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Matricola: 0000477816

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

RAPPORTO TRA RINOSINUSITE E REFLUSSO GASTRO-


ESOFAGEO: RELAZIONE TRA LA CITOLOGIA NASALE E
LA PH-IMPEDENZOMETRIA DELLE 24H

Tesi di Laurea in OTORINOLARINGOIATRIA

Presentata da: Relatore:

Bonvicini Andrea Chiar.mo Prof. Pirodda Antonio

Sessione III
Anno Accademico 2015 / 2016


1
1 - INTRODUZIONE 4

2 - ANATOMIA & FISIOLOGIA delle VIE AEREE SUPERIORI 6

a - Anatomia Macroscopica del Naso 6


b - Anatomia Microscopica del Naso 8
c - Fisiologia della Mucosa Nasale 11
3 - Le RINOPATIE CRONICHE 14

a - Definizione & Classificazione delle Rinopatie 14


b - Epidemiologia delle Rinosinusiti Croniche 18
c - Epidemiologia delle Rinosinusiti in Relazione alla Malattia da reflusso 

Gastro-Esofageo 25
d - I costi delle Rinosinusiti Croniche 27
e - Eziopatogenesi delle Riniti non-Allergiche 28
4 - La RINOALLERGOLOGIA nella PRATICA CLINICA 31

a - Anamnesi 31
b - Prick-test per Inalanti 32
c - Rinomanometria Anteriore Attiva 34
d - CT del Massiccio Facciale 35
e - Endoscopia Nasale 35
f - Citologia Nasale 35
5 - Il REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO 45

a - Definizione & Classificazione del Reflusso Gastro-Esofageo 45


b - La Sindrome Esofagea 47
c - La Sindrome extra-Esofagea 48
d - Epidemiologia della Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo 51
e - Il Reflusso Laringo-Faringeo 52
6 - La RELAZIONE tra REFLUSSO EXTRA-ESOFAGEO e RINOSINUSITE 

CRONICA 56

7 - La DIAGNOSI di REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO in AMBITO 



RINOALLERGOLOGICO 62

a - La Diagnosi di MRGE secondo le “ACG Guidelines for GERD 2013” 62

2
b - La Diagnosi di Sindrome extra-Esofagea 67
c - La pH-impedenzometria delle 24h 68
8 - CONTRIBUTO PERSONALE 76

a - Obbiettivo dello Studio Clinico 76


b - Materiali & Metodi 76
c - Risultati 80
c - Discussione & Conclusioni 84
Bibliografia 88

Bibliografia e Sitografia di Immagini, Grafici e Tabelle 98

Capitolo 8 100

3
1 - INTRODUZIONE

La malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE)è una condizione caratterizzata da


una risalita di materiale acido verso l’esofago, inducendo tutta una serie di segni e
sintomi che possono essere ricondotti schematicamente ad affezioni di tipo esofageo
ed extra-esofageo.
Il materiale refluito, pur provenendo dallo stomaco, non è tuttavia sempre
caratterizzato da pH fortemente acido: è oggi ampiamente documentata l’esistenza
di reflussi debolmente acidi, neutri ed addirittura alcalini (reflusso biliare).

Il grande interesse di Gastroenterologi e di Medici in Medicina Generale sorto intorno


alla MRGE in questi ultimi decenni è dovuto anzitutto sul grande impatto negativo
che questa condizione clinica ha sulla qualità di vita del paziente (QoL), nonché
all’alto tasso di complicanze che, negli anni, la malattia porta con sé: alcune di
queste, come ad esempio l’esofago di Barrett, possono essere il primum movens
verso patologie ad outcome estremamente sfavorevole, come l’adenocarcinoma
dell’esofago.

Assieme a questi aspetti più squisitamente “clinici”, la MRGE è diventata una sfida
per la comunità medica anche per la sua crescente frequenza, un ulteriore aspetto
che comporta problemi gestionali di portata non indifferente: nel corso di questi ultimi
anni si sono susseguite numerosissime linee guida tutte volte a contenere i costi di
diagnosi e terapia di MRGE, pur mantenendo alta l’accuratezza diagnostica.

La MRGE è ad oggi suddivisa in due grandi “aree”: la sindrome esofagea e la


sindrome extra-esofagea.
Con sindrome esofagea si intende oggi quella serie di quadri clinici nei quali noi
possiamo apprezzare i segni ed sintomi di MRGE nel distretto digestivo, e nello
specifico esofageo: si spazia dalla cosiddetta sintomatologia tipica di MRGE
(rigurgito e pirosi)alla sindrome del dolore toracico da reflusso, alle sindromi da

4
reflusso con danno esofageo; queste ultime possono essere schematicamente
classificate come le “complicanze” del reflusso.
Diverso è il discorso per la sindrome extra-esofagea: è oggi ampiamente dimostrato
come il reflusso possa manifestarsi, talora in via esclusiva, attraverso segni e sintomi
apparentemente slegati dal distretto gastro-esofageo.
Ed è proprio in merito alla sindrome extra-esofagea che si è accesa l’attenzione
dell’otorinolaringoiatria: grazie alla Classificazione di Montreal del 2006 [1] notiamo
come una grande parte delle affezioni extra-esofagee della MRGE riguardi appunto i
distretti di pertinenza ORL; gli autori rilevarono come alcune di queste affezioni
fossero di certo associate alla MRGE (tosse, laringite ed asma da reflusso)mentre
per numerose altre l’associazione era stata solo ipotizzata.
Queste “ipotesi” riguardavano principalmente la faringite cronica, la rinite cronica,
l’otite media ricorrente e la fibrosi polmonare.

Lo studio presentato va appunto ad inserirsi nella discussione di questa tematica:


mentre molto è stato scritto in merito alla otite media ricorrente [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8]
[9] [10] [11] [12], sono ancora piuttosto scarsi gli studi in merito alla relazione tra la
rinosinusite cronica e la malattia da reflusso gastro-esofageo.
Si è inoltre rilevato come spesso gli studi in materia fossero spesso qualitativamente
non eccelsi: la principale “pecca” rilevata è il frequente non utilizzo di metodiche
diagnostiche adeguate e specifiche alle patologie in esame.

Alla luce di queste osservazioni, nonché sulla scorta della letteratura esistente
riguardante le cosiddette manifestazioni ENT (Ear-Nose-Throat)ed i meccanismi alla
base delle stesse (ovvero il reflusso laringofaringeo), si è deciso di eseguire uno
studio caso-controllo nel quale si sarebbe cercato di dimostrare in maniera chiara la
relazione tra CRS e MRGE.
Questo studio si sarebbe caratterizzato per l’impiego delle due migliori metodiche
diagnostiche attualmente disponibili per le rispettive patologie: la citologia nasale, sul
“versante rinitico”, e la pH-impedenzometria esofagea delle 24h, su quello
“reflussivo”.


5
2 - ANATOMIA & FISIOLOGIA delle VIE AEREE SUPERIORI

Con “vie aeree superiori” si indica quel tratto respiratorio che si estende dalle narici
al laringe.
Tale tratto ha la sua apertura esterna costituita dalle narici, proseguendo nelle cavità
nasali di destra e di sinistra ed aggettando nel faringe tramite le coane; da qui si
prosegue caudalmente attraverso le rinofaringe, orofaringe e laringofaringe,
giungendo infine al laringe.

a - Anatomia Macroscopica del Naso

Le cavità nasali non vanno intese come banali tramiti “passivi” attraverso le quali
l’aria giunge alle porzioni più distali del sistema respiratorio: già dalla sua stessa
costituzione anatomica appare chiaro come il naso svolga un ruolo di primo piano
nello svolgimento della funzione respiratoria, e non solo.

Il naso risulta costituito da due cavità (destra e sinistra)tra loro distinte dal setto
nasale; queste due cavità trovano i loro limite rostrale nell’apertura narinale, quella
dorsale nelle coane.
Possiamo schematicamente suddividere le cavità nasali in tre porzioni principali [13]:
• vestibolo nasale → porzione più rostrale, delimitata dorsalmente dal limen nasale.
• porzione olfattoria → di estensione variabile, costituisce la volta delle cavità nasali;
contiene le terminazioni nervose del I° paio di nervi cranici.
• cavità nasale propriamente detta → è la porzione più cospicua; delimitata dal
vestibolo nasale (rostralmente), dalla porzione olfattoria (cranialmente)e dalle
coane (dorsalmente). Qui sboccano i seni paranasali.

Di queste tre porzioni è la cavità nasale propriamente detta (o porzione respiratoria)a


giocare il più importante ruolo durante il ciclo del respiro; tale ruolo è strettamente
correlato alla struttura anatomica della cavità stessa [Fig. 2.1 - 2.2]:

6
- PARETE MEDIALE

costituita dalla faccia laterale del setto nasale.
- PARETE LATERALE

caratterizzata da tre rilievi detti turbinati, distiniti in turbinato superiore / medio /
inferiore.

I turbinati sono costituiti rispettivamente dai cornetti nasali, strutture ossee
associate ai rispettivi meati (caudo-lateralmente). Essi svolgono un ruolo di
primaria importanza nel condizionamento dell’aria inspirata.
- PARETE SUPERIORE

suddivisa rostro-dorsalmente nelle porzioni fronto-nasale, etmoidale e sfenoidale,
in quanto costituita dalle rispettive tre ossa dello splancnocranio.
- PARETE INFERIORE

costituita dal processo palatino dell’osso mascellare nella porzione rostrale, dalla
lamina orizzontale dell’osso palatino nella porzione dorsale.

Fig. 2.1 Fig. 2.2

7
Fig. 2.3 Fig. 2.4

Rapporti anatomici tra i turbinati e le cavità paranasali

turbinato superiore celle etmoidali posteriori

turbinato medio celle etmoidali anteriori, seno frontale&mascellare

turbinato inferiore sbocco del dotto naso-lacrimale

Tab. 2.1

b - Anatomia Microscopica del Naso

É possibile suddividere i tessuti che tappezzano le cavità del naso in base alla
divisione vestibolo / cavità nasale propriamente detta / porzione olfattoria,
precedentemente esposta [14].

1) VESTIBOLO NASALE

Il vestibolo nasale si trova ad essere tappezzato da una cute sottile costituita da
epitelio pavimentoso stratificato che, in corrispondenza del contorno delle narici,
penetra nella cute esterna .

Questa porzione di epitelio è ricca di annessi: vibrisse, ghiandole sebacee,
ghiandole sudoripare apocrine ed eccrine.

Lungo il margine dorsale la cute vestibolare passa ad epitelio di transizione

8
9
batiprismatico stratificato non-cheratinizzato, nel quale notiamo la perdita degli
annessi precedentemente descritti e la comparsa di ghiandole tubulo-acinose
ramificate (elemento caratteristico della mucosa respiratoria).
2) CAVITÁ NASALE PROPRIAMENTE DETTA

La cavità nasale propriamente detta è uniformemente tappezzata da epitelio
colonnare pseudostratificato, la vera e propria “mucosa nasale”; tale epitelio
risulta poggiante su di una lamina basale, la quale separa l’epitelio dalla tonaca
propria.

I tipi citologici che compongono la mucosa nasale vengono illustrati nella tabella
nella pagina seguente [Tab. 2.2].

Altro elemento da non trascurare è la conformazione delle giunzioni cellulari: le


cellule colonnari della mucosa nasale paiono non avere sistemi di ancoraggio alla
lamina basale [14]; i principali mezzi di fissità ad oggi noti sembrano essere
desmosomi ed emidesmosomi cellula-cellula, probabilmente stabilizzati dalla
presenza delle cellule basali [Fig 2.9].

Fig. 2.9

10
c - Fisiologia della Mucosa Nasale

Come è possibile evincere da quanto detto in precedenza, appare chiaro come il


sistema rino-sinusale svolga diverse funzioni, alcune delle quali direttamente
correlate all’omeostasi globale dell’organismo.

É quindi possibile dividere schematicamente le funzioni rino-sinusali in cinque gruppi


principali:


• FUNZIONE AEREODINAMICA

La capacità del naso di “accogliere” e modificare il flusso d’aria inspirata è da
ricondursi ad una componente costante (la morfologia osteo-cartilaginea della
camera nasale)ed una variabile (la mucosa nasale).

Tale componente variabile risulta sotto controllo neurovegetativo il quale, grazie al
tono adrenergico vasocostrittore e colinergico vasodilatatore, induce cicliche
congestioni e decongestioni nella mucosa nasale; queste congestioni e
decongestioni procedono con andamento alterno tra le due cavità nasali,
prendendo il nome di ciclo nasale.

Appare quindi chiaro come siano i turbinati nasali [Fig. 2.3 - 2.4], unitamente alla
valvola nasale ed alle coane, a giocare un ruolo fondamentale nel
condizionamento dell’aria inspirata; le principali modificazioni del flusso d’aria in
ingresso sono le seguenti:

- compattamento dell’aria, messo in essere principalmente dalla valvola nasale

- genesi di microturbolenze, date dalle aumentate resistenze (in primis i turbinati)

L’induzione di moto turbolento si tradurrà in un aumentato tempo di contatto tra
aria inspirata e mucosa, rendendo quindi il naso più efficiente nello svolgimento
delle sue altre funzioni, esposte a seguire.


• FUNZIONE di CONDIZIONAMENTO dell’ARIA



Spetta al sistema rino-sinusale l’umidificazione ed il riscaldamento dell’aria
inspirata, al fine di fornire alle porzioni più distali dell’albero respiratorio un’aria
qualitativamente ottimale.


11
A tale funzione concorrono una serie di riflessi autonomici (oltre al già citato flusso
turbolento): a seconda della temperatura dell’aria inspirata la fittissima rete
arteriolo-capillare della mucosa nasale reagisce variando il proprio tono in via
riflessa.

Queste vasodilatazioni e vasocostrizioni, analogamente a quanto visto per il ciclo
nasale, non fanno altro che innalzare le resistenze nasali al bisogno, modulando
quindi direttamente il “tempo di permanenza” dell’aria a contatto con la mucosa
nasale: il risulatato è una autoregolazione dello scambio termico mucosa-aria.

Anche l’umidità dell’aria inspirata evoca riflessi atti a regolarne la saturazione di
vapor d’acqua: ogniqualvolta inspiriamo aria secca vengono attivate le ghiandole
sierose nella porzione rostrale del naso, permettendo quindi l’umidificazione
dell’aria stessa.

Questo raffinatissimo sistema di condizionamento permette che a livello della
glottide giunga un’aria a circa 32° e satura di vapore acqueo al 95-98%, pur in
diverse condizioni ambientali.


• FUNZIONE IMMUNITARIA ASPECIFICA & SPECIFICA



Il naso svolge un’importantissima funzione di filtro e barriera contro le aggressioni
esterne riscontrabili nell’aria.

Il primo meccanismo difensivo messo in atto è sicuramente quello dalle vibrisse,
robusti peli rigidi che come già esposto si ritrovano inseriti nella cute del vestibolo
nasale. Il compito principale delle vibrisse è la cattura e l’intrappolamento del
particolato di grosse dimensioni, impedendogli quindi di raggiungere le porzioni più
profonde del tratto respiratorio.

Solo in seconda linea (ma non per importanza)entrano in gioco la clearence muco-
ciliare (il cui funzionamento è già stato esposto nel sottocapitolo “Anatomia
microscopica del naso”)ed i meccanismi immunologici locali.

L’immunità locale, sia aspecifica che specifica, risulta affidata a diversi tipi cellulari:
neutrofili, fagociti, macrofagi, plasmacellule IgA-secernenti, linfociti.

Queste cellule di difesa si trovano in buona parte organizzate nel NALT (Nose
Associated Lymphoid Tissue) [15] [16], benché non sia infrequente ritrovare cellule
immunitarie lungo le giunzioni cellulari delle cellule mucosali; il riscontro di
sporadiche cellule immunitarie al rinocitogramma in un soggetto sano è infatti da

12
considerarsi la normalità [14].


• FUNZIONE OLFATTIVA

É assodato come per il corretto funzionamento della funzione olfattiva (uno dei
cosiddetti “sensi chimici”) sia essenziale, oltre all’integrità delle strutture nervose,
un corretto metabolismo della mucosa nasale nel suo insieme.

Non è certamente intento di questo lavoro analizzare le peculiarità fisiopatologiche
della sensorietà nasale, ma vale comunque la pena di accennarvi per mettere in
evidenza come il naso sia da considerarsi un organo nel suo insieme.

La senso olfattivo è assicurato dalla presenza dei chemocettori olfattivi che,
benché vadano incontro a continuo turnover, sono veri e propri neuroni, gli unici ad
ora noti in grado di rinnovarsi in tutto l’arco della vita [17].

Due elementi “meccanici” permettono a questi chemocettori di svolgere la loro
funzioni: il flusso d’aria turbolento, che per l’intrinseca morfologia del naso viene in
parte convogliato specificatamente alla regione olfattiva ed il film mucoso, che
intrappolando le molecole odorose permette ai chemocettori olfattivi di percepirle.


• FUNZIONE FONATORIA

Anche se in maniera indiretta, il naso compartecipa alla produzione del suono
fungendo da cassa di risonanza durante la fonazione.

13
3 - Le RINOPATIE CRONICHE

a - Definizione & Classificazione delle Rinopatie

Con rinosinusite cronica (CRS) si intende una condizione infiammatoria dei seni
paranasali e della mucosa nasale perdurante per almeno 12 settimane [18] [19],
associata ad un pool sintomatologico piuttosto caratteristico della patologia: rinorrea,
starnutazioni, ostruzione nasale, prurito nasale, scolo retronasale [20].

In realtà la gestione clinica della CRS è stata a lungo gravata dalla mancanza di un
chiaro inquadramento noseologico dovuto alla scarsità di studi sistematici e dati
sperimentali condivisi [19] [21].
Oggi è oramai assodato che sotto la dizione “rinosinusite cronica” si trovino diverse
entità cliniche, differenziate principalmente su base epidemiologica ed eziologica,
ma frequentemente accomunate dalla loro sintomatologia.
Questa sintomatologia comune, associata alla scarsità di algoritmi diagnostici
specificamente finalizzati alla diagnosi differenziale delle CRS, rende conto del
frequente mancato riconoscimento della eterogeneità di questa condizione clinica.

In questi ultimi anni si sono susseguiti una serie di studi clinici finalizzati ad un più
corretto inquadramento delle CRS e, sulla scorta dei dati ottenuti e della
consapevolezza maturata, si è giunti ad una serie di sistemi classificativi più o meno
condivisi.
La maggior parte degli autori divide le CRS sulla base di criteri classificativi
essenzialmente eziologici (riniti infiammatorie, vasomotorie, atrofiche ed infettive): un
esempio può essere la classificazione proposta da Greiner nel 2011 [22] su Lancet.

Sono state poi introdotte nel 2008 le linee guida ARIA (Allergic Rhinitis and its Impact
on Asthma) [23]: revisionate nel 2010 [24], rappresentano attualmente quello che è
forse il più completo ed affidabile strumento classificativo disponibile.

14
Queste linee guida rappresentano nella pratica clinica un prezioso strumento
nell’orientamento diagnostico differenziale delle CRS.
Queste linee guida suddividono le rinopatie secondo il seguente schema
classificativo [Tab 3.1]:

RINOPATIE

acute virali
Infettive batteriche
croniche micotiche
Infiammatorie da agenti chimico-fisici atmosferici
intermittente
allergiche
perenne
Vasomotorie neutrofila (NARNE)
non allergiche eosinofila (NARES)
(“cellulari”) mastocitaria (NARMA)
eosinofilo-mastocitaria (NARESMA)
poliposi nasale & antro-coanale
Iperplastiche /
vasculite (granulomatosi di Wegener, s. di Churg-Strauss)
granulomatose
sarcoidosi

papilloma
fibroma
condroma
Tumorali
angioma
carcinoma
sarcoma
Atrofiche principalmente senili, talora dovute a particolari riniti croniche

da abuso di: α1-agonisti / α1&2 -antagonisti / ACE-inibitori /


Iatrogene
contraccettivi orali / antiepilettici / neurolettici / ASA / Ca2+ -antagonisti
ipotiroidismo
Ormonali pre-mestruale
gravidica
angiospastica
s. oro-nasale (rinite gustatoria)
meccaniche (deviazione settale, adenoidismo, etc…)
Altre da decubito & esercizio fisico
occupazionali allergiche & non-allergiche
psicotico-emozionali
genetiche & congenite (s. di Kartagener, mucoviscidosi, etc …)

Tab. 3.1

15
Appare quindi chiaro come il paziente con rinopatia debba essere inquadrato in un
più ampio percorso clinico-diagnostico, atto ad individuare la specifica tipologia di
rinopatia che si pone di fronte allo specialista otorinolaringoiatra.

Di interesse per questo lavoro sono le RINITI VASOMOTORIE, distinte in allergiche


e non-allergiche, a loro volte suddivise in neutrofile / eosinofile / mastocitarie /
eosinofilo-mastocitarie.

a) RINITE ALLERGICA (AR)



Secondo la definizione proposta dalle linee guida ARIA [25]e dal più recente
aggiornamento italiano del Progetto ARIA [26], la rinite allergica viene definita
clinicamente dai sintomi indotti dalla infiammazione immuno-mediata (il più delle
volte IgE-mediata)conseguente all’esposizione della mucosa nasale ad un
allergene.

Tali sintomi includono starnuti, ostruzione e prurito nasale, scolo retronasale ed
altri, tutti reversibili spontaneamente od a seguito di terapia.

Per poter parlare di rinite allergica è necessario che il paziente risulti positivo ai
Prick-test per inalanti, oltre a presentare una citologia nasale caratteristica.


b) RINITE non-ALLERGICA (NAR)



L’importanza delle NAR è dovuta non solo alla loro frequenza (rappresentano
circa il 20% delle rinopatie [26]), ma anche al fatto che rappresentano una vera e
propria sfida per lo specialista otorinolaringoiatra: ancora oggi sono di frequente
confuse con le forme allergiche.

Il paziente con NAR presenta una sintomatologia simil-allergica, nel quale però
non si riscontra positività per test allergologici ma rilevando, alla citologia nasale,
cellule dell’immunoflogosi qualitativamente e quantitativamente caratteristiche
(eosinofili, mastociti, neutrofili).

Pur presentando una sintomatologia analoga alla AR, alcuni tratti clinico-
anamnestici possono considerarsi “patognomonici” del paziente con NAR:

- alto numero di consulenze specialistiche prima di approdare all’ambulatorio di 

rinoallergologia (medico in medicina generale, pediatra, otorinolaringoiatria, 

pneumologo, immunologo, …)


16
- sintomatologia intensa e spesso intermittente (“a bascula”), più accentuata 

durante il sonno e frequentemente scatenata da noxæ aspecifiche come 

sbalzi termici, cambi di posizione, profumi intensi o durante il sonno

- abbassamento della QoL spesso ancor più accentuato rispetto al paziente AR

Ad oggi non si hanno ancora dati certi sull’eziopatogenesi delle NAR: per quanto
siano state avanzate numerose ipotesi, manca ancora teoria eziopatogenetica
definitiva.

La differenziazione delle varie sottoforme di NAR è squisitamente istologica: le
forme neutrofile (NARNE)si caratterizzano per un’imponente infiltrato neutrofilo
(> 30% del totale)in assenza di batteri, spore od ife fungine, nelle NARES
predomina l’infiltrato eosinofilo (50-70% del totale), nelle NARMA quello
mastocitario, nelle NARESMA un infiltrato misto eosinofili-mastociti (per ulteriori
dettagli si veda più avanti il capitolo “Rinoallergologia nella pratica clinica”).


c) RINITI “SOVRAPPOSTE”

Non bisogna di certo dimenticare questo tipo di rinopatia, in quanto che si è di
recente osservato come questa condizione sia in rapido aumento,
rappresentando oggi circa il 34% [26] delle rinopatie.

Il sospetto clinico dovrebbe sorgere nel momento in cui il paziente presenta una
mono- / plurisensibilizzazione al Prick test, associata ad una congrua
sintomatologia nasale “stagionale” o “ciclica”, che però si staglia su di una
sintomatologia nasale “basale” che perdura tutto l’anno e comunque non
associata all’esposizione allergenica [14].

La comparsa della sintomatologia nasale allergica parrà quindi più che altro una
riacutizzazione della sintomatologia stessa, o si confonderà con la sintomatologia
“perenne” (della NAR), a seconda della gravità.

Il sospetto clinico potrà essere confermato alla citologia nasale che, rilevando
qualitativamente e quantitativamente le cellule dell’immunoflogosi, ricondurrà lo
specialista all’esatto (od esatti)sottotipo di rinopatia.

Questa particolare tipologia di rinite ha messo in luce ancora una volta come la
citologia nasale sia il principale strumento diagnostico differenziale attualmente
disponibile in rinoallergologia.

17
b - Epidemiologia delle Rinosinusiti Croniche

La rinosinusite cronica rappresenta oggi una affezione estremamente diffusa che


secondo alcune stime riguarda circa un quarto della popolazione mondiale; in questi
ultimi anni diversi studi hanno inoltre rilevato un impressionante aumento della
prevalenza della CRS (e delle rinopatie in generale)nella popolazione generale, in
particolar modo nelle società occidentali (ma non solo [27] ).
Va comunque puntualizzato che non sono ancora disponibili dati completi ed univoci
circa l’incidenza e la prevalenza delle rinopatie, a causa delle differenti metodiche
d’indagine utilizzate dai diversi autori e della complessità posta da uno studio
epidemiologico di una patologia così articolata e complessa.

Tab 3.2

Nella tabella sovrastante [Tab 3.2], tratta dalla review di Beule del 2015 [28], sono
ricapitolati i principali studi epidemiologici riguardanti l’incidenza di rinosinusite nella
popolazione generale adulta degli Stati Uniti, suddivisa in base al sesso.

18
Questi studi epidemiologici sono stati condotti dal Center of Diesease Control
(CDC)e dal National Institute of Health Sciences (NIHS)che, pur con metodologie
differenti, hanno indagato il problema con un approccio anamnestico, ovvero con
questionario di autovalutazione; tale approccio è a tutt’oggi considerato il
goldstandard per l’indagine epidemiologica delle rinopatie.
É necessario tuttavia porre l’accento, per quanto riguarda questa rassegna di dati,
su tre aspetti importanti:
• l’incidenza di rinosinusite nel sesso femminile pare essere nettamente più alta
rispetto al sesso maschile
• l’incidenza globale è sottostimata, basandosi sostanzialmente di una
autovalutazione da parte dei soggetti arruolati nelle indagini
• la rassegna mostra un trend decrescente dell’incidenza: ciò probabilmente è
dovuto al fatto che gli autori, sorprendentemente, non hanno tenuto in
considerazione la dicotomia rinosinusite acuta e cronica

Tab 3.3

19
L’autore riporta anche una rassegna dei principali dati epidemiologici attualmente
disponibili su scala globale [Tab 3.3], dividendoli per macro-aree; vengono riportati
anche le coorti e le metodologie di raccolta dati utilizzate.
Da questa rassegna emerge un altro aspetto di grande rilievo epidemiologico: la
CRS risulta avere una distribuzione geografica disomogena, mostrando una
incidenza e prevalenza diverse in diverse località.
Già Blackwell nel 2002 [29] rilevava come nel sud degli Stati Uniti si osservasse una
maggiore incidenza di rinosinusite croniche rispetto al nord.

Hirsch et al. hanno recentemente condotto uno studio [30] nel quale si sono proposti
di ottenere le prime stime epidemiologiche americane inerenti alla CRS, utilizzando i
criteri dell’European Position Paper on Rhinosinusitis (EPOS) [31]; gli autori si sono
basati su di un campione di 23700 individui di popolazione generale, reclutati tra 45
contee della Pennsylvania.
Questo studio ha mostrato come l’ 11,9% del campione rispondesse ai criteri EPOS
per CRS; la prevalenza di CRS giungeva ad un picco (15,9%)nei soggetti tra i 50 ed
i 59 anni, abbassandosi poi dopo i 69 anni.
Lo studio ha mostrato come i soggetti maggiormente colpiti da CRS nel campione
siano i soggetti più giovani, di razza bianca, fumatori e con comorbidità.
Gli autori hanno quindi diviso i pazienti con CRS in 4 sottogruppi secondo i sintomi
presentati (sempre secondo le linee guida EPOS), tentando di correlare la
sintomatologia presentata con i fattori di rischio noti: l’associazione è divenuta non
più significativa.

Lo studio della rinosinusite cronica sotto il profilo epidemiologico si complica


ulteriormente nel momento in cui si vuole discriminare le forme allergiche (AR) dalle
forme non-allergiche (NAR).

Negli anni si sono susseguiti diversi gli studi epidemiologici inerenti le riniti allergiche
in virtù della loro grande prevalenza; la loro frequenza è stimata, negli Stati Uniti,
circa pari a quella dell’ipertensione arteriosa [32] [26] [Fig 3.1].

20
Fig 3.1

Di grande rilievo è lo studio di Skoner del 2001 [33] condotto negli Stati Uniti che, per
quanto non recentissimo, mette in evidenza come 20-40 milioni di americani soffra di
AR; all’interno di questa ragguardevole fetta di popolazione l’autore rileva che il 20%
soffre di allergia stagionale, il 40% di allergia perenne ed un altro 40% di allergia
mista (con le relative implicazioni clinico-sintomatologiche, di QoL, di costi).
Altro importante studio è stato pubblicato nel 2014 da Canuel et al. [34]: gli autori si
sono posti l’obbiettivo di stimare la prevalenza dei sintomi da AR in rapporto al
numero di diagnosi di AR effettuate, in un periodo che si è esteso dal 2008 al 2015 e
prendendo a campione la popolazione oltre i 15 anni del Quebec (Canada).
Questo lavoro ha mostrato una prevalenza di sintomatologia del 17% e maggiore
nelle donne rispetto agli uomini (in accordo con i dati esposti nella review di Beule
[28] [Tab 3.2 - 3]) nonché, in linea con lo studio di Hirsch [30], una prevalenza minore
nei soggetti in età più avanzata (oltre i 65 anni).
Infine Mims, sempre nel 2014, con la sua review [35] mette ancora una volta in
guardia sull’incompletezza dell’inquadramento epidemiologico della rinite allergica,
rilevando la grande disomogeneità nelle metodologie di studio e di diagnosi della AR
da parte dei vari autori e specialisti.

21
Per quanto riguarda la situazione italiana, inerentemente alla rinite allergica, sono
principalmente due i lavori a disposizione: Quercia et al. arruolano nel 2012 l’intera
popolazione di Cotignola (Ravenna) [36], somministrando un questionario atto
valutare la sintomatologia di AR, asma, anafilassi e reazioni allergiche cutanee.
Gli autori rilevano che il 14,8% del campione ha avuto sintomatologia nasale nel
corso della vita, di cui il 37,4% ha ricevuto diagnosi di AR.
Ulteriori dati epidemiologici sono stati resi disponibili dall’Aggiornamento Italiano del
Progetto Mondiale ARIA [26], dai quali emerge un aumento progressivo di tutte le
patologie respiratorie dagli anni ottanta ad oggi, rinite allergica compresa.
Il gruppo di lavoro inoltre rileva come l’Italia sia un paese a prevalenza medio-alta di
AR pediatrica (5-15%) nonché come questa affezione, se insorta precocemente, si
associ ad un outcome complessivamente peggiore della patologia allergica
dell’adulto.

Riguardo alle riniti non-allergiche si comincia in questi anni ad avere una mole di dati
sufficiente a stilare le prime stime epidemiologiche: va tuttavia rilevato come questi
studi siano caratterizzati da una enorme variabilità, probabilmente dovuta alle
differenti metodologie utilizzate e soprattutto ai differenti criteri diagnostico
differenziali tra NAR ed AR utilizzati dai diversi centri.
Come visto negli studi epidemiologici riguardanti la AR, il principale strumento
utilizzato nella stima epidemiologica è l’autovalutazione con questionario,
tralasciando talora importanti tecniche diagnostiche differenziali come il Prick test
per inalanti.
Queste “pecche” fanno sì che i dati epidemiologici riguardanti le NAR siano ancora
scarsamente affidabili.
Nell’ultimo trentennio sono essenzialmente cinque gli studi che hanno valutato la
prevalenza, tra le altre, delle riniti non allergiche [Fig 3.2].
Mullarkey et al. conducono nel 1980 uno studio su 142 pazienti [37] che avevano
ricevuto diagnosi di rinite dividendoli, sul discrimine del Prick test per inalanti, in due
sottogruppi: il 52% di essi risultò essere affetto da NAR ed il 48% da AR, benché
Koufman et al. rilevarono in seguito [38] come la sintomatologia NAR potesse essere
scatenata anche da agenti chimico-fisici, mostrando quindi come Mullarkey et al.
avessero tralasciato le sintomatologie di tipo misto.

22
Fu poi Enberg nell’89 a porre l’accento sulla problematica diagnostico differenziale
tra le rinopatie allergiche e non-allergiche [39]: il suo studio mise in evidenza come
30,2% dei pazienti da lui arruolati soffrisse di ciò che definì rinite non-allergica
perenne (PNR)e sottolineando come essa si manifestasse più frequentemente con
l’ostruzione nasale; nelle conclusioni Enberg afferma come i pazienti con PNR
mostrassero frequentemente “neutrofilia nasale”.
Due studi successivi, Togias nel ’90 [40] e Leynaert et al. nel ’99 (per conto
dell’European Community Rhinitis Health Survey, ECRHS) [41], rilevano una
prevalenza superiore della AR rispetto alle NAR (83%) secondo Togias, 75%
secondo ECRHS).
Si è poi approdati allo studio condotto dal National Rhinitis Classification Task Force
(NRCTF), che ha stimato una prevalenza delle NAR del 23%, del 43% delle AR e del
34% delle forme miste [Fig 3.2] [42] [43]: questi dati sono da considerarsi in linea
con quelli ottenuti Leynaert et al. (includendo le forme miste, non considerate
dall’ECRHS, nelle AR)e riconfermati nel 2016 dall’Aggiornamento Italiano delle linee
guida ARIA [26] [Fig 3.4].

Studi di prevalenza delle Riniti Croniche dell’ultimo trentennio

numerosità del R. Allergica R. non-Allergica R. Mista


campione (%) (%) (%)

Mullarkey et al. 142 48 52 -


Enberg 128 64 36 -

Togias 362 83 17 -

ECRHS 1412 75 25 -

NRCTF 975 43 23 34 Fig 3.3

Fig 3.2

Il più recente studio di Lorenz et al. del 2015 [44] rileva invece ancora una volta
come siano maggiormente frequenti le forme NAR.
Infine il lavoro di Cazzoletti et al. nel 2015 [45] esegue una puntuale disamina
comparativa tra NAR ed AR, considerando le differenze di prevalenza delle due
affezioni in base al sesso, l’andamento della medesima nel corso della vita (i
soggetti arruolati andavano dai 20 agli 84 anni, divisi in fasce d’età)ed i fattori di

23
rischio associati; gli autori somministrarono un questionario che teneva conto della
sintomatologia respiratoria e dei potenziali fattori di rischio.
Da questo lavoro emergono diversi dati interessanti sia sotto il profilo epidemiologico
che sotto un profilo nettamente discriminante le due affezioni:
• le NAR mostrano un significativo calo di prevalenza, nel sesso femminile,
all’aumentare dell’età: dal 12,0% nel gruppo 20-44 anni al 7,5% nel gruppo 65-84
anni [Fig 3.5].

La prevalenza risulta grossomodo costante nel sesso maschile.
• la AR presenta una prevalenza progressivamente decrescente all’aumentare
dell’età, indipendentemente dal sesso, arrivando quasi a dimezzarsi nel gruppo di
pazienti di maggiore età, rispetto ai più giovani (dal 26,6% al 15,6%) [Fig 3.4].
• i soggetti fumatori ed ex-fumatori, nonché quelli che vivono nelle vicinanze di
impianti industriali, hanno un maggior rischio di sviluppare NAR.
• i soggetti fumatori hanno minor rischio di sviluppare AR, mentre quelli residenti nel
bacino del Mediterraneo hanno rischio maggiore.
Il grande valore di questo studio è da ricercarsi anche nel fatto che gli autori si sono
basati su di un campione randomizzato di popolazione interamente italiana.

Fig 3.4

24
c - Epidemiologia delle Rinosinusiti in Relazione alla Malattia da reflusso 

Gastro-Esofageo

Per quanto riguarda l’aspetto epidemiologico più attinente allo scopo di questo
lavoro, ovvero la relazione tra rinosinusite cronica (CRS) e malattia da reflusso
gastro-esofageo (MRGE), sono stati condotti diversi gli studi negli ultimi anni;
tuttavia, come è noto, ancora non si è riusciti a dimostrare in maniera univoca una
relazione tra CRS e MRGE.

Già Chambers nel ’97 [46] evidenziò come la diagnosi di MRGE si associ ad una
recidiva della sintomatologia nasale in pazienti con CRS sottoposti a chirurgia
funzionale endoscopica nasosinusale (FESS); in questo studio fu impiegato un
questionario per diagnosticare la MRGE.
In ambito pediatrico Phipps et al. nel 2000 [47] raccomandavano di escludere MRGE
nel bambino con sintomi rinosinusali prima di ricorrere alla chirurgia dei seni
paranasali.
Qualche anno dopo (2005)DelGaudio [48] nel proprio studio riprende i concetti
espressi da Chambers otto anni prima, dimostrando anch’egli come vi fosse, in
pazienti con CRS, una recidiva di sintomatologia nasale post-FESS.
I dati ottenuti in maniera indipendente da Chambers e DelGaudio risultano essere in
linea l’uno con l’altro, benché DelGaudio abbia impiegato la pH-metria delle 24h
nella diagnosi di MRGE.
Un esempio di come gli attuali dati possano essere contrastanti in materia si può
ritrovare nel lavoro di DeConde del 2014 [49]; l’autore si pone essenzialmente il
medesimo quesito dagli studi di Chambers e DelGaudio ma arrivando ad una
conclusione differente: i pazienti con CRS sottoposti a FESS hanno sostanzialmente
la medesima QoL post-chirurgica, indipendentemente dalla MRGE.

Infine, in merito agli studi pubblicati nell’ultimo quinquennio, risulta di rilievo la review
pubblicata da Flook nel 2011 [50] e lo studio caso-controllo di Bohnhorst del 2015
[51].

25
Flook fa un punto della situazione in merito alla relazione tra CRS e MRGE,
considerando 19 studi clinici sia su popolazione adulta che pediatrica, pur gravati da
alcuni bias (il principale dei quali è riferito alla numerosità dei campioni);
sfortunatamente solo 5 dei 12 studi su popolazione adulta risultarono essere caso-
controllo e con misurazione strumentale del reflusso gastro-esofageo, rendendo così
i dati a disposizione dell’autore insufficienti a dirimere la questione.
D’altro canto, Bohnhorst arruola 82 pazienti con MRGE nel suo studio caso-
controllo, partendo dall’assunto di una sempre più evidente coesistenza di CRS ed
MRGE in un ampio numero di pazienti nei registri epidemiologici. L’autore, valutando
il proprio campione per CRS secondo le linee guida EPOS [31], conclude rilevando
come CRS avesse una prevalenza estremamente più alta nei pazienti con MRGE
(20,7%)rispetto alla popolazione generale (8,5%).
Da questo studio emerge un altro dato di grosso rilievo clinico: Bohnhorst evidenza
come la QoL nasale sia di gran lunga peggiore nel paziente con CRS associata a
MRGE rispetto ad un paziente con la sola diagnosi di CRS.

Volendo esprimere un parere conclusivo in materia, pur non scendendo nel merito
delle differenti metodiche di studio impiegate dai diversi autori (ognuna con i suoi pro
ed i suoi contro), il grande limite degli studi succitati è quello di non essersi avvalsi
della rinocitologia, la cui importanza è certamente di recente codificazione, ma
tuttavia necessaria nella diagnosi differenziale tra NAR e AR.
La mancanza di diagnosi differenziale tra le due condizioni, in pazienti con MRGE,
può aver in parte falsato i dati per due motivi principali:
• è oramai accertata l’esistenza (e la grande frequenza)della rinosinusite mista,
come esposto in precedenza ([26] [33] [38] [42] [43])
• in virtù della grande prevalenza del reflusso gastro-esofageo e della rinite allergica
non è da escludersi che, in un numero non indifferente di pazienti, le due
condizioni siano semplici comorbidità

26
d - I costi delle Rinosinusiti Croniche

Esiste oramai una imponente mole di dati che testimonia come le riniti rappresentino
un enorme onere economico per la comunità.
Le cause alla base di questa importante spesa sono da ricercarsi anzitutto nella
grande frequenza di questa patologia che, come esposto in precedenza, affligge una
buona fetta di popolazione generale (pur con grande variabilità regionale e tra i
differenti studi).
Altro aspetto di grande rilievo nella determinazione dei costi di gestione della CRS è
la ancora insufficiente sensibilizzazione al problema da parte degli specialisti: tale
condizione viene spesso recepita come “banale” e non come una entità noseologica
capace di incidere anche gravemente sulla QoL del paziente; Caulley nel suo studio
del 2015 [52] rileva come la CRS si sia dimostrata in grado di alterare la
performance fisica e psichica del paziente al pari di patologie “maggiori” come
l’artrite reumatoide, le malattie infiammatorie intestinali croniche (IBD), l’asma ed il
cancro.
L’autore stima inoltre una spesa di circa 5500 dollari annui a paziente (utilizzando 4
metodi di valutazione differenti), distribuiti maggiormente sulle spese ambulatoriali,
seguite dalle prescrizioni in ambito ospedaliero.
Nel 2016, DeConde ha pubblicato una review [53] nella quale afferma che per
quantificare i costi imputabili alla CRS non si debba prendere a riferimento la
prevalenza della patologia (peraltro non stimabile attualmente, secondo l’autore), ma
la prevalenza dei sintomi nasosinusali ad essa imputabili: DeConde sottolinea come
il calo di QoL non sia dovuto alla patologia in sé per sé, ma bensì a tutti quei sintomi
incidenti sulle attività quotidiane del paziente, come l’andare a lavoro, il dormire,
l’affaticamento. Questa ipotesi era già peraltro stata presa in considerazione da
Kramer nel 2004 [54] e più recentemente da Bengtsson nel 2016 [25].
DeConde conclude rilevando come gli specialisti siano oggi maggiormente
concentrati sulla valutazione dei sintomi rinosinusali in quanto tali, mentre i pazienti
sono principalmente concentrati sulle conseguenze di essi; tale aspetto, afferma

27
l’autore, pare essere confermato dal fatto che i costi indiretti (12,8 miliardi di
dollari)abbiano oggi superato quelli diretti.

Per quanto riguarda più nel dettaglio l’aspetto dei costi indiretti, di grande rilievo è il
lavoro condotto negli Stati Uniti da Metzelder et al. del 2009 [55]: gli autori stimano in
3,8 milioni i giorni di lavoro persi per l’assenteismo dovuto ad i sintomi della CRS,
associati a 4,2 milioni di giorni di lavoro a bassa produttività. Il tutto pare tradursi in
una perdita di produttività annua tra i 2,4 ed i 4,6 miliardi di dollari.

e - Eziopatogenesi delle Riniti non-Allergiche

Benché vi sia un sempre più crescente interesse riguardo le NAR, rimangono ancora
oggi numerosi dubbi circa la loro eziopatogenesi: ciò rappresenta un problema non
solo sul piano “accademico”, ma si traduce anche in una mancanza di un piano
diagnostico-terapeutico nella pratica clinica di tutti i giorni.
Nel corso degli ultimi anni sempre più autori hanno cercato di dare risposta a questo
quesito: già Bachert nel 2004 [21] rilevava come sempre più pazienti con
sintomatologia nasale simil-allergica ricevessero la diagnosi di “rinite non-infettiva
non-allergica”, una dizione che al tempo includeva le più disparate rinopatie
(ormonali, tossico-irritative, NARES, idiopatiche, persine forme allergiche di difficile
diagnosi).

Alla luce delle conoscenze attualmente disponibili è comunque possibile


differenziare le fisiopatogenesi delle NAR in base alla tipizzazione istologica.
Come già accennato in precedenza, parliamo di rinite non-allergica neutrofila
(NARNE)ogniqualvolta riscontriamo una infiltrazione neutrofila > 30% in assenza di
batteri, ife o spore fungine al rinocitogramma; la principale ipotesi eziopatologica
riguardante la NARNE si basa sull’osservazione della sua maggior frequenza,
nonché aumento d’incidenza, nei paesi industrializzati.
Tale osservazione suggerisce che alla base della condizione vi sia un’aggressione
chimico-fisica ai danni della mucosa, ipotesi avvalorata dal fatto che i soggetti
maggiormente colpiti siano i lavoratori dell’industria, dell’artigianato, i fumatori [14].

28
La migrazione neutrofila nella mucosa nasale parrebbe quindi indotta dal
danneggiamento delle cellule mucosali le quali, in virtù proprio del danno subito,
rilascerebbero fattori capaci di indurre la fuoriuscita dei granulociti dai vasi
(diapedesi)e di provocarne la migrazione nella mucosa (chemiotassi).
Le suddette molecole vengono definite profiline molecolari danno-associate (DAMP),
prodotte in seguito a danneggiamento cellulare infettivo o non-infettivo [16].
Una volta giunti alla mucosa nasale, i neutrofili vanno incontro a degranulazione: la
principale molecola rilasciata dal netrofilo è la cosiddetta elastasi neutrofila,
responsabile del danno tissutale cronico alla base della sintomatologia nasale [14].
Pare inoltre che nel tempo la mucosa nasale vada incontro a rimodellamento,
riassumibile con una perdita di cellule specializzate (ciliate)ed aumento della
componente mucipara; queste modificazioni sembrerebbero spiegare molte delle
manifestazioni cliniche della NARNE e delle NAR in generale (rinorrea, scolo
restronasale, ostruzione, etc …).
Un ulteriore aspetto, nonché oggetto principale di questo lavoro, prevede che anche
il reflusso gastro-esofageo possa essere causa scatenante di NARNE; le attuali
evidenze a supporto della relazione tra le due condizioni verranno esposte nel
capitolo “La RELAZIONE tra REFLUSSO EXTRA-ESOFAGEO e RINOSINUSITE
CRONICA”.

La rinite non-allergica eosinofila (NARES)si caratterizza per un’imponente infiltrato


eosinofilo nella mucosa nasale (50-70%), non mediato da IgE.
Questa condizione si riscontra frequentemente in concomitanza della triade di
Samter (poliposi nasale e/o asma e/o ipersensibilità all’acido acetilsalicilico) [14] [56],
analogamente alla NARMA ed alla NARESMA; in una piccola percentuale di pazienti
è possibile rilevare ipereosinofilia sistemica.
Quest’ultimo dato è in linea con l’evidenza che la NARES possa accompagnarsi alla
s. di Churg-Strauss [56], benché non vi siano ancora evidenze di una relazione tra le
due cose.
É stato inoltre dimostrato, pur non comprendendone i meccanismi fisiopatologici,
come la NARES sia una forma di passaggio verso la NARESMA, con un
aggravamento di sintomatologia [14].

29
Nella NARES il danno cellulare pare dovuto alla degranulazione eosinofila ed alla
conseguente liberazione della major basic protein (MBP), responsabile del
danneggiamento delle giunzioni cellulari; l’apertura di “varchi” nella mucosa espone
la tonaca propria ed i cosiddetti trigeminal irritant receptor, probabilmente
responsabili dei sintomi nasali vasomotori (prurito, starnuti, congestione, etc …).

Per quanto riguarda la rinite non-allergica mastocitaria (NARMA)riscontriamo un


infiltrato principalmente composto da mastociti, spesso caratterizzata da una
sintomatologia estremamente intensa.
I principali mediatori rilasciati durante la degranulazione mastocitaria sono l’istamina,
i leucotrieni e la triptasi [16], molecola probabilmente interconnessa con l’attivazione
del fattore C3 del complemento [57].
Analogamente alla NARES, anche NARMA può slittare verso NARESMA [14].

Infine riguardo alla rinite non-allergica eosinofilo-mastocitaria (NARESMA)essa è


forse la forma sintomatologicamente più impegnativa per il paziente, associandosi di
frequente ad asma e disturbi del sonno.

30
4 - La RINOALLERGOLOGIA nella PRATICA CLINICA

Come emerso da quanto detto in precedenza, la gestione del paziente con


sintomatologia nasale richiede un approccio razionale ed articolato.
Nel nostro ambulatorio di rinoallergologia prendiamo in carico il paziente spaziando
da metodiche squisitamente cliniche a quelle strumentali funzionali, di imaging e
microscopiche.

a - Anamnesi

Come in ogni altra branca della medicina, l’anamnesi è il primo “ponte” posato dal
medico verso non solo la patologia del paziente ma il paziente nel suo complesso.
Lo specialista in rinoallergologia deve porre una serie di domande mirate volte ad
inquadrare l’individuo nel suo complesso, con particolare attenzione a tutti quegli
“indizi” utili all’inquadramento della rinopatia in questione che sono un’esame
anamnestico accurato può svelare.
L’utilità di riportare un’anamnesi completa e ben fatta si estrinseca non solo in un più
agevole ed affidabile inquadramento del problema ma anche e soprattutto in un
risparmio di tempo e di risorse per il medico, il paziente e più di tutto per la comunità.
La grande importanza dell’anamnesi è testimoniata anche da uno studio di Bachert
[21] il quale, in un’epoca nella quale non erano ancora disponibili test specifici per le
NAR, afferma che la diagnosi differenziale tra le riniti vasomotorie doveva basarsi
essenzialmente sulla storia clinica del paziente.
Di grande importanza è il chiedere al paziente una puntuale descrizione soggettiva
della propria sintomatologia nasale, aiutandolo (ed aiutandoci)a quantificare il
disagio percepito con strumenti quantificativi; ad oggi, il principale strumento di
quantificazione soggettiva della sintomatologia nasale risulta essere la Scala Visuo-
Analogica (scala VAS) [Fig 4.1].
L’utilità della scala VAS risiede nella sua estrema semplicità d’impiego: al paziente
viene chiesto di quantificare l’intensità della sintomatologia nasale con l’ausilio di una

31
scala numerica da 0 a 10 (parte analogica)e cromatica (parte visiva); sarà
naturalmente necessario interrogare il paziente suddividendo la sua sintomatologia
sintomo per sintomo (con misurazioni successive): ostruzione nasale, rinorrea,
starnutazioni, prurito, scolo restronasale, etc …

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Fig 4.1

La bontà della scala VAS, soprattutto nella predizione dell’ostruzione nasale in


assenza di rinomanometria anteriore attiva (vedi in seguito), è stata inoltre
dimostrata dallo studio condotto da Ciprandi et al. nel 2009 [58].
Altre informazioni utili al corretto e completo inquadramento del paziente (e della
rinopatia)sono l’attività professionale, l’inizio e la durata della sintomatologia,
l’anamnesi familiare (soprattutto per atopie e patologie allergiche).

b - Prick-test per Inalanti

Il Prick-test per inalanti rappresenta uno strumento di fondamentale importanza nella


diagnosi differenziale delle riniti vasomotorie; di facile esecuzione e dai costi
contenuti, benché operatore-dipendente, consente di discriminare in prima battuta e
con buona approssimazione le NAR dalle AR.
Il bisogna tuttavia prendere il risultato del Prick-test in maniera assoluta: come già
esposto in precedenza, è nota l’esistenza di riniti miste [14] nonché la possibilità di
positività ad alcuni allergeni in pazienti con NAR [21].
Il razionale fisiopatologico alla base di questo test sottende una reazione di
ipersensibilità di Tipo I, tipica delle reazioni allergiche [16]: il paziente sensibilizzato
verso un dato aptene produce IgE specifiche per il corrispondente allergene, le quali
vengono successivamente esposte permanentemente sulla membrana di basofili e
mastociti (questi ultimi residenti nei tessuti ed in minor parte circolanti).

32
Al secondo contatto con l’allergene ed in maniera dose-indipendente, elemento
caratteristico delle reazioni di anafilassi, si innesca la reazione di ipersensibilità con
produzione principalmente di istamina, responsabile dei tipici fenomeni vasomotori
delle reazioni allergiche: iperemia (eritema ed enantema), edema, prurito.
A regime ambulatoriale vengono pertanto posti, sul lato volare degli avambracci del
paziente, diversi estratti allergenici; nel nostro ambulatorio siamo soliti utilizzare una
batteria completa di 21 allergeni inalanti, più un test per falso positivo (NaCl 0,9%)
ed un test per falso negativo (istamina) [Fig 4.2].
Con una apposita lancetta monouso (una per ogni allergene, nel nostro ambulatorio
Alk-abello®)viene poi punta la cute del paziente: dopo un’attesa di circa 20 minuti
(durante i quali il paziente non deve in alcun modo frizionarsi o grattarsi la cute degli
avambracci)si leggono i risultati.
Prendendo a parametro la reazione cutanea mostrata in corrispondenza
dell’istamina, il medico attribuisce un punteggio (da 1 a 4)alle eventuali reazioni
mostrate dalla cute del paziente (prurito, eritema, pomfi, …), allergene per allergene.
Si ottiene così un profilo, che si può dire completo, delle sensibilizzazioni
allergeniche del paziente.

BRACCIO DESTRO BRACCIO SINISTRO


DERMATOPHAGOIDES
GRAMINACEE MIX
PTERONYSSINUS
DERMATOPHAGOIDES
CYNODON DACTYLON
FARINAE

CANE (EPIT) BETULLA PENDULA


CIPRESSO
GATTO (EPIT)
SEMPERVIRENS
PLANTAGO
CLADOSPORIUM
LANCEOLATA

ASPERGI MIX PARIETARIA MIX


ALTERNARIA ALTERNATA COMPOSITE MIX
AMBROSIA
OLEA EUROPEA
ARTEMISIIFOLIA

ARTEMISIA ABSINTHIUM NOCCIOLO


ARTEMISIA VULGARIS LATEX
ALNUS INCANA (ONTANO) CONTROLLO NEGATIVO
ISTAMINA

Fig 4.2

33
Al fine di non falsare il risultato del test è di estrema importanza chiedere al paziente,
in corso d’anamnesi, se sta conducendo una terapia con antistamici o corticosteroidi.

c - Rinomanometria Anteriore Attiva

La rinomanometria anteriore attiva (RAA)è un esame strumentale che permette di


misurare con precisione quella che si può definire l’ “efficienza” della respirazione
nasale stimando, sia pur indirettamente, la resistenza (R)che il naso oppone al
flusso d’aria in inspirazione ed espirazione.
Il fatto che la misurazione della resistenza sia inevitabilmente indiretta è dovuto al
fatto che essa risulta essere il rapporto tra la pressione che si sviluppa in una narice
(P, [cm/s])ed il flusso aereo (Qa, [Pa]); P e Qa sono appunto i parametri che
riusciamo a misurare direttamente con il rinomanometro.
La RAA rappresenta oggi quello che è virtualmente il goldstandard per una stima
oggettiva del grado di ostruzione nasale, sia per patologie d’interesse medico come
la rinite [59] che per patologie chirurgiche, benché anch’essa non debba essere
impiegata isolatamente [60] [61].
L’esame si esegue a paziente seduto: si prepara il paziente ponendo un sensore
all’imboccatura di una narice (nel nostro ambulatorio partiamo arbitrariamente dalla
narice sinistra), avendo premura di sigillarne il quanto più ermeticamente possibile
l’abboccatura alla narice.
Invitiamo poi il paziente a respirare, rigorosamente con il naso ed a bocca chiusa,
all’interno di una maschera facciale ermeticamente sigillata; il computer rileverà in
questo modo la P ed il Qa. La successiva elaborazione di questi dati fornirà la stima
della resistenza per ciascuna narice con relativo tracciato.
L’operazione va ripetuta così com’è stata descritta per ciascuna narice dapprima in
condizioni basali, poi con l’utilizzo di un decongestionante (test di decongestione
nasale, TDN): lo scopo di queste misurazioni è non solo stimare la R in quanto tale,
ma anche capire quanto la congestione mucosale contribuisca a tale resistenza
(principale obbiettivo in ambito rinoallergologico).

34
Per quanto non strettamente di pertinenza di questo lavoro, vale la pena menzionare
anche la possibilità di eseguire una terza prova con dilatatore nasale (nel nostro
ambulatorio, Dan-Air®), qualora il paziente sia in studio per la chirurgia della valvola
nasale [62].

d - CT del Massiccio Facciale

Da eseguirsi nelle proiezioni sagittale, assiale e coronale, è una metodica


radiologica che permette di visualizzare le eventuali deformità morfologiche del setto
nasale, nonché di valutare il grado di congestione dei turbinati ed eventuale impegno
dei seni paranasali.
Tali rilievi non devono però trarre in inganno: la possibilità di una concomitanza di più
patologie incidenti sulla funzionalità aerea nasale [63] [64] (ad esempio: deviazione
settale in paziente con NAR)devono sempre indurre lo specialista a completare l’iter
diagnostico in ogni paziente.

e - Endoscopia Nasale

Talvolta utile a scopo diagnostico ma principalmente utilizzata nei controllo post-


chirurgici, permettendo anche di compiere piccole revisioni dell’intervento.

f - Citologia Nasale

La citologia nasale è uno strumento diagnostico di recente introduzione, impiegato


attualmente nell’iter diagnostico delle rinopatie.
Il valore di questa metodica diagnostica è da ricercarsi nella possibilità di effettuare
una diagnosi differenziale tra le varie rinopatie e soprattutto tra le diverse NAR, che
in quanto patologie cellulari non possono che essere diagnosticato con metodica
citologica [14], nonché in una più chiara comprensione dei meccanismi fisiopatologici
che sono alla base delle rinopatie.

35
La citologia nasale, in virtù del suo costo contenuto e della sua buona tollerabilità da
parte del paziente, permette inoltre di eseguire un monitoraggio seriato della
patologia del paziente, verificando al contempo l’efficacia della terapia prescritta
dallo specialista.
Sono di seguito esposti i diversi passaggi della procedura:

a) Strumenti necessari

Come già accennato, la strumentazione necessaria all’otorinolaringoiatra per
eseguire uno studio rinocitologico è estremamente contenuta e di facile
reperimento:

1) lampada frontale

2) speculum nasali di varie dimensioni, a seconda dei pazienti

3) strumenti di campionatura (vedi alla voce “Prelievo citologico&tecniche di 

campionamento”)

4) vetrino

5) fissatore e coloranti (vedi alla voce “Colorazione dei campioni”), più relativa 

strumentazione per utilizzarli

6) acqua distillata

7) microscopio ottico


b) Prelievo citologico&tecniche di campionamento



É sempre buona norma informare in maniera esaustiva il paziente circa la
procedura che si sta per eseguire, onde tranquillizzarlo: il prelievo che si va ad
effettuare è di minima invasività e si esegue senza necessità di anestesia locale
(differentemente dalla biopsia).

Esistono diverse modalità per effettuale il prelievo, ognuna con i suoi pro ed i
suoi contro: la scelta della tecnica utilizzata varia in funzione delle necessità del
clinico, l’età del paziente, la possibilità di effettuare prelievi seriati, le prove da
effettuarsi, etc … ; di seguito sono illustrate le principali modalità di prelievo, con
particolare attenzione a quella da noi maggiormente utilizzata (scraping nasale):

❖ soffiato nasale: metodica rapida e del tutto atraumatica, ma di limitato impiego 

a causa della limitata rappresentatività dei citotipi campionati, nonché delle 

possibili contaminazioni batteriche narinali. Può inoltre risultare difficile 


36
ottenere un sufficiente quantitativo di secreto nei bambini più piccoli.

❖ lavaggio nasale: anch’esso del tutto atraumatico; eseguito con soluzione 

fisiologica (NaCl 0,9%), poi recuperata in apposita provetta. Per quanto 

semplice e rappresentativo, richiede diversi passaggi intermedi prima 

dell’esecuzione della conta cellulare, rendendo tale metodica poco versatile.

❖ brushing nasale: eseguito con minute spazzoline in nylon, prelevando così le 

cellule dello strato mucosale più superficiale; tali cellule verranno poi fatte 

precipitare in soluzione, centrifugate e disposte su vetrino per la colorazione.

❖ scraping nasale: rappresenta la metodologia più idonea per il prelievo in 

termini di costo/beneficio; il prelievo viene effettuato, previa soffiatura del naso 

del paziente, con una curette per scraping in plastica (nel nostro ambulatorio: 

Rhino-Pro®). Il materiale estratto verrà poi posto su vetrino (evitando di 

esercitare una eccessiva pressione)e mandato a colorazione.

Lo scraping nasale si è inoltre mostrato un metodo di prelievo adatto per il 

campionamento cellulare anche in ambito di studi ultrastrutturali dell’apparato 

ciliare delle cellule nasali [65] [66] [67].

❖ biopsia nasale: metodica che non rientra nell’ambito della citologia nasale in 

quanto che consiste in un prelievo di mucosa e tonaca propria, risultando 

appunto una metodica d’indagine istologica. Necessita sempre di anestesia 

locale, nonché della strumentazione necessaria a far fronte ad eventuali 

sanguinamenti nasali.


c) Siti di campionamento

Ponendosi l’obbiettivo di riuscire ad effettuare un’analisi precisa e
rappresentativa dello stato mucosale, e quindi in ultima analisi al fine
dell’appropriatezza clinica, risulta di fondamentale importanza scegliere con
criterio e cura il sito dal quale prelevare le cellule mucosali.

Esistono due siti di prelievo principali: il turbinato medio ed il terzo medio del
turbinato inferiore (nella stragrande maggioranza dei casi) [Fig 4.3]; nel nostro
ambulatorio siamo soliti effettuare il prelievo dalla faccia mediale del turbinato
inferiore, nella sua porzione media.

Non è mai consigliabile effettuare il prelievo nella regione settale per due motivi
fondamentali: la non-rappresentatività del campione prelevato e soprattutto il

37
rischio di epistassi, in virtù dell’enorme patrimonio vascolare settale.


Fig 4.3

d) Processazione

Appena prelevato il campione è necessario disporlo su vetrino: si spalma il
materiale prelevato delicatamente, avendo premura di non esercitare una
pressione eccessiva e di creare uno strato non eccessivamente spesso, pur
disponendolo in un’area non eccessivamente estesa.

É sempre buona norma estrarre il vetrino dall’apposita confezione pochi istanti
prima del suo utilizzo, al fine di evitare che su di esso vi si depositino pulviscono
ed altre impurità.

Una volta disposto il materiale si procede alla fissazione.


e) Fissazione

Il razionale alla base di questo passaggio è l’impedire la lisi cellulare sottraendo il
contenuto d’acqua alle cellule; l’essiccamento all’aria dello striscio è il metodo più
semplice ed economico, benché non vada considerato come una modalità
d’essiccazione vera propria.


38
Esistono numerosi metodi di fissazione: acetone, hair spray, acetato basico di
Mota, formalina tamponata, alcool metilico, alcool etilico 95% od etere.

Nel nostro ambulatorio utilizziamo la colorazione di May-Grünwald-Giemsa
(MGG), procedura che include già in sé il passaggio di fissazione in quanto che il
colorante utilizzato, diluito con alcool, funge da fissatore.


f) Colorazione

É ovviamente necessario colorare il campione per renderne possibile la lettura.

In ambito rinocitologico sono diverse le colorazioni utilizzabili [Tab 4.1], benché
su tutte prevalga come utilizzo la colorazione di May-Grünwald-Giemsa; il motivo
di tale scelta è dovuto al fatto che tale colorazione permette di evidenziare tutti i
principali tipi cellullari di interesse rinocitologico.


Tab 4.1


Vengono esposti qui di seguito i passaggi necessari per la colorazione MGG:

1) Porre il vetrino (o i vetrini) in una vaschetta di adeguate dimensioni e coprirne 

l’intera superficie con un numero sufficiente di gocce di colorante di May-

Grünwald [Fig. 4.4]. Lasciare agire il colorante per 3 minuti.

Questo passaggio assicura anche la fissazione del campione, come esposto 

in precedenza.


39
2) Versare sul vetrino un numero di gocce d’acqua tamponata pari al numero di 

gocce di colorante versate, ottenendo così un colorante di May-Grünwald 

diluito 1:1. Lasciare agire per 6 minuti.

3) Rimuovere i vetrini dalla vaschetta e sciacquarli con acqua distillata per circa 1 

minuto.

4) Porre i vetrini verticalmente nella soluzione di Giemsa [Fig. 4.5], diluita con 

acqua tamponata in rapporto 1:10, per 20-30 minuti.

É di grande importanza scegliere un adeguato contenitore per questo 

passaggio: l’importanza del porre i vetrini verticalmente risiede nel fatto che 

questa disposizione evita la precipitazioni di aggregati sul vetrino, fenomeno 

che ne renderebbe impossibile la lettura.

5) Lavare i vetrini sotto acqua corrente per qualche minuto su di un apposito 

supporto inclinato (favorente il deflusso del colorante in eccesso).

6) Far asciugare i vetrini [Fig 4.5].

Fig. 4.5

g) Errori procedurali

Come visto il susseguirsi dei diversi passaggi rende questa procedura piuttosto
articolata: appare quindi ovvio come possano insorgere diverse problematiche
dal prelievo alla lettura del vetrino tali da rendere lo striscio inadeguato od

40
insoddisfacente.

I più comuni “problemi” che possono insorgere sono:

- striscio troppo spesso: la lettura del preparato risulterà difficoltosa, talora 

impossibile

- allestimento troppo energico: depositare il campione sul vetrino esercitando 

un’eccessiva pressione può indurre parziale citolisi, generando artefatti

- errori nel processo di colorazione

- errata conservazione: preparare o conservare i vetrini vicino ad una possibile 

fonte inquinante (es.: finestre aperte)può far s’ che i preparati vengano 

contaminati da pollini, batteri, funghi


h) Lettura del Vetrino



L’obbiettivo fondamentale della lettura al microscopio ottico (m.o.)è di cogliere le
più fini differenze nella composizione cellulare dello striscio, arrivando così ad
una diagnosi differenziale della rinopatia.

Si comincia effettuando una prima lettura del preparato a basso ingrandimento
(100-200x)al fine di confermare la bontà della colorazione effettuata e di stimare
a grandi linee la distribuzione cellulare.

Una volta individuato il campo a maggior concentrazione cellulare si aumenta
l’ingrandimento (400x)per valutarne la morfologia complessiva, benché la vera
valutazione sarà effettuata utilizzando gli ingrandimenti più forti (1000x),
utilizzando un olio da immersione.

A questo punto è possibile procedere con la lettura quantitativa del preparato, da
eseguirsi suddividendo il preparato in 50 campi a 1000x [Fig 4.6]; per ottenere la
massima standardizzazione dei risultati è di capitale importanza l’aver disteso il
campione su di un’area precisa del portaoggetto, nonché utilizzare criteri di conta
standardizzati (vedi dopo), così come recentemente proposto da Gelardi
all’Accademia Italiana di Citologia Nasale (AICNA).

L’operatore valuterà la presenza di:

- batteri intra-/extracellulari

- spore od ife fungine

- metaplasia mucipara

Per quanto riguarda neutrofili, eosinofili e mastociti la conta verrà riportata, su

41
apposita scheda [Fig. 4.7], riportando da una a quattro crocette in base al
numero di cellule presenti [Tab 4.1].

La descrizione passo per passo dell’intera procedura è stata tratta dall' “Atlante
di Citologia Nasale per diagnosi differenziale delle rinopatie” [14].

Criteri di valutazione quantitativa delle cellule infiammatorie


da 1 a 5 cellule +
Mastociti
da 6 a 10 cellule ++
da 11 a 30 cellule +++
Esosinofili
> 30 cellule ++++

da 1 a 20 cellule +
da 20 a 40 cellule ++
Neutrofili
da 40 a 100 cellule +++

> 100 cellule ++++

Tab. 4.1

Fig 4.6
Fig 4.7

Una volta delineata la metodologia che sta alla base della citologia nasale, nonché i
criteri valutativi per la lettura dei campioni, è possibile effettuare la diagnosi
differenziale tra le varie forme di riniti vasomotorie:

42
1) NARNE: caratterizzata da una preponderante presenza di neutrifili (> 30% del
totale)in assenza di batteri spore od ife fungine [Fig 4.8].

Sono di seguito descritti i principali criteri morfologici che permettono di
riconoscere microscopicamente il neutrofilo:

- cellula con diametro di circa 12-14 µm, di forma tondeggiante

- nucleo polilobato a morfologia variabile, da qui la dizione “polimorfonucleati”

- granulazioni citoplasmatiche neutrofile, frammiste a rade azzurrofile

Tali citotipo può poi essere ulteriormente ulteriormente suddiviso in base alla
Classificazione di Arneth [68].


2) NARES: rinite caratterizzata da un infiltrato nasale in massima parte composto


da eosinofili (50-70% del totale), non IgE-mediato [Fig 4.9].

Di forma leggermente superiore ai neutrofili (12-15 µm), presentano un nucleo
lobato senza nucleolo ma meno polimorfo rispetto a quello dei neutrofili.

Caratteristica principale degli eosinofili è la grande abbondanza di fini
granulazioni citoplasmatiche acidofile.


3) NARMA: distinta sulla base di una importante presenza di mastociti, spesso


parzialmente degranulati [Fig 4.10].

Le peculiarità tintoriali dei mastociti (condivise peraltro con i basofili)fanno sì che
ancora oggi si utilizzi la colorazione con blu di toluidina per mettere in evidenza
queste cellule, le quali si presentano con forma tondeggiante ed abbondanti
granulazioni.


4) NARESMA: rinite di recente individuazione, caratterizzata da un infiltrato


composto in parte da eosinofili ed in parte da mastociti [Fig 4.11].

La NARESMA deriva, il più delle volte, da NARES o da NARMA: per tale motivo
queste ultime sono spesso definite forme “intermedie”.


43
Fig 4.8

Fig 4.9

Fig 4.10 Fig 4.11

44
5 - Il REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO

a - Definizione & Classificazione del Reflusso Gastro-Esofageo

La malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE)ha rappresentato una vera e propria


sfida per la comunità scientifica internazionale negli ultimi decenni, e continua ad
esserlo tuttora.
A lungo si è cercato di ottenere una definizione chiara ed univoca della condizione:
tale ricerca è stata però a lungo osteggiata dalla grandissima variabilità clinica della
patologia nonché dalle ancora scarse conoscenze eziopatogenetiche in nostro
possesso; per questi motivi la MRGE è stata spesso paragonata ad un iceberg.

É comunque stato fatto un importante passo avanti con la pubblicazione della


Classificazione di Montreal nel 2006 [1]: esperti provenienti da tutto il mondo si sono
riuniti al fine di delineare una solida ed univoca base teorica sulla quale potersi
basare per gli studi futuri; questo consesso di esperti ha impostato il proprio lavoro in
51 affermazioni (statements) discusse a votazione, basata su 6 livelli di consenso
[Tab 5.1].

Tab 5.1

Per quanto riguarda la definizione della patologia, il Consensus Group ha stabilito


che con la dizione “malattia da reflusso gastro-esofageo" è da intendersi una
condizione clinica eterogenea caratterizzata da sintomi e/o complicanze dovuti al
reflusso di materiale gastrico verso le vie superiori (digestive, aeree ed aero-

45
digestive); tali sintomi e/o complicanze debbono avere la caratteristica di essere
“molesti” per i pazienti (in lingua originale “troublesome”).
Tale definizione, per la verità estremamente ampia, ha appunto l’obbiettivo di
focalizzare l’attenzione sul fatto che la MRGE è caratterizzata da una estrema
eterogeneità clinico-sintomatologica, tanto da essere stata suddivisa in uno spettro
di sindromi, anch’esse estremamente variabili.

É possibile appunto suddividere la MRGE in due grandi sindromi principali: la


sindrome esofagea e la sindrome extra-esofagea, all’interno delle quali si può
ritrovare l’intero spettro delle manifestazioni dovute al reflusso, pur con variabili livelli
d’associazione [Fig 5.1].

Fig 5.1

In aggiunta, le più recenti linee guida [69] suddividono la MRGE su di un piano


squisitamente clinico:
1) sindrome da reflusso gastro-esofageo tipica → MRGE la cui manifestazione
clinica è riconducibile a tutti quei sintomi ritenuti “tipici” della patologia, ovvero:

- pirosi retrosternale


46
- rigurgito acido (raramente alcalino)

- dolore toracico non cardiogeno
2) sindrome da reflusso gastro-esofageo atipica → pazienti nei quali la MRGE si
manifesta con una amplissima varietà di sintomi “atipici”:

- dispepsia

- dolore e/o gonfiore epigastrico

- eruttazioni

- tosse cronica

- laringite posteriore

- altri
Questa suddivisione clinica ha diverse ripercussioni nelle indicazioni diagnostiche e
terapeutiche (si veda il capitolo “La Diagnosi di Reflusso Gastro-Esofagea in
ambito Rinoallergologico”).

b - La Sindrome Esofagea

Viene suddivisa in due quadri sindromici principali [Fig 5.1]:


• sindromi sintomatiche: definite da una serie di sintomi tanto caratteristici da poter
essere diagnosticate solo clinicamente, senza quindi la necessità di indagini
strumentali. La diagnosi viene tipicamente effettuata a mezzo di questionari, come
ad esempio il GERD Impact Scale (GIS).

Al loro interno ritroviamo:

- sindrome da reflusso tipica: caratterizzata da pirosi retrosternale, reflusso acido o 

alcalino, dolore epigastrico e disturbi del sonno

- sindrome da reflusso con dolore toracico (DT): il dolore toracico da reflusso
risulta talora indistinguibile da quello indotto da un evento ischemico del miocardio.


• sindromi con danno esofageo: ogniqualvolta sia documentabile una o più lesioni
organiche a carico dell’esofago indotte dal reflusso; sono:

- esofagite da reflusso: diagnosticabile mediante esofagogastroduodenoscopia 

(EGDS), visualizzando tipiche lesioni mucosali.

- esofago di Barrett: metaplasia colonnare della mucosa esofagea rilevata 

all’esame bioptico in corso di EGDS; il Consensus Group raccomanda ulteriori 


47
studi per chiarificare i criteri diagnostici del Barrett.

- stenósi da reflusso: restringimento permanente dell’esofago indotto dal reflusso; 

la principale manifestazione clinica è la disfagia.

- adenocarcinoma esofageo: raro tumore fortemente associato alla MRGE.

c - La Sindrome extra-Esofagea

All’interno della sindrome extra-esofagea la classificazione di Montreal annovera


tutta una serie di manifestazioni cliniche non a carico dell’esofago, benché indotte
(certamente o probabilmente, si veda dopo)dal reflusso gastro-esofageo [Tab 5.2].
Il Consensus Group divide le manifestazioni extra-esofagee i due grandi gruppi, alla
luce delle attuali conoscenze:
Dalla Classificazione di Montreal emergono quattro concetti particolarmente rilevanti
riguardo la sindrome extra-esofagea:
- l’esistenza di una associazione tra la sindrome e la MRGE
- le s. extra-esofagee raramente compaiono in maniera isolata, essendo di
frequente associate a manifestazioni cliniche tipiche di MRGE
- l’eziopatogenesi delle s. extra-esofagee, per quanto non ancora non chiara, è
multifattoriale: la MRGE ne può essere fattore aggravante
- non esistono ancora dati sufficienti a dimostrare l’efficacia della terapia anti-
reflusso nel trattare le s. extra-esofagee

tosse cronica
laringite posteriore
Associazioni Provate
asma
erosione dentale
faringite cronica
rinosinusite
Associazioni Proposte
otite media ricorrente
fibrosi polmonare idiopatica

Tab 5.2

48
Di grande per l’otorinolaringoiatra sono i cosiddetti sintomi ENT (Ear - Nose - Throat)
i quali costituiscono una larga fetta delle affezioni extra-esofagee in corso di MRGE:
1) OTITE MEDIA (OM)

La relazione tra MRGE ed otite media è attualmente non verificata, benché negli
ultimi anni si stia osservando un sempre forte aumento di studi in materia,
specialmente su popolazione pediatrica (Crapko [5], O’Reilly [9], Boronat et al.
[4], Górecka-Tuteja et al. [70]).

Per quanto riguarda l’incidenza di OM nel paziente adulto con MRGE, Sone et al.
[71] confrontano nel 2011 due gruppi di pazienti: i pazienti del gruppo caso
avevano ricevuto diagnosi di OME, mentre quelli del gruppo di controllo non
presentavano OME. Gli autori hanno somministrato un questionario specifico per
la sintomatologia RGE, oltre a testare i livelli di pepsina nell’essudato
endotimpanico dei pazienti con OME. Dallo studio emerge che la prevalenza
della sintomatologia da RGE è maggiore in pazienti con OME.

Sempre Sone et al., in una review del 2013 [12], rilevano come secondo la pur
scarsa letteratura OME sia un’affezione piuttosto frequente nel paziente adulto
con MRGE.


2) FARINGITE CRONICA da REFLUSSO



Considerando gli stretti rapporti anatomici tra esofago e faringe è lecito ipotizzare
un’associazione tra faringite cronica ed MRGE, benché essa non sia ancora
stata dimostrata.


3) IPERTROFIA ADENOIDEA

Per quanto non esplicitamente annoverata nella Classificazione di Montreal [1],
l’ipertrofia tonsillare può sicuramente essere ricondotta alla supposta faringite da
reflusso.

Sono però a tutt’oggi estremamente scarse disamine puntuali della questione in
letteratura.

Tuttavia un recente studio di Jin Hyun Kim et al. [72] prende in esame il ruolo
della pepsina nella genesi della ipertrofia tonsillare; raccogliendo dati clinici ed
istopatologici in 54 bambini candidati a tonsillectomia, gli autori rilevano tre
principali dati d’interesse:


49
- le cellule tonsillari positive alla pepsina (identificate con immunoblot)si 

localizzano principalmente nelle cripte, mediando la produzione di numerosi 

fattori pro-infiammatori (forse alla base della fibrosi dei centri germinativi 

linfocitari);

- nei campioni bioptici ottenuti è stata rilevata una fortissima differenziazione dei 

monociti in macrofagi, probabilmente dovuta alla cronica esposizione della 

tonsilla alla pepsina gastrica;

- il livelli di pepsina rilevati variano da paziente a paziente, non è quindi stato 

possibile definire un cut-off per un migliore orientamento diagnostico


4) RINOSINUSITE CRONICA

Per una puntuale disamina delle ipotesi eziopatogenetiche e diagnostiche in
merito a tale associazione, obbiettivo di questo lavoro, di veda il capitolo “La
relazione tra Rinosinusite Cronica e MRGE”.


5) LARINGITE POSTERIORE

Le alterazioni dovute al reflusso gastro-esofageo a carico del laringe sono state
tra le prime individuate e studiate; ciò fu probabilmente dovuto al fatto che può
essere stato semplice ipotizzare una simile associazione, in virtù dei chiari
rapporti anatomo-funzionale che esistono tra esofago - faringe - laringe.

Le principali alterazioni riscontrabili sul laringe in corso di MRGE sono lieve
edema cordale, eritema aritenoideo e della commissura posteriore, aumento
della secrezione mucosa, talora ipertrofia della mucosa interaritenoidea [73];
nelle fasi più avanzate possono comparire ulcerazioni della mucosa sino al
sanguinamento vero e proprio.

Altra manifestazione frequente in questo contesto è il granuloma del terzo
posteriore delle corde vocali: secondo un recente studio condotto da Kobayashi
et al. [74], visto l’alto tasso di recidiva di questi granulomi, si consiglia un
approccio conservativo.

Si suppone che le alterazioni patologiche del laringe siano dovute, nelle fasi
iniziali, ad alterazione delle membrane cellulari, dovute al contatto diretto con il
materiale acido o per esalazione dello stesso.

Restano tuttavia ancora diverse ombre su questa affezione: Gale et al. [75]

50
hanno recentemente ipotizzato come il reflusso gastro-esofageo possa
rappresentare un fattore di rischio per il carcinoma del laringe; questa ipotesi è in
linea con le diverse evidenze a supporto della relazione tra laringite posteriore
cronica e metaplasia mucosale laringea.

L’associazione tra laringite posteriore e MRGE, pur codificata dalla
Classificazione di Montreal [1], non è tuttavia universalmente accettata: Milstein
nel 2005 [76] arruola 52 volontari sani e non fumatori, rilevando come in circa il
90% di essi siano documentabili alterazioni endoscopiche laringee.

Vale la pena rilevare come il problema del non recepimento a livello locale della
Classificazione di Montreal (e delle linee guida internazionali in generale)sia
stato affrontato da Bazzoli et al. nel 2009 [77] nel lavoro “The Italian validation of
the Montreal Global definition and classification of gastroesophageal reflux
disease”.

d - Epidemiologia della Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo

É oramai ampiamente dimostrato come la MRGE sia divenuta un problema globale e


una patologia più solo riscontrabile nei paesi più ricchi dell’occidente, come
classicamente considerata.
Diversi recenti studi hanno rilevato come anche nei paesi asiatici si stia assistendo
ad un massiccio aumento della prevalenza della MRGE: in una recente review di
Kang et al. [78] viene messo in luce come la MRGE sia una sempre più frequente
comorbidità in pazienti con tosse cronica nel Sud-Est asiatico, dato peraltro in linea
con le associazioni proposte a Montreal [1] [Tab 5.2].
Sempre nel 2016 Wang [79] rileva come la MRGE abbia una prevalenza crescente
nella popolazione indiana, proponendo come spiegazione una progressiva
“occidentalizzazione” della società.
Di rilievo è anche lo studio di Okimoto et al. del 2015 [80] nel quale gli autori
indagano la prevalenza di MRGE nella popolazione giapponese, stratificata per età:
la prevalenza di MRGE risultò essere dell’ 11,3% tra gli adulti (sopra i 20 anni d’età),
del 4,9% tra gli adolescenti (10-20 anni d’età)e del 3,2% tra i bambini (sotto i 10 anni
d’età).


51
Questo studio inoltre rilevò come il BMI fosse un fattore predittivo per l’insorgenza di
MRGE solamente nei pazienti sopra i 20 anni d’età.

Per quanto riguarda la situazione europea, ed italiana in particolare, vale la pena


citare un recentissimo studio retrospettivo condotto da Dore et al. [81] su di un vasto
campione di popolazione italiana dispeptica(5156 individui)sottoposta ad endoscopia
tra il 2002 ed il 2013: sommando i pazienti con non-erosive reflux disease (NERD)ai
pazienti con erosive gastro-esophageal reflux disease (eGERD), ben il 65,6% del
campione è risultato positivo ad MRGE.
Gli autori rilevano inoltre come ernia iatale e sovrappeso siano importanti fattori di
rischio per eGERD (e relative complicanze), mentre il sesso femminile per la NERD.

e - Il Reflusso Laringo-Faringeo

Per quanto ancora poco si sappia della fisiopatogenesi delle affezioni extra-esofagee
in corso di MRGE, sono diverse le ipotesi e gli studi che si sono susseguiti in questi
ultimi decenni.
Tra le prime affezioni ad essere state messe in relazione alla MRGE c’é sicuramente
la tosse cronica: diversi autori hanno formulato negli anni una serie di teorie volte a
spiegare la patogenesi di ciò che è stato chiamato reflusso laringo-faringeo (LPR).

La prima teoria formulata (“Reflux theory”), nonché quella dalla più immediata
comprensione, prevede che l’irritazione diretta della mucosa repiratoria, posta
cronicamente a contatto con materiale acido refluito (essenzialmente HCl), sia alla
base dell’iperreattività bronchiale scatenante il riflesso della tosse.
La tosse rappresenterebbe quindi un meccanismo difensivo nei confronti della noxa
chimica cronica.
In questo “scenario” parrebbe che anche lo sfintere esofageo superiore giochi un
ruolo di prima importanza, in quanto risulterebbe inabile nell’arrestare la risalita del
reflusso verso il faringe ed in ultima analisi le vie aeree [82] [Fig 5.2].
Questo meccanismo fisiopatogenetico renderebbe inoltre conto di altre
manifestazioni extraesofagee provate o presunte, come ad esempio la faringite

52
Fig 5.2

cronica o la laringite posteriore: parrebbe di immediata comprensione come queste


due mucose non adeguatamente difese contro le noxæ acide, diversamente dalla
mucosa esofagea, possano risentire della cronica esposizione al materiale refluito.
Una seconda teoria (“Reflex theory”)prevede invece che l’acidificazione dell’esofago
distale sia in grado di evocare un riflesso vago-vagale inducente laringospasmo e
broncocostrizione, scatenando così la tosse.
Tale riflesso parrebbe prendere origine dalle afferenze vagali distribuite lungo
l’esofago che, convogliatesi nel ganglio nodoso, mandano impulsi al nucleo del tratto
solitario: dopo una complessa integrazione con altri stimoli nervosi, tali impulsi
parrebbero rimandare ai motoneuroni dei nuclei ambiguo e dorsale del vago,
inducendo broncocostrizione [82] [83] [Fig. 5.3].

Le più recenti ipotesi hanno in certo senso aggiornato le succitate teorie, affermando
che vengano verosimilmente chiamate in causa anche e soprattutto le esalazioni
acide del materiale refluito.

Esistono oggi una serie di evidenze che rendono il LPR un’entità piuttosto distinta
dal reflusso gastro-esofageo tipico: i pazienti LPR si sono dimostrati reflussori
principalmente diurni (e pertanto in ortostatismo), caratterizzati inoltre da brevissime

53
Fig 5.3

esposizioni della mucosa all’acido refluito. Queste peculiarità probabilmente


spiegherebbero come questi pazienti abbiano un’incidenza minore di esofagite
rispetto ai pazienti tipici con MRGE [84].
Va inoltre rilevato come Formánek abbia recentemente dimostrato [85] come il
reflusso laringo-faringeo si accompagni di frequente a papillomatosi laringea da
Herpes Simplex di tipo 2.

Un’ulteriore aspetto del problema è che oggi emergono sempre più evidenze che
testimoniano non solo che il LPR può essere alla base di diverse affezioni extra-
esofagee da reflusso, ma anche di un sempre più documentato ruolo della pepsina
nella genesi delle stesse: è sempre Formánek che nel 2015 [7] documenta la
presenza di pepsina in circa il 30% del suo campione di studio, costituito da pazienti
con MRGE ed otite media effusiva (OME); l’autore pone inoltre l’accento su come
non si sia ancora riusciti a giungere a solide evidenze riguardanti l’utilità della terapia
anti-reflusso in questa tipologia di pazienti.
Analogamente lo studio recentemente pubblicato da Kim et al. [72] ha studiato il
ruolo della pepsina nella genesi di ipertrofia adeno-tonsillare in bambini con reflusso.

In conclusione, alla luce delle ipotesi formulate e delle peculiarità del reflusso
laringo-faringeo sempre più ampiamente documentate, appare oramai chiaro come il
LPR sia da considerarsi un’entità di fatto distinta dal tipico reflusso gastro-esofageo,
benché certamente relato ad esso.

54
Tale distinzione emerge dalle evidenze ottenute in merito alla patogenesi di questi
due tipi di reflusso, nonché riguardo alle diverse manifestazioni cliniche (appunto la
sindrome esofagea ed extra-esofagea)ed alla differente risposta di tali
manifestazioni alla terapia anti-reflusso.
La conclusione alla quale si è giunti rimette ancora una volta l’attenzione
dell’otorinolaringoiatra, nonché del gastroenterologo, sulla necessità di delineare
percorsi diagnostici specifici per la diagnosi del reflusso laringo-faringeo.

55
6 - La RELAZIONE tra REFLUSSO EXTRA-ESOFAGEO e RINOSINUSITE 

CRONICA

Alla luce di quanto esposto nei precedenti capitoli emerge che il problema
dell’associazione della MRGE con le diverse manifestazioni extra-esofagee (provate
o presunte)è stato ampiamente discusso e studiato da numerosi autori nel corso di
diversi anni.
Entrando altresì nel vivo della discussione d’interesse per questo lavoro, resta
ancora oscura la relazione tra la malattia da reflusso gastro-esofageo e la
rinosinusite cronica, per quanto vi sia un crescente numero di evidenze a supporto di
un effetto lesivo del reflusso acido sulla mucosa nasofaringea; tali evidenze hanno
portato diversi esperti a sospettare di ciò che viene chiamato reflusso naso-faringeo
(NPR).

Un primo segno d’interesse in merito alla relazione MRGE - CRS è sicuramente


rintracciabile nello studio clinico di Contencin et al. del 1991 [86]: gli autori rilevarono
come già al tempo esistessero evidenze a supporto della relazione tra reflusso
gastro-esofageo e laringite (specialmente nei bambini), interrogandosi sull’esistenza
di una possibile relazione tra reflusso e patologia naso-faringea nella popolazione
pediatrica.
Gli autori arruolano 31 bambini, 13 dei quali affetti sia da MRGE che da patologia
naso-faringea (rinite cronica o ricorrente o faringite cronica)e 18 liberi da disturbi
delle vie aeree superiori (con o senza MRGE); gli autori pongono sotto monitoraggio
pH-metrico ad unico canale nelle 24 ore entrambi i gruppi di pazienti, rilevando come
il calo del pH fosse nettamente maggiore nei pazienti con MRGE e rinite.
Per quanto questo studio fosse in larga parte limitato dall’esiguo numero di pazienti,
nonché dall’utilizzo della pH-metria a singolo canale (esame che non permette di
determinare l’altezza dell’acidificazione luminale), esso ha di sicuro un grande rilievo
in quanto che fornì comunque una prima possibile evidenza sperimentale
dell’associazione tra MRGE e CRS.

56
Successivamente Conley et al. studiarono in due studi consecutivi [87] [88] come il
reflusso gastro-esofageo si associ frequentemente ad ostruzione persistente delle
alte vie respiratore (UAO), oltre che all’atresia coanale congenita (CCA); gli autori
valutarono un campione di popolazione pediatrica da 0 a 2 anni, utilizzando la pH-
metria a doppio canale.
La conclusione degli autori fu che il reflusso fosse di certo un fattore aggravante
l’atresia; per quanto riguardò la relazione RGE - UAO venne messa in evidenza la
bontà (e la necessità)del monitoraggio pH-metrico prossimale.

Seguirono gli studi di Chambers [46] nel ’97 (i cui risultati sono già stati esposti nel
capitolo “Epidemiologia delle Rinosinusiti in Relazione alla Malattia da reflusso
Gastro-Esofageo”)e di Bothwell nel ’99; quest’ultimo studio aggiunse al quadro
un’ennesimo elemento, tutt’ora oggetto di discussione: arruolando 30 bambini con
diagnosi di CRS, l’autore dimostrò come la necessità di procedere alla chirurgia
funzionale dei seni (FESS)fosse nettamente diminuita grazie all’utilizzo della terapia
anti-reflusso.
Bothwell concluse il suo studio raccomandando di prendere valutare il paziente per il
reflusso prima di procedere a FESS: tale raccomandazione verrà poi ripresa da
Phipps una anno dopo [47].

Nel suo studio prospettico del 2002 di DiBaise et al. [89] indagano nuovamente la
possibile utilità della terapia anti-reflusso (omeprazolo 20 mg per 3 mesi)in pazienti
con CRS resistente alle terapie tradizionali: gli autori studiarono il campione
mediante pH-metria a doppio canale e test della motilità esofagea; i pazienti furono
inoltre studiati con rinoscopia e laringoscopia prima e dopo il trattamento con
omeprazolo.
Gli autori conclusero che, per quanto il quadro endoscopico fosse migliorato in una
larga fetta del campione, non si poteva dire altrettanto della percezione soggettiva
della sintomatologia: circa l’80% dei pazienti affermò di essere modestamente
soddisfatto dei miglioramenti sintomatologici, mentre solo una minima percentuale
affermò di non avvertire più sintomatologia nasale.

57
Per quanto riguarda altri studi di rilievo è opportuno menzionare gli studi indipendenti
di Bozec e Wong del 2004; Bozec, in uno studio prospettico [90], confronta 20
pazienti con pH-impedenzometria positiva con un gruppo di 20 individui sani,
concludendo che sintomi come l’ostruzione nasale e lo scolo retronasale siano più
frequenti in pazienti nei quali è stato diagnosticato il reflusso gastro-esofageo.
Analogamente, Wong esegue uno studio prospettico su di un campione di 40
pazienti adulti con nuova diagnosi di CRS [91], rilevando come nel 32,4% di essi
fosse stato diagnosticato il reflusso a mezzo di pH-impedenzometria a quattro canali
delle 24h; l’autore sottolinea tuttavia che solo nel 3% dei casi il reflusso giungeva al
laringofaringe, nello 0,2% al rinofaringe.
Wong, alla luce delle rilevazioni effettuate, conclude escludendo che la noxa irritativa
alla mucosa nasale possa derivare da un contatto diretto della mucosa stessa con
l’acido refluito.

Come già accennato in precedenza, DelGaudio nel 2005 [48] mette a confronto tre
gruppi di pazienti: il gruppo studio constava di 38 pazienti con CRS ed anamnesi
positiva per FESS, il primo gruppo controllo contava 10 pazienti nei quali la FESS
era stata in grado di risolvere la sintomatologia rinosinusitica, il secondo contava 20
pazienti sì con CRS, ma mai sottoposti a chirurgia.
L’autore rilevò un numero di reflussi nasofaringei di gran lunga superiore nel gruppo
di studio.
DelGaudio ebbe inoltre il merito di analizzare puntualmente e principali ipotesi
patogenetiche proposte nella relazione tra reflusso gastro-esofageo e rinosinusite
cronica; tali ipotesi sono essenzialmente 3:
1) esposizione diretta della mucosa naso-faringea al materiale acido refluito
(“Reflux theory”); tale ipotesi parrebbe però in contrasto con diversi studi, uno su
tutti quello di Wong [91].

Inerentemente a questo meccanismo patogenetico è stato anche ipotizzato come
il reflusso acido possa alterare il meccanismo di chiusura dell’adito laringeo,
fattore che presumibilmente potrebbe favorire la risalita del reflusso naso-
faringeo (NPR) [92].
2) induzione di un riflesso vago-mediato tale da innescare la flogosi a livello nasale,
in risposta all’acidificazione esofagea (“Reflex theory”).


58
Come già esposto in precedenza, tale ipotesi è stata dimostrata nel paziente
asmatico e con rinite vasomotoria [83], ma non nei pazienti con CRS.
3) terzo ed ultimo meccanismo chiama in causa l’Helicobacter Pylori, rilevato in
diversi prelievi bioptici di pazienti sottoposti a FESS.

Questo aspetto patogenetico del problema sarà poi studiato, in maniera
indipendente, da Boronat et al. [4] e da Campbell [93] nel 2016.
Va inoltre ricordato ciò che emerge dalla review di Mahdavinia et al del 2013 [94]: gli
autori fanno una rassegna dei principali studi inerenti la relazione tra MRGE e CRS,
sottolineando come attualmente le più forti evidenze d’associazione tra le due
condizioni cliniche si abbiano principalmente nel paziente pediatrico.

É tuttavia in questi ultimi anni che si è assistito ad una vera e propria impennata nel
numero degli studi pubblicati in materia, per quanto non sempre concordi gli uni con
gli altri; oltre alla già citata review di Flook del 2011 [50], di grande rilevo è il punto
messo in luce da Hom et al. nel 2013 [95]: gli autori analizzano l’outcome dei sintomi
extra-esofagei in pazienti con MRGE trattati con PPI, affermando la necessità di
ricercare altre possibili cause alla sintomatologia stessa, qualora la sintomatologia
extra-esofagea non dovesse migliorare con la terapia anti-reflusso.
Un esempio di come ancora non si sia riusciti a raggiungere un punto comune in
materia viene dato dalla lettera scritta nel 2015 da Bakshi all’American Journal of
Rhinology and Allergy [96]: l’autore scrive deprecando il titolo da lui stesso definito
“provocatorio” dell’articolo di Bohnhorst [51], affermando che secondo la sua
opinione non esistesse di fatto alcuno studio in grado di dimostrare l’associazione
MRGE - CRS, citando in tal senso la review di Flook [50] ed uno studio di Hanna del
2012 [97].
Va tuttavia sottolineato come in realtà Flook non riuscì a dimostrare l’associazione
tra reflusso e rinosinusite cronica a causa dei bias e dei difetti di progettazione degli
studi al tempo disponibili (si veda il capitolo “Epidemiologia delle Rinosinusiti in
Relazione alla Malattia da reflusso Gastro-Esofageo”).

Risale sempre al 2015 un’importante studio retrospettivo di Lin et al. [98]: gli autori,
attingendo dal Taiwan’s National Health Insurance Research Database (periodo di
riferimento: 1 gennaio 2006 - 31 dicembre 2009), compongono il gruppo studio con

59
ben 15807 pazienti con diagnosi di MRGE ed un gruppo di controllo randomizzato di
47421 individui; le due coorti vennero poi suddivise in base ad età, sesso e
comorbidità.
I risultati ottenuti applicando la regressione di Cox per il calcolo del rischio furono a
dir poco suggestivi: i pazienti con MRGE mostrarono di avere un rischio 2,63 volte
maggiore di sviluppare CRS rispetto ai pazienti senza MRGE.
Gli autori rilevano inoltre come nella curva di Kaplan-Meier, tra pazienti con MRGE,
la CRS si instaurasse preferenzialmente in pazienti senza poliposi nasale (hazard
ratio: 2,48 vs. 1,85) [Fig 6.1 - 6.2].

Fig 6.1 Fig 6.2

L’aumentato rischio di CRS in pazienti con MRGE rilevato da Lin trova inoltre
supporto nella review di Min et al. dello stesso anno [99], nella quale si analizzano
tutti i fattori di rischio noti per CRS, tra i quali gli autori annoverano anche la MRGE,
richiamando gli studi di El-Serag [100], Wong [91] e Conley [101].

Altro studio di rilevo del 2015 fu condotto da Schiöler et al. nell’ambito del RHINE
Study (Respiratory Health in Northern Europe) [102]: gli autori eseguono uno studio
prospettico multicentrico con il quale riescono a dimostrare come il reflusso notturno
effettivamente si associ a rinite non-infettiva (NIR), riuscendo inoltre a mettere in
relazione come un maggior numero di episodi di reflusso a settimana si associ ad
un’aumentata incidenza di NIR.

Arrivando ai principali lavori del 2016, tre sono di particolare importanza: la review di
Sella et al. [103], lo studio di Naclerio [104] e quello di Verim et al. [105].

60
La review di Sella prende in considerazione ben 436 lavori inerenti lo studio della
relazione tra reflusso gastro-esofageo e rinosinusite cronica, selezionandoli sulla
base dei livelli di evidenza EBM [Tab 6.1]; di questi solo 12 articoli vengono scelti
dall’autore in quanto rientranti nei criteri d’inclusione, dei quali però solo 8
risultavano confrontare i risultati della pH-impedenzometria delle 24h ottenuti da
pazienti con CRS con quelli dei pazienti senza diagnosi CRS.
Naclerio invece esegue una disamina di tutti i diversi fenotipi di rinosinusite cronica
ad oggi noti, annoverando anche la CRS in corso di GERD.
Tuttavia Sella e Naclerio giungono, in buona sostanza, alla medesima conclusione:
ad oggi non è possibile parlare di un certo ruolo di MRGE per quanto riguarda la
eziopatogenesi di alcuni tipi di CRS, in quanto che mancano ancora studi
randomizzati e controllati su campioni sufficientemente numerosi.
Da questi due lavori si evince che lo stato attuale delle cose pende per
un’associazione “indiziale” tra le due patologie.

Concludendo, è necessario citare anche lo studio di Verim et al.: in questo lavoro gli
autori tentano di determinare l’influenza del reflusso laringo-faringeo (LPR)sul
peggioramento della CRS.
Nello studio vengono arruolati 48 pazienti (dai 18 ai 75 anni)con CRS in assenza di
poliposi nasale e candidati alla FESS, stimando l’entità del reflusso con il Reflux
Symptom Index (RSI) ed il Reflux Finding Scores (RFS)prima di procedere alla
chirurgia; scegliendo un RSI > 12 ed un RFS > 7 gli autori dividono i pazienti in 2
gruppi sulla base della gravità del reflusso.
I pazienti vengono poi stratificati sulla base di uno score radiologico (Lund-Mackay
Radiology Scores), uno endoscopico (Lund-Kennedy Endoscopy Scores, LKES), ed
uno sintomatologico (Sinusitis Symptom Scores, SSS)prima e dopo l’intervento
chirurgico (a 6 mesi); l’outcome post-chirurgico è stato valutato sulle differenze dei
risultati degli scores.
Gli autori rilevano come LPR sia associato ad un peggiore quadro nasale secondo lo
score radiologico ed endoscopico, ma come di fatto non risulti incidere sull’outcome
post-chirurgico, dato peraltro in linea con lo studio di DeConde del 2014 [49].

61
7 - La DIAGNOSI di REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO in AMBITO 

RINOALLERGOLOGICO

Sulla scorta di quanto esposto in precedenza, appare oramai chiaro come la malattia
da reflusso gastro-esofageo risulti essere un’entità clinica complessa ed articolata;
scendendo nel particolare appare altrettanto chiaro come l’otorinolaringoiatra sia
interessato principalmente della componente extra-esofagea della patologia.
La sindrome extra-esofagea, ed ancor più quelle sindromi secondarie al reflusso
laringo-faringeo, pone dei problemi diagnostici del tutto particolari, portando la
necessità di delineare un iter diagnostico il quanto più possibile specifico e
personalizzato.
Per meglio delineare l’approccio dell’otorinolaringoiatra ad una patologia che in
buona parte esula dai suoi campi di competenza, vale la pena fare una breve
panoramica della gestione diagnostica della MRGE.

a - La Diagnosi di MRGE secondo le “ACG Guidelines for GERD 2013”

Le Guidelines for Diagnosis and Management of GERD del 2013 pubblicate


sull’American Journal of Gastroenterology [69] tracciano una gestione del paziente
con MRGE chiara e lineare; la necessità di avere regole condivise per la diagnosi ed
il trattamento di così frequenti patologie si rende necessaria oggi più che mai.

Come già esposto nel capitolo “Definizione & Classificazione del Reflusso
Gastro-Esofageo” queste linee guida effettuano una distinzione netta tra il paziente
reflussore tipico (con pirosi, rigurgito, DT non cardiogeno)ed il reflussore atipico
(sintomi atipici digestivi ed extra-esofagei).
Il motivo di questa dicotomia è da ricercarsi nella necessità di delineare dei protocolli
di gestione di questi pazienti che siano efficaci ed etici per il paziente (risparmiando
esami inutili e talora invasivi)e sostenibili per la società.

62
Sono diversi gli strumenti diagnostici a disposizione del medico nella diagnosi di
MRGE:
• RX del TRATTO DIGERENTE con mdc

La radiografia diretta del tratto digerente con mezzo di contrasto (solfato di bario)
[Fig 7.1] è forse una delle primissime metodiche messe in campo per la diagnosi di
MRGE.

Il razionale di tale esame di radiodiagnostica consiste nel rilevare, proprio grazie al
mezzo di contrasto bariato, il passaggio di materiale gastrico dallo stomaco
all’esofago.

Questa metodica risulta ormai abbandonata per la diagnosi di MRGE [Tab 7.1].


Fig 7.1

• TERAPIA EMPIRICA con PPI (PPI-challenge)



La terapia empirica con inibitore di pompa protonica, altresì nota come test di
soppressione acida, rappresenta oggi quella che forse è la metodica diagnostica
più estensivamente impiegata nella diagnosi di MRGE; il suo largo utilizzo è da
ricercarsi nella sua semplicità di impiego, tollerabilità per il paziente e dal suo costo
contenuto: tenendo anche in conto la sua buona sensibilità si capisce come essa
sia una metodica estremamente maneggevole, specialmente nella medicina sul

63
territorio da parte dello Specialista in Medicina Generale.

Il test consta nella somministrazione di un PPI al paziente (omeprazolo,
pantoprazolo, lansoprazolo, etc …)ad un dosaggio dai 20 ai 40 mg/die (secondo il
tipo di molecola impiegata)per 6-12 settimane.

Si considera il test positivo qualora la sintomatologia del paziente (tipica od
atipica)dovesse regredire; in tal caso si procederà alla terapia di mantenimento,
riducendo progressivamente la dose del farmaco sino alla minima possibile.

Il test risulterà negativo qualora la sintomatologia del paziente non dovesse
modificarsi: in tal caso si procederà con altre indagini al fine di trovare la causa alla
base della sintomatologia lamentata.

Il risultato della terapia empirica con PPI non deve essere però presa in senso
assoluto: per una corretta gestione del paziente con MRGE, specialmente se
reflussore atipico, è sempre necessario attenersi alle linee guida.


• MANOMETRIA ESOFAGEA

La manimetria esofagea è un esame volto a quantificare la continenza dello
sfintere esofageo inferiore (SEI), stimando la pressione vigente nell’esofago distale
[Fig 7.2] a mezzo di catere con palloncino ad aria o ad acqua [Fig 7.3].

Trova oggi indicazione unicamente nello studio pre-chirurgico della plastica anti-
reflusso, in quanto che è ad oggi ampiamente dimostrato come la MRGE sia una
patologia multifattoriale: l’incontinenza del SEI è solo uno delle numerose

Fig 7.2 Fig 7.3

64
concause in gioco.


• pH-IMPEDENZOMETRIA delle 24h



Si veda l’apposito capitolo (a seguire).


• ESOFAGO-GASTRO-DUODENOSCOPIA BIOPTICA

Esame ad utilizzo esclusivo dello specialista gastroenterologo, rappresenta il
goldstandard per la diagnosi delle Sindromi da Reflusso con Danno Esofageo
(Montreal [1])e relative complicanze.

La visualizzazione endoscopica della mucosa esofagea [Fig 7.4] permette di
diagnosticare e soprattutto stadiare le lesioni organiche a cui può andare incontro
l’esofago del paziente con MRGE: il prelievo bioptico farà diagnosi di certezza
(come in tutte le lesioni organiche).


Fig 7.4

65
Le Guidelines for Diagnosis and Management of GERD articolano le loro indicazioni,
come consuetudine, secondo raccomandazioni e livelli d’evidenza [Tab 7.1]:

Diagnosi di MRGE

Raccomandazione Livello d’evidenza

La diagnosi presuntiva di MRGE può essere posta in


presenza di sintomatologia tipica (pirosi, rigurgito). forte moderato
É raccomandata la terapia empirica con PPI.

I pazienti con DT non cardiogeno per sospetta MRGE


debbono essere ulteriormente valutati prima iniziare la forte basso
terapia empirica con PPI.

La radiografia del tratto digerente con bario non ha più


forte alto
alcun ruolo nella diagnosi di MRGE.

L’EGDS non è indicata nel paziente con


sintomatologia tipica.
Trova indicazione in presenza di sintomi d’allarme o
nello screening di pazienti ad alto rischio di forte moderato
complicanze.
La ripetizione dell’esame endoscopico non è indicata
in assenza di esofago di Barrett.

L’esame bioptico dell’esofago distano non è indicato


forte moderato
nella diagnosi di MRGE.
La manometria esofagea è indicata nello studio pre-
chirurgico, ma non ha alcun ruolo nella diagnosi di forte basso
MRGE.
La pH-impedenzometria delle 24h è indicata quando
la diagnosi di MRGE non è certa o nello studio pre-
trattamento chirurgico o endoscopico in pazienti con
forte bassa
NERD PPI-resistenti.

La pH-impedenzometria è l’unico esame in grado di
mettere i sintomi in relazione al reflusso.
In presenza di esofago di Barrett, non è indicata dal
pH-impedenzometra delle 24h per porre diagnosi di forte moderato
MRGE.
Lo screening per H.Pylori non è indicato in pazienti
con MRGE.
forte basso
L’eradicazione di H.Pylori non è da considerarsi di
routine nell’ambito della terapia anti-reflusso.

Tab 7.1

Le linee guida mettono pertanto in evidenza come oggi la diagnosi di MRGE sia
imperniata anzitutto sulla clinica del paziente e sulla sua storia anamnestica, due
elementi che se “tipici” permettono di ricercare la conferma diagnostica per mezzo di
terapia empirica con PPI (nel mondo anglosassone: PPI-challenge), riservando le

66
metodiche diagnostiche strumentali più invasive (e costose)solo per i casi dubbi, ma
non necessariamente “atipici”.
b - La Diagnosi di Sindrome extra-Esofagea

Sempre nelle medesime linee guida troviamo tutta una serie di raccomandazioni
specifiche per il riconoscimento e la diagnosi della sindrome extra-esofagea da
reflusso [Tab 6.2]:

Diagnosi di MRGE a presentazione extra-Esofagea

Raccomandazione Livello d’evidenza

La MRGE è da considerarsi come cofattore in pazienti


con asma, tosse cronica o laringite cronica.
forte moderato
Dev’essere comunque eseguita un’attenta valutazione
di altre possibili concause.

La diagnosi di laringite da reflusso non deve essere


forte moderato
definita unicamente su rilievi laringoscopici.

La terapia empirica con PPI è raccomandata in


forte basso
pazienti che presentano anche sintomi tipici.

L’EGDS non è da considerarsi dirimente nella


forte basso
diagnosi di asma, tosse cronica o laringite da reflusso.

In pazienti con sola sindrome extra-esofagea è


raccomandata la pH-impedenzometria delle 24h prima condizionale basso
di procedere alla terapia con PPI.

I pazienti non-rispondenti a terapia con PPI debbono


forte basso
entrare in iter diagnostici specifici *

La terapia chirurgica non è indicata nel trattamento


della sintomatologia extra-esofagea in pazienti PPI forte moderato
non-rispondenti.

Tab 7.2

Alla luce di quanto affermato nelle recenti ACG Guidelines for GERD la sindrome
extra-esofagea da reflusso è da considerarsi una tipologia di manifestazione clinica

67
del reflusso stesso che richiede un approccio ed una sensibilità diagnostica
specifica.
É proprio sotto questo punto di vista che lo specialista in otorinolaringoiatria deve
approcciarsi al paziente con MRGE.

c - La pH-impedenzometria delle 24h

La necessità di tipizzare il materiale di reflusso, quantitativamente e


qualitativamente, è nota agli specialisti da diversi decenni: il primo ad eseguire una
misurazione pH-metrica esofagea fu Tuttle nel 1960, utilizzando una sonda in vetro;
Tuttle rilevò come nei pazienti affetti da ciò che lui chiamava “esofagite peptica” non
vi fosse un netto gradiente di pH tra stoma ed esofago, a differenza di pazienti sani.
Nel corso degli anni successivi la tecnica e le conoscenze fisiopatologiche della
MRGE progredirono, arrivando a delineare la cosiddetta pH-metria esofagea. 

La pH-metria esofagea fu uno strumento diagnostico sicuramente innovativo per gli
anni in cui fu introdotto benché oggi, alla luce delle attuali conoscenze, mostri tutti i
suoi limiti: tali limiti sono stati in buona parte superati dalla pH-impedenzometria
delle 24h, la quale rappresenta oggi il goldstandard per la diagnosi e la tipizzazione
del reflusso gastro-esofageo.

La pH-impedenzometria delle 24h permette oggi di tipizzare qualunque tipo di


reflusso gastro-esofageo, sia qualitativamente (acido, alcalino, neutro, liquido o
gassoso)che quantitativamente.
In base alle attuali linee guida consideriamo acido un refusso a pH < 4, debolmente
acido con 4 < pH < 7, alcalino con pH > 7.
La necessità di affinare la tecnica pH-metrica (la quale rilevava unicamente viraggi
acidi di pH)derivò appunto dall’osservazione di come diversi pazienti presentassero
ancora sintomatologia, pur essendo sotto terapia anti-reflusso.

La bontà dell’esame sta nell’impiego della cosiddetta tecnica Multichannel


Intraluminal Impedence-pH (MII-pH), che combina la misurazione del pH alla
misurazione dell’impedenza, ovvero la resistenza ad una corrente alternata vigente

68
nel lume esofageo; l’impedenza è funzione della concentrazione ionica presente nel
lume dell’esofago (l’impedenza cala quando il lume è occupato da liquido, cresce
quando occupato da aria).

Attraverso le rilevazioni della MII-pH possiamo quindi conoscere il “contenuto ionico”
dell’esofago al transito di gas o di liquidi.
La sonda impiegata nella MII-pH è costituita da un sondino flessibile di circa 2 mm di
diametro, dotato di diversi anelli metallici atti a formare un canale d’impedenza: gli
anelli sono distribuiti a 3 - 5 - 7 - 9 - 15 - 17 cm dall’estremo distale del sondino
stesso; sempre a 5 cm dall’estremo distale si trova allocato il sensore pH-metrico
[Fig 7.5].
Il razionale alla base dell’utilizzo di un sondino così costruito sta nella necessità di
dover conoscere con esattezza la massima estensione prossimale del reflusso,
ovvero la sua “altezza”: questo dato risulta essere di estrema importanza,
specialmente nello studio delle sindromi extra-esofagee.

Fig 7.5

L’esecuzione di questo esame richiede una serie di passaggi, da eseguirsi


rigorosamente in strutture attrezzate e sotto il controllo dello specialista in
gastroenterologia:
1) LOCALIZZAZIONE dello SFINTERE ESOFAGEO INFERIORE (SEI)

L’estremo distale del sondino MII-pH va posizionato circa 4-5 cm oltre al SEI, ed
esistono pertanto diverse metodiche atte a localizzarlo:


69
- radiologia: sicuramente di semplice esecuzione ma piuttosto limitata, in quanto 

che la localizzazione del SEI qui si realizza sulla base dei rapporti anatomici 

che tale struttura dovrebbe avere con quelle circostanti (diaframma, pilastri 

diaframmatici, etc …).

Tenendo presente che alcune condizioni si associano relativamente di 

frequente alla MRGE (es. ernia jatale), si capisce come questa metodica 

presenti diversi problemi.

- esophageal pull-through: conosciuto anche come “step-up pH-metrico”, 

consiste nel far procedere la sonda pH-metrica sino allo stomaco del paziente; 

a questo punto sul display del pH-metro si rileverà un pH estremamente acido 

(tra 1 e 2).

Si comincia poi a retrarre lentamente la sonda sino a rilevare un viraggio dei 

valori di acidità (generalmente quando il pH da valori di 2 o 3 cambia 

bruscamente andando sopra a 4); da questo punto di viraggio si retrae 

ulteriormente la sonda di altri 5 cm (appunto la distanza che la sonda pH-

metrica deve avere dal SEI).

- manometria esofagea: è oggi la metodica di scelta per localizzare il SEI [Fig 

7.6]; per evitare al paziente questo esame invasivo aggiuntivo senza perdere 

l'accuratezza, oggi ci si può servire di particolari sistemi definiti “LES finder”: tali 

sistemi constano di un piccolo manometro (un esile catetere a singolo lume)che 

può essere accoppiato o fissato all'elettrodo pH-metrico.


Fig 7.7
Fig 7.6

70
2) TARATURA del SONDINO

La taratura del sondino è ovviamente necessaria, al fine di ottenere dati affidabili
e non falsati.

La taratura avviene per mezzo di due soluzioni tampone, una a pH 4 ed una a
pH 7 [Fig 7.7].


3) POSIZIONAMENTO del SONDINO ed ESECUZIONE dell’ESAME



Il sondino viene posizionato con accesso nasale, previa anestesia locale di naso
e gola per mezzo di spray alla lidocaina, e mantenuto in sede per 24h; è da
rilevare come ancora oggi non si sia riusciti a standardizzare la misurazione
dell’impedenza a livello laringofaringeo: la grande dipendenza dall’operatore di
queste misure fa sì che non si misuri la variazione del pH a questo livello.

Il paziente viene inoltre dotato di un diario elettronico [Fig 7.8] nel quale dovrà
segnalare, per mezzo di apposita pulsantiera, l’ora dei pasti e soprattutto la
presentazione della sintomatologia reflussiva, già precedentemente comunicata
al medico.

Si capisce quindi come la pH-impedenzometria fornisca un ulteriore elemento
diagnostico di grande rilievo, ovvero l’associazione della sintomatologia
(segnalata dal paziente sul diario)con il reflusso (rilevato dal sondino).

Al paziente viene quindi chiesto di svolgere normalmente le sue attività
quotidiane durante il monitoraggio: il giorno successivo si raccoglieranno i dati
ottenuti.


Fig 7.8

71
4) RACCOLTA ed INTERPRETAZIONE dei DATI

L’analisi dei dati ottenuti si rende necessaria al fine di ottenere un quadro della
situazione affidabile e completo, nonché standardizzato.

L’interpretazione dei dati viene eseguita sotto diversi aspetti:

❖ interpretazione grafica: osservazione del tracciato restituito dalla macchina; è 

sempre necessario tenere a mente come si presenta il tracciato di un soggetto 

sano, al fine di comprendere l’andamento del reflusso e riconoscere eventuali 

artefatti.

❖ analisi numerica: per eseguire l’analisi numerica (vale a dire il numero e la 

durata dei reflussi)occorre definire cosa sia un RGE, ovvero un evento 

reflussivo capace di variare, in almeno 3 canali consecutivi, l’impedenza 

luminale di almeno il 50% rispetto al valore basale.

Per “durata del reflusso” si intende il tempo necessario perché l’impedenza 

ritorni ad almeno il 50% del valore basale.


❖ analisi parametrica di DeMeester: i dati ottenuti con l’analisi numerica vengono 

letti secondo i parametri di DeMeester (introdotti da DeMeester una trentina 

d’anni fa); il razionale alla base di questo tipo di analisi sta nell’ottenere una 

visione globale dell’esposizione acida, valutando:

1) % del tempo totale (24h)a pH < 4

2) % del tempo in ortostatismo a pH < 4 

3) % del tempo in clinostatismo a pH < 4

4) n° complessivo di reflussi

5) n° di reflussi con durata superiore a 5 min

6) durata del reflusso più lungo


❖ interpretazione clinica dei dati: ottenuti tutti i parametri numerici necessari si 

procede con il metterli in relazione alla sintomatologia del paziente, prendendo 

a riferimento le segnalazioni fatte dal paziente stesso sul diario elettronico.

In questa fase conclusiva si calcolano 3 indici principali:

- Symptoms Index (SI)

Indice percentuale che mette in rapporto il numero di eventi sintomatologici 

associati al reflusso (SR)con gli eventi sintomatologici complessivi (Stot), 


72
ovvero: (SR / Stot) x 100

Si capisce come SI indichi, in buona sostanza, la percentuale di eventi 

sintomatologici reflusso-relati; SI viene considerato clinicamente significati se 

risulta essere > 50%.

- Symptoms Association Probability (SAP)

Calcolata per mezzo della tabella di contingenza 2x2, nella quale sintomi ed 

episodi di reflusso vengono messi in relazione in base alla loro presenza (+) 

od assenza (-), con successiva applicazione del test di Fisher [Tab 7.3].

Il SAP viene considerato positivo quando supera il 95%.

- Symptoms Sensitivity Index (SII)

Indice percentuale che mette in rapporto il numero di eventi sintomatologici 

associati al reflusso (SR)con gli episodi di reflusso complessivi (Rtot), ovvero: 

(SR / Rtot) x 100

Il SII è l’indice di più recente introduzione: il suo utilizzo è finalizzato al 

compendiare il SI (inadatto secondo alcuni autori poiché non tiene conto di 

Rtot [106]).

Tab 7.3

Alla luce di quanto esposto appare chiaro come la pH-impedenzometria delle 24h
multi-canale abbia rivoluzionato l’approccio diagnostico ai pazienti con MRGE,
benché essa non debba essere impiegata al di fuori delle raccomandazioni presenti
in linea guida.
Appare tuttavia altrettanto chiaro come ad oggi le principali raccomandazioni
riguardino principalmente il reflusso gastro-esofageo, tralasciando spesso il
problema della diagnosi e della tipizzazione del reflusso laringo-faringeo: va però
rilevato come attualmente si stia compiendo un importante sforzo per portare
consenso ed adeguatezza diagnostica anche al LPR.
Solo nel 2016 sono stati innumerevoli gli studi che hanno cercato di definire il ruolo
della MII-pH nella diagnosi di LPR: Pavić arruola 104 bambini nel suo studio
prospettico [107], tutti con sintomatologia suggestiva di LPR (ovvero ENT e sintomi

73
respiratori)e studiandoli tutti con il medesimo protocollo di MII-pH; lo scopo
dell’autore è trovare una relazione tra un quadro sintomatologico che potremmo
definire “evocativo” di LPR con i rilievi oggettivi della MII-pH.
Pavić conclude affermando che esiste una relazione significativa tra i reflussi acidi e
debolmente acidi e il LPR.
Nennstiel et al. affrontano il problema da un differente punto di vista [108]: arruolano
45 pazienti adulti reflussori atipici e, applicando le raccomandazioni delle ACG
Guidelines for GERD 2013 [Tab 7.2], li studiano con MII-pH per poi trattarli con PPI;
la MII-pH risultava significativamente alterata in 21 pazienti.
Gli autori approntano poi uno studio retrospettivo (controllo a 36 mesi)nel tentativo di
capire se i risultati ottenuti alla MII-pH possano predire l’utilità, in termini
sintomatologici, della terapia anti-reflusso; l’outcome sintomatologico viene stimato a
mezzo di questionario.
Lo studio evidenzia come effettivamente i dati ottenuti alla MII-pH possa predire
l’utilità della terapia con PPI: Nennstiel raccomanda di evitare la terapia anti-reflusso
in pazienti sì con sintomatologia atipica, ma con MII-pH negativa.
Gli autori concludono il loro studio suggerendo l’utilizzo di questo modello d’indagine
per i lavori futuri.

In una recentissima review di Sidhwa et al. [109] si prendono in considerazione ben


182 studi, nel tentativo di inquadrare in maniera chiara l’attuale approccio alle
manifestazioni extra-esofagee della MRGE (soprattutto asma, tosse cronica e
laringite): gli autori sottolineano come la MII-pH ed il SAP stiano assumendo un ruolo
sempre più rilevante nell’approccio diagnostico a questi pazienti, benché non ci sia
ancora accordo nel suo impiego diagnostico e prognostico.

Cumpston et al. cercano una relazione tra sintomatologia suggestiva di LPR, Reflux
Symptom Index (RSI), Reflux Finding Score (RFS) e MII-pH [110].
Gli autori arruolano 109 pazienti con sintomi atipici e li studiano con RSI e RFS, per
poi sottoporli a MII-pH: nel 47% dei pazienti il test impedenzometrico è risultato
significativamente alterato, nel 39% negativo e nel 14% equivoco.
É stato inoltre rilevato come nei pazienti con MII-pH positiva vi sia stato un
consistente numero di episodi di esposizione acida del faringe (pH < 4)e di reflussi

74
prossimali sia acidi che non-acidi; è inoltre emerso come i risultati del RSI siano
significativamente diversi tra i due gruppi di pazienti (MII-pH positivi e negativi),
mentre RFS non ha mostrato differenze degne di nota.

Infine Patel rileva come l’impatto economico dei pazienti con MRGE atipica sia 5
volte superiore ai pazienti con MRGE tipica (ovvero con pirosi e rigurgito), a causa
della mancanza di un goldstandard diagnostico e dalla limitata responsività di questi
pazienti alla terapia con PPI.
L’autore sottolinea la necessità d’introdurre nuovi esami strumentali specifici per il
monitoraggio del pH oro-faringeo, come ad esempio il Restech Dx-pH® [Fig 7.10];
tali indagini, afferma l’autore, non vengono attualmente impiegate per mancanza di
consenso sui valori di cut-off e di studi prospettici controllati.

Fig 7.10

75
8 - CONTRIBUTO PERSONALE

a - Obbiettivo dello Studio Clinico

Lo scopo dello studio [111] è stato quello di studiare la possibile relazione tra le riniti
croniche non-allergiche (NAR)ed il reflusso gastro-esofageo (RGE)mediante
l’impiego della citologia nasale, sul versante rinitico, e la pH-impedenzometria delle
24h, su quello reflussivo.
Si è quindi ipotizzato come talune rinopatie croniche, ed in particolare la NARNE
(rinite non-allergica neutrofila), debbano essere annoverate tra le manifestazioni
extra-esofagee della MRGE, ovvero ascritte nel quadro sintomatologico del paziente
reflussore atipico.
Questo studio interdisciplinare tra l’otorinolaringoiatria e la gastroenterologia
risponde alla necessità di studiare la problematica della relazione tra la NAR e la
MRGE avvalendosi di strumenti diagnostici condivisi ed oggettivi, sta a dire la
citologia nasale e la pH-impedenzometria delle 24h.

b - Materiali & Metodi

Il concepimento di questo studio scaturisce da uno studio preliminare


precedentemente condotto tra il gennaio 2009 ed il luglio 2011 [112], nel quale
furono arruolati 76 pazienti non fumatori, con anamnesi negativa per l’esposizione
ad irritanti chimico-fisici e scarso controllo della sintomatologia con terapia standard.
In questi pazienti il rinocitogramma rilevò una prevalente presenza di neutrofili, così
come il quadro laringoscopico risultò compatibile con una laringite posteriore
(manifestazione extra-esofagea di MRGE provata, Cap. 5 [Tab 5.2]).
La somministrazione di terapia anti-reflusso (PPI)diede buoni risultati nel controllo
del quadro sintomatologico.

76
Presso l’Ambulatorio di Rinologia (ambulatorio di terzo livello)della Clinica
Universitaria Otorinolaringoiatrica del Policlinico Sant’Orsola di Bologna sono stati
valutati 485 pazienti per rinopatia tra il gennaio 2012 ed il dicembre 2014.

I pazienti sono stati valutati mediante:


• anamnesi con score sintomatologico (scala VAS)
• Prick-test con batteria da 21 allergeni inalanti
• fibroscopia rino-faringo-laringea, interpretata secondo il Reflux Finding Score
(RFS) [Tab 8.1]

• TC senza mdc del massiccio facciale


• citologia nasale eseguita ambulatorialmente mediante scraping della
porzione mediale del turbinato inferiore.

I campioni raccolti sono poi stati processati e colorati con la tecnica di May-
Grünwald-Giemsa e letti con microscopio ottico; la lettura dei vetrini è stata
eseguita secondo i criteri proposti dall’Accademia Italiana di Citologia Nasale
(AICNA) [14].

Reflux Finding Score (RFS)


0 = assente
edema subglottico
2 = presente
2 = parziale
eversione ventricolare
4 = completo
2 = solo aritenoideo
eritema & iperemia
4 = diffuso
1 = lieve
2 = moderato
edema cordale
3 = severo
4 = ostruente
1 = lieve
2 = moderato
edema laringeo diffuso
3 = severo
4 = ostruente
1 = lieve
2 = moderato
ipertrofia della commissura posteriore
3 = severo
4 = ostruente
0 = assente
granuloma o granulazione posteriore
2 = presente
0 = assente
muco denso laringeo / altro
2 = presente

Tab 8.1

77
Dei 485 pazienti considerati 242 hanno ricevuto diagnosi di rinite non allergica (NAR;
49,9%), 176 di rinite allergica (AR; 36,3%)e 27 di rinite mista (5,6%).
In 40 pazienti (8,5%)la sintomatologia nasale è risultata legata a deformità
anatomiche o rinopatie non ascrivibili tra le vasomotorie (secondo la classificazione
proposta dalle Linee Guida ARIA [24]).
Sono stati pertanto esclusi i pazienti con AR e rinite mista, in virtù del fatto che la
presenza di neutrofili alla citologia nasale avrebbe potuto essere secondaria allo
stato allergico del soggetto; i criteri d’inclusione ed esclusione dello studio sono
mostrati nella [Tab 8.2].

Tra i restanti 242 pazienti con NAR sono stati selezionati 63 pazienti sulla base della
presenza massiva di neutrofili (AICNA: +++, ++++)sia in forma isolata che associata
ad eosinofili e/o mastociti, in assenza di batteri, spore od ife fungine.

Altri 38 pazienti sono stati esclusi poiché avevano in anamnesi altri possibili fattori di
richiamo neutrofilo nasale: 23 sono risultati essere fumatori, 9 avevano avuto
esposizione ad irritanti chimico-fisici in ambito professionale od hobbistico, 6 erano
affetti da rinosinusite associata a poliposi nasale (CRSwNP)o rinosinusite cronica
massiva con frequenti riacutizzazioni (secondo la Classificazione endoscopico-
radiologica di Lund-Mackay [113]).

CRITERI d’INCLUSIONE CRITERI d’ESCLUSIONE

Prick-test ⊖ Prick-test ⊕

Gruppo caso NARNE + + + fumatori

NARNE + + + +
esposizione ad irritanti chimico-fisici in
ambito professionale od hobbistico
Prick-test ⊖

sinusite cronica con poliposi


NARES
(CRSwNP)
Gruppo controllo
NARMA
sinusite cronica massiva con score > 4
(Classificazione di Lund-Macay)
NARESMA

Tab 8.2

78
Sono stati quindi inclusi nel gruppo studio 25 pazienti [Tab 8.2]: il campione era
costituito al 44% da maschi (11 pazienti)e dal 56% da femmine (14 pazienti), con
un’età media di 46,1 anni (15 - 77).
I pazienti del gruppo di studio sono tutti stati studiati per MRGE con visita
gastroenterologica e pH-impedenzometria delle 24h.

Nel gruppo controllo sono stati inclusi 20 pazienti affetti da NAR ma con
rinocitogramma negativo per i neutrofili (NARES, NARMA, NARESMA); di questi 20
pazienti 6 erano maschi (30%)e 14 erano femmine (70%), con un’età media di 55,8
anni (22 - 72).
Tutti questi pazienti sono stati studiati con pH-impedenzometria delle 24h; al gruppo
controllo sono stati applicati gli stessi criteri d’esclusione del gruppo studio [Tab 8.2].

Nel complesso i 45 pazienti arruolati nello studio erano 17 maschi e 28 femmine con
un’età media di 50,4 ± 16,35 anni.

Per quanto riguarda le modalità d’esecuzione della pH-impedenzometria esofagea


delle 24h si veda il sottocapitolo “La pH-imedenzometria delle 24h”.

Per la valutazione dei dati pH-impedenzometrici ci si è avvalsi delle attuali


raccomandazioni italiane [114], secondo le quali l’esposizione acida esofagea è da
considerarsi patologica se superiore al 4,2% del tempo totale di monitoraggio
(almeno 22h)e quando il numero di reflussi supera i 54 eventi; in questi casi è stata
posta diagnosi di malattia da reflusso acido gastro-esofageo.
Nei casi in cui il pH del materiale refluito è risultato nella norma si è posta la diagnosi
di malattia da reflusso non-acido.
Infine nei casi in cui l’esame pH-impedenzometrico ha rilevato un pH ed un numero
di reflussi nella norma, ma con una correlazione tra gli eventi reflussivi e la
comparsa dei sintomi (segnalata dal paziente), è stata posta diagnosi di esofago
ipersensibile; tale correlazione è stata evidenziata per mezzo del Symptoms Index
(SI)e del Symptoms Association Probability (SAP).

79
Il confronto tra il gruppo studio ed il gruppo controllo è stato eseguito utilizzando il
test del χ2 per le variabili qualitative ed il test di Mann-Whitney per le continue.

La relazione tra la presenza di neutrofili nella mucosa nasale e la positività alla pH-
impedenzometria esofagea delle 24h è stata studiata utilizzando l’analisi di
regressione logistica; l’Odds Ratio (ORs)e l’intervallo di confidenza al 95% (CI)sono
stati calcolati dopo aggiustamento per età e sesso.

c - Risultati

Dei 25 pazienti inclusi nel gruppo studio la citologia nasale ha mostrato come 13 di
essi fossero affetti da NARNE pura (52%), 8 da NARNE e NARES (12%)ed 1 con
NARNE più NARMA (4%) [Fig 8.1].

4%
12%

NARNE
52% NARNE + NARES
NARNE + NARESMA
32% NARNE + NARMA

Fig 8.1

In merito alla sintomatologia presentata dai pazienti del gruppo studio: la rinorrea era
presente nel 56% del campione (14 pazienti), l’ostruzione nasale nel 72% (18
pazienti), lo scolo retronasale nel 56% (14 pazienti), starnuti nel 24% (6 pazienti)ed il
prurito nel 16% (4 pazienti).
Nel complesso 10 pazienti lamentavano 3 o più sintomi contemporaneamente,
mentre 2 pazienti lamentavano disfonia (8%)ed altri due tosse (8%).

80
L’intensità dei sintomi presentati dai pazienti del gruppo studio, valutata con scala
VAS, ha fornito i seguenti valori medi [Fig 8.2]:
• rinorrea 5.2
• ostruzione nasale 6.1
• scolo-retronasale 5.9
• starnuti 3.5
• prurito 2.5
• disfonia 6.5tosse 6.5

Intensità media 

dei sintomi (VAS)

6,5 6,5
6,1
5,9
5,25
5,2

3,5
3,5

2,5
1,75

0
rinorrea ostruzione scolo retronasale starnuti prurito disfonia tosse

Fig 8.2

Non sono state osservate differenze significative tra il gruppo studio ed il gruppo
controllo in merito ai sintomi, eccezion fatta per l’andamento della rinorrea.

Si è inoltre rilevato come il 68% del gruppo studio (17 pazienti)presentasse anche
sintomi tipici della MRGE, mentre il 32% (8 pazienti)lamentavano unicamente
sintomatologia atipica [Tab 8.3] [Fig 8.3].

81
egni / sintomi
Atipici puri
rigurgito dolore epigastrico
32%
uzione nasale scolo retronasale

rurito nasale disfonia

tosse Tipici + Atipici


68%

Fig 8.3

Segni / sintomi

Tipici pirosi rigurgito dolore epigastrico

rinorrea ostruzione nasale scolo retronasale

Atipici starnuti prurito nasale disfonia

tosse

Tab 8.3

Allo studio laringoscopico, in tutti i pazienti si sono riscontrati segni di irritazione


laringea verosimilmente dovuta al reflusso gastro-esofageo; applicando Reflux
Finding Score (RFS)si è rilevato come risultasse essere tra 7 e 9.

La pH-impedenzometria esofagea delle 24h, che si ricorda essere stata eseguita su


tutti i pazienti del gruppo studio, è risultata essere patologica nell’84% del campione
(21 pazienti)e negativa solo in 4 pazienti [Tab 8.4].

Nel gruppo controllo è emerso che il 15% era affetto da NARES (3 pazienti), il 55%
da NARMA (11 pazienti)ed il 30% da NARESMA (6 pazienti).

Tutti e 20 i pazienti del gruppo controllo lamentavano sintomi nasali e sintomi


ascrivibili nel quadro della MRGE atipica (tosse, globus, disfonia, etc …), benché in

82
12 di essi (60%)le manifestazioni atipiche di MRGE si accompagnassero a
sintomatologia tipica (pirosi, rigurgito, dolore epigastrico).

RGE⊕ RGE⊖
(21pz) (4pz)

NARNE pura 52,4% 50%

NARNE + NARMA 4,8% -


CITOLOGIA NASALE
NARNE + NARES 33,3% 25%

NARNE + NARESMA 9,5% 25%

ostruzione nasale 71,4% 75%


(VASmedio = 6,1) (VASmedio = 6)

rinorrea 52,4% 75%


(VASmedio = 5,4) (VASmedio = 4,3)

scolo retronasale 61,9% 25%


SINTOMI NASALI
(VASmedio = 5,8) (VASmedio = 7)

4,7% 75%
prurito nasale (VASmedio = 4) (VASmedio = 2)

starnuti 23,8% 25%


(VASmedio = 3,6) (VASmedio = 3)

SINTOMI TIPICI + ATIPICI 76,2% 25%

ATIPICI PURI 33,8% ** 75%


**di questi 5 pazienti (33,8% dei RGE⊕)3 riportavano solo sintomi nasali (14,3%)

Tab 8.4

La pH-impedenzometria esofagea delle 24h, eseguita su tutti i pazienti del gruppo


controllo, è risultata patologica nel 25% del campione (5 pazienti)e negativa nei
restanti 15 pazienti.

Alla luce dei dati ottenuti ed eseguendo l’analisi univariata (prendendo ovviamente
come variabile il risultato ottenuto alla pH-impedenzometria esofagea delle
24h)l’unica differenza che è risultata essere significativa tra i due gruppi di pazienti è
stata una maggiore proporzione di pH-impedenzometrie positive nel gruppo studio
rispetto al gruppo controllo.
La regressione logistica ha confermato la significatività della relazione tra pH-
impedenzometria esofagea delle 24h positiva e la positività del rinocitogramma per
NARNE (p = 0,0001; [Tab 8.5]).

Variabile Odds Ratio 95% CI


pH-impedenzometria delle 24h ⊕ 17,3641 3,3688 - 89,5010

Tab 8.5

83
c - Discussione & Conclusioni

In questo lavoro si è cercato di dirimere la questione in merito alla relazione tra rinite
non-allergica neutrofila e malattia da reflusso gastro-esofageo, in uno studio caso-
controllo da intendersi come coronamento e conclusione del lungo lavoro in materia
portato avanti dall’Ambulatorio di Rinologia della Clinica Universitaria
Otorinolaringoiatrica di Bologna.

L’assunto da cui si è partiti, ora come allora, è dato principalmente dalle Linee Guida
ARIA 2010, nelle quali si annovera il riconoscimento di una rinite non-allergica
caratterizzata dalla presenza massiva di neutrofili indotta da irritanti chimico-fisici.
L’ipotesi alla base dello studio, ovvero che la NARNE possa effettivamente essere
indotta dalla MRGE, scaturì fondamentalmente dall’osservazione ananmestica e
clinica dei pazienti in carico all’Ambulatorio di Rinologia della Clinica Universitaria
Otorinolaringoiatrica del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, oltre che dall’evidenza di
un miglioramento e sintomatologico e citologico nasale alla somministrazione del
PPI [112].

Nell’attuale studio si è cercato, oltre alla conferma di una relazione tra le due
patologie, di dare una chiara impostazione metodologica alla gestione di questi
pazienti, sta a dire l’impiego sistematico della citologia nasale e della pH-
impedenzometria esofagea delle 24h.

La citologia nasale è una metodica diagnostica che negli ultimi anni ha conosciuto
un’importante aumento d’impiego in ambito rinologico.
I grandi vantaggi pratici che questa metodica presenta sono da ricercarsi anzitutto
nella grande accuratezza diagnostica che riesce a raggiungere nelle riniti cellulari le
quali, per loro stessa definizione, non potrebbero essere diagnosticate altrimenti.
In virtù di questa grande accuratezza, la citologia nasale permette inoltre
all’otorinolaringoiatra di dare una risposta chiara e certa al paziente rinitico non-
allergico, permettendogli di orientarsi nella pratica clinica di tutti i giorni e di
informare esaustivamente il paziente su quel che lo aspetta; proprio quest’ultimo

84
aspetto presenta importanti risvolti per la società, in quanto che le NAR risultano il
più delle volte del tutto insensibili alle terapie standard, rendendo così l’aspetto
diagnostico il primo e più importante passo verso una corretta gestione terapeutica,
per il paziente ed appunto anche per la comunità.
Se si considera poi l’enorme impatto di QoL che le riniti hanno sul paziente risulta del
tutto doveroso approntare iter diagnostico-terapeutici specifici per queste particolari,
ma per nulla rare, riniti.
Questa metodica risulta inoltre essere assolutamente economica e minimamente
invasiva per il paziente, nonché di possibile esecuzione in pressoché ogni
ambulatorio di otorinolaringoiatria.

Un discorso in parte parallelo si può fare per la pH-impedenzometria esofagea delle


24h, una metodica che oggi è riconosciuta come goldstandard per la diagnosi della
malattia da reflusso gastro-esofageo.
Anche questo esame diagnostico ha visto negli ultimi tempi un progressivo aumento
d’impiego: pur essendo un esame costoso e piuttosto invasivo per il paziente, questa
metodica permette di porre diagnosi di MRGE (acida, debolmente acida, neutra o
alcalina)in tutti quei pazienti nei quali non si riesce a riconoscere una sintomatologia
“tipica” della patologia stessa.
La sempre maggior consapevolezza della incostanza di presentazione clinica della
MRGE ha reso il pH-impedenzometrico un prezioso ausilio diagnostico, talora
irrinunciabile: è appunto oggi accettato universalmente come la pH-impedenzometria
esofagea delle 24h sia un passo diagnostico fondamentale nella diagnosi e nel
riconoscimento della sindrome extra-esofagea da reflusso, senza il quale non si ha
più indicazione alla terapia empirica con PPI [69].

Un esempio della bontà di queste due metodiche diagnostiche, utilizzare di concerto,


è appunto rappresentato dallo studio presentato: si sono confrontati 25 pazienti con
presenza massiva di neutrofili nella mucosa nasale (gruppo studio)con 20 pazienti
che sì presentavano NAR, ma senza nautrofili (gruppo controllo).
La tipizzazione citologica delle rinopatie di cui soffrivano questi pazienti è stata
effettuata con citologia nasale.

85
Sottoponendo la popolazione di studio e la popolazione di controllo alla pH-
impedenzometria esofagea delle 24h è stato rilevato come ben l’84% dei pazienti
con NARNE presentasse valori patologici all’esame, a fronte del solo 25% dei
pazienti non-NARNE.
L’analisi univariata dei dati ottenuti ha confermato come questa differenza di
positività tra i due gruppi fosse significativa.
La regressione logistica ha inoltre confermato come la relazione tra la positività del
rinocitogramma per NARNE e la positività alla pH-impedenzometria esofagea delle
24h fosse significativa.

Alla luce dei dati ottenuti si può quindi affermare di aver aggiunto un ulteriore
elemento e prova a supporto di una relazione esistente tra MRGE e NARNE.
Si ritiene che la presenza massiva di neutrofili al rinocitogramma possa essere a tutti
gli effetti un marker di MRGE, in assenza di esposizione ad irritanti chimico-fisici in
anamnesi, sia in ambito professionale che hobbistico.
La scarsa responsività nasale alle terapie standard, così come un quadro
laringoscopico suggestivo di LPR (valutata con RFS)completano il quadro, dovendo
far sì che lo specialista in otorinolaringoiatria si ponga il sospetto diagnostico di una
malattia da reflusso gastro-esofageo ad esordio atipico.

Si ritiene quindi che il rinocitogramma debba essere eseguito in ogni paziente con
sintomatologia rinitica, al fine di avere un più completo orientamento clinico-
diagnostico, nonché eziologico, qualora di ritrovassero abbondanti neutrofili nella
mucosa nasale; in questi casi è accettabile procedere con la pH-impedenzometria
esofagea delle 24h, in concerto con il gastroenterologo.

Il principale bias di questo studio è dovuto al piccolo numero di pazienti arruolati e


sottoposti a pH-impedenzometria esofagea delle 24h.
Il motivo alla base di questo bias è da ricercarsi anzitutto in problematiche etiche,
vista l’invasività dell’esame, nonché economiche, dato l’alto costo di questa
procedura diagnostica.
É comunque opportuno far notare come, pur con alcune limitazioni, si sia riusciti a
portare a termine uno studio nel quale sono state impiegate le due metodiche ad

86
oggi più specifiche per la diagnosi delle rispettive patologie, laddove altri autori
hanno diagnosticato la MRGE esclusivamente a mezzo di questionari.


87
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• Fig 2.5 - 6 - 7 - 8 - 9

M. Gelardi, Atlante di Citologia Nasale per la Diagnosi Differenziale delle Rinopatie,
Edi.Ermes, Seconda Ed.

Capitolo 3

• Fig 3.1 - 3

C. Lombardi, G. Passalacqua, Progetto Mondiale ARIA: Aggiornamento Italia,
Progetto LIBRA, 2016
• Tab 3.2 - 3

Beule, Epidemiology of chronic rhinosinusitis, selected risk factors, comorbidities,
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surgery, 2015, Vol 14
• Fig 3.4

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allergic and non-allergic rhinitis: a cross-sectional population-based study, Allergy,
asthma, and clinical immunology : official journal of the Canadian Society of Allergy
and Clinical Immunology, 2015, Vol 11

Capitolo 4

• Fig 4.3 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11, Tab 4.1



M. Gelardi, Atlante di Citologia Nasale per la Diagnosi Differenziale delle Rinopatie,
Edi.Ermes, Seconda Ed.

Capitolo 5

98
• Fig 5.1, Tab 5.1

Vakil et al, The Montreal definition and classification of gastroesophageal reflux
disease: a global evidence-based consensus, Am J Gastroenterol, 2006, vol 101
Issue 8
• Fig 5.2

F. H. Netter M.D., Atlante di Anatomia Umana, Elvesier, Quarta Ed.
• Fig 5.3

http://www.orthocareresolution.it/2016/05/05/il-nervo-vago/

Capitolo 6

• Fig 6.1 - 2

Lin et al.; Increased Risk of Chronic Sinusitis in Adults With Gastroesophgeal
Reflux Disease: A Nationwide Population-Based Cohort Study, Medicine, 2015, Vol
94 Issue 39

Capitolo 7

• Fig 7.1

http://www.enterologia.it/rx-esofago-e-stomaco-d.html
• Fig 7.2 - 3

http://www.informazionimediche.com/2011/08/
manometria_esofagea_scco_perché_si_pratica.html
• Fig 7.4

http://www.cancer.gov/espanol/tipos/esofago/paciente/deteccion-esofago-pdq
• Fig 7.5

P. Schiavon et al., Riniti e reflusso gastroesofageo: ruolo della citologia nasale,
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• Fig 7.6

http://funcionales.es/exploraciones-y-pruebas/manometria-esofagica/
• Fig 7.7 - 8 - 10

http://www.lasermed.ch/it/restech-dx-ph-alito-acido.html

99
• Tab 7.3

Vaezi et al., Use of Symptom Indices in the Management of GERD.
Gastroenterology & Hepatology: the Independent Peer-reviewed Journal, 2012

Capitolo 8

• Fig 8.1 - 3, Tab 8.3 - 4



P. Schiavon et al., Riniti e reflusso gastroesofageo: ruolo della citologia nasale,
2016

100

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