Analizzando il Quartetto n. 2 si riscontrano diverse caratteristiche riguardo il trattamento del
materiale tematico, dell’armonia e della forma, le quali fanno capire l’intenzione dell’autore di unire il metodo accademico-tradizionale con altri più estranei, per esempio la serialità, rimanendo elastico, invece che chiuso in un metodo specifico, al fine di valorizzare la musica in sé, non tanto il mezzo. Forte è il legame con i Maestri del passato, considerando come il tema venga ripetuto, contrappuntato, mutato, frammentato, raddoppiato e rinnovato, e come il brano venga tripartito in Moderatamente mosso, Largamente e Allegro vigoroso; movimenti che, collegati tra loro, fanno parte di un discorso unico (si veda l’indicazione iniziale in un solo tempo). Chiare sono le influenze del primo Novecento considerando i lunghi e tetri piani, gli sforzati improvvisi e i discorsi “schizofrenici”. Armonicamente Sollima preferisce triadi eccedenti e diminuite, settime di IV, VI e VII specie, spesso a parti late affinché le dissonanze risultino più morbide. Intervalli di 2a minore e 4a/5a eccedente/diminuita sono il cuore del tema, nondimeno 3e, 6e e 7e assumono poi, oltre nell’impalcatura armonica, maggior valore tematico. Le microserie utilizzate sono formate da scale e frammenti in stile Jazz, Rock ’n’ Roll, arabo, ottatonico e, nell’evolversi del brano, cromatico. Da notare pure il modo in cui mischia le tecniche degli strumenti ad arco ottenendo varietà e interesse. Personalmente trovo che l’Allegro sia la parte più interessante, la musica si fra più cruenta, insistente e vivace, passando gradualmente dalla dissonanza alla consonanza conclusiva del Do finale disposto in unisono e in ottava; questa spinta è accentuata dal gusto tagliente della 7a maggiore del pedale poi trasposto pure nelle altre voci. Avviene inoltre la trasformazione a partire da triadi eccedenti e diminuite, quadriadi di IV, VI e VII specie a triadi maggiori e minori. Il motivo (m. 113) che scandisce il discorso è una microserie basata su un frammento di scala ottanica ed è il riflesso del disegno della misura precedente. Del Do è la tonalità sottintesa in questo movimento, ciò si evince dall’uso di pedale di I, II, IV e V grado e dagli accordi staccati e accentuati di triadi maggiori e minori, specie dei gradi forti (esempio m. 162 il Do maggiore). Nel finale l’accordo di V diventa prima eccedente poi Solb maggiore, visto già in altre misure, stavolta camuffato enarmonicamente in Fa# col II grado alla base concludendo sulla tonica ricordando, per certi versi, il finale di Doctor Gradus ad Parnassum di Debussy.