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Conferenza dei Direttori


degli Istituti Scolastici Comunali

Dir. Adolfo Tomasini – Via delle Scuole 10


Telefono 091 751 65 82
e-mail: tomasini.adolfo@locarno.ch 6600 Locarno, 24 gennaio 2006

Progetto pedagogico e didattico


per l’organizzazione di periodi di scuola fuori sede

«Le plus beau métier du monde» est devenu l’un des


plus difficiles et toutes les conditions sont réunies
pour que l’enseignant se sente victime d’un complot.
Les parents, le ministre, la hiérarchie, les médias, les
collectivités territoriales, les politiques et même les
élèves ne les respectent plus: tout concourt à ce que
l’enseignant développe une paranoïa aiguë. Sans
point d’appui pour se défendre, il succombe à la las-
situde, la déprime, la fuite dans les vacances,
l’attente de la mutation..., toutes attitudes qui ali-
mentent les critiques, lesquelles aggravent son dé-
couragement: parfait exemple de cercle vicieux.
Philippe Meirieu, 1997

1. Tra scuola fuori sede e studio d’ambiente


Il periodo di scuola fuori sede per le sezioni di scuola elementare – per lo più del II ciclo –
nasce nei primi anni ’70 ed è senz’altro figlio di quell’aria entusiastica che,
nell’immediato dopo ’68, ha contribuito a modificare sostanzialmente il modo di fare
scuola – intendendo qui l’accezione francofona dell’espressione faire la classe, il cui si-
gnificato ha ricadute plurime sul piano della gestione del gruppo (è forse l’indice più ap-
pariscente), sulle scelte pedagogiche (organizzazione del lavoro scolastico, relazione tra
sapere, saper fare e saper essere, …) e sulle conseguenti scelte didattiche.
Il quadro teorico di riferimento è quello tracciato dai vari John Dewey, Maria Montessori,
Célestin Freinet, Adolphe Ferrière e tanti altri; per restare al nostro Cantone e alla scuola
magistrale dell’epoca, è certo che un testo come Teoria dello studio d’ambiente – Rifles-

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sioni critiche sulla pedagogia contemporanea1 ha rappresentato per molti giovani maestri
dell’epoca un punto di riferimento sicuro e generatore di molteplici esperienze dalla stra-
ordinaria valenza educogenica. Il testo del Clausse – adottato, se così si può dire, da
qualche insegnante di pedagogia di quegli anni (per lo meno, da quelli più sensibili alle
scienze dell’educazione) – rappresenta una sorta di compendio critico di numerose espe-
rienze pratiche e di svariate riflessioni teoriche condotte ai quattro angoli del mondo oc-
cidentale dalla fine dell’800 fino agli anni ’60 del secolo scorso.
È pur vero che anche nei “favolosi” anni ’70 della pedagogia e della scuola, i tentativi di
applicazione seria e rigorosa di quel nuovo modo di porsi come insegnanti non sono stati
molto diffusi; come spesso succede, anche in quel caso tra il dire e il fare c’era di mezzo
il mare, anche perché il tentativo di inoltrarsi sui sentieri della cosiddetta (in parte impro-
priamente) pedagogia attiva significava immergersi in un’atmosfera ansiogena, inimicarsi
facilmente l’autorità scolastica, gestire con fatica genitori che non riuscivano a capire e a
riconoscersi questa scuola nuova.
Per quanto concerne il nostro Cantone, si può certo dire che lo studio d’ambiente,
nell’accezione più profondamente pedagogica del termine, ha avuto il suo periodo di
massimo splendore nella prima metà del ’900, con la stella più luminosa rappresentata
da Maria Boschetti Alberti – che delle autorità scolastiche e delle resistenze conservatrici
può ben dire qualcosa… – ma anche con diverse esperienze, certo meno note, soprattut-
to nel contesto della Scuola maggiore. Non è qui la sede per riscrivere, attualizzandolo,
un nuovo Teoria dello studio d’ambiente (né ritengo di averne le capacità per farlo): sa-
rebbe nondimeno utile chinarsi sul problema a conoscere le ragioni per cui una pratica
che ha comunque mostrato la sua forza, non è mai riuscita radicarsi seriamente sul
territorio. Ancor oggi una piccola percentuale di insegnanti è in grado di correre sulle
strade delle scuola attiva – continuo a chiamarla così, del tutto scorrettamente, per
poterla etichettare pescando a piene mani da Freinet – riuscendo solitamente a dar vita
a una scuola che ha una sua precisa identità, che gli allievi frequentano con piacere e in
cui si acquisiscono competenze fuori dalla norma più diffusa (sempre più al ribasso, a
dire il vero: o almeno è questa l’impressione).
Ma è altrettanto giusto ricordare che alle “congenite” difficoltà di espansione di questi
metodi, si sono aggiunti, nel passato recente, ben altri vincoli, di natura politica e sinda-
cale, ma anche originati dalle diverse facoltà universitarie che si occupano di scienze
dell’educazione: perché l’abitudine inveterata resta quella – quasi atavica – per cui ogni
specialista si sente un primus tutt’altro che inter pares. Col bel risultato che le scienze
dell’educazione esistono più sulla carta che nella realtà degli istituti di formazione e di ri-
cerca: purtroppo la didattica e la “metodologia” la fanno ancor spesso da padrone, nella
più estrema inconsapevolezza (strumentale?) che le didattiche e i “metodi” [gli approcci,
com’è uso dire in tempi più recenti, forse per dissimulare le proprie vergogne] non hanno
mai risolto mezzo problema: né di apprendimento, né di liberazione.

1
ARNOULD CLAUSSE, Philosophie de l’étude du milieu, 1961, Paris, Éditions di Scarabée, trad. it. Teoria dello studio d’ambiente – Rifles-
sioni critiche sulla pedagogia contemporanea, 1964, Firenze, La Nuova Italia

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2. La rivoluzione degli anni ’80: l’ambiente come fulcro


dell’organizzazione pedagogica dell’attività
È ancora in quegli anni che nasce e si sviluppa quel grande cantiere denominato Riforma
dei programmi della scuola elementare, un intervento a tutto campo che porterà
all’adozione dei Programmi per la scuola elementare approvati il 22 maggio 1984 dal
Consiglio di Stato, in sostituzione dei precedenti programmi che risalivano al 1959 – e
che, purtroppo, avevano subito ben poca influenza da parte dei poderosi venti pedagogici
che avevano soffiato in Europa nei decenni precedenti. Nella sua prima fase – diciamo
più o meno dal ’78 all’82/83 – i nuovi programmi in via di definizione e di sperimenta-
zione crebbero attorno a questo spirito “claussiano”. Si legge nel Programma ad uso del-
le classi sperimentali (documento del 1981):

L’ambiente non è solo la realtà oggettiva, spaziale o fisica, ma l’insieme dei signifi-
cati che l’esperienza compiuta dal bambino assume per lui. L’ambiente non si limi-
ta quindi al solo aspetto naturalistico, all’aspetto economico-sociale oppure ai loro
rapporti reciproci, ma supera gli aspetti “oggettivi” (separati od isolati in discipline
oppure allargati a settori più ampi) e si definisce come l’insieme di impressioni,
sentimenti, percezioni, concezioni, ipotesi, conoscenze soggettive o parzialmente
oggettive della realtà elaborate dal fanciullo.

Sul piano operativo, il concetto di base è rappresentato dallo schema seguente:

L’ambiente come piattaforma di


conoscenze

Leggere
Leggere––Scrivere
Scrivere
Ascoltare
Ascoltare--Parlare
Parlare

Dimensione
Dimensione
storico-geografica
storico-geografica
SAPERE
SAPERE
Dimensione
Dimensione
scientifica
scientifica
AMBIENTE
AMBIENTE
SAPER
SAPERFARE
FARE
Dimensione
Dimensione
artistica
artistica

Calcolare
Calcolare––Risolvere
Risolvere––Prevedere
Prevedere
Rappresentare
Rappresentare––Classificare
Classificare--…

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Come detto, nella prima scrittura dei programmi dell’84 la definizione di studio
dell’ambiente era più allargata, e partiva dalla famosa definizione della cultura data
dall’antropologo inglese Sir Edward Burnett Tylor (1832-1917) nel 1871:

La cultura, o civiltà […] è quel complesso insieme, quella totalità che comprende la
conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra ca-
pacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società.

Il ruolo dello studio d’ambiente, nella sua applicazione nella scuola elementare, dovrebbe
poggiare su tre assi portanti:

1. Creare i necessari contesti conoscitivi. Può sembrare una banalità, ma è difficile


avere qualcosa da raccontare se si conosce poco.
Il nostro cervello è in grado di accumulare e fissare un’immensa quantità di cono-
scenze, a condizione che i presupposti dell’apprendimento siano adeguati. Ricordo
sempre con piacere che la mia maestra d’asilo – nei tardi anni ’50 – aveva propo-
sto un percorso sulla musica, durato un sacco di tempo, ma estremamente variato:
molte conoscenze, come ad esempio «Il volo del calabrone» di Rimsky-Korsakov, le
ho imparate allora… A questo proposito, nondimeno, occorre porre attenzione al fat-
to che non vi sono conoscenze irrinunciabili, fatta eccezione per quelle conoscenze
che si riallacciano al concetto di cultura testé enunciato. In altre parole:

Conoscere «Il volo del calabrone» di Rimsky-Korsakov non mi permette neces-


sariamente di riconoscermi come cittadino dell’Europa occidentale (ma cono-
scere qualcosa di simile sì…).
Al contrario non si possono ignorare alcune nozioni primarie – il nome dei me-
si, delle stagioni, dei giorni; dei continenti e di qualche nazione; e via di questo
passo… Queste cose bisogna insegnarle, o almeno verificare che tutti le co-
noscano: nulla può essere dato per scontato!

2. Dare un senso al proprio essere a scuola: un’interpretazione rigida dei programmi


porta facilmente alla frammentazione dell’attività quotidiana in mille schegge di cui
il bambino non riesce a leggerne il nesso. Da qui il passaggio alla noia e alla ripetiti-
vità è presto fatto.

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3. Costituire l’elemento caratteristico che lega le discipline (interdisciplinarità): lo


sviluppo di un progetto permetterà di fornire agli allievi importanti elementi che con-
tribuiscono a migliorare il livello essenziale di competenze.
È in quest’ambito che i contenuti dell’insegnamento diventano imprescindibili. Se,
ad esempio, per affrontare una determinata unità dell’itinerario occorre redigere un
breve testo scritto quest’ultima attività diventa fondamentale. In altre parole: non è
basilare conoscere – che so? – i motivi storici e culturali che hanno determinato lo
spopolamento delle valli nel secondo dopoguerra; ma è fondamentale imparare a
redigere il breve testo scritto. Non si dimentichi, in definitiva, che il contratto che
regge l’attività della classe – chiaro e dimostrato dall’atteggiamento quotidiano
dell’insegnante – è che si è a scuola per imparare.

Purtroppo il passare degli anni non ha fatto altro che enfatizzare taluni slogan dell’epoca,
senza che nella pratica si riuscisse a consolidare delle competenze professionali e senza
– soprattutto – che chi di quegli slogan si riempiva la bocca fosse poi conseguente tra le
quattro mura della sua aula (o durante la scuola montana…). Uno dei sacri modi di dire di
quell’epoca era che imparare a imparare è certamente più importante che imparare tout
court. Bella frase. Ma ha ragione il solito Meirieu (1997):

À la Sorbonne, devant un parterre de milliers d’inspecteurs, on a même entendu un


ministre proclamer avec la foi du nouveau converti qu’il faut désormais, à l’école,
«apprendre à apprendre»... Il n’ignore sûrement pas que cette idée date de Montai-
gne et du Ratio studiorum (texte fondateur de la pédagogie jésuite dont la version
définitive parut en 1599), qu’elle est développée depuis plus d’un siècle par les mi-
litants pédagogiques de l’Éducation nouvelle... Il n’est pas non plus sans savoir que
cette même formule est précisément remise en question par de très nombreux
chercheurs qui constatent la difficulté à acquérir une méthode indépendamment
de son contenu. Mais tout est bon, en matière éducative, pour donner le sentiment
à la population que l'on fait quelque chose. Imaginerait-on un ministre de la Santé,
devant les meilleurs spécialistes des traitements les plus sophistiqués, faire l’éloge
de la saignée?

Per tornare all’oggetto principale di questo documento, la cosiddetta settimana di scuola


montana nasce in quei primi anni ’70, in parte per volere di qualche comune più fortuna-
to (per stare ai miei paraggi, ricordo l’istituto di Ascona, che fu uno dei primi in Ticino a
sfruttare un suo stabile in quel di Rodi: a onor del vero, più in modo escursionistico e bu-
colico che non con intenti rigorosamente pedagogici…), e in parte per volontà di qualche
insegnate più o meno giovane e inebriato (mi metto tra quest’ultimi: con il pieno sostegno
del mio direttore dell’epoca organizzai una fitta rete di scambi e di esperienze in quel di
Fusio, riscoprendo la “colonia climatica” di Mogno e facendo da apripista nella Città di
Locarno: era la primavera del 19762). Ma anche in quest’ambito – in perfetta linea con
quanto succedeva ed è successo dentro le aule scolastiche – la massificazione dell’idea
si è speditamente trasformata in “qualcos’altro” di indefinito, poco produttivo, a volte

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Di quell’esperienza resta un quaderno pubblicato in quegli anni al Centro Didattico Cantonale.

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dannoso. Dagli anni ’80 la scuola montana si diffonde a macchia d’olio, diventa
un’attività à la page: molti comuni acquistano stabili qua e là, proprietari che non sape-
vano più che farsene dei loro fardelli – anche perché le colonie estive erano entrate in
crisi – intuiscono l’affare e procedono ai riattamenti; c’è addirittura chi costruisce ex no-
vo. I costi d’affitto lievitano.
Si sviluppano così corsi di sci e settimane più o meno verdi, finché il Cantone non decide
di regolare la materia e di istituzionalizzare e regolamentare i periodi di scuola fuori sede.
Alla faccia della sobrietà e del senso delle proporzioni, il Regolamento della Legge sulla
scuola dell’infanzia e sulla scuola elementare del 3 luglio 1996 contempla addirittura un
intero capitolo – il II – alla scuola fuori sede, che attraverso ben 11 articoli sancisce, im-
pone, stabilisce, teorizza, … La lettura del capitolo è di un certo interesse anche per capi-
re come mai una pratica nata con più nobili ideali si sia (spesso) trasformata in un sog-
giorno “altrove”, né più né meno che una sorta di rimpatriata tra amici.
Vediamolo, quindi, questo trattatello di pedagogia fattosi verbo giuridico e normativo:

Definizione Art. 60 La scuola fuori sede consiste in un soggiorno educativo delle classi di
scuola elementare in luogo idoneo, di regola nel Cantone, tale da assicu-
rare una corretta vita comunitaria e lo svolgimento di attività scolastiche.
Obiettivi Art. 61 I periodi di scuola fuori sede hanno i seguenti obiettivi:

(a) favorire il processo di socializzazione degli allievi;


(b) favorire la conoscenza tra allievi e tra allievi e docenti;
(c) applicare concretamente le norme educative che regolano la vita
quotidiana e comunitaria;
(d) conoscere un ambiente particolare, studiandone le caratteristiche
geografiche, storiche, naturalistiche, nonché le realizzazioni
dell’uomo;
(e) incrementare nel contempo la pratica sportiva, attingendo alle par-
ticolari risorse ambientali.
Durata Art. 62 1I periodi di scuola fuori sede durano di regola una settimana.
2Il Municipio, su proposta della direzione, può adottare soluzioni diverse.
Classi autorizzate Art. 63 1La partecipazione a periodi di scuola fuori sede è riservata, di regola, al-
le classi del secondo ciclo.
2Eccezioni possono essere accordate dall’ispettore.

Partecipazione Art. 64 1Nei comuni nei quali sono istituiti periodi di scuola fuori sede, i docenti

dei docenti sono tenuti a parteciparvi con la propria classe, secondo il calendario al-
lestito dalla direzione. La partecipazione non comporta alcun compenso
supplementare, salvo per i docenti a metà tempo presenti per l’intero
soggiorno.
2Eventuali dispense per motivi di forza maggiore possono essere accor-

date dal Municipio su richiesta scritta dell’interessato.


3Per i docenti a metà tempo, il compito di partecipare ai periodi di scuola

fuori sede deve essere assolto da entrambi, preferibilmente in compre-


senza per tutta la durata del soggiorno; in caso di impossibilità la parteci-
pazione di ognuno è limitata a metà tempo.
Frequenza degli Art. 65 La partecipazione degli allievi ai periodi di scuola fuori sede è obbligato-
allievi ria.

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Dispensa degli Art. 66 Dispense dalla frequenza dalla scuola fuori sede possono essere accor-
allievi date dalla direzione per ragioni mediche, psicologiche o di famiglia: in tal
caso, e se possibile, l’allievo dispensato frequenta la scuola nella sede,
con gli allievi di un’altra sezione, svolgendo le attività stabilite dal docen-
te titolare.
Programma Art. 67 1Ilprogramma di attività della scuola fuori sede è inviato dal Municipio
all’ispettore, corredato delle seguenti informazioni:

(a) descrizione dello stabile e dei luoghi;


(b) organizzazione giornaliera;
(c) durata del soggiorno e date;
(d) classi interessate;
(e) modalità di soccorso e di pronto intervento.

2Nelle sedi in cui esiste il direttore, il Municipio è esonerato dalla presen-


tazione del programma.
3Nei casi in cui i periodi di scuola fuori sede si svolgono sempre nello

stesso luogo, le informazioni a) ed e) sono comunicate una sola volta.


Preparazione di- Art. 68 1Il docente titolare di una sezione (rispettivamente i docenti contitolari
dattica nel caso di insegnanti a metà tempo) è responsabile della preparazione
didattica e dell’organizzazione di tutte le attività previste nella scuola fuo-
ri sede.
2Egli sottopone al direttore o, dove non esiste, all’ispettore un programma

dettagliato delle attività, corredato di eventuali documenti esplicativi.


3L’autorizzazione per attività sportive particolari è da richiedere all’Ufficio

dell’educazione fisica scolastica.


Personale ausilia- Art. 69 Durante la scuola fuori sede è assicurata al docente titolare la collabora-
rio e di servizio zione di una persona idonea.
Norme assicurati- Art. 70 Il personale ausiliario e di servizio deve essere assicurato contro gli infor-
ve tuni e la responsabilità civile; il responsabile della scuola fuori sede è te-
nuto ad accertarsi che questa disposizione sia ossequiata.

Per quanto ci concerne più particolarmente, l’art. 61 è di sicuro quello più importante,
perché cerca di andare al nocciolo pedagogico del problema, nella ricerca di una giustifi-
cazione che possa garantire il rispetto delle finalità della scuola fissate dalla Legge. È in-
teressante notare che almeno quattro obiettivi su cinque dovrebbero già far parte del co-
dice genetico di ogni serio professionista dell’educazione: non è quindi chiaro perché il
legislatore abbia avvertito il bisogno di essere tanto stucchevole – a meno che non fosse
animato dall’insulsa convinzione che repetita juvant.

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Quanto all’unico obiettivo vagamente legato agli obiettivi specifici del periodo di scuola
fuori sede, è interessante notare l’evoluzione dai programmi sperimentali, a quelli ufficia-
li, a questo regolamento:

1981: programma ad uso delle 1984: programma per la scuola 1996: scuola fuori sede (RLSi-
classi sperimentali elementare Se)
L’ambiente non è solo la realtà L’attività didattica dovrebbe rife- conoscere un ambiente partico-
oggettiva, spaziale o fisica, ma rirsi quanto più possibile lare, studiandone le caratteristi-
l’insieme dei significati che all’ambiente, consentendo così che geografiche, storiche, natu-
l’esperienza compiuta dal bam- agli allievi di avvertire l’utilità e la ralistiche, nonché le realizzazioni
bino assume per lui. L’ambiente concretezza di quanto appren- dell’uomo;
non si limita quindi al solo aspet- dono.
to naturalistico, all’aspetto eco- L’ambiente a cui si è pensato
nomico-sociale oppure ai loro elaborando il curricolo elementa-
rapporti reciproci, ma supera gli re non va ridotto al luogo in cui
aspetti “oggettivi” (separati od gli allievi abitano e la scuola ha
isolati in discipline oppure allar- sede. Esso è innanzi tutto am-
gati a settori più ampi) e si defi- biente culturale e umano, fatto
nisce come l’insieme di impres- di linguaggi, valori, tradizioni,
sioni, sentimenti, percezioni, norme, realizzazioni tecniche:
concezioni, ipotesi, conoscenze l’esperienza che l’allievo ne ha
soggettive o parzialmente ogget- fatto nel corso della vita gli ha
tive della realtà elaborate dal fornito i primi elementi di cultura.
fanciullo.

A non aver dubbi siamo di fronte a un imperioso scivolamento verso il basso qualitativo e
concettuale, ciò che concorre a perpetuare l’insana pratica dell’insegnamento frammen-
tato delle discipline.
A tutto ciò si potrebbe aggiungere che l’istituzionalizzazione della scuola fuori sede – atto
formale che tocca la gran maggioranza delle scuole che organizzano la “scuola monta-
na”, verde o bianca che sia – ha fatto lievitare i costi grazie alla quasi imprescindibile
presenza in loco di aiuto-maestri, monitori specializzati e personale insegnante ad hoc:
con buona pace delle reali possibilità di inserire la settimana ad Arzo o ad Airolo su un
promontorio privilegiato della strada che porta da settembre a giugno. E ci sono genitori
che desiderano con largo anticipo il calendario della settimana verde dei propri figli: così
da poter organizzare le vacanze… di miele. Senza figli tra i piedi.

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3. La proposta di Olivone: un’opportunità da cogliere


La Fondazione Alpina per le Scienze della Vita di Olivone (Un progetto innovativo
nell’ambito della formazione a livello interregionale e intercantonale a salvaguardia delle
regioni periferiche e di montagna, come si definisce) si configura come un’opportunità di
recupero creativo e moderno di teorie pedagogiche che potrebbero rappresentare una
ricca fonte di ispirazione per gli istituti e i loro insegnanti. A partire già dal 2007 sarà pos-
sibile organizzare a Olivone, nelle strutture della fondazione, dei periodi di scuola fuori
sede che potranno avvalersi delle adeguate strutture logistiche e, soprattutto:

di un complesso di conoscenze nell’ambito delle scienze della vita che permettono


uno sviluppo organico e armonico di itinerari pedagogico-didattici di sicuro fascino;
di un gruppo di specialisti nei diversi campi delle scienze della vita, disponibili quali
consulenti ma anche come collaboratori didattici;
di laboratori, contatti, aree naturali, biblioteche, centri di documentazione, … a di-
sposizione delle scuole e dei loro insegnanti.

Tuttavia allo scopo di capitalizzare l’esperienza di Olivone e, se possibile, di renderla coe-


rente con lo spirito che aveva animato la progettazione dei “nuovi” programmi della scuo-
la elementare, ritengo imprescindibile la necessità di inserire il periodo di scuola fuori se-
de a Olivone in un progetto pedagogico che rafforzi la valenza educativa della trasferta
bleniese e che, a questo punto, recuperi per davvero quegli obiettivi di natura socio-
affettiva che il Regolamento mette in primo piano: favorire il processo di socializzazione
degli allievi, la conoscenza tra allievi e tra allievi e docenti, l’applicazione concreta delle
norme educative che regolano la vita quotidiana e comunitaria.
Di seguito ecco due schede, concepite dal Dott. Ario Conti (FASV), che esemplificano in
maniera ottimale dei possibili percorsi di studio d’ambiente che si prestano sia alla co-
struzione di rigidi itinerari didattici, sia a modifiche e variazioni a seconda delle capacità e
degli interessi degli insegnanti titolari.
Come si nota anche solo attraverso uno sguardo panoramico e più o meno superficiale,
queste piste di lavoro contemplano dei contenitori di senso che sono compiuti e, nel con-
tempo, ricchi, variegati e transdisciplinari, mostrando, in maniera pragmatica, delle com-
plessità che sul piano motivazionale non possono lasciare indifferenti.
Partendo dal momento forte della settimana di scuola fuori sede, è possibile pianificare
delle attività che si sviluppano durante l’intero anno scolastico e che offrono la possibilità
di affrontare dei percorsi sensati, armonici, ricchi di spunti sul piano disciplinare e su
quello metodologico. Su queste travi di senso potremo poi appoggiare l’insegnamento di
alcune competenze specifiche che ci sono peculiari, quali la lingua materna e la matema-
tica. Gli schemi presentati nelle pagine seguenti sono esemplificativi.

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Scheda No.1/06 La pianta nell’attività umana.


La filiera produttiva dalla pianta ad alto fusto
ai prodotti finiti. Architetto
Ingegnere civile
Carpentiere
Falegname
I MEZZI DI TRASPORTO E DI COMUNICAZIONE ………..

Elicottero -- via aerea Trattori - COSTRUZIONI


Case (Serramenti, tetti, …) LA COSTRUZIONE
- bosco - strade forestali Autocarri -- strade
Ponti IN LEGNO TRA
forestali,regionali,cant.,naz.,…. Treno -- LEGNA
…… PASSATO
trasporto su rotaia Nave -- via acqua d’OPERA
(Storia)
MOBILI E
di legno pregiato FUTURO

-Ing.forestale Meteorologo
-Selvicoltore Swissmeteo
Le stazioni montane LA NEVE e le STAGIONI
-Commerciante di legname -ciclo stagionale
1800 RIPARI VALANGARI ruolo della natura
-Protezione del bosco il letargo
NOCE …..
ALTRE -Protezione dei villaggi
…… -la protezione e i
OPERE
pericoli
LARICE TRONCO Trasporto SEGHERIA
sicurezza
PIANTA ……………………………..
TAGLIO costruzioni alpine
ABETE
i fiumi …
OLMO RAMI (ciclo dell’acqua)
CASTAGNO Ingegnere civile
Ingegnere forestale
Biologo…..
-Tempo biologico VECCHIA SEGHERIA Nel passato:
-Stagione DI OLIVONE TRUCCIOLATO -utilizzo nelle stalle
ANCORA IN ATTIVITÀ …………… come assorbente …
-Cicli biologici (lunare,…)
SCARTI
PRIMA CENTRALE Nel presente e futuro
ELETTRICA DI -nuove fonti
OLIVONE SEGATURA di energia calorica
………….. -costruzione di impianti
di riscaldamento
STRADE FORESTALI

…………………….
Link: ……………………
. Alpeggi del Lucomagno
. Museo “Ca da Riv!oi” Fabbricazione
VISITA E STUDIO DEL Nel passato e nel
della carta
BOSCO QUALE ENTITÀ . Patriziato generale presente:
……………
VIVENTE .Uff for. circ di Acquarossa CELLULOSA -Stampa del giornale
Ac11/01/06 Libro, …….
.Div. Formaz Prof.
…………..

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Scheda No.2/06 La pianta come fonte di vita per la vita dell’animale e dell’uomo.

LA STORIA
PRODOTTO La Mazza (Dicembre) La vita montana nelle alpi
DELL’ALPE Le Fiere (Settembre) -che cosa é rimasto ?
-Formaggio La Mietitura (Agosto) -che cosa abbiamo imparato ?
-Burro Bogge
Boggesi -significato dei ritmi biologici dell’uomo
-………. GLI ALPI (Luglio) e della natura.

La Fienagione (Giugno-luglio) LA STORIA - Riflessione sul passato


Il Lavoro comune per capire il presente e preparare il
La mondatura Futuro. Ciò che avveniva da noi 50 anni fa
-Prati grassi
La seminagione (es Patate) avviene ancora oggi nel mondo non
-Prati magri
La Tensa (1 maggio) Industrializzato.
(Nomadismo montanaro)
BIODIVERSITÀ L’ETNOECOLOGIA. L’ ECOLOGIA UMANA

PIANTE E FIORI NEL


LUCOMAGNO PRATO E NEL CAMPO NATURALE
Nel passato
tessili, vestiti
funi, corde,…
FILIERA PRODUTTIVA DELLA PIANTA Prodotto
NATURALE Mais, Frumento, Colza, Trifoglio, Piante officinali finito Nel passato
SEME --- (Campo) e nel passato Lino e Canapa e nel presente
----- ALIMENTAZIONE
SPORA Selezione
Erba essiccata dell’uomo *
naturale
SERRA FIENO = Fiori essiccati Farina, polenta,
INIZIO DELLA Aromi, molecole, …..
VITA Biotecnologie ………..
Conoscere il presente ALIMENTAZIONE
CHI HA per programmare il futuro ANIMALE
INIZIATO LA VITA ?
-La Biologia molecolare
CHI HA CREATO -Il DNA - Il Gene LATTE Lavorazione
IL SEME ? del latte e dei suoi

01.01.2007
-Le piante geneticamente modificate
derivati
CHE COS’E LA VITA ?

Lavoro pratico nel


DALLA MUNGITURA

Laboratorio della fasv


CAPITOLO ALIMENTAZIONE: AL PRODOTTO FINITO
* -Dietiste, Medici, professionisti = ENERGIA
CAPITOLO -Prevenzione delle malattie
PRODUZIONE BIO -Diversificazione nel tipo di alimentazione Visite a :
PRODUZIONE INTEGRATA -slow food -aziende contadine in loco
-prodotti naturali -visita azienta specializzata LATI
-prodotti bio -visita azienda grande distribuzione MMM
Ac11/01/06
- ………..

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4. Per concludere
Questo documento di lavoro si configura come una sorta di piattaforma concettuale di
carattere eminentemente pedagogico. La prima verifica da fare concerne il consenso o il
dissenso nei riguardi di questa impostazione. Non è mia intenzione forzare la mano ai
colleghi, ovviamente. Credo tuttavia che un sincero chiarimento in questa fase del lavoro
possa rappresentare un chiaro punto di riferimento per l’attività futura: in caso contrario
saremo costantemente confrontati col rischio della frammentazione, che porta dritti sulla
strada un po’ fumosa della vanificazione degli sforzi.
Perché un conto è considerare il periodo di scuola fuori sede come un momento privile-
giato ed emotivamente prezioso di un progetto che nasce in settembre e si conclude in
giugno; e un altro conto è andare a scuola montana come se si trattasse di una passeg-
giata scolastica un po’ speciale. In ogni modo è un imperativo quello di non scordare il
monito di Célestin Freinet – una fonte insospettabile, quindi – secondo il quale “Ce n’est
pas le jeu qui est naturel à l’enfant, mais le travail”: invece ho spesso la netta sensazione
che tra spontaneismo, creatività e mancanza di rigore (pedagogico, didattico e… concre-
to) stiamo perpetuando e coltivando il declino della scuola, che alleva l’ignoranza e – da-
to recente – non sa più esprimersi.
In questo senso l’offerta di know how, knowledge, skills and attitudes assicurata dalla
Fondazione rappresenta un valore aggiunto che dobbiamo saper cogliere al meglio: an-
che per riuscire, in un contesto pedagogico ottimizzato, a correre verso le strade della
competenza in quanto capacità di affrontare un problema complesso o di svolgere
un’attività complessa (“A competence is the ability to meet a complex demand success-
fully or carry out a complex activity or task”)3. Temi come quelli proposti da queste due
schede esemplificative offrono in effetti molteplici possibilità di sviluppo e di approfondi-
mento, fino a toccare gli ambiti dell’arte e della filosofia: vogliamo accettare questa sfi-
da?

Adolfo Tomasini
Direttore delle Scuole comunali di Locarno

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Da un mio intervento durante la seduta della CDD svoltasi a Lugano il 21 novembre 2002.

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