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21 May 2009 09:00:00

Questa sinistra dalla memoria troppo corta - di


Leonardo Cecca

"A sinistra non hanno capito che la crisi non si risolve piangendosi addosso e
subendola, ma affrontandola con iniziative concrete e atteggiamento positivo
senza farsi prendere dal panico"

di Leonardo Cecca

In questo periodo, con l'approssimarsi delle elezioni e forse anche con il caldo, possiamo notare che i
turbamenti della memoria, che si trasformano in vere e proprie amnesie, sono all'ordine del giorno, ed
in particolare hanno come vittime preferite personaggi dell'opposizione.

Una breve ricapitolazione: Casini si è espresso con calore contro il respingimento dei clandestini
sorpresi in acque internazionali, dimenticandosi però che non più di dieci anni fa voleva che la polizia
sparasse sui gommoni: "usiamo il pugno duro come contro i rapinatori e i contrabbandieri" fu una sua
frase ora dimenticata.

La deputata Finocchiaro il giorno 12 u.s, dimenticando che il precedente governo riuscì a legiferare
solo con il ricorso frequente al voto di fiducia ed a quello dei senatori a vita, si è quasi stracciata le
vesti quando l'attuale governo ha posto il voto di fiducia sul Ddl inerente la sicurezza: "così si esautora
il Parlamento dalle sue funzioni istituzionali" è stato il suo lamento in Senato.

Che dire poi delle dimenticanze del Capo dello Stato sul contributo dato dagli alleati alla campagna di
liberazione e su quel fatterello del rimpatrio forzato di 544 clandestini albanesi nel 1997, clandestini ai
quali era stata promessa fratellanza e tranquillità?

Merita anche un cenno il gran polverone sollevato per supposte candidature di veline da parte del Pdl:
tra i personaggi più scandalizzati abbiamo visto la leader radicale Bonino, la quale, guarda caso, si è
dimenticata di quando i radicali portarono in parlamento Cicciolina.

Non poteva mancare Di Pietro che il giorno 18 u.s. a Torino, con gli occhi fuori dalle orbite e con le
vene del collo al limite del collasso, sbraitava: "questo governo toglie ai poveri per dare ai ricchi, agli
evasori", dimenticandosi di tutte le tasse che il governo di cui lui faceva parte ha varato per
sovvenzionare gli amici. Nella foga ha anche tralasciato di parlare di quel fiume di denaro che va ai
partiti ed anche ad una sua associazione ("tanto è la stessa cosa", dice lui) e di tutti quei litigi interni
specialmente nell'Idv per la suddivisione della tanto agognata torta.

E Fassino? Parlando a Piacenza il giorno 17 u.s., con una bella faccia tosta ha affermato che il
governo nasconde la crisi, quando anche i sassi sanno che è più di un anno che Berlusconi e i Ministri
competenti non parlano d'altro, mettendo anche in guardia dagli sporchi giochetti allarmistici sui quali è
intervenuto anche il commissario Almunia. Forse non ha capito, e con lui la sinistra, che la crisi non si
risolve piangendosi addosso e subendola, ma affrontandola con iniziative concrete e atteggiamento
positivo senza farsi prendere dal panico.

Sul caso Mills, del quale era già scritta la sentenza, l'opposizione chiede a Berlusconi di dimettersi e/o
di farsi processare, mentre per la faccenducca Telecom e Rovati, dove anche i non addetti sentivano
puzza di bruciato (vds carta intestata), il tutto finì con l'addossare le colpe a Rovati e con un ridicolo
quanto pietoso "intervento" in Parlamento di Prodi.

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Poi c'è Franceschini, del quale è meglio non parlare, perchè tante e frequenti sono le amenità ed i
ripensamenti che esprime, che non si riesce a stargli dietro. Fosse tutto questo potrebbe già bastare
ed avanzare, ma la spregiudicatezza dell'opposizione va ben oltre: mentre chiede a Berlusconi di farsi
giudicare, fa finta di non saper del pellegrinaggio fatto qualche anno fa a Bruxelles da D'Alema e
recentemente anche da Di Pietro, che aveva promesso che si sarebbe astenuto, per implorare
ed ottenere l'immunità parlamentare.

del 2009-05-27 pagina 0

La giravolta Black bloc, l’ultima farsa di Tonino


di Paolo Bracalini

Un campione delle tre carte, un’étoile del passo doppio, un fuoriclasse della giravolta. Ogni volta è
così, nel favoloso mondo di Tonino. Le opinioni si cambiano come le cravatte, a seconda del giorno
e di quel che scrivono i giornali. Tutto lecito, purché cambi nome: altro che l’Italia dei Valori,
questa è l’Italia di Alberto Sordi. Sentite l’ultima. Il candidato dell’Idv Gianni Vattimo, filosofo
debole ma con un debole per le maniere forti, ha applaudito i black bloc che hanno preso a sassate
la polizia a Torino. È rimasto affascinato dalla «robustezza di reazione che sanno mettere in
campo». Vattimo ha fatto l’elogio del black bloc senza essere contraddetto da nessuno nell’Idv.
Nessuna rettifica il giorno stesso. Il giorno dopo, però, l’Idv è passata con un balzo dall’altra parte
della barricata. Perché? Perché nel frattempo «certa stampa che non perde occasione di mettere in
atto attacchi ignobili», cioè il Giornale, aveva fatto notare la curiosa posizione pro-teppisti del
candidato Idv, partito della legalità. Di Pietro a quel punto ha messo le scarpette da flamenco e ha
impostato la piroetta: invece di smentire Vattimo, ha provato a smentire noi, che avevamo solo
raccontato l’esternazione di Vattimo. «L’Idv - ha spiegato Di Pietro - sta con le forze dell’ordine».
Sì, quelle prese a sassate dai robusti amici di Vattimo. Tutte falsità del Giornale, lo sanno tutti che
l’Idv sta dalla parte della polizia, chi ha mai detto il contrario? Avremmo un nome: il suo candidato
Vattimo. Ma sì, che volete che sia? La mattina black bloc, la sera celerini. In fondo, hanno i caschi
tutti e due. Miracoli del trasformismo dipietrese.
Ma, dicevamo, ogni volta è così. Ricordate la vicenda dell’immunità da europarlamentare? Di Pietro
disse che avrebbe rinunciato. Sì, ma solo dopo che il Giornale scoprì che voleva chiederla. Poi disse
che «certa stampa» insinuava sospetti su quel che avrebbe chiesto a Strasburgo. «Andrò lì per
rinunciare all’immunità», promise. Mai fatto. Proprio come aveva raccontato «certa stampa».
Ma c’è anche la questione dello statuto Idv. Quando il Giornale pose delle domande lui reagì
parlando di «campagna criminale». Poi, però, andò dal notaio per cambiarlo, lo statuto (anche se
per finta, come spiegheremo presto). Non sarà mica che aveva ragione «certa stampa»?
E la vicenda di Mautone e del figlio Cristiano Di Pietro? Quando il Giornale ne scrisse, Tonino
minacciò querele. Poi però si scoprì che Mautone era davvero indagato e con lui Di Pietro jr. A quel
punto Tonino ammise che il figlio aveva sbagliato, ma «non c’era nulla di penalmente rilevante»,
come invece sospettava «certa stampa». Salvo poi presentarsi alla Procura per testimoniare. Stai a
vedere che anche quella volta aveva ragione «certa stampa»?
Potremmo andare avanti, ma preferiamo tornare all’inizio. Alla questione dell’Idv che si scopre
difensore dei black bloc e poi paladino della polizia. E far osservare a Di Pietro che delle due l’una:
o l’Idv sta coi teppisti oppure Vattimo dissente dall’Idv che però lo candida. Ma, per dirla in
dipietrese, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. E per ora, onorevole, ci pare abbia
rimediato soltanto un candidato ubriaco.

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