Il Romanticismo si diffonde in Italia negli stessi anni in cui l’esigenza
dell’unificazione nazionale si pone con forza. A tale esigenza appare conforme una serie di principi romantici, quali l’inclinazione civile della letteratura, i suoi contenuti contemporanei, la correlazione tra poesia e pensiero politico e la valorizzazione della storia e delle tradizioni patrie. Romantico e patriota diventano ben presto sinonimi. Il Romanticismo italiano è soprattutto la cultura della borghesia emergente che aspira a costruire uno Stato unitario. Essa si concentra per lo più nel Nord del Paese.
In un suo articolo, la baronessa Madame de Stael sottolinea come la
letteratura italiana contemporanea, conservatrice, formalistica e ripetitiva necessiti di un rinnovamento capace di colmare il divario con le più moderne letterature di Inghilterra e Germania. La baronessa suggerisce un atteggiamento più ricettivo rispetto alle letterature europee, concretizzato in maggiori letterature e traduzioni di opere straniere. Di lì a poco, buona parte della cultura letteraria italiana si divide tra classici e romantici, tra conservatori e innovatori.
I classicisiti ribadiscono il valore della cultura antica e dell’erudizione. Poiché il
bello nell’arte è eterno e immutabile, il modello classico è universale e gli apporti europei contemporanei sono, pertanto, superflui. Per Leopardi, che risponderà all’articolo della de Stael in favore dei classicisti, la superiorità degli antichi sui moderni si basa sul loro rapporto armonioso con la natura, rapporto interrotto dall’abuso della ragione, e quindi su un’immaginazione spontanea che nutre una creatività ormai perduta.