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IL PLURALISMO NELLA CITTADINANZA: UNA PROSPETTIVA

STORICA

Percorso sulla storia del diritto di emigrare e di immigrare, lasciando a ciascuno


considerazioni su eventuali analogie sul presente, percorso che guarda al fenomeno
migratorio dalla legislazione dei Paesi di partenza e di arrivo.
Il diritto di emigrare è stato sempre delimitato, condizionato, da strumenti giuridici che
venivano adottati: intanto nei Paesi di partenza e quindi regolamentazioni, leggi,
interpretazioni giudiziarie che tendevano in un qualche modo ad impedire o rendere
difficile al soggetto la partenza, e contemporaneamente nei Paesi di destinazione vengono
adottate (in America, fine 800-inizio 900) legislazioni sempre via via più restrittive che
tendono a sbarrare l'ingresso a determinate categorie di migranti che vengono ritenute
sempre più scomode, pericolose per la tranquillità e la pace sociale.
Si cercherà di capire in che modo si è riusciti a parlare dell'esistenza di un diritto di
emigrare, considerando il dato che anche qualora, in determinati periodi storici o in
determinate legislazioni veniva riconosciuto il diritto di emigrare, se questo diritto di
emigrare non trova una corrispondenza in una possibilità di ingresso in un altro Paese, quel
diritto di emigrare risulta tendenzialmente inutile.
REGOLAZIONE DELLLA POSSIBILITÀ DI CAMBIARE STATO E CITTADINANZA
NEL PERIODO MEDIEVALE:
il problema dell'immigrazione ha messo ( e lo fa tutt'ora) a confronto costantemente diritti e
potere, con la sovranità dello Stato, e libertà dell'individuo, non si riesce a spiegare il
fenomeno dell'immigrazione se non si fanno coincidere questi due poli opposti che si
confrontano costantemente, da un lato la pretesa della sovranità statale a disciplinare
l'acquisizione della cittadinanza, la possibilità di perderla, la possibilità di riottenerla una
volta che da immigrati si ritorna in patria e dall'altro lato la rivendicazione della libertà del
soggetto, che pretende il diritto e la libertà di muoversi liberamente, nonché di scegliere in
che Paese vivere e che tipo di futuro costruirsi.
Nel periodo medievale, nel territorio anglosassone, il sistema prevedeva che la relazione tra
sovranità e cittadino fosse basata su un vincolo indissolubile di fedeltà, un patto di fedeltà
reciproca, il suddito s'impegna a prestare servizio nei confronti del sovrano, il quale
contraccambia garantendogli pace e tranquillità sociale, questo patto è talmente forte, così
indissolubile che non è possibile per il singolo cittadino scioglierlo deliberatamente,
volontariamente, allontanandosi dallo Stato.
Siccome la prosperità economica, la stessa sussistenza del corpo politico si basa sulla tenuta
di questo patto di fedeltà, non è concepibile che qualcuno liberamente decida di scioglierlo
allontanandosi dallo Stato, i problemi sono collegati agli interessi politici:
uno Stato, in particolare l'Inghilterra, si considera tanto più forte quanto più può contare
sulla disponibilità fisica di persone, tendenzialmente maschi e in età adulta, che possono
prestare servizio militare, possono lavorare e quindi creare produttività e ricchezza
economica all'interno dello Stato, nonché su persone che hanno una capacità contributiva.
Inizialmente, pertanto, non esiste nel medioevo, nemmeno nella Magna Carta, un diritto
vero e proprio, la giurisprudenza parla di diritto condizionato, il soggetto non può
liberamente uscire, a meno che non riceva un permesso dal sovrano.
Da allora il dato che emerge è che il diritto di emigrare non è mai libero, è sempre
costantemente condizionato, c'è sempre qualche limitazione, qualche interesse concorrente,

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qualche bilanciamento da fare tra l'interesse pubblico e il diritto del soggetto.
Già in quella fase, 1200-1300, sembra prevalere il profilo dell'interesse pubblico rispetto
all'interesse soggettivo e all'individuo.
Cambia qualcosa con il giusnaturalismo?
Tra le idee più rivoluzionarie nella teoria del diritto e politiche, nel 660, c'è questa tendenza
di riconoscere diritti naturali che spettano ai soggetti a prescindere dall'intervento statali, si
parla di diritti pre-statuali, diritti naturali e inalienabili.
Tra questi diritti naturali è possibile considerare e inserire anche il diritto di emigrare, il
diritto di muoversi, l'uscita dallo Stato?
Neppure in questo caso, i teorici che stanno costruendo il diritto internazionale, identificano
come un diritto assoluto dello Stato quello di disciplinare e regolamentare attraverso
interventi legislativi, l'acquisizione della cittadinanza e il diritto di emigrare.
Assistiamo ad un capovolgimento del linguaggio giuridico, per cui quello che normalmente
è il diritto naturale, che dovrebbe essere riferito alla persona, diventa invece un diritto
naturale, inalienabile dello Stato di limitare attraverso l'esercizio della propria sovranità
legislativa, il diritto di emigrare, è una prerogativa assoluta dello Stato disciplinare
attraverso interventi normativi chi può emigrare, in base a quali condizioni, quali
presupposti e conseguentemente quali cittadini possono emigrare.
La disciplina dell'ingresso e dell'uscita dallo Stato, è considerato uno dei punti nevralgici
della sovranità statale.
Si può parlare di emigrazione di stranieri nel momento stesso in cui si definiscono i confini
dello Stato, per cui contemporaneamente alla costituzione degli Stati nazionali tra 500-600
in Europa, emerge il problema dell'emigrazione, dell'acquisizione di cittadinanze diverse e i
due problemi vanno costantemente di pari passo.
Non c'è nel medioevo un riconoscimento pieno del diritto di muoversi liberamente, non c'è
nel giusnaturalismo, sembra cambiare qualcosa con le Rivoluzioni, quella Americana e
quella Francese e con le prime Costituzioni e con le prime dichiarazioni dei diritti.
Sembra cambiare qualcosa ma in realtà non è del tutto così:
la madre patria inglese approfitta dell'invio di uomini inglesi nelle colonie, ovviamente per
acquisire e diventare potenza coloniale, è nel pieno interesse dell'Inghilterra che sudditi
inglesi escano dal regno e vadano ad occupare altri territori.
La costruzione teorica dell'uomo inglese che va nella colonia e acquista in parte autonomia
andando all'estero, ma nello stesso tempo rimane suddito della colonia inglese, è tutta
giocata su questa idea di concedere libertà ma di mantenere quel vincolo di fedeltà iniziale.
Neppure i coloni inglesi che nel 700' occupano gli Stai Uniti d'America, perdono quel
vincolo di fedeltà e sudditanza ineliminabile che costituiva il patto iniziale fra suddito e
stato, anche se vivono in terre lontane e hanno organizzato istituzioni interne politiche
autonome.
La rivoluzione Americana nasce dalla volontà delle colonie di ottenere rappresentanza
politica che non hanno nel parlamento inglese, a fronte di una tassazione che viene imposta
dalla madre patria inglese.
Per cui il momento della rivoluzione Americana sembra affrontare il problema del rapporto
fra cittadinanza, diritto di emigrare e libertà acquisita di fronte all'abbandono del proprio
Paese( gli inglesi in America si pongono il problema di sancire all'interno della costituzione
il problema della libertà di emigrare).
Cosa succede dopo la rivoluzione Americana?

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Succede che nella prima fase della storia Americana, si verifica una fortissima apertura nei
confronti di persone che decidono liberamente di recarsi negli USA, è la fase iniziale dei
padri fondatori, della fondazione del popolo Americano basata sulla politica dell'assoluta
apertura nei confronti degli uomini liberi che decidono di andare in America, il Paese è visto
come un paese sconfinato, c'è un assoluto bisogno di braccia per lavorare le terre, c'è
bisogno di forza lavoro per costruire infrastrutture, c'è un'industria da creare quasi dal nulla,
per cui la politica della fase iniziale USA è quella di riconoscere con grandissima facilità la
cittadinanza Americana a tutti gli Europei che si recano negli Stati Uniti.
Acquisire la cittadinanza Americana significa acquisire il diritto di voto, e acquisire tutti i
diritti civili e politici come cittadini di questo nuovo stato Americano.
Chi sono gli emigranti che vanno negli USA?
Sono Europei degli stati del nord (irlandesi, olandesi, inglesi) che decidono di andare in
America per costruirsi un futuro migliore, ma sono anche i condannati degli stati Europei
che vengono inviati nelle colonie per liberarsene, per cui verso la fine del 700' inizia a
crearsi un primo problema, nel dire:”siamo sicuri nel dover accogliere tutti?”
Inizia ad esserci un primo sentore,che ci fa capire come la libertà d'ingresso debba in un
certo senso essere controllata.
Riferimento a due leggi molto importanti degli Usa:
1. diritto alla naturalizzazione,cioè come si fa a diventare cittadini Americani; la legge
del 1790 sulla naturalizzazione prevede che qualsiasi cittadino Europeo che arriva
negli Stati Uniti può facilmente diventare Americano semplicemente giurando
fedeltà alla Costituzione, risiedendo per un periodo limitato di due anni e
dimostrando di essere di buona condotta, di avere un buon carattere; è una fase di
frequenti e numerosi arrivi, il problema giuridico che si pone è “nel momento in cui
l'Irlandese o l'inglese arriva in Usa ed acquisisce la cittadinanza Americana, perde
quella di provenienza?”, “possibile mantenere la vecchia cittadinanza?”.
Normalmente succede che l'emigrante che arriva negli Usa, si costruisce una
dimensione di vita pacifica, poi però nella metà dell'800' ha la necessità e il desiderio
di tornare in patria per rivedere i genitori anziani che stanno male, per riprendere i
resti della famiglia per portarla in Usa, e quindi ritorna in patria; succede che alcuni
Americanizzati che ritornano in Europa vengono a quel punto costretti per es. ad
adempiere agli obblighi del servizio militare e quindi una volta arrivati in patria, non
siano più lasciati uscire fino a quando non hanno espletato tutti gli obblighi del
servizio militare oppure altri doveri civici che competono ai cittadini di quello stato
Europeo di provenienza. Per cui emerge un problema che è quello di cittadini ormai
Americanizzati che non riescono più a tornare in America dove ormai hanno avviato
attività economiche e famigliari perché sono bloccati nel paese di provenienza, in
quanto anche cittadini del singolo Stato. Occorre ragionare su quali siano i contenuti
del diritto di emigrare. La questione diventa oggetto di una legge introdotta dal
Congresso Americano nel 1868, per cui in quel momento sembra essere formalmente
dichiarato un testo legislativo che:
2. “il diritto di emigrare e di svestirsi della originaria cittadinanza è considerato un
diritto sacro, inalienabile, non comprimibile, che compete a qualsiasi soggetto, a
qualsiasi individuo, e quindi quando un soggetto si libera della cittadinanza di
origine, acquisendone una nuova, non ha nulla più a che spartire con il Paese nativo.
A cosa serve questo?Sono ormai talmente tanti i cittadini Europei naturalizzati che

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vivono in America e che periodicamente ritornano in Europa , che il Congresso
Americano si sente in dovere di tutelarli e di impedire che i governi nazionali
Europei li trattengano quando questi tornano a casa.
Cosa succede in realtà dopo poco?
Dura pochissimo questo entusiasmo, nel giro di pochi anni si ritorna ad individuare criteri
giuridici che limitano quella libertà che sembrerebbe essere piena.
In che modo lo limitano?
Lo limitano con strumenti tecnici che sono per es. il riferimento alla doppia cittadinanza,
cioè si dice che pur acquisendo la cittadinanza Americana, questa la si può far valere nei
confronti di qualsiasi altro Stato tranne che nei confronti dello Stato dove sei nato, per cui in
realtà siamo tornati esattamente al punto di partenza.
La cosa che fa maggiormente cambiare l'atteggiamento politico del congresso Americano è
in realtà la situazione sociale, il tipo di immigrazione che inizia a dirigersi verso le coste
degli USA, cioè rispetto alla fase iniziale in cui c'era bisogno di ricevere immigrati, perché
bisognava costruire il Paese e quegli immigrati erano tendenzialmente provenienti da Paesi
di aerea Anglosassone (avevano stessa cultura, approccio religioso, stesso tipo di vita,
tendenzialmente tutti bianchi) e quindi facilmente assimilabili.
Questa situazione cambia quando nella seconda metà dell'800 (anni 70 in particolare), la
grande quantità di emigrati che si dirigono verso gli USA sono persone dell'Europa
meridionale (Italia,Grecia,Polonia,Jugoslavia), quindi persone che non conoscono la lingua,
che hanno abitudini e costumi diversi, abituati ad un tipo di lavoro diverso, a delle relazioni
famigliari diverse e quindi la questione diventa per loro pericolosa e soprattutto spaventa
questa grande ondata di immigrati che arrivano da questi paesi; contemporaneamente
cambia la situazione economica, le città costiere esplodono dal punto di vista sociale, ci
sono delle periferie degradate, non si riesce a gestire un'ondata migratoria di massa
veramente incredibile.
Come mai inizia un'immigrazione di massa dai paesi sud-europei?
Stanno cambiando le politiche economiche di questi paesi: fino alla seconda metà dell'800
c'era la logica per cui una nazione era tanto più ricca quanto più popolosa, per cui si doveva
evitare di non far immigrare la popolazione, perché questa produce ricchezza, forza lavoro,
forza militare, per cui non è bene che i cittadini emigrino.
Attorno alla metà degli anni 50 dell'800, le teorie economiche cambiano, le teorie
economiche Malthusiane influenzano gli studi demografici, si sottolinea l'eccedenza
europea di manodopera rispetto alla forza lavoro necessaria e alle forze di produzione, per
cui l'emigrazione è salutare per l'economia, perché è un fenomeno di selezione naturale che
allontana dallo Stato di partenza la forza lavoro che non è capace d'inserirsi nei meccanismi
virtuosi produttivi dello Stato, e quindi alleggerisce la situazione economica-demografica
pesante dello stato di partenza e favorisce la situazione dello stato di destinazione.
Questa riflessione sul vantaggio economico dell'emigrazione la leggiamo anche in alcune
pagine scritte dal parlamento italiano, dove si evidenzia l'utilità del fenomeno
dell'immigrazione, che ovviamente spiega il perché ci sia un'immigrazione di massa che
parte dai paesi poveri europei, Italia fra tutti.
Cambia il modello di immigrazione, è più costosa e duratura perché il viaggio oltreoceano è
lungo e costoso parte principalmente dai paesi del sud-Italia.
Dal 1875, cambia completamente l'atteggiamento del Congresso Americano, viene
approvato il primo IMMIGRATION ACT, l'atto normativo che disciplina l'immigrazione, ed

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è il primo atto in cui s'inizia a discriminare chi può entrare e chi no; il Congresso si sente in
dover a quel punto, di fronte ad un eccesso di immigrazione, di stabilire dei criteri di
selezione degli ingressi, non possiamo più permetterci di accogliere tutti, soprattutto quelle
persone che non sono più gli eredi diretti dei nostri padri fondatori, per cui bisogna
intervenire.
Come affrontano gli USA questo cambio di tipo d'immigrazione?
La questione tocca motivazioni non solo economiche ma anche sociologiche abbastanza
importanti: Che cosa è l'identità Americana?Chi sono gli Americani?
Fino a quel momento non se lo era chiesto nessuno, perché era lo Stato in cui si
accoglievano tutti, c'era la presunzione, retoricamente esaltata che la società Americana
fosse talmente virtuosa che qualunque persona arrivasse sarebbe stata educata con i pacifici
valori della convivenza, avrebbe arricchito e migliorato la nazione.
A partire dalla fine dell'800, iniziano a comparire degli scritti che s'interrogano su chi siano i
veri americani: sono gli eredi dei padri fondatori, i bianchi, i protestanti, che parlano lingua
inglese; c'è in quel momento il bisogno di creare la diversità per costruire l'identità, si deve
costruire l'identità americana nazionale, identificando qualcosa che è diverso e che quindi va
respinto.
Diventa l'invenzione dell'essere Americani in opposizione a qualcosa che si rifiuta, inizia a
distinguersi l'immigrante e l'immigrato di prima generazione e quindi, gli immigrati che
erano i padri fondatori, dagli immigrati che invece devono essere respinti.
Chi sono gli esclusi?
Dal 1875 fino al 1912-13 si susseguono una quantità costante ed innumerevole di
legislazioni che aggiungono categorie di esclusi, gli esclusi sono i non desiderabili, ci sono
soggetti che sono qualificati legislativamente, soggetti non desiderati negli USA, quindi
quando arrivano nei porti d'ingresso devono essere sbarrati, devono essere rispediti al paese
di provenienza.
All'inizio sono semplicemente i criminali (difficili da individuare), poi le categorie si
estendono a dismisura: oltre ai criminali, le prostitute, i poveri, i lunatici, gli idioti, gli
epilettici, gli imbecilli, le persone malate di mente, coloro che diventeranno un peso sociale,
i lavoratori a contratto, i poligami, gli ammalati.
Poi negli anni 15 inizia una fase di discriminazione politica: gli anarchici, i comunisti, i
mendicanti di professione, i minori di anni 16 non accompagnati dai genitori, gli analfabeti.
Qualche informazione su taluna di queste categorie:
chi sono coloro che rappresentano un peso sociale?
La vaghezza della definizione faceva sì che l'ufficiale di frontiera valutasse nel giro di pochi
secondi se l'emigrante può entrare oppure no, che criteri oggettivi esistono?
Tendenzialmente nessuno, per cui diventano clausole arbitrarie affidate alla discrezionalità
amministrativa dell'ufficiale d'ingresso che rischia di bloccare l'ingresso di immigranti senza
che ci sia una causa giustificata per limitare la libertà d'immigrazione.
Altra categoria di questi personaggi esclusi sono quelli con un contratto di lavoro: uno dei
problemi principali dovuti all'arrivo dei migranti è l'abbassamento del costo della
manodopera, arriva una quantità spropositata di forza lavoro, disponibile ad accettare lavoro
a qualsiasi condizione salariale, ovviamente questo conduce ad un abbassamento salariale, a
svantaggio dei lavoratori americani, per cui tutti i sindacati americani si schierano a favore
dell'introduzione di leggi restrizioniste, perché vedono nell'ingresso della manodopera a
basso costo salariale perdita di vantaggi economici e contrattuali.

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Quindi il congresso adotta un provvedimento che impedisce l'ingresso a coloro che arrivano
avendo già un contratto di lavoro, perché si presuppone che questi abbiano stipulato un
accordo a un salario più basso, ed invece si vuole prevenire che si stipulino contratti di
lavoro all'estero e il tetto salariale sia uniformemente stabilito solo all'interno degli USA, in
modo da evitare appunto questo abbassamento complessivo del livello economico.
Dall'elencazione delle cause di esclusione, capiamo che le categorie diventano sempre di
più, il dato da sottolineare è che in realtà questo non produce un effettivo decremento degli
ingressi, quasi mai l'intervento legislativo sui flussi d'ingresso produce degli effetti, si può
cercare di limitare l'ingresso attraverso strumenti legislativi fin che si vuole, ma di fronte a
soggetti che si muovono per necessità vitali, quell'intervento normativo non è mai efficace,
soprattutto se si hanno a che fare con Paesi con coste sconfinate.
Un altro degli argomenti retorici che emerge nella costruzioni dell'identità della razza
americana, è un discorso che fa riferimento al rischio di perdita della razza, al suicidio della
razza americana.
Si è arrivati ad un livello in cui non si riesce più a prendere dentro gente, chi arriva non è
più in grado d'integrarsi, l'americanizzazione non funziona più per tutti, funziona per alcuni
ma non per altri, ci sono degli immigrati che sono considerati indigeribili, rischiando così di
far scomparire la nostra identità.
Non solo s'introducono leggi che limitano l'ingresso, ma s'inizia a sostenere che meglio del
respingimento funziona l'espulsione.
Qual è uno dei percorsi che si afferma per limitare gli ingressi avanzando argomenti di tipo
razziale, mascherata come fattore culturale?
L'idea che si debba consentire l'ingresso a persone di sufficiente livello di cultura, si ha
paura di persone analfabete, sono viste come persone tendenzialmente manipolabili e quindi
considerate più pericolose perché attorno ai primi decenni del 900, c'è il rischio che si
diffonda il germe del socialismo anche negli Usa e c'è la possibilità che quel germe
attecchisca proprio prevalentemente negli analfabeti che sono arrivati, che sono plasmabili
facilmente dall'oratore di turno.
Il criterio selettivo degli ingressi che viene prima sostenuto dalla stampa e da alcune
posizioni di associazioni, e poi anche proposto in parlamento, è questo famoso test, cioè test
di conoscenza della lingua, che serve come criterio per consentire, oppure per negare
l'ingresso.
Questo test viene introdotto per la prima volta nel 1917, anche in questo caso si rivelerà
poco efficace perché in realtà prevede che venga considerato non analfabeta la persona
capace di leggere o di scrivere in qualsiasi lingua, quindi non solo l'inglese, purché sappia
almeno leggere e scrivere.
Quale altro aspetto culturale sta prendendo piede?
La valutazione antropometrica, eugenetica basata su criteri ideologici dell'individuo, cioè
una selezione di soggetti basata su quella che si sta imponendo come nuova scienza che
ritiene di essere capace di valutare gli individui leggendo e capendo le caratteristiche
fisiche, biologiche, culturali di quelle persone, è il periodo del positivismo come scienza, di
pote travestire come scienza la discriminazione basata in realtà su basi razziali.
Uno dei temi ricorrenti nei dibattiti americani, per giustificare l'esclusione degli ingressi, è
come al solito l'abbinamento costante fra immigrato e criminale, l'immigrazione porta
all'aumento della criminalità.
Questo argomento, ripetuto retoricamente nel Congresso, nella stampa, nella pubblica

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opinione, convince le persone, per cui il Congresso si trova costretto ad adottare
provvedimenti che si facciano carico di limitare gli ingressi, affinché questi non generino
criminalità.
Non esiste nessun nesso diretto tra aumento della criminalità e aumento dell'immigrazione.
Se si ricordano le tesi di Lombroso, per cui si può capire se qualcuno è tendenzialmente un
delinquente, criminale, facendo riferimento a caratteri morfologici, queste sono
perfettamente funzionali a determinare i criteri d'ingresso: tra i vari test che vengono fatti
per capire chi ammettere o chi no, ci sono anche test basati su questi criteri antropometrici.
Poi c'è anche qualche scienziato americano che ha studiato i crani (cranometria), arrivando
ad affermare che non era vero ci fossero diversità craniche fra immigrati e nativi, anzi erano
talmente simili che a partire dalla seconda generazione, non si riscontra nessuna differenza,
per cui nessun argomento antropometrico regge scientificamente rispetto alla
discriminazione degli ingressi.
Però la voce più forte, approvata dal Congresso , è quella che tende ad equiparare immigrati
e criminali, c'è qualche voce isolata che inizia a dire “se ci interessa affrontare il problema
della criminalità degli immigrati, dobbiamo capire in che condizioni culturali questi vivono
e da quali condizioni culturali partono.
Il problema non è più criminalità, ma diversa criminalità, per quale motivo diversa?
Un tema che affiora nel 1915, su iniziativa di uno studio di un centro sulla legislazione
penale, che nasce a Chicago ma che si confronta costantemente con le teorie europee, è
l'idea dei crimini culturali.
Alcuni studiosi che hanno un approccio sociologico, che hanno studiato le tesi del
positivismo sociologico Europeo, dicono che la soluzione della criminalità degli immigrati
non è nel punire questa gente, ma è nell'assisterli nel momento dell'ingresso, che crimini
commettono?
Minori, che noi definiremo contravvenzionali: violazioni di obblighi di legge che loro
nemmeno sanno che esistano, che li portano a trasgredire e a conoscere la realtà del carcere,
quindi occorre un profilo sociologico per superare il problema della criminalità degli
immigrati.
L'altra soluzione era il criterio delle quote d'ingresso, il quota system: ad un certo punto, nel
1921, poi riconfermato in una legge del 1924, il Congresso decide di limitare gli ingressi e
la soluzione è adottare delle quote.
Che cosa è il sistema delle quote?
Viene eliminato solo dopo parecchi anni , ed ancora oggi è previsto un limite massimo
d'ingressi negli USA; nel 1921 la legislazione prevede che possano entrare il 3% di ogni
nazionalità presente nel suolo americano in base al censo effettuato nel 1890, ovvero, per
es., quanti italiani c'erano negli USA censiti nel 1890? 10000?dal 1921 in poi ne possono
entrare il 3%, e poi dal 24 il 2%.
Ovviamente questo di restrizione basato sulle quote, colpisce in modo più forte le
popolazioni che nella prima immigrazione erano sfavorite (scozzesi,inglesi, irlandesi),
quindi criteri di selezione etnico-razziale.

COME DISCIPLINA IL LEGISLATORE ITALIANO IL DIRITTO DI EMIGRAZIONE:


Gli interventi normativi più noti sono due: una legge del 1888 e una legge del 1901.
La prima viene considerata una legge di polizia, la seconda (governo Giolitti), viene
considerata una legge sociale.

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Che differenza c'è tra queste due leggi?
Quella del 1988, in sostanza, introduce anche nell'ordinamento italiano quelli che sono
ormai i due fondamentali criteri di disciplina del diritto di emigrare approvati anche negli
altri Stati Europei, ovvero il vettore dell'immigrazione, cioè colui che organizza
l'immigrazione (compagnie di navigazione che si stanno arricchendo con questa
immigrazione di massa) possono farlo solo dietro una licenza lasciata dal governo, non tutti
possono favorire ed essere vettori di immigranti, ma solo quelli che hanno una licenza
governativa e devono farlo dietro il rilascio di una cauzione.
A cosa serve la cauzione?
Per costituire una specie di cassa di riserva che possa essere utilizzata per risarcire eventuali
danni provocati ai migranti.
Quali sono questi danni?
Succede spesso che le compagnie di navigazione mandano gli agenti in giro per le
campagne invitando la gente ad emigrare, questa sale sui traghetti, paga il biglietto e poi
vengono scaricati in posti diversi da quelli pattuiti.
Questa cosa diventa piuttosto ricorrente, ci sono dei parlamentari che segnalano questo
oltraggio ai cittadini italiani che vanno all'estero e quindi il governo si sente in dovere
d'intervenire nel 1888 con questa normativa, che è una normativa minima , nel senso dire
che l'immigrazione è un problema che va risolta con una legge di polizia, significa ancora
non avere assolutamente la consapevolezza, nel 1888, che l'emigrazione di massa è un
problema sociale.
Dalla relazione del parlamentare Rocco De Zerbi e di Crispi, che era il ministro proponente,
ricorre costantemente l'idea che l'emigrare sia un diritto naturale, che non può essere negato
dal governo, tutto quello che può fare è controllarlo; alcuni arrivano a dire che pretendere di
negare l'emigrazione sarebbe come pretendere di negare alle persone di avere rapporti
sessuali, sono cose così naturali che è impossibile negarle (sarebbe impossibile mettere
gendarmi lungo tutte le coste).
L'art.1 di questa legge del 1888, che dice “l'emigrazione è libera salvo i limiti previsti dalla
legge”, ci dice due cose: da un lato si tende a non ostacolare l'immigrazione e dall'altro però
ci riconduce a quel dato che è costante, per cui l'emigrazione è libera nei limiti previsti dalla
legge.
Quali sono questi limiti?
Per esempio l'obbligo del servizio militare, non possono emigrare persone considerate nel
pieno della capacità militare, per cui maschi tra i 21 e i 33 anni; non possono emigrare
coloro che hanno debiti non pagati in patria (retorica militaristica piuttosto evidente, la
paura che l'emigrazione sottragga in quel momento forze militari.
La seconda legge, quella del 1901, è invece il prodotto sicuramente migliore di una diversa
consapevolezza che è maturata nel nostro Paese e di conseguenza anche in parlamento.
Ci si accorge che è un fenomeno di massa talmente rilevante, talmente complicato, che il
Governo deve farsene carico come problema sociale, non possiamo lasciare l'immigrazione
a sé stessa.
Cosa significa questo?
Con la legge del 1901, dove si dice che l'emigrazione è libera salvo i limiti previsti dalla
legge, quanto meno prevede come obbligatorio a bordo un medico, prevedono che ci sia
delle istituzioni che rappresentano lo Stato Italiano nei Paesi di destinazione, per cui c'è un
commissario dell'emigrazione, ci sono nei Paesi d'arrivo dei luoghi dove l'immigrante,

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quando arriva, si trova di fronte almeno un rappresentante del governo Italiano che lo
aiuterà eventualmente nel trovare lavoro, nel trovare casa, nel capire cosa sta succedendo.
Si moltiplicano guide per gli immigrati, su quali sono rischi, pericoli, vantaggi a cui si va
incontro in caso di immigrazione.
Per cui, la consapevolezza che il governo debba attraverso l'intervento legislativo, occuparsi
dei propri cittadini che vanno all'estero, non solo chiedendo la cauzione e la licenza ma,
prima, durante e dopo il viaggio.
Uno dei problemi principali dei migranti era quello delle rimesse, cioè trovar lavoro, e voler
spedire quattrini alla famiglia che ha lasciato a casa, fin che non ci sono banche Italiane
autonome, ovviamente le banche Americane tendono a frodare il povero emigrante che
mette a deposito quei quattrini.
Con lo scoppio della Guerra mondiale cambiano i criteri di ammissione, anche le politiche
nazionali e per cui dal punto di vista Americano, gli esclusi saranno comunisti, anarchici, i
provenienti dai paesi dell'est; insomma cambiano i linguaggi, cambiano le normative, il dato
di fatto che resta è che si è sempre cercato di dichiarare un diritto, ma nello stesso tempo
limitarlo e condizionarlo, questo è un dato che emerge; l'altro dato che emerge è che è
sempre risultato poco efficace la limitazione del diritto d'ingresso attraverso strumenti
legislativi, perché le statistiche ci dicono che la quantità di persone effettivamente respinte
in base alle leggi sull'immigrazione americana, per es., sono una percentuale ridicola
rispetto alla quantità di persone che egualmente riescono ad entrare.

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