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Umorismo

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L'umorismo è la capacità intelligente e sottile di rilevare e rappresentare l'aspetto comico della realtà.

Indice
Interpretazioni antropologiche e filosofiche
Il comico di Emerson
Il riso di Bergson
L'umorismo di Pirandello
Il motto di spirito di Freud
Stili e tecniche
Umorismo demenziale
Umorismo surreale
Il ritmo nella comicità
Stili cinematografici/filmografici
Mad run sketch
Espediente del contrappeso
Riproduzioni all'inverso
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni

Interpretazioni antropologiche e filosofiche


La parola umorismo deriva dal latino humor o umor -oris (umidità, liquido), che si avvicina al greco yg-ròs
(bagnato, umido), e sembra quindi derivare il suo significato dalle teorie della medicina ippocratica, che
attribuiva a dei fluidi (umori appunto) l'influenza sulla salute e l'indole degli uomini. L'essenza
dell'umorismo, così come è stata delineata, seppur nell'originalità e differenziazione delle rispettive
interpretazioni, dai diversi studiosi (filosofi, medici, scrittori) risiede proprio in questo legame con
l'emotività, con l'interiorità più atavica ed istintuale dell'uomo; un carattere distintivo di ciò che è umano
dunque.

Benché l'umorismo sia una componente da sempre presente nella letteratura e nelle società umane, uno
studio sistematico sulle sue caratteristiche storiche, strutturali e psicologiche ha preso avvio solo all'inizio
del XX secolo.
Il comico di Emerson

Ralph Waldo Emerson espresse la sua teoria del comico nel saggio The Comic[1], dove cercò di perfezionare
la teoria di Aristotele, per cui il ridicolo sarebbe «ciò che è fuori tempo e fuori luogo, senza pericolo» ('con
pericolo' ci sarebbe il 'tragico'). Dice Emerson: «L'essenza di ogni barzelletta, di ogni commedia, sembra
essere un onesto o benintenzionato esser mezzi e mezzi [halfness]; una non-esecuzione di ciò che si
pretendeva di eseguire, mentre uno a gran voce dà a vedere che farà una notevole performance. L'ostacolo
posto all'intelletto, l'aspettativa frustrata, la rottura della continuità nell'intelletto, è commedia; e si annuncia
fisicamente nei piacevoli spasmi che chiamiamo risata.» Ricordando vagamente il dadaismo di Duchamp,
Emerson disse inoltre: «Separate qualunque oggetto, come un particolare uomo, un cavallo, una rapa, un
barile di farina, un ombrello, dalla connessione delle cose, e contemplateli da soli, stando lì nell'assoluta
natura, e tutt'a un tratto divengono comici; nessuna qualità utile, rispettabile, può salvarli dal ridicolo.»

L'essenza del comico sta nella "falsità" dell'uomo che «si arrende alla sua apparenza; come se un uomo si
dimenticasse completamente di sé per trattare la sua ombra sul muro con segni di infinito rispetto». Il
comico è quindi nella percezione (specie se improvvisa e inaspettata) del "mezzo uomo", dell'uomo
incompleto che fino a un momento prima si credeva uomo e maturo, e rispettabile. E con la finezza delle sue
ampie visioni, Emerson offre un'occhiata sull'intrinseca comicità dell'intera nostra condizione: «Non
facciamo nulla che non sia risibile ogni volta che lasciamo il nostro sentimento spontaneo. Tutti i nostri
piani, le nostre amministrazioni, le nostre case, i nostri poemi, se paragonati alla saggezza e all'amore che
l'uomo rappresenta, sono egualmente imperfetti e ridicoli».

Il riso di Bergson

Fondamentale è stato il contributo di Henri Bergson con il suo saggio Il riso. Saggio sul significato del
comico (1900). Il filosofo francese apre la sua riflessione con una serie di considerazioni generali sul
comico: innanzitutto nota che «Non vi è nulla di comico al di fuori di ciò che è propriamente umano»; anche
quando l'oggetto del comico non è una persona, tuttavia ciò che suscita il riso è un aspetto di quell'oggetto o
animale che richiama alla mente atteggiamenti e situazioni umane (pensiamo ad un burattino). In secondo
luogo, l'apprezzamento della situazione comica prevede «qualcosa come un'anestesia momentanea del
cuore»: l'empatia, l'identificazione con la persona oggetto del riso è bandita. Infine, è facile constatare che
«Il riso cela sempre un pensiero nascosto di intesa, direi quasi di complicità, con altre persone che ridono,
reali o immaginarie che siano». Da queste tre considerazioni risulta un'idea chiara della funzione della
comicità: essa risponde a determinate esigenze sociali. In particolare, Bergson vede il comico come una
sorta di "castigo sociale" con cui la comunità (intesa come specie) individua, respinge e corregge una serie
di comportamenti percepiti come contrari allo "slancio vitale" con cui si identifica la vita stessa (e qui
risiede il legame profondo tra la definizione di comico ed il resto della riflessione filosofica di Bergson).

Questi comportamenti sono quelli meccanici («Ridiamo tutte le volte che una persona ci dà l'impressione di
una cosa»), monotoni che, nell'aderire cieco alla regola, non sanno cogliere - ed anzi soffocano - la fluidità,
l'intrinseca libertà autocreatrice della vita. È questo impulso spontaneo, stimolo ad una continua evoluzione
creatrice, a permettere il superamento, in forme sempre nuove ed originali, degli ostacoli che ci si trova
davanti; in questo senso, il riso corregge quei comportamenti che metterebbero in pericolo la sopravvivenza
della specie. Ad esempio, la storiella in cui un deputato, interpellando il ministro su di un assassinio famoso,
rammenta che il colpevole, dopo aver ucciso la vittima, è sceso dal treno in senso contrario alla sua
direzione ed ha così violato il regolamento, è comica perché nel deputato l'adesione alla regola ha soffocato
la comprensione della vita.

L'umorismo di Pirandello
Il saggio è del 1908, posteriore dunque a quello di Bergson da cui risulta parzialmente influenzato.
Pirandello vi ha lavorato dal 1904, anno di pubblicazione di Il fu Mattia Pascal; le due opere (il romanzo ed
il saggio) sono espressione di un'unica maturazione artistica ed esistenziale che ha coinvolto lo scrittore
siciliano all'inizio del Novecento e che vede come centrale proprio la poetica dell'umorismo. L'originalità di
questa concezione sta nella distinzione tra "comico" ed "umoristico" in senso stretto; se il primo viene inteso
come «avvertimento del contrario», quindi come pura intuizione di una contraddizione (e qui sta l'eco di
Bergson), l'umorismo è inteso come «sentimento del contrario», l'elaborazione razionale e successiva del
comico, una riflessione che porta ad un sentimento di identificazione e compassione nei confronti della
persona di cui ci si prende gioco.

Tale sentimento ha le sue radici nella natura del "contrario" analizzato dall'umorista: anche qui si tratta del
conflitto tra la forza profonda della vita e le cristallizzazioni della forma; tuttavia qui la vita appare
irrimediabilmente soffocata dalla forma, incarnata dall'ideologia, dalle convenzioni, dalle leggi civili e dal
meccanismo stesso della vita associata. Anche Bergson aveva notato che «proprio come la vita dello spirito
può essere ostacolata nel suo realizzarsi dalle esigenze della macchina corporea, così la forma della vita
sociale può soffocarne il senso», ma per Pirandello questo soffocamento è intrinseco e strutturale nella vita
associata. D'altronde lo stesso "slancio" che permea la vita ha perso le connotazioni positive dello
spiritualismo francese, per assomigliare più ad un caos cieco ed oscuro, più vicino alle concezioni
irrazionaliste di fine Ottocento ed alla caratterizzazione dell'inconscio.

La "meccanizzazione" dunque non è più l'anomalia sociale da correggere, ma l'autoinganno con cui l'uomo
cerca di dare un senso all'informità della vita; in particolare, nel rapporto con gli altri l'autoinganno prende
la forma della 'maschera', dell'(auto) imposizione del soggetto di un'identità fissa e predefinita dai valori
morali e culturali, un'identità necessariamente percepita come estranea ed inautentica. Ecco allora che
sottolineare questi autoinganni, descrivere l'erompere saltuario della vita dalla forma significa partecipare
del dramma dell'uomo, combattuto tra bisogno di certezze e il bisogno di aderire alla realtà autentica della
vita: il "sentimento del contrario" è paragonato al dio Giano bifronte, in quanto è riso e pianto insieme.

Il motto di spirito di Freud

Ne Il motto di spirito (1905), la riflessione di Freud si distingue dalle precedenti perché, più che definire
l'approccio alla realtà che è espresso nell'umorismo, mira a descrivere i meccanismi psichici che ne sono alla
base - meccanismi che Freud allaccia alla teoria psicoanalitica; lo studio si limita inoltre alle manifestazioni
verbali del comico. Quest'ultimo è visto come meccanismo comunicativo che permette al soggetto di
esprimere i contenuti dell'inconscio, solitamente repressi, in modo non traumatico o aggressivo per
l'interlocutore. La capacità di "far passare" questi contenuti (riconducibili all'istinto sessuale ed
all'aggressività) eludendo la censura del Super-Io è resa possibile da un lavoro che il soggetto
inconsapevolmente attua al fine di mascherare questa carica psichica all'interno del motto di spirito;
l'insieme di queste regole di codificazione, detto processo primario, include il doppio senso, la
condensazione, lo spostamento: processo rintracciabile anche in quell'appagamento di un desiderio frustrato
che è il sogno, e non a caso per Freud l'umorista «sogna ad occhi aperti».

Il piacere associato al riso è riconducibile proprio a questo risparmio di energia psichica: non solo il soggetto
è riuscito a comunicare al suo interlocutore la propria carica psichica, ma è riuscito a farlo evitando gli
affetti penosi che avrebbero turbato la comunicazione qualora la censura del Super-Io fosse stata violata
apertamente.

Stili e tecniche

Humor nero
Verbali
Allusione
Anticlimax
Barzelletta
Entimema
Freddura
Gioco di parole
Grottesco
Imitazione
Iperbole
Ironia
Non sequitur
Ossimoro
Paradosso, come le leggi di Murphy
Paraprosdokian
Parodia
Paronomasia
Sarcasmo
Satira
Sillessi
Stereotipo, come le barzellette sulle bionde, sugli avvocati, sui Carabinieri.
Suoni comici o parole intrinsecamente buffe la cui pronuncia ha suoni che le rendono
divertenti in una lingua
Understatement
Non verbali
Caricatura
Maschera
Mimica
Travestimento
Umorismo involontario

Umorismo demenziale

È l'umorismo in cui l'oggetto comico è l'autore stesso, che erra nella costruzione della fabula. L'errore
comico può avvenire nel passaggio inopportuno tra contesti diversi, generi diversi, significati diversi di una
data unità narrativa, o perfino nella presentazione di una battuta comica eccessivamente scontata.

Non va confuso con la Parodia, che in casi simili mette alla berlina le convenzioni di genere. L'umorismo
demenziale si basa sull'applicazione sbagliata di queste convenzioni.

Il critico Guido Almansi lo definì Umorismo scemo riferendosi all'opera di Achille Campanile e in effetti,
per quanto sia apparsa sulla scena letteraria e dello spettacolo solo nel corso del XX secolo, è una delle
forme più innate di comicità conviviale: "fare lo scemo".

In modo analogo alla classica distinzione tra autore e narratore, l'autore oggetto comico è ovviamente
distinto dall'autore reale: chi ascolta è consapevole che l'ottusità del primo è proporzionale all'abilità del
secondo. Per questo motivo l'umorismo demenziale è autoreferente e, a dispetto del nome, implica una
discreta attività intellettuale per apprezzare e non confondere i diversi piani di rappresentazione.
Esempi illustri nell'uso di questa tecnica sono il già citato Achille Campanile, il film Hellzapoppin' (film), i
Monty Python e i film del trio Zucker-Abrahams-Zucker. Da sottolineare che, nell'arte scenica, il ruolo di
autore oggetto comico può estendersi all'attore e a chiunque dello staff coinvolto nella rappresentazione.

Umorismo surreale

Il surreale è una forma di umorismo basata su giustapposizioni bizzarre, situazioni assurde e la logica del
nonsense. Le situazioni bizzarre possono essere varie, dall'esagerazione di aspetti reali (es: «un uomo
chiamato toffiees aveva un naso così lungo ma così lungo che non poteva soffiarsi il naso, un giorno...»),
all'invenzione di aspetti reali completamente ignoti o inesistenti (es: «un giorno un professore di nome
Enrico scoprì un nuovo tipo di elemento chimico, il mixino, che con il semplice strofinamento della falange
del mignolo ti permetteva di...») oppure alla creazione di situazioni irreali completamente inventate («gli
alieni provenienti da Tofone, un pianeta del sistema solare dell'Ongia vengono sulla terra e...»). L'ortografia
del testo non deve essere necessariamente corretta, anzi, essendo sgrammaticata diventa più ridicola e quindi
di successo.

La tecnica più comune di umorismo surreale è forse quella del non sequitur, in cui una affermazione è
seguita da un'altra senza alcuna progressione logica.

«Breve racconto: un uomo si sveglia al mattino e scopre di essersi trasformato nei propri
plantari.»

(Woody Allen, Citarsi addosso, trad. di Cathy Berberian e Doretta Gelmini, Bompiani, 1996)

«Spesso vado a pesca di termosifoni, tranne quando calpesto i crostacei di montagna.»

(Mike Z., Nonsense Book, 1997)

In campo cinematografico, l'umorismo surreale si afferma sin dagli anni trenta del Novecento: lo si può
ritrovare, per esempio, in alcune gag di Stanlio e Ollio, e in maniera quasi esclusiva nei film dei Fratelli
Marx. In seguito viene usato massicciamente nei cartoon, specialmente in quelli americani della Warner
Bros. In Italia un chiaro esempio è dato dalle pellicole grottesche e iperreali di Paolo Villaggio, in special
modo in quelle della saga aventi come protagonista il ragionier Ugo Fantozzi. A livello musicale si può
ritrovare spesso una forma di umorismo nonsense nelle canzoni del gruppo Elio e le Storie Tese

Il ritmo nella comicità

Il ritmo nella comicità è un aspetto fondamentale, come nella poesia, sia per quanto riguarda i testi che la
mimica, ed aiuta ad aumentare l'effetto comico e la risata.

George Carlin e Rowan Atkinson sono due comici e cabarettisti noti per il loro eccellente utilizzo del ritmo.

«Qual è il segreto della...»


«Rapido, devi essere rapido»

(Daniele Luttazzi, in un'intervista)

Stili cinematografici/filmografici

Anche nella cinematografia vi sono particolari stili peculiari del mondo dell'umorismo, tra cui:
Mad run sketch

I "mad run sketch" (conosciute in italiano come scenette accelerate) sono sequenze riprodotte a velocità
superiore alla norma caratterizzate da un incalzante accompagnamento musicale. Solitamente vengono
proposte nel caso in cui un personaggio si trova costretto a scappare da una minaccia imminente, la quale
generalmente si risolve in un falso allarme. La loro scarsa plausibilità riesce ad amplificarne l'humour (si
tratta infatti di scene pantagrueliche). Tra i film che fanno uso di questa tecnica sono da annoverare quelli di
Carlo Vanzina e Neri Parenti; a tal proposito citiamo: I pompieri e Scuola di ladri.

Espediente del contrappeso

L'espediente del contrappeso sfrutta i principi di una macchina semplice quale è la puleggia per fare della
buona comicità. Anche in questo caso il regista cerca di amplificare ed esagerare gli effetti che una forza
applicata produrrebbe nella realtà. Esempi molto chiari dell'applicazione di quanto sopra spiegato si
ritrovano nel film Le comiche e ne Le nuove comiche.

Riproduzioni all'inverso

Si tratta di un semplice espediente di montaggio che consente di realizzare un'inversione nella riproduzione;
negli anni settanta e ottanta alcune scene venivano girate e successivamente montate manualmente al
contrario. In questo caso la comicità della situazione era amplificata dalla palese mancanza di fluidità di
montaggio rispetto alle scene immediatamente precedenti e successive. Tra i film che utilizzano tale tecnica
è da annoverare La dottoressa ci sta col colonnello dove Lino Banfi riesce a centrare dalla distanza la bocca
del giovane Alvaro Vitali con una fragola.

Note
1. ^ The comic, su bartleby.com.

Bibliografia
Henri Bergson, Le rire, Paris, 1900 (tr. it. Il riso, Roma-Bari, Laterza, 1994)
Michail Bachtin, Tvorcestvo Fransua Rable i narodnaja kul'tura srednevekov'ja i Renessansa,
Moskva, 1965 (tr. it. L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Torino, Einaudi, 1979)
Vladimir Propp, Problemy komizma i smecha, Moskva, 1976 (tr. it. Comicità e riso, Torino,
Einaudi, 1988)
Sigmund Freud, Der Witz und seine Beziehung zum Unbewußten, (tr. it. Il motto di spirito e la
sua relazione con l'inconscio, Torino, Boringhieri, 1975)
Fabio Ceccarelli, Sorriso e riso, Torino, Einaudi, 1988
Rosella Prezzo (a cura di), Ridere la Verità, scena comica e filosofia, Milano, Cortina, 1994
Carlo M. Cipolla, Allegro ma non troppo, Bologna, il Mulino, 1988, 2011
Giovannino Guareschi, L'umorismo, Poschiavo, L'ora d'oro, 2015.

Altri studi:

Clara Gallini, Popolo e riso nel Rabelais di Bachtin, La Ricerca Folklorica, 6 (Oct., 1982),
Interpretazioni del carnevale pp. 95–100
Humor Theory. The formulae of laughter by Igor Krichtafovitch, Outskitspress, 2006, ISBN
9781598002225
Martin Grotjahn, Saper ridere, psicologia dell'umorismo, Milano, Longanesi 1981
Fabrizio Scrivano, Una certa idea del comico, Firenze, Pacini, 2002
Francesco Scrofani Cancellieri, Musica ridens. Espedienti umoristici in 500 anni di
composizioni, pagg. 254, Varese, 2015, Zecchini Editore, ISBN 978-88-6540-136-1

Voci correlate
Umorismo nero
Gallows humor
Romanzo umoristico

Altri progetti
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Collegamenti esterni

(EN) Umorismo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.


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