TOMO II
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80013 Casalnuovo, Napoli
LUCA MONDIN
1. ENTRO I CONFINI
Anche dopo lesperienza di Marziale, e nonostante la sua esemplare
fortuna, lepigramma rimaneva una forma poetica poco canonizzata: come Quintiliano non ne faceva parola nella sua rassegna dei
generi del decimo libro dellInstitutio oratoria, cos le epoche successive ce ne offrono qualche avara e occasionale definizione, ma
nessun accenno di teorizzazione1. Il poco che si raccoglie inseguendo la parola epigramma nella letteratura latina dallet adrianea in
poi riguarda la sua cifra comica e giocosa (Fulg. myth. 1, p. 3 ludicro Talia ventilans epigrammate comedica solita est vernulitate mulceRingrazio Stefania De Vido, Claudio Marangoni e Paolo Mastandrea per aver letto e
discusso con me queste pagine, che non poco devono ai loro suggerimenti; ad Alfredo
Morelli si aggiunge la gratitudine per avermi invitato alla bella esperienza intellettuale di
questo convegno.
1
Sulla canonizzazione del genere epigrammatico latino e sui limiti della sua portata cfr.
M. PUELMA, Epigramma: osservazioni sulla storia di un termine greco-latino, Maia, n.s.,
49 (1997), 189-213; M. CITRONI, Marziale, Plinio il Giovane, e il problema dellidentit
di genere dellepigramma latino, in F. BERTINI [cur.], Giornate filologiche Francesco Della
Corte, III, Genova 2003, 7-29. In attesa di una sintesi aggiornata, per lepigramma latino
degli ultimi secoli dipendiamo ancora da G. BERNT, Das lateinische Epigramm im bergang von der Sptantike zum frhen Mittelalter, Mnchen 1968, integrato da W. MAAZ,
Lateinische Epigrammatik im hohen Mittelalter. Literarhistorische Untersuchungen zur
Martial-Rezeption, Mnchen-Zrich 1992; per una buona informazione generale R.
KEYDELL, Epigramm, RAC, 5 (1962), 539-577: 562-576; i dati essenziali in J.-L.
CHARLET, Die Poesie. Eine Dichtung im stetischen und gesellschaftlichen Spannungsfeld, in
L.J. ENGELS H. HOFMANN [hrsg. von], Sptantike. Mit einem Panorama der
Byzantinischen Literatur, Wiesbaden 1997, 495-564: 539-543; un rapido tratteggio in F.
MUNARI, Die sptlateinische Epigrammatik, Philologus, 102 (1958), 127-139.
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re), la sua proverbiale lascivia, da intendersi sia come licenza linguistica che come licenziosit di contenuto (Sidon. epist. 4,1,2):
et si quid heroicus arduum comicus lepidum, lyricus cantilenosum orator declamatorium, historicus verum satiricus figuratum, grammaticus regulare panegyrista plausibile, sophista
serium epigramm<at>ista lascivum, commentator lucidum
iurisconsultus obscurum multifariam condiderunt,
e, sul piano della forma espressiva, la necessit di una clausola efficace (Fronto p. 215,18 sgg. Van den Hout):
postremo, ut novissimos in epigrammatis versus habere
oportet aliquid luminis, sententia clavi aliqua vel fibula terminanda est.
2
Ad es. Gloss.L I Ansil. EP 44 paucis verbis abta oratio super sepulcrum; V Aa E 445
abbreviata scriptura, seu adbreviata titulatio.
3
Su di esso cfr. A. LA PENNA, Il poeta e retore Lampridio. Un ritratto di Sidonio
Apollinare, Maia, n.s., 47 (1995), 211-224.
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4
Cfr. M. LAUSBERG, Das Einzeldistichon. Studien zum antiken Epigramm, Mnchen
1982, 37-44; sulle testimonianze di Sidonio, 56-60.
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Orient. comm. 1,287 ipse etiam variis conclusus mensibus annus e perci superiore sia a
condi <de> di Saumaise (preferita dagli altri edd. moderni) che a con<pren>di di Burman;
a v. 10 vitia di Rosenblum la correzione pi economica al trdito vitio, che costringe
Riese e Happ alla crux desperationis.
8
Salvo diversa indicazione, per i testi di Ausonio si far riferimento alledizione di
R.P.H. GREEN (ed.), Decimi Magni Ausonii Opera, Oxonii 1999. Su questo carme cfr.
dello stesso, The Works of Ausonius. Edited with Introduction and Commentary, Oxford
1991, 273-281 e E. DI LORENZO, Elementi di poetica ausoniana nellEpicedion in patrem,
in CATANZARO SANTUCCI [curr.], La poesia (cit. n. 5), 269-283 = ID., Tra lingua e stile,
Napoli 1994, 121-133. Per le generalit della tradizione manoscritta di Ausonio vd. infra
410-416; sulla duplice paradosi di questo testo e sul relativo dibattito critico cfr. D.
NARDO, Varianti e tradizione manoscritta in Ausonio, AIV, 125 (1966-1967), 321-82:
367-381, a favore della doppia redazione dautore.
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1
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59 (41 Z)
62 (44 Z)
Lincongruenza parzialmente risolta dalla praefatio che accompagna il testo nella redazione V:
Post deum semper patrem colui secundamque reverentiam
genitori meo debui. Sequitur ergo hanc summi dei venerationem9 epicedion patris mei. Titulus a Graecis auctoribus
defunctorum honori dicatus, non ambitiosus sed religiosus.
Quem commendo lectori meo, sive is filius est seu pater sive
utrumque. Neque ut laudet exigo, set ut amet postulo;
neque vero nunc patrem meum laudo, quod ille non eget et
ego functum oblectatione viventium onerare non debeo.
Neque dico nisi quod agnoscunt qui parti aetatis eius interfuerunt. Falsum me autem morte eius obita dicere et verum
tacere eiusdem piaculi existimo. Imagini ipsius hi versus subscripti sunt neque minus in opusculorum meorum seriem
relati. Alia omnia mea displicent mihi, hoc relegisse amo.
Cos da un lato Ausonio forza con una certa disinvoltura la definizione di epicedion facendone senzaltro un tipo di iscrizione funeraria (titulus a Graecis auctoribus defunctorum honori dicatus10), dal-
9
Si riferisce alla precedente Precatio consulis Ausonii versibus rhopalicis (App. II Green)
o, se essa spuria, ai Versus Paschales (op. IV Green), che nel corpus di V sono collocati
prima di essa; cfr. GREEN, The Works (cit. n. 8), 274.
10
Indubbiamente autorizzata dal fatto che spesso i tituli funerari reali o fittizi assumono la forma dellepicedio, ma contraria alla definizione etimologica che di questulti-
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laltro dichiara espressamente di aver concepito la poesia come scrittura esposta (presumibilmente nello spazio domestico: imagini
ipsius hi versus subscripti sunt), pur ritenendola degna di essere inserita tra i propri testi letterari (neque minus in opusculorum meorum
seriem relati), secondo la stessa procedura seguita da Girolamo per
gli elogia metrici fatti incidere sulla tomba di Paola a Betlemme e
poi inseriti a suggello del suo Epitaphium Sanctae Paulae, o quella
ventilata da Sidonio Apollinare per lepitaffio in versi di Filimatia11.
Che sia la verit o una mera simulazione letteraria, lEpicedion ausoniano si presenta cos come un vero e proprio carme iscrizionale12,
cio come un testo di natura epigrammatica nel senso pi genuino
mo d tutta la lessicografia greca (ejpikhvdeion to; ejpi; to; kh'do"), sovente proprio in contrapposizione ai generi affini del threnos e dellepitaffio: una distinzione certo ben nota
anche alla cultura scolastica tardolatina, come mostra la nota di Serv. buc. 5,14 epicedion
est, quod dicitur cadavere nondum sepulto, epitaphion autem post completam sepulturam
dicitur; cfr. O. CRUSIUS, Epikedeion, RE VI.1 (1907) 112-113.
11
Hier. epist. 108,33,1 Incidi elogium sepulchro tuo, quod huic volumini subdidi, ut, quocumque noster sermo pervenerit, te laudatam, te in Bethlem conditam lector agnoscat; per
Sidon. epist. 2,8,2, vd. infra 472. Se si accetta la tesi della doppia redazione originale
(NARDO, Varianti [cit. n. 8], 367 sgg.; contra, da ultimi, GREEN, The Works [cit. n. 8], 274
e Ausonii Opera [cit. n. 8], XVII sgg., P. LANGLOIS, Le texte dAusone en face de la thorie des
variantes dauteur, Latomus, 56 [1997], 142-153: 144-146) si pu pensare che le due
forme con cui lEpicedion ausoniano figura nelle differenti paradosi riflettano appunto lesito di questa trafila, e che la tradizione Z conservi il testo composto per ornare il ritratto
paterno e fatto circolare informalmente entro la cerchia del poeta, il codice V la versione
riveduta, ampliata e dotata di prefazione in vista dellinserimento in opusculorum seriem e
della diffusione formale.
12
La sua estensione, indubbiamente inconsueta, non sarebbe tuttavia cos abnorme
soprattutto nella redazione brevior, e comunque trattandosi di un testo pensato per uno
spazio privato rispetto a certe forme di ostentazione rilevabili nella coeva prassi epigrafica della nobilitas occidentale, di cui gli Ausonii sono entrati a far parte grazie alla strepitosa carriera del poeta. Il maestoso sepolcro di Sesto Petronio Probo ( 390 ca.) recava un
duplice epitaffio, uno laico di 9 distici elegiaci e uno cristiano di 15 (che potrebbe essere
stato composto da Ambrogio: M.G. SCHMIDT, Ambrosii carmen de obitu Probi. Ein
Gedicht des Mailnder Bischofs in epigraphischer berlieferung, Hermes, 127 [1999], 99116), per un totale di 48 versi: CLE 1347 = CIL VI 1756, 31922 = ICUR n.s. II 4129 =
ILCV 63. Non meno di 65 trimetri giambici di buona fattura decoravano il cippo funerario del leader pagano Vettio Agorio Pretestato ( 384), anche qui divisi in due elogia: 41
versi quello dedicato a Pretestato dalla moglie Paolina, 24 versi (12 + 12, ma della seconda parte ne restano soltanto 5) quello fittizio di lui alla moglie: CLE 111 = CIL VI 1779,
su cui cfr. E. COURTNEY, Musa Lapidaria. A Selection of Latin Verse Inscriptions, Atlanta
1995, nr. 32, 56-61 (testo) e 252-255 (comm.); G. POLARA, Le iscrizioni sul cippo tom-
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non forse lEpistula ad Olybrium (carm. min. 40: 12 distici) e quella Ad Probinum (carm. min. 41: 9 distici). Tale dov sembrare in
qualche epoca la poesia De sene Veronensi qui suburbium numquam
egressus est (carm. min. 20: 11 distici), poich un paio di manoscritti la intestano appunto Epigramma de sene etc., e tuttavia nessun
codice intitola cos n un carme pi breve come il De mulabus
Gallicis (carm. min. 18: 10 distici) n alcuno dei numerosi componimenti evidentemente epigrammatici. Di fatto, il corpus della poesia minore di Claudiano mostra un continuum tipologico che va dal
monodistico elegiaco al poemetto di parecchie decine di distici elegiaci o di esametri (le misure pi lunghe sono raggiunte rispettivamente dallAponus con 50 distici e dalla Laus Serenae con 235 esametri) attraverso una gamma di forme testuali non sempre ben classificabili, dove, a seconda dellidea soggettiva pi o meno flessibile che si ha di epigramma, potranno o meno considerarsi tali la
citata Epistula ad Olybrium o la Deprecatio in Alethium quaestorem
(carm. min. 23: 10 distici).
La stessa difficolt si ha peraltro anche quando la tradizione
manoscritta reca etichette di genere che paiono contraddette dalla
natura intrinseca dei testi. Cos, probabilmente, nessuno classificherebbe come epigramma i trentanove esametri In laudem regis di
Fiorentino contenuti alle pp. 185-186 del Codex Salmasianus (AL
376 R.2 = 371 Sh.B.), anche se la sezione che comprende questo
carme si chiude a p. 188 con la dicitura epigrmaton explici. feliciter. Anzi, a giudicare dalle frammentarie titolature presenti nella
prima parte del Salmasianus, possibile che lintera antologia poetica di et romano-vandalica cui essa risale si intitolasse
Epigrammatum o Epigrammaton libri14; ma il corpus superstite
14
Sul manoscritto e sulla formazione dellantologia poetica ivi contenuta rimane fondamentale la Praefatio del Riese in Anthologia Latina sive Poesis Latinae supplementum, edd.
F. BUECHELER et A. RIESE, I, Carmina in codicibus scripta rec. A. RIESE, fasc. I, Libri
Salmasiani aliorumque carmina, Lipsiae 18942, XII-XXXIII; cfr. inoltre R.J. TARRANT,
Anthologia Latina, in L.D. REYNOLDS [ed. by], Texts and Transmission. A Survey of the Latin
Classics, Oxford 1983, 9-13: 9-10, e limportante studio codicologico di M. SPALLONE, Il
Par. Lat. 10318 (Salmasiano): dal manoscritto alto-medievale ad una raccolta enciclopedica
tardo-antica, IMU, 25 (1982), 1-71.
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15
Il testo, a cura di K. SCHENKL, in Poetae Christiani minores, I, Vindobonae-PragaeLipsiae 1888, 499-510, e poi nellampio lavoro di A. FO, Il cosiddetto Epigramma Paulini
attribito a Paolino di Bziers: testo criticamente riveduto, traduzione e studio introduttivo,
RomBarb, 16 (1999), 97-167.
16
Si dovranno invece accantonare sillogi troppo ristrette per un approccio di tipo statistico (ad es. gli Epitaphia heroum di Ausonio o i Versus di Isidoro di Siviglia, che contano
rispettivamente soltanto 26 e 27 epigrammi), o formalmente eterogenee (i Carmina minora di Claudiano, appunto, o il libro di poesie di Eugenio di Toledo), nonch inutile dirlo
i pur numerosi libelli di epigrammi seriali a misura fissa (i Caesares di Ausonio, il
Dittocheon di Prudenzio, gli Aenigmata Symposii ecc.).
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Sap. Fr.
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De Hercule
De Orpheo
De Fortuna
De Achille
De Hectore
De Y littera
De libidine et vino
De XII libris Aeneidos
De laude horti
De interno livore
De Sirenis
De die natali
esametri monostici
distici elegiaci
asclepiadei maggiori
distici elegiaci
distici elegiaci
esametri
distici elegiaci
esametri monostici
trimetri giambici
endecasillabi faleci
distici elegiaci
esametri
12 vv.
12 vv.
15 vv.
10 vv.
10 vv.
12 vv.
16 vv.
12 vv.
25 vv.
25 vv.
18 vv.
6 vv.
17
A. FRIEDRICH, Das Symposium der XII Sapientes. Kommentar und Verfasserfrage,
Berlin-New York 2002, in part. 449-461 (schulisches Milieu dellopera) e 481-508
(paternit di Lattanzio; la data di composizione cadrebbe tra la fine degli anni 70 e gli anni
80 del III sec. d.C.). A Lattanzio erano stati attribuiti per un certo periodo gli Enigmi di
Sinfosio: cfr. M. BERGAMIN, Aenigmata Symposii. La fondazione dellenigmistica come genere poetico, Firenze 2005, XI-XII e LXIII-LXIV.
18
Un ciclo di monosticha: I. De ratione tabulae senis verbis et litteris (esametri di sei parole, ciascuna formata da sei lettere); tre cicli di disticha: II. Epitaphia P. Vergilii Maronis (el),
III. De unda et speculo (hex), IV. De glaciali aqua (el); un ciclo di tristicha: V. De arcu caeli
(hex); tre cicli di tetrasticha: VI. De Vergilio (el), VII. De quattuor temporibus anni (hex),
VIII. De aurora et sole (el); un ciclo di pentasticha: IX: De duodecim libris Aeneidos (hex);
due cicli di hexasticha: X. De titulo Ciceronis (el), XI. De duodecim signis (hex).
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19
Utili ma non direttamente utilizzabili ai nostri fini, date le specifiche finalit della sua
ricerca, le tabelle e le analisi prodotte pur con molta precisione da LAUSBERG, Das
Einzeldistichon (cit. n. 4), 468-478 nel capitolo Das griechische und lateinische Epigramm der
Sptantike von der Mitte des 4. Jh. bis zur Mitte des 6. Jh. n. Chr., che concentra lattenzione sui soli epigrammi in distici elegiaci e sullincidenza percentuale delle misure brevi, e
tratta perci in modo sommario i dati per noi pi rilevanti relativi ai formati lunghi.
20
Su Ausonio e la sua opera letteraria si vedano almeno A. PASTORINO, Opere di Decimo
Magno Ausonio, Torino 19782, 11-121; W.-L. LIEBERMANN P.L. SCHMIDT, D. Magnus
Ausonius, in R. HERZOG [hrsg. von], Handbuch der lateinischen Literatur der Antike, V.
Restauration und Erneuerung. Die lateinische Literatur von 284 bis 374 n.Chr., Mnchen
1989, 268-308 = Turnhout 1993, 306-352 (ed. francese a cura di G. NAUROY); GREEN,
The Works (cit. n. 8), XV-XL; unutile raccolta di saggi critici in M.J. LOSSAU [hrsg. von],
Ausonius, Darmstadt 1991.
410
21
Su di essi cfr. BERNT, Das lateinische Epigramm (cit. n. 1), 44-49, il commento di
GREEN, The Works (cit. n. 8), 375-420 e il volume di N.M. KAY (ed.), Ausonius, Epigrams.
Text with introduction and commentary, London 2001; ai componimenti tradotti dal greco
dedicato lo studio specifico di F. BENEDETTI, La tecnica del vertere negli epigrammi di
Ausonio, Firenze 1980.
22
Sulla tradizione manoscritta di Ausonio cfr. M.D. REEVE, Ausonius, in REYNOLDS [ed.
by], Texts and Trasmission (cit. n. 14), 26-28; P.L. SCHMIDT, Text- und berlieferungsgeschichte in LIEBERMANN SCHMIDT, D. Magnus Ausonius (cit. n. 20), 270-277 = ed. fr.
308-316; GREEN (ed.), The Works (cit. n. 8), XLI-XLIX e Ausonii Opera (cit. n. 8), VII-XXIV.
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Z (M)23
prec. 1, epigr. 1-3, 5-6, 8-9, 45, fast. 1, 3-4, epigr. 4, 10-27, 30-31,
33-36, praef. 5, epigr. 37, 28-29, 39-44, 46-48, 50-54, 56-57, 5979, 82-87, 49, 88-103, 42, 104-105, 32, 106-114
finiunt versus epigramaton
[.....]
epigr. 115, ecl. 11, epigr. 116-122, eph. 7
[.....]
V
[.....]
epit. 1-26, epigr. 58*, 54, 55*, 56, 8, 37, 7*, 38*, 13
finiut epitabia (u et e. add. m.2)
[.....]
item epigrammata Ausonii de diversis rebus
praef. 5, epigr. 9-10, 79, 80*-81*, 44, 48, 45, 51-52, 46-47, 9297, 103, 76
[.....]
Per la sua organicit, la serie di epigrammi dei codici Z rappresenta un vero e proprio libellus nel senso ormai invalso del termine,
in cui, nonostante un certo disordine dovuto agli accidenti della
tradizione manoscritta, sono chiaramente ravvisabili le linee di un
disegno autoriale, ivi compresa la presenza di un componimento
prefatorio (epigr. 1 Green) e forse di una conclusione (epigr. 116Per la duplice tradizione degli Epigrammata ripropongo qui in sintesi quanto argomentato pi estesamente in L. MONDIN, Storia e critica del testo di Ausonio. A proposito di una
recente edizione, BStudLat, 23 (1993), 59-96: 87-94; per lesistenza di varianti dautore
negli epigrammi comuni ai due rami cfr. anche Qualche novit sul Technopaegnion di
Ausonio. Con un saggio inedito di Dante Nardo, Lexis, 17 (1999), 319-342: 327-332, e
Memoria dei poeti e critica delle varianti: tre casi ausoniani, in L. CRISTANTE [cur.], Incontri
triestini di filologia classica V (2005-2006), Trieste 2006, 295-313.
23
Su questa famiglia di manoscritti, qui esemplata sullottimo Magl. Conv. Soppr.
J.6.29 (M) del XIV sec., oltre a quanto citato alla n. prec. cfr. M.D. REEVE, The Tilianus
of Ausonius, RhM, 121 (1978), 350-366. La serie degli epigrammata sprovvista di incipit, verosimilmente scomparso insieme ai primi cinque versi di epigr. 1 (il cui testo completo ci noto soltanto da un florilegio di altra tradizione), mentre lexplicit non sembra
originario, ma inserito dopo il distacco degli ultimi componimenti, che fu probabilmente causato da un movimento di fogli nellarchetipo.
412
122 contro un tale Silvio Bono che critica i versi del poeta, o eventualmente eph. 7 dedicato alla figura del tachigrafo). I pochi testi
databili rivelano peraltro che il libro raccoglie materiali anche molto
distanti nel tempo: le cinque poesie dedicate alla moglie Sabina
(epigr. 19-20, 27-29) hanno come ovvio terminus ante quem la
scomparsa di lei (354 ca d.C.)24, gli epigr. 3 e 4 Ad fontem Danuvii
iussu Valentiniani Augusti celebrano la conclusione della campagna
alamannica del 367-69, i versi che dedicano il libro dei Fasti allamico Gregorio Proculo recano la data del 382, e di questo stesso
anno o di poco posteriore il loro inserimento tra gli altri epigrammi con la didascalia: consulari libro subiciendi, quem ego ex
cunctis consulibus unum coegi Gregorio ex praef.25. Per quanto riguarda gli epigrammi contenuti in V, lesiguit della raccolta e lassenza
tanto di carmi osceni che di versi greci rivelano lintervento di un
antologizzatore, il quale ha selezionato i ventisei componimenti da
un repertorio presumibilmente assai pi ampio, e ha separato gli
epigrammi sepolcrali da quelli de diversis rebus aggregandoli indebitamente agli Epitaphia degli eroi della guerra di Troia. Bench il
materiale sia per quattro quinti lo stesso dellaltra tradizione, il corpus originario non era una silloge identica a quella dei codici Z: vi
compaiono infatti sei componimenti non presenti in quella famiglia (da noi contrassegnati con lasterisco) e, soprattutto, alcuni
degli epigrammi comuni presentano varianti testuali di tale natura
da costituire con buona verosimiglianza vere e proprie riscritture
dautore. Limpressione che se ne ricava che Ausonio tenesse nel
proprio archivio poetico una collezione epigrammatica di base, soggetta a progressive integrazioni e a occasionali ritocchi redazionali, cui
di volta in volta attingeva, scegliendo e disponendo il materiale a
seconda dei casi e delle finalit, per comporre singoli libelli destinati
ad essere pi o meno ampiamente divulgati oppure dedicati in forma
24
A. COS KUN, Die gens Ausoniana an der Macht. Untersuchungen zu Decimius Magnus
Ausonius und seiner Familie, Oxford 2002, 132.
25
MONDIN, Storia (cit. n. 22), 71-74 e COS KUN, Die gens Ausoniana (cit. n. 24), 208 e
n. 72.
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personalizzata a specifici destinatari. Uno dei testi pi lunghi presenti in entrambe le tradizioni un componimento dedicatorio che lultimo editore di Ausonio ha non troppo felicemente estrapolato dagli
epigrammi per inserirlo tra le Praefationes (praef. 5 Green) , in V
apre cos la serie degli epigrammata de diversis rebus:
Si tineas cariemque pati te, charta, necesse est,
incipe versiculis ante perire meis.
Malo, inquis, tineis. Sapis, aerumnose libelle,
perfungi mavis qui leviore malo.
Ast ego damnosae nolo otia perdere Musae,
iacturam somni quae parit atque olei.
Utilius dormire fuit quam perdere somnum
atque oleum. Bene ais, causa sed ista mihi est:
irascor Proculo, cuius facundia tanta est
quantus honos. Scripsit plurima quae cohibet.
Hunc studeo ulcisci, et prompta est ultio vati:
qui sua non edit carmina, nostra legat.
Huius in arbitrio est, seu te iuvenescere cedro
seu iubeat duris vermibus esse cibum.
Huic ego quod nobis superest ignobilis oti
deputo, sive legat quae dabo sive tegat.
10
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Includiamo nel calcolo il citato epigramma edito da Green come Praefatio 5, il gruppo fast. 1, 3-4 e lesastico in esametri De temporibus (ecl. 11), che tutti gli editori inseriscono per ragioni tematiche fra le Eclogae di argomento calendariale, ma che Z tramanda
insieme agli epigrammi. Non consideriamo invece, sia pur con qualche incertezza, i 36
dimetri giambici del carme In notarium, la cui appartenenza agli epigrammi quanto mai
dubbia, il carme di 17 esametri dedicato allimperatore Graziano che precede epigr. 1, e
pertanto pu essere esterno alla raccolta (Green lo annovera tra le Precationes come prec.
1), e il lacunoso epigr. 2, i cui 10 versi superstiti potrebbero in realt appartenere a due
distinti componimenti di estensione imprecisabile.
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27
Ledizione di riferimento la teubneriana di W. SPEYER, Epigrammata Bobiensia,
Lipsiae 1963; lo studio fondamentale rimane quello premesso a Epigrammata Bobiensia
detexit A. CAMPANA, edidit F. MUNARI, II, Introduzione ed edizione critica a cura di F.
MUNARI, Roma 1955, 17-46, cui va aggiunto S. MARIOTTI, Epigrammata Bobiensia,
RE Suppl. IX (1962), 37-64 = Scritti di filologia classica, Roma 2000, 216-245 (trad. di
M. ROSELLINI).
416
28
Imprescindibile W. SPEYER, Naucellius und sein Kreis. Studien zu den Epigrammata
Bobiensia, Mnchen 1959; su Anicio Probino, al quale Speyer attribuisce anche Epigr.
Bob. 70, 55 e 56, ibid. 113-120; su Epigr. Bob. 38, ibid. 18-21; vd inoltre S. MARIOTTI,
Naucellio (versione italiana della voce in RE, Suppl. IX [1962], 411-415), in Scritti (cit. n.
27), 246-249. Per le lettere di Simmaco a Naucellio (epist. 3,10-16) cfr. A. PELLIZZARI,
Commento storico al libro III dellepistolario di Q. Aurelio Simmaco. Introduzione, commento storico, testo, traduzione, indici, Pisa-Roma 1998, 83-102.
29
MARIOTTI, Epigrammata Bobiensia (cit. n. 27), 228 sg.; sullinfluenza di Ausonio ibid.
226 e 240 sgg., MUNARI, Introduzione (cit. n. 27), 36 sgg. e BENEDETTI, La tecnica (cit. n.
21), 79 sgg., e vd. infra, 435.
417
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10
30
Su questopera quanto mai negletta dalla filologia di et scientifica cfr. BERNT, Das
lateinische Epigramm (cit. n. 1), 84-88; in attesa della necessaria edizione critica, per il
testo dipendiamo ancora da PL 51,497-532.
418
31
Cfr. LAUSBERG, Das Einzeldistichon (cit. n. 4), 473, le cui cifre si riferiscono ai 106
epigrammi senza tenere conto della praefatio.
32
In assenza di un commento scientifico, lunica trattazione organica la monografia
di D. DI RIENZO, Gli epigrammi di Magno Felice Ennodio, Napoli 2005, cui rinvio anche
per la bibliografia; cfr. inoltre BERNT, Das lateinische Epigramm (cit. n. 1) 97-106 e G.
POLARA I distici di Ennodio, in CATANZARO SANTUCCI La poesia (cit. n. 5), 217-239 =
POLARA, Ricerche (cit. n. 12), 193-209.
419
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10
33
Sui caratteri e la genesi del corpus cfr. Magni Felicis Ennodi Opera, rec. F. VOGEL,
Berolini 1885, XXIX-XXXI; la questione delleventuale ordinamento cronologico della silloge riesaminata, con conclusioni sostanzialmente negative, da R. BARTLETT, The Dating
of Ennodius Writings, in E. DANGELO [cur.], Atti della seconda giornata ennodiana, Napoli
2003, 53-74. Innovativa, ma fondata su argomenti non sempre probanti, la tesi dellultimo editore, che fa risalire la raccolta a una collezione altomedievale, arrangiata forse da
Paolo Diacono: cfr. lIntroduction a Ennode de Pavie, Lettres, Tome I, Livres I et II, texte
tabli, traduit et comment par S. GIOANNI, Paris 2006, CXXXII-CLIV, e Nouvelles hypothses
sur la collection des uvres dEnnode, in F. GASTI [cur.], Atti della terza giornata ennodiana
(Pavia, 10-11 novembre 2004), Pisa 2006, 59-76.
420
includere lintera produzione in versi a noi pervenuta: se infatti il tenore di questo carme assai suggestivo, incentrato sullidea del potere salvifico della poesia, appare compatibile con lindicata funzione prefatoria, per improbabile che la sua simbologia tutta paganeggiante dellispirazione poetica, per quanto convenzionale e dunque ideologicamente non impegnativa, fosse posta in testa a una raccolta comprendente anche carmi cristiani come gli Inni o il ciclo di epigrammi dedicati ai vescovi milanesi (carm. 2,77-89 = op. 195-207 Vogel).
Sottoponiamo dunque a disamina i testi epigrammatici che
compongono il secondo libro dei Carmina secondo lordinamento
di Jacques Sirmond, nella consapevolezza che si tratta di un corpus
unitario per paternit e usus scribendi, ma non quanto a carattere e
finalit letteraria dei materiali, e dunque di natura non omogenea a
quella delle altre sillogi qui analizzate34 (vd. Tavola IV a p. 428).
Ennodio si distingue per una notevole quantit di epigrammi esametrici (25,7% del totale) e una spiccata predilezione per quelli di
cinque distici elegiaci; il limite da lui adottato per la misura normale di 12 versi, esteso a 13 per i componimenti in esametri
(dove rappresenta la massima lunghezza praticata, in una gamma che
copre praticamente tutte le possibilit a partire dal monostico), e
allinterno di questi valori rimane compreso il 96,6% del repertorio.
La modesta quota di longa (5 = 3,4%) parte dalla soglia dei 14 versi35.
Di poco posteriore la costituzione del corpus contenuto nella
prima parte del Codex Salmasianus, il quale, come si detto, con-
34
Sui criteri delledizione sirmondiana del 1611, seguiti da W. VON HARTEL nelledizione di Ennodio nel Corpus Vindobonense, Wien 1882, cfr. DI RIENZO, Gli epigrammi
(cit. n. 32), 9 sgg. e dello stesso, Epigramma longum tra tardoantico e altomedioevo: il caso
di Ennodio di Pavia, in questo volume, 539-545. Dai 152 testi escludiamo carm. 2,90, che
funge da conclusione alla dictio 24 = op. 208 Vogel, carm. 2,150, che la prefazione alla
dictio 13 = op. 451 Vogel, nonch i due epigrammi che le titolature dei manoscritti assegnano rispettivamente a Fausto e a Messalla (carm. 2,143-144 = opp. 367 e 371 Vogel).
35
Questa misura contraddistingue il ritratto di Ambrogio in testa alla serie dei vescovi
di Milano (carm. 2,77 = op. 195 Vogel: il successore Simpliciano riceve sei distici, tutti i
successivi cinque); per gli altri epigrammi lunghi del corpus vd. infra 545-555.
421
LUCA MONDIN
serva ampia porzione di una grande antologia di poesia breve composta negli ambienti delllite romana dellAfrica vandalica attorno
agli anni Trenta del VI secolo, certo non molto oltre la reconquista
bizantina a opera di Belisario nel 53436. Allinterno di questa raccolta alquanto eterogenea, che appare incentrata sulla produzione africana recente o contemporanea, si conservano pi o meno intatti
almeno quattro libelli epigrammatici. Due devono essere tralasciati in
questa sede, perch fondati su una chiave formale che imprime ai
componimenti un numero fisso di versi (si tratta del ciclo dei distici
epanalettici AL 38-80 R.2 = 25-68 Sh.B. e dei cento Aenigmata
Symposii 37, interamente costituiti, a parte la praefatio, da tristici di
esametri); gli altri due, tra loro coevi, sono il Liber epigrammaton di
Lussorio, che indubbiamente la pi importante personalit poetica
presente nellantologia salmasiana, e lanonimo libellus di un autore a
lui vicino costituito da AL 90-197 R.2 (78-188 Sh.B.).
Unius poetae sylloge38. Iniziamo da questultima, di cui si conservano 107 epigrammi (accogliendo la divisione in due componimenti di 176 R.2 = 165-166 Sh.B. = 87-88 Zurli e di 193 R.2 = 183184 Sh.B. = 105-106 Z.), artisticamente ordinati e introdotti da
una breve praefatio, il cui tenore appare un po meno fittizio dopo
quanto osservato circa la stratificazione cronologica del libellus Z di
Ausonio (AL 90 R.2 = 78 Sh.B. = 1 Z.):
Parvula quod lusit, sensit quod iunior aetas,
quod sale Pierio garrula lingua sonat,
hoc opus inclusit. Tu, lector, corde perito
omnia perpendens delige quod placeat.
36
422
Considerata la distribuzione dei carmi secondo le diverse lunghezze (vd. Tavola V a p. 428), a parte una certa avversione per il
monodistico, lusus dellAnonimo appare quello consueto, con la
quasi totalit del libellus mantenuta entro il limite dei 12 versi
(97,2%). Un ampio divario marca ancora pi nettamente che nei
Bobiensia lo spicco dei due longa in metro elegiaco, peraltro messi
in bella evidenza anche dalla loro collocazione: AL 117 R.2 (106
Sh.B., 28 Z.), intitolato Laus omnium mensium, di 12 distici,
incorniciato da due epigrammi di soli 4 versi; AL 197 R.2 (188
Sh.B., 110 Z.) De circensibus, di 10 distici, lultimo componimento del libellus, preceduto da due poesie di 8 e 10 versi. I componimenti di soli esametri si limitano alle misure pi brevi.
Lussorio. Tra le raccolte dautore della tarda latinit, il Liber epigrammaton del vir clarissimus et spectabilis Lussorio (AL 287-375
R.2 = 282-370 Sh.B.)39, cos esplicitamente intitolato nel Codex
Salmasianus, quello che presenta il pi alto grado di formalizzazione, dotato com di un robusto dispositivo prefatorio di ben
quattro carmi che, sullevidente falsariga degli epigrammi proemiali di Marziale, intessono un articolato discorso programmatico, e
nel contempo offrono uno specimen della ricchezza formale del
libro: 287 R.2 (282 Sh.B.) Metro phalaecio ad Faustum (25 vv.); 288
R.2 (283 Sh.B.) Iambici ad lectorem operis sui (10, 3ia); 289 R.2 (284
Sh.B.) Asclepiadei ad librum suum (11, ascl min); 290 R.2 (285
Sh.B.) Epigrammata parva quod in hoc libro scripserit (10 vv., el).
Lussorio ci parla della genesi dellopera, composta in larga parte di
versi giovanili, risalenti allepoca dei suoi studi e poi rimasti a
lungo chiusi nel cassetto, e adesso ripresi in mano per farne un parvus libellus su istanza del loro dedicatario ed editore, il grammaticus Fausto40; definisce con topico understatement le coordinate let-
39
423
LUCA MONDIN
terarie del libro, che iscrive nellumile orizzonte della poesia ludicra
e nugatoria, stilisticamente e concettualmente disimpegnata41;
accenna alla sua veste formale, sia quella della mise en page interna,
con il sistema di titolature che garantisce attraverso il risalto grafico
lo stacco dei singoli componimenti42, sia quella del contenitore
esterno, il codex miscellaneo entro il quale il parvus liber finir tra le
mani del pubblico cartaginese, raggiungendo dimore nobiliari e
scrinia publica 43; immagina questo stesso pubblico, di cui pure per
modestia paventa il biasimo, preferire il suo libellus di nugae a tante
olim puer in foro paravi / versus ex variis locis deductos / / in parvum tibi conditos libellum / transmisi; 288 R.2 (283 Sh.B.) 4 sgg. paginam / / quam tenello tiro lusi viscere; 289 R.2 (284 Sh.B.) 4-6 nostri defugiens [scil. liber] pauperiem laris, / quo dudum modico sordidus angulo / squalebas, tineis iam prope deditus.
41
AL 287 R.2 (282 Sh.B.) 21-24 Nec me paeniteat iocos secutum, / quos verbis epigrammaton facetis / diversos facili pudore lusit / frigens ingenium, laboris expers; 288 R.2 (283
Sh.B.) 3 sgg. paginam / nugis refertam frivolisque sensibus, / / sonat pusillo quae laboris
schemate, / nullo decoris, ambitus, sententiae.
42
AL 287 R.2 (282 Sh.B.) 10-14 versus in parvum tibi conditos libellum / transmisi,
memori tuo probandos / primum pectore; deinde, si libebit, / discretos titulis, quibus tenentur
/ per nostri similes dato sodales: sul significato del passo e sullautenticit e la funzione dei
titoli in Lussorio cfr. B.-J. SCHRDER, Titel und Text. Zur Entwicklung lateinischer
Gedichtberschriften. Mit Untersuchungen zu lateinischen Buchtiteln, Inhaltsverzeichnissen
und anderen Gliederungsmitteln, Berlin-New York 1999, 212-219.
43
Cos credo vada inteso il v. 3 del terzo epigramma prefatorio (AL 289 R.2 = 284
Sh.B.): Parvus nobilium cum liber ad domos / pomposique fori scrinia publica / cinctus multifido veneris agmine, dove la iunctura ricorda il lessico relativo al codex di pergamena che
troviamo in Mart. 14,184 (Homerus in pugillaribus membraneis) Ilias et Priami regnis inimicus Ulixes / multiplici pariter condita pelle latent e 14,192 (Ovidi Metamorphosis in membranis) Haec tibi multiplici quae structa est massa tabella / carmina Nasonis quinque decemque gerit, o nella lettera prefatoria al De medicamentis di Marcello Empirico, CML V2,I p.
4,19 sgg.: Quod opusculum (si tratta del carme AL 719e R.2) in infima parte huius codicis
conlocavi, ut et sermone nostro opera haec sollertia nostra conposita claudantur et nugas nostras
multiplex foliorum celet obiectus. Intesa alla luce di questi esempi, la molteplice schiera
destinata a far da scorta o da corteggio al libellus sarebbe quella delle pagine contenenti
altri testi nellambito di un corpus e dunque, concretamente, di un codice miscellaneo. Il
breve accenno di E. BAEHRENS (ed.), Poetae Latini Minores, IV, Lipsiae 1882, 51 cinctus
multifido agmine (scil. ceterorum huius collectionis poetarum), non stato valorizzato da
HAPP (ed.), Luxurius (cit. n. 6), II, 46: Gedacht ist an die vielen anderen Buchrollen, die
mit ihm in die scrinia publica wandern. Diese knnen libri sein, die gleichzeitig mit dem
des L. ediert werden, oder (wahrscheinlicher) die, welche im Buchhandel sowieso schon
im Umlauf waren; improbabile linterpretazione di GIOVINI, Studi (cit. n. 6), 41, secondo cui Lussorio porrebbe laccento sul carattere multifidus molteplice, e quindi multiforme e capriccioso, dellagmen dei lettori dal quale il libretto si trover circondato,
424
quasi ostilmente cinto dassedio. Se la lettura da noi proposta cogliesse nel segno, avremmo sia unindicazione della tipologia libraria prevista dal poeta africano per il proprio liber
epigrammaton, sia il suo implicito atto di adesione a una pi vasta impresa editoriale, forse
condotta dal Fausto grammaticae magister artis evocato nellepigramma di apertura (AL
287 R.2 = 284 Sh.B.) in altre parole, una sorta di certificato di nascita della raccolta
poetica di cui il Codex Salmasianus serba le vestigia.
44
AL 289 R.2 (284 Sh.B.) 7-8 si te despiciet turba legentium / inter Romulidas et Tyrias
manus; 288 R.2 (283 Sh.B.) Priscos cum haberes, quos probares, indices, / lector, placere qui
bonis possent modis, / nostri libelli cur retexis paginam? Hanc tu requiris et libenter
inchoas, / velut iocosa si theatra pervoles?
45
AL 290 R.2 (285 Sh.B.): vd. supra, 400-401.
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2) Quanto al limite inferiore dellepigramma lungo tardoantico, lipotesi iniziale, suggerita dallo specimen dei Carmina XII sapientum,
che la soglia potesse situarsi a livello dei 13/14 versi, ci ha condotti
a individuare nei sei corpora analizzati una porzione di epigrammi
lunghi che varia dal 5% di Ausonio al 7% degli Epigrammata
Bobiensia, dal 9,3% di Prospero dAquitania al 3,4% di Ennodio,
dal 2,8% dellAnonimo del Salmasianus al 14,6% di Lussorio;
applicando il medesimo criterio alla totalit dei componimenti,
risulterebbero lunghi tutti gli epigrammi di estensione superiore a
12 versi e dunque tutti gli epigrammi elegiaci di almeno sette
distici per una quota pari al 7% del numero complessivo (45 epigrammi su 642), che scende al 5,5% nel caso degli epigrammi elegiaci (28 su 512). Ora, la plausibilit dellassunto di partenza
dimostrata dal fatto che, per quanto concerne i distici elegiaci
(metro di base del genere epigrammatico, che copre da solo il
79,7% del corpus complessivo), tra la misura di 12 versi (21 occorrenze) e quella di 14 (8 occorrenze) si rileva un considerevole salto
quantitativo (21 > 8: -61,9%), che invece non si ha tra la misura
di 14 e quella di 16 versi (8 > 9); ci suggerisce che il divario rilevante sia tra sei e sette distici e non, ad esempio, tra sette e otto, e
cos senzaltro per Ausonio e per lAnonimo del Salmasianus.
Daltra parte, se si osservano gli altri indici di decremento, quello
da 10 a 12 versi (64 > 21: -67,2%) assai pi vicino a quello da 12
a 14 versi (21 > 8: -61,9%) rispetto a quello da 8 a 10 versi (80 >
64: -20%) o da 6 a 8 versi (101 > 80: -20,8%), quasi che tra lestensione di cinque e quella di sei distici cadesse unaltra soglia
significativa: sia negli Epigrammata Bobiensia che in Lussorio questo infatti il limite degli epigrammi elegiaci prima della serie ben
distanziata dei longa, e ad esso si atterr anche Isidoro nel comporre i ventisette tituli metrici per gli scaffali della biblioteca, della farmacia e dello scriptorium del vescovado di Siviglia47. Esiste insom-
47
Su di essi cfr. ora Isidori Hispalensis Versus cura et studio J.M. SNCHEZ MARTN,
Turnhout 2000 con ampia introduzione e commento. Raggiungono la misura massima
432
433
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48
Vd. il contributo di Alberto CANOBBIO in questo stesso volume, Epigrammata longa
e breves libelli. Dinamiche formali dellepigramma marzialiano, 169-193: 192-193.
434
Tre degli epigrammi pi lunghi della silloge bobbiese sembrano dovuti a un intento emulativo nei confronti di Ausonio. Lautore
di Epigr. Bob. 45 In Didonis imaginem ex graeco imita la tecnica
ausoniana della traduzione ampliata, trasformando il suo modello
(APl 151) in un componimento alquanto pi esteso, che porta a
nove i cinque distici elegiaci delloriginale. Tra gli epigrammi epidittici dellAntologia Palatina si ha una coppia a contrasto formata
dal pessimistico AP 9,359 = Posidipp. XXII G.-P. Poivhn ti" biovtoio tavmh/ trivbon; e dalla sua ejpanovrqwsi" AP 9,360 = Metrod.
I Page, luno e laltra di cinque distici elegiaci. Ausonio ha liberamente rielaborato lepigramma di Posidippo traendone lecloga 19
De ambiguitate eligendae vitae (50 esametri), andata poi a finire
anche nellAppendix Vergiliana; lepigramma Epigr. Bob. 25 Nihil in
vita expedire traduce Posidippo in gara con Ausonio, di cui riecheggia lincipit, ma mantenendosi nei limiti della forma epigrammatica, e il risultato di nove distici. Il successivo Epigr. Bob. 26
Item contra hoc applica lo stesso procedimento alla replica ottimistica di Metrodoro, ma invece di confutare Epigr. Bob. 25 con un
uguale numero di versi, come fa il suo modello nei confronti di
Posidippo, espande ulteriormente lo sviluppo del testo e si spinge
fino alla ragguardevole lunghezza di tredici distici.
In Ennodio la scelta della misura lunga per lo pi legata
allintento laudativo, in Lussorio anche alla tematica scoptica, la
quale per circoscritta ai formati pi contenuti, con prevalenza di
metri non dattilici che limitano ulteriormente lestensione dei testi,
mentre le ampiezze maggiori sono riservate ai pezzi di intonazione
eulogistica: lunico Spottepigramm lungo in distici elegiaci infatti AL 333 R.2 (328 Sh.B.) De tablista furioso quasi tesseris imperante
(14 vv.), mentre gli altri sono in faleci (AL 301 R.2 = 296 Sh.B. In
vetulam virginem nubentem e 302 R.2 = 297 Sh.B. In medicum lenonem, entrambi di 14 vv.) o in esigui versi anacreontici (AL 309 R.2
= 304 Sh.B. In medicum impotentem, qui ter viduam duxit uxorem:
435
LUCA MONDIN
18 vv.). Nel caso di AL 351 R.2 (346 Sh.B.) De sententiis septem philosophorum distichi la lunghezza di 14 versi determinata dalla scelta prettamente tecnica di destinare a ciascuno dei sette saggi due
esametri anzich uno solo, come invece doveva essere duso per questo specifico tema (cfr. AP 9,366, AL 882 R.2, Sidon. carm. 15,4450). Al di l dei criteri con cui le varie grandezze sono ripartite tra
i tipi tematici, emerge la particolare cura con cui Lussorio pone in
risalto il formato dei componimenti. La coppia AL 301-302 R.2
(296-297 Sh.B.), due skoptika di 14 faleci, preceduta da una poesia di 5 esametri e da una di due distici elegiaci di uguale intonazione; segue, con forte stacco formale e tematico, il lungo pezzo
celebrativo 304 R.2 (299 Sh.B.) De turre in viridario posita, ubi se
Fridamal aprum pinxit occidere, di ben 11 distici, cui succede un
altro epigramma per il medesimo destinatario, ma assai pi corto
(305 R.2 = 300 Sh.B., 8 giambelegi)49. Due testi brevi, di 2 e 3 distici rispettivamente, incorniciano gli 8 distici di 320 R.2 (315 Sh.B.)
su un imponente sarcofago reimpiegato come abbeveratoio a ornamento del circo; il contrasto tra 332 R.2 (327 Sh.B.) De laude horti
Eugeti, di 14 faleci, e lo scoptico 333 R.2 (328 Sh.B.) su Vatanas
tablista furiosus, di 14 esametri, accentuato dallessere essi preceduti da un epigramma di 4 e seguiti da uno di 2 distici; i 18 esametri dellepitaffio per la figlioletta di Oageis (345 R.2 = 340 Sh.B.)
campeggiano tra un epigramma scoptico di 5 distici su di un vecchio che si crede immortale (344 R.2 = 339 Sh.B.), e uno di 3 distici su un anfiteatro che domina la campagna in prossimit del mare
(346 R.2 = 341 Sh.B.). Di 14 esametri sono sia lelogio di Olimpio,
erculeo campione delle cacce circensi nellanfiteatro di Cartagine,
sia il suo vibrante epitaffio che viene subito dopo (353-354 R.2 =
348-349 Sh.B.), e il tutto reso pi monumentale dal contrasto
con la successiva poesiola di tre soli faleci.
49
Sul tenore dellelogio, e sulla possibile identificazione del dedicatario con un figlio del
re vandalo Trasamundo e dellostrogota Amalafrida, cfr. ora A. FASSINA, Un mecenate alla
corte vandalica: gli epigrammi lussoriani per Fridamal (AL 304-305 R.2), GIF, 58 (2006),
137-145.
436
50
Sulloriginalit anche formale di questi due cicli rispetto alla tradizione della poesia
funeraria latina cfr. D. M. Ausonius, Parentalia, introduzione, testo, traduzione e commento a cura di M. LOLLI, Bruxelles 1997, 25-40 e F.E. CONSOLINO, Metri, temi e forme
letterarie in Ausonio, in EAD. [cur.], Forme letterarie nella produzione latina di IV-V secolo,
Roma 2003, 147-194: 172-175.
437
LUCA MONDIN
dove la varietas assicurata solo dalla differente lunghezza dei componimenti. Nel primo carme in metro diverso, in distici giambici,
la scelta condizionata dal nome del celebrato, il fratello A+vt+anus,
esibito proprio in incipit quasi a giustificare il ripiego formale (Par.
13,1-2 Avitianum, Musa, germanum meum / dona querella funebri),
e con un trimetro giambico attacca anche la poesia per il nipote
Hercu+lanus (Par. 17), che per prosegue per altri diciotto versi sul
ritmo inatteso del dimetro anapestico catalettico o paremiaco, un
metro novello51 utilizzato per un carme funerario in CLE 1523.
Anche il nome della zia paterna Giulia Ve+ne+r+a (Par. 27) riceve un
verso raro, il tetrametro proceleusmatico usato da Settimio Sereno
carm. frgg. 16-17 Blnsdorf 52; ma la zia materna Emilia Drya+d+a53,
la zia paterna Giulia Ca+taphro+n+a (con seconda sillaba lunga per
scioglimento della muta cum liquida54) e la cugina Giulia Ida+l+a
potrebbero entrare comodamente nel distico elegiaco, ed per pura
ricercatezza se Ausonio le commemora in metri rari, che paiono scelti
apposta per mostrare lassenza di moventi prosodici: tetrametro dattilico (alcmanio) + hemiepes (Par. 25), esametro dattilico + hemiepes (Par.
26), tetrametro dattilico ipercatalettico (Par. 28). Nel complesso, data
la netta preponderanza del metro elegiaco, potremmo essere ancora in
presenza di un libellus epigrammatico, se la brevitas non vi avesse uno
spazio cos ridotto, con soli otto carmi di misura compresa tra i 4 e gli
8 versi, otto di 12 versi e non meno di quindici quasi la met del totale che vanno dai 14 ai 32 versi, anche se solo due oltre il limite dei
dodici distici (Par. 4 per lo zio Arborio e Par. 30 per la moglie Sabina,
rispettivamente di 32 e 30 vv.: vd. Tavola VIII a p. 440).
51
438
55
Epit. praef. p. 67 Green: Ad rem pertinere existimavi ut vel vanum opusculum materiae
congruentis absolverem et libello, qui commemorationem habet eorum qui vel peregrini
<Burdigalensensve Burdigalae vel> Burdigalenses peregre docuerunt, epitaphia subnecterem
(scil. titulos sepulcrales) heroum, qui bello Troico interfuerunt. Quae antiqua cum apud philologum quendam repperissem Latino sermone converti, non ut inservirem ordinis persequendi <necessitati>, sed ut cohaererent libere nec aberrarent.
439
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440
56
Per una breve storia della prefazione nella letteratura greca e latina fino al IV sec. d.C.
cfr. F. FELGENTREU, Claudians praefationes. Bedingungen, Beschreibungen und Wirkungen
einer poetischen Kleinform, Stuttgart-Leipzig 1999, 39-57.
441
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57
Qui modo Nasonis fueramus quinque libelli, / tres sumus; hoc illi praetulit auctor opus; /
ut iam nulla tibi nos sit legisse voluptas, / at levior demptis poena duobus erit: cfr. J.C.
MCKEOWN, Ovid: Amores. Text, Prolegomena and Commentary, II, A Commentary on Book
One, Leeds 1989, 1-6.
58
Trist. 1,7,29-40 Ablatum mediis opus est incudibus illud, / defuit et scriptis ultima lima
meis. / Et veniam pro laude peto, laudatus abunde, / non fastiditus si tibi, lector, ero. / Hos
quoque sex versus, in prima fronte libelli / si praeponendos esse putabis, habe: / Orba parente
suo quicumque volumina tangis, / his saltem vestra detur in urbe locus. / Quoque magis faveas,
haec non sunt edita ab ipso, / sed quasi de domini funere rapta sui. / Quicquid in his igitur
vitii rude carmen habebit, / emendaturus, si licuisset, eram.
59
Ad es. Asclep. AP 7,11 = XXVIII G.-P. (Buchepigramm per Erinna: 4 vv.) e 9,63 = XXXII
G.-P. (la Lide di Antimaco: 4 vv.); Callim. epigr. 6 Pf. = LV G.-P. (La presa di Ecalia: 4 vv.);
Leon. Tar. AP 9,25 = CI G.-P. (Arato: 6 vv.); AP 9,190 = Anon. XXXVIII Page (Erinna: 8
vv.); Crinagora: AP 9,239 = VII G.-P. (Anacreonte: 6 vv.) e 9,545 = XI G.-P. (Ecale di
Callimaco: 6 vv.); Antipatro di Tessalonica: AP 9,186 = CIII G.-P. (Aristofane: 6 vv.); cfr. M.
GABATHULER, Hellenistische Epigramme auf Dichter, St. Gallen 1937, e S. BARBANTANI, I poeti
lirici del canone alessandrino nellepigrammatica greca, AevAnt, 6 (1993), 5-97, passim.
442
443
LUCA MONDIN
palatii alla prefettura del pretorio alla vetta suprema del consolato
(35-38). Modello di questo curriculum vitae versificato appare la
sphragis di Ovidio al quarto libro dei Tristia (4,10), ma lo sviluppo, assai pi contenuto (l si tratta di una lunga elegia di 132
versi), ricorda piuttosto quello dellEpicedion in patrem, e anche le
formule dattacco e di congedo che incorniciano la poesia, con
lappello al lettore generico, alla sua benevolenza e allomaggio di
un ricordo, riecheggiano i moduli espressivi della poesia tombale,
cos come prettamente iscrizionale la valenza del verbo ascripsi
di v. 3, che equipara il testo a un titulus apposto al libro finito (vv.
1-4 e 39-40):
Ausonius genitor nobis, ego nomine eodem:
qui sim, qua secta, stirpe, lare et patria,
ascripsi, ut nosses, bone vir, quicumque fuisses,
et notum memori me coleres animo.
...
Hic e<r>go Ausonius: sed tu ne temne, quod ultro
patronum nostris te paro carminibus.
A sancire la natura epigrammatica di questa praefatio, per quanto eccezionalmente lunga, e insieme a renderne per contrasto
ancora pi monumentale la campitura, provvedeva la lapidaria
brevit della dedica allamico Siagrio, che seguiva subito dopo
(praef. 2):
Ausonius Syagrio
Pectoris ut nostri sedem colis, alme Syagri,
communemque habitas alter ego Ausonium,
sic etiam nostro praefatus habebere libro,
differat ut nihilo, sit tuus anne meus.
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10
15
20
446
62
Su di essi T. VILJAMAA, Studies in Greek Encomiastic Poetry of the Early Byzantine
Period, Helsinki 1968, 68-97 e AL. CAMERON, Pap. Ant. III. 115 and the Iambic Prologue
in Late Greek Poetry, CQ, n.s., 20 (1970), 119-129.
63
Per il dibattito sulla genesi della praefatio claudianea, una rassegna delle varie tesi e
relativa bibliografia in FELGENTREU, Claudians (cit. n. 56), 5-12.
447
LUCA MONDIN
nee si mantiene rigorosamente entro i limiti quantitativi che abbiamo potuto stabilire per lepigramma longum tardoantico (18-26
versi)64: e ci, unitamente alluso del distico elegiaco e alla stabile
presenza di una pointe finale, d ragione a chi le considera legate alla
tradizione formale dellepigramma latino contemporaneo65.
Solo con i panegirici di Sidonio Apollinare le praefationes elegiache, bench modellate su quelle di Claudiano, iniziano ad
eccedere le suddette misure66, realizzando il distacco di questo
tipo di Kleinform dalla matrice epigrammatica da cui era stato inizialmente ricavato. Va tuttavia osservato che Sidonio innova la
prassi claudianea anche mediante laggiunta, in due casi su tre, di
un vero e proprio epigramma accompagnatorio i manoscritti gli
danno il titolo di editio , con cui, tra molti complimenti, affida
il testo del panegirico a un eminente personaggio vicino
allAugusto celebrato, perch funga da patrono e da giudice dellopera67. Nel caso del panegirico di Avito questo epigramma,
indirizzato al vir praefectorius Prisco Valeriano (carm. 8), collo-
64
Di 18 e 20 versi sono i carmina 2 e 4, preposti rispettivamente al I e al II libro dellinvettiva In Rufinum; la stessa misura hanno le praefationes al Panegyricus de III consulatu Honorii Augusti (carm. 6: 18 versi), al Panegyricus dictus Manlio Theodoro cos. (carm. 16:
20 vv.) e al Bellum Pollentinum (carm. 25: 18 vv.), di poco superiori sono quelle
allEpithalamium de nuptiis Honorii Augusti (carm. 9: 22 vv.), al III libro De consulatu
Stilichonis (carm. 23: 24 vv.) e al Panegyricus de VI consulatu Honorii Augusti (carm. 27: 26
vv.). A questa prassi cos costante sfuggono solo due casi: lEpithalamium dictum Palladio
v.c. tribuno et notario et Celerinae (carm. min. 25) che, dato il carattere privato dellomaggio, riceve solo una breve praefatio di 4 distici, e il lungo componimento elegiaco (76 vv.)
anteposto a mo di prologo al II libro In Eutropium, che di fatto costituisce un terzo, autonomo libello dellinvettiva contro il personaggio. A unanalisi dettagliata dellintero repertorio dedicata la monografia di FELGENTREU, Claudians (cit. n. 56), cui rinviamo senzaltro anche per la bibliografia precedente.
65
R. PERRELLI, I proem claudianei tra epica ed epidittica, Catania 1992, 32 sg.;
FELGENTREU, Claudians (cit. n. 56), 211 sg.
66
La superano le prefazioni apposte rispettivamente al primo e allultimo dei tre panegirici scritti da Sidonio per un imperatore, cio la praefatio al poemetto dedicato nel 456
d.C. al suocero Avito (carm. 6: 36 vv.) e quella al panegirico di Antemio del 468 (carm. 1:
30 vv.); assai pi breve invece quella composta per il panegirico di Maggioriano del 458
(carm. 4: 18 vv.).
67
Su questi due epigrammi cfr. lo studio di S. SANTELIA, Quando il poeta parla ai suoi
versi: i carmi 8 e 3 di Sidonio Apollinare, InvLuc, 24 (2002), 245-260.
448
el: 36 vv.
hex: 602 vv.
el: 16 vv.
In questo secondo caso la successione dei due testi proemiali, ancorch verosimilmente composti in momenti differenti, intreccia un
discorso unitario: nella praefatio Sidonio, che genero ed ex collaboratore dellimperatore Avito sconfitto nel 456, ringrazia il nuovo
Augusto di averlo perdonato con la stessa clemenza usata da
Ottaviano nei confronti di Virgilio e di Orazio: anchegli, bench
tanto inferiore a quei due grandi, si sdebiter con lomaggio della
sua poesia; sulla stessa linea, nel precedente epigramma accompagnatorio, Sidonio paragona il patrocinio del magister epistularum
Pietro a quello esercitato da Mecenate a favore di Virgilio (carm.
3,5-6 At mihi Petrus erit Maecenas temporis huius; / nam famae pelagus sidere curro suo). Il terzo panegirico, composto in occasione del
secondo consolato dellimperatore Antemio (carm. 2), dotato
della sola praefatio (carm. 1), nella quale Sidonio assimila se stesso
al centauro Chirone, che per ultimo, finito il canto delle divinit
maggiori e minori, elev lofferta della sua rozza musica nella cerimonia di insediamento di Giove sul trono celeste; negli ultimi distici, un po inaspettatamente, lallocuzione allAugusto congloba lonorifica menzione del suo quaestor sacrii palatii, il dotto Vittore,
449
LUCA MONDIN
68
Carm. 1,23-30 Sic nos, o Caesar, nostri spes maxima saecli, / post magnos proceres parvula tura damus, / audacter docto coram Victore canentes, / aut Phoebi aut vestro qui solet ore
loqui; / qui licet aeterna sit vobis quaestor in aula, / aeternum nobis ille magister erit. / Ergo
colat variae te, princeps, hostia linguae; / nam nova templa tibi pectora nostra facis.
69
Lepigramma compare nei codici del De viris illustribus di Cornelio Nepote in coda
alla vita di Annibale, prima dellexplicit che chiude la sezione De excellentibus ducibus exterarum gentium e dellincipit della successiva De Latinis historicis (P.K. MARSHALL, The
Manuscript Tradition of Cornelius Nepos, London 1977, 1 sg.). La migliore trattazione
rimane L. TRAUBE, Zu Cornelius Nepos (1891), in Vorlesungen und Abhandlungen, III,
450
10
Mnchen 1920, 20-30; cfr. L. CRACCO RUGGINI, Esibizione di cultura e successo politico
nel tardoantico, in F. BESSONE E. MALASPINA [curr.], Politica e cultura in Roma antica.
Atti dellincontro di studio in ricordo di Italo Lana (Torino, 16-17 ottobre 2003), Bologna
2005, 135-56: 145 sgg. Non convincente AL. CAMERON, Petronius Probus, Aemilius Probus
and the Transmission of Nepos: A Note on Late Roman Calligraphers, in J.-M. CARRI R.
LIZZI TESTA [curr.], Humana sapit. tudes dAntiquit tardive offertes Lellia Cracco
Ruggini, Brepols 2002, 121-130, che spende inchiostro e dottrina nel tentativo di dimostrare che Probo un calligrafo di professione al servizio di Teodosio II, ed anche lautore di AL 719 e 724 R.2.
70
Cos si spiega, a parer mio, anche lespressione di vv. 9-10 Si rogat auctorem, paulatim
detege nostrum / tunc domino nomen: me sciat esse Probum: essa prevede che solo sfoglian-
451
LUCA MONDIN
zione liminare avr costituito la regola, come pure leleganza dellesecuzione materiale. I pochissimi esemplari tardoantichi su cui sia
possibile verificare la mise en page di una prefazione metrica, ce
ne mostrano laccurato impianto grafico in una pagina appositamente destinata, come nel caso delle Periochae giambiche di
Sulpicio Apollinare nel Bembinus di Terenzio (Vat. Lat. 3226,
IV/V sec.) o, ancor meglio, degli Argumenta esametrici premessi
ai singoli libri dellEneide nel Virgilio Romano (Vat. Lat. 3867,
VI sec.), ciascuno inquadrato al centro dello specchio scrittorio
entro un doppio registro di linee ornamentali e con i versi alternativamente vergati in inchiostro nero e rosso71. Non c motivo
di dubitare che una presentazione altrettanto ricercata fosse prevista, ad esempio, per la dedica apposta dallanonimo donatore
su un esemplare del Centone di Proba da lui stesso trascritto negli
ultimi anni del IV secolo per farne dono allimperatore Arcadio
(AL 719d R.2):
Romulidum ductor, clari lux altera solis,
Eoa qui regna regis moderamine iusto,
spes orbis fratrisque decus: dignare Maronem
mutatum in melius divino agnoscere sensu,
scribendum famulo qui iusseras. Hic tibi mundi
principium formamque poli hominemque creatum
expediet limo, hic Christi proferet ortum,
insidias regis, magorum praemia, doctos
discipulos pelagique minas gressumque per aequor,
hic fractum famulare iugum vitamque reductam
unius crucis auxilio reditumque sepultae
mortis et ascensum pariter sua regna petentis.
Haec relegas servesque diu tradasque minori
Arcadio, haec ille suo generi, haec tua semper
accipiat doceatque suos augusta propago.
10
15
452
72
Il contesto storico, gli aspetti ideologici e la grana stilistica del carme sono esaurientemente indagati da P. MASTANDREA, Lepigramma dedicatorio del Cento Vergilianus di
Proba (AL 719d Riese). Analisi del testo, ipotesi di datazione e identificazione dellautore,
BStudLat, 31 (2001), 565-578, che propone una datazione tra il 395 e il 397 d.C. e lidentificazione dellautore con Fl. Anicio Petronio Probo, cos. 406 d.C., il quale si definir
famulus anche nelliscrizione del dittico consolare conservato nella cattedrale di Aosta (CIL
V 68386 = ILS 8991 = ILCV 1626): D(omino) N(ostro) Honorio semp(er) Aug(usto) Probus
famulus v(ir) c(larissimus) cons(ul) ord(inarius).
73
CLE 279 = CIL VI 1163 = X 1863 = ILS 736; cfr. COURTNEY, Musa Lapidaria (cit.
n. 12), nr. 31, 56-57 e 251-252.
453
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74
Rure morans quid agam, respondeo pauca, rogatus. / Mane deos oro; famulos, post arva
reviso / partitusque meis iustos indico labores, / deinde lego Phoebumque cio Musamque lacesso. / Hinc oleo corpus fingo mollique palaestra / stringo libens. Animo gaudens et fenore liber
/ prandeo, poto, cano, ludo, lavo, ceno, quiesco. / Dum parvus lychnus modicum consumit
olivi, / haec dat nocturnis elucubrata Camenis: su di esso cfr. P. MASTANDREA, Per la storia
del testo di Marziale nel quarto secolo. Un prologo agli epigrammi attribuibile ad Avieno,
Maia, n.s., 49 (1997), 265-296.
75
FPL pp. 397-400 Blnsdorf ap. Symm. epist. 1,1-2; cfr. E. COURTNEY, The
Fragmentary Latin Poets. Edited with Commentary, Oxford 1993 (= 2003), 447-453.
76
Se, come indicano lo sfondo rurale e la complessiva pregevolezza del testo, Naucellio
lautore di questi trimetri giambici, essi potevano essere la prefazione al libro di epigrammi inviato in anteprima a Simmaco attorno al 400 (cfr. Symm. epist. 3,11,3-4) ed
eventuale fonte dei carmi del poeta presenti nella silloge bobbiese: cfr. SPEYER, Naucellius
(cit. n. 28), 74-83.
454
10
15
Tuttavia, per quanto ostentatamente relegati nello spazio dellotium, i saggi versificatori di Aurelio Simmaco e di suo padre
Avianio rifuggono da qualsiasi futilit per concentrarsi su temi
(soprattutto la memoria di grandi senatori scomparsi) strettamente
legati allideologia e allautocoscienza di classe, sicch anche loccasionale frequentazione della musa epigrammatica si fa spunto di
meditazione politica e momento qualificante del sentire aristocratico, s da essere esibita con orgoglio proprio allinizio dellepistolario
simmachiano77. Quanto a Naucellio, assai indicativo il fatto che
nella dedica a Nonio Attico, pur intessuta com di topica modestia,
egli non esiti a riferire ai propri epigrammi i verbi canimus e pangimus tradizionalmente riservati ai generi alti (Marziale, per fare un
esempio, non usa mai il primo e applica il secondo soltanto non
senza ironia a quella poesia epica per cui ha un totale rifiuto:
77
Cfr. L. CRACCO RUGGINI, Simmaco e la poesia, in La poesia tardoantica: tra retorica,
teologia e politica. Atti del V Corso della Scuola superiore di archeologia e civilt medievali
presso il Centro di cultura scientifica Ettore Maiorana Centro di studi umanistici di Erice,
Messina 1984, 477-521; PH. BRUGGISSER, Symmaque ou le rituel pistulaire de lamiti
littraire. Recherches sur le premier livre de la correspondance, Fribourg Suisse 1993, 51-130;
R. LIZZI TESTA, Policromia di cultura e raffinatezza editoriale. Gli esperimenti letterari dellaristocrazia romana nel tardo impero, in CARRI LIZZI TESTA, Humana sapit (cit. n.
69), 187-99.
455
LUCA MONDIN
3,38,7 e 11,3,7), e ancora pi rilevante litinerario che egli prospetta per il suo libro, confinato in un effimero brogliaccio di papiro finch perduri la sua condizione di testo privato, ma, una volta
promosso da un autorevole avallo, destinato a divenire di pubblico
dominio dei docti nel duraturo supporto delle Pergamenae paginae,
dove avr un rango letterario e una speranza di sopravvivenza pari a
quelli dei capolavori del passato78.
Altrettanto rivelatore, anche se inevitabilmente marginale sul
piano della ricaduta documentaria, il ruolo che laristocrazia burocratica e senatoria affida allagile musa epigrammatica, allorch se
ne serve per apporre un suggello raffinato sui manoscritti letterari
che da una generazione allaltra va ricopiando, emendando e costellando di subscriptiones79. Qui la tenue e talora claudicante Talia di
questi dilettanti altlocati esce dai limiti di un estemporaneo amateurisme e si fa autentico investimento nella perpetuit delle
Romanae litterae, ch il codice di pergamena su cui viene apposto
un epigramma di dedica o di possesso pensato per sfidare i secoli
insieme ai testi che contiene, e al segno che si lascia su di esso si
attribuisce la stessa durevolezza dunque la stessa capacit di
memoria di uniscrizione monumentale.
Si spiega cos come nel 494 d.C., lanno successivo la fondazione del regno di Teodorico in Italia, il console Turcio Rufio
Aproniano Asterio abbia scelto la data del Natale di Roma, in coincidenza con i ludi solenni che suggellavano la sua permanenza nella
suprema carica e dunque il suo definitivo ingresso nei fasti millena-
78
Unanaloga ambizione di eternit inter orsa vetera poteva avere anche il citato AL 26
R. (13 Sh.B.), se vero che, prima di finire nei meandri della tradizione antologica sotto
varie attribuzioni, il suo scopo originario era quello di fare da prefazione a un codice contenente i libri V-IX di una recensio di Marziale; donde la sua presenza nel ramo a della
tradizione manoscritta di questultimo, in testa agli excerpta del libro V, con il titolo Poeta
(de se) ad librum suum, e la titolatura Martialis de habitatione ruris con cui compare a p.
59 del Codex Salmasianus: su tutto ci cfr. MASTANDREA, Per la storia (cit. n. 74), 274 sgg.
79
Su questo importante fenomeno culturale basti il rinvio a O. PECERE, La tradizione
dei testi latini tra IV e V secolo attraverso i libri sottoscritti, in A. GIARDINA [cur.], Societ
romana e impero tardoantico, IV, Tradizione dei classici, trasformazioni della cultura, RomaBari 1986, 19-81, 210-246.
2
456
ri della res publica, per apporre, in parte di suo pugno, in parte affidandosi alla penna di un segretario, la duplice subscriptio che ancora oggi ammiriamo in calce alle Bucoliche al fol. 8r del Virgilio
Mediceo (Laur. Plut. 39.1, sec. Vex)80:
Turcius Rufius Apronianus Asterius, v(ir) c(larissimus) et
inl(ustris), ex comite domest(icorum) protect(orum), ex com(ite)
priv(atarum) largit(ionum), ex praefecto Urbi, patricius et consul
ordin(arius), legi et distincxi codicem fratris Macharii v(iri)
c(larissimi) non mei fiducia set eius, cui si et ad omnia sum devotus arbitrio. XI kal(endas) Mai(as) Romae.
Distincxi emendans: gratum mihi munus amici
suscipiens operi sedulus incubui,
tempore, quo penaces circo subiuncximus atque
(5 R.2)
scenam euripo extulimus subitam,
(6)
ut ludos currusque simul variumque ferarum
5
certamen iunctim Roma teneret ovans.
Ternum quippe sofos merui, terna agmina vulgi
per caveas plausus concinuere meos.
In quaestum (in marg. pretium) famae census iactura cucurrit,
nam laudis fructum talia damna serunt.
10
Sic tot consumptas servant spectacula gazas,
festorumque trium permanet una dies
Asteriumque suum vivax transmittit in aevum,
qui parcas trabeis tam bene donat opes.
Quisque legis, relegas felix parcasque benigne (s.l. -us), (3) 15
siqua minus vacuus praeteriit animus.
(4)
80
Su questo testo, edito dal Riese come AL 3, cfr. O. JAHN, ber die Subscriptionen in
den Handschriften rmischen Classiker, Berichte ber die Verhandlungen der knigl.
Schs. Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig., philol.-hist. Cl., 3 (1851), 327-372:
348-351; O. RIBBECK, Prolegomena critica ad P. Vergili Maronis opera maiora, Lipsiae 1866
(= Hildesheim 1966), 222-24; O. PECERE, Esemplari con subscriptiones e tradizione dei testi
latini. LApuleio Laur. 68,2 (1984), in O. PECERE A. STRAMAGLIA, Studi apuleiani,
Cassino 2003, 5-35: 28-29 e 296, Tav. 11, e soprattutto A. PRATESI, Sulla datazione del
Virgilio Mediceo (1946), in ID., Frustula palaeographica, Firenze 1992, 153-164, che rimane a tuttoggi lo studio pi attendibile, e sul quale ci basiamo per la nostra lettura. Dopo
la sua dimostrazione, non paiono sufficientemente argomentati i dubbi sulla correttezza
testuale e sullautografia della subscriptio rinnovati da J.E.G. ZETZEL, Latin Textual
Criticism in Antiquity, New York 1981, 217-218 e da AL. CAMERON, Basilius, Mavortius,
457
LUCA MONDIN
Oltre alla cura di salvaguardare larmonia della pagina, mantenendo il testo entro la stessa area occupata dal titolo di explicit delle
Bucoliche e dal successivo incipit delle Georgiche, in modo da rispettare lo spazio riservato ai margini (il che costringe a sacrificare lautonomia grafica dei singoli versi e a scrivere ogni distico su di ununica linea), vale la pena di notare che lintegrazione della consueta
soscrizione in prosa, di carattere ufficiale e burocratico, con un pi
ampio e ornato complemento poetico contenente anche la formula
allocutiva al lettore riproduce certo non casualmente quella tipica struttura praescriptum + carmen che caratterizza un cos alto
numero di iscrizioni versificate. In tal modo questi due momenti
altamente simbolici della dimensione aristocratica di Asterio, il
rituale privato del vir litteratus che dedica le sue cure al testo del
sommo poeta della romanit e latto di evergetismo che solennizza
con lallestimento dei ludi delle Palilie lapice della carriera pubblica, si saldano nella comune celebrazione di una subscriptio che ha la
forma e il tenore di unepigrafe commemorativa. In un testo investito di tale carica ideologica, sicuramente assai meditato e vergato
con proporzionale attenzione per lassetto grafico, pu sembrare
unincongrua sciatteria la presenza di segni di ripensamento come la
variante marginale pretium intesa a sostituire quaestum di v. 9, la
correzione supra lineam che ritocca benigne in benignus, a v. 15, e la
duplice coppia di Q che contrassegna i due distici estremi, a indicare la sostituzione dei vv. 1-2 con i vv. 15-16, ovvero la ricollocazione di questi ultimi dopo i primi i due, secondo linterpretazione
seguita da Riese nella sua edizione81. In realt questi pentimenti,
458
annotati dalla mano di Asterio, potrebbero avere lo scopo di adornare con un segno di autografia anche la parte del testo affidata allo
scrivano (sul pregio di questo tipo di autenticazione cfr. Mart. 7,11
e 7,17,7-8), o andranno addirittura interpretati come un estremo
tocco di vanit, perch estendere alla subscriptio la stessa emendatio
tributata al testo di Virgilio significa imprimerle un sicuro crisma di
letterariet, giusta il concetto acutamente espresso da Ausonio allorch prega Drepanio Pacato di correggergli il Ludus septem sapientum
(lud., praef. 11-14):
Maeonio qualem cultum quaesivit Homero
censor Aristarchus normaque Zenodoti!
Pone obelos igitur, primorum stigmata vatum:
palmas non culpas esse putabo meas.
82
Riportiamo il testo come compare al fol. 28 del codex antiquissimus, Taurin. E.IV.44,
VII sec.; altri testimoni di Sedulio tramandano il praescriptum nella forma alquanto differente: Hoc opus Sedulius inter cartulas dispersum reliquit, quod recollectum, adunatum atque
ad omnem elegantiam divulgatum est a Turcio Rufio Asterio v(iro) c(larissimo), ex consule
459
LUCA MONDIN
ordinario atque patricio; cfr. JAHN, ber die Subscriptionen (cit. n. 80), 350-351, e IOH.
HUEMER (ed.), Praefatio a Sedulii Opera omnia, Vindobonae 1885, VII.
83
Su questo poeta della Spagna visigotica, che fu vescovo di Toledo dal 646 allanno
della morte e autore di un libellus di Carmina di argomento e metro vario (ivi compresi
un certo numero di epigrammi), cfr. la recente edizione di P.F. ALBERTO (ed.), Eugenii
Toletani Opera omnia, Turnhout 2005, con ampia introduzione e bibliografia aggiornata;
sulla recensio di Draconzio cfr. ibid. 17-20, nonch F. VOLLMER (ed.), Praefatio a Fl.
Merobaudis Reliquiae, Blossii Aemilii Dracontii Carmina, Eugenii Toletani episcopi Carmina
et Epistulae cum appendicula carminum spuriorum, Berolini 1905, XVII-XXII, XXIX, e le pagine introduttive di C. MOUSSY a Dracontius, uvres, I, Paris 1985, 106-110, II, Paris
1988, 159-160.
460
e Tucca secondo la vita serviana di Virgilio; rispetto a quegli autorevoli predecessori, Eugenio ha per inteso il restauro di Draconzio
in senso meno filologico che migliorativo, spingendosi fino alla
riscrittura e perfino allaggiunta di una breve sezione interamente
composta di suo pugno:
Inclito glorioso rerum domino Chindasuinto, principi
summo et maximo regum, Eugenius vestrorum fidelium
servulus.
Clementiae vestrae iussis, serenissime princeps, plus
volendo quam valendo deserviens, Dracontii cuiusdam
libellos multis hactenus erroribus involutos Christo domino
tribuente valorem pro tenuitate mei sensuli subcorrexi, hoc
videlicet moderamine custodito, quo superflua demerem,
semiplena supplerem, fracta constabilirem et crebrius repetita mutarem. Versiculos sane quos huic operi detrahendos
esse putavi, et sensu tepidi et verbis illepidi et nulla probantur ratione subnixi; nec in eis aliquod reperitur quo lectoris
animus aut mulceatur doctus aut doceatur indoctus. Et quoniam de die septimo praefatus auctor omnino reticuit,
semum mihi opusculum videbatur, si non inde aliquid in
hoc codiculo haberetur. Idcirco in fine libelli, quamvis pedestri
sermone, sex dierum recapitulationem singulis versiculis, quos
olim condidi, renotavi; de die vero septimo quae visa sunt
dicenda subnexui decretumque divale ac si non ut volui, vel
ut valui consummavi
461
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10
15
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84
Su Eugenio epigrammista cfr. BERNT, Das lateinische Epigramm (cit. n. 1), 137-146.
463
LUCA MONDIN
Epitaffio liscrizione mortuaria, che si fa sulla sepoltura di coloro che sono deceduti. Vi si indicano la loro vita, il carattere e let;
epigramma semplicemente liscrizione, che in latino si traduce
superscriptio, perch ejpi; significa super, e gravmma si chiama la littera o la scriptio. Ridotta per via etimologica alla sola, originaria
natura epigrafica, questa definizione ristretta di epigramma, che
oblitera secoli di poesia epigrammatica letteraria, stata cos motivata da Jacques Fontaine:
Isidore parat stre souci d(e) mettre en valeur les formes
rcentes, non liturgiques, de posie chrtienne. Lpitaphe
en vers est un genre ancien, en honneur ds les inscriptions
funraires latines de la Rpublique, mais la dfinition quen
donne Isidore montre quil songe surtout aux pitaphes
mtriques chrtiennes. Il emploie en effet, pour dsigner le
dcs du dfunt, le terme de dormitio, qui appartient au
vocabulaire chrtien ... La trs brve prsentation de lpigramme se rduit une glose du mot grec. Aucune donne
historique ou heurmatique, aucun dtail sur le contenu de
la posie pigrammatique, aucun nom dauteur. Est-ce seulement le souci de ltymologie qui ramne Isidore au sens
de pome pigraphique? Pourquoi avoir tenu prsenter ce
genre trs mineur, quand de grandes genres sont oublis? La
traduction dpigramme par titulus oriente vers le sense de:
pome destin une inscription; la prsence de cette courte
rubrique parat ainsi lie ce que nous avons de lutilisation
des tituli en vers dans la bibliothque de Seville ... La dfinition strictement tymologique du genre convient ... lu-
464
sage quIsidore avait fait de ce genre potique dans la dcoration de son vch85.
In questa pagina di penetrante chiarezza, Fontaine tralascia soltanto di spiegare perch Isidoro abbia separato la definizione dei
due generi, di cui di fatto il primo una specializzazione del secondo, per intercalarvi una nomenclatura del testo poetico che comprende innanzitutto la tradizionale distinzione tra poesis e poema86:
poesis si dice con parola greca unopera in molti libri, poema di uno
solo, idyllion di pochi versi, distichon di due, monostichon di uno.
Linserto, che a prima vista potrebbe far pensare a una scheda finita fuori posto, pare invece studiatamente collocato prima della definizione di epigramma, per liberare questultimo termine dalle
imprecisioni semantiche che Isidoro poteva rilevare nei suoi vasti
impieghi, e che certo dovevano disturbare la sua mentalit lessicografica. Che la parola epigramma fosse cos generica da risultare
facilmente intercambiabile con altri nomi indicanti una poesia
breve, dimostrato dalla famosa pagina in cui Plinio il Giovane,
cercando un titolo adatto al proprio libellus di carmi faleci, accanto
a quello da lui prescelto di hendecasyllabi elenca come possibili
alternative idyllia, eclogae, poematia e primo di tutti, per lappunto,
epigrammata87. Questa oscillazione sinonimica appariva del tutto
accettabile, nella seconda met del IV secolo, anche alla coscienza
sia linguistica che letteraria del grammaticus Ausonio, il quale, nella
postfazione al Cento nuptialis, chiama via via poematia, epigrammata ed epyllia lo stesso tipo di oggetto poetico, cio gli epigrammi
85
J. FONTAINE, Isidore de Seville et la culture classique dans lEspagne wisigothique, I, Paris
1959, 172-173.
86
Sulla storia e le testimonianze della questione terminologica nellantichit cfr. G.
SENIS, Inter poesis et poema, Studi Noniani, 11 (1986), 191-204.
87
Plin. epist. 4,14,8-9 Unum illud praedicendum videtur, cogitare me has meas nugas ita
inscribere hendecasyllabi, qui titulus sola metri lege constringitur. Proinde, sive epigrammata sive idyllia sive eclogas sive, ut multi, poematia seu quod aliud vocare malueris, licebit
voces, ego tantum hendecasyllabos praesto, su cui cfr. PUELMA, Epigramma (cit. n. 1), 206 e
CITRONI, Marziale (cit. n. 1), 16 sgg.
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LUCA MONDIN
Insomma, facile capire come Isidoro, inteso a circoscrivere il genere epigrammatico alla sola forma dellinscriptio metrica quella da
lui stesso esemplata nei suoi versi per la biblioteca di Siviglia badasse preliminarmente ad affrancare il termine epigramma dalluso
estensivo che lo applicava senza distinzione a svariati tipi di poesia
breve, inquadrando questultima entro la griglia terminologica che
va dallentit massima della poesis a quella minima del monostichon.
A fronte di questo estremo tentativo di razionalizzare e delimitare con precisione la categoria insieme lessicale e formale dellepigramma, alcuni impieghi che il termine conosce nella tarda latinit,
e la natura dei testi cui talora esso si riferisce, mostrano come la
categoria tendesse invece a estendersi e a sfrangiarsi, includendo,
insieme a poesie dalla canonica forma epigrammatica, anche prodotti testuali ad essa eccentrici se non addirittura estranei. Certo,
nel suo insieme lepigramma rimaneva un genere letterario individuato dalla costanza di determinati parametri formali (la brevit e
luso predominante del distico elegiaco) e da una peraltro ampia
gamma tematica o di scopi funzionali (ad es. epigrafico), dalla prevalente collocazione a un determinato livello stilistico (di regola
medio-basso) nonch dalla presenza di una solida tradizione modellizzante (lepigramma greco ellenistico e tardo-ellenistico, quello di
Marziale, la prassi dellepigrafia metrica, e via dicendo); ma daltra
parte innegabile che, l dove se ne enfatizzavano specifiche fina-
88
Per questultimo si tratta di AP 7,670, 100 e 99 = Plato II, VI e X Page, che Ausonio
trovava citati in Apul. apol. 10,8-10; a fraintendimento del contesto apuleiano dovuto
anche labbaglio relativo al Simposio.
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15
Non c dubbio che qui Sidonio assuma epigrammata come etichetta peculiare della propria poesia, cos come eclogae, secondo una
terminologia corrente, lo per quella oraziana, tanto che la prima
Vita premessa agli scolii del cosiddetto pseudo-Acrone termina
89
Epist. 9,12,3 Hoc item nefas etiam difficilia factu tibi negari, cuius affectum tanto minus
decipi decet, quanto constantius nil repulsam veretur. Tenebimus igitur quippiam medium et
sicut epigrammata recentia modo nulla dictabo, ita litteras, si quae iacebunt versu refertae, scilicet ante praesentis officii necessitatem, mittam tibi ...
469
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90
Epist. 1,1,1 Diu praecipis, domine maior, ut, si quae litterae paulo politiores varia
occasione fluxerunt, prout eas causa persona tempus elicuit, omnes retractatis exemplaribus
enucleatisque uno volumine includam, Quinti Symmachi rotunditatem, Gai Plinii disciplinam maturitatemque vestigiis praesumptiosis insecuturus; 4,22,2 ego Plinio ut discipulus
470
60
Insomma, niente pi epistole metriche, niente pi poesie doccasione o per compiacere gli amici: con questultimo tocco di bravura, il vescovo di Clermond-Ferrand dichiara definitivamente concluso il suo passato epigrammatico, di cui i nove libri delle lettere
offrono, con questultima poesia, ben sedici saggi per un totale di
560 versi quasi un libellus destrutturato, i cui disiecta membra il
lettore, se vorr, potr ricomporre a suo piacimento.
assurgo; 9,1,1 addis et causas, quibus hic liber nonus octo superiorum voluminibus accrescat:
eo quod Gaius Secundus, cuius nos orbitas sequi hoc opere pronuntias, paribus titulis opus
epistulare determinet; per limitatio pliniana di Sidonio cfr. H. PETER, Der Brief in der
rmischen Litteratur, Leipzig 1901 (= Hildesheim 1965) 150 sgg.
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94
Sidoine Apollinaire, I, Pomes, texte tabli et traduit par A. LOYEN, Paris 1960. Non
discutiamo qui la sua tesi secondo cui (XXXI-XXXV), sulla base di argomenti interni e di oscil-
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Possiamo includere questo libellus tra gli epigrammatum volumina cui Sidonio fa allusione in epist. 2,8,2? La critica sidoniana
tende ragionevolmente a crederlo, e lo stesso poeta fornisce qualche
indicazione in questo senso. In carm. 9, che funge da epistola dedicatoria a Magno Felice, la musa che presiede ai carmi della raccolta
la giocosa Thalia (v. 15); suo in carm. 12,10 lesametro (senipes
stilus) degli epitalami, ed ella presta la voce al poeta nel lunghissimo
carm. 23 a Consentio (v. 435). Il passo pi esplicito per la postfazione in prosa al carme descrittivo-celebrativo dedicato a Burgus,
la splendida villa fortificata dellamico Ponzio Leonzio alla confluenza della Dordogna e della Garonna (carm. 22). In coda ai 235
esametri, Sidonio riprende lepistola accompagnatoria con un
Nachwort apologetico in cui dapprima afferma, con modestia convenzionale, la tenuit del poemetto, per la cui lettura si raccomanda la rilassatezza di un convito innaffiato di abbondanti libagioni, e
poi ne giustifica la lunghezza, prevenendo le critiche degli eventuali sostenitori della paucitas epigrammatica95:
Ecce, quotiens tibi libuerit pateris capacioribus hilarare convivium, misi quod inter scyphos et amystidas tuas legas.
Subveneris verecundiae meae, si in sobrias aures ista non
venerint ... Si quis autem carmen prolixius eatenus duxerit
esse culpandum, quod epigrammatis excesserit paucitatem,
lazione dellordine dei carmi 9-24 nella tradizione manoscritta, egli individua nel libellus la
stratificazione di tre successive edizioni: una prima, del 461 ca, comprendente carm. 9-15
e 17-21; una seconda, del 464-465, in cui sarebbero stati aggiunti carm. 16 e 24, e una terza
e definitiva del 469, contestuale alla pubblicazione dellintera raccolta delle poesie (panegirici e nugae), in cui sarebbero stati aggiunti carm. 22 e 23. Essa stata validamente messa
in dubbio da W. SCHETTER, Zur Publication der Carmina minora des Apollinaris Sidonius
(1992), in Kaiserzeit und Sptantike. Kleine Schriften 1957-1992, Stuttgart 1994, 236-256,
il quale dal canto suo si pronuncia ma anchegli, a nostro avviso, con argomenti non stringenti per unemissione originaria comprendente carm. 9-21 e 24, cui Sidonio avrebbe
aggiunto come Annex carm. 22 e 23. Di fatto, non vi sono ragioni di natura interna (cio
cronologica o contenutistica), n ricavabili dalla paradosi, che si oppongano seriamente
alleventualit di ununica edizione complessiva dei sedici carmi del libellus, e si tratta in
ogni caso di questione non rilevante ai fini della nostra ricerca.
95
Accurata esegesi di questo passo in N. DELHEY (ed.), Apollinaris Sidonius, Carm. 22:
BVRGVS PONTII LEONTII. Einleitung, Text und Kommentar, Berlin-New York 1993,
207-211.
474
96
Non da solo, naturalmente: un possibile modello per la cornice prosastica (prefazione + postfazione) a un opuscolo in versi fornito a Sidonio dal Cento nuptialis di Ausonio,
e in particolare dalla sua appendice apologetica incentrata sul tema della tradizionale
liceit della poesia erotica e della connessa lascivia verbale: cfr. DELHEY (ed.), Apollinaris
Sidonius (cit. n. 95), 204. La pagina deve poi qualcosa anche allepistola che Plinio il
Giovane dedica alla descrizione della sua villa di Tifernum (un testo che Sidonio imita
anche in epist. 2,2), la cui inusitata lunghezza viene alla fine giustificata in termini di teoria letteraria facendo appello al principio delladerenza al tema prescelto: Plin. epist.
5,6,42-44 In summa primum ego officium scriptoris existimo, titulum suum legat atque
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15
20
identidem interroget se quid coeperit scribere, sciatque si materiae immoratur non esse longum,
longissimum si aliquid accersit atque attrahit. Vides quot versibus Homerus, quot Vergilius
arma hic Aeneae Achillis ille describat; brevis tamen uterque est quia facit quod instituit. Vides
ut Aratus minutissima etiam sidera consectetur et colligat; modum tamen servat. Non enim
excursus hic eius, sed opus ipsum est. Similiter nos ut parva magnis, cum totam villam oculis
tuis subicere conamur, si nihil inductum et quasi devium loquimur, non epistula quae describit sed villa quae describitur magna est. Verum illuc unde coepi, ne secundum legem meam iure
reprendar, si longior fuero in hoc in quod excessi.
476
97
Non avrei dubbi circa la matrice peripatetica dellintera argomentazione di Mart.
2,77. Gi ai vv. 2-3 la scelta dei due opposti esempi tratti dallambito della scultura la
statua gigantesca del Colosso e quella miniaturistica del puer Bruti pare opporre al rozzo
metro di Cosconio il criterio aristotelico che valuta la grandezza dellopera darte (e di
qualsiasi oggetto esteticamente pregevole) non in assoluto, ma in termini di maggior o
minor adeguatezza alla necessaria percezione della sua unit: cfr. in particolare Poet. 7,3
(1450b,35-1451a,2) un essere vivente che sia bello, e ogni altra cosa composta di parti,
non solo deve avere queste parti bene ordinate, ma deve anche fornire una grandezza non
casuale, perch il bello sta nella grandezza e nellordine: un essere piccolissimo non pu
apparire bello, perch turbata la visione che dura un tempo quasi impercettibile; e neppure uno grandissimo, perch non si ha pi una visione dinsieme, e per chi guarda va perduta la percezione delluno e dellintero (trad. C. Gallavotti). Non a caso, il canone fondamentale dellunit artistica risuona subito dopo ai vv. 5-6 (Marsi doctique Pedonis / saepe
duplex unum pagina tractat opus), dove il sapiente accostamento con duplex pagina conferisce a unum opus una pregnanza semantica che, dietro il significato di superficie (un solo
componimento), fa tralucere lideale del testo simplex et unum, cio uno dal punto di
vista tematico e strutturale pur nel suo occasionale dispiegarsi sulla misura meramente grafica di una doppia colonna di scrittura. E appunto al principio dellunit strutturale, in cui
ogni elemento necessario al tutto, si appella largomento conclusivo di v. 7 non sunt longa
quibus nihil est quod demere possis, da confrontarsi con Arist. Poet. 8,3 (1451a,30 sgg.):
come avviene nelle altre arti mimetiche, che uno il soggetto dellunica mimesi, cos
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bisogna che anche il racconto, poich mimesi dazione, lo sia di ununica azione e completa; e le successive parti della vicenda debbono tra loro collegarsi in modo che, togliendone una o cambiandola di posto, il tutto si sciupi e si sconnetta: perch, ci che nulla
significa quando c o non c, non neppure un elemento del tutto. Per altre considerazioni sullimportante pagina programmatica di Marziale vd. in questo volume i contributi di A. CANOBBIO Epigrammata longa e breves libelli. Dinamiche formali dellepigramma
marzialiano, 177-178, A.M. MORELLI, Epigramma longum: in cerca di una bsanos per il
genere epigrammatico, 40-43, C. WILLIAMS, Epigrammata longa e strategie metapoetiche in
Marziale, 218-223.
98
Per unanalisi delle coincidenze tematiche tra i due poeti cfr. Ch. HENRIKSN, Martial
und Statius, in F. GREWING [hrsg. von], Toto notus in orbe. Perspektiven der MartialInterpretation, Stuttgart 1998, 77-118: 89-111.
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10
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101
E.R. CURTIUS, Letteratura europea e Medio Evo latino (19542), trad. it. Firenze 1995, 307.
Il primo esempio in lingua latina sono due distici di Cinna per una preziosa copia
dei Phaenomena di Arato: carm. frg. 11 Blnsdorf. Che il carme di Ausonio fosse collocato allinizio del libro e non semplicemente allegato ad esso dimostrato dai vv. 61-62,
dove si dice con sorridente modestia che il destinatario legger il libellus per intero tranne alcune pagine (quem mente et aure consciis, / quibusdam omissis, perleget), quelle contenenti per lappunto la poesia di dedica.
102
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accoppia e talora come in questo caso si identifica, che lepistola. Per essa, forse pi ancora che per lepigramma, la precettistica di ogni epoca prescrive come qualit fondamentale la brevitas, la
suntomiva103, e tuttavia una rigorosa osservanza del modus epistularis diviene controproducente se entra in conflitto con le finalit
della lettera quando, come spesso avviene, la sua funzione non di
tipo informativo ma relazionale, quando insomma costituisce un
officium (a questo proposito basti notare, tra i molti esempi possibili, il tono piccato con cui Simmaco reagisce al lakwnismov" epistolare di Vettio Agorio Pretestato104). Queste, mutatis mutandis,
paiono essere anche le convinzioni di Sidonio per quanto concerne
lepigramma quando investito di unanaloga funzione relazionale:
mentre la canonica paucitas dobbligo per un carmen pictum a
scopo meramente decorativo, che il visitatore occasionale deve
poter gustare con una sola rapida lettura, per una poesia di omaggio personale varr la regola sottintesa da Stazio allorch si scusa di
non essersi adeguatamente diffuso nella celebrazione della villa di
Pollio Felice (silv. 2 praef. p. 28,13 sgg. Mar.): Polli mei villa
Surrentina debuit a me vel in honorem eloquentiae eius diligentius
dici, sed amicus ignovit.
Se, come pare, la raccolta dei carm. 9-24 corrisponde a uno
degli epigrammatum volumina di cui parla Sidonio, i brevi tetrasticha e i poemetti di maggior tenore stilistico, come i due epitalami o
lEuchariston ad Faustum episcopum, rappresentano dunque gli
103
Testimonianze raccolte da P. CUGUSI, Evoluzione e forme dellepistolografia latina nella
tarda repubblica e nei primi due secoli dellimpero, con cenni sullepistolografia preciceroniana, Roma 1983, 34-35 e 74-75; cfr. J. SYKUTRIS, s.v. Epistolographie, RE Suppl. V (1931),
185-220: 193; K. THRAEDE, Grundzge griechisch-rmischer Brieftopik, Mnchen 1970,
154-156.
104
Symm. epist. 1,45 Facito epistulae tuae multiiugis paginis augeantur. Odi parsimoniam
verborum bonorum. Scribendi quippe brevitas magis fastidio quam officio proxima est; 1,50
Queri me opinaris, quod nihil scribas, et refellere mendacium paras, quia te aliquid scripsisse
meministi. Ego vero minimum animi angerer, si taceres, prae ut hoc est, quod mihi et patri
unas atque eas oppido breves litteras detulisti. Ita tibi ambo digni singulis paginis non videmur? ... Abstine igitur epistulis, quae sunt instar edicti; facessat omne fastidium, ex quo nascitur cura conpendii. Sed longum de his loqui cautio est, ne tibi molestior sit prolixitas quaerellae nostrae, quam mihi brevitas epistulae tuae.
482
483
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legata al nome del grande poeta della corte di Onorio abbia assicurato valore di modello a questa particolare formula mista. La
galassia tipologica della poesia breve e doccasione, con al centro
il genere sfumato e versatile ma ben riconosciuto dellepigramma
e ai margini la multiforme variet di nugae, epyllia e poematia di
indefinita etichetta generica (si pensi allescamotage del concetto
staziano di silvae), trovava in questa silloge una concreta ed autorevole formula unificante, e viceversa lesempio di un siffatto corpus poetico poteva favorire lestensione della categoria di epigramma lunica lessicalmente e letterariamente definita al pi
ampio assortimento testuale che vi era rappresentato.
Essa poteva essere forzata fino ad includere gli stessi panegirici? Sidonio non arriva ad affermarlo, e tuttavia pare significativo che la postfazione al panegirico per Avito (carm. 8), che affida
lopera al giudizio del vir praefectorius Prisco Valeriano, sia formulata sullevidente falsariga di certe accompagnatorie di
Marziale o di Ausonio:
Prisce, decus semper nostrum, cui principe Avito
cognatum sociat purpura celsa genus,
ad tua cum nostrae currant examina nugae,
dico: State, vagae; quo properatis? amat;
destrictus semper censor, qui diligit, exstat;
dura fronte legit mollis amicitia.
Nil totum prodest adiectum laudibus illud
Ulpia quod rutilat porticus aere meo
vel quod adhuc populo simul et plaudente senatu
ad nostrum reboat concava Roma sophos.
Respondent illae: Properabimus, ibimus, et nos
non retines; tanto iudice culpa placet.
Cognitor hoc nullus melior; bene carmina pensat
contemptu tardo, iudicio celeri.
Et quia non potui temeraria sistere verba,
hoc rogo, ne dubites lecta dicare rogo.
10
15
Che Sidonio chiami nostrae nugae il fastoso panegirico imperiale che gli ha guadagnato una statua bronzea nel Foro di Traiano
un tributo fin troppo scontato al locus modestiae, ma non affat484
105
Carm. 16,1-2 Audebisne, precor, tantae subiecta catervae, / inter tot proceres, nostra
Thalia, loqui?; 25,1-2 Post resides annos longo velut excita somno / Romanis fruitur nostra
Thalia choris; carm. min. 41,13-14 Romanos bibimus primum te consule fontes / et Latiae
accessit Graia Thalia togae.
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epico, ma di carattere contingente e per lo pi confinata nella misura di un singolo libellus, rapportata alla dimensione sovrastorica e
allampia campitura del poema eroico non pu che ricevere uno statuto inferiore, che la fa ricadere per lappunto nel dominio della
poesia breve, anche se a un livello alto rispetto alle altre forme qui
tradizionalmente collocate, il cui rango di conseguenza devessere a
sua volta riveduto. Si conclude cos un processo iniziato secoli
prima con la riflessione poetica che accompagnava loperazione
delle Silvae di Stazio, allorch scomparsa ... qualunque traccia della
distinzione neoterica ... dellattivit poetica nelle due direzioni dei
poemata ed epigrammata da una parte e dei carmina docta dallaltra
il primato (torn) allepos, e la poesia leggera (torn) ad essere
poesia minore, con ruolo di praelusio; il carmen doctum epillio o
epitalamio che (fosse), o elegia (venne) riassorbito nella poesia
leggera106. Senonch allora Stazio, definendo occasionalmente, e
forse provocatoriamente, le sue Silvae pi brevi e improvvisate quasi
epigrammatis loco scriptae, aveva badato a sancire la distanza tra il
tenore comunque elevato, in termini di stile e di elaborazione formale, dei suoi carmina doccasione, e il genere pi dimesso della
poesia epigrammatica. Ora invece la comparsa nellorizzonte letterario del poemetto epico-celebrativo (e, in ambito cristiano, del
poemetto agiografico e commemorativo come i natalicia di Paolino
di Nola o di quello apologetico, didascalico o allegorico di
Prudenzio) comporta una ristrutturazione gerarchica dellintero
sistema dei generi minori: essa fa s che i tipi di versificazione pi
eclettica ed estemporanea, ancorch assai sofisticata epistole poetiche e carmina ecfrastici o laudativi, propemptici ed epitalami,
insomma tutta la molteplice gamma dei poemata doccasione non
sempre ancorati a precise etichette generiche , perdano il loro
rango e finiscano per rifluire e appiattirsi nella categoria letterariamente pi umile e storicamente flessibile dellepigramma. Di qui la
costituzione di una silloge mista come quella dei Carmina minora
106
G. ARIC, Sulle tracce di una poetica staziana (1971), in Ricerche staziane, Palermo
1972, 37-71: 50 sg.
486
di Claudiano, linclusione negli Epigrammata Bobiensia delleccentrica satira di Sulpicia e, in seguito, il variegato progetto compositivo dellantologia Salmasiana, giusta quella concezione estesa di
epigramma che troviamo esplicitata per la prima volta nelle pagine
di Sidonio e da lui praticata, forse sulla concreta falsariga del precedente claudianeo, nel libellus delle nugae.
Un secondo ordine di testimonianze proviene da un giovane parente di Sidonio Apollinare, Alcimo Ecdicio Avito ( 518), che fu
vescovo di Vienne dal 490 ca. fino alla morte, e nei primi anni del
VI secolo pubblic il vasto epos biblico-teologico De spiritalis historiae gestis, che descrive in cinque libri, per un totale di 2552 esametri, la creazione del mondo (I De mundi initio), il peccato originale (II De originali peccato) e la cacciata dallEden (III De sententia
Dei), il diluvio universale (IV De diluvio mundi) e il passaggio del
Mar Rosso (V De transitu Maris Rubri). Nel prologo in prosa, sotto
forma di epistola al fratello Apollinare, Avito narra innanzitutto la
storia editoriale del suo capolavoro. Apollinare ha espresso il desiderio di essere il dedicatario di un qualche suo scritto poetico, e
Avito ricorda di averne composto pi duno, al punto che, se messo
in ordine, quel gran numero di epigrammi (epigrammatum multitudo) avrebbe potuto costituire un volume tuttaltro che breve. Egli
si proponeva di realizzarlo, rispettando la sequenza tematica o cronologica dei testi, quando larchivio and quasi interamente disperso durante il sacco di Vienne, ad opera delle forze congiunte di
Godesigel e Clodoveo, nellanno 500107. Il dispiacere per il danno
subto, la difficolt o limpossibilit di recuperare quanto perduto,
linutilit di riordinare il poco rimasto hanno spinto Avito a pubblicare, invece di quella raccolta, i cinque libelli del poema, provvidenzialmente salvatisi in casa di un amico:
107
N. HECQUET-NOTI (ed.), Avit de Vienne, Histoire spirituelle. Introduction, texte critique, traduction et notes, I, Paris 1999, 30-33. Il testo delle due prefazioni quello di R.
PEIPER (ed.), Alcimi Ecdicii Aviti Viennensis episcopi Opera quae supersunt, Berolini 1883,
201 e 274-275; cfr. D. SHANZER I. WOOD, Avitus of Vienne, Letters and Selected Prose.
Translated with an introduction and notes, Liverpool 2002, 259-64.
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Poich 666 notoriamente il numero della Bestia nellApocalisse di Giovanni
(13,18), una cifra cos ominosa pu apparire una scelta (o uninavvertenza) a dir poco
grottesca da parte del vescovo di Vienne. La stranezza si risolve riconoscendo lautonomia
dei 18 esametri introduttivi, che costituiscono, pi che un proemio, unepistola accompagnatoria (cfr. vv. 1-2 Suscipe complectens, Christo dignissima virgo, / Alcimus ista tibi quae
mittit munera frater): il poemetto vero e proprio comincia a v. 19 con il momento della
nascita di Fuscina (Edidit ut quartam genetrix Audentia prolem ) e conta perci 648
versi, che essa s una misura programmata. Questo numero, pari a 63 (= 216) 3,
corrisponde infatti alla massima lunghezza testuale raccomandata dal precetto pitagorico
in Vitr. 5 praef. 3 Etiamque Pythagorae quique eius haeresim fuerunt secuti placuit cybicis
rationibus praecepta in voluminibus scribere, constitueruntque cybum CCXVI (trad. CC et
L) versus eosque non plus tres in una conscriptione oportere esse putaverunt: su ci A.
KESSISOGLU, Die fnfte Vorrede in Vitruvs De architectura, Frankfurt am Main-Bern 1993,
100-105; per le possibili ragioni della cifra 250 erroneamente data dai manoscritti vitru-
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tematica (verosimilmente per gruppi di argomento affine) o cronologica, cio appunto servato causarum vel temporum ordine.
Questa accezione di epigramma appare essere la stessa che
riscontriamo nelle due uniche occorrenze del termine nelle poesie
di Venanzio Fortunato ( 601). In un primo caso (carm. 3,18 Ad
eundem de opusculis suis), si tratta di una gioviale epistola metrica in
risposta ad alcuni componimenti, probabilmente dello stesso tenore, speditigli dal vescovo Bertrando di Bordeaux fluviali, a quanto pare, e in stile oltremodo ampolloso, adorni del bottino rubato
alla grande poesia del passato, anche se guastati da qualche difetto
di metrica:
Ardua suscepi missis epigrammata chartis
atque cothurnato verba rotata sofo.
Percurrens tumido spumantia carmina versu
credidi in undoso me dare vela freto:
plana procellosos ructavit pagina fluctus
et velut Oceanas fonte refudit aquas.
Vix modo tam nitido pomposa poemata cultu
audit Traiano Roma verenda foro.
Quid si tale decus recitasses in aure senatus?
stravissent plantis aurea fila tuis;
per loca, per populos, per compita cuncta videres
currere versiculos plebe favente tuos.
Sed tamen in vestro quaedam sermone notavi
culmine de veteri furta novella loqui;
ex quibus in paucis superaddita syllaba fregit
et pede laesa suo musica cloda gemit.
Nunc, venerande pater, prece voto voce saluto,
commendans animum supplice corde meum.
Sit tua vita diu, cuius modulante Camena
cogimur optatis reddere verba iocis.
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nimento, carm. 7,25 Ad Galactorium comitem, stato probabilmente aggiunto nel corso della tradizione manoscritta113, questo
libro inizia con unepistola di 50 versi (carm. 7,1 Ad Gogonem) e si
chiude su una serie di brevi epigrammi di due distici, e la poesia pi
lunga della sequenza epistolare (il citato carm. 7,12 a Giovino, 61
distici elegiaci), collocata al centro esatto di essa, vi appare immediatamente seguita dalla pi breve (carm. 7,13 a Felice, 2 distici).
Qui, per effetto del progressivo riavvicinamento dei generi, al termine di una parabola evolutiva di oltre sei secoli, la poesia latina
appare tornata in un certo qual modo alla prassi vigente prima della
loro divaricazione, riscoprendo un tipo di libro epigrammatico/elegiaco non tanto diverso da quello che era stato in voga in et neoterica, e di cui abbiamo un cospicuo vestigio nei carmi 65-116 di
Catullo e un fuggevole scorcio nel papiro di Cornelio Gallo114.
ADDENDUM. Nellanalisi della subscriptio di Aproniano Asterio alle pp. 456459 non si potuto tenere conto dellarticolo di G. AMMANNATI, Ancora sulla sottoscrizione del console Asterio e sulla datazione del Virgilio Mediceo, MD, 58
(2007), 227-239, comparso quando il presente contributo era ormai in bozze. Il
saggio della Ammannati, senzaltro il pi importante degli ultimi decenni, pur
lasciando spazio a qualche dubbio su una o due questioni di dettaglio, conferma
con argomenti a nostro avviso definitivi loriginalit della soscrizione, e ne risolve limpidamente gli ultimi nodi esegetici.
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