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CELLULA EUCARIOTE
Le cellule eucariote, sono più complesse e più grandi rispetto a quelle procariote (10
volte + grandi). Caratteristica principale che contraddistingue le EUCARIOTI da
PROCARIOTI è la presenza del NUCLEO racchiuso all’interno della MEMB.PLASMATICA
(aspetto non è rispettato dagli ERITROCITI):
• MEMB.PLASMATICA: separa l’ambiente INTRACELLULARE da quello
EXTRACELLULARE.
Funzioni:
• trasporto selettivo molecole dentro-fuori cellula, attraverso PROTEINE DI
MEMB.
• comunicaz. Intercellulare attraverso RECETTORI proteici x
neurotrasmettitori-ormoni.
• Presenza di complessi proteici con att.enzimatica.
• Ecc.
STRUTTURA
All’interno della memb. ritroviamo LIPIDI – PROTEINE.
LIPIDI di memb. la memb. è composta da fosfolipidi (diversi tipi, elenco pag.6),
molecole anfipatiche , cioè caratterizzate da una testa “polare” e quindi idrofila e
due code “apolari” cioè idrofobe (non si dissolvono in acqua e non si associano
con sostanze idrofile) che formano un doppio strato fosfolipidico, in cui sono
immerse PROTEINE e altri componenti presenti in quantità minore. Nel doppio
strato fosfolipidico, le code dei fosfolipidi sono rivolte all’interno, mentre le teste
idrofile rivolte verso l’ambiente acquoso del versante interno ed esterno.
I fosfolipidi possono differire in termini di lunghezza delle catene di acidi grassi,
numero di doppi legami e presenza di gruppi polari (contenenti gruppi fosfato).
Le diverse tipologie di fosfolipidi, si dispongono in maniera diversa nella
costituzione della memb. (vedi tab.pag.6).
Altri LIPIDI presenti nella memb.:
Colesterolo (steroide): La sua struttura ciclica e rigida permette di svolgere un
ruolo di regolatore della fluidità della memb. cellulare, conferendogli
un’adeguata compattezza con la sua struttura ciclica, evitando così che la
membrana cristallizzi a basse temperature, perdendo la sua funzionalità biologica
(aumenta la stabilità meccanica e la flessibilità delle cellule, così facendo però
diminuisce la permeabilità a piccole cellule idrosolubili). Si trova in prossimità di
un acido grasso insaturo e la sua regione polare sporge nello strato acquoso
extracellulare.
Glicolipidi: tra i quali il GLICOSILFOSFATIDILINOSITOLO (GPI), svolge un ruolo
importante nell’ancorare le proteine al foglietto esterno. Anche in questo caso
regione polare sporge nella faccia esterna, mentre la parte idrofobica si trova
all’intero.
• Interazione dei gruppi negativi dei fosfolipidi (gruppo fosfato) con ioni Ca+
+
• NUCLEO: contiene la maggior parte del materiale genetico della cellula (DNA), e svolge
varie funzioni:
• è la sede della replicazione del DNA;
• controlla le attività cellulari;
• assemblaggio dei ribosomi a partire da RNA e proteine specifiche che
avviene in specifiche regioni detti: nucleoli
Inoltre nella EUCARIOTE sono presenti molti altri organelli citoplasmatici immersi
appunto nel CITOPLASMA:
• Citoplasma:
• Mitocondri: I mitocondri sono la sede della respirazione cellulare.
Da un punto di vista strutturale hanno 2 membrane:
• membrana esterna liscia e protettiva, offre poca resistenza al passaggio
di sostanze verso e dà il mitocondrio.
• membrana interna che esercita un controllo molto più stretto su ciò che
entra ed esce dalla matrice mitocondriale, la quale contiene quegli
enzimi che permettono di svolgere il ciclo dell’acido citrico – beta
ossidazione – ossidazione amminoacidi – ciclo urea. Tale membrane
tende poi a ripiegarsi verso l’interno in molti punti dando origine a
strutture che vengono chiamate creste mitocondriali, sulle quali sono
presenti complessi enzimatici che andranno a costituire la CATENA
TRASPORTO DEGLI ELETTRONI e sui quali avviene il processo di
fosforilazione ossidativa.
All’interno della matrice è anche presente del DNA ciclico che comprende 16.659
nucleotidi, ed è composto da 37 geni. I geni mitocondriali, nell’uomo, sono
ereditati per linea materna, in assenza di mutazioni il DNA della madre è identico
a quello del figlio, e così per le generazioni successive, per i discendenti di linea
materna. Il mtDNA svolge funzioni di codifica numerosi enzimi necessari alla
fosforilazione ossidativa – codifica RNA necessario x trascrizione e traslazione
mtDNA – responsabile processi patogeni in seguito a mutazione mtDNA –
coopera con genoma nucleare nell’espressione di geni nucleari-mitocondriali –
ecc.
• Ret.endoplasmatico ruvido: è un’estesa rete membranaria presente in tutto il
citoplasma, ed è particolarmente sviluppato nelle cellule che producono e
secernono proteine. La sua caratteristica rugosa è dovuta alla presenza sulla
superficie della memb. dei RIBOSOMI.
In questo organello vengono espletate le funzioni di traslazione mRNA e la
modificazione post-traslazionale delle proteine destinate ad essere secrete dalla
cellula.
• Ret.endoplasmatico liscio: mancano i ribosomi, determinando una superficie
LISCAI. All’interno del lume del REL, possono entrare le proteine sintetizzate del
RER che subiscono delle modifiche conformazionali; oltretutto il REL svolge altre
importanti funzione come quello di sintesi di lipidi e ormoni steroidei ed è
responsabile della detossificazione da farmaci e veleni.
Nel muscolo scheletrico e cardiaco, prende il nome di RET.SARCOPLASMATICO
LISCIO e svolge la funzione di coordinare la contrazione muscolare,
immagazzinando ioni Ca2+ e rilasciandoli.
• Apparato Golgi: è costituito da cisterne appiattite, definite sacculi e da piccole
vescicole racchiuse da membrana, definite vescicole del Golgi.
TRASPORTO VESCICOLARE
Il trasporto vescicolare è un ulteriore meccanismo adottato da alcune cellule, x il
trasporto all’INTERNO e all’ESTERNO della cellula. Questo meccanismo si serve di
VESCICOLE, prodotte da porzioni di memb.cell., x imprigionare al suo interno i vari
SOLUTI in maniera tale da non permettere interaz. citoplasmatiche.
A seconda che il trasporto determina l’ENTRATA o l’USCITA dei soluti dalla cellula,
distinguiamo: ENDOCITOSI – ESOCITOSI.
ESOCITOSI con questo meccanismo vengono imprigionati SOLUTI, prodotti dalle cellula,
all’interno di VESCICOLE isolandoli dalle possibili interazione citoplasmatiche. Il
contenuto verrà poi riversato nell’AMB.EXTRACELLULARE grazie alla fusione delle
VESCICOLE con la MEMB.PLASMATICA.
Possiamo distinguere 2 tipologie:
• esocitosi COSTITUTIVA avviene nelle PLASMACELLULE e FIBROBLASTI x la
secrezione di IMMUNOGLOBULINA e COLLAGENE.
• esocitosi REGOLATA REGOLATA in quanto l’ESOCITOSI è attivata in seguito ad
uno specifico stimolo. Meccanismo tipico delle CELLULE GHIAND.ENDOCRINE –
NEURONI – CELLULE GHIAND.ESOCRINE x la secrezione rispettivamente di
ORMONI – NEUROTRASMETTITORI – ENZIMI (di varia natura). Questi prodotti
una volta sintetizzati vengono accumulati in VESCICOLE nel citoplasma, fino a che
uno specifico stimolo (ORMONALE – NEURONALE) ne determina la secrezione
che consiste nella fusione della VESCICOLA con la memb.plasmatica e il
riversamento del contenuto nell’AMB.EXRACELLULARE.
TRASPORTO PASSIVO
Definito PASSIVO, in quanto è un meccanismo di trasporto che avviene
spontaneamente, sfruttando la forza derivante dal GRADIENTE ELETTROCHIMICO: le
molecole diffondono spontaneamente.
GRADIENTE CHIMICO indica la differenza di CONCENTRAZIONE di MOLECOLE tra una
zona ed un’altra. Questa situazione induce la tendenza al trasferimento di MOLECOLE
dalla parte a maggior concentrazione minor concentrazione.
GRADIENTE ELETTRICO indica la differenza di CONCENTRAZIONE di MOLECOLE
CARICHE (ioni) tra la porzione intra-extra cellulare. Ciò comporta la produzione di una
differenza di potenziale tra i 2 compartimenti, con tendenza delle cariche a passare da
una parte all’altra del compartimento x ristabilire la differenza di potenziale.
TRASPORTO ATTIVO
Meccanismo che avviene CONTRO GRADIENTE. Per poter essere realizzato sarà
necessario fornire energia. Le modalità con le quali può essere ricavata ENERGIA,
denota 2 tipologie di trasporto:
• Trasporto attivo PRIMARIO è adottato dai TRASPORTATORI ATPdipendenti, i
quali utilizzano l’energia derivante dall’idrolisi ATP x permettere il trasporto
attivo delle molecole.
• Trasporto attivo SECONDARIO adottati dai TRASPORTATORI DI SOLUTI in
modalità ANTIPORTO, i quali sfruttano l’energia derivante dal passaggio secondo
gradiente di certe molecole, x permettere il trasporto attivo di quelle molecole
contro gradiente.
Cap.2
OMEOSTASI LIQUIDI CORPOREI
EQUILIBRIO dell’H2O ogni giorno vengono ingeriti vari volumi di liquidi e viene prodotta
acqua dal metabolismo cellulare. L’H2O NON viene assunta ed espulsa giornalmente in
maniera costante, nonostante ciò il corpo mantiene ogni giorni EQUILIBRIO STEADY
STATE H2O, facendo corrispondere precisamente la quantità persa con quella assunta.
In particolar modo, il corpo controlla il proprio contenuto di H2O attraverso variazioni
OSMOLALITA’ (num.molecole disciolte in 1kg solvente) LEC quando viene assunta
↑H2O ↓OSMOLALITA’ quando invece ↓H2O ↑OSMOLALITA’.
Il SET POINT è geneticamente predeterminato x ciascun soggetto e le variazioni di
osmolalità sono monitorate da cellule dell’IPOTALAMO ed ogni variazione dal valore di
riferimento attiva segnali ormonali e neurali (es.pag.22).
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Essendoci canali x specifici ioni, a seconda delle situazioni potremo avere APERTI
certi canali e CHIUSI altri, influenzando il Vm: nella maggior parte delle cellule a
riposo la memb. ha un alta conduttanza x K+ (cioè tanti canali selettivi K+ aperti),
permettendo la fuoriuscita di K+ SECONDO GRADIENTE e quindi un Vm negativo
[-Vm ≈ -60mV]. Nelle cellule eccitabili, con l’avvio del POTENZIALE D’AZIONE si
ha un’ alta conduttanza x Na+ (si aprono i canali selettivi Na+) permettendo
l’entrata degli Na+ e quindi una depolarizzazione della cellula [+Vm].
Nei casi di alta conduttanza x K+ si può arrivare fino ad un max di -90,8mV.
Nei casi di alta conduttanza x Na+ si può arrivare fino ad un max di +66,6mV.
Cap.3
TRASDUZIONE DEL SEGNALE – RECETTORI DI MEMBRANA
La corretta FUNZIONE CELLULARE espletata dalle cellule, è possibile grazie ad una
comunicazione tra cellule (comunicazione intracellulare). Per questa comunicazione si
realizzano MESSAGGERI CHIMICI esterni (ormoni - neurotrasmettitori - fattori di
crescita – sostanze odorose – prodotti metabolismo cell.). Le funzioni cellulari sono
anche coordinate grazie a MESSAGGERI FISICI esterni (luce - stimoli meccanici-termici)
RECETTORI
Tutte le molecole di segnale, x poter espletare la loro funzione di MESSAGGERO,
necessitano di un’interazione con uno SPECIFCO RECETTORE. Tali recettori agiscono
come trasduttori, convertendo l’interazione LIGANDO-RECETTORE in segnali
intracellulari che influenzano il funzionamento cellulare.
Diverse vie di trasduzione del segnale dal momento che l’ORMONE si lega al
RECETTORE, il segnale viene trasferito all’interno della cellula e destinato alle PROTEINE
BERSAGLIO, grazie a proteine intracellulari di segnale, le quali costituiscono complesse
reti intracellulare (img.pag.45). Questa complessa rete di segnalazione, incrementa la
velocità-efficienza-specificità del segnale.
Alcune delle proteine delle vie di segnalazione intracellulare trasmettono il segnale:
• trasferendolo da una proteina all’altra
• da una regione all’altra (es. citosol nucleo)
• altre amplificano il segnale producendo ulteriori quantità di molecole segnale o
attivando un vasto numero di proteine segnalazione a valle.
I messaggeri intracellulari (secondari) utilizzati possono essere AMPc – GMPc – Ca2+ -
diacilglicerolo (DAG).
Le cellule sono in grado di modificare la sensibilità a un segnale mediante adattamento
o desensibilizzazione: ciò significa che l’esposizione prolungata a un ORMONE induce nel
tempo ad una diminuzione della risposta cellulare. Tale diminuzione è dovuta ad una
riduzione num. recettori espressi nella memb. plasmatica – inattivaz. Recettori
(MECCANISMO GRK–βarrestine) modificazioni proteine segnale che mediano effetto a
valle dei recettori. L’adattamento consente alle cellule di rispondere alle variazioni dei
livelli ormonali piuttosto che a livelli assoluti.
Si suddividono 2 tipologie di RECETTORI:
• Recettori della memb.plasmatica: si riconoscono 4 tipologie di recettori di
membrana (img.pag.42):
• Recettori legali ai CANALI IONICI (IONOTROPI): i neurotrasmettitori si
legano ai recettori e aprono – chiudono il canale. In questo modo si va a
modificare la permeabilità della memb. agli ioni e il potenziale di memb.,
convertendo un SEGNALE CHIMICO (neurotrasmettitori) in SEGNALE
ELETTRICO (modificazione potenziale memb.) (es.pag.44).
• Recettori accoppiati a PROTEINE G (METABOTROPI) (img.pag.112): sono
recettori accoppiati ad una proteine G eterotrimerica dotate di sub unità
alfa-beta-gamma. Il recettore presenta nella porzione extracellulare il sito
legame x LIGANDO, mentre in quella intracellulare quello x la proteina G
(la maggior parte dei farmaci non antibiotici, è diretta contro questa
tipologia di recettori). La proteine G svolge un ruolo di mediazione tra
RECETTORE-PROTEINA BERSAGLIO. Queste sub unità sono in grado di
assemblarsi in centinaia di combinazioni differenti, a seconda del tipo di
RECETTORI – EFFETTORI.
La PROTEINA G è ancorata alla membrana, sulla quale può muoversi
senza però staccarsi.
Attività PROTEINA G:
In breve, il legame LIGANDO-RECETTORE va a stimolare la PROTEINA G
che a sua volta inbisce o attiva le PROTEINE BERSAGLIO che possono
essere enzimi o canale ionici.
In particolare:
Assenza di ligando proteine G sono INATTIVE e presentano il complesso
eterotrimerico dotato nella sub unità alfa di GDP.
• Attivazione proteina G il LIGANDO si lega al RECETTORE e
quest’ultimo andrà ad interagire con il complesso alfa-beta-
gamma, inducendo una modificazione conformazionale che
promuove il rilascio di GDP e permette alla sub unità alfa il
MUSCOLO SCHELETRICO
È sotto il controllo VOLONTARIO, agisce sullo SCHELETRO permettendo: locomozione,
mantenimento postura, linguaggio, respirazione.
CONTROLLO ATT.MUSC.SCH.
Nervi motori il musc.scheletrico è controllato dal SNC. In particolare ogni musc.sch. è
innervato da un motoneurone α, i cui corpi cellulari hanno sede nel corno ventrale del
MS. Dal CORNO VENTRALE si originano gli assoni che fuoriescono dal MS, passando x la
RADICE ANTERIORE. Queste fibre motorie si uniscono alle FIBRE SENSITIVE derivanti
dalla RADICE POSTERIORE formando i NERVI SPINALI. Questo FASCIO NERVOSO MISTO
raggiungerà la periferia. I NERVI MOTORI si ramificheranno in prossimità del muscolo e
ciascun ramo andrà ad innervare una singola fibra muscolare. La connessione FIBRA
NERVOSA-MUSCOLO determina la giunzione neuromuscolare.
Unità motorie Tutti i RAMI NERVOSI che derivano da un singolo motoneurone alfa e le
FIBRE MUSCOLARI innervate, formano l’UNITA’ MOTORIA. Essa è l’unità funzionale
contrattile, poiché quando il MOTONEURONE ALFA manda l’impulso, tutte le FIBRE
MUSCOLARI, innervate dai suoi rami (e quindi costituenti l’unità motoria) si contraggono
in maniera sincrona.
A seconda della funzioni svolte dal muscolo (MOVIMENTI FINI – GROSSOLANI), varia la
grandezza delle UNITA’ MOTORIE:
• MOVIMENTI FINI UNITA’ MOTRICI piccole (poche ramificazione del
motoneurone, quindi poche fibre muscolare innervate da 1 motoneurone alfa)
(es.muscoli occhio)
• MOVIMENTI GROSSOLANI UNITA’ MOTRICI grandi (es.muscoli arti)
Il numero di unità motorie attivate, determina il GRADO DI CONTRAZIONE.
Considerando che queste unità sono distribuite omogeneamente nel muscolo, la
tensione generata da un muscolo è uniforme anche quando sono attive POCHE UNITA’
MOTORIE.
MINORE è il NUMERO DI FIBRE/UNITA’ MOTORIE, tanto più precisamente può essere
controllata la FORZA MUSCOLARE.
CALSEQUESTRINA.
• JUNCTION posta nella memb. delle CISTERNE TERMINALI e legano RYR –
CALSEQUESTRINA.
• HRC proteina calcio fissante a bassa affinità. È localizzata nel lume delle
CISTERNE TERMINALI a concentrazioni minori rispetto alla CALSEQUESTRINA.
EVENTO CONTRATTILE
Interazione ACTINA-MIOSINA: formazione PONTI TRASVERSALI
La CONTRAZIONE x poter avvenire ha bisogno di un ↑[Ca2+]. La FORZA (tensione)
sviluppata dall’evento contrattile aumenta all’aumentare delle concentrazioni di [Ca2+],
con andamento sigmoideo (grafico pag.276).
Meccanismo con il quale Ca2+ aumenta TENSIONE il Ca2+ legandosi alla troponina C,
determina un cambiamento nella conformazione dell’intera molecola che modifica la
posizione della TROPOMIOSINA, esponendo i siti di interazione ACTINA-MIOSINA,
formando così un PONTE TRASVERSALE (si genera tensione).
In seguito alla stretta vicinanza tra molecole di TROPOMIOSINA CONTIGUE, al momento
in cui una unità di TROPOMIOSINA modifica la sua posizione, si ha un’influenza anche
sulla molecola di TROPOMIOSINA contingua, esponendo i suoi siti di interazione ACT-
MIOS.
Meccanismo contrazione
4 fasi TEORIA DELLO SLITTAMENTO DEI FILAMENTI
• Nelle condizioni di RIPOSO ACT-MIO non interagiscono in seguito alla presenza di
TROPOMIOSINA che maschera i siti di interazione. In questo stadio la MIOSINA
presenta nel sito specifico x l’ATP: ADP-Pi.
• Una volta che il Ca2+ diffonde tra le miofibrille e si lega alla TROPONINA C,
determinando un cambiamento di conformazione. Cambiando conformazione, la
TROPONINA C modifica anche la posizione della TROPOMIOSINA, smascherando
i siti di interazione ACT-MIOS.
A questo punto la MIOSINA va a legarsi con l’ACTINA, tramite il sito specifico x
l’actina, costituendo un PONTE TRASVERSALE.
• Da questo legame la TESTA MIOSINICA subisce un cambiamento di
conformazione con conseguente rilascio di ADP-Pi. Il distacco di ADP+Pi
determina la flessione della TESTA MIOSINICA, che esercita una trazione sul
FILAMENTO DI ACTINA, spingendolo verso il CENTRO del sarcomero (AZIONE DI
RACHET). Tale azione è possibile in seguito all’orientamento bipolare della
miosina
• Il distacco dell’ADP dalla TESTA MIOSINA libera il sito di interazione x ATP e
immediatamente un nuova ATP si lega alla TESTA MIOSINA. Questo evento
riduce l’affinità della MIOSINA x ACTINA, determinando il distacco della TESTA
MIOSINA da ACTINA.
La MIOSINA idrolizzerà ATP ADP + Pi e parte dell’energia viene utilizzata x
riportare la TESTA MIOSINA nella posizione di riposo.
Se i livelli di Ca2+ nel mioplasma sono ancora ELEVATI si ha un altro ciclo, con
formazione di ulteriori PONTI TRASVERSALI, producendo ulteriori contrazioni del
muscolo. L’AZIONE DI RACHET è in grado di muovere il FILAMENTO SOTTILE di circa
10nm.
Il ciclo continua fino a quando il SERCA sequestra Ca2+ nel RS, abbassando i livelli di Ca2+
intracellulare e provocando la dissociazione del Ca2+ dalla TROPONINA C. Questo evento
provoca il ritorno nella conformazione iniziale della TROPONINA C e conseguentemente
anche della TROPOMIOSINA che andrà mascherare i siti di interazione ACT – MIOS.
Cosa succede se l’ATP si esaurisce? l’esaurimento di ATP (come si verifica con la morte),
blocca il ciclo nella FASE 3, cioè si formano i complessi ACT – MIOS. in maniera
Reclutamento
Per sviluppare una forza maggiore si dovranno reclutare maggiori fibre muscolari il che
significa attivare maggiori UNITA’ MOTORIE. In una contrazione vanno ad essere
reclutate x prime le UNITA’ MOTRICI scossa lenta, se è necessaria una forza
progressivamente maggiore, vengono reclutate le UNITA’ MOTRICI scossa rapida. La
selezione di questa sequenza è dovuta al tipo di innervazione, le FIBRE LENTE
presentano una fibra nervosa con un diametro più piccolo rispetto a quelle che
innervano le RAPIDE, ciò consente una depolarizzazione più rapida.
Questo reclutamento delle unità motrici prende il nome di principio delle dimensioni.
Quando viene attivata una sinapsi eccitatoria nella memb.postsinaptica si ha l’apertura
di canali e ciò provoca la comparsa di una corrente post-sinaptica (EPSC). EPSC di
uguale intensità generano a livello del cono di emergenza dei piccoli motoneuroni,
VARIAZ. DI POT. più ampie di quelle generate a livello dei motoneuroni di maggiori
dimensioni tutto ciò in conseguenza alla legge di Ohm (V=RI), dove i motoneuroni più
piccoli presentano una maggiore R rispetto ai motoneuroni più grandi. Perciò, se si tiene
conto che i pot.post-sinaptici eccitatori (EPSP) a livello del SNC sono piccoli e che x
raggiungere la soglia x l’insorgenza del PA debbono potersi sommare, è facile rendersi
conto del fatto che, mano a mano che aumenta il livello dei segnali sinaptici, la
conseguente depolarizzazione raggiungerà la SOGLIA DI SCARICA dapprima nei
Perché si produce una forza minore quando non si raggiunge il tetano? Perché,
nonostante il QUANTITATIVO di Ca2+ rilasciato in UN POTENZIALE è lo stesso che si ha
nella fase di TETANO, esso va ad essere subito RISEQUESTRATO, non dando il tempo
sufficiente agli elementi contrattili di poter stirare completamente la COMPONENTE
ELASTICA in serie del muscolo, di conseguenza la forza sviluppata risulta inferiore
rispetto a quella sviluppata nel TETANO.
Nel tetano invece, vengono inviati impulsi con una frequenza maggiore, incrementando
la durata di Ca2+ intracellulare, ciò consente al muscolo di stirare la componente
elastica e di esprimere la piena forza contrattile.
Per componente elastica in serie non si intende un elemento preciso, un’ipotetica fonte è
la stessa molecola di miosina, è tuttavia probabile che ci siano altre fonti dell’elemento
elastico in serie (tess.conettivo – titina).
La regolazione della FREQ.DI SCARICA MOTONEURONI è quindi il meccanismo che
permette di regolare la F muscolare.
TONO MUSCOLARE
A riposo, la muscolatura prevede un certo grado di consistenza (tono muscolare),
dovuta a bassi livelli att.contrattile presenti in alcune unità motrici e dovute a riflessi
originati dai FUSI NEUROMUSCOLARI. Il TONO MUSCOLARE stabilizza le articolazioni e
mantiene la postura.
DEBITO OSSIGENO
Durante un esercizio intenso, l’energia fornita dalla FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA non è
sufficiente a soddisfare le richieste energetiche, innescando il MECCANISMO
ANAEROBICO (GLICOLISI) che nell’unità di tempo permette di ottenere quantitativi di
ATP 5 volte superiori rispetto a quelli di derivazione OSSIDATIVA. Il quantitativo di
energia derivante da quest’ultimo meccanismo provoca il DEBITO DI OSSIGENO, una
condizione nella quale la respirazione, al termine dell’esercizio, permane al di sopra dei
livelli di riposo al fine di pagare questo debito. Il consumo extra di O durante questa fase
di recupero serve x rimpiazzare i livelli dei metaboliti (fosfocreatina – ATP), x
metabolizzare il prodotto della glicolisi (LATTATO) attraverso il meccanismo piuttosto
dispendioso della GLUCONEOGENESI, il quale converte LATTATO GLUCOSIO, ma anche x
rifornire ATP il cuore e polmoni, i quali hanno aumentato la loro attività x permettere a
sua volta di distribuire O ai vari tessuti.
Il debito O risulta notevolmente maggiore durante l’esercizio fisico intenso, quando cioè
vengono chiamate in causa UNITA’ MOTRICI RAPIDE, ma si ha anche un certo debito di O
nel lavoro moderato, in quanto le UNITA’ MOTRICI LENTE consumano comunque una
quantità considerevole di ATP (grafico pag.283).
FATICA
Non è il risultato dell’esaurimento di riserve energetiche, ma invece sembrano essere
fattori importanti x l’insorgenza della fatica, i prodotti del metabolismo:
• Accumulo mioplasma ACIDO LATTICO accumulo a livelli elevati (15-26mM),
determina ↓pH mioplasmatico (da 7 a 6,2), producendo come effeto: inibizione
interaz. ACT.-MIO. – riduce sensibilità interaz. ACT-MIO – Ca2+ in seguito a
FATICA nel TETANO MUSCOLARE (nel quale si sviluppa la max forza del muscolo)
In brevi periodi di TETANO MUSCOLARE, la max tensione muscolare sviluppata può
essere mantenuta per un breve tempo, x poi assistere ad un rapido decadimento della
F/Tensione fino ad un livello che può essere mantenuto x lungo tempo (grafico pag.284),
ciò è dovuto al rapido e quasi totale esaurimento UNITA’ MOTRICI RAPIDE (insorgenza
FATICA nelle FIBRE RAPIDE), mentre le LENTE, avendo un grado di resistenza alla fatica
maggiore, rimangono attive e permettono il mantenimento del livello (F/tensione)
raggiunto x un lungo tempo.
CRESCITA E SVILUPPO
Tipo di FIBRE MUSCOLARI determinate da FIBRE NERVOSE
Alla nascita, le cellule muscolari prima di essere innervate presentano una struttura del
tipo I con recettori x l’acetilcolina distribuiti x tutto il sarcolemma e risultano
ipersensibili a quel neurotrasmettitore. Una PLACCA MOTRICE si forma quando il
terminale nervoso in crescita stabilisce un contatto con la cellula muscolare, a quel
punto la cellula (essendo innervata da una sola fibra nervosa) non si associa con altre
fibre nervose, e i recettori x l’acetilcolina iniziano a concentrarsi a livello della PLACCA
MOTRICE.
Il tipo di fibra muscolare è determinato dalle fibre nervose da cui vengono innervate:
MOTONEURONE PICCOLE DIMENSIONE le piccole dimensione della fibra nervosa
permette di DEPOLARIZZARSI (maggiore eccitabilità) prima delle fibre nervose che
innervano UNITA’ MOTRICI RAPIDE, di conseguenza tale fibra nervosa induce una
maggior frequenza di contrazione alla cellula muscolare, stimolandola a produrre
mitocondri e sintetizzare l’isoforma lenta della miosina. fibra LENTA.
MOTONEURONE GRANDI DIMENSIONI la dimensione grande della fibra nervosa
permette di DEPOLARIZZARSI più in ritardo (minor eccitabilità) rispetto alle fibre nervose
che innervano UNITA’ MOTRICI LENTE. Questa MINORE ECCITABILITA’, e quindi minore
frequenza di contrazione, produce come effetto: pochi mitocondri determinando la
dipendenza da un meccanismo energetico ANAEROBICO, che induce una elevata
concentrazioni enzimi glicolitici fibra VELOCE.
Altro fattore che può influire sull’espressione del fenotipo muscolare è la concentrazione
intracellulare Ca2+: FIBRE LENTE a riposo hanno ↑Ca2+ rispetto a FIBRE RAPIDE.
Per mantenere una normale crescita e sviluppo, i muscoli devono essere usati e devono
sopportare carichi. Questo perché, muscoli immobilizzati perdono la loro massa
determinando atrofia muscolare che a va ad influire sull’inibizione della SINTESI
PROTEICA e sulla degradazione proteica.
Le UNITA’ MOTRICI LENTE si atrofizzano più rapidamente rispetto alle RAPIDE
determinando una riduzione FORZA MASSIMA TETANICA e un incremento MAX
VELOCITA’ ACCORCIAMENTO in seguito all’espressione in queste fibre dell’isoforma
veloce della miosina.
Perché i maschi x natura presentano una muscolatura maggiore rispetto alle femmine?
In seguito a produzione nell’uomo del TESTOSTERONE, il quale è responsabile della
maggiore massa muscolare. (utilizzo STEROIDI-ANABOLIZZANTI in ambito sportivo leggi
pag.285).
Relazione FORZA-VELOCITA’
La VELOCITA’ con cui si accorcia un muscolo, dipende fortemente dalla quantità di
FORZA che il muscolo deve sviluppare. In assenza di carico, la forza sviluppata viene
MUSCOLO LISCIO
Costituiscono una componente fondamentale degli organi cavi e la contrazione di tale
muscolatura serve a modificare le dimensioni dell’organo che può determinare sia la
propensione del suo contenuto (es.peristalsi intestinale) - sia un incremento della
resistenza al flusso (es.vasocostrizione).
Vista la complessità del m.liscio, esistono diverse tipologie di classificazione, tra le quali:
classificaz. in:
UNITARIO le cell. muscolari lisce sono elettricamente accoppiate in modo tale che la
stimolazione elettrica di una cellula è seguita dalla stimolazione delle cell.muscolari lisce
vicine, provocando un’onda di contrazione (es. come peristalsi intestinale). Tale onda
può essere iniziata nel m.liscio unitario da CELLULE PACEMAKER (sono cell.m.lisce che
esibiscono DEPOLARIZZ. SPONTANEA).
MULTIUNITARIO non sono elettricamente accoppiate (la stimolaz. Di una cellula, non
provoca necessariamente l’attivaz. Cell. musc. lisce contigue).
Altra classificaz. in base att.contrattile:
CELL. M.LISCE TIPO FASICO si contraggono ritimicamente o intermittentemente
(es.cell.parete gastrointestinale). Corrispondono al tipo UNITARIO, perché queste cell. si
contraggono in risp. a PA che si propagano da cellula a cellula.
CELL.M.LISCE TIPO TONICO sono continuamente attive (es.m. pareti vie sanguigne, vie
aeree). Questa continua attività è garantita da una capacità contrattile che differisce in
parte da quella del m.liscio tipo fasico, ma permettono di mantenere la forza con un
BASSO costo energetio. Corrispondono al tipo MULTIUNITARIO.
STRUTTURE CELL.M.LISCE
Le cell. muscolari tipicamente formano strati attorno agli organi cavi e presentano forme
diverse a seconda della funzione che si trovano a svolgere.
I vasi sanguigni presentano cell.muscolari tubulari disposte in maniera circolare, in
modo tale che la loro contrazione possa determinare una riduzione del diamentro del
condotto (img.pag.308 A).
Nel tratto gastro-intestinale è presente una struttura più complessa, dove gli strati di
m.liscio sono disposti circolarmente e longitudinalmente e permettono di espletare
l’att.meccanica di mescolare il contenuto e farlo progredire nel proseguo dell’apparato
(img.pag.308 B). Ecc.
In tutti gli organi cavi il muscolo liscio è separato dalla sost. presente all’interno degli
organi cavi, dall’interposizione di altri elementi cellulari (es. endotelio vascolare –
epitelio digerente –ecc). Inoltre all’interno della parete degli organi cavi è presente
diverso tess.connettivo, che contribuisce in buona misura alla tensione della parete
quando il volume dell’organo incrementa.
Contatti cellula-cellula
Invece che connettersi ai tendini (come m.sch.), le cell.m.lisce (e cardiache) sono unite
tra loro attraverso connessioni meccaniche – giunz. specifiche. Oltre ad essere connesse
meccanicamente, si devono anche attivare contemporaneamente allo stesso livello.
Questo legame MECCANICO-FUNZIONALE è cruciale x il funzionamento del m.liscio se
questo fenomeno non si verificasse, la contrazione in una regione di un organo cavo
Cellule e membrane
Internamente le cell.m.lisce presentano delle piccole formazioni circolari a sacco
chiamate CAVEOLE (img.pag.311), le quali sono invaginazione del sarcolemma che
hanno la funzione di incrementare superficie-volume della cellula. Queste CAVEOLE
sono spesso giustapposte (avvicinamento di elementi che non si fondono) al sottostante RS.
Tra CAVEOLE – RS è presente però una lacuna. Inoltre, la presenza in prossimità del RS-
CAVEOLE di proteine fissanti Ca2+, hanno fatto ipotizzare alla possibilità che questa
struttura contribuisca alla regolaz. della concentrazione Ca2+intracellulare.
Il RS si distribuisce all’interno della cellula come una rete, ed ha la funzione di riserva
Ca2+, dalla quale può essere mobilitata x essere immesso nel MIOPLASMA. Tale
trasferimento avviene in seguito al legame di SEGNALI CHIMICI (ormoni,
neurotrasmettitori, ecc) ai RECETTORI SARCOLEMMARI.
Il Ca2+ fuoriesce dal RS attraverso la presenza sulla memb. del reticolo del:
Recettore della RIANODINA simile a quello presente nel m.scheletrico. Viene attivato in
seguito all’aumento concentrazione Ca2+ intracellulare, entrato attraverso il
sarcolemma.
Canali Ca2+ regolati dall’inositolo 1,4,5-trifosfato (InsP3) attivato dal InsP3, prodotto
quando l’ORMONE si lega al RECETTORE SARCOLEMMARE.
La diminuzione della concentrazione del Ca2+ mio plasmatico, avviene (come x il m.sch.)
grazie ad un sequestro di Ca2+ dal mioplasma, in seguito all’azione del SERCA del RS, e
ad una espulsione del Ca2+ dalla cellula, mediante antiporto 3Na+-1Ca2+ e Ca2+ATPasi
sarcolemmare.
Apparato contrattile
La disposizione dei filamenti contrattili del m.liscio non determina la tipica striatura che
caratterizza invece le cell.m.sch.. Nonostante ciò, essi si organizzano in UNITA’
CONTRATTILI che sono l’analogo dei sarcomeri: le fibre m.lisce, possiedono ACTINA e
TROPOMIOSINA con la stessa struttura del m.sch., ma in quantità maggiori (circa il
doppio dello striato). Non possiedono TROPONINA e NEBULINA, ma al loro posto
presentano altre 2 proteine assenti nel m.sch.: CALDESMONE – CALPONINA.
Gran parte del mioplasma delle c.m.lisce è occupato dai filamenti sottili, mentre il
contenuto di miosina è ridotto (circa ¼ di quello presente in m.sch.). 3-5 di questi
filamenti spessi risultano tra loro allineati e circondati da filamenti sottili, quest’ultimi
risultano a loro volta ancorati ai CORPI DENSI (disposti nella regione centrale della
cellula) o AREE DENSE (disposte lungo il sarcolemma). Questa struttura 3-5 FILAMENTI
SPESSI – FILAMENTI SOTTILI – CORPI DENSI costituirebbero l’equivalente del sarcomero.
Pur di conservare il loro allineamento, FILAMENTI SPESSI – SOTTILI, quando si trovano
dinnanzi o nelle vicinanze del NUCLEO, non lo aggirano ma si connettono ad esso. La
MIOSINA che costituisce il FILAMENTO SPESSO nella cell.m.liscia, risulta diversa da
quella presente nella cell.m.sch., in quanto derivano dall’espressione di geni diversi.
Infatti la MIOSINA del m.liscio x poter interagire con l’actina necessita di essere
fosforilata
Citoscheletro
Serve x permettere l’ancoraggio dei filamenti sottili e quindi x trasmettere la F ai 2 capi
della cellula. Di questi fanno parte: CORPI DENSI e AREE DENSE sui quali si connettono i
filamenti sottili e contengono alfa-actinina (presente anche nelle linee Z); FILAMENTI
INTERMEDI connettono CORPI DENSI – AREE DENSE tra loro (img.pag.310).
NEUROFISIOLOGIA
Variazioni del POT. DI MEMBRANA a seconda dei diversi IMPULSI ELETTRICI a cui la
cellula è soggetta: RISPOSTA PASSIVA – SOTTOSOGLIA – SOPRASOGLIA.
Per poter generare un PA è importante che le cellule raggiungano una specifica SOGLIA
di depolarizzazione. Il raggiungimento di tale SOGLIA dipende dall’intensità
dell’IMPULSO DI CORRENTE: più CORRENTE passa attraverso la memb., più ampie
saranno le variazione del POT.MEMB.
Ecco le diverse situazioni:
1. RISPOSTA PASSIVA: cosa succede se l’IMPULSO DI CORRENTE applicato è di molto
inferiore alla SOGLIA? (situazione a-b img.pag.70)
Le fasi di ASCESA – DISCESCA della RISPOSTA DI VOLTAGGIO DELLA MEMB., hanno un
andamento esponenziale. Tale andamento è determinato dal fatto che è necessario un
certo tempo x permettere l’entrata delle cariche attraverso la memb., in quanto in
questa fase ci sono a disposizioni pochi CANALI IONICI che permettono il passaggio di
cariche dall’esterno all’interno o viceversa.
Inoltre si è osservato che la VARIAZIONE DEI LIVELLI POT.MEMB. nella RISPSOTA PASSIVA,
varia a seconda della DISTANZA: all’allontanarsi dal punto in cui passa la corrente, si ha
una riduzione dei livelli di POT.MEMB. (img.pag.71). Questo ci testimonia come una
Entrambi questi canali sono VOLTAGGIO-DIPENDENTI cioè le barriere dei canali (che
permettono l’apertura o chiusura del canale) risentono di variazione del voltaggio,
che una frazione consistente di canali Na+ sono INATTIVATI dal voltaggio e i canali non
possono riaprirsi fino a che la memb. non si è ripolarizzata. In queste condizioni non
può essere reclutato un numero di canali Na+ sufficiente x produrre PA.
REFRATTARIETA’ RELATIVA è localizzato durante la fase finale del PA, dove la cellula è di
nuovo in grado di generare un altro PA, ma lo stimolo deve essere più intenso del
normale, poiché fino a quando il potenziale non raggiunge i valori di RIPOSO, diversi
canali Na+ rimangono ancora inattivati. Inoltre ad ostacolare la DEPOLARIZZAZIONE (e
quindi la creazione di un nuovo potenziale) si aggiunge l’ALTA CONDUTTANZA K+ che
facendo fuoriuscire K+ determina un interno cellulare ancor + negativo rispetto al
POT.RIPOSO.
CONDUZIONE DEL PA
I PA vengono condotti lungo gli assoni delle cell.nervose. Questi assoni possono essere di
dimensioni diverse a seconda di dove sono localizzati (es.motoneuroni corna ventrali MS
assone 1m o più – neuroni della retina assone molto corto). Nel caso di assoni molto
lunghi, x far si che l’impulso sia propagato x tutta la lunghezza dell’assone senza
diminuire di ampiezza, il PA deve AUTORIGENERARSI man a mano che procede lungo la
fibra, il che significa che devono generarsi nuovi PA lungo l’assone.
Per far si che ciò avvenga è necessario che lo stimolo applicato sia così intenso da
raggiungere la SOGLIA e far partire di conseguenza il PA. Sarà proprio la
depolarizzazione esplosiva che si ha con il PA a indurre un flusso di corrente entrante
abbastanza intenso da portare alla SOGLIA (e quindi generare PA) le aree della memb.
contigue. Queste aree sono a loro volta in grado di generare un FLUSSO CORRENTE
LOCALE abbastanza intenso da portare a SOGLIA aree ancora + distanti (potendo
generare così anch’esse PA).
In questo modo il PA si propaga lungo l’assone, indipendentemente dalla sua lunghezza,
mantenendo la stessa AMPIEZZA e FORMA.
Dove inizia il PA?? Per le caratteristiche dell’assone, se viene applicato un impulso nella
parte mediana, esso è capace di propagarlo in entrambe le direzione (dx-sx dell’impulso
img.pag.72). Ma nel SN i PA vengono generati inizialmente a livello iniziale del segmento
iniziale assone (dove ASSONE si connette con CORPO CONO D’EMERGENZA). Ciò si
verifica perché questo segmento presenta un’elevata densità di canali Na+ voltaggio-
dipendenti e possiede perciò la SOGLIA PIU’ BASSA di tutta la cellula.
Inoltre la BIDIREZIONALITA’ di conduzione è esclusa grazie alla proprietà della
REFRATTARIETA’, la quale fa sì che la conduzione si solamente UNIDIREZIONALE (dal
CORPO ASSONE). Ciò significa che l’arrivo di qualsiasi PA che si propaghi a partire a
livello parte mediana dell’assone non può generare un altro in direzione del corpo,
poiché la porzione precedente della membrana è in stato refrattario.
Velocità di conduzione
Effetti del DIAMETRO su velocità conduzione
Nelle fibre AMIELINICHE la velocità di conduzione aumenta all’aumentare del diametro
(perché?? Leggi pag.71 e foglio mia spiegazione). Tuttavia con l’aumento del diametro si
ha anche un aumento dell’area di superficie memb. che separa cariche negative
all’interno da quelle positive all’esterno, ciò comporta un aumento CAPACITA’ memb.,
in quanto le cariche opposte si attrarranno reciprocamente in misura maggiore. Un
aumento della CAPACITA’ determina una riduzione della velocità di conduzione,
andando ad attenuare gli effetti dell’aumento di velocità che si possono ottenere con
l’aumento del diametro (img.pag.80).
delle cellule oligodendroglia (nel caso SNC) che si avvolgono attorno all’assone,
ISOLANDOLO ELETTRICAMENTE (img.pag.81). In particolar modo attorno alla fibra
nervosa si hanno un centinaio di avvolgimenti della memb.plasmatica di queste cellule.
I molteplici avvolgimenti attorno agli assoni portano a modifiche delle propr.elettriche
della fibra nervosa che si traducono in dei vantaggi dal punto di vista della velocità di
conduzione:
• Maggiore ispessimento determina aumento della resistenza della memb. (Rm) e
di conseguenza aumenta la COSTANTE DI SPAZIO (data dal rapporto Rm/Ra).
Grazie all’aumento Rm viene persa una quantità minore del segnale condotto.
• l’ispessimento assicura una separazione molto più marcata tra interno-esterno
assone e perciò le cariche sono attratte in misura molto minore, ciò comporta
una riduzione della CAPACITA’ memb. e quindi un aumento della velocità
conduzione (CAPACITA’ inv.prop. VELOC.CONDUZ.).
Il rivestimento di mielina non si estende però x tutta la lunghezza dell’assone, ma forma
dei segmenti di 1-2mm. La discontinuità di 1μm tra un segmento e l’altro prende il nome
di NODI DI RANVIER, sono dei punti della fibra che risultano scoperti da mielina. La
presenza di questi NODI risulta un ulteriore vantaggio, in termine di velocità di
conduzione, x le FIBRE MIELINICHE. Infatti il PA “salta” da un nodo all’altro
(CONDUZIONE SALTATORIA) a differenza delle FIBRE AMIELINICHE dove il PA viene ad
essere continuamente rigenerato lungo tutta l’estensione della fibra. La conduzione
saltatoria permette una maggior velocità d’azione.
PERCHE’ IL PA PASSA DA UN NODO ALL’ALTRO? Inoltre i canali Na + coinvolti nella genesi
del PA sono molto concentrati a livello dei NODI DI RANVIER, mentre non sono presenti
nei segmenti ricoperti da mielina, ciò comporta che il PA insorga solo a livello dei NODI
RANVIER.
L’elevata RESIST.MEMB. indotta dai segmenti mielinici, garantisce un ottimo isolamento
alla corrente che vi passerà all’interno e raggiungerà il NODO DI RANVIER successivo
dove la presenza di canali Na+ permette la rigenerazione del PA.
Ulteriore vantaggio delle FIBRE MIELINICHE è il fatto che sono privi di canali K+ a livello
dei NODI, quindi il PA non presenta fase di IPERPOLARIZZAZIONE POSTUMA e
conseguentemente non presenta PERIODO REFRATTARIO RELATIVO. Ciò dà la possibilità
a queste fibre di poter scaricare PA a frequenze maggiore.
TRASDUZIONE SENSORIALE
Per TRASDUZIONE si intende la CONVERSIONE di una forma di energia in un’altra.
Per far si che il SN possa ricevere info relative ad un certo evento che accade
nell’ambiente esterno o all’interno del nostro corpo, l’evento in questione deve essere
trasdotto in PA.
Poiché la FORMA e DIMENSIONE dei PA risultano relativamente costanti , solo la
CODIFICAZIONE SENSORIALE
Una volta che lo STIMOLO ambientale viene TRASDOTTO, esso deve essere CODIFICATO.
Per codifica si intende la traduzione di certi aspetti dello stimolo in maniera da poter
essere poi interpretati dal SN. Alcuni degli aspetti dello stimolo che vanno ad essere
CODIFICATI sono:
• modalità sensoriale si intende una classe si sensazioni (es. dolore-pressione-
freddo-caldo-visione-udito-olfatto-tatto). La codifica del tipo di modalità
sensoriale dipende dalla natura del recettore sensoriale, ad es. la sensazione
tattile può essere data in seguito a stimoli meccanici – sensazione visiva in
seguito a luce-stimoli meccanici-stimoli elettrici.
• localizzazione spaziale la localizzazione spaziale di uno stimolo è data
dall’attivazione una certa popolazione di neuroni sensoriali interessati dallo
stimolo. Tale info può essere codificata dal SNC x mezzo di una mappa nervosa
(es. mappa somatotopica: neuroni della corteccia somatosensitiva ricevono info
da regioni corrispondenti della superficie corporea – mappa retino topica – ecc)
• soglia
• intensità può essere codificata in base:
• FREQUENZA DI SCARICA dei potenziali
• NUMERO dei recettori attivati: i N.CENTRALI che ricevono afferenze da
una particolare classe di N.SENSORIALI, sono attivati + intensamente
quando viene attivato un num. maggiore di n.afferenti primari. La
MAGGIOR ATTIVAZIONE N.SENSORIALI si traduce nella percezione di uno
stimolo di maggiore intensità.
Stimoli di INTENSITA’ DIVERSA, possono attivare TIPI DI REC.SENSORIALI
DIVERSI, ad es. uno stimolo meccanico lieve applicato alla cute
provocherà esclusivamente l’attivazione di MECCANOCETTORI, mentre
uno stimolo meccanico + intenso potrà attivare sia MECCANOCETTORI-
NOCICETTORI.
• Frequenza può essere codificata da una serie di PA i cui intervalli tra i potenziali
corrispondono esattamente agli intervalli tra gli stimoli. Oppure in seguito alla
frequenza media di scarica di treni di PA.
• Durata stimolo
SINAPSI CHIMICHE
A differenze delle SINAPSI ELETTRICHE, in quelle CHIMICHE non vi è alcuna
comunicazione diretta tra il citosol delle 2 cellule. Al contrario, le memb. plasm.
Risultano separate da una fessura di circa 20μm e l’interazione tra cellule avviene
attraverso intermediari chimici (NEUROTRASMETTITORI).
Tali sinapsi sono in generale UNIDIREZIONALI e possiamo perciò distinguere un
elemento PRESINAPTICO che è costituito dalla porzione terminale assone, contenente
al suo interno piccole vescicole dove sono racchiuse internamente i
NEUROTRASMETTITORI. Inoltre nella membrana della CELL.PRESINAPTICA, giustapposta
alla POSTSINAPTICA, sono presenti ZONE ATTIVE, cioè zone formate da proteine
implicate nella liberazione del neurotrasmettitore. Inoltre a livello della terminazione
presinaptica sono presenti MITOCONDRI e RET.ENDOPLASMATICO RUVIDO. Nella
MEMB.PLASM. della CELL.POSTSINAPTICA sono presenti dei recettori x i
neurotrasmettitori.
Le giunzioni chimiche possono andare a stabilirsi tra parti diverse dei neuroni, possiamo
infatti avere:
• SINAPSI ASSODENDRITICHE (o ASSOSOMATICHE) avviene tra ASSONE e
DENDRITI o SOMA
• SINAPSI ASSOASSONICHE ASSONE-ASSONE
• SINAPSI DENDRODENTRICHE DENDRITI –DENDRITI
• SINAPSI DENDROSOMATICHE DENDRITI – SOMA
livello della ZONA ATTIVA una piccola area con [Ca2+] elevate x un tempo inferiore 1 ms.
Quest’area a [Ca2+]elevata fa si che gli ioni Ca2+ si leghino alla SINAPTOTAGMINA e che
questo legame (si ipotizza) determini una modificazione nella conformazione di questa
proteina e quindi l’innesco dell’ESOCITOSI della VESCICOLA ANCORATA.
Riciclaggio vescicole deve esistere un processo inverso all’ESOCITOSI, altrimenti, non
solo diventerebbe difficile mantenere il corredo di vescicole, la superficie della memb.
presinaptica si estenderebbe ogni qual volta si verifica un processo di trasmissione
sinpatica, alterando la sua composizione molecolare e il suo stato funzionale finirebbe x
modificarsi.
Sono stati identificati 2 meccanismi di riciclaggio vescicole (img.pag.97):
• Via dell’ENDOCITOSI nella memb.plasmatica vanno a formarsi piccole cavità che
successivamente si staccano formando, all’interno del citoplasma, vescicole
rivestite. Queste vescicole perdono poi il loro rivestimento e vanno incontro a
trasformazioni: acquisiscono un corredo di proteine di membrana (utile x
l’ancoraggio – innesco – fusione) – si riempiono di NEUROTRASMETTITORE.
Ridivenendo delle VESCICOLE pronte x rilasciare il NEUROTRASMETTITORE.
• Fusione TRANSITORIA della vescicola alla memb.plasmatica (mordi e fuggi)
molto + veloce del precedente. La vescicola si fonde transitoriamente e non
avviene un’incorporazione completa con la memb.. In particolar modo la fusione
transitoria della VESCICOLA con MEMB., porta alla formazione di un poro
attraverso il quale passerà il NEUROTRASMETTITORE. La durata di questa fusione
è molto breve e appena cessa, la vescicola si stacca dalla memb. e si RISIGILLA
(la vescicola mantiene la propria identità). Dopodichè il contenuto va ad essere
ripristinato e in questo modo la VESCICOLA risulta nuovamente pronta x essere
utilizzata.
I meccanismi specifici di queste vie non sono ancora stati chiariti e la loro importanza
risulta ancora in discussione. Un’ ipotesi potrebbe essere: la rapidità del processo “mordi
e fuggi” può contribuire a evitare il problema di deplezione e del conseguente arresto
della trasmissione sinaptica, in periodi di elevata attività.
3° step liberazione NEUROTRASMETTITORE nello SPAZIO SINAPTICO, legame con
SPECIFICO RECETTORE – gensi PA POSTSINAPTICO: il legame del
NEUROTRASMETTITORE con specifici recettori, provoca l’apertura di CANALI IONICI
presenti nella memb.postsinaptica, determinando variazioni del POT.MEMB che
modificano l’eccitabilità della cellula.
L’eccitabilità della cellula può AUMENTARE o DIMINUIRE, determinando rispettivamente
un POT.POST-SINAPTICO ECCITATORIO – INIBITORIO.
I canali a quali si legano i neurotrasmettitori, vengono definiti come canali ligando-
dipendenti, x il fatto che la loro apertura-chiusura sono controllate principalmente dal
loro legame con un NEUROTRASMETTITORE. Possiamo avere sinapsi caratterizzate da
una trasmissione sinaptica rapida dovuta alla presenza di RECETTORI IONOTROPI, o
trasmissione sinaptica lenta dovuta alla presenza RECETTORI METABOTROPI.
TRASMISSIONE SINAPTICA RAPIDA il neurotrasmettitore si lega a REC.IONOTROPI,
dove il canale ionico è parte dello stesso recettore. È stato osservato che i PORI di molti
di questi canali, sono relativamente ampi e perciò permettono il passaggio con uguale
facilità di molti cationi. Il flusso di CATIONI entranti/uscente (a seconda di quale
neurotrasmett. viene regolato il canale) genera una corrente netta (cioè data dalla
somma delle correnti provenienti dal flusso di ogni specie cationica passante x il poro)
che prende il nome di corrente postsinaptica (es.pag.98). Il flusso di ioni determina
un’alterazione delle condizioni elettrochimiche intra-extra cellulari, e quindi una
VARIAZIONE DI POTENZIALE, che se intenso può indurre a PA.
Nei REC.IONOTROPI si assiste ad una durata minore della CORRENTE POSTSINAPTICA
rispetto al POT.POSTSINAPTICO (EPSP= Excitatory Postsynaptic Potential) che si genera
(img.pag.99). Il tempo di durata della corrente postsinaptica corrisponde al tempo
durante il quale il CANALE RIMANE APERTO. La breve durata è dovuta al fatto che il
INTEGRAZIONE SINAPTICA
I PA vengono generati a livello del CONO EMERGENZA, in quanto in questa zona è
presente una densità maggiore di canali Na2+ voltaggio-dipententi, rispetto alle altre, e
perciò la soglia x l’insorgenza del PA è PIU’ BASSA.
Di conseguenza, è la somma dei POT. sul CONO EMERGENZA, ad essere cruciale x
l’insorgenza del PA. A tal proposito, i POT. generati da sinapsi prossime al CONO
EMERGENZA (su SOMA o DENDRITI PROSSIMALI), indurranno (a livello cono emergenza)
una depolarizzazione + ampia di quanto non facciano i POT. applicati + distanti dal
CONO EMERGENZA (DENDRITI DISTALI) (img.pag.100). per spiegare ciò dobbiamo rifarci
al concetto di COSTANTE LUNGHEZZA: in sinapsi che generano un FLUSSO DI CORRENTE
POST-SINAPTICA della stessa ampiezza, ma localizzate a distanze diverse rispetto al
CONO EMERGENZA, si avrà che dalla sinapsi più lontana arriverà al cono emergenza una
frazione minore di corrente, rispetto alla sinapsi posta + prossimalmente, e ciò
determinerà un POT.POST-SINPATICO più piccolo (img. A pag.100).
Integrazione di POT.POST-SINAPTICI ECCITATORI (EPSP) la maggior parte dei EPSP
applicati in prossimità delle sinapsi SNC, anche di quelle disposte in posizione favorevole
(vicino CONO EMERGENZA), sono di x sé troppo piccoli perché possano raggiungere la
SOGLIA DI SCARICA della cell.post-sinaptica un PA insorge solo quando la somma delle
eccitazioni provenienti dalle numerose afferenze raggiungerà la SOGLIA. Tale
integrazione è possibile grazie alle proprietà dei potenziali di:
• SOMMAZIONE TEMPORALE: è la proprietà che 2 EPSP asincroni hanno di
sommarsi. Tale proprietà si realizza quando 2 EPSP, provenienti da afferenze
diverse o anche dalla stessa sinapsi, vengono applicati entro un breve intervallo
di tempo l’uno dall’altro. Il fatto che i EPSP abbiano un lungo decorso temporale
facilita questo tipo di integrazione sinaptica.
• SOMMAZIONE SPAZIALE: è la proprietà che i EPSP hanno, di interagire e quindi
sommarsi tra loro, in base alla sede in cui vengono applicati (soma – dendriti). Più
i 2 POT. applicati sono distanti maggiore è l’effetto di sommazione. Al contrario,
più sono vicini minore è l’effetto di sommazione (img. B-D pag.100), in seguito
ad un effetto di CORTOCIRUCITO: i canali di memb. posti al di sotto di una sinapsi
si aprono, determinando una minore resist. memb., alla quale poi segue
l’apertura dei canali nella SINAPSI VICINA, provocando un ulteriore
abbassamento della resist. memb. La BASSA RESIST. della memb. impedisce un’
ottimale diffusione della corrente, di conseguenza al CONO EMERGENZA
giungerà una quota minore di corrente. La somma dei EPSP derivanti da sinapsi
vicine provocano un EPSP complessivo di intensità minore rispetto a quello
generato da sinapsi lontane. Ciononostante i EPSP che vengono a combinarsi
avranno un’ampiezza maggiore rispetto ai EPSP generati isolatamente dalle
sinapsi.
Integrazione di POT.POST-SINAPTICI INIBITORI (IPSP) a differenza dei EPSP, i IPSP
presentano un effetto SOTTRATIVO sul POT.MEMB. rendendolo più negativo e perciò
allontanandolo dalla soglia. Come x i EPSP, l’efficacia di un IPSP varia a seconda della
sua sede di insorgenza.
Oltre alla SOTTRAZIONE ALGEBRICA, presentano un’azione inibitoria mediante
L’integrazione sinaptica, non si basa solamente sulle proprietà dei POT. ECC. – INIBITORI,
ma risulta più complessa, in quanto ci sono altri aspetti che modulano l’att.sinaptica:
• coinvolgimento attivo della memb. cell. recenti prove sperimentali, hanno
dimostrato che i DENDRITI – CORPI CELLULARI della maggior parte dei neuroni
(se non addirittura tutti), contengono canali regolati, che attivandosi possono
andare a modificare i EPSP – IPSP (es.pag.101).
• le singole sinapsi possono aumentare o ridurre la loro forza in funzione del loro
USO o ATTIVITA’ in generale l’attivazione di una sinapsi produce una risposta
(nella cellula post-sinaptica) che sarà all’incirca sempre la stessa ogni qualvolta
viene ad essere generata. Ci sono però alcune caratteristiche nell’attivazione
sinaptica (es.modificazioni a livello term.presinaptiche es.pag.102-103), che
possono indurre delle variazioni nella risposta alle successive attivazioni della
sinapsi. Tali modificazioni dipendenti dall’uso possono avere durata BREVE (ms)
o LUNGA (min – giorni), andando a potenziare o ridurre la forza delle sinapsi.
Queste modificazioni stanno alla base (probabilmente) di cap.cognitive come
APPRENDIMENTO – MEMORIA.
Oltre alle s.chimiche o elettriche, ce ne sono altre di diverso tipo (trafiletto pag.90)
NEUROTRASMETTITORI
Sono sostanze che mediano la TRASMISSIONE CHIMICA di segnali tra neuroni. Perché
una sostanze possa essere considerata un neurotrasmettitore, deve soddisfare alcuni
criteri:
• presenza di queste sostanze a livello delle terminazioni presinaptiche.
• La cellula deve essere in grado di sintetizzarla.
• deve essere rilasciata x DEPOLARIZZAZIONE.
• Presenza di recettori SPECIFICI x quella sostanza, nella memb.postsinaptica
PROCESSO DI TRASMISSIONE SINAPTICA – oppure – presenza di recettori
SPECIFICI localizzati al di fuori delle sinapsi PROCESSO DI TRASMISSIONE NON
SINAPTICO.
Si conoscono più di 100 sostanze aventi tutti o quasi i precedenti requisiti. Queste
sostanze possono essere suddivise in 3 categorie principali:
• N. a BASSO PESO MOLECOLARE:
• ACETILCOLINA funge da neurot. nel:
• SNP: a livello giunz. neuromuscolari – gangli simpatici – gangli
parasimpatici – fibre postgangliari provenienti da tutti i gangli
parasimpatici e di alcuni gangli simpatici.
SIST.SOMATOSENSITIVO (cap.7)
Nervi spinali
Sono nervi misti, cioè formati da (nella parte più vicina al midollo) fibre motorie
(somatiche-viscerali) e da fibre sensitive (somatiche-viscerali). Essi però a distanza dal
midollo tendono a separarsi, confluendo in altri plessi di nervi.
I nervi spinali sono 33 paia: 8 cervicali – 12 toracici – 5 lombari – 5 sacrali – 3 coccigei.
ORIGINE APPARENTE a livello della superficie laterale MS (fori intervertebrali).
ORIGINE REALE a livello corna MS (sost.grigia).
Ciascun nervo si forma x l’unione di 2 radici ANTERIORE-POSTERIORE a livello del foro
intervertebrale:
Radice ANTERIORE Fornisce ai nervi spinali la componente motrice (effettrice). Questa
componente può essere:
• Motrice somatica costituita da motoneuroni alfa – gamma che hanno origine
nella radice anteriore e si dirigono rispettivamente alle fibre muscolari (m. alfa)
e ai fusi neuromuscolari (m.gamma)
• Motrice viscerale originano a dal corno laterale e sono diretti ad innervare la
m.liscia.
Radice POSTERIORE formata da FIBRE SENSITIVE, la cui origine apparente è a livello del
SOLCO LATERALE POSTERIORE, mentre l’origine reale è a livello dei neuroni
pseudounipolari dei GANGLI SPINALI, i quali sono localizzati lungo il decorso delle radici
posteriori (img.pag.63).
Questi neuroni vanno a costituire il SISTEMA SOMATOSENSITIVO, il quale fornisce al
SNC info sullo stato del corpo e sui suoi contatti con il mondo esterno.
Le info somatosensitive giungono grazie a NEURONI SOMATOSENSITIVI DI I°ORDINE
(sono neuroni pseudo unipolari), i quale presentano un CORPO localizzato nel GANGLIO
delle RADICI DORSALI e nei GANGLI dei NERVI CRANICI. Da ogni corpo si origina un
assone che dopo breve distanza si suddivide in un PROCESSO CENTRALE – PROCESSO
PERIFERICO.
PROCESSO PERIFERICO i RAMI PERIFERICI delle cellule gangliari si riuniscono tra loro e
formano i NERVI PERIFERICI. Questi nervi andranno ad innervare diverse parti del nostro
corpo e in prossimità di organi bersalgio, il processo periferico si suddivide
ripetutamente e la terminazione di ogni suo ramo terminale va ad essere incapsulata in
cellule accessorie, formando RECETTORI SENSITIVI. Tali recettori sono capaci di
trasdurre en.meccanica (pressione – stiramento – vibrazione) – en.termica in SEGNALI
ELETTRICI. Questi segnali elettrici vengono ad essere generati all’estremità distali delle
fibre nervose somatosensitive.
PROCESSO CENTRALE sono fibre delle cellule gangliari che se originano da cellule
GANGLI delle RADICI POSTERIORI, penetrano nel MS, mentre se originano da cellule
GANGLI dei N.CRANICI, penetra nel TE. Le RADICI DORSALI di un lato di ogni segmento
spinale sono formati esclusivamente da PROCESSI CENTRALI.
Dalle fibre del processo centrale si originano diverse ramificazioni che possono
contrarre sinapsi con diversi tipi di cellule. Le sedi di terminazione di queste
ramificazioni sono diverse e dipendono dal tipo di info che vengono trasmesse.
A livello corticale le info somatosensitive vengono elaborare in numerose aree corticali.
Le info somatosenstive vengono trasmesse al cervelletto, oltre che da n. I° ordine, anche
da n. II° ordine, che le utilizza x lo svolgimento del suo compito nei processi di
COORDINAZIONE MOTORIA.
SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA
Si distinguono abitualmente:
• S.SPECIFICA dipende da organi ben differenziati e specializzati nell’adempimento
esclusivo di una determinata funzione (vista, udito, olfatto, gusto)
• S.GENERALE dipende da recettori diffusi in tutto il corpo (nella cute, nel
connettivo sottocutaneo, nei muscoli e nei tendini, nei visceri, nelle ossa ecc.).
Nell’ambito della s. generale si distinguono poi s. superficiali (comprendenti la s.
tattile, termica, dolorifica) e s. profonde (comprendenti la s. vibratoria o
pallestesia, di movimento o chinestesia, di pressione o bariestesia, di posizione).
S.SPECIFICA
Sistema visivo
Il sist. visivo rileva e analizza onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda compresa tra
400-750 nm, che costituiscono l’ambito della luce visibile.
L’occhio può distinguere 2 aspetti della luce: luminosità (luminanza) – lunghezza d’onda
(o colore).
STRUTTURA OCCHIO
Strati occhio l’occhio è costituito da 3 strati concentrici:
• Strato ESTERNO lamina fibrosa che comprende:
• Cornea lamina trasparente ricoperta da epitelio chiamato congiuntivite.
• Sclera lamina opaca.
• Strato INTERMEDIO lamina vascolare che comprende:
• Iride contiene fibre muscolari lisce disposte circolarmente a formare
m.dilatatori e m.sfintere della pupilla. Svolge la stessa funzione del
diaframma di una macchina fotografica, andando a regolare profondità
campo – entità aberrazione sferica.
• Coroide ricca vasi sanguigni che irrorano gli strati esterni della retina e
contiene pigmenti.
• Strato INTERNO costituito dalla RETINA.
RETINA
Strati RETINA (img.pag.140)
La retina presenta 10 strati.
1°strato è lo strato più interno, rappresentato da un epitelio pigmentato, localizzato
immediatamente all’interno della coroide. Le cellule di questo epitelio possiedono
processi di forma tentacolare che si estendono nello strato 2, dove sono localizzati i
segmenti esterni dei fotorecettori. Questi processi impediscono la dispersione di luce in
direzione trasversale, tra i fotorecettori – contribuiscono al mantenimento del contatto
tra gli strati 1-2, in maniera da fornire sost.nutrienti e rimuovere quelle inutilizzate.
Strati nei quali si estendono i FOTORECETTORI: i fotorecettori sono BASTONCELLI –
CONI, i quali risultano composti da segmento esterno/interno – corpo cellulare –
terminazione sinpatica
• 2° strato (strato dei fotorecettori) sono presenti i segmenti esterni e interni dei
fotorec.
Seg.esterni ..> dei BASTONCELLI risultano più lunghi di quello dei CONI. Entrambi
contengono una serie di DISCHI MEMBRANOSI (img.pag.141) costituti da
introflessioni della memb.di superficie. Questi DISCHI contengono grandi
quantità di un FOTOPIGMENTO, ma la loro densità è più elevata nei
BASTONCELLI, spiegando in parte la loro maggiore sensibilità alla luce è noto
che 1 SINGOLO FOTONE è capace di evocare una risposta di un bastoncello,
mentre sono necessarie alcune CENTINAIA DI FOTONI x produrre una risposta in
un cono.
Seg.interni ..> sia nei CONI-BASTONCELLI sono connessi al seg.esterno da un
ciglio modificato che contiene 9 paia di microtubuli. Questi segmenti contengono
elevato numero di mitocondri. In questi segmenti viene ad essere sintetizzato il
FOTOPIGMENTO che andrà poi ad essere incorporato nei DISCHI del
SEG.ESTERNO.
• 3° strato (memb.limitante esterna) è una striscia continua costituta dalla
formazione di giunzioni strette tra la porzione terminale CELLULE MULLERI (glia)
– segmento interno fotorecettori. Queste cellule svolgono la funzione di
assicurare mantenimento geometria interna retina.
• 4° strato (strato nucleare esterno) sono localizzati i CORPI CELLULARI dei
FOTORECETTORI.
• 5° strato (strato plessiforme esterno) contiene le sinapsi tra i FOTORECETTORI –
INTERNEURONI RETINICI (cell. BIPOLARI – ORIZZONTALI).
6°strato (strato nucleare interno) contiene i corpi cellulari di alcuni INTERNEURONI
RETINICI (BIPOLARI – ORIZZONTALI – AMACRINA) e delle CELL.MULLER.
7° strato (strato plessiforme interno) presenta sinapsi tra INTERNUERONI RETINICI
dello strato nucleare interno e le CELL.GANGLIARI presenti nello strato successivo.
8° strato (strato cell.gangliari) sono localizzati i corpi cellulari delle gangliari. Queste
cell. rappresentano l’uscita della retina, in quanto sono i loro assoni che trasmettono le
info visive al cervello e che vanno a costituire lo strato successivo.
9° strato (strato delle fibre ottiche) costituiti dagli assoni delle gangliari che insieme
formano il complesso delle fibre ottiche che passano attraverso la superficie della retina
(dalla parte dell’umor vitreo), evitando la FOVEA ed entrando nel DISCO OTTICO dal
La sensibilità alla luce è possibile grazie alla presenza di FOTOPIGMENTI presenti nei
fotorecettori In entrambi i fotorecettori sono presenti FOTOPIGMENTI, che permettono
l’assorbimento della luce. Il pigmento presente nei segmenti esterni dei BASTONCELLI
RODOPSINA, costituita dal legame del RETINALE –cis (vit A) con la glicoproteina
colori (che sono funzioni dei CONI) risultano rispettivamente bassa e indistinguibile
(visione scotopica). Il ripristino della funzione dei CONI (visione fotopica) e quindi
dell’acuità visiva – distinzione dei colori avviene in condizioni di adattamento alla luce.
CONI
Rispetto ai BASTONCELLI hanno:
• soglia più elevata alla luce non vengono attivati in condizione di buio, ma gli
permette di operare ottimamente alla luce diurna. (Perdita funzione CONI
provoca cecità funzionale, in quanto la visione mediata da bastoncelli non è
sufficiente da sola x assicurare lo svolgimento normali att.visive).
• Stabiliscono rapporti 1:1 con cell.bipolari campo percettivo piccolo che
permette alta risoluzione (acuità visiva)
• 3 fotopigmenti permettono visione colori
Campi recettivi
Le CELL.GANGLIARI rappresentano l’uscita dell’info visiva dalla retina che viene ad essere
veicolata verso il SNC. L’info portata dalle cell.gangliari è il frutto dell’elaborazione da
parte dei vari interneuroni retinici.
Campo recettivo di un FOTORECETTORE è piccolo e circolare, l’arrivo di luce all’interno
del campo recettivo provoca l’iperpolarizzazione del fotorec. che di
conseguenza↓NEUROTRASMET. (GLUTAMMATO).
Campo recettivo di una CELL.BIPOLARE possono esibire 2 tipi di campi recettivi,
entrambi organizzati secondo un modello centro-periferia (img.pag.147):
Vie ottiche
Le info originate dalla cell.gangliari dalla retina, vengono trasmesse al cervello attraverso
il N.OTTIVO – CHIASMA OTTICO – TRATTO OTTICO.
Il sistema di lenti dell’occhio fa sì che le immagini che si formano sulle retine siano
rovesciate, in maniera tale che l’immagine della metà sx dello stimolo si formi sulla
RETINA NASALE dell’occhio SX e sulla RETINA TEMPORALE dell’occhio dx. L’immagine
della metà dx al contrario, andrà a formarsi sulla RETINA TEMPORALE dell’occhio SX e
sulla RETINA NASALE dell’occhio DX.
Inoltre si ha anche un’inversione dell’asse verticale, con la metà superiore del campo
visivo che forma la propria immagine sulla retina inferiore e viceversa.
Gli assoni della cell.GANGLIARI, a seconda della loro zona di origine sulla retina, possono
andare incontro o meno a decussazioni. Gli assoni in rapporto con PARTE TEMPORALE di
ciascuna retina decorrono nel N.OTTICO passando x la porzione omolaterale del
CHIASMA OTTICO – TRATTO OTTICO, terminando nella porzione omolaterale
CERVELLO.
Gli assoni in rapporto con PARTE NASALE di ciascuna retina decorrono nel N.OTTICO
decussando a livello del CHIASMA OTTICO, passando quindi alla parte contro laterale
TRATTO OTTICO e terminando nella parte contro laterale CERVELLO. Come conseguenza
si avrà che il campo visivo SX sarà rappresentato nel cervello DX – campo visivo DX sarà
rappresentato nel cervello SX.
Gli assoni delle gangliari possono stabilire poi contatti con numeroso nuclei cervello, ma
x la visione il bersaglio principale è il NGL (Nucleo Genicolato Laterale) del talamo. A sua
volta, dal NGL si possono avere proiezioni alla corteccia visiva primaria o corteccia visiva
striata.
Gli assoni in uscita dal NGL proiettano poi al giro linguale che si trova in corrispondenza
della superficie mediale del lobo occipitale.
S.GENERALE
Sensazione tattile
Importante organo sensitivo relativo a tale sensibilità, è la cute. La quale è riccamente
innervata da diversi tipi di fibre afferenti (tattili-dolorifiche-termiche). La tipologia di
sensazione che deriva, definisce la MODALITA’ (qualità).
Le fibre che trasportano tali info sono in rapporto con MECCANOCETTORI a bassa soglia.
Da questi recettori provengono 2 tipologie di risposte:
• Risposta RAPIDO ADATTAMENTO (FA fast adapting): si genera una breve raffica
di PA nei primi istanti dello stimolo, x poi non generare più potenziali se lo
stimolo diventa costante (es. se tocchiamo e stacchiamo un bastoncino dalla cute
in continuazione -> tali fibre scaricano in continuazione al momento che il
bastoncino tocca la cute e al momento che si stacca. Se bastoncino rimane
infossato nella cute -> tali fibre non scaricano) (img.pag.120).
• Risposta LENTO ADATTAMENTO (SA) scaricano dall’inizio alla fine dello stimolo,
in continuazione, con frequenze che possono variare.
A loro volta, le fibre SA – FA possono essere suddivise in base al campo recettivo :
• Unita tipo I presentano un campo percettivo piccolo e ben confinato, con forma
circolare (img.pag.121). Al suo interno la sensibilità agli stimoli è relativamente
uniforme ed elevata, mentre decresce ai margini.
FA1 – SA1
• Unità tipo 2 questa tipologia di fibre presentano un campo percettivo più esteso
con margini poco definiti e un unico punto di sensibilità massima, a partire dalla
quale la sensibilità si riduce gradualmente con la distanza. Al contrario della
fibra tipo 1, il campo percettivo della 2 si estende x tutto il dito o buona parte di
esso. (img.pag.121).
FA2 – SA2
In seguito a questa suddivisione, si sono identificate 4 classi principali di fibre (FA1-FA2
– SA1-SA2). Ognuna di questa fibra può terminare come terminazione libera o
all’interno recettore.
CUTE GLABRA (prinva di peli es.palmo mano – pianta piede) le 4 tipologie di fibre sono
associate con 4 diverse tipologie di recettori:
FA1 terminano nei CORPUSCOLI DI MEISSNER, recettori situati appena al di sotto
dell’epidermide.
SA1 terminano nei DISCHI DI MERKEL, recettori situati sullo strato basale
dell’epidermide.
La localizzazione dei recettori di SA1 – FA1 permette di rilevare stimoli che infossano la
cute e x tale motivo presentano un campo recettivo piccolo.
FA2 terminano nei CORPUSCOLI PACINI, disposti nel tess.connettivo sottocutaneo
(img.pag.120).
SA2 terminano nei CORPUSCOLI RUFFINI, disposti nel derma (img.pag.120).
Sia PACINI – RUFFINI sono disposti in profondità e perciò sono sensibili a stimoli
applicati ad aree cutanee più vaste.
CUTE con PELI presenti differenze rispetto all’innervazione della cute glabra:
UNITA’ PILIFERE sostituiscono le FA1 che non sono presenti. Le terminazioni di queste
fibre risultano libere e si avvolgono attorno ai follicoli piliferi (img.pag.120). Ogni unità
pilifera è connessa con circa 20 peli, x cui finisce con l’avere un campo recettivo
relativamente grande e di forma ovoidale o irregolare.
FA2 connessi sempre ai CORPUSCOLI DI PACINI, i quali non sono situati nel
tess.connettivo sottocutaneo, ma bensì si trovano nei tess.profondi che circondano
muscoli e vasi sanguigni.
SA1 terminano nei DISCHI DI MERKEL, recettori situati sullo strato basale
dell’epidermide.
SA2 terminano nei CORPUSCOLI RUFFINI, disposti nel derma.
Acuità spaziale
Altra caratteristica del sist.somatosensitivo è la capacità di riuscire a percepire 2 stimoli
come distinti. Si percepisce questa distinzione finchè la loro distanza è superiore a un
certo valore soglia, che è differente x le varie regioni cutanee. La punta delle dita
possiede la max capacità discriminativa (distanza soglia è la più piccola che si osserva).
Alla base dell’acuità spaziale ci stanno le UNITA’ TIPO 1 perché hanno campi recettivi
più piccolo di quelli tipo 2.
La DISTANZA SOGLIA è determinata dalla densità dei recettori tipo 1 (maggiore densità -
> minore è il valore soglia e quindi minore è anche la distanza discriminatoria tra un
punto ed un altro).
• Fibra C più lente rispetto all’altra tipologia fibra e sono responsabili del secondo
dolore. Perciò dopo uno stimolo lesivo, dapprima si avverte una sensazione di
dolore acuto, estremamente localizzato (primo dolore), seguita da una
sensazione più ottusa e diffusa (secondo dolore).
Entrambe le tipologia, terminano x la maggior parte come terminazioni LIBERE in grado
di ricevere stimoli meccanici-termici-chimici . Nonostante la mancanza di specializzazioni
morfologiche presenti a livello delle terminazioni, entrambe le tipologie risultano
notevolmente eterogenee. Si avrà perciò una classificazione di queste fibre secondo:
DIMENSIONI – SENSIBILITA’ A STIMOLI MECCANICI-TERMICI (leg.nota pag.129)-
CHIMICI- INSENSIBILI – SOGLIA DI STIMOLAZIONE (possono avere un’alta o bassa soglia
di stimolazione o essere anche inattivi).
Le fibre afferenti possono essere sensibili a uno o più stimoli e proprio in base a ciò
vengono ad essere distinti: FIBRE C meccanosensibili – FIBRE C meccanotermosensibili
(fibre C POLIMODALI) – FIBRE Aδ-C sensibili al freddo – FIBRE Aδ meccanosensibili –
FIBRE Aδ meccano termosensibili.
Esistono quindi diverse tipologie di fibre afferenti, anche se le più comuni sono le FIBRE
C MECCANOTERMOSENSIBILI (POLIMODALI) e le seconde più comuni sono quelle
INSENSIBILI a stimoli meccanici – termici.
Considerando che queste fibre sono x la maggior parte terminazioni libere, la diversa
sensibilità, determinante una popolazione eterogenea, sembra essere dovuta dalla
presenza di DIVERSI RECETTORI DI MEMBRANA localizzati nella memb. delle
terminazioni.
Nonostante la difficoltà nel riuscire a localizzare questi recettori (in virtù della loro bassa
densità), negli ultimi tempi sono stati identificati alcuni possibili candidati responsabili di
questa diversità. Tra questi menzioniamo il recettore x la capsaicina , espresso nelle
cellule dei gangli delle radici dorsali. Questo recettore appartiene ad una famiglia di
proteine definite proteine TRP (Transient Receptor Potential) e rappresentano i
candidati + probabili a fungere da trasduttori di sensazioni termiche. In questi recettori,
la temperatura agisce direttamente con un meccanismo a barriera.
Per quanto riguarda i recettori che trasducono stimoli meccanici-nocivi, non sono stati
ancora identificati con sufficiente certezza.
Entrambe le tipologie di recettori (termici – meccanici nocivi), come x i REC.BASSA
SOGLIA che mediano la sensazioni TATTILI INNOQUE, determinano l’insorgenza di un
potenziale che provoca la scarica della fibra afferente che trasmette info al SNC. Inoltre
l’attivazione dei nocicettori provoca anche la liberazione locali di diversi composti
chimici (tachichine – proteina correlata alla calcitonina). Il rilascio di queste sostanze
provoca l’insorgenza di infiammazione neurogena (edema – arrossamento cute
circostante). Oltre a provocare la REAZIONE LOCALE, queste sostanze chimiche sono in
grado di attivare NOCICETTORI INSENSIBILI essi, una volta attivati, acquisiscono così la
capacità di rispondere a quegli stimoli nocivi che andranno ad essere applicati in
seguito, provocando l’ALLODINIA (insorgenza di sensazioni di dolore dopo l’applicazioni
di stimoli che, prima della lesione, erano percepiti come innocui).
Collegamento FIBRE AFFERENTE al MS sia le fibre Aδ-C terminano in punti differenti del
corno dorsale del MS, al quale trasmettono info dolorifiche-termiche. Il fatto che
terminino in sedi differenti, suggeriscono che i segnali vengono mantenuti separati
all’interno del SNC e ciò è coerente con la nostra capacità di avvertire 2 tipi distinti di
dolore.
FIBRE DERIVANTI DAL CAPO Le FIBRE AFFERENTI PRIMARIE dei NOCICETTORI –
TERMOCETTORI del capo, raggiungono il TE attraverso il n.trigemio (V n.cranico). Queste
fibre a loro volta discendono il TE fino a livello della parte superiore MS cervicale,
andando a formare sinapsi con n. di II° ordine del NUCLEO SPINALE DEL TRIGEMINO.
FIBRE DERIVANTI DAL RESTO DEL CORPO la via più importante x la trasmissione delle
info dolore-termiche provenienti dal resto del corpo è la SPINO-TALAMICA. Questa via
ha origine dai neuroni II°ordine del MS, li assoni di queste cellule ascendono il MS nella
parte ventrale del FUNICOLO LATERALE e successivamente decorrono nel TE
raggiungendo il TALAMO, prendendo sinapsi con neuroni III°ordine. Gli assoni di questi
neuroni, trasmettono info nocicettive a numerose aree corticali, che comprendono non
solo la CORTECCIA SOMATOSENSITIVA ma anche aree corticali implicate
nell’elaborazione delle risposte affettive (cingolo – insula ..> sist.limbico).
La maggior parte delle cellule del tratto spinotalamico riceve un’afferenza eccitatoria dai
nocicettori cutanei (ma anche da nocicettori delle articolazioni – muscoli – visceri). Gli
stimoli efficaci x attivare i neuroni spinotalamici sono: stimoli nocivi meccanici – termici
(molto caldi – molto freddi) – chimici. Perciò i neuroni spinotalamici hanno la capacità
di informarci sulla presenza di stimoli chimici - termici – nocivi.
I NEURONI SPINOTALAMICI, possono ricevere afferenze eccitatorie da diverse classi di
recettori sensitivi cutanei:
• Recettori ad AMPIO SPETTRO vengono attivati da stimoli di intensità molto
diverse. Questi recettori hanno la capacità di poter essere attivati sia da STIMOLI
INNOCUI che NOCIVI, con la differenze che quando arriva la prima tipologia di
stimoli i neuroni spinotalamici sono attivati debolmente (questa debole risposta
non viene ad essere elaborata dai centri superiori). Quando invece arrivano
stimoli NOCIVI, questi neuroni rispondono più intensamente.
È tuttavia possibile che in certe condizioni patologiche, anche lo STIMOLO
INNOCUO venga ad essere percepito dai neuroni spinotalamici come dolorifici, in
seguito all’attivazione di FIBE AFFERENTI INSENSIBILI.
• Recettori ad ALTA SOGLIA sono attivati esclusivamente da stimoli nocivi (nota
pag.132).
Le fibre nocicettive sembrano possano interagire con altre fibre infatti apportare stimoli
innocui (es.strofinamento area cutanea lesionata) in zone lesionate, possono andare a
bloccare o ridurre le sensazioni di dolore. Ciò sembra dovuto all’attivazione di FIBRE
GRANDE DIAMETRO, in grado di indurre la liberazione di GABA da parte di neuroni del
corno dorsale. Il GABA agisce bloccando l’attività delle cellule del tratto spinotalamico.
Altre vie sono: TRATTO SPINORETICOLARE – TRATTO SPINOMESENCEFALICO.
SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA
Sensibilità propriocettiva GENERALE propriocezione muscoli, tendini e articolazioni.
Vedi cap.9
Struttura app.vestibolare
L’app.vestibolare lo ritroviamo sia sul lato dx – sx della testa. In entrambi i lati risulta
costituito da 3 canali semicircolari e 2 organi otolitici contenenti endolinfa e circondati
da perilinfa.
Canali semicircolari (img.pag.166) composti da canali orizzontali, canali superiori e
canali posteriori.
Organi otolitici sono l’utricolo e il sacculo contenenti endolinfa e circondati da
perilinfa.
Ogni CANALE SEMICIRCOLARE presenta una dilatazione (ampolla) localizzata in
corrispondenza del tratto in cui ciascun canale si mette in comunicazione con l’utricolo
(img.pag.168). A sua volta l’utricolo comunica con il sacculo attraverso il dotto reuniens.
Trasduzione vestibolare
Nelle cellule cigliate vestibolari, la flessione delle STEREOCIGLIA verso il CHINOCIGLIO,
provoca la loro depolarizzazione, poiché ciò provoca un aumento della conduttanza
della loro membrana apicale ai cationi (img.pag.168).
Al contrario la flessione del CHINOCIGLIO verso le STEREOCIGLIA produce
iperpolarizzazione della cellula.
Le cellule vestibolari rilasciano un neurot. eccitatorio (glutammato o apsartato). Questo
rilascio aumenta con la depolarizzazione della cellula e diminuisce con
l’iperpolarizzazione. Ne consegue che le fibre afferenti con le quali le cellule vestibolari
contraggono sinapsi, presentano rispettivamente un aumento e diminuzione scarica.
Canali semicircolari la rotazione del capo provoca piccolissimi movimenti dell’endolinfa
rispetto al capo. Ciò è dovuto al fatto che l’endolinfa presenta un’inerzia che fa sì che
essa si sposti rispetto alla parete del labirinto membranoso, con conseguente
distorsione della cupola che induce flessione delle ciglia che, a sua volta, determina una
variazione frequenza di scarica delle fibre afferenti vestibolari. Tutte le ciglia di ogni
cresta ampollare sono orientate nella stessa dierzione, le ciglia dei canali orizzontali sono
orientate verso l’utricolo, mentre quelle degli altri canali sono orientate in direzione
opposta. Ad es. nei canali semicircolari orizzontali tutte le ciglia sono orientate verso
l’utricolo. Perciò, il movimento dell’endolinfa e delle ciglia verso l’utricolo provoca un
aumento freq.scarica delle fibre afferenti, mentre il movimento delle ciglia nella
direzione opposta provoca una riduzione freq.scarica (img.pag.168).
Nel movimento capo verso SX le forze inerziali generate dall’accelerazione iniziale verso
sx provocano in entrambi i CANALI ORIZZONTALI un movimento dell’endolinfa verso
dx. Per effetto di questo movimento le ciglia delle cellule cigliate dell’ampolla del canale
orizzontale di sx subiscono una flessione verso l’utricolo, mentre quelle del canale
orizzontale dx vengono flesse in direzione opposta rispetto all’utricolo. Ciò comporta
che la freq.scarica fibre afferenti sx aumenta, mentre diminuisce quella delle fibre
afferenti di dx. Quando viene raggiunta una VELOCITA’ ROTAZ. COSTANTE (acceleraz.=0),
non verrà esercitata più alcuna forza sulla cupola e perciò le cellule cigliate di entrambi i
canali scaricheranno alla stessa frequenza che avevano in assenza di movimento.
Tuttavia, alla FINE ROTAZIONE l’inerzia dell’endolinfa genera una forza su entrambe le
cupole, ma in direzione opposta a quella iniziale, determinando un aumento
freq.scarica delle fibre afferenti di dx e una diminuzione freq.scarica fibre afferenti sx.
Organi otolitici le cell.cigliate degli organi otolitici non sono orientate tutte nella stessa
direzione (a differenza di quanto accade nelle creste ampollari). Esse sono orientate in
riferimento ad una scanalatura (STRIOLA), presente lungo tutti gli organi otolitici
(img.pag.167). Nella macula dell’UTRICOLO le ciglia sono orientate ai 2 lati della striola e
verso la striola, mentre in quella del SACCULO esse sono orientate in direzione opposta.
Poiché la striola di ogni organo otolitico è curva, le cellule cigliate avranno orientamenti
differenti (img.pag.169).
Quando il capo viene inclinato e di conseguenza la gravità produce un’accelerazione
lineare differente, le memb.otolitiche si spostano e le ciglia delle cellule cigliate
vengono flesse in un’altra direzione. Questa nuova flessione della ciglia provoca una
variazione delle caratteristiche dei segnali che gli organi otolitici inviano al SNC.
Vie vestibolari
Le fibre afferenti dell’apparato vestibolare, proiettano al TE, in particolar modo ai nuclei
vestibolari localizzati nelle porzioni rostrali del BULBO. Vengono inoltre emesse alcune
collaterali che raggiungono il cervelletto.
Proiezioni importanti sono: tratti vestibolo spinali laterale e mediale, che controllano
rispettivamente m.tronco e collo e sono di conseguenza implicati nella regolazione
equlibrio e controllo dei movimento del capo (riflesso vestibo-cervicale). Dai NUCLEI
VESTIBOLARI originano anche le fibre efferenti che si portano alla periferie, responsabili
dei riflessi vestibolari (cap.9).
ORGANIZZAZIONE MS
Il MS presenta diversi livelli di organizzazione. Tra questi livelli abbiamo,
l’ORGANIZZAZIONE SEGMENTALE riferita al fatto che ad ogni livello del MS ci sono
connessioni circoscritte a quel segmento spinale (es. riflesso miotatico è mediato da uno
di questi circuiti).
All’organizzazione segmentale si sovrappone il SIST.PROPRIOSPINALE, i cui neuroni
decorrono in senso ascendente – discendente lungo il MS, mettendo in connessione tra
loro i diversi livelli del MS. Attraverso questo sistema si realizza la coordinazione
dell’att. dei diversi livelli MS, importante ai fini della locomozione.
Motoneuroni somatici
Motoneuroni alfa Le fibre dei muscoli scheletrici sono innervate dal motoneurone alfa,
cell.nervosa che ha origine dal corno ventrale del MS o da particolari nuclei dei nervi
cranici. Sono neuroni multipolari di grandi dimensioni (diametro max che può
raggiungere 70μm). I loro assoni lasciano il MS, decorrendo nelle radici ventrali, e il TE,
vanno a costituire i nervi periferici che termineranno sulle fibre muscolari sch.
costituendo delle sinapsi dette giunzioni neuromuscolari.
Le FIBRE MUSCOLARI innervate dal MOTONEURONE costituiscono l’UNITA’MOTORIA.
Ogni motoneurone può innervare un numero variabile di fibre muscolari, mentre ogni
fibra muscolare è innervata da un solo motoneurone.
Il numero di fibre muscolari presenti nell’unità motoria varia a seconda del muscolo:
RIFLESSI SPINALI
Un riflesso è una risposta relativamente semplice – involontaria – stereotipata. Il
circuito nervoso che sta alla base di un riflesso viene denominato arco riflesso. In un
arco riflesso si distinguono 3 parti:
• Branca afferente (rec.senso - assoni) trasmette info al SNC
• Centro (sinpasi – interneuroni disposti all’interno SNC)
• Branca efferente (motoneuroni) genera risposta motoria
I neuroni dell’ARCO RIFLESSO, non svolgono solo questa funzione, ma ricevono
proiezioni dalle vie motorie discendenti e perciò sono coinvolti anche nella genesi dei
movimenti volontari.
Fusi neuromuscolari
Presenti nella maggior parte dei m.sch., ma la loro densità è maggiore nei muscoli che
esercitano un fine controllo motorio (es.piccoli muscoli della mano, occhi).
Sono disposti in parallelo alle fibre muscolari, in prossimità della loro inserzione
tendinea. Le estremità distali dei fusi si inseriscono al tess.connettivo che si trova
all’interno del muscolo (endomisio). Sono costituiti da 3 a 14 fibre muscolari intrafusali,
racchiuse all’interno di una capsula connettivale, sono più piccole di quelle extrafusali e
non si estendono per tutta la lunghezza del muscolo, risultano perciò troppo deboli x
contribuire significativamente allo sviluppo della tensione complessiva del muscolo o
x modificare direttamente la lunghezza con la loro contrazione.
Queste FIBRE MUSCOLARI INTRAFUSALI possono essere di 2 tipi:
• Fibre a SACCO NUCLEARE più voluminose e presenta i nuclei raccolti nella parte
centrale del SARCOPLASMA (img.pag.48 anatomia II). Queste fibre possono
essere distinte in tipo 1 e tipo 2.
• Fibre a CATENA NUCLEARE più piccole con nuclei disposti in fila (img.pag.48).
Le fibre intrafusali sono innervate sia da:
L’arrivo di stimoli da parte delle FIBRE AFFERENTI Ia, ai motoneuroni di questo circuito
riflesso, provoca l’inibizione dell’att.del M.ANTAGONISTA e l’attivazione del
M.AGONISTA. Questo riflesso lo possiamo distinguiere in:
• Riflesso da stiramento fasico (Ia) è mediato dalle fibre afferenti Ia del fuso
neuromuscolare e x questo viene ad essere evocato da stiramenti rapidi e
transitori del muscolo. Il circuito che determina questo riflesso è costituito da
una fibra afferente Ia che dal muscolo entra nella sostanza grigia del MS dove si
ramifica, stabilendo sinapsi con:
• MOTONEURONI ALFA fibre afferenti Ia stabiliscono sinapsi ECCITATORIE
direttamente con TUTTI I MOTONEURONI ALFA che innervano il muscolo
omonimo e i muscoli sinergici. Allo stesso tempo tutti questi
motoneuroni alfa ricevono afferenze da tutti i fusi neuromuscolari del
muscolo (CONVERGENZA). Non vanno a costituire sinapsi con i
MOTONEURONI Y, probabilmente x evitare che si instauri un circuito
feedback positivo.
• INTERNEURONI altre collaterale delle fibre sensitive Ia terminano su
diversi tipi di interneurone, tra i quali vi è l’INTERNEURONE INIBITORIO
che oltre alle afferenze delle fibre Ia, riceva anche quelle delle cellule di
Renshaw. Questi interneuroni inibitori formano sinapsi con i
MOTON.ALFA che innervano i muscoli antagonisti.
• Riflesso da stiramento tonico è mediato da fibre afferenti Ia – II provenienti dai
fusi. Le fibre afferenti II stabiliscono sinapsi eccitatorie con i MOTONEURONI
ALFA. L’att. delle FIBRE AFFERENTI Ia – II, facenti parti di questo arco riflesso, è
continua e assicura il mantenimento di una scarica di base dei motoneuroni alfa
in questo modo il RIFLESSO STIRAMENTO TONICO contribuisce al mantenimento
del tono muscolare (contribuendo così al mantenimento della postura)
(es.pag.184).
sinergia.
Es. pag. 186 spiegazione: la riduzione della F sul tendine provoca una riduzione
dell’attività degli OMTG, di conseguenza l’attività svolta di norma, relativa all’inibizione
motoneuroni alfa del m. coinvolto nella fase di riduzione forza, tenderà ad invertirsi,
provocando una eccitazione dei motoneuroni alfa che innervano il muscolo suddetto.
In questo modo il RIFLESSO MIOTATICO INVERSO, contribuisce a contrastare il
decremento di forza provocato dalla fatica.
I riflessi flessori
Il RIFLESSO FLESSORIO viene avviato dall’attivazione di uno o più tipi di REC. DI SENSO
(compresi nocicettori), i cui segnali vengono inviati al MS attraverso diversi tipi di fibre
afferenti (AFFERENZE DEL RIFLESSO FLESSORIO (ARF)).
Dai recettori di senso hanno origine le diverse tipologie di fibre afferenti che si
inseriscono nel MS provocando l’attivazione di INTERNEURONI ECCITATORI che
andranno (img.pag.187):
• attivare i MOTONEURONI ALFA che innervano i M.FLESSORI dell’arto
omolaterale
• eccitare INTERNEURONI INIBITORI che inibiscono i MOTONEURONI ALFA che
innervano i M.ESTENSORI ANTAGONISTI
Questo circuito provoca come conseguenza la flessione di una o più articolazioni
dell’arto stimolato.
• attivazione INTERNEURONI COMMISSURALI che provocano estensione arto
contro laterale (RIFLESSO DI ESTENSIONE CROCIATO)
A livello dei nostri arti inferiori, il fatto che si generi il RIFLESSO DI ESTENSIONE
CROCIATO, permette di svolgere un importante funzione contribuisce al mantenimento
EQUILIBRIO, in quanto fa sì che l’arto contro laterale possa fungere da supporto x il
carico aggiuntivo che gli viene trasferito quando l’altro arto viene portato in flessione.
Nel RIFLESSO FLESSORIO l’arto viene portato più vicino al corpo x questo fa parte dei
RIFLESSI DI RETRAZIONE. Questi riflessi (tra cui anche il FLESSORIO) rappresentano un
modo x sfuggire a situazioni dolorifiche (es. retrarre braccio quando con la mano si
toccano fonti che scottano). Per ogni articolazione avremo un circuito di quest’arco
riflesso che può essere differente. L’intensità del riflesso può essere variabile, di fronte
ad un riflesso di elevata intensità vengono ad essere coinvolte tutte le principali
articolazioni arto (es.anca-ginocchio-caviglia).
La locomozione
Gli INTERNEURONI coinvolti nei RIFLESSI FLESSORI, fanno parte anche del GENERATORE
CENTRALE DI SCHEMA MOTORIO (CPG) x la locomozione. Il CPG è un gruppo di
neuroni e circuiti che sono in grado di generare l’att.ritimica che sta alla base degli atti
motori, anche in assenza di SEGNALI AFFERENTI SENSORIALI.
La presenze del RIFLESSO FLESSORIO in un arto e del RIFLESSO ESTENSIONE CROCIATO
nell’altro genera lo schema motorio del PASSO. L’alternanza di questi riflessi prima in un
arto poi nell’altro, determina l’att.motoria del CAMMINARE. (esperimento pag.187)
Come si è detto il CPG è in grado di generare att.ritmica anche in assenza di segnali
afferenti sensoriali, ma comunque esso può essere influenzato da SEGNALI AFFERENTI
quando questi sono elevati. Tali influenza fanno si che l’att. del CPG posso adattarsi alle
variazioni del terreno mano a mano che la locomozione procede. Queste variazioni
possono avvenire rapidamente durante la corsa e, perciò, possono assicurare
un’appropriata coordinazione nel corso del suo svolgimento.
Proprietà dei RIFLESSI
Convergenza terminazioni di numerosi neuroni su un altro neurone.
Facilitazione spaziale (sommazione spaziale) x spiegazione preliminare esperimento
pag.188, img.pag.189.
Sist.MEDIALE
Appartengono a questo sistema il TRATTO CORTICO-SPINALE VENTRALE e la maggior
parte del TRATTO CORTICO-BULBARE. Quest’ultimo proietta ai NUCLEI MOTORI dei
N.CRANICI e possiede 2 componenti che sono paragonabili ai tratti CORTICO-SPINALE
LATERALE e MEDIALE.
Queste vie controllano i m.assiali (spesso bilateralmente) e sono perciò deputati alla
In questo strato sono presenti anche le cellule del Golgi che hanno funzione di
modulare l’attività delle CELLULE GRANULARI.
• STRATI GANGLIARE (CELLULE DI PURKINJE) in questo strato sono presenti le
CELLULE PURKINJE, i neuroni più caratteristici del cervelletto. Sono molto più
grandi degli altri neuroni della corteccia e hanno tipica forma a FIASCO, dalla cui
base origina un assone, che attraverso lo STRATO DEI GRANULI e raggiunge i
nuclei del CENTRO MIDOLLARE, divenendo le uniche fibre che lasciano la
corteccia. Dal collo del corpo cellulare, nascono 1-2 grossi dendriti che si
portano nello STRATO MOLECOLARE.
• STRATO MOLECOLARE sono presenti: ASSONI CELLULE GRANULARI – NEURONI
ASSOCIATIVI – CELLULE CANESTRI – CELLULE STELLATE.
Attraverso il sist. delle FIBRE MUSCOIDI, il cervelletto riceve diversi tipi di INFO
SENSORIALI e INFO in rapporto con l’att.motoria convogliate dalle vie motorie
discendenti.
nel loro decorso verso la corteccia cerebellare, a livello della sost. bianca del
cervelletto, inviano collaterali ai NUCLEI CEREBELLARI. Nella cortex, tali fibre
contraggono sinpasi con le diverse cellule che costituiscono la corteccia
cerebellare.
L’att. delle cellule del Purkinje nella contesto della COORDINAZIONE MOTORIA
Essendo gli assoni delle CELLULE PURKINJE la sola via di uscita degli impulsi corteccia
cerebellare, tutti gli ALTRI NEURONI CEREBELLARI hanno la funzione di MODULARE LA
SCARICA CELLULE PURKINJE.
Le CELLULE PURKINJE, vengono eccitate da:
• FIBRE PARALLELE dei granuli (a sua volta eccitate dalle FIBRE MUSCOIDI)
determinano l’insorgenza di PA singolo (SPIKE SEMPLICE (img.pag.214)) che
presenta una frequenza che varia tra 20-50 Hz.
• FIBRE RAMPICANTI provenienti dall’OLIVA INFERIORE una sola FIBRA
RAMPICANTE, provoca una raffica ad alta frequenza di PA (SPIKE COMPLESSO
(img.pag.214)). Lo SPIKE COMPLESSO è espressione dello stato funzionale
dell’OLIVA INFERIORE.
Lo SPIKE COMPLESSO che giunge dalle FIBRE RAMPICANTI, non sembra però modificare
la frequenza di scarica media delle cell.Purkinje, di conseguenza si è ipotizzato che
queste cellule non abbiano alcun ruolo diretto nella DEFINIZIONE DEI SEGNALI CHE
PROVENGONO DALLA CORTECCIA CEREBELLARE e perciò non sono implicate nel
controllo dell’att.motoria nel corso del suo svolgimento. Si ritiene piuttosto che la loro
funzione sia quella di modificare la sensibilità delle cell.Purkinje ai segnali che ricevono
dalle fibre parallele: in certe circostanze gli SPIKE COMPLESSI, provocano una
prolungata depressione dell’efficacia sinaptica delle fibre parallele (depressione a
lungo termine) si ipotizza che questo sarebbe il meccanismo attraverso il quale le FIBRE
RAMPICANTI agirebbero sull’apprendimento motorio. Secondo questa ipotesi, le FIBRE
PARALLELE e quindi gli SPIKE SEMPLICI che producono, sarebbero implicati nei processi
che conducono alla genesi dei movimenti e, ogni qual volta non vi è una corrispondenza
tra il MOVIMENTO CHE SI INTENDE ESEGUIRE e MOVIMENTO REALIZZATO, viene
generato un segnale di errore che attiva l’OLIVA INFERIORE, con conseguente
insorgenza di SPIKE COMPLESSI che vanno a deprimere le FIBRE PARALLELE. Tale
depressione delle sinapsi FIBRE PARALLELE, induce una modificazione dei segnali motori
responsabili dell’esecuzione dei futuri movimenti. Se questa modificazione produce
movimenti appropriati non si avrà più attivazione OLIVA INFERIORE e quindi il
prog.motorio rimarrà immodificato.
Se vi è ancora un errore OLIVA INFERIORE si attiva e produce SPIKE COMPLESSI che
indurranno ulteriori variaz. efficacia sinaptica.
(ipotesi che necessita di conferma)
APP. CARDIOCIRCOLATORIO
Funzioni: Provvede al trasporto e distribuzione sostanze essenziali ai tessuti -
rimozione dei prodotti che derivano dal metabolismo. Inoltre prende parte ai
meccanismi omeostatici (regolazione temp. corporea – equilibrio liquidi corporei.
Costituzione app.cardiovascolare:
• CUORE
• VASI SANGUIGNI
• CAPILLARI
COMPONENTI CUORE
Il cuore è costituito da 2 parti separate – non comunicanti, in quanto separati da una
parete continua (SETTO ATRIO-VENTRICOLARE) in parte di natura fibrosa ma per la
maggior parte di natura muscolare. All’interno di ogni metà sono presenti 2 cavità
comunicanti, una superiore ATRIO e una inferiore, VENTRICOLO.
CAMERE CARDIACHE Gli ATRI sono camere a pareti sottili e a bassa pressione che
funzionano più come grossi condotti di riserva di sangue x i rispettivi ventricoli,
piuttosto che come pompe importanti x la propulsione in avanti del sangue.
Sono presenti 2 sistemi di contrazione indipendente uno x ATRII l’altro x VENTRICOLI
MUSCOLATURA ATRII ..> è costituita da FASCI MUSCOLARI PROPRI di ciascun ATRIO
formati principalmente da FIBROCELLULE che circondano gli orifizi di sbocco delle vene
di ciascun atrio e da FASCI MUSCOLARI COMUNI ad ambedue gli atrii, formati da
FIBROCELLULE con decorso prevalentemente trasversale, si estendono da un atrio
all’altro. Complessivamente la parete muscolare degli atrii è piuttosto sottile e si
ispessisce solo nelle zone in prossimità dei rilievi di muscoli pettinati.
MUSCOLATURA VENTRICOLI ..> è notevole più robusta e spessa di quella atriale in
quanto il MIOCARDIO è costituito da 3 strati sovrapposti di FASCI MUSCOLARI PROPRI di
ciascun ventricolo e FASCI MUSCOLARI COMUNI a tutte e 2 i ventricoli.
PERICARDIO riveste l’interno del cuore e la porzione cardiaca dei grandi vasi e si
riflette sulla superficie cardiaca come EPICARDIO. Esso è costituito da 2 parti:
PERICARDIO FIBROSO – SIEROSO, quest’ultimo è costiuito da 2 foglietti
(PARIETALE – VISCERALE(epicardio)), tra i 2 foglietti scorre il liquido pericardico,
con funzione di lubrificazione tra i 2 foglietti. La funzione del pericardio è quella
di fungere da difesa primaria del cuore contro gli attacchi esterni, lo fa aderire
saldamente entro il mediastino anteriore, ne limita la distensibilità e grazie al
liquido pericardico, impedisce lo sfregamento delle fibre miocardiche.
Circuito cardio-vascolare
Il flusso del sangue attraverso il cuore è UNIDIREZIONALE in seguito all’appropriata
disposizione dei lembi valvolari. Sebbene la GITTATA CARDIACA sia di tipo
INTERMITTENTE, alla periferia (nei tess.corporei) il flusso diventa CONTINUO in virtù
della dilatazione aorta e dei suoi rami che si verifica durante la sistole ventricolare e del
successivo ritorno elastico delle pareti delle grosse arterie, che spinge in avanti il cuore
durante il RILASCIAMENTO VENTRICOLARE.
Pompa dx (ATRIO DX-VENTRICOLO DX) l’ATRIO DX riceve il sangue di ritorno dalla
CIRCOLAZIONE GENERALE (o GRANDE CIRCOLAZIONE) per mezzo delle DUE VENE CAVE
(inferiore-superiore). Il sangue poi passa dall’ATRIO VENTRICOLO sottostante, grazie alla
presenza di un orifizio, che mette in comunicazione le 2 camere, e che è dotato della
VALVOLA TRICUSPIDE formata da 3 lembi (cuspidi) che con la loro base si fissano al
contorno dell’orifizio presentando sul margine l’attacco per le CORDE TENDINEE (fascio
di tessuto connettivo fibrillare denso rivestite da ENDOCARDIO, rappresentano
l’estensione dei m.papillari che ricoprono la parete interna del ventricolo) che assicura la
chiusura dell’orifizio durante la sistole ventricolare, impedendo il reflusso del sangue
nel sovrastante atrio. Nella parete superiore del ventricolo, oltre all’ORIFIZIO
ATRIOVENTRICOLARE, è presente l’ORIFIZIO DELL’ARTERIA POLMONARE, posizionato
più anteriormente e su un piano più alto rispetto all’ORIFIZIO ATRIOVENTRICOLARE,
munito di 3 valvole definite VALVOLE SEMILUNARI che si inseriscono nei margini
dell’orifizio.
Le VALVOLE SEMILUNARI si chiudono durante la fase di decontrazione ventricolare
(DIASTOLE) permettendo al VENTRICOLO di riempirsi di sangue proveniente dall’ATRIO
SOPRASTANTE. Una volta riempito, avviene la fase di contrazione ventricolare (SISTOLE)
le VALVOLE SEMILUNARI si aprono permettendo il passaggio di sangue dal VENTRICOLO
ARTERIA POLMONARE,
Con la SISTOLE VENTRICOLARE DX si ha la PICCOLA CIRCOLAZIONE (CIRCOLAZIONE
POLMONARE) Il sangue viene immesso nell’ARTERIA POLMONARE, ad una pressione
media di 1/7 rispetto a quella presente nelle arterie della GRANDE CIRCOLAZIONE. Il
sangue così giunge ai CAPILLARI POLMONARI, dove rilascia CO2 e assume O2. Il sangue
arricchito di O2 ritorna mediante le VENE POLMONARI all’ATRIO SX. Il volume totale di
sangue è egualmente distribuito tra arterie-vene-capillari.
Pompa SX (ATRIO SX – VENTRICOLO SX) l’ATRIO SX riceve il sangue ossigenato di ritorno
dai polmoni mediante le 4 vene polmonari, i cui sbocchi hanno un diametro di 1,5cm e
sono sprovvisti di apparati valvolari. Come nell’ATRIO DX è presente l’ORIFIZIO
ATRIOVENTRICOLARE che mette in collegamento l’ATRIO con il sottostante VENTRICOLO
permettendo il passaggio del flusso sanguigno dall’ATRIO al VENTRICOLO, tale flusso è
regolato dalla presenza nell’orifizio della VALVOLA BICUSPIDE (o MITRALE) (BICUSPIDE
in quanto formata da 2 lembi trapezoidali (cuspidi) che con la loro base si fissano al
contorno dell’orifizio presentando sul margine l’attacco per le CORDE TENDINEE). Questa
valvola permette al sangue di passare dall’ATRIO VENTRICOLO durante la SISTOLE
ATRIALE, ma impedisce (chiudendosi) il reflusso del sangue dal VENTRICOLOATRIO
durante la SISTOLE VENTRICOLARE. In posizione antero-mediale, rispetto all’ORIFIZIO
ATRIOVENTRICOLARE, si trova l’ORIFIZIO AORTICO munito di 3 VALVOLE SEMILUNARI
(simili x morfologia e funzione a quelle dell’orifizio dell’arteria polmonare) le quali
impediscono (chiudendosi) al sangue di refluire dall’AORTA VENTRICOLO durante la
decontrazione ventricolare (DIASTOLE), mentre si aprono permettendo il flusso in
direzione VENTRICOLO AORTA durante la contrazione ventricolare (SISTOLE).
Con la SISTOLE VENTRICOLARE SX si ha la GRANDE CIRCOLAZIONE Il sangue viene
immesso nell’AORTA la quale poi lo distribuirà a tutte le sue collaterali e ramificazioni,
permettendo così che tutti i tessuti periferici siano raggiunti dal flusso sanguigno. Il
volume totale di sangue è costante ma non egualmente distribuito (67% VENE-VENULE
– 5% CAPILLARI – 11% AORTA-ARTERIE-ARTERIOLE), ogni aumento del volume di
CICLO CARDIACO
Toni cardiaci
Nel cuore si generano 4 toni, dei quali solo 2 sono percepibili dall’orecchio umano
attraverso lo stetoscopio. Registrare tutti e 4 i toni, permette di delineare la precisa
cadenza dei toni cardiaci in relazione agli altri eventi del ciclo cardiaco:
• 1° tono cardiaco si verifica all’inizio della SISTOLE VENTRICOLARE (sia
BICUSPIDE – TRICUSPIDE). È il più intenso e prolungato dei toni cardiaci.
• 2° tono cardiaco si verifica alla chiusura delle VALVOLE SEMILUNARI. Il rumore
della VALVOLA AORTICA è generalmente più intenso di quello della POLMONARE.
La natura di questo secondo tono può cambiare però con la RESPIRAZIONE:
durante ESPIRAZIONE si ode un solo rumore, che riflette la simultanea chiusura
della VALVOLA POLMONARE – AORTICA. Durante l’INSPIRAZIONE, invece, la
chiusura della VALVOLA POLMONARE è ritardata, soprattutto quale risultato
dell’incremento del flusso sanguigno dovuto ad incremento del ritorno venoso
indotto dall’inspirazione.
• 3° tono cardiaco si verifica nella prima fase DIASTOLE ed è provocata dalle
vibrazioni delle pareti ventricolari, dovute all’improvviso arresto della
distensione ventricolare e alla decelerazione del sangue che entra nei
ventricoli.
• 4° tono cardiaco provocato dalle oscillazione sangue e camere cardiache x
effetto della contrazione atriale.
Ciclo cardiaco
Sistole ventricolare: gli eventi racchiusi all’interno di questo periodo sono:
• Contrazione ISOVOLUMETRICA è l’intervallo tra l’inizio sistole ventricolare –
apertura valvole semilunare. In quest’intervallo si nota che il volume di sangue
ventricolare rimane costate (img.pag.366). L’inizio della contrazione
si dilatano).
• Fase di riempimento lento (diastasi) in questa fase, il sangue refluo dalla
PERIFERIA e dal CIRCOLO POLMONARE, defluisce rispettivamente nell’ATRIO DX –
ATRIO SX, x passare poi al VENTRICOLO DX – SX. Quest’aggiunta di sangue agli
atrii, provoca un incremento PRESS.ATRIALE e l’arrivo di sangue ai ventricoli che
si stanno riempiendo gradualmente sempre più, determina un incremento V
VENTRIC. e conseguentemente della PRESS.VENTRIC., che rimane però a
gradienti pressori inferiori rispetto a quelli ATRIALI. Il motivo x cui la
PRESS.ATRIALE risulta leggermente superiore alla PRESS.VENTRIC. risiede nel
fatto che le VALVOLE AV APERTE rappresentano una via a bassa resistenza
durante il riempimento.
Sistole atriale: il passaggio di sangue dagli ATRI ai VENTRICOLI, provocato dalla SISTOLE
ATRIALE, completa il periodo di riempimento ventricolare. Tale sistole, provoca un
incremento PRESS.ATRIALE – piccolo incremento PRESS.VENTRIC. – aumento V
VENTRIC.
Poiché non vi sono valvole allo sbocco delle VENE CAVE nell’atrio dx o delle VENE
POLMONARI nell’atrio sx, la contrazione atriale può spingere il sangue in entrambe le
direzioni. In realtà, il reflusso di sangue verso queste vene, durante la contrazione
atriale, è modesto, specie a causa dell’inerzia rappresentata dal sangue che affluisce al
cuore.
Il contributo della contraz. atriale al riempimento ventricolare, è condizionato dalla FC
e STRUTTURA VALVOLVE AV in condizioni di NORMALE FC, il riempimento è
praticamente già completo verso la fine della FASE RIEMPIMENTO LENTO e la SISTOLE
ATRIALE contribuisce poco al riempimento.
Nella TACHICARDIA, la FASE RIEMPIMENTO LENTO risulta abbreviata e il contributo della
SISTOLE ATRIALE diventa significativo. Se la TACHICARDIA diventa ELEVATA, tanto da
interferire con la FASE RIEMPIMENTO RAPIDO, la contrazione atriale assume grande
importanza nello spingere rapidamente il sangue nei ventricoli durante questo breve
periodo del ciclo cardiaco.
Se il periodo di RILASCIAMENTO VENTRICOLARE è così breve da compromettere
gravemente il riempimento, la contraz.atriale non riesce a garantire un riempimento
adeguato, provocando una riduzione dell’eiezione cardiaca tale da poter provocare una
sincope.
rimane costante ma varia la GC, cioè aumenta il volume di sangue immesso in circolo,
ma ciò richiede un lieve aumento del consumo di O2 da parte del ventricolo sx.
Rendimento cuore
Come x un motore, anche x il cuore il RENDIMENTO = LAVORO
ESEGUITO/EN.TOT.IMPIEGATA. Il lavoro cardiaco risulta relativamente basso, ma può
essere migliorato con l’allenamento fisico, in quanto la Part si modifica poco, mentre la
GC e LC aumentano (in seguito a modifiche caratteristiche morfologiche) senza un
proporzionale aumento del consumo di O2.
ELETTROFISIOLOGIA CUORE
Richiami anatomici La parete del cuore è formata da 3 tonache sovrapposte
(ENDOCARDIO – MIOCARDIO – EPICARDIO) con spessore differente in rapporto alla
forza contrattile che ogni cavità deve esercitare x la spinta del sangue (parete ATRI più
piccola di quella VENTRICOLI. Parete VENTRICOLO SX più grande VENTRICOLO DX).
La capacità contrattile e quindi la capacità di determinare la FREQ.CARDIACA è
determinata proprio dalla presenza del MIOCARDIO. Il sistema muscolare che avvolge il
VENTRICOLO è indipendente da quello dell’ATRIO e possiamo distinguere 2 tipologie di
MIOCARDIO:
MIOCARDIO COMUNE costituisce il 90% circa della struttura cardiaca e presentano
cellule muscolari cardiache dotate di MIOFIBRILLE che permettono di espletare la
capacità contrattile.
MIOCARDIO SPECIFICO costituisce il restante 10% del miocardio, ed è formato da
CELLULE MIOCARDIACHE che hanno perso la loro capacità contrattile acquisendo quella
della conducibilità (divenendo quindi cellule nervose), pertanto contengono poche
miofibrille.
PA cardiaco
Il CUORE è un muscolo involontario, dotato di un proprio PACEMAKER intrinseco,
costituito dalle cellule del MIOCARDIO SPECIFICO che aggregandosi formano il NODO
SENOATRIALE (ATRIO DX) – NODO ATRIO VENTRICOLARE, capaci di sviluppare
depolarizzazioni spontanee e generare pot.azioni. Il potere di genesi del PA è a carico di
tutte quelle strutture costituite da MIOCARDIO SPECIFICO (quindi NODO SA – AV –
FASCHIO HIS – PURKINJE), ma normalmente è il NODO SA a imporsi come pacemaker
principale di genesi del PA, in quanto egli presenta una frequenza + alta di genesi
rispetto a quella del NODO AV – HIS – PURKINJE. Quando però x qualsiasi motivo il
NODO SA smette di funzionare correttamente, il potere di genesi è assicurato dalle altre
strutture del MIOCARDIO SPECIFICO.
Il PA generato viene propagato attraverso il tess.cardiaco cuore, tramite VIE
SPECIALIZZATE e x CONTATTO CELLULA-CELLULA, a tal proposito è il MIOCARDIO
COMUNE a espletare questa funzione.
Per iniziare un’onda di contrazione nel cuore (BATTITO CARDIACO) è sufficiente la
depolarizzazione di una singola cellula.
Sappiamo quindi che è il PA a determinare la CONTRAZIONE MIOCITI e si possono
misurare diversi PA, tra cui le 2 tipologie principali sono:
• PA risposta rapida (img.pag.333) si verifica nel MIOCARDIO COMUNE e nelle
fibre specializzate di conduzione (fibre Purkinje).
• PA risposta lenta si verifica nel nodo seno atriale – nodo atrioventricolare.
La genesi di questi PA sono determinati da variazioni permeabilità memb.cell., che
permette il passaggio di ioni, modificando il voltaggio memb.
PA risposta rapida
Si verifica nei normali MIOCITI ATRIALI – VENTRICOLARI e nelle FIBRE SPECIALIZZATE DI
CONDUZIONE (FIBRE DI PURKINJE). Possiamo descrive il PA, suddividendolo in 5 fasi
(img.pag.333):
• Fase 0 si ha una rapida fase di ascesa del PA. Questa rapida depolarizzazione è
dovuta quasi esclusivamente all’ingresso rapido di Na+ nel miocita. In particolar
modo, quando il pot. della cellula viene portato rapidamente dalle condizioni di
riposo di -90mV al suo valore soglia di circa -65mV, si verificano modificazioni
profonde della membrana: il Na+ entra nel miocita attraverso specifici CANALI
RAPIDI VOLTAGGIO-DIPENDENTI del Na+. Questi canali si aprono molto
rapidamente, provocando un improvviso aumento concentrazione Na+ intracell.
Tuttavia, dopo che si sono aperti, si inattivano determinando una riduzione
entrata Na+. I canali Na+ rimangono nello stato inattivo fino a quando la memb.
inizia a ripolarizzarsi. Con la ripolarizzazione i canali assumo lo stato chiuso e
possono essere riaperti da un’altra depolarizzazione. Queste proprietà dei canali
Na+ sono alla base del PERIODO REFRATTARIO: lo stato INATTIVO corrisponde
periodo refrattario assoluto, che impedisce al cuore di sviluppare un tetano
prolungato che altrimenti ritarderebbe il rilasciamento ventricolare, interferendo
con la normale azione intermittente di pompaggio del cuore.
Con la ripolarizzazione i canali inattivati passano allo stato CHIUSO periodo
PA a risposta lenta
Si verifica nel nodo seno atriale – nodo atrioventricolare. A differenza del PA a risposta
rapida, quello a risposta LENTA, presenta:
ECCITABILITA’ CARDIACA
Ci sono notevoli differenze di eccitabilità tra cell.cardiache, che dipendono dal tipo di PA
(risp. RAPIDA-LENTA).
Rispose RAPIDE quando una risp. rapida è iniziata, la cellula depolarizzata non è più
eccitabile, fino a quando non si è ripolarizzata parzialmente. L’intervallo di tempo tra
INIZIO PA – momento in cui la cellula è capace di CONDURRE UN ALTRO PA è chiamato
PERIODO REFRATTARIO ASSOLUTO (effettivo). Questo periodo va da FASE 0 a punto
FASE 3 in cui la ripolarizzazione ha raggiunto circa -50mV. A livello di questo valore, molti
dei CANALI RAPIDI x Na+ sono passati dallo stato INATTIVO allo stato CHIUSO (periodo
refrattario RELATIVO). Tuttavia la piena eccitabilità non viene ristabilita fino a quando la
fibra cardiaca non si è completamente ripolarizzata. Prima della completa
ripolarizzazione, cioè nel PERIODO REFRATTARIO RELATIVO, può essere evocato un PA,
ma solo applicando uno stimolo + intenso di quello normalmente suff. ad evocare PA.
Quando un nuovo PA viene evocato durante il periodo refrattario relativo di una
precedente eccitazione, le sue caratteristiche variano a seconda del valore di
pot.memb. rilevato al momento della sua genesi: l’aumento dell’ampiezza – velocità di
depolarizzazione sono maggiori quanto più tardivamente viene stimolata la fibra
durante il PERIODO REFR. RELATIVO (img.pag.343). Ciò è dovuto ad un aumento
progressivamente maggiore del numero di canali rapidi Na+ che sono passati allo stato
CHIUSO.
All’aumentare dell’ampiezza della fase ascendente si ha un aumento velocità di
propagazione dell’impulso cardiaco.
Risposte LENTE in questi PA il PERODO REFR.RELATIVO si protrae oltre la fase 3. Anche
• Accoppiamento ECCITAZIONE-CONTRAZIONE
ECCITAZIONE-CONTRAZIONE nel m.cardiaco: ACCOPPIAMENTO ELETTROCHIMICO x
potersi contrarre, il cuore richiede che al momento in cui giunge il PA, sia presente Ca2+
extracellulare, altrimenti in assenza, cesserebbe di battere (a differenza del m.sch. che si
contrae anche in assenza).
Il PA del m.cardiaco risulta notevolmente più prolungato (150-300ms) rispetto a quello
del m.sch. (5ms). Questa lunga durata del PA, è fondamentale x permettere la
contrazione delle cell.cardiache, ed è dovuta proprio all’entrata di Ca2+ extracellulare
durante il PA. La quantità che entra è relativamente piccola e serve come trigger x
indurre il rilascio di Ca2+ dal RS e iniziare la contrazione.
Il Ca2+ extracellulare entra all’interno delle cellule cardiache grazie alla presenza nel
sarcolemma di canali Ca2+ di tipo L voltaggio-dipendenti, canale presente anche nelle
cell.musc.sch. con FUNZ.DIVERSE.
L’entrata del Ca2+extracellulare, va ad attivare il recettore della rianodina (RYR), canale
posizionato tra CISTERNA TERMINALE – TUBULO T, determinando la fuoriuscita di Ca2+
presente nel RS, che verrà riversato nel sarcoplasma in quantità superiori rispetto a
quelle che entra.
ECCITAZIONE-CONTRAZIONE nel m.sch.: ACCOPPIAMENTO ELETTROMECCANICO il
m.sch. si contrae anche in assenza di Ca 2+extracellulare, di conseguenza il rilascio di Ca 2+
dal RS avviene sempre mediante il RYR che viene però attivato da una variazione
conformazione voltaggio-dipendente del canale Ca2+ di tipo L voltaggio-dipendenti.
• Meccanismo CONTRAZIONE
Come nel m.sch. la contrazione è determinata dall’interazione Ca2+ - troponina C. A bassi
livelli di Ca2+ nel citosol, il sito di interazione ACT-MIO risulta mascherato dalla
TROPOMIOSINA, non potendo permettere l’evento contrattile. Aumenti della
concentrazione Ca2+ intracellulare, in seguito al PA, porta il Ca 2+ a legarsi con la
TROPONINA C, determinando una variazione di conformazione del complesso
TROPONINA –TROPOMIOSINA tale da scoprire i siti di interazione ACT-MIO e
permettere l’evento contrattile. Poiché i siti di legame x la miosina sono localizzati sui
MIOFILAMENTI SOTTILI, e da essi dipende la contrazione, l’evento contrattile nel
m.cardiaco e sch. viene definito contrazione regolata dai FILAMENTI SOTTILI.
Situazione opposta si realizza nel m.liscio contrazione regolata dai FILAMENTI SPESSI.
Il meccanismo di contrazione è analogo a quello del m.sch. (vedi contrazione m.sch.)
Il m.cardiaco – sch. differiscono tra loro x il livello Ca2+ intracellulare raggiunto dopo un
PA e quindi x il num. di interazione ACT-MIO:
MUSC.SCH. dopo 1 SINGOLO POT. AZIONE, i livelli di Ca 2+intracellulari – num.interazioni
ACT-MIO sono elevati.
MUSC. CARDIO i livelli di Ca2+ intracellulare può essere regolato, il che fornisce un
importante mezzo x modulare la forza di contrazione, la quale non dipende da un
ulteriore reclutamento di altre fibre muscolari (come x il m.sch.), in quanto nel corso di
una contrazione cardiaca sono attivate tutte le cell.muscolari. Inoltre non si ha il
raggiungimento di un TETANO, poiché la tetanizzazione del cuore, impedirebbe l’azione
di pompaggio configurandosi come evento fatale.
Diversi sono i meccanismi con il quale il cuore INCREMENTA LA FORZA DI CONTRAZIONE,
tra i quali le variazioni dei livelli Ca2+.
• RILASCIAMENTO
Il fatto che x scaturire la contrazione cardiaca sia necessario il Ca 2+trigger proveniente
dall’esterno, al momento del rilasciamento del cuore è necessario che, oltre all’azione
del SERCA (che sequestra il Ca2+sarcoplasmatico all’interno del RS), si attivi un
meccanismo che porti il Ca2+trigger all’esterno. In particolar modo, la cellula muscolare
cardiaca si avvale di 2 meccanismi:
• Canale antiporto sarcolemmale 3Na2+-1Ca2+ considerando che la [Ca2+]
extracellulare > [Ca2+] intracellulare e che [Na2+] extracellulare > [Na2+]
intracellulare, l’espulsione del Ca2+ dalla cellula, avviene contro gradiente
chimico. Tale meccanismo sfrutta il gradiente chimico del Na 2+ x portare
all’interno della cellula, contro gradiente, il Ca 2+: entra 3Na2+ - esce 1 Ca2+
(img.pag.297). Questo meccanismo contribuisce in maniera più significativa alla
riduzione [Ca2+] intracellulare rispetto alla pompa sarcolemmale.
• Pompa sarcolemmale Ca2+ usa ATP x espellere dalla cellula Ca2+.
Questi 2 meccanismi insieme a quello del SERCA, vanno a far diminuire
[Ca2+]intracellulare in maniera da consentire il RILASCIAMENTO M.CARDIACO.
ELETTROCARDIOGRAMMA
Offre la possibilità di conoscere il decorso dell’impulso cardiaco registrando variazioni
del pot.elettrico in vari sedi poste sulla superficie del corpo. Analizzando queste
variazioni di potenziale, si possono ottenere info come: orientamento anatomico cuore
– ampiezza camere cardiache – varietà dis. del ritmo e conduzione – estensione,
localizzazione e evoluzione danno ischemico – ecc.
Elettrocardiografia scalare
La connessione elettrica tra la CUTE paziente – STRUMENTO DI REGISTRAZIONE
(elettrocardiografo) viene definita DERIVAZIONE. I SIST. DI DERIVAZIONE che vengono
usati x la registrazione dell’elettrocardiogramma (ECG) di routine sono impostati secondo
certi piani del corpo. Le diverse ddp presenti nel cuore, possono essere rappresentate
come VETTORI.
Un SIST. DI DERIVAZIONE impostato secondo un certo piano , rileva solo la proiezione
del vettore su quel piano: es. la ddp registrato tra 2 elettrodi, rappresenta la proiezione
del vettore sulla linea che congiunge i 2 elettrodi (2 derivazioni)). Tale proiezione non è
però un vettore, ma bensì una componente vettoriale, che si presenta come grandezza
scalare (avente solo INTENSITA’). In virtù della misurazione di una componente scalare,
la misurazione di ddp tra 2 punti diversi della superficie della cute è chiamata ECG
scalare.
L’impulso cardiaco viaggia nel cuore secondo un modello molto complesso, pertanto la
precisa configurazione dell’ECG varia da individuo a individuo e, in ogni individuo, il
modello varia con la sede anatomica delle registrazioni.
Tracciato è la rapp.grafica di un impulso elettrico. Un tracciato è costituito da
(img.pag.354):
• Onde P diffusione della depolarizzazione attraverso gli atri
• Onde QRS riflette depolarizzazione dei ventricoli. La forma-ampiezza di questa
onda, varia notevolmente tra gli individui. Un prolungamento anormale può
essere indicativo di un blocco delle normali vie di conduzione attraverso i
ventricoli (blocco branca dx o sx).
• Onde T riflette ripolarizzazione ventricoli (la ripolarizz. atri è mascherata da
dipolarizz.ventricoli).
La quantità di sangue pompata dal cuore ogni minuto è definita come GITTATA
CARDIACA (GC), la quale è data dal prodotto tra FC x GS. Di conseguenza variazioni di
uno di questi 2 parametri, determina variazioni della GC.
La FC è regolata mediante la regolazione dell’attività del pacemaker, mentre la
regolazione della GS è direttamente in relazione alla prestazione del miocardio. FC e GS
non possono essere considerati l’uno indipendente dall’altro. In un organismo integro,
una variazione del comportamento di una queste caratteristiche dell’att.cardiaca,
invariabilmente modifica l’altra.
Vie simpatiche originano dai gangli cervicali e da quelli toracici superiori della catena.
Essi sono i N.CARDIACI CERVICALI (superiore, medio e inferiore) e i N.CARDIACI
TORACICI.
Le fibre simpatiche escono dal MS e entrano nella catena dei gangli pre-vertebrali,
andando a fare sinpasi con le fibre post-gangliari. I gangli dai quali hanno origine le fibre
post-gangliari che andranno ad innervare il cuore sono situate nel mediastino superiore,
in prossimità dei N.VAGHI. Le fibre PARASIMPATICHE e SIMPATICHE si uniscono x formare
una complessa rete di nervi misti destinati al cuore. Le FIBRE POST-GANGLIARI
simpatiche di questa rete giungono alla base del cuore, decorrendo sulla superficie
dell’avventizia dei grandi vasi, per poi estendersi alle varie camere cardiache e penetrare
nella porzione muscolare cardiaca (MIOCARDIO), seguendo le varie branche dei vasi
coronarici.
A differenza delle fibre pre-gangliari, quelle post-gangliari del SIMPATICO, rilasciano
NORADRENALINA (NA), la quale dopo aver eseguito la loro azione, viene ad essere
ricaptata dai terminali assonici.
A differenza della stimolazione VAGALE, gli effetti della stimolazione SIMPATICA
scompaiono molto gradualmente dopo la fine della stimolazione. Ciò è dovuto al fatto
che la ricaptazione della NA è un processo relativamente lento.
Più lenta risulta essere anche la risposta cardiaca alla stimolazione simpatica
(img.pag.422). I motivi principali sono due:
• La NA viene liberata a velocità relativamente bassa
• Gli effetti della NA liberata sono mediati dalla via relativamente lenta dei
secondi messaggeri (che coinvolge cAMP).
L’att.SIMPATICA modifica quindi la FC – conduzione AV molto più lentamente di quanto
non faccia l’att.VAGALE. Pertanto, l’ATT.VAGALE, ma non quella SIMPATICA, può
esercitare un controllo bat x batt della funzione cardiaca.
Variazioni della FC in seguito a variazioni improvvise della PA: riflessi dai barocettori
Le variazioni improvvise della PA, provocano x VIA RIFLESSA variazioni di segno opposto
della FC. Questa risposta involontaria (riflesso) è mediato da BAROCETTORI localizzati
nell’ARCO AORTA –SENI CAROTIDEI.
La RELAZIONE INVERSA tra FC e PA sono di norma più evidenti x un ambito di valori
intermedi della PA. Al di sotto e al di sopra di questi valori intermedi, la FC rimane,
rispettivamente, costantemente elevata – bassa. Queste variazioni della FC sono
determinate da modifiche dell’att.nervosa vagale-simpatica in risposta a variazioni
pressorie:
VALORI INTERMEDI della PA le variaz. di FC sono ottenute mediante variazioni
reciproche dell’att.nervosa VAGALE – SIMPATICA.
VALORI AL DI SOTTO DI QUELLI INTERMEDI della PA si ha un’elevata FC indotta da
un’intesa att.simpatca, mentre l’att.vagale risulta assente.
VALORI AL DI SOPRA DI QUELLI INTERMEDI della PA si ha una bassa FC indotta da
un’intesa att.vagale, mentre l’att.simpatica rimane a valori molto ridotti (grafici pag.
424).
Recettori ventricolari ci sono dei recettori localizzati nella parete endocardica dei
ventricoli, i quali promuovono riflessi simili a quelli promossi dalla stimolazione dei
barocettori arteriosi. L’eccitazione di questi recettori, riduce la FC e resist.periferiche.
Fattori chimici
Ormoni midollare surrene il principale ormone secreto è l’ADRENALINA (viene anche
secreta una certa quantità di NA). Il ritmo di secrezione delle catecolamine è sotto il
controllo dei medesimi meccanismi che controllano att. del SN simpatico: la
concentrazione di queste catecolamine nel sangue, aumenta nelle stesse situazioni che
attivano il sist.simpatico. In condizioni normali, tuttavia, le catecolamine circolanti
esercitano effetti trascurabili sul sist.cardiovascolare. Le fibre simpatiche cardiache,
rilasciano però più NA che adrenalina.
Ormoni corticale surrene (situazione controversa riguardo influenza steroidi sul
miocardio) ormoni corticosurrenalici aumentano la contrattilità miocardio oppure, ad es.
idrocortisone, potenzia effetti cardiotonici delle catecolamine.
Ormoni tiroide ↑contrattilità cuore. Nell’ipertiroidismo si ha un ↑velocità idrolisi ATP
e ↑captazione Ca2+ da parte RS. I soggetti ipertesi mostrano: tachicardia - ↑GC –
palpitazioni – aritmie.
Gli ormoni tiroidei, stimolano la produzione di proteine nel cuore, inducendo
IPERTROFIA CARDIACA. Alcuni studi, dimostrano anche che aumentano la densità rec. b-
adrenergici nel tess.cardiaco. L’iperfuzione tiroidea aumenta il ritmo metabolismo
generale e questo, a sua volta, comporta dilatazione arteriole e quindi,
↓resist.periferiche tot. ↑GC.
Insulina ↑forza contrazione. Tale effetto risulta potenziato dal blocco rec. B-
adrenergici. L’aumento di contrattilità non può essere spiegato in modo soddisfacente
con il concomitante aumento del trasferimento di glucosio dentro la cellula cardiaca).
Glucagone ↑forza contrazione - ↑FREQUENZA CONTRAZ. CARDIACHE. Ruolo
fisiologico non significativo nella normale regolazione del sist.cardiovascolare.
EMODINAMICA
Velocità del sangue
La velocità del sangue dipenda dal rapporto tra FLUSSO (Q)/AREA SEZ.TRASVERSA (A):
V=Q/A.
Da questo rapporto si nota come la VEL. SANGUE sia inversamente proporz. all’AREA
SEZ.TRASVERSA dei vasi: VELOCITA’ e maggiore nel vaso con SEZ.TRASVERSA più piccola
e viceversa nel vaso con SEZ.TRASVERSA più grande.
A livello del SIST.VASCOLARE, avremo che la VELOCITA’ SANGUE si riduce
progressivamente quando il sangue attraversa SIST.ARTERIOSO, in particolare, nei
CAPILLARI avremo il valore minimo di velocità. Quando il sangue attraversa il
SIST.VENOSO, avremo invece un aumento progressivo della velocità sangue.
Resistenza al flusso
Si intende la resistenze che il flusso incontra nel suo procedere. Secondo la formula
pag.377, si può comprendere come la resistenza dipenda dalle CARATTERISTICHE DEL
FLUIDO - DIMENSIONE DEL CONDOTTO. Il principale fattore determinante la resistenze
del flusso attraverso ogni singolo vaso è il calibro del vaso. Dalla formula si nota come il
raggio (r) sia inversamente proporzionale alla resistenza al flusso, perciò ne deriva che:
• AUMENTO CALIBRO ↓resist.flusso
• DIMINUZIONE CALIBRO ↑resist.flusso
Nel sist.vascolare, se prendiamo in considerazione i SINGOLI VASI, notiamo come vasi
con il più piccolo calibro sono i capillari, nei quali si avrà perciò una resistenza elevata,
che tende a ridursi con l’aumentare del diametro degli altri vasi più grossi (grafico
pag.377). Dobbiamo però tenere in considerazione la strutturazione dell’interno
sist.vascolare, in quanto la RESISTENZA varia a seconda che i canali vascolari, nei quali
fluisce il sangue, siano disposti in SERIE o in PARALLELO.
CANALI disposti in SERIE il FLUSSO TOTALE di sangue è lo stesso all’interno dei vasi
arteriosi disposti in serie. Avremo quindi che la RESISTENZA TOT. in un sist. in serie è
data dalla somma delle R presente in ogni vaso.
CANALI disposti in PARALLELO il FLUSSO TOTALE di sangue si divide x ogni canale
vascolare. La RESIST. TOTALE sarà data, anche in questo caso, dalla somma delle
resistenze di ogni singola componenti vascolare disposta in parallelo. Solamente che
ogni singola resistenza calcolata x ogni vaso = 1/R. Quindi la RESIST. TOT. sarà sempre più
piccola della resistenza calcolata x ogni singolo vaso disposto in parallelo (es.pag.379).
Detto ciò, considerando l’intero flusso si sangue passante nel sist. vascolare, avremo che
la maggiore resistenza sarà offerta non dai capillari, ma a livello delle arteriole e piccole
arterie. Il motivo risiede proprio nel fatto che i CAPILLARI possiedono un numero
notevolmente superiore di vasi disposti in parallelo, rispetto alla ARTERIOLE.
La RESIST.VASCOLARE può essere modificata da stimoli naturali che modificano il raggio
dei vasi. Il fattore più importante che modifica il calibro è lo stato di contrazione delle
cell.muscolari lisce che circondano le pareti vasi.
Viscosità sangue
Per viscosità si intende la capacità liquidi di scorrere su se stesso. Per il sangue, la
viscosità può variare considerevolmente con le DIMENSIONI CONDOTTO e con il
FLUSSO. Il sangue è costituito da una sospensione soprattutto di eritrociti in un liquido
relativamente omogeneo costituito dal PLASMA. Di conseguenza la viscosità del sangue
varia in funzione del valore di EMATOCRITO (x elevati valori di ematocrito si ha un
aumento della viscosità (grafico pag.381)).
Viscosità – dimensioni condotto Per un certo valore di EMATOCRITO, la viscosità del
sangue dipende dalle dimensioni del condotto: VISCOSITA’ diminuisce progressivamente
come il diametro del condotto si riduce al di sotto 0,3mm (capillari, arteriole, hanno
dimensioni minori). Tenendo in considerazione la formula resistenza pag.377, vediamo
come R sia dirett. prop. alla viscosità, quindi in vasi sanguigni ad alta resistenza, come
capillari e arteriole, il fatto di avere una BASSA VISCOSITA’ riduce la resistenza. Il motivo
x cui il DIAMETNRO CONDOTTO influenza la VISCOSITA’, è dovuto in parte a una
variazione nella composizione sangue che scorre nei piccoli condotti: in questi piccoli
condotti si ha un flusso laminare. Nelle lamine centrali del flusso (parte più veloce del
flusso) si tendono a concentrare i globuli rossi, mentre il plasma scorre nelle lamine
periferiche (più lente). Poiché le porzioni centrali del flusso contengono una quantità
maggiore di globuli rossi e si muovono a velocità maggiore, il tempo necessario x
attraversare un condotto sarà minore x i GLOBULI ROSSI che x il PLASMA. Inoltre i
VALORI DI EMATOCRITO nei piccoli condotti, risultano essere inferiori rispetto ai condotti
più grandi.
Viscosità – velocità flusso sono inversamente proporzionali, all’aumentare velocità –
diminuisce viscosità. Ciò è dovuto al fatto che a BASSE VELOCITA’ si formano aggregati
tra cellule, con conseguente ↑viscosità. Questa tendenza si riduce progressivamente
con l’aumentare velocità (grafico pag.381). Altro motivo risiede nel fatto che ad ALTE
VELOCITA’, gli eritrociti tendono a concentrarsi nella lamina centrale più veloce,
consentendo una maggiore velocità con cui una lamina di fluido scorre sull’altra
contigua.
SISTEMA ARTERIOSO
Il sistema arterioso SISTEMICO e POLMONARE va a distribuire sangue ai letti capillari del
corpo.
Fattori determinanti PA
La PA può essere definita come PA media, in quanto è la media della pressione nel
tempo. Essa si divide in PA sistolica (max) – PA diastolica (min). PA sistolica (max (110-
119mmHg)) – PA diastolica (min (75-79mmHg)) polso pressorio.
I fattori che determinano la PA sono:
• Fattori FISICI:
• V sangue presente nel sist.arterioso
• Caratteristiche elastiche del sistema (compliance)
• Fattori FISIOLOGICI:
• GC (FCxGS)
• Resistenze periferiche
Effetti del VOLUME SANGUE PRESENTE NEL SIST. ARTERIOSO esso dipende a sua volta
dai 2 fattori fisiologici: GC – RESIST.PERIFERICA. Questi 2 fattori, determinano
rispettivamente un altro paramento: velocità influsso sangue (Qi) – velocità deflusso
sangue (Q2).
Qi – Q2
Se l’INFLUSSO > DEFLUSSO sangue ↑ VOLUME ARTERIOSO e le pareti arteriosi si
distendono maggiormente con conseguente ↑PA. Per essere maggiore l’INFLUSSO,
significa che è ↑GC.
Se INFLUESSO < DEFLUSSO ↓ VOLUME ARTERIOSO e le pareti arteriosi si distendono in
misura minore con conseguente ↓PA. Per essere maggiore il DEFLUSSO, significa che
sono ↓RESIST.PERIFERICHE.
Se INFLUSSO = DEFLUSSO VOLUME ARTERIOSO costante e conseguentemente una PA
costante.
Da quanto detto, desumiamo che un aumento GC – RESIST.PERIFERICHE ↑PA. Una
diminuzione GC – RESIST.PERIFERICHE ↓PA.
Durante l’EIEZIONE VENTRICOLARE (SISTOLE) si verifica una rapida e veloce immissione
nel sistema arterioso di sangue, il cui quantitativo è superiore al volume di sangue che
defluisce dalla arteriole (INFLUSSO > DEFLUSSO). Ne consegue che il VOLUME SANGUE
e PA aumentano a un picco di pressione che rappresenta la PA SISTOLICA.
Durante la DIASTOLE, invece, l’EIEZIONE CARDIACA è nulla e quindi il DEFLUSSO
PERIFERICO è di molto maggiore. Ne consegue una RIDUZIONE VOLUME SANGUIGNO
ARTERIOSO che provoca una riduzione PA al valore minimo (PA DIASTOLICA).
spingono il sangue in avanti grazie al ritorno elastico delle loro pareti (img.pag.383).
Pertanto, l’EIEZIONE INTERMITTENTE del cuore, viene convertita nei capillari a FLUSSO
STAZIONARIO.
La natura elastica delle grosse arterie riduce anche il lavoro del cuore. Se queste arterie
fossero rigide, la pressione incrementerebbe notevolmente durante la SISTOLE. Questa
incrementata pressione imporrebbe ai ventricoli di pompare sangue contro un carico
elevato (post-carico) e quindi incrementerebbe il lavoro del cuore (img.pag.383).
Invece, il fatto che queste arterie sono elastiche, permettono loro di distendersi durante
la SISTOLE, e il risultato sarebbe un incremento della press.sistolica in misura minore
rispetto a quanto si avrebbe nelle arterie rigide. Ne consegue anche un lavoro cardiaco
di minore intensità.
SISTEMA VENOSO
Le vene sono gli elementi del sist.circolatorio che trasferiscono sangue dai tessuti al
cuore. Le vene, inoltre, costituiscono un serbatoio molto ampio che contiene circa il
70% del sangue in circolo. Questa funzione di serbatoio, consente alle vene di
aggiustare il volume di sangue che ritorna al cuore (variando quindi il PRE-CARICO), in
modo tale che siano soddisfatte le necessità dell’organismo quando la GC è alterata.
Le vene sono molto distendibili e offrono una bassa resistenza al flusso sanguigno. La
bassa resist., favorisce il flusso di sangue dalle VENE PERIFERICHE CUORE.
La distendibilità delle vene (compliance), varia con la posizione del corpo, tanto che le
VENE ARTI INFERIORI hanno una compliance inferiore a quella delle vene che si trovano
a livello o sopra cuore. Le VENE ARTI INFERIORI, sono inoltre più spesse delle VENE ARTI
SUPERIORI o VENE CERVELLO. La COMPLIANCE vene si riduce con l’età e l’ISPESSIMENTO
che si verifica è accompagnato da una diminuzione elastina – aumento collagene.
Variazioni del ritorno venoso si ottengono x aggiustamenti TONO VENOMOTORE –
ATT.RESPIRATORIA – STRESS ORTOSTATICO (GRAVITA’).
Gravità
Le FORZE GRAVITAZIONALI possono esercitare notevoli effetti sulla GC (es.pag.389).
Viene spesso riferito che quanto una persona è in staz.eretta, le F gravità agiscono
contro F che di norma promuovono il ritorno venoso al cuore. Quest’affermazione è
incompleta, in quanto ignora:
• il fatto che ogni F gravitazionale esercita impedimento al flusso sul versante
venoso, è esattamente bilanciata dal fatto che essa favorisce il flusso sul
versante arterioso.
• Non prende in considerazione gli effetti della gravità nel determinare
l’accumulo venoso. A tal proposito, durante la staz.eretta, la GRAVITA’ provoca
accumulo di sangue negli arti inferiori, e distende sia ARTERIE che VENE.
Poiché la COMPLIANCE VENOSA è maggiore di quella ARTERIOSA, questa
distensione sarà maggiore nel lato venoso rispetto a quello arterioso. Ciò
provoca effetti che assomigliano a quelli che si riscontrano durante l’emorrargia.
Quest’accumulo, provoca infatti una riduzione GC, al quale seguono
aggiustamenti compensatori (identici a quelli che si attuano in situazioni di
emorragia) che consentono all’uomo di adattarsi alla staz.eretta.
MICROCIRCOLAZIONE
Compito del sist.circolatorio è quello di fornire ai tessuti una quantità di sangue
adeguata alle loro richieste di OSSIGENO – SOST.NUTRITIZE.
Per MICROCIRCOLAZIONE si intende la circolazione del sangue attraverso i vasi più
piccoli: ARTERIOLE – CAPILLARI – VENULE. Le ARTERIOLE hanno uno spesso strato
m.liscia, possono:
• dare direttamente origine ai capillari. Le arteriole che danno direttamente
origine ai capillari, costituiscono i principali vasi di resistenza e regolano il flusso
ai letti capillari, attraverso COSTRIZIONI – DILATAZIONI della muscolatura.
I CAPILLARI sono costituiti da un singolo strato ENDOTELIO, che consente un
rapido scambio GAS – ACQUA – SOLUTI con il liquido interstiziale. I capillari
formano una rete intercomunicante di piccoli condotti di diversa lunghezza.
• oppure possono presentare comunicazioni diretta con le venule
• oppure possono andare a costituire le METARTERIOLE, condotti nel quale scorre
il sangue, passando direttamente dalla parte arteriosa a quella venosa, evitando
i capillari, oppure andando ad alimentare il letto capillare (img.pag.390)
Le VENE – PICCOLE VENE servono principalmente come condotti di raccolta e deposito.
I capillari sono privi di m.liscio e quindi non sono dotati della capacità di modificare
attivamente il loro diametro. Tuttavia le cell.endoteliali, contengono ACT-MIO e
possono modificare la loro forma in risp. a certi stimoli chimici.
La sottile parete dei capillari può contrastare le ELEVATE PRESS. INTERNE (PRESS.
INTRAVASCOLARI) senza rompersi, in seguito al loro lume molto piccolo Questa
proprietà è spiegata dalla Legge Laplace: T=Pr. T sta per TENSIONE della parete e
rappresenta la forza che si oppone alla FORZA DI DISTENSIONE che tende a separare
un’ipotetica fessura del vaso.
Il piccolo raggio del lume, permette di fornire una FORZA DISTENSIONE piccola.
A pressioni aortiche-capillari normali, la TENSIONE PARETE AORTICA è circa 12.000 volte
maggiore della TENSIONE PARETE CAPILLARE (es.pag.392).
max nelle VENULE. Questa maggiore permeabilità nel TERMINALE VENOSO DEI
CAPILLARI e nelle VENULE, è dovuto al maggior numero di PORI presenti nella
parete endoteliale.
Il numero di PORI presenti nei capillari non è lo stesso x tutti, esso può infatti
variare a seconda della tipologia di capillare, ad es. nei capillari cerebrali dove è
presente la BARRIERA EMATOENCEFALICA, i PORI sono ASSENTI e viene impedito
il passaggio soprattutto di MOLECOLE GRANDI DIMENSIONI, le quali trovano nei
PORI un punto di passaggio. I capillari renali e dell’intestino, sono tra i più porosi
e presentano fenestrature ampie. Altri come i capillari fegato presentano
capillari con un endotelio discontinuo.
La DIREZIONE e il MOVIMENTO di liquido attraverso la parete capillare è
determinata dalla PRESSIONE IDROSTATICA – OSMOTICA esistenti attraverso la
memb.:
• PRESSIONE IDROSTATICA non è costante nei capillari e dipende da:
• PA ↑PA determinano ↑PRESSIONE IDROSTATICA
• Pvenosa ↑Pvenosa determinano ↑PRESSIONE IDROSTATICA
• RESIST. ARTERIOLE ↑Resist.Art. (e chisura arteriole) determina
↓PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE.
• RESIST. VENULE (PICCOLE VENE) ↑Resist.Venule determina
↑PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE.
Variazioni della RESISTENZA VENOSA, determina modifiche della
PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE più di quanto non facciano le variazioni
RESIST.ART.
La PRESS.IDROSTATICA CAPILLARE varia da tess. a tess. e anche nello
stesso tess.
La P TISSUTALE all’esterno del capillare, svolge la funzione di opporsi alla
filtrazione capillare, ma in condizioni normali la P TISSUTALE è prossimo a
ZERO, perciò la PRESS.CAPILLARE (che permette la spinta dei liquido da
CAPILLARE ..> TESSUTI) non risulta influenzata.
• PRESSIONE OSMOTICA il fattore più importante che impedisce l’uscita di
liquido dai capillari è la PRESS.OSMOTICA delle PROTEINE PLASMATICHE
(PRESSIONE ONCOTICA). Tale pressione ha un ruolo importante nello
scambio di liquido attraverso la parete capillare, in quanto le
PROT.PLASMATICHE rimangono essenzialmente confinate nello spazio
INTRAvascolare, mentre gli ELETTROLITI hanno uguale concentrazione ai
lati dell’endotelio.
Tra le proteine plasmatiche, l’ALBUMINA ha un effetto preponderante nel
determinare la press.osmotica. Il motivo risiede nel fatto che essa
esercita una forza osmotica superiore a quella che dovrebbe essere
esercitata sulla base della sua concentrazione nel plasma. La forza
osmotica aumenta ulteriormente ad ALTE CONCENTARZIONI di
ALBUMINA (come nel plasma). Una spiegazione di questo
comportamento dell’albumina è da ricercarsi nella sua carica negativa
presente a pH ematico normale. L’albumina lega un piccolo numero di Cl-
che aumentano ulteriormente la sua carica negativa e, qiundi presenta
una maggiore capacità di trattenere all’interno del capillare Na +. Questo
comportamento permette al plasma di avere una concentrazione di
elettroliti superiore rispetto a quella del liquido interstiziale,
aumentando così la FORZA OSMOTICA.
Equilibrio tra FORZE IDROSTATICHE – OSMOTICHE la relazione tra
PRESS.IDROSTATICA – OSMOTICA è descritto dall’equazione di Starglin (pag.398).
A seconda della prevalenza di quei fattori responsabili della FORZA IDROSTATICA
– OSMOTICA, si avrà filtrazione – riassorbimento. Ad es. x avere
RIASSORBIMETNO dovremo avere o un ridotto valore PRESSIONE IDROSTATICA
maggior resistenza al flusso sanguigno, pompato nei tessuti dal cuore e sono perciò
importanti nel mantenere la PA. Questa funzione è possibile in quanto la parete di
questi vasi è costituita in gran parte da cell.muscolari lisce che, contraendosi, vanno a
regolare il lume del vaso. Il lume può variare da una situazione di chiusura pressoché
completa ..> dovuta a forte contrazione del m.liscio – massima dilatazione ..> x
completo rilasciamento del m.liscio vascolare.
Il m.liscio vascolare è perciò responsabile del controllo della resistenza periferica tot. –
tono arterioso/venoso – distribuzione flusso sangue attraverso il corpo. Di
conseguenza agendo su di esso, si va a regolare la circolazione periferica. Il controllo sul
m.liscio vascolare può avvenire attraverso un:
• Controllo INTRINSECO:
• Autoregolazione e regolazione miogenica variazione di PA si associano
variazioni della RESIST.VASCOLARE che tendono a mantenere costante il
FLUSSO SANGUIGNO. A incrementi o diminuzioni di PA ne conseguono,
rispettivamente, aumenti o diminuzioni FLUSSO EMATICO. Mantenendo la
PA al suo nuovo livello x circa 30-60 sec, si assiste ad un ritorno del
FLUSSO verso VALORI DI CONTROLLO.
Queste variazioni del flusso sono dovute a variazioni della muscolatura
liscia: x un’ ELEVATA DIFF. DI PRESSIONE attraverso la parete del vaso
sanguigno (PRESSIONE TRANSUMARALE), il muscolo si contrae, mentre si
rilascia in risposta a una RIDUZIONE PRESS.TRANSMURALE. Non è stato
ancora stabilito come la distensione dei vasi possa promuovere la loro
contrazione ma, poiché con lo stiramento del m.liscio vascolare si ha un
incremento di Ca2+intracellulare, è stato proposto che un
↑PRESS.TRANSMURALE attiva i CANALI Ca2+ presenti su
memb.plasmatica. Tale meccanismo risulta comunque indipendente
dall’endotelio.
La PA in sogg. normali è mantenuta a un livello più o meno costante
prevalentemente attraverso RIFLESSI BAROCETTIVI, di conseguenza
l’intervento di questo meccanismo risulta minimo. Tuttavia, quando si
cambia posizione (da supina a eretta) si verifica un’ampia variazione della
PRESS.TRANSMURALE alle estremità inferiori e di conseguenza
ARTERIOLE si contraggono.
• Regolazione mediata da endotelio l’endotelio può produrre sostanze con
conseguenze sulla m.liscia vascolare.
• Regolazione metabolica in alcuni tessuti il FLUSSO EMATICO è regolato
dal livello di att.metabolica presente in quel tessuto. Ogni intervento che
provoca un apporto di O2 inadeguato (troppo o poco) alle necessità del
tessuto, provoca anche la formazione di metaboliti vasodilatatori. Questi
metaboliti sono liberati dal tessuto e agiscono localmente dilatando i vasi
di resistenza.
Tra le sost. vasodilatatrici più importanti si hanno: ac.lattico – CO2 – H+.
Contrariamente al m.sch., il TONO BASALE del m.liscio vascolare non è
determinato dal SN. Pertanto x mantenere questo tono deve intervenire
qualche fattore metabolico (potrebbero essere: att.m.liscio vascolare in
risposta allo stiramento imposto dalla pressione – alta tensione di O2 nel
sangue arterioso – presenza di Ca2+).
Un FATT.METABOLICO, sembra essere presente anche nell’IPEREMIA
REATTIVA è una condizione che si crea quando il flusso arterioso di un
distretto viene temporaneamente bloccato, subito dopo la rimozione
dell’occlusione il flusso ematico è superiore al flusso esistente prima
dell’occlusione, x poi ritornare gradualmente ai livelli di controllo.
Quando il m.liscio vascolare delle ARTERIOLE si rilascia in risposta ai
metaboliti vasodilatatori, rilasciati in seguito a riduzione apporto O2, la
resistenza delle ARTERIE che alimentano queste arteriole, può ridursi. Ciò
può essere dovuto al fatto che, la dilatazione delle ARTERIOLE accelera il
flusso ematico, che sarà conseguentemente accelerato anche nelle
ARTERIE, aumentando così la tensione di taglio sull’endotelio delle
arterie, provocando vasodilatazione e rilascio NO.
• Controllo ESTRINSECO:
• Influenze nervose SIMPATICHE nel BULBO sono presenti alcune regioni
che influenzano l’att. cardiovascolare. Alcune di queste regioni, vanno a
provocare: VASOCOSTRIZIONE - ↑FC - ↑att.miocardio. Un’altra regione
provoca ↓PA. Queste regioni menzionante, non sono intese in termini
anatomici come un aggregato circoscritto di neuroni, ma tale definizione
viene fatta in termini fisiologici.
Le REGIONI VASOCOSTRITTRICI, sono tonicamente attive e gli stimoli
riflessi e umorali ne aumentano l’att., provocando incremento della
FREQ.DEGLI IMPULSI che raggiungo i terminali nervosi a livello dei vasi,
dove viene liberata NA che provoca VASOCOSTRIZIONE delle arteriole
(agendo su rec. alfa-adrenergici).
L’inibizione di queste regioni vasocostrittrici, diminuisce la loro att.tonica
e quindi si ↓FREQ.IMPULSI nelle fibre nervosi che raggiungo i vasi,
provocando VASODILATAZIONE. Di conseguenza la regolazione nervosa
della circolaz.periferica si attua principalmente x modificazione della
FREQ.SCARICA delle FIBRE NERVOSE SIMPATICHE VASOCOSTRITTRICI,
destinate ai vasi (es.pag.439).
Differenza degli effetti dell’innervazione simpatica sui VASI DI
RESISTENZA (arteriole) e CAPACITA’ (vene) le influenze nervose
esercitate sui VASI PIU’ GROSSI, hanno un significato funzionale di minor
importanza rispetto alle influenze esercitate sulle ARTERIOLE e PICCOLE
ARTERIE. Rispetto ai VASI DI RESISTENZA, i VASI DI CAPACITA’ (vene),
sembrano essere più reattivi alla stimolazione dei nervi simpatici, in
quanto raggiungono il massimo livello di costrizione x freq. di
stimolazione più basse.
• Influenze nervose PARASIMPATICHE solo una piccola porzione di
arteriole del corpo, ricevono fibre parasimpatiche (es.m.sch. e cute non
possiedono innervaz.parasimaptica). Pertanto l’effetto di queste fibre
sulla resist.vascolare totale è di modesta entità.
• Fattori umorali ADRENALINA e NA esercitano un potente effetto sui vasi
sanguigni.
ADRENALINA nel m.sch,. in BASSE CONCENTRAZIONI ..> dilata le
arteriole (agendo su rec. beta-adrenergici), mentre ad ALTE
CONCENTRAZIONI ..> costrizione arteriole (agendo su rec. alfa-
adrenergici).
NA in tutti tessuti l’effetto principale è la vasocostrizione.
ADRENALINA e NA sono liberate da FIBRE SIMPATICHE, ma possono
essere prodotte e rilasciante anche dalla ghiandola del surrene. Tuttavia
in condizioni fisiologiche l’effetto di queste catecolamine liberate dalla
ghiandola surrene è trascurabile se paragonato con l’effetto provocato
dalla NA liberata da FIBRE SIMPATICHE.
• Riflessi vascolari ci sono zone del BULBO che provocano riflessi vascolari
in seguito ad afferenze che provengono da BAROCETTORI –
CHEMOCETTORI PERIFERICI – IPOTALAMO – CORTECCIA CEREBRALE –
CUTE, producendo diversi tipi di riflessi.
• Barocettori arteriosi (pressocettori) sono rec. da stiramento
localizzati nei SENI CAROTIDEI – ARCO AORTA (img.pag.441). Gli
impulsi che arrivano dai rec. posti nei SENI CAROTIDEI, decorrono
contrazione muscolare.
• Riflessi barocettivi
• FATTORI LOCALI (CHIMICI)
SISTEMA LINFATICO
È composto da vasi linfatici – linfonodi – tess.linfoide. Questo sistema trasporta linfa e i
materiali che trasudano dai vasi sanguigni. La composizione chimica della linfa varia a
seconda dei tessuti e degli organi in cui si trova (per esempio la linfa che si forma
durante la digestione contiene un ricco contenuto di sostanze grasse, differenziandosi
quindi dalla linfa che si forma a digiuno). Generalmente ha una composizione simile a
quella del plasma sanguigno, con la presenza di globuli bianchi. La linfa si forma a livello
dei capillari arteriosi, dalle cui pareti trasuda il plasma per effetto della pressione
arteriosa e si diffonde nei piccoli spazi fra le cellule.
La circolazione della linfa differisce dalla circolazione sanguigna in quanto i vasi linfatici
NON formano un circuito chiuso, ma un SISTEMA A SENSO UNICO.
ANATOMIA SIST.RESP.
Il sist.resp. inizia con il NASO e termina all’interno dei POLMONI, negli ALVEOLI.
Possiamo distinguere gli organi che costituiscono il sist. resp. in 2 porzioni:
• Vie aeree superiori: NASO – SENI – FARINGE – LARINGE. La principale funzione di
questa prima parte è quella di condizionare l’area inspirata, in maniera che
quando l’aria arriva alla trachea, risulta umidificata e con la stessa temp. del
corpo.
Il NASO funziona anche x filtrare, trattenere ed eliminare particelle di
dimensioni superiori ai 10μm e x il senso odorato. Attraverso il naso si realizza
anche una resistenza al flusso aereo, che risulta essere il 50% della resist.tot. del
sist.respiratorio. Tale resistenza aumenta nelle infezioni virali e con l’aumentare
flusso, come accade durante eser.fisico. Quando la resp. nasale diventa troppo
elevata, inizia la respirazione attraverso la bocca.
I SENI PARANASALI svolgono 2 principali funzioni: alleggeriscono il cranio,
rendendo la postura eretta e più agevole – offrono una risonanza x la voce –
possono anche proteggere il cervello in casi di traumi frontali.
Sia il NASO che i SENI PARANASALI, sono ricoperti da MUCOSA
RESPIRATORIAcostituito da un epitelio di rivestimento batiprismatico
pseudostratificato con numerose cellule calciformi mucipare. Le cellule + alte
sono dotate di CIGLIA VIBRATILI. La lamina propria della mucosa, accoglie
GHIANDOLE NASALI, è riccamente vascolarizzata.
La funzione della MUCOSA RESPIRATORIA è quella di trattenere ed eliminare il
pulviscolo atmosferico che arriva dall’aria inspirata. Le CELLULE CALCIFORMI e le
GHIANDOLE della lamina propria secernano un muco denso che trattiene il
pulviscolo la cui espulsione è facilitata dal movimento delle ciglia che lo
spingono verso la faringe. Inoltre il muco umidifica l’aria atmosferica, facendolo
giungere alle vie aeree inferiori satura di vapore acqueo. La ricca
vascolarizzazione della mucosa permette, liberando calore, di riscaldare l’aria
atmosferica.
La LARINGE è un condotto cilindrico di natura cartilaginea mantenuta in posizione
da numerosi muscoli e legamenti. Le sue funzioni sono di consentire il passaggio
di aria alle vie aeree inferiori – produzione di suoni, grazie alla presenza delle
corde vocali, l’aria passa x queste corde e vibrando emettono suoni che variano a
seconda della tensione laringe. Importante è anche la presenza dell’epiglottide,
la quale permette di chiudere il passaggio attraverso la GLOTTIDE, durante la
masticazione, impedendo che il cibo possa penetrare nelle vie aeree inferiori.
L’atto della deglutizione del cibo dopo masticazione di norma si verifica in 2 sec,
ed è sincronizzato con riflessi muscolari che coordinano la chiusura e l’apertura
delle vie aeree.
• Vie aeree inferiori: TRACHEA – BRONCHI – POLMONI. La TRACHEA fa seguito alla
LARINGE, è un canale formato da 15-20 anelli cartilaginei (ialina) incompleti
posteriormente, ma in regolare successione. Nella parte terminale del canale, la
trachea si biforca nei 2 BRONCHI (DX-SX). I BRONCHI originano dalla biforcazione
della TRACHEA in direzione basso-laterale e si distinguono in DX e SX, ognuno dei
quali andrà verso il rispettivo POLMONE (DX o SX). I bronchi presenti all’esterno
del polmone vengono definiti EXTRAPOLMONARI mentre quelli che entrano
all’interno del polmone si definiscono INTRAPOLMONARI.
Essendo l’ilo del POLMONE SX più lontano rispetto al DX, il bronco DX è + corto
del SX, ed è anche di calibro maggiore in maniera da permettere al POLMONE DX
che è + voluminoso, una ventilazione adeguata. I bronchi si vanno ad inserire
nell’ilo dei polmoni DX-SX divenendo BRONCHI INTRAPOLMONARI e via via crea
generazioni di bronchi sempre più piccoli, quindi aventi un diametro minore, ma
un’area di superficie complessiva sempre maggiore , fino a terminare negli
ALVEOLI.
I POLMONI sono organi pieni, situati nella cavità toracica ai lati del mediastino.
Sono la sede nei quali hanno luogo gli scambi gassosi fra aria e sangue. I
POLMONI hanno la forma di coni, consistenza spugnosa ed elastica.
La superficie esterna dei polmoni è percorsa da profonde scissure interlobari,
che dividono il polmone DX in 3 lobi, mentre il SX in 2 lobi. Per ciascun lobo, si
dirigono 1 BRONCO LOBARE.
L’aerea di superficie x lo scambio di gas ha le dimensioni di un campo da tennis
INNERVAZIONE
La respirazione è automatica e sotto il controllo del SNC ed integrato dal SNA. I
motoneuroni del SNC innervano i m.sch. implicati nella resp., mentre i neuroni del SNA
innervano il m.liscio, m.cardiaco e ghiandole (img.pag.482). I polmoni sono innervati dal
SNP che è sotto il controllo del SNC. Per quanto riguarda il SNA, l’innervazione
PARASIMPATICA comporta: costrizione vie aeree – dilatazione vasi sanguigni -
↑secrezione ghiandolare. L’innervazione parasimpatica dei polmoni, origina dal bulbo
(n.vago (X nervo cranico)), con le fibire PRE-GANGLIARI che decorrono nel n.vago fino ai
gangli prossimi alle vie aeree e vasi sanguigni polmonari. Le FIBRE POST-GANGLIARI
originano da questi gangli e vanno ad innervare cell.m.lisce – vasi sanguigni –
cell.epiteliali bronchiali. La stimolazione parasimpatica attraverso il n.vago è
responsabile della lieve costrizione tonica del m.liscio presente nel polmone normale a
riposo. Le fibre parasimpatiche innervano anche le ghiandole e queste fibre, se
stimolate, incrementano la sintesi di glicoproteine del muco, rendendolo più viscoso.
La stimolazione del SIMPATICO, comporta invece: rilasciamento vie aeree – costrizione
vasi sanguigni – inibizione secrezione ghiandolare. Mentre la rispsota del SN SIMPATICO
è specifica, quella del SIMPATICO è più generalizzata.
Il SNA e SNC lavorano in modo coordinato x mantenere l’omeostasi.
cell. del TE che hanno proprietà pacemaker. Questo generatore è in grado di integrare
le afferenze periferiche dei rec.stiramento polmoni – rec. x O2 dei corpi carotidei –
afferenze centrali dall’ipotalamo e amigdala.
La principale funzione dei polmoni è lo scambio di gas. Per eseguire questa importante
funzione l’aria deve essere trasferita DENTRO e FUORI dai polmoni. Le prop.meccaniche
dei POLMONI-GABBIA TORACICA determinano la facilità o difficoltà con cui avviene
questo movimento di aria.
La meccanica dei polmoni comprende una MECCANICA STATICA, cioè riferita alle
prop.meccaniche di un polmone il cui V non cambia nel tempo; e una MECCANICA
DINAMICA, riferita alle prop.meccaniche di un polmone il cui V cambia nel tempo.
Relazione P – V
Il gas fluisce da una regione a P elevata regione a bassa P. In assenza di gradiente P il
flusso = 0.
Negli individui normali, prima che inizia l’inspirazione, la P pleurica < P atm. Questa Ppl
negativa è creata dalla retrazione elastica dei polmoni, che tende ad allontanare i
polmoni dalla parete toracica. In questa condizione la Palveolare = 0 in quanto il flusso
lungo le vie aeree è assente.
Con l’inizio dell’inspirazione, si ha un aumento del V gabbia toracica, provocando una
caduta della Palevolare sotto zero e con l’apertura della glottide si ha il passaggio di aria
lungo le vie aeree, x poi fluire verso gli alveoli, favorito dalla bassa Palveolare.
Diagramma FLUSSO-VOLUME
Dal diagramma F-V si rivela che il max flusso inspiratorio è identico al max flusso
espiratorio.
Max flusso inspiratorio (img.pag.498) I fattori responsabili del max flusso inspiratorio
sono 3:
• F generata dai m.inspiratori
• F retrazione dei polmoni, che si oppone alla F dei m.inspiratori e tende a ridurre
il max flusso inspiratorio.
• ↑V polmonare determina ↓resistenza vie aeree, in quanto aumenta il calibro di
queste vie.
Questi 3 fattori, combinati tra loro, fa si che il max flusso inspiratorio si verifichi a metà
strada della capacità vitale forzata.
Max flusso espiratorio (img.pag.499) il flusso max si verifica all’inizio della manovra
(primo 20%) x poi ridursi progressivamente, nonostante lo sforzo aumenti. Relazione
FLUSSO – SFORZO le fasi precoci dell’espirazione sono definiti come sforzo-dipendenti,
in quanto all’aumentare SFORZO aumenta il picco del FLUSSO ESPIRATORIO. La restante
parte dell’espirazione viene definita come sforzo-indipendente o flusso limitante, in
quanto, indipendentemente dallo sforzo, la velocità di flusso rimane sempre la stessa.
Questa limitazione del flusso si verifica quando le vie aeree, che sono condotti
distendibili, diventano compresse. Le vie aeree diventano compresse quando la P
all’esterno delle vie, supera la P al loro interno:
PRIMA ESPIRAZIONE la P alv e P vie aeree = 0, ciò è dovuto al fatto che non c’è flusso. La
Ppleurica è negativa e quella P transpolmonare è positiva, essa è responsabile del
mantenimento degli alveoli e condotti aerei pervi.
INIZIO ESPIRAZIONE i m.espiratori si contraggono, determinando un ↑Ppleurica e un
↑Palv. Quest’ultima aumenta in seguito a: ↑Ppleurica – P del ritorno elastico dei
polmoni. Poiché quindi la Palv supera la Patm, il gas fluisce dagli ALVEOLI BOCCA
quando la GLOTTIDE SI APRE…..non continuato.
LAVORO RESPIRATORIO
VENTILAZIONE E PERFUSIONE
Ventilazione alveolare
Il processo della respirazione è caratterizzato dall’aria che viene trasportata
dall’AMBIENTE ALVEOLI. L’aria proveniente dall’ambiente è costituita da una miscela di
gas: 78%N – 21%O – 0,9% Argon – 0,04% CO2 – ecc.
Nell’aria ambientale, i gas che la costituiscono seguono le LEGGI DEI GAS e le leggi più
importanti che governano l’aria ambientale e la ventilazione alveolare sono 3:
• Legge Boyle a temp. costante la P e il V del gas sono in relazione inversa.
• Legge Henry la CONCENTRAZIONE GAS disciolto in un liquido è proporzionale
alla sua Pparziale
• legge Dalton afferma che: quando due o più gas vengono mescolati in unico
recipiente, senza che tra essi avvenga alcuna reazione chimica, la Ptot
esercitata dalla miscela gassosa è uguale alla somma delle pressioni parziali
esercitate dai singoli componenti. Quindi se a livello del mare ho una
P=760mmHg, tale valore è dato dalla somma delle singole P parziali di ogni
componente che costituisce la miscela d’aria:
PN2 + PO2 + Pargon + Paltri gas = 760mmHg
La Pparz. di un gas è data dal prodotto tra FRAZIONE GAS NELLA MISCELA
GASSOSA (Fgas)
- P ambientale tot. (o P barometrica):
Pparziale gas= Fgas x Pbarometrica
Avendo a disposizione FO2= 0,21 e la Pbarometrica=760mmHg, possiamo sapere
qual è la PparzialeO2 159mmHg (calcolo pag.505).
Al momento che l’aria entra all’interno della bocca con l’inspirazione, avremo una
PparzialeO2 pari a quella ambientale 159mmHg.
Visto la formula sopra riportata x la Pparz., è evidente che la PparzialeO2
all’interno della bocca può essere modificata in 2 modi: modificando la FO2 o la
Pbarometrica (es.pag.506).
Quando inizia la respirazione, i gasi ambientali si immettono nelle vie aeree dove
vengono umidificati e portati a temp. corporea. Diventano saturi di vapor acqueo (il gas
è saturo già a livello della trachea), il quale esercita una Pparziale = 47mmHg. Questa
Pparziale però, non va ad aggiungersi alla Pbarometrica, che all’interno delle vie aeree
rimane costante, ma va a diluire la P degli altri gas. Perciò avremo Pparziale dei gas che
compongono l’aria ambientale che risultano diminuiti, mentre la Pbarometrica rimane
costante (760mmHg). Le Pparz. dei vari gas, diminuite dall’umidificazione, rimangono
tali (costanti) nelle vie aeree fino a quando il gas giunge agli alveoli.
Composizione alveolare
Quando il gas inspirato raggiunge gli alveoli, l’O2 viene trasportato attraverso la memb.
alveolare e la CO2 passa dal letto capillare agli alveoli.
Alla fine dell’inspirazione con la glottide aperta, la Ptot nell’alveolo è uguale a quella
Patm (760mmHg). Tuttavia la composizione della miscela dei gas, si è modificata come
conseguenza dello scambio gassoso: ↓frazione O2 - ↑frazione CO2. A causa della
modificazione della frazione dei 2 gas, si modifica anche la loro Pparziale (in quanto
Pparz.= Frazione gas – Pbar).
La Pparz.O2 a livello alveolare, è data dall’equazione ideale dell’O2 alveolare (formula
pag.506), dove alla Pparz.O2 inspirato, si sottrae il rapporto tra Pparz.CO2 alveolare e
quoziente respiratorio (R).
La FRAZIONE CO2 ALVEOLARE è funzione della velocità della produzione CO2 durante il
metabolismo e dalla velocità con cui la CO2 viene eliminata dall’alveolo (ventilazione
alveolare):
VCO2= VA x FACO2
Da questa relazione, si nota come la FACO2 sia in relazione inversa rispetto alla
VENTILAZIONE ALVEOLARE: ↑ VA ↓ FACO2 e viceversa.
presente che tale valore oscilla da 0,69 a 0,73 in relazione alla lunghezza della catena
carboniosa che caratterizza l'acido grasso.
Distribuzione ventilazione
La ventilazione nei polmoni non è distribuita in modo uniforme, in gran parte a causa
della gravità. In posizione ERETTA gli alveoli in prossimità dell’APICE dei polmoni sono
più espansi degli alveoli alla BASE. Questo avviene perché la Ppleurica è più bassa
all’APICE che alla BASE, in quanto il peso dei polmoni tende a spingerli in basso.
SPAZIO MORTO
Si differenzia:
• SPAZIO MORTO ANATOMICO è il volume di aria inspirata che non raggiunge gli
alveoli, ma rimane nelle vie aeree di conduzione (bocca, laringe, trachea,
bronchi fino agli alveoli esclusi). E' quel volume di aria che non partecipa agli
scambi gassosi. Nell’adulto è di circa 150 ml.
• SPAZIO MORTO FISIOLOGICO somma di spazio morto anatomico + spazio
morto alveolare (somma delle aree degli alveoli funzionalmente inattivi). Quindi
tiene in considerazione il volume totale di aria che non partecipa agli scambi
gassosi.
Lo spazio morto serve a scaldare e umidificare l'aria, prima che raggiunga gli alveoli, in modo da
non sottrarre loro calore e umidità.
PERFUSIONE
È il processo mediante il quale il SANGUE DEOSSIGENATO passa attraverso i polmoni e
viene OSSIGENATO.
Circolazione polmonare
Inizia dall’ATRIO DX poi VENTRICO DX passando x valvola tricuspide viene pompato a
bassa pressione (9-24mmHg) nell’ARTERIA POLMONARE, la quale a 5cm dal ventricolo
dx si divide in ARTERIA DX – SX che vanno ad irrorare rispettivamente POLMONE DX –
SX. Le ARTERIE POLMONARI sono le uniche che trasportano sangue DEOSSIGENATO. Il
sangue prosegue poi in vasi con diametro sempre più piccolo, disposti a seguire le
ramificazioni delle vie aeree. Terminano in una fitta rete di capillari che circondano
l’ALVEOLO.
Le funzioni della circolazione polmonare sono:
• Ossigenare il sangue ed eliminare CO2
• Cooperare all’equilibrio idrico nei polmoni
• Distribuire i prodotti metabolici ai polmoni
L’ossigenazione dei globuli rossi, avviene nei capillari che circondano gli alveoli, dove i
capillari si fondono con la parete alveolare, costituendo una configurazione ottimale x
lo scambio di gas.
E’ stato stimato che in un adulto normale, in ogni momento, nella RETE ALVEOLO-
CAPILLARE siano presenti 75ml di sangue, e che possono aumentare del 50% (150-
200ml) in condizioni di esercizio fisico. Questo forte aumento è possibile in seguito ad
una caratteristica posseduta solo dai polmoni che consente aggiustamenti a condizioni di
stress (come es.esercizio fisico) e si tratta della possibilità di reclutare nuovi capillari in
seguito ad un ↑pressione e flusso.
Il sangue ossigenato lascia gli alveoli attraverso una rete di piccole venule polmonari,
che man a mano si fondono tra loro costituendo vasi sempre più grossi che terminano a
livello dell’ATRIO SX, dove il sangue viene riportato al cuore. La disposizione delle vene
polmonari, non segue quella delle vie aeree, ma decorrono lontane da esse.
Influenza gravità su circolo polmonare il fatto che è un sist. a basse resist. lo mette in
condizioni di essere maggiormente soggetto agli effetti della F gravità, rispetto al circolo
sistemico. L’effetto della F gravitaz., contribuisce all’ineguale distribuzione del flusso
sanguigno nei polmoni. Nei sogg. in staz. eretta, in condizioni normali di riposo, il flusso
sanguigno aumenta dall’APICE polmoni BASE polmoni (qui il flusso è max). Allo stesso
tempo la Parteriosa polmonare sarà minore andando verso l’apice, rispetto alla base, in
quanto si và contro la F gravità, quindi la forza pressoria viene attenuta da quella
gravitazionale.
In condizioni di stress (es. eser. fisico) nel sogg. in posizione eretta, la differenza tra il
flusso sanguigno della regione apicale-basale del polmone diventa minore, soprattutto
perché la Part aumenta.
TRASPORTO DI O2 e CO2
TRASPORTO O2
Trasporto di O2 nel sangue può avvenire in 2 forme:
• O2 si discioglie nel plasma piccola percentuale di O2 si discioglie. Il contributo di
questa modalità di trasporto è perciò insignificante.
• O2 si lega all’EMOGLOBINA meccanismo principale che permette di
incrementare il trasporto di O2 del sangue di circa 65 volte. L’emoglobina è una
proteina presente all’interno del globulo rosso e il legame Hgb – O2 forma
OSSIEMOGLOBINA (forma ossidata). L’Hgb non legata con O2 è
DEOSSIEMOGLOBINA (forma ridotta).
Emoglobina è una proteine con 2 principali componenti:
• 4 gruppi eme non proteici ciascun gruppo contiene Fe nella forma ridotta Fe3+
(ferrosa) che è la sede di legame dell’O2.
• Globina costituita da 4 catene polipetidiche che differiscono tra adulto –
bambini <1anno. La struttura presente nei bambini (Hgb fetale) aumenta la
affinità x O2 e ne facilita il trasporto attraverso la placenta.
Il legame dell’O2 all’Hgb provoca una modificazione delle proprietà di assorbimento di
luce dell’Hgb che è responsabile della variazione di colore tra sangue arterioso
ossigenato (rosso vivo) e sangue venoso deossigenato (rosso scuro, bluastro).
La FISSAZIONE-DISSOCIAZIONE dell’O2 dall’Hgb avviene in ms, un tempo ben adatto a
quello di transito dei globuli rossi nei capillari (75ms).
Per ogni globulo rosso ci sono circa 280milioni di molecole Hgb, e ciò permette un
efficiente meccanismo x il trasporto O2.
La MIOGLOBINA, presente nel tess.muscolare, è simile all’Hgb x struttura e funzione,
con la differenza che la mioglobina ha 1 sola sub unità di Hgb. La mioglobina facilità
trasferimento di O2 dal sangue alle cell.muscolare e lo immagazzina. Questo
meccanismo risulta importante quando l’apporto di O2 è inadeguato.
Anormalità di Hgb (anemia cell.falciformi) si hanno quando la sequenza o disposizione
spaziale delle catene polipeptidiche della globina sono alterate, provocando anomalie
della funzione dell’Hgb.
Composti come CO – NO – vari cianuri, possono ossidare ulteriormente il F3+ nella forma
Fe4+, modificando la capacità di legare O2.
all’effetto allosterico del 2,3-DPG che inibisce il legame del Hgb x l’O2.
Le condizioni che determinano ↑2,3-DPG sono ipossia, ecc.
• CO si lega al gruppo eme del Hgb, negli stessi siti in cui si lega O2, formando
carbossiemoglobina. Il CO ha un’affinità x l’Hgb 200 volte maggiore rispetto a
quello dell’O2 (grafico pag.528). Ciò comporta un effetto competitivo del CO nei
confronti del O2 x il legame con Hgb, tant’è che a bassissime Pco2 si ha già una
completa saturazione dell’Hgb, che è incapace di legare O2. Altro effetto che CO
determina, è quello di provocare una maggiore affinità dell’Hgb x l’O2, ciò
conduce ad una deviazione della CURVA DI DISSOCIAZIONE VERSO SX, il che
significa impedire ulteriormente la cessione di O2 ai tessuti.
Questa situazione non è compatibile con la vita, ed è ciò che accade nella morte
x avvelenamento da CO.
Il trattamento di soggetti con elevati livelli di CO, è quello di somministrare
elevate concentrazioni di O2 x rimuovere CO legato all’Hgb.
TRASPORTO CO2
Il meccanismo di trasporto predominante della CO2 è sottoforma di bicarbonato (HCO3-)
all’interno dei globuli rossi. La CO2 viene trasportata anche nel plasma, dove si discioglie
legando alle PROT.PLASMATICHE e EMOGLOBINA.
All’interno dei globuli rossi, la CO2 subisce una reazione ad opera della anidrasi
carbonica, trasformandosi in AC.CARBONICO (H2CO3), dal quale poi si genera HCO3-
(ione bicarbonato) x liberazione di H+:
CO2 + H2O H2CO3 H+ + HCO3-
Una volta formato all’interno del globulo rosso, l’HCO3- diffonde fuori dalla cellula in
cambio di Cl- scambio dei cloruri.
ESERCIZIO
La capacità di eseguire att.fisica dipende dalla CAPACITA’ SIST.CARDIACO e
RESPIRATORIO di incrementare trasferimento O2 ai TESSUTI – rimuovere CO2
dall’organismo.
Dal punto di vista del sist. resp., quando l’esercizio inizia, la VENTILAZIONE incrementa
immediatamente, di pari passo incrementa il CONSUMO O2 e la produzione CO2.
Durante l’eser. che va da lieve a moderato e poi massimale, non si notano modifiche
RENI
NEFRONE
È l’unità funzionale del rene ed è costituito da:
• CORPUSCOLO RENALE DI MALPIGHI: svolgono il ruolo di ultrafiltrazione filtrando
il sangue, il prodotto di questa filtrazione è la preurina (nelle 24 ore si
estraggono dal sangue circa 160-180 L di preurina). Tali corpuscoli sono
formazioni sferoidali che possono trovarsi nella corticale del rene e nelle colonne
renali, e sono composti da 3 elementi:
• Gomitolo di capillari: i capillari presenti all’interno del glomerulo, avvolti
a gomitolo, presentano un endotelio fenestrato e le varie anse sono unite
tra loro da capillari a ponte.
• Capsula di Bowman: formazione sferica in cui si distinguono 2 poli:
• Polo arterioso: punto della capsula in cui entra l’arteria
glomerulare AFFERENTE e dove esce l’arteria glomerulare
EFFERENTE.
• Polo urinifero: è il punto in cui inizia il tubulo renale, dove quindi
esce il plasma ultra filtrato.
Tale capsula è costituita da 2 foglietti: quello più esterno è un epitelio
pavimentoso semplice, che a livello del POLO ARTERIOSO va a costituire il
foglietto interno, foglietto viscerale formato da cellule chiamate podociti,
in grado di cambiare forma e funzione. Queste cellule sono inoltre dotate
di prolungamenti che terminano sulla parete dei CAPILLARI GLOMURALI,
chiamati pedicelli. Tra un pedicello e l’altro è presente uno spazio chiuso
dalla presenza di un sottile diaframma (vedi img.pag.259).
Podociti e cellule endoteliali dei capillari hanno ognuno una propria
lamina, che però si fondono a costituirne un’unica lamina densa che
rappresenta un importante elemento di filtro renale.
• Glomerulo renale: rappresenta l’insieme dei capillari glomerulari che
collegano l’arteriola efferente con quella afferente.
Nel corpuscolo avviene l’ULTRAFILTRAZIONE si intende il passaggio di sangue
dal CAPILLARE GLOMERULARE all’interno della CAMERA GLOMERULARE,
attraverso filtri:
• Fenestrature dell’endotelio glomerulare
• Lamina densa
• Fessure di filtrazione, si intendono i punti di contatto dei pedicelli con la
lamina basale, separati da un sottile diaframma.
Questi filtri renali, possono essere superati da ioni e molecole con dimensioni
inferiori a 7nm e con PM minore a 40.000 Da (glucosio, aa, piccoli peptidi,ecc).
Il passaggio dal CAPILLARE CAMERA GLOMERULARE (SPAZIO BOWMAN) avviene
x formazione di un gradiente pressorio tra i 2 ambienti. All’interno del CAPILLARE
la pressione è più elevata rispetto a quella della CAMERA e ciò è possibile in
seguito alla differenza di calibro tra l’ARTERIOLA AFFERENTE (maggiore) e
l’ARTERIOLA EFFERENTE (minore).
Molecole più grosse, come la maggior parte delle PROTEINE PLASMATICHE non
supera il filtro, rimanendo nel circolo sanguigno e venendo espulso dal
GLOMERULO RENALE attraverso l’ARTERIOLA EFFERENTE, di conseguenza dopo
l’ultrafiltrazione il liquido all’interno delle ARTERIOLE può contenere solo tracce
di proteine.
Può capitare che piccoli peptidi passino all’interno della CAMERA x poi venire
immessi nuovamente nel circolo sanguigno in seguito alla presenza di capillari
intorno ai TUBULI RENALI (es.albumina). Oppure può accadere che alcune
proteine rimanghino incastrate nella lamina basale, a questo punto intervengono
le cellule del mesangio intraglomerulare che svolgendo una funzione fagocitaria,
ripuliscono il filtro.
• TUBULI RENALI: l’ultrafiltrato passa poi dal CORPUSCOLO ai TUBULI RENALI,
dove gran parte degli elettroliti e dell’acqua viene in gran parte riassorbita e
riportata al sangue (circa il 99%) la restante parte (1%) viene eliminata
sottoforma di urina.
All’interno dei TUBULI avvengono le altre 2 funzioni di assorbimento (senza
riassorbimento di liquidi da parte del rene la diuresi sarebbe pari a 180 L al giorno.
Naturalmente il corpo non può permettersi di sprecare un elemento così prezioso, quindi
riassorbe la stragrande maggioranza del filtrato glomerulare e dei nutrienti in esso
contenuti)e secrezione e queste funzioni vengono svolte dalle 3 porzioni in cui il
TUBULO è suddiviso:
tubulo contorto prossimale ansa di Henle tubulo contorto distale
Il tubulo contorto distale prende poi contatto con l’ARTERIOLA AFFERENTE del
PROPRIO CORPUSCOLO DI MALPIGHI e prosegue poi (assieme ai tubuli di altri
nefroni) nel DOTTO COLLETTORE (si è calcolato che la lunghezza totale dei
FILTRAZIONE GLOMERULARE
La prima fase di formazione delle urine è l’ULTRAFILTRATO, ottenuto dal plasma da parte
del glomerulo. Nelle 24 ore viene ad essere filtrato a livello dei glomeruli un V plasma
circa 180L.
ULTRAFILTRATO è privo di cellule (globuli rossi, bianchi, piastrine) e praticamente privo
Dinamica dell’ultrafiltrazione
Le F responsabili della filtrazione glomerulare sono lo stesse che provvedono allo
scambio di liquido attraverso i capillari. Queste F sono la P idrostatica – P oncotica (F
Starling), esse promuovono il passaggio di liquido dal LUME CAPILLARI GLOMERULARI
SPAZIO BOWMAN.
Poiché la barriera di ultrafiltrazione glomerulari impedisce il passaggio della maggior
parte proteine plasmatiche, la P oncotica all’interno dello spazio Bowman circa = 0.
Perciò la P idrostatica nel capillare glomerulare (Pic) è la sola F che favorisce
ultrafiltrazione ed è contrastata dalla Pidrostatica dello spazio Bowman (PiB) – P
oncotica capillari glomerulari (Poc).
La Pic si riduce leggermente lungo tutto il capillare a causa delle R flusso. La Poc
aumenta perché l’acqua viene filtrata mentre le proteine rimangono nei capillari
aumenta concentrazione proteine plasmatiche.
La VFG è data da questa relazione VFG= Kf x ΔP
Kf è dato dal prodotto tra permeabilità propria del capillare glomerulare e A superficie
disponibile x l’ultrafiltrazione.
ΔP è la somma delle P che agiscono sulla parete capillare: (Pic – PiB) – (Poc – PoB).
La velocità filtrazione è considerevolmente maggiore nei capillari glomerulari rispetto a
quelli sistemici, soprattutto perché Kf è circa 100 volte più elevato nei capillari
glomerulari grazie alla mggior permeabilità dei capillari dotati di fenestrature. Inoltre la
Pic è circa doppia di quella dei capillari sistemici.
Nei soggetti normali questo valore di VFG può variare in seguito a variazioni di Pic. La
Pic può essere modificata in seguito a variazioni della RESIST. ARTERIOLE EFFERENTI –
AFFERENTI del glomerulo. In particolar modo Pic si modifica in 3 modi:
• Variazioni RESIST. ARTERIOLA AFFERENTE ↑RESIST. (costrizione) ↓Pic e quindi
↓VFG. Una ↓RESIST. (dilatazione) ↑Pic e quindi ↑VFG.
• Variazioni RESIST. ARTERIOLA EFFERENTE ↑RESIST. (costrizione) ↑Pic e quindi
↑VFG. Una ↓RESIST. (dilatazione) ↓Pic e quindi ↓VFG.
• Variaz. PA nell’ARTERIOLA RENALE ↑PA ↑transitoriamente Pic e quindi
↑VFG. Una ↓PA ↓ transitoriamente Pic e quindi ↓VFG.
Tubulo prossimale
Riassorbe circa il 67% acqua, Na+, Cl-, K+, altri soluti. Il GLUCOSIO e aa filtrati dal
glomerulo vengono quasi tutti riassorbiti. L’elemento chiave nei processi di
riassorbimento del tubulo prossimale è la pompa Na+-K+ ATPasi dipendente, localizzato
nella memb. basolaterale, la quale è responsabile del riassorbimento di qualsiasi
sostanza (inclusa acqua).
Il Na+ viene assorbito con diversi meccanismi nella prima e seconda metà del TUBULO
PROSS.
Nella prima metà il Na+ è riassorbito insieme HCO3- e MOLECOLE ORGANICHE (glucosio,
aa, ecc).
Nella seconda metà il Na+ è riassorbito insieme Cl-.
Questa differenza tra una metà è l’altra del tubulo, è dovuta ai differenti sist. di
trasporto di soluti presenti nelle 2 porzioni e alla differente composizione del liquido
tubulare nelle 2 metà.
Prima metà l’ingresso Na+ avviene x meccanismi di ANTIPORTO (es. antiporto Na+-H+:
entra Na+ esce H+, l’uscita di quest’ultimo richiama bicarbonato all’interno della cellula) e
SIMPORTO (Na+-GLUCOSIO, Na+ - aa, Na+ - Pi, Na+ - LATTATO).
Tutti i soluti organici, tra cui anche il Na+ escono dalla cellula attraverso la
memb.basolaterale x immettersi nel sangue, mediante meccanismi di trasporto
passivo, tranne il Na+ che utilizza la pompa Na+-K+ ATPasi. Il riassorbimento è così
efficace e rapido che questi soluti sono completamente riassorbiti nel sangue già nella
prima metà del tubulo pross. (grafico pag.661).
Il riassorbimento di soluti, in questa prima metà, provoca la formazione di un gradiente
osmotico trans tubulare, che fornisce la F x il riassorbimento passivo di acqua.
Seconda metà il liq.tubulare nella seconda metà del tubulo contiene poco glucosio, aa,
ma una concentrazione molto elevata Cl-. Il Na+ viene riassorbimento principalmente
con Cl- mediante 2 meccanismi:
• Meccanismo trans cellulare utilizza 2 antiporti Na+-H+ e Cl- - ANIONI. H+ e gli
ANIONI si combinano x formare un complesso ANIONE-H+, che accumulandosi
nel liq.tubulare stabilisce un gradiente di concentrazione favorevole all’entrata
del complesso ANIONE-H+ attraverso la memb.apicale. Una volta all’interno, il
complesso si dissocia, ANIONE e H+, fuoriescono dalla cellula passando x la
memb.apicale, favorendo l’assunzione di NaCl (img.pag.661).
Il Na+ esce poi dalla cellula mediante pompa Na+-K+ ATPasi situata sulla memb.
basolaterale, mentre il Cl- fuoriesce mediante proteina simporto K+-Cl-.
• Meccanismo paracellulare l’incremento di Cl- nel liq.tubulare, avvenuto nella
prima parte del tubulo pross., crea un gradiente di concentrazione del Cl-
maggiore nel LIQ.TUBULARE rispetto all’INTERSTIZIO. Questo gradiente
favorisce l’ingresso passivo di Cl-, il quale supera la meb.apicale passando
attraverso le tight junction, trasferendosi così dal LUME TUBULARE SPAZIO
INTERSTIZIALE SANGUE (img.pag.661). La diffusione passiva del Cl - crea un
voltaggio positivo nel liq.tubulare rispetto al sangue, promuovendo la
diffusione Na+ attraverso tight junction dal LUME TUBULARE SPAZIO
INTERSTIZIALE SANGUE.
Ogni giorno circa il 67% del NaCl filtrato viene riassorbito dal tubulo pross.
presenti sulla memb. basolaterale, x entrare nel circolo sanguigno. Questo meccanismo
permette di riassorbire quasi tutte le proteine filtrate, e quindi l’urina è priva di
proteine. Tuttavia il meccanismo è facilmente saturabile, perciò se la quantità di
proteine filtrate aumenta, si verifica proteinuria (comparsa proteine nelle urine).
Ansa di Henle
Nel tratto DISCENDENTE dell’ansa si ha riassorbimento di ACQUA (15%) ma NON di
NaCl, grazie alla presenza di acquaporine. Il riassorbimento di acqua, aumenta la
concentrazione NaCl diretta alla porzione ascendente.
Tratto ASCENDENTE SOTTILE dell’ansa la concentrazione più elevata di NaCl, nel
LIQ.TUBULARE rispetto all’INTERSTIZIO, provoca un gradiente di concentrazione che
favorisce il passaggio di NaCl (25%) dal LIQ.TUBULARE INTERSTIZIO (passaggio
passivo). Questo tratto è impermeabile all’acqua. Permette il passaggio anche di Ca2+ -
HCO3-.
Tratto ASCENDENTE SPESSO dell’ansa il riassorbimento dei Sali in questo tratto può
avvenire mediante:
• via trans cellulare L’elemento chiave x il riassorbimento di soluti da parte del
tratto ascendete SPESSO è la pompa Na+-K+ ATPasi, localizzata nella
memb.basolaterale. Questa pompa permette al Na+, entrato secondo gradiente
all’interno della cellula mediante un simporto con Cl- - K+, di essere espulso dalla
cellula in maniera tale da mantenere basse concentrazioni intracellulari di Na+ in
questo tratto, favorendo il trasferimento di Na+ dal LIQ.TUBULARE CELLULA.
Oltre che tramite il simporto, il Na+ entra nella cellula attraverso un antiporto
Na+-H+.
• via paracellulare il voltaggio positivo del LIQ.TUBULARE rispetto al sangue,
determina un ambiente che favorisce il passaggio di cationi (Na+ - K+ - Ca2+) dal
LIQ.TUBULARE CELLULA.
Entrambe sono responsabili x il 50% del riassorbimento.
L’impermeabilità del TRATTO ASCENDENTE e il riassorbimento dei Sali, produce un
liquido tubulare con un’osmolalità ridotta.
I reni svolgono un ruolo importante nel mantenere entro limiti ben definiti
l’OSMOLALITA’ e il VOLUME DEI LIQUIDI CORPOREI, regolando l’escrezione acqua e
NaCl.
Ci sono anche altri fattori che influenzano la secrezione di ADH: peptide atriale
natriuretico (inibisce) – angiotensina II (stimola) – etanolo (inibisce) – nicotina (stimola).
SETE
Variazioni OSMOLALITA’ - VOLUME SANGUE – Psang., comportano modifiche della
sensazione di sete:
↑ OSMOLALITA’ o ↓ VOLUME SANGUE – Psang. ↑sensazione sete (le vie che mediano
la sete in risposta a diminuzioni V – Psang. non sono state identificate).
Esiste una soglia determinata geneticamente x la sensazione di sete
(295mOsm/kgH2O).
I CENTRI DELLA SETA sono stati identificati nella stessa regione dell’ipotalamo coinvolta
nella regolazione della secrezione ADH.
Quando si beve la sensazione di sete si esaurisce ancora prima che il tratto
gastrointestinale possa aver assorbito una quantità di acqua sufficiente a correggere
l’osmolalità plasma. Questa risposta sembra dovuta a RECETTORI OROFARINGEI e
GASTROINTESTINALI. Tuttavia la cessazione del senso di sete mediata da questi recettori
è solo temporanea. La sensazione di sete si esaurisce completamente solo quando
Interstizio midollare
I principali componenti dell’INTERSTIZIO MIDOLLARE sono l’UREA – NaCl, si accumulano
poi altri soluti (es.ammoniaca – K+) ma la loro distribuzione lungo la midolare non è
uniforme. Nel passaggio tra CORTICALE – MIDOLLARE l’osmolalità del liq.interstiziale è di
300mOsm/kgH2O ed è attribuibile al NaCl. Man a mano che si scende nella midollare,
incrementa progressivamente [NaCl] – [urea], fino a raggiungere un’osmolalità di
1200mOsm/kgH2O a livello della papilla, di cui 600 mOsm/kgH2O attribuibile al NaCl e
gli i restanti 600 mOsm/kgH2O all’urea.
Il segmento più importante del nefrone x l’accumulo nell’interstizio di NaCl è il TRATTO
ASCENDENTE DELL’ANSA HENLE. L’accumulo di UREA risulta essere maggiore quando si
formano urine iperosmotiche, mentre quando si producono URINE IPOSMOTICHE
l’UREA tende ad essere attirata all’interno del tubulo, provocando un ↓osmolalità
dell’interstizio midollare (al quale contribuisce il lavaggio messo in atto dai VASI RECTA).
Il DOTTO COLLETTORE rappresenta l’unico segmento del nefrone permeabile all’UREA,
permeabilità che aumenta in presenza di ADH. In condizioni di alta permeabilià, l’UREA
diffonde fino ad andare in equilibrio con l’interstizio. L’UREA presente nell’interstizio
midollare viene ad essere riportata all’interno del tubulo grazie alla presenza di
trasportatori dell’UREA (UT-A2) presenti sulle pareti del TRATTO SOTTILE DISCENTENDE
ANSA HENLE. L’UREA interstiziale viene riportata all’interno del nefrone x poi uscire
nuovamente. Questo ricircolo serve a facilitare l’accumulo di urea nell’interstizio
midollare.
Poiché il RIASSORBIMENTO DI ACQUA dipende dal gradiente osmotico stabilito dal
LIQ.INTERSTIZIALE MIDOLLARE, l’URINA non può mai essere più concentrata del
liq.interstiziale. Pertanto , ogni fattore che riduce questo GRADIENTE DELL’INTERSTIZIO
DELLA MIDOLLARE, ridurrà necessariamente anche la max capacità del rene di
concentrare le urine.
condizioni di ↑PA - ↑V LEC. In queste condizioni tali cell. vengono stirate e ciò
rapp. lo stimolo x la produzione di ANP. Immesso nel sangue, va ad agire a livello
renale (meccanismi non noti) determinando ↑escrezione urinaria di NaCl –
acqua. Ciò avviene in quanto:
• va ad ↑VFG, rilasciano le cell. del mesangio che controllano che
controllano le fessure di filtrazione tra PEDICELLI-CAPILLARI.
• ↓riassorbimento NaCl – acqua nel DOTTO COLLETTORE (mecc. Non
noto).
• Inibisce rilascio ALDOSTERONE – RENINA – ADH
I REC. VOLUME, appena descritti, utilizzano dei SEGNALI x regolare l’escrezione renale
di NaCl-ACQUA, che possono essere distinti in:
• Segnali nervosi:
• N.simpatici renali le FIBRE SIMPATICHE innervano sia le ARTERIOLE
AFFERENTI – EFFERENTI del GLOMERULO e CELL.NEFRONE.
Quando ↓V LEC i BAROCETTORI stimolano ↑att.simpatica questo
provoca i seguenti effetti:
• Costrizione ART.AFFERENTI – EFFERENTI, con conseguente
↓Pidrost. dei CAPILLARI GLOMERULARI ↓VFG di conseguenza
↓carico filtrato Na+ (meno Na escreto).
• Stimolzione SECREZIONE RENINA da parte cell.specializzate
arter.afferenti, con conseguente ↑livelli plasmatici
ANGIOTENSINA II – ALDOSTERONE provocando ↑riassorbimento
Na+ da parte nefrone.
• Stimolazione diretta lungo il nefrone del riassorbimento NaCl
Questi effetti, insieme, permettono di ↓escrezione NaCl e rappresenta la
risposta compensatoria che cerca di contrastare una riduzione V LEC,
cercando di ristabilire il normale V LEC (EUVOLEMIA).
Viceversa, un ↑V LEC avrebbe determinato effetti opposti, in quanto si
sarebbe manifestata una riduzione att.nervosa simpatica destinata al
rene.
• Segnali ormonali:
• Sist. RENINA-ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE le cell.
dell’app.iuxtaglomerulale (arteriola afferente) secernano RENINA (enzima
OMEOSTASI K+
Il K+ è importante x molte funz.cellulari: regolazione V cellulare – regolazione pH
intracellulare – sintesi DNA e proteine – att.muscolare e cardiaca – ecc.
La [K+] nel corpo (sia nel LIC – LEC) deve essere mantenuta costante a fronte delle
variazioni di assunzione con la dieta.
Il 98% di K+ del K tot si trova all’interno cellule (concentrazione 150mEq/L). Il restante
nel LEC (concentrazione 4mEq/L) 2%. Quando [K+]>5mEq/L IPERKALEMIA. Quando
[K]<3,5 mEq/L IPOKALEMIA. Questa differente concentrazione intra-extra cell. è
mantenuta grazie a pompa Na-K ATPasi.
OMEOSTASI Ca – P
I RENI – APP.GASTROINTESTINALE – OSSO, svolgono un ruolo fondamentale x il
mantenimento livelli plasmatici di Ca2+ - Pi e x il loro bilancio.
Il RENE elimina ogni giorno con le urine una quantitò di Ca-P che è equivalente a quella
assorbita dall’intestino. Se ↓la loro CONCENTRAZIONE PLASMATICA
↑ASSORBIMENTO INTESTINALE - ↑RIASSORBIMENTO OSSEO (l’osso perde Ca-P) -
↑RIASSORBIMENTO RENALE, tutto allo scopo di far ritornare la concentrazione
plasmatica a valori normali.
Durante OSTEOPOROSI o RIDUZIONE MASSA MAGRA, si ha un ↑ESCREZION RENALE Ca-
Pi senza però avere variazioni dell’ASSORBIMENTO INTESTINALE ciò porta a perdita
corporea Ca-Pi.
Calcio
Il 99% Ca2+ osso; 1% LIC (r.endoplasm. – mitocondrio – legato a proteine, quindi è
piccola la quantità Ca libera nel citosol), ; 0,1% LEC.
Il gradiente tra interno-esterno cellula è mantenuta da una pompa Ca2+ATPasi. La
[Ca]plasmatica è mantenuta è circa 10mg/dL e viene ad essere mantenuto entro limiti
piuttosto ristretti.
FOSFATO
Circa 86% deposito OSSO; 14% LIC; 0,03% LEC. La normale [Pi]plasmatica è circa 4mg/dL
La sua concentrazione plasmatica è un fattore importante x il riassorbimento dell’osso.
Circa il 10% del Pi plasmatico è legato alle proteine e non è quindi disponibile x la
filtrazione glomerulare. Il Pi urinario funge da importante tampone x il mantenimento
equilibrio acido-base.
Omeostasi fosfato
Dipende da 2 fattori:
• Quantità Pi presente nell’organismo è determinata dalla quantità Pi assorbita
tratto gastrointestinale meno quantità escreta con urine. L’assorbimento è
stimolato dal CALCITRIOLO. Nonostante un’assunzione variabile di Pi con la dieta,
La [H+] nei liquidi corporei è bassa rispetto alla concentrazione degli altri ioni, tant’è che
misuriamo la [H+] attraverso il log negativo in base 10 pH=-log10[H+].
Tutti i processi che avvengono nel nostro organismo necessito di un pH piuttosto stabile
(tra 6,8 – 7,8): LEC ..> 7,35-7,45; LIC ..> 7,1-7,2.
Gli ACIDI e ALCALI ingeriti con la dieta ogni giorno e alcune sost. prodotte dall’organismo,
sono in grado di variare il pH, il quale però è mantenuto all’interno del range grazie alla
presenza di appropriati meccanismi che mantengono un equilibrio acido-base.
Regolazione secrezione H+
La secrezione di H+ e quindi il riassorbimento HCO3- da parte cell.nefrone è regolata da
diversi fattori:
• Variazioni equilibrio acido-base sistemico rappresenta il principale fattore che
regola secrezione H+.
• ACIDOSI ↑secrezione H+ (da cell. liq.tubulare). In queste condizioni si
ha un abbassamento pH intracellulare delle cell.nefrone, questo stimola
la secrezione di H+ da parte di meccanismi che variano in base al
particolare segmento del nefrone:
• ↓pH intracell. crea un gradiente tra cell. – liquido che favorisce il
passaggio di H+ da CELL LIQ.TUB.
• I trasportatori possono essere trasferiti da un lato all’altro della
I processi appena descritti riducono l’ampiezza delle variazioni del pH ematico, ma non
correggono le alterazioni. Il completo ristabilimento dell’equilibrio richiede la
RIMOZIONE DELLA CAUSA CHE HA PROVOCATO L’ALTERAZIONE.
APP.ENDOCRINO
Tipo di comunicazione che utilizza come mediatore delle specie chimiche definite
ORMONI, che vengono immessi nel circolo sanguigno. I segnali endocrini sono
relativamente lenti e la diffusione e il trasporto in circolo fino alle CELL.BERSAGLIO può
avvenire in SECONDI (se la risposta comporta modifiche att. proteine cellulari) o ORE (se
la risp. comporta modifiche espressione genica o sintesi nuove proteine).
Il SIST.ENDOCRINO è un insieme di ghiandole che producono ormoni, la cui funzione è
regolare i vari organi del corpo.
Le ghiandole che lo costituiscono sono:
• Ipofisi
• Tiroide
• Ghiandole paratiroidi
• Pancreas endocrino
• Ghiandole surrenali
• Gonadi
Cell.endocrine sono presenti anche all’interno di altri organi che non svolgono
primariamente la funz. endocrina: cell.cuore che producono PEPTIDE ATRIALE
NATRIURETICO – cell.rene, ERITROPOIETINA, ecc.
Ci sono poi cellule in grado di produrre enzimi che agiscono nei confronti di PRECURSORI
ORMONALI o ORMONI POCO ATTIVI, trasformandoli in ORMONI MOLTO ATTIVI (es.
ANGIOTENSINA II dal ANGIOTENSINOGENO INATTIVO, attraverso 2 scissioni
enzimatiche).
Proteine/peptidi
Nelle ghiandole, questi ormoni vengono immagazzinati in VESCICOLE SECRETORIE legate
alla memb. e vengono rilasciate x esocitosi in maniera regolata: l’esocitosi non avviene
spontaneamente ma in risposta ad uno stimolo. Tale esocitosi richiede però energia –
Ca2+ - citoscheletro integro (microtubuli, microfilamenti) – proteine che hanno il
compito di trasferire VESCICOLE SECRETORIE alla memb.cell.
Questa tipologia ormoni sono solubili nei liquidi organismo, quindi circolano nel sangue
prevalentemente non legati ed hanno perciò un’emivita breve. Sono rimossi dal sangue
principalmente x ENDOCITSOSI – DEGRADAZIONE LISOSOMIALE del complesso ormone-
recettore.
Non passano le memb. e di conseguenza svolgono la loro azione mediante recettori
membrana.
Catecolamine
Sono ADRENALINA – NORADRENALINA – DOPAMINA. Sono sintetizzate da MIDOLLARE
SURRENE e da alcuni neuroni in seguito a modificazioni tirosina. Il principale prodotto
ormonale della midollare surrene è ADRENALINA, anche se questa ghiandola produce in
minore quantità anche NORADRENALINA.
Vengono immagazzinate in vescicole secretorie, la cui secrezione è regolata (da es. ATP -
Ca2+).
Non sono solubili nel sangue, quindi girano libere o lievemente legate all’albumina.
Simili ad ormoni proteici, tant’è che non superano agevolmente memb. e necessitano
perciò di RECETTORE.
Breve emivita e vengono eliminate dal sangue x captazione o modificazioni.
Ormoni steroidei
Sono sintetizzati dalla corteccia surrenale – ovaie – testicoli – placenta. Si suddividono
in 5 categorie: PROGESTINICI – MINERALCORTICOIDI – GLUCOCORTICOIDI –
ANDROGENI – ESTROGENI. Appartiene a questa categoria anche il metabolita attivo
VITAMINA D.
Questi ormoni vengono sintetizzati a partire da modificazioni COLESTEROLO. L’obiettivo
di queste modificazioni è costituire delle molecole che siano abb. Diverse l’una dall’altra
in maniera da poter andare ad interagire con specifici recettori. Ciascun recettore può
essere espresso in forme diverse.
Tali ormoni sono idrofobici e passano agevolmente attraverso le memb.cellulari. Di
conseguenza, i rec.classici x gli ormoni steroidei sono localizzati all’interno delle cellule
e agiscono regolando l’espressione genica.
Le cell. che le producono sono le cell.steroidogeniche che utilizza colesterolo come
precursore.
Una volta prodotti gli O.STEROIDEI vanno incontro a ulteriori modificazioni dopo il loro
rilascio dalle cell.steroidogeniche originarie o subiscono conversioni nella periferica.
A causa della loro natura idrofobica, viaggiano nel circolo ematico legati a proteine di
trasporto (es.albumina ed altre specifiche proteine di trasporto).
Iodotironine
Appartengono a questa categoria gli ormoni tiroidei, derivano dall’unione residui iodati
di TIROSINA. Questi ormoni vengono immagazzinati nella TIROIDE come parte integrale
di una glicoproteina, TIREOGLOBULINA. Sono scarsamente solubili in acqua e perciò
necessitano di legarsi a una specifica proteina trasporto, GLOBULINA LEGANTE
O.TIROIDEI.
Preseentano il loro recettore all’interno della cellula, il quale agisce come fattore di
trascrizione.
IPOFISI E IPOTALAMO
È situata entro la scatola cranica all’ interno della SELLA TURCICA dell’osso sfenoiadale. È
una ghiandola composita, cioè formata da un IPOFISI ANTERIORE di origine epiteliale
(ADENOIPOFISI img.pag.297 anatomia) e un IPOFISI POSTERIORE di origine nervosa
(NEUROIPOFISI) dipendente dall’IPOTALAMO, con il quale è in stretta correlazione
influenzandosi a vicenda.
NEUROIPOFISI
Rappresenta un’estroflessione verso il basso dell’IPOTALAMO. La porzione più inferiore
è detta pars nervosa (ipofisi posteriore), la parte superiore è denominata infundimbolo
che si estende fino all’eminenza mediana (protuberanza) (img.pag.804).
L’INFUNDIMBOLO insieme ad una porzione dell’ADENOIPOFISI (PARS TUBERALIS)
(img.pag.804), formano il PEDUNCOLO IPOFISARIO, che mette in comunicazione
IPOTALAMO con IPOFISI.
La NEUROIPOFISI è costituita da un intreccio di fibre nervose prive di mielina che hanno
Azione ADH-OSSITOCINA
ADH agisce principalmente a livello renale indcuendo secrezione idrica.
OSSITOCINA agisce su UTERO GRAVIDO (induce travaglio) e su celule della mammella
(provca discesa latte durante l’allattamento).
ADENOIPOFISI
È la porzione anteriore dell’ipofisi (lobo anteriore) ed è composta dalla PARS DISTALIS
(80%dell’adenoipifisi) – PARS TUBERALIS che si avvolge attonro al peduncolo.
Sistema portale ipotalamo-ipofisario è un distretto vascolare che permette
all’IPOTALAMO di controllare l’IPOFISI ANTERIORE (ADENOIPOFISI) senza inviare assoni,
ma immettendo ORMONI (AMINE e PEPTIDI) direttamente in questo sistema portale
(senza che queste sostanze circolino nella circolazione generale). Tali sostanze agiscono
sulle diverse cellule dell’adenoipofisi (CORDONI DI CELLULE) STIMOLANDO o INIBENDO
il rilascio ormonale. In particolar modo a livello dell’ipotalamo sono presenti gruppi di
neuroni (neuroni parvi cellulari) che formano la regione ipofisiotropa dell’ipotalamo.
Le cell.nervose di questi gruppi sono di piccole dimensioni e proiettano con i loro assoni
all’eminenza mediana dove è presente un primo plesso di capillari fenestrati, da qui
vengono convogliati al secondo plesso capillare localizzato nella pars distalis. A livello di
questo secondo plesso gli ORMONI LIBERATI diffondono fuori dai capillari e si vanno a
legare a specifici recettori disposti su specifiche cell. della pars distalis.
Le cell. che si trovano sulla pars distalis sono di 5 tipi e producono 5 ormoni differenti, i
quali una volta immessi in circolo si andranno a legare a specifiche GHIANDOLE
ENDOCRINE PERIFERICHE, le quali producono ormoni che andranno a svolgere feedback
negativo su IPOFISI-IPOTALAMO.
Le cellule con i relativi ormoni sono:
• Cellule CORTICOTROPE queste cellule producono ADRENOCORTICOTROPO
(ACTH) (corticotropina). È un ormone a 39aa sintetizzato come parte di un pro
ormone, il PROOPRIOMELANOCORTINA. Immessi nel circolo ematcio, l’ACTH
circola in forma non legata e va a legarsi al recettore della melanocortina tipi 2
che si trova a livello CORTECCIA SURRENALE, provocando un: ↑cortisolo e
androgeni da parte corteccia - ↑espressioni geni x enzimi steroidogenici.
La secrezione di ACTH viene controllato da un ormone proveninenti
dall’ipotalamo, il peptide pro-CRH (pro ormone di liberazione corticotropina).
Il CORTISOLO secreto dalla corticale, svolge effetti feedback negativo su IPOFISI
andando a sopprimere la secrezione ACTH e sull’IPOTALAMO, andando a
↓espressione gene del pro-CRH e la sua secrezione.
• Cellule TIREOTROPE producono l’ormone TIREOTROPO (TSH) (tiretropina).
Questo è uno dei 3 ormoni glicoproteici dell’ipofisi, che comprendono anche
ORMONE FOLLICOLO STIMOLANTE (FSH) – ORMONE LUTENIZZANTE (LH),
prodotti da cell.GONADOTROPE.
Una volta immesso in circolo TSH si va a legare ad uno specifico recettore della
tiroide, stimolando tutti gli aspetti della funzione TIROIDE. Ha anche un effetto
TROFICO, stimolando IPERTROFIA-IPERPLASIA TIROIDE (nota pag.814).
La liberazione di questo ormone è stimolata dall’ormone ipotalamico della
tiretropina.
• Cellule GONADOTROPE producono le gonadotropine OROMNE FOLLICOLO
STIMOLATE (FSH) e ORMONE LUTENIZZANTE (LH), che regolano funzioni delle
GONADI in entrambi i sessi. FSH – LH sono segregati in granuli secretori
differenti e non vengono co-secreti in quantità equimolari. Si ha infatti una
secrezione indipendente di FSH-LH da parte cellule gonadotrope.
In generale questi ormni promuovno la secrezione di TESTOSTERONE negli
uomini e di ESTROGENI nelle donne.
La secrezione FSH-LH è regolata dall’ormone ipotalamico delle gonadotropine.
• Cellule SOMATOTROPE producono l’ORMONE DELLA CRESCITA (GH)
(somatotropina). Il bersaglio principale è il fegato, dove stimola produzione
FATTORE CRESCITA INSULINO-SIMILE TIPO 1 (IFG-1) che svolge feedback
negativo su CELL.SOMATOTROPE. Il GH è una proteina di 191 aa. GH circola nel
sangue legata ad una proteina legante GH (GHBP) che determina una riduzione
eliminazione renale GH. Il rec. al quale si lega appartiene alla famiglia dei rec. x
citochine/GH/PRL/eritropoietina.
La secrezione GH avviene attraverso ORMONE IPOTALAMICO x GH (GHRH) –
SOMATOSTATINA che inibisce rilascio GH. L’aumentata concentrazione GH
provoca feedback negativo su IPOTALAMO.
La secrezione GH presente un picco nelle prime ore mattino, subito prima
risveglio, mentre raggiunge i livelli più bassi durante il giorno. Il perido di vita
nel quale presenta maggiori concentrazionio è quello della PUBERTA’.
La secrezione GH viene stimolata anche da diversi stati fisiologici: stress
neurogeno- fisico – att.fisica ↑secrezione GH.
Funzioni indirette GH: il GH agisce direttamente sul FEGATO - MUSCOLO –
TIROIDE
(dal greco tyreos (scudo)) (img.pag.302ANATOMIA): si trova nella parte ANTERO-
INFERIORE del collo, appoggiata al di sopra della CARTILAGINE TORIDEA e CRICOIDEA
della LARINGE e ricopre i primi 2 o 3 anelli tracheali. È formata da 2 lobi (dx-sx) uniti
anteriormente a costituire (nel 30-40% dei casi) un lungo e sottile lobo piramidale
(ISTMO) diretto verso l’OSSO IOIDE.
L’unità funzionale della tiroide è il FOLLICOLO TIROIDEO, formazione sferica circondato
da cell.epiteliali tiroidei (img.pag.826), circondato da un ricco plesso capillare. All’interno
del follicolo si trova un liq.denso, COLLOIDE, costituita da TIREOGLOBULINA (sintetizzato
dalle cell.epiteliali tiroidee) precursore degli ORMONI TIROIDEI i quali sono
immagazzinati all’interno della COLLOIDE.
Effetti respiratori
Stimola consumo O2 e ↑apporto O2. Di conseguenza T3 provoca ↑F resp. a riposo.
Inoltre viene ↑ematocrito che potenzia capacità sangue trasportare O2. L’aumento
ematocrito è dovuto a stimolazione renale della produzione ERITROPOIETINA.
Effetti su ossa
O.tiroideo stimola ossificazione endocondrale, accrescimento in altezza, maturazione
centri epifisari di crescita ossa – stimola att.condrociti cartilagine. La T3 stimola anche
rimodellamento osseo adulto.
GHIANDOLE SURRENALI
ZONA MIDOLLARE
È la parte centrale della SURRENALE ed è costituita da CELLULE VOLUMINOSE (cellule
cromaffini) organizzate in nidi. All’interno del citoplasma sono presenti vescicole
contenenti ormoni (catecolamine): NORADRENALINA (30%), ADRENALINA (70%).
La maggior parte dell’ADRENALINA in circolo proviene proprio dal SURRENE, mentre la
NA deriva x la maggior parte dalla terminazioni post-gangliari simpatiche.
Sintesi ADRENALINA la sintesi ha inizio a partire dalla TIROSINA che viene portata
all’interno delle CELL.CROMAFFINI. Dalla TIROSINA, attraverso una serie si reazione si
produce DOPA ..> DOPAMINA. La DOPAMINA viene poi incapsulata all’interno di
vescicole secretorie (GRANULI CROMAFFINI). All’interno dei granuli la DOPAMINA viene
tutta convertita a NA. La NA x la maggior parte fuoriesce dai granuli cromaffini e viene
metilata ad ADRENALINA.
La secrezione NA – A è regolata principalmente da segnali simpatici in risp a varie forme
di stress (att.fisica, ipoglicemia, ipovolemia emorragica). Il segnale chimico che induce
secrezione di queste catecolamine da parte del SURRENE è l’Ach, liberata da n.simpatici
pregangliari che si lega a rec.nicotinici delle cell.cromaffini. Ach aumenta att.enzimi che
permettono sintesi.
Ormone PARATIROIDEO
Prodotto dalle GHIANDOLE PARATIROIDI, che sono 4 ghiandole a forma di “lenticchie”
poste sulla faccia posteriore dei lobi della TIROIDE, al di fuori della capsula, distinte in 2
superiori e 2 inferiori. Sono costituite da cellule principali paratiroidee organizzate in
CORDONI tra i quali decorrono CAPILLARI FENESTRATI. Tale cellule secernano PTH, che
svolge funzioni di ↑[Ca2+]ematico, agendo in particolar modo su osso-reni. A livello
renale, il PTH agisce stimolando la produzione di CALCITRIOLO.
Struttura e sintesi PTH è un ormone a 84aa che viene sintetizzato come prepro-PTH che
a sua volta viene convertito, attraverso processo proteolitico a pro-PTH e poi a PTH.
Il segnale principale che stimola la produzione di PTH è una ↓[Ca2+]ematico. Tale
concentrazione viene rilevata dalla presenza di un recettore sensibli al Ca2+ (CaSR)
(img.pag.793), presenti sulla memb. delle cellule principali delle paratiroidi, molto
sensibili a variazioni [Ca2+]extracellulare. Al contrario, l’eccesso Ca2+ extracellulare,
attiva delle vie di segnalazione che provoca inibizione secrezione PTH. Il quantitativo di
PTH immesso in circolo varia a seconda delle variazioni di Ca2+extracell.
La produzione PTH è anche regolata a livello GENICO, e sulla sua repressione agisce il
CALCITRIOLO.
Il recettore del PTH, al quale il PTH si lega, viene espresso negli osteoblasti dell’osso e
nei tubuli prossimali e distali del rene.
VITAMINA D
È un pro ormone che x essere attivata deve subire 2 reazioni di idrossilazione successive
che lo trasformano in CALCITRIOLO (1,25 DIIDROSSIVITAMINA D).
Binding Protein.
INSULINA
È il principale ormone anabolico ed è responsabile della REGOLAZIONE GLICEMIA.
L’insulina consegue questo obiettivo, promuovendo la captazione del glucosio e sua
utilizzazione nel MUSCOLO (dove viene ad essere immagazzinato come GLICOGENO
MUSCOLARE) – FEGATO (GLICOGENO EPATICO, inibendo la GLICOGENOLISI)..
L’insulina svolge anche altre funzioni: promuove SINTESI PROTEICA, inibisce
degradazione proteine tess.periferici – reprime LIPOLISI nel tess.adiposo – favorisce la
sintesi trigliceridi nel fegato e tess.adiposo.
GLUCAGONE
Dopo alcune ore dall’assuznione cibo il livello nutrienti sangue si rdiuce e perciò si riduce
anche secrezione INSULINA, con conseguente diminuzione effetti che insulina comporta
a livello epatico,muscolare, adiposo. La RIDUZIONE INSULINA provoca anche rimozione
INIBIZIONE SECREZIONE GLUCAGONE. Perciò nel periodo digestivo il fegato si trova
esposto ad un ↑GLUCAGONE.
Il GLUCAGONE è il principale ormone contro regolatore che ↑livelli ematici del
glucosio, agendo sul fegato dove attiva GLICOGENOLISI/disattivando
GLICOGENOSINTESI – attiva GLUCONEOGENESI.