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sioni critiche sulla pedagogia contemporanea1 ha rappresentato per molti giovani maestri
dell’epoca un punto di riferimento sicuro e generatore di molteplici esperienze dalla stra-
ordinaria valenza educogenica. Il testo del Clausse – adottato, se così si può dire, da
qualche insegnante di pedagogia di quegli anni (per lo meno, da quelli più sensibili alle
scienze dell’educazione) – rappresenta una sorta di compendio critico di numerose espe-
rienze pratiche e di svariate riflessioni teoriche condotte ai quattro angoli del mondo oc-
cidentale dalla fine dell’800 fino agli anni ’60 del secolo scorso.
È pur vero che anche nei “favolosi” anni ’70 della pedagogia e della scuola, i tentativi di
applicazione seria e rigorosa di quel nuovo modo di porsi come insegnanti non sono stati
molto diffusi; come spesso succede, anche in quel caso tra il dire e il fare c’era di mezzo
il mare, anche perché il tentativo di inoltrarsi sui sentieri della cosiddetta (in parte impro-
priamente) pedagogia attiva significava immergersi in un’atmosfera ansiogena, inimicarsi
facilmente l’autorità scolastica, gestire con fatica genitori che non riuscivano a capire e a
riconoscersi questa scuola nuova.
Per quanto concerne il nostro Cantone, si può certo dire che lo studio d’ambiente,
nell’accezione più profondamente pedagogica del termine, ha avuto il suo periodo di
massimo splendore nella prima metà del ’900, con la stella più luminosa rappresentata
da Maria Boschetti Alberti – che delle autorità scolastiche e delle resistenze conservatrici
può ben dire qualcosa… – ma anche con diverse esperienze, certo meno note, soprattut-
to nel contesto della Scuola maggiore. Non è qui la sede per riscrivere, attualizzandolo,
un nuovo Teoria dello studio d’ambiente (né ritengo di averne le capacità per farlo): sa-
rebbe nondimeno utile chinarsi sul problema a conoscere le ragioni per cui una pratica
che ha comunque mostrato la sua forza, non è mai riuscita radicarsi seriamente sul
territorio. Ancor oggi una piccola percentuale di insegnanti è in grado di correre sulle
strade delle scuola attiva – continuo a chiamarla così, del tutto scorrettamente, per
poterla etichettare pescando a piene mani da Freinet – riuscendo solitamente a dar vita
a una scuola che ha una sua precisa identità, che gli allievi frequentano con piacere e in
cui si acquisiscono competenze fuori dalla norma più diffusa (sempre più al ribasso, a
dire il vero: o almeno è questa l’impressione).
Ma è altrettanto giusto ricordare che alle “congenite” difficoltà di espansione di questi
metodi, si sono aggiunti, nel passato recente, ben altri vincoli, di natura politica e sinda-
cale, ma anche originati dalle diverse facoltà universitarie che si occupano di scienze
dell’educazione: perché l’abitudine inveterata resta quella – quasi atavica – per cui ogni
specialista si sente un primus tutt’altro che inter pares. Col bel risultato che le scienze
dell’educazione esistono più sulla carta che nella realtà degli istituti di formazione e di ri-
cerca: purtroppo la didattica e la “metodologia” la fanno ancor spesso da padrone, nella
più estrema inconsapevolezza (strumentale?) che le didattiche e i “metodi” [gli approcci,
com’è uso dire in tempi più recenti, forse per dissimulare le proprie vergogne] non hanno
mai risolto mezzo problema: né di apprendimento, né di liberazione.
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ARNOULD CLAUSSE, Philosophie de l’étude du milieu, 1961, Paris, Éditions di Scarabée, trad. it. Teoria dello studio d’ambiente – Rifles-
sioni critiche sulla pedagogia contemporanea, 1964, Firenze, La Nuova Italia
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L’ambiente non è solo la realtà oggettiva, spaziale o fisica, ma l’insieme dei signifi-
cati che l’esperienza compiuta dal bambino assume per lui. L’ambiente non si limi-
ta quindi al solo aspetto naturalistico, all’aspetto economico-sociale oppure ai loro
rapporti reciproci, ma supera gli aspetti “oggettivi” (separati od isolati in discipline
oppure allargati a settori più ampi) e si definisce come l’insieme di impressioni,
sentimenti, percezioni, concezioni, ipotesi, conoscenze soggettive o parzialmente
oggettive della realtà elaborate dal fanciullo.
Leggere
Leggere––Scrivere
Scrivere
Ascoltare
Ascoltare--Parlare
Parlare
Dimensione
Dimensione
storico-geografica
storico-geografica
SAPERE
SAPERE
Dimensione
Dimensione
scientifica
scientifica
AMBIENTE
AMBIENTE
SAPER
SAPERFARE
FARE
Dimensione
Dimensione
artistica
artistica
Calcolare
Calcolare––Risolvere
Risolvere––Prevedere
Prevedere
Rappresentare
Rappresentare––Classificare
Classificare--…
…
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Come detto, nella prima scrittura dei programmi dell’84 la definizione di studio
dell’ambiente era più allargata, e partiva dalla famosa definizione della cultura data
dall’antropologo inglese Sir Edward Burnett Tylor (1832-1917) nel 1871:
La cultura, o civiltà […] è quel complesso insieme, quella totalità che comprende la
conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra ca-
pacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società.
Il ruolo dello studio d’ambiente, nella sua applicazione nella scuola elementare, dovrebbe
poggiare su tre assi portanti:
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Purtroppo il passare degli anni non ha fatto altro che enfatizzare taluni slogan dell’epoca,
senza che nella pratica si riuscisse a consolidare delle competenze professionali e senza
– soprattutto – che chi di quegli slogan si riempiva la bocca fosse poi conseguente tra le
quattro mura della sua aula (o durante la scuola montana…). Uno dei sacri modi di dire di
quell’epoca era che imparare a imparare è certamente più importante che imparare tout
court. Bella frase. Ma ha ragione il solito Meirieu (1997):
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Di quell’esperienza resta un quaderno pubblicato in quegli anni al Centro Didattico Cantonale.
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dannoso. Dagli anni ’80 la scuola montana si diffonde a macchia d’olio, diventa
un’attività à la page: molti comuni acquistano stabili qua e là, proprietari che non sape-
vano più che farsene dei loro fardelli – anche perché le colonie estive erano entrate in
crisi – intuiscono l’affare e procedono ai riattamenti; c’è addirittura chi costruisce ex no-
vo. I costi d’affitto lievitano.
Si sviluppano così corsi di sci e settimane più o meno verdi, finché il Cantone non decide
di regolare la materia e di istituzionalizzare e regolamentare i periodi di scuola fuori sede.
Alla faccia della sobrietà e del senso delle proporzioni, il Regolamento della Legge sulla
scuola dell’infanzia e sulla scuola elementare del 3 luglio 1996 contempla addirittura un
intero capitolo – il II – alla scuola fuori sede, che attraverso ben 11 articoli sancisce, im-
pone, stabilisce, teorizza, … La lettura del capitolo è di un certo interesse anche per capi-
re come mai una pratica nata con più nobili ideali si sia (spesso) trasformata in un sog-
giorno “altrove”, né più né meno che una sorta di rimpatriata tra amici.
Vediamolo, quindi, questo trattatello di pedagogia fattosi verbo giuridico e normativo:
Definizione Art. 60 La scuola fuori sede consiste in un soggiorno educativo delle classi di
scuola elementare in luogo idoneo, di regola nel Cantone, tale da assicu-
rare una corretta vita comunitaria e lo svolgimento di attività scolastiche.
Obiettivi Art. 61 I periodi di scuola fuori sede hanno i seguenti obiettivi:
Partecipazione Art. 64 1Nei comuni nei quali sono istituiti periodi di scuola fuori sede, i docenti
dei docenti sono tenuti a parteciparvi con la propria classe, secondo il calendario al-
lestito dalla direzione. La partecipazione non comporta alcun compenso
supplementare, salvo per i docenti a metà tempo presenti per l’intero
soggiorno.
2Eventuali dispense per motivi di forza maggiore possono essere accor-
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Dispensa degli Art. 66 Dispense dalla frequenza dalla scuola fuori sede possono essere accor-
allievi date dalla direzione per ragioni mediche, psicologiche o di famiglia: in tal
caso, e se possibile, l’allievo dispensato frequenta la scuola nella sede,
con gli allievi di un’altra sezione, svolgendo le attività stabilite dal docen-
te titolare.
Programma Art. 67 1Ilprogramma di attività della scuola fuori sede è inviato dal Municipio
all’ispettore, corredato delle seguenti informazioni:
Per quanto ci concerne più particolarmente, l’art. 61 è di sicuro quello più importante,
perché cerca di andare al nocciolo pedagogico del problema, nella ricerca di una giustifi-
cazione che possa garantire il rispetto delle finalità della scuola fissate dalla Legge. È in-
teressante notare che almeno quattro obiettivi su cinque dovrebbero già far parte del co-
dice genetico di ogni serio professionista dell’educazione: non è quindi chiaro perché il
legislatore abbia avvertito il bisogno di essere tanto stucchevole – a meno che non fosse
animato dall’insulsa convinzione che repetita juvant.
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Quanto all’unico obiettivo vagamente legato agli obiettivi specifici del periodo di scuola
fuori sede, è interessante notare l’evoluzione dai programmi sperimentali, a quelli ufficia-
li, a questo regolamento:
1981: programma ad uso delle 1984: programma per la scuola 1996: scuola fuori sede (RLSi-
classi sperimentali elementare Se)
L’ambiente non è solo la realtà L’attività didattica dovrebbe rife- conoscere un ambiente partico-
oggettiva, spaziale o fisica, ma rirsi quanto più possibile lare, studiandone le caratteristi-
l’insieme dei significati che all’ambiente, consentendo così che geografiche, storiche, natu-
l’esperienza compiuta dal bam- agli allievi di avvertire l’utilità e la ralistiche, nonché le realizzazioni
bino assume per lui. L’ambiente concretezza di quanto appren- dell’uomo;
non si limita quindi al solo aspet- dono.
to naturalistico, all’aspetto eco- L’ambiente a cui si è pensato
nomico-sociale oppure ai loro elaborando il curricolo elementa-
rapporti reciproci, ma supera gli re non va ridotto al luogo in cui
aspetti “oggettivi” (separati od gli allievi abitano e la scuola ha
isolati in discipline oppure allar- sede. Esso è innanzi tutto am-
gati a settori più ampi) e si defi- biente culturale e umano, fatto
nisce come l’insieme di impres- di linguaggi, valori, tradizioni,
sioni, sentimenti, percezioni, norme, realizzazioni tecniche:
concezioni, ipotesi, conoscenze l’esperienza che l’allievo ne ha
soggettive o parzialmente ogget- fatto nel corso della vita gli ha
tive della realtà elaborate dal fornito i primi elementi di cultura.
fanciullo.
A non aver dubbi siamo di fronte a un imperioso scivolamento verso il basso qualitativo e
concettuale, ciò che concorre a perpetuare l’insana pratica dell’insegnamento frammen-
tato delle discipline.
A tutto ciò si potrebbe aggiungere che l’istituzionalizzazione della scuola fuori sede – atto
formale che tocca la gran maggioranza delle scuole che organizzano la “scuola monta-
na”, verde o bianca che sia – ha fatto lievitare i costi grazie alla quasi imprescindibile
presenza in loco di aiuto-maestri, monitori specializzati e personale insegnante ad hoc:
con buona pace delle reali possibilità di inserire la settimana ad Arzo o ad Airolo su un
promontorio privilegiato della strada che porta da settembre a giugno. E ci sono genitori
che desiderano con largo anticipo il calendario della settimana verde dei propri figli: così
da poter organizzare le vacanze… di miele. Senza figli tra i piedi.
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-Ing.forestale Meteorologo
-Selvicoltore Swissmeteo
Le stazioni montane LA NEVE e le STAGIONI
-Commerciante di legname -ciclo stagionale
1800 RIPARI VALANGARI ruolo della natura
-Protezione del bosco il letargo
NOCE …..
ALTRE -Protezione dei villaggi
…… -la protezione e i
OPERE
pericoli
LARICE TRONCO Trasporto SEGHERIA
sicurezza
PIANTA ……………………………..
TAGLIO costruzioni alpine
ABETE
i fiumi …
OLMO RAMI (ciclo dell’acqua)
CASTAGNO Ingegnere civile
Ingegnere forestale
Biologo…..
-Tempo biologico VECCHIA SEGHERIA Nel passato:
-Stagione DI OLIVONE TRUCCIOLATO -utilizzo nelle stalle
ANCORA IN ATTIVITÀ …………… come assorbente …
-Cicli biologici (lunare,…)
SCARTI
PRIMA CENTRALE Nel presente e futuro
ELETTRICA DI -nuove fonti
OLIVONE SEGATURA di energia calorica
………….. -costruzione di impianti
di riscaldamento
STRADE FORESTALI
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Link: ……………………
. Alpeggi del Lucomagno
. Museo “Ca da Riv!oi” Fabbricazione
VISITA E STUDIO DEL Nel passato e nel
della carta
BOSCO QUALE ENTITÀ . Patriziato generale presente:
……………
VIVENTE .Uff for. circ di Acquarossa CELLULOSA -Stampa del giornale
Ac11/01/06 Libro, …….
.Div. Formaz Prof.
…………..
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Scheda No.2/06 La pianta come fonte di vita per la vita dell’animale e dell’uomo.
LA STORIA
PRODOTTO La Mazza (Dicembre) La vita montana nelle alpi
DELL’ALPE Le Fiere (Settembre) -che cosa é rimasto ?
-Formaggio La Mietitura (Agosto) -che cosa abbiamo imparato ?
-Burro Bogge
Boggesi -significato dei ritmi biologici dell’uomo
-………. GLI ALPI (Luglio) e della natura.
01.01.2007
-Le piante geneticamente modificate
derivati
CHE COS’E LA VITA ?
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4. Per concludere
Questo documento di lavoro si configura come una sorta di piattaforma concettuale di
carattere eminentemente pedagogico. La prima verifica da fare concerne il consenso o il
dissenso nei riguardi di questa impostazione. Non è mia intenzione forzare la mano ai
colleghi, ovviamente. Credo tuttavia che un sincero chiarimento in questa fase del lavoro
possa rappresentare un chiaro punto di riferimento per l’attività futura: in caso contrario
saremo costantemente confrontati col rischio della frammentazione, che porta dritti sulla
strada un po’ fumosa della vanificazione degli sforzi.
Perché un conto è considerare il periodo di scuola fuori sede come un momento privile-
giato ed emotivamente prezioso di un progetto che nasce in settembre e si conclude in
giugno; e un altro conto è andare a scuola montana come se si trattasse di una passeg-
giata scolastica un po’ speciale. In ogni modo è un imperativo quello di non scordare il
monito di Célestin Freinet – una fonte insospettabile, quindi – secondo il quale “Ce n’est
pas le jeu qui est naturel à l’enfant, mais le travail”: invece ho spesso la netta sensazione
che tra spontaneismo, creatività e mancanza di rigore (pedagogico, didattico e… concre-
to) stiamo perpetuando e coltivando il declino della scuola, che alleva l’ignoranza e – da-
to recente – non sa più esprimersi.
In questo senso l’offerta di know how, knowledge, skills and attitudes assicurata dalla
Fondazione rappresenta un valore aggiunto che dobbiamo saper cogliere al meglio: an-
che per riuscire, in un contesto pedagogico ottimizzato, a correre verso le strade della
competenza in quanto capacità di affrontare un problema complesso o di svolgere
un’attività complessa (“A competence is the ability to meet a complex demand success-
fully or carry out a complex activity or task”)3. Temi come quelli proposti da queste due
schede esemplificative offrono in effetti molteplici possibilità di sviluppo e di approfondi-
mento, fino a toccare gli ambiti dell’arte e della filosofia: vogliamo accettare questa sfi-
da?
Adolfo Tomasini
Direttore delle Scuole comunali di Locarno
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Da un mio intervento durante la seduta della CDD svoltasi a Lugano il 21 novembre 2002.
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