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Tra filosofia e storia

La filosofia della storia

Sotto questa etichetta si possono identificare due significati :

1. debole : esigenza di riflettere sulla storia affrontando le questioni minori


2. forte : valuta il corso storico a partire dalle scopo .
1. Grecia classica : regno del caso, decadenza, ciclp; la storia è vista come
risultato del piano di una qualche entità superiore.
2. Sant'agostino : ivisione della storia dell'umanità in periodi, che articola il
disegno della Divina Provvidenza. Il progresso si realizza unicamente
nell'ordine religioso.
3. Moderno : Con Vico atteggiamento estraneo al provvidenzialismo religioso,
critico verso le storie ricevute. Bacone, un secolo prima, esponeva una teoria
del cammino come progresso dall'infanzia(il mondo antico) alla maturità(il
mondo moderno). Bodin vuole offrire materiali di riflessione utili all'azione
politica. Secondo lui nella storia operano forze che sono al di là e al di sopra
degli uomini. Vico mette a frutto un lavoro filosofico plurisecolare che va da
Sant'Agostino a Bousset ed è cosi il primo a meditare sul metodo della storia.
Tuttavia non è a Vico attribuibile la nascita della filosofia della storia ma si
possono trovare in lui i primi addentellati del filosofare sulla storia, come
dice Labriola. Vico può essere considerato il pioniere. Il primo arteficie della
concezione tedesca della storia è Johann Herder e a cui croce assegna la
palma di inventore della filosofia della storia. Secondo Herder la natura ha
creato le montagne e i mari per separare i popoli e preservare le loro
individualità.L'interpretazione individualizzante dei fatti storici è
caratterizzante di Herder, che in tal senso è storicista. Herder vuole conciliare
la libertà dell'individuo e la presenza di un Dio nella storia. I fatti storici sono
individuali e irripetibili. Ben più sfumata è l'idea di Kant in cui la storia è
ricondotta ad una concezione razionale.
4. Ottocento : La storia viene assunta da Hegel come una verifica della logica,
una riprova che all'interno della storia universale del mondo, al di là del
contingente che delinea le vicende dei popoli, c'è una ragione assoluta. Nella
filosofia della storia lo spirito del mondo ritrova se medesimo. La filosofia
della storia si occupa di cogliere lo svolgimento umano in termini dialettici.
Per Hegel l'intera realtà è storia in quanto si svolge dialetticamente da un
inizio verso una fine: storicismo assoluto.
Analogamente Comte guarda alla storia come una vicenda a tappe.Lui è il
primo a considerare la storia come scienza umana. Marx invece contrappone
alla ideologia una concezione storica fondata su presupposti materiali. Non
può esservi storia di idee o sovrastrutture, la storia è una ed è la storia della
produzione in senso totale.

Storicismo

IN senso generale lo storicismo è una concezione che fa della storia la chiave universale della
conoscenza di ogni realtà umana. Meinecke ha affermato che il nucleo dello storicismo “consiste
nella sostituzione di una considerazione generalizzante delle forze umane della storia da parte di
una considerazione individualizzante”. Lo storicismo rappresenterebbe una rivoluzione nel pensiero
occidentale. In realtà le scaturigini dello storicismo si ravvisano nel Settecento. Vico appare un
precursore. Importanti soprattutto i contributi degli illuministi, da Vooltaire a Condorcet, con le loro
teorie del progresso. Ma anche uno storicismo anti-illuministico di autori come Edmund Burke o
Maistre i quali si richiamano alla storia contro la ragione assoluta. Lo storicismo impone l'idea di
una validità naturale di idee e principi. Talchè si è intenso lo storicismo come un atteggiamento
reazzionario in quanto, storicizzando ogni evento, li giustifica tutti. Ma c'è poco in comune con
questi storicismie quello contemporaneo che nasce nel periodo tra la morte di Marx e la Prima WW.
Il problema che questo storicismo intende affrontare è quello della possibilità delle scienze storico-
sociali, cioè il problema del fondamento delle loro validità oggettive. Per Dithley la vita e la storia
sono la stessa cosa precisando la differenza tra scienze storico-sociali e scienze naturali. Sulla stessa
scia Windelband e Heinrich Rickert insistono sulla dimensione individuale, singolare, specifica
dell'evento storico. La centralità dei valori viene lasciata dallo storicismo novecentesco di Weber,
che evidenza la storicità dei valori e quindi la loro mutabilità. Weber esclude i giudizi di valore.
Questa visione diviene relativismo nel pensiero di Spengler con il quale ha inizio l'involuzione dello
storicismo contemporaneo. Spengler avanza la tesi secondo cui ogni civiltàha la sua propria morale,
che comincia efinisce con essa.L'uomo esiste soltanto nelle civiltà che si succedono nel tempo e
nello spazio. A questa posizione estrema autori come Troeltsch e Meinecke riaffermano
l'assolutezza dei valori e la necessità della loro esistenza. Popper sarà il nemico numero uno dello
storicismo condannando la convinzione dell'esistenza di una legge universale e generale dello
sviluppo della storia. Per Popper siamo noi uomini a dare senso alla storia, con il nostro agire.

Benedetto Croce

In gioventù Benedetto Croce indirizza strali assai acuminati contro la filosofia della storia. Croce la
ritiene improponibile. Per lui la filosofia della storia si baserebbe su presupposti concettuali che in
seno all'attività storiografica non possono avere cittadinanza. Per Croce la storia si occupa solo di
ciò che è stato e non di ciò che avrebbe potuto essere. In secondo luogo la storia deve limitarsi a
ricostruire gli accadimenti rinunciando a qualsiasi esercizio di previsione per il futuro. Per Croce
quello che distingue la storia dalla scienza è proprio l'oggetto: la storia si occupa di individui e
questi sono sempre liberi di agire in un senso o nell'altro. Nondimeno afferma l'esistenza di un moto
progressivo che però si distingue da quello materiale dei meccanicisti. Qui si è difronte
ail'evoluzione del pensiero crociano che passa da una visione marxista come chiave
d'interpretazione storica, sotto l'influenza di Labriola, all'influenza di Gentile che lo avvicina a
Hegel e quindi a vedere la storia come l'opera dello spirito del tempo. Nel Croce maturo lo
svolgimento storico corrisponde a un processo dello spirito di cui le idee e gli individui sono
manifestazioni e strumenti. Soltanto nelle opere della maturità troviamo l'elaborazione definita di
uno storicismo assoluto in cui circola l'idea che tutta la realtà sia storia e che quindi lo svolgimento
della storia corrisponda al progresso del cosmo e della natura. In tal senso la storia è filosofia.

La filosofia davanti alla storia, oggi

L'interrogazione sul senso o sul significato della storia nel secondo dopoguerra viene sviluppata da
due filosofi estranei al marxismo, come Karl Jaspers e Karl Lowith. L'obiettivo di Jaspers è quello
della filosofia della storia tradizionale: egli considera la storia in termini classicamente metafisici,
cercando “il senso della storia” ossia quell'ascoso disegno provvidenziale che presiederebbe al
processo storico. La sua proposta è un oltrepassamento della storia rivolgendosi a ciòche è valido
senza tempo. Dal canto suo Lowith avanza una tesi suggestiva: la filosofia della storia dipende
interamente dalla teologia, ovvero è ancorata a una visione biblica della storia, intesa come vicenda
della salvezza dell'uomo, a partire dall'elaborazione dei Padri della Chiesa. Prima di lui Max
Horkheimer e Theodor Adorno hanno polemizzato con la filosofia della storia sostenendo che essa
ripete ciò che era accaduto nel cristianesimo, e alla storia si assegna un ruolo provvidenzialistico.
La polemica di Lowith si dirige in particolare verso Hegel e il messianismo marxista. Sono gli anni
in cui Popper condanna ogni storicismo, ovvero qualsivoglia tentativo di attribuire alla storia un
senso di marcia.
Questioni di teoria

Tempo e verità

Da alcuni decenni si è definito un diverso significato della filosofia della storia. Questa filosofia
della storia si interroga sulle possibilità e i limiti della conoscenza storica, chiedendosi se la
conoscenza storica vada alla ricerca di leggi generali oppure indaghi essenzialmente casi specifici o
individuali. Si può parlare di una feroce contrapposizione tra l'una e l'altra, come emerge da quello
che è il manifesto della Filosofia analitica della storia di Arthu Danto, che polemizza con la pretesa
della filosofia della storia classica di trattare la storia come una totalità, invece di concentrare il
lavoro sul passato fermandosi al mero piano della narrazione storica.
IN primo luogo il problema del tempo. Spazio e tempo sono i presupposti ineliminabili di ogni
ricostruzione storiografica. Qual è il tempo della storia?: lo scarto tra tempo degli avvenimenti e
tempo della ricostruzione può indurre a parlare di una molteplicità di tempo. La teoria della storia si
interroga sui modi per evitare lo scarto temporale tra lo storico e la storia. Secondo Croce la storia è
il pensiero del presente proiettato nel passato. Il lavoro storico, per quanto dedicato a ricostruire
fatti remoti e remotissimi, nasce da un bisogno pratico. Secondo Carr è importante guardare al
passato con gli occhi del presente, per avere una autentica comprensione. E Fevbre puntualizza che
la visione del passato in funzione dle presente è la funzione sociale della storia.
Strettamente legata a questa problematica è la domanda “La storia cerca la verità?”. Secondo
Arnaldo Momigliano la verità resta lo scopo essenziale del lavoro dello storico, nello stesso senso
Croce che parla di una storia “unicamente devota alla verità. I filosofi perrò ammoniscono che
bisogna umilmente sperare di “essere nella verità” e non di avere la verità. A questa posizione si
oppone Feyerabend e con lui gli anarchici epistemologici secondo cui non si danno verità acquisite.
L'incremento delle conoscenze deriverebbe dal continuo capovolgimento delle verità

Storia e politica

Si può dire che la storia nasca come politica, cioè come “studio di tutti gli aspetti del passato che si
riferiscono all'organizzazione formale del potere nella società”. Ancora in epoche non lontane le
branche della storiografia erano essenzialmente la storia amministrativa e costituzionale,
diplomatica e militare, e la storia delle idee politiche. In seguito la storia politica è stata messa sul
bando degli imputati: definita evenementielle. La storia politica subisce un forte ridimensionamento
con l'avvento di sviluppi sociali che miravano a portare la storia sul campo delle dominazioni, i
popoli e le società. Tuttavia si riprenderà le sue rivincite quando influenzata dal contatto con le
scienze umane e sociali. Intorno alla fine dlel'ottocento Droysen afferma che la storia “è
essenzialmente storia politica”. Croce definisce la storia politica “storia generale” e le altre “storie
specifiche”. Per Marx la storia è storia della rivoluzione. Per Maistre la storia politica è l'unica.

La conoscenza storica

Il tema dell'obiettività dello studioso è strettamente intrecciato con quello dell'oggettività della
conoscenza storica. La questione di può ridurre ad una secca alternativa:

1. la storia è narrazione
2. la storia è scienza
Con il positivismo e in particolare con Compte sorge l'idea di inserire la storia fra le scienze esatte.
UN ruolo importante è svolto dall'inglese Buckle, che pensa di elevare a scienza la storia
insegnandoci a dimostrare i fatti storici in base a leggi generali. Della smania scientifica sono
sintomo le masse di strumenti tecnici. Decisiva in quest'ambito l'opera di Leopold Von Ranke e più
in generale la scuola storica tedesca: notevole importanza riveste il dibattito sul metodo
storiografico, il cosiddetto Methodenstreit. Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo si discute
della scienza come storia, si giunge adirittura all'identificazione della storia con la sociologia. “la
storia è la scienza dei fatti sociali, cioè la sociologia stessa”. Nei decenni successivi si abbandona la
contrapposizione tra spiegazione e comprensione per considerare la spiegazione storica assimilabile
a quella scientifica. Cosi Hemptel, nei primi anni quaranta, afferna l'indifferenza tra scienze umani
e naturali: la spiegazione storica è collocata nell'ambito dei modelli deduttivi. Patrick Gardiner,
inoltre, fa rientrare tra gli agenti della storia fattori imponderabili come la volontà e le intenzioni e i
sentimenti, mentre con H. Dray si arriva a separare nettamente la spiegazione storica da quella
scientifica, si vogliono spiegare i comportamenti umani in relazione a singoli eventi storici.
Di questo passo rientra il dualismo spiegazione/comprensione. In realtà fin dal 1938 Dewey espone
una teoria narrativistica della storiografia: la storia è narrazione, non spiegazione. Estremizzando
questa spiegazione White con l'opera Metahistory in cui si nega che storiografia e filosofia della
storia abbiano modalità differenti ma crede di riconoscerne l'identità in elementi di carattere morale
o estetico e non epistemologico. Fra le conseguenze di questa interpretazione c'è una messa in
discussione del fatto storico come dato in sé, facendo compiere un bel salto all'indietro al dibattito.
In definitiva White si rivela un autentico nemico della storia. Trevelyan rivendica il carattere
narrativo: nulla in comune tra il fare storia e il fare scienza perchè la prima discende della capacità
dello storico di narrare. Croca va considerato tra i più convinti fautori del narrativismo in quanto
rimane fedele all'idea che “la storia ha solo un ufficio: narrare i fatti”.
Una voce contraria al narrativismo, in Italia, viene da Giulio preti secondo cui, senza la spiegazione
storica, la storia rimane mera cronaca che sta al di sotto del divenire storico effettuale. Le posizioni
degli storici sono contrastanti. Se per Fernand Braudel la storia è si narrazione ma soprattutto
spiegazione per Delio Cantimori la storia analizza, critica ma non spiega. Comuqneu in un dialogo
dominato da metodologi e filosofi i pochi storici intervenuti, generalmente favorevoli, sono marxisti
come Hosbawm o Lefebvre. Tra i narrativisti anche Paul Veyne che si batte per la storia-racconto
contro la tesi della storia scienza: la storia mira a cogliere ciò che è singolare, una specificità non
ipotesi generali, concetti classificatori. La disputa viene problematizzata ulteriormente dagli
sviluppi di White che divide la storia che narra dalla storia che narrativizza. Se la prima è
accettabile la seconda non sarebbe altro che una riproposizione della vecchia filosofia della storia. 4

Il problema dell'oggettività

Anche chi insiste sulla soggettività del lavoro dello storico non cancella la possibilità e l'esigenza
dell'oggettività del suo risultato. Potremmo dire che l'oggettività della storia è possibile, mentre
l'obiettività dello storico nel senso assoluto, è impossibile. Perciò non si deve rinunciare
all'oggettività del sapere storico. Paul Ricoeur ha parlato di un'oggettività immanente della storia e
di una soggettività necessaria dello storico. Max Weber vuole battere in breccia le pretese della
pseudo-oggettività e, dall'altro, rifondare un'autentica oggettività delle scienze storico-sociali.
Secondo Weber la mescolanza “della discussione scientifica dei fatti e del ragionamento riferito ai
valori” rappresenta una delle caratteristiche “più diffuse, ma anche più dannose” delle discipline
storico-sociali: esse possono e debbono aspirare all'oggettività delle scienze esatte. Insomma, ci
pare che l'obiettività dello storico si identifichi in un atteggiamento di onestà intellettuale che
comporta :
1. che egli dichiari preliminarmente, secondo invito di Marrou, “l'orientamento del suo
pensiero e “”i postulati da cui si muove”
2. che egli operi all'insegna di ciò che Bloch onesta sottomissione alla verità e quindi a
rifiutare lo schema operativo contraddetto dai risultati della ricerca. Ciònonostante
ciò avvicina, secondo Bloch, lo storico al giudice, con la differenza che l'operazione
dello storico si ferma all'osservazione e alla spiegazione mentre quella del giudice
arriva alla sentenza.
Lo storico non deve dunque giudicare, ma unicamente comprendere; questo il suo imperativo,
questa la sua autentica passione, questo lo scopo del suo lavoro. Nessuno studioso che voglia essere
qualificato come serio potrebbe lasciarsi andare alla smania di giudicare.
I problemi della ricerca
La metodologia

Il problema della conoscenza storica pone un interrogativo di fondo: “In qual modo la storia si
costituisce in discorso scientifico?”. La risposta si può trovare solo sulla pratica storiografica.
Accade invece che giornalisti, diplomatici di carriera, uomini politici, esponenti di professioni
liberali, si improvvisino autori di sedicenti studi storici. La ricerca storica è legata ad una
professionalità specifica, postula appunto l'acquisizione di uno statuto disciplinare scientifico.
Tuttavia gli storici devono possedere una metodologia della ricerca storica. Ogni studioso di storia
deve muoversi con gli adeguati strumenti e deve avere alle spalle una ricerca nella teoria
storiografica. La metodologia è “l'esposizione dei canoni del procedimento storiografico”. In Italia
fra il XIV e il XVI secolo e altrove quando si incomincia a praticare la storia sulla base delle
testimonianze, si avvia una concreta riflessione sul metodo. Tuttavia, seppur il metodo sia
essenziale, cadrebbe nello stesso errore colui che lo pensasse cristallizzato, fermo e permanente.
Max Weber ha rilevato che “la metodologia può sempre essere soltanto un'autoriflessione sui mezzi
che hanno trovato conferma nella prassi, e l'acquisizione di una loro esplicita consapevolezza non è
presupposto di un lavoro fecondo più di quanto la conoscenza dell'anatomia sia presupposto di una
corretta andatura”.
Il filo rosso della metodologia è costituito dall'esigenza di fornire uno statuto scientifico alla ricerca,
ossia di dotare la storiografia di regole proprie, di una grammatica interna, di un dizionario
specifico. La metodologia “è il solo autentico fondamento della scientificità della storia”.

La dottrina delle fonti

L'euristica è la scienza della ricerca. La sua etimologia greca rinvia al verbo greco heurisko che
significa appunto cercare, trovare. Anche la parola storia significa nel suo etimo, ricerca, quindi
potremmo sostenere che “ricerca storica” è un'investigazione particolarmente accurata, una doppia
ricerca, ricerca nella ricerca. La prima ricerca, di carattere generale, riguarda il quadro della
disciplina, la definizione dei concetti base, l'acquisizione dello strumentario. L'eucaristica ha però
anche un significato secondo, più tecnico. Essa si identifica nella dottrina della fonti. I documenti
sono alla base della ricerca e senza documenti non si fa storia. Ma ciò non deve diventare un alibi
per scrivere di storia limitandosi a frugare tra gli scaffali della propria biblioteca. Lo storico
autentico è chi, innanzitutto, pone un problema storiografico. Prima di interrogarsi sul dove
cercare, lo storico si interrogherà su quali saranno le fonti possibili. Una classificazione semplice,
ma capace di evitare fraintendimenti consiste nella definizione di fonti primarie e secondarie. Le
prime sono le fonti in senso proprio, i documenti di qualsivoglia genere. Le seconde sono studi,
interpretazioni, ricerche, in breve ricostruzioni effettuate in epoca successiva.
Nell'ambito delle fonti in senso proprio possiamo accogliere le distinzioni tra edito e inedito. IN
realtà la classificazione procede ben al di là di questa semplificazione. Per Droysen le fonti si
suddividono in tre categorie : gli avanzi, ciò che resta del passato, lasciatoci da uomini o dagli
eventi, privo di intenzione di posterità. IN secondo le fonti vere e proprie ossia ciò che è stato creato
allo scopo deliberato di lasciare un ricordo. Infine i monumenti che stanno tra gli avanzi e le fonti.
L'altro grande metodologo tedesco, Ernst Bernheim, fornisce una classificazione più semplice
distinguendo i resti, che comprendono anche i monumenti, e poi la tradizione, ovvero la
trasmissione volontaria. Su stimolo di Croce, però, potremmo considerare tutto ciò come
documento: “per documenti sono da intendere tutte le opere del passato ancora rievocabili nei segni
e nelle scritture, nelle notazioni musicali, nelle pitture, sculture, nelle trasformazioni fatte della
specie terrestre, in quelle fatte nella profondità degli animi”.

La critica delle fonti

La critica delle fonti è la parte più importante della dottrina delle fonti. Il mestiere dello storico ha
bisogno della riflessione sulle fonti. La critica si raggruppa in due grandi categorie : esterna ed
interna. Poi Langlois e Seignobos dividono la critica esterna in critica di restituzione e di
provenienza. La prima è l'insieme di operazioni che ci restituisce nella sua lezione originale il
documento, lo storico dovrà percorrere il percorso nel senso inverso, cercando di restituire il testo
come l'autore lo aveva vergato. La critica di provenienza affronta tre questioni essenziali: da dove
arriva il documento? Chi ne è l'autore? Quando è stato prodotto?
Per quanto attiene alla critica interna si può distinguere la parte negativa, ossia la sincerità ed
esattezza, dalla parte positiva, ossia la critica dell'interpretazione. Questa è ciò che si chiama
ermeneutica. L'ermeneutica è deputata a fornire allo studioso che si confronta con il documento la
certezza che egli abbia capito, il testo. Per quel che riguarda la critica negativa siamo arrivati al
problema di fondo della critica delle fonti: l'autenticità del documento. Quindi bisogna individuare
se si trata di un falso, di un originale o di una copia. Da chi quando, dove, in quale forma e com'è
giunto. Il metodo critico implica apertura e pazienza. Ciononostante una fonte non autentica può
essere comounque una fonte per la storia. Per lo studioso di storia delle idee, in particolar,e prende
molto valore un falso. Un esempio importante di falso, sono i cosiddetti Protocolli dei Saggi di
Sion, falso che mirava a giustificare la repressione anti-ebrea.

La domanda dello storico

Nella teoria della storiografia si discute da tempo il concetto di casualità. Nel dibattito storiografico
dell'ultimo secolo, la casualità nella storia è uno dei temi più trattati: essa viene ridotta ad una
astrazione concettuale da usarsi con cautela, altre volte enfatizzata fino a riproporre l'idea di leggi
più o meno necessitanti, altre volte espunta dall'orizzonte storico. In tempi recenti si è assistinto ad
un ridimensionamento della teoria della causalità. Paul Veyne nega che la storia abbia cause, la
storia è sempre e innanzitutto un racconto. Più accettabile la posizione di Hughes che invita a
risolvere il problema aprendo la storiografia alle scienze sociali, le quali possono prestare un
complesso id categorie generalizzanti dotate di varia capacità esplicativa. Henri de La popeliniere
osserva che l'essenza della storia non consiste nella memoria bensì nel conoscere i motivi e le vere
occasioni di questi fatti. La causalità è ineliminabile dalla storiografia, poiché se non si intende la
storia come pura narrazione, essa implica sempre un certo grado di spiegazione e un certo livello di
interpretazione. Il lavoro dello storico non può prescindere da una documentazione relativa
all'oggetto dell'indagine. Bloch nota che ogni ricerca storica presuppone una direzione di marcia.
Poi secondo Marrou la ricerca storica nasce dalla delimitazione, scelta e concezione del soggetto
che la opera.

La storiografia : da Erodoto a Weber

Le origini della storia

Secondo Henru de La Popeliniere la storia è da ricercarsi dappertutto: nelle società primitive, nelle
canzoni, nelle danze, costituirebbero una sorta di “storia” naturale. Tuttavia la storia come fonte di
studio diventa matura con Erodoto, per cui, secondo molti, dopo di lui non verrà realizzato nessun
progresso per secoli. Secondo il britannico Collingwood la storiografia prima dei greci non esiste e
con Erodoto si avvia la storia autentica. In realtà in Erodoto miti e leggende occupano una posizione
rilevante. Ma bisogna dire che il mito è alla base stessa della storia, inoltre il mito sta alle società
contadine come la storia alle società politiche, dunque la storia nasce come attività legata alla
politica. Con Erodoto si precisa quello che con l'epica rimane indeterminato: lo spazio e il tempo.
La ricerca erodotea non si immerge più in un lontano e favoloso passato, ma si occupa del passato a
ridosso del presente.
È con Tucidide, tuttavia, che si guadagnano le rive della storia, abbandonando del tutto il pelago
della mitologia. Tucidide cerca di penetrare dentro gli avvenimenti Inoltre egli da molto importanza
allo studio dei fatti e in particolare alla ricerca delle fonti. Certamente con Tucidide la ricerca
storica è, al tempo stesso, riflessione metodologica su come si fa ricerca.
In generale gli storici della classicità greco-romana si comportano essenzialmente da osservatori dei
grandi cambiamenti politici e militari delle loro epoche. Per certi aspetti essi appaiono più
persuasivi dei testi storiografici medievali, in cui la storia è “ancella della teologia, cioè
un'aberrazione dello spirito”. Ciononostante nella produzione medievale troviamo spunti tutt'altro
che spregevoli. Un esempio è la Historia Langobandorum di Paolo Diacolo. In generale, tuttavia,
nell'alto medioevo la storia si riduce a un'attività cronistica. Bisogna però ricordare la nascita delle
epopee, cioè cicli di racconti in forma poetica, strumento importante per popolarizzare la storia.
Attraverso esse la storia entra nelle lingue volgari.

La storiografia moderna

All'umanesimo più d'uno guarda come l'inizio della storiofia, propriamente detta. Nel XIV e XV
secolo lavora innanzitutto Leonardo Bruni, la cui storiografia ha carattere annalistico, cioè di
racconto disposto cronologicamente, secondo un criterio inaugurato da Tucidide. Vanno poi
ricordati Poggio Bracciolini, Flavio Biondi e Lorenzo valla, i quali contribuiscono a definire un
nuovo panorama, accomunati dalla concezione politica della storia. Inoltre la narrazione quattro-
cinquecentesca appare strettamente correlata e unita alla riflessione sulla storia. Saranno
Macchiavelli e Gucciardini a far compiere un salto di qualità al genere storiografico. Anche se il
loro modo di agire non è eccepibile, è indubbio che essi contribuiscono a dare autonomia alla
conoscenza storica, in una con la politica e lo stato.
Anche il Cinquecento francese, con la sua Reinassence occupa un posto di riguardo. Il carattere
della storiografia transalpina tra il XV e XVII secolo risiede nella dilatazione dell'attenzione dello
scrittore di storia. Si può parlare, specialmente per il Seicento, di una storiografia che contribuisce
all'identità e all'auto celebrazione della narrazione francese. In Italia il lavoro dello storico non
appare altrettanto sviluppato. Tuttavia non sarebbe giusto darne un giudizio troppo condannevole.
Basta ricordare che nel 1619, a Londra, sotto lo pseudonimo di Pietro Soave Polano viene
pubblicata una Istoria del Concilio Tridentino, del frate servita Paolo Sarpi.
É però soltanto l'età dei Lumi a costituire propriamente un modo di intendere la storia che è il
nostro. Voltaire è l'iniziatore della moderna storiografia, ovvero colui che fa assumere per primo alla
storia una sistemazione generale. Inoltre bisogna notare come, in questi anni, la storia venga
considerata il momento stesso in cui l'uomo indaga il proprio passato e la propria realtà. Tuttavia
non esiste solo la storiografia illuminista guidata dai philophes, ma emerge anche una tradizione
non propriamente illuminista. È il caso di Ludovico Antonio Muratori. Questa branca si dedica alla
trattistica metodologica oppure all'edizione di testi e documenti, con gusto più erudito-antiquario
che di ricerca.
Il primato storiografico settecentesco è indubbiamente francese: oltre a Voltaire va ricordato
Montesquie. Tra le scuole storiche, quella tedesca, che svolgerà un ruolo egemonico il secolo
successivo, nel Settecento acquista un peso che è oggetto di una costante rivalutazione. In
particolare l'università di Gottingen (1737), concepita come centro di ricerca. Essa segna il
passaggio, nell'attività storiografica, da una cultura di tpo erudito-antiquario a una cultura
tendenzialmente scientifica. Uno degli studiosi che guidano questo centro, Johann Gatterer ebbe a
scrivere : “La storiografia non è costituita semplicemente dalla biografia dei re, o dall'elencazione
cronologica di cambiamente di regno, guerre e battaglie”. Tra i tedeschi del Settecento va
annoverato J. Winckelmann, considerato l'inventore della storia dell'arte.
Nel Settecento è però importante soprattutto la scuola britannica, la quale annovera tra i suoi
membri Edward Gibbon, il quale esamina gli avvenimenti, senza pregiudizi.

L'Ottocento

L'età della maturità della storiografia è comunque l'ottocento. La disciplina si colloca nell'ambito di
grandiosi processi di trasformazione della società europea e americana, dell'affermazione di
meccanismi istituzionali per la conservazione e la memoria collettiva e per la traduzione del
dominio politico-economico in egemonia culturale dei ceti borghesi. Un esempio è l'Archivio
storico italiano fondatonel 1811 a Firenze da Giovan Pietro Vieusseux.
Intanto bisogna ricordare che la rivoluzione francese facilitò lo studio della storia: essa aprì gli
archivi pubblici. Più in generale la cultura storica della prima metà dell'Ottocento vanta rapporti
decisivi con la Grande Revolution. Il Romanticismo propugna un ritorno sentimentale al passato. La
caratteristica di fondo della storiografia romantica è il suo nazionalismo: i romantici ritengono che
solo la storia nazionale dia degna d'interesse. SI afferma il legame tra attività storiografica e utile
pubblico. Un posto centrale occupa lo spirito del popolo a cui i romantici si dedicano in
atteggiamento di chiusura verso le altre comunità nazionali. Esiste ovviamente un romanticismo
extragermanico. Nel 1812 la prima cattedra di storia alla Sorbona e nel 1819 viene fondata una
scuola per la formazione di archivisti e bibliotecari. Va ricordato, però, che in ambito francese è
sconosciuto il rigore del metodo, tendenzialmente scientifico che Leopold Von Ranke insegna in
Germania a partire dalla stessa epoca. Tuttavia rimaniamo ancora in Francia dove Jules Michelet
mira a proporre la narrazione francese come farò di civiltà. Michelet ha in mente una storia globale.
Egli anticipa filoni di ricerca della nouvelle historie . In modo simile opera Thomas Carlyle, che va
considerato tragli scrittori politici. Alla ragione contrappone l'intuizione creatrice, e il suo
soggettivismo è totale. Peculiare il suo disinteresse per gli aspetti economico-sociali e persino per
quelli politici delle vicende umane: la storia per Larlyle è unicamente storia di invidivdui.
Dell'oriantamento scientifico è rappresentnate Leopold Von Ranke , esponente principale
dell'università berlinese. Lo studio della storia va ricostruito a partire dalle fonti primarie, cioè le
relazioni e le lettere di statisti e diplomatici. A Ranke soprattutto spetta il titolo di arteficie del
metodo critico-filologico: non si dà la storia senza fonti dirette e primarie. Ranke vede nella storia
la prova che lo svolgersi degli eventinon può avvenire per salti e rotture, bensì lungo una linea di
continuità. La storiografia rankiana rifiuta ogni tentativo di stabilire leggi, volgendosi non al
generale ma al particolare; per cogliere le forze operanti della storia, lo storico deve narrare. Il suo
è un atteggiamento di opposizione alla filosofia della storia. La storia è ricostruzione della nuda
verità.

Tra positivismo e marxismo

Nell'età del trionfo della borghesia si pongono le basi per una cultura della scienza, per un'ideologia
del progresso, per nuove certezze istituzionali nel lavoro intellettuale. Nella Francia di questi anni si
mettono a fuoco le regole del lavoro storico, se ne definiscono gli strumenti. Il carattere conoscitivo
ed esplicativo, non giudicante, del suo lavoro; la positività della scienza storica, cioè il suo carattere
antifilosofico. Non ci sono leggi che la storia debba scoprire: esistono soltanto regole di qui la
storiografia deve servirsi per descrivere correttamente il passato. Nella storiografia tedesca è
protagonista di un'alternativa al modello rankiano Karl Lamprecht: per lui la nuova storia dev'essere
una storia collettiva; lo storico deve rompere con la tradizione individualistica. È l'idea che la storia
possa e anzi debba essere praticata secondo canoni generali delle scienze esatte: il sapere è
interpretato come ricerca di leggi, formulazione di ipotesi, elaborazione di spiegazioni causali e
generali. Non tutti concordano: particolarmente importanti Dithley e Rickert. Con questi due autori
siamo nell'ambito dello storicismo tedesco contemporaneo e che nulla ha che fare con Marx ed
Engels. Marx nella storia cerca di individuare leggi generali. D'altronde lo scopo per Marx storico è
il mutamento sociale, nel segno più radicale.
In definitiva prima della grande guerra è difficile parlare di una storiografia marxista, anche se i
richiami alla concezione materialistica della storia e i tentativi di una sua applicazione sono
tutt'altro che infrequenti nella produzione di autori, di orientamento socialista.

La nascita della storiografia culturale tra Otto e Novecento

Jacob Burckhardt possiamo trovare il rappresentante più lodevole della storia della cultura e della
civiltà. Egli è l'inventore della Kulturgeschchte, ove la ricerca delle manifestazioni del genio
individuale e collettivo si nutre di elementi biografici, politico-istituzionali, filosofici e
specialmente artistici. Alla storia della cultura fornisce un contributo importante Karl Lamprecht a
cui interessa la storia della collettività, a cominciare dal Volk: la cultura non è altro che la
manifestazione della psiche sociale.
Più in generale nella storiografia del XIX secolo si va manifestando un nuovo interesse per i diversi
settori dell'elaborazione e della produzione culturale: nascono storiografie specifiche.

La storiografia contemporanea: il primo mezzo secolo


Verso una nuova storia

Nel periodo compreso tra il 1870 e il 1930 la storia si trasforma in una disciplina professionale
autonoma. In questi anni si produce una rottura epistemologica, vale a dire l'arrivo di un insieme di
nuove concezioni del modo di considerare e organizzare i processi della conoscenza. Possiamo dire
che nel periodo in questione si verifica un cambiamento di paradigma. L'allargamento dell'angolo
visuale dello storico corrisponde al processo stesso di sviluppo della storiografia, che è un moto
d'incontro con le scienze sociali. Le cose non sarebbero andate cosi se non si fosse registrata
un'insoddisfazione verso la storia politica, una storia-racconto e una storia di avvenimenti politici.
Il marxismo contribuisce senza dubbio a svecchiare metodi e oggetti della storia. I primi a parlare di
new History sono gli statunitensi negli anni a cavallo della prima guerra mondiale: la loro bibbia è
l'omonimo libro di James Harvey Robinson. Alla new history è connaturata l'idea che la episodical
historiography non possa essere più considerata una branca delle belle lettere. Come in Francia e in
Germania anche negli Usa, appare peculiare l'insoddisfazione verso la storia puramente politico-
diplpomatico-militare (evemential). Cosi si accompagna a questa l'interesse per le strutture sociali.
Echi del marxismo anche nel presentismo, quell'atteggiamento degli storici dal forte impegno
politico.
Analogamente nel vecchio continente il gruppo delle Annales, recepisce una buona parte della
lezione non soltanto in Marx, ma anche di molta ricerca storica che a Marx variamente si richiama.
Gli antecedenti delle Annales cominciano dal'opera di paul Lacombe De Histroire considereé
comme scienze, del 1894, che ripropone l'ideantità tra storia e sociologia, ma aggiunge due novità.
Da un canto, la distinzione tra ciò che appare accidentale (evemential) e chò che è generale
(instituniel): la storia scientifica è quella che mette da parte i meri eventi, i fatti singolari.
In maniera analoga, ma spiengendo di più per l'indirizzo sociale, Emile Durkheim, fondatore nel
1896-97 dell'Anneée Sociologique, la quale ripropone di essere insieme un organo d'informazione
sulle ricerche delle scienze sociali e un tentativo di indirizzarle a un confronto vivo, in particolare
con la storia. Proprio Durkheim e il gruppo delle Année Sociologique sono i suggeritori primi di
una nuova iniziativa, Revue de Synthese Historique, fondata da Henri Berr. A suo avviso occore
riconoscere la funzione dell'elemento intellettuale e psicologico nella storia.

Le Annales

Tra i collaboratori più giovani della Rvue è Lucien Fevbre, studioso con forte interesse per la
geografia umana. La rivista accese l'importanza come organo di facoltà di Lettere della Université
francaise de L'alsace francaise, luogo dove Bloch e Fevbre s'incontrano nel 1920. Bloch è autore
dell'opera più innovativa di quegli anni, Les rois thaumaturgs (1924) che sviluppa la realtà della
mentalità collettiva, oltre che della lunga durata. Di mentalità e psicologia si occupa Fevbre . Un
altro elemento che emerge dal suo lavoro è il rifiuto di atribuiro un ruolo privilegiato ad alcun
settore della vita delle società passate: tutto ha la sua importanza ai fini della ricostruzione storica.
In generale Fevbre lavora sulla pase di uno psicologismo che privilegia gli individdui, mentre Bloch
non si allontana mai dal loro sostrato sociale, cercando di definire le categorie di popolazione in cui
la sua analisi si inserisce.
L'esperienza della rivista di Berr è decisiva per indirizzare il lavoro di Fevbre e Bloch, al punto che
alcuni sostengono che la vera storia dele Annales ha inizio non con la fondazione nel 1929 ma con
la nascita, nel 1900 della Revue.
Fin dal primo numero, i due studiosi lanciano un appello circa la necessità degli scambi intellettuali
tra studiosi di discipline diverse. SI può dire che le annales nascano sotto il segno della
multidisciplinarità. Intanto Fevbre fornisce un contributo importante alla definizione della linea
storiografica, con la pubblicazione del lavoro su Reblais in cui definisce il concetto di attrezzatura
mentale, facendoci comprendere come non si possa studiare un'età diversa e lontana dalla nostra
senza rifarsi a quel tipo di outillage mental che in essa veniva adoperato.

Tra cultura e politica

Mentre le Annales lavora, in ambito anglo-americano e tedesco si va delineando una storiografia


specificatamente culturale. Nell'ambito della new history nordamericana si comincia a parlare di
intellectual history, una storiografia che respinge le suddivisioni tra le aree disciplinari, per
concentrarsi piuttosto sulla ricerca di legami, snodi e punti d'incontro non soltanto fra esse, ma con
la società nel senso più ampio, e non si limita a guardare ai prodotti (le idee), bensì anche ai loro
produttori. Nello stesso anno in cui Bloch pubblica la sua opera su i re taumaturghi, Meinecke
pubblkica la sua mirabile ricerca su un concetto chiave della politica, “la ragion di stato”. A
Meinecke può essere accostato Ritter, che come e più di Meinecke è storico politico, oltre che
storico delle idee. In posizione più appartata e isolata si colloca l'olandese Johan Huizinga.
L'autunno del medioevo, apparso nel 1919, è uno di quei testi della storiografia di cui oggi forse
apprezziamo soprattutto il carattere letterario. Uomo dagli interessi ampi e vari, Huizinga è storico
della cultura nel senso più proprio, sebbene essa assuma connotati di sicura originalità. Intesa nel
significato più ampio, la cultura è il campo stesso d'indagine della storia, secondo Huizinga, il
quale, e qui risiede una delle ragioni dell'originalità della sua posizione, dà spazio alle diverse forme
della creatività umana.
Influenze della storiografia si colgono altresì nel lavoro di Arthur Lovejoy, che comincia a parlare
di storia delle idee. Lovejoy pone l'attenzione ai presupposti diffusi di un pensiero agli abiti e alle
abitudini mentali che ne favoriscono la nascita e la diffusione. La history of ideas è insieme più
specifica e meno limitata rispetto alla disciplina di cui è figlia, la storia della filosofia.

Le nuove storie: il dopoguerra


La scuola di Bloch e Febvre

Dalle mani di Febvre le Annales passano a Fernand Braudel, scelto da Febvre come delfino. Le
annales non tardano a trasformarsi “nell'organo ufficiale di una chiesa ortodossa”; la rivista entra a
far parte di un complesso insieme di strutture universitarie, editoriali e in senso lato culturali, tanto
da proporsi come un ganglio essenziale dell'estabilishment intellettuale francese, con crescenti
diramazioni internazionali.
La prima opera di rilievo di Braudel è un imponente e variegato affresco dell'arena mediterranea nel
Cinquecento. “Modelli”, “lunga durata”, e “struttura” sono i concetti chiave dell'universo
metodologico braudeliano. Il modello è per Braudel non uno schema di comodo, ma un tipo ideale
realisticamente inteso, ossia il tentativo di interpretare la realtà, che da essa parte e ad essa ritorna.
La struttura è quella realtà durevole che permane al di sotto degli eventi politici, che resiste alla
trasformazioni superficiali. La lunga durata identifica le strutture sociali che resistono con forza
insospettata alle sollecitazioni e agli interventi degli uomini. Essa è il tempo per eccellenza, che non
vuole limitarsi alla storia degli eventi. Braudel rompe i limiti della tradizionale storia economica per
introdurre la vita quotidiana nella storia, inserendola in uno sforzodi sintesi armonica nelle grandi
tendenze economiche e sociali dell'epoca.
Nella storiografia delle annales ha comunque unposto di rilievo il metodo quantitativo, il quale
viene proposto progressivamente nella storia delle mentalità, il cui principale esponente, dopo
Febvre, sarà Robert Mandrou.
La terza generazione

Siamo cosi entrati nella terza generazione (quella di Duby, Le Goff, Le Roy Ladurie, Furet e gli
altri) nella quale l'esplorazione di nuovi modi di fare storia, e la conseguente ricerca di nuovi tipi di
fonti, sono proseguite in direzione soprattutto delle mentalità, della psicologia collettiva,
dell'antropologia simbolica, di soggetti sociali particolari quali le donne o i giovani. Lo studio della
mentalità per Jacques Le Goff è costituita da ciò ogni singolo ha in comune con gli uomini della sua
epoca. Diversamente dalla storia delle idee, la storia delle mentalità non mira a cogliere
l'individualità genetica e la caratterizzazione singolare di un pensiero attraverso la ricostruzione del
percorso biografico del suo autore o del contesto micro e macrostorico in cui egli si colloc, ma
piuttosto a cogliere ciò che quel pensiero e le abitudini di vita che sono alle sue spalle, hanno in
comune con modi e abitudini di più ampio raggio.
Mandrou, contrastato da Braudel, non riuscendo a mantenere la linea di Febvre tra il 1967 e il 1974,
insieme a Philippe Ariès, lancia la collana “Civilisations et mentalitès”.
Dopo il 1945 ci si indirizza verso tematiche concernenti la storia dei sentimenti e della sessualità, di
cui sarà iniziatore Michel Foucault, il quale nei suoi studi fa opera di storia del pensiero, volendo
affrontare problemi di ricostruzione ma soprattutto questioni teorico-concettuali. Per Foucault la
storia deve rinunciare alla totalità per occuparsi piuttosto dei frammenti. La storiografia praticata
dalle Annales, a partire dagli stimoli foucaultiani, descrive continuità di una forma discontinua, è
una storia-problema, invece di essere una storia narrazione. Lo storico deve sostituire lo sforzo di
spiegazione di una questione storica allo sforzo di ricostruzione di un evento unico.
Nel secondo dopoguerra, in definitiva, la storia diviene “il laboratorio sperimentale” delle scienze
sociali, e la globalità rappresenta in tal senso un'idea limite, cui lo storico può guardare in uno
sforzo di appropriazione di concetti, metodi e punti di vista di altre discipline. Ne consegue, dal
momento che queste mirano a cogliere i problemi dell'uomo nella società, che dire “storia totale”
equivale a dire “storia sociale”: l'una e l'altra rappresentano una sfida alla storia politica, o meglio
alla sua tradizionale egemonia, sfida di cui gli annalisti sono i portatori.
Lawrence Stone ha ricapitolato i risultati della nuova storia:
1. si è dato ai testi prodotti di carattere analitico
2. si è posto domande sul perchè piuttosto che sul come
3. si sono affrontate tematiche inedite
4. la nuova storia è rappresentata dalle masse anonime

La sinistra storiografica

Le Annales non sono un'isola nel deserto. Si sono sviluppati molti movimenti che hanno avuto
influsso dal marxismo. Ciò non significa l'accettazione di una storia ideologica, abdicando al
mestiere dello storico. Il tratto fondamentale del rinnovamento storiografico è la dilatazione dello
sguardo dello studioso, l'ampliamento dello spazio della storia. É un dibattito incessante che si
sviluppa nelle ricerche e si manifesta nelle riviste, a cominciare dalla britannica “Past and Present”,
nata a Oxford nel 1952. E' sintomatica la concomitanza d'azione e la somiglianza d'intenti con le
Annales. Tuttavia, fin dall'inizio, si fa richiamo a Bloch e Febvre.
Past and Present vorrebbe capire il senso del mutamento sociale, coglierne le leggi di sviluppo,
anche se i suoi direttori danno molta importanza all'intervento umano per ritenere che esista
un'evoluzione naturale. Analogamente dichiarano la propria diffidenza verso ogni uso improprio,
generico, anacronistico di concetti che dovrebbero servire da chiavi universali dei problemi storici.
In sostanza, mentre si rende esplicito il dissenso verso ogni concezione idealistica o
provvidenzialistica della storia, sull'altro versante si respinge la concezione rankiana, meramente
accertativa e fattualistica. La posizione dei fondatori di Past and Present è favorevole ad una
storiografia scintifica, multidisciplinare, non eurocentrica, attenta soprattutto al versante sociale
della storia. Seppur non citato, l'ombra di Marx si staglia all'orizzonte.
La Gran Bretagna, del resto, appare il luogo più aperto a una storiografia che risente della lezione
marxiana, ma in modo intelligente empirico, lungi dalla demagogia. Grazie a studiosi come Eric
Hobsbawn, P Thimpson, Maurice Dobb il marxismo entra durevolmente nella cultura storica
mondiale.

Altre storie

La storiografia schierata a sinistra si caratterizza per la scelta dei temi; essa implica un tipo di
ricerca calato nella dimensione sociale. Il principale centro d'iniziativa è un'istituzione olandere a
carattere sovranazionale, l'International Reinstitute for social History di Amsterdam, la quale
documenta la vita del movimento operaio nelle sue articolazioni nazionali dei suoi capi politici e
sindacali, dei suoi teorici. Im importante italiano è l'istituto Giangiacomo Feltrinelli, nato a milano
nel 1950.
Negli anni settanta si costituisce la facoltà di Storia presso l'università di Bielefeld e viene fondata
nel 1975 la rivista Geschichte und Gesellschaft. La rivista si proclama fin dall'esordio centro di
ricerca interdisciplinare, ove la scienza storica si integra con gli stimoli proveniente dalla sociologia
vera e propria, ma anche dalla politologia e dall'economia.
Ennesima testimonianza che non solo le Annales è indirizzata verso un rinnovamento storiografico.
Tuttavia grazie, in primo luogo, alle Annales la storiografia contemporanea ha registrato una
detronizzazione della storia politica. DI conseguenza le tradizionali scansioni cronologiche
connesse agli eventi politici sono andate perdendo di rilievo a vantaggio di altri fattori, a cominciare
appunto da quelli socio-economici. Il prevalere di quest'ultima da il via alla new wconomic history
che è attenta più ai processi che alle istituzioni dell'economia. Legata alla storia economica è la
nascita della demografia storica. Dalla storia economica soono andate differenziando per
partenogesi la storia dell'impresa e la labour history.
Alla lunga, tuttavia, i filosni storiografici quantitativistici e strutturalistici hanno finito per suscitare
severe critiche. Il privilegiamento del lungo periodo, della continuità sulla discontinuità,
l'assunzione delle masse anonime come oggetto d'indagine, la scelta di vicende minori e minime per
capire tendenze maggiori: tutti questi elementi hanno dato vita a polemiche in una parte del mondo
storiografico. In particolare, hanno contribuito a sollevare reazioni sia una certa involuzione
tenicistica e documentariristica, che finiva pèaradossalmente per appiattire su una cultura
neopositivistica la nuova storia.

Il novecento storiografico italiano


Tra positivismo e idealismo

Nel 1903 in Italia si svolge il terzo Congresso Internazionale di scienze storiche. IN questa
occasione è possibile evidenziare la forte differenza nel pensiero storico italiano di quel tempo. Se
infatti a presiedere l'assemblea è Villari, a presiedere la sezione “metodi della storia” è Benedetto
Croce. A Villari si assegna, usualmente, la paternità del positivismo italiano, che lui propugnava
come metodo e non come teorizzazione filosofica. Dal Canto suo Croce enfatizzava l'importanza
del giudizio, del punto di vista dello storico. A lui e a Gentile si deve quel vento di rivolta
antipositvistica che passa sul novecento italiano. La loro concezione della storia decisamente
collocata nella contemporaneità dell'evento o del pensiero che si studia e nella soggettività dello
studioso che lo ricostruisce esprime in modo sufficientemente chiaro il rifiuto del fatto storico in se
stesso.

Volpe e Salvemini

Prima della pubblicazione della Storia d'Italia di Croce esce nel 1927 Italia in Cammino di
Gioacchino Volpe, che ha un orientamento favorevole al regime. Accanto a Salvemini, Volpe è lo
storico italiano più eminente del primo quarto di secolo. Tuttavia i due si troveranno divici, infatti
Salvemini preferì la via dell'esilio mentre Volte negherà problemi di libertà nel regime fascista.
Tuttavia sono vicini per mtodi storiografici: allontanandosi dai modelli imperant, essi hanno dato
vita, nei decenni precedenti, a una tendenza storiografica originale che prende il nome di “scuola
economico-giuridica”, in cui i semi del marxismo fruttificano se non altro per la'attenzione
materialistifca al momento socio-economico della storia.
Volpe, professore ma anche giornalista militante, si avvicinerà al nazionalismo sia pure nella
convinzione di una comunità con il Risorgimento, diventando poi anche storico del fascismo e
autorevole esponente della cultura del regime.
Sostenitore dell'avvicinamento tra ricerca storica e scienze, Salvemini subisce l'influsso del
marxismo che si traduce in una precisa tendenza a superare l'indagine sulle questioni istituzionali,
occupandosi di problemi sociali.

Chabod e la nuova storiografia sotto il fascismo

Allievi di Volpe, e spesso influenzati da Salvemini, saranno i migliori storici della generazione
seguente, a cominciare da coloro che sono stati chiamati “tre moschettieri” della nuova storiografia:
Federico Chabod, Walter Maturi, Carlo Morandi. Chabod è storico politico nell'accezione più alta
del termine, ma nel contempo dà un contributo essenziale al rinnovamento storiografico dell'Italia
fra le due guerre. La storia della politica estera italiana è il coronamento della fatica storiografica di
Chabod: un ricco affresco delle dottrine e delle ideologia politiche, ma anche delle tensioni sociali e
dei movimenti individuali. In termini sintetici la sua lezione storico può essere cosi riassunta:
inserimento delle vicente italiane nel contesto internazionale; uso particolare, intelligente, dei dati
economici; primato concesso, in fatto di spiegazione storica, all'agire umano.
Il risorgimento è il grande tema della prima metà del secolo nella storiografia italiana, e
specialmente nella storiografia politica e delle idee. Ad esso si dedica anche Nello Rosselli, fratello
di Carlo, con il quale morirà nel 1937 in Francia, vittime dei sicari fascisti.

Tre maestri

La storiografia sul Medioevo, sul rinascimento, sull'età moderna oltre che sul Risorgimento
produrrà risultati apprezzabili, tra tutti tre nomi: Arnaldo Momigliano, Delio Cantimori, Adolfo
Omodeo. Su di loro pesa l'idealismo crociano. Momigliano è storico italiano riconosciuto
internazionalmente che ha saputo interpretare il problema della domanda storica. Croce è un punto
di riferimento per Cantimori mentre Omedeo è il più autentico continuatore della concezione etico-
politica della storia.

Tra regno e repubblica: storie speciali e ambiti cronologici

La storiografia dell'antichità ha avuto al suo centro Arnaldo Momigliano il quale ha lavorato


prevalentemente fuori dall'Italia. Ma questo ambito di studi ha sofferto del peso del fascismo, nella
cui ideologia e nei riti di massa la classicità, svolge un ruolo decisivo.
Da questo punto di vista le cose sono andate meglio per la medievistica. Un richiamo va
innanzitutto a Ernesto Sestan che prende il testimone da Salvemini, e appare oggi uno dei pi grandi
nella storiografia italiana del Novecento.
Di una situazione di privilegio ha goduto la modernistica che ha potuto avvalersi di uno storico
quale Franco Venturi.Grazie a lui la storiografia italiana è tornata a dialogare con la cultura europea
dopo l'isolamento autoritario e provinciale del periodo fascista e ha rinnovato lo studio di problemi
essenziali della storia del Settecento e dell'Ottocento. Studiando l'illuminismo, il popolumismo
russo, il socialimo e il comunismo Venturi è sempre storico di riforme, attento cioè a quanto, nella
vicenda delle idee, uomini, popoli, classi e nazioni, ha espresso moti di cambiamento politico
sociale, culturale
Il campo della contemporaneistica è quello più spinoso. La storia contemporanea si è sviluppata
essenzialmente intorno all'asse tematico del Ventennio. La caduta del regime significherà
immediatamente una sorta di resa dei conti storiografica. L'esponente di maggior spicco è Renzo De
Felice, i cui meriti di ricercatore sono fuori discussione, ma al quale si possono addebitare gli errori
d merito, le arbitrarie selezioni di fonti e nelle fonti, le semplificazioni interpretative, e, in
definitiva, gli insostenibili giudizi elogiativi o benevolmente assolutori verso Benito Mussolini,
giudizi che si fnano severamente critici agli avversari del duce. Oltre alle storie legate ai periodi
abbiamo le storie speciali, ossia di particolari ambiti. Cosi, per fare qualche esempio, la storia
economica ha goduto del retaggio di uno studioso come Gino Luzzatto e della sua adesione al
materialismo storico.

La storiografia nell'Italia repubblicana e il ruolo del marxismo

Gli anni tra il 1945 e il 1956 sono di grande effervescenza intellettuale, e la cultura di sinistra ne
appare protagonista benchè, in maniera più sotterranea e forse più efficacie, lavori e resista la
cultura cattolica, indubbiamente favorita sul piano economico e istituzionale dell'incipiente potere
democristiano. Un ruolo decisivo è svolto dalla scoperta del pensiero di Gramsci. La discussione
seguita alla pubblicazione dei Quaderni del carcere è immediata: chi aveva parlato di Gramsci fino
ad allora aveva prevalentemente svolto interventi di tipo politico o taglio memoralistico. Tutta la
cultura italiana dopo il 1947 è toccata direttamente o indirettamente da Gramsci: quindi anche la
storiografia. Dal gramscismo risulteranno contaminati anche storici politicamente moderati, come
Rosario Romeo. Ma da questi scritti giunge anche il lievito dell'antidogmatismo
Potrebbero essere considerati due storici indipendenti come Franco Venturi e Leo Valiani, entrambi
provenienti dalle file dell'azionismo. In Venturi troviamo Croce, senza però appiattimento alcuno
sulla storia etico-politica, ma troviamo Salvemini, Marx, la storiografia delle Annales e la più valida
ricerca italiana del novecento e una straordinaria attenzione a tutto quanto di buono, cioè di
seriamente documentato e rigorosamente argomentato, la storiografia abbia mai prodotto, anche
quando, non si tratti di nuova storia. Il suo sociologismo, la sua passione, apparsa con il tempo
quasi maniacale per le minuzie della storia, tanto più se collettive, il suo rigetto per la narrazione
storica, il disprezzo per la visione politica. IN particolare l'opera venturiana poggia sulla
convinzione che nella storia una funzione decisiva spetti alle elitè intellettuali e politiche, a quegli
individui colti ed eticamente pervasi dalla responsabilità per il pubblico .

Quando tra gli anni sessanta e settanta si profila una storiografia che non vi autoetichetta ne
marxista ne idealista allora la situazione storiografica italiana comincia a respirare aria nuova. La
ricezione delle annales si colloca a questo punto e, accanto alle suggestioni della rivista francese, si
percepiscono, anche da noi, i segni e gli echi delle nuove storie e della nuova filosofia analitica
della storia.
In realtà a partire dai secondi anni settanta l'ondata della contestazione si ripercuote
sull'organizzazione del sapere e sui settori della ricerca scientifica. SI assiste a una esplosione di
domanda storica.

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