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Lussazioni

Per lussazione si intende la perdita completa dei rapporti reciproci tra i capi ossei di
un’articolazione. La lussazione può essere congenita, ossia presente alla nascita, o acquisita.
Quest’ultima può essere progressiva, ossia realizzarsi lentamente, come nel caso dell’anca
displasica del bambino. Peraltro, le condizioni acquisite più comuni sono:
A) La lussazione traumatica, causata da un evento traumatico in un’articolazione normale;
B) La lussazione atraumatica, che si verifica a seguito di un lieve trauma o, in assenza di un
vero evento traumatico, in un’articolazione con abnorme lassità delle strutture capsulo-
legamentose.
La lussazione può essere recidivante quando, dopo un tempo variabile dalla prima lussazione, si
verifica un’altra o altre lussazioni.
La lussazione abituale è quella che accade numerose volte anche per gesti della normale vita
quotidiana.
La lussazione si definisce volontaria quando il paziente può produrla da solo per estrema lassità
capsulo-legamentosa.
Le lussazioni inveterate sono quelle che giungono all’osservazione dopo giorni o settimane.
Le articolazioni più frequentemente interessate sono la spalla, il gomito, il ginocchio e
particolarmente la rotula e le interfalangee della mano. La forma traumatica causa sempre lesioni
anatomiche delle strutture legamentose o capsulo-legamentose, o di strutture peculiari
dell’articolazione interessata, come il cercine glenoideo della scapolo-omerale.
La sublussazione è la condizione in cui la perdita dei rapporti reciproci non è completa; la
dislocazione può essere subito seguita dal ritorno alla condizione normale o può essere persistente.
Anche questa condizione può essere atraumatica. La sublussazione riguarda soprattutto la testa
omerale, la clavicola all’articolazione acromio-clavicolare e la rotula.

Articolazione scapolo-omerale

L’articolazione gleno-omerale o articolazione scapolo-omerale, rappresenta l’articolazione della


spalla che viene a crearsi tra la cavità glenoidea della scapola e testa dell’omero. Essa è
una enartrosi che unisce la cintura pettorale con la porzione libera dell’arto superiore.
La cavità glenoidea della scapola presenta una superficie ovalare leggermente concava con una
grandezza leggermente inferiore alla testa dell’omero; tale discrepanza, presente tra i due capi
articolari è sopperita dalla presenza di un labbro glenoideo che la rende più ampia e concordante
con la testa dell’omero.
Un’altra struttura stabilizzante è la capsula, che si può paragonare a un manicotto fibroso che si
inserisce lungo il labbro glenoideo e si comporta diversamente a seconda dei movimenti dalla
spalla.
Sul muro anteriore, la capsula viene rinforzata internamente dai legamenti gleno-omerale superiore
(LGOS), medio (LGOM) e inferiore (LGOI), che si inseriscono sul cercine e dal legamento coraco-
omerale (extra articolare); questi tensionandosi insieme sono un fattore di stabilità passiva della
spalla a seconda dalla posizione assunta.
La stabilità è anche garantita dai legamenti extra articolari coraco-clavicolari (trapezoide e
conoide).
Per quanto riguarda la sua stabilità dinamica la cuffia dei rotatori ne è la principale responsabile.

La cuffia dei rotatori è data dalla sovrapposizione dei tendini di quattro muscoli della spalla:

1. sovraspinato;

2. sottospinato;

3. piccolo rotondo;

4. sottoscapolare.

Senza di lei la contrazione isolata del deltoide produrrebbe una risalita della testa dell’omero
che quindi cozzerebbe contro l’acromion. Pertanto la sua funzione è quella di stabilizzare la
testa dell’omero nella cavità glenoidea (articolazione gleno-omerale), tenendola centrata (la
tira in giù, in particolare nei movimenti di abduzione impedendo il conflitto acromionomerale).
Si tratta di un “centraggio attivo” altrimenti lo scivolamento della testa sulla glena produrrebbe
poi, un conflitto tra la cuffia e l’acromion.

Lussazione primaria

Può essere traumatica o atraumatica.


La lussazione traumatica può essere può essere causata da traumi diretti (caduta sulla spalla) o, più
spesso, indiretti (cadute sul gomito o sulla mano protesa a difesa, con arto in abduzione).
A seconda della direzione in cui si disloca la testa omerale si distinguono: una lussazione anteriore,
che riguarda più del 90% dei casi, ed una posteriore.
La lussazione anteriore comprende 4 varietà anatomiche.
1) Sottocoracoidea, che è la forma di gran lunga più comune;
2) Sottoclavicolare, quando la testa si disloca medialmente alla coracoide;
3) Sottoglenoidea, una forma rara in cui la testa si colloca antero-inferiormente alla glenoide;
4) Eretta, che è una varietà eccezionale, in cui la testa si colloca sotto la glenoide e l’arto ha
una posizione coatta di elevazione.
La lussazione posteriore, o sottospinosa, è rara, ma importante perché è facilmente misconosciuta e
identificata solo tardivamente.

Lesioni anatomo-patologiche
Nelle lussazioni anteriori traumatiche, le principali alterazioni sono il distacco del cercine glenoideo
dal bordo antero-inferiore della glenoide e lesioni dei legamenti che rinforzano la capsula nel
versante antero-inferiore.
Nelle lussazioni atraumatiche, in cui la capsula articolare è abnormemente ampia, può non
verificarsi alcuna lesione anatomica vera e propria o i legamenti antero-inferiori possono andare
incontro ad uno stiramento o a rotture parziali. Raramente, si verifica un distacco parziale del
cercine glenoideo.
Nelle lussazioni posteriori si verificano lesioni analoghe.

Quadro clinico e diagnosi


Nelle lussazioni anteriori sottocoracoidea e sottoclavicolare, il paziente lamenta dolore, spesso
violento, alla spalla, che non può essere mossa. Il braccio è addotto e leggermente extrarotato.
L’arto è sorretto dalla mano controlaterale, posta sotto al gomito, più o meno flesso.
Il segno obiettivo più classico è quello della “spallina militare”: palpando l’acromion si rileva, al di
sotto di esso, un vuoto invece che la rotondità della testa omerale. Questa può essere palpata
inferiormente o medialmente all’apofisi coracoide. La sensibilità tattile e dolorifica della regione
deltoidea può essere assente o notevolmente ridotta.
Le lussazioni posteriori sono più “infide” di quelle anteriori. Il dolore è spesso meno marcato.
L’arto è addotto ed intrarotato. Per la posizione d’intrarotazione la mano, a gomito esteso, guarda
verso l’indietro, ossia l’avambraccio e la mano stessa non possono essere supinati. Il segno della
spallina è generalmente rilevabile, ma è meno evidente che nelle forme anteriori.
La diagnosi strumentale viene effettuata con l’esame radiografico, che ha lo scopo di evidenziare
eventuali fratture, particolarmente del trochite, e identificare la direzione, anteriore o posteriore,
della lussazione. A questo scopo deve essere di norma effettuata la proiezione antero-posteriore, e
nel dubbio di lussazione anteriore o posteriore, anche la proiezione ascellare. Se questa non è
possibile a paziente sveglio per l’impossibilità di abdurre il braccio per il dolore, si deve effettuare
la proiezione anteero-posteriore nel piano della scapola (spalla interessata aderente alla cassetta
radiografica, corpo ruotato di 45° verso il lato opposto e raggio perpendicolare alla spalla
interessata). Se anche questa lascia dubbi, si deve effettuare una TC o la proiezione ascellare
durante l’anestesia, spesso necessaria per ridurre la lussazione.

Trattamento
Consiste nella riduzione della lussazione e nella successiva immobilizzazione della spalla. La
riduzione può essere effettuata a paziente sveglio, ma spesso ciò non è possibile, particolarmente
nelle lussazioni traumatiche, per il dolore causato dalle manovre di riduzione. In questo è necessaria
un’anestesia generale.
Per le lussazioni anteriori sono state descritte varie manovre di riduzione. Le due più note e
praticate sono la manovra di Ippocrate e quella di Kocher, ideate, per altro, per essere effettuate e
paziente sveglio.
La manovra di Ippocrate consiste nel porre il paziente supino e trazionare energicamente l’arto,
mentre si effettua una controrotazione con il piede posto sull’ascella del paziente.
La manovra di Kocher è quella comunemente usata. Si trazione il braccio dal gomito, flesso a 90°.
Successivamente si adduce ed extrarota il braccio per far rientrare la testa omerale nella cavità
glenoide.
In anestesia, peraltro, la riduzione avviene di solito molto facilmente, trazionando ed intrarotando
l’arto.
La spalla viene poi immobilizzata in adduzione con una fasciatura (o tutore) alla Desault per 3
settimane.
Nelle lussazioni posteriori si effettuano le manovre opposte: adduzione e poi extrarotazione del
braccio. Questo viene immobilizzato in rotazione esterna a 45° (mano che guarda in avanti) per un
tempo uguale a quello delle forme anteriori.

Complicazioni
La lussazione anteriore può provocare una lesione del nervo ascellare, che innerva il deltoide e la
cute sovrastante. La lesione può essere provocata anche dalle manovre di riduzione e, quindi, si
deve saggiare la sensibilità cutanea della regione deltoidea prima e dopo la riduzione.

Lussazione recidivante
Dopo una prima lussazione traumatica, il paziente riprende di norma la completa funzione della
spalla. Successivamente può non avere alcuna lussazione o, dopo un periodo di completo benessere,
andare incontro ad una nuova lussazione per un trauma violento quanto quello della prima
lussazione, o minore. Di nuovo, dopo un periodo di benessere, la spalla può rilussarsi e ciò può
avvenire da poche a decine di volte. Quando le lussazioni sono numerose (lussazione abituale), esse
avvengono per traumi modesti e il paziente è capace di solito di effettuare la riduzione da solo.
La probabilità di recidive è tanto più elevata quanto più giovane è il paziente al momento della
prima lussazione. Gli adolescenti si rilussano, una o più volte, nella quasi totalità dei casi. Dopo i 40
anni, la frequenza si riduce del 30%.
La causa delle rilussazioni, in questi casi, è la lesione del cercine glenoideo (lesione di Bankart) e/o
dei legamenti capsulari, che hanno perso la capacità di stabilizzare la testa omerale nella cavità
glenoide.
Una lussazione recidivante si verifica quasi esclusivamente nelle forme anteriori.
Esame obiettivo e diagnosi
Tra un episodio e l’altro l’esame obiettivo della spalla è, di norma, negativo. Per la diagnosi può
essere utile la TC e, soprattutto, la RM, che possono dimostrare una lesione del cercine glenoideo.

Trattamento
In linea generale, nei pazienti che hanno avuto due lussazioni non viene attuato alcun trattamento.
In quelli che ne hanno avute tre o più, vi può essere un’indicazione chirurgica, soprattutto se le
lussazioni sono ravvicinate nel tempo, e se il paziente è in età giovanile e/o effettua attività sportive
a rischio per la spalla.
Sono stati ideati numerosi tipi di intervento. I due più in uso sono: la rifissazione alla glenoide del
cercine glenoideo distaccato o la trasposizione in basso dell’apofisi coracoide.
La rifissazione del cercine glenoideo viene effettuata mediante “ancore” infisse sul bordo della
cavità glenoide. Questo intervento può essere effettuato a cielo aperto o in artroscopia. Con il
secondo tipo di intervento, si distacca l’apice della coracoide con i muscoli ad esso inseriti e lo si
fissa sul collo della scapola con una vite, realizzando una sorta di ostacolo osteo-muscolare alla
lussazione della testa omerale.
La spalla viene poi immobilizzata per 2-6 settimane, secondo la tecnica usata. Una recidiva della
lussazione, dopo l’intervento, si verifica in circa il 5% dei casi.

Instabilità atraumatica
Questo tipo di instabilità è dovuto ad un’eccessiva ampiezza della capsula articolare e/o ad
un’abnorme lassità capsulo-legamentosa.

Anamnesi
In alcuni casi il paziente riferisce di aver avuto inizialmente una lussazione per un trauma modesto e
da allora delle sublussazioni, ridottesi spontaneamente o con un movimento di intrarotazione del
braccio; talora, anche la prima è solo una sublussazione. Alternativamente il paziente, generalmente
adolescente o giovane adulto, ha delle vere lussazioni per traumi modesti o senza alcun trauma, ed è
capace di ridurre la lussazione da solo. Il terzo tipo di storia clinica comprende sublussazioni
alternate a lussazioni, in assenza di traumi importanti.

Instabilità uni- o pluridirezionale


Per lo più la lussazione o sublussazione è solo anteriore. Più raramente, essa è anteriore e inferiore o
anteriore, inferiore e pesteriore.
Esame obiettivo e diagnosi strumentale
Nelle instabilità anteriori due manovre hanno importanza diagnostica: la manovra dell’apprensione
e quella del cassetto. Nel primo caso, il paziente ha paura o anche dolore quando l’esaminatore
abduce ed extrarota il braccio, e spinge la testa omerale verso l’avanti. La manovra del cassetto
consiste nell’afferrare il braccio del paziente e spingerlo con forza anteriormente. La manovra è
positiva se si apprezza una traslazione eccesiva della testa omerale.
Nelle instabilità inferiori è positivo il segno del solco: trazionando distalmente il braccio, questo si
sposta in basso in misura maggiore che di norma e sotto l’acromion si apprezza un vuoto (o solco).
Nelle instabilità posteriori, la testa omerale può essere sublussata posteriormente.
Per la diagnosi sono utili l’artro-TC e l’artro-RM, consistenti nell’introdurre mezzo di contrasto
nell’articolazione ed eseguire poi l’esame. Ambedue possono dimostrare l’eccessiva ampiezza della
capsula articolare.

Trattamento
Quando l’instabilità è modesta il trattamento consiste nel rinforzare, con ginnastica appropriata, i
muscoli che si oppongono alla lussazione o sublussazione; ad esempio, nelle forme anteriori, il
sottoscapolare, il grande pettorale e il grande dorsale.
Se la ginnastica è inefficace, si può effettuare un intervento di capsuloplastica, diretto a ridurre
l’ampiezza della capsula articolare antero-inferiormente e/o posteriormente.
I risultati del trattamento chirurgico sono soddisfacenti nell’80% dei casi. Negli altri, persistono una
sensazione soggettiva di ipermobilità della testa omerale o delle sublussazioni della testa.

Bibliografia
Ortopedia e traumatologia. Medicina fisica e riabilitativa (seconda edizione, 2009)
di Franco Postacchini, Ernesto Ippolito, Andrea Ferretti

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