Sei sulla pagina 1di 25

« Italia contemporanea » dicembre 1980, fase.

141

Socialismo e combattentismo: la Lega


proletaria. 1918-1922

La storiografia italiana di questo secondo dopoguerra ha in più di una occasione


fatto giustizia delle interpretazioni agiografiche e propagandistiche del regime
fascista sul movimento combattentistico, senza tuttavia riuscire a liberarsi com­
pletamente dall’ipoteca di una visione riduttiva, concentrata sull’analisi della
componente « nazionale » dell’organizzazione dei reduci *. L’indubbio progresso
registrato dagli studi con la pubblicazione del ricco volume di G. Sabbatucci12 ha
giustamente rivalutato la presenza all’interno delle organizzazioni nazionali di una
forte ma minoritaria componente democratica di contro all’appiattimento delle
analisi tradizionali tutte tese a riscontrare nel « movimento » un serbatoio di for­
ze proto e filo-fasciste.
Tutti questi studi hanno comunque rivolto la propria analisi alle vicende politi­
co-istituzionali dei gruppi dirigenti, alla loro scarsa coesione politica ed ideologi­
ca e alla conseguente rapida caduta della parabola organizzativa; limitata atten­
zione è stata invece dedicata alla massa degli iscritti, alla composizione sociale, al
rapporto con la società civile in generale e con i diversi partiti politici in partico­
lare, ai rapporti tra base e gruppi dirigenti e tra le varie organizzazioni di ispira­
zione combattentistica. Pur sottolineando l’accentuato antisocialismo dei pro­
grammi e dell’attività in generale, non se ne è mai, a mio modo di vedere, tenta­
to di ricollegare le espressioni più palesi all’indagine della composizione per ca­
tegorie professionali; in altri termini non se ne è colto il vizio d’origine, Tesser

1 T ro pp o am pia per qui ricordarla la p ro d u zio n e in ep o ca fa scista , ricca soprattutto di


m em orie: è com u n q u e sig n ifica tiv o ricordare co m e la storiografia d em ocratica d el seco n d o d o­
p oguerra abbia fa tto o g g etto di riflessione il m o v im en to co m b atten tistico alla ricerca di p rece­
d en ti sto rici per esperim en ti p o litici in corso: tip ico l ’in terven to di leo valiani, Un incuna­
bolo del Partito d’azione nell’altro dopoguerra, in ID ., Dall’antifascismo alla Resistenza, M ilan o,
F eltrin elli, 1959, pp. 2 4-38), o per van tare, di contro alla con clam ata fa scististizza z io n e del-
l ’A n c, i m eriti a n tifa scisti di alcu n i d irigenti d ella prim a ora (cfr. ad e sem p io , Livio pivano,
La ventisettesima legislatura. L ’opposizione in aula, A lessan d ria, 1974; arturo codigno-
la , I combattenti di Assisi, M od en a, S T E M , 1965; e Ettore viola, Combattenti e Mus­
solini dopo il congresso di Assisi, F iren ze, L ’Im pronta, 1975). A n ch e il panoram a in tern azio­
nale d ella storiografia sul co m b a tten tism o con ferm a la a tten zion e e la sottolineatu ra d elle vi­
cen d e d i sin g o li m ov im en ti n a zion al-governativi (cfr. il quadro forn ito da The War Generation.
Vétérans of thè First World War, ed ited b y S teph en R . W ard, P ort W ash in gton , N e w Y ork -
L on d on , 1975); lo stesso p reg ev o le e m o n u m en ta le con trib uto di Antoine prost , Les
Anciens Combattants e la société française (1914-1939), 3 v., Paris, P resse d e la F ondation
n a tio n a le des S cien ces p o litiq u es, 1977, pur co sì ricco di spunti e di in d ica zio n i m etod o lo g ich e
n on riesce ad allargare la propria ricerca a lle forti organ izza zio n i co m b atten tistich e della
sinistra operaia fra n cese.
2 v . Giovanni sabbatucci, I combattenti nel primo dopoguerra, Bari, Laterza, 1974.
6 Gianni Isola

cioè un « compositum » sociale di elementi provenienti da diverse categorie e


pertanto con interessi obiettivamente divergenti, nè se ne è ricollegata la presenza
al dato sociale più importante espresso dalla guerra mondiale: 1’« ingresso delle
masse » sulla scena politica3.
Eppure non mancano nella pubblicistica contemporanea tentativi di analisi e sug­
gerimenti di metodo molto precisi in proposito e suscettibili, se sviluppati, di for­
nire un quadro molto ampio e certo più ricco di questo singolare fenomeno: mi
riferisco alle intelligenti osservazioni di Camillo Bellieni e di Ruggero Grieco4, ma
anche e soprattutto alle affermazioni gramsciane, espresse in ripetute occasioni,
sul ruolo del movimento combattentistico. Analizzando ad esempio le tre grandi
componenti del « movimento corporativo » delle campagne all’indomani delle
elezioni del novembre 1919, Gramsci indicava:
« I Sindacati cattolici di contadini: essi stanno ai lavoratori della terra confederati nello
stesso rapporto degli operai dell’Unione sindacale agli operai confederati: masse di ele­
menti proletari che introducono nel sindacalismo principi estranei e contraddittori (la
religione — la vaga e caotica aspirazione libertaria).
Leghe di contadini e Camere del lavoro sparse qua e là in tutta l’Italia, ma specialmente
nell’Italia meridionale e nelle isole; esse sono una caratteristica della mancanza di coe­
sione dell’apparato economico e politico nazionale: sono nate per la spinta individuale
e vivacchiano alla giornata esaurendo la loro attività in movimenti caotici e senza indi­
rizzo permanente concreto.
Leghe proletarie dei mutilati e dei reduci di guerra, associazioni libere dei reduci ed
ex-combattenti: rappresentano il primo grandioso tentativo di organizzare le masse con­
tadine » 5.
Indicazione che anche la storiografia del movimento operaio italiano non ha colto
e sviluppato forse per la pesante ipoteca del giudizio taschiano sul rapporto Psi-ex
combattenti6, tanto da cancellare quasi totalmente dalla sua memoria e da quella
dei suoi militanti la esistenza e le vicende della Lega proletaria mutilati invalidi
reduci orfani e vedove di guerra, che costituiscono l’oggetto di questa ricerca.
Ciò ha impedito che a tutt’oggi si potesse dare un quadro organico delle vicende

3 Per u n a a n a lisi co m p lessiv a d ella q u estio n e v . Alberto caracciolo , L’ingresso


delle masse sulla scena europea, in 11 trauma dell’intervento-. 1914/1919, F iren ze, V a lle c c h i, 1968,
pp. 7-26.
■* Cfr. camillo bellieni , L ’associazione dei combattenti. Appunti per una storia del­
l’ultimo quinquennio, in « L a C ritica p o litic a » , 5 (1924), n . 7, p p . 301-15; e buggero
grieco , Il movimento dell’Italia Libera, in « P rom eteo » , 1 (1924), n. 1 ora in ID ., Scritti
scelti, a cura di enzo modica, p refa zion e di Giorgio amendola, v. 1, R om a, E ditori
R iu n iti, 1966, p p . 56-64.
5 Cfr. Antonio Gr a m s c i , Il problema del potere, in « L ’O rd in e n u o v o » , 1919, n . 28,
p . 215, ora in ID ., L ’Ordine nuovo 1919-1920, T o r in o , E in au d i, 1955, p . 57 (La sottolineatu ra
è m ia). G ià in preced en za G ram sci avev a rich iam ato l ’a tten zion e d el m ov im en to op eraio su l­
l ’esig en za di adeguare m en ta lità e strutture per favorire il p rocesso di trasform azion e d elle
grandi m asse p o p o la ri a v v ia to d alla guerra, p o ch i giorn i d o p o la fo n d a z io n e d ella L ega pro­
letaria: « U n a c o scien za n u o v a di cla sse è sorta: e n o n so lo n e ll’officin a , m a an ch e in trincea,
ch e offre tante c o n d izio n i di v ita sim ili a q u elle d e ll’officin a. Q u esta c o scien za è elem entare:
la c o n sa p ev o le zza dottrinaria n o n l ’ha ancora form ata. E ’ m ateria grezza n o n ancora m o d e l­
lata. L ’artefice d ev e essere la nostra d ottrina. Il m ovim en to p o litic o proletario d ev e assorbire questa
m assa: d ev e d iscip lin a rla , d ev e aiutarla a diven tare co n sa p e v o le d ei propri b isogn i m ateriali c
spirituali, d ev e educare i sin g o li in d iv id u i c h e la co m p o n g o n o a solid arizzare perm anente-
m ente e organ icam en te tra lo ro , d ev e d iffon d ere n e lle co sc ie n z e in d ivid u ali la p ersuasion e
n etta, p recisa, ra zio n a lm en te acq u ista ta , c h e so lo n e ll’organ izza zio n e p o litic a ed eco n o m ica è
la v ia d ella sa lu te in d iv id u a le e so c ia le , ch e la d iscip lin a e la solid arietà n ei lim iti del partito
so c ia lista e d ella co n fed era zio n e so n o d o v eri im p r en scin d ib ili, son o i doveri d i ch i si afferma
fautore della d em ocrazia so c ia le . (C fr. A. g r a m sc i , Il dovere di essere forti, in «A van ti! »,
25 novem bre 1918, ora in ID ., Scritti giovanili 1914-1918, T o r in o , E in au d i, 1958, p. 339).
6 v. angelo tasca , Nascita e avvento del fascismo. L ’Italia dal 1918 al 1922, con una
prem essa di Renzo de f e l ic e , v . 1, Bari, L aterza, 165, pp. 157 e segg.
Socialismo e combattentismo 7

del combattentismo in Italia, che se ne cogliessero le espressioni molteplici e di


diverso orientamento politico ed ideale. Sarebbe bastata una più attenta riflessio­
ne non solo sulla composizione sociale dell’esercito italiano nella prima guerra
mondiale e sull’estensione dei programmi di assistenza governativa ai reduci da un
lato, ma anche sui limiti e sulle pregiudiziali politiche delle associazioni « nazionali »
più conosciute dall’altro, per comprendere come gran parte degli italiani coinvolti
nel conflitto sarebbero non solo rimasti esclusi dalle provvidenze stabilite per i
reduci, ma anzi avrebbero assistito senza reagire alla creazione di una nuova ca­
tegoria di privilegiati « per meriti di guerra », come quella che il mito del combat­
tente sembrava proporsi di costituire 7. Se è certo indiscutibile la sottovalutazione
da parte del Psi del combattentismo, da ascriversi alle insufficienze e alle debo­
lezze del massimalismo imperante di cui la storiografia ha già chiaramente enu­
cleato i lim iti8, è altrettanto indiscutibile che la contrapposizione artificiosa fra
movimento operaio e reduci mostra la corda ad una analisi che, al di fuori delle
polemiche del tempo e delle strumentalizzazioni propagandistiche immediatamen­
te successive, si proponga di comprendere Patteggiamento dei socialisti e del mo­
vimento operaio verso la guerra e i suoi protagonisti da un lato e dall’altro il
ruolo storico del Psi prima del Pcd’I poi negli anni cruciali del biennio rosso e
della progressiva affermazione del regime fascista, come poli di attrazione dell’an­
tagonismo popolare allo Stato liberale ormai in crisi.
A mio modo di vedere dunque, l’analisi storica del movimento combattentistico
in tutte le sue manifestazioni non può prescindere dall’analisi parallela e comparata
delle vicende del movimento operaio italiano nelle sue espressioni organizzate
e dei nuclei democratici in via di organizzazione alla ricerca della costruzione
di un nuovo assetto dello Stato nazionale; il combattentismo non solo nella crisi
dello Stato liberale, ma elemento esso stesso della crisi ed espressione della organiz­
zazione dalle grandi masse subalterne per la prima volta affacciatesi alla ribalta
della vita politica nazionale. Da questo punto di vista, credo, le vicende del mo­
vimento combattentistico, la sua parabola organizzativa, la gamma di interventi
in campo politico e sociale assumono una nuova carica di interesse che supera
l’equivalenza combattentismo= fascismo o la formula dialettica movimento ope­
raio-reduci, per coglierne i valori di lungo periodo nella storia d ’Italia negli anni
cruciali dell’affermazione del regime fascista.
Già nel corso della guerra militanti socialisti avevano concorso a formare la pri­
ma organizzazione combattentistica, da cui sarebbero derivate tutte le successive:
l’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra9, al cui interno, riconfer­
mando l’impegno assistenziale verso le vittime della guerra, avevano ricoperto
cariche dirigenti. Questo episodio, collegato all’intensa attività delle maggiori
amministrazioni socialiste proprio nel campo dell’assistenza10, testimonia dell’ini-

7 Per la composizione sociale dell’esercito ed, in generale, per la grande operazione pro­
pagandistica promossa dalla classe dirigente attraverso l’UlTicio P., v. pierò m elograni,
Storia politica della grande guerra 1915-1918, Bari Laterza, 1969, passim.
8 Cfr. A. tasca , Nascita e avvento..., cit., passim e gaetano arfe ’, Storia del socia­
lismo italiano (1892-1926), Torino, Einaudi, 1965, p. 274.
9 Per le vicende dell’Anmig e in generale del combattentismo nazionale v. G. sabbatuc -
c i , I combattenti..., cit., passim.
10 Sulle dimensioni dell’apporto umanitario del Psi v. p. m elograni, Storia politica...,
cit., pp. 271 e segg.; per l’intervento di alcune amministrazioni socialiste in centri maggiori e
minori v. nazario sauro onofri, La grande guerra nella città rossa, Milano, Edizioni
del Gallo, 1966, passim; paolo spriano , Storia di Torino operaia e socialista. Da De
Amicis a Gramsci, Torino, Einaudi, 1972, p. 311 e segg.; e ernesto ragionieri , Un co­
mune socialista: Sesto Fiorentino, Roma, Editori Riuniti, 1976:, p. 189 e segg.. Fra le numerose
8 Gianni Isola

ziale volontà unitaria dei socialisti nel campo dell’assistenza e dell’organizzazio­


ne delle vittime di guerra: volontà che dovette però in seguito fare i conti con le
prospettive ed i programmi delle componenti moderate e nazionaliste dell’An-
m igu . Solo in questo momento i socialisti abbandonarono il progetto di gestire
unitariamente la questione del reduce approvando l’iniziativa di un gruppo di
reduci socialisti di costituire una associazione separata e antagonista alle nascenti
organizzazioni borghesi e filo-governative 12.
Una riunione alla Camera del lavoro di Milano il 9 novembre 1918 segnò, con la
promulgazione di un manifesto apparso sull’« Avanti! » l’inizio del processo di
organizzazione autonoma da parte dei socialisti. Come avrebbe spiegato meglio
pochi giorni dopo, sempre sull’« Avanti! », Cesare Seassaro, il più convinto so­
stenitore della Lega proletaria ed uno dei suoi massimi dirigenti, lo scopo fon­
damentale era quello di reagire ai tentativi di perpetuare in epoca di pace legami
gerarchici e spaccature tradizionali, aggravatesi nel corso della guerra, fra cate­
gorie diverse di lavoratori, sulla base dei quali costituire un forte consenso di mas­
sa agli esponenti governativi della classe dominante, relegando il movimento ope­
raio e il suo maggior rappresentante politico ad un ruolo secondario e del tutto
marginale in vista delle nuove dimensioni di massa della lotta politica. Il richia­
mo alla solidarietà di classe e al coordinamento dell’azione a quella dei maggiori
istituti del movimento operaio organizzato - infatti, mentre si affidava alla Cgdl
la formulazione di un piano organico di difesa degli interessi economici, così si
faceva carico al Psi di assolvere i compiti rappresentativi in sede parlamentare e
politica in generale - rispondeva innanzitutto alla necessità obiettiva di coordina­
re l’attività rivendicativa dei reduci a quella di tutto il proletariato, contrappo­
nendo la forza dello « Stato » operaio ai favori e ai finanziamenti governativi ai
« nazionali ». In realtà restrinse il raggio d’azione e la possibilità di penetrazione
propagandistica della nascente Lega proletaria, facendola apparire agli occhi di
gran parte degli ex combattenti « settaria », una vera e propria « succursale del
Partito e della frazione massimalista », come l’avrebbe in seguito definita Angelo
Tasca 13.
La sostanza di questo giudizio politico, prima che storico, che si riallaccia a quel­
lo della contrapposizione tout court fra Psi e movimento combattentistico, è, se­
condo me, sostanzialmente fuorviante: come sarebbe stato difatti possibile ai mili­
tanti operai accettare, - all’interno di una grande organizzazione combattentistica
comprendente tutti gli ex combattenti, dai nazionalisti agli interventisti democra-

iniziative autonome di importanti figure del socialismo di allora, merita ricordare, per la
prosecuzione che essa ebbe nella Lega proletaria, quella del deputato e medico Fabrizio Maffì,
che aveva aperto nel suo ambulatorio vercellese un centro di assistenza medico-legale per
mutilati e feriti di guerra completamente gratuito, espletando ben 790 pratiche (cfr. « Avanti! »,
26 febbraio 1919).
11 Cfr. I l « M a n ife s to al p a e s e » d e ll’A n m ig , pubblicato in appendice di G. sabbatucci ,
I c o m b a tte n ti..., cit., pp. 385-9, che preluse alla costituzione dell’Anc.
12 Una riunione preparatoria si era tenuta già nell’ottobre 1918 nello studio legale di Cesare
Seassaro, con la partecipazione di Amilcare Locatelli (il famoso «Travet rosso» della rubrica
P ro b le m i d e lla sm o b ilita z io n e sull’« Avanti! »), dei deputati Fabrizio Malli e Francesco Beltrami,
di Giuseppe Palmiotta, ferito e reduce di guerra, e del « terribile » Mezzadri, un non meglio
identificato mutilato del lavoro in rappresentanza della federazione provinciale del Psi; durante
questa riunione fu probabilmente preparata la bozza del manifesto-programma pubblicato col
titolo L a c o s titu z io n e d e ll’A s s o c ia z io n e so c ia lista fr a m u tila ti, in v a lid i e re d u c i d i g u erra , in « Avan­
ti », 12 novembre 1918 [cfr. il travet rosso (Amilcare Locatelli), C o m e si fo n d ò , c o m e v iv e e
co sa v u o le la L eg a p ro le ta ria fra m u tila ti e re d u c i d i g u erra, in «Avanti! », 20 dicembre 1919,
ripubblicato poi integralmente in « Spartacus », 2 (1920), n.l.]
13 Cfr. A. tasca , N a s c ita e a v v e n to ..., cit-, p. 158.
Socialismo e combattentismo 9

tici di sinistra, dai cattolici pacifisti agli stessi socialisti, un coacervo di forze poli­
tiche e sociali diverse - la collaborazione con i protagonisti del « maggio radioso »
senza rimettere in discussione la ferma opposizione alla guerra, privando il par­
tito della possibilità di raccogliere quel consenso e quella simpatia suscitati fra i
principali protagonisti del conflitto mondiale? Consenso e simpatia i cui risultati
furono esaltati dal successo elettorale dei due partiti antibellicisti nel novembre
1919 da un lato e dall’altro dal contemporaneo fallimento delle liste autonome dei
reduci e di quanti in generale si richiamarono all’ideologia di guerra. L’unità del­
la compagine combattentistica era sin dalle origini stesse un obiettivo ben diffi­
cile da raggiungere: si sarebbe potuta concretizzare teoricamente solo a livello
sindacale e assistenziale, ma mai a livello politico, piano che sin dall’inizio si era
rivelato come la sostanza stessa della questione del reduce. Se rottura e contrap­
posizione vi fu da parte del movimento operaio non riguardò mai il movimento
combattentistico nel suo insieme, quanto quelle minoranze di esso raccolte nelle
associazioni d’arma, come la Federazione arditi d’Italia o l’Associazione volonta­
ri di guerra, che, non a caso, avrebbero fornito i primi e i più turbolenti elementi
dello squadrismo fascista. Ci si oppose, è vero, all’esaltazione dei miti di guerra,
ma i militanti operai dimostrarono grande rispetto per chi si era comportato va­
lorosamente al fronte, ed anzi molti di essi portavano con orgoglio le loro deco­
razioni, non rinnegando un passato, che nessuno all’interno del partito, chiese
mai loro di rinnegare.
Una conferma indiretta della fluidità delle posizioni fra combattenti proletari e
nazionali, per lo meno per tutto il 1919, proviene dai termini stessi con cui si svol­
se la campagna propagandistica delle due organizzazioni, punteggiata dal passag­
gio di sezioni dall’uria all’altra delle concorrenti, ma soprattutto dai ripetuti
tentativi di fusione proposti al vertice ed abortiti anche per reazione alla poli­
tica discriminatrice messa in atto dalle autorità militari contro i reduci socia­
listi 14*17.
La doppia anima di tutto il movimento combattentistico - il perenne contrasto
fra le funzioni assistenziali proprie dell’organizzazione e le prospettive politiche
che il movimento di massa portava in sè sino dalla fondazione - all’interno della
Lega proletaria si materializzò nella continua contrapposizione fra riformisti
(gruppi cioè tesi a privilegiare l’azione rivendicativa più immediata di ispirazione
confederale) e massimalisti-rivoluzionari (quanti tendevano cioè ad accentuare il
ruolo propagandistico e organizzativo della Lega e dei reduci verso obiettivi più
squisitamente politici a fianco del partito); un contrasto che, d ’altro canto, ripete­
va l’eterna contrapposizione fra le due contrastanti tendenze del movimento ope­
raio e del Psi in particolare. Meno incisivo il ruolo di anarchici e sindacalisti
rivoluzionari, le altre due formazioni politiche presenti nella compagine organiz­
zativa della Lega, perlomeno al vertice, mentre la loro presenza in sede locale

14 Assai spesso la costituzione della sezione combattentistica era preceduta dal contraddit­
torio pubblico fra i propagandisti proletari e nazionali: fra gli scontri polemici più significativi
riportati dalla stampa socialista, ricorderò, a titolo di esempio, quello di Busto Arsizio, dove
sono presenti da un lato Pallante Rugginenti per la Lega e Carlo Azimonti per la Cgdl, dal­
l’altro Dante Ballarati, uno dei maggiori esponenti repubblicani dell’Anmig, che si concluse
con la fondazione della sezione della Lega (cfr. «Avanti! », 23 e 24 gennaio 1919). Nonostante
ciò fu proprio in sede locale che si dovettero lamentare casi lampanti di vessazioni a danno
dei reduci proletari, di cui il Gps si fece portavoce alla Camera (v. ACS, Min. Int., Dir. gen.
P.S., Div. AA GG e R, Conflagrazione europea, b. 19-21, 9/2, fase. Caserta ed anche «Avanti! »,
17 marzo 1919, solo per citare alcuni esempi). Sui contatti in previsione di una eventuale fu­
sione cfr. c. sabbatucci, I combattenti..., cit., pp. 81 e segg.
10 Gianni Isola

sì realizzò nell’assunzione della direzione di alcune importanti federazioni pro­


vinciali. Con il combattentismo da un lato e con il movimento operaio dall’altro
la Lega proletaria condivise gli avvenimenti e gli entusiasmi del biennio rosso;
dall’estate del 1920 in poi si ebbe un progressivo decadimento non solo sul piano
organizzativo e degli iscritti, ma anche sul piano delle capacità effettive di inci­
dere nella realtà sociale italiana ormai avviata verso gli anni bui del fascismo ls.
L’impegno propagandistico assorbì completamente l’attività dei dirigenti la Lega
nei primi sei mesi di vita: i risultati della vasta campagna, a cui contribuirono
autorevoli esponenti del Gruppo parlamentare socialista e soprattutto quadri inter­
medi della Cgdl, furono valutati e esaltati nel corso del I Congresso nazionale della
Lega proletaria che si tenne a Milano dal 29 giugno al 1° luglio 1919. Al centro delle
tre giornate di lavori la discussione sulla bozza di statuto, proposto dal Cc provviso­
rio uscente: il dibattito fu particolarmente acceso sul primo e sul sesto articolo, ri­
guardanti rispettivamente la questione dei rapporti fra la Lega e la Cgdl e dei criteri
fondamentali per l’ammissione dei soci. La formulazione del primo articolo dette
luogo ad una lunga serie di « obiezioni e proposte », fra cui una addirittura di
sospensione, dato che da essa sarebbe dipeso il tipo di azione che ci si sarebbe
proposti di svolgere: la soluzione approvata di « adesione », senza fissare rigidi
legami di dipendenza dall’organizzazione sindacale - di cui nel contempo si ri­
conosceva il contributo fondamentale alla costituzione e alla diffusione della
Lega - lasciò in pratica irrisolta la questione ed il contrasto fra fautori della stretta
dipendenza (circa i tre quinti dell’assemblea) e quelli della completa autonomia.
Il problema dei rapporti col movimento sindacale confederale avrebbe in seguito
generato continue discussioni e profonde rivalità, sino ad incidere profondamente
e negativamente sulla solidità della compagine associativa.
Il nodo centrale, attorno a cui ruotò tutto il dibattito sull’articolo sesto, era co­
stituito dalla questione se accettare o meno la adesione degli ex-ufficiali, di quanti
cioè, generalmente provenienti da strati sociali piccolo e medio borghesi, avevano
maturato il loro avvicinamento al socialismo e alla lotta di classe sulla base
dell’esperienza bellica. La formula di compromesso, in base a cui ne sarebbe stata
accettata l’adesione solo nel caso che i candidati fossero già da tempo « iscritti
nelle organizzazioni di mestiere confederate » 16, accettava la impostazione pro­
posta dal Comitato centrale provvisorio nella bozza presentata, ma confermava le ca­
renze di fondo e le difficoltà ad affrontare ed avviare a soluzione gli effetti negativi di
quell’atteggiamento allora assai diffuso, che Grieco avrebbe definito « reazione del
proletariato e del contadiname contro l’intellettualismo interventista », sotto cui rie­
mergeva l’assenza di parole d’ordine e di programmi d’azione, che saldassero stretta-
mente i problemi e le rivendicazioni delle masse dei lavoratori a quelle degli
strati sociali interm edi17.
Negli altri articoli lo statuto confermava la volontà di procedere sul terreno della
lotta di classe assieme alle « organiche rivendicazioni del proletariato, che prelu-1567

15 La Anc stessa, dopo il II Congresso nazionale (Napoli, agosto 1920), accantonata per i
contrasti interni la prospettiva della creazione del Partito politico del Rinnovamento sulla base
della propria intelaiatura organizzativa, ridusse progressivamente la propria azione alle fun­
zioni puramente assistenziali sino ad entrare nell’orbita del nascente regime (cfr. G. sabba-
t u c c i , I combattenti..., cit., pp. 343 e segg.).
16 II testo conclusivo ripeteva i termini già pubblicizzati in Gli ufficiali e la Lega, in
«A vanti!», 18 maggio 1919.
17 Cfr. r . grieco, Il movimento dell’Italia..., cit. p. 58.
Socialismo e combattentismo 11

dono alla sua emancipazione dallo sfruttamento capitalistico », il pacifismo e


l’antimilitarismo come principi ispiratori nel paese e in campo internazionale,
invitando in più di un’occasione a costituire una Lega internazionale contro i
pericoli di nuove guerre. Definita la propria struttura organizzativa (sezioni co­
munali di almeno dieci iscritti, federazioni provinciali, regionali, consiglio nazio­
nale e comitato centrale), affiancata dalla parallela costituzione di Uffici di con­
sulenza legale e di assistenza medico-legale tutti facenti capo ad un Ufficio cen­
trale diretto da Fabrizio Maffils, lo Statuto affrontava il problema delicato del­
l’organo di stampa: fino ad allora la stampa socialista in generale aveva ampia­
mente appoggiato la azione della Lega soprattutto in sede locale mentre « Batta­
glie sindacali », l’organo della Cgdl, aveva assolto ufficiosamente le funzioni di
bollettino sino dal maggio 189. Il problema venne risolto affidandone la preparazio­
ne e la direzione a Cesare Seassaro, che tuttavia riuscì a far uscire il primo nu­
mero di « Spartacus » (questo il significativo titolo dell’organo della Lega che
oltre a richiamare il nome dello schiavo di Tracia, voleva nelle intenzioni dei
promotori riferirsi direttamente all’esperienza rivoluzionaria dello Spartakusbund
di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg) solo dopo le elezioni del novembre
191920.
11 valore propagandistico dei risultati del congresso - di cui la stampa socialista
si impegnò a pubblicizzare l’ordinato svolgimento di contro al caotico congresso
dell’Anc che si tenne contemporaneamente21 - ebbe immediata conferma nel
crescente numero di adesioni, nel sempre più frequente passaggio di sezioni dal-
l’Anc alla Lega proletaria; contemporaneamente il lancio di alcune iniziative in
prima persona, come la partecipazione all’occupazione delle terre22 o la giornata
di mobilitazione generale per ottenere l’equiparazione dei contributi governativi

18 L’Ufficio centrale ebbe sede a Roma dopo il Congresso, ma aveva già cominciato a fun­
zionare a Milano sino dal dicembre 1918, sulla falsariga dell’attività già espletata da Maffi in
questo campo; nel primo mese di attività aveva risolto 121 pratiche di cui; pratiche per assi­
stenza 3; domande di pensione 28; indennità di convalescenza 19; indennità di guerra 11; ricor­
si al Ministero 18; ricorsi alle sezioni miste 17 (cfr. L’opera della Lega nazionale proletaria
Ira mutilati, invalidi, feriti e reduci di guerra, in «A vanti!», 22 gennaio 1919).
19 Per lo svolgimento dei lavori del congresso v. Primo congresso nazionale della Lega pro­
letaria mutilati e reduci di guerra, in «A vanti!» 1° luglio 1919; Jl congresso della Lega pro­
letaria fissa i termini precisi della sua costituzione, ibid., 4 luglio 1919.
20 II primo numero di « Spartacus », periodico a cadenza quindicinale, fu pubblicato a
Milano il 7 dicembre 1919 e immediatamente ritirato per ordine della Questura; identica sorte
subì il n. 2 (31 dicembre 1919). Solo col n. 1 del 1920 la sua pubblicazione fu consentita (15
gennaio 1920); il periodico continuò sino al maggio 1921 per un totale di 25 numeri.
21 Per una ampia cronaca del contemporaneo I Congresso dell’Anc v. G. s a b b a t u c c i , I
combattenti..., cit., pp. 98-119, che tuttavia minimizza il significato di certi scontri polemici.
Un ulteriore dimostrazione della parzialità delle autorità si ebbe in occasione di questi due
congressi; mentre agli ufficiali ancora in servizio venne concesso un regolare certificato di
viaggio col conseguente pagamento dell’indennità di trasferta ed ai partecipanti uno sconto del
75 per cento delle spese di viaggio per il congresso dell’Anc, la Lega proletaria non ottenne
alcuna riduzione e dovette lamentare l’assenza di 60 sezioni per un totale di 25.000 iscritti per
« ragioni finanziarie ».
22 Per uno studio complessivo del fenomeno è ancor’oggi necessario ricorrere a A l b e r t o
c a r a c c i o l o , L’occupazione della terra in Italia, Roma s.d. (ma 1950), pp. 27 e segg., i cui
risultati sono stati completati da R o b e r t o v i v a r e l l i , Il dopoguerra in Italia e l’avvento
del fascismo (1918-1922), v.l: Dalla fine della guerra all’impresa di Fiume, Napoli, ESI, 1967,
pp. 418-25, con lo spoglio dei documenti dell’Acs; per aspetti regionali del fenomeno v. in
particolare s i m o n a c o l a r i z i , Dopoguerra e fascismo in Puglia (1919-1926), Bari; Laterza,
1971, pp. 50-61; A l b e r t o c a r a c c i o l o , Il movimento contadino nel Lazio (1870-1922),
Roma, Rinascita, 1952, pp. 147-208; E n z o m i s e f a r i , Le lotte contadine in Calabria nel periodo
1918-1922, Milano, Jaca Book, 1972, pp. 159-74.
12 Gianni Isola

con le associazioni nazionali23, sembrò preludere ad una nuova fase di attività


soprattutto nel meridione, dove il radicamento della Lega si tinse di particolari
accenti24 e sottolineò la capacità e la duttilità dell’organizzazione combattenti­
stica di classe a penetrare strati sociali « nuovi », perché privi di esperienze orga­
nizzative. Pur non offrendo nessun programma politico alternativo o specifico
nel manifesto elettorale, ma chiamando gli elettori ad un voto negativo e di pro­
testa 2S, la Lega sembra aver notevolmente contribuito al successo socialista del
novembre 1919 « specialmente in molte regioni sinora impermeabili e refrattarie
alla propaganda socialista » 26, facendo da battistrada a quel lento e contraddit­
torio avvio di un processo di meridionalizzazione, che il Psi sembrava, più che
aver promosso, subire in quegli anni27.
Per analizzare la posizione dei reduci della sinistra nel quadro dei nuovi rapporti
di forza stabilitisi nel paese in seguito alle elezioni appena conclusesi e di fronte
ai nuovi compiti che il risultato sembrava proporre al movimento operaio in ge­
nerale e alla Lega in particolare, si riunì a Roma dal 14 al 16 dicembre 1919 il
primo Consiglio nazionale della Lega proletaria: la discussione si incentrò sulla
questione dei rapporti con il Psi, con il Gps e con l’Internazionale comunista al
fine di dare maggior rilievo e nuovo impulso alle finalità politiche della Lega,
esplicitamente indicate nella penetrazione propagandistica fra le masse disorga­
nizzate e nella attività « segreta » di preparazione dell’esercito rosso28. Nessun
stupore quindi quando il vicesegretario del Psi Nicola Bombacci annunciò ai pre­
senti che il partito si aspettava che la Lega, pur continuando nella sua azione

23 La Lega, mentre mobilitava il Gps per ottenere il contributo governativo di L. 500.000,


che già Anmig e Anc avevano ricevuto, si fece portavoce e agitatrice di un vasto programma
rivendicativo, che chiedeva l’immediata smobilitazione di tutti i contingenti ancora sotto le
armi, l’estensione delle provvidenze governative indistintamente a tutti i combattenti, e l’amni­
stia generale per tutti i reati, comuni, politici e militari maturati nel corso della guerra; pro­
gramma culminato con la proclamazione della giornata nazionale di agitazione per il 3 agosto
1919, vigilia dell’anniversario della proclamazione della guerra.
24 Molto significativa in proposito la testimonianza di Luigi Allegato: « Il centro dell’atti­
vità politica non era la sezione del Partito, bensì la Lega proletaria reduci di guerra. Gli
smobilitati, a preferenza, si iscrivevano a questa organizzazione e con questa lottavano per
le loro rivendicazioni immediate. La Camera del lavoro e la stessa Lega braccianti, che prima
della guerra costituivano il fulcro delle lotte dei lavoratori locali, ora vivacchiavano avendo
alla loro direzione dei vecchi compagni che, per l’età avanzata, non erano stati soldati » (cfr.
l u ig i allegato, Socialismo e comunismo in Puglia. Ricordi di un militante 1904-1924,
prefazione di m i c h e l e p i s t i l l o , Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 104).
25 Due i manifesti elettorali pubblicati: il primo redatto su insistenza di Serraticol titolo
l reduci e le elezioni, in «Avanti! », 5 ottobre 1919, il secondo La lega proletaria mutilati e
invalidi per il Psi e per la Cgl, in «Battaglie sindacali», 1919, n. 30. Accanto a queste inizia­
tive propagandistiche la Lega si preoccupò di informare i reduci sulle pratiche necessarie per
ottenere il diritto di voto e l’iscrizione alle liste elettorali comunali: fra gli altri, scrisse un
breve articolo sull’argomento Giacomo Matteotti, anch’egli reduce e socio della Lega proleta­
ria (v. G i a c o m o M a t t e o t t i , Il voto sottratto agli ex-combattenti, in « Avanti! », 5 otto­
bre 1919).
26 Cfr. l’analisi proposta da c e s a r e s e a s s a r o , La lega proletaria mutilati e reduci
di guerra, in Almanacco socialista italiano 1920, Milano, Edizioni Avanti!, 1920, p.434.
27 Sul valore crescente della presenza socialista nel meridione v. t o m m a s o d e t t i , Ser­
rati e la formazione del Partito comunista italiano. Storia della frazione terzinternazionalista
(1921-1924), Roma, Editori Riuniti, 1972, p. XXIX.
28 Non è il caso in questa sede di affrontare il tema così poco studiato e così denso di im­
plicazioni della militarizzazione del partito operaio rivoluzionario. Basti accennare che la presa
di coscienza del problema costituì la discriminante fra l’atteggiamento proprio dell’antimilitari­
smo negativo di tradizione second’internazionalista e l’antimilitarismo positivo di Lenin e della
Terza Internazionale, secondo le acute osservazioni di G i o r g i o r o c h a t , Antimilitarismo
e esercito rosso della stampa socialista e comunista del primo dopoguerra (1919-1925), in « Il
movimento di liberazione in Italia », 1964, n. 76, pp. 3-42.
Socialismo e combattentismo 13

umanitaria di assistenza, privilegiasse i compiti politici di organizzazione di « tut­


te le forze vitali del proletariato » secondo criteri militari: il Psi avrebbe fornito
i mezzi finanziari necessari alla Lega, che da quel momento sarebbe entrata in
rapporti di « dipendenza organica » dal partito29. A questa duplicità di funzioni
corrispose la decisione di scindere anche la carica di segretario generale, affidan­
do a Raffaele Barile il segretariato amministrativo e a Torquato Lunedei la se­
greteria politica; il provvedimento anziché risolvere sul piano organizzativo la
questione della duplicità delle funzioni della Lega - e del movimento combatten­
tistico in generale - ricreò all’interno di essa la giustapposizione fra le rispettive
sfere d ’influenza e di azione, che aveva sino ad allora caratterizzato i rapporti
fra Psi e Cgdl a livello nazionale e locale. La questione delicata dei rapporti con
le due maggiori istituzioni del movimento operaio veniva così rinviata nella so­
stanza, mantenendo attraverso canali separati e del tutto paralleli quei legami di
collaborazione, che se da un lato avevano fatto della Lega la naturale « anticame­
ra della Confederazione », dall’altro ne aveva fatto il luogo d’incontro fra le mas­
se popolari disorganizzate e il Psi sulla base del « netto rifiuto » di quest’ultimo
della « guerra maledetta », secondo le stesse parole di Seassaro2930. Lo sviluppo di
questi rapporti, sempre secondo Seassaro, si sarebbe dovuto risolvere sul piano
organizzativo nell’applicazione del regime dei consigli alle campagne; sui consigli
contadini sarebbero sorti i « consigli dei soldati, nuclei organici dell’esercito ros­
so », difensore delle conquiste rivoluzionarie « di domani contro i criminosi at­
tentati della violenza borghese » 31. Sollecitato anche da alcuni interventi di dele­
gati meridionali, che avevano riproposto - in realtà senza particolari accenti di
novità rispetto alla tradizionale impostazione socialista - il problema della terra
e del Mezzogiorno in particolare32, nella replica conclusiva ai lavori del consiglio,
Seassaro chiariva e esplicitava:
Uno scopo principale della nostra Lega è appunto quello delle classi rurali che costi­
tuiscono la grande maggioranza della popolazione. Non si può fare la rivoluzione senza
l’appoggio dei contadini. Ogni vero rivoluzionario deve convergere la sua attenzione

29 Disponiamo di due diverse fonti per la conoscenza dell’andamento dei lavori del Consi­
glio nazionale: 1’« Avanti! », che ne pubblicò una succinta cronaca il 15 e il 18 dicembre 1919
e il Resoconto stenografico, pubblicato in più riprese su « Spartacus » nei numeri 2-3-5-6, ma
mancante di una ultima parte. Vi sono però fra le due alcune significative discordanze: il quo­
tidiano socialista ricorda la presenza di Serrati, mentre il bollettino della Lega non ne men­
ziona l’intervento; al contrario la presenza di Francesco Misiano, autore di un lungo discorso,
denso dei ricordi del combattente spartachista e di indicazioni politiche sui compiti meridiona­
listici della Lega, è completamente ignorata dall’« Avanti! », come pure qualsiasi cenno alle pa­
role di Bombacci e al lungo dibattito sulla questione dell’« esercito rosso ». Omissione, que-
st’ultima, difficilmente imputabile al carattere di segretezza che avrebbe circondato il pro­
gramma di organizzazione armata del Psi, se solo due mesi dopo « Spartacus » poteva docu­
mentarne analiticamente le fasi sulla base del resoconto accennato.
30 Cfr. Resoconto stenografico, cit., n. 3.
31 Cfr. Resoconto stenografico, cit., n. 5.
32 Fra gli interventi più decisamente a favore dell’indirizzo meridionalistico, quello di
Arturo Velia aveva proposto di fare delle sezioni della Lega, « piccole oasi - cosi le aveva
definite - in mezzo a un deserto di organizzazione » il centro di aggregazione di « tutte le
forze proletarie » del Mezzogiorno per appoggiare il movimento rivoluzionario promosso dalla
classe operaia settentrionale; quello di Corrado Graziadei, delegato di Terra di Lavoro, aveva
sottolineato il ruolo educativo della Lega nei confronti delle masse contadine in quelle regioni
dove « il Psi è ancora incompreso. Molti equivoci ci sono, molti ostacoli si frappongono al
nostro movimento e li supereremo, ma il nostro movimento è il più adatto alla psicologia, ai
bisogni del nostro Mezzogiorno... poiché là il contadino non ha la concezione della grande
situazione storica in cui si dibatte il paese... nel Mezzogiorno occorre aver una tattica molto
delicata è molto riguardosa; noi dobbiamo sul terreno penetrare prima con una concezione ge­
nerale dei bisogni dei reduci, col processo alla guerra che diventa processo al capitalismo,
che diventa socialismo » (cfr. Resoconto stenografico, cit., n. 5).
14 Gianni Isola

sulla costituzione dei consigli contadini che sono ancora più disciplinati delle leghe ope­
raie. La Lega proletaria deve spianare la via a questa costituzione perché i contadini
sono ormai avvezzi ad un metodo di lavoro collettivo disciplinato comunalmente »33.
Il richiamo alla problematica gramsciana dei consigli non era la superficiale ri­
petizione di uno degli argomenti centrali del dibattito teorico e politico in corso
nel movimento operaio, ma l’indice della appropriazione da parte di Seassaro - che
dell’« Ordine nuovo » era l’esperto militare con lo pseudonimo di Caesar - dei
risultati dell’analisi promossa dalia rivista torinese sul nesso reduci-contadini, già
esplicitati in un lungo contributo di Andrea Viglongo 34*e da successive indicazio­
ni di Tasca in particolare33. Pur riflettendo una fase di studio ancora arretrata
sia della problematica dei consigli in generale che della questione del reduce in
particolare, che ancora non si distaccava dalla generale azione del Psi, questi
obiettivi sembravano proporre alla Lega ed ai reduci della sinistra un preciso e
fondamentale compito rivoluzionario, quale l’apertura del programma agrario
dei consigli alla « fame di terra » dei contadini poveri, per schiudere alla propa­
ganda « soviettista » nuovi orizzonti ed avvicinare sulla base di bisogni reali vasti
strati di contadini non proletari alla lotta del proletariato urbano, saldando in tal
modo « le due ali dell’esercito rivoluzionario », identificate da un lato negli « ope­
rai dell’industria e dell’agricoltura industrializzata », dall’altro nei « contadini
poveri » 36. L’astrattezza e la meccanicità nel trasferire « paradigmi consiliari »
dalla fabbrica al villaggio, sottolineata da Spriano37, non avrebbe dato « alcuna
soluzione pratica di grande rilievo», come ha notato Togliatti38: tuttavia il valore
storico di questa apertura alle masse non operaie e alle loro esigenze, per inqua­
drarle nella lotta per l’edificazione della società socialista, non come oggetti pas­
sivi, ma come una delle « due energie della rivoluzione proletaria » per cui « il comu­
niSmo rappresenta una necessità esistenziale » 39, fu quello di approfittare dell’occa­
sione per iniziare il processo di analisi e di critica alla tradizionale impostazione
socialista della questione agraria e del nesso rivoluzionario operai-contadini, sulla
cui base il futuro partito comunista avrebbe basato la sua azione nelle campa­
gne 40. La Lega sino a quel momento difatti, in omaggio al principio di collabo-

33 Ibid.
34 Cfr. a n d r e a v i g l o n g o , Verso nuove istituzioni, in « L ’Ordine nuovo», 1919, n. 16,
p. 125. Nel quadro dell’organizzazione sempre più ampia e articolata di tutti i lavoratori alla
luce di un nuovo concetto di democrazia, Viglongo assegnava alla Lega proletaria il ruolo di
veicolo propagandistico per la costituzione dei consigli dei contadini nelle campagne, non
solo per ragioni di concorrenza diretta all’azione agraria delle associazioni nazionali, ma anche
e soprattutto in ragione della non omogeneità sociale e professionale.
33 Indice del profondo interesse della rivista torinese al problema dei reduci e forse della
presenza di un dibattito interno, Tasca era intervenuto una prima volta con Un programma di
lavoro, in « L’Ordine nuovo », 1919, n. 4, tornando a sottolineare il compito della costituzione
dei consigli contadini; la seconda volta, in aperta polemica con Nitti, aveva ribadito la volontà
del Psi di mobilitare le masse sulla questione dell'antibellicismo per colpire a fondo la società
e lo stato borghese [cfr. a n g e l o t a s c a ] , I reduci di guerra, in « L ’Ordine nuovo», 1919, n.
27; non firmato è attribuito a Tasca da La cultura italiana dal '900 attraverso le riviste, v. 6,
« L’Ordine nuovo», a cura di p a o l o s p r i a n o , Torino, Einaudi, 1963, p. 631).
36 Per l’elaborazione e lo sviluppo del nesso operai-contadini nel pensiero gramsciano v.
L e o n a r d o p a g g i , Antonio Gramsci e il moderno principe, v. 1, Nella crisi del socialismo
italiano, Roma, Editori Riuniti 1970, pp. 286 e segg.
37 Cfr. p a o l o s p r i a n o , L’Ordine nuovo e i consigli di fabbrica, Torino, Einaudi, 1971, p. 73.
38 Cfr. p a l m i r o t o g l i a t t i , Il leninismo nel pensiero e nell’azione di Antonio Gramsci
in Studi gramsciani, Atti del convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958, Roma, Editori
Riuniti, 1958, p. 28.
39 Cfr. An t o n i o g r a m s c i , Operai e contadini, in « L’Ordine nuovo », 1919, n. 12,
ora in ID., L’Ordine nuovo, cit., p. 25: anche in questo fondamentale articolo Gramsci tornava
a sottolineare il valore dell’esperienza collettiva dei quattro anni di guerra per l’evoluzione e
l’emancipazione degli strati popolari arretrati.
40 Sulla questione mi permetto di rimandare a g i a n n i i s o l a , Il Partito comunista d’Ita-
Socialismo e combattentismo 15

razione con le istituzioni del proletariato, non si era espressa sul tema centrale
della terra ai contadini, sulla richiesta cioè di attuazione del più celebre slogan
propagandistico elaborato nel corso della guerra per sostenere il morale delle
truppe al fronte, che tanto aveva inciso sulle speranze e sulle coscienze dei com­
battenti41: l’elaborazione di un programma agricolo per i reduci e per il control­
lo delle istituzioni governative proposte alla soluzione dell’atavica questione era
stato demandato in toto alla Federazione nazionale lavoratori della Terra, che anco­
rata al dogma ventennale della socializzazione della terra aveva respinto per bocca
di uno dei suoi massimi dirigenti i progetti e i metodi di riforma del latifondo, av­
viati attraverso l’Opera nazionale combattenti, giudicandoli non solo inadeguati a
favorire il fattivo reinserimento del reduce contadino, ma anche pericolosi perché
creatori di una nuova, numerosa categoria di piccoli proprietari, privilegiati perché
combattenti rispetto a tutti gli altri lavoratori42.
La proposta di Seassaro, appoggiata e, forse, promossa dal Psi, non sembra però
aver avuto alcun seguito pratico né sul piano dell’organizzazione dei contadini, né
su quello della preparazione dell’inquadramento militare di reduci e militanti; il
succedersi degli avvenimenti in campo politico nazionale e l’inasprirsi dello scon­
tro ideologico interno al movimento operaio italiano, che già si stava trasferendo
in sede politica e organizzativa preannunciando i termini dell’ormai prossima scis­
sione di Livorno, frenarono questo processo di radicamento che tanto successo
aveva riscosso all’inizio. Si può anzi affermare che da questo momento ebbe inizio
la parabola discendente della Lega proletaria, minata dalla crisi interna e soprat­
tutto dal contemporaneo dissolversi del mito del combattente, che avrebbe sempre
più diminuito lo spazio politico a disposizione di tutto il movimento combatten­
tistico e di quello nazionale in particolare nelle sue componenti democratiche. Ve­
nendo lentamente a scomparire le ragioni del duro antagonismo iniziale e trovan-

lia e la questione agraria: politica e organizzazione (1921-1926), in «Movimento operaio e


socialista», 1980, n. 2-3, pp. 287-314.
41 Avrebbe ricordato Giuseppe Di Vittorio, contadino ed ex-combattente: « Queste pro­
messe erano solenni, proclamate ufficialmente dai rappresentanti più autorevoli della borghesia
e del governo. Salandra, presidente del Consiglio dei ministri e capo riconosciuto dei grandi
fondiari del sud, dichiarò alla Camera dei deputati: « Dopo la fine vittoriosa della guerra
l’Italia compirà un grande atto di giustizia sociale. L’Italia darà la terra ai contadini, con
tutto il necessario perché ogni eroe del fronte, dopo aver valorosamente combattuto in trincea,
possa costituirsi una situazione d ’indipendenza. Sarà questa la ricompensa offerta dalla patria
ai suoi valorosi figli. « Questa dichiarazione, per ordine dello Stato maggiore, fu letta e spie­
gata a tutti i soldati del fronte. » (cfr. M a r i o n i c o l e t t i [G i u s e p p e d i V i t t o r i o ] , Le fascisme
contre le paysan, l’expérience Italienne, Paris, Burèau d’éditions, 1929, p. 8 ora in II Sud
nella storia d’Italia, Antologia della questione meridionale, a cura di r o s a r i o v i l l a r i ,
v. 2, Bari, Laterza, 1972, p. 572).
42 Alfiere della dogmatica riproposizione della formula della « socializzazione della terra »
fu Nino Mazzoni, che, nel corso della prima riunione post-bellica del Consiglio nazionale del­
la Cgdl (Bologna, 29-31 gennaio 1919), aveva riaffermato il diritto del movimento operaio e
delle sue tradizionali istituzioni di avocare a sé la soluzione del problema della divisione del
latifondo per non favorire particolari categorie di cittadini; una linea intransigente nei con­
fronti dell’Onc e del suo operato, perché, come affermò in quella stessa occasione Mazzoni
« La terra ai combattenti non è un criterio rispondente ai bisogni della collettività in quanto ci
riporta al sentimento della proprietà individuale » (cfr. La terza giornata del Consiglio naziona­
le della Confederazione generale del lavoro, in «A vanti!», 1° febbraio 1919). Sui precedenti
atteggiamenti del Psi nel corso della guerra sulla questione v. An t o n i o p a p a , Guerra e terra
1915-1918, in «Studi storici», 1969, n. 1, pp. 3-45; sulle vicende della Cgdl e della Fnlt v.
id o m e n e o barbadoro, Storia del sindacalismo italiano dalla nascita al fascismo, 2 v.,
Firenze, La Nuova Italia, 1973, che riprende ed amplia i risultati di r e n a t o z a n g h e r i ,
Le lotte agrarie in Italia. La Federazione nazionale dei lavoratori della terra (1901-1926), Mi­
lano, Feltrinelli, 1960 e di g i u l i a n o p r o c a c c i , La lotta di classe in Italia agli inizi del
secolo XX, Roma, Editori Riuniti, 1970, pp. 123 e segg.
16 Gianni isola

dosi in netta inferiorità in quanto a capacità assistenziali, la Lega vide progres­


sivamente diminuire i propri iscritti, che nella Anc trovavano anche un riparo dal
nascente squadrismo fascista43.
Questo progressivo indebolimento della base si venne verificando proprio nel momen­
to in cui la Lega accentuava il carattere politico della propria azione in campo
nazionale, votando l’adesione alla Internazionale comunista, e in campo interna­
zionale contribuendo in prima fila, assieme ai francesi dell’Arac di Henry Bar-
busse, alla fondazione della Iac (Internationale des Anciens combattants), com­
prendente tutte le formazioni e le organizzazioni di reduci europei che agivano
sul terreno della lotta di classe44.
Il II Congresso nazionale della Lega (Bologna, 26-30 giugno 1920) venne a segnare
e ad esplicitare la rottura dell’equilibrio interno fra le diverse tendenze, che pur
fronteggiandosi, avevano sino ad allora collaborato nella direzione della Lega; i
lavori si concentrarono sul delicato problema dei rapporti con il Psi e con la Cgdl,
alla luce anche della proclamata adesione alla III Internazionale, senza riuscire
però a superare in sede assembleare le ambiguità di fondo se non affermando un
nuovo rapporto di forza. La maggioranza massimalista, di fronte alle richieste
della estrema sinistra di prendere le dovute distanze dalle correnti socialdemocra­
tiche, preferì accordarsi con queste ultime sulla base di un radicale mutamento di
alleanze e d’indirizzo politico, che il successivo congresso di Livorno avrebbe san­
cito a livello di partito4S. La vittoria massimalista si concretò con l’elezione di Gae­
tano Pilati alla segreteria politica e nel conseguente spostamento della sede del
comitato centrale e della redazione del bollettino « Spartacus » da Milano a Firenze;
la rielezione del riformista Barile alla segreteria amministrativa e la composizione del
nuovo comitato centrale con elementi di sicura fede, completarono l’operazione.46.

43 Cfr. c . b e l l i e n i , L’Associazione dei combattenti..., c i t . , p . 311.


44 Promosso proprio da francesi e italiani si tenne a Ginevra dal 30 aprile al 2 maggio
1920 il congresso di fondazione della Iac: presenti anche inglesi, tedeschi, svizzeri, mentre
le delegazioni sovietica, polacca e austriaca erano state bloccate alla frontiera. Solo l’opera di
mediazione di Barbusse impedì che i due schieramenti, in cui si era immediatamente confron­
tata l’assemblea (socialdemocratici guidati dai labouristi inglesi da una parte e rivoluzionari
con alla testa Seassaro e gli italiani dall’altra) e che il congresso si potesse concludere negativa-
mente. Barbusse ne fu eletto segretario generale con Seassaro aggiunto, l’inglese Scott tesoriere ge­
nerale con Vincenzo Pagella aggiunto (cfr. Il Congresso nazionale degli ex-combattenti, in « Spar­
tacus », 1920, n. 5; un commento ai lavori e ai risultati del congresso in henry barbusse ,
Il congresso internazionale degli ex-combattenti, in « Avanti », I o giugno 1920 e in cesare
seassaro, L’internazionale dei soldati, ibid., 19 giugno 1920, in cui dà notizia dell’adesione
post-congressuale delle organizzazioni combattentistiche di classe di Belgio e Jugoslavia, oltre
che della decisione di adottare l’esperanto come lingua ufficiale della Iac).
45 v. Il resoconto del II Congresso nazionale, in « Spartacus », 1920, n. 7; un breve sunto
fu pubblicato col titolo II congresso nazionale della Lega proletaria mutilati invalidi reduci di
guerra, in « Avanti! » 22 giugno 1920,
46 II CC risultò composto di tre fiorentini, Alfredo Calcedonio Peruzza (che sarebbe stato
ben presto sostituito dall’anarchico Venturini per malversazioni di cassa), Giuseppe Zanni e
Carlo Santini (nuovo direttore di « Spartacus »), e dai rappresentanti di alcune fra le maggiori
federazioni provinciali: Guido Picelli di Parma, Renato Fortuna di Trieste, Alfredo Urbinati
di Terni, Vincenzo Benedetti di Civitavecchia, Vincenzo Surace di Reggio Calabria e Nicola
Vito Capozzi di Bari. Vennero confermati rappresentanti al Bureau internazionale Pagella e
Seassaro, affiancati dal milanese Domenico Carbone come archivista aggiunto, da Angelo Tasca
come archivista generale e da Ersilio Ambrogi come membro italiano della commissione di con­
trollo. Il precedente CC era stato invece composto da cinque milanesi (Alberto Malatesta, Dante
Ardemagni, Angelo Rossi, Giovanni Re e la vedova Maria Paglierani (cfr. « Battaglie sindaca­
li », 1919, n. 19) poi sostituiti definitivamente da Raffaele Barile, Guglielmo Monguzzi, Cesare
Seassaro, Francesco Vigano e Angelo Zucchelli, con voto consultivo alla Paglierani (v. « Avan­
ti! », 9 settembre 1919) e da quattro torinesi (Natale Miroglio, Vincenzo Pagella, Adolfo Robin
Pedrazzo e Vincenzo Vernone) (cfr. c e s a r e s e a s s a r o , La Lega proletaria..., cit., p. 432). Di
Socialismo e combattentismo 17

Questo cambiamento di rotta si trasmise sia all’attività quotidiana sia alla stampa
della Lega, sempre più indirizzata a sottolineare i successi assistenziali dell’Ufficio
medico-legale e dei vertici della Lega47; la netta chiusura verso qualsiasi problemati­
ca di carattere politico, da quella della costituzione dell’esercito rosso alla necessità
di rispondere alla dilagante offensiva fascista, da parte della nuova direzione si
manifestò in tutta la sua ampiezza nel corso di un lungo dibattito su « Sparta-
cus » fra lo stesso Pilati e Giuseppe Pianezza, un mutilato torinese che avrebbe
di lì a poco aderito al Pcd’I. Questa polemica, dilungatasi dal dicembre 1920
al marzo 19214S, dà la misura del contrasto definitivamente apertosi a livello
ideologico e di partito fra socialisti e comunisti, che si trasmise nella Lega ad­
dirittura con un certo anticipo rispetto a Livorno: la fedeltà all’Internazionale
comunista fu il principio attorno a cui le correnti rivoluzionarie, che andavano
preparando la costituzione del Pcd’I, raccolsero la adesione di numerose sezioni
della Lega49. All’impronta scissionistica di questo moto centrifugo, Pilati e il
comitato centrale cercarono di contrapporre, come espediente tattico, la ripropo­
sizione della « autonomia della Lega - organo classista dei reduci di guerra -
da ogni partito politico e da qualsiasi aggruppamento sindacale » 50: un espe­
diente tattico appunto in attesa che i termini della scissione comunista si pre­
cisassero nei loro contorni reali, un espediente che lo stesso Pilati disattese fra
le quinte del congresso di Livorno51.
Fu solo però un breve periodo di tregua, necessario anche per riprendere a pie­
no l’attività dopo una serie di attacchi fascisti che portarono alla distruzione del­
la tipografia di « Spartacus » e alla distruzione degli archivi52; in questo breve
lasso di tempo il Pcd’I, abbandonato il carattere interlocutorio e difensivo di
indifferenziata apoliticità per i reduci e rafforzati all’interno della Lega i gruppi

questo primo CC era stato eletto segretario generale Gaetano Pilati, che poi avrebbe presentato
le dimissioni per presentarsi candidato alle politiche del 16 novembre 1919.
47 Oltre a numerose corrispondenze sull’attività assistenziale in sede locale « Spartacus »
si preoccupò di sottolineare il peso della presenza di Pilati e Barile a nome della Lega pro­
letaria nella Commissione governativa di studio per promuovere un « primo » aumento delle
pensioni a mutilati e invalidi (cfr. «Spartacus» 1920, n. 13 che pubblica la tabella completa
degli aumenti ottenuti e i numeri successivi con i commenti in merito).
48 Iniziata con un intervento di g a e t a n o p i l a t i , In merito di programma, in « Spar­
tacus », 1920, n. 11, la polemica si concluse con la dura lettera di G i u s e p p e p i a n e z z a ,
Risposta a G.P., (Gaetano Pilati), ibid., 1921, n. 4, senza peraltro che nessuna delle due
parti riuscissero, nell’acceso clima di scontro del momento, a comporre le rispettive diver­
genze, giungendo anzi ad attacchi ed invettive di carattere personale.
49 II processo venne significativamente aperto dalla sezione torinese della Lega con un
odg pubblicato in « L’Ordine nuovo », 6 gennaio 1921 e suscitò l’immediata reazione della
Giunta esecutiva del CC, che ne condannò duramente il pronunciamento. Ma a pochi giorni
di distanza, l’esempio torinese venne seguito dalle sezioni di Carmagnola, di Settimo Torinese,
di Cornigliano Ligure, di Pisa, di Ciriè, di Grugliasco e di Vignale Monferrato, come la
rubrica Vita di classe del quotidiano comunista si preoccupò di segnalare. Dato che tutte le
sezioni menzionate, se si eccettua forse Pisa, appartengono alla tradizionale area di diffusione
dell’« Ordine nuovo », mi riprometto, nella prosecuzione della ricerca, di valutare le eventuali
dimensioni nazionali del fenomeno attraverso lo spoglio di tutta la stampa comunista.
50 Cfr. Il Comitato centrale sostiene la necessità dell’autonomia della Lega proletaria, in
«Spartacus», 1921, n. 2.
51 Pilati stesso, con una buona dose di leggerezza avrebbe in seguito ammesso di essersi
adoperato al Congresso di Livorno per mantenere al Psi il controllo della Lega; come ricono­
scimento per l’azione svolta, Pilati, su proposta di Serrati stesso, era stato eletto nella Direzione
del Psi proprio nella sua qualità di segretario politico della Lega (cfr. g a e t a n o p i l a t i -
R a f f a e l e b a r i l e , Relazione morale al Consiglio nazionale, in «Spartacus», 1921, n. 4).
Ciò provocò un inasprimento della campagna di stampa promossa dal Pcd’I contro Pilati, tanto
da costringere il mutilato fiorentino a presentare le sue dimissioni da segretario politico della
Lega.
18 Gianni Isola

comunisti, costituì un organismo di collegamento fra questi ultimi, il Comitato


centrale comunista provvisorio (Cccp), in diretta contrapposizione al comitato
centrale fiorentino, al fine dichiarato di portare tutto il movimento sulla linea
« internazionalista e rivoluzionaria ». Composto di tre membri, Ruggero Grieco,
Guglielmo Monguzzi e Cesare Seassaro e con sede presso la federazione comuni­
sta milanese, il Cccp volle subito precisare le coordinate della propria azione con
un manifesto in cui si invitavano i militanti comunisti a costituirsi separatamente
all’interno delle sezioni, ove non fosse stato possibile conquistare la maggioran­
za, mobilitandosi su quattro punti programmatici: stretta subordinazione al
Pcd’I, rilancio dell’azione internazionale della lac, allargamento a tutti gli ex­
militari della base associativa, preparazione propagandistica e pratica dei nuclei
dell’esercito rivoluzionario5253. Un programma che, oltre a prevedere un rilancio su
larga scala dell’azione della Lega nei settori in cui si era manifestato con mag­
giore acutezza il contrasto ideologico e politico con i socialisti - l’azione interna­
zionale e la preparazione dell’esercito rosso - tendeva ad ampliare nei tempi e
nei modi le funzioni della Lega, aprendola a tutti i militari in congedo e predi­
sponendola quindi a concentrare in sé tutto il lavoro militare per impostare in
termini positivi le tradizionali, passive espressioni della propaganda antimilitari­
sta del movimento operaio nel primo quindicennio del secolo54. La scomparsa
di qualsiasi riferimento al nesso reduci-contadini, che abbiamo visto costituire
uno dei postulati programmatici della sinistra rivoluzionaria del movimento nel
1919, e in particolare di Seassaro e dell’« Ordine nuovo», può essere imputata
in particolare alla scarsa attenzione dedicata dalla direzione bordighiana alla
questione agraria55, ed in generale alla fase ancora arretrata di elaborazione,
testimoniata dai cinque numeri del periodico 1’« Operaio agricolo », usciti nei
primi mesi del 1921, che più volte fecero oggetto di timide analisi la questione
della piccola proprietà e dei reduci contadini56.
Al programma comunista venne a mancare una verifica pratica; ogni occasione
ufficiale di incontro fra le due componenti della Lega si risolse in un aperto
scontro, che solo raramente si mantenne a livello verbale: fu pertanto deciso di
rimandare ogni presa di posizione all’ormai prossimo III Congresso nazionale, in
vista anche della consultazione elettorale anticipata, per la quale, dopo aver
proclamato la perfetta equidistanza della Lega sia dal Psi che dal Pcd’I, venne
lasciata completa libertà agli iscritti nell’ambito degli stessi57. Superato il con­
fronto elettorale, che confermò il successo ottenuto nel 1919 dai partiti di massa,
ma in cui le divise forze della Lega non sembrarono ripetere il ruolo e l’inci-

52 v. La sede della Federazione provinciale fiorentina devastata dai fascisti, in « Spartacus »,


1921, n. 3.
53 v. Per l’azione comunista nel movimento dei reduci, in « l’Ordine nuovo», 5 marzo 1921.
54 Sull’attività antimilitarista del Psi, e soprattutto della Figs, si vedano le testimonianze
di Edoardo D’Onofrio in La frazione comunista al convegno di Imola, 28-29 novembre 1920,
Atti delle manifestazioni celebrative tenute ad Imola il 28-29 novembre 1970, introduzione di
Ar t u r o c o l o m b i , Roma, Editori Riuniti, 1971, pp. 71-73, ed anche l’introduzione di Al­
fonso Leonetti al volumetto di m a r c o s a s s a n o , Tribuna dei soldati rossi. I militari e
« l’Ordine nuovo », Padova-Venezia, Marsilio, 1974, pp. 13-24.
55 Cfr. g i a n n i i s o l a , Il Partito comunista, cit.
56 Nel programma di lavoro, pubblicato sul primo numero, il punto 11 faceva esplicito
riferimento allo studio della questione della « attività rivoluzionaria dei reduci di guerra » (cfr.
Programma di lavoro, in « L ’Operaio agricolo», 1921, n. 1).
57 II comunicato del CC apparve sulla stampa socialista e comunista; testimonianza del
grande interesse del Pcd’I per l’organizzazione dei reduci è data dal fatto che « l’Ordine nuo­
vo » lo pubblicò per ben tre volte (21 aprile, 2 e 5 maggio), con un’insistenza perlomeno
inconsueta rispetto a documenti consimili di altre organizzazioni di classe; l’Avanti! » lo pub­
blicò solo il 22 aprile 1921.
Socialismo e combattentismo 19

denza avuti nelle precedenti elezioni5S, il Psi decise di passare all’offensiva per
contrastare la dilagante influenza dei gruppi comunisti nella Lega e dette inizio
anch’esso a gruppi su base di partito, dichiarando apertamente i fini anticomuni­
sti dell’operazione5859. L’iniziativa socialista non ebbe però alcun seguito, perché
nel frattempo l’attacco fascista alle organizzazioni proletarie si era esteso e si
era fatto più violento, tanto da rendere necessario il rinvio a settembre del con­
gresso nazionale previsto per luglio, per permettere alle federazioni più colpite -
Ferrara, Rovigo, Modena, Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Perugia e soprattutto
Torino - di riorganizzarsi adeguatamente60.
La risposta popolare alla recrudescenza della violenza fascista fu simboleggiata
dalla costituzione degli Arditi del popolo, che nel luglio-agosto 1921 videro ac­
correre nelle loro file numerosi reduci, provenienti sia dall’Anc che dalla Lega
proletaria61; in alcune zone, e segnatamente in Piemonte e in Liguria, la Lega
e le sue sezioni fornirono qualcosa di più dell’« appoggio » di cui parla Spriano,
giungendo in alcuni casi ad identificarsi sul piano organizzativo con quella che
è stata definita « la grande occasione mancata dell’antifascismo militante prima
della marcia su Roma » 62. La decisa opposizione del Pcd’I prima e del Psi poi
agli Arditi del popolo impedirono alla Lega di approfittare del successo dell’ap­
parizione delle squadre armate per sviluppare i temi più volte dibattuti della
costituzione dell’esercito rosso: in particolare ai reduci comunisti non rimase che
confidare nell’esito favorevole dell’imminente congresso nazionale per spingere
tutta l’organizzazione verso la lotta armata contro la crescente reazione fascista.
Per coordinare l’azione dei gruppi e delle sezioni comuniste della Lega il Cccp
aveva rielaborato il precedente programma, articolandolo in otto punti; su que­
sta base i comunisti ottennero l’adesione di numerose sezioni di centri importanti
come Savona, Roma, Genova, Firenze, Napoli, Novara, oltre a quella scontata
di Torino. Nel frattempo nel Cccp Angelo Tasca aveva sostituito Grieco, trasfe­
ritosi da Milano a Roma assieme al vertice del Pcd’I; ma cambiamenti più si­
gnificativi si erano verificati all’interno del CC fiorentino con le dimissioni prima
di Carlo Santini, il comunista direttore di « Spartacus », che di fatto privarono
la Lega del suo organo ufficiale, e poi di Pilati, che come membro della direzione
del Psi aveva preferito abbandonare il proprio posto di segretario politico piutto­
sto che offrire all’opposizione comunista uno dei preferiti obiettivi polemici63.

58 Dei numerosi iscritti alla Lega candidati per il Pcd'I, il solo Ersilio Ambrogi venne
eletto; al contrario per i socialisti passarono Aitino, Beltrami, Bosi, Lollini, Matti, Malatesta,
Matteotti, Mingrino, Pagella, Picelli, Pieraccini, Quaglino, Francesco Rossi, Smorti e Zaniboni,
che insieme ricostituirono il Gps ex combattenti, già formatosi nella legislatura precedente (Per
la composizione di questo primo gruppo v. « Avanti! », 23 novembre 1920), sull’esempio del
gruppo parlamentare di Rinnovamento.
59 cfr. Gruppi socialisti nella Lega proletaria mutilati e reduci di guerra, in « Avanti! »,
9 giugno 1921.
60 Per il comunicato ufficiale del rinvio del congresso v. Il Congresso della Lega proleta­
ria rinviato; in « l ’Ordine nuovo», 4 giugno 1921.
61 Sulla matrice combattentistica del movimento degli Arditi del popolo v. F e r d i n a n d o
c o r d o v a , Arditi e legionari dannunziani, Padova, Marsilio, 1969, pp. 101 e segg. e G. s a b -
b a t u c c i , I combattenti, cit. pp. 356-7: ambedue dimenticano la presenza della Lega prole­
taria.
62 v. p a o l o s p r i a n o , Storia del Partito comunista italiano, voi. I. Da Bordiga a Gramsci,
Torino, Einaudi, 1967, pp. 139-51, che è il più valido contributo ad una analisi storica del
fenomeno ed anche ID., Gramsci, il fascismo e gli arditi del popolo, in Prassi rivoluzionaria
e storicismo in Gramsci, in « Critica marxista » Quaderni n. 3, 1967, pp. 181 e segg., in cui
l’autore analizza l’atteggiamento - e le successive mutazioni di esso - di Gramsci verso i re­
duci.
63 Le dimissioni di Santini costituirono il colpo finale per il già debole « Spartacus » : un
20 Gianni Isola

Il III Congresso nazionale (Livorno, 18-21 settembre 1921) si tenne perciò in


un’atmosfera molto tesa, accresciuta da violente polemiche precongressuali sulla
stampa dei due partiti: ambedue le parti in lotta si rendevano perfettamente con­
to che lo scontro sarebbe stato decisivo per le sorti della Lega, ormai avviata sul­
la strada del declino inarrestabile, testimoniata dalla presenza di delegati per soli
trentamila iscritti. Suddivisi in tre correnti (socialista, comunista e autonomista,
dei fautori cioè della completa autonomia dai partiti) guidate rispettivamente
da Renato Zavattaro (un barbiere fiorentino, fedele portavoce di Pilati), dall’ex-
sindacalista Furio Pace e da Umberto Terracini (che aveva sostituito all’ultimo
momento Tasca, impegnato nel concomitante convegno sindacale comunista di
Milano) e ognuna con un proprio programma, i delegati si impegnarono in un
violento dibattito, pieno di invettive personali che si concluse con la votazione
di due mozioni contrapposte per l’adesione al Psi o al Pcd’I. Fu ancora merito
di Pilati, che con un’abile manovra riuscì a far convergere verso il Psi i voti
della corrente autonomista, se il Psi, assicurandosi quasi i due terzi dei voti,
riuscì a mantenere il controllo ufficiale della Lega. La risposta dei comunisti non
si fece attendere: contestando l’arbitrarietà del risultato e le manovre di corridoio
che l’avevano sostanziato, rifiutarono pubblicamente qualsiasi carica nell’orga­
nizzazione, riservandosi il diritto di organizzarsi autonomamente e parallelamen­
te, rendendo definitivo il Ccc, allargandone la composizione e sottoponendolo al
controllo della Commisione esecutiva sindacale comunista (Cese), come un vero
e proprio organismo di lotta al comitato centrale « socialdemocratico ». Il paral­
lelismo organizzativo venne ulteriormente sancito dalla soluzione data dalle due
parti al problema della stampa: soppresso definitivamente l’organo ufficiale della
Lega, i socialisti decisero di tornare ad utilizzare l’organo confederale « Battaglie
sindacali », i comunisti l’organo del Cese « Il Sindacato rosso » M.
Confortati dalla conquista di alcune importanti federazioni provinciali e soste­
nuti da una intensa campagna di stampa, i comunisti cercarono di sferrare nel
corso del 1922 l’attacco decisivo al CC della Lega, trasferito a Roma e guidato
dal deputato genovese Franceso Russo, diffondendo un contromemoriale in cui
venivano contestate punto per punto le tesi dichiaratamente collaborazioniste dei
socialisti e accompagnandolo con la continua richiesta di un congresso straordi­
nario65. La richiesta venne regolarmente elusa dai socialisti: ormai gran parte
degli iscritti erano passati all’Anc e le strutture superstiti non erano in grado di
prendere alcuna iniziativa: la marcia su Roma - di cui la Lega, come gran parte
dei maggiori esponenti del movimento operaio, non colse i caratteri di novità e
di cui anzi tese a sottolineare i caratteri di continuità fra liberali e fascisti - co-

calo verticale della tiratura (dalle 25.000 copie per numero del luglio 1920 si era passati a
sole 7.000 nella seconda metà del marzo 1921) e una diminuzione netta degli abbonamenti
(da 5.000 a 1.000 nelle stesse date) ne avevano preannunciato la fine (cfr. C.S. [C a r l o s a n ­
t i n i ] , Come è vissuto « Spartacus » , in « Spartacus », 1921, n. 4).

64 Per un resoconto dei lavori v. Il congresso della Lega proletaria mutilati e invalidi di
guerra, in « l’Ordine nuovo », 19 settembre 1921; Terzo congresso nazionale della Lega pro­
letaria, ibid. 20 settembre 1921; La terza giornata dei congressi dei mutilati, ibid, 21 settembre
1921; Il Congresso dei reduci di guerra, ibid, 22 settembre 1921; La fine del congresso della
Lega proletaria, ibid. 23 settembre 1921. Il quotidiano comunista pubblicò in prima pagina
un succinto resoconto dei lavori della prima giornata; l’andamento del congresso, contrario
alle aspettative ottimistiche del Pcd’I, relegò in ultima pagina i resoconti successivi, che co­
munque ebbero spazio e risalto molto maggiori di quelli concessi dall’« Avanti! » ad una
tardiva e stringata cronaca degli avvenimenti (v. Il congresso nazionale della Lega proletaria
a Livorno, in « Avanti! », 21 settembre 1921).
65 v. APC, 218/18-22.
Socialismo e combattentismo 21

strinse socialisti e comunisti a trovare un accordo per rivitalizzare le scarse forze


inquadrate in un convegno tenutosi alla Camera del lavoro di Milano il 28 gen­
naio 1923 65.
Nell’anno della feroce « battuta anticomunista » il neoeletto comitato centrale
unitario non fu in pratica in grado di funzionare: privo dell’appoggio dei due
partiti operai, costretto alla semi-illegalità nel momento stesso in cui il nascente
regime teneva a presentarsi all’opinione pubblica come l’interprete del combat­
tentismo e dell’« Italia di Vittorio Veneto », il movimento dei reduci di classe
tenne un IV Consiglio nazionale semiclandestino a Milano il 16 dicembre 1923,
durante il quale i pochi convenuti non poterono che constatare le « disagevoli
condizioni » in cui si erano trovati ad operare e le scarse prospettive per il
futuro666768.
Abbiamo già precisato come il movimento combattentistico abbia tentato di pro­
porsi come l’espressione organizzata di grandi masse subalterne e del nuovo
peso politico da esse esercitato nel primo dopoguerra; ma al di là dell’esame e
della ricostruzione critica di formule altisonanti o di esaltazione di miti, di invo­
lucri politici o di piattaforme ideologiche - indubbiamente necessarie per cono­
scerne limiti e successi - l’analisi che voglia coglierne al tempo stesso la misura
e i limiti del radicamento nella realtà sociale complessa e articolata dell’Italia
della crisi dello stato liberale non può prescindere da un esame approfondito
delle strutture organizzative e della loro diffusione in ambito locale. Se questo
metodo ha già dato risultati di notevole livello nello studio dei partiti politici6S,
nel nostro caso è in grado di fornire indicazioni e prospettive di ricerca, che
non solo conformano linee di tendenza immanenti al movimento combattenti­
stico e al movimeto operaio, ma anche costituiscono l’angolo di visuale privi­
legiato per cogliere specificità e carattere della Lega proletaria rispetto all’Anc
e al Psi.
Il processo propagandistico e di diffusione ebbe come epicentro Milano e la
stampa socialista ne seguì con minuziosa attenzione le tappe successive: 1’« Avan­
ti », ad esempio, oltre a pubblicare numerose corrispondenze riguardanti la costi­
tuzione di sezioni o piccoli convegni locali, forniva a scadenza pressoché mensile
un quadro statistico riassuntivo. Le prime province interessate furono Milano
e Novara, grazie in particolare all’operato dei deputati Francesco Beltrami e
Fabrizio Maffi rispettivamente, mentre altrove la crescita organizzativa sembrò
rispondere più che ad un piano programmatico ed organico di penetrazione alla
presenza attiva di propagandisti locali; successi a cui fu assai limitato l’apporto,
come istituzioni, del Psi e della Cgdl, testimoniato in negativo dalla prevalenza,
in questa prima fase, delle sezioni provinciali rispetto alle urbane e del gran

66 I verbali della riunione in Ape, 218/1-9. Alla riunione parteciparono Francesco Russo
per il CC romano, Arnaldo Baroni per il Comitato nazionale sindacale socialista, Arturo De­
gli Esposti, Maggiorino Gramaglia, Luigi Larinoti per il CC comunista e Guglielmo Monguzzi,
nella duplice qualità di segretario politico del CC comunista e di membro del Comitato ese­
cutivo sindacale comunista; erano presenti anche Domenico Carbone per la Iac e Lorenzo
Re-Sartù per la sezione milanese della Lega proletaria.
67 v. Lega proletaria MIROV di guerra, in «A vanti!», 18 dicembre 1923; dalla breve
cronaca non risultano presenti i delegati comunisti, che forse non vennero nemmeno avvertiti
della riunione.
68 Mi riferisco ai lavori di t o m m a s o d e t t i , Serrati e la formazione, cit., e di R e n z o
M a r t i n e l l i , Il Partito comunista d'Italia 1921-1926. Politica e organizzazione, Roma, Edi­
tori Riuniti, 1977.
22 Gianni Isola

numero delle prime in cui la costituzione della Lega precedette o addirittura


rese superflua la costituzione della sezione del P si69. Scarse e disorganiche invece
le fonti sulla consistenza numerica di ciascuna sezione: da sottolineare tuttavia
che nel gennaio 1919, nonostante la lentezza con cui procedeva la smobilitazione,
la sezione di Novara contava ICO iscritti, quella di Foggia oltre 300. A marzo
dello stesso anno la sezione di Roma aveva raccolto già 1.600 adesioni, grazie
all’intensa attività di Torquato Lunedei e di Giuseppe d’Am ato70, mentre sezioni
di piccoli centri come Rocca di Cambio (Aquila) e Navacchio (Pisa) avevano
superato i 100 iscritti: non dovevano essere tuttavia casi eccezionali se, alla
metà dell’aprile 1919 su 125 sezioni in contatto con il Ccp si potevano contare
circa 50.000 iscritti, con una media di 400 iscritti a sezione71. La distribuzione
geografica ripeteva sostanzialmente quella tradizionale del movimento operaio e
socialista con punte massime in Piemonte, in Lombardia, in Liguria, in Emilia-
Romagna e in Toscana e con significative concentrazioni in Puglia, soprattutto
nel Foggiano e nel Barese, ma con notevoli nuclei in località o zone, soprattutto
agricole, dove non c’era traccia di precedente organizzazione. Proprio grazie al
radicamento in queste zone tradizionalmente refrattarie alla propaganda operaia,
solo un mese dopo, alla metà di maggio 1919, le sezioni erano raddoppiate (oltre
250), mentre gli iscritti avevano raggiunto le 80.000 unità: un successo ancor
più significativo se si tiene conto della obiettiva inferiorità di condizioni rispetto
alle associazioni nazionali, sia sul terreno finanziario che su quello dell’offerta di
servizi in campo assistenziale. All’apertura del I Congresso nazionale la Lega si
presentò, secondo i dati contenuti nella relazione morale del segretario Re,
forte di 510 sezioni con oltre 200.000 iscritti: Piemonte e Lombardia, con le
province di Milano e Torino in testa, contavano da sole circa il 40 per cento del
totale nazionale, superando in taluni casi non solo la concorrenza dell’Anc e del-
l’Anmig insieme, ma anche la consistenza della rete organizzativa del Psi. Dal
confronto dei rispettivi dati, dove ciò è stato possibile, abbiamo potuto verificare
che la sezione dei reduci è sempre più numerosa di quella del partito, al nord
come al sud, dove semmai lo squilibrio è ancora più accentuato a vantaggio
della Lega sia nei centri maggiori che in quelli minori, a conferma delle grandi
possibilità implicite nell’associazionismo combattentistico nell’avvicinare e nel
penetrare strati sempre più ampi di lavoratori. A Biella, ad esempio, la Lega
proletaria nel 1919 aveva 202 iscritti, il Psi 136; a Busto Arsizio (Milano) 110
contro 90, ma a Codogno (Milano) 500 contro i 55 del Psi e a Soresina (Cremona)
1.000 contro 80. Quest’ultimo caso potrebbe far supporre che alla Lega proletaria
si fossero rivolti quei lavoratori cattolici, organizzati secondo i principi pacifisti
dell’antimilitarismo di Guido Miglioli, che proprio a Soresina aveva creato una
delle più forti organizzazioni sindacali della sinistra bianca; forse con lo stesso
metro si potrebbe misurare il divario fra Lega proletaria e Psi a Verona - dove
di fronte a 6.000 reduci e mutilati si potevano contare solo 136 iscritti al Psi -
riferendosi cioè alla presenza dell’altro organizzatore sindacale della sinistra cat­
tolica, Giuseppe Speranzini72. Queste due indicazioni, se verificate, contraddi-

69 Ad esempio, l’unica sezione siciliana presente nel primo elenco pubblicato dall’« Avan­
ti! » era Polizzi Generosa (Palermo), dove il Psi fino al 1921 non avrebbe avuto la sua sezio­
ne; identica la situazione di Cozzile (Lucca), di San Mauro a Signa (Firenze), di Cormano
(Milano) e di Castano Primo (Milano). Dal medesimo primo elenco risultano assenti regioni
quali il Veneto, il Lazio, l’Abruzzo-Molise, la Calabria e la Basilicata (clr. L’opera della Lega
nazionale proletaria fra mutilati, invalidi, reduci e feriti, in « Avanti! », 20 gennaio 1919).
70 v. ACS, Min. Int. Dir. gen. P.S., Div. AA gg e R, Conflagrazione europea, b. 75, cat.
A 5, fase. Roma.
71 cfr. « Avanti! », 13 aprile 1919.
72 L’ipotesi di una consistente presenza di cattolici nelle file della Lega proletaria in quelle
Socialismo e combattentismo 23

rebbero il già ricordato giudizio di Tasca e le interpretazioni che hanno fatto dei
reduci della Lega dei secessionisti e degli oppositori di principio all’unità del
movimento, e conforterebbero invece la tesi che laddove la propaganda delle as­
sociazioni nazionali faceva ricorso agli slogan di stampo militaresco e di ispirazione
conservatrice, il movimento operaio, attraverso la Lega ebbe buon giuoco nel
raccogliere la maggioranza delle adesioni popolari ed a proporsi non solo come
il polo d’attrazione dello scontento, ma anche e soprattutto come rappresentante
delle istanze democratiche e pacifiste profondamente radicate nelle masse popo­
lari italiane. La Lega proletaria sembra dunque essere stata in generale strumento
adeguato e flessibile nella diversificata realtà locale e localistica, della società
italiana a superare ostilità e preconcetti e a dar forma a iniziative di collabora­
zione fra strati sociali e categorie di lavoratori ideologicamente antagonisti.
Conferma a questa tesi ci proviene sia dalla diffusione geografica dell’Anc, mag­
gioritaria al sud, dove agivano gruppi omogenei di giovani intellettuali demo­
cratici, e minoritaria al nord dove, stretti dall’antagonismo della Lega, naziona­
listi e protofascisti egemonizzarono le strutture organizzative dell’Anc, sia per
converso dal caso di Brescia, dove la propaganda di due sinceri democratici, come
Guglielmo Ghislandi e Augusto Monti, tolse spazio alla Lega proletaria, che non
riuscì mai a radicarsi stabilmente e in forze neppure in provincia.
Notevole la diffusione della Lega proletaria in Emilia Romagna, dove si era
raccolta l’adesione di consistenti gruppi di operai sindacalisti rivoluzionari della
campagna: nelle province di Modena e di Parma, ad esempio, per lungo tempo
le federazioni provinciali erano state dirette rispettivamente da Anseimo For-
ghieri e da Guido Picelli, ambedue formatisi alla scuola dell’Usi. Discreta la pre­
senza a Bologna e Piacenza, mentre a Reggio Emilia si era dovuto registrare un
sensibile ritardo, come ebbe a sottolineare pubblicamente Alberto Malatesta dal­
la tribuna del I Congresso: « Il Reggiano non ha rappresentanti né adesioni, per­
ché colà i compagni sono iscritti a quella Associazione nazionale, che a mezzo
dei suoi uomini e dei giornali pagati dal Governo e dalla borghesia, fa contro
la Lega nostra la più cattiva propaganda » 73.
Consistente la presenza in Liguria, quasi nulla invece in Veneto, regione di radi­
cate tradizioni cattoliche, dove in generale anche il combattentismo nazionale non
riuscì a superare il carattere assistenziale delle origini; più complessa la situazio­
ne nelle Terre liberate. In queste regioni, sottoposte al regime speciale del gover­
natorato, gli effetti prevaricatori della azione discriminatoria delle autorità go­
vernative e militari si erano fatte particolarmente sentire nei confronti dei reduci
dell’esercito austro-ungarico, impossibilitati per statuto ad aderire alle associazio­
ni nazionali. Si erano perciò costituiti in Trentino gruppi autonomi di tendenza
cattolica - che nell’ottobre 1919 avrebbero aderito alla cattolica Unione nazio­
nale reduci zona operante (Unrzo), formatasi per scissione dall’A nc74 - pur es­
sendo presente anche una debole federazione tridentina della Lega proletaria

zone sembra esser confermata dall’atteggiamento di completa chiusura verso Anc e Anmig
dell'organo cattolico « L ’Azione», 25 gennaio 1919, molto possibilista invece nei confronti
della Lega. Idati numerici sono stati raccolti in base alla documentazione rinvenuta nei già
citati fondi dell’Acs e ai dati forniti dall’« Avanti!» e dalla stampa socialista in genere; per i
dati del Psi v. il quadro statistico pubblicato in Almanacco socialista italiano 1921, Milano,
Edizioni Avanti!, 1921.
73 Cfr. Primo congresso nazionale cit.; sulle ragioni di questo ritardo del Reggiano ed in
generale sulle vicende del combattentismo nella provincia v. R o l a n d o c a v a n d o l i , Le
origini elei fascismo a Reggio Emilia 1919-1923, Roma, Editori Riuniti, 1972, pp. 127 e segg.
74 Rapidi cenni al combattentismo cattolico in G. s a b b a t u c c i , I combattenti, cit., pp.
86 c segg.
24 Gianni Isola

mentre a Trieste e in Istria nel giugno 1919 la locale federazione aderente


alla Lega proletaria aveva raccolto oltre 30.000 adesioni75. Contro di essa
si era scatenata la repressione del governatore, il « democratico » on. Ciuffelli
che, dopo aver invano cercato di impedirne la costituzione ufficiale, ne aveva
proclamato unilateralmente lo scioglimento invitando i carabinieri a perseguirne
le eventuali manifestazioni pubbliche. Proprio l’adesione dei reduci austro-unga­
rici sarà uno dei motivi per cui in quella regione la Lega proletaria riuscirà ad
esser presente fino al 1925, quando il regime la dichiarerà illegale.
In Toscana, in Umbria e nelle Marche la Lega proletaria si era profondamente
radicata nei piccoli centri delle campagne, mentre nelle città l’Anc aveva agito
in situazione di quasi assoluto monopolio: a Firenze, ad esempio, la sezione cit­
tadina della Lega non contava più di 200 iscritti, mentre nel piccolo centro ope­
raio della vicina Sesto Fiorentino la sezione aveva raccolto oltre 800 ex-combat­
tenti di fronte ai 100 iscritti della locale sezione del Psi. Del tutto opposta la
situazione nel Lazio, dove la propaganda dell’Ano, animata da un gruppo di so­
cialisti bissolatiani e di interventisti democratici, già esperti nel lavoro fra le
masse contadine, come l’ex-redattore dell’« Avanti » Attilio Susi, aveva concesso
poco spazio alla Lega nei centri minori, mentre nella capitale, come abbiamo già
ricordato, la sezione era molto numerosa76.
Disorganica, perché priva di un reale programma di ispirazione contadina e del­
l’appoggio altrove fornito dalle tradizionali strutture del movimento operaio, la
penetrazione della Lega in Abruzzo, in Molise e in Campania - pur registrando
significativi successi a Villa Santa Maria (Aquila), ad esempio, con oltre 100
iscritti, a Bomba e a Vasto in provincia di Chieti ed a Scafati (Salerno), dove
erano stati organizzati rispettivamente oltre 250 reduci contadini - mentre in
Basilicata, feudo politico e elettorale del primo ministro Nitti, di fronte a cui
anche il combattentismo nazionale aveva dovuto segnare il passo, la Lega riuscì
a radicarsi solo molto più tard i77.
Del tutto eccezionale per il meridione lo sviluppo del movimento combattenti­
stico in Puglia, sia per l’Anc che per la Lega proletaria: quest’ultima contava
nella sola Bari 650 iscritti (contro i 3.600 dell’Anc), 1.500 ad Andria, 500 sia a
Bitonto che a Gioia del Colle, 400 a Gravina di Puglia e a Santeramo. Ma punto
di forza della Lega proletaria era la provincia di Foggia, di cui fu a lungo respon­
sabile Giuseppe di Vittorio, dove quasi in ogni centro abitato era costituita la
sezione, spesso in alternativa polemica e dialettica con la sezione del Psi e con
le altre organizzazioni operaie.
In Calabria, egemonizzato dai tradizionali gruppi clientelari di tendenza demo­
cratica il combattentismo nazionale, la Lega ottenne solo qualche modesto suc­
cesso in provincia di Cosenza, dove, ad esempio, vennero fondate due sezioni
nei comuni di Cimolo e di Scandale, dove il Psi non era mai stato presente a li­
vello organizzativo: le due sezioni assolsero quindi a funzioni prettamente poli-

75 Nell'opera di organizzazione e di propaganda si era particolarmente distinto il tenente


friulano Alighiero Costantini, che da solo aveva promosso la costituzione di 24 sezioni (cfr.
Acs, Min. Int., Dir. gen. P.s, Div. AA GG e R, Conflagrazione europea, b. 75, cat. A 5, fase.
Torino).
76 A Roma funzionava anche, sotto la guida di Torquato Lunedei, TUfficio di propaganda
per il meridione, costituito sulla falsariga dell’omologo ufficio della Fnlt.
77 « Solo nel dicembre 1921 a Potenza e in altri comuni si aprono sezioni della Lega pro­
letaria » conferma G i u s e p p e n i n o c a l i c e , Lotte politiche e sociali in Basilicata, J9Ì8-1
1922, prefazione di f r a n c o d e f e l i c e , Roma, Editori Riuniti, 1974, p. 131.
Socialismo e combattentismo 25

tiche, tanto che a Scandale venne presentata alle amministrative dell’autunno del
1920 una lista autonoma, patrocinata dalla locale Lega proletaria, che riuscì
maggioritaria conquistando il municipio78.
In Sicilia la Lega, senza peraltro diffondersi capillarmente, costituì nuclei molto
numerosi: oltre 5.000 iscritti nel Catanese, 809 nella sola Messina - dove operava
l’ambiguo capitano degli arditi Vittorio Ambrosini - e ben 1.700 nel piccolo cen­
tro agrigentino di Canicattì, dove la locale sezione dell’Anc nel giugno 1919 era
passata al completo alla Lega proletaria, un avvenimento che ebbe largo eco sulla
stampa socialista79. Più capillare la diffusione nel Palermitano nel Trapanese e
nel Siracusano, dove l’azione del mutilato Giovanni Piraino-Vinciguerra fruttò
la costituzione di oltre 40 sezioni.
Le vicende del combattentismo sardo sono forse le più conosciute, per il carattere
originale che ebbe sino dalla fondazione delle prime sezioni nel Sassarese e per
10 sviluppo che gli impresse quel gruppo di giovani intellettuali, fra cui Bellieni,
Puggioni e Lussu, che avrebbero poi promosso la costituzione del Partito sardo
d’azione80; i reduci della Lega proletaria non riuscirono a presentarsi come for­
za alternativa in provincia di Sassari, mentre in alcune località del Cagliaritano,
come Marrubiu, Sedola, Simala, Uras e Villamagna spezzarono l’isolamento a cui
le istanze democratiche dei concorrenti nazionali li aveva condannati e solleci­
tarono l’interesse delle masse popolari per la propaganda e per l’azione del movi­
mento operaio e socialista81.
11 successo riscosso dalla Lega proletaria sul piano organizzativo già nei primi
sei mesi di vita non accennò a diminuire nei sei mesi seguenti: nell’ottobre la
cifra degli iscritti era salita a 300.000 unità, suddivise in 650 sezioni, per poi
toccare il vertice nel marzo 1920, quando il segretario politico Lunedei affermò
la Lega esser composta di « oltre 1.000.000 di reduci, e 130.000 vedove di guerra »
per un totale di 896 sezioni82. Da quel momento iniziò il lento declino che vide
presenti al II Congresso solo 476 delle 505 sezioni ancora ufficialmente funzio­
nanti, per un totale di soli 57.600 iscritti; al III Congresso le sezioni presenti
erano meno di 200 per un totale di 30.000 iscritti circa. Pur tenendo conto della

78 cfr. Le nostre vittorie, in « Spartacus », 1920, n. 10.


79 La sezione di Canicattì pubblicava anche un bollettino periodico <; 11 Combattente »;
ma quando per opera del suo presidente Diego Regalbuto venne approvalo dall’assemblea de­
gli iscritti un documento di denuncia del disinteresse dell’Anc per i lavoratori e il conseguente
passaggio alla Lega proletaria (v. Un’adesione significativa, in « Avanti! », 5 giugno 1919), il
periodico assunse il titolo « La Valanga » (cfr. Esmoi, Bibliografia del socialismo e del movi­
mento operaio italiano, v.l, Periodici, t.l, Roma-Torino, Edizioni ESMOI, 1956, p. 189).
80 Sulla genesi del combattentismo sardo e sul suo successivo sviluppo in senso autono­
mistico v. s a l v a t o r e s e c h i , Dopoguerra e fascismo in Sardegna. Il movimento autono­
mistico nella crisi dello Stato liberale (1918-1926), Torino, Fondazione Luigi Einaudi, 1969,
pp. 81 e segg.; sui rapporti fra autonomismo e movimento operaio sardo v. F r a n c e s c o
m anconi - g u id o m e l is - Gia m p a o l o p is u , Storia dei partiti popolari in Sardegna 1890-1926,
a cura di Luigi Berlinguer, Roma, Editori Riuniti, 1977.
81 II più attivo propagandista della Lega in provincia di Cagliari fu Egidio Serru, un
oscuro militante che si preoccupava anche di informare periodicamente la stampa socialista
sui progressi del movimento; come lui molti i militanti più o meno sconosciuti che si adope­
rarono per rafforzare e diffondere la Lega sino nei più piccoli centri: oltre a quanti già segna­
lati nel testo merita ricordare Luigi Ferrerò per il Biellese, Ugo Petrucchi nell’Aquilano, Ar­
mando Cocchi nel Bolognese, Umberto Bianchi nel Ravennate, Alfredo Urbinati in Umbria,
Filiberto Smorti e Renato Zavattaro nel Fiorentino, Giuseppe Zanni nel Pisano e poi in
Svizzera, Corrado Graziadei nel Casertano, Nicola Vito Capozzi nel Foggiano, Saverio Ron-
coroni nel Comasco, Vicenzo Surace in Calabria.
82 Cfr. Il comizio dei mutilati alla Casa del popolo, in « Avanti! », 10 marzo 1920.
26 Gianni Isola

verticalità della caduta delle adesioni, non mi sembra giusto sottovalutare i risul­
tati di un enorme sforzo propagandistico e organizzativo che negli anni difficili
del biennio rosso aprì significativi varchi in regioni geografiche e in strati sociali
tradizionalmente assenti dalla lotta politica o egemonizzati da altre forze poli­
tiche: in provincia di Bergamo, ad esempio - una delle province più arretrate e
più fedele globalmente alla propaganda conservatrice delle gerarchie ecclesia­
stiche - la Lega proletaria aveva costituito una rete organizzativa superiore per
numero di iscritti e per sezioni a quella del Psi.
Un ruolo altrettanto importante venne svolto all’estero fra gli emigrati ex-com­
battenti: confrontando i dati organizzativi del Psi prima della guerra e quelli
della Lega proletaria risulta che nelle località dove l’inizio della guerra mondiale
aveva portato alla chiusura della sezione socialista, a conflitto concluso si era
creata la sezione della Lega proletaria senza nel contempo sentire il bisogno di
ricostituire la sezione del Psi, in Francia come in Svizzera83.
Non potendo disporre dei dati analitici per iscritti, ma solo del numero totale
delle sezioni, recuperato attraverso lo spoglio dei diversi organi di stampa socia­
listi, maggiori e minori, ho elaborato la seguente tabella da cui risulterebbe che
la Lega proletaria aveva al momento della sua massima espansione (primavera
1920) un numero di sezioni pari al 26 per cento di quelle del Psi. Un dato che
di per sé la dice lunga sulle capacità di presenza politica della Lega e che viene
asseverato dal fatto che più del 25 per cento di queste sezioni era costituito in
comuni dove il Psi non poteva contare su una presenza organizzata. Nella prima
colonna (a) della tabella sono riportati i valori numerici e le percentuali delle
sezioni della Lega in queste ultime località; nella colonna (b) il totale delle sezio­
ni della Lega per ogni regione; nella colonna (c) il totale delle sezioni del Psi
(che sono state rese omogenee escludendo le sezioni femminili, le federazioni e
le sezioni plurime per comune)84.

Sezioni LP Sezioni PSI Percentuale


R EG IO N E
a b c b /c
Piemonte 55 (27,5) 190 (22) 546 (15,6) 34
Lom bardia 40 (19,8) 172 (19,9) 545 (15,6) 31
Veneto 15 (7,6) 33 (3,9) 193 (5,6) 17
Terre lib. 8 (3,7) 11 (1,2) 54 (1,6) 20
Liguria 8 (3,7) 48 (5,6) 148 (4,4) 32
Emilia Romagna 13 (6,5) 102 (11,9) 587 (17,2) 17
Toscana 18 (8,9) 90 (10,4) 479 (14,2) 18
U m bria 7 (3,5) 35 (4,1) 89 (2,6) 39
M arche 3 (1,5) 24 (2,7) 133 (4) 18
Lazio 6 (3) 23 (2,6) 93 (2,8) 24
Abruzzi Molise 2 (1) 13 (1,5) 120 (3,5) 11
Campania 4 (1,9) 15 (1,5) 88 (2,6) 17
Basilicata — 2 (0,2) 24 (0,7) 8
Puglia 8 (3,9) 48 (5,6) 88 (2,6) 54
Calabria 3 (1,5) 13 (1,5) 104 (3) 12
Sicilia 6 (3) 27 (3,2) 105 (3,1) 25
Sardegna 6 (3) 16 (1,9) 32 (0,9) 50
ITA LIA 202 (100) 862 (100) 3.428 (100) 26

83 Fra i p iù a ttiv i n e lla p rop agan d a a ll’estero G iu sep p e P ian ezza in Francia, B e lgio e Lus­
sem burgo e G iu sep p e C arlo C h isotti in Svizzera: a L u gan o la lo c a le se z io n e d ella L ega pro­
letaria p u b b lica v a u n proprio b o llettin o « Il R ed u ce », redatto da G u g lielm o C an evascin i (cfr.
A cs, M in. In t., D ir. gen . P .S., cat. G . 1, 1920, b .ll, fa se . C om o, con ten en te u n vo lu m in o so
d ossier su ll’attività antim ilitarista d ei red u ci em igran ti in S vizzera).
84 I dati per il Psi so n o d esu n ti d all ’Almanacco socialista 1921, cit.
Socialismo e combattentismo 27

Che riassunti, con gli stessi criteri, per i tre grandi compartimenti regionali

Sezioni LP Sezioni PSI Percentuale


Com partim enti a b c b /c
Italia sett. 139 (68,8) 556 (64,5) 2073 (60) 26
Italia centr. 28 (13,9) 149 (17,2) 701 (20,8) 21
Italia mer. ins. 35 (17,3) 157 (18,3) 157 (19,2) 24

confermano l’immagine di una organizzazione estremamente forte e radicata al


nord e, in generale, nelle zone di tradizionale espansione del movimento operaio
e socialista, in grado addirittura di ampliare geograficamente la diffusione del
consenso. Più debole al Centro, dove le percentuali sono addirittura al di sotto
della media nazionale della presenza organizzata del Psi e del rapporto numerico
fra sezioni della Lega e del Psi; stazionaria al sud, dove la già ricordata presenza
in forze dell’Anc ed in particolare delle sue componenti democratiche aveva lascia­
to poco spazio alla Lega, se si eccettuano i casi pugliese e sardo, dove invece
la Lega aveva potuto concorrere al generale successo del combattentismo riuscendo
a raddoppiare la media nazionale della presenza socialista.84
Meno significativo il quadro delle sezioni estere nella difficoltà di potersi docu­
mentare sulle singole situazioni locali; traspare tuttavia evidente, soprattutto per
la Svizzera e per la Francia il già ricordato ruolo dei reduci proletari e delle loro
organizzazioni:

Sezioni LP Sezioni PSI Percentuale


N A Z IO N E c b /c
a b
Tripoli — 1 (2.9) 1 (7,16) 100
S. M arino — 1 (2,9) 1 (7,16) 100
A rgentina 1 (3,3) 1 (2,9) — —

Francia 7 (24,1) 8 (23,5) 7 (50,0) 114


G erm ania 1 (3,3) 1 (2,9) 1 (7,16) 100
Inghilterra — — 1 (7,16) —
Lussemburgo 1 (3,3) 1 (2,9) 2 (14,2) 50
Svizzera 20 (66) 21 (62) 1 (7,16) 2100
T otale 30 (100) 34 (100) 14 (100) 243

Nella più volte sottolineata impossibilità di disporre di dati numerici omogenei


e complessivi, che sarebbero stati messi utilmente in rapporto ad esempio al voto
socialista od agli iscritti al Psi, anche i dati parziali esposti mi sembrano sufficienti
da un lato per negare lo sbrigativo parallelo taschiano fra Lega e Psi e dall’altro
per giustificare un ulteriore approfondimento della ricerca per restituire in tutta
la sua pregnanza storica le dimensioni di un fenomeno organizzativo di così vaste
dimensioni geografiche e politiche. Proprio il rapporto con il voto socialista e
con gli iscritti confederali sarebbe stato difatti essenziale a dimostrare concreta­
mente la composizione sociale e politica della Lega, la reale consistenza del nu­
cleo centrale di socialisti attorno a cui venne successivamente coagulandosi la
numerosa e attiva massa di reduci di diversa origine politica e ideologica sulla
base concreta del radicato antimilitarismo e del sentito pacifismo, in altre parole,
del rifiuto della guerra. La successiva e rapida disintegrazione organizzativa -
che geograficamente si sviluppò secondo le linee del progressivo assalto fascista
allo stato liberale - non mi sembra togliere nulla ad una esperienza storica che,
pur fra contraddizioni e contrasti, seppe certo accogliere in sé ed esprimere in
una vasta gamma di interventi il processo di maturazione della coscienza di clas­
se delle grandi masse e la loro volontà di partecipazione alla lotta ed alla vita
politica negli anni del biennio rosso e dell’affermazione del regime fascista.
28 Gianni Isola

Nonostante un timido tentativo di ripresa fra la fine del 1923 e i primi mesi del
1924, la fine dell’esperienza organizzativa era ormai vicina: il lento ma costante
esodo di iscritti verso la Anc era divenuto un processo inarrestabile, che Psi e
Pcd’I, per motivi diversi e con prospettive opposte, non si preoccuparono di
ostacolare. Per il Psi era difatti il segnale del definitivo abbandono della Lega
e delle ormai fatiscenti strutture superstiti; per il Pcd’I l’inizio di una nuova fase
di interesse per il movimento dei reduci in generale e per la Lega proletaria in
particolare. Già nel corso del IV Congresso dell’Internazionale comunista, nel sot­
tolineare la composizione sociale dell’Anc « costituita in gran parte da lavoratori »
il Pcd’I aveva elaborato le prime coordinate di un piano di progressiva penetra­
zione nell’Anc per poi giungere alla fusione di questa con la Lega proletaria in
un nuovo grande organismo sottratto all’influenza dei « partiti borghesi » 85*. A
giudizio dei dirìgenti comunisti sarebbe perciò stato inutile già a quella data pro­
seguire negli sforzi di mantenere compatte e combattive le residue strutture asso­
ciative della Lega proletaria, resuscitando le originali formulazioni antagonistiche
verso le associazioni nazionali, al cui interno invece proprio in quel medesimo
periodo di tempo andavano prendendo sempre più corpo manifestazioni di un
profondo e diffuso dissenso nei confronti dell’autoritarismo repressivo dello Stato
fascistizzato; più opportuno agire a livello dei singoli associati per mantenere
deste quelle posizioni individuali antistatali, che più volte in passato i combat­
tenti avevano dimostrato, per ricollegarne le espressioni disorganiche all’obiettivo
di ristabilire le garanzie democratiche attraverso la decisa lotta al fascismo. In
quel momento storico ciò significava sostenere e stimolare l’azione del movimen­
to dell’Italia Libera, espressione della mancata soluzione da parte del nascente
regime fascista degli interessi di larga parte di quei ceti medi che, se non ne ave­
vano appoggiato l’ascesa, non l’avevano nemmeno ostacolataS6.
Decisamente orientato verso la lotta armata al fascismo, il dissidentismo com­
battentistico in ciò si differenziava nettamente dalla prassi politica delle opposi­
zioni costituzionali; decisamente antifascista e antimonarchico il movimento del­
l’Italia Libera offriva dunque al Pcd’I la possibilità di intervenire, per indirizzarne
lo sbocco politico non verso la restaurazione del regime parlamentare ma verso
l’edificazione della società socialista e della dittatura del proletariato. L’avvicina­
mento a questo movimento poneva però la revisione radicale dell’atteggiamento
del movimento operaio verso il fenomeno combattentistico ed in particolare del
Pcd’I verso la Lega proletaria, « organismo impoverito e scheletrizzato », ma
idoneo tramite fra il partito ed i gruppi dell’Italia Libera, nonostante numerose
voci reclamassero una ripresa tout court della tradizionale attività antagonistica
della Lega proletaria: testimonianza ulteriore - se necessaria - dell’importanza
per molti militanti dell’esperienza del movimento combattentistico di classe 87.

85 Cfr. Prefazione a Programma d’azione del Partito comunista d’Italia proposto al IV


Congresso dell’Internazionale comunista dalla sezione italiana, in Ape, 111/1, 28-38.
M Per la cronaca delle vicende d i questo effimero fenomeno v. L u c i a n o z a n i , Italia
libera. Il primo movimento antifascista clandestino (1923-1925), Bari, Laterza, 1975. Va co­
munque ricordato che già dall’estate 1922 si erano concretati accordi politici e organizzativi
tra reduci della Lega proletaria e esponenti repubblicani, tanto che una circolare organizzativa
del gennaio 1923 autorizzava gli iscritti alla Lega a farsi vidimare la tessera per l’anno in
corso non solo delle Camere del lavoro, dalle sezioni del Psi, del Pcd’I o del Psu ma anche
dalle sezioni del Pri (v. Sul tesseramento, in « Avanti! », 5 gennaio 1923).
87 Si vedano in proposito le numerose lettere inviate alla rubrica Gli operai e i contadini
all’Unità in « l ’Unità» del marzo-luglio 1924.
Socialismo e combattentismo 29

Il carattere di patente antifascismo che l’Anc, pur fra dubbi e incertezze dei suoi
massimi dirigenti, venne assumendo nel corso della crisi Matteotti, e la realtà di
unica organizzazione a base nazionale al cui interno era ancora possibile svolgere
una qualche attività politica convinsero i dirigenti del Pcd’I a non esitare oltre
ed a procedere prima allo scioglimento e poi alla fusione, a carattere individuale,
della Lega proletaria con l’Anc. Pur se non è possibile stabilire con esattezza la
la data e la portata effettiva del provvedimento, fra l’agosto e il settembre 1924
la Lega fu sciolta e venne affrontato definitivamente il problema della penetra­
zione nell’Anc: il compito di coordinare la duplice operazione venne affidato a
Fabrizio Maffi88. Fu Togliatti ad informare l’Internazionale comunista dell’avve-
nuto scioglimento e delle direttive impartite nel quadro della più generale rior­
ganizzazione del Pcd’I dopo il periodo di illegalità del 1923:
« Nelle organizzazioni di ex-combattenti il partito svolge un buon lavoro. È stato dato
l’ordine di sciogliere, sia come centro nazionale, sia come residuo di organizzazione lo­
cale, la Lega proletaria, organizzazione di ex-combattenti creata nel dopoguerra su base
di classe e con un programma rivoluzionario. Dopo l’inizio dell’offensiva reazionaria,
questa organizzazione aveva cessato, del resto, praticamente di esistere. I nostri compa­
gni hanno ricevuto l’ordine di entrare nelle sezioni dell’Associazione nazionale che rag­
gruppa oggi la totalità degli ex-combattenti e nelle organizzazioni similari di mutilati,
invalidi ecc. I nostri compagni hanno l’ordine di lavorare in queste organizzazioni senza
scoprirsi in quanto comunisti, ma di legare attorno a sé tutte le forze proletarie con un
programma di opposizione allo spirito di glorificazione della guerra che continua a do­
minare nelle associazioni di ex-combattenti, di lotta contro il fascismo e di difesa degli
interessi degli ex-combattenti di origine proletaria [...] I dirigenti dell’Associazione sono
tuttavia dei piccoli borghesi che condividono ancora l’ideologia di guerra da cui è uscito
il fascismo: costituiscono la destra del movimento antifascista borghese. Cercano di di­
stinguersi dalle opposizioni, che essi accusano di essere troppo radicali, ma la massa
degli ex-combattenti, che è soprattutto una massa di contadini, può essere staccata da
loro e portata sul terreno di una lotta antifascista con fini di classe e da condurre fino
in fondo.89
Si apriva un nuovo capitolo dei rapporti fra movimento operaio e masse contadi­
ne di ex-combattenti: non più scontro frontale e antagonismo aprioristico, ma
incontro di lavoro sulla base della comune esigenza di lotta al fascismo e di solu­
zione dei nodi tradizionali della questione meridionale per la rifondazione dello
stato nazionale alla luce di un nuovo concetto di democrazia popolare. Un am­
bizioso programma a cui il Pcd’I e Gramsci avrebbero dedicato tutti i loro sforzi
e che si sarebbe articolato verso tutte quelle formazioni che nel movimento com­
battentistico avevano trovato origine e matrice comune, come fase e soluzione del
più ampio problema delle alleanze rivoluzionarie del proletariato. La definitiva
conquista fascista dell’Anc e la promulgazione delle leggi eccezionali interrompe­
ranno questa nuova fase dei rapporti fra movimento operaio e reduci: ma l’espe­
rienza storica del biennio rosso non sarà dimenticata quando con la fine del se­
condo conflitto mondiale e la costituzione della Repubblica, la nuova Anc, risorta
come Ancr (Associazione nazionale combattenti e reduci), nascerà sulle basi
ampiamente unitarie della lotta di liberazione nazionale.
GIANNI ISOLA

88 La decisione venne presa nel corso del primo comitato centrale tenuto al ritorno della
delegazione al V Congresso dell’Internazionale comunista (v. Ape, 241/52-56).
89 Cfr. p a l m i r o t o g l i a t t i , Opere, I, 1917-1926, introduzione di e r n e s t o r a g i o n i e r i ,
Roma, Editori Riuniti, 1967, pp. 834-5.

Potrebbero piacerti anche