e producono una forza
max superiore rispetto a fibre lente, in virtù del diametro maggiore e del maggior
numero di fibre che le costituiscono.

Perché si produce una forza minore quando non si raggiunge il tetano? Perché,
nonostante il QUANTITATIVO di Ca2+ rilasciato in UN POTENZIALE è lo stesso che si ha
nella fase di TETANO, esso va ad essere subito RISEQUESTRATO, non dando il tempo
sufficiente agli elementi contrattili di poter stirare completamente la COMPONENTE
ELASTICA in serie del muscolo, di conseguenza la forza sviluppata risulta inferiore
rispetto a quella sviluppata nel TETANO.
Nel tetano invece, vengono inviati impulsi con una frequenza maggiore, incrementando
la durata di Ca2+ intracellulare, ciò consente al muscolo di stirare la componente
elastica e di esprimere la piena forza contrattile.
Per componente elastica in serie non si intende un elemento preciso, un’ipotetica fonte è
la stessa molecola di miosina, è tuttavia probabile che ci siano altre fonti dell’elemento
elastico in serie (tess.conettivo – titina).
La regolazione della FREQ.DI SCARICA MOTONEURONI è quindi il meccanismo che
permette di regolare la F muscolare.

MODULAZIONE FORZA ATTRAVERSO RIFLESSI


Fusi neuromuscolari
Sono un insieme di fibre sensoriali (intrafusali) annesse al m.scheletrico e che
decorrono parallelamente alla fibre extrafusali (fibre muscolari).
Questi fusi presentano un’innervazione:
Sensitiva attraverso questa innervazione, i fusi informano continuamente il SNC dello
stato dei muscoli, in particolar modo x quello che riguarda LUNGHEZZA delle fibre
extrafusali - VELOCITA’ CONTRAZIONE. Queste fibre terminano a livello MS e vanno a
fare sinapsi con MOTONEURONI ALFA.

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Oltre a fornire continuamente feedback relativi alla LUNGHEZZA e VELOCITA’ del


muscolo, i fusi mettono in atto un meccanismo di RIFLESSO DA STIRAMENTO, quando il
muscolo subisce allungamenti rapidi che possono risultare “dannosi”, prevenendo
lesioni. Nello specifico: quando il muscolo si allunga rapidamente, si allungano anche le
FIBRE INTRAFUSALI, provocando un aumento della frequenza dei pot.azioni sulle FIBRE
SENSORIALI AFFERENTI del fuso, le quali vanno ad eccitare, a livello MS, i
MOTONEURONI ALFA determinando un’azione opposta all’allungamento e cioè la
contrazione.
Motoria avviene tramite gli assoni dei motoneuroni γ che vanno a terminare in
prossimità delle estremità delle fibre muscolari.
Tale innervazione, permette alle fibre INTRAFUSALI di adattarsi alle modificazioni di
lunghezza del muscolo, permettendo di rimanere attive e quindi inviare informazioni
sullo stato muscolare al SNC anche quando il muscolo si accorcia durante la contrazione.
Durante la fase di contrazione infatti, le fibre INTRAFUSALI non essendo più in tensione,
non possono essere stimolate dallo STIRAMENTO, perciò l’innervazione motrice
permette a queste fibre di accorciarsi, e le fibre sensitive possono continuare a mandare
informazioni

Organi muscolo-tendinei del Golgi


Si trovano a livello delle giunzioni muscolo tendine in un numero di circa 50, disposte in
serie alle fibre muscolari.
Sono costituiti da fascetti di fibre di collagene del tendine, avvolti da una capsula
connettivale.
L’estremità del recettore sono in rapporto, da un lato con le FIBRE DI COLLAGENE DEL
TENDINE dall’altro con un gruppo di FIBRE MUSCOLARI.
Dalla capsula penetrano una o più FIBRE SENSITIVE (afferenti) che si ramificano e
terminano con avvolgimenti sui fascetti di FIBRE DI COLLAGENE intrafusali.
Questi recettori si attivano in risposta a situazioni di CONTRAZIONE MUSCOLARE (che in
certi casi possono risultare dannose x il muscolo (es. contratture)), mettendo in atto un
RIFLESSO MIOTATICO INVERSO (molto visibile avviene quando si hanno i crampi) le fibre
sensitive inviano impulsi al MS, svolgendo una duplice funzione:
• promuovono l’inibizione motoneuroni alfa che innervano i muscoli che si stanno
contraendo (AGONISTI), facendo sinapsi con degli INTERNEURONI SPINALI i quali
producono NEUROTRASMETTITORE INIBITORIO x MOTONEURONI ALFA.
• Promuovono attivazione motoneuroni alfa che innervano i MUSCOLI
ANTAGONISTI, permettendo un allungamento del muscolo eccessivamente
contratto.
Gli impulsi AFFERENTI raggiungono anche i CENTRI SUPERIORI andando a modulare lo
sviluppo di forza, riducendo il reclutamento di ulteriori UNITA’ MOTRICI aggiuntive. Tale
andamento non è però lineare, in quanto ad un certo livello ELEVATO di FORZA la
risposta OMT decade, favorendo il reclutamento di ulteriori unità motrici x permettere
di esprimere la max forza.

TONO MUSCOLARE
A riposo, la muscolatura prevede un certo grado di consistenza (tono muscolare),
dovuta a bassi livelli att.contrattile presenti in alcune unità motrici e dovute a riflessi
originati dai FUSI NEUROMUSCOLARI. Il TONO MUSCOLARE stabilizza le articolazioni e
mantiene la postura.

FONTI DI ENERGIA X LA CONTRAZIONE DEL M.SCHELETRICO


Il muscolo preleva ATP da diverse fonti energetiche:
Fosfocreatina rappresenta la fonte immediata di elevata energia x produrre ATP da

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fornire al muscolo: FOSFOCRAETINA + ADP CREATINA + ATP


Questa reazione avviene prima ancora che si attivino le altre vie di produzione energia.
Tali riserve sono però di molto ridotte e di conseguenza non possono fornire energia x
periodi di tempo prolungati, infatti si è visto che la completa deplezione di fosfocreatina
avviene in meno di un minuto.
La fosfocreatina può essere ripristinata durante la fase di RECUPERO dalla fatica,
utilizzando ATP sintetizzato mediante la fosforilazione ossidativa: ATP + CREATINA
FOSFCREATINA + ADP.

Carboidrati le altre reazione di produzione energetica (glicolisi -fosforilazione ossidativa)


possono avvenire attraverso la presenza nel muscolo di glucosio immagazzinato
sottoforma di GLICOGENO, oppure il glucosio che penetra nella cellula muscolare può
andare ad essere direttamente utilizzato. Nel primo caso, l’enzima GLICOGENO
FOSFORILASI va a rompere il GLICOGENO ottenendo GLUCOSIO 1-FOSFATO che verrà poi
trasformato in GLUCOSIO 6-FOSFATO, entrando direttamente nella 2° reaz. glicolisi. Tale
processo, che prevede la fosforilazione senza utilizzo di ATP, permette di far risparmiare
1ATP, dando al termine della fosforilazione ossidativa un patrimonio di 37 ATP derivanti
da 1 GLUCOSIO-1-FOSFATO. Nel secondo caso, tale risparmio non è previsto, infatti il
glucosio ematico deve subire tutte le reaz. della glicolisi, fornendo alla fine 36 ATP.
Tale quantità di ATP è possibile in presenza di ossigeno (metabolismo aerobico), in
assenza infatti si attiva il METABOLISMO ANAERBICO (solo GLICOLISI) che permette di
fornire 2 ATP x glucosio derivante da GLICOGENO – 3 ATP x glucosio ematico.

Acidi grassi – trigliceridi fonte di energia importante x eser. prolungato. Le cellule


muscolari possono immagazzinare ac.grassi (non in elevate quantità) o trigliceridi (dai
quali vengono ricavati ac.grassi) o utilizzare quelli derivanti dal deposito adiposo. Il
ricavo di energia a partire da ac.grassi avviene attraverso la BETAOSSIDAZIONE, il quale
fornisce ACETIL CoA che poi entra all’interno del CICLO DI KREBS. Tale meccanismo x
poter avvenire necessita di condizioni AEROBICHE.

DEBITO OSSIGENO
Durante un esercizio intenso, l’energia fornita dalla FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA non è
sufficiente a soddisfare le richieste energetiche, innescando il MECCANISMO
ANAEROBICO (GLICOLISI) che nell’unità di tempo permette di ottenere quantitativi di
ATP 5 volte superiori rispetto a quelli di derivazione OSSIDATIVA. Il quantitativo di
energia derivante da quest’ultimo meccanismo provoca il DEBITO DI OSSIGENO, una
condizione nella quale la respirazione, al termine dell’esercizio, permane al di sopra dei
livelli di riposo al fine di pagare questo debito. Il consumo extra di O durante questa fase
di recupero serve x rimpiazzare i livelli dei metaboliti (fosfocreatina – ATP), x
metabolizzare il prodotto della glicolisi (LATTATO) attraverso il meccanismo piuttosto
dispendioso della GLUCONEOGENESI, il quale converte LATTATO GLUCOSIO, ma anche x
rifornire ATP il cuore e polmoni, i quali hanno aumentato la loro attività x permettere a
sua volta di distribuire O ai vari tessuti.
Il debito O risulta notevolmente maggiore durante l’esercizio fisico intenso, quando cioè
vengono chiamate in causa UNITA’ MOTRICI RAPIDE, ma si ha anche un certo debito di O
nel lavoro moderato, in quanto le UNITA’ MOTRICI LENTE consumano comunque una
quantità considerevole di ATP (grafico pag.283).

FATICA
Non è il risultato dell’esaurimento di riserve energetiche, ma invece sembrano essere
fattori importanti x l’insorgenza della fatica, i prodotti del metabolismo:
• Accumulo mioplasma ACIDO LATTICO accumulo a livelli elevati (15-26mM),
determina ↓pH mioplasmatico (da 7 a 6,2), producendo come effeto: inibizione
interaz. ACT.-MIO. – riduce sensibilità interaz. ACT-MIO – Ca2+ in seguito a

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modifica del legame Ca2+ alla TROPONINA C.


Le UNITA’ MOTRICI RAPIDE, appaiono leggermente più sensibili all’effetto pH
rispetto a fibre LENTE.
• Accumulo mioplasma FOSFTAO INORGANICO riduce tensione muscolare
mediante 3 meccanismi: inibizione liberazione Ca2+ dal RS – riduzione sensibilità
al Ca2+ della contrazione – alterazione legamne ACT-MIO.
• Deplezione GLICOGENO
• Incremento ADP
• Incremento intracellulare K+
• Produzione RADICALI LIBERI
• SN contribuisce alla fatica, specie su come la si viene percepita
Durante l’insorgenza della fatica, indipendentemente se dovuta ad elevata intensità o
esercizio prolungato, i livelli mioplasmatici di ATP non risultano ridotti in modo
sostanziale, ciò farebbe supporre come la FATICA sia un sistema protettivo atto a
minimizzare il rischio di danno o morte delle cellule muscolari, cioè impediscono che i
livelli di ATP cadano pericolosamente a bassi livelli mettendo a rischio la vita della
cellula.
La FATICA FISICA si presenta come un condizione di “malessere del proprio corpo” e la
tollerabilità a questa condizione può essere diversa in ogni individuo e dipende da fattori
psicologici/motivazionali, ci sono individui che si stancano e smettono l’eser. molto
prima che le unità motrici si affatichino realmente. Al contrario atleti ben allenati hanno
una capacità di sopportazione maggiore che gli permettono di continuare l’attività fino al
punto di generare la fatica nelle unità motrici.

FATICA nel TETANO MUSCOLARE (nel quale si sviluppa la max forza del muscolo)
In brevi periodi di TETANO MUSCOLARE, la max tensione muscolare sviluppata può
essere mantenuta per un breve tempo, x poi assistere ad un rapido decadimento della
F/Tensione fino ad un livello che può essere mantenuto x lungo tempo (grafico pag.284),
ciò è dovuto al rapido e quasi totale esaurimento UNITA’ MOTRICI RAPIDE (insorgenza
FATICA nelle FIBRE RAPIDE), mentre le LENTE, avendo un grado di resistenza alla fatica
maggiore, rimangono attive e permettono il mantenimento del livello (F/tensione)
raggiunto x un lungo tempo.

TIPI DI MUSCOLO SCHELETRICO


Nel m.scheletrico possiamo differenziare 2 tipologie di fibre (es.pag.278):
• Fibre scossa rapida:
• IIB ↑enzimi glicolitici - ↓enzimi ossidativi - ↓mitocondri – RS molto
sviluppato – la dipendenza dal metabolismo glicolitico, determina un
maggior affaticamento, di conseguenza sono usate x svolgere compiti di
breve periodo – SERCA 1, presenta un’attività superiore rispetto al SERCA
2, pertanto la ricaptazione del Ca 2+ nel RS avviene molto più rapidamente
nelle fibre II rispetto alle I, e di conseguenza hanno velocità di
rilasciamento maggiore - isoforma TROPONINA C presenta 2 siti
interazione con Ca2+ ad alta affinità.
• IIA vengono definite “intermedie” x il fatto di avere caratteristiche
comuni ad entrambe le tipologie (lente-rapide), hanno perciò ↑capacità
glicolitica – ossidativa, ma sono scarsamente presenti nell’uomo mentre
più comuni negli altri mammiferi.
• Fibre scossa lenta (tipo I) ↓enzimi glicolitici - ↑enzimi ossidativi - ↑mitocondri
– RS meno sviluppato rispetto a fibre II - la dipendenza dal metabolismo
ossidativo, determina un minor affaticamento, di conseguenza sono usate x
svolgere compiti più prolungati (es.postura) – x espletare efficacemente il
metabolismo ossidativo, le fibre tipo I-IIA si servono di ↑mioglobina, proteina
che permette trasporto di O intracellulare e che presenta il gruppo EME (come x

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l’emoglobina) determina il caratteristico colore rosso di queste fibre – SERCA 2 –


isoforma TROPONINA C presenta 1 sito interazione con Ca2+ a bassa affinità, di
conseguenza fibre I iniziano a sviluppare tensione a concentrazioni Ca2+ minori
rispetto a fibre II che hanno isoforma TROPONINA C con 2 siti legame Ca2+.
Altre differenze, tab. pag.279.

CRESCITA E SVILUPPO
Tipo di FIBRE MUSCOLARI determinate da FIBRE NERVOSE
Alla nascita, le cellule muscolari prima di essere innervate presentano una struttura del
tipo I con recettori x l’acetilcolina distribuiti x tutto il sarcolemma e risultano
ipersensibili a quel neurotrasmettitore. Una PLACCA MOTRICE si forma quando il
terminale nervoso in crescita stabilisce un contatto con la cellula muscolare, a quel
punto la cellula (essendo innervata da una sola fibra nervosa) non si associa con altre
fibre nervose, e i recettori x l’acetilcolina iniziano a concentrarsi a livello della PLACCA
MOTRICE.
Il tipo di fibra muscolare è determinato dalle fibre nervose da cui vengono innervate:
MOTONEURONE PICCOLE DIMENSIONE le piccole dimensione della fibra nervosa
permette di DEPOLARIZZARSI (maggiore eccitabilità) prima delle fibre nervose che
innervano UNITA’ MOTRICI RAPIDE, di conseguenza tale fibra nervosa induce una
maggior frequenza di contrazione alla cellula muscolare, stimolandola a produrre
mitocondri e sintetizzare l’isoforma lenta della miosina. fibra LENTA.
MOTONEURONE GRANDI DIMENSIONI la dimensione grande della fibra nervosa
permette di DEPOLARIZZARSI più in ritardo (minor eccitabilità) rispetto alle fibre nervose
che innervano UNITA’ MOTRICI LENTE. Questa MINORE ECCITABILITA’, e quindi minore
frequenza di contrazione, produce come effetto: pochi mitocondri determinando la
dipendenza da un meccanismo energetico ANAEROBICO, che induce una elevata
concentrazioni enzimi glicolitici fibra VELOCE.
Altro fattore che può influire sull’espressione del fenotipo muscolare è la concentrazione
intracellulare Ca2+: FIBRE LENTE a riposo hanno ↑Ca2+ rispetto a FIBRE RAPIDE.

Durante la maturazione si verifica un aumento FORZA – DIMENSIONE MUSCOLO


ALLUNGAMANTO la crescita dello scheletro determina un allungamento delle CELLULE
MUSCOLARI, il quale si ottiene grazie alla formazione di sarcomeri aggiuntivi a livello
delle parti terminali cell.muscolare. Tale processo è reversibile, ad es: quando un arto
viene immobilizzato con il muscolo in posizione accorciata, si assiste ad una diminuzione
lunghezza del muscolo in seguito ad eliminazione sarcomeri terminali.
Variazioni di lunghezza del muscolo comportano alterazione VELOCITA’ – ENTITA’
ACCORCIAMENTO, non influenzando la FORZA.
IPERTROFIA è un processo nel quale si assiste ad un aumento diametro fibra muscolare
in seguito all’aggiunta di più sarcomeri in parallelo, ciò comporta l’aumento della
FORZA senza effetto sulla VELOCITA’ accorciamento.

Per mantenere una normale crescita e sviluppo, i muscoli devono essere usati e devono
sopportare carichi. Questo perché, muscoli immobilizzati perdono la loro massa
determinando atrofia muscolare che a va ad influire sull’inibizione della SINTESI
PROTEICA e sulla degradazione proteica.
Le UNITA’ MOTRICI LENTE si atrofizzano più rapidamente rispetto alle RAPIDE
determinando una riduzione FORZA MASSIMA TETANICA e un incremento MAX
VELOCITA’ ACCORCIAMENTO in seguito all’espressione in queste fibre dell’isoforma
veloce della miosina.
Perché i maschi x natura presentano una muscolatura maggiore rispetto alle femmine?
In seguito a produzione nell’uomo del TESTOSTERONE, il quale è responsabile della
maggiore massa muscolare. (utilizzo STEROIDI-ANABOLIZZANTI in ambito sportivo leggi
pag.285).

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RISPOSTA MUSCOLARE ALL’ESERCIZIO


Per poter allenare la muscolatura si deve creare una CONDIZIONE DI ADATTAMENTO, e
cioè una condizione nei confronti della quale il muscolo modifica le proprie
caratteristiche. Ciò può venire ad essere perseguito attraverso un:
ALLENAMENTO RESISTENZA la condizione allenante si viene a realizzare quando il
muscolo va ad essere sottoposto a carichi sub massimali x lungo tempo. Essendo lo
sforzo sub massimale, vengono reclutate FIBRE LENTE, sulle quali si viene a provocare
come effetto un incremento del metabolismo aerobico. Questi effetti si riflettono anche
a livello CARDIO-RESPIRATORIO, aumentando le prestazione del muscolo cardiaco e
respiratori.
ALLENAMENTO FORZA la condizione allenante si viene a realizzare quando il muscolo va
ad essere sottoposto a carichi massimali x poco tempo. Essendo lo sforzo massimale,
vengono reclutate, oltre a fibre LENTE, le FIBRE RAPIDE. Questa condizione stimola la
sintesi di nuove miofibrille provocando una ipertrofia dei muscoli attivi, consentendo lo
sviluppo di livelli di forza maggiore. Inoltre viene indotta anche la crescita tendinea-
ossea.
Nel corso di questi sforzi, l’apporto sanguigno ai muscoli attivi può interrompersi quando
la pressione tissutale > pressione intravascolare. Ciò provoca una condizione di carenza
dell’afflusso di O al tessuto, che si somma alla limitata funzionalità FIBRE RAPIDE,
contribuendo ad un diminuzione durata contrazione.

Allenamenti di FORZA o RESISTENZA non inducono la conversione delle FIBRE LENTE


RAPIDE e viceversa.

COMPARSA DOLORE MUSCOLARE IN SITUAZIONE DI STIRAMENTO MUSCOLARE


Dopo aver svolto attività nelle quali i muscoli in contrazione risultano stirati e allungati
in modo eccessivo, nel giro di 24-48 si sviluppa un dolore muscolare, associato spesso a
ridotta mobilità, rigidità e debolezza muscoli alterati. I principali fattori che provocano
questo dolore sono: rigonfiamento e infiammazione derivanti da lesioni muscolari, più
comunemente localizzate in prossimità delle giunzioni muscolo-tendinee. Le UNITA’
MOTRICI RAPIDE sono più spesso colpite rispetto alle TIPO 1, perché nelle prime lo
sviluppo di forza è maggiore.
Il recupero è lento e dipende dalla rigenerazione sarcomeri danneggiati.

PROPRIETA’ BIOFISICHE DEL MUSC.SCHELETRICO


Relazione TENSIONE-LUNGHEZZA
La FORZA CONTRATTILE aumenta con l’ALLUNGAMENTO DEL MUSCOLO fino ad un
certo punto (Lo), oltre il quale la FORZA CONTRATTILE si riduce. Allo stesso modo, la
FORZA CONTRATTILE aumenta quando, da una situazione di estensione, si torna al punto
(Lo), ma un ulteriore accorciamento porterebbe ad una diminuzione della FORZA
CONTRATTILE.
Tale relazione è in accordo con la TEORIA SLITTAMENTO DEI FILAMENTI:
ALLUNGAMENTO > Lo filamenti actina diventano sempre meno sovrapponibili rispetto
ai filamenti miosina, riducendo la possibilità di instaurare PONTI TRASVERSALI e quindi
ridotto sviluppo FORZA.
LUNGHEZZA = Lo situazione ottimale di sovrapposizioni filamenti e quindi x poter
esprimere la max Fcontrazione.
ACCORCIAMENTO < Lo filamenti actina collidono verso il centro e l’instaurazione di
PONTI TRASVERSALI è limitato dal contatto delle LINEE Z.

Relazione FORZA-VELOCITA’
La VELOCITA’ con cui si accorcia un muscolo, dipende fortemente dalla quantità di
FORZA che il muscolo deve sviluppare. In assenza di carico, la forza sviluppata viene

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utilizzata x permettere una velocità di accorciamento max. Aumentando il carico, la F


sviluppata viene utilizzata x vincere il carico, determinando una diminuzione velocità
accorciamento, fino a quando x un carico max, il muscolo non può sollevare il carico e,
quindi, non può accorciarsi (V=0).
Potendo le UNITA’ MOTRICI RAPIDE esprimere una F maggiore, la velocità di
accorciamento risulterà maggiore in tali fibre, rispetto alle LENTE.

MUSCOLO LISCIO
Costituiscono una componente fondamentale degli organi cavi e la contrazione di tale
muscolatura serve a modificare le dimensioni dell’organo che può determinare sia la
propensione del suo contenuto (es.peristalsi intestinale) - sia un incremento della
resistenza al flusso (es.vasocostrizione).
Vista la complessità del m.liscio, esistono diverse tipologie di classificazione, tra le quali:
classificaz. in:
UNITARIO le cell. muscolari lisce sono elettricamente accoppiate in modo tale che la
stimolazione elettrica di una cellula è seguita dalla stimolazione delle cell.muscolari lisce
vicine, provocando un’onda di contrazione (es. come peristalsi intestinale). Tale onda
può essere iniziata nel m.liscio unitario da CELLULE PACEMAKER (sono cell.m.lisce che
esibiscono DEPOLARIZZ. SPONTANEA).
MULTIUNITARIO non sono elettricamente accoppiate (la stimolaz. Di una cellula, non
provoca necessariamente l’attivaz. Cell. musc. lisce contigue).
Altra classificaz. in base att.contrattile:
CELL. M.LISCE TIPO FASICO si contraggono ritimicamente o intermittentemente
(es.cell.parete gastrointestinale). Corrispondono al tipo UNITARIO, perché queste cell. si
contraggono in risp. a PA che si propagano da cellula a cellula.
CELL.M.LISCE TIPO TONICO sono continuamente attive (es.m. pareti vie sanguigne, vie
aeree). Questa continua attività è garantita da una capacità contrattile che differisce in
parte da quella del m.liscio tipo fasico, ma permettono di mantenere la forza con un
BASSO costo energetio. Corrispondono al tipo MULTIUNITARIO.

STRUTTURE CELL.M.LISCE
Le cell. muscolari tipicamente formano strati attorno agli organi cavi e presentano forme
diverse a seconda della funzione che si trovano a svolgere.
I vasi sanguigni presentano cell.muscolari tubulari disposte in maniera circolare, in
modo tale che la loro contrazione possa determinare una riduzione del diamentro del
condotto (img.pag.308 A).
Nel tratto gastro-intestinale è presente una struttura più complessa, dove gli strati di
m.liscio sono disposti circolarmente e longitudinalmente e permettono di espletare
l’att.meccanica di mescolare il contenuto e farlo progredire nel proseguo dell’apparato
(img.pag.308 B). Ecc.
In tutti gli organi cavi il muscolo liscio è separato dalla sost. presente all’interno degli
organi cavi, dall’interposizione di altri elementi cellulari (es. endotelio vascolare –
epitelio digerente –ecc). Inoltre all’interno della parete degli organi cavi è presente
diverso tess.connettivo, che contribuisce in buona misura alla tensione della parete
quando il volume dell’organo incrementa.

Contatti cellula-cellula
Invece che connettersi ai tendini (come m.sch.), le cell.m.lisce (e cardiache) sono unite
tra loro attraverso connessioni meccaniche – giunz. specifiche. Oltre ad essere connesse
meccanicamente, si devono anche attivare contemporaneamente allo stesso livello.
Questo legame MECCANICO-FUNZIONALE è cruciale x il funzionamento del m.liscio se
questo fenomeno non si verificasse, la contrazione in una regione di un organo cavo

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provocherebbe semplicemente lo stiramento di un’altra regione, senza una sostanziale


RIDUZIONE RAGGIO o INCREMENTO RAGGIO.
Tali CONNESSIONI MECCANICHE e GIUNZ.SPECIFICHE sono:
GAP JUNCTION sono specifiche giunzioni che consentono il passaggio del PA. Presenti in
quantità piuttosto elevate.
GIUNZIONI ADERENTI (PLACCHE DENSE) permettono di collegare l’app.contrattile di
cellule contigue, costituendo un legame meccanico. Queste giunzioni appaiono come
regioni ispessite di memb.cell. opposte (img.pag.310), separate da una piccola lacuna
contenete materiale granulare denso. I filamenti sottili si estendono in queste giunzioni
(sono equivalenti delle linee Z dello striato), consentendo la trasmissione della F
contrattile generata da una cell.m.liscia ad una cell.m.liscia vicina.

Cellule e membrane
Internamente le cell.m.lisce presentano delle piccole formazioni circolari a sacco
chiamate CAVEOLE (img.pag.311), le quali sono invaginazione del sarcolemma che
hanno la funzione di incrementare superficie-volume della cellula. Queste CAVEOLE
sono spesso giustapposte (avvicinamento di elementi che non si fondono) al sottostante RS.
Tra CAVEOLE – RS è presente però una lacuna. Inoltre, la presenza in prossimità del RS-
CAVEOLE di proteine fissanti Ca2+, hanno fatto ipotizzare alla possibilità che questa
struttura contribuisca alla regolaz. della concentrazione Ca2+intracellulare.
Il RS si distribuisce all’interno della cellula come una rete, ed ha la funzione di riserva
Ca2+, dalla quale può essere mobilitata x essere immesso nel MIOPLASMA. Tale
trasferimento avviene in seguito al legame di SEGNALI CHIMICI (ormoni,
neurotrasmettitori, ecc) ai RECETTORI SARCOLEMMARI.
Il Ca2+ fuoriesce dal RS attraverso la presenza sulla memb. del reticolo del:
Recettore della RIANODINA simile a quello presente nel m.scheletrico. Viene attivato in
seguito all’aumento concentrazione Ca2+ intracellulare, entrato attraverso il
sarcolemma.
Canali Ca2+ regolati dall’inositolo 1,4,5-trifosfato (InsP3) attivato dal InsP3, prodotto
quando l’ORMONE si lega al RECETTORE SARCOLEMMARE.
La diminuzione della concentrazione del Ca2+ mio plasmatico, avviene (come x il m.sch.)
grazie ad un sequestro di Ca2+ dal mioplasma, in seguito all’azione del SERCA del RS, e
ad una espulsione del Ca2+ dalla cellula, mediante antiporto 3Na+-1Ca2+ e Ca2+ATPasi
sarcolemmare.

Apparato contrattile
La disposizione dei filamenti contrattili del m.liscio non determina la tipica striatura che
caratterizza invece le cell.m.sch.. Nonostante ciò, essi si organizzano in UNITA’
CONTRATTILI che sono l’analogo dei sarcomeri: le fibre m.lisce, possiedono ACTINA e
TROPOMIOSINA con la stessa struttura del m.sch., ma in quantità maggiori (circa il
doppio dello striato). Non possiedono TROPONINA e NEBULINA, ma al loro posto
presentano altre 2 proteine assenti nel m.sch.: CALDESMONE – CALPONINA.
Gran parte del mioplasma delle c.m.lisce è occupato dai filamenti sottili, mentre il
contenuto di miosina è ridotto (circa ¼ di quello presente in m.sch.). 3-5 di questi
filamenti spessi risultano tra loro allineati e circondati da filamenti sottili, quest’ultimi
risultano a loro volta ancorati ai CORPI DENSI (disposti nella regione centrale della
cellula) o AREE DENSE (disposte lungo il sarcolemma). Questa struttura 3-5 FILAMENTI
SPESSI – FILAMENTI SOTTILI – CORPI DENSI costituirebbero l’equivalente del sarcomero.
Pur di conservare il loro allineamento, FILAMENTI SPESSI – SOTTILI, quando si trovano
dinnanzi o nelle vicinanze del NUCLEO, non lo aggirano ma si connettono ad esso. La
MIOSINA che costituisce il FILAMENTO SPESSO nella cell.m.liscia, risulta diversa da
quella presente nella cell.m.sch., in quanto derivano dall’espressione di geni diversi.
Infatti la MIOSINA del m.liscio x poter interagire con l’actina necessita di essere
fosforilata

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Citoscheletro
Serve x permettere l’ancoraggio dei filamenti sottili e quindi x trasmettere la F ai 2 capi
della cellula. Di questi fanno parte: CORPI DENSI e AREE DENSE sui quali si connettono i
filamenti sottili e contengono alfa-actinina (presente anche nelle linee Z); FILAMENTI
INTERMEDI connettono CORPI DENSI – AREE DENSE tra loro (img.pag.310).

CONTROLLO ATT.CONTRATTILE M.LISCIO


L’att.contrattile del m.liscio è controllata da numerosi fattori (ormoni, nervi SN
autonomo, att.pacemaker, varietà sost.chimiche), i quali agiscono andando ad
incrementare la concentrazione Ca2+ intracellulare, dal quale dipende la contrazione del
m.liscio (come x il m.sch. – m.cardiaco).
I PA del m.liscio possono essere di diversa tipologia e non sempre sono necessari x
determinare una contrazione, infatti esistono farmaci in grado di indurre la contrazione
senza variare il pot.memb. (img.D pag.313).
Tra le diverse situazioni di PA, abbiamo:
• Ad 1 PA corrisponde una scossa (contrazione). Più PA nel breve periodo,
determinano la somma delle singole scosse e la formazione di un’onda di forza
un’unica (simile al tetano del m.sch.) (img. A pag.313). Tale att. è tipo del m.liscio
UNITARIO.
• Si hanno OSCILLAZIONI PERIODICHE del pot.memb. in seguito a variaz. dell’att.
Na+, K+-ATPasi del sarcolemma. Queste oscillazioni possono indurre PA multipli
nella cellula e le contrazioni che si verificano sono associate alla somma dei PA
multipli (img.B pag.313).
• Avvengono contrazioni graduate a piccole variazioni del pot.riposo della memb.
(img.C pag.313). E’ comune tra i m.lisci MULTIUNITARI, i quali mantengono una
tensione costante.

MECCANISMO CONTRAZIONE M.LISCIO (img.pag.316)


• Arrivo PA o sost.chimiche il PA deriva dall’innervazione da parte di nervi del SN
autonomo.
• ↑ concentrazione Ca2+intracellulare determina il legame 4 Ca2+ alla proteina
calmodulina.
• Fosforilazione miosina Il complesso CALMODULINA-4Ca2+ che si viene a
realizzare, va ad attivare MIOSINA CHINASI, fosforilando la miosina, e x far
questo utilizza ATP. La fosforilazione della miosina provoca la sua attivazione e
l’interazione con l’actina.
• Azione rachet la miosina legata all’actina, va a determinare la trazione del
FILAMENTO SOTTILE verso il centro del FILAMENTO SPESSO, generando forza e
rilasciando ADP + Pi, liberando così il sito di legame x ATP.
• Attacco ATP e inibizione ACT-MIO L’attacco del’ATP allo specifico sito di
interazione della miosina, provoca una riduzione dell’affinità della MIO all’ACT,
interrompendo l’interazione. L’energia derivante dall’idrolisi dell’ ATP viene
impiegata x indurre una variazione di conformazione nella testa della miosina
(ricarica testa), in modo tale che la testa miosinica ritorni nella posizione iniziale
e quindi il filamento risulti pronto x un altro ciclo di contrazione. A questo punto
il ciclo può RINIZIARE o INTERROMPERSI.

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• RINIZIO CICLO o TERMINE CICLO il ciclo termina quando la miosina non è +


fosforilata. Ciò avviene quando la concentrazione Ca2+↓ si ha una inattivazione
della MIOSINA CHINASI in seguito a decadimento complesso Ca2+-
CALMODULINA e conseguente defosforilazione MIOSINA da parte MIOSINA
FOSFATASI.
Tale meccanismo, a parte l’attivazione iniziale, risulta analogo a quello del m.sch., ma
differiscono x la velocità. Infatti nel m.liscio la velocità del ciclo risulta molto più lenta.
Contrazione fasica durante tale contrazione, la CONCENTRAZIONE INTRACELL. Ca2+ -
FOSFORILAZIONE PONTI TRASVERSALI – FORZA, raggiungono un picco e poi decadono x
ritornare alla linea base (img.A pag.318).

Contrazione tonica CONCENTRAZIONE INTRACELL. Ca2+ - FOSFORILAZIONE PONTI


TRASVERSALI dopo un picco iniziale, declinano, ma non ritornano alla linea di base.
Durante questa ultima fase, la FORZA incrementa lentamente e rimane a un livello
elevato (img.B pag.318). Questa forza viene mantenuta con solo il 20-30% dei ponti
trasversali fosforilati con un’utilizzazione di ATP ridotta.
Ciò è possibile in seguito alla creazione di una particolare situazione chiamata, STATO
ALLACCIATO, cioè avviene “l’allacciamento” tra il CICLO FOSFORILATO – CICLO
DEFOSFORILATO: normalmente ad alte concentrazioni di Ca2+ si ha la fosforilazione della
miosina, dando avvio al ciclo della contrazione che avviene fino a quando non si
abbassano i livelli di Ca2+.
Nella contrazione tonica, viene invece utilizzato uno stratagemma x permettere di
prolungare la durata della forza ad un costo energetico basso (impiegando quindi pochi
ponti trasversali). Tale stratagemma consiste nell’insorgenza di una DEFOSFORILAZIONE
della miosina, in un qualsiasi momento del ciclo di contrazione in cui la MIO risulta
attaccata all’ACT. Ciò permette un rallentamento della velocità del ciclo di contrazione
in quanto: il ponte trasversale va ad essere staccato più lentamente e perché la catena
miosinica deve subire una nuova fosforilazione x poter far avvenire un altro ciclo
(img.pag.319).
In questa contrazione si ha la possibilità di mantenere elevati livelli di forza x tutta la
durata dello stimolo, ad una CONCENTRAZIONE Ca2+ bassa (ma non a zero), con una
CAPACITA’ DI FOSFORILAZIONE RIDOTTA, con VELOCITA’ dei cicli di contrazione
DIMINUITA.
È la concentrazione di Ca2+ a regolare la velocità di contrazione:
ALTE [Ca2+] risultano fosforilati un elevato num. di ponti trasversali con conseguente
elevato livello FORZA.
BASSA [Ca2+] aumentano la probabilità che il ponte trasversale (MIO-ACT) vada ad
essere DEFOSFORILATO e che passi più tempo in una conformazione attaccata capace
di generare forza. In questo modo non si ha la necessità di fosforilare altri ponti
trasversali, in quanto la forza viene mantenuta x tutto il tempo dal meccanismo dello
STATO ALLACCIATO.
Per poter interrompere la contrazione è necessario che la [Ca2+] cada ancora più in
basso, al di sotto del livello richiesto x formare il complesso CALMODULINA-4Ca 2+
(img.B.pag.318).

NEUROFISIOLOGIA

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GENESI E CONDUZIONE PA (cap.5)


Cos’è il PA?
È una variazione rapida del potenziale di memb, a cui fa seguito un ritorno al potenziale
di riposo.
Caratteristiche PA:
• Responsabili PA sono: canali ionici voltaggio dipendenti, situati sulla
memb.plasmatica.
• Il PA si propaga lungo l’assone conservando la sua forma e ampiezza.
• I PA insorgono a livello del segmento iniziale assone.
• Il PA costituiscono l’elemento base con il quale le cell.nervose inviano info.
• Le info che le cellule trasmettono, sono determinate dalle caratteristiche del PA.

Prima di generare un PA le memb. presentano un certo valore di voltaggio (a riposo):


POTENZIALE MEMBRANA
Tutte le cellule, inclusi i neuroni, presentano un POTENZIALE RIPOSO (differenza di pot.
tra interno – esterno cellula) di circa -70mV, con l’interno cellula che presenta una
concentrazione maggiore di cariche negative, rispetto all’esterno dove c’è una
maggioranza di cariche positive.
DEPOLARIZZAZIONE si intende l’iniezione di cariche (+) nell’ambiente intracellulare,
determinando un ambiente intracellulare “più positivo” con il pot.memb. che tende a
diminuire (es. da -70 a -60).
IPERPOLARIZZAZIONE si intende l’iniezione di cariche (-) nell’ambiente intracellulare,
determinando un ambiente “ancor più negativo” con il pot.memb. che tende ad
aumentare (es.da -70 a -80).
Composizione ionica durante il POT.MEMB. RIPOSO all’interno della cellula il
pot.memb. a riposo è determinato dalla differente concentrazione di cariche ioniche tra
INTERNO-ESTERNO CELLULA:
INTERNO ↑K+ ↓Na+
ESTERNO ↑Na+ ↓K+
Tale concentrazione è garantita grazie alla presenza della POMPA Na +-K+ che agisce
CONTROGRADIENTE portando dentro 2K+ ogni 3 Na+ portati fuori, utilizzano 1ATP.
Nonostante il K+ sia un CATIONE, l’interno della cellula risulta negativo, in quanto la
memb.cell. è dotata di CANALI K+ che in condizioni di riposo risultano aperti,
permettendo il passaggio di K+ dall’INTERNO ESTERNO (SECONDO GRADIENTE), con la
conseguenza che internamente avremo una maggioranza di CARICHE NEGATIVE (-70mV).

Variazioni del POT. DI MEMBRANA a seconda dei diversi IMPULSI ELETTRICI a cui la
cellula è soggetta: RISPOSTA PASSIVA – SOTTOSOGLIA – SOPRASOGLIA.
Per poter generare un PA è importante che le cellule raggiungano una specifica SOGLIA
di depolarizzazione. Il raggiungimento di tale SOGLIA dipende dall’intensità
dell’IMPULSO DI CORRENTE: più CORRENTE passa attraverso la memb., più ampie
saranno le variazione del POT.MEMB.
Ecco le diverse situazioni:
1. RISPOSTA PASSIVA: cosa succede se l’IMPULSO DI CORRENTE applicato è di molto
inferiore alla SOGLIA? (situazione a-b img.pag.70)
Le fasi di ASCESA – DISCESCA della RISPOSTA DI VOLTAGGIO DELLA MEMB., hanno un
andamento esponenziale. Tale andamento è determinato dal fatto che è necessario un
certo tempo x permettere l’entrata delle cariche attraverso la memb., in quanto in
questa fase ci sono a disposizioni pochi CANALI IONICI che permettono il passaggio di
cariche dall’esterno all’interno o viceversa.
Inoltre si è osservato che la VARIAZIONE DEI LIVELLI POT.MEMB. nella RISPSOTA PASSIVA,
varia a seconda della DISTANZA: all’allontanarsi dal punto in cui passa la corrente, si ha
una riduzione dei livelli di POT.MEMB. (img.pag.71). Questo ci testimonia come una

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RISPOSTA ELETTRICA PASSIVA è capace di propagarsi solo x pochi mm prima di esaurirsi


completamente.
2. RISPOSTA SOTTOSOGLIA: cosa succede se l’IMPULSO DI CORRENTE applicato è di
poco inferiore alla SOGLIA? (situazione c img.pag.70)
Le fasi di DISCESA della RISPOSTA DI VOLTAGGIO DELLA MEMB. non decadono più in
maniera esponenziale. Tale andamento viene modificato, in quanto l’intensità maggiore
dell’IMPULSO DI CORRENTE, ha provocato la modifica del POT.MEMB. in misura
sufficiente da provocare l’apertura di un numero significativo di CANALI Na + voltaggio-
dipendenti. Di conseguenza il Na+, presenti in concentrazioni notevolmente maggiore
all’esterno rispetto all’interno (vedi tab.pag.334), entra all’interno della cellula spinta
dal GRADIENTE ELETTROCHIMICO, provocando un interno “più positivo”
(DEPOLARIZZAZIONE).
Anche questa risposta non è AUTORIGENERATE e come la RISPOSTA PASSIVA, il
potenziale non si propaga lungo l’assone, ma diminuisce con l’aumentare della distanza.
3. RISPOSTA SOPRASOGLIA POTENZIALE D’AZIONE (situazione d img.pag.70)
Risposte a livelli di potenziale sempre maggiore si hanno via via gli impulsi vengono
applicati con valori vicino alla soglia. Quando il POT.MEMB. raggiunge la SOGLIA si attua
una RISPOTA DI VOLTAGGIO DELLA MEMB., definita come POTENZIALE D’AZIONE
(img.pag.73) è una risposta nella quale si ha una depolarizzazione completa della
membrana in tempi molto rapidi (1-2ms), fino ad invertire la polarità nell’ambiente
intracellulare che da NEGATIVO diventa POSITIVO.
Il picco del PA può arrivare fino ai +50mV, x poi ritornare verso il POT.MEMB.RIPOSO con
una velocità altrettanto elevata. Prima di stabilizzarsi al livello potenziale di riposo, si
osserva un’ulteriore polarizzazione (iperpolarizzazione) di ampiezza variabile,
denominata IPERPOLARIZZAZIONE POSTUMA, la cui durata può variare da pochi ms a
circa 100ms.
Differenza tra PA e RISPOSTA SOTTOSOGLIA-PASSIVA si differenza x 3 importanti
caratteristiche:
• Risposta molto più ampia (fino a +50mV), con inversione polarità memb.
(interno (+) – esterno (-)).
• Si propaga x tutta la lunghezza della fibra nervosa, senza decremento in quanto
va ad essere rigenerato lungo l’assone. Quindi x tutta la lunghezza della fibra
nervosa il PA mantiene la sua forma – ampiezza.
• Se l’impulso raggiunge la SOGLIA, indipendentemente dal livello dell’IMPULSO,
il PA è sempre quello, vale a dire non aumenta (o diminuisce) con l’aumentare (o
diminuire) dell’intensità dell’impulso (a patto che l’IMPULSO sia SOPRA SOGLIA).
Il PA è un evento definito come del TUTTO O NULLA cioè, o lo stimolo è capace di
superare la soglia e quindi generare il PA, altrimenti non succede niente.

Variazioni della COMPOSIZIONE IONICA


Le variazioni di potenziale che si possono osservare in seguito ad IMPULSO ELETTRICO,
sono determinate dall’attivazione di 2 canali ionici voltaggio-dipendenti (canale Na+ -
canale K+), che modificano la composizione ionica.

CANALE Na+ voltaggio-dipendente (img.pag.75) è costituito da un’unica sub unità α


associata ad una subunità β1 e a una sub unità β2. La SUBUNITA’ α è costituita da 4
sequenza ripetute di 6 eliche che attraversano la memb. da parte a parte e che sono
disposte attorno ad una canale ionico centrale, le cui pareti sono costituite dalle eliche
di ciascuna sequenza di sub unità α.
CANALE K+ voltaggio-dipendente costituiti da 4 subunità identiche, ciascuna delle quali
è formata da un’unica sequenza di 6 eliche.

Entrambi questi canali sono VOLTAGGIO-DIPENDENTI cioè le barriere dei canali (che
permettono l’apertura o chiusura del canale) risentono di variazione del voltaggio,

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aprendosi - chiudendosi a certi valori di POT.MEMB.. Tale suscettibilità alle variazione


del voltaggio, è dovuto al fatto che le barriere sono costituite da residui amminoacidici
carichi elettricamente. Il tempo di permanenza nello stato APERTO o CHIUSO, dipende
dal POT.MEMB.

Comportamento dei singoli canali ionici durante il PA


Fase di ASCESA del POT. L’aumento VOLTAGGIO MEMB., come conseguenza di un
IMPULSO, determina l’aumento della conduttanza x gli ioni Na +, cioè si aprono
progressivamente sempre più canali x il passaggio di Na +, i quali avanzeranno
dall’ESTERNO INTERNO (SECONDO GRADIENTE). L’entrata di cariche positive all’interno
della cellula, rende progressivamente l’ambiente intracellulare meno polarizzato,
aumentando il voltaggio del POT.MEMB. (DEPOLARIZZAZIONE). La continua entrata di
ioni Na+ provoca un aumento della depolarizzazione, inducendo così l’apertura di
ulteriori canali x Na+, che a sua volta provoca un ulteriore aumento del FLUSSO DI Na+
(CORRENTE Na+) e quindi un valore del POT.MEMB. sempre + positivo. Tale
comportamento a FEEDBACK POSITIVO, spiega il carattere esplosivo della fase di
ASCESA del PA.
Fase di DISCESA del POT. la discesa del PA è il risultato della realizzazione di 2 processi:
• Diminuzione CONDUTTANZA Na+ (gNa) i canali Na+ voltaggio-dipendenti, oltre
alla barriera sensibile alla DEPOLARIZZAZIONE che induce l’apertura del canale x
il Na+ (BARRIERA DI ATTIVAZIONE), presentano un ulteriore barriera (BARRIERA
DI INATTIVAZIONE), la quale determina la chiusura del canale in situazioni di
DEPOLARIZZAZIONE della memb.. Questa barriera, come x quella di attivazione, è
sensibile alle variazioni di depolarizzazione, solamente che risponde più
lentamente alle variazioni del voltaggio. Di conseguenza la chiusura del canale
Na+ si avrà dopo un tempo maggiore rispetto all’insorgenza del PA, permettendo
così di realizzare l’aumento transitorio della [Na+ intracellulare]. Una volta che i
canali Na+ si sono chiusi, non possono riaprirsi, finché la membrana non si è
ripolarizzata a un livello prossimo al POT.MEMB.RIPOSO.
• Aumento CONDUTTANZA K+ (gK+) x il K+ abbiamo “canali K+ passivi” e “canali K+
voltaggio-dipendenti”. Entrambi permettono il passaggio di K + dall’INTERNO
ESTERNO (SECONDO GRADIENTE), portando cariche positive all’esterno della
cellula, sono responsabili della RIPOLARIZZAZIONE del POT.MEMB.
Il canale K+ voltaggio-dipendente possiedono un’UNICA BARRIERA (BARRIERA
ATTIVAZIONE) che si apre con la DEPOLARIZZAZIONE. Quando la memb. si
depolarizza nel corso del PA, si aprono numerosi canali K+ (aumento
CONDUTTANZA K+) che permettono il flusso di K+, il quale ha una direzione
opposta al flusso Na+, permettendo la RIPOLARIZZAZIONE della memb.
Tali canali si chiudono quando il POT.MEMB. ridiventa negativo, ma poiché non si
chiudono velocemente (ma con una certa gradualità), si avrà una situazione in
cui la CONDUTTANZA K+ risulta più alta rispetto a quella che si ha durante il
POT.RIPOSO. Ciò ci spiega il motivo x cui il valore del POT. scende di qualche mV
rispetto al POT.RIPOSO, determinando una iperopolarizzazione
(IPEROPOLARIZZAZIONE POSTUMA).
Con la chiusura definitiva dei CANALI K+ voltaggio-dipendenti, si ritorna al
POTENZIALE DI RIPOSO (circa -70mV).

PERIODO REFRATTARIETA’: ASSOLUTA – RELATIVA (img.pag.78)


Per quasi tutta la durata del PA, la cellula è refrattaria a qualsiasi altra stimolazione, di
conseguenza non è in grado di generare un secondo PA x quanto possa essere elevata
l’intensità della stimolazione. In particolar modo distinguiamo 2 momenti di
refrattarietà:
REFRATTARIETA’ ASSOLUTA si realizza dal momento che insorge il PA e dura fino a
quando il POT. non ridiventa quasi negativo. Il motivo di tale refrattarietà è dato dal fatto

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che una frazione consistente di canali Na+ sono INATTIVATI dal voltaggio e i canali non
possono riaprirsi fino a che la memb. non si è ripolarizzata. In queste condizioni non
può essere reclutato un numero di canali Na+ sufficiente x produrre PA.
REFRATTARIETA’ RELATIVA è localizzato durante la fase finale del PA, dove la cellula è di
nuovo in grado di generare un altro PA, ma lo stimolo deve essere più intenso del
normale, poiché fino a quando il potenziale non raggiunge i valori di RIPOSO, diversi
canali Na+ rimangono ancora inattivati. Inoltre ad ostacolare la DEPOLARIZZAZIONE (e
quindi la creazione di un nuovo potenziale) si aggiunge l’ALTA CONDUTTANZA K+ che
facendo fuoriuscire K+ determina un interno cellulare ancor + negativo rispetto al
POT.RIPOSO.

CONDUZIONE DEL PA
I PA vengono condotti lungo gli assoni delle cell.nervose. Questi assoni possono essere di
dimensioni diverse a seconda di dove sono localizzati (es.motoneuroni corna ventrali MS
assone 1m o più – neuroni della retina assone molto corto). Nel caso di assoni molto
lunghi, x far si che l’impulso sia propagato x tutta la lunghezza dell’assone senza
diminuire di ampiezza, il PA deve AUTORIGENERARSI man a mano che procede lungo la
fibra, il che significa che devono generarsi nuovi PA lungo l’assone.
Per far si che ciò avvenga è necessario che lo stimolo applicato sia così intenso da
raggiungere la SOGLIA e far partire di conseguenza il PA. Sarà proprio la
depolarizzazione esplosiva che si ha con il PA a indurre un flusso di corrente entrante
abbastanza intenso da portare alla SOGLIA (e quindi generare PA) le aree della memb.
contigue. Queste aree sono a loro volta in grado di generare un FLUSSO CORRENTE
LOCALE abbastanza intenso da portare a SOGLIA aree ancora + distanti (potendo
generare così anch’esse PA).
In questo modo il PA si propaga lungo l’assone, indipendentemente dalla sua lunghezza,
mantenendo la stessa AMPIEZZA e FORMA.
Dove inizia il PA?? Per le caratteristiche dell’assone, se viene applicato un impulso nella
parte mediana, esso è capace di propagarlo in entrambe le direzione (dx-sx dell’impulso
img.pag.72). Ma nel SN i PA vengono generati inizialmente a livello iniziale del segmento
iniziale assone (dove ASSONE si connette con CORPO CONO D’EMERGENZA). Ciò si
verifica perché questo segmento presenta un’elevata densità di canali Na+ voltaggio-
dipendenti e possiede perciò la SOGLIA PIU’ BASSA di tutta la cellula.
Inoltre la BIDIREZIONALITA’ di conduzione è esclusa grazie alla proprietà della
REFRATTARIETA’, la quale fa sì che la conduzione si solamente UNIDIREZIONALE (dal
CORPO ASSONE). Ciò significa che l’arrivo di qualsiasi PA che si propaghi a partire a
livello parte mediana dell’assone non può generare un altro in direzione del corpo,
poiché la porzione precedente della membrana è in stato refrattario.

Velocità di conduzione
Effetti del DIAMETRO su velocità conduzione
Nelle fibre AMIELINICHE la velocità di conduzione aumenta all’aumentare del diametro
(perché?? Leggi pag.71 e foglio mia spiegazione). Tuttavia con l’aumento del diametro si
ha anche un aumento dell’area di superficie memb. che separa cariche negative
all’interno da quelle positive all’esterno, ciò comporta un aumento CAPACITA’ memb.,
in quanto le cariche opposte si attrarranno reciprocamente in misura maggiore. Un
aumento della CAPACITA’ determina una riduzione della velocità di conduzione,
andando ad attenuare gli effetti dell’aumento di velocità che si possono ottenere con
l’aumento del diametro (img.pag.80).

Effetti della MIELINIZZAZIONE su velocità conduzione


Le fibre MIELINICHE sono cellule nervose che presentano un assone avvolto da mielina.
La mielina è formata dalle memb.plasmatiche delle cellule Schwann (nel caso del SNP) o

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delle cellule oligodendroglia (nel caso SNC) che si avvolgono attorno all’assone,
ISOLANDOLO ELETTRICAMENTE (img.pag.81). In particolar modo attorno alla fibra
nervosa si hanno un centinaio di avvolgimenti della memb.plasmatica di queste cellule.
I molteplici avvolgimenti attorno agli assoni portano a modifiche delle propr.elettriche
della fibra nervosa che si traducono in dei vantaggi dal punto di vista della velocità di
conduzione:
• Maggiore ispessimento determina aumento della resistenza della memb. (Rm) e
di conseguenza aumenta la COSTANTE DI SPAZIO (data dal rapporto Rm/Ra).
Grazie all’aumento Rm viene persa una quantità minore del segnale condotto.
• l’ispessimento assicura una separazione molto più marcata tra interno-esterno
assone e perciò le cariche sono attratte in misura molto minore, ciò comporta
una riduzione della CAPACITA’ memb. e quindi un aumento della velocità
conduzione (CAPACITA’ inv.prop. VELOC.CONDUZ.).
Il rivestimento di mielina non si estende però x tutta la lunghezza dell’assone, ma forma
dei segmenti di 1-2mm. La discontinuità di 1μm tra un segmento e l’altro prende il nome
di NODI DI RANVIER, sono dei punti della fibra che risultano scoperti da mielina. La
presenza di questi NODI risulta un ulteriore vantaggio, in termine di velocità di
conduzione, x le FIBRE MIELINICHE. Infatti il PA “salta” da un nodo all’altro
(CONDUZIONE SALTATORIA) a differenza delle FIBRE AMIELINICHE dove il PA viene ad
essere continuamente rigenerato lungo tutta l’estensione della fibra. La conduzione
saltatoria permette una maggior velocità d’azione.
PERCHE’ IL PA PASSA DA UN NODO ALL’ALTRO? Inoltre i canali Na + coinvolti nella genesi
del PA sono molto concentrati a livello dei NODI DI RANVIER, mentre non sono presenti
nei segmenti ricoperti da mielina, ciò comporta che il PA insorga solo a livello dei NODI
RANVIER.
L’elevata RESIST.MEMB. indotta dai segmenti mielinici, garantisce un ottimo isolamento
alla corrente che vi passerà all’interno e raggiungerà il NODO DI RANVIER successivo
dove la presenza di canali Na+ permette la rigenerazione del PA.
Ulteriore vantaggio delle FIBRE MIELINICHE è il fatto che sono privi di canali K+ a livello
dei NODI, quindi il PA non presenta fase di IPERPOLARIZZAZIONE POSTUMA e
conseguentemente non presenta PERIODO REFRATTARIO RELATIVO. Ciò dà la possibilità
a queste fibre di poter scaricare PA a frequenze maggiore.

Ricapitolando…: Il fattore che permette alle fibre MIELINICHE di essere + veloce è


l’avvolgimento mielinico, il quale determina:
• ↑Rm e quindi ↑COSTANTE SPAZIO - ↑ISOLAMENTO ELETTRICO
• ↓CAPACITA’ MEMB.
• Presenza NODI DI RANVIER
• Privi di IPERPOLARIZZAZIONE POSTUMA

Confronto ASSONI MIELINICI – ASSONI AMIELINICI


Gli assoni MIELINICI (50m/s ), a eccezioni di quelli di più piccolo diametro, possiedono
una velocità di conduzione maggiore delle fibre AMIELINICHE (2m/s con diametro 50
μm) dello stesso calibro (img.pag.80).
L’elevata velocità di conduzione rende rapida l’esecuzione dei riflessi e dà tempo al SN x
un’efficiente e complessa elaborazione mentale delle info.

TRASDUZIONE SENSORIALE
Per TRASDUZIONE si intende la CONVERSIONE di una forma di energia in un’altra.
Per far si che il SN possa ricevere info relative ad un certo evento che accade
nell’ambiente esterno o all’interno del nostro corpo, l’evento in questione deve essere
trasdotto in PA.
Poiché la FORMA e DIMENSIONE dei PA risultano relativamente costanti , solo la

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variazione della FREQUENZA dei PA possono essere utilizzati come “codice” x


trasmettere info lungo assone.
A sua volta però la FREQUENZA del PA è limitata dalla durata dei PERIODI REFRATTARI
(assoluti-relativi). Ciò implica che un assone, da solo, non può trasmettere in codice,
informazioni su certi eventi che avvengono a frequenze superiori di quelli dei PA
propagati, ma necessita dell’azione coordinata di più neuroni.
Il PA x poter avvenire ha bisogno di uno STIMOLO. Lo STIMOLO è rappresentato
dall’EVENTO AMBIENTALE, il quale ha una natura energetica cioè può essere uno
STIMOLO MECCANICO- TERMICO – CHIMICO – O ALTRA NATURA ENERGETICA. Tale
stimolo viene ad essere percepito grazie alla presenza di RECETTORI SENSORIALI i quali
risultano essere eccitati. Uno stimolo produce una RISPOSTA, che viene definita come
l’effetto che lo stimolo ha sull’organismo. Può essere considerata come risposta: il
POT.RECETTORE che lo stimolo produce sul recettore sensoriale – trasmissione PA lungo
assoni vie sensoriali – l’evento motorio conseguente allo stimolo.
Per far si che una RIPOSTA venga ad essere prodotta, lo STIMOLO deve essere trasdotto
(trasduzione sensoriale). Il tipo di trasduzione dipende dalla natura dell’evento
ambientale (meccanica, termica, chimica,ecc) e dell’app.sensoriale (chemocettori –
meccanocettori – fotorcettori - nocicettori – termocettori).
La TRASDUZIONE SENSORIALE, e cioè la conversione di un EVENTO AMBIENTALE in PA,
avviene a partire dalla comparsa di un POT.RECETTORE che è un evento depolarizzante
determinato da flussi di corrente diretti verso l’interno che porta il pot.memb. del
recettore sensoriale verso la soglia x l’innesco di un PA (es.stimolo meccanico che
distorce memb. meccanocettore, tale distorsione dà origine ad un flusso di corrente
entrante a livello della terminazione (POT.RECETTORE) e un flusso di corrente uscente
lungo l’assone (PA) che si propaga verso il SNC, veicolando l’info sensoriale al SNC
(img.pag.84)).
Per far si che uno STIMOLO VENGA RILEVATO, lo STIMOLO che agisce sui recettori
sensoriali deve avere un’intensità tale da raggiungere lo STIMOLO DI SOGLIA, il quale si
definisce come lo stimolo di più bassa intensità che può essere efficacemente rilevato.
Affinchè uno stimolo sia rilevabile è necessario che provochi la comparsa di
POT.RECETTORI sufficientemente ampi da attivare una o più vie afferenti primarie.
L’applicazione di stimoli di intensità inferiori alla SOGLIA può produrre dei
POT.RECETTORE SOTTOSOGLIA non in grado però di generare PA e quindi risulta
irrilevabili.
Altra caratteristica dei recettori sensoriali da tenere in considerazione nella
TRASD.SENSORIALE è l’ADATTAMENTO, cioè la modificazione del modo in cui i recettori
rispondono a stimoli sequenziali e prolungati, permettendogli di segnalare in maniera
ottimale particolari tipi di info sensoriali. Ad es. si possono avere: recettori a LENTO
ADATTAMENTO genera una scarica ripetitiva di PA in risposta ad uno stimolo
prolungato; recettori a RAPIDO ADATTAMENTO generano solo pochi PA in risp. ad uno
stimolo prolungato.

Campi recettivi il CAMPO RECETTIVO di un NERUONE SENSORIALE può essere definito


come la regione la cui stimolazione provoca l’eccitazione del neurone sensoriale (es.
piccola regione cutanea infossata, provoca attivazione rec.sensoriale). I NEURONI del
SNC presenta un CAMPO RECETTIVO notevolmente più grande rispetto ai SENSORIALI,
(cioè necessita della stimolazione di una “regione” maggiore x poter essere attivati) in
quanto il CAMPO RECETTIVO dei NEURONI SNC è dato dalla somma dei CAMPI
RECETTIVI dei singoli recettori sensoriali che lo influenzano.
I CAMPI RECETTIVI risultano generalmente: ECCITATORI x n.sensoriali; INIBITORI o
ECCITATORI o COMPLESSI (comprendono al loro interno aree che eccitano e aree che
inibiscono) x n. SNC.

CODIFICAZIONE SENSORIALE

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Una volta che lo STIMOLO ambientale viene TRASDOTTO, esso deve essere CODIFICATO.
Per codifica si intende la traduzione di certi aspetti dello stimolo in maniera da poter
essere poi interpretati dal SN. Alcuni degli aspetti dello stimolo che vanno ad essere
CODIFICATI sono:
• modalità sensoriale si intende una classe si sensazioni (es. dolore-pressione-
freddo-caldo-visione-udito-olfatto-tatto). La codifica del tipo di modalità
sensoriale dipende dalla natura del recettore sensoriale, ad es. la sensazione
tattile può essere data in seguito a stimoli meccanici – sensazione visiva in
seguito a luce-stimoli meccanici-stimoli elettrici.
• localizzazione spaziale la localizzazione spaziale di uno stimolo è data
dall’attivazione una certa popolazione di neuroni sensoriali interessati dallo
stimolo. Tale info può essere codificata dal SNC x mezzo di una mappa nervosa
(es. mappa somatotopica: neuroni della corteccia somatosensitiva ricevono info
da regioni corrispondenti della superficie corporea – mappa retino topica – ecc)
• soglia
• intensità può essere codificata in base:
• FREQUENZA DI SCARICA dei potenziali
• NUMERO dei recettori attivati: i N.CENTRALI che ricevono afferenze da
una particolare classe di N.SENSORIALI, sono attivati + intensamente
quando viene attivato un num. maggiore di n.afferenti primari. La
MAGGIOR ATTIVAZIONE N.SENSORIALI si traduce nella percezione di uno
stimolo di maggiore intensità.
Stimoli di INTENSITA’ DIVERSA, possono attivare TIPI DI REC.SENSORIALI
DIVERSI, ad es. uno stimolo meccanico lieve applicato alla cute
provocherà esclusivamente l’attivazione di MECCANOCETTORI, mentre
uno stimolo meccanico + intenso potrà attivare sia MECCANOCETTORI-
NOCICETTORI.
• Frequenza può essere codificata da una serie di PA i cui intervalli tra i potenziali
corrispondono esattamente agli intervalli tra gli stimoli. Oppure in seguito alla
frequenza media di scarica di treni di PA.
• Durata stimolo

TRASMISSIONE SINAPTICA (cap.6)


La TRASMISSIONE SINAPTICA è il principale processo attraverso il quale segnali elettrici
vengono trasferiti tra 2 NEURONI o tra NEURONE-CELL.MUSCOLARE o NEURONE-
RECETTORE SENSORIALE.
Il punto nel quale il SEGNALE ELETTRICO viene passato da una cellula all’altra viene
definita SINAPSI, la quale può essere CHIMICA o ELETTRICA.

SINAPSI ELETTRICHE (gap junction) (img.pag.91)


Una SINAPSI ELETTRICA è una via a bassa resistenza attraverso la quale la corrente può
fluire direttamente da una cellula all’altra. Tali sinapsi si trovano in numerose zone
cerebrali (oliva inferiore – bulbo olfattivo – ms – cervelletto – talamo – ecc).
Morfologia e funzionamento sinapsi elettriche la morfologia è quella della GIUNZIONI
COMUNICANTI.
Nel loro funzionamento le sinapsi elettriche risultano rapide cioè la corrente fluisce
direttamente da una cellula all’altra senza presentare ritardo sinaptico; bidirezionali
cioè la corrente generata in ciascuna delle 2 cellule può fluire da una cellula all’altra e
viceversa.
Caratteristiche gap junction:
• accoppiamento elettrico delle gap junction può essere altamente specifico vale
a dire che i neuroni costituiscono gap junction con neuroni del loro stesso tipo.

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Ciò comporta che possono esistere reti indipendenti di neuroni accoppiati


elettricamente.
• modulabilità le proprietà delle sinapsi elettriche possono venire ad essere
modulate da parecchi fattori: voltaggio – pH intracellulare – [Ca2+]. Inoltre sono
sottoposte a regolazione ad opera di recettori accoppiati a proteine G. Tutti
questi fattori possono modificare l’accoppiamento tra le cellule, andando a
modificare: CONDUTTANZA DEI CANALI – FORMAZIONE DI NUOVE GAP
JUNCTION – RIMOZIONE DI GAP JUNCTION GIA’ ESISTENTI.

SINAPSI CHIMICHE
A differenze delle SINAPSI ELETTRICHE, in quelle CHIMICHE non vi è alcuna
comunicazione diretta tra il citosol delle 2 cellule. Al contrario, le memb. plasm.
Risultano separate da una fessura di circa 20μm e l’interazione tra cellule avviene
attraverso intermediari chimici (NEUROTRASMETTITORI).
Tali sinapsi sono in generale UNIDIREZIONALI e possiamo perciò distinguere un
elemento PRESINAPTICO che è costituito dalla porzione terminale assone, contenente
al suo interno piccole vescicole dove sono racchiuse internamente i
NEUROTRASMETTITORI. Inoltre nella membrana della CELL.PRESINAPTICA, giustapposta
alla POSTSINAPTICA, sono presenti ZONE ATTIVE, cioè zone formate da proteine
implicate nella liberazione del neurotrasmettitore. Inoltre a livello della terminazione
presinaptica sono presenti MITOCONDRI e RET.ENDOPLASMATICO RUVIDO. Nella
MEMB.PLASM. della CELL.POSTSINAPTICA sono presenti dei recettori x i
neurotrasmettitori.
Le giunzioni chimiche possono andare a stabilirsi tra parti diverse dei neuroni, possiamo
infatti avere:
• SINAPSI ASSODENDRITICHE (o ASSOSOMATICHE) avviene tra ASSONE e
DENDRITI o SOMA
• SINAPSI ASSOASSONICHE ASSONE-ASSONE
• SINAPSI DENDRODENTRICHE DENDRITI –DENDRITI
• SINAPSI DENDROSOMATICHE DENDRITI – SOMA

Funzionamento della sinapsi chimica: il processo di trasmissione sinaptica inizia con


l’arrivo di un PA nella terminazione pre-sinaptica:
1°step apertura canali Ca2+ voltaggio-dipendenti e ingresso Ca2+: il PA depolarizza la
terminazione e ciò induce l’apertura canali Ca2+ voltaggio dipendenti, permettendo così
al Ca2+ extracellulare di penetrare all’interno. Tuttavia il Ca 2+ penetra all’interno solo se
c’è un gradiente elettrochimico favorevole all’ingresso. [Ca2+]extracellulare è + elevata
rispetto [Ca2+]intracellulare e ciò favorisce l’ingresso di Ca 2+. Tuttavia, durante il picco del
PA il POT.MEMB. risulta POSITIVO (interno POSITIVO) e il gradiente di voltaggio si
oppone all’ingresso di Ca2+ a causa della loro carica positiva. Perciò al picco di PA,
nonostante i canali del Ca2+ siano aperti, entrano pochi Ca2+. Con l’esaurimento del PA, e
quindi la ripolarizzazione del POT.MEMB., che tende a ritornare negativo, si crea un
gradiente favorevole al Ca2+ (interno NEGATIVO) e ciò permette al Ca2+ di penetrare,
grazie ai canali Ca2+ che risultano aperti e che, nonostante il PA si stia esaurendo,
impiegano parecchi ms x chiudersi.
I canali Ca2+ voltaggio-dipendenti risultano localizzati nella membrana, in prossimità della
zona attiva.
2°step ↑ [Ca2+] innesca FUSIONE vescicole contenenti neurotrasmettitore con
memb.plasm: x poter fondersi alla memb.plasmatica, le vescicole devono essere
ANCORATE alle ZONE ATTIVE mediante l’interazione tra alcune proteine.
La memb. vescicolare è dotata di una proteina denominata sinaptotagmina,
responsabile dell’interazione VESCICOLA-Ca2+ e quindi dell’innesco ESOCITOSI della
vescicola. Essendo i canali voltaggio-dipendenti Ca2+ in prossimità dei siti di
ANCORAGGIO (VESCICOLA –ZONA ATTIVA), quando essi si aprono, si viene a formare, a

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livello della ZONA ATTIVA una piccola area con [Ca2+] elevate x un tempo inferiore 1 ms.
Quest’area a [Ca2+]elevata fa si che gli ioni Ca2+ si leghino alla SINAPTOTAGMINA e che
questo legame (si ipotizza) determini una modificazione nella conformazione di questa
proteina e quindi l’innesco dell’ESOCITOSI della VESCICOLA ANCORATA.
Riciclaggio vescicole deve esistere un processo inverso all’ESOCITOSI, altrimenti, non
solo diventerebbe difficile mantenere il corredo di vescicole, la superficie della memb.
presinaptica si estenderebbe ogni qual volta si verifica un processo di trasmissione
sinpatica, alterando la sua composizione molecolare e il suo stato funzionale finirebbe x
modificarsi.
Sono stati identificati 2 meccanismi di riciclaggio vescicole (img.pag.97):
• Via dell’ENDOCITOSI nella memb.plasmatica vanno a formarsi piccole cavità che
successivamente si staccano formando, all’interno del citoplasma, vescicole
rivestite. Queste vescicole perdono poi il loro rivestimento e vanno incontro a
trasformazioni: acquisiscono un corredo di proteine di membrana (utile x
l’ancoraggio – innesco – fusione) – si riempiono di NEUROTRASMETTITORE.
Ridivenendo delle VESCICOLE pronte x rilasciare il NEUROTRASMETTITORE.
• Fusione TRANSITORIA della vescicola alla memb.plasmatica (mordi e fuggi)
molto + veloce del precedente. La vescicola si fonde transitoriamente e non
avviene un’incorporazione completa con la memb.. In particolar modo la fusione
transitoria della VESCICOLA con MEMB., porta alla formazione di un poro
attraverso il quale passerà il NEUROTRASMETTITORE. La durata di questa fusione
è molto breve e appena cessa, la vescicola si stacca dalla memb. e si RISIGILLA
(la vescicola mantiene la propria identità). Dopodichè il contenuto va ad essere
ripristinato e in questo modo la VESCICOLA risulta nuovamente pronta x essere
utilizzata.
I meccanismi specifici di queste vie non sono ancora stati chiariti e la loro importanza
risulta ancora in discussione. Un’ ipotesi potrebbe essere: la rapidità del processo “mordi
e fuggi” può contribuire a evitare il problema di deplezione e del conseguente arresto
della trasmissione sinaptica, in periodi di elevata attività.
3° step liberazione NEUROTRASMETTITORE nello SPAZIO SINAPTICO, legame con
SPECIFICO RECETTORE – gensi PA POSTSINAPTICO: il legame del
NEUROTRASMETTITORE con specifici recettori, provoca l’apertura di CANALI IONICI
presenti nella memb.postsinaptica, determinando variazioni del POT.MEMB che
modificano l’eccitabilità della cellula.
L’eccitabilità della cellula può AUMENTARE o DIMINUIRE, determinando rispettivamente
un POT.POST-SINAPTICO ECCITATORIO – INIBITORIO.
I canali a quali si legano i neurotrasmettitori, vengono definiti come canali ligando-
dipendenti, x il fatto che la loro apertura-chiusura sono controllate principalmente dal
loro legame con un NEUROTRASMETTITORE. Possiamo avere sinapsi caratterizzate da
una trasmissione sinaptica rapida dovuta alla presenza di RECETTORI IONOTROPI, o
trasmissione sinaptica lenta dovuta alla presenza RECETTORI METABOTROPI.
TRASMISSIONE SINAPTICA RAPIDA il neurotrasmettitore si lega a REC.IONOTROPI,
dove il canale ionico è parte dello stesso recettore. È stato osservato che i PORI di molti
di questi canali, sono relativamente ampi e perciò permettono il passaggio con uguale
facilità di molti cationi. Il flusso di CATIONI entranti/uscente (a seconda di quale
neurotrasmett. viene regolato il canale) genera una corrente netta (cioè data dalla
somma delle correnti provenienti dal flusso di ogni specie cationica passante x il poro)
che prende il nome di corrente postsinaptica (es.pag.98). Il flusso di ioni determina
un’alterazione delle condizioni elettrochimiche intra-extra cellulari, e quindi una
VARIAZIONE DI POTENZIALE, che se intenso può indurre a PA.
Nei REC.IONOTROPI si assiste ad una durata minore della CORRENTE POSTSINAPTICA
rispetto al POT.POSTSINAPTICO (EPSP= Excitatory Postsynaptic Potential) che si genera
(img.pag.99). Il tempo di durata della corrente postsinaptica corrisponde al tempo
durante il quale il CANALE RIMANE APERTO. La breve durata è dovuta al fatto che il

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NEUROTRASMETTITORE agisce solo x un tempo molto breve (qualche ms) in quanto va


ad essere allontanato rapidamente dalla fessura sinaptica da specifici meccanismi di
degradazione o riassunzione nella terminaz.sinaptica. Il distacco provoca la chiusura
rapida del canale e quindi l’altrettanta rapida interruzione della corrente postsinaptica.
Il POT.POSTSINAPTICO decade più lentamente in quanto la sua durata dipende dalle
proprietà passive della memb.cell. (cioè dalla sua Resist. e dalla sua Capacità). La lunga
durata di questi potenziali è funzionalmente importante perché fa si che i potenziali
possono tra loro sovrapporsi e quindi sommarsi. Tale SOMMAZIONE ha un ruolo
fondamentale x le proprietà integrative dei neuroni.

INTEGRAZIONE SINAPTICA
I PA vengono generati a livello del CONO EMERGENZA, in quanto in questa zona è
presente una densità maggiore di canali Na2+ voltaggio-dipententi, rispetto alle altre, e
perciò la soglia x l’insorgenza del PA è PIU’ BASSA.
Di conseguenza, è la somma dei POT. sul CONO EMERGENZA, ad essere cruciale x
l’insorgenza del PA. A tal proposito, i POT. generati da sinapsi prossime al CONO
EMERGENZA (su SOMA o DENDRITI PROSSIMALI), indurranno (a livello cono emergenza)
una depolarizzazione + ampia di quanto non facciano i POT. applicati + distanti dal
CONO EMERGENZA (DENDRITI DISTALI) (img.pag.100). per spiegare ciò dobbiamo rifarci
al concetto di COSTANTE LUNGHEZZA: in sinapsi che generano un FLUSSO DI CORRENTE
POST-SINAPTICA della stessa ampiezza, ma localizzate a distanze diverse rispetto al
CONO EMERGENZA, si avrà che dalla sinapsi più lontana arriverà al cono emergenza una
frazione minore di corrente, rispetto alla sinapsi posta + prossimalmente, e ciò
determinerà un POT.POST-SINPATICO più piccolo (img. A pag.100).
Integrazione di POT.POST-SINAPTICI ECCITATORI (EPSP) la maggior parte dei EPSP
applicati in prossimità delle sinapsi SNC, anche di quelle disposte in posizione favorevole
(vicino CONO EMERGENZA), sono di x sé troppo piccoli perché possano raggiungere la
SOGLIA DI SCARICA della cell.post-sinaptica un PA insorge solo quando la somma delle
eccitazioni provenienti dalle numerose afferenze raggiungerà la SOGLIA. Tale
integrazione è possibile grazie alle proprietà dei potenziali di:
• SOMMAZIONE TEMPORALE: è la proprietà che 2 EPSP asincroni hanno di
sommarsi. Tale proprietà si realizza quando 2 EPSP, provenienti da afferenze
diverse o anche dalla stessa sinapsi, vengono applicati entro un breve intervallo
di tempo l’uno dall’altro. Il fatto che i EPSP abbiano un lungo decorso temporale
facilita questo tipo di integrazione sinaptica.
• SOMMAZIONE SPAZIALE: è la proprietà che i EPSP hanno, di interagire e quindi
sommarsi tra loro, in base alla sede in cui vengono applicati (soma – dendriti). Più
i 2 POT. applicati sono distanti maggiore è l’effetto di sommazione. Al contrario,
più sono vicini minore è l’effetto di sommazione (img. B-D pag.100), in seguito
ad un effetto di CORTOCIRUCITO: i canali di memb. posti al di sotto di una sinapsi
si aprono, determinando una minore resist. memb., alla quale poi segue
l’apertura dei canali nella SINAPSI VICINA, provocando un ulteriore
abbassamento della resist. memb. La BASSA RESIST. della memb. impedisce un’
ottimale diffusione della corrente, di conseguenza al CONO EMERGENZA
giungerà una quota minore di corrente. La somma dei EPSP derivanti da sinapsi
vicine provocano un EPSP complessivo di intensità minore rispetto a quello
generato da sinapsi lontane. Ciononostante i EPSP che vengono a combinarsi
avranno un’ampiezza maggiore rispetto ai EPSP generati isolatamente dalle
sinapsi.
Integrazione di POT.POST-SINAPTICI INIBITORI (IPSP) a differenza dei EPSP, i IPSP
presentano un effetto SOTTRATIVO sul POT.MEMB. rendendolo più negativo e perciò
allontanandolo dalla soglia. Come x i EPSP, l’efficacia di un IPSP varia a seconda della
sua sede di insorgenza.
Oltre alla SOTTRAZIONE ALGEBRICA, presentano un’azione inibitoria mediante

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MECC.CORTOCIRCUITO (stesso degli EPSP), con l’obiettivo di ridurre l’ampiezza EPSP e


renderli meno efficaci.

L’integrazione sinaptica, non si basa solamente sulle proprietà dei POT. ECC. – INIBITORI,
ma risulta più complessa, in quanto ci sono altri aspetti che modulano l’att.sinaptica:
• coinvolgimento attivo della memb. cell. recenti prove sperimentali, hanno
dimostrato che i DENDRITI – CORPI CELLULARI della maggior parte dei neuroni
(se non addirittura tutti), contengono canali regolati, che attivandosi possono
andare a modificare i EPSP – IPSP (es.pag.101).
• le singole sinapsi possono aumentare o ridurre la loro forza in funzione del loro
USO o ATTIVITA’ in generale l’attivazione di una sinapsi produce una risposta
(nella cellula post-sinaptica) che sarà all’incirca sempre la stessa ogni qualvolta
viene ad essere generata. Ci sono però alcune caratteristiche nell’attivazione
sinaptica (es.modificazioni a livello term.presinaptiche es.pag.102-103), che
possono indurre delle variazioni nella risposta alle successive attivazioni della
sinapsi. Tali modificazioni dipendenti dall’uso possono avere durata BREVE (ms)
o LUNGA (min – giorni), andando a potenziare o ridurre la forza delle sinapsi.
Queste modificazioni stanno alla base (probabilmente) di cap.cognitive come
APPRENDIMENTO – MEMORIA.

POTENZ.POSTSINPATICO nella sinapsi MUSCOLO-MOTONEURONE e altri neuroni nel


caso di SINAPSI ECCITATORIE, i PA provocano l’insorgenza di una PA nella cellula
postsinaptica (aumento eccitabilità cellula). Nel caso dei motoneuroni che innervano le
cellule muscolari, il PA che deriva dal motoneurone è così ampio che in condizioni
normali esso depolarizza il sarcolemma della fibra muscolare ben al di sopra della
soglia del PA. Il fatto che ogni cell.muscolare riceve contatti sinaptici da un unico
motoneurone, in grado di generare sempre un PA e quindi la contrazione della
cell.muscolare, implica che il SN ha di fatto preso la decisione di far contrarre il muscolo.
Nel caso invece della maggior parte di altri neuroni, essi ricevono migliaia di sinapsi
eccitatorie da cell.diverse, dove ciascuna sinapsi genera un piccolo POT.POST-
SINAPTICO di intensità di molto inferiore a quella necessaria x il raggiungimento della
soglia, e perciò x innescare un PA nel neurone post-sinaptico è necessario che si
sommino i POT. di numerose sinapsi.

Oltre alle s.chimiche o elettriche, ce ne sono altre di diverso tipo (trafiletto pag.90)

NEUROTRASMETTITORI
Sono sostanze che mediano la TRASMISSIONE CHIMICA di segnali tra neuroni. Perché
una sostanze possa essere considerata un neurotrasmettitore, deve soddisfare alcuni
criteri:
• presenza di queste sostanze a livello delle terminazioni presinaptiche.
• La cellula deve essere in grado di sintetizzarla.
• deve essere rilasciata x DEPOLARIZZAZIONE.
• Presenza di recettori SPECIFICI x quella sostanza, nella memb.postsinaptica
PROCESSO DI TRASMISSIONE SINAPTICA – oppure – presenza di recettori
SPECIFICI localizzati al di fuori delle sinapsi PROCESSO DI TRASMISSIONE NON
SINAPTICO.
Si conoscono più di 100 sostanze aventi tutti o quasi i precedenti requisiti. Queste
sostanze possono essere suddivise in 3 categorie principali:
• N. a BASSO PESO MOLECOLARE:
• ACETILCOLINA funge da neurot. nel:
• SNP: a livello giunz. neuromuscolari – gangli simpatici – gangli
parasimpatici – fibre postgangliari provenienti da tutti i gangli
parasimpatici e di alcuni gangli simpatici.

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• SNC: nei n. di alcuni nuclei del TE – gangli della base – ms


L’A. viene sintetizzata dall’enzima COLINA ACETIL TRASFERASI partire da:
ACETIL CoA + COLINA. Il processo di sintesi avviene nel citoplasma delle
terminazioni presinaptiche colinergiche.
Una volta rilasciata, l’azione dell’ac. viene ad essere bloccata dall’azione
dell’ACETILCOLINESTERASI, enzima molto concentrato nella fessura
sinaptica, determinando l’idrolisi in: ACETATO – COLINA. La COLINA andrà
ad essere riassorbita nella terminazione presinaptica attraverso un
simporto associata al Na+, localizzato nella memb. della presinaptica.
La degradazione dell’ac. è un meccanismo inusuale x i neurotrasmettitori,
i quali di solito subiscono la riassunzione ad opera di una serie di proteine
specializzate.
• AA i più importanti aa che agiscono da neurot. sono:
• GLUTAMMATO: è il principale neurot. eccitatorio del SNC,
nonostante la sua caratteristica di ubiquità (può essere sia
INIBITORIO – ECCITATORIO). La funzione eccitatoria viene
espletata provocando depolarizzazione della cellula e il suo
rilascio dai neuroni.
Il GLUT. è anche una potente neurotossina e perciò è necessario
che la sua attività venga efficacemente limitata dopo il rilascio,
non solo x far si che si abbia una trasmissione sinaptica normale,
ma anche x prevenire la morte della cellula. La limitazione del
GLUT. è mediato da proteine di memb. (presinapitca)
trasportatrici.
Il GLUT. è il precursore del GABA.
• GABA: è il principale neurot. INIBITORIO del SN. Viene prodotto a
partire dal GLUT. x azione di uno specifico enzima (ac. glutamico
decarbossilasi) che si trova solo nei n. che utilizzano il GABA
come neurot.
I n. che utilizzano GABA (GABAergici) sono: INTERNEURONI LOCALI
– diverse REGIONI CEREBRALI – CELL.PURKINJE, rappresentano
l’unica uscita dalla corteccia del cervelletto e in virtù dell’utilizzo
del GABA, l’attività cerebellare agisce sopprimendo l’att. dei
propri bersagli (nuclei cerebellari – vestibolari).
• GLICINA: agisce da neurot. INIBITORIO in regioni molto più
circoscritte. N. che utilizzano GLICINA (glicinergici) sono presenti:
MS (dove rappresentano la metà delle sinapsi inibitorie) – parte
inferiore TE – CERVELLETTO – RETINA.
La GLICINA ha un importante ruolo anche a livello dei RECETTORI
ECCITATORI DEL GLUTAMMATO (del tipo NMDA), poiché il suo
legame con questi rec. è essenziale perché si abbia l’apertura del
canale ionico che questi regolano. A livello di queste sinapsi
agiscono quindi come co-neurotrasmettitore.

Sia GLICINA – GABA, dopo il rilascio vengono ad essere riassunti


nella term. Presinaptica o nelle cell. gliali vicine, mediante
trasportatori di memb. ad alta affinità accoppiati a Na +-Cl- con
meccanismo di simporto: viene portato dentro 1 GLICINA (o
GABA) ogni 2 Na+ o 1 Cl- portati dentro.
• AMMINE BIOGENE molti neurot. di questa categoria, agiscono al di fuori
del SN come ormoni: DOPAMINA – NORADRENALINA (norepinefrina) –
ADRENALINA (epinefrina) – SEROTONINA – ISTAMINA.
La biosintesi di DOPAMINA – NORADRENALINA – ADREANALINA (sono
catecolamine) è comune fino alla produzione di DOPAMINA. Da qui, a

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seconda della tipologia di neurot. si procede:


DOPAMINA la TIORSINA viene convertita a L-DOPA (enzima tirosin-
idrossialsi). L-DOPA viene convertita in DOPAMINA da dopa-
decarbossilasi.
NORADRENALINA La DOPAMINA viene convertita in NORADRENALINA
da dopamina BETA-idrossilasi.
ADRENALINA Dalla NORADRENALINA si ottiene l’ADRENALINA, grazie
all’aggiunta di un gr.metilico.
La biosintesi SEROTONINA deriva a partire dall’ aa TRIPTOFANO 5-
IDROSSI TRIPTOFANO – SEROTONINA.
La biosintesi ISTAMINA deriva dall’ISTIDINA.
Le AMINE BIOGENE rilasciate a livello sinaptico, vengono ad essere
rimosse attraverso riassunzione nella glia e nei neuroni, servendosi di
trasportatori Na+-Cl-.
Le cell.nervose che utilizzano AMINE come neurot. sono localizzate a
livello dei NUCLEI TE, che per la maggior parte proiettano a VASTE AREE
CEREBRALI.
L’att. delle AMINE è implicata nella regolaz. livello stato di vigilanza
(sonno, veglia) – attenzione – umore – funz. omeostatiche. Inoltre la
NORADRENALINA trova implicazioni nel SNP, in quanto utilizzata nelle
cell.postgangliari simpatiche.
• PURINE anche l’ATP può svolgere azione di neurotrasmettitore o co-
neurotrasmettitore a livello di sinapsi del SNC – SNP. ATP è presente in
tutte le vescicole sinaptiche e perciò viene co-rilasciato durante la
trasmissione sinaptica. L’ATP presenta dei propri recettori specifici, che
come x tutti gli altri neurot., sono accoppiati a canali ionici. Oppure l’ATP
può andare a modificare l’azione di altri neurotrasmettitori con i quali
viene co-rilasciato: NORADRENALINA – SEROTONINA – GLUTAMMATO –
DOPAMINA – GABA.
La rimozione di ATP dallo spazio sinaptico avviene attraverso scissione in
ADENOSINA, che può essere assunta di nuovo dalla terminazione
presinaptica.
• PEPTIDI sono costituiti da 3-40 aa. E sono presenti in diversi n. del SNC. Finora
sono stati identificati più di 100 neuropeptidi, che possono essere classificati in
diversi gr.funzionali (tab.pag.109).
Molti dei n. che rilasciano NEUROTRASMETTITORI BASSO P.MOLECOLARE,
liberano anche NEUROPEPTIDI. Comunque, oltre a essere co-rilasciati insieme
ad altri neurot., i NEUROPEPTIDI possono agire anche come neurot. unici o
primari.
Per certi aspetti i NEUROPEPT. assomigliano ai NEUROTRASMET.: vengono
accumulati nelle vescicole sinaitiche – il rilascio dipende da Ca 2+ - si legano a
REC.SPECIFICI presenti sui n.bersaglio.
Per altri aspetti, si differenziano:
• Mentre i NEUROT. CLASSICI sono sintetizzati nella term. Presinaptica, i
NEUROPEPTIDI vengono sintetizzati nel CORPO CELLULARE e poi
trasportati alle term.. I NEUROPEPTIDI vengono stipati all’interno di
GRANDI VESCICOLE che si trovano diffusamente nella
terminaz.presinaptica, piuttosto che nelle PICCOLE VESCICOLE addensate
alle ZONE ATTIVE, a livello delle quali vengono immagazzinati i
NEUROTRASM. DI BASSO PESO MOLECOLARE.
Tale differenza, trova una spiegazione funzionale nel fatto che, le
VESCICOLE contenenti NEUROT. BASSO PESO MOLECOALRE, x la loro
vicinanza alle ZONE ATTIVE, possono essere rilasciate rapidamente
(<1ms) in risposta a singoli PA a seguito dell’ingresso localizzato Ca2+.

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Perciò la stimolazione a BASSA FREQUENZA della cellula induce solo la


LIBERAZIONE DEL NEUROT. NON PEPTIDICO. Al contrario, con frequenze
di stimolazione + elevate del n.presinaptico si verifica un aumento
generalizzato di Ca2+ a livello della term. nervosa e ciò provoca il rilascio
del NEUROPEPTIDE oltre che del NEUROTRASMETTITORE NON
PEPTIDICO.
• I recettori x i neuro peptidi non si trovano solo a livello delle sinapsi, ciò
permette al neurot. di potersi diffondere a livello di intere regioni
cerebrali, dove i n. presentano rec. specifici x il neuropept., invece che
agire semplicemente a livello della specifica sinapsi dalla quale sono stati
liberati.
• In generale l’azione dei neuro peptidi non è limitata da meccanismi di
riassunzione. Ciò permette di poter agire x lunghi periodi di tempo.
Quando i NEUROPEPTIDI vengono co-rilasciati insieme a NEUROT. NON PEPT.,
possono agire in modo SINERGICO o ANTAGONISTICO.
Possiamo distinguere delle tipologie di NEUROPEPTIDE:
• PEPTIDI OPPIOIDI gli OPPIACEI sono composti derivanti dal papavero
dell’oppio. I composti che NON derivano dal papavero dell’oppio ma che
sono in grado di legarsi ai RECETTORI DEGLI OPPIACEI, vengono definiti
OPPIOIDI e formano una classe di NEUROPEPTIDI.
Le 3 principali classi di neuro peptidi sono: encefaline – endorfine –
dinorfine.
I PEPTIDI OPPIOIDI sono presenti in molti neuroni del SNC – n.intrinseci
app.gastrointestinale.
Gli oppioidi esercitano azioni inibitorie su n.cerebrali coinvolti nella
percezione dolore. In effetti i PEPTIDI OPPIOIDI sono tra i più potenti
analgesici conosciuti. Questo effetto analgesico viene esercitato
legandosi ai recettori x gli oppiacei.
• SOSTANZA P è un peptide a 11 aa. È presente in: n.cerebrali – n.afferenti
primari – n.plessi nervosi del tratto gastrointestinale. La SOSTANZA P è
implicata nella trasmissione del dolore ed esercita un potente effetto
sulla m.liscia.
• N. GASSOSI
Classe di neurot. scoperta più di recente. A differenze degli altri neurot., essi non
vengono accumulati in vescicole e non diffondo x esocitosi ma sono
estremamente permeanti e diffondono semplicemente dalle terminaz.
sinaptiche alle cellule vicine, dopo che sono stati sintetizzati. La loro sintesi
viene innescata dalla depolarizzazione della terminaz. Nervosa (gli enzimi stessi
vengono attivati dall’ingresso Ca2+).
La limitazione della loro azione è determinata (non da meccanismi di
riassunzione né da degradazione enzimatica), dalla SEMPLICE DIFFUSIONE o dal
LEGAME CON ANIONI SUPEROSSIDI o VARIE PROTEINE preposte alla loro
eliminazione.
Sono esempi di N.GASSOSI: monossido azoto (NO) – monossido carbonio (CO). Il
NO è un neurot. che agisce a livello delle sinapsi tra motoneuroni inibitori del SN
enterico e le cell.muscolari lisce del tratto gastro-intestinale, ma può anche
agire a livello SNC.
Oltre ad agire come neurot., il NO agisce da molecola di trasduzione del segnale
cellulare sia nei n. che cell. non nervose (es.pag.110).

RECETTORI PER NEUROTRASMETTITORI


Esiste una varietà di recettori x ciascun neurot. Tali recettori possono appartenere alla
famiglia:

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• CANALI IONOTROPI (canali ionici regolati da ligandi) (img.pag.112) sono


proteine complesse che possiedono un sito di legame extracellulare x il neurot.
e formano un canale ionico (poro) che attraversa la memb.. Il recettore è
composto da più sub unità proteiche (da 3 a 5), ciascuna delle quali possiede
una serie di domini che attraversano da parte a parte la memb., alcuni dei quali
formano la parete del canale ionico.
Il legame con il neurot. modifica (di solito aumenta) la probabilità che il canale
si apra, permettendo il passaggio al flusso di ioni e quindi la creazione di un
evento post-sinaptico. Gli eventi post-sinaptici mediati da questi canali sono
RAPIDI (qualche ms) e possono essere sia INIBITORI – ECCITATORI.
• CANALI METABOTROPI (recettori accoppiati a proteine G) non sono canali
ionici. Tali recettori, a differenza degli ionotropi, mediano eventi post-sinaptici
LENTI (durata da qualche ms a min).
A seconda del NEUROT., distinguiamo:
• Recettori x ACETILCOLINA sono stati suddivisi in 2 classi:
• Recettori NICOTINICI: vengono definiti tale in seguito alla loro capacità di
legarsi alla nicotina. Fanno parte della famiglia degli IONOTROPICI.
Questi canali contengono 1 canale cationico relativamente NON
selettivo, x cui il legame con l’ACETILCOLINA genera un evento post-
sinaptico ECCITATORIO (EPSP).
Da un punto di vista strutturale, sono pentomeri composti da 5 tipologie
di sub unità: α-β-γ-δ-ε che possono essere presenti in numero diverso
(es. giunz. neuromuscolare canale composta da: 2α- β-γ-δ-ε; SNC canale
composto da: 3α- 2β). Tale differenza genera diverse sensibilità
farmacologiche, cinetiche di canale e selettività.
I rec.nicotinici mediano la trasmissione sinaptica nelle
GIUNZ.NEUROMUSCOLARE e anche all’INTERNO SNC.
• Recettori MUSCARINICI: vengono definiti tale in seguito alla loro capacità
di legarsi alla muscarina. Esistono 5 diverse tipologie (M1 a M5), che
fanno tutte parte della famiglia dei METABOTROPICI ma che si
differenziano x l’accoppiamento a proteine G diverse con conseguenti
effetti differenti sulle cellule (es. M1-M3-M5 sono accoppiati a prot. G
non sensibili a tossina pertosse – M2-M4 sono accoppiati con prot.G
sensibili a tossina pertosse).
• Recettori x AA INIBITORI: GABA – GLICINA le + comuni sinapsi inibitore del SNC
utilizzano la GLICINA – GABA. Le sinapsi glicinergiche predominano nel MS,
mentre quelle GABAergiche nel cervello.
I recettori x GLICINA e GABA sono IONOTROPICI, ciascuno di questi recettori ha
un canale x il Cl- che si apre quando il LIGANDO si unisce alla porzione
recettoriale. Quindi la probabilità di apertura di questi canali e il loro tempo di
apertura sono controllati dalla concentrazione del neurotrasmettitore con cui si
lega in maniera spefica.
RECETTORI X GLICINA sono pentameri che possono essere sia ETEROMETRICI
delle sub unità α-β sia OMOMERI. Tali varianti sono espressi in modo diverso nel
corso delle sviluppo e nelle varie regioni cerebrali. La composizione molecolare
appare correlata con la loro localizzazione nella cellula: ETEROMETRI situati a
livello postsinaptico – OMOMERI situati in sede extrasinaptica. Ciascuna variante
induce la formazione di recettori con conduttanza, cinetica, affinità x gli agonisti
e antagonisti, diversi.
RECETTORI X GABA si conoscono REC.IONOTROPI (GABA A – GABA C) e
REC.METABOTROPI (GABA B). I GABA A sono eterometri generati da 7 classi di
sub unità. Le diverse sub unità conferiscono ai recettori proprietà diverse (es.
GABA A è il bersaglio delle BENZODIAZEPINE – BARBITURICI e può essere
influenzate da entrambi (pag.113), mentre i GABA C sono strutturalmente simili

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ai GABA A ma hanno profili farmacologici diversi, ad es. non vengono influenzati


dalle BENZODIAZEPINE).
Il recettore GABA B, quando viene ad essere legato con GABA, attiva PROTEINA G
che porta all’attivazione canali K+ e perciò induce iperpolarizzazione della
cell.postsinaptica e inibizione canali Ca2+ con conseguente riduzione rilascio
neurotrasmettitori.
• Recettori x AA ECCITATORI: GLUTAMMATO si hanno dei recettori che possono
essere sia IONOTROPICI che METABOTROPICI. In base alle loro prop.
farmacologiche e alle SUBUNITA’ che li compongono, si sono identificati più
sottotipi di REC.IONOTROPICI: AMPA – NMDA – KAINATO. Tutti questi canali
ionotropici sono ECCITATORI e contengono un canale selettivo x cationi, perciò
sono permeabili agli Na+ - K+, ma solo una parte di essi è permeabile al Ca2+.
Il funzionamento di AMPA – KAINATO è lo stesso degli altri canali ionototropici,
mentre NMDA presenta delle peculiarità: x potersi aprire richiedono il legame sia
del GLUTAMMATO – GLICINA. Presentano sensibilità al voltaggio perché
possono essere bloccati dagli Mg2+: a POT. DI RIPOSO 1 Mg2+ blocca l’ingresso del
canale, cosicché attraverso di esso non fluisce corrente anche quando è legato
GLUTAMMATO – GLICINA. Tuttavia se la cell. viene DEPOLARIZZATA, il blocco
Mg2+ viene rimosso e la corrente può fluire. Altra caratteristica riguarda la loro
permeabilità al Ca2+. La combinazione delle 2 caratteristiche, sensibilità al
voltaggio - permeabilità al Ca2+, ha permesso di formulare l’ipotesi del loro
coinvolgimento nell’apprendimento – funzioni correlate a memoria.
Per quanto riguarda i REC.METABOTROPICI, sono classifica in 3 gruppi: GR. I si
trova a livello post-sinaptico – GR. II-III si trovano a livello pre-sinaptico. Questi
recettori, generano EPSP lenti.
• Recettori x le PURINE (ATP) si hanno RECETTORI IONOTOTROPICI – RECETTORI
METABOTROPICI. Dei RECETTORI IONOTOTROPICI, sono stati identificati 7 tipi
sub unità, la cui distribuzione varia all’interno del cervello. Questi recettori in
genere, formano un canale cationico che è permeabile agli Na+ - K+ - Ca2+.
I REC.METABOTROPICI sono caratterizzati dal fatto che attivano correnti K+ e
modulano sia correnti REC. NMDA – correnti Ca2+ voltaggio-dipendenti.
• Recettori x AMINE BIOGENE sono tutti REC.METABOTROPICI a parte una classe
di REC. x la SERATONINA che sono IONOTOTROPICI. Perciò da questi rec. si
avranno eventi post-sinaptici lenti.
• Recettori x NEUROPEPTIDI sono essenzialmente tutti di tipo METABOTROPICO.
Possono essere localizzati non solo nelle sinapsi ma anche in altre zone, perciò
possono essere attivati da quei neuro peptidi presenti a livello extracellulare.
• Recettori x NEUROTRASMETTITORI GASSOSI non sono presenti recettori in
quanto diffondo x diffusione, e influenzano l’attività cellulare andando ad attivare
enzimi implicati in cascate di secondo messaggero. Inoltre è stativo visto che NO
modifica l’att. di altre proteine come i recettori NMDA e la POMPA Na+-K+ -
ATPasi.

SIST.SOMATOSENSITIVO (cap.7)
Nervi spinali
Sono nervi misti, cioè formati da (nella parte più vicina al midollo) fibre motorie
(somatiche-viscerali) e da fibre sensitive (somatiche-viscerali). Essi però a distanza dal
midollo tendono a separarsi, confluendo in altri plessi di nervi.
I nervi spinali sono 33 paia: 8 cervicali – 12 toracici – 5 lombari – 5 sacrali – 3 coccigei.
ORIGINE APPARENTE a livello della superficie laterale MS (fori intervertebrali).
ORIGINE REALE a livello corna MS (sost.grigia).
Ciascun nervo si forma x l’unione di 2 radici ANTERIORE-POSTERIORE a livello del foro

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intervertebrale:
Radice ANTERIORE Fornisce ai nervi spinali la componente motrice (effettrice). Questa
componente può essere:
• Motrice somatica costituita da motoneuroni alfa – gamma che hanno origine
nella radice anteriore e si dirigono rispettivamente alle fibre muscolari (m. alfa)
e ai fusi neuromuscolari (m.gamma)
• Motrice viscerale originano a dal corno laterale e sono diretti ad innervare la
m.liscia.

Radice POSTERIORE formata da FIBRE SENSITIVE, la cui origine apparente è a livello del
SOLCO LATERALE POSTERIORE, mentre l’origine reale è a livello dei neuroni
pseudounipolari dei GANGLI SPINALI, i quali sono localizzati lungo il decorso delle radici
posteriori (img.pag.63).
Questi neuroni vanno a costituire il SISTEMA SOMATOSENSITIVO, il quale fornisce al
SNC info sullo stato del corpo e sui suoi contatti con il mondo esterno.
Le info somatosensitive giungono grazie a NEURONI SOMATOSENSITIVI DI I°ORDINE
(sono neuroni pseudo unipolari), i quale presentano un CORPO localizzato nel GANGLIO
delle RADICI DORSALI e nei GANGLI dei NERVI CRANICI. Da ogni corpo si origina un
assone che dopo breve distanza si suddivide in un PROCESSO CENTRALE – PROCESSO
PERIFERICO.
PROCESSO PERIFERICO i RAMI PERIFERICI delle cellule gangliari si riuniscono tra loro e
formano i NERVI PERIFERICI. Questi nervi andranno ad innervare diverse parti del nostro
corpo e in prossimità di organi bersalgio, il processo periferico si suddivide
ripetutamente e la terminazione di ogni suo ramo terminale va ad essere incapsulata in
cellule accessorie, formando RECETTORI SENSITIVI. Tali recettori sono capaci di
trasdurre en.meccanica (pressione – stiramento – vibrazione) – en.termica in SEGNALI
ELETTRICI. Questi segnali elettrici vengono ad essere generati all’estremità distali delle
fibre nervose somatosensitive.
PROCESSO CENTRALE sono fibre delle cellule gangliari che se originano da cellule
GANGLI delle RADICI POSTERIORI, penetrano nel MS, mentre se originano da cellule
GANGLI dei N.CRANICI, penetra nel TE. Le RADICI DORSALI di un lato di ogni segmento
spinale sono formati esclusivamente da PROCESSI CENTRALI.
Dalle fibre del processo centrale si originano diverse ramificazioni che possono
contrarre sinapsi con diversi tipi di cellule. Le sedi di terminazione di queste
ramificazioni sono diverse e dipendono dal tipo di info che vengono trasmesse.
A livello corticale le info somatosensitive vengono elaborare in numerose aree corticali.
Le info somatosenstive vengono trasmesse al cervelletto, oltre che da n. I° ordine, anche
da n. II° ordine, che le utilizza x lo svolgimento del suo compito nei processi di
COORDINAZIONE MOTORIA.

Distribuzione innervazione somatosensitiva del CORPO


Nell’adulto ogni ganglio delle radici dorsali innerva una specifica regione cutanea
DERMATOMERO. (leggi nota pag.122).
Ogni DERMATOMERO, oltre a ricevere la sua principale innervazione dal
corrispondente segmento del MS, riceve anche fibre afferenti provenenti da segmenti
MS adiacenti. Per questa ragione, la sezione di una sola radice dorsale, provoca soltanto
una perdita parziale della sensibilità nel dermatomero corrispondente (x ottenere
anestesia di un determinato dermatomero è necessario sezionare ALCUNE radici dorsali
CONTIGUE).
La disposizione delle fibre all’interno delle RADICI DORSALI non è casuale: le GRANDI
FIBRE AFFERENTI PRIMARIE MIELINICHE assumono una posizione mediale – PICCOLE
FIBRE MIELINICHE-AMIELINICHE si collocano nella porzione più laterale della radice
dorsale.
Le GRANDI FIBRE AFFERENTI PRIMARIE MIELINICHE, situate medialmente, entrano nelle

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COLONNE DORSALI e si dividono in 2 BRANCHE che emettono collaterali che terminano


a livello dei segmenti spinali vicini:
• Branca diretta ROSTRALMENTE può ascende fino al BULBO, contribuisce a
formare VIA COLONNE DORSALI-LEMNISMO MEDIALE.
• Branca diretta CAUDALMENTE
Le branche che terminano su SOST.GRIGIA del MS, trasmettono info ai neuroni del
corno dorsale e costituiscono il braccio afferente di VIE RIFLESSE (cap.9).

Distribuzione innervazione somatosensitiva della FACCIA


Organizzazione simile a quella delle fibre che innervano il corpo, con fibre afferenti che
decorrono principalmente nelle branche (mandibolare – mascellare – oftalmico) del
NERVO TRIGEMINO e innervano regioni della faccia simili a dermatomeri. Queste fibre
trasportano info di natura tattile – dolorifica – termica.
I PROCESSI CENTRALI delle cell. del GANGLIO TRIGEMINO penetrano nel TE, dove alcune
fibre terminano in questo nucleo (principalmente quelle di GRANDE DIAMETRO che
trasmettono info tatto fine discriminativo), mentre altre (calibro intermedio-piccolo che
trasmettono info tattili-dolorifiche-termiche) vanno a formare il tratto spinale del
trigemino che discende attraverso il BULBO, appena lateralmente al NUCLEO SPINALE
del TRIGEMINO.

Sist.somatosensitivo nei CENTRI CEREBRALI SUPERIORI


Le info relative alla sensibilità somatosensitiva giungo a livello superiori sul TALAMO e
CORTECCIA SOMATOSENSITIVA.
TALAMO il complesso nucleare ventroposteriore del talamo, rappresenta la sede
diencefalica di terminazione delle info somatosensitive provenienti dalla periferia. Tale
complesso è costituito da 2 nuclei principali, il VPL (nucleo VentroPosterioreLaterale) –
VPM e da un nucleo più piccolo, VPI.
La principale afferenza che giunge al nucleo VPL è quella LEMNISCO-MEDIALE(Fasciolo
gracie e fascicolo cuneato - nucleo gracile e cuneato del midollo allungato - lemnisco
mediale- talamo) . La principale del VPM è il tratto TRIGEMINOTALAMICO, equivalente
della VIA TRIGEMINALE.
CORTECCIA SOMATOSENSITIVA i neuroni di III°ordine del TALAMO proiettano alla
CORTECCIA SOMATOSENSITIVA (img.pag.118). Le principali aree somatosensitive della
corteccia cerebrale vengono denominate area S-I – area S-II.
Nell’area S-I va ad essere rappresentata una mappa somatotopica della
rappresentazione della superficie del corpo e della faccia dell’’uomo HOMUNCULUS
SENSITIVO. La mappa risulta distorta perché il volume del tess.nervoso devoluto a ogni
regione del corpo è proporzionale alla densità della sua innervazione.
L’homunculus sensitivo rispecchia il meccanismo che viene utilizzato x codificare la sede
degli stimoli (LINEA ATTIVA), il cervello infatti riesce a sapere che una parte del corpo è
stata stimolata perché vengono attivati specifici neuroni.
L’area S-I risulta ulteriormente suddivisa e ognuna di queste suddivisioni possiede una
mappa somatotopica: area 3a – 3b – 1 – 2. Nella 3b – 1 predominano afferenze di
origine cutanea; nelle aree 3°-2 predominano afferenze di origine muscolare-articolare
(propriocettive). Perciò aree distinte sono deputate all’elaborazione di info TATTILI e
PROPRIOCETTIVE.
L’area S-I oltre a essere la stazione iniziale dell’elaborazione delle info somatosensitive
a livello corticale, è anche la sede in cui iniziano i processi di elaborazione superiore
(come estrazione caratteristiche stimolo) (es.pag.127).

Suddivisione del SIST.SOMATOSENSITIVO


In base alla suddivisione dei suoi recettori, il sist.somatosenstivo riceve 3 tipologie di
info:

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• Info SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA capacità organismo di percepire stimoli che


provengono dal mondo esterno. Le info relative al contatto sulla cute di oggetti
del mondo esterno, vengono acquisite grazie recettori cutanei:
MECCANOCETTORI – NOCICETTORI – TERMOCETTORI.
• Info SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA fornisce info sulla posizione del nostro
corpo – arti e sul loro movimento. Queste info vengono acquisite grazie a
recettori presenti su articolazioni – muscoli – tendini (fusi neuromuscolari –
organi muscolo-tendinei Golgi) (fatti in cap.9). Possiamo distinguere una
PROPRIOCETTIVITA’ GENERALE propriocettori muscoli – tendini – articolazioni;
e una PROPRIOCETTIVITA’ SPECIFICA app.vestibolare.
• Info SENSIBILITA’ ENTEROCETTIVA forniscono info sullo stato interno del nostro
corpo. Tali info vengono acquisite attraverso MECCANOCETTORI (es.
meccanocettori che danno info sulla dilatazione vesica).

SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA
Si distinguono abitualmente:
• S.SPECIFICA dipende da organi ben differenziati e specializzati nell’adempimento
esclusivo di una determinata funzione (vista, udito, olfatto, gusto)
• S.GENERALE dipende da recettori diffusi in tutto il corpo (nella cute, nel
connettivo sottocutaneo, nei muscoli e nei tendini, nei visceri, nelle ossa ecc.).
Nell’ambito della s. generale si distinguono poi s. superficiali (comprendenti la s.
tattile, termica, dolorifica) e s. profonde (comprendenti la s. vibratoria o
pallestesia, di movimento o chinestesia, di pressione o bariestesia, di posizione).

S.SPECIFICA
Sistema visivo
Il sist. visivo rileva e analizza onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa tra
400-750 nm, che costituiscono l’ambito della luce visibile.
L’occhio può distinguere 2 aspetti della luce: luminosità (luminanza) – lunghezza d’onda
(o colore).

STRUTTURA OCCHIO
Strati occhio l’occhio è costituito da 3 strati concentrici:
• Strato ESTERNO lamina fibrosa che comprende:
• Cornea lamina trasparente ricoperta da epitelio chiamato congiuntivite.
• Sclera lamina opaca.
• Strato INTERMEDIO lamina vascolare che comprende:
• Iride contiene fibre muscolari lisce disposte circolarmente a formare
m.dilatatori e m.sfintere della pupilla. Svolge la stessa funzione del
diaframma di una macchina fotografica, andando a regolare profondità
campo – entità aberrazione sferica.
• Coroide ricca vasi sanguigni che irrorano gli strati esterni della retina e
contiene pigmenti.
• Strato INTERNO costituito dalla RETINA.

Mezzi diottrici dell’occhio la luce entra nell’occhio attraverso la CORNEA e attraversa in


successione una serie di fluidi e strutture trasparenti:
• Cornea
• Umor acqueo situato nella camera anteriore – posteriore. La sua pressione
determina la pressione intraoculare. Insieme all’UMOR VITREO, contribuiscono a
mantenere la forma del globo oculare.
• Cristallino la luce che origina da un qualunque oggetto di interesse viene messa
accuratamente a fuoco sulla retina dalla CORNEA e CRISTALLINO, che rifrangono

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la luce. La CORNEA determina la maggior parte del potere di rifrazione


dell’occhio che x la cornea risulta fisso (43diottrie), l’altra parte è determinata dal
CRISTALLINO, che a differenza della cornea può modificarsi di posizione grazie
alla contrazione/rilasciamento dei m.ciliari, cambiando il suo potere di rifrazione
(13-26D). Perciò il CRISTALLINO è responsabile della regolazione della messa a
fuoco dell’occhio.
• Umor vitreo localizzato nello spazio retrostante il cristallino. Insieme all’UMOR
VITREO, contribuiscono a mantenere la forma del globo uculare.

RETINA
Strati RETINA (img.pag.140)
La retina presenta 10 strati.
1°strato è lo strato più interno, rappresentato da un epitelio pigmentato, localizzato
immediatamente all’interno della coroide. Le cellule di questo epitelio possiedono
processi di forma tentacolare che si estendono nello strato 2, dove sono localizzati i
segmenti esterni dei fotorecettori. Questi processi impediscono la dispersione di luce in
direzione trasversale, tra i fotorecettori – contribuiscono al mantenimento del contatto
tra gli strati 1-2, in maniera da fornire sost.nutrienti e rimuovere quelle inutilizzate.
Strati nei quali si estendono i FOTORECETTORI: i fotorecettori sono BASTONCELLI –
CONI, i quali risultano composti da segmento esterno/interno – corpo cellulare –
terminazione sinpatica
• 2° strato (strato dei fotorecettori) sono presenti i segmenti esterni e interni dei
fotorec.
Seg.esterni ..> dei BASTONCELLI risultano più lunghi di quello dei CONI. Entrambi
contengono una serie di DISCHI MEMBRANOSI (img.pag.141) costituti da
introflessioni della memb.di superficie. Questi DISCHI contengono grandi
quantità di un FOTOPIGMENTO, ma la loro densità è più elevata nei
BASTONCELLI, spiegando in parte la loro maggiore sensibilità alla luce è noto
che 1 SINGOLO FOTONE è capace di evocare una risposta di un bastoncello,
mentre sono necessarie alcune CENTINAIA DI FOTONI x produrre una risposta in
un cono.
Seg.interni ..> sia nei CONI-BASTONCELLI sono connessi al seg.esterno da un
ciglio modificato che contiene 9 paia di microtubuli. Questi segmenti contengono
elevato numero di mitocondri. In questi segmenti viene ad essere sintetizzato il
FOTOPIGMENTO che andrà poi ad essere incorporato nei DISCHI del
SEG.ESTERNO.
• 3° strato (memb.limitante esterna) è una striscia continua costituta dalla
formazione di giunzioni strette tra la porzione terminale CELLULE MULLERI (glia)
– segmento interno fotorecettori. Queste cellule svolgono la funzione di
assicurare mantenimento geometria interna retina.
• 4° strato (strato nucleare esterno) sono localizzati i CORPI CELLULARI dei
FOTORECETTORI.
• 5° strato (strato plessiforme esterno) contiene le sinapsi tra i FOTORECETTORI –
INTERNEURONI RETINICI (cell. BIPOLARI – ORIZZONTALI).
6°strato (strato nucleare interno) contiene i corpi cellulari di alcuni INTERNEURONI
RETINICI (BIPOLARI – ORIZZONTALI – AMACRINA) e delle CELL.MULLER.
7° strato (strato plessiforme interno) presenta sinapsi tra INTERNUERONI RETINICI
dello strato nucleare interno e le CELL.GANGLIARI presenti nello strato successivo.
8° strato (strato cell.gangliari) sono localizzati i corpi cellulari delle gangliari. Queste
cell. rappresentano l’uscita della retina, in quanto sono i loro assoni che trasmettono le
info visive al cervello e che vanno a costituire lo strato successivo.
9° strato (strato delle fibre ottiche) costituiti dagli assoni delle gangliari che insieme
formano il complesso delle fibre ottiche che passano attraverso la superficie della retina
(dalla parte dell’umor vitreo), evitando la FOVEA ed entrando nel DISCO OTTICO dal

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quale lasciano l’occhio costituendo il N.OTTICO.


10° strato (memb.limitante interna) costituita dai processi terminali delle
CELL.MULLER.

Variaz.regionali della retina


La porzione funzionale della retina ricopre tutta la superficie posteriore dell’occhio, a
eccezione del disco ottico, a livello del quale il N.OTTICO esce dalla retina.
Nella retina distinguiamo una regione ispessita e pallida, definita MACULA LUTEA
(img.pag.138). L’ispessimento è dovuto alla alta concentrazione di fotorecettori –
interneuroni, determinando un elevato potere di risoluzione di questa regione retinica;
essa rappresenta l’area della visione centrale. Il color pallido dovuto al fatto che non
contiene né fibre n.ottico né vasi sanguigni, che vengono deviati attorno ad essa.
Al centro della MACULA LUTEA è presente una depressione, la FOVEA. Rappresenta la
regione retinica con la più elevata acuità visiva, dove il punto di fissazione viene ad
essere messo a fuoco.
L’elevata acuità visiva è dovuta al fatto che in questa zona gli strati retinici appaiono
spinti lateralmente (img.pag.138). In questo modo la luce può raggiungere direttamente
i fotorecettori foveali senza dover attraversa gli strati interni della retina, in questo
modo viene minimizzata sia la distorsione delle immagini sia la dispersione della luce.
Inoltre è presente un’elevata densità dei coni (grafico pag.142) e ciò spiega il motivo x
cui il potere risolutivo e la qualità delle immagini sono così elevati in questa zona.
In corrispondenza del DISCO OTTICO, non sono presenti fotorecettori e di conseguenza
non vi è sensibilità alla luce. Questa macchia cieca viene comunque ignorata dall’uomo
sia perché le corriposndeti parti del campo visivo possono essere vista dall’occhio contro
laterale, sia perché esiste un fenomeno psicologico x cui le img. incomplete tendono ad
essere completate a livello percettivo.

Come funzione occhio?


Per poter vedere, è necessario che l’ASSE VISIVO del nostro occhio sia orientato verso un
determinato bersaglio visivo. La possibilità di poter spostare l’asse è consentito grazie
alla presenza del m.oculomotore che permette di spostarlo verso il bersaglio visivo,
definito come punto di fissazione. La luce che origina dal punti di fissazione si propaga
lungo l’asse visivo, passando per il PUNTO NODALE del cristallino e viene messo a fuoco
sulla FOVEA (img.pag.138). La luce che origina da tutte le altre porzioni del campo visivo
viene a cadere sulla retina circostante la fovea.
La messa a fuoco della luce sulla retina dipende dal CRISTALLINO e dall’IRIDE. Il
CRISTALLINO va a determinare un aumento messa a fuoco aumentando la sua
convessità.
Quando l’IRIDE costringe la pupilla, la profondità di campo aumenta e la luce viene
diretta attraverso la parte centrale del cristallino dove l’aberrazione sferica è minima .
Si ha costrizione dell’occhio quando si devono svolgere attività che richiedono immagini
visive accurate, es. leggere, oppure si ha costrizione x via riflessa di fronte a forti sorgenti
di luce, in maniera da assicurare un apporto di luce adeguato.
Dal momento che la luce colpisce la retina, stimola i FOTORECETTORI. I BASTONCELLI
possiedono un’elevata sensibilità alla luce, che permette loro di rilevare stimoli
luminosi a bassa intensità, ma non forniscono info ben definite sulle immagini, né
contribuiscono alla visione dei colori. I bastoncelli operano in maniera ottimale con la
luce diurna (visione fotopica).
CONI sono responsabili dell’acuità visiva e della visione colori.

La sensibilità alla luce è possibile grazie alla presenza di FOTOPIGMENTI presenti nei
fotorecettori In entrambi i fotorecettori sono presenti FOTOPIGMENTI, che permettono
l’assorbimento della luce. Il pigmento presente nei segmenti esterni dei BASTONCELLI
RODOPSINA, costituita dal legame del RETINALE –cis (vit A) con la glicoproteina

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OPSINA. Quando la RODOPSINA viene colpita dalla luce, si verifica un fenomeno di


isomerizzazione in forma tutta trans del retinale che di stacca dall’opsina e viene
convertito in RETINOLO, dando origine ad una genesi di impulsi elettrici.
Nei CONI si hanno invece 3 diverse varianti di pigmenti visivi che assorbono luce di
lunghezza d’onda diverse. Luci di lunghezza d’onda diversa danno la possibilità di poter
vedere colori differenti, ma comunque tali spettri risulta però così ampi da potersi
sovrapporre tra loro (grafico pag.142), creando miscele di colori.
Le lunghezze d’onda diverse oscilla all’interno di un range che va da 400-700nm, i nostri
occhi non sono in grado di percepire lunghezze d’onda al di sopra o al di sotto di tale
range.

Stato generale dei fotorecettori in condizione di BUIO e LUCE


BUIO i fotorecettori risultano leggermente depolarizzati (-40mV). Ciò è dovuto alla
presenza di canali Na+ nel segmento esterno dei fotorec. che risultano aperti. Questi
canali sono ligando dipendenti, e il ligando in questione è il GMPc. Per essere aperti
significa che in condizioni di buio c’è una ↑GMPc, che provoca l’entrata di Na+ con
conseguente depolarizzazione del pot. membrana che determina il rilascio di
GLUTAMMATO da parte delle sinapsi dei BASTONCELLI (strato 5). La concentrazione di
Na+ all’interno della cellula viene mantenuto a un livello stazionario x azione della
pompa Na+-K+ -ATPasi.
LUCE l’assorbimento di luce da parte dei BASTONCELLI, determina l’isomerizzazione
della RODOPSINA che attiva una proteina G (TRASDUCINA) che a sua volta attiva una
FOSFODIESTERASI del GMPc, la quale idrolizza GMPc 5-GMP, determinando ↓GMPc nel
citoplasma dei bastoncelli. La riduzione del GMPc provoca chiusura canali Na+, con
conseguente iperpolarizzazione della memb. fotorecettore - ↓ rilascio GLUTAMMATO.
L’elevata sensiblità dei bastoncelli è possibile grazie alla capacità di attivarsi in seguito ad
unico fotone – meccanismo di amplificazione, grazie al quale una singola rodopsina
può attivare centinaia di molecole di trasducina e fosfodiesterasi.
Nei CONI, in condizione di luce, avvengono dei processi simili a quello dei BASTONCELLI,
con la differnza che l’iperpolarizzazione avviene molto più rapidamente.
Riepilogo: in tutti i fotorecettori la presenza di luce provoca IPERPOLARIZZAZIONE
FOTORECETTORE – RIDUZIONE RILASCIO NEUROTRASMETTITORE.

Adattamento visivo alle condizioni di LUCE e BUIO A seconda di condizioni di LUCE o


BUIO, la retina ha la capacità di adattarsi regolando la propria sensibilità alla luce.
Adattamento alla LUCE la luce colpisce i fotorecettori, stimolando i foto pigmenti. Nei
BASTONCELLI la RODOPSINA, colpita dalla luce, subisce modificazioni in seguito ad
isomerizzazione del cis-retinale nella forma tutto –trans. In questa forma il RETINALE si
distacca dall’OPSINA e come conseguenza sia avrà ..> ↓RODOPSINA. La riduzione della
quantità del foto pigmento (in questo caso la RODOPSINA) comporta una riduzione della
sensibilità visiva.
L’adattamento alla luce in pochi secondi è possibile principalmente grazie ai CONI in
quanto i pigmenti presenti al loro interno si scindono più lentamente rispetto alla
rodopsina presente nei BASTONCELLI.
Adattamento al BUIO nei fotorecettori, non essendo più colpiti dalla stessa quantità di
fotoni presenti in condizioni di luce, si ha ↑RODOPSINA poiché non viene ad essere
scissa e viene ad essere rigenerata a partire dal RETINALE-trans. L’aumento delle
concentrazioni di RODOPSINA, provoca un aumento sensibilità visiva. I CONI si adattano
al buio molto più rapidamente rispetto ai BASTONCELLI, ma presentano una soglia di
adattamento relativamente alta e perciò i CONI non funzionano quando le condizioni
di illuminazione sono scarse. I BASTONCELLI presentano, al contrario, una capacità di
adattamento al buio piuttosto lenta (circa 10min), ma dopo che l’adattamento è
avvenuto, manifestano una sensibilità visiva maggiore rispetto ai CONI. Ne consegue
che la visione al buio è mediata dai BASTONCELLI, mentre l’acuità visiva – distinzione dei

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colori (che sono funzioni dei CONI) risultano rispettivamente bassa e indistinguibile
(visione scotopica). Il ripristino della funzione dei CONI (visione fotopica) e quindi
dell’acuità visiva – distinzione dei colori avviene in condizioni di adattamento alla luce.

Differenze funzionali CONI e BASTONCELLI


BASTONCELLI
Rispetto ai CONI hanno:
• maggiore quantità foto pigmento – migliore sistema amplificazione – più
numerosi ciò permette ai BASTONCELLI di funzionare meglio in condizioni di
LUCE CREPUSCOLARE (visione scotopica) (la perdita funz.bastoncelli determina
cecità notturna). Rispetto ai CONI hanno però:
• unico foto pigmento non possono segnalare le differenze legate ai colori
• molti bastoncelli convergono sulla stessa c.bipolare campo recettivo ampio e
quindi bassa risoluzione.
• scissione rapida RODOPSINA in condizione alta luminosità non possono
funzionare in condizioni di luminosita normale (visione fotopica)

CONI
Rispetto ai BASTONCELLI hanno:
• soglia più elevata alla luce non vengono attivati in condizione di buio, ma gli
permette di operare ottimamente alla luce diurna. (Perdita funzione CONI
provoca cecità funzionale, in quanto la visione mediata da bastoncelli non è
sufficiente da sola x assicurare lo svolgimento normali att.visive).
• Stabiliscono rapporti 1:1 con cell.bipolari campo percettivo piccolo che
permette alta risoluzione (acuità visiva)
• 3 fotopigmenti permettono visione colori

Struttura circuito retinico


La luce colpendo i fotorecettori, rappresenta il segnale che afferisce alla retina (via
afferente). Tale segnale viene ad essere elaborato dagli interneuroni retinici, x poi
essere trasmessi tramite gli assoni delle CELL.GANGLIARI al SNC (vie efferente).
Spiegaz. E img. circuito pag.145.
Le distanze tra gli interneuroni retinici sono estremamente ridotte e di conseguenza per
la maggior parte delle operazioni che avvengono nel circuito intraretinico sono sufficienti
RECETTORI e POT.SINAPTICI, mentre i PA non sono necessari x la maggior parte degli
interneuroni. Solo le CELL.GANGLIARI e le AMACRINE sono capaci di generare PA, il
motivo x le amacrine non è ancora conosciuto, mentre x le GANGLIARI è dovuto al loro
ruolo di dover andare a trasmettere info a distanze relativamente grandi (RETINA –
CERVELLO).
I pot. sinaptici che ritroviamo nel circuito intraretinico possono essere sia
IPERPOLARIZZANTI – DEPOLARIZZANTI. Quelli IPERPOLARIZZANTI
↓NEUROTRASMETTITORE liberato da term.sinap.
Quelli DEPOLARIZZANTI ↑NEUROTRASMETTITORE.
Il POT.RECETTORE dei fotorec. è iperopolarizzante.

Campi recettivi
Le CELL.GANGLIARI rappresentano l’uscita dell’info visiva dalla retina che viene ad essere
veicolata verso il SNC. L’info portata dalle cell.gangliari è il frutto dell’elaborazione da
parte dei vari interneuroni retinici.
Campo recettivo di un FOTORECETTORE è piccolo e circolare, l’arrivo di luce all’interno
del campo recettivo provoca l’iperpolarizzazione del fotorec. che di
conseguenza↓NEUROTRASMET. (GLUTAMMATO).
Campo recettivo di una CELL.BIPOLARE possono esibire 2 tipi di campi recettivi,
entrambi organizzati secondo un modello centro-periferia (img.pag.147):

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• Cell.bipolari centro ON – periferia OFF (CENTRO ON) rispondono massivamente


(nel senso di numero di potenziali d'azione per secondo) per uno stimolo luminoso
localizzato nel centro del loro campo recettivo
• Cell.bipolari centro OFF – periferia ON (CENTRO OFF) rispondono massivamente
per uno stimolo luminoso localizzato alla periferia del loro campo recettivo
I campi rec. delle bipolari dipendono dalle afferenze dei FOTOREC. e CELL.ORIZZONTALI.
Il neurotrasm. utilizzato nella via retinica FOTOREC. – CELL.BIPOLARI – ORIZZONTALI è un
neurotrasmettitore eccitatorio GLUTAMATO, il quale determina dei comportamenti
opposti a seconda che si leghino alle cell.bipolari centro off o on. Le CENTRO OFF
presentano dei REC.IONOTROPICI x il GLUTAMATO (come anche le CELL.ORIZZONTALI),
di conseguenza la presenza di questo neurotrasmet. provoca la depolarizzazione
cell.bipolare centro off (e delle orizzontali).
CENTRO ON presentano REC.METABOTROPICI x glutam. che provocano la chiusura
canali Na+. Ne consegue che l’aumento di questo neurotrasmettitore provoca la chiusura
di questi canali e quindi una iperopolarizzazione cell.bipolare centro ON.
Campi recettivi CELL.AMACRINE miscuglio tra CENTRO OFF- ON in quanto ricevono
afferenze diverse sia da cell.bipolari centro ON – OFF.
Campo recettivo CELL.GANGLIARI possono ricevere afferenze DOMINANTI da parte
delle cell.bipolari o cell.amacrine, oppure un’afferenza mista cell.amacrina-bipolari.
Se quella dominante è l’afferenza CELL.AMACRINE i campi recettivi sono misti, possono
essere sia inibitorie che eccitatorie.
Se quella dominante è l’afferenza CELL.BIPOLARI campi recettivi centro on-off simile a
quella delle bipolari.
Le CELL.GANGLIARI che presentano una dominanza di afferenze da parte CELL.BIPOLARI
sono classificate come cellule P e M (a seconda loro obiettivo nervoso). C’è poi un’altra
tipologia, le cellule W che sembrano essere influenzate da una afferenza dominante da
parte CELL.AMACRINE.

Vie ottiche
Le info originate dalla cell.gangliari dalla retina, vengono trasmesse al cervello attraverso
il N.OTTIVO – CHIASMA OTTICO – TRATTO OTTICO.
Il sistema di lenti dell’occhio fa sì che le immagini che si formano sulle retine siano
rovesciate, in maniera tale che l’immagine della metà sx dello stimolo si formi sulla
RETINA NASALE dell’occhio SX e sulla RETINA TEMPORALE dell’occhio dx. L’immagine
della metà dx al contrario, andrà a formarsi sulla RETINA TEMPORALE dell’occhio SX e
sulla RETINA NASALE dell’occhio DX.
Inoltre si ha anche un’inversione dell’asse verticale, con la metà superiore del campo
visivo che forma la propria immagine sulla retina inferiore e viceversa.
Gli assoni della cell.GANGLIARI, a seconda della loro zona di origine sulla retina, possono
andare incontro o meno a decussazioni. Gli assoni in rapporto con PARTE TEMPORALE di
ciascuna retina decorrono nel N.OTTICO passando x la porzione omolaterale del
CHIASMA OTTICO – TRATTO OTTICO, terminando nella porzione omolaterale
CERVELLO.
Gli assoni in rapporto con PARTE NASALE di ciascuna retina decorrono nel N.OTTICO
decussando a livello del CHIASMA OTTICO, passando quindi alla parte contro laterale
TRATTO OTTICO e terminando nella parte contro laterale CERVELLO. Come conseguenza
si avrà che il campo visivo SX sarà rappresentato nel cervello DX – campo visivo DX sarà
rappresentato nel cervello SX.
Gli assoni delle gangliari possono stabilire poi contatti con numeroso nuclei cervello, ma
x la visione il bersaglio principale è il NGL (Nucleo Genicolato Laterale) del talamo. A sua
volta, dal NGL si possono avere proiezioni alla corteccia visiva primaria o corteccia visiva
striata.
Gli assoni in uscita dal NGL proiettano poi al giro linguale che si trova in corrispondenza
della superficie mediale del lobo occipitale.

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S.GENERALE
Sensazione tattile
Importante organo sensitivo relativo a tale sensibilità, è la cute. La quale è riccamente
innervata da diversi tipi di fibre afferenti (tattili-dolorifiche-termiche). La tipologia di
sensazione che deriva, definisce la MODALITA’ (qualità).
Le fibre che trasportano tali info sono in rapporto con MECCANOCETTORI a bassa soglia.
Da questi recettori provengono 2 tipologie di risposte:
• Risposta RAPIDO ADATTAMENTO (FA fast adapting): si genera una breve raffica
di PA nei primi istanti dello stimolo, x poi non generare più potenziali se lo
stimolo diventa costante (es. se tocchiamo e stacchiamo un bastoncino dalla cute
in continuazione -> tali fibre scaricano in continuazione al momento che il
bastoncino tocca la cute e al momento che si stacca. Se bastoncino rimane
infossato nella cute -> tali fibre non scaricano) (img.pag.120).
• Risposta LENTO ADATTAMENTO (SA) scaricano dall’inizio alla fine dello stimolo,
in continuazione, con frequenze che possono variare.
A loro volta, le fibre SA – FA possono essere suddivise in base al campo recettivo :
• Unita tipo I presentano un campo percettivo piccolo e ben confinato, con forma
circolare (img.pag.121). Al suo interno la sensibilità agli stimoli è relativamente
uniforme ed elevata, mentre decresce ai margini.
FA1 – SA1
• Unità tipo 2 questa tipologia di fibre presentano un campo percettivo più esteso
con margini poco definiti e un unico punto di sensibilità massima, a partire dalla
quale la sensibilità si riduce gradualmente con la distanza. Al contrario della
fibra tipo 1, il campo percettivo della 2 si estende x tutto il dito o buona parte di
esso. (img.pag.121).
FA2 – SA2
In seguito a questa suddivisione, si sono identificate 4 classi principali di fibre (FA1-FA2
– SA1-SA2). Ognuna di questa fibra può terminare come terminazione libera o
all’interno recettore.

CUTE GLABRA (prinva di peli es.palmo mano – pianta piede) le 4 tipologie di fibre sono
associate con 4 diverse tipologie di recettori:
FA1 terminano nei CORPUSCOLI DI MEISSNER, recettori situati appena al di sotto
dell’epidermide.
SA1 terminano nei DISCHI DI MERKEL, recettori situati sullo strato basale
dell’epidermide.
La localizzazione dei recettori di SA1 – FA1 permette di rilevare stimoli che infossano la
cute e x tale motivo presentano un campo recettivo piccolo.
FA2 terminano nei CORPUSCOLI PACINI, disposti nel tess.connettivo sottocutaneo
(img.pag.120).
SA2 terminano nei CORPUSCOLI RUFFINI, disposti nel derma (img.pag.120).
Sia PACINI – RUFFINI sono disposti in profondità e perciò sono sensibili a stimoli
applicati ad aree cutanee più vaste.

CUTE con PELI presenti differenze rispetto all’innervazione della cute glabra:
UNITA’ PILIFERE sostituiscono le FA1 che non sono presenti. Le terminazioni di queste
fibre risultano libere e si avvolgono attorno ai follicoli piliferi (img.pag.120). Ogni unità
pilifera è connessa con circa 20 peli, x cui finisce con l’avere un campo recettivo
relativamente grande e di forma ovoidale o irregolare.
FA2 connessi sempre ai CORPUSCOLI DI PACINI, i quali non sono situati nel
tess.connettivo sottocutaneo, ma bensì si trovano nei tess.profondi che circondano
muscoli e vasi sanguigni.

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SA1 terminano nei DISCHI DI MERKEL, recettori situati sullo strato basale
dell’epidermide.
SA2 terminano nei CORPUSCOLI RUFFINI, disposti nel derma.

Acuità spaziale
Altra caratteristica del sist.somatosensitivo è la capacità di riuscire a percepire 2 stimoli
come distinti. Si percepisce questa distinzione finchè la loro distanza è superiore a un
certo valore soglia, che è differente x le varie regioni cutanee. La punta delle dita
possiede la max capacità discriminativa (distanza soglia è la più piccola che si osserva).
Alla base dell’acuità spaziale ci stanno le UNITA’ TIPO 1 perché hanno campi recettivi
più piccolo di quelli tipo 2.
La DISTANZA SOGLIA è determinata dalla densità dei recettori tipo 1 (maggiore densità -
> minore è il valore soglia e quindi minore è anche la distanza discriminatoria tra un
punto ed un altro).

Da cosa dipende la codifica dell’INTENSITA’ di uno stimolo tattile?


Dipende dalla frequenza di scarica delle fibre SA quando una fibra SA viene stimolata
mediante brevi impulsi, viene avvertita un sensazione di pressione stazionaria a livello
del campo recettivo della fibra. Man a mano che aumenta la frequenza degli impulsi,
viene percepito un aumento di pressione, ma la sensazione di dolore che può scaturire,
non va ad essere percepita dalla stessa classe di fibre SA, ma bensì da gruppi di fibre
diverse da quelle che fanno uso di MECCANOCETTORI a BASSA SOGLIA. Ciò è
determinato dal fatto che il sistema sensoriale si basa su un principio di LINEA ATTIVATA,
cioè le info provenienti da MECCANOCETTORI – NOCICETTORI – PROPRIOCETTORI,
utilizzano popolazione di cellule specifiche relativamente distinte tra loro e che
presentano anche diverse connessioni a livello del SNC. Di conseguenza la stimolazione
di uno specifico gruppo di fibre sensitive provoca “l’attivazione” di quella determinata
linea sensitiva che viene percepita distintamente dal cervello.
Variazioni dell’attività di uno specifico gruppo di fibre sensitive afferenti, non determina
modifiche della qualità (MODALITA’) dello stimolo (es. sensazione dolore che proviene
da fibre tattili) ma solo dell’INTENSITA’.

Vie somatosensitive x il TATTO: via colonne dorsali-lemnisco mediale


Le info sulle diverse modalità somatosensitive decorrono x un lungo tratto, in vie distinte
fino al MS o TE. Tale segregazione funzionale non è assoluta, ad es. nonostante lesioni
colonne dorsali (via tatto fine discriminativo) si può avere un parziale recupero della
capacità tattile discriminative.
TATTO FINE DISCRIMINATIVO le info tattili fini discirminative provenienti dal corpo,
vengono convogliate prevalentemente dalla VIA COLONNE DORSALI-LEMNISCO
MEDIALE. Le info tattili fini della faccia, vengono convogliate dalle VIE TRIGEMINALI.
TATTO GROSSOLANO queste info vengono convogliate prevalentemente dal sistema
anterolaterale.

Sensazione dolorifica – termica


Sensazioni di dolore – termiche sono reciprocamente correlate e sono mediate da
popolazioni di recettori che si sovrappongo tra loro e le info che essi rilevano vengono
ad essere trasmesse dagli stessi tipi di fibre del SNP e dalle stesse vie del SNC.
Le sensazioni di dolore NON sono dunque semplicemente, l’attivazione più intensa di
vie devolute alle sensazioni tattili.

Nocicettori e fibre afferenti primarie


Le fibre che trasmettono info dolorifiche-termiche si differenziano in:
• Fibra Aδ conducono segnali a velocità più elevata rispetto alle FIBRE C e
sembrano essere responsabili del primo dolore.

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• Fibra C più lente rispetto all’altra tipologia fibra e sono responsabili del secondo
dolore. Perciò dopo uno stimolo lesivo, dapprima si avverte una sensazione di
dolore acuto, estremamente localizzato (primo dolore), seguita da una
sensazione più ottusa e diffusa (secondo dolore).
Entrambe le tipologia, terminano x la maggior parte come terminazioni LIBERE in grado
di ricevere stimoli meccanici-termici-chimici . Nonostante la mancanza di specializzazioni
morfologiche presenti a livello delle terminazioni, entrambe le tipologie risultano
notevolmente eterogenee. Si avrà perciò una classificazione di queste fibre secondo:
DIMENSIONI – SENSIBILITA’ A STIMOLI MECCANICI-TERMICI (leg.nota pag.129)-
CHIMICI- INSENSIBILI – SOGLIA DI STIMOLAZIONE (possono avere un’alta o bassa soglia
di stimolazione o essere anche inattivi).
Le fibre afferenti possono essere sensibili a uno o più stimoli e proprio in base a ciò
vengono ad essere distinti: FIBRE C meccanosensibili – FIBRE C meccanotermosensibili
(fibre C POLIMODALI) – FIBRE Aδ-C sensibili al freddo – FIBRE Aδ meccanosensibili –
FIBRE Aδ meccano termosensibili.
Esistono quindi diverse tipologie di fibre afferenti, anche se le più comuni sono le FIBRE
C MECCANOTERMOSENSIBILI (POLIMODALI) e le seconde più comuni sono quelle
INSENSIBILI a stimoli meccanici – termici.
Considerando che queste fibre sono x la maggior parte terminazioni libere, la diversa
sensibilità, determinante una popolazione eterogenea, sembra essere dovuta dalla
presenza di DIVERSI RECETTORI DI MEMBRANA localizzati nella memb. delle
terminazioni.
Nonostante la difficoltà nel riuscire a localizzare questi recettori (in virtù della loro bassa
densità), negli ultimi tempi sono stati identificati alcuni possibili candidati responsabili di
questa diversità. Tra questi menzioniamo il recettore x la capsaicina , espresso nelle
cellule dei gangli delle radici dorsali. Questo recettore appartiene ad una famiglia di
proteine definite proteine TRP (Transient Receptor Potential) e rappresentano i
candidati + probabili a fungere da trasduttori di sensazioni termiche. In questi recettori,
la temperatura agisce direttamente con un meccanismo a barriera.
Per quanto riguarda i recettori che trasducono stimoli meccanici-nocivi, non sono stati
ancora identificati con sufficiente certezza.
Entrambe le tipologie di recettori (termici – meccanici nocivi), come x i REC.BASSA
SOGLIA che mediano la sensazioni TATTILI INNOQUE, determinano l’insorgenza di un
potenziale che provoca la scarica della fibra afferente che trasmette info al SNC. Inoltre
l’attivazione dei nocicettori provoca anche la liberazione locali di diversi composti
chimici (tachichine – proteina correlata alla calcitonina). Il rilascio di queste sostanze
provoca l’insorgenza di infiammazione neurogena (edema – arrossamento cute
circostante). Oltre a provocare la REAZIONE LOCALE, queste sostanze chimiche sono in
grado di attivare NOCICETTORI INSENSIBILI essi, una volta attivati, acquisiscono così la
capacità di rispondere a quegli stimoli nocivi che andranno ad essere applicati in
seguito, provocando l’ALLODINIA (insorgenza di sensazioni di dolore dopo l’applicazioni
di stimoli che, prima della lesione, erano percepiti come innocui).

Collegamento FIBRE AFFERENTE al MS sia le fibre Aδ-C terminano in punti differenti del
corno dorsale del MS, al quale trasmettono info dolorifiche-termiche. Il fatto che
terminino in sedi differenti, suggeriscono che i segnali vengono mantenuti separati
all’interno del SNC e ciò è coerente con la nostra capacità di avvertire 2 tipi distinti di
dolore.
FIBRE DERIVANTI DAL CAPO Le FIBRE AFFERENTI PRIMARIE dei NOCICETTORI –
TERMOCETTORI del capo, raggiungono il TE attraverso il n.trigemio (V n.cranico). Queste
fibre a loro volta discendono il TE fino a livello della parte superiore MS cervicale,
andando a formare sinapsi con n. di II° ordine del NUCLEO SPINALE DEL TRIGEMINO.
FIBRE DERIVANTI DAL RESTO DEL CORPO la via più importante x la trasmissione delle
info dolore-termiche provenienti dal resto del corpo è la SPINO-TALAMICA. Questa via

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ha origine dai neuroni II°ordine del MS, li assoni di queste cellule ascendono il MS nella
parte ventrale del FUNICOLO LATERALE e successivamente decorrono nel TE
raggiungendo il TALAMO, prendendo sinapsi con neuroni III°ordine. Gli assoni di questi
neuroni, trasmettono info nocicettive a numerose aree corticali, che comprendono non
solo la CORTECCIA SOMATOSENSITIVA ma anche aree corticali implicate
nell’elaborazione delle risposte affettive (cingolo – insula ..> sist.limbico).
La maggior parte delle cellule del tratto spinotalamico riceve un’afferenza eccitatoria dai
nocicettori cutanei (ma anche da nocicettori delle articolazioni – muscoli – visceri). Gli
stimoli efficaci x attivare i neuroni spinotalamici sono: stimoli nocivi meccanici – termici
(molto caldi – molto freddi) – chimici. Perciò i neuroni spinotalamici hanno la capacità
di informarci sulla presenza di stimoli chimici - termici – nocivi.
I NEURONI SPINOTALAMICI, possono ricevere afferenze eccitatorie da diverse classi di
recettori sensitivi cutanei:
• Recettori ad AMPIO SPETTRO vengono attivati da stimoli di intensità molto
diverse. Questi recettori hanno la capacità di poter essere attivati sia da STIMOLI
INNOCUI che NOCIVI, con la differenze che quando arriva la prima tipologia di
stimoli i neuroni spinotalamici sono attivati debolmente (questa debole risposta
non viene ad essere elaborata dai centri superiori). Quando invece arrivano
stimoli NOCIVI, questi neuroni rispondono più intensamente.
È tuttavia possibile che in certe condizioni patologiche, anche lo STIMOLO
INNOCUO venga ad essere percepito dai neuroni spinotalamici come dolorifici, in
seguito all’attivazione di FIBE AFFERENTI INSENSIBILI.
• Recettori ad ALTA SOGLIA sono attivati esclusivamente da stimoli nocivi (nota
pag.132).

Le fibre nocicettive sembrano possano interagire con altre fibre infatti apportare stimoli
innocui (es.strofinamento area cutanea lesionata) in zone lesionate, possono andare a
bloccare o ridurre le sensazioni di dolore. Ciò sembra dovuto all’attivazione di FIBRE
GRANDE DIAMETRO, in grado di indurre la liberazione di GABA da parte di neuroni del
corno dorsale. Il GABA agisce bloccando l’attività delle cellule del tratto spinotalamico.
Altre vie sono: TRATTO SPINORETICOLARE – TRATTO SPINOMESENCEFALICO.

SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA
Sensibilità propriocettiva GENERALE propriocezione muscoli, tendini e articolazioni.
Vedi cap.9

Sensibilità propriocettiva SPECIFICA: APP.VESTIBOLARE


Il SIST.VESTIBOLARE rileva le ACCELERAZIONI LINEARI – ANGOLARI del capo. I segnali
originati dall’app.vestibolare inducono movimenti del capo e occhi, che stabilizzano le
immagini visive sulla retina e contribuiscono agli aggiustamenti posturali necessari x il
mantenimento equilibrio.

Struttura app.vestibolare
L’app.vestibolare lo ritroviamo sia sul lato dx – sx della testa. In entrambi i lati risulta
costituito da 3 canali semicircolari e 2 organi otolitici contenenti endolinfa e circondati
da perilinfa.
Canali semicircolari (img.pag.166) composti da canali orizzontali, canali superiori e
canali posteriori.
Organi otolitici sono l’utricolo e il sacculo contenenti endolinfa e circondati da
perilinfa.
Ogni CANALE SEMICIRCOLARE presenta una dilatazione (ampolla) localizzata in
corrispondenza del tratto in cui ciascun canale si mette in comunicazione con l’utricolo
(img.pag.168). A sua volta l’utricolo comunica con il sacculo attraverso il dotto reuniens.

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Il SACCULO presenta una comunicazione con la COCLEA, attraverso la quale l’endolinfa


(prodotta dalla coclea) può raggiungere l’app.vestibolare.
Struttura canali semicircolari i 3 canali semicircolari di un lato corrispondono ai canali
semicircolari dell’altro lato, così anche come i piani sui quali sono disposti. Questa
particolare disposizione spaziale, consente all’epitelio sensoriale di ogni coppia di canali
dei 2 lati, di cooperare nella rilevazione delle accelerazioni del capo in tutti i piani dello
spazio. Ogni ampolla dei tre canali semicircolari contiene un epitelio sensoriale, la
CRESTA AMPOLLARE sul quale sono situate le cellule cigliate vestibolari (img.pag.166).
Le cellule cigliate sono innervate da FIBRE AFFERENTI PRIMARI che decorrono nel
N.VESTIBOLARE. Si distinguono ciglia più lunghe chino ciglia, e ciglia più corte stereo
ciglia. Queste ciglia sono immerse in una massa gelatinosa (CUPOLA) la quale occlude
trasversalmente e completamente l’ampolla. I movimenti dell’endolinfa, generati da
accelerazioni angolari del capo nel piano del canale provocano deflessioni della cupola e
di conseguenza determinano la flessione delle ciglia delle cellule cigliate. La CUPOLA e
l’ENDOLINFA non sono influenzate da forze di accelerazione lineare (es.F gravità).
Struttura organi otolitici l’epitelio sensoriale dell’UTRICOLO macula dell’utricolo
Epitelio sensoriale del SACCULO macula del sacculo (img.pag.167). In entrambi gli
epiteli, come x quello della cresta ampollare, sono presenti ciglia (stereo ciglia – chino
ciglia) immerse in una massa gelatinosa. Quest’ultima contiene al suo interno anche
otoliti composti di cristalli di carbonato di Ca. L’insieme della MASSA GELATINOSA +
OTOLITI membrana otolitica. Gli otoliti aumento la densità della memb.otolitica, ciò
comporta che la memb. otolitica tende a muoversi quando viene sottoposta a
un’accelerazione sia lineare (es.F gravità) sia angolare.

Trasduzione vestibolare
Nelle cellule cigliate vestibolari, la flessione delle STEREOCIGLIA verso il CHINOCIGLIO,
provoca la loro depolarizzazione, poiché ciò provoca un aumento della conduttanza
della loro membrana apicale ai cationi (img.pag.168).
Al contrario la flessione del CHINOCIGLIO verso le STEREOCIGLIA produce
iperpolarizzazione della cellula.
Le cellule vestibolari rilasciano un neurot. eccitatorio (glutammato o apsartato). Questo
rilascio aumenta con la depolarizzazione della cellula e diminuisce con
l’iperpolarizzazione. Ne consegue che le fibre afferenti con le quali le cellule vestibolari
contraggono sinapsi, presentano rispettivamente un aumento e diminuzione scarica.
Canali semicircolari la rotazione del capo provoca piccolissimi movimenti dell’endolinfa
rispetto al capo. Ciò è dovuto al fatto che l’endolinfa presenta un’inerzia che fa sì che
essa si sposti rispetto alla parete del labirinto membranoso, con conseguente
distorsione della cupola che induce flessione delle ciglia che, a sua volta, determina una
variazione frequenza di scarica delle fibre afferenti vestibolari. Tutte le ciglia di ogni
cresta ampollare sono orientate nella stessa dierzione, le ciglia dei canali orizzontali sono
orientate verso l’utricolo, mentre quelle degli altri canali sono orientate in direzione
opposta. Ad es. nei canali semicircolari orizzontali tutte le ciglia sono orientate verso
l’utricolo. Perciò, il movimento dell’endolinfa e delle ciglia verso l’utricolo provoca un
aumento freq.scarica delle fibre afferenti, mentre il movimento delle ciglia nella
direzione opposta provoca una riduzione freq.scarica (img.pag.168).
Nel movimento capo verso SX le forze inerziali generate dall’accelerazione iniziale verso
sx provocano in entrambi i CANALI ORIZZONTALI un movimento dell’endolinfa verso
dx. Per effetto di questo movimento le ciglia delle cellule cigliate dell’ampolla del canale
orizzontale di sx subiscono una flessione verso l’utricolo, mentre quelle del canale
orizzontale dx vengono flesse in direzione opposta rispetto all’utricolo. Ciò comporta
che la freq.scarica fibre afferenti sx aumenta, mentre diminuisce quella delle fibre
afferenti di dx. Quando viene raggiunta una VELOCITA’ ROTAZ. COSTANTE (acceleraz.=0),
non verrà esercitata più alcuna forza sulla cupola e perciò le cellule cigliate di entrambi i
canali scaricheranno alla stessa frequenza che avevano in assenza di movimento.

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Tuttavia, alla FINE ROTAZIONE l’inerzia dell’endolinfa genera una forza su entrambe le
cupole, ma in direzione opposta a quella iniziale, determinando un aumento
freq.scarica delle fibre afferenti di dx e una diminuzione freq.scarica fibre afferenti sx.

Organi otolitici le cell.cigliate degli organi otolitici non sono orientate tutte nella stessa
direzione (a differenza di quanto accade nelle creste ampollari). Esse sono orientate in
riferimento ad una scanalatura (STRIOLA), presente lungo tutti gli organi otolitici
(img.pag.167). Nella macula dell’UTRICOLO le ciglia sono orientate ai 2 lati della striola e
verso la striola, mentre in quella del SACCULO esse sono orientate in direzione opposta.
Poiché la striola di ogni organo otolitico è curva, le cellule cigliate avranno orientamenti
differenti (img.pag.169).
Quando il capo viene inclinato e di conseguenza la gravità produce un’accelerazione
lineare differente, le memb.otolitiche si spostano e le ciglia delle cellule cigliate
vengono flesse in un’altra direzione. Questa nuova flessione della ciglia provoca una
variazione delle caratteristiche dei segnali che gli organi otolitici inviano al SNC.

Vie vestibolari
Le fibre afferenti dell’apparato vestibolare, proiettano al TE, in particolar modo ai nuclei
vestibolari localizzati nelle porzioni rostrali del BULBO. Vengono inoltre emesse alcune
collaterali che raggiungono il cervelletto.
Proiezioni importanti sono: tratti vestibolo spinali laterale e mediale, che controllano
rispettivamente m.tronco e collo e sono di conseguenza implicati nella regolazione
equlibrio e controllo dei movimento del capo (riflesso vestibo-cervicale). Dai NUCLEI
VESTIBOLARI originano anche le fibre efferenti che si portano alla periferie, responsabili
dei riflessi vestibolari (cap.9).

CAP.9 MOTRICITA’ E ORGANIZZAZIONE DEL MOVIMENTO


Regioni del SN implicate nel controllo motorio sono: MS – TE – CORTECCIA CEREBRALE
– CERVELLETTO – GANGLI DELLA BASE.

ORGANIZZAZIONE MS
Il MS presenta diversi livelli di organizzazione. Tra questi livelli abbiamo,
l’ORGANIZZAZIONE SEGMENTALE riferita al fatto che ad ogni livello del MS ci sono
connessioni circoscritte a quel segmento spinale (es. riflesso miotatico è mediato da uno
di questi circuiti).
All’organizzazione segmentale si sovrappone il SIST.PROPRIOSPINALE, i cui neuroni
decorrono in senso ascendente – discendente lungo il MS, mettendo in connessione tra
loro i diversi livelli del MS. Attraverso questo sistema si realizza la coordinazione
dell’att. dei diversi livelli MS, importante ai fini della locomozione.

Motoneuroni somatici
Motoneuroni alfa Le fibre dei muscoli scheletrici sono innervate dal motoneurone alfa,
cell.nervosa che ha origine dal corno ventrale del MS o da particolari nuclei dei nervi
cranici. Sono neuroni multipolari di grandi dimensioni (diametro max che può
raggiungere 70μm). I loro assoni lasciano il MS, decorrendo nelle radici ventrali, e il TE,
vanno a costituire i nervi periferici che termineranno sulle fibre muscolari sch.
costituendo delle sinapsi dette giunzioni neuromuscolari.
Le FIBRE MUSCOLARI innervate dal MOTONEURONE costituiscono l’UNITA’MOTORIA.
Ogni motoneurone può innervare un numero variabile di fibre muscolari, mentre ogni
fibra muscolare è innervata da un solo motoneurone.
Il numero di fibre muscolari presenti nell’unità motoria varia a seconda del muscolo:

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• Muscoli che svolgono MOVIMENTO FINI le unità motorie sono costituite da


poche fibre.
• Muscoli che svolgono MOVIMENTO GROSSOLANI le unità motorie sono
costituite da parecchie fibre.
Il numero di unità motorie attivate, determina il GRADO DI CONTRAZIONE.
Considerando che queste unità sono distribuite omogeneamente nel muscolo, la
tensione generata da un muscolo è uniforme anche quando sono attive POCHE UNITA’
MOTORIE.
MINORE è il NUMERO DI FIBRE/UNITA’ MOTORIE, tanto più precisamente può essere
controllata la FORZA MUSCOLARE.
Ogni motoneurone alfa può prendere parte a numerosi riflessi e a movimenti volontari.
Poiché la decisione su quali fibre muscol. Far contrarre viene presa (nei mammiferi) a
livello dei motoneuroni alfa, questi neuroni costituiscono la via finale comune.
Motoneuroni gamma sono più piccoli degli alfa. Quelli che proiettano a un particolare
muscolo sono disposti nello stesso nucleo motorio dei motoneuroni alfa che innervano
quel muscolo. Di norma essi non innervano le classiche fibre muscolari sch., ma
contraggono sinapsi con particolari fibre muscolari striate, le fibre muscolari intrafusali,
che si trovano all’interno del fuso neuromuscolare.

RIFLESSI SPINALI
Un riflesso è una risposta relativamente semplice – involontaria – stereotipata. Il
circuito nervoso che sta alla base di un riflesso viene denominato arco riflesso. In un
arco riflesso si distinguono 3 parti:
• Branca afferente (rec.senso - assoni) trasmette info al SNC
• Centro (sinpasi – interneuroni disposti all’interno SNC)
• Branca efferente (motoneuroni) genera risposta motoria
I neuroni dell’ARCO RIFLESSO, non svolgono solo questa funzione, ma ricevono
proiezioni dalle vie motorie discendenti e perciò sono coinvolti anche nella genesi dei
movimenti volontari.

I riflessi spinali vengono evocati dai RECETTORI SENSORIALI


Ogni riflesso spianle viene evocato dall’attivazione di uno o più tipi di recettori
sensoriali. Di questi recettori sensoriali fanno parte l’ORGANO MUSCOLO-TENDINEO
DEL GOLGI – FUSO NEUROMUSCOLARE. Entrambi questi recettori sono importati in
quanto implicati nell’att.riflessa del MS, in quanto forniscono info propriocettive che
vengono utilizzate x l’elaborazione delle sensazioni propriocettive e x la guida del
movimento volontario.

Fusi neuromuscolari
Presenti nella maggior parte dei m.sch., ma la loro densità è maggiore nei muscoli che
esercitano un fine controllo motorio (es.piccoli muscoli della mano, occhi).
Sono disposti in parallelo alle fibre muscolari, in prossimità della loro inserzione
tendinea. Le estremità distali dei fusi si inseriscono al tess.connettivo che si trova
all’interno del muscolo (endomisio). Sono costituiti da 3 a 14 fibre muscolari intrafusali,
racchiuse all’interno di una capsula connettivale, sono più piccole di quelle extrafusali e
non si estendono per tutta la lunghezza del muscolo, risultano perciò troppo deboli x
contribuire significativamente allo sviluppo della tensione complessiva del muscolo o
x modificare direttamente la lunghezza con la loro contrazione.
Queste FIBRE MUSCOLARI INTRAFUSALI possono essere di 2 tipi:
• Fibre a SACCO NUCLEARE più voluminose e presenta i nuclei raccolti nella parte
centrale del SARCOPLASMA (img.pag.48 anatomia II). Queste fibre possono
essere distinte in tipo 1 e tipo 2.
• Fibre a CATENA NUCLEARE più piccole con nuclei disposti in fila (img.pag.48).
Le fibre intrafusali sono innervate sia da:

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• FIBRE SENSITIVE (afferenti):


• Grosso calibro (fibre tipo Ia o terminazioni primarie) (img.pag.48
anatomia II) entrano dentro la capsula costituendo le terminazioni
anulospirali che si avvolgono a spirale intorno ad entrambe le FIBRE
INTRAFUSALI. Tale terminazioni sono meccanocettori a rapido
adattamento (72-120 m/s).
• Piccolo calibro (fibre tipo 2 o terminazioni secondarie) attraversano la
capsula costituendo le terminazioni a fiorami che prendono contatto con
entrambe le FIBRE INTRAFUSALI. Tale terminazioni sono meccanocettori a
lento adattamento (36-72 m/s)
Attraverso l’innervazione sensitiva, i FUSI NEUROMUSCOLARI informano il
SNC dello stato dei muscoli, in particolar modo x quello che riguarda
LUNGHEZZA delle fibre extrafusali, VELOCITA’ CONTRAZIONE.
• FIBRE MOTORIE (efferenti): l’innervazione motorie avviene tramite gli assoni dei
motoneuroni γ che vanno a terminare in prossimità delle estremità delle fibre
muscolari. 2 tipi di motoneuroni γ provvedono all’innervazione motoria dei fusi
neuromuscolari:
• motoneuroni γ dinamici innervano le fibre muscolari intrafusali a sacco
di nuclei tipo 1.
• motoneuroni γ statici innervano le fibre muscolari intrafusali a catena di
nuclei – sacco di nuclei tipo 2.
Tale innervazione, permette alle fibre INTRAFUSALI di adattarsi alle modificazioni
di lunghezza del muscolo, permettendo di rimanere attive e quindi inviare
informazioni sullo stato muscolare al SNC anche quando il muscolo si accorcia
durante la contrazione. Durante la fase di contrazione infatti, le fibre
INTRAFUSALI non essendo più in tensione, non possono essere stimolate dallo
STIRAMENTO, perciò l’innervazione motrice permette a queste fibre di
accorciarsi, e le fibre sensitive possono continuare a mandare informazioni.

Funzione fusi neuromuscolari


Rilevazione delle variazioni di lunghezza del muscolo funzione svolta dalle FIBRE
AFFERENTI
Il fatto che i fusi siano disposti in parallelo rispetto alle fibre extrafusali, permettono di
poter rispondere alle variazioni di lunghezza del muscolo, accorciandosi o
allungandosi insieme alle altre fibre extrafusali. Le variazioni di lunghezza provocano
variazioni della tensione a cui sono sottoposte le fibre intrafusali e che vengono
rilevate dai meccanocettori delle fibre afferenti fusali di gruppo Ia – II (fibre sensitive).
Diversa è la risposta allo stiramento delle 2 tipologie di fibre:
• fibre II sensibili soprattutto all’entità dello stiramento. Perciò quando un
muscolo viene stirato portandolo ad una lunghezza maggiore, le fibre di gruppo II
aumentano la loro frequenza di scarica in proporzione all’entità dello
stiramento (fig.A tab. pag.181). Mentre quando il muscolo viene rilasciato, sia ha
una diminuzione della frequenza di scarica proporzionale al rilascio (fig.D
pag.181).
• fibre Ia sono sensibili all’entità dello stiramento – velocità dello
stiramento/accorciamento. Essere sensibili all’entità dello stiramento significa
che la frequenza di scarica aumenta proporzionalmente all’aumentare dello
stiramento (fig.A pag.181). La frequenza di scarica di questo tipo di fibre dipende
però anche dalla velocità dello stiramento/accorciamento. La loro attività è
massima durante l’allungamento e si riduce (o cessa del tutto) durante
l’accorciamento. Questo tipo di risposta è definita, RISPOSTA DINAMICA e
comporta che l’attività di queste fibre risenta molto di più agli stimoli transitori
(fig.B-C pag.181). Di conseguenza la sottoposizione a stimoli transitori, provocano
variazioni di lunghezza del muscolo così brevi da indurre una risposta nelle fibre

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Ia ma non nelle fibre II.


Regolazione sensibilità del fuso neuromuscolare funzione svolta dai MOTONEURONI Y
Quando un muscolo si allunga si ha l’allungamento simultaneo anche delle fibre
intrafusali. Tale allungamento provoca la comparsa di tensione a livello del fuso, che
viene captato dai recettori meccanici presenti al suo interno, provocando la scarica da
parte delle fibre afferenti. Tale tensione cessa di essere presente nelle fibre intrafusali al
momento che il muscolo va a rilassarsi, determinando l’impossibilità da parte delle fibre
sensitive di poter scaricare e ciò significa non poter segnalare variazioni di lunghezza
del muscolo. Questa condizione viene però scongiurata grazie alla presenza dei
motoneuroni y, i quali, vanno ad accorciare le fibre intrafusali contestualmente alle
extrafusali. L’accorciamento delle fibre intrafusali, avviene solamente a livello delle
REGIONI POLARI, mentre la REGIONE EQUATORIALE si allunga, riacquistando la sua
sensibilità allo stiramento.
In questo moto il sist dei motoneuroni y permettono ai fusi neuromuscolari di essere
attivi all’interno di una vasta gamma di lunghezze del muscolo, conservando così
un’elevata sensibilità a piccole variazioni di lunghezza del muscolo.
Come vengono attivati i motoneuroni y? Di norma essi vengono attivati dai comandi
motori discendenti dal cervello, assieme ai MOTONEURONI ALFA provocando così la co-
contrazione delle fibre extrafusali – fibre intrafusali. Dobbiamo però anche dire che,
essendo i motoneuroni y di 2 tipologie, le vie discendenti possono attivare un tipo o un
altro, modificando così la natura dell’attività riflessa del MS:
• attivazione MOTONEURONE Y DINAMICO aumenta risposta fibre afferenti Ia e
non II.
• attivazione MOTONEURONE Y STATICO aumenta risposta fibre afferenti II e
risposta STATICA fibre afferenti Ia.

Organo muscolo-tendineo del Golgi


Si trovano a livello delle giunzioni muscolo tendine in un numero di circa 50, disposte in
serie alle fibre muscolari.
Sono costituiti da fascetti di fibre di collagene del tendine, avvolti da una capsula
connettivale. Dalla capsula penetrano una o più FIBRE SENSITIVE (fibre afferenti tipo Ib)
che si ramificano e terminano con avvolgimenti sui fascetti di FIBRE DI COLLAGENE
intrafusali, risultano perciò disposti in serie rispetto al m.scheletrico.
L’estremità del recettore sono in rapporto, da un lato con le FIBRE DI COLLAGENE DEL
TENDINE dall’altro con un gruppo di FIBRE MUSCOLARI.
Tale posizione permette di poter essere attivata sia dallo stiramento che dalla
contrazione del muscolo. In entrambi i casi però, lo stimolo adeguato rilevato da questo
recettore è la forza che si sviluppa nel tendine in cui si trova a differenza dei FUSI sono
infatti recettori di forza e non di lunghezza.
Le fibre Ib che innervano gli organi, presentano un grande diametro e la loro velocità di
conduzione risulta simile alle fibre Ia. Differenza fibre Ia – Ib (grafico pag.183) quando il
muscolo viene stirato fino a raggiungere una lunghezza prefissata mantenuta COSTANTE,
le fibra Ia – Ib presenteranno comportamenti differenti:
• freq.scarica delle Ia cresce e rimane elevata durante il mantenimento della
lunghezza prefissata.
• Freq.scarica Ib cresce in quanto aumenta la tensione sviluppata dal muscolo in
seguito a stiramento, ma una volta stabilizzata tende progressivamente a
diminuire fino a tornare alla sua freq.scarica iniziale. Ciò è dovuto alla graduale
diminuzione tensione del muscolo in seguito a riciclaggio dei ponti trasversali e
conseguente allungamento sarcomeri.

Riflesso miotatico (da stiramento)


È particoalrmente importate x il matenimento postura – contribuisce al superamento
degli ostacoli inattesi che possono presentarsi nel corso del movimento volontario.

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L’arrivo di stimoli da parte delle FIBRE AFFERENTI Ia, ai motoneuroni di questo circuito
riflesso, provoca l’inibizione dell’att.del M.ANTAGONISTA e l’attivazione del
M.AGONISTA. Questo riflesso lo possiamo distinguiere in:
• Riflesso da stiramento fasico (Ia) è mediato dalle fibre afferenti Ia del fuso
neuromuscolare e x questo viene ad essere evocato da stiramenti rapidi e
transitori del muscolo. Il circuito che determina questo riflesso è costituito da
una fibra afferente Ia che dal muscolo entra nella sostanza grigia del MS dove si
ramifica, stabilendo sinapsi con:
• MOTONEURONI ALFA fibre afferenti Ia stabiliscono sinapsi ECCITATORIE
direttamente con TUTTI I MOTONEURONI ALFA che innervano il muscolo
omonimo e i muscoli sinergici. Allo stesso tempo tutti questi
motoneuroni alfa ricevono afferenze da tutti i fusi neuromuscolari del
muscolo (CONVERGENZA). Non vanno a costituire sinapsi con i
MOTONEURONI Y, probabilmente x evitare che si instauri un circuito
feedback positivo.
• INTERNEURONI altre collaterale delle fibre sensitive Ia terminano su
diversi tipi di interneurone, tra i quali vi è l’INTERNEURONE INIBITORIO
che oltre alle afferenze delle fibre Ia, riceva anche quelle delle cellule di
Renshaw. Questi interneuroni inibitori formano sinapsi con i
MOTON.ALFA che innervano i muscoli antagonisti.
• Riflesso da stiramento tonico è mediato da fibre afferenti Ia – II provenienti dai
fusi. Le fibre afferenti II stabiliscono sinapsi eccitatorie con i MOTONEURONI
ALFA. L’att. delle FIBRE AFFERENTI Ia – II, facenti parti di questo arco riflesso, è
continua e assicura il mantenimento di una scarica di base dei motoneuroni alfa
in questo modo il RIFLESSO STIRAMENTO TONICO contribuisce al mantenimento
del tono muscolare (contribuendo così al mantenimento della postura)
(es.pag.184).

Entrambe le tipologie nelle quali è stato suddiviso in RILFESSO DA STIRAMENTO,


permette di suggerire come esso operi come sistema feedback negativo x il controllo
della lunghezza del muscolo cioè tale riflesso opera opponendosi ai cambiamenti di
lunghezza del muscolo.

Riflesso miotatico inverso


A differenza del RIFLESSO DA STIRAMENTO, che può essere considerato un sist. a
feedbak che regola la lunghezza del muscolo, il RIFLESSO MIOTATICO INVERSO può
essere considerato un sist.feedback che contribuisce a mantenere costanti i livelli di
forza del muscolo. In questo riflesso gli organi recettoriali sono rappresentati dagli
ORGANI MUSCOLO TENDINEI DEL GOLGI, i quali sono recettori di forza in grado di
captare le variazioni di forza sul tendine nel quale sono localizzati. Il circuito di questo
arco riflesso prevede che le fibre afferenti Ib che innervano gli ORGANI MTG, penetrano
all’interno del MS ramificandosi e andando a contrarre sinapsi con INTERNEURONI, ma
non con motoneuroni alfa. In particolar modo, stabilisce sinapsi con 2 tipi di
INTERNEURONI:
• Interneuroni INIBITORI inibiscono i motoneuroni alfa che innervano il
M.OMONIMO
• Interneuroni ECCITATORI attivano i motoneuroni alfa che innervano il M.
ANTAGONISTA
Queste connessioni fanno si che l’attuazione di questo riflesso, in seguito a variazioni di
tensione a livello del tendine, provochi DECONTRAZIONE MUSCOLO AGONISTA –
CONTRAZIONE MUSCOLO ANTAGONISTA.

Riflesso da STIRAMENTO e MIOTATICO INVERSO possono agire in modo sinergico


Nonostante svolgano effetti opposti, questi 2 riflessi in certe situazioni possono agire in

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sinergia.
Es. pag. 186 spiegazione: la riduzione della F sul tendine provoca una riduzione
dell’attività degli OMTG, di conseguenza l’attività svolta di norma, relativa all’inibizione
motoneuroni alfa del m. coinvolto nella fase di riduzione forza, tenderà ad invertirsi,
provocando una eccitazione dei motoneuroni alfa che innervano il muscolo suddetto.
In questo modo il RIFLESSO MIOTATICO INVERSO, contribuisce a contrastare il
decremento di forza provocato dalla fatica.

I riflessi flessori
Il RIFLESSO FLESSORIO viene avviato dall’attivazione di uno o più tipi di REC. DI SENSO
(compresi nocicettori), i cui segnali vengono inviati al MS attraverso diversi tipi di fibre
afferenti (AFFERENZE DEL RIFLESSO FLESSORIO (ARF)).
Dai recettori di senso hanno origine le diverse tipologie di fibre afferenti che si
inseriscono nel MS provocando l’attivazione di INTERNEURONI ECCITATORI che
andranno (img.pag.187):
• attivare i MOTONEURONI ALFA che innervano i M.FLESSORI dell’arto
omolaterale
• eccitare INTERNEURONI INIBITORI che inibiscono i MOTONEURONI ALFA che
innervano i M.ESTENSORI ANTAGONISTI
Questo circuito provoca come conseguenza la flessione di una o più articolazioni
dell’arto stimolato.
• attivazione INTERNEURONI COMMISSURALI che provocano estensione arto
contro laterale (RIFLESSO DI ESTENSIONE CROCIATO)
A livello dei nostri arti inferiori, il fatto che si generi il RIFLESSO DI ESTENSIONE
CROCIATO, permette di svolgere un importante funzione contribuisce al mantenimento
EQUILIBRIO, in quanto fa sì che l’arto contro laterale possa fungere da supporto x il
carico aggiuntivo che gli viene trasferito quando l’altro arto viene portato in flessione.
Nel RIFLESSO FLESSORIO l’arto viene portato più vicino al corpo x questo fa parte dei
RIFLESSI DI RETRAZIONE. Questi riflessi (tra cui anche il FLESSORIO) rappresentano un
modo x sfuggire a situazioni dolorifiche (es. retrarre braccio quando con la mano si
toccano fonti che scottano). Per ogni articolazione avremo un circuito di quest’arco
riflesso che può essere differente. L’intensità del riflesso può essere variabile, di fronte
ad un riflesso di elevata intensità vengono ad essere coinvolte tutte le principali
articolazioni arto (es.anca-ginocchio-caviglia).

La locomozione
Gli INTERNEURONI coinvolti nei RIFLESSI FLESSORI, fanno parte anche del GENERATORE
CENTRALE DI SCHEMA MOTORIO (CPG) x la locomozione. Il CPG è un gruppo di
neuroni e circuiti che sono in grado di generare l’att.ritimica che sta alla base degli atti
motori, anche in assenza di SEGNALI AFFERENTI SENSORIALI.
La presenze del RIFLESSO FLESSORIO in un arto e del RIFLESSO ESTENSIONE CROCIATO
nell’altro genera lo schema motorio del PASSO. L’alternanza di questi riflessi prima in un
arto poi nell’altro, determina l’att.motoria del CAMMINARE. (esperimento pag.187)
Come si è detto il CPG è in grado di generare att.ritmica anche in assenza di segnali
afferenti sensoriali, ma comunque esso può essere influenzato da SEGNALI AFFERENTI
quando questi sono elevati. Tali influenza fanno si che l’att. del CPG posso adattarsi alle
variazioni del terreno mano a mano che la locomozione procede. Queste variazioni
possono avvenire rapidamente durante la corsa e, perciò, possono assicurare
un’appropriata coordinazione nel corso del suo svolgimento.
Proprietà dei RIFLESSI
Convergenza terminazioni di numerosi neuroni su un altro neurone.
Facilitazione spaziale (sommazione spaziale) x spiegazione preliminare esperimento
pag.188, img.pag.189.

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• La stimolazione di 1 SOLO RAMO NERVOSO determina la comparsa di un piccolo


PA composto in 2 motoneuroni alfa, anche se ne vengono eccitati altri 7 ma a un
livello sottosoglia, non suff x generare PA.
• Stimolazione simultanea 2 RAMI NERVOSI viene registrata una scarica molto più
grande, rispetto a quella registrata quando viene ad essere stimolato 1 solo
RAMO NERVOSO. In particolar la risposta riflessa è rappresentata dalla scarica di
7 motoneuroni alfa: 4 scaricavano dopo la stimolazione isolata di ciascun ramo
del nervo (2 x ogni ramo del nervo) – altri 3 motoneuroni alfa sono in grado di
scaricare solo quando i 2 rami del nervo vengono stimolati simultaneamente.
Sommazione temporale una somma di impulsi come avviene nella facilitazione spaziale,
può avvenire anche quando si ha la stimolazione ripetitiva di uno dei 2 rami nervosi.
Tale stimoli devono essere però temporalmente abbastanza vicini, in maniera che
l’effetto eccitatorio provocato dalla prima scarica persista ancora quando la seconda
scarica raggiunge il motoneurone.
Sommazione temporale simultanea di 2 rami nervosi porta all’OCCLUSIONE cioè
stimolando simultaneamente 2 rami nervosi quando ancora i motoneuroni sono eccitati,
si ottiene una risposta ampia, ma inferiore alla somma delle 2 risposte che si ottengono
stimolando separatamente i 2 rami. Ciò avviene quando però i motoneuroni eccitati
sono gli stessi che vanno ad essere attivata dalla stimolazione separata dei 2 rami
nervosi.

Organizzazione topografica del MS


L’organizzazione topografica ha importanti implicazioni funzionali sulle modalità
attraverso le quali le VIE MOTORIE DISCENDENTI interagiscono con i circuiti spinali
(circuiti che formano i vari archi riflessi).
Disposizione MOTONEURONI Nel CORNO VENTRALE, i motoneuroni sono organizzati in
colonne disposte in senso rostro-caudale. Sia i motoneuroni alfa e gamma diretti allo
stesso muscolo, sono disposti gli uni accanto agli altri nella stessa colonna.
Disposizione motoneuroni a seconda delle innervazioni:
• motoneuroni che innervano la m.assiale formano una colonna di cellule che si
estende x tutta la lunghezza del MS.
• motoneuroni che innervano m.arti formano colonne che si estendono x
parecchi segmenti nelle porzioni laterali del corno ventrale. In particolare: i
motoneuroni che innervano i m.estremità distali degli arti ..> sono localizzati più
lateralmente – quelli che innervano i m.prossimali ..> situati più medialmente.
Motoneuroni che innervano m.flessori ..> disposti più dorsalmente rispetto a
quelli che innervano gli etensori.
Disposizione INTERNEURONI gli interneuroni che influenzano i m.arti sono localizzati
prevalentemente nelle porzioni laterali del corno dorsale e porzione intermedia
disposta tra corna dorsale-corna ventrale. Inoltre gli interneuroni disposti lateralmente,
proiettano OMO-LATERALMENTE ai motoneuroni che innervano la muscolatura pross.-
distale degli arti, in maniera da controllarli indipendentemente. Quelli situati
medialmente, proiettano BILATERAMENTE, consentendo un controllo bilaterale della
m.assiale, in grado di fornire un idoneo supporto posturale al tronco e collo.
Questi interneuroni ricevono afferenze sinaptiche da FIBRE AFFERENTI PRIMARIE e dagli
ASSONI DELLE VIE DISCENDENTI DEL CERVELLO e fanno perciò parte di archi riflessi
spinali e delle vie discendenti del controllo motorio.

VIE MOTORIE DISCENDENTI


Classificazione tradizionale in:
• VIE PIRAMIDALI (cortico-spinale), decorrono nelle piramidi bulbari e
provvedono ai movimenti volontari dei muscoli, la cui pianificazione avviene
nelle aree corticali.

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• EXTRAPIRAMIDALE insieme di vie e di centri nervosi che agiscono direttamente


o indirettamente sulla corretta azione motoria, controllando le reazioni istintive
orientate e adattandole al movimento volontario, coordinato dal sistema
piramidale.
Altra classificazione viene fatta in base alla loro SEDE DI TERMINAZIONE nel MS e di
conseguenza sul ruolo di controllo delle att.manipolatorie – posturali:
• Sistema motorio LATERALE terminano a livello porzione laterale sost.grigia del
MS. Anche se terminano su INTERNEURONI, queste vie possono eccitare
direttamente i motoneuroni. Queste vie influenzano gli ARCHI RIFLESSI che
controllano i movimenti fini delle estremità distali degli arti e che attivano la
m.prossimale degli arti che funge da supporto x il sostegno peso corporeo.
• Sistema motorio MEDIALE terminano a contatto con gli INTERNEURONI situati
nelle porzioni mediali del corno ventrale, i quali sono connessi bilateralmente
con i motoneuroni che controllano m.assiale e perciò contribuiscono al
mantenimento equilibrio e postura.

Classificazione vie in base all’appartenenza SIST.LATERALE o MEDIALE


Sist.LATERALE
• TRATTO CORTICO-SPINALE (piramidale) LATERALE -TRATTO CORTICO-BULBARE
originano entrambi da una vasta regione della corteccia cerebrale localizzata nel
lobo frontale (area motoria primaria – premotoria – supplementare – ecc) –
corteccia somatosensitiva del lobo parietale. Entrambi i tratti lasciano la
corteccia e passano nella capsula interna, attraversano il mesencefalo a livello del
peduncolo cerebrale, passano poi nella parte basilare del ponte e raggiungono la
superficie ventrale del bulbo dove formano le piramidi (img.pag.193). Le fibre
CORTICOBULBARI si distaccano dalle altre fibre discendenti a livello del TE e
terminano nei vari nuclei motori dei n.cranici, mentre le fibre CORTICOSPINALI
continuano caudalmente e, a livello della regione più caudale del bulbo, circa il
90% degli assoni decussa e si porta dal lato opposto, dove decorrono nel
FUNICOLO DORSOLATERALE, formando il TRATTO CORTICO-SPINALE LATERALE,
che termina a tutti i livelli del MS dove va a stabilire contatti con INTERNEURONI
ma anche con MOTONEURONI. Le rimanenti fibre decorrono in direzione caudale
nel FUNICOLO VENTRALE dello stesso lato, formando il TRATTO CORTICO-
SPINALE VENTRALE (o MEDIALE) (fa parte del sist.mediale).
La via CORTICO SPINALE ha un’importanza fondamentale x il controllo
indipendente dei movimenti della dita (lesioni isolate di questo tratto provoca
una caratteristica perdita permanente della capacità di muovere
indipendentemente le dita, anche se dopo queste lesioni si osserva un recupero
di altre abilità motorie).
• Tratto RUBROSPINALE origina dal NUCLEO ROSSO (mesencefalo) e decorre poi
nel MS dove di dispongono ventralmente al tratto corticospianle laterale.
Analogamente alle FIBRE CORTICOSPINALI, agiscono preferenzialmente sui
motoneuroni che controllano la m.distale. I neuroni del nucleo rosso ricevono
afferenze dal CERVELLETTO – CORTECCA MOTORIA, e perciò questo nucleo
rappresenta un’area di integrazione dell’att. proveniente da queste 2 formazioni
coinvolte nel controllo motorio.

Sist.MEDIALE
Appartengono a questo sistema il TRATTO CORTICO-SPINALE VENTRALE e la maggior
parte del TRATTO CORTICO-BULBARE. Quest’ultimo proietta ai NUCLEI MOTORI dei
N.CRANICI e possiede 2 componenti che sono paragonabili ai tratti CORTICO-SPINALE
LATERALE e MEDIALE.
Queste vie controllano i m.assiali (spesso bilateralmente) e sono perciò deputati alla

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regolazione postura e ad att.bilateriali (corrugamento fronte, masticazione).


Altre vie originano tutte dal TE e sono:
• Tratti reticolo spinali-pontino le cellule di origine di questo tratto sono situate
nella formazione reticolare pontina mediale. Questo tratto decorre nel
FUNICOLO VENTRALE OMOLATERALE e termina sugli INTERNEURONI MEDIALI. Di
conseguenza, la sua funzione cossite nell’attivare i motoneuroni che innervano i
M.ESTENSORI PROSSIMALI e perciò contribuisce al mantenimento postura.
• Tratti reticolo spinali-bulbare originano da neuroni della regione bulbare
mediale (NUCLEO GIGANTOCELLULARE). Questi tratti discendono bilateralmente
il FUNICOLO VENTROLATERALE e terminano sugli INTERNEURONI che proiettano
ai MOTONEURONI MEDIALI. La funzione è soprattutto inibitoria.
• Tratti vestibolo spinali-laterale origina dai neuroni del NUCLEO VESTIBOLARE
LATERALE (NUCLEO DEITERS). Gli assoni di questo tratto discendono
omolateralmente il MS nel FUNICOLO VENTRALE e terminano sugli interneuroni
che attivano i motoneuroni mediali. In paticolar modo va ad eccitare i
motoneuroni che innervano i M.ESTENSORI PROSSIMALI degli arti (importanti x
controllo posturale); mentre va a inibire i motoneuroni dei M.FLESSORI, poiché
eccita gli INTERNEURONI INIBITORI Ia che ricevono afferenze dai M.ESTENSORI e
perciò inibiscono i MOTONEURONI dei M.FLESSORI.
I neuroni del NUCLEO DEITERS ricevono afferenze eccitatorie dai canali
semicircolari – organi otolitici. Ne consegue che una delle funzioni più
importanti svolte è quella di contribuire agli aggiustamenti posturali che si
verificano in seguito ad accelerazioni angolari e lineari del capo.
• Tratti vestibolo spinale mediale origina dal NUCLEO VESTIBOLARE MEDIALE e
termina sugli INTERNEURONI MEDIALI. La principale afferenza di questo nucleo è
data dai canali semicircolari e di conseguenza tale via media gli aggiustamenti
posturali che si verificano in seguito ad accelerazioni angolari capo.
• Tratto tetto spinale regola i movimenti del capo in risposta a stimoli visivi-
uditivi-somatici.

DEFICIT MOTORI DERIVANTI DA LESIONI ALLE VIE MOTORIE DISCENDENTI


La causa principali di lesioni a queste vie, avviene a livello della CAPSULA INTERNA in
genere dovuto ad accidenti vascolari capsulari. Le alterazioni motorie che ne
conseguono sono: spasticità – paresi più evidente a carico m.distali (m.dita) – riflesso
Babiski – riduzione riflesso superficiale (es.riflesso addominale).
In lesioni alla sola via CORTICO-SPINALE, molti di questi sintomi non si manifestano. In
questo caso le alterazioni più evidenti sono rappresentate dalla paresi m.distale (dita) –
segno Babinski – ipotonia (no spasticità). La spasticità è qiundi legata a lesioni di altre
vie (es.tratto reticolo spinale).
Lesioni a livello delle vie facenti parte del SIST.MEDIALE, producono effetti diversi
rispetto a quelli che si ritrovano nel tratto cortico-spinale. Le principali alterazioni
consistono: riduzione tono m.posturali – perdita riflessi di raddrizzamento. La capacità
di manipolare oggetti con le dita è perfettamente conservata.

CONTROLLO TRONCOENCEFALICO DELLA POSTURA E MOVIMENTO


Riflessi posturali
Quando va ad essere mosso il CAPO e il COLLO, vengono ad essere attivati numerosi
meccanismi riflessi. Si distinguono 3 tipi di riflessi:
• Riflessi vestibolari la rotazione del capo attiva i rec.sensoriali dei canali
semicircolari. Questi canali sono innervati da FIBRE AFFERENTI che decorrono nel
N.VESTIBOLARE e giungono ai NUCLEI VESTBOLARI. Le afferenze che arrivano a

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questi nuclei provocano aggiustamenti posturali. Questi aggiustamenti sono


mediati da comandi trasmessi al MS attraverso i tratti VESTIBOLO SPINALE
LATERALE – MEDIALE – TRATTO RETICOLOSPINALE. Il TRATTO VESTIBOLOSPINALE
LATERALE ..> attiva i motoneuroni che innervano i m.estensori, necessari al
mantenimento della postura. Il TRATTO VESTIBOLOSPINALE MEDIALE ..> provoca
la contrazione m.collo che si oppongono al movimento indotto (RIFLESSO
VESTIBOLOCERVICALE) (es.pag.196).
Le ACCELERAZIONI LINEARI vengono rilevate dagli ORGANI OTOLITICI
dell’app.vestibolare, le cui modificazioni della loro attività possono provocare
aggiustamenti posturali (es.pag.196).
• Riflessi tonici del collo sono evocati dai fusi neuromuscolari dei m.collo. Questi
muscoli contengono la più elevata concentrazione di fusi neurom. di tutti i m.
del corpo. Gli effetti che produce sono opposto a quelli del riflesso vestibolare.
Tale competizione viene risolta da input corticali volontari, i quali inibiscono
l’uno o l’altro: COLLO ESTESO ARTI ANTERIORI si estendono – ARTI POSTERIORI
si flettono.
COLLO FLESSO risposte opposte degli arti. Gli effetti del RIFLESSO VESTIBOLARE
sono opposti rispetto a quelli descritti x tale riflesso.
• Riflessi di raddrizzamento questi riflessi tendono a ripristinare la normale
posizione del capo e del corpo nello spazio. I recettori responsabili di tale
riflesso sono: REC.VESTIBOLARI – REC.STIRAMENTO COLLO – MECCANOCETTORI
pareti del corpo.

Controllo TE della postura


Il MS contiene quei neuroni che costituiscono i generatori centrali di schemi motori
(CPG) x la locomozione. Da questo circuito vengono generati segnali efferenti ritmici,
molto regolari, responsabili dei caratteristici comportamenti stereotipati (cammino).
Le irregolarità presenti nell’ambiente richiedono che questi segnali efferenti stereotipati
siano modificati (es.pag.197). Queste modificazioni possono essere provocate da segnali
sensoriali come le afferenze del riflesso flessorio (ARF) – comandi trasmessi attraverso
vie motorie discendenti.
In quest’ultimo caso, le info sensoriali (es.VISTA) possono essere utilizzate dal cervello x
indurre modici azioni anticipatorie dell’att. CPG, in modo tale da evitare potenziali
ostacoli. Inoltre, sempre mediante controllo volontario, l’attività del CPG può essere
bloccata (es.decidere coscientemente di fermarsi o quando ricominciare a camminare).
Questa regolazione volontaria dei CPG origina a livello della corteccia cerebrale, anche
se gran parte delle influenze corticali sulla locomozione sono mediate attraverso
proiezioni di regioni del TE denominate REGIONI LOCOMOTORIE. Queste regioni sono
aree la cui stimolazione induce una serie di movimenti di locomozione. Diverse sono le
regioni locomotorie, la più studiata è la regione locomotoria mesencefalica, che si
ritiene rappresente la sede organizzativa dei comandi che danno l’avvio alla
locomozione.

CONTRIBUTO DELLA CORTECCIA CEREBRALE AL CONTROLLO MOTORIO


Movimenti volontari a differenzi dei rifletti, i movimenti volontari sono diretti ad uno
scopo. Possono essere generati in assenza di uno stimolo esterno, ma dalla propria
volontà. Questi tipi di movimenti non sono stereotipati, ma vanno incontro a
modificazioni man a mano che sono ripetuti. Inoltre nono sono qualcosa di innato ma
bensì di appreso.
In ragione di tutte queste caratteristiche, tali movimento richiedono il coinvolgimento
delle AERE MOTORIE della corteccia cerebrale.
La genesi del movimenti richiede l’elaborazione delle diverse info sensoriali. Tale
elaborazione sembrerebbe esplicarsi attraverso 2 ipotesi:
• Sequenza lineare delle fasi di elaborazione la cui esecuzione è attribuibile ad

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una organizzazione GERARCHICA delle aree motorie:


CORTECCIA PARIETALE POSTERIORE AREE MOTRICI SUPPLEMETARE e
PREMOTORIA CORTECCIA MOTORIA PRIMARIA VIE DISCENDENTI MS-NUCLEI
MOTORI dei N.CRANICI.
• Aree corticali organizzate non in maniera gerarchica ma formerebbero una rete
nervosa distribuita in parallelo (img.pag.198).

Aree MOTORIE corticali


Per definizione, si intendono quelle aree cerebrali che se stimolate attraverso stimoli
elettrici deboli, provocano movimenti. Esistono diverse tipologie di aeree motorie nella
corteccia cerebrale:
• AREA MOTRICE PRIMARIA (area 4) il suo ruolo è implicato nell’esecuzione dei
movimenti volontari ed è prevalentemente localizzata nella CIRCONVOLUZIONE
PRECENTRALE del LOBO FRONTALE, anteriormente all’AREA SENSITIVA
(img.pag.337 anat.I). Graficamente, su questa porzione di corteccia, viene ad
essere rappresentato l’homunculus motorio, una caricatura dell’immagine
corporea disegnata sulla corteccia ed impostata in maniera tale che le diverse
parti del corpo coincidano con la porzione di corteccia che le controllano. Le parti
corporee risultano distorte in relazione alla quantità di corteccia deputata al
loro controllo motorio (img. B pag.200). Studi successivi hanno dimostrato però
una organizzazione topografia molto + complessa. Venne infatti dimostrato
come, nonostante la corteccia motoria può essere suddivisa in ampie regioni
devolute alla rappresentazione di una parte del corpo, all’interno di ciascuna di
queste regioni vi è una complessa organizzazione di colonne cellulari differenti,
frammiste tra loro, che controllano i muscoli di parti del corpo diverse (img. C
pag.200).
Questa complessa organizzazione ha un significato funzionale la maggior parte
dei movimenti richiede l’azione coordinata di più muscoli di un arto, perciò il
fatto di avare più colonne cellulari che controllano il movimento di
un’articolazione e il fatto che queste colonne siano frammiste a quelle che
controllano il movimento di altre articolazioni, fanno si che i movimenti che
interessano più articolazioni possono essere generati come un tutt’uno.
Nonostante la mappa della corteccia motoria presenta una certa staticità,
determinata in parte dall’organizzazione topografica della VIA CORTICOSPINALE,
possiede anche proprietà dinamiche. Ciò è stato dimostrato in quanto le
connessioni tra una colonna e l’altra possono essere modificati dalla presenza di
interneuroni GABAergici, la cui modulazione determina variazioni della risposta
motoria (esper.pag.199) ciò dimostra come la mappa somatotopica può essere
modificata. Inoltre è stato visto che si possono avere variazioni sulle dimensioni
di rappresentazione di una parte del corpo a livello della corteccia motoria, in
seguito ad adattamento a certe condizioni (es. disuso porta ad una diminuzione
di questa rappresentazione).
• AREA PREMOTORIA (area 6) (img.pag.357 anat.I):
• AREA MOTRICE SUPPLEMENTARE presiede alla coordinazione e alla
pianificazione dei movimenti complessi degli arti distali. Situata sulla
davanti alla MOTORIA PRIMARIA e corrisponde alla parte mediale
dell’area 6. Viene suddivisa in 2 regioni:
• SMA parte più caudale, simile all’area 4 in quanto contiene una
mappa somatotopica completa, proietta al tratto corticospinale
ed è interconnessa con altre aree motorie. La stimolazione di
questa porzione evoca movimenti che interessano singole
articolaz. (come area 4), ma occorre applicare uno stimo di
intensità più elevata e di più lunga durata. Inoltre spesso
vengono evocati movimenti più complessi di quelli indotti

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dall’area 4. Può indurre, inoltre, vocalizzazione – produzione


complessi movimenti posturali, ma può anche svolgere effetti
opposti.
• Pre-SMA non possiede ricche connessioni con altre aree motorie
e con il MS, ma è invece connessa con la corteccia pre-frontale.
• AREA PREMOTORIA propriamente detta costituisce la superficie laterale
area 6. Viene suddivisa in 2 porzioni, entrambe organizzate in maniera
somatotopica e proiettano al tratto corticospinale:
• PM dorsale controlla ARTO INFERIORE – TRONCO – ARTO
SUPERIORE – FACCIA. Contiene una rappresentazione più estesa
m.prossimali
• PM ventrale controlla principalmente ARTO SUPERIORE – CAPO.
Contiene rapp. più ampia m.distali.
• AREE MOTORIE DEL GIRO DEL CINGOLO (CMA) (img.pag.198) localizzate
all’interno del solco del cingolo. Sono presente 3 aree
(dorsale,ventrale,rostrale), ciascuna contiene mappa somatotopica e proietta
alla corticospinale. Evoca movimenti simili a quelli area 4, ad eccezione che è
necessaria forte stimolazione. L’att. dei neuroni di queste aree è correlata alla
preparazione – esecuzione movimenti.

Connessioni tra le AREE MOTORIE


Afferenze le AREE MOTORIE della corteccia cerebrale, oltre ad essere connesse tra loro
(es.pag.202), ricevono afferenze da numeroso formazioni sia corticali, sia sottocorticali.
La fonte principale di afferenze sono quelle che derivano dalla stessa area corticale.
A queste aree arrivano le info sensitive provenienti dalla VIE ASCENDENTI. Prima di
giungere alla corteccia motrice, queste info arrivano al TALAMO che le trasmetterà
direttamente o indirettamente alla corteccia motoria. Nell’ultimo caso le info sensitive
passano nella corteccia somatosensitiva prima di giungere alle aree motorie.
Altre afferenze alla corteccia motoria, arrivano da altre formazioni implicate nel
controllo motorio: CERVELLETTO – GANGLI DELLA BASE. In particolar modo, queste 2
formazioni trasmettono le info a 2 nuclei distinti del TALAMO (NUCLEO VENTRALE LAT –
NUCLEO VENTRALE ANT), che a sua volta le trasmetteranno alle aree motorie.
Efferenze le efferenze dalle aree motorie al MS – TE, avvengono attraverso più VIE
DISCENDENTI. Tra queste, le principali sono la VIA CORTICOSPINALE –
CORTICOBULBARE; ma ci sono anche altre vie che giungono al MS – TE indirettamente,
proiettandosi al NUCLEO ROSSO – vari NUCLEI della formazione reticolare.
Le aree motorie proiettano anche al:
• CERVELLETTO arrivano dalle aree corticali motorie, la VIA CORTICO-PONTINA, la
quale fa tappa nei NUCLEI PONTINI x poi da qui giungere al CERVELLETTO;
oppure una via che dalla corteccia va al NUCLEO DELL’OLIVA INFERIORE
CERVELLETTO.
• GANGLI DELLA BASE le AREE CORTICALI proiettano direttamente allo STRIATO.
Diverse proiezione dalla corteccia motoria giungono al TALAMO, attraverso queste, la
CORTECCIA esercita un controllo sulle info che riceve dal talamo.

Comportamento neuroni della corteccia motoria


Da diverse ricerche è emerso come i neuroni della corteccia motoria modificano la loro
FREQ.DI SCARICA prima dell’inizio del movimento e l’inizio di queste variazioni è
correlato con i tempi di reazione. Inoltre variaz. della FREQ.SCARICA sono correlati con
la FORZA DI CONTRAZIONE dei muscoli che generano il movimento e con la VELOCITA’
di variazione della forza contrazione.
Queste osservazioni implicano che questi neuroni sono implicati nelle fasi finali della
PIANIFICAZIONE e ESECUZIONE dei movimenti. Tuttavia alcune ricerche hanno
dimostrato come alcuni neuroni della cortex motoria partecipano alle fasi iniziali della

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PIANIFICAZIONE del movimento.


Altre ricerche hanno dimostrato come i neuroni della cortex motoria, presentino anche
una sensibilità direzionale. Cioè ogni cellula presenta un max aumento della
freq.scarica x movimenti eseguiti in particolari direzioni (DIREZIONE PREFERENZIALE).
Tale sensibilità risulta però piuttosto ampia in quanto, movimenti eseguiti in direzioni
diverse da quelle preferenziali, hanno dimostrato una modifica della freq.scarica e non
un’assenza ampia sensibilità direzionale. Ciò potrebbe suggerire come ogni cellula sia
probabilmente implicata nei movimenti eseguiti nella maggior parte delle direzioni.
Ciò pone anche un interrogativo: come queste cellule possono contribuire all’esecuzione
di movimenti accurati dal momento che la loro sens.direz. è così ampia? anche se le
variaz. dell’att. singole cellule non possono prevedere o specificare la direzione del
movimento da eseguire, questo può essere fatto da una popolazione di cellule.

CONTRIBUTO DEL CERVELLETTO AL CONTROLLO MOTORIO


Il CERVELLETTO è situato dorsalmente al TE (bulbo-ponte-mesencefalo), al quale è
collegato x mezzo dei 3 peduncoli cerbellari. Ha la forma di un grosso ovoide, dal quale
distinguiamo:
FACCIA SUPERIORE (img.pag.343) -> convessa, presenta sulla linea mediana un rilievo, il
VERME SUPERIORE.
FACCIA INFERIORE (img.pag.343) -> convessa, interrotta da una profonda scissura
mediana, nel fondo del quale si rileva un rilievo, il VERME INFERIORE, in continuità con
quello SUPERIORE.
Le 2 masse cerebellari che stanno ai lati del VERME, costituiscono gli EMISFERI
CEREBELLARI.
Suddivisone cervelletto in LOBI la presenza sulla superficie di numerose fessure,
dividono il cervelletto in LOBI:
• ARCHICEREBELLO (LOBO FLOCCULONODULARE) parte più antica cervelletto, è
collegato con le VIE e i NUCLEI VESTIBOLARI.
• PALEOCEREBELLO (lobo anteriore) coincide con la CORTECCIA VERME, ed è
collegato con il MS e NEOCEREBELLO.
• NEOCEREBELLO (lobo medio) presente solo nei primati e formato dagli EMISFERI
CEREBELLARI.
Altra caratteristica della superficie CERVELLETTO, è la presenza di lamine adiacenti e
parallele. Sulla superficie di ogni LAMINA sono presenti delle “fessure” che creano
pieghe e formano le lamelle cerebellari, che sono quindi porzioni allungate di corteccia
ripiegata su se stessa.
Costituito da sost.grigia stratificata in superficie a formare una CORTECCIA e
internamente è presente la sost.bianca a formare il CENTRO MIDOLLARE. All’interno
della sost.bianca sono presenti i nuclei propri cervelletto (img.pag.344).

Struttura CORTECCIA CEREBELLARE


La CORTECCIA CERBELLARE presenta 3 strati di neuroni, che procedendo dalla
profondità -> superficie sono (img.pag.345-346):
• STRATO DEI GRANULI formato da neuroni: cellule Golgi e cellule granulari. Le
CELLULE GRANULARI proiettano i loro assoni allo STRATO MOLECOLARE,
dividendosi a T (img.pag.346) e decorrendo tutti paralleli tra loro, da ciò
prendono il nome di FIBRE PARALLELE. I DENDRITI del PURKINJE contraggono
diverse sinapsi con più FIBRE PARALLELE, ricevendo quindi
contemporaneamente AFFERENZE da MOLTISSIMI GRANULI, allo stesso tempo
diverse CELLULE GRANULARI prendono contatto con moltissime CELLULE
PURKINJE, realizzando una marcata amplificazione spaziale del messaggio
nervoso che giunge alla corteccia.

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In questo strato sono presenti anche le cellule del Golgi che hanno funzione di
modulare l’attività delle CELLULE GRANULARI.
• STRATI GANGLIARE (CELLULE DI PURKINJE) in questo strato sono presenti le
CELLULE PURKINJE, i neuroni più caratteristici del cervelletto. Sono molto più
grandi degli altri neuroni della corteccia e hanno tipica forma a FIASCO, dalla cui
base origina un assone, che attraverso lo STRATO DEI GRANULI e raggiunge i
nuclei del CENTRO MIDOLLARE, divenendo le uniche fibre che lasciano la
corteccia. Dal collo del corpo cellulare, nascono 1-2 grossi dendriti che si
portano nello STRATO MOLECOLARE.
• STRATO MOLECOLARE sono presenti: ASSONI CELLULE GRANULARI – NEURONI
ASSOCIATIVI – CELLULE CANESTRI – CELLULE STELLATE.

Afferenze della corteccia cerebellare


I sist. afferenti al cervelletto sono suddivisi in:
• Fibre MUSCOIDI provengono da numerose formazioni (MS – NUCLEI COLONNE
DORSALI – NUCLEI DEL TRIGEMINO – FORMAZ.RETICOLARE – FIBRE AFFERENTI
VESTIB.PRIMARIE – NUCLEI VESTIBOLARI – NUCLEI CEREBELLARI – NULCEI
PONTINI.
Queste fibre sono eccitatorie. Alcune di queste trasmettono le info esterocettive
– propriocettive del CORPO – CAPO, formando 2 mappe somatotopiche del
corpo a livello della cortex cerebellare che risultano a mosaico e non continue.
Altre fibre trasmettono info di natura vestibolare e terminano esclusivamente
nel LOBO FLOCCULONODULARE (STRATO GRANULI, dove prendono contatto
esclusivamente con i dendriti CELLULE GRANULI) e in alcune regioni del verme
regioni vestibolo cerebello. Tuttavia a queste regioni arrivano anche FIBRE
MUSCOIDI che trasmettono info visive, cervicali, oculomotorie, x cui non sono
coinvolte esclusivamente nel sist.vestibolare.
La maggior parte di queste fibre, proviene dai NUCLEI PONTINI, che portano info
derivanti dalla CORTEX CEREBRALE MOTORIA.

Attraverso il sist. delle FIBRE MUSCOIDI, il cervelletto riceve diversi tipi di INFO
SENSORIALI e INFO in rapporto con l’att.motoria convogliate dalle vie motorie
discendenti.

• Fibre RAMPICANTI originano da un unico nucleo, NUCLEO OLIVA INFERIORE


attraversano i primi 2 strati della corteccia (GRANULI-PURKINJE), arrivando allo
STRATO MOLECOLARE, dove si avvolgono a spirale (da qui rampicanti) attorno ai
DENDRITI del PURKINJE, contraendo sinapsi.
Nel NUCLEO OLIVARE INFERIORE, i neuroni olivari sono accoppiati
elettricamente tra loro mediante gap junction. Il nucleo presenta la più elevata
densità di gap junction tra cell.nervose del SNC. Ciò fa si che i neuroni olivari
abbiano un’attività sincronizzata che viene trasmessa al CERVELLETTO. Le
afferenze che arrivano all’oliva inferiore, vanno a modulare la freq.scarica dei
neuroni olivari all’interno però di un piccolo range di frequenze imposto proprio
dal tipo di accoppiamento elettrico cellulare. Più che modulare la freq.di scarica
dei neuroni olivari, le afferenze vanno a modificare l’accoppiamento elettrico tra
i neuroni olivari, modificando così le caratteristiche dell’att.sincrona che
raggiunge il cervelletto.
Perciò, x la proprietà dei suoi neuroni, l’oliva inferiore è in grado di generare
un’attività sincrona destinata a tutta la corteccia cerebellare. Il significato
funzionale di questa att.sincrona potrebbe essere quello di fornire un segnale
d’ingresso x sincronizzare i comandi motori che vengono indirizzati a gruppi di
muscoli diversi a seconda del movimento da eseguire.
Le fibre olivari che hanno origine dal nucleo dell’oliva inferiore, sono eccitatorie e

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nel loro decorso verso la corteccia cerebellare, a livello della sost. bianca del
cervelletto, inviano collaterali ai NUCLEI CEREBELLARI. Nella cortex, tali fibre
contraggono sinpasi con le diverse cellule che costituiscono la corteccia
cerebellare.

Microcircuiti della CORTECCIA CEREBELLARE


Gli assoni delle CELLULE STELLATE – CANESTRO (presenti nello STRATO MOLECOLARE)
stabiliscono sinapsi con i dendriti delle cellule Purkinje. Le cell. CANESTRO stabiliscono
sinapsi anche con i corpi cellulari delle cell.Purkinje, disponendosi a “canestro” intorno
alla loro base.
Le CELLULE DEI GRANULI (strato granulare) presentano brevi dendriti, ciascuno dei quali
termina con un’espansione ad artiglio, che stabilisce contatti sinaptici con una rosetta
di una FIBRA MUSCOIDE e con le terminazioni assoniche di una CELL.GOLGI, dando
luogo alla formazione di caratteristici glomeruli. Gli assoni delle CELL.GRANULI si
portando, passando x lo STRATO CELL. PURKINJE, nello STRATO MOLECOLARE, a livello
del quale si biforcano, formando FIBRE PARALLELE. Le FIBRE PARALLELE decorrono
parallelamente alla superficie corticale e formando sinapsi eccitatorie con i DENDRITI
delle CELL.PURKINJE – CELL.GOLGI – CELL.STELLATE – CELL.CANESTRO.
La disposizione ortogonale delle FIBRE PARALLELE rispetto agli ALBERI DENDRITICI DELLE
CELL. PURKINJE, determina importanti conseguenze funzionali, in quanto ottimizza la
possibilità di stabilire connessioni sinaptiche con diverse cell.Purkinke (più di 100),
mentre con una singola cell.Purkinje può stabilire appena uno o 2 contatti sinaptici, in
quanto decorrono lungo la dimensione minor dell’albero dendritico. Per contro una
singola cell.Purkinje, riceve afferenze da 200.000 fibre parallele (conseguenza pag.211).
Le cell.GOLGI sono interneuroni inibitori (STRATO GRANULARE). Presentano
un’arborizzazione DENDRITICA che forma il CONO SUPERIORE, diretto allo STRATO
MOLECOLARE. L’arborizzazione ASSONICA forma il CONO INFERIORE. Le CELL.GOLGI
vengono eccitate dalle FIBRE MUSCOIDI – RAMPICANTI – ASSONI CELL.GRANULI (fibre
parallele) e inibite da COLLATERALI CELL. A CANESTRO – STELLATE – PURKINJE. A loro
volta queste cellule inibiscono le CELLULE DEI GRANULI.

Struttura CENTRO MIDOLLARE (sost.bianca)


Immersi nella sost.bianca, sono presenti i NUCLEI PROPRI CERVELLETTO. I neuroni di
questi nuclei, ricevono collaterali dalle FIBRE MUSCOIDI, RAMPICANTI, ASSONI CELLULE
PURKINJE, ed emettono ASSONI che costituiscono le vie di uscita degli impulsi dal
CERVELLETTO ad altre regioni cerebrali.
In particolare, le CELLULE PURKINJE, uscendo dalla corteccia (ed essendo la sola via
d’uscita), inibiscono in maniera più o meno marcata i NUCLEI CENTRO MIDOLLARI
(nuclei propri cervelletto -> dai quali partono le EFFERENZE del cervelletto), attraverso la
produzione del neurotrasmettitore GABA (γ-aminobutirrico).
Dai NUCLEI PROPRI quindi, partono le EFFERENZE del cervelletto, di conseguenza gli
impulsi contenuti sono il risultato dell’integrazione di STIMOLI INIBITORI-ECCITATORI.
Possiamo distinguere 2 tipologie di neuroni efferenti dei NUCLEI CEREBELLARI:
• Neuroni GABAergici sono inibitori e proiettano alle stesse regioni dell’OLIVA
INFERIORE dalle quali ricevono afferenze. Inoltre le FIBRE RAMPICANTI, che
originano dall’OLIVA INFERIORE, proiettano alla CORTECCIA CEREBELLARE che a
sua volta proietta a questi stessi NEURONI GABAergici. Si costituisce così un
circuito chiuso a feedback negativo.
• Neuroni non-GABAergici sono eccitatori e proiettano ad una serie di formazioni
che vanno dal MS al TALAMO.
In generale ogni NUCLEO CEREBELLARE dà origine a proiezioni crociate (ascendenti –
discendenti) che lasciano il cervelletto attraverso il peduncolo cerebellare superiore:
• Proiezioni efferenti ASCENDENTI: raggiungono del TE (nucleo rosso) – collicolo
superiore – NUCLEO VL del TALAMO, il quale si connette poi alla CORTEX

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MOTORIA PRIMARIA, fungendo da tramite CERVELLETTO – AREE MOTORIE


CORTICALI.
• Proiezioni efferenti DISCENDENTI: raggiungono prevalentemente i NUCLEI
PONTINI – OLIVA INFERIORE – parecchi nuclei FORMAZ.RETICOLARE.

L’att. delle cellule del Purkinje nella contesto della COORDINAZIONE MOTORIA
Essendo gli assoni delle CELLULE PURKINJE la sola via di uscita degli impulsi corteccia
cerebellare, tutti gli ALTRI NEURONI CEREBELLARI hanno la funzione di MODULARE LA
SCARICA CELLULE PURKINJE.
Le CELLULE PURKINJE, vengono eccitate da:
• FIBRE PARALLELE dei granuli (a sua volta eccitate dalle FIBRE MUSCOIDI)
determinano l’insorgenza di PA singolo (SPIKE SEMPLICE (img.pag.214)) che
presenta una frequenza che varia tra 20-50 Hz.
• FIBRE RAMPICANTI provenienti dall’OLIVA INFERIORE una sola FIBRA
RAMPICANTE, provoca una raffica ad alta frequenza di PA (SPIKE COMPLESSO
(img.pag.214)). Lo SPIKE COMPLESSO è espressione dello stato funzionale
dell’OLIVA INFERIORE.
Lo SPIKE COMPLESSO che giunge dalle FIBRE RAMPICANTI, non sembra però modificare
la frequenza di scarica media delle cell.Purkinje, di conseguenza si è ipotizzato che
queste cellule non abbiano alcun ruolo diretto nella DEFINIZIONE DEI SEGNALI CHE
PROVENGONO DALLA CORTECCIA CEREBELLARE e perciò non sono implicate nel
controllo dell’att.motoria nel corso del suo svolgimento. Si ritiene piuttosto che la loro
funzione sia quella di modificare la sensibilità delle cell.Purkinje ai segnali che ricevono
dalle fibre parallele: in certe circostanze gli SPIKE COMPLESSI, provocano una
prolungata depressione dell’efficacia sinaptica delle fibre parallele (depressione a
lungo termine) si ipotizza che questo sarebbe il meccanismo attraverso il quale le FIBRE
RAMPICANTI agirebbero sull’apprendimento motorio. Secondo questa ipotesi, le FIBRE
PARALLELE e quindi gli SPIKE SEMPLICI che producono, sarebbero implicati nei processi
che conducono alla genesi dei movimenti e, ogni qual volta non vi è una corrispondenza
tra il MOVIMENTO CHE SI INTENDE ESEGUIRE e MOVIMENTO REALIZZATO, viene
generato un segnale di errore che attiva l’OLIVA INFERIORE, con conseguente
insorgenza di SPIKE COMPLESSI che vanno a deprimere le FIBRE PARALLELE. Tale
depressione delle sinapsi FIBRE PARALLELE, induce una modificazione dei segnali motori
responsabili dell’esecuzione dei futuri movimenti. Se questa modificazione produce
movimenti appropriati non si avrà più attivazione OLIVA INFERIORE e quindi il
prog.motorio rimarrà immodificato.
Se vi è ancora un errore OLIVA INFERIORE si attiva e produce SPIKE COMPLESSI che
indurranno ulteriori variaz. efficacia sinaptica.
(ipotesi che necessita di conferma)

Conseguenze in seguito a lesioni cervelletto


Lesioni UNILATERALI del cervelletto, provcano alterazioni motorie nello stesso lato del
corpo. Ciò è dovuto al fatto che la maggior parte delle vie che dal CERVELLETTO
giungono MOTONEURONI, decussano 2 volte: 1 decussazione a carico via efferente che
dal CERVELLETTO va alla CORTECCIA CONTROLATERALE, passando prima x il TALAMO.
Dalla corteccia si ha 2° decussazione a carico via discendente (es.corticospinale) a livello
parte inferiore bulbo.
I deficit motori che ne conseguono dipendono dalla componente del cervelletto che
risulta danneggiata: se lesione è a livello LOBO FLOCCULONODULARE ..> lesioni
apparato vestibolare (alteraz.equilibrio – alteraz.andatura – ecc). Se lesione interessa
VERME ..> alteraz.motoria a carico tronco. Se danneggiata regione intermedia o
emisferica ..> alteraz. Motorie arti.
Alterazioni motorie che si evidenziano in sogg. con lesioni cervelletto sono:
dis.coordinazione – dis.equilibrio – dis.tono muscolare.

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Altro segno caratteristico è rappresentato dal tremore intenzionale nell’arto omolaterale


alla lesione, tremore che aumenta all’aumentare della vicinanza con oggetto.
Alteraz. Tono muscolare si manifesta sottoforma di ipotonia che può essere
accompagnata dal riflesso patellare pendolare ..> forma patologica di riflesso da
stiramento fasico del m.quadricipite, che si può evocare con percussione del tendine
patellare e che induce, a causa dell’ipotonia, una serie di flessioni-estensioni.

CONTRIBUTO DEI GANGLI DELLA BASE AL CONTROLLO MOTORIO


Sono nuclei profondi del cervello e contribuiscono alla regolazione att.motoria. A
differenza del cervelletto, non ricevono afferenze dal MS, ma ricevono proiezioni dirette
dalla CORTECCIA CEREBRALE. La principale azione dei gangli, consiste nell’influenzare,
attraverso il talamo, l’att.dei neuroni delle AREE MOTORIE DELLA CORTECCIA
CEREBRALE. Lesioni dei gangli, producono alterazioni patologiche dei movimenti e
postura.
I nuclei della base comprendono: NUCLEO STRIATO (CAUDATO – PUTAMEN) – GLOBUS
PALLIDUS. Associati a questi gangli, abbiamo i nuclei talamici: nucleo ventrale anteriore
(VA) – nucleo ventrale laterale (VL). Altri nuclei associati ai gangli sono: nucleo
subtalamico del diencefalo – sub stantia nigra del mesencefalo.

Connessioni e meccanismi operativi dei GANGLI


I neuroni del NUCLEO STRIATO cominciano a scaricare prima dell’inizio del movimento
ciò suggerisce che questi neuroni contribuiscono alla SELEZIONE DEL MOVIMENTO da
eseguire.
La maggiore parte delle REGIONI CORTECCA CEREBRALE proietta (proiezioni
corticostriali) allo STRIATO. A sua volta lo STRIATO proietta al TALAMO attraverso 2 vie. I
neuroni talamici, a loro volta, eccitano neuroni CORTECCIA CEREBRALE.
Le 2 vie con le quali lo STRIATO proietta al TALAMO sono:
• Via DIRETTA lo STRIATO proietta al GLOBUS PALLIDO, attraverso proiezione
INIBITORIA (che usa GABA). Il GLOBUS PALLIDO proietta poi ai NUCLEI TALAMICI
(VA-VL), sempre con proiezioni INIBITORIE (GABA). Da qui i NUCLEI TALAMICI
proiettano alla CORTECCIA PRE-FRONTALE – PREMOTORIA – SUPPLEMENTARE,
attraverso proiezioni eccitatorie. Queste afferenze alla CORTECCIA MOTORIA
influenza la PIANIFICAZIONE MOTORIA, nonché la scarica dei neuroni
corticospinali – corticobulbari.
Spiegazione funzionamento circuito n. dello STRIATO in condizioni normali
possiedono scarsa att. spontanea e sono attivati durante i movimenti x azione
delle afferenze corticali. I n. GLOBUS PALLIDO, normalmente hanno elevata
scarica spontanea che inibisce neuroni nuclei VA-VL. Perciò, quando lo STRIATO
viene attivato, le sue proiezioni inibitore riducono l’att. dei neuroni GLOBUS
PALLIDO, andando a disinibire n. VA-VL i quali avranno effetti eccitatori su AREE
MOTORIE. Queste aree corticali, andranno poi a evocare il movimento, attivando
i MOTONEURONI ALFA – GAMMA del MS – TE. I GANGLI influenzano, attraverso
questa via, il movimento, andando ad aumentare att.neuroni corticali aumento
att.motoria.
• Via INDIRETTA (post-it pag.216) STRIATO proietta connessioni inibitorie (GABA)
al SEG.ESTERNO GLOBUS PALLIDO, che a sua volta invia proiezioni inibitorie al:
• NUCLETO SUBTALIMICO a sua volta invia proiezioni eccitatorie al
SEG.INTERNO GLOBUS PALLIDO.
• SEG.INTERNO GLOBUS PALLIDO invia proiezioni inibitorie ai NUCLEI
TALAMICI (VA-VL)
Funzionamento circuito indiretto normalmente il SEG.ESTERNO GLOBUS
PALLIDO, va a svolgere un’azione di inibizione sul SEG.INTERNO GLOBUS PALLIDO
– SUBTALAMICO. L’effetto inibitorio riduce l’attività dei neuroni del

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SUBTALAMICO che normalmente risultano attivi ed hanno effetti eccitatori sul


SEG.INTERNO GLOBUS PALLIDO.
Quando lo STRIATO si attiva inibizione SEG.EST.GLOBUS PALLIDO riduzione att.
di inibizione sui neuroni SUBTALAMICO, i quali diventano ancora più attivi, e sui
neuroni SEG.INT.GL.PAL. L’aumento attività dei neuroni SUBTALAMICO, provoca
un incremento att.eccitatoria sui neuroni SEG.INT.GL.PAL., che risulteranno a
loro volta più attivi, determinando un incremeto att. di inibizione sui VL-VA. Di
conseguenza l’att. dei neuroni di VA-VL diminuisce, facendo diminuire anche
qulla dei NEURONI CORTICALI. L’effetto finale di questa via è quello di ridurre
l’att. dei neuroni aree motorie riduzione movimento.

La via DIRETTA-INDIRETTA, svolgono azioni opposte, di conseguenza l’aumento dell’att.


di una via potrebbe provocare uno sbilanciamento del controllo motorio. Questi
sbilanciamenti sono caratteristici di malattie gangli base.

Differenze tra i circuiti motori dei GANGLI e del CERVELLETTO


GANGLI:
• Ricevono afferenze dalla maggior parte delle AREE CORTECCIA CEREBRALE
• Efferenze più diffuse rispetto a quelle cervelletto
• Non ricevono info somatosensitive dalle vie acendenti MS e stabiliscono poche
connessioni con TE.
CERVELLETTO:
• Le afferenze che ricevono dalle AREE CORTECCIA CEREBRALE sono molto più
circoscritte
• Efferenze meno diffuse rispetto ai gangli
• ricevono info somatosensitive dalle vie acendenti MS e stabiliscono ricche
connessioni con nuclei TE.

APP. CARDIOCIRCOLATORIO
Funzioni: Provvede al trasporto e distribuzione sostanze essenziali ai tessuti -
rimozione dei prodotti che derivano dal metabolismo. Inoltre prende parte ai
meccanismi omeostatici (regolazione temp. corporea – equilibrio liquidi corporei.
Costituzione app.cardiovascolare:
• CUORE
• VASI SANGUIGNI
• CAPILLARI

MUSCOLO CARDIACO (CUORE)


È al centro dell’APPARATO CARDIOVASCOLARE è la sua funzione è quella di mandare il
sangue in circolo in direzione CENTRIFUGA.
E’ un organo cavo situato nella cavità toracica più precisamente nel mediastino
anteriore (tra i 2 polmoni), dietro lo sterno e le cartilagini costali, che lo proteggono
come uno scudo, davanti alla colonna vertebrale appoggiato sul diaframma. Non è in
posizione perfettamente mediana ma è leggermente spostato a sinistra.
Ha la forma di un cono un poco appiattita in senso antero-posteriore, con la BASE
(posizionata a livello della 3° cartilagine costale) rivolta in alto-destra-dietro e l’APICE
(posizionato a livello del 5° spazio intercostale) rivolto in basso-avanti-sinistra (il cuore è
un po’ appoggiato sul diaframma).

Organizzazione istologica CUORE

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Il tessuto muscolare del cuore, è definito striato cardiaco, ed è costituito da singole


fibrocellule (CARDIOMIOCITI), che presentano le analoghe striature che caratterizzano
lo scheletrico.
A differenza del TESS.SCHELETRICO, le FIBRE CARDIACHE si presentano più piccole (fibra
sch. può arrivare anche a 20cm) e sono fisicamente connesse tra loro grazie alla
presenza dei DISCHI INTERCALARI (img.pag.294), x tanto non possono essere
considerate anatomicamente dei sincizi (fusione di due o più cellule tra loro, con la
formazione di una sola cellula multinucleata) come le fibre sch., anche se da un punto di
visita funzionale si comportano in maniera analoga quindi possono essere considerate
dei SINCIZI FUNZIONALI. La presenza infatti dei DISCHI INTERCALARI permette una
connessione meccanica-elettrica tra le fibre, dando la possibilità alle fibre di contrarsi
simultaneamente e di far propagare il pot.elettrico, originato dal NODO SENOATRIALE,
da una cellula all’altra, consentendo una contrazione sincronizzata tra cellule. La
connessione meccanica-elttrica è possibile grazie alla presenza nel disco:
DESMOSOMI CONNESSIONE MECCANICA
GAP JUNCTION CONNESSIONE ELETTRICA
Per quanto riguarda la disposizione delle striature, è analoga a quella presente nel
m.sch. (vedi disposizione striature nella fibra musc. sch.).
Sia il tess. musc. SCH. che CARDIACO contengono TESS.CONNETTIVO che circonda le
varie cellule, nel secondo risulta più abbondante. Cosa provoca questa abbondanza di
tess.connettivo? aiuta a prevenire la rottura muscolare (come nel m.sch.) e impedisce
la sovradistensione dei miofilamenti delle cellule cardiache. Impedire la
sovradistensione, permette ai miofilamenti di rimanere ad una lunghezza di
sovrapposizione ottimale, ciò secondo la TEORIA DELLO SLITTAMENTO, consente di
esprimere una FORZA CONTRATTILE efficace x pompare quel surplus di sangue che
deriva ad es. da una situazione di eser. fisico intenso. Viceversa, se il cuore subisse una
sovra distensione, la ridotta sovrapposizione dei filamenti SPESSI-SOTTILI
determinerebbe una ridotta capacità contrattile che non consentirebbe un pompaggio
adeguato del sangue, causando un incremento della pressione venosa.
Come nel muscolo sch. anche in quello cardiaco le miofibrille sono circondate da una
rete di memb. del RETICOLO SARCOPLASMATICO (RS) che risulta meno sviluppato.
Questi rami vanno ad immettersi in una CISTERNA TERMINALE che a sua volta è collegata
ai TUBULI T posti a livello delle LINEE Z (mentre nel m.sch. è posto tra bande A – I).
I cardiomiociti contengono anche numerosi mitocondri, l’alta densità garantisce al cuore
un’elevata capacità ossidativa (+ elevato di quella del m.sch.).

COMPONENTI CUORE
Il cuore è costituito da 2 parti separate – non comunicanti, in quanto separati da una
parete continua (SETTO ATRIO-VENTRICOLARE) in parte di natura fibrosa ma per la
maggior parte di natura muscolare. All’interno di ogni metà sono presenti 2 cavità
comunicanti, una superiore ATRIO e una inferiore, VENTRICOLO.
CAMERE CARDIACHE Gli ATRI sono camere a pareti sottili e a bassa pressione che
funzionano più come grossi condotti di riserva di sangue x i rispettivi ventricoli,
piuttosto che come pompe importanti x la propulsione in avanti del sangue.
Sono presenti 2 sistemi di contrazione indipendente uno x ATRII l’altro x VENTRICOLI
MUSCOLATURA ATRII ..> è costituita da FASCI MUSCOLARI PROPRI di ciascun ATRIO
formati principalmente da FIBROCELLULE che circondano gli orifizi di sbocco delle vene
di ciascun atrio e da FASCI MUSCOLARI COMUNI ad ambedue gli atrii, formati da
FIBROCELLULE con decorso prevalentemente trasversale, si estendono da un atrio
all’altro. Complessivamente la parete muscolare degli atrii è piuttosto sottile e si
ispessisce solo nelle zone in prossimità dei rilievi di muscoli pettinati.
MUSCOLATURA VENTRICOLI ..> è notevole più robusta e spessa di quella atriale in
quanto il MIOCARDIO è costituito da 3 strati sovrapposti di FASCI MUSCOLARI PROPRI di
ciascun ventricolo e FASCI MUSCOLARI COMUNI a tutte e 2 i ventricoli.

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I FASCI MUSCOLARI PROPRI costituiscono lo STRATO INTERMENDIO del miocardio si


inseriscono nell’anello fibroso dell’orifizio atrioventricolare presente in ciascun ventricolo
e lo discendono in maniera obliqua (senza raggiungere apice) per poi formare un’ansa e
risalire fino a terminare sullo stesso anello fibroso da cui erano originati, nel complesso
formano 2 sacchi conoidi tra loro adiacenti (img.pag.169 anat.).
Per quanto riguarda i FASCI MUSCOLARI COMUNI costituiscono lo STRATO SUPERFICIALE
e quello PROFONDO del miocardio, si inseriscono nell’anello fibroso dell’orifizio
ventricolare e lo discendono in maniera obliqua fino a raggiungere l’apice formando lo
STRATO SUPERFICIALE, per poi risalire formando lo STRATO PROFONDO. Alcuni FASCI
MUSCOLARI COMUNI PROFONDI vanno a formare i MUSCOLI PAPILLARI (img.pag.169
anat). Il VENTRICOLO SX presenta uno spessore muscolare, notevolmente più sviluppato
del DX che gli consente di esprimere una F maggiore.
La presenza attorno agli orifizi valvolari dello strato muscolare spesso e potente,
consente di agire x ridurre la circonferenza del ventricolo durante eiezione sangue, ma
anche x restringere orifizi della valvola AV, partecipando così alla chiusura delle valvole.
L’eiezione ventricolare, oltre che x riduzione di circonferenza, si attua anche x riduzione
dell’asse longitudinale, con abbassamento BASE cuore.
VALVOLE CARDIACHE consistono in sottili lembi di tess.fibroso, flessibile ma resistente,
rivestito di ENDOTELIO e saldamente attaccate agli anelli valvolari. I movimenti dei lembi
sono essenzialmente passivi e l’orientamento delle valvole garantisce l’undidirezionalità
del flusso di sangue. Si distinguono 2 tipi di valvolve:
• VALOLVE ATRIOVENTRICOLARI: sono valvole costituite da più cuspidi, che
presentano un’area doppia rispetto ai rispettivi ORIFIZI AV, in modo tale da
assicurare una notevole sovrapposizione dei lembi valvolari al momento della
chiusura. Ai bordi liberi delle valvole s’inseriscono le CORDE TENDINEE, che
originano dai m.papillari dei rispettivi ventricoli e che servono a prevenire il
piegamento delle valvole nella camera atriale durante la sistole ventricolare. Si
distinguono 2 tipi di valvole AV:
• BICUSPIDE localizzata nell’orifizio atrio-ventricolare sx
• TRICUSPIE localizzata nell’orifizio atrio-ventricolare di dx
• SEMILUNARI sono 2 e sono localizzate tra VENTR.DX – ART.POLOMONARE e tra
VENTR.SX – AORTA e sono entrambe costituite da 3 cuspidi a forma di coppa,
attaccate all’anello valvolare (img.pag.367). Queste valvole si aprono durante la
fase di sistole ventricolare e risultano chiuse durante la diastole ventr. La loro
apertura permette il passaggio del sangue dal ventricolo verso il rispettivo canale
arterioso. Durante l’apertura le cuspidi non aderiscono alle pareti della rispettiva
arteria, ma si aprono a metà strada tra la parete vasale – posizione chiusura. Al
di là delle valvole, nelle pareti arteriose sono presenti piccole tasche (SENI DI
VALSAVA), dove si formano vortici di sangue che impediscono alle cuspidi
valvolari di accollarsi alle pareti vasali. La non aderenze di questi lembi ha un
significato funzionale, in quanto al di sopra delle cuspidi dx-sx della valvola
semilunare aortica, sono situati gli orifizi delle arterie coronarie dx – sx.
Impedire l’aderenza delle cuspidi alle pareti vasale, permette di non bloccare tali
orifizi e quindi non arrestare il flusso ematico coronarico.

PERICARDIO riveste l’interno del cuore e la porzione cardiaca dei grandi vasi e si
riflette sulla superficie cardiaca come EPICARDIO. Esso è costituito da 2 parti:
PERICARDIO FIBROSO – SIEROSO, quest’ultimo è costiuito da 2 foglietti
(PARIETALE – VISCERALE(epicardio)), tra i 2 foglietti scorre il liquido pericardico,
con funzione di lubrificazione tra i 2 foglietti. La funzione del pericardio è quella
di fungere da difesa primaria del cuore contro gli attacchi esterni, lo fa aderire
saldamente entro il mediastino anteriore, ne limita la distensibilità e grazie al
liquido pericardico, impedisce lo sfregamento delle fibre miocardiche.

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Circuito cardio-vascolare
Il flusso del sangue attraverso il cuore è UNIDIREZIONALE in seguito all’appropriata
disposizione dei lembi valvolari. Sebbene la GITTATA CARDIACA sia di tipo
INTERMITTENTE, alla periferia (nei tess.corporei) il flusso diventa CONTINUO in virtù
della dilatazione aorta e dei suoi rami che si verifica durante la sistole ventricolare e del
successivo ritorno elastico delle pareti delle grosse arterie, che spinge in avanti il cuore
durante il RILASCIAMENTO VENTRICOLARE.
Pompa dx (ATRIO DX-VENTRICOLO DX) l’ATRIO DX riceve il sangue di ritorno dalla
CIRCOLAZIONE GENERALE (o GRANDE CIRCOLAZIONE) per mezzo delle DUE VENE CAVE
(inferiore-superiore). Il sangue poi passa dall’ATRIO VENTRICOLO sottostante, grazie alla
presenza di un orifizio, che mette in comunicazione le 2 camere, e che è dotato della
VALVOLA TRICUSPIDE formata da 3 lembi (cuspidi) che con la loro base si fissano al
contorno dell’orifizio presentando sul margine l’attacco per le CORDE TENDINEE (fascio
di tessuto connettivo fibrillare denso rivestite da ENDOCARDIO, rappresentano
l’estensione dei m.papillari che ricoprono la parete interna del ventricolo) che assicura la
chiusura dell’orifizio durante la sistole ventricolare, impedendo il reflusso del sangue
nel sovrastante atrio. Nella parete superiore del ventricolo, oltre all’ORIFIZIO
ATRIOVENTRICOLARE, è presente l’ORIFIZIO DELL’ARTERIA POLMONARE, posizionato
più anteriormente e su un piano più alto rispetto all’ORIFIZIO ATRIOVENTRICOLARE,
munito di 3 valvole definite VALVOLE SEMILUNARI che si inseriscono nei margini
dell’orifizio.
Le VALVOLE SEMILUNARI si chiudono durante la fase di decontrazione ventricolare
(DIASTOLE) permettendo al VENTRICOLO di riempirsi di sangue proveniente dall’ATRIO
SOPRASTANTE. Una volta riempito, avviene la fase di contrazione ventricolare (SISTOLE)
le VALVOLE SEMILUNARI si aprono permettendo il passaggio di sangue dal VENTRICOLO
ARTERIA POLMONARE,
Con la SISTOLE VENTRICOLARE DX si ha la PICCOLA CIRCOLAZIONE (CIRCOLAZIONE
POLMONARE) Il sangue viene immesso nell’ARTERIA POLMONARE, ad una pressione
media di 1/7 rispetto a quella presente nelle arterie della GRANDE CIRCOLAZIONE. Il
sangue così giunge ai CAPILLARI POLMONARI, dove rilascia CO2 e assume O2. Il sangue
arricchito di O2 ritorna mediante le VENE POLMONARI all’ATRIO SX. Il volume totale di
sangue è egualmente distribuito tra arterie-vene-capillari.
Pompa SX (ATRIO SX – VENTRICOLO SX) l’ATRIO SX riceve il sangue ossigenato di ritorno
dai polmoni mediante le 4 vene polmonari, i cui sbocchi hanno un diametro di 1,5cm e
sono sprovvisti di apparati valvolari. Come nell’ATRIO DX è presente l’ORIFIZIO
ATRIOVENTRICOLARE che mette in collegamento l’ATRIO con il sottostante VENTRICOLO
permettendo il passaggio del flusso sanguigno dall’ATRIO al VENTRICOLO, tale flusso è
regolato dalla presenza nell’orifizio della VALVOLA BICUSPIDE (o MITRALE) (BICUSPIDE
in quanto formata da 2 lembi trapezoidali (cuspidi) che con la loro base si fissano al
contorno dell’orifizio presentando sul margine l’attacco per le CORDE TENDINEE). Questa
valvola permette al sangue di passare dall’ATRIO VENTRICOLO durante la SISTOLE
ATRIALE, ma impedisce (chiudendosi) il reflusso del sangue dal VENTRICOLOATRIO
durante la SISTOLE VENTRICOLARE. In posizione antero-mediale, rispetto all’ORIFIZIO
ATRIOVENTRICOLARE, si trova l’ORIFIZIO AORTICO munito di 3 VALVOLE SEMILUNARI
(simili x morfologia e funzione a quelle dell’orifizio dell’arteria polmonare) le quali
impediscono (chiudendosi) al sangue di refluire dall’AORTA VENTRICOLO durante la
decontrazione ventricolare (DIASTOLE), mentre si aprono permettendo il flusso in
direzione VENTRICOLO AORTA durante la contrazione ventricolare (SISTOLE).
Con la SISTOLE VENTRICOLARE SX si ha la GRANDE CIRCOLAZIONE Il sangue viene
immesso nell’AORTA la quale poi lo distribuirà a tutte le sue collaterali e ramificazioni,
permettendo così che tutti i tessuti periferici siano raggiunti dal flusso sanguigno. Il
volume totale di sangue è costante ma non egualmente distribuito (67% VENE-VENULE
– 5% CAPILLARI – 11% AORTA-ARTERIE-ARTERIOLE), ogni aumento del volume di

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sangue in un distretto deve essere accompagnato da una riduzione in un altro distretto.

Contrazione cardiaca influenzata dal PRE e POST-CARICO


La contrazione cardiaca è responsabile della spinta, nel sist.vascolare, del sangue. Tale
contrazione cardiaca è influenzata dal:
• pre-carico si riferisce alla F che stira le fibre muscolari rilasciate (es.nel
ventricolo sx, il pre-carico è rappresentato dal riempimento di sangue che
durante la diastole stira le pareti cardiache). Il pre-carico può essere aumentato
incrementando il riempimento del ventricolo durante la diastole (aumento del
V tele-diastolico). Tale incremento, provoca un aumento della pressione
ventricolare (img.pag.362), che si riflette poi sulla successiva contrazione
(SISTOLE) determinando un aumento della pressione sistolica. Questo aumento
avviene fino a che non viene raggiunta una press.sist. max ..> che rappresenta
una condizione di pre-carico ottimale. Ulteriori riempimenti diastolici oltre
questo punto, non provocano incrementi dello sviluppo di pressione.
• post-carico F contro cui deve agire il muscolo che si contrae (es.nel ventricolo
sx, il post-carico è rappresentato dalla pressione che vige nell’aorta e che deve
essere superata dalla contrazione ventricolare x aprire la valvola aortica). Un
aumento del post-carico (rappresentato ad es. da un aumento press.aortica),
producono press.sistoliche massime progressivamente maggiori, fino a quando
il post-carico non è così elevato che il ventricolo non può sviluppare una press.
sufficiente ad aprire la valvola aortica isometria ventricolare: non si verifica
eiezione di sangue.
Il PRE e POST-CARICO dipendono dalle caratteristiche del sist.vascolare
(es.resist.periferiche) e dal comportamento del cuore (es.variazione FC o V sist.)

CICLO CARDIACO
Toni cardiaci
Nel cuore si generano 4 toni, dei quali solo 2 sono percepibili dall’orecchio umano
attraverso lo stetoscopio. Registrare tutti e 4 i toni, permette di delineare la precisa
cadenza dei toni cardiaci in relazione agli altri eventi del ciclo cardiaco:
• 1° tono cardiaco si verifica all’inizio della SISTOLE VENTRICOLARE (sia
BICUSPIDE – TRICUSPIDE). È il più intenso e prolungato dei toni cardiaci.
• 2° tono cardiaco si verifica alla chiusura delle VALVOLE SEMILUNARI. Il rumore
della VALVOLA AORTICA è generalmente più intenso di quello della POLMONARE.
La natura di questo secondo tono può cambiare però con la RESPIRAZIONE:
durante ESPIRAZIONE si ode un solo rumore, che riflette la simultanea chiusura
della VALVOLA POLMONARE – AORTICA. Durante l’INSPIRAZIONE, invece, la
chiusura della VALVOLA POLMONARE è ritardata, soprattutto quale risultato
dell’incremento del flusso sanguigno dovuto ad incremento del ritorno venoso
indotto dall’inspirazione.
• 3° tono cardiaco si verifica nella prima fase DIASTOLE ed è provocata dalle
vibrazioni delle pareti ventricolari, dovute all’improvviso arresto della
distensione ventricolare e alla decelerazione del sangue che entra nei
ventricoli.
• 4° tono cardiaco provocato dalle oscillazione sangue e camere cardiache x
effetto della contrazione atriale.

Ciclo cardiaco
Sistole ventricolare: gli eventi racchiusi all’interno di questo periodo sono:
• Contrazione ISOVOLUMETRICA è l’intervallo tra l’inizio sistole ventricolare –
apertura valvole semilunare. In quest’intervallo si nota che il volume di sangue
ventricolare rimane costate (img.pag.366). L’inizio della contrazione

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isovolumetrica coincide con: l’apice onda R dell’ECG – 1°tono cardiaco –


incremento iniziale della press.sistolica (img.pag.366).
• Eiezione è segnata dall’apertura valvole semilunari. Tale evento può essere
suddiviso:
• Eiezione rapida è una prima fase più breve. Ha inizio con la fine della fase
di CONTRAZ.ISOVOL. e termina all’apice press.sist. – apice flusso aortico
(img.pag.366). Questa fase è quindi caratterizzata da: brusco aumento
press.sist.-aortica – riduz.rapida V ventricolare – pronunciato aumento
flusso aortico. Si nota anche una brusca diminuzione press. nell’atrio sx
(img.pag.366), ed è provocata dall’abbassamento BASE CUORE e dal
conseguente stiramento camere atriali.
• Eiezione lunga è la seconda fase di durata più lunga. In questa fase si
assiste ad un continuo svuotamento sangue dal ventricolo, ma ad una
graduale diminuzione del flusso ematico dal VENTRICOLO AORTA. Tale
diminuzione è dovuta ad un’inversione dei gradienti pressori tra
ventricolo-aorta (PRESS.VENTR. <PRESS.AORTA). Ciò sfavorisce il flusso
di sangue verso l’aorta (i liquidi viaggiano verso punti a PRESSIONE
MINORE). Al contrario nella fase precedente di EIEZIONE RAPIDA, si ha
una situazione invertita (PRESS.VENTRIC.>PRESS.AORTICA), che favorisce
il flusso sangue VENTRIC. AORTA, consentendogli di raggiungere il suo
apice.
L’inversione del gradiente pressorio, è il risultato dell’immagazzinamento
di en.potenziale da parte delle pareti arteriose durante la fase di flusso
continuo di sangue da VENTRIC. AORTA, manifestato dalla dilatazione
delle pareti arteriose. Le prop.elastiche delle pareti arteriose, spingono x
una riduzione della dilatazione, che conduce al raggiungimento di un
gradiente di PRESS.AORTICA superiore rispetto alla
PRESS.VENTRICOLARE (img.pag.366).
La riduzione del flusso ematico VENTRICOLO AORTA, conduce ad un
declino sia della PRESS.SIST., che infatti in questa fase risultano in
diminuzione.
Alla fine dell’EIEZIONE VENTRICOLARE rimangono nelle CAVITA’ VENTRICOLARI un
V sangue circa uguale a quello espulso durante la SISTOLE. Questo V residuo è
costante nei cuori normali, ma si riduce x aumento FC o x una ridotta resistenza
al flusso. Perciò in queste situazioni avremo un V residuo di sangue che sarà
minore rispetto alle condizioni di normalità.
Durante la SISTOLE VENTRICOLARE, gli ATRII si riempiono di sangue, con
conseguente aumento PRESS.ATRIALE.
La chiusura VALVOLA SEMILUNARE, determina la fine SISTOLE VENTRICOLARE e
causa il 2°tono cardiaco.
Diastole ventricolare: gli eventi racchiusi all’interno di questo periodo sono:
• Rilasciamento isovolumentrico è la fase che va dalla CHIUSURA VALVOLE
SEMILUNARE – APERTURA VALVOLE AV, ed è caratterizzato da una caduta della
press.ventricolare molto rapida, senza variazioni del volume (img.pag.366).
• Fase di riempimento rapido la maggior parte del riempimento ventricolare,
avviene subito dopo l’apertura della VALVOLA AV. Il sangue, che era
precedentemente tornato agli atrii durante la sistole ventricolare, si trova
improvvisamente ad essere immesso nei ventricoli che si stanno rilasciando.
L’inizio di questa fase si ha dal momento che la
• PRESS.VENTRICOLARE risulta inferiore rispetto alla PRESS.ATRIALE, a questo
punto la VALVOLA AV si apre, permettendo un rapido flusso di sangue in
direzione dei ventricoli, provocando una riduzione PRESS.ATRIALE – aumento V
ventricolare. Anche la PRESS.VENTRICOLARE continua a diminuire nonostante
l’arrivo di flusso di sangue, in virtù del proprio rilasciamento (le pareti cardiache

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si dilatano).
• Fase di riempimento lento (diastasi) in questa fase, il sangue refluo dalla
PERIFERIA e dal CIRCOLO POLMONARE, defluisce rispettivamente nell’ATRIO DX –
ATRIO SX, x passare poi al VENTRICOLO DX – SX. Quest’aggiunta di sangue agli
atrii, provoca un incremento PRESS.ATRIALE e l’arrivo di sangue ai ventricoli che
si stanno riempiendo gradualmente sempre più, determina un incremento V
VENTRIC. e conseguentemente della PRESS.VENTRIC., che rimane però a
gradienti pressori inferiori rispetto a quelli ATRIALI. Il motivo x cui la
PRESS.ATRIALE risulta leggermente superiore alla PRESS.VENTRIC. risiede nel
fatto che le VALVOLE AV APERTE rappresentano una via a bassa resistenza
durante il riempimento.
Sistole atriale: il passaggio di sangue dagli ATRI ai VENTRICOLI, provocato dalla SISTOLE
ATRIALE, completa il periodo di riempimento ventricolare. Tale sistole, provoca un
incremento PRESS.ATRIALE – piccolo incremento PRESS.VENTRIC. – aumento V
VENTRIC.
Poiché non vi sono valvole allo sbocco delle VENE CAVE nell’atrio dx o delle VENE
POLMONARI nell’atrio sx, la contrazione atriale può spingere il sangue in entrambe le
direzioni. In realtà, il reflusso di sangue verso queste vene, durante la contrazione
atriale, è modesto, specie a causa dell’inerzia rappresentata dal sangue che affluisce al
cuore.
Il contributo della contraz. atriale al riempimento ventricolare, è condizionato dalla FC
e STRUTTURA VALVOLVE AV in condizioni di NORMALE FC, il riempimento è
praticamente già completo verso la fine della FASE RIEMPIMENTO LENTO e la SISTOLE
ATRIALE contribuisce poco al riempimento.
Nella TACHICARDIA, la FASE RIEMPIMENTO LENTO risulta abbreviata e il contributo della
SISTOLE ATRIALE diventa significativo. Se la TACHICARDIA diventa ELEVATA, tanto da
interferire con la FASE RIEMPIMENTO RAPIDO, la contrazione atriale assume grande
importanza nello spingere rapidamente il sangue nei ventricoli durante questo breve
periodo del ciclo cardiaco.
Se il periodo di RILASCIAMENTO VENTRICOLARE è così breve da compromettere
gravemente il riempimento, la contraz.atriale non riesce a garantire un riempimento
adeguato, provocando una riduzione dell’eiezione cardiaca tale da poter provocare una
sincope.

Per poter svolgere il LAVORO CARDIACO è necessario che il cuore CONSUMA O2


L’att.cardiaca è assicurata grazie ad un metabolismo aerobico. L’ossigeno consumato dal
cuore, proviene da una propria circolazione (circolazione coronarica). Queste arterie, in
condizioni fisiologiche, possiedono un meccanismo di autoregolazione che mantiene un
livello di flusso di sangue appropriato per il fabbisogno del miocardio. Il consumo di O2
da parte del cuore, varia a seconda del tipo di attività svolta. In condizioni basali, il
consumo di O2 del miocardio è circa 8-10ml/min/100g di tessuto, ma può aumentare
diverse volte durante l’eser.fisico e ridursi moderatamente in condizioni come
ipotensione o ipotermia. L’aumentata richiesta di O2 da parte del cuore, viene
soddisfatta principalmente da un aumento del flusso sanguigno coronarico.
Lavoro ventricolare è determinato dal prodotto tra Vsist x P. Il lavoro del VENTRICOLO
DX è di molto inferiore rispetto a quello del VENTRICOLO SX (L vent.dx circa 1/7 del L
vent.sx), in quanto la resist. vascolare polmonare è molto minore di quella della
circolazione sist. (P polmonare < P aortica).
Possiamo distinguere 2 tipi di lavoro svolti dal cuore, nei quali si assiste a notevoli
differenze nella richiesta di O2 da parte del cuore: LAVORO PRESSORIO – LAVORO
VOLUMENTRICO.
Nel LAVORO PRESSORIO, la GC rimane costante ma la PA aumenta, ciò determina una
maggiore resistenza sistemica che il cuore deve vincere e, x farlo, necessita di un
incremento notevole del consumo di O2. Nel LAVORO VOLUMETRICO, al contrario, la PA

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rimane costante ma varia la GC, cioè aumenta il volume di sangue immesso in circolo,
ma ciò richiede un lieve aumento del consumo di O2 da parte del ventricolo sx.

Rendimento cuore
Come x un motore, anche x il cuore il RENDIMENTO = LAVORO
ESEGUITO/EN.TOT.IMPIEGATA. Il lavoro cardiaco risulta relativamente basso, ma può
essere migliorato con l’allenamento fisico, in quanto la Part si modifica poco, mentre la
GC e LC aumentano (in seguito a modifiche caratteristiche morfologiche) senza un
proporzionale aumento del consumo di O2.

Il cuore ricava energia da diversi substrati energetici, ma quello principale è


l’AC.GRASSO
Il cuore è particolarmente versatile nell’utilizzo dei substrati energetici. L’assunzione di
un particolare substrato x poter essere metabolizzato, dipende però dalle concentrazioni
ematiche del substrato stesso - presenza/assenza di altri substrati. Ad es. x il
GLUCOSIO, il cuore ha una certa soglia al di sotto della quale non si verifica l’assunzione
(4mM). Se la concentraz. Aumenta, aumenta anche la velocità di assunzione. La
presenza di INSULINA nel sangue, abbassa la soglia min di accettazione del glucosio,
favorendo la sua captazione. In condizioni ipossiche, aumenta la velocità di assunzione
del glucosio da parte cuore.
Solo il 35% del consumo tot. di O2 è impiegato x ossidare carboidrati. La restante parte
del consumo di O2 (60%) viene utilizzata x l’ossidazione degli AC.GRASSI, che
rappresentano il combustibile principale. Come gli altri substrati, anche gli AC.GRASSI
vengono utilizzati dal cuore con intensità proporzionale alla loro concentrazione
ematica. I CORPI CHETONICI sono facilmente accettati dal cuore. La porzione di en. del
miocardio derivante dagli aa è piccola.
Il metabolismo principale è quello aerobico, ma in condizioni di IPOSSIA, subentra quello
anaerobico, con utilizzo di GLUCOSIO (derivante da GLICOGENO CARDIACO) che viene
assunto a velocità maggiore. Il quantitativo di ac.lattico prodotto come catabolita della
glicolisi, non può essere metabolizzato dal cuore, perciò si accumula in condizioni di
IPOSSIA PROTRATTA, andando a ridurre pH intracellulare. Questa condizione inibisce la
glicolisi, uso ac.grassi e aa, e quindi comporta DANNO CELLULARE ed eventuale NECROSI
delle cell.miocardio.

ELETTROFISIOLOGIA CUORE
Richiami anatomici La parete del cuore è formata da 3 tonache sovrapposte
(ENDOCARDIO – MIOCARDIO – EPICARDIO) con spessore differente in rapporto alla
forza contrattile che ogni cavità deve esercitare x la spinta del sangue (parete ATRI più
piccola di quella VENTRICOLI. Parete VENTRICOLO SX più grande VENTRICOLO DX).
La capacità contrattile e quindi la capacità di determinare la FREQ.CARDIACA è
determinata proprio dalla presenza del MIOCARDIO. Il sistema muscolare che avvolge il
VENTRICOLO è indipendente da quello dell’ATRIO e possiamo distinguere 2 tipologie di
MIOCARDIO:
MIOCARDIO COMUNE costituisce il 90% circa della struttura cardiaca e presentano
cellule muscolari cardiache dotate di MIOFIBRILLE che permettono di espletare la
capacità contrattile.
MIOCARDIO SPECIFICO costituisce il restante 10% del miocardio, ed è formato da
CELLULE MIOCARDIACHE che hanno perso la loro capacità contrattile acquisendo quella
della conducibilità (divenendo quindi cellule nervose), pertanto contengono poche
miofibrille.

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PA cardiaco
Il CUORE è un muscolo involontario, dotato di un proprio PACEMAKER intrinseco,
costituito dalle cellule del MIOCARDIO SPECIFICO che aggregandosi formano il NODO
SENOATRIALE (ATRIO DX) – NODO ATRIO VENTRICOLARE, capaci di sviluppare
depolarizzazioni spontanee e generare pot.azioni. Il potere di genesi del PA è a carico di
tutte quelle strutture costituite da MIOCARDIO SPECIFICO (quindi NODO SA – AV –
FASCHIO HIS – PURKINJE), ma normalmente è il NODO SA a imporsi come pacemaker
principale di genesi del PA, in quanto egli presenta una frequenza + alta di genesi
rispetto a quella del NODO AV – HIS – PURKINJE. Quando però x qualsiasi motivo il
NODO SA smette di funzionare correttamente, il potere di genesi è assicurato dalle altre
strutture del MIOCARDIO SPECIFICO.
Il PA generato viene propagato attraverso il tess.cardiaco cuore, tramite VIE
SPECIALIZZATE e x CONTATTO CELLULA-CELLULA, a tal proposito è il MIOCARDIO
COMUNE a espletare questa funzione.
Per iniziare un’onda di contrazione nel cuore (BATTITO CARDIACO) è sufficiente la
depolarizzazione di una singola cellula.
Sappiamo quindi che è il PA a determinare la CONTRAZIONE MIOCITI e si possono
misurare diversi PA, tra cui le 2 tipologie principali sono:
• PA risposta rapida (img.pag.333) si verifica nel MIOCARDIO COMUNE e nelle
fibre specializzate di conduzione (fibre Purkinje).
• PA risposta lenta si verifica nel nodo seno atriale – nodo atrioventricolare.
La genesi di questi PA sono determinati da variazioni permeabilità memb.cell., che
permette il passaggio di ioni, modificando il voltaggio memb.

POTENZIALE MEMB. in condizione di RIPOSO in tutte cell.cardiache


In condiz. Di riposo la memb. risulta più permeabile al K+ e meno permeabile al Na+ -
Ca2+ (conduttanza K+ circa 100 volte maggiore di quella del Na+), in questo stato si avrà
una maggiore concentrazione K+all’interno cellulla e una maggiore concentrazione Na+
all’esterno cellula.
La memb. cell. contiene diversi tipi di canali K+, alcuni dei quali voltaggio-dipendenti,
altri sono regolati da segnali chimici.
Il potenz. di memb. dipende dalla conduttanza della memb. a K+ - Na+ e quindi dalla
concentrazione intra-extra cellulare di questi ioni.

PA risposta rapida
Si verifica nei normali MIOCITI ATRIALI – VENTRICOLARI e nelle FIBRE SPECIALIZZATE DI
CONDUZIONE (FIBRE DI PURKINJE). Possiamo descrive il PA, suddividendolo in 5 fasi
(img.pag.333):
• Fase 0 si ha una rapida fase di ascesa del PA. Questa rapida depolarizzazione è
dovuta quasi esclusivamente all’ingresso rapido di Na+ nel miocita. In particolar
modo, quando il pot. della cellula viene portato rapidamente dalle condizioni di
riposo di -90mV al suo valore soglia di circa -65mV, si verificano modificazioni
profonde della membrana: il Na+ entra nel miocita attraverso specifici CANALI
RAPIDI VOLTAGGIO-DIPENDENTI del Na+. Questi canali si aprono molto
rapidamente, provocando un improvviso aumento concentrazione Na+ intracell.
Tuttavia, dopo che si sono aperti, si inattivano determinando una riduzione
entrata Na+. I canali Na+ rimangono nello stato inattivo fino a quando la memb.
inizia a ripolarizzarsi. Con la ripolarizzazione i canali assumo lo stato chiuso e
possono essere riaperti da un’altra depolarizzazione. Queste proprietà dei canali
Na+ sono alla base del PERIODO REFRATTARIO: lo stato INATTIVO corrisponde
periodo refrattario assoluto, che impedisce al cuore di sviluppare un tetano
prolungato che altrimenti ritarderebbe il rilasciamento ventricolare, interferendo
con la normale azione intermittente di pompaggio del cuore.
Con la ripolarizzazione i canali inattivati passano allo stato CHIUSO periodo

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refrattario relativo, dove i canali sarebbero in grado di poter essere riaperti, ma


necessita di una nuova depolarizzazione superiore alla norma.
Solo quando il pot. è ritornato ai valori di riposo, tutti i canali del Na+ sono chiusi
e pronti x essere attivati da una normale depolarizzazione.
• Fase 1 è un breve periodo di ripolarizzazione parziale, determinato
dall’attivazione ci canali K+ che comporta una breve fuoriuscita di K+ dalla cellula
x 2 ragioni: interno carico positivamente (in seguito presenza Na+) –
concentrazione interna K+ supera di molto quella esterna (gradiente favorevole
alla fuoriuscita). L’uscita di questi ioni carichi positivamente, provoca una breve
ripolarizzazione (img.pag.335).
• Fase 2 è la fase di plateu del PA, nella quale si assiste ad un’entrata di Ca2+
all’interno della cellula, in seguito ad attivazione di canali voltaggio-dipendenti.
In questa fase si assiste ad un appiattimento della curva, dovuta al fatto che
l’entrata di ioni positivi (Ca2+) è controbilanciata dalla fuoriuscita di altre cariche
positive (K+), i cui specifici canali sono attivi già dalla fase 1 e andranno ad
innativarsi completamente solo con la fine della fase 2.
I CANALI VOLTAGGIO-DIPENDENTI Ca2+ si attivano durante la fase di ascesa del PA
(fase 0), quando il potenz. diventa meno negativo, ma la loro attivazione e
inattivazione è molto più lenta di quella dei canali Na+.
Nei tess.cardiaci si identificano 2 tipologie di canali Ca2+ voltaggio-dipendenti:
• Tipo L (Long lasting) sono i più frequenti, si aprono ad un valore di
potenz. di circa -20Mv e, una volta aperti, si inattivano lentamente e
forniscono una corrente Ca2+ di lunga durata (img.pag.338).
• Tipo T (transient) molto meno frequenti. Si attivano prima dei tipo L,
quando il potenz. è circa -70Mv. Una volta aperti si inattivano molto più
rapidamente rispetto agli L (img.pag.338).
L’apertura dei canali Ca2+ determinano quindi un aumento conduttività memb. x
il Ca2+, con il Ca2+ che va da un amb. in cui è molto concentrato (extracell.) ad uno
in cui ne è poco (intracell.). Di conseguenza il Ca2+ entra x tutta la fase di plateu.
L’appiattimento che caratterizza la fase di plateu, è dovuto al
controbilanciamento tra fuoriuscita di K+ - entrata Ca2+, e dura fino a quando
questo equilibrio viene mantenuto. I canali x il K + risultano però meno aperti
rispetti alla fase di riposo, di conseguenza la conduttanza della memb. x il K +
risulta inferiore, ma sufficiente a far uscire K+ in seguito a gradiente di
concentrazione favorevole. La riduzione di questa conduttanza la si ha, a partire
dalla fine fase 0, quando il pot. raggiunge valori positivi. Questa riduzione,
impedisce una perdita eccessiva di K+. In caso contrario, una forte fuoriuscita (in
seguito a livelli di conduttanza pari a quelli della fase di riposo) impedirebbe la
formazione del plateu, in quanto la concentrazione di K+ risulterebbe molto più
alta rispetto a quella del Ca2+, non ottenendo il plateu, ma un potenziale che
diverrebbe più negativo.
• Fase 3 si assiste ad una ripolarizzazione della memb., tale processo inizia già a
partire dalla fase 2, quando la fuoriuscita di K+ comincia a superare l’entrata
Ca2+. Con una fuoriuscita maggiore di IONI POSITIVI dalla cellula, il POT. (Vm)
tende a diventare più negativo, con conseguente aumento della conduttanza x il
K+, accelerando così la ripolarizzazione.
• Fase 4 si assiste ad un ripristino delle condizioni ioniche di riposo (pot.di
riposo). Tale ripristino ionico è possibile in seguito alla presenza della pompa
Na+-K+-ATPasi (localizz.su memb), che porta fuori Na+; presenza antiporto 3Na+-
1Ca2+ e pompa Ca2+-ATPasi, che portano fuori Ca2+.

PA a risposta lenta
Si verifica nel nodo seno atriale – nodo atrioventricolare. A differenza del PA a risposta
rapida, quello a risposta LENTA, presenta:

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• Fase 0 (ascendente) molto più lenta in quanto determinata dall’ingresso di Ca2+


mediante i canali Ca+ tipo L, invece che dall’ingresso di Na+ attraverso canali
rapidi x Na+.
• Fase 1 assente
• Fase 2 plateu molto meno prolungato, in quanto aumenta la conduttanza K+ ad
un livello superiore rispetto a quello che caratterizza fase 2 PA risp.rapida. Di
conseguenza avremo un’uscita maggiore di cariche positive (K+) rispetto
all’entrata (Ca2+). A questa condizione si aggiunge la chiusura dei Ca2+ tipo L,
accelerando la ripolarizzazione e il ritorno nelle situazioni di riposo.
• Fase 3-4 fase di ripolarizzazione e ritorno alla situazione di riposo meno
distinta. Fase 4 risulta meno negativa rispetto a quella che si riscontra nel PA
risp.rapida.

CONDUZIONE DEL PA LUNGO LE FIBRE CARDIACHE


Quando la depolarizzazione arriva al terminale della cellula, l’impulso viene condotto
nelle cellule vicine grazie le gap junction. Queste gap junction permettono il flusso di
cariche da una cellula a quella contigua, consentendo quindi la propagazione
dell’impulso. L’ampiezza di questo flusso di cariche (corrente) è proporzionale alla ddp
tra regione depolarizzata – polarizzata. Maggiore è l’ampiezza del PA maggiore è
l’efficacia delle correnti di determinare la depolarizzazione delle parti vicine della
membrana e più rapidamente si propaga la depolarizzazione lungo la fibra.
Gli impulsi viaggiano più facilmente lungo la lunghezza della cellula (isotropia),
piuttosto che lateralmente, in quanto le gap junction sono localizzate preferenzialmente
a livello dei terminali cellulari.
Il processo di coduzione differisce tra FIBRE A RISPOTA RAPIDE – LENTA. Il POT. DI
SOGLIA x le FIBRE LENTE -40mV, mentre quello delle FIBRE RAPIDE -65mV. La
VELOCITA’ DI CONDUZIONE delle LENTE risulta essere inferiore rispetto a quella delle
RAPIDE (vel. Di conduzione delle risp.lente nei NODI SA – AV variano tra 0,02 – 0,1m/s.
La vel. Di conduzione delle RAPIDE sono comprese tra 0,3 – 1 m/s (cell.miocardio) e 1 – 4
m/s (fibre Purkinje).

ECCITABILITA’ CARDIACA
Ci sono notevoli differenze di eccitabilità tra cell.cardiache, che dipendono dal tipo di PA
(risp. RAPIDA-LENTA).
Rispose RAPIDE quando una risp. rapida è iniziata, la cellula depolarizzata non è più
eccitabile, fino a quando non si è ripolarizzata parzialmente. L’intervallo di tempo tra
INIZIO PA – momento in cui la cellula è capace di CONDURRE UN ALTRO PA è chiamato
PERIODO REFRATTARIO ASSOLUTO (effettivo). Questo periodo va da FASE 0 a punto
FASE 3 in cui la ripolarizzazione ha raggiunto circa -50mV. A livello di questo valore, molti
dei CANALI RAPIDI x Na+ sono passati dallo stato INATTIVO allo stato CHIUSO (periodo
refrattario RELATIVO). Tuttavia la piena eccitabilità non viene ristabilita fino a quando la
fibra cardiaca non si è completamente ripolarizzata. Prima della completa
ripolarizzazione, cioè nel PERIODO REFRATTARIO RELATIVO, può essere evocato un PA,
ma solo applicando uno stimolo + intenso di quello normalmente suff. ad evocare PA.
Quando un nuovo PA viene evocato durante il periodo refrattario relativo di una
precedente eccitazione, le sue caratteristiche variano a seconda del valore di
pot.memb. rilevato al momento della sua genesi: l’aumento dell’ampiezza – velocità di
depolarizzazione sono maggiori quanto più tardivamente viene stimolata la fibra
durante il PERIODO REFR. RELATIVO (img.pag.343). Ciò è dovuto ad un aumento
progressivamente maggiore del numero di canali rapidi Na+ che sono passati allo stato
CHIUSO.
All’aumentare dell’ampiezza della fase ascendente si ha un aumento velocità di
propagazione dell’impulso cardiaco.
Risposte LENTE in questi PA il PERODO REFR.RELATIVO si protrae oltre la fase 3. Anche

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dopo che la cellula si è ripolarizzata è difficile x un certo periodo di tempo, evocare un


nuovo PA. In queste fibre, il recupero della piena eccitabilità è più lento che nelle fibre
a risposta rapida. Il fatto che il PERIODO REFRATT. RELAT. sia lungo, porta al blocco della
conduzione.
Come le fibre a risp.RAPIDA, anche in questo caso si avranno pot. con un’ampiezza-
pendenza e velocità maggiore, se lo stimolo viene evocato più tardivamente durante il
periodo refrat.relativo (img.pag.343).

Effetti della lunghezza del ciclo


LUNGHEZZA DEL CICLO = intervallo tra PA SUCCESSIVI. Variazioni della DURATA DEL
CICLO, modificano il DECORSO DEL PA nelle cell.miocardiche: se DURATA CICLO si riduce
si riduce anche durata PA (img.pag.344). Questa correlazione diretta è dovuta alle
variazioni di conduttanza del K+.

ECCITAZIONE NATURALE DEL CUORE


Il SNA controlla diverse prop. del cuore: FREQ.CARDIACA – FORZA CONTRAZIONE.
Nonostante ciò, le funzioni del cuore non dipendono dalla sua innervazione
(es.pag.345). Il cuore presenta delle capacità intrinseche che gli permettono di poter
svolgere autonomamente la sua funzione, tali proprietà sono:
• Automaticità è la capacità di iniziare in modo autonomo il battito.
• Ritmicità è capace di dare una certa regolarità al battito cardiaco.
Il battito cardiaco viene iniziato, grazie alla presenza di alcune cell.cardiache
specializzate, localizzate nell’ATRIO e VENTRICOLI a formare tessuti nodali (nodo SA –
AV) o tess.specializzati di conduzione. Tali tessuti danno vita ad un sist. di conduzione,
attraverso il quale il cuore viene eccitato in maniera così ordinata, da consentire un
efficace pompaggio del sangue.

Sistema di conduzione del cuore


• NODO SENO ATRIALE la regione che genera impulsi a frequenza elevata è il
NODO SA, il quale è il pacemaker principale (naturale) del cuore, localizzato in
prossimità della giunzione tra VENA CAVA SUP – ATRIO DX. In particolar modo di
riscontrano 2 o 3 siti dotati di automaticità, localizzati a 1-2 cm dal NODO SA e
costituiscono insieme al nodo stesso, il COMPLESSO PACEMAKER DELL’ATRIO. Gli
impulsi possono insorgere in tutti questi siti contemporaneamente, altre volte
invece la sede dell’eccitazione può spostarsi da un sito ad un altro, secondo
certe condizioni (es. in seguito ad att. delle afferenze nervose autonome).
Il NODO SA contiene 2 tipi di cellule:
• Cellule piccole sono cell. rotonde con pochi organelli e miofibrille. Sono
probabilmente le cellule pacemaker.
• Cellule allungate/sottili hanno aspetto intermedio tra le PICCOLE –
NORMALI CELL. MIOCARDIO ATRIALE. Sono cell. che potrebbero condurre
l’impulso dal CENTRO NODO al suo BORDO.
Il PA prodotto dal NODO SA, presenta le caratteristiche del risposte LENTE. Una
delle principali caratteristiche che differenzia il PA delle fibre del nodo SA dalle
fibre cardiache comuni, risiede nella fase 4. In questa fase, nelle cellule che
presentano un PA RAPIDO, il Pot. rimane costante, mentre nella fibra pacemaker
si assiste ad una lenta depolarizzazione (img.pag.340). Questa depolarizzazione
procede a velocità costante durante la fase 4, e quando viene raggiunto il valore
soglia, si ha il PA.
Nelle cell.pacemaker, la frequenza con la quale si presenta il PA (quindi FC) può
essere modificata facendo variare:
• velocità di depolarizzazione (della fase 4) aumento VEL.DEP. ..> il
POT.SOGLIA viene raggiunto prima, perciò si ha un aumento frequenza di
scarica (↑FC).

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Diminuzione VEL.DEP. ..> diminuzione freq. Scarica (↓FC).


• livello di potenziale di soglia innalzamento POT.SOGLIA ..> il POT.SOGLIA
viene raggiunto dopo, perciò si ha una diminuzione freq.scarica (↓FC).
Abbassamento POT.SOGLIA ..> il POT.SOGLIA viene raggiunto prima
↑FC.
• massima negatività (fase 4) più basso è il valore MAX NEG. ..> il
POT.SOGLIA viene raggiunto dopo, perciò si ha una diminuzione
freq.scarica (↓FC).

Basi ioniche automaticità: l’automaticità è provocata da 3 correnti ioniche che


alterano il POT. durante la fase di LENTA DEPOLARIZZAZIONE (fase 4) che si
verifica nelle cell.automatiche del cuore, si assiste alla presenza di 3 correnti
ioniche:
• ik è una corrente in uscita, cioè il K+ esce dalla cellula favorendo la
RIPOLARIZZAZIONE dopo la fase ascendente. Tale corrente continua a
mantenersi anche dopo la massima ripolarizzazione (punto più negativo)
e la ritroviamo anche nella fase 4, dove però il suo effetto risulta
attenuato.
• If è una corrente in entrata, determinata dall’ingresso di Na+ all’interno
della cellula, attraverso canali che si differenziano però dai CANALI
RAPIDI che contraddistinguono la RISPOSTA RAPIDA, e che si chiamano
CANALI FUNNY. La conseguente corrente generata viene definita
CORRENTE FUNNY. Questa corrente si attiva dopo la ripolarizzazione,
quando il POT.MEMBRANA diventa più negativo di -50mV (in genere più
il pot. diventa negativo, maggiore diventa la if).
• iCa è una corrente in entrata, cioè il Ca2+ entra all’interno della cellula,
favorendo la DEPOLARIZZAZIONE. Questa corrente si attiva verso la fine
della fase 4, quando il POT.MEMB. risale e raggiunge circa -55mV. Il Ca2+
entra così nella cellula accelerando la depolarizzazione,
Proprio su queste CORRENTI, agisce l’innervazione autonoma. Variandole si
assiste ad una modifica dell’automaticità: l’innervazione mediata dai
TRASMETTITORI ADRENERGICI (ADRENALINA – NORADRENALINA – DOPAMINA –
ecc) provoca aumento di tutte 3 correnti. Tale incremento provoca
DEPOLARIZZAZIONE, quindi significa iCa – if (responsabili della depolarizzazione)
aumentano in maniera superiore rispetto a i k. L’innervazione mediata dai
TRASMETTITORI COLINERGICI (Ach) (innervazione vagale) aumenta ik –
diminuisce if – iCa.

L’asportazione o distruzione del NODO SA, provoca il subentro come pacemaker


interno del cuore, da parte del NODO AV. Dopo un certo periodo di tempo (min
o giorni) diventano dominanti le cell.automatiche degli atri.
Anche le FIBRE DEL PURKINJE del SIST.CONDUZIONE DEI VENTRICOLI, possiedono
automaticità. Quando il NODO AV non è capace di trasmettere l’impulso degli
atri ai ventricoli, le FIBRE PURKINJE funzionano da pacemaker del ritmo
ventricolare e possono iniziare le contrazioni ventricolari ad una freq. di soli 30-
40 b/min.

• Conduzione atriale dal NODO SA l’impulso cardiaco si diffonde all’ATRIO DX


attraverso le FIBRE MIOCARDICHE COMUNI (vel.conduz. 1m/s) e in maniera più
diretta all’ATRIO SX attraverso il FASCIO BACHMANN. La depolarizzazione si
propaga inferiormente attraverso l’atrio e raggiunge il NODO AV, che di norma
rappresenta l’unica via x l’ingresso di impulsi nei ventricoli.
Differenza PA ventricoli / atri (img.pag.340) il PA che si riscontra nelle cell.atriali,
presenta un PLATEU (FASE 2) più breve e meno sviluppato, con la

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RIPOLARIZZAZIONE (FASE 3) più lenta. Inoltre la DURATA PA nei MIOCITI ATRIALI


è più breve che nei MIOCITI VENTRICOLARI, in quanto l’uscita di K+ durante il
plateu è maggiore nelle CELL.ATRIALI rispetto alle VENTRICOLARI.
• Conduzione atrioventricolare: il NODO ATRIOVENTRICOLARE il NODO AV e il
seguente FASCIO DI HIS, di norma rappresentano l’unica via x l’ingresso di
impulsi nei ventricoli. Il nodo AV è situato posteriormente sul lato dx del setto
interatriale, in prossimità dell’ORIFIZIO CORONARICO. Il nodo AV contiene gli
stessi 2 tipi di cellule presenti nel nodo SA, ma nel nodo AV le CELL.ROTONDE
sono meno numerose, mentre predominano quelle ALLUNGATE.
Il nodo AV è costituito da 3 distinte reg. funzionali:
• Regione AN ..> zona transizione ATRIO – NODO
• Regione N ..> zona centrale NODO
• Regione NH ..> zona di continuazione NODO – FASCIO HIS.
Nella regione AN – N del nodo AV si verifica il PRINCIPALE RITARDO durante il
passaggio di un impulso dalle cell.atriali alle ventricolari (ritardo tra eccitazione
atriale – ventricolare). Tale ritardo consente un riempimento ventricolari
ottimale durante la contrazione atriale.
Nella regione N prevalgono le RISPOSTE LENTE, e come le altre cellule a
risp.lenta, mostrano un periodo refrattario relativo che non permettere
l’insorgenza di nuovi PA quando lo stimolo viene applicato entro tale intervallo di
refrattarietà. Di conseguenza un aumento eccessivo della freq. dei potenziali
atriali, provoca il blocco di questi potenziali a livello del nodo AV (blocco primo –
secondo – terzo grado). Questo fenomeno tende a proteggere i ventricoli da
un’eccessiva frequenza di contrazione a causa della quale il tempo di
riempimento tra le contrazioni potrebbe risultare inadeguato.
• Conduzione ventricolare lo stimolo elettrico viene condotto ai ventricoli grazie
ad un sistema di conduzione ventricolare formato dal FASCIO DI HIS, che origina
a livello sub-endocardico lungo il lato dx del setto interventricolare x circa 1 cm, x
poi dividersi in una branca dx – branca sx. La DX decorre lungo il lato dx setto
interventricolare. La SX risulta notevolmente più spessa di quella di Dx e decorre
nella porzione sub-endocardica del setto interventricolare Sx. Tale branca si
suddivide poi un ramo anteriore – posteriore.
Sia la BRANCA DX – SX si suddividono poi x formare una rete di fibre di
conduzione (FIBRE DI PURKINJE) che si distribuiscono sulla superficie sub-
endocardica di entrambi i ventricoli. Queste FIBRE sono le cellule più grosse del
cuore e proprio il grande diametro è responsabile in parte della maggior velocità
di conduzione (da 1 a 4 m/s). Questa elevata velocità consente una rapida
attivazione di tutte le regioni della superficie endocardica dei ventricoli.
I PA che si registrano nelle FIBRE PURKINJE assomigliano a quelle dei MIOCITI
VENTRICOLARI COMUNI (sono PA a RISPOSTA RAPIDA (img.pag.340)). La
presenza del PERIODO REFRATTARIO, blocca molte delle eccitazioni premature
degli atri, pur essendo condotte attraverso il nodo AV. Tale blocco impedisce la
contrazione prematura dei ventricoli, proteggendoli da un’eccessiva
contrazione che impedirebbe un riempimento ventricolare ottimale. La durata
del PERIODO REFRATTARIO è correlata con la FC in maniera inversamente
proporzionale: a BASSE FC il PERIODO REFRATTARIO ASSOLUTO risulta piuttosto
lungo; all’aumentare della FC si riduce. Al contrario, nel NODO AV il PERIODO
REFRATTARIO ASSOLUTO non cambia in modo apprezzabile entro certi limiti di
FC, ma aumenta in modo considerevole a FC molto elevate. Pertanto quando
l’atrio si eccita a FC molto elevate è il nodo AV che protegge i ventricoli dalle
frequenze eccessivamente elevate.
Le prime porzioni ad essere ecciatte dagli impulsi che arrivano dal nodo AV sono:
SETTO INTERVENTRICOLARE – M.PAPILLARI. La contrazione precoce del setto
tende a rendere il setto più rigido e gli permette di servire come punto di

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ancoraggio x la contrazione della restante parte della muscolatura ventricolare.


Le porzioni endocardiche di entrambi i ventricoli sono attivati rapidamente,
mentre la conduzione dello stimolo dall’ENDOCARDIO EPICARDIO, risulta più
rallentata. Inoltre, poiché la PARETE VENTRICOLO DX è più sottile di quella del
SX, la superficie epicardica del ventricolo dx è attivata prima di quella del
ventricolo sx.

CONTROLLO ATT. MUSCOLO CARDIACO


Propagazione PA dopo che il PA è iniziato dal NODO SENOATRIALE, viene propagato alla
totalità degli atri attraverso CONTATTO CELLULE (gap junction) in 70ms. Il PA raggiunge i
ventricoli, passando attraverso il NODO ATRIO-VENTRICOLARE e poi attraverso VIE
CONDUZOINE SPECIALIZZATE (FASCIO HIS – SISTEMA PURKINJE) – CONTATTO CELLULA a
CELLULA. Il PA può giungere a tutto il cuore nel giro di 220ms, determinando una
contrazioni quasi SINCRONA di tutte le cell.cardiache. Ciò è molto diverso da quello che
avviene nelle cell.musc.sch., dove si contraggono contemporaneamente solo le fibre
facenti parti della stessa UNITA’ MOTRICE e il num. di UNITA’ MOTRICI reclutate varia a
seconda della forza di contrazione sviluppata.

• Accoppiamento ECCITAZIONE-CONTRAZIONE
ECCITAZIONE-CONTRAZIONE nel m.cardiaco: ACCOPPIAMENTO ELETTROCHIMICO x
potersi contrarre, il cuore richiede che al momento in cui giunge il PA, sia presente Ca2+
extracellulare, altrimenti in assenza, cesserebbe di battere (a differenza del m.sch. che si
contrae anche in assenza).
Il PA del m.cardiaco risulta notevolmente più prolungato (150-300ms) rispetto a quello
del m.sch. (5ms). Questa lunga durata del PA, è fondamentale x permettere la
contrazione delle cell.cardiache, ed è dovuta proprio all’entrata di Ca2+ extracellulare
durante il PA. La quantità che entra è relativamente piccola e serve come trigger x
indurre il rilascio di Ca2+ dal RS e iniziare la contrazione.
Il Ca2+ extracellulare entra all’interno delle cellule cardiache grazie alla presenza nel
sarcolemma di canali Ca2+ di tipo L voltaggio-dipendenti, canale presente anche nelle
cell.musc.sch. con FUNZ.DIVERSE.
L’entrata del Ca2+extracellulare, va ad attivare il recettore della rianodina (RYR), canale
posizionato tra CISTERNA TERMINALE – TUBULO T, determinando la fuoriuscita di Ca2+
presente nel RS, che verrà riversato nel sarcoplasma in quantità superiori rispetto a
quelle che entra.
ECCITAZIONE-CONTRAZIONE nel m.sch.: ACCOPPIAMENTO ELETTROMECCANICO il
m.sch. si contrae anche in assenza di Ca 2+extracellulare, di conseguenza il rilascio di Ca 2+
dal RS avviene sempre mediante il RYR che viene però attivato da una variazione
conformazione voltaggio-dipendente del canale Ca2+ di tipo L voltaggio-dipendenti.

• Meccanismo CONTRAZIONE
Come nel m.sch. la contrazione è determinata dall’interazione Ca2+ - troponina C. A bassi
livelli di Ca2+ nel citosol, il sito di interazione ACT-MIO risulta mascherato dalla
TROPOMIOSINA, non potendo permettere l’evento contrattile. Aumenti della
concentrazione Ca2+ intracellulare, in seguito al PA, porta il Ca 2+ a legarsi con la
TROPONINA C, determinando una variazione di conformazione del complesso
TROPONINA –TROPOMIOSINA tale da scoprire i siti di interazione ACT-MIO e
permettere l’evento contrattile. Poiché i siti di legame x la miosina sono localizzati sui
MIOFILAMENTI SOTTILI, e da essi dipende la contrazione, l’evento contrattile nel
m.cardiaco e sch. viene definito contrazione regolata dai FILAMENTI SOTTILI.
Situazione opposta si realizza nel m.liscio contrazione regolata dai FILAMENTI SPESSI.
Il meccanismo di contrazione è analogo a quello del m.sch. (vedi contrazione m.sch.)

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Il m.cardiaco – sch. differiscono tra loro x il livello Ca2+ intracellulare raggiunto dopo un
PA e quindi x il num. di interazione ACT-MIO:
MUSC.SCH. dopo 1 SINGOLO POT. AZIONE, i livelli di Ca 2+intracellulari – num.interazioni
ACT-MIO sono elevati.
MUSC. CARDIO i livelli di Ca2+ intracellulare può essere regolato, il che fornisce un
importante mezzo x modulare la forza di contrazione, la quale non dipende da un
ulteriore reclutamento di altre fibre muscolari (come x il m.sch.), in quanto nel corso di
una contrazione cardiaca sono attivate tutte le cell.muscolari. Inoltre non si ha il
raggiungimento di un TETANO, poiché la tetanizzazione del cuore, impedirebbe l’azione
di pompaggio configurandosi come evento fatale.
Diversi sono i meccanismi con il quale il cuore INCREMENTA LA FORZA DI CONTRAZIONE,
tra i quali le variazioni dei livelli Ca2+.

• RILASCIAMENTO
Il fatto che x scaturire la contrazione cardiaca sia necessario il Ca 2+trigger proveniente
dall’esterno, al momento del rilasciamento del cuore è necessario che, oltre all’azione
del SERCA (che sequestra il Ca2+sarcoplasmatico all’interno del RS), si attivi un
meccanismo che porti il Ca2+trigger all’esterno. In particolar modo, la cellula muscolare
cardiaca si avvale di 2 meccanismi:
• Canale antiporto sarcolemmale 3Na2+-1Ca2+ considerando che la [Ca2+]
extracellulare > [Ca2+] intracellulare e che [Na2+] extracellulare > [Na2+]
intracellulare, l’espulsione del Ca2+ dalla cellula, avviene contro gradiente
chimico. Tale meccanismo sfrutta il gradiente chimico del Na 2+ x portare
all’interno della cellula, contro gradiente, il Ca 2+: entra 3Na2+ - esce 1 Ca2+
(img.pag.297). Questo meccanismo contribuisce in maniera più significativa alla
riduzione [Ca2+] intracellulare rispetto alla pompa sarcolemmale.
• Pompa sarcolemmale Ca2+ usa ATP x espellere dalla cellula Ca2+.
Questi 2 meccanismi insieme a quello del SERCA, vanno a far diminuire
[Ca2+]intracellulare in maniera da consentire il RILASCIAMENTO M.CARDIACO.

ELETTROCARDIOGRAMMA
Offre la possibilità di conoscere il decorso dell’impulso cardiaco registrando variazioni
del pot.elettrico in vari sedi poste sulla superficie del corpo. Analizzando queste
variazioni di potenziale, si possono ottenere info come: orientamento anatomico cuore
– ampiezza camere cardiache – varietà dis. del ritmo e conduzione – estensione,
localizzazione e evoluzione danno ischemico – ecc.

Elettrocardiografia scalare
La connessione elettrica tra la CUTE paziente – STRUMENTO DI REGISTRAZIONE
(elettrocardiografo) viene definita DERIVAZIONE. I SIST. DI DERIVAZIONE che vengono
usati x la registrazione dell’elettrocardiogramma (ECG) di routine sono impostati secondo
certi piani del corpo. Le diverse ddp presenti nel cuore, possono essere rappresentate
come VETTORI.
Un SIST. DI DERIVAZIONE impostato secondo un certo piano , rileva solo la proiezione
del vettore su quel piano: es. la ddp registrato tra 2 elettrodi, rappresenta la proiezione
del vettore sulla linea che congiunge i 2 elettrodi (2 derivazioni)). Tale proiezione non è
però un vettore, ma bensì una componente vettoriale, che si presenta come grandezza
scalare (avente solo INTENSITA’). In virtù della misurazione di una componente scalare,
la misurazione di ddp tra 2 punti diversi della superficie della cute è chiamata ECG
scalare.
L’impulso cardiaco viaggia nel cuore secondo un modello molto complesso, pertanto la
precisa configurazione dell’ECG varia da individuo a individuo e, in ogni individuo, il
modello varia con la sede anatomica delle registrazioni.
Tracciato è la rapp.grafica di un impulso elettrico. Un tracciato è costituito da

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(img.pag.354):
• Onde P diffusione della depolarizzazione attraverso gli atri
• Onde QRS riflette depolarizzazione dei ventricoli. La forma-ampiezza di questa
onda, varia notevolmente tra gli individui. Un prolungamento anormale può
essere indicativo di un blocco delle normali vie di conduzione attraverso i
ventricoli (blocco branca dx o sx).
• Onde T riflette ripolarizzazione ventricoli (la ripolarizz. atri è mascherata da
dipolarizz.ventricoli).

Derivazione standard dagli arti


Questo sistema si basa sul vettore cardiaco risultante, il quale rappresenta la somma
vettoriale di tutta l’att.elettrica presente nel cuore in ogni dato momento. Questa forza
è posta al centro di un triangolo equilatero posto sul piano frontale, i cui apici sono
posti sulla SPALLA SX – SPALLA DX – ZONA PUBICA triangolo di Einthoven. Essendo
posto sul piano frontale, questo sistema di derivazione, potrà rilevare la proiezione del
VET CARDIACO RISULTANTE sul piano frontale.
In questo sistema, gli elettrodi invece di essere posti agli apici effettivi, vengono messi
sulle braccia e gambe (caviglia, di norma la sx), che rappresentano, rispettivamente,
l’estensione delle spalle e pube. Registrazioni:
• I° registrazione registra la ddp tra BRACCIO SX - DX
• II° registrazione registra la ddp tra BRACCIO DX – GAMBA SX
• III° registrazione registra la ddp tra BRACCIO SX – GAMBA SX

Aritmie cardiache sono alterazioni dell’insorgenza degli impulsi o della propagazione


degli impulsi. Le alteraz. dell’insorgenza degli impulsi sono dovute ad eccitazioni che
insorgono nel nodo SA e in diversi foci ectopici. Per quanto riguarda le alterazioni nella
propagazione degli impulsi, sono dovute a blocchi della conduzione o ritmi di rientro.

REGOLAZIONE DEL CUORE

La quantità di sangue pompata dal cuore ogni minuto è definita come GITTATA
CARDIACA (GC), la quale è data dal prodotto tra FC x GS. Di conseguenza variazioni di
uno di questi 2 parametri, determina variazioni della GC.
La FC è regolata mediante la regolazione dell’attività del pacemaker, mentre la
regolazione della GS è direttamente in relazione alla prestazione del miocardio. FC e GS
non possono essere considerati l’uno indipendente dall’altro. In un organismo integro,
una variazione del comportamento di una queste caratteristiche dell’att.cardiaca,
invariabilmente modifica l’altra.

CONTROLLO NERVOSO DELLA FREQUENZA CARDIACA


Il SNA rappresenta il principale mezzo mediante il quale può essere controllata la FC.
Nei soggetti adulti normali, la FC media a riposo è di circa 70b/min, nei bambini è più
elevata. Nel corso di PARTICOLARI STATI EMOTIVI – ATT.MUSCOLARE, la FC può
aumentare superando i 100 b/min.
Il pacemaker cardiaco (normalmente nodo SA) è sottoposto all’influenza di entrambe le
suddivisioni del SNA:
• Sistema SIMPATICO esercita effetto eccitatorio su NODO SA (aumenta ritmicità)
• Sistema PARASIMPATICO effetto inibitorio.
Le variazioni FC sono di norma dovute ad un’azione reciproca delle 2 suddivisioni SNA:
↑FC può essere dovuto ad una ↑ATT.SIMPATICO e contemporanea
↓ATT.PARASIMPATICO e viceversa.

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Di norma in soggetti sani a riposo predomina att.parasimpatica (es.pag.421).

Vie parasimpatiche (provenienti da N.VAGO) le fibre parasimpatiche cardiache,


originano nel BULBO, da cellule situate nel NUCLEO MOTORIO DORSALE DEL VAGO. Le
fibre vagali di dx-sx, decorrono nel collo in prossimità delle CAROTIDI ed entrano nel
mediastino, dove formano sinapsi con cellule vagali dalle quali hanno origine le fibre
post-gangliari. Queste cellule sono situate nello stesso cuore, sia sulla superficie
epicardica sia nello spessore pareti cardiache. Sia le fibre vagali dx-sx vanno ad
influenzare il nodo SA e il tessuto di conduzione AV, andando in particolar modo a
deprimere att. nodo SA e alterando conduzione AV.
Tutte le fibre PARASIMPATICHE rilasciano Ach, la quale si può legare a REC.MUSCARINICI
o NICOTINICI. Nel cuore sono presenti REC.MUSCARINICI i quali sono accoppiati con
speciali canali K+ attraverso una proteina G. L’attivazione di questi recettori, porta ad una
rapida attivazione di questi canali, i quali si aprono quindi in brevissimo tempo, ma
rimangono attivi x poco in virtù del rapido esaurimento di Ach in seguito alla presenza, a
livello dei NODI SA e AV di COLINESTERASI, enzima in grado di scindere l’Ach. Di
conseguenza gli effetti provocati da impulsi vagali (parasimpatici), sono di breve durata.
Il RAPIDO ESAURIMENTO DELL’Ach – RAPIDA APERTURA CANALI K+ , conferiscono al
N.VAGO la capacità di controllare battito x battito la funzione dei nodi SA – AV.

Vie simpatiche originano dai gangli cervicali e da quelli toracici superiori della catena.
Essi sono i N.CARDIACI CERVICALI (superiore, medio e inferiore) e i N.CARDIACI
TORACICI.
Le fibre simpatiche escono dal MS e entrano nella catena dei gangli pre-vertebrali,
andando a fare sinpasi con le fibre post-gangliari. I gangli dai quali hanno origine le fibre
post-gangliari che andranno ad innervare il cuore sono situate nel mediastino superiore,
in prossimità dei N.VAGHI. Le fibre PARASIMPATICHE e SIMPATICHE si uniscono x formare
una complessa rete di nervi misti destinati al cuore. Le FIBRE POST-GANGLIARI
simpatiche di questa rete giungono alla base del cuore, decorrendo sulla superficie
dell’avventizia dei grandi vasi, per poi estendersi alle varie camere cardiache e penetrare
nella porzione muscolare cardiaca (MIOCARDIO), seguendo le varie branche dei vasi
coronarici.
A differenza delle fibre pre-gangliari, quelle post-gangliari del SIMPATICO, rilasciano
NORADRENALINA (NA), la quale dopo aver eseguito la loro azione, viene ad essere
ricaptata dai terminali assonici.
A differenza della stimolazione VAGALE, gli effetti della stimolazione SIMPATICA
scompaiono molto gradualmente dopo la fine della stimolazione. Ciò è dovuto al fatto
che la ricaptazione della NA è un processo relativamente lento.
Più lenta risulta essere anche la risposta cardiaca alla stimolazione simpatica
(img.pag.422). I motivi principali sono due:
• La NA viene liberata a velocità relativamente bassa
• Gli effetti della NA liberata sono mediati dalla via relativamente lenta dei
secondi messaggeri (che coinvolge cAMP).
L’att.SIMPATICA modifica quindi la FC – conduzione AV molto più lentamente di quanto
non faccia l’att.VAGALE. Pertanto, l’ATT.VAGALE, ma non quella SIMPATICA, può
esercitare un controllo bat x batt della funzione cardiaca.

Controllo att.cardiaca da parte dei centri superiori


Ci sono centri che regolano la funzione cardiaca, localizzati nella corteccia cerebrale
(lobri frontali – area motoria e premotoria – parte anteriore lobo temporale – ecc) e a
livello diencefalico. Questi centri sono responsabili di reazioni cardiache che si verificano
nel corso dell’eccitamento, ansietà ed altri stati emozionali. Anche i centri ipotalamici
influenzano risp.cardiaca in seguito a variazioni temp.ambiente (es.pag.423).

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Variazioni della FC in seguito a variazioni improvvise della PA: riflessi dai barocettori
Le variazioni improvvise della PA, provocano x VIA RIFLESSA variazioni di segno opposto
della FC. Questa risposta involontaria (riflesso) è mediato da BAROCETTORI localizzati
nell’ARCO AORTA –SENI CAROTIDEI.
La RELAZIONE INVERSA tra FC e PA sono di norma più evidenti x un ambito di valori
intermedi della PA. Al di sotto e al di sopra di questi valori intermedi, la FC rimane,
rispettivamente, costantemente elevata – bassa. Queste variazioni della FC sono
determinate da modifiche dell’att.nervosa vagale-simpatica in risposta a variazioni
pressorie:
VALORI INTERMEDI della PA le variaz. di FC sono ottenute mediante variazioni
reciproche dell’att.nervosa VAGALE – SIMPATICA.
VALORI AL DI SOTTO DI QUELLI INTERMEDI della PA si ha un’elevata FC indotta da
un’intesa att.simpatca, mentre l’att.vagale risulta assente.
VALORI AL DI SOPRA DI QUELLI INTERMEDI della PA si ha una bassa FC indotta da
un’intesa att.vagale, mentre l’att.simpatica rimane a valori molto ridotti (grafici pag.
424).
Recettori ventricolari ci sono dei recettori localizzati nella parete endocardica dei
ventricoli, i quali promuovono riflessi simili a quelli promossi dalla stimolazione dei
barocettori arteriosi. L’eccitazione di questi recettori, riduce la FC e resist.periferiche.

L’att.cardiaca è influenzata anche da un altro riflesso: RIFLESSO DI BAINBRIDGE


Questo riflesso consiste in un aumento della FC in risposta ad un aumento del volume
sanguigno. In particolar modo l’accelerazione cardiaca si verifica ogni volta che la
PRESSIONE VENOSA CENTRALE aumenta a un livello sufficiente x distendere il lato dx
del cuore. Tale effetto risulta non essere presente nel lato sx del cuore.
La presenza di questo riflesso influenza la FC: a FC relativamente BASSE aumenti del
volume sanguigno provocano ↑FC (riflesso Bainbridge). Per FC iniziali più ELEVATE
aumenti del volume sanguigno provoca ↓FC. Queste differenti risposte in condizioni di
FC diverse, sono dovute al fatto che l’aumento del volume sanguigno, non solo evoca il
riflesso Bainbridge, ma attivano anche altri riflessi (in particolare RIFLESSI
BAROCETTORI), che tendono a provocare variazioni FC di segno opposto (schema
pag.424). Evidentemente il RIFLESSO BAINBRIDGE prevale sui RIFLESSI BAROCETTORI
quando il volume ematico aumenta, mentre in condizioni di ipovolemia, i RIFLESSI
BAROCETTIVI prevalgono su quello di BAINBRIDGE.
Queste variazioni di volume ematico, possono essere recepite grazie alla presenza di
BAROCETTORI localizzati principalmente a livello delle giunzioni veno-atriali: nell’ATRIO
DX è localizzato nella giunzione con le VENE CAVE; nell’ATRIO SX è localizzato nelle
giunzioni con le VENE POLMONARI. La distensione di questi recettori provoca
l’insorgenza di impulsi che verranno condotti al NODO SA da fibre vagali o simpatiche.
La stimolazione dei BAROCETTORI ATRIALI, provoca anche un ↑volume urine, in seguito
ad inbizione x via nervosa della VASOPRESSINA e il rilascio, da parte dei tess.atriali, del
peptide atriale natriuretico (ANP) (rilasciato in risposta a stiramento pareti atriali). ANP
è un peptide a 28aa che agisce sul rene dove esercita un potente effetto diuretico –
natriuretico e sui vasi resist. – capacità. ANP svolge un ruolo importante nella
regolazione V – P sangue.

Variazioni FC in seguito a variazioni ATT.RESPIRATORIA


INSPIRAZIONE ↑FC in seguito a incremento att. fibre simpatiche
ESPIRAZIONE ↓FC in seguito a incremento att. fibre vagali.
L’alternanza della fase di INSPIRAZIONE- ESPIRAZIONE provoca un andamento sinusale
della FC (img.pag.425) aritmia sinusale respiratoria. Tale andamento è dovuto al fatto
che la stimolazione vagale dura poco, in virtù della rapida idrolisi Ach; mentre la NA
liberata dalle fibre simpatiche, viene ad essere rimossa più lentamente, smorzano così gli
effetti sulla FC delle variazioni ritmiche dell’att.simpatica. Pertanto l’ARTMIA SINUSALE

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RESPIRATORIA è dovuto quasi x intero alle oscillazioni dell’att.vagale.


Come fa l’att.respiratoria ad influenzare la FC? In seguito a fattori divisi in CENTRALI e
PERIFERICI.
Fattori periferici:
• Presenza rec.stiramento dei polmoni, che risulta stimolati durante
l’INSPIRAZIONE e quest’azione può produrre ↑FC.
• Durante INSPIRAZIONE la press.intratoracica si riduce e si ha un aumento ritorno
venoso al lato dx del cuore. Il conseguente stiramento delle pareti atriali,
provoca riflesso di Bainbridge (↑FC). Dopo il tempo necessario x far si che
l’aumento di volume ematico, giunga anche al lato sx, la gittata del ventricolo sx
aumenta provocando ↑PA che stimola i barocettori con conseguente ↓FC.
Fattori centrali:
• Il centro respiratorio del bulbo, influenza il centro cardiaco vagale del bulbo. I
CENTRI RESPIRATORI, sono responsabili dei movimenti ritmici della gabbia
toracica. Tali movimenti sono spesso accompagnati da variazioni ritmiche della
FC, sincrone con la F respiratoria. Questo fattore, rappresenta la causa principale
dell’aritmia sinusale respiratoria.

L’att.cardiaca è influenzata di RIFLESSO dai CHEMOCETTORI


Gli effetti sul miocardio, derivanti dalla stimolazione dei CHEMOCETTORI, di solito
predominano sugli altri.
La stimolazione dei chemocettori carotidei, provoca un notevole aumento della
FREQUENZA RESPIRO e PROFONDITA’ RESPIRO, ma di norma evoca solo lievi variazioni
della FC. FC che incrementa o decrementa a seconda dell’intensità att.ventilatoria
(respiro), determinata dai CHEMOCETTORI: stimolazione resp. MODERATA ..> FC di
norma si riduce; stimolaz. Resp. AUMENTATA FC aumenta lievemente; se stimolaz.resp.
indotta da chemocettori viene bloccata ..> FC aumenta notevolmente.
Le VARIAZIONI CARDIACHE alla stimolazione dei CHEMOCETTORI, rappresenta il risultato
di meccanismi (img.pag.427):
• riflessi primari i CHEMOCETTORI vanno ad eccitare il centro bulbare del vago,
che comporta ↓FC.
• riflessi secondari sono mediati da sist.respiratorio. In questo caso la
stimolazione respiratorio da parte dei chemocettori, provoca inibizione del
centro bulbare del vago.
L’eccitazione del sist.respiratorio, da parte dei chemocettori, determina
iperventilazione con conseguente ipocapnia e aumento distensione polmonare
(img.pag.427). Questi 2 fattori vanno ad inibire i CENTRI VAGALI BULBARI,
svolgendo quindi un effetto opposto a quello provocato dal RIFLESS O
PRIMARO, tendono cioè ad attenuarlo. Ne consegue che questo antagonismo tra
EFFETTI PRIMARI – SECONDARI, li porta a neutralizzarsi a vicenda, provocando
come effetto finale una variazione minima della FC.
Tuttavia, ci sono alcune sostanze che vanno ad influenzare direttamente il miocardio e
sono:
• O2 situazioni di IPOSSIA, possono provocare 2 effetti contrastanti, a seconda
della sua gravità: IPOSSIA LIEVE ..> stimola att.cardiaca; IPOSSIA GRAVE ..>
deprime att.cardiaca, in quanto il metabolismo ossidativo è compromesso.
• CO2 un aumento CO2 (riduzione pH), ha effetto depressivo sul miocardio. Il
motivo risiede nella variazione del pH intracellulare: la ↓pH diminuisce la
quantità di Ca2+ che viene rilasciata nella cellula dal RS in risposta all’eccitazione e
riduce anche la sensibilità dei mio filamenti al Ca2+.
Incrementi del pH, inducono effetto opposti.

CONTROLLO NERVOSO DELLA PRESTAZIONE CARDIACA


Il cuore ha la capacità di poter regolare la propria att.cardiaca grazie a dei meccanismi di

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regolazione intrinseca ed estrinseca. Nonostante un cuore può adattarsi a particolari


condizioni emodinamiche in virtù di meccanismi intrinseci, ciò non risulta
completamente sufficiente, ma si necessita anche di altri meccanismi estrinseci. In
molte situazioni fisiologiche, i meccanismi estrinseci predominano sui meccanismi
intrinseci.

Regolazione INTRINSECA dell’att.cardiaca


Tra le capacità intrinseche del cuore, oltre a quella di iniziare automaticamente il battito
cardiaco, in assenza di controllo nervoso, è capace di adattarsi alle diverse condizioni
emodinamiche, in virtù di meccanismi che sono intrinseci al m.cardiaco. I 2 principali
meccanismi intrinseci di adattamento del cuore, che gli consentono di adattarsi alle
variazioni delle condizioni emodinamiche e permettono quindi di regolare la
prestazione cardiaca, sono:
• Meccanismo di Frank-Starling aumenti del ritorno venoso, provocano un
aumento nel riempimento ventricolare. Tale aumento si rifletteva in un
incremento del volume di sangue espulso a ogni sistole (↑GS), con il risultato
che la GS eguagliava l’incremento del RITORNO VENOSO.
Questo ↑GS è associato ad un aumento di lunghezza delle singole miofibre
cardiache che costituiscono le pareti del ventricolo. L’aumento di lunghezza
modifica la prestazione cardiaca modificando il num. di ponti trasversali che
possono interagire tra loro. Esiste quindi una lunghezza ottimale delle fibre; un
riempimento abnorme, che stira in misura eccessiva le miofibre cardiache,
possono deprimere invece che facilitare le capacità di pompaggio dei ventricoli.
Tuttavia, dati sperimentali più recenti, suggeriscono che il meccanismo principale
si basa su una modificazione, indotta dallo stiramento, della sensibilità dei mio
filamenti cardiaci al Ca2+.
Quindi, tale meccanismo ci dice che aumenti dello stiramento delle miofibre
cardiache, indotto da un aumento del volume ventricolare, inducono un
aumento della GS.
Variazioni del V ventricolare possono verificarsi come adattamento alle
variazioni FC durante la BRADICARDIA, l’aumentata durata della diastole
consente un maggior riempimento ventricolare. Il conseguente aumento della
lunghezza delle fibre miocardiche provoca un ↑GS. Essendo la GC=GS x FC, la GC
rimane costante, in quanto una ↓FC è compensata da ↑GS.
Equilibrio tra gittate ventricolari dx – sx si realizza a Patriali differenti Ogni
improvviso ↑GITTATA DI UN VENTRICOLO provoca in breve tempo un
↑RITORNO VENOSO nell’altro ventricolo.
Il meccanismi di Frank-Starling ha quindi la funzione di mantenere un preciso
equilibrio tra i V sangue espulsi dal ventricolo dx e sx. Uno squilibrio delle
gittate dei 2 ventricoli, avrebbe delle conseguenze catastrofiche.
L’equilibrio tra il volume ventricolare dx-sx avviene in una condizione in cui la P
atriale è diversa nei 2 atri. In particolar modo, l’eiezione da entrambi i ventricoli
diventa uguale, quando si ha una maggior Patriale nel atrio sx rispetto al dx
(img.pag.430). Invece, x uguali pressioni nell’atrio dx-sx, l’eiezione del ventricolo
dx supera quella del ventricolo sx. Ciò comporta che il VOLUME SANGUE che
fluirà dal ventricolo dx all’atrio sx e quindi ventricolo sx, sarà maggiore di quello
espulso dal VENTRICOLO SX. Tale aumento di volume provoca un ↑VOLUME
DIASTOLICO - ↑P atriale. L’aumentano volume diastolico, stira le miofibre
cardiache, si attua cioè il meccanismo di Frank-Starling, che permette di
↑EIEZIONE VENTRICOLO SX e portarlo a eguagliare l’EIEZIONE VENTRICOLO DX
(come detto questa condizioni di realizza a Patriali differenti).
• Regolazione della GC indotta dalla FC l’analisi è complessa, in quanto una
variazione della FC altera anche 3 fattori che determinano la GS: pre-carico –
post-carico – contrattilità.

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Quindi, se ↑FC, si riduce la durata della diastole. Pertanto, il riempimento


ventricolare è abbreviato, quindi PRE-CARICO ↓. Inoltre l’aumento FC
determina anche un ↑GC, che provoca a sua volta una modifica della PA, cioè si
modifica il POST CARICO.
Infine ↑FC provoca un ↑ FLUSSO Ca2+ in maniera graduale all’interno cellula
muscolare cardiaca e di conseguenza ↑CONTRATTILITA’. Questo incremento di
Ca2+ è dovuto a 2 meccanismi:
• Aumento num. di contrazioni al min il Ca2+entra nella cellula durante il
PLATEU del PA. L’aumento delle stimolazioni al minuto, provocano un
aumento del NUM.PLATEU al min, con conseguente incremento
intracellulare di Ca2+.
• Aumento della corrente entrante del Ca 2+ x ogni depolarizzazione ad
ogni contrazione successiva, aumenta l’ingresso di Ca2+ (grafico pag.431),
questo incremento di Ca2+ nel citosol rende più potente la contrazione
del miocita.
È stato visto che ad un incremento FC, consegue una progressiva riduzione GS.
Tale riduzione è dovuta alla riduzione del tempo di riempimento ventricolare,
ma non sembra ridursi in maniera proporzionale alla FC (stud. es.pag.459).
Di conseguenza la relazione che viene a stabilirsi tra GC e FC è a forma di U
rovesciata, ma tale relazione non è definitiva, in quanto può variare in modo
quantitativo tra diversi soggetti e nello stesso soggetto in base alle condizioni
fisiologiche. Ad es. in un sogg. che esegue att.fisica, la GC e FC di norma
aumentano in modo proporzionale e la GS rimane costante o aumenta di poco.
Ciò farebbe ritenere che aumenti della GC siano indotti solo da aumenti della FC,
ma tuttavia x una vasta gamma di valori, le variazioni di FC di x sé hanno scarsa
influenza sulla GC. L’incremento della GC deve quindi necessariamente
dipendere da altri fattori: pronunciata riduzione resist. periferiche, provocata
da vasodilatazione a livello m.attivi - ↑contrattilità cuore dovuto all’aumento
generalizzato dell’att.simpatica. Nonostante quanto detto, ↑ FC svolgono
comunque un ruolo facilitante nell’aumento GC; se si impedisce aumento FC,
incremento GC e possibilità di fare eser. sono fortemente limitati.
Per quanto riguarda la GS, durante l’esercizio cambia solo di poco.

Regolazione ESTRINSECA dell’att.cardiaca


I fattori regolatori ESTRINSECI del cuore possono essere suddivisi in:
Fattori nervosi: il cuore è innervato da un cospicuo numero di fibre nervose autonome
che nell'insieme prendono il nome di PLESSO CARDIACO. In questo plesso ritroviamo sia
fibre nervose SIMPATICHE che PARASIMPATICHE:
• Influenze simpatiche L'innervazione simpatica del cuore è fornita dalle fibre
simpatiche postgangliari provenienti dal tronco del simpatico (in particolare dal
ganglio cervicale superiore, dal ganglio cervicale medio, dal ganglio stellato e dai
gangli toracici sino al quarto).
L’att.nervosa simpatica incrementa sia la contrattilità atriale, sia ventricolare. In
particolar modo, la prestazione cardiaca viene aumentata modificando le
dinamiche del Ca2+ intracellulare: le terminazioni delle fibre simpatiche, liberano
NA che va a interagire con i recettori B-adrenergici….
• Influenze parasimpatiche Il nervo vago, tramite i suoi rami di destra e di sinistra,
rappresenta il principale nervo deputato all'innervazione parasimpatica e
sensitiva del cuore. I nervi vaghi, esercitano profondi effetti depressivi sul:
pacemaker cardiaco – atrii – tessuto conduzione AV. Svolge anche effetti
depressori sui ventricoli, ma in misura minore rispetto agli atrii.
Gli EFFETTI che la stimolazione vagale produce sono:↓Pmax ventricolo sx -
↓della massima velocità con cui viene sviluppata la P - ↓ della max velocità di

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declino pressorio durante la diastole.


L’effetto depressivo del vago, può essere raggiunto attraverso 2 meccanismi:
• Ach, liberato dalle terminaz. vagali, interagisce con i rec.muscarinici della
memb. cell.cardiache. Quest’interazione comporta effetti opposti al
meccanismo simpatico: inbizione adenilato ciclasi ↓AMPc intracell.
↓conduttanza Ca2+ della memb.cell. ↓contrattilità miocardio.
• Ach rilasciata, può andare a inibire il rilascio di NA dai terminali nervosi
simpatici circostanti.

Fattori chimici
Ormoni midollare surrene il principale ormone secreto è l’ADRENALINA (viene anche
secreta una certa quantità di NA). Il ritmo di secrezione delle catecolamine è sotto il
controllo dei medesimi meccanismi che controllano att. del SN simpatico: la
concentrazione di queste catecolamine nel sangue, aumenta nelle stesse situazioni che
attivano il sist.simpatico. In condizioni normali, tuttavia, le catecolamine circolanti
esercitano effetti trascurabili sul sist.cardiovascolare. Le fibre simpatiche cardiache,
rilasciano però più NA che adrenalina.
Ormoni corticale surrene (situazione controversa riguardo influenza steroidi sul
miocardio) ormoni corticosurrenalici aumentano la contrattilità miocardio oppure, ad es.
idrocortisone, potenzia effetti cardiotonici delle catecolamine.
Ormoni tiroide ↑contrattilità cuore. Nell’ipertiroidismo si ha un ↑velocità idrolisi ATP
e ↑captazione Ca2+ da parte RS. I soggetti ipertesi mostrano: tachicardia - ↑GC –
palpitazioni – aritmie.
Gli ormoni tiroidei, stimolano la produzione di proteine nel cuore, inducendo
IPERTROFIA CARDIACA. Alcuni studi, dimostrano anche che aumentano la densità rec. b-
adrenergici nel tess.cardiaco. L’iperfuzione tiroidea aumenta il ritmo metabolismo
generale e questo, a sua volta, comporta dilatazione arteriole e quindi,
↓resist.periferiche tot. ↑GC.
Insulina ↑forza contrazione. Tale effetto risulta potenziato dal blocco rec. B-
adrenergici. L’aumento di contrattilità non può essere spiegato in modo soddisfacente
con il concomitante aumento del trasferimento di glucosio dentro la cellula cardiaca).
Glucagone ↑forza contrazione - ↑FREQUENZA CONTRAZ. CARDIACHE. Ruolo
fisiologico non significativo nella normale regolazione del sist.cardiovascolare.

Regolazione della forza di contrazione


Nel cuore la FORZA DI CONTRAZIONE non viene incrementata reclutando più fibre musc.
come avviene nel m.sch., ma le fibre musc. cardiache si contraggono tutte insieme.
Il prolungato PA presente nel cuore, dovuto all’attivazione dei canali Ca 2+voltaggio-
dipendenti, determina un lungo periodo refrattario, che a sua volta impedisce il
TETANO, anche perché un tetano altererebbe l’azione di pompaggio del cuore, portando
alla morte.
Per poter incrementare la FORZA DI CONTRAZIONE nel cuore esistono diversi
meccanismi.

Meccanismo di ↑forza contrazione in seguito a STIMOLAZIONE SIMPATICA la


stimolazione simpatica si verifica in periodi di eccitamento o paura e coinvolge
l’attivazione RECETTORI β-ADRENERGICI del cuore, da parte della NORADRENALINA
(rilasciata terminali nerv. cuore) o ADRENALINA (rilasciata da midollare surrene).
L’attivazione dei RECETTORI β-ADRENERGICI comporta:
• Incremento FORZA CONTRAZIONE INOTROPISMO POSITIVO (effetto ionotropo
positivo).
• Incremento VELOCITA’ RILASCIAMENTO (contrazione + breve) LUSITROPISMO
POSITIVO
• Incremento FREQUENZA CONTRAZ. CARDIACHE CRONOTROPISMO POSITIVO

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Si hanno perciò contrazioni più energiche – più brevi – più frequenti.


Effetti ADRENALINA – NORADRENALINA: si legano ai RECETTORI β-ADRENERGICI
attivando il processo di fosforilazione (adenilanto ciclasi AMP ciclico), che porta alla
fosforilazione:
• canali Ca2+ voltaggio dipendente (responsabili entrata Ca2+extracell.) provoca
ingresso quantità maggiore di Ca2+extracellulare.
• proteina fosfolambano, associata al SERCA consente al RS di accumulare più
Ca2+ al suo interno, prima che esso sia espulso dalla cellula dall’ANTIPORTO 3Na +-
1Ca2+ - pompa sarcolemmare. Ciò consente al RS di rilasciare, durante il
successivo PA, una quantità maggiore di Ca2+, che promuove più interazioni ACT-
MIO e quindi una FORZA DI CONTRAZIONE MAGGIORE.
L’aumentata attività del SERCA dopo stimolazione simpatica promuove una
contrazione più breve a causa del rapido riaccumulo di Ca2+ da parte del RS.
Questo consente al cuore di aumentare la FREQUENZA CONTRAZIONE.
Una conseguenza della stimolazione simpatica è un aumento frequenza di contrazione
dovuta ad effetto diretto sulle CELLULE PACEMAKER.

Meccanismo di ↑forza contrazione in seguito a STIRAMENTO FIBRE MUSCOLARI


CARDIACHE: legge di Frank-Starling il cuore sviluppa una F contrazione maggiore
quando è STIRATO, fenomeno che avviene nei periodi in cui il ritorno del sangue venoso
al cuore è aumentato.
L’importanza di questo meccanismo è di consentire al cuore di pompare qualsiasi
volume di sangue che riceve, in particolar modo, quando l’afflusso di sangue al cuore è
molto elevato, i ventricoli vengono stirati, e il cuore aumenta la sua FORZA
CONTRAZIONE, assicurando l’espulsione del volume extra di sangue.
Lo stiramento delle fibre muscolari cardiache è però limitato dalla TENSIONE PASSIVA,
che si viene a generare in seguito alla sovrabbondanza di tess.connettivo e proteine
intracellulari elastiche (titina). Di conseguenza lo stiramento non sfocerà in
SOVRADISTENSIONE, ma permette di rimanere entro un range di SOVRAPPOSIZIONE
OTTIMALE dei filamenti ACT-MIO.
A cosa è dovuto l’AUMENTO DI FORZA CONTRATTILE all’AUMENTARE DELO
STIRAMENTO? è dovuto al fatto che lo stiramento riduce lo spazio tra i filamenti spessi-
sottili, e questo determina la possibilità che un numero maggiore di molecole di
miosina possano interagire con l’actina. Responsabile ciò, sembrerebbe essere la
TITINA, la quale si lega sia alla miosina che all’actina, spingendo entrambi i filamenti ad
avvicinarsi tra loro quando essa è stirata (img.pag.303); ciò comporta un incremento
della possibilità di interazione ACT-MIO ad una data concentrazione Ca 2+. Altro effetto
di questo stiramento è una maggiore sensibilità al Ca2+: nel MIOCARDIO STIRATO la
concentrazione Ca2+ che permette di raggiungere una certa forza di contrazione, risulta
essere più bassa rispetto ad un MIOCARDIO NON STIRATO, nel quale x raggiungere la
stessa forza di contrazione è necessaria una concentrazione Ca2+ più alta (img.pag.302
figura B).
Inoltre, nonostante nel m.scheletrico sia presente TITINA, questo fenomeno di ↑FORZA
CONTRATTILE all’aumentare LUNGHEZZA MUSC. (STIRAMENTO) non avviene. Ciò
potrebbe essere spiegato in una differente isoforma della TITINA (o miosina, troponina,
tropo miosina) presenti nelle 2 tipologie di muscolo.

CIRCOLAZIONE DEL SANGUE

Il sist. vascolare è costituito da un sistema chiuso di condotti (vasi) che distribuiscono il


sangue: CUORE TESSUTI e TESSUTI CUORE. Può essere suddiviso in 3 componenti:

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• Sistema arterioso trasferisce sangue CUORE TESSUTI


• Sistema venoso trasferisce sangue TESSUTI CUORE
• Microcircolazione divide il sist.arterioso da quello venoso e costituisce la sede
dove vengono scambiati nutrienti e cataboliti cell. tra SANGUE-TESSUTI.

Quadro generale del SIST.VASCOLARE


Il sangue scorre rapidamente dall’AORTA alle sue BRANCHE ARTERIOSE (grandi arterie –
piccole arterie – arteriole – capillari), riducendosi progressivamente di diametro e con
le pareti che si assottigliano mano a mano che si procede verso la periferia. Modifiche
si hanno anche da un punto di vista istologico: si passa da una struttura
prevalentemente elastica dell’AORTA, ad una più muscolare delle ARTERIE PERIFERICHE
e ad una prevalentemente muscolare delle ARTERIOLE, mentre i capillari che non
presentano tess.muscolare – fibroso, ma solo endotelio.
Il sangue ritorna al cuore passando dai CAPILLARI alla VENA CAVA (CAPILLARI-VENULE-
PICCOLE VENULE –GRANDI VENULE – VENA CAVA). In questo percorso verso il cuore si
ha una diminuzione num.vene - aumento progressivo del diametro di ogni vaso - pareti
che si ispessiscono. Da un punto di vista istologico si passa da una struttura costituita
solo da ENDOTELIO, tipica del CAPILLARE, ad una più muscolare delle GRANDI-PICCOLE
VENE, ad una prevalentemente muscolare ed elastica della VENA CAVA (tab.pag.330).
Il percorso sanguigno nei diversi canali arteriosi-venosi della GRANDE CIRCOLAZIONE
(vedi tab.pag.331) nel percorso che porta il sangue arterioso dall’AORTA ai CAPILLARI, si
assiste ad una riduzione velocità flusso sanguigno, ciò è dovuto ad un aumento AREA
SEZIONE TRASVERSA TOTALE (sebbene ciascun vaso, progressivamente più piccolo,
presenta singolarmente un AREA SEZ.TRASVERSA sempre più piccola), cioè aumentando
il numero dei vasi, aumenta la possibilità del sangue di potersi distribuire su una
superficie maggiore, ciò determina un rallentamento flusso sanguigno. Tale condizione
configura una situazione di relazione inversa SEZ.TRASVERSA – VELOCITA’ FLUSSO. Si
assiste inoltre ad una progressiva riduzione pressione, con la MASSIMA CADUTA DI
PRESSIONE che si ha quando il sangue passa da PICCOLA ARTERIA – ARTERIOLA.
Nel percorso che riporta il sangue al cuore si assiste ad una diminuzione AREA
SEZ.TRASVERSA TOTALE - quindi ad un AUMENTO VELOCITA’ FLUSSO - riduzione
PRESSIONE. L’AREA SEZ.TRASVERSA delle VENE CAVE è maggiore di quella dell’AORTA, di
conseguenza si avrà una VELOCITA’ DI FLUSSO minore rispetto a quella presente
nell’AORTA (nelle VENE il sangue circola in maniera più rallentata rispetto ARTERIE)
(tabella pag.330).
Descrizione dettagliata reazione flusso sanguigno nei vari canali (grafico pag.331):
GRANDI ARTERIE piccola RESISTENZA FRIZIONALE, quindi alta VELOCITA’ di flusso –
sezione trasversa ridotta – alta PRESSIONE – flusso sanguigno PULSATILE.
PICCOLE ARTERIE moderata RESIST.FRIZIONALE – sezione trasversa totale più grande
rispetto a SEZIONE TRASV. TOT. GRANDI ARTERIE, quindi VELOCITA’ flusso più ridotta
rispetto alle GRANDI ARTERIE – PRESSIONE + bassa rispetto GRANDI ARTERIE - flusso
sanguigno PULSATILE.
ARTERIOLE massima RESIST.FRIZIONALE – quindi massima CADUTA PRESSIONE -
sezione trasversa totale più grande rispetto alla SEZIONE TRASVERSA TOTALE GRANDI-
PICCOLE ARTERIE –quindi VELOCITA’ notevolmente ridotta (img.pag.331). La VELOCITA’
PIU’ RALLENTATA – L’ESTENDIBILITA’ DELLE GRANDI ARTERIE (che permette durante la
DIASTOLE un RITORNO ELASTICO, responsabile della spinta avanti flusso sanguigno) è
responsabile di un flusso sanguigno non più PULSATILE, ma CONTINUO. Gli
aggiustamenti del grado di contrazione della muscolatura di questi piccoli vasi, regolano
il flusso sanguigno nel tessuto e svolgono un ruolo importante nella regolaz. della
PRESSIONE ARTERIOSA.
CAPILLARI sebbene il capillare presenta la più piccola sezione trasversa rispetto a tutti
gli altri vasi, ciò che conta è la sezione trasversa totale del letto capillare (insieme di
tutti i capillari) che risulta maggiore di tutti i vasi. Di conseguenza, una volta che il

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sangue passa dall’ARTERIOLA CAPILLARE si distribuisce su di un’area molto più ampia e


ciò determina un ulteriore rallentamento del flusso sanguigno– pressione bassa.

EMODINAMICA
Velocità del sangue
La velocità del sangue dipenda dal rapporto tra FLUSSO (Q)/AREA SEZ.TRASVERSA (A):
V=Q/A.
Da questo rapporto si nota come la VEL. SANGUE sia inversamente proporz. all’AREA
SEZ.TRASVERSA dei vasi: VELOCITA’ e maggiore nel vaso con SEZ.TRASVERSA più piccola
e viceversa nel vaso con SEZ.TRASVERSA più grande.
A livello del SIST.VASCOLARE, avremo che la VELOCITA’ SANGUE si riduce
progressivamente quando il sangue attraversa SIST.ARTERIOSO, in particolare, nei
CAPILLARI avremo il valore minimo di velocità. Quando il sangue attraversa il
SIST.VENOSO, avremo invece un aumento progressivo della velocità sangue.

Relazione VELOCITA’ – PRESSIONE SANGUE


La velocità del flusso sanguigno può avere importati effetti sulla pressione all’interno del
vaso.
La PRESSIONE TOTALE all’interno di un vaso è data dalla somma della PRESSIONE
DINAMICA + PRESSIONE STATICA. La PRESS.DINAMICA è determinata anche dalla
velocità flusso (formula pag.376), in particolar modo essa risulta direttamente
proporzionale alla PRESS.DINAMICA. La velocità aumenta nei vasi con sez.trasversa più
piccola, ciò determina un incremento della P DINAMICA in quel vaso.

Relazione PRESSIONE – FLUSSO


Legge di Poiseuille attraverso un’equazione (pag.376) ci fornisce info importati sui
FATTORI DETERMINANTI del FLUSSO SANGUIGNO attraverso il sist.vascolare.
Il flusso attraverso un condotto AUMENTA all’aumentare del GRADIENTE PRESSORIO
DIMINUISCE all’aumentare VISCOSITA’ FLUIDO – LUNGHEZZA CONDOTTO.

Resistenza al flusso
Si intende la resistenze che il flusso incontra nel suo procedere. Secondo la formula
pag.377, si può comprendere come la resistenza dipenda dalle CARATTERISTICHE DEL
FLUIDO - DIMENSIONE DEL CONDOTTO. Il principale fattore determinante la resistenze
del flusso attraverso ogni singolo vaso è il calibro del vaso. Dalla formula si nota come il
raggio (r) sia inversamente proporzionale alla resistenza al flusso, perciò ne deriva che:
• AUMENTO CALIBRO ↓resist.flusso
• DIMINUZIONE CALIBRO ↑resist.flusso
Nel sist.vascolare, se prendiamo in considerazione i SINGOLI VASI, notiamo come vasi
con il più piccolo calibro sono i capillari, nei quali si avrà perciò una resistenza elevata,
che tende a ridursi con l’aumentare del diametro degli altri vasi più grossi (grafico
pag.377). Dobbiamo però tenere in considerazione la strutturazione dell’interno
sist.vascolare, in quanto la RESISTENZA varia a seconda che i canali vascolari, nei quali
fluisce il sangue, siano disposti in SERIE o in PARALLELO.
CANALI disposti in SERIE il FLUSSO TOTALE di sangue è lo stesso all’interno dei vasi
arteriosi disposti in serie. Avremo quindi che la RESISTENZA TOT. in un sist. in serie è
data dalla somma delle R presente in ogni vaso.
CANALI disposti in PARALLELO il FLUSSO TOTALE di sangue si divide x ogni canale
vascolare. La RESIST. TOTALE sarà data, anche in questo caso, dalla somma delle
resistenze di ogni singola componenti vascolare disposta in parallelo. Solamente che
ogni singola resistenza calcolata x ogni vaso = 1/R. Quindi la RESIST. TOT. sarà sempre più
piccola della resistenza calcolata x ogni singolo vaso disposto in parallelo (es.pag.379).
Detto ciò, considerando l’intero flusso si sangue passante nel sist. vascolare, avremo che
la maggiore resistenza sarà offerta non dai capillari, ma a livello delle arteriole e piccole

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arterie. Il motivo risiede proprio nel fatto che i CAPILLARI possiedono un numero
notevolmente superiore di vasi disposti in parallelo, rispetto alla ARTERIOLE.
La RESIST.VASCOLARE può essere modificata da stimoli naturali che modificano il raggio
dei vasi. Il fattore più importante che modifica il calibro è lo stato di contrazione delle
cell.muscolari lisce che circondano le pareti vasi.

Flusso laminare e flusso turbolento


FLUSSO LAMINARE si intende quel tipo di movimento in cui il fluido si muove come una
serie di lamine individuali e ogni lamina si muove a una velocità diversa da quella della
lamina contigua (img.pag.376). Nel FLUSSO LAMINARE attraverso un condotto, il fluido è
come se fosse costituito da una serie di lamine cilindriche coassiali, infinitamente
sottili, che scivolano l’una sull’altra.
La differenza di velocità che si riscontra nelle lamine di questo flusso e x il quale il flusso
assume una forma “parabolica”, è dovuta al fatto che le lamine più esterne sono a
contatto con la parete del condotto. Tale contatto crea attrito, che rallenta la velocità di
queste lamine più esterne. Le lamine centrali si spostano invece più rapidamente e al
centro avremo la massima velocità della corrente.
FLUSSO TURBOLENTO all’aumentare del flusso di un fluido in un condotto possono
svilupparsi movimenti irregolari degli elementi del fluido; tale tipo di flusso è
denominato TURBOLENTO. A differenze del flusso laminare, dove gli elementi del fluido
rimangono in una lamina, in quelli TURBOLENTO gli elementi del fluido non rimangono
confinati nelle linee di flusso, ma si mescolano (la parte centrale flusso si risvolta verso
periferia). In queste condizioni gli ATTRITI INTERNI, aumentano enormemente.
I fattori che provocano turbolenza sono: elevata densità fluido – bassa viscosità sangue
- diametri elevati condotti – elevate velocità. In aggiunta altri fattori che provocano
turbolenza sono: improvvise variazioni dimensioni condotto o irregolarità della parete
condotto. Avremo quindi che nei GROSSI VASI il flusso può divenire TURBOLENTO, nei
PICCOLI VASI tende a rimanere LINEARE.
Per promuovere un dato flusso di fluido attraverso un condotto in condizioni di
turbolenza, è necessaria una pressione maggiore rispetto a quella del flusso laminare.
Pertanto, se si verifica una turbolenza, una pompa come il cuore deve eseguire un
lavoro considerevolmente maggiore x assicurare un dato flusso.

Viscosità sangue
Per viscosità si intende la capacità liquidi di scorrere su se stesso. Per il sangue, la
viscosità può variare considerevolmente con le DIMENSIONI CONDOTTO e con il
FLUSSO. Il sangue è costituito da una sospensione soprattutto di eritrociti in un liquido
relativamente omogeneo costituito dal PLASMA. Di conseguenza la viscosità del sangue
varia in funzione del valore di EMATOCRITO (x elevati valori di ematocrito si ha un
aumento della viscosità (grafico pag.381)).
Viscosità – dimensioni condotto Per un certo valore di EMATOCRITO, la viscosità del
sangue dipende dalle dimensioni del condotto: VISCOSITA’ diminuisce progressivamente
come il diametro del condotto si riduce al di sotto 0,3mm (capillari, arteriole, hanno
dimensioni minori). Tenendo in considerazione la formula resistenza pag.377, vediamo
come R sia dirett. prop. alla viscosità, quindi in vasi sanguigni ad alta resistenza, come
capillari e arteriole, il fatto di avere una BASSA VISCOSITA’ riduce la resistenza. Il motivo
x cui il DIAMETNRO CONDOTTO influenza la VISCOSITA’, è dovuto in parte a una
variazione nella composizione sangue che scorre nei piccoli condotti: in questi piccoli
condotti si ha un flusso laminare. Nelle lamine centrali del flusso (parte più veloce del
flusso) si tendono a concentrare i globuli rossi, mentre il plasma scorre nelle lamine
periferiche (più lente). Poiché le porzioni centrali del flusso contengono una quantità
maggiore di globuli rossi e si muovono a velocità maggiore, il tempo necessario x
attraversare un condotto sarà minore x i GLOBULI ROSSI che x il PLASMA. Inoltre i
VALORI DI EMATOCRITO nei piccoli condotti, risultano essere inferiori rispetto ai condotti

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più grandi.
Viscosità – velocità flusso sono inversamente proporzionali, all’aumentare velocità –
diminuisce viscosità. Ciò è dovuto al fatto che a BASSE VELOCITA’ si formano aggregati
tra cellule, con conseguente ↑viscosità. Questa tendenza si riduce progressivamente
con l’aumentare velocità (grafico pag.381). Altro motivo risiede nel fatto che ad ALTE
VELOCITA’, gli eritrociti tendono a concentrarsi nella lamina centrale più veloce,
consentendo una maggiore velocità con cui una lamina di fluido scorre sull’altra
contigua.

SISTEMA ARTERIOSO
Il sistema arterioso SISTEMICO e POLMONARE va a distribuire sangue ai letti capillari del
corpo.

Fattori determinanti PA
La PA può essere definita come PA media, in quanto è la media della pressione nel
tempo. Essa si divide in PA sistolica (max) – PA diastolica (min). PA sistolica (max (110-
119mmHg)) – PA diastolica (min (75-79mmHg)) polso pressorio.
I fattori che determinano la PA sono:
• Fattori FISICI:
• V sangue presente nel sist.arterioso
• Caratteristiche elastiche del sistema (compliance)
• Fattori FISIOLOGICI:
• GC (FCxGS)
• Resistenze periferiche

Effetti del VOLUME SANGUE PRESENTE NEL SIST. ARTERIOSO esso dipende a sua volta
dai 2 fattori fisiologici: GC – RESIST.PERIFERICA. Questi 2 fattori, determinano
rispettivamente un altro paramento: velocità influsso sangue (Qi) – velocità deflusso
sangue (Q2).
Qi – Q2
Se l’INFLUSSO > DEFLUSSO sangue ↑ VOLUME ARTERIOSO e le pareti arteriosi si
distendono maggiormente con conseguente ↑PA. Per essere maggiore l’INFLUSSO,
significa che è ↑GC.
Se INFLUESSO < DEFLUSSO ↓ VOLUME ARTERIOSO e le pareti arteriosi si distendono in
misura minore con conseguente ↓PA. Per essere maggiore il DEFLUSSO, significa che
sono ↓RESIST.PERIFERICHE.
Se INFLUSSO = DEFLUSSO VOLUME ARTERIOSO costante e conseguentemente una PA
costante.
Da quanto detto, desumiamo che un aumento GC – RESIST.PERIFERICHE ↑PA. Una
diminuzione GC – RESIST.PERIFERICHE ↓PA.
Durante l’EIEZIONE VENTRICOLARE (SISTOLE) si verifica una rapida e veloce immissione
nel sistema arterioso di sangue, il cui quantitativo è superiore al volume di sangue che
defluisce dalla arteriole (INFLUSSO > DEFLUSSO). Ne consegue che il VOLUME SANGUE
e PA aumentano a un picco di pressione che rappresenta la PA SISTOLICA.
Durante la DIASTOLE, invece, l’EIEZIONE CARDIACA è nulla e quindi il DEFLUSSO
PERIFERICO è di molto maggiore. Ne consegue una RIDUZIONE VOLUME SANGUIGNO
ARTERIOSO che provoca una riduzione PA al valore minimo (PA DIASTOLICA).

Effetti della COMPLIANCE ARTERIOSA L’AORTA – ARTERIA POLMONARE e le loro


principali branche, presentano una parete ad elevata presenza di elastina, che rende
questi vasi molto distendibili (elevata compilance). Questa DISTENDIBILITA’ serve a
smorzare la natura pulsatile del flusso sanguigno, determinata dal pompaggi
intermittente del cuore. Con l’eiezione del sangue durante le sistole da parte dei
ventricoli, questi vasi si distendono (accumulano en.potenziale) e durante la DIASTOLE,

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spingono il sangue in avanti grazie al ritorno elastico delle loro pareti (img.pag.383).
Pertanto, l’EIEZIONE INTERMITTENTE del cuore, viene convertita nei capillari a FLUSSO
STAZIONARIO.
La natura elastica delle grosse arterie riduce anche il lavoro del cuore. Se queste arterie
fossero rigide, la pressione incrementerebbe notevolmente durante la SISTOLE. Questa
incrementata pressione imporrebbe ai ventricoli di pompare sangue contro un carico
elevato (post-carico) e quindi incrementerebbe il lavoro del cuore (img.pag.383).
Invece, il fatto che queste arterie sono elastiche, permettono loro di distendersi durante
la SISTOLE, e il risultato sarebbe un incremento della press.sistolica in misura minore
rispetto a quanto si avrebbe nelle arterie rigide. Ne consegue anche un lavoro cardiaco
di minore intensità.

Propagazione onda di pressione


L’eiezione del ventricolo sx nell’aorta, provoca l’insorgenza di un’onda di pressione che si
propaga lungo l’AORTA e le sue branche. Essa viaggia ad una velocità che è molto più
elevata delle velocità con cui avviene il reale movimento in avanti del sangue. È
quest’onda di pressione propagata che si percepisce come “polso” palpando un’arteria
periferica.
La VELOCITA’ TRASMISSIONE ONDA PRESSIONE varia in modo inversamente
proporzionale alla COMPLIANCE VASCOLARE. In genere, la velocità di trasmissione
aumenta con l’età, confermando come le arterie diventano meno elastiche con
l’invecchiamento.
Inoltre la velocità di trasmissione aumenta quando l’onda pressoria passa dall’AORTA alle
ARTERIE PERIFERICHE e ciò dimostra come la compliance vascolare tende a diminuire
nelle porzioni arteriose più distali.

SISTEMA VENOSO
Le vene sono gli elementi del sist.circolatorio che trasferiscono sangue dai tessuti al
cuore. Le vene, inoltre, costituiscono un serbatoio molto ampio che contiene circa il
70% del sangue in circolo. Questa funzione di serbatoio, consente alle vene di
aggiustare il volume di sangue che ritorna al cuore (variando quindi il PRE-CARICO), in
modo tale che siano soddisfatte le necessità dell’organismo quando la GC è alterata.
Le vene sono molto distendibili e offrono una bassa resistenza al flusso sanguigno. La
bassa resist., favorisce il flusso di sangue dalle VENE PERIFERICHE CUORE.
La distendibilità delle vene (compliance), varia con la posizione del corpo, tanto che le
VENE ARTI INFERIORI hanno una compliance inferiore a quella delle vene che si trovano
a livello o sopra cuore. Le VENE ARTI INFERIORI, sono inoltre più spesse delle VENE ARTI
SUPERIORI o VENE CERVELLO. La COMPLIANCE vene si riduce con l’età e l’ISPESSIMENTO
che si verifica è accompagnato da una diminuzione elastina – aumento collagene.
Variazioni del ritorno venoso si ottengono x aggiustamenti TONO VENOMOTORE –
ATT.RESPIRATORIA – STRESS ORTOSTATICO (GRAVITA’).

Gravità
Le FORZE GRAVITAZIONALI possono esercitare notevoli effetti sulla GC (es.pag.389).
Viene spesso riferito che quanto una persona è in staz.eretta, le F gravità agiscono
contro F che di norma promuovono il ritorno venoso al cuore. Quest’affermazione è
incompleta, in quanto ignora:
• il fatto che ogni F gravitazionale esercita impedimento al flusso sul versante
venoso, è esattamente bilanciata dal fatto che essa favorisce il flusso sul
versante arterioso.
• Non prende in considerazione gli effetti della gravità nel determinare
l’accumulo venoso. A tal proposito, durante la staz.eretta, la GRAVITA’ provoca
accumulo di sangue negli arti inferiori, e distende sia ARTERIE che VENE.
Poiché la COMPLIANCE VENOSA è maggiore di quella ARTERIOSA, questa

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distensione sarà maggiore nel lato venoso rispetto a quello arterioso. Ciò
provoca effetti che assomigliano a quelli che si riscontrano durante l’emorrargia.
Quest’accumulo, provoca infatti una riduzione GC, al quale seguono
aggiustamenti compensatori (identici a quelli che si attuano in situazioni di
emorragia) che consentono all’uomo di adattarsi alla staz.eretta.

Att.muscolare e valvole venose


Quando si passa dalla posizione SUPINA alla STAZ.ERETTA e si rimane immobili, si assiste
ad un aumento pressione a livello delle vene degli arti inferiori.
Nelle gambe, la PRESSIONE VENOSA aumenta gradualmente e non raggiunge un valore
stabile se non dopo almeno 1 min di staz.eretta. Questo aumento graduale di pressione
venosa è attribuibile alle VALVOLE localizzate nelle vene, che permettono il flusso in
una sola direzione del cuore. Quando una persona assume una staz.eretta, le valvole
impediscono che il sangue venoso dai livelli più elevati, refluiscano ai piedi. Avremo
quindi che la colonna di sangue venoso è sostenuta a più livelli da queste valvole, le quali
la dividono in diversi segmenti separati. Il sangue proveniente dalle venule e altre
piccole vene, continua ad entrare nei singoli segmenti della colonna, provocando un
aumento pressorio. Non appena la pressione di un segmento diventa superiore a
quella del SEGMENTO SOPRASTANTE, le VALVOLE vengono aperte. Alla fine, tutte le
valvole saranno aperte e la colonna diviene CONTINUA.
Quando si comincia a CAMMINARE, la PRESSIONE VENOSA negli arti inferiori si riduce in
modo apprezzabile (img.pag.389). Ciò è dovuto al fatto che, all’azione delle valvole, si
aggiunge la COMPRESSIONE VENOSA intermittente prodotta dalla CONTRAZIONE
MUSCOLARE, favorendo la spinta del sangue in direzione del CUORE.
La CONTRAZIONE MUSCOLARE, va quindi a ridurre la PRESSIONE VENOSA MEDIA e
serve come pompa ausiliaria x favorire il ritorno venoso. In questo modo, previene
l’accumulo venoso e riduce la pressione idrostatica capillare riducendo cosi, durante la
staz.eretta, la tendenza alla formazione di edemi nei tess. delle regioni inferiori corpo.

MICROCIRCOLAZIONE
Compito del sist.circolatorio è quello di fornire ai tessuti una quantità di sangue
adeguata alle loro richieste di OSSIGENO – SOST.NUTRITIZE.
Per MICROCIRCOLAZIONE si intende la circolazione del sangue attraverso i vasi più
piccoli: ARTERIOLE – CAPILLARI – VENULE. Le ARTERIOLE hanno uno spesso strato
m.liscia, possono:
• dare direttamente origine ai capillari. Le arteriole che danno direttamente
origine ai capillari, costituiscono i principali vasi di resistenza e regolano il flusso
ai letti capillari, attraverso COSTRIZIONI – DILATAZIONI della muscolatura.
I CAPILLARI sono costituiti da un singolo strato ENDOTELIO, che consente un
rapido scambio GAS – ACQUA – SOLUTI con il liquido interstiziale. I capillari
formano una rete intercomunicante di piccoli condotti di diversa lunghezza.
• oppure possono presentare comunicazioni diretta con le venule
• oppure possono andare a costituire le METARTERIOLE, condotti nel quale scorre
il sangue, passando direttamente dalla parte arteriosa a quella venosa, evitando
i capillari, oppure andando ad alimentare il letto capillare (img.pag.390)
Le VENE – PICCOLE VENE servono principalmente come condotti di raccolta e deposito.

Proprietà funzionali dei capillari


Nei tessuti con elevata att.metabolica (cuore – muscolo sch.), i capillari sono molto
numerosi, mentre risultano in densità minore nei tessuti meno attivi (tess.subcutaneo –
cartilagine).
Non tutti i capillari hanno lo stesso diametro, ce ne so alcuni con dimensioni più piccole
degli ERITROCITI e ciò determina che quest’ultimi x poter passare in questi condotti

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devono deformarsi (normalmente sono flessibli).


Il flusso sanguigno nei capillari NON è UNIFORME e dipende principalmente dallo
STATO CONTRATTILE delle ARTERIOLE le variazioni di velocità del flusso capillare
possono essere di tipo CASUALE o possono mostrare un COMPORTAMENTO
OSCILLATORIO (RITMICO) provocato dalla contrazione-rilasciamento delle arteriole o
piccole arterie (VASOMOTILITA’).
Questa VASOMOTILITA’ è determinata dallo stato di contrazione della m.liscia delle
arteriole-piccole arterie e NON dipende da FATT.ESTERNI, ma bensì da FATT.INTERNI
come ad esempio la variazione PRESSIONE TRANSMURALE. Tale variazioni vanno
proprio ad influenzare lo stato di contrazione delle arteriole:
• ↑PRESS.TRANSUMARALE provoca contrazione ARTERIOLE al punto in cui si
originano i capillari.
• ↓ PRESS.TRANSUMARALE provoca rilasciamento ARTERIOLE al punto in cui si
originano i capillari.
Oltre alla PRESS.TRANSMURALE, variazioni della vasomotilità possono dipendere da
fatt.umorali (es.pag.391) – forse fatt. nervosi.
Possiamo quindi dire come la VELOCITA’ FLUSSO CAPILLARE possa avvenire in maniera
CASUALE, oppure essere determinata da MODIFICHE VASOMOTOLITA’ ARTERIOLE.

Flusso nutrizionale – non nutrizionale Il flusso ematico passante x i capillari viene


definito FLUSSO NUTRIZIONALE
Il flusso ematico che cortocircuita i capillari, passando dal LATO ARTERIOSO a quello
VENOSO FLUSSO NON-NUTRIZIONALE (FLUSSO CORTOCIRCUITATO).
La scelta delle METARTERIOLE di far fluire sangue dal LATO ARTERIOSO ..> VENOSO
oppure andare ad ALIMETARE LETTO CAPILLARE, è determinato dall’intensità
dell’attività metabolica:
• BASSA ATT.METABOLICA il flusso passa dal LATO ARTERIOSO ..> VENOSO, in
quando molte ARTERIOLE risultano chiuse.
• AUMENTO ATT.METABOLICA le arteriole che prima erano chiuse si aprono e il
sangue che passa nelle metarteriole si rende disponibile x la perfusione
capillare.

I capillari sono privi di m.liscio e quindi non sono dotati della capacità di modificare
attivamente il loro diametro. Tuttavia le cell.endoteliali, contengono ACT-MIO e
possono modificare la loro forma in risp. a certi stimoli chimici.
La sottile parete dei capillari può contrastare le ELEVATE PRESS. INTERNE (PRESS.
INTRAVASCOLARI) senza rompersi, in seguito al loro lume molto piccolo Questa
proprietà è spiegata dalla Legge Laplace: T=Pr. T sta per TENSIONE della parete e
rappresenta la forza che si oppone alla FORZA DI DISTENSIONE che tende a separare
un’ipotetica fessura del vaso.
Il piccolo raggio del lume, permette di fornire una FORZA DISTENSIONE piccola.
A pressioni aortiche-capillari normali, la TENSIONE PARETE AORTICA è circa 12.000 volte
maggiore della TENSIONE PARETE CAPILLARE (es.pag.392).

Il diametro delle arteriole è determinato dall’equilibrio tra FORZA CONTRATTILE


MUSCOLO LISCIO VASCOLARE – FORZA DISTENDENTE (prodotta da P intraluminale):
• ↑F CONTRATTILE M.LISCIA di un’arteriola ↓ sarà il diametro, fino a quando non
si raggiunge un punto (nel caso delle piccole arterie) in cui si ha l’occlusione
completa del vaso.
• ↓ progressiva P INTRALUMINALE ↓diametro vaso (si riduce anche la
TENSIONE parete vaso) e il flusso sanguigno eventualmente si arresta. Il livello
di pressione che provoca arresto del flusso viene chiamata, PRESSIONE CRITICA
DI CHIUSURA.

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Ruolo vasoattivo dell’endotelio capillare Oltre a svolgere la funzione passiva di


consentire il passaggio di acqua – piccole molecole attraverso la parete del vaso e,
trattenere cell.sangue – macromolecole, svolge anche quella attiva di essere una fonte
di sostanze capaci di provocare contrazione – rilasciamento del m.liscio vascolare.
Queste sostanze sono:
• PROSTACICLINA (PGI2), facente parte delle PROSTAGLANDINE. Viene prodotta
dall’endotelio a partire dall’AC.ARACHIDONICO. La principale funzione è inbire
l’adesione delle piastrine all’endotelio e la loro aggregazione, evitando quindi
formazione trombi. Altra funzione è quella di provocare il rilasciamento del
m.liscio vascolare.
• NO (monossido azoto), componente del fatt.rilasciante di origine endoteliale. Il
rilascio di NO può essere provocato: stimolazione cel.endoteliali con Ach o altre
sost. (ATP, brachidina, serotonina,ecc) – flusso sangue che provoca una
TENSIONE TAGLIO sull’endotelio. La stimolazione delle cell.endoteliali, provoca
attivazione canali Ca2+, permettendo entrata Ca2+ e quindi ↑Ca2+ che attiva NO
sintasi, il quale ricava NO a partire da L-ARGININA. NO esce dalle cell.endotelio
e entra nelle cell.muscolari lisce dei vasi (in quanto in grado di attraversare
membrana da solo poiché ha dimensioni piccole) dove attiva la GUANILATO
CICLASI che andrà ad idrolizzare GTP cGMP. ↑cGMP attiva PROTEINA CHINASI
(PKG) che va a fosforilare diverse proteine di membrana, tra cui:
• canali Ca2+ ↓[Ca2+]
• canali K+ ↑[K+] iperpolarizz.membrana
• SERCA aumenta sua attività, con conseguente maggior sequestro di
Ca2+cistosolico nel RSarcoplasmatico.
Tutto ciò provoca VASODILATAZIONE.
• ENDOTELINA potende peptide vasocostrittore, sintetizzato dall’endotelio. Può
provocare modifiche TONO VASOMOTORE – PRESS.SANGUIGNA. Inoltre è
coinvolto in eventi patologici come aterosclerosi, ipertensione polmonare,
insuff.renale, ecc.
• Altre sost. vasodilatatrici come: H+ - CO2 – K+, liberati da tess.parenchimali.

Ruolo passivo dell’endotelio capillare il solvente e il soluto si muovono attraverso la


parete endoteliale del capillare x:
• Diffusione: è il processo più importante. La diffusione è il fattore chiave che
provvede allo scambio di sostanze nutritive – rifiuto tra capillari e cell.tessuti.
DIFF.MOLECOLE INSOLUBILI NEI LIPIDI nei capillari, la diffusione delle molecole
INSOLUBILI NEI LIPIDI, non avviene liberamente, ma è limitata dai canali o pori
contenenti acqua. Il movimento di soluti attraverso l’endotelio, non dipende solo
dal gradiente di concentrazione, ma anche da fenomeni di attrazione tra
molecole di soluto e solvente – interazione tra molecole soluto –
configurazione dei pori e cariche delle molecole in relazione alle cariche delle
cell.endoteliali. Maggiori sono le dimensioni delle molecole insolubili nei lipidi,
minore è la diffusione attraverso capillari, perciò la diffusione attraverso il
capillare, rappresenta il fattore limitante (trasporto limitato dalla diffusione). Le
piccole molecole INSOLUBLI, diffondono molto velocemente nel tessuto, e il solo
fattore limitante è rappresentato dalla distanza CAPILLARE – PARENCHIMA (in
seguito a edema o bassa densità capillari).
DIFF.MOLECOLE SOLUBILI NEI LIPIDI tali molecole possono passare direttamente
attraverso la memb.lipidica dell’endotelio capillare, a velocità elevate.
O2 – CO2 sono entrambi solubili nei lipidi e possono passare facilmente
attraverso le cell.endoteliali.
• Filtrazione la permeabilità della memb.endoteliale dei capillari non è uguale in
tutti i tessuti (es.pag.395). Anche lungo il capillare la permeabilità non è
uniforme: nel CAPO VENOSO la permeabilità è > che nel CAPO ARTERIOSO ed è

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max nelle VENULE. Questa maggiore permeabilità nel TERMINALE VENOSO DEI
CAPILLARI e nelle VENULE, è dovuto al maggior numero di PORI presenti nella
parete endoteliale.
Il numero di PORI presenti nei capillari non è lo stesso x tutti, esso può infatti
variare a seconda della tipologia di capillare, ad es. nei capillari cerebrali dove è
presente la BARRIERA EMATOENCEFALICA, i PORI sono ASSENTI e viene impedito
il passaggio soprattutto di MOLECOLE GRANDI DIMENSIONI, le quali trovano nei
PORI un punto di passaggio. I capillari renali e dell’intestino, sono tra i più porosi
e presentano fenestrature ampie. Altri come i capillari fegato presentano
capillari con un endotelio discontinuo.
La DIREZIONE e il MOVIMENTO di liquido attraverso la parete capillare è
determinata dalla PRESSIONE IDROSTATICA – OSMOTICA esistenti attraverso la
memb.:
• PRESSIONE IDROSTATICA non è costante nei capillari e dipende da:
• PA ↑PA determinano ↑PRESSIONE IDROSTATICA
• Pvenosa ↑Pvenosa determinano ↑PRESSIONE IDROSTATICA
• RESIST. ARTERIOLE ↑Resist.Art. (e chisura arteriole) determina
↓PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE.
• RESIST. VENULE (PICCOLE VENE) ↑Resist.Venule determina
↑PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE.
Variazioni della RESISTENZA VENOSA, determina modifiche della
PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE più di quanto non facciano le variazioni
RESIST.ART.
La PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE varia da tess. a tess. e anche nello
stesso tess.
La P TISSUTALE all’esterno del capillare, svolge la funzione di opporsi alla
filtrazione capillare, ma in condizioni normali la P TISSUTALE è prossimo a
ZERO, perciò la PRESS.CAPILLARE (che permette la spinta dei liquido da
CAPILLARE ..> TESSUTI) non risulta influenzata.
• PRESSIONE OSMOTICA il fattore più importante che impedisce l’uscita di
liquido dai capillari è la PRESS.OSMOTICA delle PROTEINE PLASMATICHE
(PRESSIONE ONCOTICA). Tale pressione ha un ruolo importante nello
scambio di liquido attraverso la parete capillare, in quanto le
PROT.PLASMATICHE rimangono essenzialmente confinate nello spazio
INTRAvascolare, mentre gli ELETTROLITI hanno uguale concentrazione ai
lati dell’endotelio.
Tra le proteine plasmatiche, l’ALBUMINA ha un effetto preponderante nel
determinare la press.osmotica. Il motivo risiede nel fatto che essa
esercita una forza osmotica superiore a quella che dovrebbe essere
esercitata sulla base della sua concentrazione nel plasma. La forza
osmotica aumenta ulteriormente ad ALTE CONCENTARZIONI di
ALBUMINA (come nel plasma). Una spiegazione di questo
comportamento dell’albumina è da ricercarsi nella sua carica negativa
presente a pH ematico normale. L’albumina lega un piccolo numero di Cl-
che aumentano ulteriormente la sua carica negativa e, qiundi presenta
una maggiore capacità di trattenere all’interno del capillare Na +. Questo
comportamento permette al plasma di avere una concentrazione di
elettroliti superiore rispetto a quella del liquido interstiziale,
aumentando così la FORZA OSMOTICA.
Equilibrio tra FORZE IDROSTATICHE – OSMOTICHE la relazione tra
PRESS.IDROSTATICA – OSMOTICA è descritto dall’equazione di Starglin (pag.398).
A seconda della prevalenza di quei fattori responsabili della FORZA IDROSTATICA
– OSMOTICA, si avrà filtrazione – riassorbimento. Ad es. x avere
RIASSORBIMETNO dovremo avere o un ridotto valore PRESSIONE IDROSTATICA

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CAPILLARE o un alto valore PRESSIONE ONCOTICA LIQ.INTERSTIZIALE


(es.pag.398).
• Pinocitosi le vescicole pinocitotiche, sono formate da introflessioni della
memb.plasmatica delle cell.endoteliali, e permettono di assumere sostanze da
un lato della parete capillare, muoversi attraverso la cellula e depositare il loro
contenuto nel’altro lato. La quantità di materiale trasportato, risulta però
notevolmente piccolo rispetto a quella che si muove x diffusione. Tuttavia, tale
processo può essere importante x consentire il passaggio di grosse molecole
insolubili nei lipidi. Il numero di vescicole pinocitotiche presenti nell’endotelio,
varia con il tessuto (muscolo > polmoni > cervello).

CIRCOLAZIONE NEL MUSCOLO SCHELETRICO


La velocità del flusso sanguigno nel m.sch. è in relazione diretta con il livello
att.contrattile del tessuto e varia a seconda tipo muscolo: ↑flusso – densità capillari
nelle FIBRE ROSSE rispetto alle BIANCHE.
A RIPOSO ARTERIOLE PRE-CAPILLARI si contraggono e rilasciano a intermittenza, di
conseguenza avremo momenti in cui gran parte del letto CAPILLARE non è perfuso.
Pertanto, il flusso ematico totale nel m.sch. a riposo è basso.
ATTIVITA’ la resistenza vascolare si ↓ e ↑ flusso ematico. L’entità dell’aumento dipende
dall’intensità del lavoro muscolare.

Regolazione del flusso ematico nel m.sch.


La circolazione muscolare è controllata da FATTORI NERVOSI – LOCALI. Nel muscolo
ATTIVO, prevale una regolazione da fatt.locali (metabolici), mentre nel muscolo RIPOSO,
prevalgono i fatt.nervosi. I meccanismi nervosi e locali che regolano il flusso sanguigno
hanno azioni tra loro opposte (es. durante la CONTRAZIONE MUSC. prevale meccanismo
vasodilatatore indotto da fatt.locali; tuttavia una forte STIMOLAZIONE SIMPATICA,
durante l’att.muscolare, può provocare una lieve riduzione della vasodilatazione indotta
dai metaboliti locali).
FATTORI NERVOSI La stimolazione delle FIBRE SIMPATICHE, provoca il rilascio di NA, il
quale ha effetti vasocostrittori. L’ADRENALINA, invece, interagisce sia con i recettori
ALFA sia con quelli BETA. A basse dosi sul sistema vascolare prevalgono gli effetti BETA
(vasodilatazione), mentre ad alte dosi sono più forti gli effetti ALFA (vasocostrizione).
Poiché il muscolo rappresenta il principale costituente della massa corporea e costituisce
quindi il letto vascolare più ampio, i vasi che lo irrorano svolgono importanti funzioni nei
meccanismi che mantengono costante la PA.
Oltre a questi fattori nervosi-locali, anche il m.sch, come gli altri tessuti viene influenzato
da fatt.fisici (PA – P tessuto – viscosità sangue). Tuttavia nel corso della contrazione
entra in gioco anche un altro fatto fisico: l’azione di compressione esercitata sui vasi dal
muscolo che si contrae.
Se le contrazioni sono di tipo INTERMITTENTE durante ogni contrazione di breve durata
si osserva una ↓flusso arterioso - ↑drenaggio venoso. Se le contrazioni sono
PROLUNGATE – INTENSE i capillari muscolari risultano compressi e il flusso sanguigno
può temporaneamente arrestarsi.

REGOLAZIONE DELLA CIRCOLAZIONE PERIFERICA


La CIRCOLAZIONE PERIFERICA è sottoposta a un duplice controllo:
• Controllo origine CENTRALE: mediato dal SN.
• Controllo origine LOCALE: si attua a livello del tessuto x mezzo di fattori presenti
o liberati in prossimità dei vasi sanguigni.
A seconda del tipo di tessuto può essere predominante un tipo di meccanismo sull’altro.

Importanza del m.liscio vascolare nella regolazione sanguigna le arteriole offrono la

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maggior resistenza al flusso sanguigno, pompato nei tessuti dal cuore e sono perciò
importanti nel mantenere la PA. Questa funzione è possibile in quanto la parete di
questi vasi è costituita in gran parte da cell.muscolari lisce che, contraendosi, vanno a
regolare il lume del vaso. Il lume può variare da una situazione di chiusura pressoché
completa ..> dovuta a forte contrazione del m.liscio – massima dilatazione ..> x
completo rilasciamento del m.liscio vascolare.
Il m.liscio vascolare è perciò responsabile del controllo della resistenza periferica tot. –
tono arterioso/venoso – distribuzione flusso sangue attraverso il corpo. Di
conseguenza agendo su di esso, si va a regolare la circolazione periferica. Il controllo sul
m.liscio vascolare può avvenire attraverso un:
• Controllo INTRINSECO:
• Autoregolazione e regolazione miogenica variazione di PA si associano
variazioni della RESIST.VASCOLARE che tendono a mantenere costante il
FLUSSO SANGUIGNO. A incrementi o diminuzioni di PA ne conseguono,
rispettivamente, aumenti o diminuzioni FLUSSO EMATICO. Mantenendo la
PA al suo nuovo livello x circa 30-60 sec, si assiste ad un ritorno del
FLUSSO verso VALORI DI CONTROLLO.
Queste variazioni del flusso sono dovute a variazioni della muscolatura
liscia: x un’ ELEVATA DIFF. DI PRESSIONE attraverso la parete del vaso
sanguigno (PRESSIONE TRANSUMARALE), il muscolo si contrae, mentre si
rilascia in risposta a una RIDUZIONE PRESS.TRANSMURALE. Non è stato
ancora stabilito come la distensione dei vasi possa promuovere la loro
contrazione ma, poiché con lo stiramento del m.liscio vascolare si ha un
incremento di Ca2+intracellulare, è stato proposto che un
↑PRESS.TRANSMURALE attiva i CANALI Ca2+ presenti su
memb.plasmatica. Tale meccanismo risulta comunque indipendente
dall’endotelio.
La PA in sogg. normali è mantenuta a un livello più o meno costante
prevalentemente attraverso RIFLESSI BAROCETTIVI, di conseguenza
l’intervento di questo meccanismo risulta minimo. Tuttavia, quando si
cambia posizione (da supina a eretta) si verifica un’ampia variazione della
PRESS.TRANSMURALE alle estremità inferiori e di conseguenza
ARTERIOLE si contraggono.
• Regolazione mediata da endotelio l’endotelio può produrre sostanze con
conseguenze sulla m.liscia vascolare.
• Regolazione metabolica in alcuni tessuti il FLUSSO EMATICO è regolato
dal livello di att.metabolica presente in quel tessuto. Ogni intervento che
provoca un apporto di O2 inadeguato (troppo o poco) alle necessità del
tessuto, provoca anche la formazione di metaboliti vasodilatatori. Questi
metaboliti sono liberati dal tessuto e agiscono localmente dilatando i vasi
di resistenza.
Tra le sost. vasodilatatrici più importanti si hanno: ac.lattico – CO2 – H+.
Contrariamente al m.sch., il TONO BASALE del m.liscio vascolare non è
determinato dal SN. Pertanto x mantenere questo tono deve intervenire
qualche fattore metabolico (potrebbero essere: att.m.liscio vascolare in
risposta allo stiramento imposto dalla pressione – alta tensione di O2 nel
sangue arterioso – presenza di Ca2+).
Un FATT.METABOLICO, sembra essere presente anche nell’IPEREMIA
REATTIVA è una condizione che si crea quando il flusso arterioso di un
distretto viene temporaneamente bloccato, subito dopo la rimozione
dell’occlusione il flusso ematico è superiore al flusso esistente prima
dell’occlusione, x poi ritornare gradualmente ai livelli di controllo.
Quando il m.liscio vascolare delle ARTERIOLE si rilascia in risposta ai
metaboliti vasodilatatori, rilasciati in seguito a riduzione apporto O2, la

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resistenza delle ARTERIE che alimentano queste arteriole, può ridursi. Ciò
può essere dovuto al fatto che, la dilatazione delle ARTERIOLE accelera il
flusso ematico, che sarà conseguentemente accelerato anche nelle
ARTERIE, aumentando così la tensione di taglio sull’endotelio delle
arterie, provocando vasodilatazione e rilascio NO.
• Controllo ESTRINSECO:
• Influenze nervose SIMPATICHE nel BULBO sono presenti alcune regioni
che influenzano l’att. cardiovascolare. Alcune di queste regioni, vanno a
provocare: VASOCOSTRIZIONE - ↑FC - ↑att.miocardio. Un’altra regione
provoca ↓PA. Queste regioni menzionante, non sono intese in termini
anatomici come un aggregato circoscritto di neuroni, ma tale definizione
viene fatta in termini fisiologici.
Le REGIONI VASOCOSTRITTRICI, sono tonicamente attive e gli stimoli
riflessi e umorali ne aumentano l’att., provocando incremento della
FREQ.DEGLI IMPULSI che raggiungo i terminali nervosi a livello dei vasi,
dove viene liberata NA che provoca VASOCOSTRIZIONE delle arteriole
(agendo su rec. alfa-adrenergici).
L’inibizione di queste regioni vasocostrittrici, diminuisce la loro att.tonica
e quindi si ↓FREQ.IMPULSI nelle fibre nervosi che raggiungo i vasi,
provocando VASODILATAZIONE. Di conseguenza la regolazione nervosa
della circolaz.periferica si attua principalmente x modificazione della
FREQ.SCARICA delle FIBRE NERVOSE SIMPATICHE VASOCOSTRITTRICI,
destinate ai vasi (es.pag.439).
Differenza degli effetti dell’innervazione simpatica sui VASI DI
RESISTENZA (arteriole) e CAPACITA’ (vene) le influenze nervose
esercitate sui VASI PIU’ GROSSI, hanno un significato funzionale di minor
importanza rispetto alle influenze esercitate sulle ARTERIOLE e PICCOLE
ARTERIE. Rispetto ai VASI DI RESISTENZA, i VASI DI CAPACITA’ (vene),
sembrano essere più reattivi alla stimolazione dei nervi simpatici, in
quanto raggiungono il massimo livello di costrizione x freq. di
stimolazione più basse.
• Influenze nervose PARASIMPATICHE solo una piccola porzione di
arteriole del corpo, ricevono fibre parasimpatiche (es.m.sch. e cute non
possiedono innervaz.parasimaptica). Pertanto l’effetto di queste fibre
sulla resist.vascolare totale è di modesta entità.
• Fattori umorali ADRENALINA e NA esercitano un potente effetto sui vasi
sanguigni.
ADRENALINA nel m.sch,. in BASSE CONCENTRAZIONI ..> dilata le
arteriole (agendo su rec. beta-adrenergici), mentre ad ALTE
CONCENTRAZIONI ..> costrizione arteriole (agendo su rec. alfa-
adrenergici).
NA in tutti tessuti l’effetto principale è la vasocostrizione.
ADRENALINA e NA sono liberate da FIBRE SIMPATICHE, ma possono
essere prodotte e rilasciante anche dalla ghiandola del surrene. Tuttavia
in condizioni fisiologiche l’effetto di queste catecolamine liberate dalla
ghiandola surrene è trascurabile se paragonato con l’effetto provocato
dalla NA liberata da FIBRE SIMPATICHE.
• Riflessi vascolari ci sono zone del BULBO che provocano riflessi vascolari
in seguito ad afferenze che provengono da BAROCETTORI –
CHEMOCETTORI PERIFERICI – IPOTALAMO – CORTECCIA CEREBRALE –
CUTE, producendo diversi tipi di riflessi.
• Barocettori arteriosi (pressocettori) sono rec. da stiramento
localizzati nei SENI CAROTIDEI – ARCO AORTA (img.pag.441). Gli
impulsi che arrivano dai rec. posti nei SENI CAROTIDEI, decorrono

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nel NERVO SENO CAROTIDEO (N.HERING), fino al


N.GLOSSOFARINGEO (IX nervo cranico) e attraverso quest’ultimo
raggiunge il NUCLEO DEL TRATTO SOLITARIO (NTS) nel BULBO.
Questo nucleo è la staz. di arrivo x gli impulsi che vengono dai
BAROCETTORI e CHEMOCETTORI. I rec. dell’ARCO AORTICO,
raggiungono il BULBO attraverso i N.VAGHI. L’eccitazione di questo
nucleo provoca inibizione att.simpatica destinata ai vasi sanguigni
IPOTENSIONE (lesioni di questo nucleo provoca vasocostrizione
(IPERTENSIONE).
I terminali delle fibre dei barocettori, rispondono allo stiramento
e alla deformazione della parete vasale indotta dalla PA:
• ↑PA ↑FREQ.SCARICA inibizione delle regioni
vasocostrittrici provocando VASODILATAZIONE - ↓PA.
• ↓PA ↓FREQ.SCARICA.
I BAROCETTORI del SENO CAROTIDEO – ARCO AORTA, non
possiedono capacità identiche di modificare le resistenze
periferiche: BAROCETTORI DEL SENO CAROTIDEO sono più
sensibili di quell’dell’ARCO AORTA – variazioni di PA avvertite dai
REC. SENO CAROTIDEO provocano effetti superiori a quelli
provocati da variaz.equivalenti della PA nell’ARCO AORTICO.
Per quanto riguarda il SENO CAROTIDEO, la SENSIBILITA’ del
riflesso può essere modificata: applicazioni di NA o stimolazioni
fibre nervose simpatiche destinate al SENO CAROTIDEO
↑sensibilità dei REC.SENO, provocando una risposta depressoria
maggiore sulle fibre simpatiche dirette all’innervazione vasi
sanguigni (forte vasodilatazione). Questa SENSIBILITA’, si riduce
nell’ipertensione, in quanto il SENO CAROTIDEO diventa più rigido
e, quindi, meno deformabile. In queste condizioni i REC. del SENO
hanno una sensibilità minore, tant’è che ↑PA sul SENO provoca
un effetto di ↓PA meno intenso (vasodilatazione poco intensa).
Questi BAROCETTORI (sia del SENO che ARCO AORTA), hanno un
ruolo chiave negli aggiustamenti a breve termine della PA (come
quando, nell’eser fisico, si verificano rapide variaz. V sanguigno,
GC, resist.periferiche). Tuttavia il controllo a lungo termine della
PA è dato da equilibrio tra ASSUNZIONE – PERDITA LIQUIDI,
equilibrio controllato da RENE.
• Barocettori cardiopolmonari sono localizzati negli ATRI –
VENTRICOLI – VASI POLMONARI. Questi barocettori sono
innervati da fibre afferenti vagali e simpatiche. I riflessi
cardiopolmonari sono tonicamente attivi e possono modificare le
resist.periferiche quando si modificano le pressioni
intracardiache – venosa – polmonare. In particolar modo, negli
atri, sono presenti 2 tipi di BAROCETTORI CARDIOPOLMONARI:
• Rec. A ..> attivati dalla tensione sviluppata durante la
contrazione atriale.
• Rec. B ..> attivati dallo stiramento della parete atriale
durante il suo riempimento.
Gli impulsi rilevati da questi rec.atriali vengono inviati attraverso i
N.VAGHI ai CENTRI BULBARI DEL VAGO. Ne consegue una
riduzione att.simpatica destinata al rene e un incremento di
quella destinata al nodo SA.
• Chemocettori periferici sono contenuti in piccoli corpi (glomi),
situati nell’ARCO AORTICO e SENI CAROTIDEI (img.pag.441). Sono
sensibili a: variazioni tensione CO2 – O2 – pH sangue.

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Sebbene partecipino principalmente alla regolaz.respirazione,


questi rec. x via riflessa esercitano anche una certa influenza sulle
regioni vasomotrici: ↓tensione O2 nel sangue stimola
chemocettori e l’aumento di freq.scarica delle loro fibre, inducono
stimolazione regioni vasocostrittrici, provocando un ↑tono nelle
ARTERIOLE e VENE.
Rispondono in maniera meno marcata ad aumento CO2 e
riduzinoe pH.
Alcuni di questi chemocettori presenti nel cuore e innervati da
fibre simpatiche, sono attivati nell’ischemia e trasmettono il
dolore cardiaco (angina pectoris).
• Ipotalamo la completa attuazione dei riflessi cardiovascolari,
richiede l’integrità delle STRUTTURE PONTINE e IPOTALAMICHE.
Quest’ultime sono anche responsabili del controllo
comportamentale ed emozionale del sist.cardiovascolare.
• Cervello stimolazioni aree motorie e pre-motorie possono
provocare VASOCOSTRIZIONE. Si può avere anche
VASODILATZIONE in risposta a stimoli emozionali.
• Riflessi polmonari espansione dei polmoni provoca x via riflessa
vasodilatazione sistemica e ↓PA, in quanto le fibre afferenti si
attivano in seguito a distensione pareti polmonari, andando ad
inibire le aree vasomotorie. L’ampiezza della risp.depressoria
dipende dal grado distensione polmoni e dal preesistente tono
vasocostrittore. Viceversa, il collasso polmoni induce
vasocostrizione sistemica.

Equilibrio tra FATT.INTRINSECI ed ESTRINSECI nella regolazione del FLUSSO


SANGUIGNO PERIFERICO
Il duplice controllo dei vasi periferici dovuto a meccanismi ESTRINSECI – INTRINSECI, permette di
apportare aggiustamenti vascolari, atti a deviare il flusso sanguigno verso regioni che richiedono
un maggior apporto di sangue, sottranedolo alle aree le cui immediate necessità sono inferiori.
Si hanno tessuti in cui è maggiore l’efficacia di un meccanismo estrinseco o intrinseco, in
altri tale predominanza è determinata dallo stato di attività di quel tessuto: CUORE e
CERVELLO, che sono organi vitali che non tollerano ridotti apporti di sangue,
predominano MECCANISMI INTRINSECI.
CUTE, predominano MECCANISMI ESTRINSECI.
M.SCH. esiste un intergioco tra MECC.INTRINSECI – ESTRINSECI. Nel M. a RIPOSO il
controllo nervoso (tono vaso costrittore) è dominante (MEC.ESTRINSECO). All’inizio
eser. muscolare, il MECC.INTRINSECO diventa dominante e, a causa dell’aumento locali
metaboliti, si verifica VASODILATAZIONE nei m.attivi. In questi m.attivi arrivano
comunque gli IMPULSI COSTRITTORI delle fibre simpatiche, in quanto tonicamente
attive, ma tali impulsi risultano inferiori a quelli derivanti dall’azione dei metaboliti.

ADATTAMENTI DELLA FUNZIONE CARDIOCIRCOLATORIA ALL’ATT.FISICA E


ALLENAMENTO
Le modificazioni cadivoascolare durante il lavoro muscolare dipendono dalla
combinazione e interazione di:
• FATTORI NERVOSI: includono:
• Comando centrale è l’attivazione corticocerebrale del SN SIMPATICO
che provoca ↑FC - ↑F CONTRATTILE CUORE – VASOCOSTRIZIONE
PERIFERICA.
• Riflessi iniziati dai m.attivi possono essere attivati negli stessi muscoli x
stimolazione MECCANOCETTORI (in seguito stiramento, tensione) –
CHEMOCETTORI (da parte prodotti metabolismo) in risposta a

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contrazione muscolare.
• Riflessi barocettivi
• FATTORI LOCALI (CHIMICI)

Esercizio fisico LIEVE o MODERATO


Nell’uomo, la preparazione a compiere att.fisica inibisce l’att.nervosa vagale destinata al
cuore e provoca attivazione di quella simpatica. Gli effetti coordinati dell’INBIZIONE
CENTRI VAGALI e dell’ATTIVAZIONE DI QUELLI SIMPATICI, provocano ↑FC e
↑CONTRATTILITA’ MIOCARDIO.
↑FC + ↑CONTRATTILITA’ MIOCARDIO ↑GC.

Resistenze periferiche contemporaneamente alla stimolazione cardiaca, il SIMPATICO


provoca variazione delle resist.vascolari periferiche. Nella cute, rene, regioni splaniche,
M.INATTIVI, si verifica vasocostrizione simpatica, che aumenta resistenze vascolare,
provocando deviazione di sangue nei M.ATTIVI. L’aumentata resistenza vascolare nei
TESS.INATTIVI, persiste x tutto il periodo di att.fisica.
• La GC e il FLUSSO EMATICO aumenta nei M.ATTIVI con l’incremento dell’intensità
dell’eser.fisico.
• Il flusso ematico attraverso il miocardio aumenta, mentre rimane immodificato nel
cervello.
• Le principali VARIAZ.EMODINAMICHE in corso di eser.fisico prolungato, avvengono
nei VASI dei M.ATTIVI. Uno delle cause di queste variazioni emodinamiche dirette ai
vasi dei m.attivi, è la formazione locale di METABOLITI VASOATTIVI, che provocano
una notevole dilatazione delle ARTERIOLE. Questa vasodilatazione, aumenta
all’aumentare dell’intensità dell’eser. Tra le sost. vasodilatatrici liberate durante la
contrazione, si hanno: K+, responsabile dell’iniziale riduzione della resistenza
vascolare dei M.ATTIVI; ADENOSINA; ↓pH.
• Questa vasodilatazione dei vasi dei m.attivi, permette di ↓RESIST.PERIFERICA, tale
riduzione consente al cuore di pompare una quantità maggiore di sangue contro un
carico minore e con un rendimento maggiore rispetto a quello che si avrebbe se la
RESIST.PERIFERICA rimanesse immodificata.
• Oltre alla vasodilatazione, si verificano anche marcate variazioni della circolazione
capillare. A riposo solo pochi capillari sono pervi, mentre nell’eser. tutti o quasi tutti
i capillari sono ripieni di sangue, la superficie disponibile x lo scambio di sostanze
(gas, acqua, soluti) viene incrementata di molte volte. Inoltre, il rilasciamento delle
ARTERIOLE, favorisce un ↑PRESS.IDROSTATICA nei capillari e ciò contribuisce al
movimento netto di sostanze dai CAPILLARI TESSUTI. Tale pressione nei capillari
(press.tissutale), aumenta e rimane elevata durante tutto l’eser. Ciò provoca anche
un aumento del flusso linfatico, favorito anche dall’effetto massaggio esercitato dai
m. che si contraggono sui vasi linfatici.
• Il muscolo che si contrae, estrea avidamente O2 necessario dal sangue e quindi
↑Δ(a-v).
• Inoltre il rilascio di O2 dal sangue è facilitato da una maggiore tendenza alla

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dissociazione di O2 dall’EMOGLOBINA, di conseguenza i globuli rossi tratterranno


sempre una minore quantità di O2 e si avrà una più efficace rimozione di O2 dal
sangue.
• Il consumo di O2 può aumentare fino a 60 volte con un incremento della GC di sole 4
volte.
• La MIOGLOBINA nel m., svolge un’importante riserva di O2 nel corso
dell’att.muscolare. La MIOGLOBINA libera O2 solo a press.parziali molto basse, che
probabilmente sono raggiunte solo nel m. che si contrae attivamente. Inoltre, può
facilitare il trasporto di O2 dai CAPILLARI MITOCONDRI, funzionando come
trasportatore di O2.

• GC GS x FC. FC ..> A livello del nodo SA, ↑stimolazione simpatica - ↓inibizione
parasimpatica, persistono x tutta la durata dell’eser. e, di conseguenza, anche la
tachicardia persiste. Se il carico di lavoro è MODERATO ma rimane COSTANTE, la FC
raggiungerà un certo livello e rimarrà poi costante x tutto il resto del periodo di
attività. Tuttavia, se il ↑CARICO LAVORO concomitante ↑ FC, che nell’eser.molto
intenso può raggiungere il valore max.
• GS ..> al contrario della FC, la GS aumenta solo del 10-35% e i valori maggiori si
osservano solo nei soggetti allenati (grafico pag.463). Negli atleti ben allenati x le
gare di fondo, la GC può arrivare fino a 6-7 volte il valore di riposo, mentre la GS
raggiunge circa il doppio del valore di riposo.
• Pertanto ↑GC è dovuta principalmente al ↑FC. (nota pag.463).

• Ritorno venoso oltre al contributo dato dalla costrizione delle VENE (mediata dal
simpatico) sia nelle regioni corporee implicate nell’eser. sia in quelle non implicate, il
RITORNO VENOSO viene facilitato dall’azione POMPA svolta dai muscoli che
lavorano e dai m.respiratori. In particolar modo, la contrazione intermittente dei
muscoli comprime i vasi che decorrono al loro interno e, nel caso delle vene,
favoriscono il flusso di sangue verso il cuore, grazie a della valvole disposte in
maniera tale da garantire l’unidirezionalità verso l’atrio dx.
• Gli atti respiratori più profondi e frequenti, contribuiscono a facilitare il flusso di
sangue verso il cuore, aumentando il gradiente pressorio tra VENE TORACICHE e
ADDOMINALI.
• Le riserve di sangue presenti nelle vene (RITORNO VENOSO), non contribuiscono in
maniera significativa all’incremento del volume sangue circolate (GS). Tant’è, che il
V SANGUE è di norma leggermente ridotto nell’eser.fisico, in seguito a perdita
LIQUIDO all’esterno, con sudorazione, ventilazione e all’interno del m. che si
contrae. Tali perdite sono tuttavia contrastate in vari modi (es. ridotta formazione di
urine da parte del rene).
• L’elevato volume di sangue che dalle vene torna al cuore (RITORNO VENOSO), viene
pompato così efficacemente attraverso il circolo polmonare e poi sistemico, che la
P venosa centrale rimane praticamente costante. Perciò, durante l’eser.moderato il
RITORNO VENOSO non determina un maggiore volume di sangue che implica
l’attuazione del meccanismo Frank-Starling (es.pag.464).
• Nello sforzo max invece, la P atrio dx e il V tele-diastolico ventricolare aumentano,

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consentendo l’attuazione del meccanismo Frank-Starling che contribuisce all’↑GS.



• PA se all’eser.partecipa gran parte della muscolatura (corsa, nuoto), si avrà una
vasodilatazione più diffusa, con conseguente ↓RESIST.VASCOLAR. TOT. Nonostante
ciò, la PA media aumenta con l’inizio dell’eser. e continua ad aumentare
parallelamente all’aumento dell’intensità eser. Per far si che ciò avvenga, la GC deve
essere proporzionalmente superiore alla RIDUZIONE RESIST.VASC.TOT.
• La vasocostrizione che si ha nei TESS.INATTIVI è importante x mantenere gli elevati
livelli di PA.
• Inoltre, si assiste ad una certa vasocostrizione nei m.sch.attivi, quando vengono
reclutati altri muscoli (es.pag.464).
• La vasodilatazione della cute che avviene durante l’eser. in seguito ad aumento della
temperatura (grafico pag.462), determinerebbe un’ulteriori RIDUZIONE PA. Ciò viene
scongiurato in quanto si assiste ad un ↑GC – costrizione arteriole renali,
splanchinche e altri tess.inattivi.
• L’effetto di forte aumento della GC, viene comunque tamponata dalla concomitante
riduzione RESIST.VASC.TOT., di conseguenza avremo che la PA aumenta di poco
• La PAmedia raggiunta durante l’eser., è il risultato di un equilibrio tra GC –
RESIST.PERIFERICA.TOT.
• La P sist aumenta più della P diast, in seguito soprattutto al maggior V sist.

• Esercizio intenso
• Vicino all’esaurimento, i meccanismi compensatori diventano insufficienti. La FC
raggiunge il max livello e la GS raggiunge il plateu (grafico pag.463). In queste
condizioni si verifica:
• Disidratazione
• vasocostrizione dei vasi cutanei (grafico pag.462) provocando problematiche
nella dispersione di calore. Infatti, la temperatura corporea risulta elevata e una
riduzione della perdita di calore, provocata dalla vasocostrizione dei vasi
cutanei, porta a una temp. corporea molto elevata che si associa a sensazione
di malessere acuto.
• ↓pH tissutale – ematico in seguito ad aumentata presenza di ac.lattico – CO2.
Questa riduzione del pH rappresenta il fattore chiave che limita la max capacità
di lavoro che un individuo può eseguire, in quanto provoca dolore muscolare –
sensazione soggettiva di esaurimento – incapacità o perdita della volontà di
continuare il lavoro fisico.

• Fase di recupero post-esercizio l’interruzione dell’eser., provoca una ↓FC - ↓GC e la
stimolazione simpatica del cuore viene rimossa. La RESIST.VASC.TOT., rimane ridotta
x un certo periodo di tempo dopo l’eser. e ciò sembra essere dovuto ai METABOLITI
VASODILATATORI che si sono accumulati nel m. durante il periodo di att. La ridotta
GC e la bassa RPT, provocano una caduta di PA, x un breve periodo al di sotto del
livello precedente di att.
• Subito dopo la PA si stabilisce a livelli di normalità, grazie all’attivazione RIFLESSI
BAROCETTIVI.

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• Limite delle prestazioni fisiche


• I 2 principali fattori che limitano le capacità del lavoro muscolare sono: velocità di
utilizzazione di O2 da parte del m. e rifornimento O2 allo stesso muscolo (vale a
dire la GS). Quest’ultimo sembrerebbe essere il fattore limitante principale. Tale
limitazione potrebbe essere dovuta all’incapacità del cuore di aumentare la GC oltre
un certo livello, principalmente a causa dei limiti della GS, visto che la FC raggiunge
il max ancor prima che si raggiunga VO2max.

• Allenamento fisico e condizionamento
• Con l’allenamento regolare, l’app.cardiovascolare dà in risposta un: aumento sue
capacità di fornire O2 ai m.attivi e migliore utilizzazione di O2 da parte muscoli.
• In un certo individuo la VO2 max è abbastanza costante, ma può modificarsi con
l’allenamento, permettendo di raggiungere valori di VO2 max progressivamente
crescenti. Il plateu viene raggiunto quanod il condizionamento atletico raggiunge il
suo livello max.
• Gli effetti evidenti negli atleti ben allenati, che possiedono quindi alto livello di
VO2max sono:
• FC a riposo più basse ciò è dovuto ad un più elevato tono vagale e alla minore
att. del simpatico. Poi durante l’att.fisica, la FCmax degli allenati è la stessa dei
NON ALLENATI, solamente che essa viene raggiunta, nel sogg.allenato, x livelli di
att.fisica più elevati.
• GS maggiore
• Resist. periferiche minori rispetto ai valori osservabili nel pre-post allenamento
potrebbe essere legato ad un altro effetto dell’allenamento prolungato, vale a
dire l’aumentata densità di capillari nei m.sch. al quale dovrebbe seguire anche
un aumento del num. delle ARTERIOLE (vasi di resistenza), giustificando così le
basse resist.vascolari riscontrate nell’app.muscolare.
• Aumenta differenza artero-venosa si ha una maggiore estrazione di O2 dal
sangue da parte dei muscoli.
• Aumenta densità capillari nei m.sch.
• ↑num.mitocondri
• ↑enzimi ossidativi presenti nei mitocondri
• ↑att. ATPasica
• ↑mioglobina
• ↑enzimi metabolismo lipidico

SISTEMA LINFATICO
È composto da vasi linfatici – linfonodi – tess.linfoide. Questo sistema trasporta linfa e i
materiali che trasudano dai vasi sanguigni. La composizione chimica della linfa varia a
seconda dei tessuti e degli organi in cui si trova (per esempio la linfa che si forma
durante la digestione contiene un ricco contenuto di sostanze grasse, differenziandosi
quindi dalla linfa che si forma a digiuno). Generalmente ha una composizione simile a
quella del plasma sanguigno, con la presenza di globuli bianchi. La linfa si forma a livello
dei capillari arteriosi, dalle cui pareti trasuda il plasma per effetto della pressione
arteriosa e si diffonde nei piccoli spazi fra le cellule.
La circolazione della linfa differisce dalla circolazione sanguigna in quanto i vasi linfatici
NON formano un circuito chiuso, ma un SISTEMA A SENSO UNICO.

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I capillari linfatici, sono molto diffusi e presentano un’alta permeabilità. Hanno un


aspetto simile a quello dei capillari sanguigni, con la differenza che: sono privi di tihgt
junction tra cell.endoteliali – possiedono sottili filamenti che li ancorano al
tess.connettivo circostante.
Con la contrazione muscolare questi SOTTILI FILAMENTI, possono distorcere i vasi
linfatici e quindi aprire gli spazi tra cell.endoteliali, consentendo l’ingresso di proteine
e grosse particelle presenti nel liquido interstiziale. I CAPILLARI LINFATICI, drenano nei
VASI LINFATICI progressivamente più grandi, che alla fine si immettono a livello della
vena succlavia dx-sx, in prossimità della giunzioni con le rispettive VENE GIUGULARI
INTERNE.
Solo CARTILAGINE – OSSO – EPITELIO – TESS.SIST.NERVOSO sono privi di vasi lifnatici. La
funzione di qeusti vasi è restituire alla cricoalzione sanguigna il plasma filtrato dai
capillari. Questo compito viene eseguito grazie alla presenza della pressione tissutale -
facilitato grazie alla contrazione muscolare sch. e presenza di valvole che permette uni
direzionalità flusso. A tal proposito, infatti, i VASI LINFATICI assomigliano alle VENE, con
la differenza che contengono una piccola quantità TESS.ELASTICO – M.LISCIO.
I vasi linfatici sono l’unico mezzo con cui le proteine che escono dal compartimento
vascolare, possono ritornarvici all’interno. Se le proteine non venissero ad essere
raccolte dai linfatici, si accumulerebbero nello spazio interstiziale, richiamando liquido
dai capillari e creando edema. Inoltre le proteine uscite, non potrebbero ritornare
all’interno dei vasi sanguigni x diffusione, in seguito alla presenza di un gradiente di
concentraz.proteica non favorevole.
Oltre a riportare liquido e proteine nei vasi sanguigni, il sist.linfatico filtra la linfa a livello
dei linfonodi, rimuovendo particelle estranee (batteri).
Il vaso linfatico più grande è il DOTTO TORACICO, il quale non solo drena la linfa
proveniente dagli arti inferiori, ma restituisce anche le proteine perse attraverso i
capillari epatici, molto permeabili e trasporta le sost. assorbite dal tratto
gastrointestinale, principalmente LIPIDI, racchiusi all’interno dei chilomicroni.
Il flusso linfatico, varia in modo considerevole: è quasi nullo nel m.sch a riposo, ma
aumenta durante eser. in proporzione a livello di intensità muscolare – aumenta in
seguito a meccanismi che incrementano la VELOCITA’ FILTRAZIONE CAPILLARE:
↑pressione capillari - ↑permeabilità capillari. Il V liquido trasportato nei linfatici in 24
ore è circa uguale al V plasmatico tot. del corpo.
Quando il V liquido interstiziale supera capacità drenaggio sist.linfatico, il LIQUIDO
INTERSTIZ. Si accumula, specie nei tess. più lassi, producendo EDEMA.
SISTEMA RESPIRATORIO
Funzioni polmoni:
• Scambio di gas immissione O2 – rimozione CO2 (funz.primaria)
• Barriera tra mondo esterno – interno
• Polmone come organo metabolico che sintetizza e metabolizza diversi composti

ANATOMIA SIST.RESP.
Il sist.resp. inizia con il NASO e termina all’interno dei POLMONI, negli ALVEOLI.
Possiamo distinguere gli organi che costituiscono il sist. resp. in 2 porzioni:
• Vie aeree superiori: NASO – SENI – FARINGE – LARINGE. La principale funzione di
questa prima parte è quella di condizionare l’area inspirata, in maniera che
quando l’aria arriva alla trachea, risulta umidificata e con la stessa temp. del
corpo.
Il NASO funziona anche x filtrare, trattenere ed eliminare particelle di
dimensioni superiori ai 10μm e x il senso odorato. Attraverso il naso si realizza

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anche una resistenza al flusso aereo, che risulta essere il 50% della resist.tot. del
sist.respiratorio. Tale resistenza aumenta nelle infezioni virali e con l’aumentare
flusso, come accade durante eser.fisico. Quando la resp. nasale diventa troppo
elevata, inizia la respirazione attraverso la bocca.
I SENI PARANASALI svolgono 2 principali funzioni: alleggeriscono il cranio,
rendendo la postura eretta e più agevole – offrono una risonanza x la voce –
possono anche proteggere il cervello in casi di traumi frontali.
Sia il NASO che i SENI PARANASALI, sono ricoperti da MUCOSA
RESPIRATORIAcostituito da un epitelio di rivestimento batiprismatico
pseudostratificato con numerose cellule calciformi mucipare. Le cellule + alte
sono dotate di CIGLIA VIBRATILI. La lamina propria della mucosa, accoglie
GHIANDOLE NASALI, è riccamente vascolarizzata.
La funzione della MUCOSA RESPIRATORIA è quella di trattenere ed eliminare il
pulviscolo atmosferico che arriva dall’aria inspirata. Le CELLULE CALCIFORMI e le
GHIANDOLE della lamina propria secernano un muco denso che trattiene il
pulviscolo la cui espulsione è facilitata dal movimento delle ciglia che lo
spingono verso la faringe. Inoltre il muco umidifica l’aria atmosferica, facendolo
giungere alle vie aeree inferiori satura di vapore acqueo. La ricca
vascolarizzazione della mucosa permette, liberando calore, di riscaldare l’aria
atmosferica.
La LARINGE è un condotto cilindrico di natura cartilaginea mantenuta in posizione
da numerosi muscoli e legamenti. Le sue funzioni sono di consentire il passaggio
di aria alle vie aeree inferiori – produzione di suoni, grazie alla presenza delle
corde vocali, l’aria passa x queste corde e vibrando emettono suoni che variano a
seconda della tensione laringe. Importante è anche la presenza dell’epiglottide,
la quale permette di chiudere il passaggio attraverso la GLOTTIDE, durante la
masticazione, impedendo che il cibo possa penetrare nelle vie aeree inferiori.
L’atto della deglutizione del cibo dopo masticazione di norma si verifica in 2 sec,
ed è sincronizzato con riflessi muscolari che coordinano la chiusura e l’apertura
delle vie aeree.
• Vie aeree inferiori: TRACHEA – BRONCHI – POLMONI. La TRACHEA fa seguito alla
LARINGE, è un canale formato da 15-20 anelli cartilaginei (ialina) incompleti
posteriormente, ma in regolare successione. Nella parte terminale del canale, la
trachea si biforca nei 2 BRONCHI (DX-SX). I BRONCHI originano dalla biforcazione
della TRACHEA in direzione basso-laterale e si distinguono in DX e SX, ognuno dei
quali andrà verso il rispettivo POLMONE (DX o SX). I bronchi presenti all’esterno
del polmone vengono definiti EXTRAPOLMONARI mentre quelli che entrano
all’interno del polmone si definiscono INTRAPOLMONARI.
Essendo l’ilo del POLMONE SX più lontano rispetto al DX, il bronco DX è + corto
del SX, ed è anche di calibro maggiore in maniera da permettere al POLMONE DX
che è + voluminoso, una ventilazione adeguata. I bronchi si vanno ad inserire
nell’ilo dei polmoni DX-SX divenendo BRONCHI INTRAPOLMONARI e via via crea
generazioni di bronchi sempre più piccoli, quindi aventi un diametro minore, ma
un’area di superficie complessiva sempre maggiore , fino a terminare negli
ALVEOLI.
I POLMONI sono organi pieni, situati nella cavità toracica ai lati del mediastino.
Sono la sede nei quali hanno luogo gli scambi gassosi fra aria e sangue. I
POLMONI hanno la forma di coni, consistenza spugnosa ed elastica.
La superficie esterna dei polmoni è percorsa da profonde scissure interlobari,
che dividono il polmone DX in 3 lobi, mentre il SX in 2 lobi. Per ciascun lobo, si
dirigono 1 BRONCO LOBARE.
L’aerea di superficie x lo scambio di gas ha le dimensioni di un campo da tennis

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(circa 85m2). Quest’aerea di superficie è costituita da numerosissime unità


respiratorie (ALVEOLI) che funzionano in modo indipendente. L’unità
respiratoria (unità fisiologica) è costituita dai BRONCHIOLI RESPIRATORI – DOTTI
ALVEOLARI – ALVEOLI (img.pag.478). Contrariamente al cuore, ma come i reni, i
polmoni presentano delle unità funzionali che dimostrano unitarietà funzionale,
vale a dire che ciascuna unità è strutturalmente identica e funziona come tutte
le altre unità. Ci sono poi BRONCHIOLI che non contengono gli alveoli e sono
perciò definiti come BRONCHIOLI NON RESPIRATORI e sono condotti x il
passaggio di aria dall’ambiente esterno all’alveolo, ma non partecipano allo
scambio gassoso, formano perciò lo spazio morto anatomico.
La caratteristica dell’UNITA’ RESP. è quella di avere una lunghezza di 5mm circa,
ma un V tot (x ogni singola unità) più grande di quello dei polmoni (circa
2500ml=.
Gli alveoli sono costituiti da epitelio pavimentoso semplice con 2 tipi di cellule:
• PICCOLE CELLULE ALVEOLARI (pneumociti di I°tipo) occupano circa il 96-
98% dell’alveolo e rappresentano la cellula principalmente responsabile
dello scambio gassoso. Il sottile citoplasma di queste cell. è ideale x la
diffusione dei gas, inoltre la loro membrane è fusa con quelle
dell’endotelio capillare, facilitando lo scambio gassoso in quanto lo
spessore risulta notevolmente ridotto.
• GRANDI CELLULE ALVEOLARI (pneumociti di II°tipo) presentano circa il
2% epitelio, hanno forma rotondeggiante con grosse vescicole
citoplasmatiche rotondeggianti che contengono i corpi multi lamellari,
che riversano all’interno dell’alveolo il loro secreto, cioè una sostanza
tensioattiva (TENSIOATTIVO POLMONARE) che riduce la tensione
superficiale dell’alveolo, impedendo l’eccessiva distensione dell’alveolo
nell’inspirazione e il suo collasso nell’espirazione. Queste cellule sono in
grado di differenziarsi in tipo 1, qualora si presenti una lesione
dell’epitelio.
Lo scambio gassoso avviene negli alveoli attraverso una densa rete di capillari
attorno agli alveoli, chiamata rete alveolo-capillare. L’O2 e CO2 diffondo
passivamente attraverso la barriera.
Gli alveoli sono suddivisi tra loro dalla presenza di un tessuto interstiziale,
costituito principalmente da tess.connetivo (fibre collagene polmonare) –
m.liscio – vasi linfatici – capillari – altre cellule. Solitamente è uno spazio molto
piccolo, ma può allargarsi in condizioni patologiche in seguito a migrazione
cell.infiammatorie, liquido edema.ù
Pleure ciascun polmone è avvolto da una membrana sierosa a doppia parete, la
PLEURE. I 2 foglietti che la costituiscono sono:
• Pleura viscerale (interno):aderisce intimamente alla superficie, e esterna
del polmone
• Pleura parietale (esterna): è in rapporto con le pareti della cavità toracica
e diaframma.
Tra i 2 foglietti è presente uno spazio definito cavità pleurica, contenente il
liquido pleurico, prodotto dalle cellule mesoteliali che costituisce l’epitelio
pavimentoso semplice (mesotelio) della PLEURE, il quale regola lo scorrimento
dei 2 foglietti durante la respirazione, impedendo la loro adesione.
Inoltre i 2 foglietti sono in continuazione tra loro anche in prossimità dell’ILO.

Circolazione sanguigna polmonare


I polmoni sono dotati di una duplice circolazione:
• Circolazione polmonare trasporta sangue deossigenato dal VENTRICOLO DX alle
UNITA’ RESPIRATORIE, dove avviene lo scambio gassoso: si assume O2 e rimosso
CO2. Il sangue poi viene portato all’ATRIO SX mediante le vene polmonari, x poi

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essere distribuito al resto del corpo. Caratteristica di questa circolazione è:


capacità di accomodare grandi volumi di sangue a bassa pressione. Infatti, le
VENE POLMONARI funzionano come grande riserva di sangue, e possono
aumentare/diminuire la loro capacità x fornire una portata COSTANTE al
ventricolo sx, a fronte di un flusso variabile nell’arteria polmonare. Tale
regolazione viene fatta agendo sul proprio diametro, grazie alla presenza di
m.liscio, andando così a modificare la resistenza al flusso sanguigno.
Il letto capillare polmonare è il più ampio letto vascolare dell’intero organismo. Il
volume di sangue passante x questo letto, aumenta da 70ml in condizioni di
riposo, a 200ml in condizioni di eser. Tale incremento è reso possibile, in parte,
grazie al reclutamento di segmenti capillari chiusi, in seguito all’aumento della P
vascolare polmonare conseguente all’incremento della portata cardiaca e,
grazie all’aumento del loro diametro (x incremento della P interna).
• Circolazione bronchiale nasce dall’aorta e fornisce sangue nutritizio al
parenchima polmonare. Circa 1/3 del sangue ritorno all’ATRIO DX tramite le vene
bronchiali, mentre la restante parte drena nell’ATRIO SX attraverso vene
polmonari.

INNERVAZIONE
La respirazione è automatica e sotto il controllo del SNC ed integrato dal SNA. I
motoneuroni del SNC innervano i m.sch. implicati nella resp., mentre i neuroni del SNA
innervano il m.liscio, m.cardiaco e ghiandole (img.pag.482). I polmoni sono innervati dal
SNP che è sotto il controllo del SNC. Per quanto riguarda il SNA, l’innervazione
PARASIMPATICA comporta: costrizione vie aeree – dilatazione vasi sanguigni -
↑secrezione ghiandolare. L’innervazione parasimpatica dei polmoni, origina dal bulbo
(n.vago (X nervo cranico)), con le fibire PRE-GANGLIARI che decorrono nel n.vago fino ai
gangli prossimi alle vie aeree e vasi sanguigni polmonari. Le FIBRE POST-GANGLIARI
originano da questi gangli e vanno ad innervare cell.m.lisce – vasi sanguigni –
cell.epiteliali bronchiali. La stimolazione parasimpatica attraverso il n.vago è
responsabile della lieve costrizione tonica del m.liscio presente nel polmone normale a
riposo. Le fibre parasimpatiche innervano anche le ghiandole e queste fibre, se
stimolate, incrementano la sintesi di glicoproteine del muco, rendendolo più viscoso.
La stimolazione del SIMPATICO, comporta invece: rilasciamento vie aeree – costrizione
vasi sanguigni – inibizione secrezione ghiandolare. Mentre la rispsota del SN SIMPATICO
è specifica, quella del SIMPATICO è più generalizzata.
Il SNA e SNC lavorano in modo coordinato x mantenere l’omeostasi.

Controllo centrale della respirazione


La resp. è un processo automatico, ritmico e regolato centralmente con un controllo
volontario. Il SNC e in particolare il TE, funzione come principale centro di controllo
della respirazione.
Nonostante l’ampia variabilità nelle necessità di assunzione di O2 e rimozione CO2, i
livelli arteriosi dell’O2 e CO2 sono di norma mantenuti entro limiti molto ristretti.
La regolazione della respiraz., richiede:
• Genesi e mantenimento di un RITMO RESPIRATORIO
• Modulazione ritmo respiratorio da parte dei circuiti sensoriali di feedback e
riflessi che consentono l’adattamento alle diverse condizioni, minimizzando i
costi energetici.
• Reclutamento m.respiratori che possono contrarsi in modo appropriato x lo
scambio gassoso.
Il GENERATORE CENTRALE DEL RITMO RESPIRATORIO, è composto da diversi gruppi di

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cell. del TE che hanno proprietà pacemaker. Questo generatore è in grado di integrare
le afferenze periferiche dei rec.stiramento polmoni – rec. x O2 dei corpi carotidei –
afferenze centrali dall’ipotalamo e amigdala.

Muscoli coinvolti nella respirazione I m.sch., forniscono la forza x attuare la


ventilazione. La loro forza di contrazione incrementa quando sono stirati e si riduce
quanto si accorciano. Pertanto, la F contrazione dei m.respiratori aumenta con
l’aumentare del V polmonare. i principali m.respiratori coinvolti sono:
• DIAFRAMMA è il principale m.respiratorio, divide la cavità toracica
dall’addominale. Questo muscolo si contrae con l’INSPIRAZIONE e tale
contrazione spinge il contenuto intestinale verso il basso e verso l’esterno,
questo movimento permette di aumentare verticalmente la gabbia toracica e di
creare una differenza di pressione tra torace-addome, in particolare il torace
presenterà una pressione negativa (bassa pressione). Il diaframma durante
l’inspirazione tranquilla scende di circa 1cm e può arrivare a 10cm con
l’inspirazione forzata. Tale muscolo è innervato dal N.FRENICO che ha origine da
3°-5° segmento cervicale del MS (C3-C5).
Con l’inspirazione, oltre che abbassamento del diaframma, si ha l’apertura della
glottide, che permette di collegare l’ambiente eterno al sist.resp. Poiché il flusso
di gas è diretto da una regione a PRESS. PIU’ ELEVATA a una dove la PRESS. PIU’
BASSA, l’aria si muove dall’esterno verso l’interno. Durante l’inspirazione il V
polmonare aumenta e l’O2 entra nei polmoni, mentre durante l’espirazione si ha
↑ P intratoracica e la CO2 e altri gas fluiscono passivamente dai polmoni.
• INTERCOSTALI ESTERNI durante l’inspirazione spingono le COSTE in alto – verso
esterno, provocando un ↑diametri laterali – antero-posteriore della cavità
toracica. Sono innervati dai n.intercostali che hanno origine dagli stessi livelli del
MS.
• SCALENI insieme ad altri m.sch. (PICCOLO-GRANDE PETTORALE –
STERNOCLEIDOM. – ecc) intervengono nell’INSPIRAZIONE FORZATE (eser.fisico –
iperventilazione). La loro funzione è quella di spingere verso l’alto le coste.
La fase ESPIRATORIA TRANQUILLA è una fase passiva, determinata dal ritorno elastico
del COMPLESSO POLMONI-GABBIA TORACICA, in seguito al rilassamento dei MUSCOLI
INSPIRATORI.
Nella fase ESPIRATORIA FORZATA, si hanno il coinvolgimento di altri muscoli (M.ADDOME
– INTERCOSTALI INTERNI – GRAN DORSALE – ecc) che svolgono l’azione opposta di quelli
coinvolti nell’INSPIRAZIONE FORZATA, cioè spingono coste verso il basso – interno.
I m. respiratori possono essere allenati a eseguire un lavoro maggiore, ma essi hanno
un limite ben definito della capacità di eseguire lavoro. I m.resp. si affaticano e la
FATICA è il principale fattore dello sviluppo dell’insuff.resp.

Presenza di liquidi nell’epitelio polmonare


Il sist. resp. è tappezzato di 3 diversi liquidi: LIQUIDO PERICILLARE – MUCO –
TENSIOATTIVO. I primi 2 ricoprono l’epitelio delle vie aeree di conduzione dalla trachea
ai bronchioli terminali e costituiscono il sist.di trasporto muco ciliare, che serve a
facilitare la rimozione di batteri, virus, tossine dai polmoni.
TENSIOATTIVO (SURFATTANTE) tappezza l’epitelio degli alveoli ed esercita un’AZIONE

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ANTIADERENTE, riducendo la TENSIONE SUPERF. dell’alveolo. Le parete dell’alveolo


sono ricoperte da un velo di acqua. Queste molecole d’acqua sono responsabili della
TENSIONE SUPERFICIALE, con la quale si intende la forza attrattiva, esercitata da ogni
molecola d’acqua, che tende ad attirare una molecola H2O l’una sull’altra (l’acqua tende a
contrarsi). Se tale fenomeno fosse presente così come descritto, porterebbe gli alveoli ad
accartocciarsi, a collassare su se stessi, con il risultato che le pareti alveolari si
appiccicherebbero l’una sull’altra in seguito all’attrazione esercitata dalle molecole H2O.
Ciò decreterebbe l’impossibilità dell’alveolo di riempirsi di aria e consentire gli scambi
gassosi. Proprio x tale motivo la TENS.SUPERFICIALE viene definita anche come quella F
che tende a ridurre al minimo l’area della superficie, rendendo più difficile la
distensione del polmone durante l’inspirazione.
L’alveolo ha una forma a sfera e l’effetto del tensioattivo varia a seconda delle dimensioni
dell’alveolo. Di x sé, la presenza della TENS.SUPERFICIALE, provoca una pressione
all’interno della sfera. Secondo la LEGGE LAPLACE (formula pag.486), la P è
inv.proporzionale al R, quindi avremo che nelle sfere più piccole la P esercitata dalla
tensione superf. risulterà > rispetto alla P che si genera nelle sfere più grande (Psfera
piccola > Psfera grande). Questa condizione provocherebbe il movimento dell’ARIA
dalla SFERA PIU’ PICCOLA (↑P) SFERA PIU GRANDE (↓P), determinando il collasso
della sfera più piccola e l’espansione di quella più grande.
La presenza del TENSIOATTIVO, scongiura tale condizione, andando a ↓TENSIONE
SUPERFICIALE più marcatamente nella SFERA PICCOLA che in quella GRANDE (img.B
pag.486). Il risultato è che le P nelle 2 sfere diventano circa uguali e le sfere si
stabilizzano. Questo permette agli alveoli di rimanere distesi, consentendo efficienti
scambi gassosi.
Riepilogo funzione TENSIOATTIVO: riducendo la TENS.SUPERFICIALE, impedisce agli
alveoli di collassare, favorendo il LAVORO RESPIRATORIO.
Altro meccanismo che impedisce agli alveoli di collassare è dato
dall’INTERDIPENDENZA, cioè gli alveoli sono circondati da altri alveoli e la tendenza di
uno alveolo a collassare è contrastata dalla trazione esercitata dagli alveoli circostanti.

Com’è formato il SURFATANTE?


È un composto anfipatico, secreto dalle cell. tipo II. Esso è costituito da una miscela di
lipidi (85-90%) – ac.grassi – proteine (10-15%). I lipidi sono importanti x la formazione
del monostrato all’interfaccia alveolo-aria. Le principali vie di eliminazione del
tensioattivo sono: ricaptazione delle cell. tipo II – riassorbimento linfatici –
depurazione da parte macrofagi.

PROPRIETA’ MECCANICHE DEI POLMONI E PARETE TORACICA

La principale funzione dei polmoni è lo scambio di gas. Per eseguire questa importante
funzione l’aria deve essere trasferita DENTRO e FUORI dai polmoni. Le prop.meccaniche
dei POLMONI-GABBIA TORACICA determinano la facilità o difficoltà con cui avviene
questo movimento di aria.
La meccanica dei polmoni comprende una MECCANICA STATICA, cioè riferita alle
prop.meccaniche di un polmone il cui V non cambia nel tempo; e una MECCANICA
DINAMICA, riferita alle prop.meccaniche di un polmone il cui V cambia nel tempo.

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MECCANICA POLMONARE STATICA


Capacità polmonare totale (CPT) V tot di aria che può essere contenuto nei polmoni. I
V sono misurati in L. All’interno della CPT si può riscontrare il volume corrente (VC) –
capacità vitale (CV).
V corrente (VC) respiro normale che viene ventilati in ciascun atto respiratorio.
Capacità vitale (CV) è il V tot di aria espirata, partendo da una max inspirazione fino a
una espirazione completa. Visualizzando tale capacità si nota che dopo una espirazione
max, il V non arriva a zero, ma rimane nei polmoni dell’aria, definita come volume
residuo (VR).
Il volume residuo di aria che si riscontra, invece, dopo una ESPIRAZIONE TRANQUILLA
viene definita capacità funzionale residua (CFR).
La CPT è dato VC + VR.

Determinanti del V polmonare


Il CPT e VR è determinato dalle prop.parenchima polmonare e interazioni polmone-
parete toracica, i quali si muovono sempre insieme nei sogg.sani.
I polmoni contengono fibre elastiche che vengono stirate quando vengono ad essere
applicate F che inducono un aumento V polmonare e che si retraggono passivamente
quando le F vengono rimosse, con conseguente riduzione del V polmonare (tale
retrazione polmonare è molto elevata).
Il V della gabbia toracica può AUMENTARE quando i m.resp. vengono stirati e si RIDUCE
quando i m.si accorciano.
Così i VOLUMI POLMONARI, sono determinati dall’equilibrio tra RETRAZIONE ELASTICA
POLMONI – PROP. M. PARETE TORACICA.
Il max V aria contenuto nei polmoni e gabbia toracica (cioè CPT) è controllato dai
m.inspiratori. Con ↑ Vpolmonare, i m. gabbia toracica si allungano progressivamente,
ma come si allungano la loro F diminuisce. La CPT si raggiunge quando i m.inspiratori
della gabbia toracica non sono più capaci di generare ulteriori F necessarie x distendere
ulteriormente la GABBIA TORACICA – POLMONI.
Il VR è controllato dai m.espiratori. Con la ↓Vpolmonare si ha una ↓lunghezza
m.espiratori, i quali si accorciano andando a restringere la gabbia toracica, ma la F
implicata in questa restrizione di V tende a diminuire in virtù della non ottimale
sovrapposizione filamenti mio fibrillari. Intanto la gabbia toracica, in virtù di una propria
proprietà elastica, con la diminuzione di V accumula sempre più en.elastica. Il punto in
cui la F espressa dai m.espiratori è insufficiente a vincere la F elastica gabbia toracica,
non potendo così ridurre ulteriormente il V gabbia toracica, si ha il raggiungimento del V
residuo (VR).
La CFR è invece data dall’equilibrio tra F retrazione elastica parenchima – F retrazione
elastica gabbia toracica. Infatti l’espirazione tranquilla è una fase passiva, favorita dal
ritorno elastico del parenchima (e in parte anche della gabbia toracica che risulta cmq
leggermente “stirata” nella fase di inspirazione). Questa riduzione di V che si ha in
questa fase continua fino a quando la F retrazione elastica va ad essere controbilanciata
dalla F retrazione elastica gabbia toracica. Quest’ultima F si sviluppa in quanto la gabbia
toracica viene “lievemente compressa” e, in virtù della sua capacità elastica, accumula
en. che viene poi ad essere rilasciata sottoforma di F diretta verso l’esterno.

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Compliance polmonare l'espandibilità dei polmoni in risposta ad un aumento della


pressione alveolare (formula pag.491). L’uomo ha un valore normale di compliance (0,2
L/cmH2O), esso può però variare con il variare del V polmonare. Una compliance
normale elevata si riferisce a polmoni facilmente estendibili, in caso di valore contrario,
si riferisce a polmone rigido, cioè non facilmente distendibile. La compliance è
modificata in diverse malattie respiratorie.

Interazione polmone-parete toracica


Vedi Silverthon
In un sogg.sano i POLMONI – PARETE TORACICA si muovono insieme. Queste 2 strutture
sono separate da uno spazio di piccolo volume, lo spazio pleurico.
Poiché POLMONI-PARETE TORACICA si muovono insieme, le variazioni dei rispettivi V
sono uguali.
Pressione trans-polmonare è la differenza di pressione tra gli spazi aerei (P alveolare) e
la pressione attorno al polmone (P pleurica): Pp= PA - Ppl
Per consentire un ↑V polmonare ..> il polmone richiede una P trans-polmonare
positiva: il V polmonare, aumenta all’aumentare della P trans-polmonare. Il polmone
assume la sua dimensione più piccola quando la P trans-polmonare = 0, tuttavia, in
questa condizione, il polmone non è privo d’aria, ma ne rimane un po’ in seguito alla
presenza del tensioattivo che non permette all’alveolo di collassare.
Pressione trans murale attraverso la parete toracica (Ppt) è la differenza tra P pleurica e
P attorno alla gabbia toracica (P sulla superficie del corpo): Ppl – Patm.
Al contrario della P trans-polmonare, quella trans murale della gabbia toracica, risulta
essere negativa nel momento di inspirazione tranquilla. Ciò è dovuto al fatto che la Ppl è
negativa rispetto alla Patm durante l’inspirazione tranquilla.

Relazione P – V
Il gas fluisce da una regione a P elevata regione a bassa P. In assenza di gradiente P il
flusso = 0.
Negli individui normali, prima che inizia l’inspirazione, la P pleurica < P atm. Questa Ppl
negativa è creata dalla retrazione elastica dei polmoni, che tende ad allontanare i
polmoni dalla parete toracica. In questa condizione la Palveolare = 0 in quanto il flusso
lungo le vie aeree è assente.
Con l’inizio dell’inspirazione, si ha un aumento del V gabbia toracica, provocando una
caduta della Palevolare sotto zero e con l’apertura della glottide si ha il passaggio di aria
lungo le vie aeree, x poi fluire verso gli alveoli, favorito dalla bassa Palveolare.

MECCANICA POLMONARE DINAMICA


Il flusso nelle vie aeree
Il flusso attraverso le vie aeree si verifica quando esiste una differenza di press. alle 2
estremità dei condotti aerei. In particolar modo, durante l’INSPIRAZIONE, si ha una
caduta della Palv sotto zero (Palv negativa), cioè diventa minore rispetto alla Patm. Di
conseguenza l’aria fluisce da un ambiente a P maggiore, verso un ambiente a P minore.
Velocità con cui il gas fluisce nelle vie aeree dipende da 2 fattori principali:
• Tipo di flusso aereo esistono 2 tipi di flusso aereo:
• Flusso laminare quando il flusso di gas è parallelo alla parete del

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condotto ed è a bassa velocità di flusso. Determinazione V flusso


lamellare formula pag.495.
• Flusso turbolento quando la velocità di flusso aumenta e le vie aeree si
suddividono, la corrente diventa instabile e si formano piccoli vortici. Tale
turbolenza diventa maggiore a velocità di flusso sempre più elevate. La
creazione di vortici, rallenta però la velocità di flusso, in quanto viene
consumata energia nella creazione di vortici e nei movimenti caotici. Di
conseguenza è necessaria una P di spinta più elevata x un flusso
turbolento rispetto ad uno lamellare. Aumento della P significa che la R è
elevata.
Determinazione flusso attraverso NUMERO REYNOLDS (formula pag.496) è un
num. adimensionale. Quando questo numero > 2000 si verifica un FLUSSO
TURBOLENTO. Dalla formula si evince come tale flusso abbia possibilità di crearsi
quando la V media del flusso è elevata – raggio è ampio – densità elevata.
Flussi di aria nelle vie aeree nelle vie aeree il flusso ha caratteristiche sia del
flusso laminare che turbolento. In particolar modo, si riscontra che nelle VIE
AEREE PIU’ GROSSE (naso, bocca, glotide, bronchi) un FLUSSO AEREO
TURBOLENTO (anche a resp.tranquilla), in quanto promossa dalla presenza di
irregolarità e ostruzioni come la GLOTTIDE – CORDE VOCALI. Nelle VIE AEREE
PIU’ PICCOLE, il flusso diventa LAMINARE (anche durante la max ventilazione) e
ciò è dovuto al fatto che le vie aeree più piccole sono più numerose, provocando
un’area di sezione trasversa tot. notevole e quindi una diminuzione significativa
della velocità del flusso.
• Resistenza al flusso offerto dalle vie aeree è il secondo principale fattore che
determina la velocità del flusso delle vie aeree. La resist. delle vie aeree varia a
seconda del diametro delle vie (ciò è espresso da formula R pag.495). Muovendo
dalla trachea verso gli alveoli, le singole vie aeree diventano via via più piccole,
mentre il num. delle branche figlie aumenta in misura notevole. Pertanto la R
delle vie aeree è data dalla somma delle R di ciascuna via (equazione pag.496).
Da tale equazione risulterebbe che le vie aeree più piccole sono quelle che
presentano la resistenza maggiore, ma in verità la resist. maggiore viene ad
essere espressa a livello grandi bronchi. Le vie aeree più piccole, contribuiscono
molto poco alla R tot dell’albero bronchiale e i motivi sono:
• La V del flusso aereo si riduce nelle vie aeree più piccole grazie alla
maggior aerea di sezione trasversa che offrono. Il flusso passa, infatti, da
TURBOLENTO a LAMINARE e quest’ultimo offre una resistenza minore.
• Le VIE AEREE sono disposte x lo più in parallelo piuttosto che in serie e
tale disposizione consente una riduzione della resistenza a ogni
suddivisione, con il risultato che la resist. globale delle piccole vie aeree
è molto piccola.
Quindi, nelle PICCOLE VIE AEREE, nonostante la ↓DIAMETRO determina un ↑R
al flusso di ciascuna via, l’elevato num. di vie parallele riduce la resist. a ogni
suddivisione.
Fattori che contribuiscono alla R uno dei fattori più importanti capaci di
modificare la R è il volume polmonare: il CALIBRO delle vie aeree aumenta con
l’aumentare del V polmonare. Di conseguenza, la R al flusso si riduce

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all’aumentare del V polmonare e viceversa.


Altri fattori che ↑resist. sono: muco – edema delle vie aeree – contrazione del
m.liscio bronchiale. sono tutti fattori che ↓diametro via aeree. Anche densità –
viscosità del gas inspirato, influenzano la resist. delle vie aeree (es.pag.497).
Regolazione neuro umorale delle vie aeree la resist. via aeree può essere
modificata da agenti:
• Nervosi la stimolazione delle FIBRE EFFERENTI VAGALI, ottenuta
direttamente o x via riflessa, provoca costrizione via aeree, con
conseguente ↑resist. via aeree.
La stimoalz. SIMPATICA, provoca il rilascio del neurotrasmettitore
postgangliare NA, inibendo la costrizione vie aeree.
• Umorali in risposta ad allergeni e virus, le cell. epiteliali presenti nelle vie
aeree, rilasciano agenti come: istamina – Ach – trombassano A2 – ecc;
essi agiscono sulla m.liscia, provocando costrizione e quindi ↑resist. via
aeree.

Diagramma FLUSSO-VOLUME
Dal diagramma F-V si rivela che il max flusso inspiratorio è identico al max flusso
espiratorio.
Max flusso inspiratorio (img.pag.498) I fattori responsabili del max flusso inspiratorio
sono 3:
• F generata dai m.inspiratori
• F retrazione dei polmoni, che si oppone alla F dei m.inspiratori e tende a ridurre
il max flusso inspiratorio.
• ↑V polmonare determina ↓resistenza vie aeree, in quanto aumenta il calibro di
queste vie.
Questi 3 fattori, combinati tra loro, fa si che il max flusso inspiratorio si verifichi a metà
strada della capacità vitale forzata.
Max flusso espiratorio (img.pag.499) il flusso max si verifica all’inizio della manovra
(primo 20%) x poi ridursi progressivamente, nonostante lo sforzo aumenti. Relazione
FLUSSO – SFORZO le fasi precoci dell’espirazione sono definiti come sforzo-dipendenti,
in quanto all’aumentare SFORZO aumenta il picco del FLUSSO ESPIRATORIO. La restante
parte dell’espirazione viene definita come sforzo-indipendente o flusso limitante, in
quanto, indipendentemente dallo sforzo, la velocità di flusso rimane sempre la stessa.
Questa limitazione del flusso si verifica quando le vie aeree, che sono condotti
distendibili, diventano compresse. Le vie aeree diventano compresse quando la P
all’esterno delle vie, supera la P al loro interno:
PRIMA ESPIRAZIONE la P alv e P vie aeree = 0, ciò è dovuto al fatto che non c’è flusso. La
Ppleurica è negativa e quella P transpolmonare è positiva, essa è responsabile del
mantenimento degli alveoli e condotti aerei pervi.
INIZIO ESPIRAZIONE i m.espiratori si contraggono, determinando un ↑Ppleurica e un
↑Palv. Quest’ultima aumenta in seguito a: ↑Ppleurica – P del ritorno elastico dei
polmoni. Poiché quindi la Palv supera la Patm, il gas fluisce dagli ALVEOLI BOCCA
quando la GLOTTIDE SI APRE…..non continuato.

LAVORO RESPIRATORIO

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Si intende la spesa energetica derivante dall’impiego dei m.respiratori x consentire la


respirazione. Il LAVORO è necessario x superare F retrazione elastica polmoni - R al
flusso – muovere polmoni e gabbia toracica. I m.resp., come tutti gli altri m.sch.,
possono affaticarsi e provocare insuff. respiratoria. L’affaticamento muscolare è la causa
più frequente di INSUFF.RESPIRATORIA.

VENTILAZIONE E PERFUSIONE

La VENTILAZIONE e PERFUSIONE sono importanti componenti dello scambio di gas che


avviene nei polmoni.
VENTILAZIONE
E’ il processo mediante il quale entra ed esce aria dai polmoni. Con il termine
ventilazione-min si intende il V aria che entra o esce dai polmoni ogni min (formula
pag.505).
Frequenza respiratoria - Respiri al minuto La frequenza respiratoria a riposo è di 12-16 atti al
minuto. Durante l'esercizio fisico strenuo tale frequenza può arrivare sino a 35-45 respiri al
minuto.
Ventilazione min = F RESP. x V CORRENTE
In adulto di taglia media V CORRENTE è di circa 0,5L.

Ventilazione alveolare
Il processo della respirazione è caratterizzato dall’aria che viene trasportata
dall’AMBIENTE ALVEOLI. L’aria proveniente dall’ambiente è costituita da una miscela di
gas: 78%N – 21%O – 0,9% Argon – 0,04% CO2 – ecc.
Nell’aria ambientale, i gas che la costituiscono seguono le LEGGI DEI GAS e le leggi più
importanti che governano l’aria ambientale e la ventilazione alveolare sono 3:
• Legge Boyle a temp. costante la P e il V del gas sono in relazione inversa.
• Legge Henry la CONCENTRAZIONE GAS disciolto in un liquido è proporzionale
alla sua Pparziale
• legge Dalton afferma che: quando due o più gas vengono mescolati in unico
recipiente, senza che tra essi avvenga alcuna reazione chimica, la Ptot
esercitata dalla miscela gassosa è uguale alla somma delle pressioni parziali
esercitate dai singoli componenti. Quindi se a livello del mare ho una
P=760mmHg, tale valore è dato dalla somma delle singole P parziali di ogni
componente che costituisce la miscela d’aria:
PN2 + PO2 + Pargon + Paltri gas = 760mmHg
La Pparz. di un gas è data dal prodotto tra FRAZIONE GAS NELLA MISCELA
GASSOSA (Fgas)
- P ambientale tot. (o P barometrica):
Pparziale gas= Fgas x Pbarometrica
Avendo a disposizione FO2= 0,21 e la Pbarometrica=760mmHg, possiamo sapere
qual è la PparzialeO2 159mmHg (calcolo pag.505).
Al momento che l’aria entra all’interno della bocca con l’inspirazione, avremo una
PparzialeO2 pari a quella ambientale 159mmHg.
Visto la formula sopra riportata x la Pparz., è evidente che la PparzialeO2
all’interno della bocca può essere modificata in 2 modi: modificando la FO2 o la

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Pbarometrica (es.pag.506).
Quando inizia la respirazione, i gasi ambientali si immettono nelle vie aeree dove
vengono umidificati e portati a temp. corporea. Diventano saturi di vapor acqueo (il gas
è saturo già a livello della trachea), il quale esercita una Pparziale = 47mmHg. Questa
Pparziale però, non va ad aggiungersi alla Pbarometrica, che all’interno delle vie aeree
rimane costante, ma va a diluire la P degli altri gas. Perciò avremo Pparziale dei gas che
compongono l’aria ambientale che risultano diminuiti, mentre la Pbarometrica rimane
costante (760mmHg). Le Pparz. dei vari gas, diminuite dall’umidificazione, rimangono
tali (costanti) nelle vie aeree fino a quando il gas giunge agli alveoli.

Composizione alveolare
Quando il gas inspirato raggiunge gli alveoli, l’O2 viene trasportato attraverso la memb.
alveolare e la CO2 passa dal letto capillare agli alveoli.
Alla fine dell’inspirazione con la glottide aperta, la Ptot nell’alveolo è uguale a quella
Patm (760mmHg). Tuttavia la composizione della miscela dei gas, si è modificata come
conseguenza dello scambio gassoso: ↓frazione O2 - ↑frazione CO2. A causa della
modificazione della frazione dei 2 gas, si modifica anche la loro Pparziale (in quanto
Pparz.= Frazione gas – Pbar).
La Pparz.O2 a livello alveolare, è data dall’equazione ideale dell’O2 alveolare (formula
pag.506), dove alla Pparz.O2 inspirato, si sottrae il rapporto tra Pparz.CO2 alveolare e
quoziente respiratorio (R).
La FRAZIONE CO2 ALVEOLARE è funzione della velocità della produzione CO2 durante il
metabolismo e dalla velocità con cui la CO2 viene eliminata dall’alveolo (ventilazione
alveolare):
VCO2= VA x FACO2
Da questa relazione, si nota come la FACO2 sia in relazione inversa rispetto alla
VENTILAZIONE ALVEOLARE: ↑ VA ↓ FACO2 e viceversa.

QUOZIENTE RESPIRATORIO METABOLICO (QR)


E’ il risultato del rapporto tra la quantità di anidride carbonica prodotta e quella di
ossigeno consumato QR= CO2 prodotta / O2 consumato.
A causa delle differenze chimiche che caratterizzano i diversi macronutrienti, la completa
metabolizzazione di grassi, proteine e carboidrati richiede quantità diverse di ossigeno,
incidendo anche sulla quantità di anidride carbonica prodotta. Per ogni macronutriente
si ha uno specifico QR.
Il quoziente respiratorio varia tra 0,7 – 1
QR carboidrati Per ossidare un generico esoso (carboidrato a sei atomi di carbonio
come il glucosio) occorreranno pertanto sei molecole di ossigeno (una x ogni carbonio),
con conseguente formazione di 6 molecole di anidride carbonica.
Il quoziente respiratorio dei carboidrati sarà pertanto uguale a: 6CO2 / 6O2 = 1,00
QR lipidi I lipidi si distinguono dai carboidrati per il minor contenuto di ossigeno in
proporzione al numero di atomi di idrogeno. Di conseguenza la loro ossidazione richiede
una quantità di ossigeno superiore.
Es. acido palmitico si formano 16 molecole di anidride carbonica ed acqua per 23
molecole di ossigeno consumate. C6H32O2 + 23 O2 → 16 CO2 + 16 H2O QR= 16 CO2 / 23 O2
= 0,696
Normalmente si attribuisce ai lipidi un quoziente respiratorio pari a 0,7, tenendo

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presente che tale valore oscilla da 0,69 a 0,73 in relazione alla lunghezza della catena
carboniosa che caratterizza l'acido grasso.

In condizioni normali si assume che il QR=0,8 significa quindi che la quantità O2


ASSUNTA, supera CO2 liberata dagli alveoli.

In condizioni di eser.fisico Tanto maggiore è lo sforzo fisico, maggiore sarà il QR, in


quanto viene prodotto acido lattico attivando diversi meccanismi metabolici (sistema
tampone, iperventilazione serie frequente di atti respiratori che non portano ad un
aumento massiccio di ossigeno bensì una riduzione notevole dell'anidride carbonica nel
sangue.) che determinano un aumento della produzione di CO2, indipendentemente
dall’ossidazione dei substrati. Aumentando il dato presente al numeratore (CO2) e
mantenendo costante il denominatore (O2) il quoziente respiratorio subisce un’
impennata.

Composizione del gas nel sangue arterioso


Nei soggetti normali, la Pparz.CO2 nel sangue arterioso è strettamente regolata, in
maniera da mantenere costante il suo valore (Pparz.CO2=PparzCO2 alveolare) (vedi
tab.pag.507).
Si possono avere variazioni della Pparz.CO2 nel sangue in situazioni di:
• ipoventilazione condizione nella quale c’è una inadeguata ventilazione
alveolare. Essendo la FRAZIONE CO2 legato in maniera direttamente
proporzionale alla Pparz.CO2 (Pparz.CO2= FCO2 x Pb – PparzH20), ed essendo la FRAZIONE
CO2 inversamente proporzionale alla VENTILAZIONE ALVEOLARE (formula
pag.506): ↓VA ↑FRAZIONE CO2 (e quindi ↑Pparz.CO2). Tale condizioni è
definita come IPERCAPNIA.
• Iperventilazione situazione contraria, che determina IPOCAPNIA.

Distribuzione ventilazione
La ventilazione nei polmoni non è distribuita in modo uniforme, in gran parte a causa
della gravità. In posizione ERETTA gli alveoli in prossimità dell’APICE dei polmoni sono
più espansi degli alveoli alla BASE. Questo avviene perché la Ppleurica è più bassa
all’APICE che alla BASE, in quanto il peso dei polmoni tende a spingerli in basso.

SPAZIO MORTO
Si differenzia:
• SPAZIO MORTO ANATOMICO è il volume di aria inspirata che non raggiunge gli
alveoli, ma rimane nelle vie aeree di conduzione (bocca, laringe, trachea,
bronchi fino agli alveoli esclusi). E' quel volume di aria che non partecipa agli
scambi gassosi. Nell’adulto è di circa 150 ml.
• SPAZIO MORTO FISIOLOGICO somma di spazio morto anatomico + spazio
morto alveolare (somma delle aree degli alveoli funzionalmente inattivi). Quindi
tiene in considerazione il volume totale di aria che non partecipa agli scambi
gassosi.

Lo spazio morto serve a scaldare e umidificare l'aria, prima che raggiunga gli alveoli, in modo da
non sottrarre loro calore e umidità.

PERFUSIONE
È il processo mediante il quale il SANGUE DEOSSIGENATO passa attraverso i polmoni e
viene OSSIGENATO.

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Circolazione polmonare
Inizia dall’ATRIO DX poi VENTRICO DX passando x valvola tricuspide viene pompato a
bassa pressione (9-24mmHg) nell’ARTERIA POLMONARE, la quale a 5cm dal ventricolo
dx si divide in ARTERIA DX – SX che vanno ad irrorare rispettivamente POLMONE DX –
SX. Le ARTERIE POLMONARI sono le uniche che trasportano sangue DEOSSIGENATO. Il
sangue prosegue poi in vasi con diametro sempre più piccolo, disposti a seguire le
ramificazioni delle vie aeree. Terminano in una fitta rete di capillari che circondano
l’ALVEOLO.
Le funzioni della circolazione polmonare sono:
• Ossigenare il sangue ed eliminare CO2
• Cooperare all’equilibrio idrico nei polmoni
• Distribuire i prodotti metabolici ai polmoni
L’ossigenazione dei globuli rossi, avviene nei capillari che circondano gli alveoli, dove i
capillari si fondono con la parete alveolare, costituendo una configurazione ottimale x
lo scambio di gas.
E’ stato stimato che in un adulto normale, in ogni momento, nella RETE ALVEOLO-
CAPILLARE siano presenti 75ml di sangue, e che possono aumentare del 50% (150-
200ml) in condizioni di esercizio fisico. Questo forte aumento è possibile in seguito ad
una caratteristica posseduta solo dai polmoni che consente aggiustamenti a condizioni di
stress (come es.esercizio fisico) e si tratta della possibilità di reclutare nuovi capillari in
seguito ad un ↑pressione e flusso.
Il sangue ossigenato lascia gli alveoli attraverso una rete di piccole venule polmonari,
che man a mano si fondono tra loro costituendo vasi sempre più grossi che terminano a
livello dell’ATRIO SX, dove il sangue viene riportato al cuore. La disposizione delle vene
polmonari, non segue quella delle vie aeree, ma decorrono lontane da esse.

Caratteristiche strutturali della circolazione polmonare – bronchiale


Struttura della circolazione polmonare caratteristiche delle arterie della circolazione
polmonare sono:
• pareti sottili con una minima quantità di m.liscio.
• ↑estendibilità (compliance 7 volte maggiore delle arterie circolo sist.), quindi
permettono di dilatarsi facilmente
• In condizioni normali i vasi arterioso polmonari sono dilatati e hanno diametro
maggiore delle arterie circolo sist.
Questi fattori contribuiscono a creare un sistema vascolare a BASSA RESISTENZA, che
facilita il flusso di sangue nel circolo polmonare, avviato dall’attività di pompaggio
meno vigorosa del VENTRICOLO DX. Questo sist. a bassa resist. e che richiede quindi
meno lavoro, spiega perché il ventricolo dx abbia una parete muscolare meno
sviluppata del sx. (diff.gradienti press. tra sist.polmonare – sistemica pag.511).

Struttura dei vasi alveolari ed extra-alveolari e microcircolazione polmonare in seguito


a proprietà fisiologiche diverse, i vasi della circolazione polmonare possono essere
suddivisi in 3 tipi:
• Extra-alveolari (arterie-arteriolo-vene-venule) sono più grossi dei vasi
circolaz.sist.. Il calibro di questi vasi sono influenzati da variazione Ppleurica –
Pinterstiziale, ma NON della Palveolare. Ciò significa che risentono di variazioni

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del V polmonare e F retrazione polmoni: ↑Vpolmonare ↓Ppleurica


vasodilatazione vasi / ↓Vpolmonare ↑Ppleurica vasocostrizione vasi.
• Alveolari (capillari) il loro calibro è sensibile a variazioni Palveolare, ma NON
Pinterstiziale o Ppleurica.
• Microcircolo è usato x descrive i piccoli vasi che partecipano allo scambio di
liquidi-soluto x mantenere l’equilibrio dei liquidi nel polmone.

Struttura della rete alveolo-capillare CAPILLARI-ALVEOLI sono separati da una sottile


barriera, costituita da cell.epiteliali dell’alveolo tipo I – cell.endoteliali dei capillari –
loro rispettiva memb.basali (img.pag.511). Circondato in gran parte da aria, la RETE
ALVEOLO-CAPILLARE crea un ambiente ideale x lo scambio gassoso. I GLOBULI ROSSI
passano in singola fila attraverso questa rete in meno di 1 sec, che è un tempo
sufficiente x permettere lo scambio O2-CO2.
Oltre ad assicurare lo scambio, la RETE funziona come regolatore dei liquidi nei
polmoni. A livello dei capillari polmonari, si ha un piccolo flusso di liquido dai VASI
SPAZIO INTERSTIZIALE. Questo LIQUIDO viene comunque rimosso dall’interstizio
polmonare, mediate il sist.linfatico x poi rientrare nel circolo attraverso la vena cava.
La presenza delle cell.epiteliali alveolari tipo I e II, stabiliscono una stretta barriera che
impedisce a qualsiasi liquido di entrare nello spazio aereo, in quanto altrimenti
interferirebbe con la diffusione dei gas.

Regolazione del flusso sanguigno


La BASSA RESIST. DEL CIRCOLO POLMONARE determina 2 caratteristiche uniche al
circolo polmonare, che consente di incrementare il flusso senza incremento P:
• In normali condizioni di riposo, non tutti i vasi disponibili sono impiegati. Ciò
permette il reclutamento di nuovi vasi in base a una necessità crescente
(es.durante eser.fisico) e con un incrmento min o nullo sulla Part polmonare.
• La distensibilità dei vasi del circolo polmonare consente a questi vasi di
incrementare il diametro x effetto di un min incremento della Part polm.,
provocando ↑flusso.
Fatto che influenzano RVP:
• V POLMONARE può influenzare la RVP durante inspirazione-espirazione: nel
primo caso, alla fine dell’inspirazione, le pareti alveolari distese dall’aria presente
all’interno, provoca compressione capillari alveolari ↑RVP. Viceversa in
condizioni di espirazione.
• livelli Pparz. dell’O2 possono esercitare effetti sul flusso sanguigno:
• ↓PO2 alveolare determina vasocostrizione locale dei piccoli vasi
sanguigni. L’obiettivo di questa vasocostrizione locale è quella di deviare
il flusso di sangue dalle AREE IPOSSICHE AREE NORMALI. È necessaria
che il 20% dei capillari siano in condizioni ipossiche x andare a provocare
effetti rilevati su RVP.
• ↑Po2 alveololare provoca invece vasodilatazione vasi polmonare,
determinando ↓RVP.
Un ulteriore gamma di fattori (alcuni ormonali) possono influenzare calibro vasi, ma ciò
avviene con effetti minimi.

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Influenza gravità su circolo polmonare il fatto che è un sist. a basse resist. lo mette in
condizioni di essere maggiormente soggetto agli effetti della F gravità, rispetto al circolo
sistemico. L’effetto della F gravitaz., contribuisce all’ineguale distribuzione del flusso
sanguigno nei polmoni. Nei sogg. in staz. eretta, in condizioni normali di riposo, il flusso
sanguigno aumenta dall’APICE polmoni BASE polmoni (qui il flusso è max). Allo stesso
tempo la Parteriosa polmonare sarà minore andando verso l’apice, rispetto alla base, in
quanto si và contro la F gravità, quindi la forza pressoria viene attenuta da quella
gravitazionale.
In condizioni di stress (es. eser. fisico) nel sogg. in posizione eretta, la differenza tra il
flusso sanguigno della regione apicale-basale del polmone diventa minore, soprattutto
perché la Part aumenta.

Effetti delle variazioni GC sullo scambio gassoso


La GC è l’unico fattore non respiratorio capace di modificare lo scambio gassoso: ↓GC
↓contenuto O2 e ↑CO2 nel sangue venoso misto - ↑GC effetti opposti.

TRASPORTO DI O2 e CO2

Per incrementare la captazione e il trasporto di O2-CO2 tra tessuti e polmoni, si sono


evoluti meccanismi specializzati di trasporto:
• Emoglobina che fissa O2
• HCO3- x trasporto CO2
Questi meccanismi rendono possibili la contemporanea assunzione O2 – eliminazione
CO2.

DIFFUSIONE DEI GAS


I sist. respiratorio e circolatorio possiedono diverse caratteristiche anatomiche e
fisiologiche che permettono di facilitare la diffusione dei gas:
• Ampie aeree di superficie con distanze di attraversamento brevi (barriera
alveolo-capillare e capillare-tessuto)
• Differenze di gradienti di Pparziale
• Gas con proprietà diffusionali vantaggiose
Lo scambio di O2-CO2 tra tess.-polmoni, dipende da LEGGI DELLA DIFFUSIONE DEI GAS.

Leggi diffusione dei gas


Il processo di diffusione dei gas è passivo, non richiede energia ed è simile nello stato
gassoso e liquido. I gas diffondono dalla REGIONE PRESSIONE PIU’ ELEVATA
REG.PRESSIONE MENO ELEVATA.
Legge di Fick ci spiega come la velocità diffusione dei gas attraverso una lamina di
tessuto, sia DIRETTAMENTE PROPORZ. all’A superficie tessuto – differenza
press.parziale del gas su ciascun lato del tessuto; e INVERSAMENTE PROPORZ.
spessore del tessuto (formula pag.524).
Legge di Graham la velocità di diffusione del gas attraverso un liquido è
DIRETT.PROPORZ. al coefficiente di solubilità gas.

Scambi di O2-CO2 limitata dalla PERFUSIONE


CO2 – O2 hanno una bassa solubilità nella memb. alveolo-capillare, ma hanno

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un’elevata solubilità nel sangue in quanto si legano con l’emoglobina. Nonostante la


loro bassa solubilità nella memb., questi gas superano la memb.alveolo-capillare più
velocemente della velocità impiegata dal globulo rosso x attraversare i capillari
polmonari. Ciò determina una condizioni di equilibrio tra gas presente nei capillari e
alveoli, che limita la diffusione dei gas LIMITAZIONE DALLA PERFUSIONE.
La CO2 ha una velocità di diffusione maggiore rispetto all’O2, ma questo vantaggio
viene compensato dal fatto che la CO2 ha un minor solubilità nella memb.-sangue,
determinando i medesimi tempi di raggiungimenti dell’equilibrio tra CO2 – O2.
La CO, al contrario della CO2-O2, nonostante presentano le stesse caratteristiche
diffusionali (↑solubilità sangue - ↓solubilità memb.), attraversano la memb. con una
bassa velocità x poi discogliersi subito nel sangue. Ciò non consente il raggiungimento di
uno stato di equilibrio tra gas alveolare-sangue durante il tempo in cui i globuli rossi
transitano attraverso il capillare alveolare LIMITAZIONE DA DIFFUSIONE (grafico
pag.525).

TRASPORTO O2
Trasporto di O2 nel sangue può avvenire in 2 forme:
• O2 si discioglie nel plasma piccola percentuale di O2 si discioglie. Il contributo di
questa modalità di trasporto è perciò insignificante.
• O2 si lega all’EMOGLOBINA meccanismo principale che permette di
incrementare il trasporto di O2 del sangue di circa 65 volte. L’emoglobina è una
proteina presente all’interno del globulo rosso e il legame Hgb – O2 forma
OSSIEMOGLOBINA (forma ossidata). L’Hgb non legata con O2 è
DEOSSIEMOGLOBINA (forma ridotta).
Emoglobina è una proteine con 2 principali componenti:
• 4 gruppi eme non proteici ciascun gruppo contiene Fe nella forma ridotta Fe3+
(ferrosa) che è la sede di legame dell’O2.
• Globina costituita da 4 catene polipetidiche che differiscono tra adulto –
bambini <1anno. La struttura presente nei bambini (Hgb fetale) aumenta la
affinità x O2 e ne facilita il trasporto attraverso la placenta.
Il legame dell’O2 all’Hgb provoca una modificazione delle proprietà di assorbimento di
luce dell’Hgb che è responsabile della variazione di colore tra sangue arterioso
ossigenato (rosso vivo) e sangue venoso deossigenato (rosso scuro, bluastro).
La FISSAZIONE-DISSOCIAZIONE dell’O2 dall’Hgb avviene in ms, un tempo ben adatto a
quello di transito dei globuli rossi nei capillari (75ms).
Per ogni globulo rosso ci sono circa 280milioni di molecole Hgb, e ciò permette un
efficiente meccanismo x il trasporto O2.
La MIOGLOBINA, presente nel tess.muscolare, è simile all’Hgb x struttura e funzione,
con la differenza che la mioglobina ha 1 sola sub unità di Hgb. La mioglobina facilità
trasferimento di O2 dal sangue alle cell.muscolare e lo immagazzina. Questo
meccanismo risulta importante quando l’apporto di O2 è inadeguato.
Anormalità di Hgb (anemia cell.falciformi) si hanno quando la sequenza o disposizione
spaziale delle catene polipeptidiche della globina sono alterate, provocando anomalie
della funzione dell’Hgb.
Composti come CO – NO – vari cianuri, possono ossidare ulteriormente il F3+ nella forma
Fe4+, modificando la capacità di legare O2.

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Curva di dissociazione dell’ossiemoglobina


Il legame Hgb – O2 è reversibile, consentendo all’Hgb di poter cedere O2 ai tessuti. La
relazione tra la concentrazione di O2 e la quantità di Hgb occupata è dimostrata dalla
CURVA DI DISSOCIAZIONE questa curva illustra la relazione tra Pparziale O2 - %siti di
legame x O2 occupati da molecole O2 (img.pag.527 e analisi pag.526). Un progressivo
aumento della saturazione Hgb al crescente valore di Pparz. O2 è dovuto al fatto che il
legame dell’O2 in ogni gruppo eme, aumenta l’affinità dell’Hgb a legare ulteriore O2.
Ogni molecola di Hgb, può legare al max 4 O2. Quando 3 dei 4 gruppi eme sono legati
all’O2, l’affinità del quarto gruppo eme a legare O2 è aumentata.

Fattori che influenzano la curva di dissociazione


Ci sono fattori che vanno ad influenzare il legame Hgb – O2, provocando una variazione
della CURVA DI DISSOCAZIONE, che potrà risultare più a dx o sx.
CURVA spostata a DX ↓affinità Hgb – O2, il che ↑dissociazione. Per una data Pparz.O2
si hanno livelli di saturazioni più bassi nella curva spostata verso dx, rispetto alle
condizioni normali.
CURVA spostata a SX ↑affinità Hgb – O2, in questa condizione dissociazione-cessione
O2 ai tessuti è inibita.
Tali effetti sono visibili x la parte ripida della curva, mentre nella porzione piatta gli
effetti dei fattori sono molto scarsi.
Questi fattori sono:
• pH e CO2 variaz. pH ematico provocano deviazioni curva dissociazione. La CO2
rilasciata dal metabolismo cellulare, va a legarsi con H2O formando H2CO3
(ac.carbonico), il quale essendo una sost.acida, tende a rilasciare H+ provocando
una ↓pH. Questa diminuzione pH provoca uno spostamento verso dx della
curva di dissociazione, favorendo il rilascio di O2 dall’Hgb e la conseguente
diffusione ai tessuti. Questo variazione della curva dovrebbe essere dovuto ad
una diminuzione pH e a un effetto diretto della CO2 sull’affinità Hgb x l’O2
effetto Bohr. Tale effetto quindi ↑cessione O2 ai tessuti - ↑assunzione O2 a
livello polmoni.
Quando il sangue passa attraverso i polmoni, libera CO2, determinando un ↑pH
con conseguente spostamento verso sx della curva.
↑temp.corporea provocano deviaz.curva dissociazine verso dx. Si verifica una
maggiore cessione di O2 ai tessuti. Ciò permette di soddisfare la maggiore
richiesta di O2 che si ha durante l’eser.fisico, condizione che determina aumento
temp.corporea.
↓ temp.corporea provocano deviaz.curva dissociazine verso sx. Quest’effetto è
particolarmente presente alle estremità coporee, dove la concentrazione di O2 è
normale ma il rilascio di O2 non è facilitato. Per questa ragione tali parti
esibiscono una colorazione bluastra con l’esposizione al freddo.
• 2,3-difosfoglicerato i globuli rossi maturi non possiedono mitocondri ed
utilizzano perciò il meccanismo anaerobico. Durante la glicolisi si forma una
grande quantità di 2,3-difosfoglicerato. L’affinità dell’Hgb x O2 si riduce
proporzionalmente all’incremento nel globulo rosso di 2,3-DPG, pertanto la
CURVA DISSOCIAZIONE si sposta verso dx. Tale diminuzione dell’affinità è dovuta

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all’effetto allosterico del 2,3-DPG che inibisce il legame del Hgb x l’O2.
Le condizioni che determinano ↑2,3-DPG sono ipossia, ecc.
• CO si lega al gruppo eme del Hgb, negli stessi siti in cui si lega O2, formando
carbossiemoglobina. Il CO ha un’affinità x l’Hgb 200 volte maggiore rispetto a
quello dell’O2 (grafico pag.528). Ciò comporta un effetto competitivo del CO nei
confronti del O2 x il legame con Hgb, tant’è che a bassissime Pco2 si ha già una
completa saturazione dell’Hgb, che è incapace di legare O2. Altro effetto che CO
determina, è quello di provocare una maggiore affinità dell’Hgb x l’O2, ciò
conduce ad una deviazione della CURVA DI DISSOCIAZIONE VERSO SX, il che
significa impedire ulteriormente la cessione di O2 ai tessuti.
Questa situazione non è compatibile con la vita, ed è ciò che accade nella morte
x avvelenamento da CO.
Il trattamento di soggetti con elevati livelli di CO, è quello di somministrare
elevate concentrazioni di O2 x rimuovere CO legato all’Hgb.

Cessione O2 ai tessuti dipende da diversi fattori: GC – contenuto di Hgb nel sangue –


capacità dei polmoni di ossigenare sangue.
Non tutto l’O2 trasportato nel sangue viene scaricato a livello dei tessuti. L’O2
effettivamente estratto è possibile determinarlo attraverso: GC x Δ(a-v) consumo O2.

Ipossia tissutale si riferisce ad una condizione in cui O2 disponibile x le cellule è


insufficiente a mantenere un metabolismo aerobico a un livello adeguato allo
svolgimento delle normali att.cellulari. Viene quindi stimolato il metabolismo
ANAEROBICO che comporta la generazione di ↑lattato - ↑H + formazione AC.LATTICO. Il
risultato è una ↓pH ematico.
In casi di ipossia grave, le estremità coroporee, iniziano a diventare cianotiche
(colorazione blu-grigia) a causa della mancanza di Hgb ossigenata e un aumento Hgb
deossigenata.
Eritropoiesi L’ossigenazione dei tessuti dipende direttamente dalla concentrazione Hgb
e quindi dal num. globuli rossi disponibili nella circolazione. La produzione di globuli
rossi (eritropoiesi) nel midollo osseo è controllata dall’ormone eritropoietina,
sintetizzato dalla coticale del rene. In condizioni normali, la concentrazione di Hgb è
stabile, ma in condizioni di ridotta cessione O2 ai tessuti – ridotta concentrazione Hgb,
le cell.della corticale sono stimolate a produrre eritropoietina ↑globuli rossi.
La carenza di eritropoietina, sviluppa anemia con↓concentrazione Hgb.

TRASPORTO CO2
Il meccanismo di trasporto predominante della CO2 è sottoforma di bicarbonato (HCO3-)
all’interno dei globuli rossi. La CO2 viene trasportata anche nel plasma, dove si discioglie
legando alle PROT.PLASMATICHE e EMOGLOBINA.
All’interno dei globuli rossi, la CO2 subisce una reazione ad opera della anidrasi
carbonica, trasformandosi in AC.CARBONICO (H2CO3), dal quale poi si genera HCO3-
(ione bicarbonato) x liberazione di H+:
CO2 + H2O H2CO3 H+ + HCO3-
Una volta formato all’interno del globulo rosso, l’HCO3- diffonde fuori dalla cellula in
cambio di Cl- scambio dei cloruri.

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Questa reazione è REVERSIBILE e può essere deviata verso dx x generare PIU’


BICARBONATO (HCO3-) quando la CO2 entra nel sangue dai tess., e verso sx quando la
CO2 viene espulsa dai polmoni.
Gli ioni H+ liberati, vengono rapidamente tamponati all’interno dei globuli rossi,
legando all’Hgb. Tale tamponamento è fondamentale x mantenere la reaz. in direzione
della formazione di HCO3-. Al contrario, elevati livelli H+ liberi, spingono la reaz. in
direzione opposta.

Regolazione della concentrazione pH


Il pH ematico nell’adulto si aggira tra 7,35 e 7,45, e viene mantenuto a questi livello dal
polmone – rene – vari sist. tampone distribuiti nei distretti corporei.
Nel sist. respiratorio il principale meccanismo che permette di regolare il pH è provocato
dalla conversione CO2 HCO3-
Variazioni della Pparziale alveolare della CO2, provoca modifiche della concentrazione
di HCO3-.
Tale variazioni della Pparz.CO2 possono essere dovute a situazioni di:
IPERVENTILAZIONE ACUTA (in seguito es. ad esercizio aerobico o stati ansiosi)
determina una ↓Pco2 con conseguente ↓HCO3- e ↑pH (ALCALOSI RESPIRATORIA). In
situazioni di elevata att.fisica quando il sist. aerobico non è in grado di supportare i livelli
di intensità, si tende ad una ACIDOSI, in seguito all’IPOVENTILAZIONE e all’↑ac.lattico.
IPOVENTILAZIONE determina un ↑Pco2 con conseguente ↑HCO3- e ↓pH (ACIDOSI
RESPIRATORIA).
Il pH viene definito mediante l’equazinoe di Henderson-Hasselbalch: pH= pK+
log[A-]/[HA]. Adattata al sist. respiratorio x calcolare quanto le variazioni della CO2 e
HCO3- alterano il pH ematico formula pag.531.
Curva di dissociazione CO2
La curva dissociazione CO2 del sangue è lineare ed è in relazione diretta con la PCO2.
Il legame dell’O2 all’Hgb, svolge effetti importanti sulla curva dissociazione CO2. Anche
se O2 e CO2 si legano a siti diversi dell’Hgb: l’Hgb DEOSSIGENATA ha un’affinità x CO2
maggiore della Hgb ossigenata. Pertanto, il SANGUE DEOSSIGENATO (venoso) assume
liberamente e trasporta più CO2 del sangue arterioso ossigenato. Inoltre Hgb
DEOSSIGENATA, lega più facilmente H+ liberi rilasciati durante la formazione di HCO3 -.

CONTROLLO DELLA RESPIRAZIONE

Possiamo respirare senza pensare, ma possiamo volontariamente modificare il nostro


rimo respiratorio e anche sospenderlo. Il controllo respirazione – genesi respirazione
resp.ritmica, sono dovuti ai centri respiratori che hanno sede nel TE e alla loro
modificazione da parte di afferenze originate dai centri cerebrali superiori e
rec.sistemici. Lo scopo della resp. da un punto di vista MECCANICO è minimizzare il
lavoro; da un punto di vista FISIOLOGICO è di mantenere costati i gas del sangue (in
modo specifico regolazione della P arteriosa CO2. Altro scopo è mantenere l’equilibrio
acido-base nell’ambiente cerebrale.

CONTROLLO DELLA VENTILAZIONE


Ci sono 4 principali siti x il controllo ventilazione:

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• Centro di controllo respiratorio è localizzato nel TE a livello del bulbo. È


costituito da alcuni differenti nuclei che generano e modificano il ritmo
ventilatorio di base. Il centro include 2 parti principali:
• Generatore del ritmo ventilatorio stabilisce il ritmo normali. Sono
coinvolti 2 distinti nuclei bulbari: GRUPPO RESP. DORSALE (GRD) –
GRUPPO RESP.VENTRALE.
I neuroni che costituiscono questi nuclei sembrano avere la possibilità di
essere inibitori o eccitatori.
• Integratore elabora le afferenze derivanti da centri cerebrali superiore
(ipotalamo - corteccia cerebrale – amigdala – sist.limbico – cervelletto) e
chemocettori (centrali-periferici).
A livello di questo CENTRO, l’INSPIRAZIONE – ESPIRAZIONE coinvolgono 3 fasi:
• Inspirazione inizia con un improvviso incremento scarica di alcune cell.
dei nuclei del generatore ritmo ventilatorio, poi tale freq. di scarica si
imposta come andamento a gradini x tutta la fase di inspirazione. Questo
comporta una contrazione progressiva m.resp. durante la
respi.automatica. Alla fine dell’inspiraz., un evento a interruttore (off-
switch) induce una marcata riduzione freq.scariche neuronali e inizia
ESPIRAZIONE.
• Espirazione (fase 1)
• Espirazione (fase 2)
La RESP.RITMICA dipende da un’azione intermittente tra il TONO INSPIRATORIO
(che nasce dal GRD) e INPUT ESPIRATORIO (proveniente cervello, talamo,
n.cranici, tratti ascendenti MS).
• Chemocettori centrali presenti nel SNC localizzati sulla superficie ventero-
laterale bulbo. Rilevano variazioni Pco2 e pH liquidi interstiziale del bulbo e
modulano ventilazione. Poiché il liquido interstiziale è in contatto con il
LIQ.CEREBRO SPINALIE (LCS), variazioni del pH del LCS modificano la
ventilazione agendo su questi chemocettori.
Visto questo contatto, il LCS sarà influenzato dall’att.metabolica delle cell.
circostanti e dalla composizione del sangue. Nonostate ciò, la composizione del
LCS è diversa da quella del sangue e ciò è dovuto alla BARRIERA EMATO-
ENCEFALICA la quale è relativamente impermeabile H+ - HCO3-, ma molto
permeabile alla CO2. Di conseguenza, la PCO2(LCS)= PCO2(SANGUE). La CO2 viene inoltre
prodotta dal metabolismo cell.cerebrali, di conseguenza la PCO2 nel LCS è
sempre più elevata (di qualche mmHg) di quella del sangue arterioso e il pH LCS
è lievemente più acido di quello del plasma.
• Chemocettori periferici sono cell.specializzate localizzate nell’arco aorta e alla
biforcazione dell’arteria carotide interna ed esterna. Sono sensibili alla PO2 – PCO2
e pH sangue arterioso e inviano info ai centri integrativi di controllo del bulbo
attraverso n.vaghi e n.seno carotideo (branche n.glossofaringei).
Incrementi della scarica dei chemocettori si hanno quando la Po2 si riduce
lievemente.
• Meccanocettori polmonari diversi RIFLESSI che originano dalla PARETE
TORACICA – POLMONI modificano la ventilazione e ritmo ventilatorio.
Riflesso inibito-inspiratorio di Hering-Breuer viene attivano x stimolazione

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meccanocettori sensibili agli ↑V polmonare. In particolar modo questo riflesso


viene attivato dalla distensione dei polmoni, provocando una cessazione
inspirazione x attivazione neuroni bulbari off-switch, si provoca così
un’espirazione precoce. Questo riflesso è inattivo durante la resp.tranquilla.
Riflesso da immersione determinato da stimolazione rec.faccia – naso con
acqua fredda. Quando viene attivato si verifica cessazione resp. (apnea). Questo
riflesso protegge gli individui dall’aspirazione acqua nelle fasi iniziali
annegamento.
Respirazione automatica è determinata dall’uscita dal CENTRO DI CONTROLLO RESP.
(TRATTO VENTERO-LATERALE) la quale è diretta i motoneuroni che andranno a loro
volta ad innervare i m.respiratori. I motoneuroni responsabili della resp. sono situati
nelle corna anteriori del MS (il diaframma è innervato dai n.frenici, i cui neuroni sono
situati nella regione cervicale MS).
Respirazione volontaria in questo caso viene cortocircuita il CENTRO DI CONTROLLO
RESP. DEL BULBO. Il comando proviene dalla CORTECCIA MOTORIA e passa ai
MOTONEURONI SPINALI attraverso i TRATTI CORTICOSPINALI.
I m.resp. sono perciò raggiunti da 2 sistemi di controllo della resp., VOLONTARIO
(TRATTO CORTICOSPINALE) – AUTOMATICO (TRATTO VENTERO-LATERALE). Il controllo
VOLONTARIO compete con quello AUTOMATICO a livello dei MOTONEURONI SPINALI
(es.pag.533).
Ci sono anche motoneuroni che innervano i m.vie aeree superiori attraverso i n.cranici.
Questi motoneuroni sono localizzati nel bulbo in prossimità CENTRO DI CONTROLLO
RESP. Quando vengono attivati, dilatano la faringe e le grosse vie aeree.

La vetilazione è regolata dai livello PCO2 – PO2 – pH sangue arterioso


Il più importante di questi fattori è la PCO2. Sia la VELOCITA’ – PROFONDITA’ del respiro
sono regolate x mantenere PCO2 prossima a 40mmHg (grafico pag.534).
Variazioni della P parziale arteriosa della CO2 vengono rilevate dai CHEMOCETTORI
CENTRALI – PERIFERICI che trasmettono l’info ai CENTRI DI CONTROLLO RESP., i quali
cercano di mantenere la P parziale arteriosa CO2 entro certi limiti. Questo
mantenimento viene fatto attraverso variazioni della VENTILAZIONE: ↑Palveolare CO2
↑VENTILAZIONE. Si ha un aumento della ventilazione x contrastare l’aumento della
CO2 (iperventilazione determina lo spostamento della reaz. verso sx). L’effetto di
iperventilazione tende ad essere amplificato quando, ad un aumento Pparz.CO2
(ipercapnia), si somma una situazione di bassa Pparz. O2 (asfissia). Ciò è dovuto ad una
maggiore stimolazione dei chemocettori che portano ad un aumento della ventilazione.
La risp.ventilatoria alle variazioni di PCO2 può essere ridotta da alcuni farmaci (morfina,
anestetici, ecc) che deprimo il centro resp. e riducono la risp.ventilatoria alla CO2 e O2.

ESERCIZIO
La capacità di eseguire att.fisica dipende dalla CAPACITA’ SIST.CARDIACO e
RESPIRATORIO di incrementare trasferimento O2 ai TESSUTI – rimuovere CO2
dall’organismo.
Dal punto di vista del sist. resp., quando l’esercizio inizia, la VENTILAZIONE incrementa
immediatamente, di pari passo incrementa il CONSUMO O2 e la produzione CO2.
Durante l’eser. che va da lieve a moderato e poi massimale, non si notano modifiche

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significative del pH – LATTATO – Pparz. O2 – Pparz.CO2, mentre la VENTILAZIONE –


CONSUMO O2 aumentano linearmente e proporzionalmente con l’aumentare intensità
(grafico pag.540).
Dal momento che si arriva alla SOGLIA ANAEROBICA si assiste ad importanti modifiche
a livello del LATTATO che aumenta, provocando ↓pH ACIDOSI METABOLICA. Per
contrastare questa acidosi, il sist. respiratorio mette in atto una IPERVENTILAZIONE, che
determina un forte incremento CONSUMO O2 (con ↑Pparz.O2) e una ↓Pparz.CO2
(grafico pag.540).

RENI

I RENI sono più ORGANI DI REGOLAZIONE che di ESCREZIONE. Tuttavia la funzione


ESCRETORIA è importante x permettere di svolgere l’att.di regolazione.
RENI come ORGANI DI REGOLAZIONE, regolano:
• Osmolalità liquidi corporei è importante x mantenere il normale volume
cellulare in tutti i tessuti dell’organismo.
• V liquidi corporei il controllo V liquidi corporei è importante x corretta funzione
sist.cardiovascolare.
• Bilancio elettroliti (Na+ - K+ - Cl- - HCO3- - H+ - Ca2+ - Pi) x mantenere bilancio
appropriato, ESCREZIONE – ASSUNZIONE GIORNALIERA elettroliti, deve essere in
equilibrio. Per molti di questi elettroliti, il rene rappresenta la sola e
fondamentale via di escrezione.
• Equilibrio acido-base azione coordinata con polmone.
RENI come ORGANI DI ESCREZIONE determinano l’escrezione di prodotti del
metabolismo che non sono più utili: UREA – AC.URICO – CREATININA – prodotto
terminali metabolismo Hgb – metaboliti ormoni. I reni eliminano queste sostanze a una
velocità commisurata alla loro produzione. I reni eliminano anche pesticidi, farmaci,
ecc.
RENI come ORGANI ENDOCRINI producono:
• CALCITRIOLO metabolita VITAMINA D3, è necessario x il normale assorbimento
Ca2+ a livello intestinale e x deposizione ossea Ca2+
• RENINA attiva sist. RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE, che svolge funzioni
nella regolazione PA e equilibrio Na+-K+.
• ERITROPOIETINA stimola formazione globuli rossi nel midollo osseo.

ANATOMIA FUNZIONALE RENI


Sono organi retro peritoneali, presentano una caratteristica forma a fagiolo e sono
situati nella parte superiore e posteriore della cavità addominale al di sotto del
DIAFRAMMA e lateralmente alla colonna vertebrale in uno spazio chiamato loggia
renale. Il RENE DX è posizionato leggermente + in basso rispetto al sinistro, in quanto
influenzato dalla presenza del fegato.
Conformazione interna all’interno del RENE possiamo riscontrare una:
• ZONA CORTICALE: in questa zona sono presenti tubuli renali convoluti e tubulari

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contorti del NEFRONE.


• ZONA MIDOLLARE: ha una forma piramidale e ogni zona è divisa dalla presenza
di colonne renali, cioè prolungamenti della CORTICALE. Presentano una serie di
formazioni tubulari epiteliali (anse di Henle, dotti collettori e dotti papillari) e
vascolari (vene rette).
Il parenchima del rene viene suddiviso in:
• LOBI: porzione di parenchima che comprende un’intera piramide midollare, una
parte delle colonne renali adiacenti e tutta la zona corticale sopra la piramide.
L’APICE PIRAMIDE presenta estroflessioni coniche (PAPILLE RENALI). Queste
papille presentano molte piccole aperture da cui gocciola l’urina la quale viene
immessa nei CALICI RENALI MINORI (collegate alla papilla), che poi confluiranno
in CALICI MAGGIORI. Questi calici rappresentano le ramificazioni del BACINETTO
RENALE (PELVI RENALI: formazione dilatata e ramificata) nel quale confluirà
l’urina che poi seguiterà nell’URETERE.
• LOBULI RENALI: porzione del LOBO RENALE che comprende un singolo raggio
midollare con tutta la corticale adiacente.
Tale suddivisione in LOBI e LOBULI ha un riscontro funzionale x quanto riguarda la
vascolarizzazione renale.
Il parenchima è costituito da circa 1 milione di unità funzionali, il NEFRONE.

Vascolarizzazione RENE la VASCOLARIZZAZIONE ARTERIOSA del rene è assicurata in


seguito alla presenza dell’ ARTERIA RENALE, la quale entra attraverso l’ilo e si divide in 5
ARTERIE SEGMENTALI che dividono il rene in 5 zone vascolarizzate in modo
indipendente tra loro.
Dalle ARTERIE SEGMENTALI nascono le ARTERIE INTERLOBARI che decorrono lungo la
piramide midollare andando a costituire prima le ARTERIE ARCIFORMI che decorrono
alla BASE della piramide, e poi le ARTERIE INTERLOBULARI che invece si dirigono verso la
superficie della CORTICALE. Le ARTERIE INTERLOBULARI, a loro volta danno origine alle
ARTERIE GLOMERULARI AFFERENTI che si capillarizzano e vanno a costituire i GLOMULI
RENALI, dai quali si originano le ARTERIOLE GLOMERULARI EFFERENTI. Queste arteriole
andranno poi a capillarizzarsi attorno ai TUBULI RENALI dando origine ai CAPILLARI
PERITUBULARI e ai VASI RETTI SPURI.
ARTERIE RENALI 5 ARTERIE SEGMENTALI INTERLOBARI ARCIFORMI INTERLOBULARI
GLOMERULARI AFFERENTI ARTERIE GLOMERULARI EFFERENTI CAPILLARI
PERITUBOLARI/VASI RETTI SPURI
Per quanto riguarda la VASCOLARIZZAZIONE VENOSA, dai CAPILLARI PERITUBULARI,
hanno inizio le VENE DI DRENAGGIO (interlobulari-arciformi-interlobari-renali) che
andranno poi a sboccare nella VENA CAVA INFERIORE.
CAPILLARI PERITUBOLARI INTERLOBULARI ARCIFORMI INTERLOBARI RENALI

NEFRONE
È l’unità funzionale del rene ed è costituito da:
• CORPUSCOLO RENALE DI MALPIGHI: svolgono il ruolo di ultrafiltrazione filtrando
il sangue, il prodotto di questa filtrazione è la preurina (nelle 24 ore si
estraggono dal sangue circa 160-180 L di preurina). Tali corpuscoli sono
formazioni sferoidali che possono trovarsi nella corticale del rene e nelle colonne
renali, e sono composti da 3 elementi:
• Gomitolo di capillari: i capillari presenti all’interno del glomerulo, avvolti
a gomitolo, presentano un endotelio fenestrato e le varie anse sono unite
tra loro da capillari a ponte.
• Capsula di Bowman: formazione sferica in cui si distinguono 2 poli:
• Polo arterioso: punto della capsula in cui entra l’arteria
glomerulare AFFERENTE e dove esce l’arteria glomerulare

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EFFERENTE.
• Polo urinifero: è il punto in cui inizia il tubulo renale, dove quindi
esce il plasma ultra filtrato.
Tale capsula è costituita da 2 foglietti: quello più esterno è un epitelio
pavimentoso semplice, che a livello del POLO ARTERIOSO va a costituire il
foglietto interno, foglietto viscerale formato da cellule chiamate podociti,
in grado di cambiare forma e funzione. Queste cellule sono inoltre dotate
di prolungamenti che terminano sulla parete dei CAPILLARI GLOMURALI,
chiamati pedicelli. Tra un pedicello e l’altro è presente uno spazio chiuso
dalla presenza di un sottile diaframma (vedi img.pag.259).
Podociti e cellule endoteliali dei capillari hanno ognuno una propria
lamina, che però si fondono a costituirne un’unica lamina densa che
rappresenta un importante elemento di filtro renale.
• Glomerulo renale: rappresenta l’insieme dei capillari glomerulari che
collegano l’arteriola efferente con quella afferente.
Nel corpuscolo avviene l’ULTRAFILTRAZIONE si intende il passaggio di sangue
dal CAPILLARE GLOMERULARE all’interno della CAMERA GLOMERULARE,
attraverso filtri:
• Fenestrature dell’endotelio glomerulare
• Lamina densa
• Fessure di filtrazione, si intendono i punti di contatto dei pedicelli con la
lamina basale, separati da un sottile diaframma.
Questi filtri renali, possono essere superati da ioni e molecole con dimensioni
inferiori a 7nm e con PM minore a 40.000 Da (glucosio, aa, piccoli peptidi,ecc).
Il passaggio dal CAPILLARE CAMERA GLOMERULARE (SPAZIO BOWMAN) avviene
x formazione di un gradiente pressorio tra i 2 ambienti. All’interno del CAPILLARE
la pressione è più elevata rispetto a quella della CAMERA e ciò è possibile in
seguito alla differenza di calibro tra l’ARTERIOLA AFFERENTE (maggiore) e
l’ARTERIOLA EFFERENTE (minore).
Molecole più grosse, come la maggior parte delle PROTEINE PLASMATICHE non
supera il filtro, rimanendo nel circolo sanguigno e venendo espulso dal
GLOMERULO RENALE attraverso l’ARTERIOLA EFFERENTE, di conseguenza dopo
l’ultrafiltrazione il liquido all’interno delle ARTERIOLE può contenere solo tracce
di proteine.
Può capitare che piccoli peptidi passino all’interno della CAMERA x poi venire
immessi nuovamente nel circolo sanguigno in seguito alla presenza di capillari
intorno ai TUBULI RENALI (es.albumina). Oppure può accadere che alcune
proteine rimanghino incastrate nella lamina basale, a questo punto intervengono
le cellule del mesangio intraglomerulare che svolgendo una funzione fagocitaria,
ripuliscono il filtro.
• TUBULI RENALI: l’ultrafiltrato passa poi dal CORPUSCOLO ai TUBULI RENALI,
dove gran parte degli elettroliti e dell’acqua viene in gran parte riassorbita e
riportata al sangue (circa il 99%) la restante parte (1%) viene eliminata
sottoforma di urina.
All’interno dei TUBULI avvengono le altre 2 funzioni di assorbimento (senza
riassorbimento di liquidi da parte del rene la diuresi sarebbe pari a 180 L al giorno.
Naturalmente il corpo non può permettersi di sprecare un elemento così prezioso, quindi
riassorbe la stragrande maggioranza del filtrato glomerulare e dei nutrienti in esso
contenuti)e secrezione e queste funzioni vengono svolte dalle 3 porzioni in cui il
TUBULO è suddiviso:
tubulo contorto prossimale ansa di Henle tubulo contorto distale
Il tubulo contorto distale prende poi contatto con l’ARTERIOLA AFFERENTE del
PROPRIO CORPUSCOLO DI MALPIGHI e prosegue poi (assieme ai tubuli di altri
nefroni) nel DOTTO COLLETTORE (si è calcolato che la lunghezza totale dei

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nefroni dei 2 reni supera i 50km).


• Tubulo contorto prossimale: l’epitelio di questo tubulo è un epitelio
cilindrico semplice, dotato di molti microvilli diretti verso il lume e di
numerosi mitocondri allungati presenti nella parte basale della cellula.
In questa porzione del tubulo viene svolta la funzione di assorbimento
attivo di glucosio, acqua, ioni bicarbonato, proteine a basso PM, ecc,
diminuendo del 65% il volume dell’ultrafiltrato.
L’elevato consumo di energia che il trasporto richiede, spiega la presenza
di numerosi mitocondri mentre la presenza dei microvilli permette di
incrementare la superficie assorbente.
• Anse di Henle: presenta un primo tratto discendente (costituito da cellule
piatte) verso la midollare, nella quale può entrare più o meno
profondamente, è permeabile all’acqua e ai soluti. Questo tratto poi è
seguito da un ansa a U, x poi continuare con il tratto ascendente il quale
non permette all’acqua di fuoriuscire ma fuoriescono solo soluti.
• Tubulo contorto distale: questa porzione presente un epitelio
isoprismatico con cellule provviste di corti microvilli e numerosi
mitocondri. Continua il riassorbimento attivo di Na+ e di acqua. Inoltre in
questo segmento si trova l’apparato iuxtaglomerulare il quale è in stretto
contatto con il POLO VASCOLARE del corpuscolo.
APPARATO IUXTAGLOMERUALRE (img.pag.261) è un insieme di
formazioni situate in vicinanza del POLO ARTERIOSO del CORPUSCOLE DEL
MALPIGHI. La sua particolare posizione gli consente di regolare la
pressione sanguigna all’interno del glomerulo assicurando una normale
ultrafiltrazione.
È costituito da:
• Cellule iuxtaglomerulari: localizzati nella parete dell’ARTERIOLA
AFFERENTE a contatto con le cellule della MACULA DENSA.
Queste cellule sono meccanocettori sensibili alla pressione del
sangue che scorre nell’ARTERIA AFFERENTE (nell’arteriola AFFERENTE
la pressione è maggiore in seguito ad una maggior calibro rispetto
all’arteriole EFFERENTE. I capillari attorno ai tubuli renali che vengono
forniti dall’arteriole EFFERENTE hanno una pressione minore rispetto a
quella presente nei capillari del glomerulo. Questa bassa pressione
favorisce il drenaggio del liquido dai tubuli ai capillari.) in cui sono
localizzate. In seguito a un abbassamento di pressione viene rilasciato
l’enzima RENINA, il quale trasforma l’ANGIOTENSINOGENO in
ANGIOTENSINA I che a sua volta vie trasformata in ANGIOTENSINA II
(vedi CORTICALE SURRENE) da un enzima di conversione presente
nell’endotelio polmonare. L’ANGIOTENSINA II provoca vasocostrizione
delle arteriole e attiva la produzione e rilascio di ALDOSTERONE, che
induce un riassorbimento di Na e H2O a livello dei tubuli distali. Come
risultato finale si ha un aumento notevole, ma transitorio, della
pressione e un aumento di assorbimento di Na (in seguito a
costrizione delle arteriole).
• Cellule della MACULA DENSA: presenti nella parete del TUBULO
CONTORTO DISTALE. Queste cellule sono osmocettori, sensibili alla
variazione della concentrazione di Na+ all’interno del tubulo. Una
diminuzione della pressione arteriosa provoca una minor produzione
di ultrafiltrato, determinando una minore concentrazione di Na+. In
seguito a questa minor concentrazione le cellule della macula densa
inducono il rilascio di RENINA presso le CELLULE IUXTAGLOMERULARI
determinando un aumento di pressione.
• Cellule del MESANGIO EXTRAGLOMERULARE: tali cellule si trovano in

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continuazione con quelle del MESANGIO INTRAGLOMERULARE e sono


localizzate nell’angolo formato da dall’ARTERIOLA AFFERENTE e
EFFERENTE (vedi img.pag.259-261).
• Dotto collettori: i TUBULI DISTALI continuano poi con il DOTTO
COLLETTORE costituito da un epitelio cubico che in assenza di
stimolazione ormonale è IMPERMEABILE ALL’ACQUA (che quindi non
esce dal DOTTO). In seguito però al rilascio della vasopressina, ormone
antidiuretico, i DOTTI COLLETTORI diventano permeabili all’acqua che
quindi esce dai tubuli in quanto attratta dall’IPEROSMOLARITA’
dell’interstizio, creata dal TUBULO DISTALE. (Il 90% di quanto assorbito è
indipendente dagli ormoni (avviene per ragioni osmotiche, legate al
riassorbimento del sodio), mentre la percentuale riassorbibile dei rimanenti 18
litri viene regolata a livello endocrino. In particolare, l'ormone regolatore della
diuresi per eccellenza è noto come vasopressina, ADH od ormone antidiuretico).
Nel sistema dei dotti collettori si verifica quindi una cessione d’acqua non
accompagnata da Na che rimane nel tubulo.
Un’insieme di DOTTI COLLETTORI formano dotti papillari di Bellini, i quali
trasporteranno l’urina nei CALICI e PELVI RENALI.

ANALISI FUNZIONE RENALE


L’azione coordinata delle componenti nefrone (CORPUSCOLO RENALE – TUBULO
PROSSIMALE – ANSA HENLE – TUBULO DISTALE – DOTTO COLELTTORE), permettono di
espletare funzioni di:
• Ultrafiltrazione glomerulare produzione attraverso il GLOMERULO di ultra
filtrato del plasma (prodotto da filtrazione del plasma)
• Riassorbimento sostanza dal liquido tubulare sangue assorbimento della parte
filtrata
• Secrezione tubulare secrezione dei cataboliti (prodotti tossici della filtrazione)
dal sangue ai tubuli (in alcuni casi).
Gli indici che permettono di misurare la FUNZIONE RENALE sono:
• Clearance renale velocità con cui il rene rimuove una sostanza X dal plasma. In
particolar modo esprime un Vol/T e rappresenta cioè il volume plasma da cui
tutta la sostanza considerata è stata rimossa e poi escreta nelle urine nell’unità
di tempo (es.ogni min viene completamente eliminata la sostanza x da 100ml
plasma).
• Velocità di filtrazione glomerulare (VFG) è data dalla somma VEL. FILTRAZIONE
DI TUTTI I NEFRONI FUNZIONATI. ↓VFG la malattia sta progredendo - ↑VFG la
malattia sta guarendo.
Per poter misurare la VFG si usa un prodotto del metabolismo della CREATINA
MUSCOLARE. Questa sost. filtra liberamente a livello del glomerulo renale e
non viene né secreta, né riassorbita dalle cell.nefrone. Ne consegue che la
quantità di CREATININA escreta nelle urine ad ogni min = quantità filtrata in ogni
min.
La VFG viene calcolata, calcolando la clearance della creatinina.
Si noti che non tutta la creatinina trasporta al rene attraverso l’arteria renale
viene filtrata dai glomeruli, così come non viene filtrato tutto il plasma che
passa nei glomeruli. Infatti solo un 15-20% del plasma che passa viene filtrato, il
restante torna nella circolazione sist.

FILTRAZIONE GLOMERULARE
La prima fase di formazione delle urine è l’ULTRAFILTRATO, ottenuto dal plasma da parte
del glomerulo. Nelle 24 ore viene ad essere filtrato a livello dei glomeruli un V plasma
circa 180L.
ULTRAFILTRATO è privo di cellule (globuli rossi, bianchi, piastrine) e praticamente privo

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di proteine. La concentrazione Sali – molecole organiche (aa, glucosio,ecc) presenti


nell’ultrafiltrato, sono pressoché simili a quelle presenti nel plasma.

Fattori che determinano la composizione dell’ULTRAFILTRATO


La filtrazione delle sostanze che possono superare la barriera di ultrafiltrazione
glomerulare, avviene in base:
• DIMENSIONI sost. molecole con: raggio<20A ..> filtrano liberamente –
raggio>45A non passano – raggio tra 20 e 45 ..> filtrano in vario grado.
• CARICA ELETTRICA si ha una filtrazione ridotta x sostanze che presentano
cariche negative. Ciò è dovuto al fatto che sono presenti glicoproteine cariche
negativamente, localizzate sulla superficie di tutte le componenti glomerulari
che costituiscono la barriera di filtrazione. Queste glicoproteine respingono le
molecole con la stessa carica, perciò quelle molecole cariche negativamente che
presentano raggio compreso 20-45A sono fortemente limitate nella filtrazione.

Dinamica dell’ultrafiltrazione
Le F responsabili della filtrazione glomerulare sono lo stesse che provvedono allo
scambio di liquido attraverso i capillari. Queste F sono la P idrostatica – P oncotica (F
Starling), esse promuovono il passaggio di liquido dal LUME CAPILLARI GLOMERULARI
SPAZIO BOWMAN.
Poiché la barriera di ultrafiltrazione glomerulari impedisce il passaggio della maggior
parte proteine plasmatiche, la P oncotica all’interno dello spazio Bowman circa = 0.
Perciò la P idrostatica nel capillare glomerulare (Pic) è la sola F che favorisce
ultrafiltrazione ed è contrastata dalla Pidrostatica dello spazio Bowman (PiB) – P
oncotica capillari glomerulari (Poc).
La Pic si riduce leggermente lungo tutto il capillare a causa delle R flusso. La Poc
aumenta perché l’acqua viene filtrata mentre le proteine rimangono nei capillari
aumenta concentrazione proteine plasmatiche.
La VFG è data da questa relazione VFG= Kf x ΔP
Kf è dato dal prodotto tra permeabilità propria del capillare glomerulare e A superficie
disponibile x l’ultrafiltrazione.
ΔP è la somma delle P che agiscono sulla parete capillare: (Pic – PiB) – (Poc – PoB).
La velocità filtrazione è considerevolmente maggiore nei capillari glomerulari rispetto a
quelli sistemici, soprattutto perché Kf è circa 100 volte più elevato nei capillari
glomerulari grazie alla mggior permeabilità dei capillari dotati di fenestrature. Inoltre la
Pic è circa doppia di quella dei capillari sistemici.
Nei soggetti normali questo valore di VFG può variare in seguito a variazioni di Pic. La
Pic può essere modificata in seguito a variazioni della RESIST. ARTERIOLE EFFERENTI –
AFFERENTI del glomerulo. In particolar modo Pic si modifica in 3 modi:
• Variazioni RESIST. ARTERIOLA AFFERENTE ↑RESIST. (costrizione) ↓Pic e quindi
↓VFG. Una ↓RESIST. (dilatazione) ↑Pic e quindi ↑VFG.
• Variazioni RESIST. ARTERIOLA EFFERENTE ↑RESIST. (costrizione) ↑Pic e quindi
↑VFG. Una ↓RESIST. (dilatazione) ↓Pic e quindi ↓VFG.
• Variaz. PA nell’ARTERIOLA RENALE ↑PA ↑transitoriamente Pic e quindi
↑VFG. Una ↓PA ↓ transitoriamente Pic e quindi ↓VFG.

FLUSSO EMATICO RENALE


Il flusso ematico attraverso i reni svolge importanti funzioni:
• Determina indirettamente VFG
• Modifica la velocità riassorbimento acqua-soluti da parte del tubulo prossimale
• Partecipa alla diluzione/concentrazione urine
• Fornisce O2 – sost.nutritive – ormoni alle cell.nefrone
I principali vasi di resistenza del rene sono: ARTERIOLA AFFERENTE – ARTERIOLA
EFFERENTE – ARTERIA INTERLOBULARE. Il rene, come gran parte degli altri organi, è

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capace di regolare il proprio flusso di sangue modificando, attraverso


AUTOREGOLAZIONE, le resist.vascolari in risposta a variaz. PA. Queste modifiche sono
così efficienti da permettere di mantenere costante il FLUSSO e VFG.
L’AUTOREGOLAZIONE avviene principalmente a livello delle ARTERIOLE AFFERENTI del
rene, e dipende da 2 meccanismi che regolano il tono dell’arteriole afferente:
• Variazioni PA (meccanismo miogenico) è dovuto ad una proprietà intrinseca dei
m.lisci vascolari che tendono a contrarsi quando vengono stirati: ↑PA arteriola
afferente si distende e la sua muscolatura viene stimolata a CONTRARSI.
Punti importanti meccanismo AUTOREGOLAZIONE:
• L’autoregolazione è assente quando la PA<90mmHg.
• L’autoregolaz. non è perfetta, in quanto il FLUSSO – VFG possono
modificarsi liberamente se la PA aumenta.
• Variazioni di NaCl del liq.tubulare (feedback tubulo-glomerulare) la
concentrazione di NaCl del liquido tubulare viene rilevata da elementi sensori
della MACULA DENSA dell’APP.IUXTAGLOMERULARE: ↑VFG determinano una
↑NaCl nel liquido tubulare a livello della macula densa, di conseguenza in
queste cellule entrano maggiori quantità di NaCl, provocando un ↑formazione e
rilascio ATP-adenosina da parte delle cell.endoteliali macula densa, che
provocano VASOCOSTRIZIONE dell’arteriola afferente, con conseguente ↓VGF.
Una ↓VFG si ha anche ↓NaCl nel liquido tubulare con la NaCl che entra in
minori quantità all’interno delle CELL.MACULA DENSA, di conseguenza ATP-
adenosina si riducono, provocando VASODILATAZIONE e conseguente ↓VFG.
Questo meccanismo di AUTOREGOLAZIONE, consente di assicurare che l’escrezione –
assunzione di acqua e soluti rimangono in equilibrio. Se non ci fosse questo
meccanismo, si modificherebbe anche l’escrezione urinaria di acqua-soluti, in quanto la
VFG influenza l’escrezione di acqua-soluti.

ALTRI SIST. DI REGOLAZIONE DEL FLUSSO e VFG


Oltre all’AUTOREGOLAZIONE, il FLUSSO – VFG possono essere modificati da:
• NERVI SIMPATICI arteriole efferenti-afferenti sono innervate da fibre simpatiche.
A volume di sangue circolante normale il tono simpatico è minimo. NA –
ADRENALINA liberata dai terminali nervosi simpatici, provocano vasocostrizione
legandosi ai recettori alfa1-adrenergici localizzati soprattutto a livello arteriole
afferenti, ne consegue ↓FLUSSO e ↓VFG (es.pag.653).
• ANGIOTENSINA II costringe sia ARTERIOLA EFFERENTE – AFFERENTE, a basse
condizioni l’ARTERIOLA EFFERENTE è più sensibile e predomina perciò
costrizione arteriola efferente.
• PROSTAGLANDINE in condizioni basali non hanno ruolo importate nella regolaz.
FLUSSO. Tuttavia in condizioni patologiche (es.emorragia), vengono prodotte
localmente nel rene e ↑FLUSSO senza modificare VGF. Incrementando il flusso,
annullano gli effetti vasocostrittori dei n.simpatici – angiotensina II.
• NO di origine endoteliale. Quando il flusso sanguigno aumenta, l’aumento delle
F taglio agisce sulle cell.endoteliali delle arteriole e ↑NO. Alcuni ormoni
vasoattivi (Ach, bradichinina, ATP) provocano rilascio NO. NO provoca dilatazione
ARTERIOLE EFFERENTI – AFFERENTI rene e ↓resist.periferica tot.
• ENDOTELINA secreto dalle cell. endoteliali dei vasi renali –cell mesangio – cell.
tubulo distale in risposta all’ANGIOTENSINA II – NA – BRADICHINA – F TAGLIO. È
un potente vasocostrittore a livello ARTERIOLA AFF.-EFF. ↓FLUSSO - ↓VFG.
• BRADICHIDINA vasodilatatore che ↑FLUSSO - ↑VFG. Stimola rilascio NO –
PROSTAGLANDINE.
• ADENOSINA vasocostrizione ARTERIOLA AFFERENTE ↓FLUSSO - ↓VFG.

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TRASPORTO DI ACQUA E SOLUTI LUNGO IL NEFRONE: FUNZIONI


TUBULARI

Le urine si formano mediante 3 processi: ULTRAFILTRAZIONE plasma nei glomeruli –


RIASSORBIMENTO acqua e soluti dall’ultrafiltrato – SECREZIONE selettiva di alcune
sostanze che vengono trasferite al liquido tubulare.
Dei 130-180L nei maschi e 115-180L nelle femmine di liquido privo di proteine che viene
ad essere filtrato, solo 1% viene ad essere escreto.
L’urina escreta, presenta una composizioni determinata dai TUBULI RENALI, i quali
modificano la composizione e volume dell’urina mediante processi di RIASSORBIMENTO
– SECREZIONE.
Di conseguenza i TUBULI RENALI, vanno a controllare in maniera precisa il volume –
osmolalità – composizione – pH compratimenti intra-extracell.
A mediare il RIASSORIBIMENTO e SECREZIONE di soluti e acqua nei reni, ci pensano delle
specifiche proteine di trasporto presenti sulla memb. cell. dei nefroni.

RIASSORBIMENTO DI SOLUTO – ACQUA LUNGO IL NEFRONE


Il riassorbimento di H2O (179l riassorbiti) e NaCl rappresenta la principale funzione del
nefrone.

Tubulo prossimale
Riassorbe circa il 67% acqua, Na+, Cl-, K+, altri soluti. Il GLUCOSIO e aa filtrati dal
glomerulo vengono quasi tutti riassorbiti. L’elemento chiave nei processi di
riassorbimento del tubulo prossimale è la pompa Na+-K+ ATPasi dipendente, localizzato
nella memb. basolaterale, la quale è responsabile del riassorbimento di qualsiasi
sostanza (inclusa acqua).
Il Na+ viene assorbito con diversi meccanismi nella prima e seconda metà del TUBULO
PROSS.
Nella prima metà il Na+ è riassorbito insieme HCO3- e MOLECOLE ORGANICHE (glucosio,
aa, ecc).
Nella seconda metà il Na+ è riassorbito insieme Cl-.
Questa differenza tra una metà è l’altra del tubulo, è dovuta ai differenti sist. di
trasporto di soluti presenti nelle 2 porzioni e alla differente composizione del liquido
tubulare nelle 2 metà.
Prima metà l’ingresso Na+ avviene x meccanismi di ANTIPORTO (es. antiporto Na+-H+:
entra Na+ esce H+, l’uscita di quest’ultimo richiama bicarbonato all’interno della cellula) e
SIMPORTO (Na+-GLUCOSIO, Na+ - aa, Na+ - Pi, Na+ - LATTATO).
Tutti i soluti organici, tra cui anche il Na+ escono dalla cellula attraverso la
memb.basolaterale x immettersi nel sangue, mediante meccanismi di trasporto
passivo, tranne il Na+ che utilizza la pompa Na+-K+ ATPasi. Il riassorbimento è così
efficace e rapido che questi soluti sono completamente riassorbiti nel sangue già nella
prima metà del tubulo pross. (grafico pag.661).
Il riassorbimento di soluti, in questa prima metà, provoca la formazione di un gradiente
osmotico trans tubulare, che fornisce la F x il riassorbimento passivo di acqua.

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Seconda metà il liq.tubulare nella seconda metà del tubulo contiene poco glucosio, aa,
ma una concentrazione molto elevata Cl-. Il Na+ viene riassorbimento principalmente
con Cl- mediante 2 meccanismi:
• Meccanismo trans cellulare utilizza 2 antiporti Na+-H+ e Cl- - ANIONI. H+ e gli
ANIONI si combinano x formare un complesso ANIONE-H+, che accumulandosi
nel liq.tubulare stabilisce un gradiente di concentrazione favorevole all’entrata
del complesso ANIONE-H+ attraverso la memb.apicale. Una volta all’interno, il
complesso si dissocia, ANIONE e H+, fuoriescono dalla cellula passando x la
memb.apicale, favorendo l’assunzione di NaCl (img.pag.661).
Il Na+ esce poi dalla cellula mediante pompa Na+-K+ ATPasi situata sulla memb.
basolaterale, mentre il Cl- fuoriesce mediante proteina simporto K+-Cl-.
• Meccanismo paracellulare l’incremento di Cl- nel liq.tubulare, avvenuto nella
prima parte del tubulo pross., crea un gradiente di concentrazione del Cl-
maggiore nel LIQ.TUBULARE rispetto all’INTERSTIZIO. Questo gradiente
favorisce l’ingresso passivo di Cl-, il quale supera la meb.apicale passando
attraverso le tight junction, trasferendosi così dal LUME TUBULARE SPAZIO
INTERSTIZIALE SANGUE (img.pag.661). La diffusione passiva del Cl - crea un
voltaggio positivo nel liq.tubulare rispetto al sangue, promuovendo la
diffusione Na+ attraverso tight junction dal LUME TUBULARE SPAZIO
INTERSTIZIALE SANGUE.
Ogni giorno circa il 67% del NaCl filtrato viene riassorbito dal tubulo pross.

Riassorbimento di acqua Nel tubulo pross. avviene il riassorbimento di circa 67% di


acqua. La forza x il riassorbimento dell’acqua nel tubulo pross. è fornita dal gradiente
osmotico maggiore nello spazio interstiziale rispetto a quello tubulare, stabilito dal
riassorbimento dei soluti (NaCl, Na+, glucosio, ecc). Poiché il tubulo pross. è altamente
permeabile all’acqua, in seguito alla presenza delle acquaporine, l’elevata
concentrazione di soluti richiama acqua che viene assorbita x osmosi. Un ulteriore
quantità di acqua viene assorbita mediante tight junction.
L’accumulo di liquidi-soluti nello spazio interstiziale, provoca un aumento P
IDROSTATICA in questo compartimento, che promuove il flusso di acqua verso i
capillari peritubulari. Il flusso d’acqua è attirato anche dalla presenza di una Poncotica
elevata nei capillari.
Il liquido riassorbito dai TUBULI RENALI SANGUE risulta essere isosmotico, cioè vengono
riassorbiti 67% soluti – 67% acqua. Di fatto l’osmolalità del liquido tubulare è lo stesso
tra inizio e fine del tubulo prossimale.
Il riassorbimento di quasi tutti i soluti, Cl-, altri ioni, acqua è accoppiato con il
riassorbimento Na+. Pertanto variazioni del riassorbimento Na+ influenzano il
riassorbimento di acqua e altri soluti da parte del tubulo prossimale.

Riassorbimento proteine le proteine (ormoni peptidici, piccole proteine, albumina)


possono filtrare nel glomerulo, ma vengono poi ad essere tutte riassorbite nel tubulo
prossimale, mediante un processo di endocitosi. Il meccanismo di riassorbimento ha
inizio con la degradazione delle proteine attraverso specifici enzimi localizzati sulla
superficie delle cell.del tubulo prossimale. All’interno delle cell. gli enzimi degradano le
proteine negli aa costitutivi, i quali lasciano la cellula passando x proteine di trasporto

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presenti sulla memb. basolaterale, x entrare nel circolo sanguigno. Questo meccanismo
permette di riassorbire quasi tutte le proteine filtrate, e quindi l’urina è priva di
proteine. Tuttavia il meccanismo è facilmente saturabile, perciò se la quantità di
proteine filtrate aumenta, si verifica proteinuria (comparsa proteine nelle urine).

Ansa di Henle
Nel tratto DISCENDENTE dell’ansa si ha riassorbimento di ACQUA (15%) ma NON di
NaCl, grazie alla presenza di acquaporine. Il riassorbimento di acqua, aumenta la
concentrazione NaCl diretta alla porzione ascendente.
Tratto ASCENDENTE SOTTILE dell’ansa la concentrazione più elevata di NaCl, nel
LIQ.TUBULARE rispetto all’INTERSTIZIO, provoca un gradiente di concentrazione che
favorisce il passaggio di NaCl (25%) dal LIQ.TUBULARE INTERSTIZIO (passaggio
passivo). Questo tratto è impermeabile all’acqua. Permette il passaggio anche di Ca2+ -
HCO3-.
Tratto ASCENDENTE SPESSO dell’ansa il riassorbimento dei Sali in questo tratto può
avvenire mediante:
• via trans cellulare L’elemento chiave x il riassorbimento di soluti da parte del
tratto ascendete SPESSO è la pompa Na+-K+ ATPasi, localizzata nella
memb.basolaterale. Questa pompa permette al Na+, entrato secondo gradiente
all’interno della cellula mediante un simporto con Cl- - K+, di essere espulso dalla
cellula in maniera tale da mantenere basse concentrazioni intracellulari di Na+ in
questo tratto, favorendo il trasferimento di Na+ dal LIQ.TUBULARE CELLULA.
Oltre che tramite il simporto, il Na+ entra nella cellula attraverso un antiporto
Na+-H+.
• via paracellulare il voltaggio positivo del LIQ.TUBULARE rispetto al sangue,
determina un ambiente che favorisce il passaggio di cationi (Na+ - K+ - Ca2+) dal
LIQ.TUBULARE CELLULA.
Entrambe sono responsabili x il 50% del riassorbimento.
L’impermeabilità del TRATTO ASCENDENTE e il riassorbimento dei Sali, produce un
liquido tubulare con un’osmolalità ridotta.

Tubulo distale e dotto collettore


Continua il riassorbimento di NaCl (8%) e quantità variabile (8-17%) di acqua. Il
segmento INIZIALE del tubulo distale riassorbe Na+, Cl-, Ca2+ ed è impermeabile
all’acqua. L’ingresso nella cellula di NaCl attraverso la memb. apicale è mediato da
simporto Na+-Cl-. Il Na+ lascia poi la cellula e si riversa nel sangue grazie alla pompa Na+-
K+ ATPasi.
L’ULTIMO SEGMENTO del TUBO DISTALE e DOTTO COLLETTORE, sono costituite da 2 tipi
di cellule:
• cellule principali riassorbono NaCl e rilasciano nel sangue K+. Sia
ASSORBIMENTO Na+ che SECREZIONE K+, dipendono dalla pompa Na+-K+ ATPasi
(img.pag.669), presente sulla memb.basolaterale. Il Na+ può entrare nel sangue
grazie propria a questa pompa, la quale al tempo stesso permette di mantenere
bassi i livelli di Na+ intracellulare, creando un gradiente chimico che favorisce il
suo passaggio dal LIQ. alla CELL.
Il Na+ entra nella cellula, grazie alla presenza di specifici canali x il Na+, e il

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passaggio dal LIQ.TUBULARE CELLULA è favorito dalla presenza di un gradiente


chimico e di voltaggio (all’interno della cellula c’è un pot.negativo).
Il continuo riassorbimento di Na+ nel tubulo distale, va a generare un gradiente di
voltaggio che risulta essere negativo nel lume e positivo nella cellula. Questo
gradiente favorisce l’ingresso di Cl- dal LIQ.TUBULARE INTRACELLULARE.
Per quanto riguarda il K+ x poter essere secreto nel liq.tubulare dal sangue,
prima viene captato nell’interstizio dalla pompa Na+-K+ ATPasi (img.pag.669),
dopodiché fuoriesce dalla cellula x diffusione passiva, poiché la [K+]intracell. >
[K+]liq.tubulare. Questa diffusione passiva avviene nonostante ci sia un gradiente
elettrico negativo all’interno della cellula che tende a trattenere K+, poiché il
gradiente elettrochimico tot. favorisce l’uscita.
Le cell. principali, oltre a riassorbire Na+, riassorbono anche ACQUA in quantità
variabili. L’assorbimento di acqua avviene nelle cell.principali dell’ultima parte
del TUBULO DISTALE e DOTTO COLLETTORE, ma l’intensità di assorbimento è
regolata dall’ORMONE ANTIDIURETICO (ADH):↑[ADH] ↑riassorbimento
acqua; ↓[ADH] riassorbimento poca acqua.
• cellule intercalate o secernano H+ o HCO3- e sono quindi importanti nel regolare
l’equilibrio acido-base.

REGOLAZIONE DEL RIASSORBIMENTO DI ACQUA – NaCl


I più importanti ormoni che regolano l’assorbimento di acqua – NaCl, sono:
• ADH è il più importante ormone che regola il riassorbimento di H2O. Questo
ormone è secreto dall’ipofisi posteriore in risposta ad un ↑osmolalità plasma o
↓VOLUME LEC. Quest’ormone ↑riassorbimento acqua da parte dotto
collettore, ma ha scarsi effetti sull’escrezione NaCl.
• angiotensina II stimola il RIASSORBIMENTO H2O –NaCl nel tubulo prossimale, il
riassorbimento di Na+ nel tratto ascendete ANSA HENLE, nel TUBULO DISTALE e
DOTTO COLLETTORE. Si assistono ad un’elevata presenza dell’angiotensina II
plasmatica in condizioni di ↓volume LEC.
• Aldosterone sintetizzato dalla corticale del surrene, stimola riassorbimento
NaCl, agendo sul TRATTO ASCENDENTE SPESSO dell’ansa Henle – TUBULO
DISTALE – DOTTO COLLETTORE. Questo incremento del riassorbimento, avviene
tramite dei meccanismi: incremento pompa Na+-K+ ATPasi nella
memb.basolaterale – incremento espressione canali x Na+ nella memb.apicale –
ecc.
Nel loro insieme, queste azioni incrementano la captazione Na+ attraverso
memb.apicale e facilitano il passaggio al sangue.
La secrezione di ALDOSTERONE è aumentata nell’iperkalemia e
dall’↑angiontensina II. Attraverso la sua stimolazione del riassorbimento di NaCl
nel dotto collettore, l’aldosterone incrementa indirettamente il riassorbimento
H2O da parte dotto collettore.
• Altri: urodilatina, uroguanilina, catecolamine, dopamina, adrenomodulina
Oltre a questi ormoni, il riassorbimento di NaCl è influenzato da altri meccanismi:
• Forze di Starling
• Equilibrio glomeurlo-tubulare variazioni spontanee di VFG possono provocare
variazioni significative Na+ filtrato. Se queste variazioni non fossero

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controbilanciate da opportuni aggiustamenti del riassorbimento di Na +,


l’escrezione urinaria di questo ione potrebbe subire oscillazioni troppo ampie,
capaci di modificare il bilancio del Na dell’intero organismo. Invece ciò non
avviene grazie a questo meccanismo di equilibrio, il quale prevede che ad ogni
aumento VFG aumento Na+ filtrato. Ciò determina che viene riassorbita sempre
una frazione costante di Na+, nonostante le variazioni VFG.

CONTROLLO DELL’OSMOLALITA’ E DEL VOLUME LIQUIDI


CORPOREI

I reni svolgono un ruolo importante nel mantenere entro limiti ben definiti
l’OSMOLALITA’ e il VOLUME DEI LIQUIDI CORPOREI, regolando l’escrezione acqua e
NaCl.

CONTROLLO DELL’OSMOLALITA’ DEI LIQUIDI CORPOREI: CONCENTRAZIONE E


DILUZIONE DELLE URINE
L’acqua costituisce circa il 60% del corpo dell’uomo e si suddivide nei 2 compartimenti,
LIQ.INTRACELLULARE (LIC) – LIQ.EXTRACELLULARE (LEC), in equilibrio osmotico tra
loro.
L’acqua corporea è soggetta però ad un continuo ricambio, la principale via di perdita di
acqua sono le urine, ma essa può venire persa tramite evaporazione cute – respirazione
(perdita idrica insensibile) – sudore – feci. La quantità persa varia a seconda delle
condizioni ambientali (ambiente caldo, o eser.prolungato, ecc).
Queste perdite di acqua, implicano che debba essere introdotta x mantenere il bilancio
idrico positivo .
Il rene regola l’escrezione x via urinaria allo scopo di mantenere costante il bilancio
idrico.
Quando l’assunzione di acqua è scarsa o quando viene persa dall’organismo attraverso
altre vie, il rene tende a conservare acqua producendo un VOLUME RIDOTTO di urina
iperosmotica rispetto al plasma. Al contrario, in situazioni di elevata assunzione, il rende
produce un VOLUME ELEVATO di urine iposmotiche (es.pag.676).
Alterazioni del BILANCIO IDRICO, determinano modifiche dell’osmolalità dei
liq.corporei, misurabili attraverso variazioni dell’osmolalità del plasma (Posm). Poiché il
principale determinante dell’osmolalità plasmatica è il Na+ (ma anche Cl- - HCO3-),
alterazioni del bilancio idrico modificano [Na+] plasmatica.
In condizioni normali, il rene è in grado di regolare l’escrezione di ACQUA,
indipendentemente dalla regolazione di Na+-K+-H+. Questo duplice controllo
indipendente è necessario x la sopravvivenza, in quanto consente di mantenere
l’equilibrio idrico senza modificare le altre funzioni omeostatiche del rene.

Ormone antidiuretico (ADH) (o VASOPRESSINA)


Agisce a livello renale regolando l’osmolalità e volume delle urine:
BASSI LIVELLI ADH viene escreto un volume elevato di urina (diuresi). L’urina risulta più
diluita.
ALTI LIVELLI ADH viene escreto un volume ridotto di urina (antidiuresi). L’urina risulta
più concentrata.

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ADH è un piccolo peptide a 9aa


La secrezione di ADH dalla neuroipofisi è regolata da diversi fattori, i 2 principali sono:
• Osmolalità dei liquidi corporei (controllo osmotico) variazioni dell’osmolalità
dei liquidi corporei hanno il ruolo principale nella secrezione di ADH (variazione
dell’1% sono capaci di modificare significativamente secrezione ADH).
Alcune cell. dell’IPOTALAMO presentano dei neuroni osmocettori, in grado di
rilevare le variazioni dell’osmolalità dei liquidi corporei, mediante il loro
raggrinzimento o rigonfiamento. Quando osmolalità effettiva aumenta, gli
OSMOCETTORI inviano segnali alle cellule che sintetizzano ADH, situate nei
NUCLEI SOPRAOTTICO – PARAVENTRICOLARE. Viceversa, quando l’osmolalità si
riduce, la secrezione di ADH è inibita. Poiché l’ADH viene degradato
rapidamente nel plasma, i livelli circolati di questo ormone possono essere
ridotti a zero nel giro di alcuni minuti dall’inizio dell’inibizione della secrezione.
La secrezione di ADH avviene ad un certo valore di osmolalità (set point), che
nei soggetti normali oscilla tra 280-295mOsm/kgH20, al di sotto di questo
valore la secrezione di ADH è quasi nulla (grafico pag.678). Questo VALORE DI
RIFERIMENTO può essere modificato da diversi fattori fisiologici (es. volume
ematico).
• Volume e pressione del sist.vascolare (controllo emodinamico) si ha una
secrezioni di ADH anche in seguito a ↓V plasmatico o P sanguigna.
I rec. responsabili di questa risposta sono barocettori localizzati nel
sist.cardiocircolatorio, in particolar modo:
• versante a bassa pressione (atrio sx – vasi polmonari) rispondono al
volume vascolare globale
• versante alta pressione (arco aorta – seni carotidei) rispondono alla PA.
Entrambi i tipi di rec. rispondono allo stiramento della parete della struttura in
cui sono situati. Questi rec. inviano impulsi tramite le vie afferenti dei n.vago –
glossofaringeo fino alle strutture TE (nucleo tratto solitario del bulbo) che
regolano FC e PA. Dal TE vengono quindi inviati segnali al NUCLEO
PARAVENTRIOLARE – SOPRAOTTICO, in particolar modo ai neuroni produttori di
ADH.
La sensibilità dei barocettori risulta inferiore rispetto a quella degli osmocettori,
occorre una variazione del 5-10% x ottenere una secrezione ADH, mediata da
barocettori.
Come detto in precedenza, variazioni del VOLUME – P sanguigna, producono
variazioni del valore di riferimento di osmolalità dal quale ha inizio la secrezione
di ADH:
• ↓V-P (es.collasso circolatorio) ↓valore di riferimento, significa che il
rene continua a conservare acqua.
• ↑V-P (es.collasso circolatorio) ↑valore di riferimento.

Ci sono anche altri fattori che influenzano la secrezione di ADH: peptide atriale
natriuretico (inibisce) – angiotensina II (stimola) – etanolo (inibisce) – nicotina (stimola).

Azione dell’ADH sul rene


La principale azione dell’ADH sul rene è di ↑permeabilità del DOTTO COLLETTORE

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all’acqua - ↑permeabilità all’urea della porzione midollare DOTTO COLLETTORE –


stimola riassorbimento NaCl da parte TRATTO ASCENDENTE SPESSO – TUBULO DISTALE
– DOTTO COLLETTORE.

ADH e ↑permeabilità del DOTTO COLLETTORE all’acqua: Come agisce? (img.pag.680)


ADH si lega a un recettore posto sulla memb.basolaterale delle cell.principali (recettore
vasopressina 2). Questo recettore è accoppiato con l’ADENILATO CICLASI attraverso una
PROTEINA G. In risposta al legame ADH-RECETTORE ↑livelli intercellulari di AMPc, con
conseguente attivazione PROTEINA CHINASI A (PKA). Quest’attivazione provoca a sua
volta l’esocitosi sulla memb.apicale di vescicole contenenti ACQUAPORINA 2 e una sua
maggiore produzione. Così, la MEMB.APICALE delle cellule, che in assenza di ADH non
contiene questi canali idrici, si trasforma da barriera impermeabile all’acqua a barriera
altamente permeabile. Con la rimozione dell’ADH, i canali idrici vengono sottratti dalla
memb.apicale x endocitosi, e la memb. diventa nuovamente impermeabile all’acqua.
La MEMB.BASOLATERALE risulta invece sempre permeabile all’acqua, grazie alla
presenza di ACQUAPORINE.
Il flusso di acqua che si realizza in presenza di ADH, provoca il riassorbimento netto di
acqua dal LIQUIDO TUBULARE SANGUE.

ADH e ↑permeabilità all’urea della porzione midollare DOTTO COLLETTORE la memb.


apicale delle cell. DOTTO COLLETTORE midollare, contiene 2 diversi trasportatori x
l’urea (UTA1 – UTA3). ADH attraverso AMPc e PKA determina la fosforilazione dei rec. x
l’urea, aumentando il num. di rec. x l’urea, aumentano così la permeabilità del dotto
collettore. Al contrario a livelli nulli di ADH, si riduce la quantità di UTA1 nel dotto
collettore.

ADH stimola riassorbimento NaCl da parte TRATTO ASCENDENTE SPESSO – TUBULO


DISTALE – DOTTO COLLETTORE ciò avviene attraverso un aumento numero di
trasportatori: 1Na+ -1K+ - 2Cl- simporto (TRATTO ASCENDENTE SPESSO ANSA HENLE) –
Na+-Cl- simporto (TUBULO DISTALE) – canali Na+ (TUBULO DISTALE – DOTTO
COLLETTORE).

SETE
Variazioni OSMOLALITA’ - VOLUME SANGUE – Psang., comportano modifiche della
sensazione di sete:
↑ OSMOLALITA’ o ↓ VOLUME SANGUE – Psang. ↑sensazione sete (le vie che mediano
la sete in risposta a diminuzioni V – Psang. non sono state identificate).
Esiste una soglia determinata geneticamente x la sensazione di sete
(295mOsm/kgH2O).
I CENTRI DELLA SETA sono stati identificati nella stessa regione dell’ipotalamo coinvolta
nella regolazione della secrezione ADH.
Quando si beve la sensazione di sete si esaurisce ancora prima che il tratto
gastrointestinale possa aver assorbito una quantità di acqua sufficiente a correggere
l’osmolalità plasma. Questa risposta sembra dovuta a RECETTORI OROFARINGEI e
GASTROINTESTINALI. Tuttavia la cessazione del senso di sete mediata da questi recettori
è solo temporanea. La sensazione di sete si esaurisce completamente solo quando

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l’osmolalità del plasma o V e Psang., rientrano nella norma.


Il MECCANISMO ADH e quello della SETE, operano insieme x mantenere il bilancio
idrico.

Meccanismi renali x la diluizione e concentrazione urine


In condizioni normali, l’escrezione di ACQUA è regolata indipendentemente
dall’escrezione di SOLUTO. Ciò implica che potremo avere urine iperosmotiche o
iposmotiche. Questa capacità di eliminare urine a diversa osmolalità richiede che a un
certo punto lungo il nefrone soluto e acqua possano essere separati: nel TUBULO
PROSS. ..> il riassorbimento SOLUTO, provoca anche il riassorbimento di una quota
proporzionale di H2O. Pertanto in questa porzione NON si verifica nessuna separazione.
Il SEGMENTO ASCENDENTE SPESSO dell’ANSA DI HENLE è la principale sede del nefrone
in cui si verifica separazione tra ACQUA-SOLUTO.
Produzione URINA IPOSMOTICA è sufficiente che il nefrone riassorba SOLUTO dal
liq.tubulare senza un concomitante riassorbimento di ACQUA. Urine diluite
(iposmotiche) vengono ad essere prodotto quando i livelli di ADH sono quasi nulli. Le
fasi di produzione URINE DILUITE sono (i punti sono riferiti all’img.pag.684):
• Il liquido proveniente dal TUBULO PROSS., che si immette nel TRATTO
DISCENDENTE SOTTILE DELL’ANSA DI HENLE, è ISOSMOTICO rispetto al plasma,
poiché si ha riassorbimento di ACQUA-SOLUTI in quantità proporz.
(ISOSMOTICO).
• Il TRATTO DISCENDENTE SOTTILE dell’ANSA DI HENLE è molto permeabile
all’ACQUA e poco permeabile ai SOLUTI (come UREA – NaCl). Di conseguenza,
man a mano che il liquido scende in profondità nella midollare, perde
progressivamente acqua (presenza AQP), in quanto attratto dall’ambiente
iperosmotico della midollare, caratterizzato da un’elevata presenza di NaCl –
UREA. A causa di questo continuo riassorbimento di acqua, quando il liq.
raggiunge l’apice dell’ansa, avrà un’osmolalità = a quella del liq.interstiziale della
papilla, anche se la loro composizione è diversa ([NaCl]tubulare >
[NaCl]interstizio – [urea]tubulare < [urea]interstizio).
• Il TRATTO ASCENDENTE SOTTILE è impermeabile all’ACQUA ma permeabile a
NaCl. Di conseguenza in questo tratto, il LIQ.TUBULARE comincia a perdere NaCl,
con il risultato che esso diventa meno concentrato rispetto al LIQ.INTERSTIZIALE
(liq.tubulare inizia a diluirsi).
• Il TRATTO ASCENDENTE SPESSO è impermeabile all’ACQUA e UREA, ma
permeabile a NaCl, che continua ad essere riassorbimento (in maniera attiva),
provocando un LIQ.TUBULARE ancora più diluito. Il riassorbimento di NaCl è così
forte in questo tratto che il liquido che ne esce è IPOSMOTICO rispetto al plasma
(150mOsm/kgH2O).
• Il TUBULO DISTALE e DOTTO COLLETTORE riassorbono attivamente NaCl, ma
sono impermeabili all’UREA. In condizioni di assenza ADH sono impermeabili
all’acqua che quindi rimane all’interno del tubulo. Il continuo riassorbimento di
NaCl e la permanenza di ACQUA in questi tratti produce un LIQ.TUBULARE
ancora più IPOSMOTICO rispetto al plasma (50-100 mOsm/kgH2O).
• Il DOTTO COLLETTORE MIDOLLARE riassorbe attivamente NaCl e anche in
assenza di ADH risulta lievemente permeabile all’UREA e ACQUA. Ciò permette

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a piccole quantità di UREA di entrare all’interno del tubulo ([SOLUTI]interst. >


[SOLUTI]tubulare), e a piccole quantità di ACQUA di uscire dal tubulo.
• Al termine del DOTTO COLLETTORE, l’urina presenta un’osmolalità di
50mOsm/kgH2O e contiene basse [urea] e [NaCl].

Escrezione di URINE IPEROSMOTICHE, richiede la rimozione di ACQUA ma NON di


SOLUTO dal LIQ.TUBULARE. Poiché l’acqua può muoversi solo passivamente x effetto
gradiente osmotico, il rene deve essere capace di generare un AMB.IPEROSMOTICO che
possa poi essere utilizzato x rimuovere ACQUA dal liq.tubulare. Questo AMBIENTE
IPEROSMOTICO viene creato nella midollare del rene e nella genesi di questo ambiente
è particolarmente critico il ruolo del TRATTO ASCENDENTE SPESSO DELL’ANSA HENLE.
L’AMBIENTE IPEROSMOTICO dell’INTERSTIZIO MIDOLLARE, provoca il riassorbimento di
ACQUA dal DOTTO COLLETTORE determinando ↑concentrazione urine.
Le URINE CONCENTRATE si formano in condizioni di elevati livelli ADH. Le fasi sono:
da 1 a 4. si hanno le stesse fasi viste nella produzione di URINE DILUITE.
Dobbiamo sottolineare come durante queste fasi, la fuoriuscita di NaCl da parte
TRATTO SOTTILE – SPESSO ANSA HENLE, provoca la formazione di un AMBIENTE
MIDOLLARE IPEROSMOTICO, responsabile poi dell’attrazione verso l’interstizio
di ACQUA.
5. il LIQ.TUBULARE arriva al DOTTO COLLETTORE che risulta essere IPOSMOTICO.
L’elevata presenza di ADH, provoca ↑permeabilità all’ACQUA a livello della II
parte TUBULO DISTALE e DOTTO COLLETTORE. L’ACQUA diffonde così dal LUME
TUBULARE INTERSTIZIO e l’osmolalità liquido tubulare aumenta (può
raggiungere un’omsolalità max di 290mOsm/kgH2O, pari a quello dell’interstizio
circostante e del plasma). Il livello di osmolalità è pari a quello che aveva quando
il liq.tubulare si immetteva nel tratto discendente ansa Henle, con la differenza di
avere una composizione diversa alta osmolalità tubulare è dovuta
principalmente all’UREA e altre sostanze che non sono state riassorbite (K +,
creatinina, ammoniaca, ecc) non al NaCl uscito nelle fasi precedenti dal tubulo.
6. più il liq. procede all’interno della midollare, più aumenta l’osmolalità
passando da 300mOsm/kgH2O a 1200mOsm/kgH2O a livello della papilla. Per
quanto riguarda l’UREA, la porzione iniziale del DOTTO COLLETTORE è
impermeabile all’UREA anche in presenza di ADH e l’UREA rimane nel
liq.tubulare e risulta essere la principale sost. responsabile dell’aumento di
osmolalità tubualre. L’ultima porzione del DOTTO COLLETTORE presenta una
permeabilità all’UREA maggiore, consentendo il passaggio di UREA dal TUBULO
INTERSTIZIO fino ad arrivare ad un punto in cui la [urea]tubulo =
[urea]interstizio.
7. L’urina finale raggiunge un’ osmolalità di 1200mOsm/kgH2O pari a quella del
circostante liq.interstiziale. L’urina risulta costituita da quei soluti non riassorbiti,
principalmente UREA. L’UREA che è il prodotto del metabolismo delle proteine,
creato nel fegato, equilibrandosi tra INTERSTIZIO – TUBULO, una parte viene ad
essere espulsa tramite l’urina. Avendo un’urina altamente concentrata di urea, si
ha la possibilità di poter espellere giornalmente UREA in piccole dosi di urina
alla volta.
Il volume di ACQUA maggiormente riassorbito lo si ha nel TUBULO DISTALE –

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CORTICALE e MIDOLLARE ESTERNA DOTTO COLLETTORE. Pertanto un volume


relativamente piccolo arriva nelle porzioni midollari più profonde del DOTTO
COLLETTORE, dove di conseguenza, il volume di acqua riassorbito è piccolo. Ciò
consente di preservare l’ambiente iperosmotico dell’interstizio della
MIDOLLARE INTERNA.
Indipendentemente dal produrre URINE CONCENTRANTE o DILUITE, la quota di acqua
riassorbita è sempre la stessa nel TUBULO PROSS. e TRATTO DISCENDENTE ANSA
HENLE. Ciò provoca che, in entrambe le condizioni, un volume relativamente costante
di acqua raggiunge il TUBULO DISTALE e DOTTO COLLETTORE. In questi 2 tratti del
nefrone, a seconda dei livelli di ADH si ha un’escrezione di acqua che si aggira tra <1% e
10% di tutto il carico filtrato.

Interstizio midollare
I principali componenti dell’INTERSTIZIO MIDOLLARE sono l’UREA – NaCl, si accumulano
poi altri soluti (es.ammoniaca – K+) ma la loro distribuzione lungo la midolare non è
uniforme. Nel passaggio tra CORTICALE – MIDOLLARE l’osmolalità del liq.interstiziale è di
300mOsm/kgH2O ed è attribuibile al NaCl. Man a mano che si scende nella midollare,
incrementa progressivamente [NaCl] – [urea], fino a raggiungere un’osmolalità di
1200mOsm/kgH2O a livello della papilla, di cui 600 mOsm/kgH2O attribuibile al NaCl e
gli i restanti 600 mOsm/kgH2O all’urea.
Il segmento più importante del nefrone x l’accumulo nell’interstizio di NaCl è il TRATTO
ASCENDENTE DELL’ANSA HENLE. L’accumulo di UREA risulta essere maggiore quando si
formano urine iperosmotiche, mentre quando si producono URINE IPOSMOTICHE
l’UREA tende ad essere attirata all’interno del tubulo, provocando un ↓osmolalità
dell’interstizio midollare (al quale contribuisce il lavaggio messo in atto dai VASI RECTA).
Il DOTTO COLLETTORE rappresenta l’unico segmento del nefrone permeabile all’UREA,
permeabilità che aumenta in presenza di ADH. In condizioni di alta permeabilià, l’UREA
diffonde fino ad andare in equilibrio con l’interstizio. L’UREA presente nell’interstizio
midollare viene ad essere riportata all’interno del tubulo grazie alla presenza di
trasportatori dell’UREA (UT-A2) presenti sulle pareti del TRATTO SOTTILE DISCENTENDE
ANSA HENLE. L’UREA interstiziale viene riportata all’interno del nefrone x poi uscire
nuovamente. Questo ricircolo serve a facilitare l’accumulo di urea nell’interstizio
midollare.
Poiché il RIASSORBIMENTO DI ACQUA dipende dal gradiente osmotico stabilito dal
LIQ.INTERSTIZIALE MIDOLLARE, l’URINA non può mai essere più concentrata del
liq.interstiziale. Pertanto , ogni fattore che riduce questo GRADIENTE DELL’INTERSTIZIO
DELLA MIDOLLARE, ridurrà necessariamente anche la max capacità del rene di
concentrare le urine.

CONTROLLO DEL VOLUME DEL LEC ATTRAVERSO LA REGOLAZIONE DELL’ESCREZIONE


RENALE DI NaCl
Poiché il NaCl è il principale costituende del LEC, variazioni del bilancio sodico alterano
l’osmolalità del LEC. Queste variazioni sono però contrastate dai meccanismi di SETE –
secrezione ADH, che agiscono con l’obiettivo di riportare l’OSMOLALITA’ a valori
costanti: se viene assunto NaCl ↑OSMOLALITA’ LEC che stimola la SETE e rilascio ADH
provocando ↑introduzione H2O e ↑rilascio acqua dai dotti collettori ristabiliscono

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l’OSMOLALITA’ LEC ai suoi valori normali.


Tale processo provoca però un aumento del VOLUME LEC che è proporzionale all’H2O
ingerita, che a sua volta dipende dalla quantità di NaCl presente nel LEC.
Essendo che la fuoriuscita di H2O dipende dalla quantità NaCl nel LEC, il rene x
mantenere costanti il VOLUME LEC deve agire sul NaCl, regolando la sua escrezione.
L’escrezione di NaCl è commisurata alla sua assunzione con la dieta: ↑NaCl assunto
↑quantità escreta e viceversa.
Diversa è la risposta renale a seconda che l’assunzione/restrizione di NaCl sia:
LIEVE in questo caso si hanno variazioni dell’escrezione NaCl con modeste variazioni
del contenuto corporeo NaCl.
FORTE queste BRUSCHE variazioni del contenuto corporeo di NaCl richiede diverse ore
o diversi giorni prima che si abbia un adattamento della risposta renale.

Per mantenere il VOLUME LEC costante, l’organismo si avvale di un SIST.SENSORI e


SEGNALI che agiscono principalmente sul rene, in modo tale che quest’organo possa
mettere in atto le opportune VARIAZIONI X L’ESCREZIONE DI NaCl il LEC è suddiviso in
2 compartimenti:
• Plasma del sangue
• Liq.interstiziale
Essendo costituito dal plasma sanguigno, variazioni del VOLUME PLASMATICO
provocano variazioni del LEC e viceversa, variazioni del LEC provocano ripercussioni sul
VOLUME PLASMATICO. Essendo il plasma parte del sangue, variazioni del V PLASMATICO
provocano variazioni anche del VOLUME VASCOLARE – PA – GC, con ripercussioni sulla
perfusione sanguigna ai tessuti: variazioni del V LEC provocano variazioni parallele V
VASCOLARE – PA – GC.
Nei grossi vasi del sist.circolatorio, sono presenti SENSORI che rilevano lo stato di
pienezza e P sanguigna, x poi trasmettere indirettamente segnali al rene in maniera da
regolare l’escrezione renale NaCl.
Questi SENSORI sono definiti SENSORI DI VOLUME (o BAROCETTORI) in quanto
rispondo allo stiramento indotto della parete dei vasi sanguigni o atri cardiaci. A
seconda dei distretti vascolari in cui sono collocati si differenziano:
• Sensori di V dei distretti vascolari a BASSA PRESSIONE localizzati nelle pareti
degli atri cardiaci – ventricolo dx – grossi vasi polmonari, rispondono alla
distensione di queste strutture. In caso di RIDUZIONE riempimento vasi
polmonari e atri cardiaci i recettori rilevano restrizione pareti, inviando segnali al
TE (attraverso fibre afferenti N.VAGO – GLOSSOFARINGEO). L’aumento di att. di
queste fibre afferenti, modifica l’att.simpatica provocando liberazione da ipofisi
posteriore di ADH. In caso di AUMENTO riempimento, si ha azione opposta.
Gli ATRI e VENTRICOLARI CARDIACI, presentano un meccanismo aggiuntivo che
controlla l’escrezione renale NaCl e riguarda la sintesi e immagazzinamento di
ormoni peptidici prodotti dai miociti atriali-ventricolari, rispettivamente il
peptide atriale natriuretico – peptide cerebrale natriuretico. Vengono rilasciati
quando le PARETI ATRI/VENTRICOLI si distendono provocando rapido
incremento escrezione renale NaCl e H2O.
Peptide Atriale Natriuretico (ANP) – Peptide Cerebrale Natriuretico (BNP) ANP
è un ormone peptidico prodotto dalle cell. atri cardiaci – ventricolo cardiaci in

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condizioni di ↑PA - ↑V LEC. In queste condizioni tali cell. vengono stirate e ciò
rapp. lo stimolo x la produzione di ANP. Immesso nel sangue, va ad agire a livello
renale (meccanismi non noti) determinando ↑escrezione urinaria di NaCl –
acqua. Ciò avviene in quanto:
• va ad ↑VFG, rilasciano le cell. del mesangio che controllano che
controllano le fessure di filtrazione tra PEDICELLI-CAPILLARI.
• ↓riassorbimento NaCl – acqua nel DOTTO COLLETTORE (mecc. Non
noto).
• Inibisce rilascio ALDOSTERONE – RENINA – ADH

• Sensori di V dei distretti vascoli a ALTA PRESSIONE sono posti nell’ARCO


AORTICO – SENO CAROTIDEO – ARTERIOLE AFFERENTI del RENE. Quelli posti
nelle prime 2 sedi, proiettano al TE mediante afferenze N.VAGO –
GLOSSOFARINGEO, andando a stimolare l’att.simpatica e la liberazione ADH:
↑Psang. ↓att.nervosa simpatica ↓produzione ADH e viceversa.
L’ARTERIOLA AFFERENTE del RENE e in particolare l’APP.IUXTAGLOMERULARE,
rispondono direttamente alle variazioni di pressione, con conseguente
variazioni secrezione RENINA che a sua volta determina i livelli plasmatici di
ANGIOTENSINA II – ALDOSTERONE, entrambi capaci di regolare l’escrezione
renale NaCl.
Ci sono anche altri BAROCETTORI localizzati nel FEGATO – SNC.

I REC. VOLUME, appena descritti, utilizzano dei SEGNALI x regolare l’escrezione renale
di NaCl-ACQUA, che possono essere distinti in:
• Segnali nervosi:
• N.simpatici renali le FIBRE SIMPATICHE innervano sia le ARTERIOLE
AFFERENTI – EFFERENTI del GLOMERULO e CELL.NEFRONE.
Quando ↓V LEC i BAROCETTORI stimolano ↑att.simpatica questo
provoca i seguenti effetti:
• Costrizione ART.AFFERENTI – EFFERENTI, con conseguente
↓Pidrost. dei CAPILLARI GLOMERULARI ↓VFG di conseguenza
↓carico filtrato Na+ (meno Na escreto).
• Stimolzione SECREZIONE RENINA da parte cell.specializzate
arter.afferenti, con conseguente ↑livelli plasmatici
ANGIOTENSINA II – ALDOSTERONE provocando ↑riassorbimento
Na+ da parte nefrone.
• Stimolazione diretta lungo il nefrone del riassorbimento NaCl
Questi effetti, insieme, permettono di ↓escrezione NaCl e rappresenta la
risposta compensatoria che cerca di contrastare una riduzione V LEC,
cercando di ristabilire il normale V LEC (EUVOLEMIA).
Viceversa, un ↑V LEC avrebbe determinato effetti opposti, in quanto si
sarebbe manifestata una riduzione att.nervosa simpatica destinata al
rene.
• Segnali ormonali:
• Sist. RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE le cell.
dell’app.iuxtaglomerulale (arteriola afferente) secernano RENINA (enzima

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proteolitico). 3 fattori partecipano alla stimolazione secrezione RENINA:


• P perfusione le cell. JG della arteriola afferente si comportano
come barocettori. Quando ↑ Parterola afferente renale inibita
secrezione RENINA. Quando ↓P arteriola afferente renale
stimolata secrezione RENINA.
• Att. fibre nervose simpatiche ↑fibre simpatiche ↑rilascio
RENINA (effetto mediato da rec.beta-adrenergici. Quando ↓fibre
simpatiche ↓rilascio RENINA.
• Distribuzione NaCl alla macula densa regola VFG. Inoltre la
MACULA svolge un ruolo di secrezione RENINA: ↓NaCl
↑secrezione RENINA e viceversa.
La RENINA liberata da sola non è in grado di svolgere effetti fisiologici, ma
essa agisce su substrato proteico circolate, l’ANGIOTENSINOGENO,
prodotto dal fegato, scindendolo in peptide a 10aa, l’ANGIOTENSINA I,
che viene poi ulteriormente scissa in ANGIOTENSINA II (8 aa) da parte
dell’enzima ACE (Angiotensin Converting Enzyme) presente sulla
superficie cell.endotelio vascolare polmonare-renale.
L’ANGIOTENSINA II produce diversi effetti fisiologici:
• Stimola secrezione ALDOSTERONE raggiungendo la SURRENALE,
stimola SINTESI-RILASCIO.
• VASOCOSTRIZIONE arteriole (generale) - ↑ATT.CARDIACA. Ciò
avviene attraverso la presenza di rec. presenti sua pareti
miocardio, la loro attivazione ↑stimolazione simpatica su VASI-
CUORE. In questo modo si ha l’aumento RESIST.PERIFERICHE,
aumenta il POST-CARICO. Aumentando il flusso in entrata nel
circolo (aorta), si ha un ↑PA.
• ↑secrezione ADH – SETE rec. x angiotensina presenti a livello
cerebrale, una volta attivati, producono ADH e SETE.
Stimolando la secrezione ALDOSTERONE, esso va ad agire andando a
↑RIASSORBIMENTO NaCl da parte tubulo pross. (effetto maggiore) –
tratto ascendente spesso ansa Henle – tubulo distale – dotto collettore.
Questo sist. si attiva quando c’è una ↓V LEC, provocando ↓escrezione
renale NaCl. È inattivo quando ↑V LEC, situazione in cui l’escrezione
renale NaCl deve aumentare.
• ADH

OMEOSTASI DEGLI IONI (K – Ca – P)

OMEOSTASI K+
Il K+ è importante x molte funz.cellulari: regolazione V cellulare – regolazione pH
intracellulare – sintesi DNA e proteine – att.muscolare e cardiaca – ecc.
La [K+] nel corpo (sia nel LIC – LEC) deve essere mantenuta costante a fronte delle
variazioni di assunzione con la dieta.
Il 98% di K+ del K tot si trova all’interno cellule (concentrazione 150mEq/L). Il restante
nel LEC (concentrazione 4mEq/L) 2%. Quando [K+]>5mEq/L IPERKALEMIA. Quando
[K]<3,5 mEq/L IPOKALEMIA. Questa differente concentrazione intra-extra cell. è
mantenuta grazie a pompa Na-K ATPasi.

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La quantità di K+ introdotta con la dieta viene ad essere rapidamente captata all’interno


delle cellule, ma x mantenere costante la quantità K +corporea, tutta la quantità di K
assunta con la dieta andrà ad essere escreta x via renale (processo che richiede circa 6
ore).

Regolazione [K+] plasmatica


Un aumento della [K+] plasmatica conseguente dopo pasto, stimola la secrezione
INSULINA (pancreas) – ADRENALINA (midollare) – ALDOSTERONE (corticale surrene).
Questi ormoni agiscono sulla pompa Na-K ATPasi – simporto Na – Ca – K – simporto Na-
Cl presenti nelle cell. muscolare-fegato-osso-globuli rossi, incrementanto la capacità di
assunzione K+.

Alterazione [K] plasmatica


I fattori che possono provocare variazione [K+] plasmatica sono:
• Equilibrio acido-base dobbiamo distinguere condizioni:
• ACIDOSI METABOLICA si ha un ↑[K+] plasmatica (IPERKALEMIA). Ciò è
dovuto al fatto che in condizioni di ↓pH (quindi ↑[H+]), l’acidosi va a
inibire i trasportatori che accumulano K+ dentro la cellula (pompa Na-K –
simporto Na – Ca – K – simporto Na-Cl) e si verifica un’ entrata
all’interno della cellula di H+ e una conseguente fuoriuscita di K+ dalla
cellula x controbilanciare l’elevato accumulo di cariche positive
all’interno della cellula.
L’ACIDOSI RESPIRATORIA non modifica in modo apprezzabile [K+].
• ALCALOSI METABOLICA/RESPIRATORIA determina ↓[K+]plasmatica
(IPOKALEMIA), viene cioè stimolata l’uscita di H+ dalla cellula e l’entrata
K+ all’interno della cell.
• Osmolalità plasma un ↑omsolalità provoca ↑rilascio K+ da parte della cellula
conseguente ↑[K+]. Questo aumentato rilascio è dovuto al fatto che, un
↑OSMOLALITA’ PLASMATICA provoca il rilascio di acqua dalla cellula, in quanto
attirata dal gradiente osmotico. Il flusso di acqua continua fino a quando LIC=LEC.
La perdita d’acqua ha provocato raggrinzimento cellula e ↑[K+]intracellulare. In
questa condizione il K+ esce dalla cellula.
• Lisi cellulare provoca ↑[K+] (IPERKALEMIA), in seguito a riversamento
contenuto cellulare di K+ nell’ambiente extracell.
• Esercizio fisico l’eser.fisico stimola la fuoriuscita di K + dalla cellula muscolare.
Tale fuoriuscita è proporzionale all’intensità eser.

ESCREZIONE K+ DA PARTE RENI


I reni svolgono un ruolo principale nel mantenere l’equilibrio K+.
Ogni giorno i reni eliminano il 90-95% del K+ introdotto con la DIETA. Quindi escrezione
renale K+ = assunzione dieta K+.
Il K+ filtra liberamente nel glomerulo e una volta all’interno del tubulo, a seconda delle
condizioni alimentari, il K+ può essere RIASSORBITO o SECRETO. In condizioni di DIETA
NORMALE, la quantità di K+ escreta con le urine è circa del 15% del carico filtrato, ciò
significa che la restante parte viene ad essere riassorbita. Quando invece ↑
ASSUNZIONE CON LA DIETA di K +, la quantità di K+ escreta con le urine aumenta fino

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all’80% del carico filtrato, in questa condizioni si osserva oltre ad un riassorbimento


anche una secrezione K+.
Il TUBULO PROSSIMALE riassorbe circa 67% del K + filtrato in gran parte delle condizioni –
ANSA HENLE riassorbe circa 20% K+filtrato.
Al contrario, TUBULO DISTALE e DOTTO COLLETTORE possiedono la duplice capacità di
riassorbire – secernere K+. Quando aumenta l’assunzione con la dieta di K + si osserva
anche un ↑secrezione K+ (img.pag.707). Quando invece l’assunzione con la dieta di K + si
riduce, si osserva un riassorbimento K+, senza secernere, lungo il T.DISTALE-
D.COLLETTORE, tanto che l’escrezione urinaria può scendere sotto 1% del carico
filtrato.

Come avviene la SECREZIONE K+? la secrezione di K+ da SANGUE TUBULO avviene in 2


fasi (img.pag.708):
• Captazione K+ da parte pompa Na-K, attraverso la memb.basolaterale.
• Diffusione K+ da CELLULA LIQ.TUBULARE, attraverso la presenza CANALI K+.
La DIFFUSIONE K+ è possibile in quanto la pompa Na-K crea un’elevata concentrazione
intracell. K+ che fornisce la forza chimica x l’uscita passiva di K+ attraverso i suoi canali
posti sulla memb.apicale. Sebbene questi canali sono posti anche sulla memb.
basolaterale, il K+ lascia preferibilmente la cell. attraverso memb.apicale x 2 ragioni:
• Gradiente elettrochimico K+ favorisce il movimento secondo gradinete verso il
liq.tubulare.
• Permeabilità K+ è maggiore nella memb.apicale piuttosto che nella
basolaterale.
Qualsiasi variazione nella secrezione K+ può essere spiegata in termini di alterazione di
uno o più di questi fattori.

Regolazione SECREZIONE K+ nel T.DISTALE – D.COLLETTORE La regolazione


dell’escrezione K+ che deve essere espulso dai reni, avviene principalmente x
modificazione della sua SECREZIONE da parte del T.DISTALE-DOTTO COLLETTORE.
I fattori principali che segnalano un aumento/diminuzione SECREZIONE K+ x ristabilire
una omeostasi K+, sono:
• [K+]plasmatico IPERKALEMIA (indotta da elevato apporto dieta K), determina un
↑SECREZIONE K+, in seguito a diversi meccanismi:
• Stimolando direttamente la pompa Na-K ATPasi, incrementando così la
captazione K+ attraverso la memb.basolaterale, con conseguente
↑[K+]intracell., che provoca ↑forza elettrochimica stimolando
trasferimento di K+ all’interno del tubulo.
• ↑permeabilità memb.apicale K+ (↑canali x K+)
• Stimola produzione ALDOSTERONE e insieme agiscono x stimolare
secrezione K+.
• ↑flusso liq.tubulare, il quale stimola secrezione K+ nel t.distale –
collettore.
IPOKALEMIA (indotto da restrizione K con dieta o perdita K con diarrea),
determina ↓SECREZIONE K+, x effetti opposti a quelli descritti nell’IPERKALEMIA
(es.inibizione pompa Na-K, ecc).
• Aldosterone la secrezione ALDOSTERONE è favorta da ↑[K+]plasmatica

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(IPERKALEMIA) – ANGIOTENSINA II. Un ↑CRONICO (circa 24ore)


[ALDOSTERONE]plasmatico, determina ↑SECREZIONE K+, attraverso diversi
meccanismi:
• ↑num. pompa Na-K su memb.basolaterale
• ↑espressione canali Na+ su memb. apicale consente di incrementare il
passaggio di Na+ dal TUBULO CELL., provocando così un effetto di
depolarizzazione della memb.apicale, in quanto l’aumento di [Na+] – [K+]
intracell. creano un amb.intarcell. più positivo, e ciò incrementa la forza
elettrochimica x il passaggio K+ da CELL. TUBULO.
• Stimola direttamente la permeabilità mem.apiacle x K+
Un ↑ACUTO (entro qualche ora) [ALDOSTERONE]plasm., nonostante provochi un
↑att.pompa Na-K, non determina ↑SECREZIONE K+ ciò è dovuto al fatto che
l’ALDOSTERONE stimola anche un aumento assorbimento Na+, e di conseguenza
un aumento riassorbimento anche dell’ACQUA, provocando pertanto ↓FLUSSO
TUBUALRE. Il ↓FLUSSO TUBUALRE provoca a sua volta ↓SECREZIONE K+.
Tuttavia la STIMOLAZIONE CRONICA RIASSORBIMENTO Na +, provoca espansione
V LEC, che riporta a valori normali il flusso tubulare, consentendo la
stimolazione SECREZIONE K+.
• ADH il suo effetto è quello di mantenere costante l’escrezione di K+ in situazioni
di ampie variazioni dell’escrezione acqua. ADH stimola il RIASSORBIMENTO
ACQUA (dal tubulo interstizio) e ciò provoca una ↓vel.flusso tubulare che a sua
volta determina una ↓SECREZIONE K+, ciò significherebbe meno K+ che entra nel
tubulo e quindi minor K+ che viene ad essere escreto con le urine all’aumentare
dell’ADH. Tale effetto però non viene a realizzarsi, in quanto ADH incrementa la
FORZA ELETTROCHIMICA che promuove il passaggio di K+ da cell. tubulo. Tale
incremento è dovuto al fatto che viene ad essere stimolata la captazione di Na+
dal tubulo alla cell. e di conseguenza l’interno cellulare diventa più positivo,
favorendo il flusso di K+ verso il tubulo. Questi effetti opposti dell’ADH sulla
secrezione K+, consente di mantenere costante l’escrezione di K+ .
Ci sono poi altri fattori come: VEL. FLUSSO LIQ.TUBUALE – EQUILIBRIO ACIDO-BASE che
possono modificare SECREZIONE K+, ma che non hanno come obiettivo quello di
ristabilire l’omeostasi K+, ma ben sì alternano il BILANCIO K+.

Come avviene il RIASSORIBMENTO K+? Il riassorbimento è stimolato in condizioni di


BASSO APPORTO K+. Esso avviene grazie alla presenza di una pompa H+-K+ ATPasi situata
sulla memb.apicale. Questo trasportatore permette l’entrata di H+ all’interno tubulo e
l’uscita K+ dal tubulo.

FATTORI CHE INVECE DI MANTENERE L’OMOSTASI DEL K+, LA DESTABILIZZANO


Flusso liquido tubulare ↑flusso ↑SECREZIONE K+ e viceversa. I meccanismi che
determinano un aumento secrezione K all’aumentare flusso sono (img.pag.711):
• Aumento del flusso piega CIGLIA delle cell.principali, il che attiva canali
conduzione x Ca2+, i quali entrano all’interno della cellula, andando ad attivare
canali K+ della memb.plasmatica apicale con conseguente ↑secrezione K+.
• L’aumento flusso è provocato da ↑V LEC, la [Na+]↑ nel liq.tubulare e questo
aumento, provoca ↑Na+ che entra nelle cell del T.DISTALE-D.COLLETTORE

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attraverso memb.apicale, determinando una interno cellulare più positivo, il che


↑forza elettrochimica che promuove ↑SECREZIONE K+.
• Aumento flusso provoca ↑att.pompa Na-K.
Equilibrio acido-base VARIAZIONI ACUTE pH plasmatico, influenzano la SECREZIONE K+.
ACIDOSI ACUTA..> provoca ↓SECREZIONE K+, in seguito a 2 meccanismi:
• ↓[K+]intracellulare a causa dell’inibizione attività pompa Na-K, provoncado cosi
↓captazione K+, quindi ↓forza elettrochimica che favorisce passaggio K da cell.
tubulo.
• ↓permeabilità memb.apicale al K+.
ACIDOSI PROLUNGATA ..> provoca ↑ESCREZIONE RENALE K+, ciò è dovuto al fatto che
viene ad essere inibito riassorbimento acqua-soluti, mediante inibizione pompa Na-K
delle cell. T.PROSS., così incrementa FLUSSO LIQ.TUBULARE e si ha una ↓V LEC. Tale
riduzione stimola secrezione ALDOSTERONE. ↑ FLUSSO LIQ.TUBULARE -
↑ALDOSTERONE, annullano gli effetti dell’acidosi sulla [K]intracell. e
sull.permeab.apicale x K+ e di conseguenza ↑SECREZIONE K+.
ALCALOSI ACUTA ..> provoca effetti opposti all’ACIDOSI ACUTA, quindi ↑SECREZIONE K+.
ALCALOSI PROLUNGATA ..> ↑SECREZIONE K+.

OMEOSTASI Ca – P
I RENI – APP.GASTROINTESTINALE – OSSO, svolgono un ruolo fondamentale x il
mantenimento livelli plasmatici di Ca2+ - Pi e x il loro bilancio.
Il RENE elimina ogni giorno con le urine una quantitò di Ca-P che è equivalente a quella
assorbita dall’intestino. Se ↓la loro CONCENTRAZIONE PLASMATICA
↑ASSORBIMENTO INTESTINALE - ↑RIASSORBIMENTO OSSEO (l’osso perde Ca-P) -
↑RIASSORBIMENTO RENALE, tutto allo scopo di far ritornare la concentrazione
plasmatica a valori normali.
Durante OSTEOPOROSI o RIDUZIONE MASSA MAGRA, si ha un ↑ESCREZION RENALE Ca-
Pi senza però avere variazioni dell’ASSORBIMENTO INTESTINALE ciò porta a perdita
corporea Ca-Pi.

Calcio
Il 99% Ca2+ osso; 1% LIC (r.endoplasm. – mitocondrio – legato a proteine, quindi è
piccola la quantità Ca libera nel citosol), ; 0,1% LEC.
Il gradiente tra interno-esterno cellula è mantenuta da una pompa Ca2+ATPasi. La
[Ca]plasmatica è mantenuta è circa 10mg/dL e viene ad essere mantenuto entro limiti
piuttosto ristretti.

Omeostasi Ca2+ dipende da 2 fattori:


• Quantità tot Ca2+ nell’organismo la [Ca2+] in tutto il corpo dipende dalla quantità
di Ca assorbita dal tratto gastrointestinale e dalla quantità escreta dal rene.
L’assorbimento Ca a livello gastrointestinale è dovuto ad un meccanismo di
TRASPORTO ATTIVO mediato da un vettore che è stimolato dal calcitriolo
(all’aumentare calcitriolo aumenta assorbimento). Di norma l’assorbimento Ca è
circa 200mg/die e l’escrezione renale è uguale alla quantità assorbita
(200mg/die), e si modifica parallelamente con l’assorbimento intestinale. Il
BILANCIO DI Ca viene quindi mantenuto in quanto la quantità Ca ingerita =

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quantità Ca persona con le feci – via renale (es.pag.714).


• Distribuzione Ca2+ tra tess.osseo – LEC 3 ormoni controllano la distribuzione Ca
tra OSSO-LEC, regolando quindi la [Ca]plasmatica:
• PTH (paratiroideo) secreto da ghiandole paratiroidi e la sua secrezione è
regolata dalla [Ca] del LEC. La memb. delle cell. ghiandole paratiroidi
contengono rec.sensibili Ca che servono x controllare [Ca]LEC:
↓[Ca]plasmatica (ipocalcemia) ↑espressione gene che codifica x PTH
con conseguente maggiore secrezione PTH ↑[Ca]plasmatica.
↓[Ca]plasmatica effetto opposto.
Quando PTH viene secreto, ↑[Ca]plasmatica attraverso:
• ↑riassorbimento osseo Ca2+
• ↑riassorbimento renale Ca2+
• Stimola produzione CALCITRIOLO che ↑assorbimento Ca 2+ tratto
gastrointestinale.
• Calcitriolo metabolita vit D3 sintetizzata dalle cell.tubulo pross.. La sua
produzione viene stimolata in condizioni di diretta IPOCALCEMIA o in
seguito ad aumentate concentrazioni PTH. Il calcitriolo ↑[Ca]plasmatica
principalmente stimolando assorbimento gastro-intestinale Ca e facilita
anche azione PTH su osso (favorendo riassorbimento Ca osseo).
• Calcitonina secreto da TIROIDE, la sua secrezione è stimolata in
condizioni di IPERCALCEMIA e provoca ↓[Ca]plasmatica attraverso
↑deposito Ca su osso.
Il Ca nel plasma è presente x 50% in forma ionizzata; 45%legata proteine
plasmatica (soprattutto albumina); 5% con diversi anioni (es.HCO3). Variazioni
pH provoca una variazione queste percentuali.

Trasporto Ca2+ lungo il NEFRONE


Il Ca che può essere filtrato a livello del glomerulo è quello ionizzato e legato agli anioni,
non quello legato alle PROT.PLASMATICHE. Del Ca che viene filtrato, il 99% viene
RIASSORBITO dai tubuli con le seguenti percentuali: 70% T.PROSSIMALE – 20%ANSA
HENLE – 9% T.DISTALE - <1% D.COLLETTORE.
Il restante 1% viene ESCRETO con le urine e corrisponde alla quota di Ca assorbita
giornalmente dal tratto gastro-intestinale (200mg).
Riassorbimento Ca2+ da parte T.PROSSIMALE (img.pag.717) avviene attraverso 2 vie:
• Via TRANSCELLULARE processo attivo che avviene in 2 fasi: il Ca diffonde
all’interno della cellula SECONDO GRADIENTE ELETTROCHIMICO , passando x
canali Ca. All’interno della cell. il Ca si lega alla CALBINDINA formando un
complesso che poi permette espulsione dalla cell. CONTRO GRADIENTE
ELETTROCHIMICO, passando x canali Ca2+-ATPasi. Attraverso questo processo
viene riassorbito il 20% del Ca2+.
• Via PARACELLULARE riassorbe 80%Ca. Il Ca passa tra l’interstizio cellulare in
seguito a drenaggio liq.tubulare attraverso pareti cell.t.pross., cioè fuoriesce
liquido contenente Ca, e in seguito a voltaggio positivo liq.tubulare.
Riassorbimento Ca2+ da parte ANSA HENLE è limitato alla porzione corticale del
TRATTO ASCENDENTE SPESSO ANSA HENLE e anche in questo caso il riassorbimento
avviene attraverso VIA TRANS-PARACELLULARE con meccanismi simili a quelli descritti

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precedentemente (a parte fuoriuscita con liquido tubulare in seguito a impermeabilità


all’acqua tratto ascendente spesso ansa).
Nel TRATTO ASCENDENTE SPESSO ANSA HENLE il riassorbimento Na+-Ca2+ è parallelo
l’un con l’altro (in parte in seguito a voltaggio positivo all’interno del lume che favorisce
uscita fuori Na-Ca). Pertanto ogni variazione che modifica il riassorbimento Na
modificherà in parallelo riassorbimento Ca.
Riassorbimento Ca attraverso T.DISTALE nel T.DISTALE il voltaggio liq.tubulare è
NEGATIVO rispetto all’interstizio, ciò non favorisce il riassorbimento di Ca che dunque
avviene solo mediante trasporto attivo quindi trasporto TRANSCELLULARE (identico
meccanismi descritto x riass.Ca nel t.pross.). Nel t.distale si hanno variazioni parallele di
escrezione di Ca – Na, tuttavia questo non si verifica sempre in quanto i meccanismi che
regolano l’escrezione di ogni soluto sono INDIPENDENTI e REGOLATO in modo diverso.

Regolazione dell’escrezione urinaria del Ca2++


Diversi fattori e ormoni influenzano l’escrezione urinaria Ca 2+:
PTH è il più importante nel controllo dell’escrezione urinaria. La presenza di questo
ormone ↑riassorbimneto Ca2+ ↓escrezione Ca2+. Infatti anche se PTH inibisce
riassorbimento NaCl – acqua e qiundi Ca a livello del T.PROSSIMALE, esso stimola
fortemente il riassorbimento Ca a livello del TRATTO ASCENDENTE SPESSO ANSA
HENLE e T.DISTALE.
VARIAZIONI [Ca]LEC:
• IPERCALCEMIA ↑escrezione Ca2+ attraverso:
• ↓riassorbimento Ca a livello T.PROSSIMALE, in seguito a elevati livelli Ca
nel liq.interstiziale.
• Inibisce riassorbimento Ca a livello T.ASCENDENTE SPESSO HENLE x
attivazione recettori CaSR
• Sopprime riassorbimento Ca da parte del T.DISTALE, andando a ridurre i
livelli PTH.
• IPOCALCEMIA ↓escrezione Ca2+ in seguito attuazione meccanismi opposti.
CARICO FOSFATO (pag.718)
ACIDOSI ↑escrezione Ca2+. Ciò avviene perché sono inibiti canali Ca2+ della
memb.apicale, ↑riassorbimento Ca2+
ALCALOSI ↓ escrezione Ca2+, attraverso meccanismo opposto.

FOSFATO
Circa 86% deposito OSSO; 14% LIC; 0,03% LEC. La normale [Pi]plasmatica è circa 4mg/dL
La sua concentrazione plasmatica è un fattore importante x il riassorbimento dell’osso.
Circa il 10% del Pi plasmatico è legato alle proteine e non è quindi disponibile x la
filtrazione glomerulare. Il Pi urinario funge da importante tampone x il mantenimento
equilibrio acido-base.

Omeostasi fosfato
Dipende da 2 fattori:
• Quantità Pi presente nell’organismo è determinata dalla quantità Pi assorbita
tratto gastrointestinale meno quantità escreta con urine. L’assorbimento è
stimolato dal CALCITRIOLO. Nonostante un’assunzione variabile di Pi con la dieta,

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il bilancio corporeo di Pi rimane costante, in quanto il rene elimina


giornalmente con le urine una quantità di Pi pari alla quantità assorbita dal
tratto gastrointestinale. Pertanto, l’escrezione renale Pi è il principale
meccanismo con cui l’organismo regola il BILANCIO Pi.
• Distribuzione tra compartimenti INTRA-EXTRACELLULARI e OSSO il PTH –
CALCITRIOLO – CALCITONINA regolano la distribuzione del Pi tra OSSO – LEC.
Come x il Ca2+, PTH-CALCITRIOLO stimolano rilascio Ca2+ dai depositi (nel caso Pi
LIC, nel caso Ca l’osso). Al contrario la CALCITONINA stimola la deposizione Pi
sull’osso, riducendo [Pi]plasmatica. Pertanto la mobilizzazione di Ca-Pi dai
depositi intracellulari è sempre accoppiata.
Anche i RENI partecipano alla regolazione [Pi]plasmatica. Un piccolo aumento
[Pi]plasmatica provoca ↑carico filtrato Pi, determinando ↑escrezione urinaria Pi. Il
rene può aumentare l’escrezione Pi fino a un valore superiore all’assorbimento Pi dal
tratto gastrointestinale, provocando una perdita netta Pi dall’organismo, con
↓[Pi]plasmatica.

Trasporto Pi lungo il nefrone


Percentuali di riassorbimento Pi img.pag.720. Nel TUBULO PROSSIMALE il Pi viene
riassorbito attraverso VIA TRANSCELLULARE, in particolar modo con un meccanismo
simporto Na+-Pi presente a livello memb.apicale. Dopodichè esce dalla
memb.basolaterale attraverso un antiporto Pi-anione.

Regolazione escrezione urinaria Pi


Il PTH è il più importante che controlla l’escrezione Pi, andando ad inibire
riassorbimento Pi a livello t.prossimale e ↑escrezione urinaria Pi.
Altri fattori tab.pag.720.

RUOLO DEL RENE NELLA REGOLAZIONE DELL’EQUILIBRIO ACIDO-


BASE

La [H+] nei liquidi corporei è bassa rispetto alla concentrazione degli altri ioni, tant’è che
misuriamo la [H+] attraverso il log negativo in base 10 pH=-log10[H+].
Tutti i processi che avvengono nel nostro organismo necessito di un pH piuttosto stabile
(tra 6,8 – 7,8): LEC ..> 7,35-7,45; LIC ..> 7,1-7,2.
Gli ACIDI e ALCALI ingeriti con la dieta ogni giorno e alcune sost. prodotte dall’organismo,
sono in grado di variare il pH, il quale però è mantenuto all’interno del range grazie alla
presenza di appropriati meccanismi che mantengono un equilibrio acido-base.

SISTEMA TAMPONE HCO3-


Il BICARBONATO è un importante tampone del LEC. Il SISTEMA TAMPONE HCO3- si
differenzia dagli altri sistemi tampone dell’organismo (es.fosfato) perché viene regolato
sia da RENI – POLMONI. Il BICARBONATO deriva dalla reazione pag.723. Secondo
l’equazione Henderson-Hasselbalch il pH è determinato dalle variazioni CO2 (la sua
quantità nel plasma dipende dalla Pparz.CO2 e sua solubilità (α) – HCO3-. Le alterazioni
dell’equilibrio acido-base, provocate da variazioni [HCO3-]plasmatica sono definite
variazioni metaboliche. Mentre quelle provocate da variazioni Pco2 variazioni
respiratorie. I RENI controllano [HCO3-], mentre i POLMONI Pco2.

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Visione insieme equilibrio acido-base


Attraverso il METABOLISMO CELLULARE e DIETA, vengono prodotti/assunti alcali – acidi.
La CO2 viene prodotta dai processi metabolici di ossidazione LIPIDI – CARBODIRATI (15-
20moli CO2). Questa elevata quantità viene efficacemente eliminata dai polmoni e non
ha conseguenze sull’equilibrio acido-base. La CO2 è definita ACIDO VOLATILE, in quanto
è potenzialmente in grado di generare H+ dopo la sua idratazione con acqua. Gli acidi
non derivati sono definiti ACIDI NON VOLATILI (es.ac.lattico). Anche il metabolismo aa
ha impatto sull’equilibrio acido-base, in seguito alla produzione di sost.acide come
ac.cloridrico – ac.solforico. Una porzione di queste sostanze viene neutralizzata dalla
produzione HCO3- che origina dal metabolismo aa aspartato-glutamato.
Inoltre una parte di HCO3- viene persa con le feci. La perdita di HCO3- equivale
all’aggiunta acido non volatile al corpo. In un individuo sottoposto a dieta normale,
l’ASSUNZIONE DIETETICA – METABOLISMO CELLULARE – PERDITA FECALE HCO3-, hanno
come risultato l’aggiunta giornaliera di circa 0,7-1mEq/kg di AC.NON VOLATILE.
Pertanto allo scopo di mantenere l’equilibrio acido-base, l’acido aggiunto deve essere
eliminato e ciò avviene attraverso il pronto tamponamento di HCO3- presente nel LEC.
Per il mantenimento equilibrio acido-base, deve essere eliminato acido dall’organismo a
una velocità equivalente al suo aumento: se ELIMINAZIONE ACIDO supera la sua
PRODUZIONE ALCALOSI; in caso contrario ACIDOSI.
Il processo di tamponamento degli AC.NON VOLATILI da parte del HCO3- provoca la
produzione di Sali sodici e la rimozione dal LEC di HCO3- (reaz.pag.724). Di conseguenza
il HCO3- deve venire ad essere rimpiazzato, in quanto se ciò non avverrebbe la
produzione giornaliera di ac.non volatili esaurirebbe HCO3 - del LEC in 5 giorni. Il RENE è
l’organo preposto a rimpiazzare la quantità HCO3- persa nella neutralizzazione di acido
non volatili.

ESCERZIONE NETTA DI ACIDO DA PARTE DEL RENE


I reni eliminano con le urine una quantità di acidi equivalente alla produzione di ac.non
volatili. Inoltre devono rimpiazzare HCO3- perso x la neutralizzazione degli ac.non
volatili e impedire l’escrezione con le urine di HCO3-. Quest’ultimo compito è
quantitativamente più impegnativo (4320mEq/die) rispetto a quello di rimpiazzare
HCO3- con le urine (50-10mEq/die).
Sia RIASSORBIMETNO HCO3- che ESCREZIONE H+ vengono attuati mediante processo
SECREZIONE H+ da parte nefroni. Giornalmente i nefroni secernono nel liq.tubulare circa
4390mEq/die di H+. Gran parte di H+ non viene tuttavia escreta con le urine, in quanto
serve x recupero di HCO3- filtrato. Solo 50-100mEq/die degli H+ secreti vengono persi
con le urine risultati escrezione acida è che le urine sono di norma ACIDE.
Il rene non è capace di creare urine più acide di un pH compreso 4-4,5. Pertanto x
eliminare sufficiente acido, i reni eliminano H+ con i TAMPONI URINARI (come FOSFATO,
o CREATININA che però è meno importante). I diversi TAMPONI URINARI sono chiamati
nel loro insieme ACIDI TITOLABILI. L’escrezione di H+ come AC.TITOLABILE risulta però
insufficiente a bilanciare la produzione giornaliera di ac.non volatile, perciò si serve di
un ulteriore meccanismo basato sulla sintesi – escrezione di IONI AMMONIO (NH+4).
Per ciascun NH+4 escreto con le urine, viene rimesso in circolo sistemico 1 HCO3- il quale
va a rimpiazzare quello perso durante il tamponamento di un acido non volatile.

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I reni quindi contribuiscono al mantenimento equilibrio acido-base: RIASSORBENDO


HCO3- FILTRATO – ELIMINANDO QUANTITA’ ACIDO EQUIVALENTE AL CARICO ACIDO
GIORNALIERO quindi x mantenere equilibrio è necessario che l’escrezione netta ACIDO
= produzione giornaliera ACIDO NON VOLATILE.
La parte di HCO3- escreta con le urine è una piccola quantità.

Riassorbimento HCO3- lungo il nefrone


HCO3- è un ione che filtra liberalmente attraverso il glomerulo, fornendo 4320mEq/die
di HCO3- che vengono poi riassorbiti (img.pag.725).
T.PROSSIMALE avviene il maggior riassorbimento di HCO3-. La CO2 – H2O presente
all’interno delle cellule della parte di questo parte del nefrone, possono o venire
RIASSORBITE o subire una reazione di conversione da parte dell’anidrasi carbonica in
HCO3- - H+. L’ HCO3- esce dalla cellula in quanto riassorbito attraverso meccanismi di
simporto accoppiati con altri ioni. L’H+ prodotto entra invece nel LIQ.TUBULARE
superando la memb.apicale attraverso una pompa H+-ATPasi – antiporto Na+-H+ (viene
sfruttato il gradiente del Na). Una volta nel liq.tubulare, va ad legarsi con HCO3-
presente già nel LIQ.TUBULARE, formando H2CO3 il quale viene ad essere deidratato ad
opera di un’ANIDRASI CARBONICA presente sull’orletto a spazzola delle
cell.memb.apicale. I prodotti sono H2O – CO2, i quali entreranno all’interno della cellula
x diffusione. Mediante questa via indiretta il HCO3- viene ad essere riassorbito.
T.ASCENDENTE SPESSO ANSA HENLE minore carico HCO3- riassorbito. Ma i meccanismi
di riassorbimento sono molto simili.
T.DISTALE-D.COLLETTORE riassorbono la piccola quantità HCO3- che non viene
riassorbita dalla porzione precedente del nefrone. La logica di riassorbimento in questo
tratto è la stessa che interessa gli altri, ma si assiste anche ad una tipologia di
CELL.INTERCALATE (beta) (img.pag.729) che secernano nel liq.tubulare HCO3- invece
che H+, e si pensa che queste cellule aumentino la loro att. in condizioni di ALCALOSI
METABOLICA, favorendo l’escrezione urinaria di HCO3-; mentre in condizioni normali
prevale la secrezione H+ da parte di un altro tipo di CELL.INTERCALATE (alfa)
Le memb.apicali del D.COLLETTORE risultano poco permeabili agli H+, i quali rimangono
nel liq. aumentando pH urina fino a 4,5. Nei segmenti precedenti la permeabilità agli H+
e HCO3- risulta notevolmente maggiore, e di conseguenza il pH si abbassa solo fino a
6.5.

Regolazione secrezione H+
La secrezione di H+ e quindi il riassorbimento HCO3- da parte cell.nefrone è regolata da
diversi fattori:
• Variazioni equilibrio acido-base sistemico rappresenta il principale fattore che
regola secrezione H+.
• ACIDOSI ↑secrezione H+ (da cell. liq.tubulare). In queste condizioni si
ha un abbassamento pH intracellulare delle cell.nefrone, questo stimola
la secrezione di H+ da parte di meccanismi che variano in base al
particolare segmento del nefrone:
• ↓pH intracell. crea un gradiente tra cell. – liquido che favorisce il
passaggio di H+ da CELL LIQ.TUB.
• I trasportatori possono essere trasferiti da un lato all’altro della

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memb. attraverso vescicole intracellulare


Con un ACIDOSI A LUNGO TERMINE l’abbondanza dei trasportatori
aumenta x incrementata trascrizione appositi geni del trasportatore.
• ALCALOSI inibisce secrezione H+, in seguito a ↑pH intracell. cell.
nefrone, provocando una risposta opposta a quella dell’ACIDOSI.
• Altri fattori ci sono poi altri fattori (tab.pag.728) che sono coinvolti
indirettamente nel mantenimento equilibrio acido-base. Poiché la secrezione H+
nel T.PROSS. – T.ASCENDENTE SPESSO ANSA HENLE è accoppiato al
RIASSORBIMENTO Na+ (attraverso antiporti Na+-H+), i fattori che influenzano il
riassorbimento di Na modificano indirettamente anche la secrezione di H+:
• Meccanismo glomeurlo-tubulare che assicura che la VEL.RIASS.T.PROSS
sia accoppiata VFG quando ↑VFG ↑CARICO FILTRATO che si presenta al
t.pross. e quindi una quantità maggiore di liq.viene riassorbita (tra cui
HCO3-).
• Variazioni V LEC: quando ↓V LEC in seguito a minor Na nel LEC ↑
secrezione H+. Questo si verifica mediante diversi meccanismi, uno di
questi è il sist.renina-angiotensina-aldosterone, il quale va ad
↑riassorbimento Na+ favorendo il passaggio H+ da cellula liq.tubulare:
• Angiotensina II agisce su T.PROSS-TRATTO ASCENDENTE SPESSO
ANSA HENLE, provocando ↑ att.trasportatori - ↑esocitosi
trasportatori su memb. (antiporto Na+-H+ della memb.apicale e il
simporto 1Na+- 3HCO3- della memb.basolaterale).
• Aldosterone stimola il riassorbimento Na+ su T.DISTALE –
D.COLLETTORE. Tuttavia esso stimola anche secrezione H+ dei
T.DISTALE – D.COLLETTORE, in maniera DIRETTA (facilitando
secrezione H+ da parte cell.intercalate) e INDIRETTA (stimolando il
riassorbimento Na+ il lume tubulo diventa più negativo, e ciò
favorisce passaggio H+ verso lume tubulo).
Un ↑ V LEC (tanto Na nel LEC) provoca effetti opposti.
• Altri fattori: ormone paratiroideo (PTH) – bilancio K+.

Formazione di nuovo HCO3-


Il bicarbonato perso x tamponare gli acidi, deve essere rimpiazzato e ciò avviene
mediante 2 possibili meccanismi:
• Escrezione ac.titolabile il bicarbonato è scarso all’interno del liq.tubulare a
livello del T.DISTALE – D.COLLETTORE, in quanto è stato RIASSORIBITO nei
segmenti precedenti. Pertanto gli H+ secreti nel tubulo vanno a legarsi con
tamponi urinari (principalmente Pi) e non con HCO3- e vengono così escreti
come ac.titolabile. Gli H+ vengono prodotti all’interno della cell. in seguito a
idratazione CO2 ..> CO2+H2O. I prodotto di questa reaz. sono: H+ - HCO3-. H+
entra nel liq.tubulare attraverso pompa H+-ATPasi, mentre bicarbonato esce nel
LEC (img.pag.730). Solo questo meccanismo non è sufficiente a produrre HCO3-,
perciò serve attivazione dell’altro.
• Sintesi-escrezione NH4+ NH4+ viene prodotto nel RENE a partire dalla
GLUTAMINA. Oltre a NH4+ vengono prodotti 2 HCO3- che verranno restituiti
all’organismo. Tuttavia la formazione di bicarbonato attraverso questo

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meccanismo, dipende dalle capacità rene di eliminare NH4+ con le urine. Se l’


NH4+ invece di essere escreto, entrasse nel circolo sistemico, andrebbe ad essere
convertito in UREA (dal fegato). Questo processo di conversione UREA NH4+
genera H+ che andrà poi ad essere tamponato proprio dal BICARBONATO
prodotto dalla reazione GLUTAMINA NH4+, annullando il processo di
ricostituzione BICARBONATO.

RISPOSTE ALLE ALTERAZIONI ACIDO-BASE


Quando si sviluppa uno squilibrio acido-base, l’organismo mette in atto diversi
meccanismi x ridurre al minimo le variazioni pH del LEC. Questi meccanismi riducono
l’alterazione senza però correggerla:
• Tamponamento intra-extracellulare la risp. al tamponamento EXTRACELL. è
quasi istantanea, mentre quella INTRACELL. è più lenta e si completa nel giro di
diversi min.
Le alterazioni acido-base che si hanno in seguito ad alterazione metaboliche
(variazione [HCO3-]) sono conseguenza dell’aggiunta ACIDO NON VOLATILI o
ALCALI NON VOLATILI. I tamponamenti di queste sostanze avvengono nel LEC e
LIC.
Il sistema tampone HCO3- è il più importante del LEC. Quando vengono aggiunti
AC.NON VOLATILI ai liquidi corporei, l’HCO3- viene consumato durante il
processo di tamponamento dell’acido e di conseguenza ↓[HCO3-]plasm.
Viceversa quando vengono aggiunti ALCALI NON VOLATILI, si consuma H+ x
tamponare e si assiste ad un↑[HCO3-] plasm.
Oltre al sist. del HCO3-, il tamponamento può avvenire mediante FOSFATO –
PROTEINE PLASMATICHE. L’azione combinata di tutti questi processi di
tamponamento (HCO3 – PROTEINE – FOSFATO) rendono conto del 50% circa del
tamponamento di un carico AC.NON VOLATILI. La rimanente frazione viene
tamponata a livello intracellulare. Il tamponamento intracellulare, prevede
l’ingresso di H+ nella cellula che andranno poi a legarsi con HCO3- o Pi o
GR.ISTIDINA delle PROTEINE.
Altro meccanismo x il tamponamento extracellulare è rappresentato dal Ca 2+ che
proviene dall’osso: con ACIDOSI si ha demineralizzazione tess.osseo, il Ca2+ si
libera dall’osso come TAMPONE CONTENENTE Ca2+ andando a legarsi H+.
Se le alterazioni acido-base sono di tipo respiratorio, le variazioni del pH
liq.corporei dipendono dalle variazioni Pco2. In questa situazione il
tamponamento avviene tutto all’interno della cellula. Quando ↑Pco2 (acidosi
resp.), la CO2 entra nelle cellule, dove si combina con H2O x formare H2CO3
che quindi si dissocia in H+ e HCO3-. H+ viene tamponato dalle PROTEINE
CELLULARI, mentre HCO3- esce dalla cellula e ↑[HCO3-] del LEC. Si hanno effetti
inversi in caso di ALACOSI RESP. (↓Pco2).
• Compensazione respiratoria sono la seconda difesa contro le alterazioni
equilibrio acido-base: ↑Pco2 ↓pH (acidosi) - ↓Pco2 ↑pH (alcalosi).
La FREQ.RESP. è il principale fattore determinante della Pco2: ↑VENTILAZ.
↓Pco2 - ↓ VENTILAZ. ↑Pco2. Al tempo stesso sia Pco2 – pH possono regolare
la ventilazione. I CHEMOCETTORI localizzati nel TE e nella PERIFERIA (CORPI
CAROTIDEI – AORTICI) rilevano variazioni pH e [H+] e modificano in modo

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appropriato la VENTILAZIONE. Pertanto avremo che nell’ACIDOSI ↑H+ (↓pH)


↑VENTILAZIONE. In ALCALOSI, effetto opposto (↓VENTILAZIONE).
Le risp.resp. alle alterazioni metaboliche dell’equilibrio acido.base iniziano entro
pochi min, ma richiedono diverse ore x completarsi.
• Compensazione renale in risposta a variazioni pH e Pco2 del plasma, i RENI
mettono in atto opportuni aggiustamenti dell’escrezione di HCO3- e ACIDO.
ACIDOSI (↑H+ o Pco2): ↑secrezione H+ nel tubulo - ↑riassorbimento HCO3-.
Viene ↑produzione-escrezione NH4+ e aumentata escrezione ACIDO NETTO.
HCO3- generato va ad ↑[HCO3-]plasmat.
ALCALOSI (↓H+ o Pco2): ↑secrezione HCO3- - ↓secrezione H+-NH4+. Avremo
quindi che HCO3- compare nelle urine. L’aumentata secrezione HCO3- provoca
↓[HCO3-]plasmat.
Per completare gli aggiustamenti, i reni richiedono diversi giorni, in quanto
occorrono ore o giorni x incrementare la sintesi degli enzimi del t.pross. coinvolti
nella produzione NH4+.

I processi appena descritti riducono l’ampiezza delle variazioni del pH ematico, ma non
correggono le alterazioni. Il completo ristabilimento dell’equilibrio richiede la
RIMOZIONE DELLA CAUSA CHE HA PROVOCATO L’ALTERAZIONE.

APP.ENDOCRINO
Tipo di comunicazione che utilizza come mediatore delle specie chimiche definite
ORMONI, che vengono immessi nel circolo sanguigno. I segnali endocrini sono
relativamente lenti e la diffusione e il trasporto in circolo fino alle CELL.BERSAGLIO può
avvenire in SECONDI (se la risposta comporta modifiche att. proteine cellulari) o ORE (se
la risp. comporta modifiche espressione genica o sintesi nuove proteine).
Il SIST.ENDOCRINO è un insieme di ghiandole che producono ormoni, la cui funzione è
regolare i vari organi del corpo.
Le ghiandole che lo costituiscono sono:
• Ipofisi
• Tiroide
• Ghiandole paratiroidi
• Pancreas endocrino
• Ghiandole surrenali
• Gonadi
Cell.endocrine sono presenti anche all’interno di altri organi che non svolgono
primariamente la funz. endocrina: cell.cuore che producono PEPTIDE ATRIALE
NATRIURETICO – cell.rene, ERITROPOIETINA, ecc.
Ci sono poi cellule in grado di produrre enzimi che agiscono nei confronti di PRECURSORI
ORMONALI o ORMONI POCO ATTIVI, trasformandoli in ORMONI MOLTO ATTIVI (es.
ANGIOTENSINA II dal ANGIOTENSINOGENO INATTIVO, attraverso 2 scissioni
enzimatiche).

Configurazioni a feedback del sist.endocrino


FEEDBACK POSITIVO – NEGATIVO (pag.744)
Nel sist.endocrino i circuiti FEEDBACK NEGATIVO possono avere 2 configurazioni:

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• Circuito a feedback regolato da una risp.fisiologica la secrezione di un ORMONE


viene stimolata/inibita da una variazione livello PARAMETRO EXTRACELLULARE.
L’ormone secreto provocherà variazione PARAM.EXTRACELL. e quest’ulitmo a
sua volta inibisce la secrezione ORMONE (img.pag.145).
• Circuito a feedback regolato da un asse endocrino gran parte del sist.endocrino
presenta tale configurazione. Ogni asse è costituito da IPOTALAMO da una parte
e IPOFISI –GHIANDOLE PERIFERICHE dall’altra. Il circuito regolato con ASSE
ENDOCRINO presenta 3 livelli:
• N.neuroendocrini dell’IPOTALAMO che secernano ORMONI DI
LIBERAZIONE,
• Gli ORMONI LIBERAZ., stimolano la produzione e la secrezione di
ORMONI TROFICI da parte dell’IPOFISI.
• ORMONI TROFICI stimolano a loro volta la produzione e secrezione
ORMONI da parte GHIANDOLE ENDOCRINE PERIFERICHE.
L’ORMONE prodotto dalle GHIANDOLE ENDOCRINE PERIFERICHE, va a
determinare un feedback negativo di inibizione nella produzione ORMONI
IPOFISARI – ORMONI LIBERAZIONE.

NATURA CHIMICA ORMONI


La natura chimica degli ormoni, determina: suoi meccanismi sintesi,
immagazzinamento, rilascio – meccanismo trasporto nel sangue – sua emivita
biologica e modalità sua eliminazione – meccanismi azione a livello cellulare.

Proteine/peptidi
Nelle ghiandole, questi ormoni vengono immagazzinati in VESCICOLE SECRETORIE legate
alla memb. e vengono rilasciate x esocitosi in maniera regolata: l’esocitosi non avviene
spontaneamente ma in risposta ad uno stimolo. Tale esocitosi richiede però energia –
Ca2+ - citoscheletro integro (microtubuli, microfilamenti) – proteine che hanno il
compito di trasferire VESCICOLE SECRETORIE alla memb.cell.
Questa tipologia ormoni sono solubili nei liquidi organismo, quindi circolano nel sangue
prevalentemente non legati ed hanno perciò un’emivita breve. Sono rimossi dal sangue
principalmente x ENDOCITSOSI – DEGRADAZIONE LISOSOMIALE del complesso ormone-
recettore.
Non passano le memb. e di conseguenza svolgono la loro azione mediante recettori
membrana.

Catecolamine
Sono ADRENALINA – NORADRENALINA – DOPAMINA. Sono sintetizzate da MIDOLLARE
SURRENE e da alcuni neuroni in seguito a modificazioni tirosina. Il principale prodotto
ormonale della midollare surrene è ADRENALINA, anche se questa ghiandola produce in
minore quantità anche NORADRENALINA.
Vengono immagazzinate in vescicole secretorie, la cui secrezione è regolata (da es. ATP -
Ca2+).
Non sono solubili nel sangue, quindi girano libere o lievemente legate all’albumina.
Simili ad ormoni proteici, tant’è che non superano agevolmente memb. e necessitano

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perciò di RECETTORE.
Breve emivita e vengono eliminate dal sangue x captazione o modificazioni.

Ormoni steroidei
Sono sintetizzati dalla corteccia surrenale – ovaie – testicoli – placenta. Si suddividono
in 5 categorie: PROGESTINICI – MINERALCORTICOIDI – GLUCOCORTICOIDI –
ANDROGENI – ESTROGENI. Appartiene a questa categoria anche il metabolita attivo
VITAMINA D.
Questi ormoni vengono sintetizzati a partire da modificazioni COLESTEROLO. L’obiettivo
di queste modificazioni è costituire delle molecole che siano abb. Diverse l’una dall’altra
in maniera da poter andare ad interagire con specifici recettori. Ciascun recettore può
essere espresso in forme diverse.
Tali ormoni sono idrofobici e passano agevolmente attraverso le memb.cellulari. Di
conseguenza, i rec.classici x gli ormoni steroidei sono localizzati all’interno delle cellule
e agiscono regolando l’espressione genica.
Le cell. che le producono sono le cell.steroidogeniche che utilizza colesterolo come
precursore.
Una volta prodotti gli O.STEROIDEI vanno incontro a ulteriori modificazioni dopo il loro
rilascio dalle cell.steroidogeniche originarie o subiscono conversioni nella periferica.
A causa della loro natura idrofobica, viaggiano nel circolo ematico legati a proteine di
trasporto (es.albumina ed altre specifiche proteine di trasporto).

Iodotironine
Appartengono a questa categoria gli ormoni tiroidei, derivano dall’unione residui iodati
di TIROSINA. Questi ormoni vengono immagazzinati nella TIROIDE come parte integrale
di una glicoproteina, TIREOGLOBULINA. Sono scarsamente solubili in acqua e perciò
necessitano di legarsi a una specifica proteina trasporto, GLOBULINA LEGANTE
O.TIROIDEI.
Preseentano il loro recettore all’interno della cellula, il quale agisce come fattore di
trascrizione.

IPOFISI E IPOTALAMO
È situata entro la scatola cranica all’ interno della SELLA TURCICA dell’osso sfenoiadale. È
una ghiandola composita, cioè formata da un IPOFISI ANTERIORE di origine epiteliale
(ADENOIPOFISI img.pag.297 anatomia) e un IPOFISI POSTERIORE di origine nervosa
(NEUROIPOFISI) dipendente dall’IPOTALAMO, con il quale è in stretta correlazione
influenzandosi a vicenda.

NEUROIPOFISI
Rappresenta un’estroflessione verso il basso dell’IPOTALAMO. La porzione più inferiore
è detta pars nervosa (ipofisi posteriore), la parte superiore è denominata infundimbolo
che si estende fino all’eminenza mediana (protuberanza) (img.pag.804).
L’INFUNDIMBOLO insieme ad una porzione dell’ADENOIPOFISI (PARS TUBERALIS)
(img.pag.804), formano il PEDUNCOLO IPOFISARIO, che mette in comunicazione
IPOTALAMO con IPOFISI.
La NEUROIPOFISI è costituita da un intreccio di fibre nervose prive di mielina che hanno

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origine dall’IPOTALAMO ( dai NUCLEI SOPRAOTTICO e PARAVENTRICOLARE) e sono


costituite dagli ASSONI (neuriti) dei NEURONI MAGNOCELLULARI dell’IPOTALAMO che
vanno a formare il fascio ipotalamo-ipofisario che terminano a ridosso dei capillari
fenestrati della PARS NERVOSA (img.pag.805), nei quali immettono ORMONI PEPTIDICI:
ANTIDIURETICO (VASOPRESSINA) (ADH) – OSSITOCINA.

Sintesi ADH – OSSITOCINA


Entrambi gli ormoni sono peptidi che presentano struttura simile (9aa). Vengono
sintetizzati come prooormoni, ciascun prooromne conterrà ADH o OSSITOCINA ed è
associato ad un peptide insieme al quale viene ad essere secreto: NEUROFISINA I
(associata ADH) – NEUROFISINA II (associato OSSITOCINA).
Questi pro ormoni vengono immessi all’interno di granuli secretori, i quali verranno
veicolati all’interno degli assoni del PEDUNCOLO INFUNDIBOLARE fino alle
TERMINAZIONI NERVOSE della PARS NERVOSA (attraverso un meccanismo ATP-
dipendente). Durante il trasporto i proormoni vengono scissi (x via proteolitica)
producendo quantità equivalenti di ORMONE – NEUROFISINA, ma rimangono all’interno
dei granuli, che vengono immagazzinati nelle terminazioni assoniche.
ADH – OSSITOCINA vengono rilasciati in risposta a stimoli rilevati da corpi cellulari
neuroni N.SOPRAOTTICO – PARAVENTRICOLARE. Tali stimoli producono in PA diretto
alle terminazioni assoniche che contengono GRANULI, inducendo esocitosi (in seguito
↑[Ca2+]intracell.). ORMONI – NEUROFISINE vengono immesse nel circolo a livello
capillari fenestrati.

Azione ADH-OSSITOCINA
ADH agisce principalmente a livello renale indcuendo secrezione idrica.
OSSITOCINA agisce su UTERO GRAVIDO (induce travaglio) e su celule della mammella
(provca discesa latte durante l’allattamento).

ADENOIPOFISI
È la porzione anteriore dell’ipofisi (lobo anteriore) ed è composta dalla PARS DISTALIS
(80%dell’adenoipifisi) – PARS TUBERALIS che si avvolge attonro al peduncolo.
Sistema portale ipotalamo-ipofisario è un distretto vascolare che permette
all’IPOTALAMO di controllare l’IPOFISI ANTERIORE (ADENOIPOFISI) senza inviare assoni,
ma immettendo ORMONI (AMINE e PEPTIDI) direttamente in questo sistema portale
(senza che queste sostanze circolino nella circolazione generale). Tali sostanze agiscono
sulle diverse cellule dell’adenoipofisi (CORDONI DI CELLULE) STIMOLANDO o INIBENDO
il rilascio ormonale. In particolar modo a livello dell’ipotalamo sono presenti gruppi di
neuroni (neuroni parvi cellulari) che formano la regione ipofisiotropa dell’ipotalamo.
Le cell.nervose di questi gruppi sono di piccole dimensioni e proiettano con i loro assoni
all’eminenza mediana dove è presente un primo plesso di capillari fenestrati, da qui
vengono convogliati al secondo plesso capillare localizzato nella pars distalis. A livello di
questo secondo plesso gli ORMONI LIBERATI diffondono fuori dai capillari e si vanno a
legare a specifici recettori disposti su specifiche cell. della pars distalis.
Le cell. che si trovano sulla pars distalis sono di 5 tipi e producono 5 ormoni differenti, i
quali una volta immessi in circolo si andranno a legare a specifiche GHIANDOLE
ENDOCRINE PERIFERICHE, le quali producono ormoni che andranno a svolgere feedback

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negativo su IPOFISI-IPOTALAMO.
Le cellule con i relativi ormoni sono:
• Cellule CORTICOTROPE queste cellule producono ADRENOCORTICOTROPO
(ACTH) (corticotropina). È un ormone a 39aa sintetizzato come parte di un pro
ormone, il PROOPRIOMELANOCORTINA. Immessi nel circolo ematcio, l’ACTH
circola in forma non legata e va a legarsi al recettore della melanocortina tipi 2
che si trova a livello CORTECCIA SURRENALE, provocando un: ↑cortisolo e
androgeni da parte corteccia - ↑espressioni geni x enzimi steroidogenici.
La secrezione di ACTH viene controllato da un ormone proveninenti
dall’ipotalamo, il peptide pro-CRH (pro ormone di liberazione corticotropina).
Il CORTISOLO secreto dalla corticale, svolge effetti feedback negativo su IPOFISI
andando a sopprimere la secrezione ACTH e sull’IPOTALAMO, andando a
↓espressione gene del pro-CRH e la sua secrezione.
• Cellule TIREOTROPE producono l’ormone TIREOTROPO (TSH) (tiretropina).
Questo è uno dei 3 ormoni glicoproteici dell’ipofisi, che comprendono anche
ORMONE FOLLICOLO STIMOLANTE (FSH) – ORMONE LUTENIZZANTE (LH),
prodotti da cell.GONADOTROPE.
Una volta immesso in circolo TSH si va a legare ad uno specifico recettore della
tiroide, stimolando tutti gli aspetti della funzione TIROIDE. Ha anche un effetto
TROFICO, stimolando IPERTROFIA-IPERPLASIA TIROIDE (nota pag.814).
La liberazione di questo ormone è stimolata dall’ormone ipotalamico della
tiretropina.
• Cellule GONADOTROPE producono le gonadotropine OROMNE FOLLICOLO
STIMOLATE (FSH) e ORMONE LUTENIZZANTE (LH), che regolano funzioni delle
GONADI in entrambi i sessi. FSH – LH sono segregati in granuli secretori
differenti e non vengono co-secreti in quantità equimolari. Si ha infatti una
secrezione indipendente di FSH-LH da parte cellule gonadotrope.
In generale questi ormni promuovno la secrezione di TESTOSTERONE negli
uomini e di ESTROGENI nelle donne.
La secrezione FSH-LH è regolata dall’ormone ipotalamico delle gonadotropine.
• Cellule SOMATOTROPE producono l’ORMONE DELLA CRESCITA (GH)
(somatotropina). Il bersaglio principale è il fegato, dove stimola produzione
FATTORE CRESCITA INSULINO-SIMILE TIPO 1 (IFG-1) che svolge feedback
negativo su CELL.SOMATOTROPE. Il GH è una proteina di 191 aa. GH circola nel
sangue legata ad una proteina legante GH (GHBP) che determina una riduzione
eliminazione renale GH. Il rec. al quale si lega appartiene alla famiglia dei rec. x
citochine/GH/PRL/eritropoietina.
La secrezione GH avviene attraverso ORMONE IPOTALAMICO x GH (GHRH) –
SOMATOSTATINA che inibisce rilascio GH. L’aumentata concentrazione GH
provoca feedback negativo su IPOTALAMO.
La secrezione GH presente un picco nelle prime ore mattino, subito prima
risveglio, mentre raggiunge i livelli più bassi durante il giorno. Il perido di vita
nel quale presenta maggiori concentrazionio è quello della PUBERTA’.
La secrezione GH viene stimolata anche da diversi stati fisiologici: stress
neurogeno- fisico – att.fisica ↑secrezione GH.
Funzioni indirette GH: il GH agisce direttamente sul FEGATO - MUSCOLO –

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TESS.ADIPOSO, andando a regolare metabolismo energetico. In particolar modo


GH tende ad orientare il metabolismo verso uso lipidi x scopi energetici,
preservando carboidrati e proteine.
Tra le funzioni svolte GH provoca:
• ↑sintesi proteine (nota pag.819)
• Attiva LIPASI, provocando ↑mobilizzazione dei grassi da tess.adiposo e il
loro utilizzo come substarto energetico da parte nel m.sch.
• GH altera metabolismo CARBOIDRATI, provocando ↑[glucosio]ematico
in seguito a loro ↓assunzione. La ridotta assunzione è provocata dal fatto
che il GH antagonizza l’azione dell’insulina (elevati livelli GH può
provocare diabete mellito).
Funzioni indirette GH: ↑crescita scheletro-visceri-ossa lunghe-cartilagine.
Queste funzioni avvengono grazie anche ad ormoni di natura proteica detti
FATTORI DI CRESCITA INSULINO-SIMILI (IGF – Insulin-like Growth Factor)
(funzioni pag.820).
• Cellule LATTOTROPE producono la PROLATTINA (PRL), proteina a 199aa. Rec. al
quale si lega appartiene a stessa famiglia rec. GH. L’azione principale è correlata
con lo sviluppo mammella – gravidanza – allattamento. Queste cellule si
differenziano dalle altre endocrine dell’ipofisi x 2 ragioni:
• non fanno parte dell’ASSE ENDOCRINO, cioè la PRL invece di agire su
GHIANDOLE ENDOCRINE, come fanno gli altri ormoni ipofisari, agiscono
direttamante sull’organo bersaglio (es.mammella), dove svolge i suoi
effetti.
• La PRODUZIONE-SECREZIONE PRL sono sottocontrollo INIBITORIO
dell’ipotalamo, attraverso secrezione DOPAMINA. Se ipotalamo non
funziona più, si ha un ↑PRL ma ↓di tutti altri ormoni ipofisari.
La PRL è uno degli ormoni che vengono liberati in risposta STRESS: paura,
att.fisica.

TIROIDE
(dal greco tyreos (scudo)) (img.pag.302ANATOMIA): si trova nella parte ANTERO-
INFERIORE del collo, appoggiata al di sopra della CARTILAGINE TORIDEA e CRICOIDEA
della LARINGE e ricopre i primi 2 o 3 anelli tracheali. È formata da 2 lobi (dx-sx) uniti
anteriormente a costituire (nel 30-40% dei casi) un lungo e sottile lobo piramidale
(ISTMO) diretto verso l’OSSO IOIDE.
L’unità funzionale della tiroide è il FOLLICOLO TIROIDEO, formazione sferica circondato
da cell.epiteliali tiroidei (img.pag.826), circondato da un ricco plesso capillare. All’interno
del follicolo si trova un liq.denso, COLLOIDE, costituita da TIREOGLOBULINA (sintetizzato
dalle cell.epiteliali tiroidee) precursore degli ORMONI TIROIDEI i quali sono
immagazzinati all’interno della COLLOIDE.

Produzione ORMONI TIROIDEI


I prodotti di secrezione della tiroide sono iodotironine, un gruppo di ormoni che
derivano dall’unione di 2 molecole iodate di tirosina. Gli ormoni prodotti sono:
TIROXINA (T4) – TRIIODOTIRONINA (T3) – TRIIODOTIRONINA INVERSA (iT3) (inattiva).
Le percentuali di produzione di questo ormone sono: 90% T4 – 10% T3 - <1%iT3.
Essendo T4 il prodotto principale, la T3 viene ad essere prodotta x CONVERSIONE

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PERIFERICA attraverso l’azione di deiodasi specifiche x la tironina (img.pag.827)


presente nei tessuti con elevato flusso ematico (fegato, rene, m.sch.). Da questi tessuti
T3 va in circolo ed arriva agli altri tessuti. In particolar modo esistono 3 tipi di DEIODASI
(I – II – III). La forma T3 è un enzima inattivante, convertendo T4 iT3.

Sintesi ormoni tiroidei


La sintesi richiede 2 precursori: IODURO – TIREOGLOBULINA. Lo IODURO è trasportato
attraverso le cell. dell’epitelio tiroideo dal VERSANTE BASALE (VASCOLARE) APICALE
(LUME FOLLICOLO).
All’interno delle cell.epiteliali tiroidee viene assemblata la TIREOGLOBULINA a partire da
aa. La TIREOGLOBULINA va poi ad essere secreta nel lume del follicolo.
La sintesi delle IODOTIRONINE ha luogo nel lume del follicolo, attraverso un
meccanismo enzimatico dove le TIREOGLOBULINE vengono iodate. Una volta iodata la
TIREOGLOBULINA viene accumulata sottoforma di colloiode nel lume follicolo.
Secrezione immissione in circolo T3-T4 richiede il legame della TIREOGLOBULINA con
recettore MEGALINA, provocando endocitosi TIREOGLOBULINA all’interno delle
cell.epiteliali tiroidee dove vanno a fondersi con LISOSOMI. Tale fusione provoca la
degradazione della TIREOGLOBULINA e questo processo porta al rilascio di T-T4 dalla
catena peptidica della TIREOGLOBULINA, che andranno poi a immettersi nel circolo
sanguigno superando la memb.basale attraverso specifico trasportatore.

TRASPORTO E METABOLISMO ORMONI TIROIDEI


T3-T4 circolano nel torrente ematico quasi interamente legate a proteine. Le proteine
alle quali si legano sono, principalmente GLOBULINA LEGANTE TIROXINA (TBG)
(sintetizzata da fegato e capace di legare 1T3 o 1T4) – TRANSTIRETINA- ALBUMINA –
LIPOPROTEINE.
Il legame con la TBG consente di espletare 2 funzioni: cospicua riserva circolante T4 –
impedisce la perdita con le urine di questi ormoni.

EFFETTI FISIOLOGICI DELL’ORMONE TIROIDEO


Ormone tiroideo agisce su tutte cellule e tessuti e squlibri delle funzioni tiroide
provocano alcune delle più comuni malattie endocrine. L’ormone tiroideo può agire in
maniera DIRETTA o INDIRETTA, in quest’ultimo caso va ad ottimizzare le aizoni di
parecchi altri ormoni-neurotrasmettitori.

Meccansimo azione ormone tiroideo


T4-T3 libere entrano nelle cellule mediante un processo di trasporto attivo. All’interno
delle cellule gran parte delle T4 vengono convertite in T3 (o iT3). Molte, se non tutte le
azioni intracellulari della T3 sono mediate attraverso il suo legame con uno specifico
recettore nucleare dell’ormone tiroideo, che agisce come fattore di trascrizione.

Effetto sul SIST.VASCOLARE


Qui svolge l’effetto più importante. T3 provca ↑GC, assicurando adeguato apporto O2 ai
tessuti. L’aumento GC avviene grazie ad ↑FC, con conseguente ↑F contrazione
miocardio. ↑ F contrazione miocardio è determinata da:
• Maggiore sensibilità alle catecolamine da parte miocardio
• ↑captazione Ca2+ da parte miocardio
• ↑[Ca]2+intacel. Inibendo espressione ANTIPORTO Na+-Ca2+
• ↑ rec. rianodina del RS
↑FC è determinata da:
• Potenziamento azione SERCA, che permette di sequestrare Ca2+ più
velocemente con conseguente ↑vel.rilasciamento.

Effetto su METABOLISMO BASALE

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Provoca ↑velocità basale consumo O2 - ↑produzione calore. Nel complesso si osserva


un ↑assunzione-ossidazione glucosio e ac.grassi e il riciclaggio lattato glucosio e
ac.grassi trigliceridi. T3 non è in grado di modificare l’efficienza dell’utilizzazione
energia nel corso eser.fisico.
↑ consumo O2 dipende dall’aumento disponibilità substrati necessari x ossidazione. T3
provoca:
• ↑disponibilità substrati necessari x ossidazion
• ↑assorbimento glucosio dal tratto gastrointestinale
• ↑velocità metabolismo glucosio
• ↑lipolisi nel tess.adiposo
• ↑sintesi colesterolo, ma soprattutto la sua ossidazione e la sua secrezione in
bile, provocando ↓della sua riserva corporea e livelli plasmatici di colesterolo
tot.

Effetti respiratori
Stimola consumo O2 e ↑apporto O2. Di conseguenza T3 provoca ↑F resp. a riposo.
Inoltre viene ↑ematocrito che potenzia capacità sangue trasportare O2. L’aumento
ematocrito è dovuto a stimolazione renale della produzione ERITROPOIETINA.

Effetti sul m.scheletrico


Lo stato funzionale dei m.sch. dipende dalla disponibilità ottimale di o.tiroideo. Questo
fatto sembra dipendere dalla regolazione della produzione deposito energia.

Effetti su accrescimento e maturazione


O.tiroideo è estremamente importante nel feto x un normale sviluppo neurologico e x
un appropriata formazione ossea. Carenze o.tiroideo nel periodo fetale provocano
cretinismo (ritardo mentale irreversibile e bassa statura).

Effetti su ossa
O.tiroideo stimola ossificazione endocondrale, accrescimento in altezza, maturazione
centri epifisari di crescita ossa – stimola att.condrociti cartilagine. La T3 stimola anche
rimodellamento osseo adulto.

REGOLAZIONE FUNZIONE TIROIDEA


Il più importante regolatre att. accrescimento della tiroide è costituito dall’asse
ipotalamo-ipofisario, che utilizza l’ormone di liberazione della TIRETROPINA-ORMONE
TIREOTROPO. Il TSH esercita sull’epitelio tiroideo diverse azioni:
• Breve termine endocitosi TIREOGLOBULINA all’interno delle cell.epitelio tiroideo
– stimola produzione TIREOGLOBULINA.
• Medio termine ↑ espressione di numerosi geni, tra cui quelli x la
TIREOGLOBULINA
• Lungo termine ipertrofia – iperplasia cell.follicolari (gozzo).
La regolazione della secrezione o.tirodieo è sottoposta a feedback negativo: gli o.tiroidei
in circolo inducono una repressione espressione gene x TSH a livello IPOFISI. A livello
IPOTALAMICO provocano inibizione secrezione ormone liberazione tireotropina (TRH).
Altro importante meccanismo regolatore nella produzione o.tiroidei è lo IODURO. In
condizioni di basse concentrazioni IODURO, la V sintesi o.tiroideo è correlata
direttamente con la disponibilità ioduro. Se l’assunzione ioduro diventa elevata, si ha
blocco dei meccanismi biosintetici dell’ormone tiroideo. (leggi.pag.838).

GHIANDOLE SURRENALI

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Sono 2 organi, posti a “cappuccio” al di sopra dei 2 reni (dx-sx).


Conformazione interna sono organi pieni, costituiti da una CAPSULA CONNETTIVALE
ESTERNA FIBROSA che entra nel parenchima a costituire lo STROMA. Il PARENCHIMA è
suddiviso in 2 parti strutturalmente e funzionalmente diverse:
ZONA CORTICALE
È una zona periferica che circonda la ZONA MIDOLLARE, le cellule che la costituiscono
sono organizzate a CORDONI, che assumono disposizioni diverse identificando 3 strati e
producendo ormoni differenti:
• Zona glomerulare: è la zona più esterna, dove i CORDONI si dispongono a
costituire gomitoli irregolari. Gli ormoni steroidei prodotti in questa zona
vengono definiti MINERALCORTICOIDI e sono, l’ALDOSTERONE e il suo
precursore DESOSSICORTICOSTERONE. Agiscono sul tasso ematico di sali
minerali, aumentando il riassorbimento renale di ioni Na, che vengono
scambiati con ioni K e H. L’aldosterone agisce andando a legarsi con uno
specifico recettore intracellulare (rec. x mineralcorticoidi) (meccanismo simile a
quello cortisolo), in maniera da regolare espressione specifici geni. Come gli altri
ormoni steroidei, viene secreto in circolo e trasportato da una proteina
trasportatrice. Il principale bersaglio è CELL.PRINCIPALE dell’ultimo tratto
T.DISTALE e DOTTO COLLETTORE. L’ALDO, penetra nella cellula x diffusione
semplice e va a combinarsi con rec.citoplasmatico. Il complesso ORMONE-REC.
entra nel nucleo e si lega al DNA innescando sintesi nuovi canali Na+ e pompe
Na+/K+, che andranno poi ad inserire nella memb. cell. L’intero processo si
verifica in 1-2 ore.
• Zona fascicolata: è la zona intermedia e più estesa, dove i CORDONI assumono
un decorso parallelo verso la MIDOLLARE.
Gli ormoni prodotti vengono definiti GLUCOCORTICOIDI in quanto agiscono sul
metabolismo dei carboidrati (GLUCONEOGENESI). Questi ormoni sono il
CORTISOLO e CORTICOSTERONE. All’interno delle cellule di questa zona sono
presenti goccioline lipidiche composte da ESTERI COLESTEROLO. Queste cell.
sono in grado di sintetizzare COLESTEROLO in modeste quantità. Dal
COLESTEROLO deriva CORTISOLO (reaz.pag.847) e CORTICOSTERONE
(reaz.pag.848).
Il cortisolo viene traposrtato nel sangue legato alla globulina legante
corticosterodi. Il fegato è la sede dove avviene l’inattivazione steroidi.
Quest’organo inattiva il CORTISOLO convertendolo reversibilmente in
CORTISONE.
Meccanismo azione CORTISOLO agisce principalmente attraverso rec. x
glucocorticoidi (GR), il quale regola la trascrizione genica. Quando l’ormone non
è presente, il GR risiede nel citosol a formare un complesso proteico. Il legame
CORTISOLO-GR promuove la trasclocazione GR nel nucleo e il reclutamento di
proteine coattivatrici che determinano un aumento trascrizione dei geni
bersaglio. Il CORTISOLO può agire anche reprimento la trascrizione genica.
Azione fisiologiche CORTISOLO esercita un ampio spettro di aizoni e x i suoi
effetti viene definito “ormone dello stress”:
• Azioni metaboliche regola il livello ematico di glucosio. Quest’ormone
↑[GLUCOSIO]ematica, stimolando la gluconeogesi, potenziando
l’espressione genica degli enzimi epatici gluconeogenetici.
Il cortisolo provoca anche una ↓captazione glucosio da parte dei tessuti
(a livello GLUT4 del m.sch. e tess.adiposo) il cortisolo va quindi a
risparmiare glucosio, promuovendo invece la LIPOLISI potenziando
l’effetto delle CATECOLAMINE, vengono quindi ad essere resi disponibili x
la produzione di energia gli ac.grassi.
Il cortisolo provoca anche inibizione SINTESI PROTEICA e ↑PROTEOLISI.

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Il ruolo del cortisolo è diverso a seconda che sia secreto in condizioni di


STRESS o CONDIZIONI PATOLOGICHE. Nel primo caso svolge il ruolo
descritto sopra, operando in maniera sinergica con CATECOLAMINE –
GLUCAGONE. Nel caso PATOLOGICO, agisce in sinergia con l’INSULINA, in
un contesto di elevati livelli glucosio (provocati da aumento appetito) che
provocano IPERINSULINEMIA, e il cortisolo favorisce la lipogenesi e lo
sviluppo di adiposità del tronco (addominale, viscerale).
• Azioni cardiovascolari cortisolo ↑sensibilità funzione delle
catecolamine, contribuendo quindi all’↑GC-PA. Stimola anche sintesi
globuli rossi.
• Azioni antiinfiammatorie e immunosoppressive
• Effetti sull’osso alterano il metabolismo osseo, ↑riassorbimento osseo,
in seguito alla sua azione di ↓assorbimento intestinale Ca2+ -
↓riassorbimento renale Ca2+. Entrambi questi meccanismi
↓[Ca2+]ematico, tale riduzione provoca ↑secrezione ormone
PARATIROIDEO (PTH), che mobilizza Ca2+ dall’osso. Inoltre i
glucocorticoidi inibiscono direttamente la funzione formazione osso,
tipica degli osteoblasti.
• Azione del cortisolo sul rene cortisolo inibise secrezione e azione
ormone ADH. Cortisolo determina ↑V FILTRAZIONE GLOMERULARE,
andando ad ↑GC e agendo direttamente sul rene.
• Azione cortisolo sul muscolo a livelli di cortisolo eccessivi, si possono
avere DEBOLEZZA-DOLORE MUSCOLARE. La debolezza può avere diverse
origini, ma in parte deriva dall’eccessiva PROTEOLISI, inoltre a livello
renale stimola ritenzione renale Sali, provocando IPOKALEMIA, che può
produrre debolezza muscolare in quanto iperpolarizza e stabilizza memb.
cell. musc. e perciò rende più difficoltosa la sua stimolazione.
Regolazione produzione cortisolo la produzione di cortisolo in questa zona è
regolata dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che si avvale dell’ormone
liberazione della corticotropina (CRH). Il cortisolo svolge poi feedback negativo
sull’IPOTALAMO-IPOFISI. Sia lo STRESS NEUROGENO che STRESS SITEMICO
(es.ipoglicemia, emorragia) stimolano liberazione cortisolo.
• Zona reticolare: è la zona corticale più interna dove i CORDONI vanno a formare
una rete. Gli ormoni prodotti sono l’ANDROSTENEDIONE e il
DEIDROEPIANDROSTERONE, sono ormoni ANDROGENI. Entrambi possono
essere convertiti in ESTROGENI (steroidi sessuali) x conversione periferica.

ZONA MIDOLLARE
È la parte centrale della SURRENALE ed è costituita da CELLULE VOLUMINOSE (cellule
cromaffini) organizzate in nidi. All’interno del citoplasma sono presenti vescicole
contenenti ormoni (catecolamine): NORADRENALINA (30%), ADRENALINA (70%).
La maggior parte dell’ADRENALINA in circolo proviene proprio dal SURRENE, mentre la
NA deriva x la maggior parte dalla terminazioni post-gangliari simpatiche.
Sintesi ADRENALINA la sintesi ha inizio a partire dalla TIROSINA che viene portata
all’interno delle CELL.CROMAFFINI. Dalla TIROSINA, attraverso una serie si reazione si
produce DOPA ..> DOPAMINA. La DOPAMINA viene poi incapsulata all’interno di
vescicole secretorie (GRANULI CROMAFFINI). All’interno dei granuli la DOPAMINA viene
tutta convertita a NA. La NA x la maggior parte fuoriesce dai granuli cromaffini e viene
metilata ad ADRENALINA.
La secrezione NA – A è regolata principalmente da segnali simpatici in risp a varie forme
di stress (att.fisica, ipoglicemia, ipovolemia emorragica). Il segnale chimico che induce
secrezione di queste catecolamine da parte del SURRENE è l’Ach, liberata da n.simpatici
pregangliari che si lega a rec.nicotinici delle cell.cromaffini. Ach aumenta att.enzimi che
permettono sintesi.

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Meccanismo azione catecolamine svolgono la loro azione legandosi a rec. α (1-2) – β


(1-2-3) ADRENERGICI. NA e A sono potenti agonisti rec. α - β1-β3, mentre è l’A ad
essere più potente della NA sui rec.β2.
In molti casi i segnali in uscita dalla midollare sono coordinati con l’att. del sist.nervoso
simpatico, il quale rilascia NA cn le sue fibre post-gangliari. Molti organi e tess. sono
influenzati dall’att.coordinata simpatico-midollare. Ad es. nei confronti dell’eser. fisico,
vengono messi in atto le risp. di “lotta e fuga” che caratterizza situazioni di paura:
stud.effetti pag.844.

REGOLAZIONE ORMONALE DEL METABOLISMO DEL CALCIO e


FOSFATO

Ca2+ - P nell’organismo svolgono la funzione di:


• importanti ruoli strutturali nei tess.duri
• ruolo regolatore nel METABOLISMO e VIE SEGNALAZIONE
La maggior parte del P si trova sottoforma di ac.fosforico (denominato FOSFATO
INORGANICO (Pi)). Ca-P presente in circolo deriva da M.SCH. e DIETA.

Ruoli fondamentli del Ca e P nella fisiologia della cellula


Ca2+ oltre alla quota di Ca proveniente dalla dieta, l’uomo possiede in cospiquo deposito
Ca2+ dal quale attingere (superiore 1Kg) x poter mantenere livelli normali Ca2+ nel
sangue nei periodi di ridotto apporto con la dieta e nei periodi in cui il suo fabbisogno
aumenta (es. gravidanza, allattamento).
Il Ca in circolo è presente in 3 forme:
• Ca2+ libero IONIZZATO
• Ca2+ legato a PROTEINE
• Ca2+ complessato con ANIONI (fosfati, HCO3-, citrato).
Circa il 50% del Ca2+ presente in circolo è in forma ionizzata e proprio questa forma è di
importanza fondamentale x molte funzioni cellulari, la [Ca2+] intra-extracellulare è
controllata in maniera accurata.
La [Ca2+] in circolo è mantenuta all’interno di una gamma piuttosto ristretta, grazie ad
una regolazione ormonale. Calcemia totale nell'adulto 9-10,7 mg/dl
Stati di IPO-IPERCALCEMIA possono provocare: DISFUNZIONI NEUROMUSCOLARI,
DISF.SNC, INSUFF.RENALE, CALCIFICAZIONE TESS.MOLLI, PATOLOGIE SCH.
Pi elemento essenziale nella dieta, ma anche presente nell’organismo in quanto
depositato nelle ossa sottoforma di complessi Ca2+. La maggior parte del Pi in circolo è
in forma libera ionizzata, ma anche legato con proteine e complessato con cationi. Tra
le funzioni svolte a livello intracellulare: legami ad alta energia ATP – provocano
fosforilazione/de fosforilazione proteine,lipidi,secondi mess., cofattori, che
rappresentano regolatori fondamentali di numerose vie metaboliche e trasmissione
dei segnali.

Regolazione fisiologica del Ca2+-Pi: ORMONE PARATIROIDEO (PTH) – 1,25-


DIIDROSSIVITAMINA D (CALCITRIOLO)
Sono i più importanti ormoni che assicurano mantenimento [Ca2+] – [Pi] nel sangue,

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entro livelli normali, e x tale ragione vengono definiti ormoni calciotropi.

Ormone PARATIROIDEO
Prodotto dalle GHIANDOLE PARATIROIDI, che sono 4 ghiandole a forma di “lenticchie”
poste sulla faccia posteriore dei lobi della TIROIDE, al di fuori della capsula, distinte in 2
superiori e 2 inferiori. Sono costituite da cellule principali paratiroidee organizzate in
CORDONI tra i quali decorrono CAPILLARI FENESTRATI. Tale cellule secernano PTH, che
svolge funzioni di ↑[Ca2+]ematico, agendo in particolar modo su osso-reni. A livello
renale, il PTH agisce stimolando la produzione di CALCITRIOLO.
Struttura e sintesi PTH è un ormone a 84aa che viene sintetizzato come prepro-PTH che
a sua volta viene convertito, attraverso processo proteolitico a pro-PTH e poi a PTH.
Il segnale principale che stimola la produzione di PTH è una ↓[Ca2+]ematico. Tale
concentrazione viene rilevata dalla presenza di un recettore sensibli al Ca2+ (CaSR)
(img.pag.793), presenti sulla memb. delle cellule principali delle paratiroidi, molto
sensibili a variazioni [Ca2+]extracellulare. Al contrario, l’eccesso Ca2+ extracellulare,
attiva delle vie di segnalazione che provoca inibizione secrezione PTH. Il quantitativo di
PTH immesso in circolo varia a seconda delle variazioni di Ca2+extracell.
La produzione PTH è anche regolata a livello GENICO, e sulla sua repressione agisce il
CALCITRIOLO.
Il recettore del PTH, al quale il PTH si lega, viene espresso negli osteoblasti dell’osso e
nei tubuli prossimali e distali del rene.

VITAMINA D
È un pro ormone che x essere attivata deve subire 2 reazioni di idrossilazione successive
che lo trasformano in CALCITRIOLO (1,25 DIIDROSSIVITAMINA D).

Struttura, sintesi e trasporto dei meatboliti attivi della vitamina D


La vit D è una vit liposolubile, esistono 5 dipologie di vit D. Di queste tipologie, la vit D3
(colecalciferolo) viene sintetizzata attraverso la conversione del 7-deidrocolesterolo a
opera dei raggi UVB della luce solare a livello deli strati più basali. Oppure la vit D3,
come anche la D2, può essere assorbita con la dieta. Il corretto bilancio tra vit D
assorbita con la dieta o derivante da UVB, è importante in particolari situazioni (chi sta
poco esposto alla luce).
La vit D3 viene trasportata dalla cute al fegato attraverso il circolo. La vit derivante dalla
dieta, arriva direttamente al fegato attraverso circolo portale (o indirettamente tramite
chilomicroni).
Nel fegato le vit D vengono convertite in 25-IDROSSIVITAMINA D. Tale molecola viene
espressa dal fegato a un livello relativamente costante.
La 25-IDROSSIVITAMINA D viene ulteriormente idrossilata nei TUBULI PROSS. del rene,
producendo 1,25-DIIDROSSIVITAMINA D, che costituisce la forma più attiva della vit D.
L’enzima che catalizza la reaz. di idrossilazione a livello renale è l’1α-idrossilasi, la
regolazione genica di questo enzima è determinato dalle [Ca2+]: ↓[Ca2+] stimolano
indirettamente l’espressione genica di questo enzima, andando ad ↑livelli PTH. Al
contrario ↑[Ca2+] provocano inibizione diretta. L’espressione di questo enzima è
stimolata anche da carenze Pi, attraverso meccanismo indipendente da PTH.
La vit D, essendo lipofila, si muove nel circolo ematico, legandosi ad una specifica

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Binding Protein.

Funzioni CALCITRIOLO ha un ruolo fondamentale nel:


• Assorbimento Ca2+
• Assorbimento Pi in misura minore, nel piccolo intestino
• Regola anche rimodellamento osso
• Riassorbimento renale Ca2+-Pi

Recettore del CALCITRIOLO esercita la propria azione, legandosi soprattutto al recettore


nucleare, perciò il legame CALCITRIOLO – RECETTORE, permette di regolare
l’espressione genica dei suoi tessuti bersaglio (piccolo intestino, osso, rene, ghiandole
paratiroidi). Le azioni da parte del CALCITRIOLO, si realizzano in un arco temporale di
ore-giorni, ma può avere anche effetti rapidi (es. induce rapido assorbimento Ca 2+ mel
duodeno).

REGOLAZIONE [Ca2+] e [Pi] a opera PICCOLO INTESTINO e OSSO


Trasporto del Ca2+ e Pi nel PICCOLO INTESTINO l’assorbimento di Ca2+ nel piccolo
intestino – duodeno è stimolato dal CALCITRIOLO. Il Ca2+ è riassorbito attraverso:
Una delle vie di assorbimento, prevede la presenza di un canale epiteliale del Ca
(TRPV5-TRPV-6). disposto sulla memb. apicale (lato lume). Il passaggio dal LUME
CITOSOL ENTEROCITA avviene secondo gradiente. Tale gradiente all’interno
dell’enterocita, viene mantenuto dal fatto che il Ca2+ si lega alla calbindina-D9K,
permettendo così di mantenere bassa [Ca2+]citoplasmatica. Il passaggio del Ca dal LUME
LATO SIEROSO avviene contro gradiente, grazie alla presenza sulla memb.basolaterale di
Ca2+-ATPasi. Il 1,25-DIIDROSSIVITAMINA D stimola l’espressione di tutti i questi
componenti implicati nell’assorbimento Ca2+.
L’assorbimento Pi nel digiuno è controllata solo in via secondaria dal CALCITRIOLO.

Gestione del Ca2+ e Pi da parte OSSO


L’osso contiente grandi quantità Ca2+-Pi. Una volta che nell’adulto si è raggiunta la max
quantità di osso, lo scheletro viene costantemente rimodellato attraverso
att.coordinata delle cell.ossee. Nei sogg. in salute, i processi di formazione ossea –
rimodellamento sono in equilibrio. (osso contiene circa 1kg di Ca2+). Il processo di
rimodellamento osseo può essere modulato in modo tale da provocare un aumento o
diminuzione del Ca2+ - Pi nel sangue. Questo processo è influenzato da att.fisica, età,
dieta, regolazione ormonale.

Risposta dell’ormone PARATIROIDEO e CALCITRIOLO a una condizione di IPOCALCEMIA


La ↓[Ca2+] ematico, viene ad essere rilevata dal CaSR delle cell.principali paratiroidi,
stimolando secrezione PTH. Il PTH agisce:
• A livello RENALE ↑riassorbimento di Ca2+ a livello tratto ascendente spesso
dell’Ansa Henle – Tubulo distale.
• A livello OSSEO il PTH stimola OSTEOBLASTI che secernano RANKL, un fattore
che attiva OSTEOCLASTI, con conseguente ↑RIASSORBIMENTO OSSEO e
↑rilascio Ca2+-Pi nel sangue.
Inoltre, il PTH - ↓[Ca2+] stimolano l’espressione dell’1alfa-idrossilasi a livello

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t.pross.rene e, di conseguenza, provocano un ↑produzione CALCITRIOLO., il quale agise


nel PICCOLO INTESTINO, stimolando assorbimento Ca2+. Questi effetti si verificano
nell’arco di ore e giorni e comportano l’aumento espressione di quegli elementi che
partecipano all’assorbimento intestinale Ca2+ (TRPV5-TRPV6-ecc). Altra azione del
CALCITIROLO è quella di andare ad amplificare azione OSTEOCLASTI, stimolando rilascio
RANKL.
Il CALCITRIOLO, nonostante sia prodotto dall’aumento concentrazione PTH, svolge un
feedback negativo sul PTH, andando ad inibire il gene x il PTH sia indirettamente che
direttamente, agendo sul CaSR. CALCITRIOLO reprime anche att. 1alfa-idrossilasi renale
perciò quando [Ca2+] ritorna a livelli nromalei, si ha una ↓ secrezione PTH e att. della
1alfa-idrossilasi.

ORMONI DEL PANCREAS ENDOCRINO

Le ISOLE DI LANGERHANS costituiscono la porzione endocrina del pancreas. Le ISOLE


sono composte da diversi tipi di cellule, ciascuno dei quali produce un ormone
differente. Tra queste cellule abbiamo:
CELLULE BETA costituiscono ¾ delle cell. delle isole e producono l’ormone INSULINA.
CELLULE ALFA costituiscono circa il 10% delle cell.isole e producono GLUCAGONE.
CELLULE DELTA 5% cell.isole e producono SOMATOSTATINA.
Ecc.
Il flusso ematico che irrora le isole è autonomo rispetto a quello che irrora il circostante
pancreas esocrino. Il sangue perfonde prima le CELL.BETA (che predominano al centro
isola) poi CELL. ALFA poi DELTA. Di conseguenza, se INSULINA è immessa in circolo,
quando il sangue passa x CELL.ALFA, INSULINA andrà ad inibire GLUCAGONE.

INSULINA
È il principale ormone anabolico ed è responsabile della REGOLAZIONE GLICEMIA.
L’insulina consegue questo obiettivo, promuovendo la captazione del glucosio e sua
utilizzazione nel MUSCOLO (dove viene ad essere immagazzinato come GLICOGENO
MUSCOLARE) – FEGATO (GLICOGENO EPATICO, inibendo la GLICOGENOLISI)..
L’insulina svolge anche altre funzioni: promuove SINTESI PROTEICA, inibisce
degradazione proteine tess.periferici – reprime LIPOLISI nel tess.adiposo – favorisce la
sintesi trigliceridi nel fegato e tess.adiposo.

Struttura sintesi e secrezione è un ormone proteico. L’insulina viene sintetizza


all’interno delle cell.BETA e immagazzinata in granuli secretori. Il contenuto dei granuli
viene rilasciato mediante esocitosi.
Il principale stimolo x la secrezione di INSULINA è il GLUCOSIO, il quale entra nella
CELL.BETA mediante GLUT 2. Una volta all’interno, il GLUCOSIO viene fosforilato in
GLUCOSIO-6-FOSFATO, attraverso GLUCOCHINASI (definita SENSORE DEL GLUCOSIO
della CELL.BETA). La VELOCITA’ INGRESSO glucosio è correlata direttamente con la
SECREZIONE di INSULINA.

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L’aumento di G6P determina un ↑ATP/ADP intracellulari che provoca chiusura CANALE


K+ sensibile ATP. Ciò provoca la depolarizzazione memb.cell.beta, che a sua volta
provoca apertura canali Ca2+ voltaggio-dipendenti. ↑[Ca2+]intracellulare attiva
ESOCITOSI granuli secretori contenenti INSULINA. Il rilascio di INSULINA avviene in
pochi min (FASE PRECOCE RILASCIO INSULINA. Se la stimolazione è continua, la
secrezione insulina si riduce nell’arco di circa 10 min x poi riprendere ad aumentare
lentamante x un periodo di circa 1 ora (FASE TARDIVA DEL RILASCIO INSULINA). Queste
2 fasi probabilmente sono dovute al fatto che nella prima fase si ha rilascio INSULINA
PREFORMATA, mentre nella tardiva il rilascio INSULINA NEOFORMATA.
I livelli di insulina cominciano ad aumentare entro 10 min dall’ingestione di cibo e
raggiungono un picco in 30-45min. L’aumento livelli sierici di insulina provocano rapido
abbassamento GLUCOSIO a livelli basali.
L’INSULINA viene degradata a opera insulinasi presente nel FEGATO, RENE,ecc. Poiché
l’INSULINA è secreta nella vena porta, passando x il fegato, subirà l’azione
dell’insulinasi. Di conseguenza avremo che circa metà dell’insulina viene degradata
prima che lasci il fegato. Perciò i tess. saranno esposti a circa metà della concentrazione
di insulina prodotta a livello epatico.
Altri segnali determinano rilascio di INSULINA parecchi aa – att.efferenze vagali (in
risp. all’assunzione cibo), provocano secrezione attraverso ↑[Ca2+]extracell.
Inibizione SECREZIONE INSULINA è inibita da recettori alfa2-adrenergici, che sono
attivata dall’ADRENALINA (proveniente MIDOLLARE SURRENE) e NORADRENALINA
(proveniente da fibre simp. Postgangliari). Questi rec. agiscono provocando ↓AMPc con
conseguente probabile chiusura canali Ca2+. L’inibizione adrenergica insulina serve a
proteggere dall’IPOGLICEMIA, specialmente durante att.fisica.

Recettore insulina (IR) è un omodimero, composto dai monomeri alfa/beta. La


SUBUNITA ALFA dipostate all’esterno memb. e contengono siti di legame dell’ormone.
Le SUB. BETA attraversano memb. e contengono tirosina chinasi sulla superficie
citosolica. Il legame INSULINA-IR induce sub unità beta a fosforilarsi reciprocamente su
3 residui tirosina. Questi residui fosfotirosinici reclutano 3 classi di proteine adattatrice.
La presenza di proteine adattatrici svolgono il segnale che permettono di indurre
inserzione trasportatore glucosio GLUT4 nelle memb. cell. muscolo – tess.adiposo.
Questi GLUT 4 nel m.sch. permette l’entrata di GLUCOSIO e l’immagazzinamento
sottoforma GLICOGENO MUSCOLARE.
L’insulina induce la down regulation del proprio rec. attraverso un processo di endocitosi
recettore, mediato dalle vie di degradazione.
Nel fegato, l’INSULINA inibisce il rilascio di GLUCAGONE, determinando
↓GLICOGENOLISI e ↑ GLICOGENOSINTESI - ↓GLUCONEOGENESI. Una volta che la
quantitò GLICOGENO è stata ricostituita, l’eccesso di glucosio viene convertito in
TRIGLICERIDI (LIPOGENESI).

GLUCAGONE
Dopo alcune ore dall’assuznione cibo il livello nutrienti sangue si rdiuce e perciò si riduce
anche secrezione INSULINA, con conseguente diminuzione effetti che insulina comporta
a livello epatico,muscolare, adiposo. La RIDUZIONE INSULINA provoca anche rimozione
INIBIZIONE SECREZIONE GLUCAGONE. Perciò nel periodo digestivo il fegato si trova

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esposto ad un ↑GLUCAGONE.
Il GLUCAGONE è il principale ormone contro regolatore che ↑livelli ematici del
glucosio, agendo sul fegato dove attiva GLICOGENOLISI/disattivando
GLICOGENOSINTESI – attiva GLUCONEOGENESI.

Struttura, sintesi e secrezione è un ormone proteico, costituito da 29aa. La sede


predominante di degradatazione del GLUCAGONE è il fegato (in grado di degradare fino
80% glucagone). Poiché il glucagone passa nella vena porta e raggiunge il fegato prima di
passare nel circolo sistemico, la maggior parte viene ad essere elminata prima di
raggiungere circolo sistemico. Il fegato è il principale organo bersaglio del GLUCAGONE,
che ha invece effetto modesto sui tess.perferici.
Parecchi fattori che stimolano INSULINA inibiscono GLUCAGONE. Il principale stimolo x
la secrezione di GLUCAGONE è la ↓glucosio ematico, che si instaura principalmente in
maneira indiretta x effetto rimozione inibizione esercitata dall’insulina. Le catecolamine
presenti in circolo, che inibiscono la secrezione insulina, stimolano secrezione
GLUCAGONE legandosi a recettori beta2-adrenergici. Anche gli aa promuovono rilascio
GLUCAGONE. Ciò comporta che dopo un pasto ricco di proteine, si ha aumento sia di
INSULINA che GLUCAGONE che protegge dall’insorgenza ipoglicemia. In un pasto ricco di
carboidrata invece, viene stimolata solo INSULINA.
Azione GLUCAGONE su fegato si lega ad un rec. di memb. a 7 passi, presente sugli
epatoci. Tale rec. è metabotropo e attiva PROTEINA G – ANDENILATO CICLASI – PKA -
↑GLICOGENOLISI - ↑GLUCONEOGENESI - ↓LIPOGENESI.
Azione GLUCAGONE su muscolo sch. nel m. non vi sono rec. x GLUCAGONE. Perciò si
attiva GLICOGENOLISI nel m.sch. in seguito a: mancanza INSULINA - ↑catecolamina (NA
– ADRENALINA). Queste catecolamine vengono rilasciate in condizioni di IPOGLICEMIA
CRONICA, attraverso meccanismo che prende origine dall’ipotalamo e agisce attraverso
SNA. Inoltre le catecolamine amplificano effetti GLUCAGONE su fegato.

Altri ormoni iperglicemizzanti sono ADRENALINA – NA, entrambe vengono sintetizzate


dalla MIDOLLARE SURRENE, mentre le TERMINAZIONI SIMPATICHE producono solo NA.
Queste 2 catecolamine si legano ai rec.beta-adrenergici del muscolo – tess.adiposo –
fegato, i quali, come i rec. del glucagone, provocano ↑AMPc intracell. Queste
catecolamine vengono rilasciate da una ↓[glucosio] – stress – att.fisica. ↓[glucosio]
viene rilevata principalmente da N.IPOTALAMICI, che inducono il sist.simpatico a
produrre CATECOLAMINE.

Valori glicemia a DIGIUNO 65-100 mg/dl


Valori glicemia POST-PASTO < 140mg/dl

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