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Analisi Quartetto per archi n.

2 di Eliodoro Sollima

Analizzando il Quartetto n. 2 si riscontrano diverse caratteristiche riguardo il trattamento del


materiale tematico, dell’armonia e della forma, le quali fanno capire l’intenzione dell’autore di unire
il metodo accademico-tradizionale con altri più estranei, per esempio la serialità, rimanendo
elastico, invece che chiuso in un metodo specifico, al fine di valorizzare la musica in sé, non tanto
il mezzo. Forte è il legame con i Maestri del passato, considerando come il tema venga ripetuto,
contrappuntato, mutato, frammentato, raddoppiato e rinnovato, e come il brano venga tripartito in
Moderatamente mosso, Largamente e Allegro vigoroso; movimenti che, collegati tra loro, fanno
parte di un discorso unico (si veda l’indicazione iniziale in un solo tempo). Chiare sono le influenze
del primo Novecento considerando i lunghi e tetri piani, gli sforzati improvvisi e i discorsi
“schizofrenici”. Armonicamente Sollima preferisce triadi eccedenti e diminuite, settime di IV, VI e
VII specie, spesso a parti late affinché le dissonanze risultino più morbide. Intervalli di 2a minore e
4a/5a eccedente/diminuita sono il cuore del tema, nondimeno 3e, 6e e 7e assumono poi, oltre
nell’impalcatura armonica, maggior valore tematico. Le microserie utilizzate sono formate da scale
e frammenti in stile Jazz, Rock ’n’ Roll, arabo, ottatonico e, nell’evolversi del brano, cromatico. Da
notare pure il modo in cui mischia le tecniche degli strumenti ad arco ottenendo varietà e
interesse. Personalmente trovo che l’Allegro sia la parte più interessante, la musica si fra più
cruenta, insistente e vivace, passando gradualmente dalla dissonanza alla consonanza conclusiva
del Do finale disposto in unisono e in ottava; questa spinta è accentuata dal gusto tagliente della
7a maggiore del pedale poi trasposto pure nelle altre voci. Avviene inoltre la trasformazione a
partire da triadi eccedenti e diminuite, quadriadi di IV, VI e VII specie a triadi maggiori e minori. Il
motivo (m. 113) che scandisce il discorso è una microserie basata su un frammento di scala
ottanica ed è il riflesso del disegno della misura precedente. Del Do è la tonalità sottintesa in
questo movimento, ciò si evince dall’uso di pedale di I, II, IV e V grado e dagli accordi staccati e
accentuati di triadi maggiori e minori, specie dei gradi forti (esempio m. 162 il Do maggiore). Nel
finale l’accordo di V diventa prima eccedente poi Solb maggiore, visto già in altre misure, stavolta
camuffato enarmonicamente in Fa# col II grado alla base concludendo sulla tonica ricordando,
per certi versi, il finale di Doctor Gradus ad Parnassum di Debussy.

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