Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Sessione III
Anno Accademico 2015 / 2016
1
1 - INTRODUZIONE 4
a - Anamnesi 31
b - Prick-test per Inalanti 32
c - Rinomanometria Anteriore Attiva 34
d - CT del Massiccio Facciale 35
e - Endoscopia Nasale 35
f - Citologia Nasale 35
5 - Il REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO 45
2
b - La Diagnosi di Sindrome extra-Esofagea 67
c - La pH-impedenzometria delle 24h 68
8 - CONTRIBUTO PERSONALE 76
Capitolo 8 100
3
1 - INTRODUZIONE
Assieme a questi aspetti più squisitamente “clinici”, la MRGE è diventata una sfida
per la comunità medica anche per la sua crescente frequenza, un ulteriore aspetto
che comporta problemi gestionali di portata non indifferente: nel corso di questi ultimi
anni si sono susseguite numerosissime linee guida tutte volte a contenere i costi di
diagnosi e terapia di MRGE, pur mantenendo alta l’accuratezza diagnostica.
4
reflusso con danno esofageo; queste ultime possono essere schematicamente
classificate come le “complicanze” del reflusso.
Diverso è il discorso per la sindrome extra-esofagea: è oggi ampiamente dimostrato
come il reflusso possa manifestarsi, talora in via esclusiva, attraverso segni e sintomi
apparentemente slegati dal distretto gastro-esofageo.
Ed è proprio in merito alla sindrome extra-esofagea che si è accesa l’attenzione
dell’otorinolaringoiatria: grazie alla Classificazione di Montreal del 2006 [1] notiamo
come una grande parte delle affezioni extra-esofagee della MRGE riguardi appunto i
distretti di pertinenza ORL; gli autori rilevarono come alcune di queste affezioni
fossero di certo associate alla MRGE (tosse, laringite ed asma da reflusso)mentre
per numerose altre l’associazione era stata solo ipotizzata.
Queste “ipotesi” riguardavano principalmente la faringite cronica, la rinite cronica,
l’otite media ricorrente e la fibrosi polmonare.
Alla luce di queste osservazioni, nonché sulla scorta della letteratura esistente
riguardante le cosiddette manifestazioni ENT (Ear-Nose-Throat)ed i meccanismi alla
base delle stesse (ovvero il reflusso laringofaringeo), si è deciso di eseguire uno
studio caso-controllo nel quale si sarebbe cercato di dimostrare in maniera chiara la
relazione tra CRS e MRGE.
Questo studio si sarebbe caratterizzato per l’impiego delle due migliori metodiche
diagnostiche attualmente disponibili per le rispettive patologie: la citologia nasale, sul
“versante rinitico”, e la pH-impedenzometria esofagea delle 24h, su quello
“reflussivo”.
5
2 - ANATOMIA & FISIOLOGIA delle VIE AEREE SUPERIORI
Con “vie aeree superiori” si indica quel tratto respiratorio che si estende dalle narici
al laringe.
Tale tratto ha la sua apertura esterna costituita dalle narici, proseguendo nelle cavità
nasali di destra e di sinistra ed aggettando nel faringe tramite le coane; da qui si
prosegue caudalmente attraverso le rinofaringe, orofaringe e laringofaringe,
giungendo infine al laringe.
Le cavità nasali non vanno intese come banali tramiti “passivi” attraverso le quali
l’aria giunge alle porzioni più distali del sistema respiratorio: già dalla sua stessa
costituzione anatomica appare chiaro come il naso svolga un ruolo di primo piano
nello svolgimento della funzione respiratoria, e non solo.
Il naso risulta costituito da due cavità (destra e sinistra)tra loro distinte dal setto
nasale; queste due cavità trovano i loro limite rostrale nell’apertura narinale, quella
dorsale nelle coane.
Possiamo schematicamente suddividere le cavità nasali in tre porzioni principali [13]:
• vestibolo nasale → porzione più rostrale, delimitata dorsalmente dal limen nasale.
• porzione olfattoria → di estensione variabile, costituisce la volta delle cavità nasali;
contiene le terminazioni nervose del I° paio di nervi cranici.
• cavità nasale propriamente detta → è la porzione più cospicua; delimitata dal
vestibolo nasale (rostralmente), dalla porzione olfattoria (cranialmente)e dalle
coane (dorsalmente). Qui sboccano i seni paranasali.
6
- PARETE MEDIALE
costituita dalla faccia laterale del setto nasale.
- PARETE LATERALE
caratterizzata da tre rilievi detti turbinati, distiniti in turbinato superiore / medio /
inferiore.
I turbinati sono costituiti rispettivamente dai cornetti nasali, strutture ossee
associate ai rispettivi meati (caudo-lateralmente). Essi svolgono un ruolo di
primaria importanza nel condizionamento dell’aria inspirata.
- PARETE SUPERIORE
suddivisa rostro-dorsalmente nelle porzioni fronto-nasale, etmoidale e sfenoidale,
in quanto costituita dalle rispettive tre ossa dello splancnocranio.
- PARETE INFERIORE
costituita dal processo palatino dell’osso mascellare nella porzione rostrale, dalla
lamina orizzontale dell’osso palatino nella porzione dorsale.
7
Fig. 2.3 Fig. 2.4
Tab. 2.1
É possibile suddividere i tessuti che tappezzano le cavità del naso in base alla
divisione vestibolo / cavità nasale propriamente detta / porzione olfattoria,
precedentemente esposta [14].
1) VESTIBOLO NASALE
Il vestibolo nasale si trova ad essere tappezzato da una cute sottile costituita da
epitelio pavimentoso stratificato che, in corrispondenza del contorno delle narici,
penetra nella cute esterna .
Questa porzione di epitelio è ricca di annessi: vibrisse, ghiandole sebacee,
ghiandole sudoripare apocrine ed eccrine.
Lungo il margine dorsale la cute vestibolare passa ad epitelio di transizione
8
9
batiprismatico stratificato non-cheratinizzato, nel quale notiamo la perdita degli
annessi precedentemente descritti e la comparsa di ghiandole tubulo-acinose
ramificate (elemento caratteristico della mucosa respiratoria).
2) CAVITÁ NASALE PROPRIAMENTE DETTA
La cavità nasale propriamente detta è uniformemente tappezzata da epitelio
colonnare pseudostratificato, la vera e propria “mucosa nasale”; tale epitelio
risulta poggiante su di una lamina basale, la quale separa l’epitelio dalla tonaca
propria.
I tipi citologici che compongono la mucosa nasale vengono illustrati nella tabella
nella pagina seguente [Tab. 2.2].
Fig. 2.9
10
c - Fisiologia della Mucosa Nasale
• FUNZIONE AEREODINAMICA
La capacità del naso di “accogliere” e modificare il flusso d’aria inspirata è da
ricondursi ad una componente costante (la morfologia osteo-cartilaginea della
camera nasale)ed una variabile (la mucosa nasale).
Tale componente variabile risulta sotto controllo neurovegetativo il quale, grazie al
tono adrenergico vasocostrittore e colinergico vasodilatatore, induce cicliche
congestioni e decongestioni nella mucosa nasale; queste congestioni e
decongestioni procedono con andamento alterno tra le due cavità nasali,
prendendo il nome di ciclo nasale.
Appare quindi chiaro come siano i turbinati nasali [Fig. 2.3 - 2.4], unitamente alla
valvola nasale ed alle coane, a giocare un ruolo fondamentale nel
condizionamento dell’aria inspirata; le principali modificazioni del flusso d’aria in
ingresso sono le seguenti:
- compattamento dell’aria, messo in essere principalmente dalla valvola nasale
- genesi di microturbolenze, date dalle aumentate resistenze (in primis i turbinati)
L’induzione di moto turbolento si tradurrà in un aumentato tempo di contatto tra
aria inspirata e mucosa, rendendo quindi il naso più efficiente nello svolgimento
delle sue altre funzioni, esposte a seguire.
11
A tale funzione concorrono una serie di riflessi autonomici (oltre al già citato flusso
turbolento): a seconda della temperatura dell’aria inspirata la fittissima rete
arteriolo-capillare della mucosa nasale reagisce variando il proprio tono in via
riflessa.
Queste vasodilatazioni e vasocostrizioni, analogamente a quanto visto per il ciclo
nasale, non fanno altro che innalzare le resistenze nasali al bisogno, modulando
quindi direttamente il “tempo di permanenza” dell’aria a contatto con la mucosa
nasale: il risulatato è una autoregolazione dello scambio termico mucosa-aria.
Anche l’umidità dell’aria inspirata evoca riflessi atti a regolarne la saturazione di
vapor d’acqua: ogniqualvolta inspiriamo aria secca vengono attivate le ghiandole
sierose nella porzione rostrale del naso, permettendo quindi l’umidificazione
dell’aria stessa.
Questo raffinatissimo sistema di condizionamento permette che a livello della
glottide giunga un’aria a circa 32° e satura di vapore acqueo al 95-98%, pur in
diverse condizioni ambientali.
12
considerarsi la normalità [14].
• FUNZIONE OLFATTIVA
É assodato come per il corretto funzionamento della funzione olfattiva (uno dei
cosiddetti “sensi chimici”) sia essenziale, oltre all’integrità delle strutture nervose,
un corretto metabolismo della mucosa nasale nel suo insieme.
Non è certamente intento di questo lavoro analizzare le peculiarità fisiopatologiche
della sensorietà nasale, ma vale comunque la pena di accennarvi per mettere in
evidenza come il naso sia da considerarsi un organo nel suo insieme.
La senso olfattivo è assicurato dalla presenza dei chemocettori olfattivi che,
benché vadano incontro a continuo turnover, sono veri e propri neuroni, gli unici ad
ora noti in grado di rinnovarsi in tutto l’arco della vita [17].
Due elementi “meccanici” permettono a questi chemocettori di svolgere la loro
funzioni: il flusso d’aria turbolento, che per l’intrinseca morfologia del naso viene in
parte convogliato specificatamente alla regione olfattiva ed il film mucoso, che
intrappolando le molecole odorose permette ai chemocettori olfattivi di percepirle.
• FUNZIONE FONATORIA
Anche se in maniera indiretta, il naso compartecipa alla produzione del suono
fungendo da cassa di risonanza durante la fonazione.
13
3 - Le RINOPATIE CRONICHE
Con rinosinusite cronica (CRS) si intende una condizione infiammatoria dei seni
paranasali e della mucosa nasale perdurante per almeno 12 settimane [18] [19],
associata ad un pool sintomatologico piuttosto caratteristico della patologia: rinorrea,
starnutazioni, ostruzione nasale, prurito nasale, scolo retronasale [20].
In realtà la gestione clinica della CRS è stata a lungo gravata dalla mancanza di un
chiaro inquadramento noseologico dovuto alla scarsità di studi sistematici e dati
sperimentali condivisi [19] [21].
Oggi è oramai assodato che sotto la dizione “rinosinusite cronica” si trovino diverse
entità cliniche, differenziate principalmente su base epidemiologica ed eziologica,
ma frequentemente accomunate dalla loro sintomatologia.
Questa sintomatologia comune, associata alla scarsità di algoritmi diagnostici
specificamente finalizzati alla diagnosi differenziale delle CRS, rende conto del
frequente mancato riconoscimento della eterogeneità di questa condizione clinica.
In questi ultimi anni si sono susseguiti una serie di studi clinici finalizzati ad un più
corretto inquadramento delle CRS e, sulla scorta dei dati ottenuti e della
consapevolezza maturata, si è giunti ad una serie di sistemi classificativi più o meno
condivisi.
La maggior parte degli autori divide le CRS sulla base di criteri classificativi
essenzialmente eziologici (riniti infiammatorie, vasomotorie, atrofiche ed infettive): un
esempio può essere la classificazione proposta da Greiner nel 2011 [22] su Lancet.
Sono state poi introdotte nel 2008 le linee guida ARIA (Allergic Rhinitis and its Impact
on Asthma) [23]: revisionate nel 2010 [24], rappresentano attualmente quello che è
forse il più completo ed affidabile strumento classificativo disponibile.
14
Queste linee guida rappresentano nella pratica clinica un prezioso strumento
nell’orientamento diagnostico differenziale delle CRS.
Queste linee guida suddividono le rinopatie secondo il seguente schema
classificativo [Tab 3.1]:
RINOPATIE
acute virali
Infettive batteriche
croniche micotiche
Infiammatorie da agenti chimico-fisici atmosferici
intermittente
allergiche
perenne
Vasomotorie neutrofila (NARNE)
non allergiche eosinofila (NARES)
(“cellulari”) mastocitaria (NARMA)
eosinofilo-mastocitaria (NARESMA)
poliposi nasale & antro-coanale
Iperplastiche /
vasculite (granulomatosi di Wegener, s. di Churg-Strauss)
granulomatose
sarcoidosi
papilloma
fibroma
condroma
Tumorali
angioma
carcinoma
sarcoma
Atrofiche principalmente senili, talora dovute a particolari riniti croniche
Tab. 3.1
15
Appare quindi chiaro come il paziente con rinopatia debba essere inquadrato in un
più ampio percorso clinico-diagnostico, atto ad individuare la specifica tipologia di
rinopatia che si pone di fronte allo specialista otorinolaringoiatra.
16
- sintomatologia intensa e spesso intermittente (“a bascula”), più accentuata
durante il sonno e frequentemente scatenata da noxæ aspecifiche come
sbalzi termici, cambi di posizione, profumi intensi o durante il sonno
- abbassamento della QoL spesso ancor più accentuato rispetto al paziente AR
Ad oggi non si hanno ancora dati certi sull’eziopatogenesi delle NAR: per quanto
siano state avanzate numerose ipotesi, manca ancora teoria eziopatogenetica
definitiva.
La differenziazione delle varie sottoforme di NAR è squisitamente istologica: le
forme neutrofile (NARNE)si caratterizzano per un’imponente infiltrato neutrofilo
(> 30% del totale)in assenza di batteri, spore od ife fungine, nelle NARES
predomina l’infiltrato eosinofilo (50-70% del totale), nelle NARMA quello
mastocitario, nelle NARESMA un infiltrato misto eosinofili-mastociti (per ulteriori
dettagli si veda più avanti il capitolo “Rinoallergologia nella pratica clinica”).
c) RINITI “SOVRAPPOSTE”
Non bisogna di certo dimenticare questo tipo di rinopatia, in quanto che si è di
recente osservato come questa condizione sia in rapido aumento,
rappresentando oggi circa il 34% [26] delle rinopatie.
Il sospetto clinico dovrebbe sorgere nel momento in cui il paziente presenta una
mono- / plurisensibilizzazione al Prick test, associata ad una congrua
sintomatologia nasale “stagionale” o “ciclica”, che però si staglia su di una
sintomatologia nasale “basale” che perdura tutto l’anno e comunque non
associata all’esposizione allergenica [14].
La comparsa della sintomatologia nasale allergica parrà quindi più che altro una
riacutizzazione della sintomatologia stessa, o si confonderà con la sintomatologia
“perenne” (della NAR), a seconda della gravità.
Il sospetto clinico potrà essere confermato alla citologia nasale che, rilevando
qualitativamente e quantitativamente le cellule dell’immunoflogosi, ricondurrà lo
specialista all’esatto (od esatti)sottotipo di rinopatia.
Questa particolare tipologia di rinite ha messo in luce ancora una volta come la
citologia nasale sia il principale strumento diagnostico differenziale attualmente
disponibile in rinoallergologia.
17
b - Epidemiologia delle Rinosinusiti Croniche
Tab 3.2
Nella tabella sovrastante [Tab 3.2], tratta dalla review di Beule del 2015 [28], sono
ricapitolati i principali studi epidemiologici riguardanti l’incidenza di rinosinusite nella
popolazione generale adulta degli Stati Uniti, suddivisa in base al sesso.
18
Questi studi epidemiologici sono stati condotti dal Center of Diesease Control
(CDC)e dal National Institute of Health Sciences (NIHS)che, pur con metodologie
differenti, hanno indagato il problema con un approccio anamnestico, ovvero con
questionario di autovalutazione; tale approccio è a tutt’oggi considerato il
goldstandard per l’indagine epidemiologica delle rinopatie.
É necessario tuttavia porre l’accento, per quanto riguarda questa rassegna di dati,
su tre aspetti importanti:
• l’incidenza di rinosinusite nel sesso femminile pare essere nettamente più alta
rispetto al sesso maschile
• l’incidenza globale è sottostimata, basandosi sostanzialmente di una
autovalutazione da parte dei soggetti arruolati nelle indagini
• la rassegna mostra un trend decrescente dell’incidenza: ciò probabilmente è
dovuto al fatto che gli autori, sorprendentemente, non hanno tenuto in
considerazione la dicotomia rinosinusite acuta e cronica
Tab 3.3
19
L’autore riporta anche una rassegna dei principali dati epidemiologici attualmente
disponibili su scala globale [Tab 3.3], dividendoli per macro-aree; vengono riportati
anche le coorti e le metodologie di raccolta dati utilizzate.
Da questa rassegna emerge un altro aspetto di grande rilievo epidemiologico: la
CRS risulta avere una distribuzione geografica disomogena, mostrando una
incidenza e prevalenza diverse in diverse località.
Già Blackwell nel 2002 [29] rilevava come nel sud degli Stati Uniti si osservasse una
maggiore incidenza di rinosinusite croniche rispetto al nord.
Hirsch et al. hanno recentemente condotto uno studio [30] nel quale si sono proposti
di ottenere le prime stime epidemiologiche americane inerenti alla CRS, utilizzando i
criteri dell’European Position Paper on Rhinosinusitis (EPOS) [31]; gli autori si sono
basati su di un campione di 23700 individui di popolazione generale, reclutati tra 45
contee della Pennsylvania.
Questo studio ha mostrato come l’ 11,9% del campione rispondesse ai criteri EPOS
per CRS; la prevalenza di CRS giungeva ad un picco (15,9%)nei soggetti tra i 50 ed
i 59 anni, abbassandosi poi dopo i 69 anni.
Lo studio ha mostrato come i soggetti maggiormente colpiti da CRS nel campione
siano i soggetti più giovani, di razza bianca, fumatori e con comorbidità.
Gli autori hanno quindi diviso i pazienti con CRS in 4 sottogruppi secondo i sintomi
presentati (sempre secondo le linee guida EPOS), tentando di correlare la
sintomatologia presentata con i fattori di rischio noti: l’associazione è divenuta non
più significativa.
Negli anni si sono susseguiti diversi gli studi epidemiologici inerenti le riniti allergiche
in virtù della loro grande prevalenza; la loro frequenza è stimata, negli Stati Uniti,
circa pari a quella dell’ipertensione arteriosa [32] [26] [Fig 3.1].
20
Fig 3.1
Di grande rilievo è lo studio di Skoner del 2001 [33] condotto negli Stati Uniti che, per
quanto non recentissimo, mette in evidenza come 20-40 milioni di americani soffra di
AR; all’interno di questa ragguardevole fetta di popolazione l’autore rileva che il 20%
soffre di allergia stagionale, il 40% di allergia perenne ed un altro 40% di allergia
mista (con le relative implicazioni clinico-sintomatologiche, di QoL, di costi).
Altro importante studio è stato pubblicato nel 2014 da Canuel et al. [34]: gli autori si
sono posti l’obbiettivo di stimare la prevalenza dei sintomi da AR in rapporto al
numero di diagnosi di AR effettuate, in un periodo che si è esteso dal 2008 al 2015 e
prendendo a campione la popolazione oltre i 15 anni del Quebec (Canada).
Questo lavoro ha mostrato una prevalenza di sintomatologia del 17% e maggiore
nelle donne rispetto agli uomini (in accordo con i dati esposti nella review di Beule
[28] [Tab 3.2 - 3]) nonché, in linea con lo studio di Hirsch [30], una prevalenza minore
nei soggetti in età più avanzata (oltre i 65 anni).
Infine Mims, sempre nel 2014, con la sua review [35] mette ancora una volta in
guardia sull’incompletezza dell’inquadramento epidemiologico della rinite allergica,
rilevando la grande disomogeneità nelle metodologie di studio e di diagnosi della AR
da parte dei vari autori e specialisti.
21
Per quanto riguarda la situazione italiana, inerentemente alla rinite allergica, sono
principalmente due i lavori a disposizione: Quercia et al. arruolano nel 2012 l’intera
popolazione di Cotignola (Ravenna) [36], somministrando un questionario atto
valutare la sintomatologia di AR, asma, anafilassi e reazioni allergiche cutanee.
Gli autori rilevano che il 14,8% del campione ha avuto sintomatologia nasale nel
corso della vita, di cui il 37,4% ha ricevuto diagnosi di AR.
Ulteriori dati epidemiologici sono stati resi disponibili dall’Aggiornamento Italiano del
Progetto Mondiale ARIA [26], dai quali emerge un aumento progressivo di tutte le
patologie respiratorie dagli anni ottanta ad oggi, rinite allergica compresa.
Il gruppo di lavoro inoltre rileva come l’Italia sia un paese a prevalenza medio-alta di
AR pediatrica (5-15%) nonché come questa affezione, se insorta precocemente, si
associ ad un outcome complessivamente peggiore della patologia allergica
dell’adulto.
Riguardo alle riniti non-allergiche si comincia in questi anni ad avere una mole di dati
sufficiente a stilare le prime stime epidemiologiche: va tuttavia rilevato come questi
studi siano caratterizzati da una enorme variabilità, probabilmente dovuta alle
differenti metodologie utilizzate e soprattutto ai differenti criteri diagnostico
differenziali tra NAR ed AR utilizzati dai diversi centri.
Come visto negli studi epidemiologici riguardanti la AR, il principale strumento
utilizzato nella stima epidemiologica è l’autovalutazione con questionario,
tralasciando talora importanti tecniche diagnostiche differenziali come il Prick test
per inalanti.
Queste “pecche” fanno sì che i dati epidemiologici riguardanti le NAR siano ancora
scarsamente affidabili.
Nell’ultimo trentennio sono essenzialmente cinque gli studi che hanno valutato la
prevalenza, tra le altre, delle riniti non allergiche [Fig 3.2].
Mullarkey et al. conducono nel 1980 uno studio su 142 pazienti [37] che avevano
ricevuto diagnosi di rinite dividendoli, sul discrimine del Prick test per inalanti, in due
sottogruppi: il 52% di essi risultò essere affetto da NAR ed il 48% da AR, benché
Koufman et al. rilevarono in seguito [38] come la sintomatologia NAR potesse essere
scatenata anche da agenti chimico-fisici, mostrando quindi come Mullarkey et al.
avessero tralasciato le sintomatologie di tipo misto.
22
Fu poi Enberg nell’89 a porre l’accento sulla problematica diagnostico differenziale
tra le rinopatie allergiche e non-allergiche [39]: il suo studio mise in evidenza come
30,2% dei pazienti da lui arruolati soffrisse di ciò che definì rinite non-allergica
perenne (PNR)e sottolineando come essa si manifestasse più frequentemente con
l’ostruzione nasale; nelle conclusioni Enberg afferma come i pazienti con PNR
mostrassero frequentemente “neutrofilia nasale”.
Due studi successivi, Togias nel ’90 [40] e Leynaert et al. nel ’99 (per conto
dell’European Community Rhinitis Health Survey, ECRHS) [41], rilevano una
prevalenza superiore della AR rispetto alle NAR (83%) secondo Togias, 75%
secondo ECRHS).
Si è poi approdati allo studio condotto dal National Rhinitis Classification Task Force
(NRCTF), che ha stimato una prevalenza delle NAR del 23%, del 43% delle AR e del
34% delle forme miste [Fig 3.2] [42] [43]: questi dati sono da considerarsi in linea
con quelli ottenuti Leynaert et al. (includendo le forme miste, non considerate
dall’ECRHS, nelle AR)e riconfermati nel 2016 dall’Aggiornamento Italiano delle linee
guida ARIA [26] [Fig 3.4].
Togias 362 83 17 -
ECRHS 1412 75 25 -
Fig 3.2
Il più recente studio di Lorenz et al. del 2015 [44] rileva invece ancora una volta
come siano maggiormente frequenti le forme NAR.
Infine il lavoro di Cazzoletti et al. nel 2015 [45] esegue una puntuale disamina
comparativa tra NAR ed AR, considerando le differenze di prevalenza delle due
affezioni in base al sesso, l’andamento della medesima nel corso della vita (i
soggetti arruolati andavano dai 20 agli 84 anni, divisi in fasce d’età)ed i fattori di
23
rischio associati; gli autori somministrarono un questionario che teneva conto della
sintomatologia respiratoria e dei potenziali fattori di rischio.
Da questo lavoro emergono diversi dati interessanti sia sotto il profilo epidemiologico
che sotto un profilo nettamente discriminante le due affezioni:
• le NAR mostrano un significativo calo di prevalenza, nel sesso femminile,
all’aumentare dell’età: dal 12,0% nel gruppo 20-44 anni al 7,5% nel gruppo 65-84
anni [Fig 3.5].
La prevalenza risulta grossomodo costante nel sesso maschile.
• la AR presenta una prevalenza progressivamente decrescente all’aumentare
dell’età, indipendentemente dal sesso, arrivando quasi a dimezzarsi nel gruppo di
pazienti di maggiore età, rispetto ai più giovani (dal 26,6% al 15,6%) [Fig 3.4].
• i soggetti fumatori ed ex-fumatori, nonché quelli che vivono nelle vicinanze di
impianti industriali, hanno un maggior rischio di sviluppare NAR.
• i soggetti fumatori hanno minor rischio di sviluppare AR, mentre quelli residenti nel
bacino del Mediterraneo hanno rischio maggiore.
Il grande valore di questo studio è da ricercarsi anche nel fatto che gli autori si sono
basati su di un campione randomizzato di popolazione interamente italiana.
Fig 3.4
24
c - Epidemiologia delle Rinosinusiti in Relazione alla Malattia da reflusso
Gastro-Esofageo
Per quanto riguarda l’aspetto epidemiologico più attinente allo scopo di questo
lavoro, ovvero la relazione tra rinosinusite cronica (CRS) e malattia da reflusso
gastro-esofageo (MRGE), sono stati condotti diversi gli studi negli ultimi anni;
tuttavia, come è noto, ancora non si è riusciti a dimostrare in maniera univoca una
relazione tra CRS e MRGE.
Già Chambers nel ’97 [46] evidenziò come la diagnosi di MRGE si associ ad una
recidiva della sintomatologia nasale in pazienti con CRS sottoposti a chirurgia
funzionale endoscopica nasosinusale (FESS); in questo studio fu impiegato un
questionario per diagnosticare la MRGE.
In ambito pediatrico Phipps et al. nel 2000 [47] raccomandavano di escludere MRGE
nel bambino con sintomi rinosinusali prima di ricorrere alla chirurgia dei seni
paranasali.
Qualche anno dopo (2005)DelGaudio [48] nel proprio studio riprende i concetti
espressi da Chambers otto anni prima, dimostrando anch’egli come vi fosse, in
pazienti con CRS, una recidiva di sintomatologia nasale post-FESS.
I dati ottenuti in maniera indipendente da Chambers e DelGaudio risultano essere in
linea l’uno con l’altro, benché DelGaudio abbia impiegato la pH-metria delle 24h
nella diagnosi di MRGE.
Un esempio di come gli attuali dati possano essere contrastanti in materia si può
ritrovare nel lavoro di DeConde del 2014 [49]; l’autore si pone essenzialmente il
medesimo quesito dagli studi di Chambers e DelGaudio ma arrivando ad una
conclusione differente: i pazienti con CRS sottoposti a FESS hanno sostanzialmente
la medesima QoL post-chirurgica, indipendentemente dalla MRGE.
Infine, in merito agli studi pubblicati nell’ultimo quinquennio, risulta di rilievo la review
pubblicata da Flook nel 2011 [50] e lo studio caso-controllo di Bohnhorst del 2015
[51].
25
Flook fa un punto della situazione in merito alla relazione tra CRS e MRGE,
considerando 19 studi clinici sia su popolazione adulta che pediatrica, pur gravati da
alcuni bias (il principale dei quali è riferito alla numerosità dei campioni);
sfortunatamente solo 5 dei 12 studi su popolazione adulta risultarono essere caso-
controllo e con misurazione strumentale del reflusso gastro-esofageo, rendendo così
i dati a disposizione dell’autore insufficienti a dirimere la questione.
D’altro canto, Bohnhorst arruola 82 pazienti con MRGE nel suo studio caso-
controllo, partendo dall’assunto di una sempre più evidente coesistenza di CRS ed
MRGE in un ampio numero di pazienti nei registri epidemiologici. L’autore, valutando
il proprio campione per CRS secondo le linee guida EPOS [31], conclude rilevando
come CRS avesse una prevalenza estremamente più alta nei pazienti con MRGE
(20,7%)rispetto alla popolazione generale (8,5%).
Da questo studio emerge un altro dato di grosso rilievo clinico: Bohnhorst evidenza
come la QoL nasale sia di gran lunga peggiore nel paziente con CRS associata a
MRGE rispetto ad un paziente con la sola diagnosi di CRS.
Volendo esprimere un parere conclusivo in materia, pur non scendendo nel merito
delle differenti metodiche di studio impiegate dai diversi autori (ognuna con i suoi pro
ed i suoi contro), il grande limite degli studi succitati è quello di non essersi avvalsi
della rinocitologia, la cui importanza è certamente di recente codificazione, ma
tuttavia necessaria nella diagnosi differenziale tra NAR e AR.
La mancanza di diagnosi differenziale tra le due condizioni, in pazienti con MRGE,
può aver in parte falsato i dati per due motivi principali:
• è oramai accertata l’esistenza (e la grande frequenza)della rinosinusite mista,
come esposto in precedenza ([26] [33] [38] [42] [43])
• in virtù della grande prevalenza del reflusso gastro-esofageo e della rinite allergica
non è da escludersi che, in un numero non indifferente di pazienti, le due
condizioni siano semplici comorbidità
26
d - I costi delle Rinosinusiti Croniche
Esiste oramai una imponente mole di dati che testimonia come le riniti rappresentino
un enorme onere economico per la comunità.
Le cause alla base di questa importante spesa sono da ricercarsi anzitutto nella
grande frequenza di questa patologia che, come esposto in precedenza, affligge una
buona fetta di popolazione generale (pur con grande variabilità regionale e tra i
differenti studi).
Altro aspetto di grande rilievo nella determinazione dei costi di gestione della CRS è
la ancora insufficiente sensibilizzazione al problema da parte degli specialisti: tale
condizione viene spesso recepita come “banale” e non come una entità noseologica
capace di incidere anche gravemente sulla QoL del paziente; Caulley nel suo studio
del 2015 [52] rileva come la CRS si sia dimostrata in grado di alterare la
performance fisica e psichica del paziente al pari di patologie “maggiori” come
l’artrite reumatoide, le malattie infiammatorie intestinali croniche (IBD), l’asma ed il
cancro.
L’autore stima inoltre una spesa di circa 5500 dollari annui a paziente (utilizzando 4
metodi di valutazione differenti), distribuiti maggiormente sulle spese ambulatoriali,
seguite dalle prescrizioni in ambito ospedaliero.
Nel 2016, DeConde ha pubblicato una review [53] nella quale afferma che per
quantificare i costi imputabili alla CRS non si debba prendere a riferimento la
prevalenza della patologia (peraltro non stimabile attualmente, secondo l’autore), ma
la prevalenza dei sintomi nasosinusali ad essa imputabili: DeConde sottolinea come
il calo di QoL non sia dovuto alla patologia in sé per sé, ma bensì a tutti quei sintomi
incidenti sulle attività quotidiane del paziente, come l’andare a lavoro, il dormire,
l’affaticamento. Questa ipotesi era già peraltro stata presa in considerazione da
Kramer nel 2004 [54] e più recentemente da Bengtsson nel 2016 [25].
DeConde conclude rilevando come gli specialisti siano oggi maggiormente
concentrati sulla valutazione dei sintomi rinosinusali in quanto tali, mentre i pazienti
sono principalmente concentrati sulle conseguenze di essi; tale aspetto, afferma
27
l’autore, pare essere confermato dal fatto che i costi indiretti (12,8 miliardi di
dollari)abbiano oggi superato quelli diretti.
Per quanto riguarda più nel dettaglio l’aspetto dei costi indiretti, di grande rilievo è il
lavoro condotto negli Stati Uniti da Metzelder et al. del 2009 [55]: gli autori stimano in
3,8 milioni i giorni di lavoro persi per l’assenteismo dovuto ad i sintomi della CRS,
associati a 4,2 milioni di giorni di lavoro a bassa produttività. Il tutto pare tradursi in
una perdita di produttività annua tra i 2,4 ed i 4,6 miliardi di dollari.
Benché vi sia un sempre più crescente interesse riguardo le NAR, rimangono ancora
oggi numerosi dubbi circa la loro eziopatogenesi: ciò rappresenta un problema non
solo sul piano “accademico”, ma si traduce anche in una mancanza di un piano
diagnostico-terapeutico nella pratica clinica di tutti i giorni.
Nel corso degli ultimi anni sempre più autori hanno cercato di dare risposta a questo
quesito: già Bachert nel 2004 [21] rilevava come sempre più pazienti con
sintomatologia nasale simil-allergica ricevessero la diagnosi di “rinite non-infettiva
non-allergica”, una dizione che al tempo includeva le più disparate rinopatie
(ormonali, tossico-irritative, NARES, idiopatiche, persine forme allergiche di difficile
diagnosi).
28
La migrazione neutrofila nella mucosa nasale parrebbe quindi indotta dal
danneggiamento delle cellule mucosali le quali, in virtù proprio del danno subito,
rilascerebbero fattori capaci di indurre la fuoriuscita dei granulociti dai vasi
(diapedesi)e di provocarne la migrazione nella mucosa (chemiotassi).
Le suddette molecole vengono definite profiline molecolari danno-associate (DAMP),
prodotte in seguito a danneggiamento cellulare infettivo o non-infettivo [16].
Una volta giunti alla mucosa nasale, i neutrofili vanno incontro a degranulazione: la
principale molecola rilasciata dal netrofilo è la cosiddetta elastasi neutrofila,
responsabile del danno tissutale cronico alla base della sintomatologia nasale [14].
Pare inoltre che nel tempo la mucosa nasale vada incontro a rimodellamento,
riassumibile con una perdita di cellule specializzate (ciliate)ed aumento della
componente mucipara; queste modificazioni sembrerebbero spiegare molte delle
manifestazioni cliniche della NARNE e delle NAR in generale (rinorrea, scolo
restronasale, ostruzione, etc …).
Un ulteriore aspetto, nonché oggetto principale di questo lavoro, prevede che anche
il reflusso gastro-esofageo possa essere causa scatenante di NARNE; le attuali
evidenze a supporto della relazione tra le due condizioni verranno esposte nel
capitolo “La RELAZIONE tra REFLUSSO EXTRA-ESOFAGEO e RINOSINUSITE
CRONICA”.
29
Nella NARES il danno cellulare pare dovuto alla degranulazione eosinofila ed alla
conseguente liberazione della major basic protein (MBP), responsabile del
danneggiamento delle giunzioni cellulari; l’apertura di “varchi” nella mucosa espone
la tonaca propria ed i cosiddetti trigeminal irritant receptor, probabilmente
responsabili dei sintomi nasali vasomotori (prurito, starnuti, congestione, etc …).
30
4 - La RINOALLERGOLOGIA nella PRATICA CLINICA
a - Anamnesi
Come in ogni altra branca della medicina, l’anamnesi è il primo “ponte” posato dal
medico verso non solo la patologia del paziente ma il paziente nel suo complesso.
Lo specialista in rinoallergologia deve porre una serie di domande mirate volte ad
inquadrare l’individuo nel suo complesso, con particolare attenzione a tutti quegli
“indizi” utili all’inquadramento della rinopatia in questione che sono un’esame
anamnestico accurato può svelare.
L’utilità di riportare un’anamnesi completa e ben fatta si estrinseca non solo in un più
agevole ed affidabile inquadramento del problema ma anche e soprattutto in un
risparmio di tempo e di risorse per il medico, il paziente e più di tutto per la comunità.
La grande importanza dell’anamnesi è testimoniata anche da uno studio di Bachert
[21] il quale, in un’epoca nella quale non erano ancora disponibili test specifici per le
NAR, afferma che la diagnosi differenziale tra le riniti vasomotorie doveva basarsi
essenzialmente sulla storia clinica del paziente.
Di grande importanza è il chiedere al paziente una puntuale descrizione soggettiva
della propria sintomatologia nasale, aiutandolo (ed aiutandoci)a quantificare il
disagio percepito con strumenti quantificativi; ad oggi, il principale strumento di
quantificazione soggettiva della sintomatologia nasale risulta essere la Scala Visuo-
Analogica (scala VAS) [Fig 4.1].
L’utilità della scala VAS risiede nella sua estrema semplicità d’impiego: al paziente
viene chiesto di quantificare l’intensità della sintomatologia nasale con l’ausilio di una
31
scala numerica da 0 a 10 (parte analogica)e cromatica (parte visiva); sarà
naturalmente necessario interrogare il paziente suddividendo la sua sintomatologia
sintomo per sintomo (con misurazioni successive): ostruzione nasale, rinorrea,
starnutazioni, prurito, scolo restronasale, etc …
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Fig 4.1
32
Al secondo contatto con l’allergene ed in maniera dose-indipendente, elemento
caratteristico delle reazioni di anafilassi, si innesca la reazione di ipersensibilità con
produzione principalmente di istamina, responsabile dei tipici fenomeni vasomotori
delle reazioni allergiche: iperemia (eritema ed enantema), edema, prurito.
A regime ambulatoriale vengono pertanto posti, sul lato volare degli avambracci del
paziente, diversi estratti allergenici; nel nostro ambulatorio siamo soliti utilizzare una
batteria completa di 21 allergeni inalanti, più un test per falso positivo (NaCl 0,9%)
ed un test per falso negativo (istamina) [Fig 4.2].
Con una apposita lancetta monouso (una per ogni allergene, nel nostro ambulatorio
Alk-abello®)viene poi punta la cute del paziente: dopo un’attesa di circa 20 minuti
(durante i quali il paziente non deve in alcun modo frizionarsi o grattarsi la cute degli
avambracci)si leggono i risultati.
Prendendo a parametro la reazione cutanea mostrata in corrispondenza
dell’istamina, il medico attribuisce un punteggio (da 1 a 4)alle eventuali reazioni
mostrate dalla cute del paziente (prurito, eritema, pomfi, …), allergene per allergene.
Si ottiene così un profilo, che si può dire completo, delle sensibilizzazioni
allergeniche del paziente.
Fig 4.2
33
Al fine di non falsare il risultato del test è di estrema importanza chiedere al paziente,
in corso d’anamnesi, se sta conducendo una terapia con antistamici o corticosteroidi.
34
Per quanto non strettamente di pertinenza di questo lavoro, vale la pena menzionare
anche la possibilità di eseguire una terza prova con dilatatore nasale (nel nostro
ambulatorio, Dan-Air®), qualora il paziente sia in studio per la chirurgia della valvola
nasale [62].
e - Endoscopia Nasale
f - Citologia Nasale
35
La citologia nasale, in virtù del suo costo contenuto e della sua buona tollerabilità da
parte del paziente, permette inoltre di eseguire un monitoraggio seriato della
patologia del paziente, verificando al contempo l’efficacia della terapia prescritta
dallo specialista.
Sono di seguito esposti i diversi passaggi della procedura:
a) Strumenti necessari
Come già accennato, la strumentazione necessaria all’otorinolaringoiatra per
eseguire uno studio rinocitologico è estremamente contenuta e di facile
reperimento:
1) lampada frontale
2) speculum nasali di varie dimensioni, a seconda dei pazienti
3) strumenti di campionatura (vedi alla voce “Prelievo citologico&tecniche di
campionamento”)
4) vetrino
5) fissatore e coloranti (vedi alla voce “Colorazione dei campioni”), più relativa
strumentazione per utilizzarli
6) acqua distillata
7) microscopio ottico
36
ottenere un sufficiente quantitativo di secreto nei bambini più piccoli.
❖ lavaggio nasale: anch’esso del tutto atraumatico; eseguito con soluzione
fisiologica (NaCl 0,9%), poi recuperata in apposita provetta. Per quanto
semplice e rappresentativo, richiede diversi passaggi intermedi prima
dell’esecuzione della conta cellulare, rendendo tale metodica poco versatile.
❖ brushing nasale: eseguito con minute spazzoline in nylon, prelevando così le
cellule dello strato mucosale più superficiale; tali cellule verranno poi fatte
precipitare in soluzione, centrifugate e disposte su vetrino per la colorazione.
❖ scraping nasale: rappresenta la metodologia più idonea per il prelievo in
termini di costo/beneficio; il prelievo viene effettuato, previa soffiatura del naso
del paziente, con una curette per scraping in plastica (nel nostro ambulatorio:
Rhino-Pro®). Il materiale estratto verrà poi posto su vetrino (evitando di
esercitare una eccessiva pressione)e mandato a colorazione.
Lo scraping nasale si è inoltre mostrato un metodo di prelievo adatto per il
campionamento cellulare anche in ambito di studi ultrastrutturali dell’apparato
ciliare delle cellule nasali [65] [66] [67].
❖ biopsia nasale: metodica che non rientra nell’ambito della citologia nasale in
quanto che consiste in un prelievo di mucosa e tonaca propria, risultando
appunto una metodica d’indagine istologica. Necessita sempre di anestesia
locale, nonché della strumentazione necessaria a far fronte ad eventuali
sanguinamenti nasali.
c) Siti di campionamento
Ponendosi l’obbiettivo di riuscire ad effettuare un’analisi precisa e
rappresentativa dello stato mucosale, e quindi in ultima analisi al fine
dell’appropriatezza clinica, risulta di fondamentale importanza scegliere con
criterio e cura il sito dal quale prelevare le cellule mucosali.
Esistono due siti di prelievo principali: il turbinato medio ed il terzo medio del
turbinato inferiore (nella stragrande maggioranza dei casi) [Fig 4.3]; nel nostro
ambulatorio siamo soliti effettuare il prelievo dalla faccia mediale del turbinato
inferiore, nella sua porzione media.
Non è mai consigliabile effettuare il prelievo nella regione settale per due motivi
fondamentali: la non-rappresentatività del campione prelevato e soprattutto il
37
rischio di epistassi, in virtù dell’enorme patrimonio vascolare settale.
Fig 4.3
d) Processazione
Appena prelevato il campione è necessario disporlo su vetrino: si spalma il
materiale prelevato delicatamente, avendo premura di non esercitare una
pressione eccessiva e di creare uno strato non eccessivamente spesso, pur
disponendolo in un’area non eccessivamente estesa.
É sempre buona norma estrarre il vetrino dall’apposita confezione pochi istanti
prima del suo utilizzo, al fine di evitare che su di esso vi si depositino pulviscono
ed altre impurità.
Una volta disposto il materiale si procede alla fissazione.
e) Fissazione
Il razionale alla base di questo passaggio è l’impedire la lisi cellulare sottraendo il
contenuto d’acqua alle cellule; l’essiccamento all’aria dello striscio è il metodo più
semplice ed economico, benché non vada considerato come una modalità
d’essiccazione vera propria.
38
Esistono numerosi metodi di fissazione: acetone, hair spray, acetato basico di
Mota, formalina tamponata, alcool metilico, alcool etilico 95% od etere.
Nel nostro ambulatorio utilizziamo la colorazione di May-Grünwald-Giemsa
(MGG), procedura che include già in sé il passaggio di fissazione in quanto che il
colorante utilizzato, diluito con alcool, funge da fissatore.
f) Colorazione
É ovviamente necessario colorare il campione per renderne possibile la lettura.
In ambito rinocitologico sono diverse le colorazioni utilizzabili [Tab 4.1], benché
su tutte prevalga come utilizzo la colorazione di May-Grünwald-Giemsa; il motivo
di tale scelta è dovuto al fatto che tale colorazione permette di evidenziare tutti i
principali tipi cellullari di interesse rinocitologico.
Tab 4.1
Vengono esposti qui di seguito i passaggi necessari per la colorazione MGG:
1) Porre il vetrino (o i vetrini) in una vaschetta di adeguate dimensioni e coprirne
l’intera superficie con un numero sufficiente di gocce di colorante di May-
Grünwald [Fig. 4.4]. Lasciare agire il colorante per 3 minuti.
Questo passaggio assicura anche la fissazione del campione, come esposto
in precedenza.
39
2) Versare sul vetrino un numero di gocce d’acqua tamponata pari al numero di
gocce di colorante versate, ottenendo così un colorante di May-Grünwald
diluito 1:1. Lasciare agire per 6 minuti.
3) Rimuovere i vetrini dalla vaschetta e sciacquarli con acqua distillata per circa 1
minuto.
4) Porre i vetrini verticalmente nella soluzione di Giemsa [Fig. 4.5], diluita con
acqua tamponata in rapporto 1:10, per 20-30 minuti.
É di grande importanza scegliere un adeguato contenitore per questo
passaggio: l’importanza del porre i vetrini verticalmente risiede nel fatto che
questa disposizione evita la precipitazioni di aggregati sul vetrino, fenomeno
che ne renderebbe impossibile la lettura.
5) Lavare i vetrini sotto acqua corrente per qualche minuto su di un apposito
supporto inclinato (favorente il deflusso del colorante in eccesso).
6) Far asciugare i vetrini [Fig 4.5].
Fig. 4.5
g) Errori procedurali
Come visto il susseguirsi dei diversi passaggi rende questa procedura piuttosto
articolata: appare quindi ovvio come possano insorgere diverse problematiche
dal prelievo alla lettura del vetrino tali da rendere lo striscio inadeguato od
40
insoddisfacente.
I più comuni “problemi” che possono insorgere sono:
- striscio troppo spesso: la lettura del preparato risulterà difficoltosa, talora
impossibile
- allestimento troppo energico: depositare il campione sul vetrino esercitando
un’eccessiva pressione può indurre parziale citolisi, generando artefatti
- errori nel processo di colorazione
- errata conservazione: preparare o conservare i vetrini vicino ad una possibile
fonte inquinante (es.: finestre aperte)può far s’ che i preparati vengano
contaminati da pollini, batteri, funghi
41
apposita scheda [Fig. 4.7], riportando da una a quattro crocette in base al
numero di cellule presenti [Tab 4.1].
La descrizione passo per passo dell’intera procedura è stata tratta dall' “Atlante
di Citologia Nasale per diagnosi differenziale delle rinopatie” [14].
da 1 a 20 cellule +
da 20 a 40 cellule ++
Neutrofili
da 40 a 100 cellule +++
Tab. 4.1
Fig 4.6
Fig 4.7
Una volta delineata la metodologia che sta alla base della citologia nasale, nonché i
criteri valutativi per la lettura dei campioni, è possibile effettuare la diagnosi
differenziale tra le varie forme di riniti vasomotorie:
42
1) NARNE: caratterizzata da una preponderante presenza di neutrifili (> 30% del
totale)in assenza di batteri spore od ife fungine [Fig 4.8].
Sono di seguito descritti i principali criteri morfologici che permettono di
riconoscere microscopicamente il neutrofilo:
- cellula con diametro di circa 12-14 µm, di forma tondeggiante
- nucleo polilobato a morfologia variabile, da qui la dizione “polimorfonucleati”
- granulazioni citoplasmatiche neutrofile, frammiste a rade azzurrofile
Tali citotipo può poi essere ulteriormente ulteriormente suddiviso in base alla
Classificazione di Arneth [68].
43
Fig 4.8
Fig 4.9
44
5 - Il REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO
Tab 5.1
45
digestive); tali sintomi e/o complicanze debbono avere la caratteristica di essere
“molesti” per i pazienti (in lingua originale “troublesome”).
Tale definizione, per la verità estremamente ampia, ha appunto l’obbiettivo di
focalizzare l’attenzione sul fatto che la MRGE è caratterizzata da una estrema
eterogeneità clinico-sintomatologica, tanto da essere stata suddivisa in uno spettro
di sindromi, anch’esse estremamente variabili.
Fig 5.1
46
- rigurgito acido (raramente alcalino)
- dolore toracico non cardiogeno
2) sindrome da reflusso gastro-esofageo atipica → pazienti nei quali la MRGE si
manifesta con una amplissima varietà di sintomi “atipici”:
- dispepsia
- dolore e/o gonfiore epigastrico
- eruttazioni
- tosse cronica
- laringite posteriore
- altri
Questa suddivisione clinica ha diverse ripercussioni nelle indicazioni diagnostiche e
terapeutiche (si veda il capitolo “La Diagnosi di Reflusso Gastro-Esofagea in
ambito Rinoallergologico”).
b - La Sindrome Esofagea
• sindromi con danno esofageo: ogniqualvolta sia documentabile una o più lesioni
organiche a carico dell’esofago indotte dal reflusso; sono:
- esofagite da reflusso: diagnosticabile mediante esofagogastroduodenoscopia
(EGDS), visualizzando tipiche lesioni mucosali.
- esofago di Barrett: metaplasia colonnare della mucosa esofagea rilevata
all’esame bioptico in corso di EGDS; il Consensus Group raccomanda ulteriori
47
studi per chiarificare i criteri diagnostici del Barrett.
- stenósi da reflusso: restringimento permanente dell’esofago indotto dal reflusso;
la principale manifestazione clinica è la disfagia.
- adenocarcinoma esofageo: raro tumore fortemente associato alla MRGE.
c - La Sindrome extra-Esofagea
tosse cronica
laringite posteriore
Associazioni Provate
asma
erosione dentale
faringite cronica
rinosinusite
Associazioni Proposte
otite media ricorrente
fibrosi polmonare idiopatica
Tab 5.2
48
Di grande per l’otorinolaringoiatra sono i cosiddetti sintomi ENT (Ear - Nose - Throat)
i quali costituiscono una larga fetta delle affezioni extra-esofagee in corso di MRGE:
1) OTITE MEDIA (OM)
La relazione tra MRGE ed otite media è attualmente non verificata, benché negli
ultimi anni si stia osservando un sempre forte aumento di studi in materia,
specialmente su popolazione pediatrica (Crapko [5], O’Reilly [9], Boronat et al.
[4], Górecka-Tuteja et al. [70]).
Per quanto riguarda l’incidenza di OM nel paziente adulto con MRGE, Sone et al.
[71] confrontano nel 2011 due gruppi di pazienti: i pazienti del gruppo caso
avevano ricevuto diagnosi di OME, mentre quelli del gruppo di controllo non
presentavano OME. Gli autori hanno somministrato un questionario specifico per
la sintomatologia RGE, oltre a testare i livelli di pepsina nell’essudato
endotimpanico dei pazienti con OME. Dallo studio emerge che la prevalenza
della sintomatologia da RGE è maggiore in pazienti con OME.
Sempre Sone et al., in una review del 2013 [12], rilevano come secondo la pur
scarsa letteratura OME sia un’affezione piuttosto frequente nel paziente adulto
con MRGE.
3) IPERTROFIA ADENOIDEA
Per quanto non esplicitamente annoverata nella Classificazione di Montreal [1],
l’ipertrofia tonsillare può sicuramente essere ricondotta alla supposta faringite da
reflusso.
Sono però a tutt’oggi estremamente scarse disamine puntuali della questione in
letteratura.
Tuttavia un recente studio di Jin Hyun Kim et al. [72] prende in esame il ruolo
della pepsina nella genesi della ipertrofia tonsillare; raccogliendo dati clinici ed
istopatologici in 54 bambini candidati a tonsillectomia, gli autori rilevano tre
principali dati d’interesse:
49
- le cellule tonsillari positive alla pepsina (identificate con immunoblot)si
localizzano principalmente nelle cripte, mediando la produzione di numerosi
fattori pro-infiammatori (forse alla base della fibrosi dei centri germinativi
linfocitari);
- nei campioni bioptici ottenuti è stata rilevata una fortissima differenziazione dei
monociti in macrofagi, probabilmente dovuta alla cronica esposizione della
tonsilla alla pepsina gastrica;
- il livelli di pepsina rilevati variano da paziente a paziente, non è quindi stato
possibile definire un cut-off per un migliore orientamento diagnostico
4) RINOSINUSITE CRONICA
Per una puntuale disamina delle ipotesi eziopatogenetiche e diagnostiche in
merito a tale associazione, obbiettivo di questo lavoro, di veda il capitolo “La
relazione tra Rinosinusite Cronica e MRGE”.
5) LARINGITE POSTERIORE
Le alterazioni dovute al reflusso gastro-esofageo a carico del laringe sono state
tra le prime individuate e studiate; ciò fu probabilmente dovuto al fatto che può
essere stato semplice ipotizzare una simile associazione, in virtù dei chiari
rapporti anatomo-funzionale che esistono tra esofago - faringe - laringe.
Le principali alterazioni riscontrabili sul laringe in corso di MRGE sono lieve
edema cordale, eritema aritenoideo e della commissura posteriore, aumento
della secrezione mucosa, talora ipertrofia della mucosa interaritenoidea [73];
nelle fasi più avanzate possono comparire ulcerazioni della mucosa sino al
sanguinamento vero e proprio.
Altra manifestazione frequente in questo contesto è il granuloma del terzo
posteriore delle corde vocali: secondo un recente studio condotto da Kobayashi
et al. [74], visto l’alto tasso di recidiva di questi granulomi, si consiglia un
approccio conservativo.
Si suppone che le alterazioni patologiche del laringe siano dovute, nelle fasi
iniziali, ad alterazione delle membrane cellulari, dovute al contatto diretto con il
materiale acido o per esalazione dello stesso.
Restano tuttavia ancora diverse ombre su questa affezione: Gale et al. [75]
50
hanno recentemente ipotizzato come il reflusso gastro-esofageo possa
rappresentare un fattore di rischio per il carcinoma del laringe; questa ipotesi è in
linea con le diverse evidenze a supporto della relazione tra laringite posteriore
cronica e metaplasia mucosale laringea.
L’associazione tra laringite posteriore e MRGE, pur codificata dalla
Classificazione di Montreal [1], non è tuttavia universalmente accettata: Milstein
nel 2005 [76] arruola 52 volontari sani e non fumatori, rilevando come in circa il
90% di essi siano documentabili alterazioni endoscopiche laringee.
Vale la pena rilevare come il problema del non recepimento a livello locale della
Classificazione di Montreal (e delle linee guida internazionali in generale)sia
stato affrontato da Bazzoli et al. nel 2009 [77] nel lavoro “The Italian validation of
the Montreal Global definition and classification of gastroesophageal reflux
disease”.
51
Questo studio inoltre rilevò come il BMI fosse un fattore predittivo per l’insorgenza di
MRGE solamente nei pazienti sopra i 20 anni d’età.
e - Il Reflusso Laringo-Faringeo
Per quanto ancora poco si sappia della fisiopatogenesi delle affezioni extra-esofagee
in corso di MRGE, sono diverse le ipotesi e gli studi che si sono susseguiti in questi
ultimi decenni.
Tra le prime affezioni ad essere state messe in relazione alla MRGE c’é sicuramente
la tosse cronica: diversi autori hanno formulato negli anni una serie di teorie volte a
spiegare la patogenesi di ciò che è stato chiamato reflusso laringo-faringeo (LPR).
La prima teoria formulata (“Reflux theory”), nonché quella dalla più immediata
comprensione, prevede che l’irritazione diretta della mucosa repiratoria, posta
cronicamente a contatto con materiale acido refluito (essenzialmente HCl), sia alla
base dell’iperreattività bronchiale scatenante il riflesso della tosse.
La tosse rappresenterebbe quindi un meccanismo difensivo nei confronti della noxa
chimica cronica.
In questo “scenario” parrebbe che anche lo sfintere esofageo superiore giochi un
ruolo di prima importanza, in quanto risulterebbe inabile nell’arrestare la risalita del
reflusso verso il faringe ed in ultima analisi le vie aeree [82] [Fig 5.2].
Questo meccanismo fisiopatogenetico renderebbe inoltre conto di altre
manifestazioni extraesofagee provate o presunte, come ad esempio la faringite
52
Fig 5.2
Le più recenti ipotesi hanno in certo senso aggiornato le succitate teorie, affermando
che vengano verosimilmente chiamate in causa anche e soprattutto le esalazioni
acide del materiale refluito.
Esistono oggi una serie di evidenze che rendono il LPR un’entità piuttosto distinta
dal reflusso gastro-esofageo tipico: i pazienti LPR si sono dimostrati reflussori
principalmente diurni (e pertanto in ortostatismo), caratterizzati inoltre da brevissime
53
Fig 5.3
Un’ulteriore aspetto del problema è che oggi emergono sempre più evidenze che
testimoniano non solo che il LPR può essere alla base di diverse affezioni extra-
esofagee da reflusso, ma anche di un sempre più documentato ruolo della pepsina
nella genesi delle stesse: è sempre Formánek che nel 2015 [7] documenta la
presenza di pepsina in circa il 30% del suo campione di studio, costituito da pazienti
con MRGE ed otite media effusiva (OME); l’autore pone inoltre l’accento su come
non si sia ancora riusciti a giungere a solide evidenze riguardanti l’utilità della terapia
anti-reflusso in questa tipologia di pazienti.
Analogamente lo studio recentemente pubblicato da Kim et al. [72] ha studiato il
ruolo della pepsina nella genesi di ipertrofia adeno-tonsillare in bambini con reflusso.
In conclusione, alla luce delle ipotesi formulate e delle peculiarità del reflusso
laringo-faringeo sempre più ampiamente documentate, appare oramai chiaro come il
LPR sia da considerarsi un’entità di fatto distinta dal tipico reflusso gastro-esofageo,
benché certamente relato ad esso.
54
Tale distinzione emerge dalle evidenze ottenute in merito alla patogenesi di questi
due tipi di reflusso, nonché riguardo alle diverse manifestazioni cliniche (appunto la
sindrome esofagea ed extra-esofagea)ed alla differente risposta di tali
manifestazioni alla terapia anti-reflusso.
La conclusione alla quale si è giunti rimette ancora una volta l’attenzione
dell’otorinolaringoiatra, nonché del gastroenterologo, sulla necessità di delineare
percorsi diagnostici specifici per la diagnosi del reflusso laringo-faringeo.
55
6 - La RELAZIONE tra REFLUSSO EXTRA-ESOFAGEO e RINOSINUSITE
CRONICA
Alla luce di quanto esposto nei precedenti capitoli emerge che il problema
dell’associazione della MRGE con le diverse manifestazioni extra-esofagee (provate
o presunte)è stato ampiamente discusso e studiato da numerosi autori nel corso di
diversi anni.
Entrando altresì nel vivo della discussione d’interesse per questo lavoro, resta
ancora oscura la relazione tra la malattia da reflusso gastro-esofageo e la
rinosinusite cronica, per quanto vi sia un crescente numero di evidenze a supporto di
un effetto lesivo del reflusso acido sulla mucosa nasofaringea; tali evidenze hanno
portato diversi esperti a sospettare di ciò che viene chiamato reflusso naso-faringeo
(NPR).
56
Successivamente Conley et al. studiarono in due studi consecutivi [87] [88] come il
reflusso gastro-esofageo si associ frequentemente ad ostruzione persistente delle
alte vie respiratore (UAO), oltre che all’atresia coanale congenita (CCA); gli autori
valutarono un campione di popolazione pediatrica da 0 a 2 anni, utilizzando la pH-
metria a doppio canale.
La conclusione degli autori fu che il reflusso fosse di certo un fattore aggravante
l’atresia; per quanto riguardò la relazione RGE - UAO venne messa in evidenza la
bontà (e la necessità)del monitoraggio pH-metrico prossimale.
Seguirono gli studi di Chambers [46] nel ’97 (i cui risultati sono già stati esposti nel
capitolo “Epidemiologia delle Rinosinusiti in Relazione alla Malattia da reflusso
Gastro-Esofageo”)e di Bothwell nel ’99; quest’ultimo studio aggiunse al quadro
un’ennesimo elemento, tutt’ora oggetto di discussione: arruolando 30 bambini con
diagnosi di CRS, l’autore dimostrò come la necessità di procedere alla chirurgia
funzionale dei seni (FESS)fosse nettamente diminuita grazie all’utilizzo della terapia
anti-reflusso.
Bothwell concluse il suo studio raccomandando di prendere valutare il paziente per il
reflusso prima di procedere a FESS: tale raccomandazione verrà poi ripresa da
Phipps una anno dopo [47].
Nel suo studio prospettico del 2002 di DiBaise et al. [89] indagano nuovamente la
possibile utilità della terapia anti-reflusso (omeprazolo 20 mg per 3 mesi)in pazienti
con CRS resistente alle terapie tradizionali: gli autori studiarono il campione
mediante pH-metria a doppio canale e test della motilità esofagea; i pazienti furono
inoltre studiati con rinoscopia e laringoscopia prima e dopo il trattamento con
omeprazolo.
Gli autori conclusero che, per quanto il quadro endoscopico fosse migliorato in una
larga fetta del campione, non si poteva dire altrettanto della percezione soggettiva
della sintomatologia: circa l’80% dei pazienti affermò di essere modestamente
soddisfatto dei miglioramenti sintomatologici, mentre solo una minima percentuale
affermò di non avvertire più sintomatologia nasale.
57
Per quanto riguarda altri studi di rilievo è opportuno menzionare gli studi indipendenti
di Bozec e Wong del 2004; Bozec, in uno studio prospettico [90], confronta 20
pazienti con pH-impedenzometria positiva con un gruppo di 20 individui sani,
concludendo che sintomi come l’ostruzione nasale e lo scolo retronasale siano più
frequenti in pazienti nei quali è stato diagnosticato il reflusso gastro-esofageo.
Analogamente, Wong esegue uno studio prospettico su di un campione di 40
pazienti adulti con nuova diagnosi di CRS [91], rilevando come nel 32,4% di essi
fosse stato diagnosticato il reflusso a mezzo di pH-impedenzometria a quattro canali
delle 24h; l’autore sottolinea tuttavia che solo nel 3% dei casi il reflusso giungeva al
laringofaringe, nello 0,2% al rinofaringe.
Wong, alla luce delle rilevazioni effettuate, conclude escludendo che la noxa irritativa
alla mucosa nasale possa derivare da un contatto diretto della mucosa stessa con
l’acido refluito.
Come già accennato in precedenza, DelGaudio nel 2005 [48] mette a confronto tre
gruppi di pazienti: il gruppo studio constava di 38 pazienti con CRS ed anamnesi
positiva per FESS, il primo gruppo controllo contava 10 pazienti nei quali la FESS
era stata in grado di risolvere la sintomatologia rinosinusitica, il secondo contava 20
pazienti sì con CRS, ma mai sottoposti a chirurgia.
L’autore rilevò un numero di reflussi nasofaringei di gran lunga superiore nel gruppo
di studio.
DelGaudio ebbe inoltre il merito di analizzare puntualmente e principali ipotesi
patogenetiche proposte nella relazione tra reflusso gastro-esofageo e rinosinusite
cronica; tali ipotesi sono essenzialmente 3:
1) esposizione diretta della mucosa naso-faringea al materiale acido refluito
(“Reflux theory”); tale ipotesi parrebbe però in contrasto con diversi studi, uno su
tutti quello di Wong [91].
Inerentemente a questo meccanismo patogenetico è stato anche ipotizzato come
il reflusso acido possa alterare il meccanismo di chiusura dell’adito laringeo,
fattore che presumibilmente potrebbe favorire la risalita del reflusso naso-
faringeo (NPR) [92].
2) induzione di un riflesso vago-mediato tale da innescare la flogosi a livello nasale,
in risposta all’acidificazione esofagea (“Reflex theory”).
58
Come già esposto in precedenza, tale ipotesi è stata dimostrata nel paziente
asmatico e con rinite vasomotoria [83], ma non nei pazienti con CRS.
3) terzo ed ultimo meccanismo chiama in causa l’Helicobacter Pylori, rilevato in
diversi prelievi bioptici di pazienti sottoposti a FESS.
Questo aspetto patogenetico del problema sarà poi studiato, in maniera
indipendente, da Boronat et al. [4] e da Campbell [93] nel 2016.
Va inoltre ricordato ciò che emerge dalla review di Mahdavinia et al del 2013 [94]: gli
autori fanno una rassegna dei principali studi inerenti la relazione tra MRGE e CRS,
sottolineando come attualmente le più forti evidenze d’associazione tra le due
condizioni cliniche si abbiano principalmente nel paziente pediatrico.
É tuttavia in questi ultimi anni che si è assistito ad una vera e propria impennata nel
numero degli studi pubblicati in materia, per quanto non sempre concordi gli uni con
gli altri; oltre alla già citata review di Flook del 2011 [50], di grande rilevo è il punto
messo in luce da Hom et al. nel 2013 [95]: gli autori analizzano l’outcome dei sintomi
extra-esofagei in pazienti con MRGE trattati con PPI, affermando la necessità di
ricercare altre possibili cause alla sintomatologia stessa, qualora la sintomatologia
extra-esofagea non dovesse migliorare con la terapia anti-reflusso.
Un esempio di come ancora non si sia riusciti a raggiungere un punto comune in
materia viene dato dalla lettera scritta nel 2015 da Bakshi all’American Journal of
Rhinology and Allergy [96]: l’autore scrive deprecando il titolo da lui stesso definito
“provocatorio” dell’articolo di Bohnhorst [51], affermando che secondo la sua
opinione non esistesse di fatto alcuno studio in grado di dimostrare l’associazione
MRGE - CRS, citando in tal senso la review di Flook [50] ed uno studio di Hanna del
2012 [97].
Va tuttavia sottolineato come in realtà Flook non riuscì a dimostrare l’associazione
tra reflusso e rinosinusite cronica a causa dei bias e dei difetti di progettazione degli
studi al tempo disponibili (si veda il capitolo “Epidemiologia delle Rinosinusiti in
Relazione alla Malattia da reflusso Gastro-Esofageo”).
Risale sempre al 2015 un’importante studio retrospettivo di Lin et al. [98]: gli autori,
attingendo dal Taiwan’s National Health Insurance Research Database (periodo di
riferimento: 1 gennaio 2006 - 31 dicembre 2009), compongono il gruppo studio con
59
ben 15807 pazienti con diagnosi di MRGE ed un gruppo di controllo randomizzato di
47421 individui; le due coorti vennero poi suddivise in base ad età, sesso e
comorbidità.
I risultati ottenuti applicando la regressione di Cox per il calcolo del rischio furono a
dir poco suggestivi: i pazienti con MRGE mostrarono di avere un rischio 2,63 volte
maggiore di sviluppare CRS rispetto ai pazienti senza MRGE.
Gli autori rilevano inoltre come nella curva di Kaplan-Meier, tra pazienti con MRGE,
la CRS si instaurasse preferenzialmente in pazienti senza poliposi nasale (hazard
ratio: 2,48 vs. 1,85) [Fig 6.1 - 6.2].
L’aumentato rischio di CRS in pazienti con MRGE rilevato da Lin trova inoltre
supporto nella review di Min et al. dello stesso anno [99], nella quale si analizzano
tutti i fattori di rischio noti per CRS, tra i quali gli autori annoverano anche la MRGE,
richiamando gli studi di El-Serag [100], Wong [91] e Conley [101].
Altro studio di rilevo del 2015 fu condotto da Schiöler et al. nell’ambito del RHINE
Study (Respiratory Health in Northern Europe) [102]: gli autori eseguono uno studio
prospettico multicentrico con il quale riescono a dimostrare come il reflusso notturno
effettivamente si associ a rinite non-infettiva (NIR), riuscendo inoltre a mettere in
relazione come un maggior numero di episodi di reflusso a settimana si associ ad
un’aumentata incidenza di NIR.
Arrivando ai principali lavori del 2016, tre sono di particolare importanza: la review di
Sella et al. [103], lo studio di Naclerio [104] e quello di Verim et al. [105].
60
La review di Sella prende in considerazione ben 436 lavori inerenti lo studio della
relazione tra reflusso gastro-esofageo e rinosinusite cronica, selezionandoli sulla
base dei livelli di evidenza EBM [Tab 6.1]; di questi solo 12 articoli vengono scelti
dall’autore in quanto rientranti nei criteri d’inclusione, dei quali però solo 8
risultavano confrontare i risultati della pH-impedenzometria delle 24h ottenuti da
pazienti con CRS con quelli dei pazienti senza diagnosi CRS.
Naclerio invece esegue una disamina di tutti i diversi fenotipi di rinosinusite cronica
ad oggi noti, annoverando anche la CRS in corso di GERD.
Tuttavia Sella e Naclerio giungono, in buona sostanza, alla medesima conclusione:
ad oggi non è possibile parlare di un certo ruolo di MRGE per quanto riguarda la
eziopatogenesi di alcuni tipi di CRS, in quanto che mancano ancora studi
randomizzati e controllati su campioni sufficientemente numerosi.
Da questi due lavori si evince che lo stato attuale delle cose pende per
un’associazione “indiziale” tra le due patologie.
Concludendo, è necessario citare anche lo studio di Verim et al.: in questo lavoro gli
autori tentano di determinare l’influenza del reflusso laringo-faringeo (LPR)sul
peggioramento della CRS.
Nello studio vengono arruolati 48 pazienti (dai 18 ai 75 anni)con CRS in assenza di
poliposi nasale e candidati alla FESS, stimando l’entità del reflusso con il Reflux
Symptom Index (RSI) ed il Reflux Finding Scores (RFS)prima di procedere alla
chirurgia; scegliendo un RSI > 12 ed un RFS > 7 gli autori dividono i pazienti in 2
gruppi sulla base della gravità del reflusso.
I pazienti vengono poi stratificati sulla base di uno score radiologico (Lund-Mackay
Radiology Scores), uno endoscopico (Lund-Kennedy Endoscopy Scores, LKES), ed
uno sintomatologico (Sinusitis Symptom Scores, SSS)prima e dopo l’intervento
chirurgico (a 6 mesi); l’outcome post-chirurgico è stato valutato sulle differenze dei
risultati degli scores.
Gli autori rilevano come LPR sia associato ad un peggiore quadro nasale secondo lo
score radiologico ed endoscopico, ma come di fatto non risulti incidere sull’outcome
post-chirurgico, dato peraltro in linea con lo studio di DeConde del 2014 [49].
61
7 - La DIAGNOSI di REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO in AMBITO
RINOALLERGOLOGICO
Sulla scorta di quanto esposto in precedenza, appare oramai chiaro come la malattia
da reflusso gastro-esofageo risulti essere un’entità clinica complessa ed articolata;
scendendo nel particolare appare altrettanto chiaro come l’otorinolaringoiatra sia
interessato principalmente della componente extra-esofagea della patologia.
La sindrome extra-esofagea, ed ancor più quelle sindromi secondarie al reflusso
laringo-faringeo, pone dei problemi diagnostici del tutto particolari, portando la
necessità di delineare un iter diagnostico il quanto più possibile specifico e
personalizzato.
Per meglio delineare l’approccio dell’otorinolaringoiatra ad una patologia che in
buona parte esula dai suoi campi di competenza, vale la pena fare una breve
panoramica della gestione diagnostica della MRGE.
Come già esposto nel capitolo “Definizione & Classificazione del Reflusso
Gastro-Esofageo” queste linee guida effettuano una distinzione netta tra il paziente
reflussore tipico (con pirosi, rigurgito, DT non cardiogeno)ed il reflussore atipico
(sintomi atipici digestivi ed extra-esofagei).
Il motivo di questa dicotomia è da ricercarsi nella necessità di delineare dei protocolli
di gestione di questi pazienti che siano efficaci ed etici per il paziente (risparmiando
esami inutili e talora invasivi)e sostenibili per la società.
62
Sono diversi gli strumenti diagnostici a disposizione del medico nella diagnosi di
MRGE:
• RX del TRATTO DIGERENTE con mdc
La radiografia diretta del tratto digerente con mezzo di contrasto (solfato di bario)
[Fig 7.1] è forse una delle primissime metodiche messe in campo per la diagnosi di
MRGE.
Il razionale di tale esame di radiodiagnostica consiste nel rilevare, proprio grazie al
mezzo di contrasto bariato, il passaggio di materiale gastrico dallo stomaco
all’esofago.
Questa metodica risulta ormai abbandonata per la diagnosi di MRGE [Tab 7.1].
Fig 7.1
63
territorio da parte dello Specialista in Medicina Generale.
Il test consta nella somministrazione di un PPI al paziente (omeprazolo,
pantoprazolo, lansoprazolo, etc …)ad un dosaggio dai 20 ai 40 mg/die (secondo il
tipo di molecola impiegata)per 6-12 settimane.
Si considera il test positivo qualora la sintomatologia del paziente (tipica od
atipica)dovesse regredire; in tal caso si procederà alla terapia di mantenimento,
riducendo progressivamente la dose del farmaco sino alla minima possibile.
Il test risulterà negativo qualora la sintomatologia del paziente non dovesse
modificarsi: in tal caso si procederà con altre indagini al fine di trovare la causa alla
base della sintomatologia lamentata.
Il risultato della terapia empirica con PPI non deve essere però presa in senso
assoluto: per una corretta gestione del paziente con MRGE, specialmente se
reflussore atipico, è sempre necessario attenersi alle linee guida.
• MANOMETRIA ESOFAGEA
La manimetria esofagea è un esame volto a quantificare la continenza dello
sfintere esofageo inferiore (SEI), stimando la pressione vigente nell’esofago distale
[Fig 7.2] a mezzo di catere con palloncino ad aria o ad acqua [Fig 7.3].
Trova oggi indicazione unicamente nello studio pre-chirurgico della plastica anti-
reflusso, in quanto che è ad oggi ampiamente dimostrato come la MRGE sia una
patologia multifattoriale: l’incontinenza del SEI è solo uno delle numerose
64
concause in gioco.
• ESOFAGO-GASTRO-DUODENOSCOPIA BIOPTICA
Esame ad utilizzo esclusivo dello specialista gastroenterologo, rappresenta il
goldstandard per la diagnosi delle Sindromi da Reflusso con Danno Esofageo
(Montreal [1])e relative complicanze.
La visualizzazione endoscopica della mucosa esofagea [Fig 7.4] permette di
diagnosticare e soprattutto stadiare le lesioni organiche a cui può andare incontro
l’esofago del paziente con MRGE: il prelievo bioptico farà diagnosi di certezza
(come in tutte le lesioni organiche).
Fig 7.4
65
Le Guidelines for Diagnosis and Management of GERD articolano le loro indicazioni,
come consuetudine, secondo raccomandazioni e livelli d’evidenza [Tab 7.1]:
Diagnosi di MRGE
Tab 7.1
Le linee guida mettono pertanto in evidenza come oggi la diagnosi di MRGE sia
imperniata anzitutto sulla clinica del paziente e sulla sua storia anamnestica, due
elementi che se “tipici” permettono di ricercare la conferma diagnostica per mezzo di
terapia empirica con PPI (nel mondo anglosassone: PPI-challenge), riservando le
66
metodiche diagnostiche strumentali più invasive (e costose)solo per i casi dubbi, ma
non necessariamente “atipici”.
b - La Diagnosi di Sindrome extra-Esofagea
Sempre nelle medesime linee guida troviamo tutta una serie di raccomandazioni
specifiche per il riconoscimento e la diagnosi della sindrome extra-esofagea da
reflusso [Tab 6.2]:
Tab 7.2
Alla luce di quanto affermato nelle recenti ACG Guidelines for GERD la sindrome
extra-esofagea da reflusso è da considerarsi una tipologia di manifestazione clinica
67
del reflusso stesso che richiede un approccio ed una sensibilità diagnostica
specifica.
É proprio sotto questo punto di vista che lo specialista in otorinolaringoiatria deve
approcciarsi al paziente con MRGE.
68
nel lume esofageo; l’impedenza è funzione della concentrazione ionica presente nel
lume dell’esofago (l’impedenza cala quando il lume è occupato da liquido, cresce
quando occupato da aria).
Attraverso le rilevazioni della MII-pH possiamo quindi conoscere il “contenuto ionico”
dell’esofago al transito di gas o di liquidi.
La sonda impiegata nella MII-pH è costituita da un sondino flessibile di circa 2 mm di
diametro, dotato di diversi anelli metallici atti a formare un canale d’impedenza: gli
anelli sono distribuiti a 3 - 5 - 7 - 9 - 15 - 17 cm dall’estremo distale del sondino
stesso; sempre a 5 cm dall’estremo distale si trova allocato il sensore pH-metrico
[Fig 7.5].
Il razionale alla base dell’utilizzo di un sondino così costruito sta nella necessità di
dover conoscere con esattezza la massima estensione prossimale del reflusso,
ovvero la sua “altezza”: questo dato risulta essere di estrema importanza,
specialmente nello studio delle sindromi extra-esofagee.
Fig 7.5
69
- radiologia: sicuramente di semplice esecuzione ma piuttosto limitata, in quanto
che la localizzazione del SEI qui si realizza sulla base dei rapporti anatomici
che tale struttura dovrebbe avere con quelle circostanti (diaframma, pilastri
diaframmatici, etc …).
Tenendo presente che alcune condizioni si associano relativamente di
frequente alla MRGE (es. ernia jatale), si capisce come questa metodica
presenti diversi problemi.
- esophageal pull-through: conosciuto anche come “step-up pH-metrico”,
consiste nel far procedere la sonda pH-metrica sino allo stomaco del paziente;
a questo punto sul display del pH-metro si rileverà un pH estremamente acido
(tra 1 e 2).
Si comincia poi a retrarre lentamente la sonda sino a rilevare un viraggio dei
valori di acidità (generalmente quando il pH da valori di 2 o 3 cambia
bruscamente andando sopra a 4); da questo punto di viraggio si retrae
ulteriormente la sonda di altri 5 cm (appunto la distanza che la sonda pH-
metrica deve avere dal SEI).
- manometria esofagea: è oggi la metodica di scelta per localizzare il SEI [Fig
7.6]; per evitare al paziente questo esame invasivo aggiuntivo senza perdere
l'accuratezza, oggi ci si può servire di particolari sistemi definiti “LES finder”: tali
sistemi constano di un piccolo manometro (un esile catetere a singolo lume)che
può essere accoppiato o fissato all'elettrodo pH-metrico.
Fig 7.7
Fig 7.6
70
2) TARATURA del SONDINO
La taratura del sondino è ovviamente necessaria, al fine di ottenere dati affidabili
e non falsati.
La taratura avviene per mezzo di due soluzioni tampone, una a pH 4 ed una a
pH 7 [Fig 7.7].
Fig 7.8
71
4) RACCOLTA ed INTERPRETAZIONE dei DATI
L’analisi dei dati ottenuti si rende necessaria al fine di ottenere un quadro della
situazione affidabile e completo, nonché standardizzato.
L’interpretazione dei dati viene eseguita sotto diversi aspetti:
❖ interpretazione grafica: osservazione del tracciato restituito dalla macchina; è
sempre necessario tenere a mente come si presenta il tracciato di un soggetto
sano, al fine di comprendere l’andamento del reflusso e riconoscere eventuali
artefatti.
❖ analisi numerica: per eseguire l’analisi numerica (vale a dire il numero e la
durata dei reflussi)occorre definire cosa sia un RGE, ovvero un evento
reflussivo capace di variare, in almeno 3 canali consecutivi, l’impedenza
luminale di almeno il 50% rispetto al valore basale.
Per “durata del reflusso” si intende il tempo necessario perché l’impedenza
ritorni ad almeno il 50% del valore basale.
❖ analisi parametrica di DeMeester: i dati ottenuti con l’analisi numerica vengono
letti secondo i parametri di DeMeester (introdotti da DeMeester una trentina
d’anni fa); il razionale alla base di questo tipo di analisi sta nell’ottenere una
visione globale dell’esposizione acida, valutando:
1) % del tempo totale (24h)a pH < 4
2) % del tempo in ortostatismo a pH < 4
3) % del tempo in clinostatismo a pH < 4
4) n° complessivo di reflussi
5) n° di reflussi con durata superiore a 5 min
6) durata del reflusso più lungo
❖ interpretazione clinica dei dati: ottenuti tutti i parametri numerici necessari si
procede con il metterli in relazione alla sintomatologia del paziente, prendendo
a riferimento le segnalazioni fatte dal paziente stesso sul diario elettronico.
In questa fase conclusiva si calcolano 3 indici principali:
- Symptoms Index (SI)
Indice percentuale che mette in rapporto il numero di eventi sintomatologici
associati al reflusso (SR)con gli eventi sintomatologici complessivi (Stot),
72
ovvero: (SR / Stot) x 100
Si capisce come SI indichi, in buona sostanza, la percentuale di eventi
sintomatologici reflusso-relati; SI viene considerato clinicamente significati se
risulta essere > 50%.
- Symptoms Association Probability (SAP)
Calcolata per mezzo della tabella di contingenza 2x2, nella quale sintomi ed
episodi di reflusso vengono messi in relazione in base alla loro presenza (+)
od assenza (-), con successiva applicazione del test di Fisher [Tab 7.3].
Il SAP viene considerato positivo quando supera il 95%.
- Symptoms Sensitivity Index (SII)
Indice percentuale che mette in rapporto il numero di eventi sintomatologici
associati al reflusso (SR)con gli episodi di reflusso complessivi (Rtot), ovvero:
(SR / Rtot) x 100
Il SII è l’indice di più recente introduzione: il suo utilizzo è finalizzato al
compendiare il SI (inadatto secondo alcuni autori poiché non tiene conto di
Rtot [106]).
Tab 7.3
Alla luce di quanto esposto appare chiaro come la pH-impedenzometria delle 24h
multi-canale abbia rivoluzionato l’approccio diagnostico ai pazienti con MRGE,
benché essa non debba essere impiegata al di fuori delle raccomandazioni presenti
in linea guida.
Appare tuttavia altrettanto chiaro come ad oggi le principali raccomandazioni
riguardino principalmente il reflusso gastro-esofageo, tralasciando spesso il
problema della diagnosi e della tipizzazione del reflusso laringo-faringeo: va però
rilevato come attualmente si stia compiendo un importante sforzo per portare
consenso ed adeguatezza diagnostica anche al LPR.
Solo nel 2016 sono stati innumerevoli gli studi che hanno cercato di definire il ruolo
della MII-pH nella diagnosi di LPR: Pavić arruola 104 bambini nel suo studio
prospettico [107], tutti con sintomatologia suggestiva di LPR (ovvero ENT e sintomi
73
respiratori)e studiandoli tutti con il medesimo protocollo di MII-pH; lo scopo
dell’autore è trovare una relazione tra un quadro sintomatologico che potremmo
definire “evocativo” di LPR con i rilievi oggettivi della MII-pH.
Pavić conclude affermando che esiste una relazione significativa tra i reflussi acidi e
debolmente acidi e il LPR.
Nennstiel et al. affrontano il problema da un differente punto di vista [108]: arruolano
45 pazienti adulti reflussori atipici e, applicando le raccomandazioni delle ACG
Guidelines for GERD 2013 [Tab 7.2], li studiano con MII-pH per poi trattarli con PPI;
la MII-pH risultava significativamente alterata in 21 pazienti.
Gli autori approntano poi uno studio retrospettivo (controllo a 36 mesi)nel tentativo di
capire se i risultati ottenuti alla MII-pH possano predire l’utilità, in termini
sintomatologici, della terapia anti-reflusso; l’outcome sintomatologico viene stimato a
mezzo di questionario.
Lo studio evidenzia come effettivamente i dati ottenuti alla MII-pH possa predire
l’utilità della terapia con PPI: Nennstiel raccomanda di evitare la terapia anti-reflusso
in pazienti sì con sintomatologia atipica, ma con MII-pH negativa.
Gli autori concludono il loro studio suggerendo l’utilizzo di questo modello d’indagine
per i lavori futuri.
Cumpston et al. cercano una relazione tra sintomatologia suggestiva di LPR, Reflux
Symptom Index (RSI), Reflux Finding Score (RFS) e MII-pH [110].
Gli autori arruolano 109 pazienti con sintomi atipici e li studiano con RSI e RFS, per
poi sottoporli a MII-pH: nel 47% dei pazienti il test impedenzometrico è risultato
significativamente alterato, nel 39% negativo e nel 14% equivoco.
É stato inoltre rilevato come nei pazienti con MII-pH positiva vi sia stato un
consistente numero di episodi di esposizione acida del faringe (pH < 4)e di reflussi
74
prossimali sia acidi che non-acidi; è inoltre emerso come i risultati del RSI siano
significativamente diversi tra i due gruppi di pazienti (MII-pH positivi e negativi),
mentre RFS non ha mostrato differenze degne di nota.
Infine Patel rileva come l’impatto economico dei pazienti con MRGE atipica sia 5
volte superiore ai pazienti con MRGE tipica (ovvero con pirosi e rigurgito), a causa
della mancanza di un goldstandard diagnostico e dalla limitata responsività di questi
pazienti alla terapia con PPI.
L’autore sottolinea la necessità d’introdurre nuovi esami strumentali specifici per il
monitoraggio del pH oro-faringeo, come ad esempio il Restech Dx-pH® [Fig 7.10];
tali indagini, afferma l’autore, non vengono attualmente impiegate per mancanza di
consenso sui valori di cut-off e di studi prospettici controllati.
Fig 7.10
75
8 - CONTRIBUTO PERSONALE
Lo scopo dello studio [111] è stato quello di studiare la possibile relazione tra le riniti
croniche non-allergiche (NAR)ed il reflusso gastro-esofageo (RGE)mediante
l’impiego della citologia nasale, sul versante rinitico, e la pH-impedenzometria delle
24h, su quello reflussivo.
Si è quindi ipotizzato come talune rinopatie croniche, ed in particolare la NARNE
(rinite non-allergica neutrofila), debbano essere annoverate tra le manifestazioni
extra-esofagee della MRGE, ovvero ascritte nel quadro sintomatologico del paziente
reflussore atipico.
Questo studio interdisciplinare tra l’otorinolaringoiatria e la gastroenterologia
risponde alla necessità di studiare la problematica della relazione tra la NAR e la
MRGE avvalendosi di strumenti diagnostici condivisi ed oggettivi, sta a dire la
citologia nasale e la pH-impedenzometria delle 24h.
76
Presso l’Ambulatorio di Rinologia (ambulatorio di terzo livello)della Clinica
Universitaria Otorinolaringoiatrica del Policlinico Sant’Orsola di Bologna sono stati
valutati 485 pazienti per rinopatia tra il gennaio 2012 ed il dicembre 2014.
Tab 8.1
77
Dei 485 pazienti considerati 242 hanno ricevuto diagnosi di rinite non allergica (NAR;
49,9%), 176 di rinite allergica (AR; 36,3%)e 27 di rinite mista (5,6%).
In 40 pazienti (8,5%)la sintomatologia nasale è risultata legata a deformità
anatomiche o rinopatie non ascrivibili tra le vasomotorie (secondo la classificazione
proposta dalle Linee Guida ARIA [24]).
Sono stati pertanto esclusi i pazienti con AR e rinite mista, in virtù del fatto che la
presenza di neutrofili alla citologia nasale avrebbe potuto essere secondaria allo
stato allergico del soggetto; i criteri d’inclusione ed esclusione dello studio sono
mostrati nella [Tab 8.2].
Tra i restanti 242 pazienti con NAR sono stati selezionati 63 pazienti sulla base della
presenza massiva di neutrofili (AICNA: +++, ++++)sia in forma isolata che associata
ad eosinofili e/o mastociti, in assenza di batteri, spore od ife fungine.
Altri 38 pazienti sono stati esclusi poiché avevano in anamnesi altri possibili fattori di
richiamo neutrofilo nasale: 23 sono risultati essere fumatori, 9 avevano avuto
esposizione ad irritanti chimico-fisici in ambito professionale od hobbistico, 6 erano
affetti da rinosinusite associata a poliposi nasale (CRSwNP)o rinosinusite cronica
massiva con frequenti riacutizzazioni (secondo la Classificazione endoscopico-
radiologica di Lund-Mackay [113]).
Prick-test ⊖ Prick-test ⊕
NARNE + + + +
esposizione ad irritanti chimico-fisici in
ambito professionale od hobbistico
Prick-test ⊖
Tab 8.2
78
Sono stati quindi inclusi nel gruppo studio 25 pazienti [Tab 8.2]: il campione era
costituito al 44% da maschi (11 pazienti)e dal 56% da femmine (14 pazienti), con
un’età media di 46,1 anni (15 - 77).
I pazienti del gruppo di studio sono tutti stati studiati per MRGE con visita
gastroenterologica e pH-impedenzometria delle 24h.
Nel gruppo controllo sono stati inclusi 20 pazienti affetti da NAR ma con
rinocitogramma negativo per i neutrofili (NARES, NARMA, NARESMA); di questi 20
pazienti 6 erano maschi (30%)e 14 erano femmine (70%), con un’età media di 55,8
anni (22 - 72).
Tutti questi pazienti sono stati studiati con pH-impedenzometria delle 24h; al gruppo
controllo sono stati applicati gli stessi criteri d’esclusione del gruppo studio [Tab 8.2].
Nel complesso i 45 pazienti arruolati nello studio erano 17 maschi e 28 femmine con
un’età media di 50,4 ± 16,35 anni.
79
Il confronto tra il gruppo studio ed il gruppo controllo è stato eseguito utilizzando il
test del χ2 per le variabili qualitative ed il test di Mann-Whitney per le continue.
La relazione tra la presenza di neutrofili nella mucosa nasale e la positività alla pH-
impedenzometria esofagea delle 24h è stata studiata utilizzando l’analisi di
regressione logistica; l’Odds Ratio (ORs)e l’intervallo di confidenza al 95% (CI)sono
stati calcolati dopo aggiustamento per età e sesso.
c - Risultati
Dei 25 pazienti inclusi nel gruppo studio la citologia nasale ha mostrato come 13 di
essi fossero affetti da NARNE pura (52%), 8 da NARNE e NARES (12%)ed 1 con
NARNE più NARMA (4%) [Fig 8.1].
4%
12%
NARNE
52% NARNE + NARES
NARNE + NARESMA
32% NARNE + NARMA
Fig 8.1
In merito alla sintomatologia presentata dai pazienti del gruppo studio: la rinorrea era
presente nel 56% del campione (14 pazienti), l’ostruzione nasale nel 72% (18
pazienti), lo scolo retronasale nel 56% (14 pazienti), starnuti nel 24% (6 pazienti)ed il
prurito nel 16% (4 pazienti).
Nel complesso 10 pazienti lamentavano 3 o più sintomi contemporaneamente,
mentre 2 pazienti lamentavano disfonia (8%)ed altri due tosse (8%).
80
L’intensità dei sintomi presentati dai pazienti del gruppo studio, valutata con scala
VAS, ha fornito i seguenti valori medi [Fig 8.2]:
• rinorrea 5.2
• ostruzione nasale 6.1
• scolo-retronasale 5.9
• starnuti 3.5
• prurito 2.5
• disfonia 6.5tosse 6.5
Intensità media
dei sintomi (VAS)
6,5 6,5
6,1
5,9
5,25
5,2
3,5
3,5
2,5
1,75
0
rinorrea ostruzione scolo retronasale starnuti prurito disfonia tosse
Fig 8.2
Non sono state osservate differenze significative tra il gruppo studio ed il gruppo
controllo in merito ai sintomi, eccezion fatta per l’andamento della rinorrea.
Si è inoltre rilevato come il 68% del gruppo studio (17 pazienti)presentasse anche
sintomi tipici della MRGE, mentre il 32% (8 pazienti)lamentavano unicamente
sintomatologia atipica [Tab 8.3] [Fig 8.3].
81
egni / sintomi
Atipici puri
rigurgito dolore epigastrico
32%
uzione nasale scolo retronasale
Fig 8.3
Segni / sintomi
tosse
Tab 8.3
Nel gruppo controllo è emerso che il 15% era affetto da NARES (3 pazienti), il 55%
da NARMA (11 pazienti)ed il 30% da NARESMA (6 pazienti).
82
12 di essi (60%)le manifestazioni atipiche di MRGE si accompagnassero a
sintomatologia tipica (pirosi, rigurgito, dolore epigastrico).
RGE⊕ RGE⊖
(21pz) (4pz)
4,7% 75%
prurito nasale (VASmedio = 4) (VASmedio = 2)
Tab 8.4
Alla luce dei dati ottenuti ed eseguendo l’analisi univariata (prendendo ovviamente
come variabile il risultato ottenuto alla pH-impedenzometria esofagea delle
24h)l’unica differenza che è risultata essere significativa tra i due gruppi di pazienti è
stata una maggiore proporzione di pH-impedenzometrie positive nel gruppo studio
rispetto al gruppo controllo.
La regressione logistica ha confermato la significatività della relazione tra pH-
impedenzometria esofagea delle 24h positiva e la positività del rinocitogramma per
NARNE (p = 0,0001; [Tab 8.5]).
Tab 8.5
83
c - Discussione & Conclusioni
In questo lavoro si è cercato di dirimere la questione in merito alla relazione tra rinite
non-allergica neutrofila e malattia da reflusso gastro-esofageo, in uno studio caso-
controllo da intendersi come coronamento e conclusione del lungo lavoro in materia
portato avanti dall’Ambulatorio di Rinologia della Clinica Universitaria
Otorinolaringoiatrica di Bologna.
L’assunto da cui si è partiti, ora come allora, è dato principalmente dalle Linee Guida
ARIA 2010, nelle quali si annovera il riconoscimento di una rinite non-allergica
caratterizzata dalla presenza massiva di neutrofili indotta da irritanti chimico-fisici.
L’ipotesi alla base dello studio, ovvero che la NARNE possa effettivamente essere
indotta dalla MRGE, scaturì fondamentalmente dall’osservazione ananmestica e
clinica dei pazienti in carico all’Ambulatorio di Rinologia della Clinica Universitaria
Otorinolaringoiatrica del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, oltre che dall’evidenza di
un miglioramento e sintomatologico e citologico nasale alla somministrazione del
PPI [112].
Nell’attuale studio si è cercato, oltre alla conferma di una relazione tra le due
patologie, di dare una chiara impostazione metodologica alla gestione di questi
pazienti, sta a dire l’impiego sistematico della citologia nasale e della pH-
impedenzometria esofagea delle 24h.
La citologia nasale è una metodica diagnostica che negli ultimi anni ha conosciuto
un’importante aumento d’impiego in ambito rinologico.
I grandi vantaggi pratici che questa metodica presenta sono da ricercarsi anzitutto
nella grande accuratezza diagnostica che riesce a raggiungere nelle riniti cellulari le
quali, per loro stessa definizione, non potrebbero essere diagnosticate altrimenti.
In virtù di questa grande accuratezza, la citologia nasale permette inoltre
all’otorinolaringoiatra di dare una risposta chiara e certa al paziente rinitico non-
allergico, permettendogli di orientarsi nella pratica clinica di tutti i giorni e di
informare esaustivamente il paziente su quel che lo aspetta; proprio quest’ultimo
84
aspetto presenta importanti risvolti per la società, in quanto che le NAR risultano il
più delle volte del tutto insensibili alle terapie standard, rendendo così l’aspetto
diagnostico il primo e più importante passo verso una corretta gestione terapeutica,
per il paziente ed appunto anche per la comunità.
Se si considera poi l’enorme impatto di QoL che le riniti hanno sul paziente risulta del
tutto doveroso approntare iter diagnostico-terapeutici specifici per queste particolari,
ma per nulla rare, riniti.
Questa metodica risulta inoltre essere assolutamente economica e minimamente
invasiva per il paziente, nonché di possibile esecuzione in pressoché ogni
ambulatorio di otorinolaringoiatria.
85
Sottoponendo la popolazione di studio e la popolazione di controllo alla pH-
impedenzometria esofagea delle 24h è stato rilevato come ben l’84% dei pazienti
con NARNE presentasse valori patologici all’esame, a fronte del solo 25% dei
pazienti non-NARNE.
L’analisi univariata dei dati ottenuti ha confermato come questa differenza di
positività tra i due gruppi fosse significativa.
La regressione logistica ha inoltre confermato come la relazione tra la positività del
rinocitogramma per NARNE e la positività alla pH-impedenzometria esofagea delle
24h fosse significativa.
Alla luce dei dati ottenuti si può quindi affermare di aver aggiunto un ulteriore
elemento e prova a supporto di una relazione esistente tra MRGE e NARNE.
Si ritiene che la presenza massiva di neutrofili al rinocitogramma possa essere a tutti
gli effetti un marker di MRGE, in assenza di esposizione ad irritanti chimico-fisici in
anamnesi, sia in ambito professionale che hobbistico.
La scarsa responsività nasale alle terapie standard, così come un quadro
laringoscopico suggestivo di LPR (valutata con RFS)completano il quadro, dovendo
far sì che lo specialista in otorinolaringoiatria si ponga il sospetto diagnostico di una
malattia da reflusso gastro-esofageo ad esordio atipico.
Si ritiene quindi che il rinocitogramma debba essere eseguito in ogni paziente con
sintomatologia rinitica, al fine di avere un più completo orientamento clinico-
diagnostico, nonché eziologico, qualora di ritrovassero abbondanti neutrofili nella
mucosa nasale; in questi casi è accettabile procedere con la pH-impedenzometria
esofagea delle 24h, in concerto con il gastroenterologo.
86
oggi più specifiche per la diagnosi delle rispettive patologie, laddove altri autori
hanno diagnosticato la MRGE esclusivamente a mezzo di questionari.
87
Bibliografia
1. Vakil, N., et al., The Montreal definition and classification of gastroesophageal
reflux disease: a global evidence-based consensus. Am J Gastroenterol, 2006.
101(8): p. 1900-20; quiz 1943.
2. Abtahi, S.H., et al., Prevalence and characteristics of gastroesophageal reflux
in children with otitis media in Isfahan, Iran. Advanced biomedical research, 2016. 5:
p. 81.
3. Ahmed, S., E. Arjmand, and D. Sidell, Role of obesity in otitis media in
children. Current allergy and asthma reports, 2014. 14(11): p. 469.
4. Boronat-Echeverría, N., et al., Helicobacter pylori detection and clinical
symptomatology of gastroesophageal reflux disease in pediatric patients with otitis
media with effusion. International journal of pediatric otorhinolaryngology, 2016. 87:
p. 126-129.
5. Crapko, M., et al., Role of extra-esophageal reflux in chronic otitis media with
effusion. The Laryngoscope, 2007. 117(8): p. 1419-1423.
6. Doğru, M., et al., Role of Laryngopharyngeal Reflux in the Pathogenesis of
Otitis Media with Effusion. The journal of international advanced otology, 2015. 11(1):
p. 66-71.
7. Formánek, M., et al., Diagnosis of extraesophageal reflux in children with
chronic otitis media with effusion using Peptest. International journal of pediatric
otorhinolaryngology, 2015. 79(5): p. 677-679.
8. Luo, H., et al., [The expression and clinical significance of pepsin and
pepsinogen in patients with otitis media with effusion]. Lin chuang er bi yan hou tou
jing wai ke za zhi = Journal of clinical otorhinolaryngology, head, and neck surgery,
2015. 29(14): p. 1252-1255.
9. O'Reilly, R.C., et al., The role of gastric pepsin in the inflammatory cascade of
pediatric otitis media. JAMA otolaryngology-- head & neck surgery, 2015. 141(4): p.
350-357.
10. Önal, Z., et al., Evaluation of the likelihood of reflux developing in patients with
recurrent upper respiratory infections, recurrent sinusitis or recurrent otitis seen in
ear-nose-throat outpatient clinics. The Turkish journal of pediatrics, 2015. 57(3): p.
258-265.
88
11. Petrova, L.G., V.V. Chaĭkovskiĭ, and P.R. Rybak, [Pharyngolaryngeal reflux as
one of the causes of chronic excretory otitis media]. Vestnik otorinolaringologii,
2013(1): p. 19-21.
12. Sone, M., T. Kato, and T. Nakashima, Current concepts of otitis media in
adults as a reflux-related disease. Otology & neurotology : official publication of the
American Otological Society, American Neurotology Society [and] European
Academy of Otology and Neurotology, 2013. 34(6): p. 1013-1017.
13. Anastasi, M., Balboni, Trattato di Anatomia Umana. Quarta Edizione ed. 2006:
Edi.Ermes.
14. Gelardi, M., Atlante di Citologia Nasale per la Diagnosi Differenziale delle
Rinopatie. Seconda Edizione ed. 2012: Edi.Ermes.
15. Abul K. Abbas, A.H.L., Le basi dell'immunologia: fisiopatologia del sistema
immunitario. Seconda Edizione ed.: Elvesier.
16. V. Kumar, A.K.A., N. Fausto, J. C. Aster, Robbins & Cotran: le Basi
Patologiche delle Malattie. Ottava Edizione ed.: Elvesier.
17. Bruce M. Koeppen, B.A.S., Berne & Levy: Fisiologia. Sesta Edizione ed.:
Casa Editrice Ambrosiana.
18. Staff, M.C. Chronic Rhinosinusitis. Patient Care & Health Information 2016;
Available from: http://www.mayoclinic.org/diseases-conditions/chronic-sinusitis/
home/ovc-20211159.
19. Daniel L. Hamilos, J.C., Anna M. Feldweg, Chronic rhinosinusitis: Clinical
manifestations, pathophysiology, and diagnosis. 2016.
20. Zanussi, C., Trattato Italiano di Allergologia. 2002: Selecta Medica.
21. Bachert, C., Persistent rhinitis - allergic or nonallergic? Allergy, 2004. 59
Suppl 76: p. 11.
22. Greiner, A.N., et al., Allergic rhinitis. Lancet (London, England), 2011.
378(9809): p. 2112-2122.
23. Jean Bousquet, N.K., Alvaro A Cruz, Judah Denburg, Wytske, et al., ARIA
(Allergic Rhinitis and its Impact on Asthma). 2008.
24. Jan L. Brożek, J.B., Carlos E. Baena-Cagnani, G. Walter Canonica, Thomas
B. Casale, Roy Gerth van Wijk, Ken Ohta, Torsten Zuberbier, Holger J.
Schünemann, Allergic Rhinitis and its Impact on Asthma. 2010.
89
25. Bengtsson, C., et al., Chronic rhinosinusitis impairs sleep quality - results of
the GA(2)LEN study. Sleep, 2016.
26. Carlo Lombardi, G.P., Progetto Mondiale ARIA: Aggiornamento Italia. 2016,
Progetto LIBRA.
27. Cho, Y.-S.S., et al., Prevalence of otolaryngologic diseases in South Korea:
data from the Korea national health and nutrition examination survey 2008. Clinical
and experimental otorhinolaryngology, 2010. 3(4): p. 183-193.
28. Beule, A., Epidemiology of chronic rhinosinusitis, selected risk factors,
comorbidities, and economic burden. GMS Curr Top Otorhinolaryngol Head Neck
Surg, 2015. 14: p. Doc11.
29. Blackwell, D.L., J.G. Collins, and R. Coles, Summary health statistics for U.S.
adults: National Health Interview Survey, 1997. Vital and health statistics. Series 10,
Data from the National Health Survey, 2002(205): p. 1-109.
30. Hirsch, A.G., et al., Nasal and sinus symptoms and chronic rhinosinusitis in a
population-based sample. Allergy, 2016.
31. Thomas, M., et al., EPOS Primary Care Guidelines: European Position Paper
on the Primary Care Diagnosis and Management of Rhinosinusitis and Nasal Polyps
2007 - a summary. Primary care respiratory journal : journal of the General Practice
Airways Group, 2008. 17(2): p. 79-89.
32. Reviews Drug Discovery. 2009: Nature.
33. Skoner, D.P., Allergic rhinitis: definition, epidemiology, pathophysiology,
detection, and diagnosis. J Allergy Clin Immunol, 2001. 108(1 Suppl): p. S2-8.
34. Canuel, M. and G. Lebel, Epidemiology of allergic rhinitis in Quebec: from a
2008 population-based survey. Chronic Dis Inj Can, 2014. 34(2-3): p. 163-8.
35. Mims, J.W., Epidemiology of allergic rhinitis. Int Forum Allergy Rhinol, 2014. 4
Suppl 2: p. S18-20.
36. Quercia, O., et al., Prevalence of allergic disorders in Italy: the Cotignola
population study. European annals of allergy and clinical immunology, 2012. 44(1): p.
5-11.
37. Mullarkey, M.F., J.S. Hill, and D.R. Webb, Allergic and nonallergic rhinitis: their
characterization with attention to the meaning of nasal eosinophilia. The Journal of
allergy and clinical immunology, 1980. 65(2): p. 122-126.
90
38. Koufman, J.A., et al., Prevalence of esophagitis in patients with pH-
documented laryngopharyngeal reflux. The Laryngoscope, 2002. 112(9): p.
1606-1609.
39. Enberg, R.N., Perennial nonallergic rhinitis: a retrospective review. Annals of
allergy, 1989. 63(6 Pt 1): p. 513-516.
40. Togias, A., et al., Studies on the relationships between sensitivity to cold, dry
air, hyperosmolal solutions, and histamine in the adult nose. The American review of
respiratory disease, 1990. 141(6): p. 1428-1433.
41. Leynaert, B., et al., Perennial rhinitis: An independent risk factor for asthma in
nonatopic subjects: results from the European Community Respiratory Health
Survey. The Journal of allergy and clinical immunology, 1999. 104(2 Pt 1): p.
301-304.
42. Settipane, R.A. and P. Lieberman, Update on nonallergic rhinitis. Annals of
allergy, asthma & immunology : official publication of the American College of Allergy,
Asthma, & Immunology, 2001. 86(5): p. 494.
43. Settipane, R.A., Rhinitis: a dose of epidemiological reality. Allergy and asthma
proceedings, 2003. 24(3): p. 147-154.
44. Lorenz, A., I. Kuster, and A.G. Beule, [Non-allergic Rhinitis: Epidemiology,
Diagnostic and Therapy]. Laryngorhinootologie, 2015. 94(12): p. 847-60; quiz 861-2.
45. Cazzoletti, L., et al., The gender, age and risk factor distribution differs in self-
reported allergic and non-allergic rhinitis: a cross-sectional population-based study.
Allergy, asthma, and clinical immunology : official journal of the Canadian Society of
Allergy and Clinical Immunology, 2015. 11: p. 36.
46. Chambers, D.W., et al., Long-term outcome analysis of functional endoscopic
sinus surgery: correlation of symptoms with endoscopic examination findings and
potential prognostic variables. The Laryngoscope, 1997. 107(4): p. 504-510.
47. Phipps, C.D., et al., Gastroesophageal reflux contributing to chronic sinus
disease in children: a prospective analysis. Archives of otolaryngology--head & neck
surgery, 2000. 126(7): p. 831-836.
48. DelGaudio, J.M., Direct nasopharyngeal reflux of gastric acid is a contributing
factor in refractory chronic rhinosinusitis. The Laryngoscope, 2005. 115(6): p.
946-957.
91
49. DeConde, A.S., J.C. Mace, and T.L. Smith, The impact of comorbid
gastroesophageal reflux disease on endoscopic sinus surgery quality-of-life
outcomes. International forum of allergy & rhinology, 2014. 4(8): p. 663-669.
50. Flook, E.P. and B.N. Kumar, Is there evidence to link acid reflux with chronic
sinusitis or any nasal symptoms? A review of the evidence. Rhinology, 2011. 49(1):
p. 11-16.
51. Bohnhorst, I., et al., Prevalence of chronic rhinosinusitis in a population of
patients with gastroesophageal reflux disease. American journal of rhinology &
allergy, 2015. 29(3): p. 4.
52. Caulley, L., et al., Direct costs of adult chronic rhinosinusitis by using 4
methods of estimation: Results of the US Medical Expenditure Panel Survey. The
Journal of allergy and clinical immunology, 2015. 136(6): p. 1517-1522.
53. DeConde, A.S. and Z.M. Soler, Chronic rhinosinusitis: Epidemiology and
burden of disease. American journal of rhinology & allergy, 2016. 30(2): p. 134-139.
54. Kramer, M.F., et al., NARES: a risk factor for obstructive sleep apnea?
American journal of otolaryngology, 2004. 25(3): p. 173-177.
55. Eli Metzelder, R.N., Jennifer Derebery, Paul Stang, Sleep, quality of life, and
productivity impact of nasal symptoms in the United States: findings from the Burden
of Rhinitis in America survey. Allergy and asthma proceedings, 2009. 30(3).
56. Eifan, A.O. and S.R. Durham, Pathogenesis of rhinitis. Clinical and
experimental allergy : journal of the British Society for Allergy and Clinical
Immunology, 2016. 46(9): p. 1139-1151.
57. Craig, S., Tryptase and Chynase, markers of distinct types of human
mastcells. Immunology Res., 1989. 8.
58. Ciprandi, G., et al., Visual analog scale (VAS) and nasal obstruction in
persistent allergic rhinitis. Otolaryngol Head Neck Surg, 2009. 141(4): p. 527-9.
59. Schumacher, M.J., Nasal dyspnea: the place of rhinomanometry in its
objective assessment. America Journal of Rhinology, 2004.
60. Lara-Sanchez, H., et al., Assessment of nasal obstruction with
rhinomanometry and subjective scales and outcomes of surgical and medical
treatment. Acta Otorrinolaringol Esp, 2016.
92
61. Carney A. S., B.A.D., Jones A.S., Reliable and reproducible anterior active
rhinomanometry for the assessment of unilateral nasale resistance. Clinical
Otolaryngology and Allied Sciences, 2000.
62. Thulesius, H.L., A. Cervin, and M. Jessen, Can we always trust
rhinomanometry? Rhinology, 2011. 49(1): p. 46-52.
63. Derin, S., et al., The Causes of Persistent and Recurrent Nasal Obstruction
After Primary Septoplasty. The Journal of craniofacial surgery, 2016. 27(4): p.
828-830.
64. Hsu, H.C., et al., Evaluation of nasal patency by VAS/NOSE questionnaires
and anterior active rhinomanometry after septoplasty: a retrospective one-year
follow-up cohort study. Clin Otolaryngol, 2016.
65. Gelardi, M., et al., NASAL cytology: practical aspects and clinical relevance.
Clin Exp Allergy, 2016. 46(6): p. 785-92.
66. Romanelli, M.C., et al., Nasal ciliary motility: a new tool in estimating the time
of death. International journal of legal medicine, 2012. 126(3): p. 427-433.
67. Caruso, G., et al., Nasal scraping in diagnosing ciliary dyskinesia. American
journal of rhinology, 2007. 21(6): p. 702-705.
68. Arneth, J., Classification of Polymorphonuclear Neutrophils. 1904.
69. Philip O. Katz, L.B.G.a.M.F.V., ACG Guideline GERD. American Journal of
Gastroenterology, 2013.
70. Górecka-Tuteja, A., et al., Laryngopharyngeal Reflux in Children with Chronic
Otitis Media with Effusion. J Neurogastroenterol Motil, 2016. 22(3): p. 452-8.
71. Sone, M., et al., Relevance and characteristics of gastroesophageal reflux in
adult patients with otitis media with effusion. Auris, nasus, larynx, 2011. 38(2): p.
203-207.
72. Kim, J.H., et al., Extra-Esophageal Pepsin from Stomach Refluxate Promoted
Tonsil Hypertrophy. PloS one, 2016. 11(4).
73. Rathod, N.R., Extra-oesophageal presentation of gastro-oesophageal reflux
disease. J Indian Med Assoc, 2010. 108(1): p. 18-20, 22.
74. Kobayashi, R., et al., Role of lifestyle modifications for patients with laryngeal
granuloma caused by gastro-esophageal reflux: comparison between conservative
treatment and the surgical approach. Acta oto-laryngologica, 2016: p. 1-4.
93
75. Gale, N., et al., Laryngeal Squamous Intraepithelial Lesions: An Updated
Review on Etiology, Classification, Molecular Changes, and Treatment. Advances in
anatomic pathology, 2016. 23(2): p. 84-91.
76. Milstein, C.F., et al., Prevalence of laryngeal irritation signs associated with
reflux in asymptomatic volunteers: impact of endoscopic technique (rigid vs. flexible
laryngoscope). The Laryngoscope, 2005. 115(12): p. 2256-2261.
77. Pace, F., et al., The Italian validation of the Montreal Global definition and
classification of gastroesophageal reflux disease. Eur J Gastroenterol Hepatol, 2009.
21(4): p. 394-408.
78. Kang, S.-Y.Y., et al., Chronic cough in Korean adults: a literature review on
common comorbidity. Asia Pacific allergy, 2016. 6(4): p. 198-206.
79. Wang, H.-Y.Y., et al., Prevalence of gastro-esophageal reflux disease and its
risk factors in a community-based population in southern India. BMC
gastroenterology, 2016. 16: p. 36.
80. Okimoto, E., et al., Prevalence of gastroesophageal reflux disease in children,
adults, and elderly in the same community. Journal of gastroenterology and
hepatology, 2015. 30(7): p. 1140-1146.
81. Dore, M.P., et al., Risk factors for erosive and non-erosive gastroesophageal
reflux disease and Barrett's esophagus in Nothern Sardinia. Scandinavian journal of
gastroenterology, 2016. 51(11): p. 1281-1287.
82. Madanick, R.D., Management of GERD-Related Chronic Cough.
Gastroenterology & hepatology, 2013. 9(5): p. 311-313.
83. Canning, B.J. and S.B. Mazzone, Reflex mechanisms in gastroesophageal
reflux disease and asthma. Am J Med, 2003. 115 Suppl 3A: p. 45S-48S.
84. Little, F.B., et al., Effect of gastric acid on the pathogenesis of subglottic
stenosis. The Annals of otology, rhinology, and laryngology, 1985. 94(5 Pt 1): p.
516-519.
85. Formánek, M., et al., Laryngopharyngeal Reflux and Herpes Simplex Virus
Type 2 are Possible Risk Factors for Adult-Onset Recurrent Respiratory
Papillomatosis (prospective case-control study). Clinical otolaryngology : official
journal of ENT-UK ; official journal of Netherlands Society for Oto-Rhino-Laryngology
& Cervico-Facial Surgery, 2016.
94
86. Contencin, P. and P. Narcy, Nasopharyngeal pH monitoring in infants and
children with chronic rhinopharyngitis. International journal of pediatric
otorhinolaryngology, 1991. 22(3): p. 249-256.
87. Beste, D.J., S.F. Conley, and C.W. Brown, Gastroesophageal reflux
complicating choanal atresia repair. Int J Pediatr Otorhinolaryngol, 1994. 29(1): p.
51-8.
88. Conley, S.F., S.L. Werlin, and D.J. Beste, Proximal pH-metry for diagnosis of
upper airway complications of gastroesophageal reflux. J Otolaryngol, 1995. 24(5):
p. 295-8.
89. DiBaise, J.K., et al., Role of GERD in chronic resistant sinusitis: a prospective,
open label, pilot trial. The American journal of gastroenterology, 2002. 97(4): p.
843-850.
90. Bozec, A., et al., [Evaluation of rhinologic manifestations of gastro-
oesophageal reflux]. Revue de laryngologie - otologie - rhinologie, 2004. 125(4): p.
243-246.
91. Wong, I.W., et al., Nasopharyngeal pH monitoring in chronic sinusitis patients
using a novel four channel probe. The Laryngoscope, 2004. 114(9): p. 1582-1585.
92. Logemann, J.A., et al., Closure mechanisms of laryngeal vestibule during
swallow. Am J Physiol, 1992. 262(2 Pt 1): p. G338-44.
93. Campbell, R., et al., The Role of Helicobacter pylori in Laryngopharyngeal
Reflux: A Systematic Review and Meta-analysis. Otolaryngology--head and neck
surgery : official journal of American Academy of Otolaryngology-Head and Neck
Surgery, 2016.
94. Mahdavinia, M. and L.C. Grammer, Chronic rhinosinusitis and age: is the
pathogenesis different? Expert review of anti-infective therapy, 2013. 11(10): p.
1029-1040.
95. Hom, C. and M.F. Vaezi, Extra-esophageal manifestations of
gastroesophageal reflux disease: diagnosis and treatment. Drugs, 2013. 73(12): p.
1281-95.
96. Bakshi, S.S., Chronic rhinosinusitis in gastroesophageal reflux disease.
American journal of rhinology & allergy, 2015. 29(6).
97. Hanna, B.C. and P.J. Wormald, Gastroesophageal reflux and chronic
rhinosinusitis. Curr Opin Otolaryngol Head Neck Surg, 2012. 20(1): p. 15-8.
95
98. Lin, Y.-H.H., et al., Increased Risk of Chronic Sinusitis in Adults With
Gastroesophgeal Reflux Disease: A Nationwide Population-Based Cohort Study.
Medicine, 2015. 94(39).
99. Min, J.-Y.Y. and B.K. Tan, Risk factors for chronic rhinosinusitis. Current
opinion in allergy and clinical immunology, 2015. 15(1): p. 1-13.
100. El-Serag HB, S.A., Comorbid occurrence of laryngeal or pulmonary disease
with esophagitis in United States military veterans. 1997: Gastroenterology.
101. Conley, D., et al., The role of point-of-care CT in the management of chronic
rhinosinusitis: a case-control study. Ear Nose Throat J, 2011. 90(8): p. 376-81.
102. Schiöler, L., et al., Nocturnal GERD - a risk factor for rhinitis/rhinosinusitis: the
RHINE study. Allergy, 2015. 70(6): p. 697-702.
103. Sella, G.C., et al., Relation between chronic rhinosinusitis and
gastroesophageal reflux in adults: systematic review. Brazilian journal of
otorhinolaryngology, 2016.
104. Naclerio, R.M. and F.M. Baroody, Other Phenotypes and Treatment of Chronic
Rhinosinusitis. The journal of allergy and clinical immunology. In practice, 2016. 4(4):
p. 613-620.
105. Verim, A., et al., Effect of laryngopharyngeal reflux on the improvement of
chronic rhinosinusitis without polyposis after primary endoscopic sinus surgery.
Kulak burun bogaz ihtisas dergisi : KBB = Journal of ear, nose, and throat, 2016.
26(2): p. 65-72.
106. Michael F. Vaezi, Use of Symptom Indices in the Management of GERD.
Gastroenterology & Hepatology: the Independent Peer-reviewed Journal, 2012.
107. Pavić, I., et al., The importance of combined 24-hour multichannel intraluminal
impedance-pH monitoring in the evaluation of children with suspected
laryngopharyngeal reflux. Clinical otolaryngology : official journal of ENT-UK ; official
journal of Netherlands Society for Oto-Rhino-Laryngology & Cervico-Facial Surgery,
2016.
108. Nennstiel, S., et al., pH/multichannel impedance monitoring in patients with
laryngo-pharyngeal reflux symptoms - Prediction of therapy response in long-term
follow-up. Arab journal of gastroenterology : the official publication of the Pan-Arab
Association of Gastroenterology, 2016. 17(3): p. 113-116.
96
109. Sidhwa, F., et al., Diagnosis and Treatment of the Extraesophageal
Manifestations of Gastroesophageal Reflux Disease. Annals of surgery, 2016.
110. Cumpston, E.C., J.H. Blumin, and J.M. Bock, Dual pH with Multichannel
Intraluminal Impedance Testing in the Evaluation of Subjective Laryngopharyngeal
Reflux Symptoms. Otolaryngology--head and neck surgery : official journal of
American Academy of Otolaryngology-Head and Neck Surgery, 2016.
111. Schiavon P., T.F., Mancini M., Cimatti M., Ioannou A., Mandolesi D., Pirodda,
A., Bazzoli F., Riniti e reflusso gastroesofageo: ruolo della citologia nasale. 2016.
112. Schiavon, P., Correlazione tra Rinopatia non allergica con neutrofili (NARNE)
e Reflusso Gastro-esofageo. Il ruolo della citologia nasale. Abstract Book SIO, 2012.
113. Hopkins, C., et al., The Lund-Mackay staging system for chronic
rhinosinusitis: how is it used and what does it predict? Otolaryngology--head and
neck surgery : official journal of American Academy of Otolaryngology-Head and
Neck Surgery, 2007. 137(4): p. 555-561.
114. Zentilin, P., et al., Normal values of 24-h ambulatory intraluminal impedance
combined with pH-metry in subjects eating a Mediterranean diet. Digestive and liver
disease : official journal of the Italian Society of Gastroenterology and the Italian
Association for the Study of the Liver, 2006. 38(4): p. 226-232.
97
Bibliografia e Sitografia di Immagini, Grafici e Tabelle
Capitolo 2
• Fig 2.1 - 2 - 3 - 4
F. H. Netter M.D., Atlante di Anatomia Umana, Elvesier, Quarta Ed.
• Fig 2.5 - 6 - 7 - 8 - 9
M. Gelardi, Atlante di Citologia Nasale per la Diagnosi Differenziale delle Rinopatie,
Edi.Ermes, Seconda Ed.
Capitolo 3
• Fig 3.1 - 3
C. Lombardi, G. Passalacqua, Progetto Mondiale ARIA: Aggiornamento Italia,
Progetto LIBRA, 2016
• Tab 3.2 - 3
Beule, Epidemiology of chronic rhinosinusitis, selected risk factors, comorbidities,
and economic burden, GMS current topics in otorhinolaryngology, head and neck
surgery, 2015, Vol 14
• Fig 3.4
Cazzoletti et al, The gender, age and risk factor distribution differs in self-reported
allergic and non-allergic rhinitis: a cross-sectional population-based study, Allergy,
asthma, and clinical immunology : official journal of the Canadian Society of Allergy
and Clinical Immunology, 2015, Vol 11
Capitolo 4
Capitolo 5
98
• Fig 5.1, Tab 5.1
Vakil et al, The Montreal definition and classification of gastroesophageal reflux
disease: a global evidence-based consensus, Am J Gastroenterol, 2006, vol 101
Issue 8
• Fig 5.2
F. H. Netter M.D., Atlante di Anatomia Umana, Elvesier, Quarta Ed.
• Fig 5.3
http://www.orthocareresolution.it/2016/05/05/il-nervo-vago/
Capitolo 6
• Fig 6.1 - 2
Lin et al.; Increased Risk of Chronic Sinusitis in Adults With Gastroesophgeal
Reflux Disease: A Nationwide Population-Based Cohort Study, Medicine, 2015, Vol
94 Issue 39
Capitolo 7
• Fig 7.1
http://www.enterologia.it/rx-esofago-e-stomaco-d.html
• Fig 7.2 - 3
http://www.informazionimediche.com/2011/08/
manometria_esofagea_scco_perché_si_pratica.html
• Fig 7.4
http://www.cancer.gov/espanol/tipos/esofago/paciente/deteccion-esofago-pdq
• Fig 7.5
P. Schiavon et al., Riniti e reflusso gastroesofageo: ruolo della citologia nasale,
2016
• Fig 7.6
http://funcionales.es/exploraciones-y-pruebas/manometria-esofagica/
• Fig 7.7 - 8 - 10
http://www.lasermed.ch/it/restech-dx-ph-alito-acido.html
99
• Tab 7.3
Vaezi et al., Use of Symptom Indices in the Management of GERD.
Gastroenterology & Hepatology: the Independent Peer-reviewed Journal, 2012
Capitolo 8
100