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Leonardo Calini, 920192, 08/01/2020, Università degli Studi di Milano

Elaborato per il corso di Epigrafia Greca, a.a. 2019/2020, prof.ssa Teresa Alfieri Tonini

Epigrammi letterari ed epitafi epigrafici per cani nella tradizione greca

I. Introduzione
L’epitafio per l’animale domestico e d’affezione è uno dei generi poetico-
letterari che conosce maggiore fortuna nella storia della letteratura, a cominciare
dall’antichità greca.
Nell’ambito della tradizione greca, gli epitafi epigrafici, relativi ad animali
domestici o addomesticati, maggiormente attestati concernono cani e cavalli, mentre
nell’ambito della tradizione letteraria i testi relativi ai suddetti animali si presentano
in minoranza, sovrastati nel numero da epigrammi incentrati su altri animali noti
all’uomo, più o meno insospettabili (formiche, cavallette, cicale) 1. Naturalmente, non
si tratta di una barriera rigida ed impermeabile, poiché tanto nella tradizione letteraria
si rinvengono epigrammi dedicati a cani e cavalli quanto nella tradizione epigrafica
si riscontrano epitafi che riferiscono ad animali diversi (cobra, maialini, usignoli). Le
due tradizioni presentano dunque una base comune e uno sviluppo in parte affine, in
parte divergente. Cronologicamente, la pratica di comporre epigrammi sepolcrali
destinati agli animali più cari e vicini all’uomo fiorì nell’età ellenistica2.
La categoria, la tipologia inerente ai cani appare essere quella meglio
documentata nell’alveo dei testi funerari, incisi o scritti, per gli animali d’affezione,
di cui sono noti diversi exempla pervenuti per tradizione diretta, indiretta, antologica,
su materiale lapideo e su papiro.
La tradizione letteraria ci ha conservato quattro epitafi per cani, dei quali due
risultano essere citati nell’Onomastico di Polluce 3, mentre gli altri sono presenti

1V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 29.
2M. Guarducci, L'epigrafia greca dalle origini al tardo impero, Ed. Istituto Poligrafico e
Zecca dello Stato, Roma, 1987, pg. 388.
3 cfr. Polluce, Onomastico, 5,48

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all’interno dell’Antologia Palatina4; gli epigrammi sepolcrali conservati su pietra
sono invece sette, di provenienza italica, africana e microasiatica 5. Gli epitafi letterari
vengono ricondotti dalle rispettive fonti all’operato di precisi ed individuati autori,
delineando uno spettro cronologico ampio, compreso tra il IV sec. a.C. e il I sec.
d.C.; più complessa e problematica è invece la datazione dei testi pervenuti in forma
epigrafica6.

II. SEG, 47, 2176

Connotata da particolare complessità risulta essere la datazione dell’epitafio per il


cane Tyrannos, proveniente dai dintorni della città di Cirene; l’iscrizione si presenta
incisa su un pilastro di ridotte dimensioni, che si ergeva con ogni probabilità in
un’area privata, forse coincidente con il luogo stesso di sepoltura dell’animale, nel
cortile oppure nel giardino di un’abitazione.
L’iscrizione rientra in un gruppo di cinque epigrafi (delle quali una risultava
essere già nota, mentre le restanti quattro sconosciute e nuove) provenienti dai
cimiteri posti attorno alla città e, probabilmente, da una proprietà di campagna
collocata a sud della città di Cirene (l’iscrizione 2176); sono ora conservati nel
Museo di Shahat. Sono stati pubblicati da C. Dobias - Lalou e R. A. Gwaider in
Libya Antiqua 3 (1997) 25-29 nos. 1-5 (ph.) 7.

4 cfr. Antologia Palatina, 7, 211 e Antologia Palatina, 9, 417


5V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 30.
6V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 32.
7C. Dobias - Lalou e R. A. Gwaider, From the cemeteries of Cyrene, Libya Antiqua 3, 1997,
pg. 28

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Il lemma 2176 si configura come un epitafio e un epigramma per il cane
Tyrannos; cronologicamente viene collocato nel III o II sec. a.C.; l’iscrizione si
compone di due parti, l’epitafio (A) e l’epigramma (B), ed è posta su di un piccolo
pilastro in pietra calcarea liscia dalla forma leggermente piramidale, con modanature
e cornici superiori su tre lati del pilastro stesso. L’altezza complessiva del
monumento funerario è di 25 cm (la faccia iscritta occupa 21 cm), la larghezza è di
8,5 cm, lo spessore è di 10 cm. L’iscrizione A si trova in un cartiglio collocato al di
sotto della modanatura, mentre l’iscrizione B, disposta su quattro righe, trova la
propria collocazione al di sotto della raffigurazione di un cane 8. L’animale raffigurato

8C. Dobias - Lalou e R. A. Gwaider, From the cemeteries of Cyrene, Libya Antiqua 3, 1997,
pg. 28

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presenta pelo corto, orecchie non visibili, coda lunga e snella, e si configura
chiaramente come un cane da caccia; presenta le zampe posteriori piegate e le zampe
anteriori tese, in una posizione di potenziale dinamismo, forse di attacco. È probabile
che alcuni particolari della raffigurazione fossero dipinti, soprattutto le orecchie, che
non risultano essere più visibili nel rilievo. Le lettere con cui è tracciata l’iscrizione,
di altezza 0,4 cm, risultano essere incise superficialmente: proprio la forma di alcune
lettere, Ε, Π, Σ, Ω, unitamente all’aspetto semplice con cui si presenta il testo,
suggeriscono una datazione ai secoli indicati. L’iscrizione è stata trovata nel 1969 a
El-Faidia, a 17 km a sud di Shahat, dove adesso è conservata9.

A) Τύραννος κύων.
B) ἐνθάδε δὴ κεῖµαι | ὑ ̣ π ̣ [ὸ] γα ̣ ίη ̣ ς, δέςπο|τα ̣ , [πο]λλὰ πονή|ςας.

A) Il cane Tiranno.
B) Qui giaccio sotto terra, o padrone, dopo aver molto faticato.

Il testo iscritto risulta parzialmente lacunoso e si articola dunque in due elementi


costituenti principali: il nome proprio del cane, collocato extra metrum, in posizione
enfatica, in apertura della composizione epigrammatica, e un verso dattilico
interpretabile, secondo le riflessioni degli studiosi, quale un eptametro 10, che sembra
non essere ignoto nell’ambito culturale cirenaico, dovuto all’inserzione del vocativo
δέςπο|τα ̣ all’interno di un esametro regolare, con cesura tritemimera e dieresi
bucolica. Complesso è invece avanzare una proposta di datazione per l’epigrafe: gli
editori, su base paleografica, ritengono accettabile una collocazione cronologica
attorno al III-II sec. a.C., in piena età ellenistica, epoca che vede nascere e
svilupparsi la tendenza dell’epigramma funerario per gli animali domestici. Si tratta

9C. Dobias - Lalou e R. A. Gwaider, From the cemeteries of Cyrene, Libya Antiqua 3, 1997,
pg. 28
10Si possono citare, a titolo d’esempio, due epigrammi per due sorelle portanti lo stesso
nome, Parresia, provenienti da Cirene, all’interno dei quali si possono riconoscere numerosi
eptametri frammisti a più “regolari” esametri.

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dell’unico epigramma sepolcrale per un cane collocabile a tale epoca (con gli altri
conservati si scende infatti cronologicamente nell’età imperiale) e di provenienza
africana (gli altri testi conservati sono provenienti dall’area italica o dall’Asia
Minore).
Nell’epigrafe il cane, defunto, parla in prima persona, rivolgendosi
esplicitamente al padrone, che resta anonimo, ma implicitamente al passante, quasi
volendo instaurare con lui un breve dialogo che lo inviti a sostare e a leggere almeno
il nome inciso sulla pietra, il tutto senza però giungere a un determinazione della
formula dell’oggetto parlante, visto che il breve epigramma non risulta essere
attribuito al monumento funerario stesso. Molto interessante è poi l’elemento
principale dell’epigrafe, ovvero il nome del cane sepolto: due sono le principali
interpretazioni avanzate dai diversi studiosi a proposito del nome Τύραννος 11.
Secondo Dobias-Lalou e Gwaider è ravvisabile un gioco di parole, uno stridente
contrasto tra le molte fatiche affrontate (stante la correttezza dell’integrazione
[πο]λλὰ πονή|ςας) dal cane nel corso della sua vita al servizio del padrone e il nome
proprio dell’animale stesso, Τύραννος, ossia “signore, tiranno”, soprannome attestato
anche per le persone umane, sia liberi che schiavi. 12 Invece, secondo Chamoux -
ipotesi che sembra essere più verosimile - il nome Tyrannos sarebbe un nome
parlante, un riferimento volto ad un’enfatizzazione della foga e dell’accanimento
dimostrati dal cane durante la caccia, e a sostegno di tale interpretazione si può
giustamente sottolineare come in un passo dell’aristotelica Historia Animalium13
venga riportato che alcuni cani cirenaici erano il risultato dell’incrocio tra cani e lupi
e risultavano dunque essere caratterizzati da particolare aggressività.
Il monumento commemorativo per il cane Tyrannos si presenta di dimensioni
ridotte, sebbene in genere i monumenti funerari per gli animali siano paragonabili,

11 V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 41-42.
12C. Dobias - Lalou e R. A. Gwaider, From the cemeteries of Cyrene, Libya Antiqua 3, 1997,
pg. 29.

Cfr. Aristotele, Historia Animalium, 607a: “Γίνεται δὲ καὶ ἄλλα ἐκ µίξεως µὴ ὁµοφύλων,
13

ὥσπερ καὶ ἐν Κυρήνῃ οἱ λύκοι µίσγονται ταῖς κυσὶ καὶ γεννῶσι[…]”.

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quanto a dimensioni e fattezze, a quelli destinati agli uomini; le dimensioni ridotte
del pilastro si possono forse spiegare in considerazione del fatto che detto
monumento non fosse stato concepito per un’esposizione all’aperto, a lato di una
strada, quanto piuttosto al coperto. Si potrebbe pensare, date sempre le dimensioni
del manufatto, ad un altare in miniatura, ad un esemplare rientrante nella categoria
dei monumenti commemorativi che di solito venivano esposti, rizzati in casa, tuttavia
la formula ἐνθάδε δὴ κεῖµαι lascia pensare che questo pilastro abbia piuttosto trovato
la propria collocazione nel luogo stesso di sepoltura dell’animale, nel giardino o nel
cortile della tenuta di campagna del padrone 14.
Non vi sono notizie precise a proposito della circostanze il cui il cane
Tyrannos avrebbe trovato la morte, tuttavia è forse possibile inferire, prendendo il
considerazione e il luogo di ritrovamento del monumento sepolcrale e la
raffigurazione stessa osservabile sull’epigrafe, che Tyrannos, cane da caccia, si stato
ucciso nella circostanza stessa di una battuta di caccia per essere poi sepolto dal suo
proprietario, un cittadino cirenaico, nella sua proprietà di campagna15.
Lo stile e la forma espressiva risultano essere relativamente semplici e piani,
e ciò è in linea con gli altri epigrammi conservati su pietra16 che, rispetto ai testi della
tradizione letteraria, presentano un profilo stilistico-lessicale meno vario, pur non
essendo assenti scelte espressive più marcate; si riscontra poi, come negli altri epitafi
epigrafici, l’impiego di un registro linguistico prettamente sepolcrale17, caratterizzato
da locuzioni, espressioni, tratti spiccatamente funerari (a titolo d’esempio,
l’espressione ἐνθάδε δὴ κεῖµαι), e proprio questo codice sepolcrale risulta essere il
punto di partenza per una trasfigurazione umana dell’animale nell’epitafio.

14C. Dobias - Lalou e R. A. Gwaider, From the cemeteries of Cyrene, Libya Antiqua 3, 1997,
pg. 29.
15C. Dobias - Lalou e R. A. Gwaider, From the cemeteries of Cyrene, Libya Antiqua 3, 1997,
pg. 29.
16 V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 39.
17 V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 41.

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Manca invece una delle caratteristiche più interessanti che riguardano gli
epigrammi letterari per i cani da caccia, ovvero il gusto per la narrazione della
circostanza avventurosa della morte dell’animale18, assenza qui giustificabile alla
luce della brevità del testo pervenuto, sia alla luce dell’estraneità generalizzata negli
epigrammi epigrafici al racconto dell’episodio singolarmente avvincente.
Interessante è anche l’assenza del nome del proprietario19 del cane Tyrannos (il cui
nome è invece esplicitato), indicato solo genericamente mediante il ricorso al
vocativo δέςπο|τα,̣ ma si tratta di una situazione che pare essere conforme alla
casistica di epigrammi funerari per animali domestici tramandataci.
Metricamente e prosodicamente, il testo, presentando un eptametro, diverge
rispetto agli altri documenti epigrafici pervenuti relativi ai cani, pur nella preferenza,
comune anche agli altri testi, per il ritmo dattilico 20.

III. Antologia Palatina, 9, 417


Interessante e istruttivo può risultare il confronto con un epigramma di
tradizione letteraria, presente nel IX libro - o capitolo, dedicato agli epigrammi
epidittici - dell’Antologia Palatina 21, vasta raccolta di componimenti epigrammatici
greci, attribuiti a diversi autori antichi, la cui compilazione venne eseguita a Bisanzio

18 V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 44.
19 V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 44-45.
20 V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 42
21 cfr. G. Rosati, Scrittori di Grecia. L’età ellenisitica, Firenze, Sansoni Editore, 2004, pg.
292: “L’Antologia Palatina fu così chiamata dalla Biblioteca Palatina di Heidelberg, nella
quale l’umanista Claudio Salmasio (1588-1653) scoprì l’unico manoscritto sopravvissuto di
una vasta raccolta di epigrammi (circa 3700, per un totale di quasi 23000 versi), scritto verso
il 980 d.C. da quattro copisti e fornito di alcuni scolii. La copia in pergamena scoperta da
Salmasio rimase ad Heidelberg (con il nome di Codice Palatino Greco 23) fino al 1623,
quando fu donata a papa Gregorio XV.”

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nel X sec. d.C., in piena età bizantina, la quale fu scoperta nel 1607 nella Biblioteca
di Heidelberg. L’epigramma preso in considerazione è attribuito nella raccolta ad
Antipatro di Tessalonica, esponente minore - nell’ambito della produzione
epigrammatica d’età ellenistica - della cosiddetta scuola fenicia, vissuto nel I sec.
a.C., spesso confuso con l’omonimo - ma più famoso - e quasi coevo (II-I sec. a.C.)
Antipatro di Sidone, il quale fu però in rapporto con Calpurnio Pisone 22, suocero di
Gaio Giulio Cesare. Ad Antipatro di Tessalonica sono attribuiti circa cento
epigrammi: ricorrendo alle parole di D. Del Corno, “possiede il caratteristico
eclettismo di chi si sente epigono di una grande tradizione, e vuole misurarsi con tutti
i suoi temi; ma sa trovare i modi di una gradevole raffinatezza, a volte soffusa di
malinconico velo, altre volte spiritosamente graffiante” 23, come risulta
immediatamente visibile dall’epigramma preso in esame.

θηρευτὴν Λάµπωνα, Μίδου κύνα,


δίψα κατέκτα καίπερ ὑπὲρ ψυχῆς πολλὰ πονηςάµενον.
ποςςὶ γὰρ ὤρυςςεν νοτερὸν πέδον, ἀλλὰ τὸ νωθὲς
πίδακος ἐκ τυφλῆς οὐκ ἐτάχυνεν ὕδωρ·
πῖπτε δ’ ἀπαυδήςας, ἡ δ’ ἔβλυςεν. ἦ ἄρα, Νύµφαι,
Λάµπωνι κταµένων µῆνιν ἔθεςθ’ ἐλάφων.

1 Λάµπωνα Pal.pcPlan. : Λάµπονα Pal.ac || 5 πίπτεν δ’ Pal. | αἰ δ’ ἔβλυςαν Pal. Plan.,


em. Brunck (-εν), Jacobs (ἡ) | ἧ ἄρα Reiske : παρα Pal.Plan. || 6 Λάµπωνι Pal.pcPlan.
: Λάµπονι Pal.ac | κταµένων Stephanus : κταµένῳ Pal.Plan.

La sete uccise Lampone cacciatore, cane di Mida


Per quanto a lungo avesse lottato per la vita.
Infatti scavava con le zampe l’umido suolo, ma l’acqua

22 V. Citti, C. Casali, M. Gubellini, A. Pennesi, Storia e autori della letteratura greca. L’età
ellenistica e l’età imperiale romana, Bologna, Zanichelli, 2009, pg. 105
23 D. Del Corno, Letteratura Greca, Milano, 1995, pg. 479

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Non scaturiva, pigra, dalla cieca fonte;
Cadde venendo meno, mentre quella zampillò. O Ninfe,
Su lampone avete scagliato l’ira dei cervi uccisi.

Il testo si presenta estremamente pregno di interesse per una serie di caratteristiche.


Colpisce innanzitutto la presenza - sì consueta - del nome del cane, ma soprattutto la
sua posizione in sede incipitaria del primo verso e, di conseguenza, dell’intero
componimento, nonché l’esplicitazione del nome del padrone, raramente espresso
invece negli epigrammi epigrafici pervenuti. Anche in questo caso si tratta con ogni
probabilità di un nome parlante: attestato anche per gli uomini nella tradizione
storico-letteraria 24, il nome del cane, Λάµπων, deriva verosimilmente dal verbo
λάµπω, che ha il significato di “risplendere, brillare, distinguersi”, in riferimento alla
bellezza dell’animale e anche, se non soprattutto, alla sua spiccata abilità venatoria.
Da sottolineare è inoltre la presenza della vivace ed accurata, cesellata -
secondo il gusto alessandrino e callimacheo della brevitas proprio della poesia
ellenistica, nella quale l’epigramma letterario incontra ovviamente grande favore -
della morte dell’animale, ricca di dettagli: vi è quasi una trasfigurazione e
nobilitazione in chiave mitica e mitologica di una morte che altrimenti sarebbe priva
di qualsiasi elemento favoloso25. Il testo in sé risulta poi difficilmente classificabile
come sepolcrale, poiché mancano gli elementi più caratteristici del codice sepolcrale
stesso, tuttavia colpisce per la vivezza della rappresentazione della morte e della
disperata lotta per la sopravvivenza alla ricerca di acqua da parte del cane
Lampone 26, nonché per le interessanti reminiscenze letterarie che si possono cogliere
nella lettura profonda del testo: si è pensato di poter riscontrare un’eco dello Ione

24cfr., ad esempio, Pindaro, Nemee, 5.4 e Senofonte Efesio, I racconti efesii di Abrocome e
Anzia, 2.9.4.
25 V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 39
26 V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pg. 38

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euripideo 27, vv 105-106, al quale è forse possibile aggiungere una non troppo velata
allusione al primo canto iliadico e alla materia del poema epico stesso, la µῆνιν, qui,
con sagace ribaltamento di prospettiva, riferita non ad Achille, al più possente degli
eroi greci, uccisore di tanti soldati nemici, ma ai cervi, ἕλαφοι, vittime dell’abilità di
cacciatore di Lampone, che ottengono la vendetta per mezzo delle Ninfe, figure
divine bucoliche e idilliache, per nulla vendicative e crudeli nella tradizione letteraria
- sebbene l’attribuzione della responsabilità della morte alle Ninfe evochi un motivo
diffuso nella poesia epigrammatica28 -, che assurgono qui al ruolo di Furie, invocate
alla fine del quinto verso, in un contesto che, per la presenza del termine che rimanda
all’ira achillea, sembra ribaltare il contesto del poema epico greco per eccellenza,
l’Iliade, con un vistoso abbassamento, poiché se nel poema omerico ad essere gettate
nell’Ade erano le molte e gloriose anime di eroi, diventando preda di cani e uccelli, a
perire in questo epigramma risulta essere solo un cane, il cane di Mida, padrone,
anonimo personaggio che porta a sua volta porta un solenne nome mitico. Si tratta
probabilmente di un componimento fittizio, d’evasione, che non ha alle spalle una
vera e reale situazione ispiratrice, un pezzo di bravura poetica condensato nelle
reminiscenze letterarie e nella dimostrazione di brevitas e ποικιλία.
Al di là delle differenze, numerose, riscontrabili tra detto epigramma
letterario e il precedente epitafio lapideo, si possono ravvisare nondimeno delle
analogie: il ritmo dattilico, pur nel diverso metro (qui si tratta di tre distici elegiaci,
composti di un esametro ed un pentametro), l’indicazione in posizione preminente
dell’elemento principale, il nome dell’animale morto (qui pienamente calato nel
componimento, nella struttura metrica) e la scelta di riservare un carmen letterario ad
un cane da caccia, analogamente a quanto osservabile in SEG 47, 2176: quella dei
cani da caccia risulta infatti essere, nel novero degli epigrammi greci per cani
restituitici, la tipologia meglio documentata.

27 cfr. Euripide, Ione, vv. 105-106: “ὑγραῖς τε πέδον/ ῥανίσιν νοτερόν”


28 cfr. Antologia Palatina, 7, 518 e Teocrito, Idilli, XIII

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BIBLIOGRAFIA:
1) a cura di H. W. Pleket, R. S. Stroud, A. Chaniotis, J. Strubbe, Supplementum
Epigraphicum Graecum, Volume XLVII, 2003
2) C. Dobias - Lalou e R. A. Gwaider, From the cemeteries of Cyrene, Libya Antiqua
3, 1997
3) V. Garrulli, Gli epitafi greci per animali. Fra tradizione epigrafica e letteraria, in:
Memoria poetica e poesia della memoria. La versificazione epigrafica dall'antichitа
all'umanesimo, Venezia, Universitа Ca' Foscari di Venezia, 2014, pp. 27 - 64 (STUDI
DI ARCHIVISTICA, BIBLIOGRAFIA, PALEOGRAFIA)
4) D. Del Corno, Letteratura Greca, Milano, Il Principato, 1995
5) G. Rosati, Scrittori di Grecia. L’età ellenistica, Firenze, Sansoni Editore, 2004
6) a cura di A. L. Carbone, Aristotele, Historia Animalium, Palermo, Duepunti
Editore, 2008
7) M. Guarducci, L'epigrafia greca dalle origini al tardo impero, Ed. Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1987
8) V. Citti, C. Casali, M. Gubellini, A. Pennesi, Storia e autori della letteratura
greca. L’età ellenistica e l’età imperiale romana, Bologna, Zanichelli, 2009

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