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Università degli Studi Roma Tre

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di Laurea Magistrale DAMS

(Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo)

Violão Sete Cordas:


La chitarra sette corde brasiliana

Candidato
Roberto Dogustan
Relatore
Prof. Luca Aversano

Correlatore
Giovanni Guanti

Anno Accademico 2017/2018


Questa tesi è un omaggio a tutti coloro i quali vogliano intraprendere
lo studio del Violão Sete Cordas e dello Choro.

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INDICE
Introduzione.....................................................................................................pag.4

1) Le origini

1.1 I primi esperimenti di chitarra a sette corde.............................................pag.16

1.2 Semistrunnaya: La chitarra sette corde russa...........................................pag.26

1.3 La chitarra in Brasile: dalla viola al violão..............................................pag.34

1.4 Dall'oficleide al violão sete cordas..........................................................pag.42

2) Sviluppo del sete cordas

2.1 Lo sviluppo del linguaggio del violão sete cordas nei gruppi Pau e
Corda..............................................................................................................pag.49

2.2 L'influenza di Irineu de Almeida su Pixinguinha....................................pag.56

2.3 I Conjuntos Regionais..............................................................................pag.65

3) Dino Sete Cordas

3.1 Biografia..................................................................................................pag.79

3.2 Profilo tecnico..........................................................................................pag.86

3.3 Analisi di alcune baixarias di Dino Sete Cordas......................................pag.97

4) Percorso del sete cordas: Da accompagnamento a solista

4.1 Violão sete cordas de aço: La scuola di Dino Sete Cordas....................pag.108

4.2 Violão sete cordas de naylon.................................................................pag.112

4.3 Rafael Rabello: Vita e carriera...............................................................pag.122

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4.4 Il Violão sete cordas solista...................................................................pag.133

5) I nuovi violonistas sete cordas

5.1 Rogério Caetano: Violão sete cordas de aço..........................................pag.140

5.2 Alessandro Penezzi: Violão sete cordas de naylon................................pag.149

6) Aspetti tecnici e la funzione della baixaria

6.1 Aspetti tecnici introduttivi.....................................................................pag.163

6.2 Funzioni delle baixarias.........................................................................pag.169

7) Intervista a Massimo Aureli.................................................................pag.186

8) Intervista a Tiago Prata........................................................................pag.208

Bibliografia..................................................................................................Pag.225

Appendice....................................................................................................pag.233

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INTRODUZIONE

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Questa tesi è da intendersi come prosecuzione naturale di un percorso di studio sul
genere musicale brasiliano chiamato Choro che ho cominciato circa tre anni fa con una
tesi di laurea triennale intitolata “Choro: musica antropofaga”.
A seguito di quella prima tesi in lingua italiana su di un genere che sta riscuotendo
molto consenso da parte di moltissimi musicisti italiani e internazionali, ho voluto
affrontare un argomento più specifico analizzando la storia, le pratiche e il linguaggio di
uno degli strumenti che fanno parte di questa tradizione musicale: il violão sete cordas,
ovvero la chitarra sette corde brasiliana.
Non si potrà fare a meno di contestualizzarlo almeno inizialmente tra gli strumenti a
corde che conosciamo maggiormente nella nostra cultura perché il violão sete cordas è
uno strumento in strettissima parentela con la chitarra classica a sei corde, intesa nella
sua codificazione ottocentesca a partire dai modelli di Antonio de Torres Jurado.
Non è questo il luogo per ricordare le trasformazioni che ha subito lo strumento
musicale “chitarra” prima di avere le caratteristiche che possiamo constatare oggi come
definitive, ma la domanda che ci possiamo porre è quali sperimentazioni – individuali e
non codificate - siano state effettuate nel corso della storia dello strumento prima di
consolidare in maniera definitiva in un numero ristrettissimo di culture l'utilizzo di un
tipo di chitarra a sette corde.
Come vedremo infatti nella trattazione che segue, la stessa chitarra a sette corde ha
avuto diverse trasformazioni, di cui abbiamo le prime notizie nel XVIII Secolo.
L'aggiunta di una settima corda è stata un'operazione proposta da diversi musicisti nel
corso della storia, in particolare da parte di chitarristi virtuosi al fine di aumentare le
possibilità tecniche dello strumento a livello esecutivo.
L'aggiunta della settima corda ha interessato però anche strumenti d'accompagnamento
di matrice popolare, come la kobya nella sua variante più grave.
Quella affrontata in questa tesi è una chitarra molto particolare poiché è uno dei
pochissimi strumenti a sette corde che si è inserito in una tradizione culturale.
Come vedremo nella tesi sono due le chitarre a sette corde che hanno assunto un ruolo
importante all'interno delle rispettive tradizioni popolari: il violão sete cordas e la
semistrunnaya.
La semistrunnaya, ovvero la chitarra sette corde russa, ha essenzialmente un repertorio

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solistico, mentre il violão sete cordas, per quanto abbia raggiunto un'indipendenza
solistica solo a partire dal lavoro di Rafael Rabello, fu sempre pensato per
l'accompagnamento e per svolgere dei contrappunti nella regione grave dello strumento.
Questa tecnica, come ad esempio la conduzione dei bassi, non è estranea ad altri generi
musicali popolari ma nello Choro essa è stata elaborata - in particolare per merito del
mirabile lavoro di Dino Sete Cordas – in maniera molto più complessa e moderna.
L’importanza di trattare il violão sete cordas risiede nel fatto che la tecnica di suonare la
chitarra in stile brasiliano è stata molto praticata in tutto il mondo a partire dal
Novecento. Basti dire che la Bossa Nova, tramite la forma canzone, ha sicuramente
elevato la chitarra brasiliana ad una inedita trans-nazionalità, ma non dobbiamo
dimenticare che le sue radici affondano nelle tradizioni musicali popolari brasiliane: in
particolare nel Samba e nello Choro.
Questi furono i primi generi e veicoli della musicalità brasiliana e in questi,
tradizionalmente, è utilizzata una chitarra a sette corde. In tali generi, inizialmente i
contrappunti svolti sulla regione grave non erano eseguiti solo dal violão, ma anche
dagli strumenti a fiato.
Infatti, come vedremo nella tesi, questa pratica era svolta inizialmente nelle prime bande
musicali brasiliane dall'oficleide – un primordiale sassofono – e in seguito propriamente
dal sassofono, oltre che da altri strumenti a fiato.
Ciò che a noi interessa però è come questa pratica – nonché il linguaggio che ha
scaturito – sia stata inglobata anche dal violão seis cordas e successivamente dal violão
sete cordas. Questa pratica, che prende il nome di baixaria, verrà affrontata attraverso
l'analisi delle esecuzioni di quei musicisti che hanno consolidato tale linguaggio.
Questa modalità di esecuzione non fu però frutto dell’interpretazione istintiva dei
musicisti che la adottarono, ma fu la traduzione consapevole di una cultura che venne
loro trasmessa dai musicisti popolari delle generazioni passate. Questa derivazione dalla
cultura popolare è un elemento cardine dello Choro in quanto genere e stile che, di
generazione in generazione, ha subito trasformazioni pur non alterando il significato
profondo della pratica. Poiché, come viene spesso argomentato dagli stessi musicisti
tradizionali, lo Choro non è tanto un genere quanto più propriamente una modalità di
eseguire un repertorio.

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Per quanto riguarda il violão sete cordas, come vedremo, la figura di Dino Sete Cordas è
stata la più importante nello sviluppo di una tecnica su tale strumento: viene ricordato
come colui che ha codificato il linguaggio contrappuntistico del violão sete cordas.
Ma perché è importante parlare di violão sete cordas in Italia?
Sicuramente perché è uno strumento in grande ascesa a livello internazionale;
moltissimi musicisti in Europa, Asia e America del Nord hanno preso conoscenza dello
strumento e lo utilizzano. Vi sono moltissimi corsi di apprendimento delle pratiche
chitarristiche brasiliane e sta avvenendo una grande importazione del sapere musicale di
questa florida cultura.
Si può dire che molti di coloro che hanno subito il fascino da queste modalità, a partire
dalla diffusione della musica brasiliana in tutto il mondo nel corso del Novecento,
abbiano intrapreso una ricerca delle radici di tale linguaggio, quindi introducendosi allo
Choro e al Samba; questa tesi si concentrerà però quasi totalmente sullo Choro.
Per quanto in questa trattazione mi sia concentrato in particolare sulla pratica musicale
del genere Choro, è importante notare come il violão sete cordas sia molto comune
anche nel Samba e l'intervista a Tiago Prata ne fornisce testimonianza.
In Europa sicuramente colui che ha avuto maggior merito nella diffusione del violão
sete cordas è Yamandu Costa, grande virtuoso dello strumento. Con lui però si sta
diffondendo il gusto del chitarrista solista virtuoso, molto lontano dalle pratiche di
accompagnamento tradizionali. È una nuova visione della cultura brasiliana che sta
prendendo piede in Europa dopo l'arrivo della Bossa Nova.
Mi auguro che tutti coloro che leggeranno questa tesi dopo aver visto e ascoltato il
lavoro di Yamandu Costa rimanendone impressionati dalla incredibile musicalità,
potranno informarsi sullo strumento che utilizza come veicolo delle sue esecuzioni
poiché si può affermare che sicuramente tale chitarrista costruisce il suo linguaggio
soprattutto a partire dalla tradizione del violão sete cordas nello Choro, per quanto sia
molto legato alle sue influenze latino-americane. Il fatto stesso che Yamandu non si sia
dedicato a chitarre ad otto o a dieci corde (strumenti comunque molto usati in Brasile e
che gli permetterebbero ancora più soluzioni tecniche) dimostra come il violão sete
cordas, a differenza delle chitarre con più corde, ha un linguaggio tradotto e stabilito a
cui riferirsi. È il simbolo di una cultura, che questo violonista rappresenta.

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Ciò dimostra come il violão sete cordas sia diventato un fattore culturale
imprescindibile nella musica brasiliana. Questa tesi quindi si propone come supporto
alla trasmissione di questa cultura e come fonte di accrescimento delle conoscenze degli
studiosi italiani su tale strumento per comprenderne le origini, lo sviluppo e le pratiche.
L'elemento fondamentale nella didattica del violão sete cordas per un musicista europeo
è comprendere la pratica della baixaria, pratica non sconosciuta alla musica europea
(basti pensare al basso continuo della musica barocca, il cui rapporto con la baixarias
non mi è stato qui possibile analizzare ).
Questo argomento meriterebbe un lavoro a parte che mi auguro con tutto il cuore possa
essere il passo successivo a questa introduzione del pubblico italiano all'universo del
violão sete cordas. È sicuramente il prossimo obbiettivo che dovrebbe essere analizzato
rispetto alla divulgazione di testi sul violão sete cordas in Italia. Tuttavia dato che
questa tesi si propone come il primo lavoro in lingua italiana su tale strumento - e si
spera non l'ultimo – l'obbiettivo principale sarà quello di offrire a musicisti non
brasiliani, che si relazionano al violão sete cordas, una storia dello strumento e delle
tecniche utilizzate.
Ricordo inoltre che questo non si pone come metodo per imparare a suonare tale
strumento. Nel corso della mia ricerca ho avuto la possibilità di parlare con moltissimi
violonistas che quasi nella loro totalità mi hanno confermato la scarsa utilità dei metodi
per imparare lo stile del violão sete cordas. Il metodo è sicuramente un supporto
importante per confermare o avere delle suggestioni rispetto al proprio modo di suonare
queste pratiche, ma è sempre consigliato preferire l'ascolto appassionato dei dischi per
intraprendere un percorso di studio logico.
Non va sottovalutato che un chitarrista sette corde sia esso italiano, belga, francese,
australiano o giapponese - come ho potuto constatare - è fonte di grande interesse per i
musicisti brasiliani soprattutto se non dispone di un linguaggio fedelmente legato alla
tradizione brasiliana. Questo poiché si porrà come elemento innovativo e inedito per
arricchire l'universo dello strumento e del genere Choro.
Ma come possiamo favorire la diffusione sia della pratica che dello stile dello Choro e
del violão sete cordas in particolare?
Le pratiche quali le baixarias del violão sete cordas o più in generale la Roda de Choro,

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ovvero l'insieme delle pratiche del genere Choro, meritano altresì di essere diffuse e
iniettate nelle proprie culture nazionali? Se si, in che modo?
Lo stile di esecuzione musicale, ovvero il linguaggio, quanto potrà affondare le proprie
radici o addirittura avere un qualche senso culturale? Ad esempio la tipica ritmicità
africana della musica popolare brasiliana quanto potrà essere affrontata a livello
accademico? Il significante culturale di certe pratiche potrà essere riprodotto in maniera
pedissequa all'interno di una cultura terza?
Invito a notare che un elemento di grande interesse per le musiche popolari europee
potrebbe essere il grande sviluppo armonico che ha avuto la musica brasiliana, dal quale
potremmo sicuramente trarre ispirazione.
Parlando in maniera informale con diversi musicisti popolari italiani riguardo alle
pratiche di apprendimento della nostra cultura musicale popolare mi è stata sempre
confermata la volontà di fedele esecuzione dei brani come veniva fatta al tempo dei
propri nonni. In sostanza ciò che viene trasmesso è intoccabile dalle nuove generazioni.
Ecco, ciò che mi sento di consigliare a tutti coloro che intendono dedicarsi allo studio
delle pratiche della musica brasiliana è di rivoluzionare questo sistema prettamente
italiano ed europeo di conservazione museale dei nostri generi popolari. Le pratiche da
portare all'interno della nostra cultura non sono tanto, un'altra volta, da intendersi nella
ricerca imitativa di un linguaggio, ma nell'inserimento nella nostra cultura musicale
delle pratiche più colte come l'utilizzo di armonie più complesse e di contrappunti,
nonché, a mio avviso, di pratiche socializzanti.
Questo poiché in Brasile la trasmissione culturale ha viaggiato sempre su due binari:
quello della prosecuzione di un linguaggio e quello della sua modernizzazione. Ciò sarà
ancora più chiaro leggendo la storia del violão sete cordas nel corso del lavoro che vi
propongo.
Su questo punto nasce un problema rispetto alla didattica dello stile di tale strumento
per i musicisti non brasiliani, che ho cercato di affrontare con le interviste conclusive
della tesi fatte a due chitarristi sette corde: la prima ad un chitarrista italiano (Massimo
Aureli) di formazione colta europea che frequenta spesso il Brasile e i musicisti
brasiliani di maggior rilievo di oggi, sempre però col suo punto di vista europeo e
italiano, la seconda ad un violonista sete cordas brasiliano (Tiago Prata) nato e cresciuto

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nella cultura e nel contesto popolare di Rio de Janeiro che ha soggiornato per un breve
periodo in Italia e che ha potuto constatare la maniera italiana di suonare il violão sete
cordas.
Come verrà confermato nella tesi dagli intervistati, il ruolo del violão sete cordas può
anche essere svolto dalla chitarra classica a sei corde, di più ampio utilizzo in Europa.
Non è necessario trovare una chitarra a sette corde, difficilmente reperibile sul mercato
europeo, per studiare il linguaggio delle baixarias. Anche la chitarra a sei corde nel
linguaggio dello Choro svolge delle baixarias e lo stesso Dino Sete Cordas all'inizio
della sua carriera utilizzava la sei corde svolgendo comunque un importante lavoro di
baixarias, sicuramente con meno soluzioni tecniche, ma con la stessa idea esecutiva.
Quindi questa tesi si rivolge anche a coloro i quali non possiedono una chitarra a sette
corde e inoltre non solo a coloro che sono appassionati di musica brasiliana o che
vogliano eseguire questo stile, ma si propone come contributo per trarre vantaggio dalle
pratiche delle baixarias da applicare ai più svariati generi popolareschi.
Questo poiché mi auguro che la chitarra possa godere, oltre che del suo canonico ruolo
ritmico nella musica popolare italiana, anche di un ruolo contrappuntistico che, come
dimostrano questi generi della musica popolaresca, dà sicuramente un valore aggiunto
all'accompagnamento.
Un’ altra modalità, forse la più importante ma più difficile da reperire per apprendere lo
stile, è la Roda de Choro. La Roda è il luogo ideale dove si possono apprendere i
cosiddetti malandragem, ovvero quello stile divertente e tipico di suonare lo Choro fatto
di virtuosismi e citazioni di altri generi.
Come si potrà notare nel prosieguo della tesi, vi sono molti termini come
“malandragem” che hanno difficilmente in lingua italiana dei sinonimi e il mio lavoro
di traduzione è stato certamente complesso nella logica di restituire al lettore quel
vocabolario popolare che si è costruito nel corso di centocinquanta anni di storia del
genere Choro. Prima di analizzare questo aspetto però vorrei parlare della modalità del
lavoro che ho svolto.
Questa tesi basa le sue fonti bibliografiche nei principali - quasi la totalità - scritti
riguardanti il violão sete cordas (tutti in lingua portoghese e una minore parte in
inglese). Mi perdonino gli autori dei testi che non ho potuto citare o affrontare poiché la

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ricerca è avvenuta prevalentemente sul materiale reperibile online. Mentre per la mia
prima tesi “Choro: musica antropofaga” ho avuto la possibilità di fare un viaggio di
studio in Brasile dove, non solo ho avuto l'occasione di conoscere e interloquire con i
principali esponenti dello Choro di São Paulo, ma anche di avere a disposizione i
materiali delle biblioteche brasiliane sicuramente meglio fornite di quelle italiane di
testi sull'argomento.
C'è comunque sulla rete una grande mole di scritti riguardanti il violão sete cordas e il
mio lavoro è stato quello, come dicevo, di selezionare, tradurre e compendiare tutte le
trattazioni che statisticamente risultano più ricorrenti e importanti nell'affrontare tale
argomento per un musicista europeo. Quindi ho deciso per chiare ragioni di non
includere informazioni estremamente tecniche, come avrebbe più senso facesse un
metodo per lo strumento.
È stato strutturato così un compendio riguardo questo strumento musicale brasiliano che
oggi è riconosciuto dai brasiliani come strumento tradizionale e conosciuto da un
crescente numero di musicisti di qualsiasi nazionalità.
Colgo l'occasione per porgere i miei più sinceri plausi alle università brasiliane e agli
stessi tesisti per la generosità mostrata nel pubblicare tesi e libri che ho avuto il piacere
di tradurre prendendomi la responsabilità della correttezza dell'interpretazione e
trascrizione.
Riguardo ai problemi che ho incontrato nella scrittura di questa tesi, sono
essenzialmente di carattere terminologico. Poiché, essendo il violão sete cordas uno
strumento inserito totalmente nella cultura brasiliana, è stato necessario per i brasiliani
l'utilizzo di termini molto specifici, che ho dovuto in qualche modo tradurre alterandone
in parte il senso.
Per coloro i quali conoscessero la lingua portoghese saranno sicuramente di rapida
intuizione, ma in italiano hanno difficilmente degli equivalenti. Per esempio per il
termine “violão sete cordas” è importante chiedersi quando sia possibile tradurlo con
“chitarra a sette corde”; poiché a mio parere è un termine importante per definire il
contesto di utilizzo dello strumento. Quindi ho cercato di differenziare questi due
termini evidenziando “chitarra a sette corde” come termine generale per indicare lo
strumento o il suo utilizzo in altri contesti che non fossero quello brasiliano; mentre

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“violão sete cordas” è stato utilizzato propriamente per definire la chitarra a sette corde
brasiliana e quindi concernendo anche il modo e il contesto di esecuzione tradizionale.
Semplificando: quando troverete nel corso della tesi il termine “violão sete cordas” si
riferirà a quella chitarra a sette corde utilizzata nello stile brasiliano e lo stesso
strumento o lo stesso esecutore che si dedichino ad un altro genere non brasiliano anche
temporaneamente, verranno indicati come chitarra a sette corde e chitarrista sette corde
proprio perché non rientreranno più nella codificazione che si sta cercando di fare sul
violão sete cordas.
Poi, come si vedrà nel primo capitolo, sono esistiti altri tipi di chitarre a sette corde che
hanno una definizione ben precisa come l'heptacorde, la guitarra séptima, la
semistrunnaya e altri. Un'altra chitarra a sette corde ormai molto utilizzata che non verrà
però affrontata nella tesi – poiché di poca affinità con ciò che ci interessava discutere - è
quella elettrica utilizzata in particolare nel Rock e nel Jazz che gode di manuali appositi
come quello di Chris Buzzelli “Mel Bay's Complete 7-String Guitar Method”.
Inoltre confesso la grande difficoltà di uno studio organologico sul violão sete cordas
poiché, come vedremo nella tesi, gran parte della storia dello strumento è ancora
veicolata principalmente da racconti informali; il che da una parte rende queste
informazioni molto fedeli alla concezione che hanno i violonistas brasiliani dello
strumento, ma non per questo non opinabili.
Tra i vari fattori culturali che mi sono stati trasmessi c'è anche quello di una sorta di
limitazione tecnica del tipico violonista sete cordas: ad esempio diversi maestri
limitavano lo studio del violão sete cordas ai primi cinque tasti del manico. Questo
potrebbe risultare come un approccio limitativo agli occhi di un musicista europeo,
poiché nessun chitarrista sarebbe interessato a limitarsi ad una determinata regione dello
strumento, tralasciandone un'altra. È però un fattore storico e di trasmissione culturale
che a mio parere non deve essere svalutato o taciuto poiché lo stesso Dino Sete cordas,
il creatore dello stile del violão sete cordas, sosteneva questa tesi.
I violonistas sete cordas hanno goduto principalmente di un ambiente non accademico
ai fini della trasmissione delle tecniche, come la Roda de Choro, ma anche e soprattutto
attraverso l'ascolto dei dischi. Quindi si potrebbe dire che apprendere il violão sete
cordas in Brasile consista nell'imparare a riprodurre un suono e non una tecnica, se non

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nel modo in cui questa tecnica possa essere funzionale a tale suono.
Per la grande mole di informazioni che ho ricevuto, nello scrivere questa tesi mi sono
reso conto in corso d'opera che il mio lavoro stava divenendo sempre più un lavoro
principalmente di traduzione. Non essendo né brasiliano per poter dare un contributo
sulla cultura dello strumento, né un virtuoso che potesse proporre una visione
“italianizzata”, ho reputato che il lavoro più importante da svolgere fosse quello di
mettere insieme più informazioni possibili sullo strumento che venissero quindi dai testi
di riferimento e dalla trasmissione orale.
La traccia che ho inteso seguire risponde ai seguenti punti: da dove viene questo modo
di suonare il violão sete cordas; quali sono le origini dello strumento sia da un punto di
vista del suo primo utilizzo in Brasile che dai suoi utilizzi in altre culture; da dove viene
la pratica del contrappunto di cui il violão si è appropriato; come è avvenuto
l'innalzamento del violão a strumento principe della musica brasiliana; in che modo i
grandi interpreti e compositori hanno codificato lo stile del violão sete cordas trasmesse
solo oralmente.
Si può dire infatti che la storia del violão sete cordas è l'emblema di un lavoro
generazionale di violonistas che, a partire da Tute e China, giunge ai contemporanei
Alessandro Penezzi, Rogério Caetano e Yamandu Costa, solo per citare coloro che sono
stati presi in analisi. È un percorso di un secolo che vede il susseguirsi di almeno quattro
generazioni. Come tentò in un celebre studio Ary Vasconcellos sulla storia dello Choro,
potremmo analizzare queste generazioni di violonistas nella seguente forma.
La prima è contraddistinta dal lavoro di Tute e China nei primissimi anni del Novecento
con una tecnica ancora limitata; la seconda è l'epoca delle radio e della codificazione di
un linguaggio contrappuntistico nella musica brasiliana da parte Dino Sete Cordas; la
terza gode di un genere ben codificato e affronta un primo incontro con la musica colta
vedendo l'apice nel lavoro solistico di Rafael Rabello; la quarta (ancora nel suo vivo) è
quella dei grandi solisti e del virtuosismo.
Si potrebbe obbiettare che quella che considero come terza generazione, che vede
l'apice del lavoro di Rafael Rabello, era già un'epoca di virtuosismi. Ma a mio avviso
Rafael Rabello è da considerare in quel periodo come un elemento “alieno” alla sua
generazione, che poi verrà invece studiato e assimilato appunto dalla quarta generazione

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di violonistas che, come vedremo nelle interviste tradotte, lo ergono a riferimento
imprescindibile.
Il virtuosismo è sempre stato un elemento tipico dello Choro ma oggi si incarna nel
singolo musicista virtuoso, superando il tipico Conjunto de Choro. Si potrebbe
affermare che oggi – rispetto alle innovazioni musicali – il Conjunto si è codificato in
un'esperienza dai tratti cameristici con parti molto strutturate e arrangiamenti moderni e
complessi soprattutto con l'uso degli sparititi.
Un gruppo che sarei felice di portare come esempio è Camerata Brasilis, ensemble di
grandissimo spessore che gode del sostegno dei migliori compositori e arrangiatori
brasiliani contemporanei.
I violonistas sete cordas di oggi invece – inseribili nella quarta generazione – si sono
trovati ad operare in un contesto inedito di globalizzazione dello Choro; questo
sicuramente per merito di Internet che ha permesso loro di entrare in contatto,
pubblicizzarsi e dare lezioni a musicisti provenienti da ogni parte del mondo.
Possiamo dire quindi che è in atto un'azione, di cui ancora non conosciamo gli sviluppi
– riferendomi ai primi anni del nuovo millennio fino ad oggi – di diffusione globale di
questo strumento e un crescente innalzamento del livello tecnico dei musicisti.
A mio avviso, coloro che si vorranno dedicare a questo tipo di musica dovranno
lavorare per far si che questa esperienza “di nicchia” venga promossa in modo che le
pratiche – e non lo stile - si possano inserire all'interno della cultura italiana o europea,
senza rimanere legati in assoluto alle sue origini stilistiche. Questo poiché seguendo la
direzione culturale attuale, non saranno tanto le culture nazionali a sostenere lo sviluppo
di un mercato musicale importante, quanto quelle pratiche capaci di far crescere e
appassionare i consumatori, di qualsiasi nazionalità questi siano.

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Capitolo 1

LE ORIGINI

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1. 1 I PRIMI ESPERIMENTI DI CHITARRA SETTE CORDE

Per uno studio organologico sulla chitarra sette corde brasiliana, ovvero il Violão 7
Cordas, è necessario cominciare a capire come la chitarra sia stato uno strumento in
costante perfezionamento in Europa: dai primi esperimenti con diversi ordini di corde, a
diverse dimensioni, tecniche, fino al raggiungimento, nel XXI Secolo, di una forma che
è oggi conosciuta come chitarra classica.
Il fatto che in almeno due tradizioni musicali viventi (Brasile e Russia) venga usata una
chitarra a sette corde colpisce fortemente poiché dimostra come le forme consolidate
degli strumenti che conosciamo oggi nell'ambiente classico siano solo il frutto di una
necessità di repertorio.
Nel corso della Storia della Musica però questo repertorio non è sempre stato né
uniforme né consecutivo; vari musicisti dal XVIII Secolo ad oggi testimoniano un
interesse per forme diverse e di sperimentazione, come vedremo, finalizzata sempre ad
ampliare le possibilità del proprio strumento.
Abbiamo diversi esperimenti attuati sulla forma della chitarra testimoniati fin dal XVIII
Secolo in diverse zone d'Europa, (Francia, Spagna e Italia), nonché in Russia, patria di
uno strumento, la semistrunnaya, che ha interessato gli stessi chitarristi sette corde
brasiliani per via di una possibile contaminazione subita dai musicisti brasiliani nel XIX
Secolo da tale strumento.
Per iniziare è importante stabilire le relazioni tra i termini utilizzati per nominare lo
strumento violão. Il vocabolo “violão” (accrescitivo di viola) è utilizzato per indicare la
chitarra solo nei paesi lusofoni. In tutte le altri principali lingue la denominazione per
tale strumento musicale è derivato dall'arabo qitara, probabilmente derivato dal greco
kithara; in francese si utilizza il termine guitare, in tedesco Gitarre, in inglese guitar, in
spagnolo guitarra e via dicendo.1
Il primo riferimento ad una guitarra con sette ordini di corde può essere trovato in una
edizione del trattato di José Antonio Vargas y Guzaman, “Explication Para tocar la
Guitarra de Punteado por Mussica o Cifra”, pubblicato nel 1776 nella città di Veracruz,
in Messico.

1 Jordão Pedro, Teorias sobre as origens do violão de sete cordas, Instituto Federal de Goias, Luziânia,
2015

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In tale trattato c'è un passaggio nel quale Vargas riconosce che esistevano anche chitarre
con cinque e sette ordini di corde, anche se in forma molto limitata.2
Innanzitutto si può constatare che lo strumento al quale si riferiva Vargas y Guzaman
come guitarra era generalmente con cinque o sei ordini di corde doppie, che era molto
diffuso nella Spagna del XVIII Secolo. Un altro fattore rilevante è la possibilità che la
guitarra de sete ordens fosse giunta in Messico dalla Spagna nel XVIII Secolo.
In Messico si svilupperà ed entrerà nella cultura musicale messicana uno strumento
simile, la guitarra séptima.3 Tale strumento ha sette corde doppie, come quella citata da
Guzman e la settima corda è tastabile e accordata in Si e, come vedremo, ne è uno dei
pochissimi esempi. Se sia derivata dallo strumento citato da Guzman non è possibile
affermarlo.
Questo strumento continuò ad essere utilizzato ed è ancora oggi parte degli strumenti
tradizionali messicani. Uno dei principali animatori di tale strumento fu Guillermo
Gómez Vernet che, oltre ad essere un ottimo multi strumentista, insegnante e
compositore, era un grande conoscitore della chitarra sette corde e scrisse un metodo per
lo strumento nel 1910.
Come per il violão sete cordas, la guitarra séptima faceva parte del repertorio popolare
e veniva utilizzata in contesti sociali come feste private e cerimonie pubbliche da parte
dei barbeiros, figure note in tutto il centro-sud America come musicisti popolari che
animavano le feste pubbliche della propria città.

2 Alcade, Antonio Corona. Dos Sonatas novohispanicas para guitarra del siglo XVIII: Um caso de
Musicologia Forense. ANUARIO MUSICAL, N.o 62, enero-diciembre 2007, 205-228. ISSN: 0211-
3538

3 May Adam John, The Brazilian seven-string guitar: Traditions, techinques and innovations, University
of Melbourne, Melbourne, 2013

17
Illustrazione 1: Guitarra séptima messicana

Nel XVIII Secolo un'altra importante testimonianza dell'uso della guitarra de sete
cordas si trova nel metodo “Principios para tocar la guitarra de seis ordens” dell'italiano
Federico Moretti pubblicato nel 1792. Tuttavia solo nella versione del 1799, si trova
una citazione dello strumento in analisi, nella prima nota del prologo:

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Illustrazione 2 Prologo di “Principios para tocar la guitarra de seis ordens”

“Anche se uso la chitarra con sette ordini di corde semplici, mi è sembrato più
opportuno sviluppare questo principio per la chitarra con sei ordini [di corde], poiché è
usata comunemente in Spagna: la stessa ragione mi obbligò a stamparlo in italiano
nell'anno 1792 adattato per la chitarra con cinque ordini [di corde]; poiché a quel tempo
in Italia ancora non si conosceva quella con sei [ordini di corde].”4
Purtroppo né il trattato sulla guitarra de sete ordens duplas citata da Guzman ne quello
s ul l a guitarra de sete cordas simples di Moretti descrivono l'accordatura dello
strumento.
Nel XIX Secolo, il liutaio spagnolo Antonio Torres Jurado (13/6/1817 – 19/11/1892),
creò quella che noi conosciamo come la chitarra classica anche se altri esperimenti

Illustrazione 3 Napoleon Coste

4 Moretti Federico, Principios para tocar la guitarra de seis ordenes, Imprenta de Sancha, Madrid. 1799

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furono fatti per ampliare le possibilità dello strumento.

Napoleon Coste, chitarrista e compositore francese, nel 1826 commissionò al liutaio


Pierre-René Lacôte - che si avvalse dell'aiuto di Ferdinando Carulli 5 - una chitarra sette
corde della quale disponiamo di più elementi di studio. L'immagine precedente lo vede
fotografato con tale chitarra alla sua sinistra.
Venne chiamata chitarra heptacorde e aveva sette corde singole con la settima corda
tesa fuori dal braccio dello strumento.

Illustrazione 4 Chitarra heptacorde

Dalle partiture di Napoleon Coste si può intuire che la settima corda fosse accordata in
Re2 poiché è la nota più grave utilizzata di cui si trova riferimento. Un esempio si può
notare nella trascrizione per chitarra di una Andate di Haydn fatta dallo stesso Coste6.

5 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na Musica Popular Brasileira,
Universadade Federal do Rio de Janeiro, 1995.
6 Rosager Lars Christian, Revising the Origins of the Brazilian Seven-string Guitar Through Musical
Analysis, Music 899, 2013 p.14

20
Illustrazione 5 Trascrizione “Andante” di Haydn –
Napoleon Coste

Anche un chitarrista danese, Søffren Degen (1816 – 1885), che collaborò col
chitarrista , depositò il brevetto di una chitarra a sette corde molto simile.

Illustrazione 6 Søffren Degen

Inoltre in un trattato di Fernando Ferrandiere (discepolo del monaco Miguel Garcia

21
detto Padre Basilio7) pubblicato a Madrid nel 1799, Ferradiere racconta che Garcia
utilizzava una chitarra a sette corde con sei corde doppie e una più acuta singola con tale
accordatura: Si – Mi - La – Re – Sol – Si – Mi. 8 E' interessante notare che ancora oggi
alcuni chitarristi sette corde brasiliani utilizzano questo tipo di accordatura.
Sull'interessantissima figura di Miguel Garcia purtroppo non si hanno molte notizie, se
non che fu un brillante chitarrista e contrappuntista richiesto da Carlo IV come maestro
di cappella e che fu uno dei promotori dell'aggiunta della sesta corda sulla chitarra, che
fino alla sua epoca era conosciuta tradizionalmente a cinque corde.

“[...] è noto che fu il primo a stabilire la musica punteada alla chitarra, che era organista
nel suo convento e che suonava la chitarra con sette corde. […] La chitarra prima di
Padre Basilio non aveva che cinque ordini di corde, e si suonava rasgueado; egli ne
mise sette e stabilì il metodo di suonarla in maniera contrappuntistica (punteado).”9

La più antica chitarra a sette ordini di corde che abbiamo a disposizione è conservata al
Museo de la Musica di Barcellona.10 Dall'etichetta sappiamo sia stata costruita da
Francesco Sanguino a Siviglia nel VIII Secolo, purtroppo la data precisa è illeggibile,
anche se gli specialisti concordano che sia stata costruito approssimativamente nel
1780. Ha sette ordini di corde doppie, con una cassa di risonanza di dimensioni
maggiori della chitarra classica per sostenere le frequenze gravi.

7 Anche Federico Moretti studiò con Garcia.


8 De Castro Duarte Fernando Viveiros, O aprendizado do violão de sete cordas: Estudo de caso com o
musico Valter Silva, Universidade do Rio de Janeiro, 2002.
9 Castellanos de Losada Basilio Sebastian, Discurso sobre le Musica Espaõla, Glorias de Azara en el
Siglo XIX, Madrid, 1852, p. 851.
10 http://cataleg.museumusica.bcn.cat/detall/fons_instruments/H310385

22
Illustrazione 7 Chitarra Sanguino lato sx

23
Illustrazione 8 Chitarra Sanguino lato dx

24
Illustrazione 9 Chitarra Sanguino etichetta interna

Illustrazione 10 Chitarra Sanguino Illustrazione 11 Chitarra Sanguino


retro fronte

25
1.2 SEMISTRUNNAYA: LA CHITARRA SETTE CORDE RUSSA

Illustrazione 12 Semistrunnaya

Come anticipato, la semistrunnaya gitara è uno strumento scoperto recentemente dai


brasiliani, in particolare da Yamandu Costa, che ha suscitato un grande interesse per la
somiglianza con il violão sete cordas. Questa scoperta si può dire abbia riscritto

26
completamente la storia dello strumento nonché della sua introduzione in Brasile e in
particolare nell'organico dei gruppi di Choro. Questo poiché - per quanto ancora non si
abbiano documenti certi sull'origine della chitarra sette corde in Brasile - una grande
parte gli studiosi della storia dello Choro, seguendo la tradizione orale degli chorões,
crede che l'introduzione dello strumento nel genere brasiliano fu conseguenza
dell'immigrazione di musicisti zigani a Rio de Janeiro nel primo Novecento. Così, la
leggenda tramandata oralmente dagli chorões, vuole che Tute e China (che saranno
analizzati ampiamente nel prossimo capitolo) abbiano notato tale strumento suonato da
musicisti zigani nelle feste popolari e abbiano deciso di incorporarlo nello Choro per
esaltare e arricchire la pratica della baixaria che già veniva praticata in precedenza con
la chitarra sei corde.
In Russia la semistrunnaya viene citata in un documento per la prima volta nel XVIII
Secolo. Non ha un'origine ben definita, ma è possibile che abbia provenienza cieca.11
Come nota Timofeyev12:

“Un importante contributo a sostegno della storia dello strumento tra la Russia e
l'Europa centrale è il metodo scritto dal chitarrista ceco Ignatz von Held (1766-1816)
per chitarra a sette corde. Inoltre un noto musicista, pioniere della chitarra a sette corde,
fu Andrei Sychra (1773-1850), anche lui di origine ceca.”

Secondo Famicin fu proprio Sychra il creatore della chitarra sette corde russa nata dalla
necessità di avere uno strumento che si avvicinasse al suono dell'arpa, suo strumento
prediletto.13
Il tipo di scrittura di Sychra mostra chiaramente come fosse legato all'arpa nel suo
pensiero compositivo. Di seguito un estratto di “Vsekh tsvetochkov bol'e rozu ia liubil”,
composizione del 1830, con alcune annotazioni.14

11 Jordão Pedro, Teorias sobre as origens do violão de sete cordas, Instituto Federal de Goias, Luziânia,
2015
12 Timofeyev Oleg, The Seven-String Guitar in 19th-Century Russian Culture,
http://www.justclassicalguitar.com/pen&nail/7strings.php (29/09/18)
13 http://www.narodny.info/history/738-gitara.html (29/09/18)
14 Disponibile su http://www.guitarandluteissues.com/rmcg/sychra (10/01/2018)

27
Illustrazione 13 “Vsekh tsvetochkov bol'e rozu ia liubil” - Andrei
Sychra

Innanzitutto nel primo cerchio è curioso notare una classica frase contrappuntistica delle
baixarias del violão sete cordas che ricorre anche nel linguaggio della semistrunnaya.
Nei cerchi più piccoli viene segnalato l'uso delle inversioni anche queste molto usate nel
violão brasiliano per decorare l'armonia e per il cammino dei bassi.
Un interessante documento che può essere utile nella ricostruzione storica della
semistrunnaya è un dipinto dell'artista russo Vasili Andreevich Tropinin (1776-1857)
del 1823 dal titolo "Il chitarrista" dove ritrasse un chitarrista sette corde nell'atto di
suonare un accordo di Sol maggiore con la tipica accordatura della semistrunnaya (Re -
Sol - Si - Re - Sol - Si - Re).

28
Illustrazione 14“Il chitarrista” - Vasili Andreevich Tropinin

29
La chitarra sette corde russa era uno strumento imprescindibile della vita urbana nella
Russia del XIX Secolo. Veniva usata in particolar modo nelle canzoni romantiche di
influenza zingara e il suo repertorio fu sviluppato durate il periodo della “Russia
Imperiale” da compositori come Aleksander Alyabyev (1787-1851), Aleksander
Varlamov (1801-1848) e Aleksander Gurilyov (1803-1858).15
In Russia non fu mai creata una scuola promotrice di tale strumento, per questo
l'interesse per la chitarra a sette corde è stato discontinuo, spesso sopraffatto da quello
per la chitarra classica, chiamata dai russi “chitarra spagnola”. È stato comunque uno
strumento molto diffuso in Russia a tal punto che per lungo tempo, a differenza della
cultura europea, la chitarra a sette corde fu più comune di quella a sei corde. A
proposito di ciò viene raccontato un aneddoto che vede protagonista il chitarrista
Fernando Sor: quando arrivò in Russia tutti si stupirono che potesse suonare in maniera
così virtuosistica una chitarra con “solo” sei corde. 16
Concluso un concerto di Sor a Mosca, il chitarrista sette corde russo Vysotsky fu
invitato a gran voce sul palco per mostrare le sue capacità. Vysotsky cominciò ad
improvvisare e Sor ne rimase molto impressionato e diventarono buoni amici17.
Vysotsky era una grande improvvisatore ed è un aspetto tradizionale che il chitarrista di
semistrunnaya improvvisi dei brani prima di cominciare il concerto. Queste
improvvisazioni sono chiamate “probi”. Vysotsky compose molti brani nello stile
popolare del tempo come mazurka, poloneise e waltz; curiosamente furono proprio quei
generi che diedero origine allo Choro.

15 Zenev Artem, The Russian Seven-String Guitar, Turun, Turku University of Applied Sciences, 2012,
p.5
16 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na Musica Popular Brasileira,
Universadade Federal do Rio de Janeiro, 1995.
17 Zenev Artem, The Russian Seven-String Guitar, Turun, Turku University of Applied Sciences, 2012,
p. 14-15

30
Illustrazione 15 Vysotsky

Sembra che l'interesse per la semistrunnaya sia decaduto in un determinato periodo:


dopo le acclamate tournée di Andrés Segovia a Mosca, Leningrado ed Odessa nel 1926-
27 e 1935-36 che diedero il via ad un fascino generale per la chitarra classica grazie al
suo prezioso lavoro di trascrizione.
Il governo russo aveva per lungo tempo boicottato ogni sorta di dialogo con la cultura
europea, così nel Novecento, a seguito di un avvicinamento al “Vecchio Continente”
moltissimi chitarristi sette corde passarono alla chitarra classica europea a sei corde,
anche se rimane ancora oggi molto eseguito il repertorio tradizionale di Sychra, in
particolar modo negli anni '50 quando alcuni chitarristi russi - nel periodo così detto
nazionalista – ricominciarono ad utilizzare la semistrunnaya.18
Recentemente invece sono sempre più numerosi i chitarristi russi che si dedicano alla
tradizione della semistrunnaya. Sono attivi vari festival e competizioni che tengono
18 Rosager Lars Christian, Revising the Origins of the Brazilian Seven-string Guitar Through Musical
Analysis, Music 899, Los Angeles, 2013

31
vivo l'interesse e continuano la tradizione della chitarra sette corde russa.
La chitarrista Anastasia Bardina, una delle attuali maggiori esecutrici del repertorio di
semistrunnaya, ha partecipato al programma televisivo “Sete Vidas em Sete Cordas”
nella prima puntata “A Herança Russa” (l'eredità russa) dove Yamandu Costa nel corso
di sette puntate ha incontrato i maggiori esponenti della chitarra sette corde in Brasile e
nel mondo.19

Illustrazione 16 Yamandu Costa e Anastasia Bardina

Un altro strumento simile alla semistrunnaya è la kobza d'accompagnamento, uno


strumento a sette corde di origine ucraina accordato come la chitarra sette corde russa.

19 Sete Vidas em Sete cordas, IMDB disponibile al https://www.imdb.com/title/tt9017544/

32
Illustrazione 17 Kobza

33
1.3 LA CHITARRA IN BRASILE: DALLA VIOLA AL VIOLÃO

In Brasile il primo strumento simile ad una chitarra che venne diffuso dai colonizzatori
portoghesi - nel XVI Secolo - fu la viola, detta anche viola de arame.
Inizialmente era uno strumento a sette corde con sei corde doppie e una più acuta
singola, ma durante il secolo successivo si diffuse nella sua versione più caratteristica
con cinque corde doppie.
Nella prima metà del XIX Secolo, Rio de Janeiro fu il centro di diffusione
dell'innovazione strumentale della musica popolare brasiliana. La viola non venne più
usata e al suo posto il violão (o viola grande) ebbe un enorme successo, venendo
identificato come lo strumento principale nell'accompagnamento dei generi musicali
popolareschi.
La denominazione “viola” ancora ai giorni d'oggi in Brasile può essere usata per
indicare il violão. Per quanto ci si riferisca particolarmente allo strumento primordiale
di quattro o cinque ordini di corde, limitato all'area rurale del Paese, il valore semantico
del termine violão è quasi esclusivamente legato all'area urbana costiera. 20 Ad esempio,
molti musicisti brasiliani vengono ribattezzati con il nome dello strumento che suonano
(Jacob do Bandolim, Dino 7 Cordas ecc.) e i cantanti Chico Viola, Mano Décio da
Viola o il più famoso Paulinho da Viola, suonavano il violão. Inoltre il testo di una
canzone Samba di Jorginho do Imperio documenta questo fatto semantico dove i
termini viola e violão sono usati come sinonimi:

“Não Chore, Amor.

Meu bem, cheguei


para avisar que hoje não venho não
Quero apanhar meu violão
Preciso ensaiar minha canção
Não chore amore, pra que chorar

20 Taborda Marcia, Da viola a viola grande: a trajetória do violão, Casa de Rui Barbosa, Rio de Janeiro,
2011.

34
Te primeto depois do ensaio regressar
A favela toda esta esperando o meu samba
Sou bamba e não posso faltar
Você ja pensou, com esta viola em meu peito
Não vai ter jeito, minha escola vai ganhar
Não chore amor, pra que chorar
Te prometo depois do ensaio regressar.”21

La viola ebbe un momento di estrema popolarità a Rio de Janeiro e ciò fortunatamente


venne documentato da diversi viaggiatori sui loro diari. John Luccock, un
commerciante inglese che visse in Brasile dal 1808 al 1818 riportò sul suo taccuino la
fiorente pratica musicale urbana:

“Fuori dalla città [di Rio de Janeiro], in particolare quando la luna era quasi piena, la
notte riuniva persone piene di allegria; il sonno aveva già dissipato i vapori dell'alcool,
se ne avevano abusato, al gruppo si univano anche ai vicini, la chitarra suonava, grazie a
chiunque la sapesse usare; le canzoni si succedevano, generalmente con note delicate e
sentimentali, e neanche la danza era dimenticata.”22

Debret, un pittore francese, nel suo “Viagem pitoresca e historica ao Brasil” del 1834,
menziona in alcuni passaggi la guitare – la viola – per esempio nella descrizione della
Festa do Divino a Rio de Janeiro dove un gruppo di giovani musicisti suonavano la
viola, il pandeiro e percussioni arcaiche. I loro strumenti a corda sono descritti a corde
doppie.23
Gli antropologi Spix e Martius in “Raise in Brasilien 1817-1820” inoltre documentano
l'ampio uso della viola a Rio de Janeiro confermando che le canzoni popolari, sia
brasiliane che portoghesi, venivano accompagnate da tale strumento.

21 Disco Marcus Pereira – MPC 4001 – Lato A, traccia 3.


22 Luccock John, Notas sobre o Rio de Janeiro e partes meridionais do Brasil. Belo Horizonte: Itatiaia,
1975. p. 85

23 Taborda Marcia, Da viola a viola grande: a trajetória do violão, Casa de Rui Barbosa, Rio de Janeiro,
2011, p.184

35
La grande popolarità della viola nella capitale può essere testimoniata anche dalla
creazione di scuole di violeiros nel centro della città.24
Anche José Mauricio Nunes Garcia, uno dei principali compositori brasiliani, vissuto a
cavallo tra il VIII e il XIX Secolo, documentò che nella sua scuola di musica si usava la
viola de arame per l'insegnamento musicale. Nonché gli zigani immigrati in Brasile
usavano tale strumento nelle feste di matrimonio e in diversi contesti sociali.25

Illustrazione 18 violão de arame

Ancora non è possibile precisare la data o qualsiasi fatto significativo riferito


all'introduzione del violão nella Rio de Janeiro del XIX Secolo; sicuramente però
possiamo collocarla nel periodo del trasferimento della corte portoghese da parte di
Dom João VI nel 1808. Ciò produsse una forte migrazione portoghese nella nuova
capitale, che cominciò a popolarsi.
Fino al 1822 fu registrata una grande immigrazione da diversi paesi europei, in
particolare da Spagna e Francia. È facile immaginare come la chitarra possa essere stata
introdotta in Brasile dagli immigrati, dopo aver riscosso enormi successi nelle principali
24 Ibid.
25 Ibid. p.185

36
capitali europee.
I primi documenti che attestano l'uso della chitarra a Rio de Janeiro risalgono ad un
periodico chiamato “O spectador brasileiro” nel quale, nel 1826, venne pubblicato un
annuncio di un insegnante di musica, Bartolomeu Bortollazzi26:

“professor de musica, morador na Rua dos Invalidos n°80, faz sciente ao responsavel
publico que, quem quizer aprender musica, cantar, tocar viola, viola franceza ou
mandolino, que elle ensina.”27

A quel tempo la chitarra veniva chiamata viola franceza, o francesa. Ciò dimostra come
l'immigrazione abbia contribuito enormemente allo sviluppo della chitarra in Brasile e
soprattutto come non fosse ancora radicata nella cultura brasiliana all'epoca.
Nel XIX Secolo sempre più notizie legate alla chitarra cominciano ad apparire.
Un ottimo strumento di diffusione del repertorio, e di conseguenza dell'utilizzo della
chitarra, fu la stampa di spartiti per tale strumento.
Il musicista francese Pierre Laforge, che nel 1834 si stabilì a Rio de Janeiro, si dedicò
alla stampa di spartiti di brani musicali e introdusse nella società carioca il primo
metodo di viola francesa, già in quell'epoca denominata violão.
Nella rubrica musicale del Jornal do Comércio 28 del 1 Marzo 1837 venne pubblicato
l'annuncio:

“Na imprensa de musica de Pierre Laforge na Rua da Cadeia N°89, acabase de imprimir
as seguintes peças: methodo de violão, segundo o sistema de Carulli e Nava, traduzido
do italiano por J. Crocco.”29

Nella seconda metà del XIX Secolo il violão si stava già diffondendo in tutta Rio de
Janeiro.
26 Ibid. p.189
27 Professore di musica, locato in Rua dos Invalidos n°80, porta a conoscenza del gentile pubblico che, è
disposto ad insegnare la musica, a cantare, suonare la viola, la viola franceza o il mandolino a chi
desideri impararli.
28 Ibid p. 190
29 Nel negozio di musica di Pierre Laforge in Rua da Caldeia n.89, sono stati stampati i seguenti brani:
metodo per violão secondo il sistema Carulli e Nava, tradotto in italiano da J.Crocco.

37
Il “Almanak administrativo, mercantil e industrial do Rio de Janeiro” conosciuto come
“Almanak Laemmert”, una importante fonte per l'organizzazione sociale, economica e
politica della città, ci fornisce informazioni sui professori, accordatori, negozi,
istituzioni e teatri attivi a Rio de Janeiro nel XIX Secolo. Nella prima pubblicazione i
professori di musica, lingua, pittura e danza erano raggruppati in un'unica sezione, dato
lo scarso numero di proposte commerciali. Ma già dal 1848 aumentarono
esponenzialmente gli annunci con 29 professori di musica, 25 di lingua, 12 di disegno e
pittura e 9 di danza.
Il violão fu menzionato per la prima volta negli annunci del “Almanak Laemmert” nel
1847 tra i quali troviamo un professore, Pedro Nolasco Baptista, che insegnava
oficleide, flauto e violão.30 Risulta interessante questa padronanza sia dell'oficleide che
del violão, come vedremo nel prossimo paragrafo, per le pratiche comuni che tali
strumenti avranno nella storia dello Choro e della musica popolare brasiliana. Inoltre nel
XIX Secolo è chiaro come esistesse già una categoria di artisti virtuosi e poli-
strumentisti.
Il timbro del violão nelle manifestazioni musicali brasiliane della classe popolare è
rimasto fino ai giorni d'oggi intatto. Il modo di suonare, il repertorio e gli esecutori
possono essere catalogati in un determinato momento storico, ma tale pratica musicale
determinò fortemente tutta la sensibilità musicale del Brasile nel corso di almeno due
secoli. Transitando da spazi privati - fossero essi quintais31, varandas32 - o pubblici –
nelle strade, bar, coretos33, teatri, feste popolari – fu in questi luoghi che si affermarono
e stabilizzarono figure come gli chorões, seresteiros, boemios, cantadores.
Per quanto fossero musicisti popolareschi, si integravano perfettamente con le famiglie
altolocate che in cambio di esibizioni davano loro cibo in abbondanza e bevande di
qualità.
Come ricorda Alexande Gonçalves Pinto, uno dei primissimi storiografi dello Choro:

“Ai compleanni, ai battesimi, ai matrimoni, i grandi chorões era richiesti e li si cercava

30 Ibid p.191
31 Cortile
32 Verande
33 Il palco dell'orchestra dedicato alle feste popolari.

38
nei loro luoghi, nel quartiere Catete, al Botequim da Cancela, al Matadouro, all'Estacio
de Sa, alla Confeitaria Bendeira, al Andaraì, al Galo Preto e al Botequim Braço de
Ouro, all'Engenho Velho, nel Botequim do Major Avila, al Portão Vermelho, nel centro
città, in un negozietto a Largo de São Francisco all'angolo con rua dos Andradas, e alla
Confeitaria do velho Chico, che era al lato opposto della strada. Era in questi luoghi che
si riunivano quei grandi musicisti come “Boca Queimada”, Tres Tempos, Israel,
Pernambuco, Augusto Mello e molti altri...[...]”.34

Dalle informazioni che ci fornisce il prezioso resoconto storico di Pinto possiamo


constatare che in quell'epoca l'uso violão si stabilì in tre principali funzioni:

1. Accompagnatore solista: surclassando la viola, il violão venne usato per


armonizzare modinhas, lundus e ciò venne documentato dalle prime
registrazioni fonografiche all'inizio del XX Secolo;
2. Accompagnatore nei Conjuntos di Choro: lo strumento assunse, al lato del
cavaquinho il supporto armonico nell'accompagnamento dei vari generi
strumentali;
3. Solista: il violão solista fu un veicolo popolare di opere scritte (e trascritte)
direttamente per il suo timbro.

Fuori dagli ambienti dei salotti e dei teatri, il culto della modinha ebbe un un'espansione
immensa. Dato che i musicisti popolari - spesso suonatori di strumenti a corde –
notoriamente, nella loro maggior parte, non sapevano leggere la musica, il mercato
editoriale si rese conto della necessità di divulgare una grande mole di brani
pubblicandoli in svariate edizioni, proponendo solo i testi delle canzoni.
Nel 1878 Joaquim Norberto de Souza organizzò per la Livraria Garner la pubblicazione
“A cantora Brasileira”, tre volumi con testi di modinhas, che oggi può darci un'idea
della enorme quantità di compositori, scrittori e musicisti che si dedicavano a questo
genere.
Agli inizi del Novecento c'era un incredibile fermento musicale a Rio de Janeiro:

34 Pinto A. G., O choro: reminescencias dos chorões antigos, Rio de Janeiro, Funarte, 1978. p.125

39
dobbiamo immaginarci un grande numero musicisti con il violão sempre in spalla che
circolavano di notte per le strade del centro nella città di Rio de Janeiro, della periferia e
dei quartieri della zona Sud, in particolare a Gavea e Botafogo, e trovavano rifugio nel
primo boteco35 ancora aperto.36

Illustrazione 19 “Roda de Choro adega da Lapa” - Alvaro Marins

Il violão fu di grande importanza nella strutturazione e nell'evoluzione del nuovo


metodo di registrazione dei dischi. Per dare un'idea del largo uso di tale strumento basti
ricordare che i primi cento fonogrammi prodotti in Brasile, parte del catalogo della Casa
Edison del 1902, furono fatti esclusivamente con accompagnamento di violão.37
Tra i tipi di chitarra che venivano sperimentati in Brasile, si ha notizia del violão
bolacha, usato anche da Ernesto dos Santo, detto Donga, accordato una quinta sotto
l'accordatura tradizionale, ovvero: Si – Mi – La – Re – Fa# - Si.38
Questo tipo di violão fu usato sporadicamente nei Conjuntos di Choro nella prima
decade del Novecento, fino a cadere in disuso. I generi che maggiormente venivano

35 Tipico bar popolare brasiliano, luogo animato spesso da musica dal vivo.
36 Taborda Marcia, Da viola a viola grande: a trajetória do violão, Casa de Rui Barbosa, Rio de Janeiro,
2011, p. 195
37 Ibid. 198
38 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na Musica Popular Brasileira,
Universadade Federal do Rio de Janeiro, 1995.

40
eseguiti, che erano inoltre i principali eseguiti dagli chorões, erano: valsa, schottishs,
quadrillhas, mazurcas, polcas, tangos, modinhas, cançoneta e lundu, eseguiti da
cantanti che si accompagnavano col solo violão, bande e gruppi di Choro.
Le registrazioni ci permettono di conoscere i gruppi che animavano la Rio de Janeiro
dei primissimi anni del Novecento39, ed erano svariati. I tipici strumenti utilizzati erano:
uno strumento solista accompagnato da violão e cavaquinho.
Ogni strumentista di qualità riconosciuta dirigeva un Conjunto: tra i vari a Rio de
Janeiro c'erano Pixinguinha, Luiz Americano, Waldir Azevedo, Dilermando Reis; a São
Paulo, Garoto, Rago, Aimoré, Armandinho Neves; a Recife, Luperce Miranda, il
fratello Nelson Miranda e Rossini Ferreira.
La maggior parte di questi Conjuntos avevano una carriera limitata nel tempo, solo
pochi duravano a lungo negli anni come avvenne con quello di Rogerio Guimarães che
era ospite fisso alla Radio Tupi. Questa radio era un ambiente culturalmente molto
attivo e i violonistas che dirigevano un Conjunto registravano anche le loro
composizioni dedicate al violão solo. Tra questi Americo Jacomino, Canhoto, Levino
Conceição, João Pernambuco e lo stesso Rogerio Guimarães.
L'opera di João Pernambuco (1883-1947) fu il primo passo per la formazione del
repertorio di Choro scritti per violão solo, che è oggi sterminato. Tra i brani più celebri
di João Pernambuco si possono ricordare Sons de Carrilhões, Grauna e Dengoso.

Illustrazione 20 Rogerio Guimarães

39 In gran parte disponibili all'ascolto su internet.

41
1.4 DALL'OFICLEIDE AL VIOLÃO SETE CORDAS

Le descrizioni che Pinto40 fa degli chorões, delle feste e delle loro modalità, mostrano in
particolar modo il carattere amatoriale dei musicisti, che suonavano nei balli e nei
concerti avendo come esigenza primaria semplicemente un pasto ricco e bevande in
abbondanza, in mancanza dei quali “l'organizzatore correva il rischio di rimanere senza
musicisti e senza musica”41.
Tali chorões, nella maggior parte dei casi, erano impiegati pubblici e membri della
classe media, che perciò non aveva la possibilità di acquistare strumenti costosi,
optando per strumenti più popolari e abbordabili come il violão, il flauto e il
cavaquinho. Pinto descrive lo Choro in questi termini:

“Chi non conosce questo nome? Solo quelli che non hanno mai organizzato una festa a
casa propria. Oggi questo nome non ha ancora perso nulla del suo prestigio, anche se gli
choros42 di oggi non sono come un tempo, poiché i veri choros erano costituiti da flauto,
violões e cavaquinhos, con a volte l'utilizzo degli indimenticabili oficleide e trombone,
che caratterizzavano il vero choro degli antichi chorões.”43

Pinto constata la presenza dell'oficleide nei primi Conjuntos di Choro e segnala 15


musicisti, tra i 285 chorões da lui identificati, che suonavano l'oficleide, facendo si che
fosse il quarto strumento più utilizzato, dopo il cavaquinho, il violão e il flauto.44
L'oficleide è uno strumento di metallo a bocchino con grandi fori tappati da cinque, sei
o sette chiavi. Il tubo, conico, è ricurvo come quello del fagotto e il bocchino è molto
simile a quello del trombone. Essendo uno strumento a chiavi e di forma conica, il suo
suono è molto simile a quello del sassofono tenore, che in alcuni modelli, è anche della
stessa misura.

40 Pinto A. G., O choro: reminescencias dos chorões antigos, Rio de Janeiro, Funarte, 1978
41 Ibid.
42 Con il termine “choros” Pinto intendeva sia il gruppo che il genere, che all'epoca non era ancora
formalizzato.
43 Ibid. p. 11
44 Velloso Soares Rafael Henrique, O saxophone no choro, Escola de Música da UFRJ, Rio de Janeiro,
2006, p. 5-6

42
Illustrazione 21 Oficleide e sassofono
a confronto

Secondo Myers45, l'oficleide, inventato nel 1817, diventò rapidamente uno strumento
versatile e largamente impiegato nelle bande per l'esecuzione dei temi o come parte del
riempimento.
Lo strumento in seguito fu abbandonato dopo un'intensa ristrutturazione della
formazione strumentale delle bande militari, venendo sostituito con strumenti più
moderni come il saxhorn e il sassofono. Secondo lo stesso studio, ciò avvenne, a causa
della scarsa maneggevolezza, delle difficoltà di manutenzione e della vulnerabilità dello
strumento.
Sebbene l'oficleide non sia più comune come strumento, il suo “ruolo” musicale nello
Choro non è drasticamente scomparso ma è stato assunto da un altro strumento: il
violão sete cordas.
Nella musica classica invece la tuba e l'euphonium oggi sono molto più conosciuti e il
sassofono tenore ha totalmente sostituito l'oficleide in qualsiasi tipo di ensemble.
Riguardo alla caduta in disuso dell'oficleide Adolphe Sax dichiara:

“Sappiano che in generale gli strumenti a fiato hanno spesso suoni troppo duri o troppo
deboli; un altro dei loro difetti è la mancanza di bassi. L'oficleide, per esempio, che
sostiene i tromboni, produce un suono tanto sgradevole che deve essere usato fuori dalle
sale a causa della risonanza di queste e per la difficoltà di suonarlo piano. Il fagotto al

45 Myers Arnold, Acoustical Factors in the Demise of the Oficlide, Congresso Mondiale di Acustica,
Nara (Giappone), 2004.

43
contrario ha un suono tanto debole che può essere usato solo per l'accompagnamento e
le parti di riempimento; non è assolutamente usato per l'effetto forte nelle
orchestrazioni. Si può notare che il fagotto è l'unico strumento della sua famiglia che si
amalgama bene con gli strumenti ad arco.
Solo gli ottoni producono un suono soddisfacente nelle esecuzioni all'aperto. Le bande
formate da tali strumenti sono l'unico tipo di ensemble che funziona in queste
circostanze.
Tutti sanno che per le esecuzioni all'aperto l'effetto degli strumenti ad arco è nullo. A
causa della debolezza del loro timbro, il loro uso è quasi impossibile in queste
condizioni.
Colpito da tali inconvenienti, ho cercato il rimedio a questi inconvenienti creando uno
strumento, il cui suono si potesse conciliare con gli strumenti ad arco, ma che
possedesse più forza e intensità di questi strumenti. Questo strumento è il sassofono. Il
sassofono ha la possibilità di gestire il volume meglio di qualsiasi altro strumento. L'ho
fatto di ottone, con forma di cono parabolico per garantirgli le qualità menzionate
precedentemente e per fargli avere una perfetta qualità in tutta la sua tessitura.
L'imboccatura del sassofono ha un'ancia singola il cui interno è molto largo e che si fa
più stretto nella parte che si incastra al corpo dello strumento.”46

46 Hemke Fred, The early history of the saxophone,, University of Wisconsin, Madison, 1975, p.47

44
Illustrazione 22 Didascalia

Nelle descrizioni dei primi Conjuntos di Choro, si nota l'assenza del sassofono: questo è
imputabile al fatto che questo strumento era nuovo e molto costoso all'epoca, a causa
della necessità di essere importato da altri Paesi, come la Francia. Di conseguenza, per
esempio, le bande militari in Brasile cominciarono ad utilizzare il sassofono
ampiamente a partire dal XX Secolo, a seguito della popolarizzazione dello strumento e
con la conseguente sostituzione dell'oficleide.
Nel corso dei primi anni del Novecento le bande contribuirono alla creazione di nuovi
generi musicali come il maxixe, i l dobrado e il frevo e fatto che ci interessa
maggiormente: c'è un consenso unanime nelle storiografie dello Choro sul ruolo che le
primissime bande militari e civiche di fiati abbiano avuto nell'origine delle baixarias e in

45
generale del linguaggio e dello stile musicale brasiliano.
Secondo Larry Crook:

“Le bande giocarono un ruolo fondamentale nel collegare i diversi livelli sociali del XX
Secolo e probabilmente furono la prima vera forma di musica d'intrattenimento [in
Brasile]. Nel 1880 le bande aiutarono ad adottare un sentimento nazionale tra la
popolazione brasiliana, essendo l'unico tipo di gruppo musicale che teneva concerti
annualmente per le tre principali festività nazionali: il giorno dell'Indipendenza, la
settimana santa e il Carnevale... Le bande militari così collegavano i diversi contesti
istituzionali quali lo Stato, la Chiesa e le celebrazioni popolari.”47

Molti musicisti di Choro facevano parte delle bande militari, tra le quali la più celebre
sicuramente era la “Banda do Corpo de Bombeiros”. Ciò permise loro l'apprendimento
della lettura della musica. Un esempio fu Artur de Sousa Nascimento - detto Tute -
considerato il primo violonista sete cordas, che suonava il trombone nella Banda do
Corpo de Bombeiros e il violão nel gruppo Choro Carioca.
Altri musicisti fecero lo stesso e molti portarono nel Conjunto di Choro gli strumenti
bandistici, come l'oficleide. Ciò spiega in parte l'introduzione di tale strumento nello
Choro. Questo è il caso di Irineu de Almeida, considerato il migliore musicista di
oficleide dell'epoca, trombonista richiesto da direttori d'orchestra stranieri e membro
della Banda do Corpo de Bombeiros che, oltre ad essere stato un musicista appassionato
allo Choro, dominava l'arte del contrappunto essendosi diplomato in armonia,
contrappunto e fuga al Conservatório Imprerial de Música (l'attuale sede della Escola de
Música da UFRJ).48 Era conosciuto nelle Rode de Choro con il soprannome di Batina,
come descritto da Alexandre Gonçalves Pinto. Avremo modo di parlarne più
ampiamente nel prossimo capitolo per il suo fondamentale ruolo nel passaggio dal
linguaggio contrappuntistico degli strumenti a fiato alle baixarias del violão sete cordas.
Ciò che si vorrà dimostrare è come l'oficleide e in particolare la maniera suonare tale
strumento abbia dato origine ad un linguaggio ed un gusto musicale che è stato

47 Crook Larry, Focus: Music of Northest Brazil, Taylor & Francis, New York, 2009
48 Velloso Soares Rafael Henrique, O saxophone no choro, Escola de Música da UFRJ, Rio de Janeiro,
2006, p. 20

46
tramandato tra gli chorões fino ad essere stabilito da colui che è considerato il più
grande compositore e stabilizzatore della forma compositiva Choro, Pixinguinha.
Pixinguinha, allievo di Irineu de Almeida, ha trasposto la pratica del contrappunto
improvvisato dall'oficleide al sassofono e questa modalità è stata in seguito fatta propria
da Dino Sete Cordas, il primo grande innovatore del violão sete cordas.
Nel corso del XX Secolo anche il sassofono fu poi surclassato dai contrappunti
improvvisati del violão sete cordas, chiamati baixarias. Dino Sete Cordas fece una vera
propria opera di trascrizione dei contrappunti di Pixinguinha, che erano entrati nei brani
tradizionali di Choro quasi come frasi obbligati della composizione. Così il timbro dello
Choro mutò e ritornò ad essere principalmente accompagnato dalle corde.
Possiamo quindi tracciare una linea di transizione tra questi tre personaggi della storia
dello Choro – Irineu de Almeida, Pixinguinha, Dino Sete Cordas – nella costituzione di
quel linguaggio ormai divenuto marcante nel genere e di imprescindibile importanza
nell'esecuzione: le baixarias.

47
Capitolo 2

SVILUPPO DEL SETE


CORDAS

48
2.1 LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO DEL VIOLÃO SETE
CORDAS NEI GRUPPI PAU E CORDA

Il violão sete cordas apparve inizialmente in Brasile già nelle prime decadi del XX
Secolo, nella città di Rio de Janeiro. In tale epoca, il genere Choro era già abbastanza
diffuso nella cultura carioca, considerando che “gli strumentisti popolari, conosciuti
come chorões, apparvero intorno al 1870”.49
La prima testimonianza dell’uso di un violão sete cordas in Brasile è costituita dalla
registrazione dell’esecuzione di “São João debaixo d’agua”, composta da Irineu de
Almeida, da parte del gruppo Choro Carioca nel 1911 e compresa nel disco Favorite
Record della Casa Faulhaber, n°1.450006.
A tale registrazione parteciparono Pixinguinha (all’epoca con il soprannome di “carne
seca”) al flauto, Irineu de Almeida all’oficleide e Tute che suonava un violão la cui nota
più grave eseguita era un Do2, come nella tradizionale accordatura del violão sete
cordas.50

Illustrazione 23 Trascrizione del violão in “São João debaixo d'agua”

Un ulteriore elemento che aiuta nella ricerca sull’utilizzo del violão sete cordas in
Brasile, sono le foto nelle quali appare lo strumento. La fotografia più antica nella quale
si può confermare la presenza del violão sete cordas è del 1918.

49 Diniz André, Joaquim Callado, o pai dos chorões, Jorge Zahar Editor Ltda, Rio de Janeiro, 2002, p.13
50 Jordão Pereira Pedro Henrique, O violão de sete cordas de aço e a consolidação de uma linguagem,
Instituto Federal de Goias, Goiania, 2016, p.17

49
Illustrazione 24 Grupo do Caxanga 1918

In tale foto appare China che imbraccia un violão sete cordas, seduto a lato del fratello
Pixinguinha al flauto.
Oltre a tale fotografia, ne esiste un’altra del 1914 sempre del “Grupo do Caxanga”, dove
China appare con un violão dello stesso formato dell’immagine precedente. Anche se, a
causa della qualità della fotografia, è impossibile stabilire il numero di corde del violão.

50
Illustrazione 25 Grupo do Caxanga 1914

Possiamo intendere il violão sete cordas come una variante della chitarra classica, dove
viene aggiunta una corda per ampliare l’estensione grave dello strumento. La sua
accordatura segue il modello tradizionale di chitarra (Mi, Si, Sol, Re, La, Mi) con
l’aggiunta di una corda solitamente intonata in Do2 o in Si2.
Altra particolarità del violão sete cordas è il formato della paletta dello strumento: il
modello più comune ha tre chiavi nella parte inferiore e quattro in quella superiore,
essendo quest'ultima leggermente più allungata.

51
Illustrazione 26 Paletta tradizionale del violão sete
cordas

Si può dire che nel corso della sua evoluzione ha mantenuto un design estremamente
caratteristico in uso fin dai primissimi violões sete cordas (vedi foto di China nel 1918).
Come già introdotto nel capitolo precedente, il genere musicale conosciuto oggi come
Choro è un prodotto della cultura popolare di Rio de Janeiro delle ultime decadi del XX
Secolo. Attraverso una maniera sincopata di eseguire le danze da sala europee che erano
molto di moda al tempo, musicisti conosciuti come chorões diedero origine allo stile
brasiliano. Questo stile col passare del tempo diventerà un vero e proprio genere
musicale a sé sestante. Nella sua genesi, il termine “Choro” era associato tanto ad uno
stile di esecuzione, quanto alla formazione strumentale dei Conjuntos che
interpretavano tale stile.
Secondo la definizione di Kiefer51:

“Inizialmente la parola choro designava:


- un modo tipico e molto “nostro” (più propriamente carioca) di suonare polche,

51 Kefier Bruno, Música e Dança Popular: sua infulência na música erudita, Editora Movimento, Porto
Alegre, 1990, p.23

52
modinhas, schottisches, valzer, etc.;
- lo stesso gruppo strumentale formato innanzitutto da flauto, cavaquinho e violão. Si
chiamava conjunto de pau (legno) e corda, poiché il flauto all’epoca era di ebano.”

I Conjuntos pau e corda secondo la descrizione di Kiefer sorsero in concomitanza con


lo stile chorado di suonare, venendo percepiti quasi come sinonimi. Sull'origine di
questo ensamble musicale, Taborda scrisse, citando Mario de Andrade:

“i portoghesi ci diedero gli strumenti europei, la chitarra, la viola, il cavaquinho, il


flauto, l’oficleide, il piano [...]”.52

Il musicista Joaquim Antonio da Silva Callado (1848-1880) è un personaggio di grande


importanza per il consolidamento dello Choro ed è considerato come il pioniere della
formazione dei gruppi di pau e cordas:

“per aver portato il suo flauto di ebano all’incontro con le chitarre i cavaquinhos”53

Intorno al 1870, Joaquim Callado costituì il principale gruppo di musica popolare della
sua epoca, il grupp Choro Carioca, detto anche Choro do Callado o Choro Callado, lo
stesso che anni dopo registrerà il brano “São João debaixo d’agua” sopracitato.
Tra le personalità che transitarono per questo gruppo spiccano la pianista e compositrice
Chiquinha Gonzaga (1847-1935) che entrò come pianista intorno al 1870 come apice di
un successo che la stava vedendo protagonista della scena musicale nella città di Rio de
Janeiro, Irineu de Almeida e Pixinguinha.
Nello stesso periodo nel quale si sviluppavano questi gruppi strumentali, le bande
ebbero anch’esse una funzione musicale importante. Tra le varie bande di Rio de
Janeiro della fine del XIX Secolo spicca la Banda do Corpo de Bombeiros, diretta da
Anacleto de Medeiros (1866-1907) per essere stata la banda con la migliore intonazione

52 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995, p. 28.
53 Diniz André, Joaquim Callado, o pai dos chorões, Jorge Zahar Editor Ltda, Rio de Janeiro, 2002, p.15

53
e gli arrangiamenti più sofisticati.54 Tanto Anacleto de Medeiros quanto Joaquim
Callado si erano formati musicalmente presso l’Instituto Nacional de Musica do Rio de
Janeiro. Secondo Diniz55:

“L’ Instituto Nacional de Musica era l’antico conservatorio, voluto nel 1848 da
Francisco Manoel da Silva. Il Conservatorio ha avuto uno ruolo rilevante nella
formazione dei musicisti che hanno vissuto a cavallo dei Secoli XIX e XX. Anche
Patapio Silva, Joaquim Callado e Anacleto de Medeiros (questi sotto l’influenza di
Henrique Alves de Mesquita) partecipavano alle attività della scuola.”

Tale formazione accademica, alla quale ebbe accesso Anacleto de Medeiros, fu senza
dubbio uno dei fattori che contribuirono alla sua ascesa come uno dei direttori di banda
più riconosciuti del Brasile. Considerato come uno dei pilastri nel consolidamento della
musica popolare brasiliana:

“Anacleto portò nel repertorio delle bande le composizioni più conosciute dello choro
[...]”.56

Oltre a ciò, altri importanti musicisti che si impegnarono nella diffusione del genere
parteciparono alla Banda do Corpo de Bombeiros. Su questi musicisti Diniz aggiunge
che:

“Col passare del tempo, Anacleto finì per introdurre nella banda i suoi amici dello
choro, che suonavano in vari gruppi cittadini. Fu probabilmente il primo impiego
professionale che questi musicisti ebbero nella loro vita. Irineu de Almeida, detto Irineu
Batina, professore di Pixinguinha, fece parte del gruppo suonando l’oficleide affianco a
musicisti come Luís de Souza (cornetta, tromba e sopratutto pistone), Candinho
Trombone, Cassemiro Rocha (pistone e composizione), Lica (bombardino), Irineu
Pianinho (flauto), Edmundo Otavio Ferreira (clarinetto piccolo) Arthur de Souza

54 Diniz André, O Rio musical de Anacleto de Medeiros, Zahar Editor Ltda, Rio de Janeiro, 2007
55 Diniz André, Joaquim Callado, o pai dos chorões, Jorge Zahar Editor Ltda, Rio de Janeiro, 2002, p.16
56 Ibid. pp.21-22

54
Nascimento detto Tute (grancassa e piatti), João Ferreira de Almeida (bombardino) e,
tra i tanti musicisti, il futuro successore di Anacleto alla direzione, lo chorão Alberto
Pimentel Carramona (tromba)”.57

Tra questi musicisti, oltre a Tute, sarà fondamentale analizzare la figura di Irineu de
Almeida, per il suo contributo nello sviluppo del “contrappunto popolare” brasiliano e,
di conseguenza, del linguaggio che verrà usato nelle baixarias del violão sete cordas.

Illustrazione 27 Banda do Corpo de Bambeiros

57 Diniz André, O Rio musical de Anacleto de Medeiros, Zahar Editor Ltda, rio de Janeiro, 2007, p.60

55
2.2 L’INFLUENZA DI IRINEU DE ALMEIDA SU PIXINGUINHA

Illustrazione 28 Musicisti con Irineu de Almeida

Irineu de Almeida, anche conosciuto come Irineu Batina, fu un musicista fondamentale


nello scenario musicale di Rio de Janeiro della fine del XX Secolo. Multi-strumentista,
faceva parte di diversi Conjuntos e lavorava anche come insegnante di musica. A
proposito del suo valore artistico, Alexandre Gonçalves Pinto afferma:

“Il suo strumento preferito nello choro era l’oficleide, mentre nelle orchestre di lirica
suonava il trombone venendo conteso da tutti i direttori stranieri. Come componente
della Banda do Corpo de Bombeiros, era un esimio suonatore di bombardino, stimato e
ammirato dall’indimenticabile Anacleto, che aveva per lui una venerazione, poiché

56
Irineu era un artista di grande valore.”58

Irineu de Almeida transitò nei diversi ambienti musicali dell’epoca e, senza ombra di
dubbio, può essere considerato come uno dei principali responsabili dell’influenza del
linguaggio bandistico nei Conjuntos di Choro. Questa

“fusione di linguaggi tra le bande e gli chorões si mantenne nelle opere di autori come
Irineu de Almeida, Carramona e Luis de Souza”.59

Oltre a ciò, Irineu de Almeida fu uno dei principali punti di riferimento per la tecnica di
controcanto nella musica popolare che sarà poi sviluppata anni dopo da Pixinguinha.
Irineu de Almeida aveva una relazione molto stretta con Pixinguinha, poiché oltre ad
essere stato suo insegnante, visse per un periodo nella pensione della sua famiglia. La
“Pensão Vianna” era una casa con otto camere che la famiglia affittava a Catumbi,
quartiere di Rio de Janeiro dove si riunivano i principali musicisti dell’epoca tra i quali
Sinhô e Bonfíglio de Oliveira. Da un intervista di Pixinguinha:

“In quell'epoca, i genitori si curavano molto dei bambini. Io dicevo spesso: va bene,
vado a dormire. Ma non dormivo per niente, perché rimanevo ad ascoltare gli chorinhos
che suonavano. Mi piacevano moltissimo.”60

Si può dire che in questa fase, a otto anni, il giovane Pixinguinha iniziò la sua carriera di
flautista, cominciando a praticare con uno strumento rudimentale che lo stesso musicista
chiama “flautinha de folha”. Fu Irineu de Almeida il primo ad accorgersi della
predisposizione di Pixinguinha per la musica, raccomandandogli di prendere lezioni.
Non passò molto tempo che il padre Alfredo da Rocha Viana, chiese ad un amico e
collega - al centro dei telegrafi di Rio de Janeiro - di dare lezioni al figlio. Il primo
maestro di Pixinguinha quindi fu César Borges Leitão, suonatore di bombardino. Il

58 Pinto A. G., O choro: reminescencias dos chorões antigos, Rio de Janeiro, Funarte, 1978. p.103
59 de Geus José Reis, Pixinguinha e Dino Sete Cordas: Reflexões sobre a improvisação no choro,
Goiânia, Universidade Federal de Goias, 2009, p.21
60 Cabral Sérgio, Pixinguinha vida e obra, Lumiar, Rio de Janeiro, 1997, p.24

57
secondo maestro fu proprio Irineu de Almeida, che si incantava ad ascoltare il ragazzo
suonare il flauto.61
Irineu de Almeida, oltre ad essere stato un buon professore, cominciò ad invitare
Pixinguinha a partecipare a feste ed eventi nei quali era stato invitato per esibirsi. In tali
eventi Pixinguinha portava il cavaquinho e il flauto del padre, mostrando già all'epoca
di preferire il secondo.62
Nel 1911, Pixinguinha ebbe un'importante esperienza professionale: Antônio Maria
Passos, flautista dell'orchestra del Teatro Rio Branco, si ammalò. Era necessaria una
sostituzione temporanea. All'epoca sia il flautista che tale teatro godevano di grande
prestigio. Pixinguinha fu indicato da Tute, che nell'occasione suonava la grancassa e i
piatti nell'orchestra. Il direttore inizialmente non era convinto di questa sostituzione a
causa della giovane età del flautista, ma Pixinguinha già era uno chorão, sapeva leggere
la musica (grazie alle lezioni di Irineu de Almeida) ed era capace di improvvisare e
creare variazioni. Riguardo a tale esperienza Pixinguinha racconta:

“Al Rio Branco davano un film, e poi sarebbe stata rappresentata la rivista teatrale nella
quale dovevo partecipare all'orchestra. Quando Antônio Matia Passos tornò, gli cedetti
il posto. Nella prima rappresentazione successe questo: suonammo una valsa nella quale
io non mi legai alla partitura e facevo una sorta di contrappunto. Maria Passos era un
grande flautista, ma non si staccava dallo spartito. Quando suonò lui quella valsa, le
persone cominciarono a canticchiare quello che avevo fatto io con il flauto. Anche
Paulinho do Sacramento sentì la mancanza del contrappunto e parlò con lui. Risultato:
Antônio Maria Passos uscì dall'orchestra e si arrabbiò moltissimo con me.”63

E' interessante notare come Pixinguinha già in quest'epoca era portato a realizzare
contrappunti.
Tale qualità gli venne tramandata quando, da molto giovane e promettente, suonava il
flauto mentre Irineu de Almeida creava linee contrappuntistiche. Sicuramente Irineu de

61 Meire Rafael, O sax de Pixinguinha e o violão sete cordas, Universidade Federal do Estado do Rio de
Janeiro, Rio de Janeiro, 2006, p.5
62 Ibid.
63 Cabral Sérgio, Pixinguinha vida e obra, Lumiar, Rio de Janeiro, 1997, p.30

58
Almeida non era l'unico a usare questa pratica, che era molto diffusa, ma è di
fondamentale importanza poiché fu promotore di un'eredità musicale che ancora oggi
tra gli chorões - i musicisti di choro - è il più importante stile di riferimento.
Nato il 23 Aprile 1897, Alfredo da Rocha Viana Filho, detto Pixinguinha, fu
compositore strumentista, orchestratore e direttore.
Per il musicologo Mozart de Araújo64, Pixinguinha rappresenta la quarta generazione di
musicisti di Choro, essendo la prima generazione rappresentata da Joaquim Antônio
Callado, la seconda da Anacleto de Medeiros e la terza rappresentata da Cândido Pereira
da Silva, il trombonista Candinho. Secondo Sérgio Cabral 65, qualsiasi analisi si voglia
fare sull'opera di Pixinguinha mostrerà che l'artista seppe riunire, nella sua musica,
elementi della prima generazione di chorões che si stavano perdendo. Pixinguinha, così
produsse le sue opere, creò un linguaggio capace di aggregare tutta una cultura passata,
essendo così considerato dalla maggioranza degli studiosi, musicisti e amanti della
musica, uno dei più importanti compositori della musica brasiliana di tutti i tempi.66
Pixinguinha nella sua ricca carriera di musicista e compositore, probabilmente per un
problema dovuto ai denti che gli rese impossibile continuare a suonare il flauto, entrò
nel Conjunto di Benedito Lacerda come sassofonista dove militava anche colui che
sarebbe diventato il chitarrista sette corde di riferimento per tutti coloro che vogliano
approcciarsi a tale strumento: Dino 7 Cordas, all'epoca ancora conosciuto come
Horondino José da Silva.
Pixinguinha cominciò a suonare il sassofono in tale Conjunto e ripropose
quell'insegnamento che gli era stato trasmesso dal suo maestro Irineu de Almeida.
L'importanza di tale contributo può essere compreso dal fatto che in una delle
pubblicazioni di spartiti più usate di Choro, sono stati trascritti i brani eseguiti dal
Conjunto di Benedito Lacerda (Choro Music Duetos)67 dando la stessa importanza ai
temi, che vengono riportati su una facciata dello spartito, e alle trascrizioni dei
contrappunti improvvisati delle registrazioni di Pixinguinha, sull'altra.

64 Ibid. p.14
65 Ibid.
66 Meire Rafael, O sax de Pixinguinha e o violão sete cordas, Universidade Federal do Estado do Rio de
Janeiro, Rio de Janeiro, 2006, p.4
67 Séve Mario e Ganc David, Choro Duetos – Pixinguinha & Benedito Lacerda, Irmão Vitale, São Paulo,
2010.

59
Illustrazione 29 Pixinguinha e Benedito Lacerda

L’influenza di Irineu de Almeida per il linguaggio dei controcanti di Pixinguinha fu


principalmente legata alla conduzione della linea melodica dei bassi per gradi congiunti
esplorando la moltitudine di possibilità di rivolti degli accordi e l’ornamentazione
melodica sulla base dell’utilizzo degli arpeggi tramite movimenti ascendenti e
discendenti. Queste caratteristiche utilizzate nei contrappunti di Pixinguinha possono
essere trovate, anche se in maniera più ridotta, nel modo di suonare di Tute. A proposito
dell’influenza di Irineu de Almeida sullo stile delle baixarias del violão sete cordas,
Caldi afferma:

“La pratica di condurre la linea dei bassi per gradi congiunti – tramite i molteplici rivolti
degli accordi – è una caratteristica che Taborada (1995, p.61) incontra solo nelle sue
analisi del modo di accompagnare col violão a partire dagli anni ‘30, con il violão sete
cordas di Tute. Irineu già si serviva di questa pratica quasi venti anni prima!
Pixinguinha assimilò quest’idea e la sviluppò al massimo.”68

68 de Geus José Reis, Pixinguinha e Dino Sete Cordas: Reflexões sobre a improvisação no choro,
Goiânia, Universidade Federal de Goias, 2009, p.51

60
Secondo quanto riporta Taborda69, in questo momento storico anche i chitarristi avevano
già sviluppato la pratica della baixaria, seppure in forma molto semplificata rispetto a
quella che possiamo ascoltare nei Conjuntos moderni.
Dalle registrazioni della prima metà del XX Secolo si può percepire un lavoro di
conduzione dei bassi da parte dei chitarristi sei corde.
In particolare da quanto ci è trasmesso dalle registrazioni di Tute e China, essi avevano
una maniera di condurre i bassi molto semplice, chiamate dagli stessi chorões “Pé-de-
boi” - piede di bue -, per via dello stile marcato di esecuzione dei bassi. Infatti molti
chorões dell'epoca ricordano Tute come un accompagnatore fenomenale, che qualsiasi
solista avrebbe voluto avere al suo fianco per la sicurezza che trasmetteva.
Rispetto all'accompagnamento di Tute vale la pena di spiegare più nel dettaglio:
armonicamente usava il repertorio di accordi del periodo a lui precedente ovvero gli
accordi maggiori, i minori, di settima e molto raramente i diminuiti di passaggio.
L'armonizzazione di Tute ricorreva all'utilizzo dei rivolti, principalmente con la settima
al basso, in accordi del tipo Mi7 – Mi/Re ; La7 – La/Sol ; Re7 – Re/Do o Solm –
Solm/Sib – Solm/re. L'utilizzo dei rivolti è direttamente relazionato alla conduzione dei
bassi.
La conduzione dei bassi invece si differenzia dal periodo precedente, dove i bassi erano
articolati senza una forma propriamente stabilita. Tute invece faceva in modo di
condurli per congiunzione di gradi e già, seppure timidamente, arpeggiando l'accordo. 70

Illustrazione 30 Conduzione bassi in “Lagrima da Virgm”

69 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995, p.60
70 Ibid. p.61

61
Illustrazione 31 Conduzione dei bassi in “E do que há”

In quest'epoca vennero anche scritte dai compositori i primi passaggi obbligati che
dovevano essere eseguiti dal violão. Queste frasi vengono collocate nel passaggio ad
una diversa parte o anche nel passaggio che porta alla ripetizione della parte stessa.
Ancora molto raramente si occupavano i momenti di stallo della melodia per inserirvi
dei prolungamenti di questa. Quei controcanti, che poi saranno ampiamente utilizzati da
Dino Sete Cordas, ancora non erano stabiliti.

Illustrazione 32 Frase “E do que há”

Illustrazione 33 Frase “Santo dos meus amores

Tute usava una seria di schemi ritmici incisivi, nel senso che le sincopi e i contro tempi,

62
tanto caratteristici dello Choro, non erano ancora praticati. 71 Il violão ha in questo
periodo sempre una funzione di appoggio, per questo venne chiamato “violão marcado”.
Ecco una serie di schemi ritmici usati da Tute.

Illustrazione 34 Schemi ritmici Tute

È importante evidenziare che la linea di basso suonata da Tute si comporta come la tuba
nelle bande. Ciò è dovuto alla presenza di uno strumento di controcanto quale
l’oficleide.
Il cosidetto “effetto tuba” per gli chorões è quella tecnica per cui vengono suonate delle
semicrome all’inizio del tempo. Bisogna ricordare che Tute suonava la grancassa e i
piatti nella Banda do Corpo de Bombeiros ed era probabilmente abituato a sentire il
linguaggio della tuba.
In assenza di strumenti a fiato che svolgessero la funzione contrappuntistica, il violão
sete cordas veniva utilizzato per occupare questa mancanza.
Al contrario però di ciò che indicano le analisi di Taborda sul comportamento del violão

71 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995, p.62

63
di Tute, si può individuare che già nel 1911, nella registrazione “São João Debaixo
d’agua” le baixarias del violão sete cordas si comportavano in maniera contrappuntistica
realizzando rivolti degli accordi e duettando con la melodia di Irineu.72

Illustrazione 35 Trascrizione partitura “São João debaixo d'agua”

72 Jordão Pereira Pedro Henrique, O violão de sete cordas de aço e a consolidação de uma linguagem,
Instituto Federal de Goias, Goiania, 2016, p.22

64
2.3 I CONJUNTOS REGIONAIS

Un elemento fondamentale per il consolidamento dell’estetica del violão sete cordas in


Brasile, fu il Conjunto Regional. Seguendo la tradizione dei gruppi di pau e corda e
degli “choros”, i Regionais mantennero la stessa formazione strumentale (un fiato,
violões e cavaquinho), arricchendosi dell’uso di strumenti a percussione, in particolare
del pandeiro.

Illustrazione 36 Pandeiro

Questa formazione caratteristica fu l’ambiente perfetto per lo sviluppo e il


consolidamento del modo di suonare il violão sete cordas nell’ambito della Musica
Popular Brasileira.
Con l’ascesa delle trasmissioni radiofoniche a Rio de Janeiro intorno al 1920, gruppi
come i “Turunas de Mauricéia” e i “Bando dos Tangaras”, ebbero uno straordinario
successo. Questi gruppi mantennero la formazione strumentale con violões, cavaquinho,

65
percussioni e uno strumento solista, interprentando musica polare regionale. Ciò diede
l’origine al termine “regional”, utilizzato per indicare quei gruppi che accompagnavano
i cantanti e che venivano trasmessi nelle radio.
Divenendo il Samba e lo Choro generi molto popolari, diversi Regionais si formarono
in tutto il territorio brasiliano.
Dedicherò un breve spazio ai Regionais più importanti per lo sviluppo del linguaggio
del violão sete cordas.
Il primo di questi Conjuntos è il Regional di Benedito Lacerda. Benedito Lacerda
(1903-1958) fu un influente flautista nonché uno degli strumentisti più importanti della
storia della Musica Popular Brasileira.
Nella decade del 1920 costituì il suo Regional che fu in attività per circa trent’anni.
Sull’origine del Regional di Lacerda, Taborda73 scrisse:

“Il Regional di Benedito Lacerda, […] aveva inizialmente il nome di “Gente do Morro”,
denominazione inventata da Sinhô, dopo aver ascoltato le qualità del conjunto nella
registrazione del samba “No Sarguero”. Nella registrazione utilizzavano la percussione
ispirandosi alle scuole di samba che cominciavano a sorgere all’epoca, seguendo
l’intuizione del brano “Na Pavuna” di Almirante. Il gruppo “Gente do Morro” era
composto da Lacerda, Canhoto (Valdiro Frederico Tramontano), Maurino, Bernardo e
Doidinho.”

73 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995, pp.39-40

66
Illustrazione 37 Gruppo Gente do Morro

La caratteristica percussiva di tale Regional fu uno dei fattori che lo resero uno dei
principali Regionais del Paese. Col passare degli anni il Conjunto perse questa sua
caratteristica percussiva e cominciò a dare una maggiore enfasi agli strumenti melodici
e armonici. Questo cambiamento è stato risaltato da Taborda:

“Tempo dopo il conjunto cambiò orientamento, abbandonando la preponderanza


dell’elemento percussivo verso gli strumenti a fiato e cordofoni, la vecchia orchestra
“pau e corda” di flauto, cavaquinho e violão. Cambiò anche il nome. Passò a chiamarsi
Conjunto Regional de Benedito Lacerda, la cui prima formazione fu: Benedito Lacerda
(flauto), Gorgulho (José Pereira, violao), Nei Orestes (violão), Canhoto (Valdiro

67
Frederico Tramontano, cavaquinho) e Russo (Antonio Cardoso Martins, pandeiro).”74

Tempo dopo il violonista Gorgulho fu sostituito da Carlos Lentine, che accanto a Nei
Orestes, costituì uno dei più importanti duo di violões della storia dei Regionais. È
importante ricordare che tutti i violonistas che fecero parte del Regional di Lacerda
suonavano lo strumento tradizionale a sei corde. Il violão sete cordas fu introdotto nei
Conjuntos Regionais a partire dagli anni ‘50, con il violonista Horondino José da Silva,
detto Dino Sete Cordas.

Illustrazione 38 Nuova formazione del gruppo Gente do Morro

Come vedremo nel prossimo capitolo, Dino Sete Cordas fu colui che sviluppò e diffuse
il linguaggio e la tecnica del violão sete cordas. Prima di ciò però, Dino suonava il
violão seis cordas ed entrò nel Regional di Benedito Lacerda. Fortemente influenzato
dal suono di Carlos Lentine e Nei Orestes, Dino ebbe questi due musicisti come suoi
74 Ibid. p. 40

68
primi riferimenti nel linguaggio violonistico.
Come afferma Pellegrini75:

“Dino era una grande ammiratore di Carlos Lentine e Nei Orestes […] al punto tale che
aspettava sempre che suonassero nelle trasmissioni per trovare ad orecchio ancora più
dettagli di ciò che eseguivano coi violões. Quando gli mancava qualcosa, andava
cercando i dischi per divertirsi nel apprendere con i suoi maestri.”

La caratteristica principale dell'accompagnamento del duo Lentine-Orestes è un buon


uso delle conduzioni di voci che si muovono insieme. Spesso i due violões eseguendo lo
stesso disegno ritmico-melodico in un intervallo di terza.
Non c'è grande cambiamento nell'armonizzazione, le inversioni sono usate ampiamente.
I bassi invece sono ben più numerosi rispetto al modo di suonare di Tute e occupano
anche spazi liberi lasciati dalla melodia. Nel loro tipo di accompagnamento si può
osservare l'utilizzo della conduzione cromatica dei bassi e inoltre l'utilizzo delle
progressioni.

Illustrazione 39 Conduzione dei bassi in “O nome dela não digo”

75 Pellegrini Remo Taranzona, Analise dos acompanhamentos de Dino Sete Cordas em Samba e Choro,
Universidade Estadual de Campinas, Campinas 2005, p.48

69
Illustrazione 40Altra conduzione dei bassi in “O nome dela não digo”

Anche gli schemi ritmici utilizzati non subiscono grandi innovazioni, rimangono quelli
di cui si serviva Tute.

Illustrazione 41 Schemi ritmici


utilizzati alla fine degli anni '30

Questi ascolti furono fondamentali per il consolidamento tecnico e l’evoluzione


musicale di Dino Sete Cordas nell’accompagnamento della musica popolare, nell’epoca
in cui suonava ancora il violão seis cordas. Il suo veloce percorso di crescita con lo
strumento gli diede un tale riconoscimento da portarlo a conoscere personalmente i suoi
idoli e in seguito addirittura a sostituire uno di loro nel Regional più famoso dell’epoca:

70
il Regional di Benedito Lacerda.

“Dino aveva 17 anni quando Jaco Palmieri, pandeirista degli Os Oito Batutas, lo portò
ad una presentazione per conoscere da vicino il Regional di Benedito Lacerda. Palmiero
lo presentò a Benedito Lacerda che gli lasciò prendere il violão per mostrare come se la
sarebbe cavata ad accompagnarlo. La sua dimostrazione fu tanto buona che quando Nei
Orestes si ammalò, Dino fu chiamato per sostituirlo per tutto il tempo che sarebbe stato
ricoverato.76

Questa sostituzione finì per essere definitiva con il conseguente allontanamento di Nei
Orestes. Poco tempo dopo Carlos Lentine fu a sua volta sostituito dal violonista Jayme
Florence, detto Meira. Si formò in questo modo il più importante duo di violões di
Regional di tutti i tempi: Dino e Meira.
Negli anni ‘40 accadde un fatto molto importante nella storia della musica brasiliana:
Pixinguiha entrò a far parte del Regional di Benedito Lacerda come sassofonista.
Nella relazione musicale tra Benedito Lacerda al flauto e Pixinguinha al sassofono
tenore furono formalizzati tra i più più sofisticati “contrappunti popolari” del Secolo.
Tali contrappunti eseguiti da Pixinguinha furono sviluppati a partire dal linguaggio
usato dal suo professore Irineu de Almeida.

“Nel duo con Benedito Lacerda, il suono del sassofono tenore di Pixinguinha era molto
simile al timbro dell’oficleide, dimostrando la grande influenza che ebbe su di lui il suo
professore”77

76 Ibid. p.48
77 Diniz André, Joaquim Callado, o pai dos chorões, Jorge Zahar Editor Ltda, Rio de Janeiro, 2002, p.33

71
Illustrazione 42 Benedito Lacerda e
Pixinguinha

La convivenza musicale con Pixinguinha nel gruppo di Benedito Lacerda influenzò


direttamente lo stile che sarà sviluppato anni dopo da Dino Dino Sete Cordas. Gues 78
afferma che:

“Dino Sete Cordas assimilò in maniera implicita il processo di costruzione melodica


adottato da Pixinguinha, essendo concretizzato a partire dal momento in cui passò a
suonare il violão sete cordas”

78 de Geus José Reis, Pixinguinha e Dino Sete Cordas: Reflexões sobre a improvisação no choro,
Goiânia, Universidade Federal de Goias, 2009, p.147

72
Illustrazione 43 Regional de Benedito Lacerda

Nel 1950, con l’allontanamento di Benedito Lacerda e di Pixinguinha, tutti i


componenti del gruppo si accordarono e decisero di continuare la carriera del gruppo
sotto il nome di Regional do Canhoto. Tale Regional era formato dal trio Dino, Meira,
Canhoto, e fu il gruppo di musicisti accompagnatori più importante della storia della
musica brasiliana. Con questa nuova formazione, Dino cominciò a sentire la mancanza
dei contrappunti realizzati da Pixinguinha, cominciando così a studiare tali contrappunti
per eseguirli lui stesso. A causa della più ampia tessitura necessaria per svolgere della
nuova pratica, passò a suonare il violão sete cordas.

“Quando Canhoto, dopo essersi sciolto il Regional di Benedito Lacerda nel 1950,
costituì il suo proprio regional, Dino (Horondino José da Silva), violonista del gruppo,
sentì che si stava aprendo uno spazio inedito nella regione grave, con la mancanza del
sassofono di Pixinguinha. C’erano

73
bossas [termine tipicamente brasiliano che indica qualcosa che assomiglia al groove, un
ritmo incalzante] malicias [termine brasiliano utilizzato per indicare i virtuosismi
spettacolari] e controcanti, che Pixinguinha aveva abituato gli ascoltatori e gli stessi
compagni ad ascoltare. Erano impossibili da realizzare con i violões de seis cordas, per
quanto i violonitas come Dino e Meira fossero dei geni. Fu così che Dino cominciò a
suonare il violão de sete cordas. E fu così che il violão sete cordas sviluppò tutte le
potenzialità contrappuntistiche basate sull’esempio di Pixinguinha e permesse dalla
grande creatività di Dino Sete Cordas. Si stava compiendo il ciclo di integrazione di
questo tipo di strumento nella MPB [Musica Popular Brasileira], come avrebbe tanto
voluto e per cui aveva tanto lavorato Arthur do Nascimento, Tute.”79
Con l’introduzione del violão sete cordas nel Regional do Canhoto, cercando di
riprodurre i controcanti realizzati da Pixinguinha, Dino Sete Cordas cominciò a
differenziarsi da tutti gli altri violonistas della sua epoca. Per l’esimio talento di tutti i
musicisti, il Regional do Canhoto divenne un punto di riferimento
nell’accompagnamento dei cantanti e degli strumentisti solisti. Secondo Taborda80:
“Il trio Canhoto, Dino e Meira fu il gruppo di accompagnamento Regional della MPB
fino alla morte di Canhoto e Meira negli anni ‘80. Suonarono insieme fino alla fine, per
mezzo secolo.”

79 Ibid. p.33
80 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995, pp.40

74
Illustrazione 44 Regional do Canhoto e Altamiro Carrilho

La grande qualità musicale che questi musicisti dimostrarono, culminò in vere e proprie
perle della musica brasiliana. Una di queste è la registrazione dei due dischi di Cartola
(1974 e 1976) arrangiati da Dino Sete Cordas.
Un altro fondamentale Conjunto che, per quanto non ne portasse il nome, mantenne la
tradizione dei Regionais, fu il Conjunto Época de Ouro. Fondato dal mandolinista Jacob
do Bandolim (1918-1969) all’inizio degli anni ‘60, il Conjunto divenne uno dei più
importanti gruppi di Choro della storia.

“Mentre i regionais di Lacerda e Canhoto erano invitati sopratutto per accompagnare i


cantanti, Época de Ouro […] aveva un repertorio quasi esclusivamente di Choro.”81
Questo Conjunto è di fondamentale importanza per lo sviluppo del linguaggio del
violão sete cordas attuato da Dino dopo aver suonato in diversi gruppi con una carriera
ultra trentennale.
La disciplina che esigeva Jacob do Bandolim dai sui strumentisti fece si che i concerti di

81 Ibid.

75
Época de Ouro fossero impeccabili. La preoccupazione del mandolinista con gli
arrangiamenti e con l’estetica dello Choro, obbligò gli altri musicisti a studiare
assiduamente. Su questa sua caratteristica Pessoa82 racconta:

“Jacob in verità fu un agente trasformatore dello Choro e […] aiutò a costruire nuovi
paradigmi della performance e del linguaggio dello Choro. Una delle le più importanti
tra queste trasformazioni, fu la performance dei violões […] e il modo di arrangiare
l’interazione tra il solista e l’accompagnamento.”

Illustrazione 45 Conjunto Época de Ouro

82 Pessoa Felipe Ferreira de Paula, Os violões de Jacob do bandolim: a consolidação de um estilo de


acompanhamento, Brasília, da Simpósio Brasileiro de Pós-Graduação em música, 2012, p.710

76
L’affinarsi della performance dei violões del Conjunto Época de Ouro è chiara nel disco
“Vibrações”, registrato nel 1967. Con Dino al violão sete cordas e Cesar Farias e
Carlinhos Leite ai violões seis cordas, i brani registrati nel disco “Vibrações”
rispecchiarono il carattere esigente di Jacob do Bandolim verso i suoi musicisti. Sulla
relazione che Jacob aveva con i suoi violonistas, Pessoa - citando Henrique Cazes -
racconta:

“La preziosità del processo di preparazione del disco di Jacob passava per varie tappe.
Cazes (1998) mette in evidenza che, oltre al grande livello tecnico e l’estrema quantità
di dettagli, gli arrangiamenti erano creati totalmente ad orecchio, inventando tutti i
dettagli degli arrangiamenti prova per prova. Jacob studiava per primi con Césa e
Carlinhos, e dopo con Jonas e Gilberto. Per ultimo arrivava Dino che si scriveva una
guida, al fine di poter memorizzare l’arrangiamento più rapidamente.”83
Questa citazione dimostra come si comportavano i membri del gruppo Época de Ouro
nel costruire un arrangiamento. In particolare Dino dimostra una maggiore autonomia
rispetto agli altri membri del gruppo per essere l’unico capace di leggere lo spartito.84
Sicuramente questa esperienza servì moltissimo a Dino Sete Cordas come
“apprendistato” per i suoi seguenti lavori di arrangiatore dei dischi di Cartola. Nel
prossimo capitolo analizzeremo approfonditamente l'esperienza di Dino Sete Cordas.

83 Ibid. p. 712
84 Taborda Marcia, Dino sete cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995

77
Capitolo 3

DINO SETE CORDAS

78
3.1 BIOGRAFIA

Illustrazione 46 Dino Sete Cordas

Horoldino José da Silva, detto Dino, nacque il 5 Maggio 1918 in Rua Osestes, nel
quartiere Santo Criso della città di Rio de Janeiro.
Poiché proveniva da una famiglia molto povera, il padre non poté pagare neppure
l'iscrizione di Dino alla anagrafe. Lo fece solo tre mesi più tardi, per questo motivo sulle
opere biografiche dedicate al violonista, solitamente appare come data di nascita il 5
Agosto.85
Il padre, quando tornava dal lavoro, per rilassarsi suonava il violão e, secondo le parole
dello stesso Dino, aveva una ottima tecnica. Dino ci racconta che restava tutta la sera ad
ascoltarlo incantato e presto cominciò anch'egli a praticare col padre e i cugini,
dapprima con il mandolino per poi dedicarsi completamente al violão dall'eta di sette
anni.86
Conclusa la scuola primaria cominciò a lavorare come operaio in un'industria di scarpe.

85 Enciclopédia da música brasileira – erudita foclórica popular, Arte Editora Ltd, São Paulo, 1997, vol.
I, p.233
86 Taborda Marcia, Dino Sete Cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995, p.47

79
Le domeniche e nei giorni festivi, in particolare alle feste popolari, portava con sé la
chitarra per animare le feste. È in queste occasioni che conobbe due figure importanti
per il suo orientamento professionale: Augusto Calheiros e Jacò Palmieri.
Augusto Calheiros (1891-1956), detto Patativa do Norte, era di Maceió (Alagoas) e si
trasferì a Rio de Janeiro nel 1927 con il suo gruppo “os Turunas da Mauricéa”. Ebbero
un tale successo che l'etichetta Odeon, nel Novembre dello stesso anno, produsse loro
dieci dischi, che vedevano Augusto Calheiros come cantante.
Uno di questi dischi (n°100067-A) vedeva tra i brani il famoso “Pinião”, che fu un
enorme successo nel carnevale carioca del 1928. Nell'anno seguente Calheiros continuò
a lavorare con la Odeon, e nel '33 registrò il valzer “Revendo o Passado” di Freire
Junior, uno dei brani più suonati ancora nel XXI Secolo nell'ambiente seresteiro.
Quando Patativa do Norte conobbe Dino, il sedicenne aveva già un'ottima tecnica come
accompagnatore al violão. Così, Calheiros gli propose di lavorare con lui e Dino fece il
suo ingresso nel mondo semi-professionale della musica, che, secondo quanto racconta
il violonista, gli dava un piccolo stipendio che gli serviva appena per arrotondare il
salario della fabbrica di scarpe nella quale lavorava.
Già prima del sodalizio con Calheiros, Dino era molto interessato ai programmi
radiofonici dove si eseguiva musica dal vivo, che, a quell'epoca, erano molto seguiti. Il
suo grande modello di accompagnamento violonistico era il duo formato da Nei Orestes
e Carlos Lentine - membri del celebre Regional de Benedio Lacerda, secondo Dino il
migliore in circolazione.
Benedito Lacerda nacque nella città di Macaé, nello stato di Rio de Janeiro. A
diciassette anni si trasferì nella capitale dove studiò all'Instituto de Musica,
diplomandosi in flauto traverso e composizione, fatto non consueto tra i musicisti di
Choro. I
n tutta la sua carriera partecipò ai programmi radiofonici di quasi tutte le stazioni
dedicate di Rio de Janeiro, tra le più celebri Radio Guanabara, Eldorado e Tupi. Si
dedicava anche alla musica Jazz come sassofonista, ma proprio dall'insofferenza che
aveva nei confronti delle orchestre di jazz che suonavano a suo parere in modo scorretto
la musica brasiliana, costituì il suo Regional de Benedito Lacerda, chiamato
anteriormente “Gente do Morro”.

80
Dino, dalla sola pratica di ascolto imparò praticamente tutto il repertorio del Regional
da autodidatta, sia tramite la radio, sia dai dischi in commercio. Dalle parole di Dino
questo metodo da autodidatta sarà quello che che lo condurrà per tutta la sua carriera.
Anche nella fabbrica di scarpe nel quale lavorava aveva formato il suo Conjunto
amatoriale e godeva della musica come momento di socialità.
La svolta arriva quando Jacò Palmieri, conosciuto ad una festa privata, lo invitò ad
esibirsi a Benedito Lacerda, per mostrare le sue grandi abilità.

Illustrazione 47 Meira e Dino Sete Cordas

81
Jacò Palmieri suonava il pandeiro e, insieme a suo fratello Raul, erano componenti del
famosissimo Conjunto di Pixinguinha, “Os Oitos Batutas”. Era molto ben inserito nella
vita musicale di Rio de Janeiro e portò il diciottenne Dino da Benedito Lacerda, che
pagò per sentirlo suonare. Il flautista cominciò a eseguire vari brani del suo repertorio e
Dino lo accompagnava senza problemi, conoscendoli perfettamente. Ciò si rivelò molto
importante perché nel 1937, il violonista del Regional di Benedito Lacerca, Nei Orestes,
si ammalò e gli fu impossibile continuare a suonare. Canhoto, che suonava il
cavaquinho nel Regional si ricordò del ragazzo visto qualche mese prima e lo convocò
per sostituirlo. Ad appena diciannove anni, Dino entrò, anche se a titolo provvisorio, nel
miglior Conjunto di tutto il Brasile. Il suo salario aumentò di dieci volte e si dedicò
completamente alla musica.
Poco dopo Nei Orestes morì vittima di tubercolosi e Carlos Lentine, l'altro violonista
del Regional, si separò dal Conjunto per problemi personali con Benedito Lacerda
unendosi al Conjunto di Dante Santo, altro grande flautista dell'epoca. Durante un breve
periodo Dino rimase l'unico violonista finché non si approssimò Jayme Florence, detto
Meira, che divenne suo compagno di Conjunto per moltissimi anni. In questo modo si
formò il trio di accompagnamento composto da Dino, Canhoto e Meira che rimase unito
per mezzo secolo e raggiunse un livello di virtuosismo incredibile.
Nel 1940, a vent'anni, Dino cominciò a comporre. Il 7 Dicembre dello stesso anno
Almirante registro per la Odeon la marcha “Para Maestro” composta da Dino e Gastão
Vianna. Altre composizioni di Dino vennero registrate, ma la sua carriera di
compositore non fu tanto brillante quanto quella di strumentista.
Nel '42 prese lezioni di musica da un pianista detto “Verissimo” - non sappiamo il nome
- che gli impartì le nozioni teoriche. Queste lezioni durarono poco più di un mese
poiché il professore, che suonava il pianoforte sulle navi, morì durante la guerra su una
nave affondata dall'esercito tedesco.
Nel 1946 Pixinguinha entrò a far parte del Regional di Lacerda suonando il sassofono
tenore, strumento che praticava dal 1922 quando Arnaldo Guinle, mecenate brasiliano
che organizzò il tour degli “os Oito Batutas” a Parigi, fece costruire un sassofono
appositamente per Pixinguinha. Benedito Lacerda aiutò Pixinguinha in una situazione
finanziaria difficile e in cambio gli chiese di registrare composizioni di Pixinguinha con

82
l'etichetta Odeon, accreditando però entrambi come compositori. Inoltre questo accordo
prevedeva che Pixinguinha non suonasse il flauto, dedicandosi esclusivamente al
sassofono tenore. Il musicologo Zuza Homem de Meio (NOTA) ci ha lasciato un
documento dove il cavaquinhista Canhoto difende Benedito Lacerda dalle accuse che
circolavano tra i musicisti dell'epoca:

“Pixinguinha già era stato dimenticato, nessuno più parlava di lui. Benedito gli propose:
facciamo i dischi, a patto che entro anche io nella collaborazione. Molte persone misero
alla gogna Benedito, ma ingiustamente. Lui fu chiaro. Andammo a bere a casa di
Pixinguinha. Poi da là Benedito andò alla Vitale e anticipò del denaro a Pixinguinha per
tirare a campare.”87

Nel 1946, lo stesso Pixinguinha, fornisce la sua versione dei fatti al giornale Diretrizes:

“Benedito mi ha cercato per registrare delle mie composizioni. Solo choro. Per un
progetto di una certa importanza. Sono 25 dischi registrati senza prove e le condizioni
economiche sono buone. Inoltre c'erano le edizioni musicali. Ora suono clarinetto e
sassofono. Abbiamo deciso che il flautista sarà Benedito Lacerda.”88

Benedito Lacerda e Pixinguinha, fu sicuramente il duo di solisti storicamente più


importante per la creazione dell'attuale linguaggio dello Choro.
Nel '51 Benedito Lacerda lasciò il Regional che aveva diretto per quasi vent'anni e
assunse la direzione Valdiro Frederico Tramontano, detto Canhoto, per i successivi
trent'anni. Nel nuovo Regional do Canhoto, entrò come flautista Altamiro Carrilho.
Con l'allontanamento di Pixinguinha dal Conjunto si perse non solo un ottimo musicista,
ma dal punto di vista musicale anche i famosi contrappunti improvvisati svolti nella
regione grave col sassofono, che avevano cominciato a contraddistinguere il suono del
gruppo. Ciò, unito al fatto che Tute, violão sete cordas degli Oito Batutas, si stava
lentamente allontanando dalla professione di musicista, favorì il percorso che Dino da
tempo, secondo quanto racconta, pensava di fare: avvicinarsi all'uso del violão sete
87 Cabral Sérgio, Pixinguinha: vida e obra, Editora Lumiar, Rio de Janeiro, p.161
88 Ibid.

83
cordas. Così chiese a Sylvestre Dalamare Domingos, uno dei più celebri liutai di Rio de
Janeiro, di costruirgliene uno. Domingos costruì chitarre anche per il Duo Abreu,
Turibio Santos, Baden Powell, Rafael Rabello, Paulinho da Viola, César Faria. Così
Dino cominciò a dedicarsi a questo nuovo strumento, del quale verrà ricordato come il
massimo esecutore.
Con l'avvento del genere musicale “iê-iê-iê” e della Bossa Nova, negli anni Sessanta, lo
Choro e la tecnica di suonare il violão con baixarias entrò in crisi. Iniziò la moda della
chitarra elettrica e di quello che viene chiamato violão gago. Così in una situazione di
crisi, Dino, che era diventato già uno strumentista consacrato, si dedicò per un breve
periodo a suonare la chitarra elettrica nel Conjunto di Paulo Barcelos, che eseguiva
brani più semplici e modesti nelle sale da ballo.
Sempre negli anni Sessanta con le registrazioni delle Escolas de Samba, il linguaggio
del violão sete cordas ritornò in auge e nel 1966 Jacob do Bandolim creò il famosissimo
Conjunto Época de Ouro, che vedeva al violão sete cordas lo stesso Dino Sete Cordas.
Questo progetto contribuì a consacrarlo definitivamente nella storia dello Choro. Inoltre
nel 1974-75 si dedicò all'arrangiamento di molti dischi che rimasero nella storia come i
primi due dischi di Cartola e il disco di Guilherme de Brito.89

89 Taborda Marcia, Dino Sete Cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995.

84
Illustrazione 48 Jacob do Bandolim e il Regional do Canhoto

85
3.2 PROFILO TECNICO


Prima di tutto è importante impostare un profilo tecnico di Dino Sete Cordas.



Il suo violão sete cordas fu costruito nel 1953 da Sylvestre, e Dino lo userà per tutta la
sua carriera.
La nuova generazione di musicisti hanno a disposizione ottimi violão di grandi liutai
come Sérgio Abreu o Màrio Passos, ma quello di Dino Sete Cordas, per quanto fosse un
esemplare datato, ottenne buoni risultati nelle mani del violonista. Non a caso, non solo
il suono di tale violão sete cordas costituì una sonorità inconfondibile, ma divenne
esempio e riferimento per tutti i violonistas successivi.

Illustrazione 49 Violão sete cordas di Dino Sete Cordas


86
Le corde che usava in principio erano di budello, molto sensibili alle variazioni
climatiche come temperatura e umidità, fatto invalidante in Brasile. Inoltre non
offrivano una tensione compatibile col tocco deciso di Dino Sete Cordas, che smise di
utilizzarle quasi immediatamente.
Sperimentò così le corde di aço – acciaio - e fu una scelta vincente poiché moltissimi
ancora le utilizzano per ricreare quel suono inedito e originale trovato da Dino Sete
Cordas.
Il suono rumoroso che produceva la settima corda però costrinse il musicista a
sperimentare la sua sostituzione con il Do grave del violoncello, anche questa fu
un'intuizione corretta e ancora oggi adoperata.
Un fattore tecnico poco studiato, ma di fondamentale importanza è la postura usata
nell'atto di suonare. Nell’ambito della musica popolare i violonistas appoggiano il
violão sulla gamba destra la quale può essere accavallata sulla sinistra. Nella postura di
Dino Sete Cordas troviamo una variazione di questa posizione: trova l’equilibrio seduto
normalmente, con i due piedi appoggiati parallelamente. Il piede destro è il punto di
appoggio fondamentale, insieme al braccio destro che dalla spalla all’avambraccio
distribuisce il suo peso sul violão. La parte di contatto col violão è quella laterale
inferiore convessa che, non si incastra con la gamba, ma si appoggia su di essa. 


87
Illustrazione 50 Israel e Isaias Bueno de Almeida

Illustrazione 51 Luizinho 7 Cordas

88
Riguardo alla mano destra utilizza prevalentemente il pollice, indice e il medio. Usa la
dedeira, ovvero il plettro da pollice, sempre appoggiato. L’indice e il medio sono usati
per l’accompagnamento e più raramente per fare qualche linea melodica sulle prime
corde. Le dita anulare e mignolo si mantengono appoggiate sulle corde.

Illustrazione 52 Dedeira

Oltre agli arpeggi e alle scale si può notare l’uso del pizzicato che è praticato da Dino
Sete Cordas appoggiando la parte laterale della mano destra sulle corde all’altezza del
ponte, producendo un effetto di sordina.
Un altro effetto utilizzato è il portamento, un tipo di legato eseguito con lo stesso dito,
del quale si può trovare un esempio nella registrazione di “Naquele Tempo” con Jacob
do Bandolim e Época de Ouro.
Inoltre è da notare il grande utilizzo degli staccato.
La mano sinistra è dotata di grande agilità grazie all’utilizzo della tecnica legato che
rendono più rapide le frase e si incorporarono nello stile di esecuzione e nel fraseggio
delle baixarias del violão sete cordas.


89
Prima di analizzare più nel dettaglio il linguaggio delle baixarias di Dino Sete Cordas,
vorrei prendere in analisi il suo primo linguaggio: l'accompagnamento.
Secondo Taborda90, la tecnica di accompagnamento di Dino Sete Cordas si può dividere
in due fasi: prima e dopo il suo contatto con Pixinguinha. Attraverso l'analisi degli stessi
si potrà notare che prima di Pixinguinha, Dino si esprimeva normalmente dentro al
linguaggio tipico dell'epoca e che non c'erano (approssimativamente fino al 1950)
grande differenze tra il duo Dino – Meira e quello Nei Orestes – Lentine.
Dino traspose per violão sete cordas il linguaggio del sassofono di Pixinguinha e lo
innovò.
Prima di parlare degli aspetti tecnici dell'esecuzione di Dino bisogna notare che lui è un
rappresentante di quella vecchia stirpe di chorões descritta da Alexandre Pinto ovvero:
un musicista originario della classe popolare, con il livello scolastico primario,
lavoratore salariato e professionista autodidatta.
Per cominciare, ricercando nella discografia della Musica Popular Brasileira i dati
mostrano l’importanza dei Regionais. Tra le decadi ’30 e ’50 la maggior parte delle
registrazioni vennero fatte con l'accompagnamento di Regionais, superate solo da quelle
delle orchestre. Ascoltando le registrazioni si può notare in stessa proporzione la
quantità come la qualità. I Regionais sono impeccabili, intonati e hanno una sonorità
ben definita.
All'inizio della sua carriera nel 1937 nel Regional de Benedito Lacerca, il migliore
dell'epoca, Dino a diciannove anni assumeva la responsabilità dell'accompagnamento ed
è facile immaginare che abbia necessariamente dovuto affinare il suo gusto per
l'esecuzione e la sua competenza.
Come musicista, prese ispirazione dalla generazione passata di chorões dell'inizio del
Novecento: Joaquim Callado, Viriato Figueira, Anacleto de Medeiros e dai violonisti
Tute, Nei Orestes, Gorgulho e Lentine. Da Pixinguinha subì un'influenza diretta,
facendo parte insieme a lui dal 1946 al 1950 del Regional di Lacerda.

Prendendo alcune registrazioni come esempio, si può notare che lo stile di
accompagnamento - all’ingresso di Dino Sete Cordas nel Regional di Benedito Lacerda
- non è differente dal periodo precedente, la cui caratteristica principale è la conduzione
90 Taborda Marcia, Dino Sete Cordas e o acompanhamento de violão na música popular brasileira,
Universidade Federal do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 1995

90
dei bassi da parte dei violões seis cordas eseguiti con uno stesso disegno ad intervalli di
terza.
Rispetto alle novità armonia sono utilizzati gli accordi semidiminuti, che compaiono per
la prima volta nelle trascrizioni.
Quanto alla collocazione delle frasi dei bassi si muovono quando la melodia è ferma o
monotona.

Illustrazione 53 Baixarias armonizzate in “Chão de Estrelas”


Rispetto alla ritmica si trova qualche innovazione come nella battuta 42 del brano
“Chão de estrema” dove appare per la prima volta un basso articolato fuori dal tempo
forte, pratica largamente usata nella sincope brasiliana già all’epoca, ma solo dagli
strumenti melodici. 


91
Illustrazione 54 Battuta 42 “Chão de Estrelas”

Nel Samba di José Borba “Fiz um samba” si può ascoltare il famoso ritmo di “violão-
tamborim” creato da Dino per l’accompagnamento del genere Samba, che fu utilizzato
moltissimo in seguito.
Questo accompagnamento è caratterizzato dall’esecuzione del pizzicato enfatizzando la
sonorità percussiva dello strumento. Questo è la sua forma base:


Illustrazione 55 Ritmo “Violão tamborim”

92
Nella seconda fase di accompagnamento (fine degli anni ’60 e inizio dei ’70) Dino Sete
Cordas ha già cominciato ad usare il violão sete cordas ed è già entrato in contatto con
Pixinguinha nel Regional de Benedito Lacerda.
Armonicamente è già entrato in possesso di tutte le categorie di accordi: principalmente
maggiori, minori, settime, settime maggiori, sesta e diminuiti.
Sviluppando la conduzione dei bassi per congiunzione di grado ricorre frequentemente
ai rivolti degli accordi in tutte le loro possibilità.
Come ad esempio in “Doce de coco” di Jacob do Bandolim:

Illustrazione 56 Introduzione “Doce de coco”

Sicuramente il maggior contributo che venne dato nella trasformazione dello stile di
accompagnamento dello Choro e del Samba furono le baixarias, delle quali parleremo
più approfonditamente più avanti.
Il suo violão è in costante dialogo con la linea melodica, non si pone tanto come
contrappunto quanto come seconda voce. Si inserisce in tutti gli spazi possibili, le
pause, le note lunghe, le frasi con note ripetute, ecc.
Mantiene comunque la funzione di condurre l’ingresso e l’uscita dalle parti della
struttura, anche ripetendo una stessa parte melodica utilizzando disegni ritmico-melodici
creativi e inediti nella concezione antica dell’accompagnamento di choro.
Eccone alcuni esempi:


 


93
Illustrazione 57 Frase collocata nel prolungamento della linea melodica in
“Noites Cariocas”

Illustrazione 58 Frase su note ripetute in “Ensaboa”

94
Illustrazione 59 Frase collocata nelle pause in “As Rosas não Falam”

Illustrazione 60 Frase di collegamento tra parti in “Doce de Coco”

La conduzione dei bassi viene fatto per movimenti cromatici, diatonici o per accordi
arpeggiati e sono organizzati con ripetizione di nota, progressioni modulanti e non
modulanti, riproposta di disegni della melodia.
I ritmi che utilizza invece sono di estrema ricchezza e varietà. La creatività nella
combinazione di diversi valori e l’alternanza degli stessi conferisce
all’accompagnamento grande dinamismo.

95
Illustrazione 61 Progressione diatonica modulante in “Um a Zero”

Illustrazione 62 Progressione diatonica non modulante in “Um a Zero”

96
3.3 ANALISI DI ALCUNE BAIXARIAS DI DINO SETE CORDAS

Analizzando il linguaggio di Dino Sete Cordas tramite alcune baixarias eseguite durante
la sua carriera di violonista sete cordas, possono essere individuati alcuni modelli di
riferimento. È possibile consultare le trascrizioni di queste, a cura di Remo Tarazona
Pellegrini91, nell'appendice conclusiva.

3.3.1 I motivi

I motivi, ovvero il ripetersi di un evento ritmico o melodico con funzione strutturale:


le “baixarias” di Dino Sete Cordas sono composte da pochi motivi che vengono
sviluppati nel decorrere dei brani originando “variazioni”, nella maggior parte dei casi;
tali motivi originali possiedono essi stessi caratteristiche ricorrenti e modelli comuni
come:

– motivi diatonici discendenti o ascendenti;


– motivi cromatici discendenti o ascendenti;
– motivi composti sulla successione degli accordi;
– motivi con cambio di direzione;
– motivi formati per piccole approssimazioni diatoniche o cromatiche.

I modelli sono eseguiti principalmente durante le pause o le note lunghe della melodia
principale. Per quanto sia una regola quasi sempre rispettata da Dino Sete Cordas, ci
sono delle situazioni eccezionali:

– quando il motivo è breve, non presentando un'informazione sufficiente per


compromettere la comprensione della melodia principale;
– quando i motivi accompagnano la ritmica della melodia principale in un

91 Pellegrini Remo Tarazona, Analise dos acompanhamentos de Dino Sete Cordas em Samba e Choro,
Universidade Estadual de Campinas, Campinas, 2005.

97
contrappunto nota contro nota (vedi “Receita de Samba”, battuta 10);
– momenti importanti per far notare un cambiamento, come nei finali delle sezioni
– estratti che funzionino da continuità per uno sviluppo del motivo;
– nelle ripetizioni delle sezioni, quando i motivi sono presentati come
prolungamento dei motivi già esposti anteriormente.

A volte la non concomitanza delle due linee melodiche può perdere importanza rispetto
ad una opzione considerata più interessante, come in “Corre e Olha o Céu”, dove il
“violão tamborim” è presentato durante le pause e i motivi sorgono accompagnando
approssimativamente la linea della melodia principale. In questo caso la tecnica del
“violão tamborim” attrae a sé l'attenzione più dei motivi, che ancora rinforzano i
movimenti della melodia principale, anche se non eseguiti nota contro nota.

Come negli esempi analizzati da Schöenberg92, gli accompagnamenti di Dino Sete


Cordas sono creati attraversi lo sviluppo del motivo. La sezione A di “Corre e Olha o
Céu” per esempio, ha quattro variazioni sul secondo motivo (battuta 18) nella sua
prima frase. Lo stesso motivo è riproposto nella seconda frase (battuta 30) per due volte
e invertito prima di giungere al un finale del periodo di sviluppo di un motivo
discendente.
Nello stesso brano il violão sete cordas presenta un motivo che è invertito e trasposto
nella battuta seguente. Ci sono casi nei quali i motivi di tale strumento sono ripresentati
- con o senza variazioni – a distanze maggiori: per esempio il motivo della battuta 18
nel secondo tempo della prima frase è ripresentato solo nella battuta 30, secondo tempo
della seconda frase. Si nota che la linea sviluppata dal violão sete cordas è creata
attraverso lo sviluppo dei motivi, anche con intervalli lunghi dall'esposizione dello
stesso.

Ci sono casi in cui lo sviluppo dei motivi è localizzato – ovvero le variazioni sono

92 Schöenberg Arnold, Elementi di Composizione Musicale, Edizioni Suvini Zerboni, Milano, 1969,
capitolo III.

98
presentate immediatamente dopo il motivo originale, senza nuovi elementi tra i due – e
in questi casi si osserva che Dino Sete Cordas stabilisce alcune metodologie proprie:

– riesposizione dei disegni ritmici e melodici ad intervalli regolari, come in


“Receita de Samba” (battute 14-21);
– riesposizione dei disegni ritmici e melodici disponendo le note di appoggio in
intervalli di un semitono con un movimento regolare ascendente o discendente,
come in “Cinco Companheiros” (battute 1-5);
– sequenze di motivi iniziati da una stessa nota e finalizzati a note che
costituiscono un movimento uniforme ascendente o discendente, come in “Doce
de Coco” (battute 39-41);
– anticipazioni degli inizi delle variazioni dei motivi per far si che il motivo già
esposto possa essere ripresentato e prolungato nella sua tessitura, utilizzando
altre note di appoggio, come in “Doce de Coco” (battute 13-16);
– sequenze di motivi che hanno come note d'appoggio le note che compongono
l'accordo sul quale stanno venendo, eseguite come in “Alvorada” (battute 13-
14).

E' comune, nelle ripetizioni della sezione, avere motivi che si ripetono in maniera
esattamente uguale o con variazioni. Questa caratteristica non ricorre con regolarità
negli arrangiamenti fatti da Dino Sete Cordas. Se i motivi sono fissati alla forma del
brano, ciò implica un arrangiamento definito e coeso, nel caso opposto implica una
maggior grado di improvvisazione e libertà, potendo diventare questo un parametro per
il musicista per alterare il carattere del proprio arrangiamento.

Quanto alla ricorrenza dei motivi nella ripetizione delle sezioni, frequentemente Dino
Sete Cordas aumenta gli elementi nelle riesposizioni finendo per unire motivi adiacenti.

Si percepisce inoltre lo sviluppo delle idee musicali attraverso la ripetizione delle


sezioni, come in “Cinco Companheiros” dove, nella prima sezione B, il violão sete
cordas imita un disegno ritmico usato dal flauto e nella seconda sezione B anticipa il

99
flauto e lo sviluppa ripetendolo per più di tre volte.
Frequentemente ci sono procedimenti (quindi non motivi) che sono fissati alla forma,
ovvero che si ripetono nella ripresentazione delle sezioni. Ne è un esempio l'uso del
“violão tamborim” durante le pause della melodia principale nelle sezioni A di “Corre e
Olhe o Céu”. Altro esempio sono i bassi che usano grandi salti melodici sempre prima
di ritornare alla sezione A di “Alvorada”. Tali procedimenti conferiscono coerenza e
coesione all'arrangiamento avendo pertanto una funzione simile a quella presentata dai
motivi.

Oltre ai contrappunti nota contro nota, ci sono altre forme di stabilire una relazione
diretta tra la baixaria e la melodia principale:

– in “Receita de Samba”, il primo motivo che introduce alla sezione A è il


prolungamento di un segmento di quattro semicrome che sarà poi presentato
nella melodia principale sedici battute dopo;
– in “Cincos Companheiros”, il motivo alla battuta 19 è lo stesso che viene usato
un tempo precedente nella melodia principale e nella ripetizione della sezione B,
Dino Sete Cordas anticipa lo stesso motivo creando una sequenza nella
ripetizione del motivo;
– in “Doce de Coco”, il violão sete cordas anticipa due motivi del flauto nelle
battute 28-29 mentre nelle battute 60-62 anticipa le inversioni di altri tre motivi.

L'uso dell'ostinato – sequenza di ripetizioni esatte di un motivo – può essere trovato in


due brani:

– in “Floraux” (battute 98-105) l'ostinato è preso dalla partitura originale per


pianoforte, nella quale Ernesto Nazareth ripete otto volte un motivo formato da
quattro note di Fa# ottavate, che sono parte integrante degli accordi sui quali
vengono eseguite;
– in “Doce de Coco” (battute 21-24) è utilizzato da Dino Sete Cordas in un
momento nel quale l'armonia rimane su un accordo minore per permettere a

100
Meira, al violão seis cordas, di presentare variazioni sull'estensione dell'accordo
di b6 o 6M. La seconda volta che la sezione viene ripresentata, l'ostinato è
composto dalla ripetizione di una variazione ritmica e melodica sul motivo che
compone il primo.

3.3.2 Uso delle scale

Il violão sete cordas, oltre a tessere degli sviluppi del motivo e mettere in relazione la
sua linea melodica con gli altri strumenti e alla melodia principale, ha la funzione di
mantenere - a tempo - le note che compongono gli accordi della progressione armonica.
Generalmente Dino Sete Cordas utilizza i modi corrispondenti agli accordi che vengono
eseguiti, la scala cromatica e la distribuzione degli stessi accordi. Più nello specifico:

– sugli accordi maggiori, non di dominante, utilizza sempre il modo ionico. La #4


può essere utilizzata come parte della scala cromatica o come nota di passaggio
per il quinto grado, senza ricorrere al modo lidio;
– sugli accordi di dominante utilizza sempre il modo misolidio. A volte quando
l'accordo di dominante cade su un accordo minore (anche se non deve risolvere
in tale accordo) sono utilizzate le note dell'accordo diminuito mezzotono sopra
alla sua fondamentale, seguito dalla propria fondamentale dove sorge l'intervallo
di b2, che non fa parte del modo misolidio. La 7M può essere anche utilizzata
come parte della scala cromatica o come approssimazione cromatica tra la
fondamentale e il settimo grado, elemento comune alla scala di dominante del
Bebop nella quale la 7M è utilizzata in questo modo per far si che possa, in una
sequenza di crome, mantenere tutte le note dell'accordo sui tempi forti;
– Sugli accordi minori, non ci sono molti casi nei quali appare il sesto grado, ma
nella maggior parte delle volte che viene usato, la sesta utilizzata è maggiore
(6M) definendo pertanto il modo dorico;
– Quando la tonalità è minore, il sesto grado dell'accordo di tonica è chiaramente
evitato da Dino Sete Cordas. Questo può essere un caso nel quale ci si possa

101
aspettare l'uso della b6, (come ad esempio alla batutta 59 di “Receita de Samba)
poiché si sta definendo la scala naturale minore, ma l'unica volta che utilizza la
b6 nelle sue baixarias (“Floraux” battuta 15) questa può essere intesa come
anticipazione della terza minore dell'accordo seguente;
– sugli accordi semi-diminuiti, Dino Sete Cordas utilizza solo l'arpeggio
dell'accordo;
– sugli accordo diminuiti utilizza la scala diminuita, l'arpeggio dell'accordo o la
scala cromatica.

3.3.3 L'uso dei cromatismi

Dino Sete Cordas li utilizza frequentemente, tanto piccole approssimazioni cromatiche


quanto grandi tratti di scala cromatica nella formazione di motivi e nelle finalizzazioni.
Questo era un procedimento utilizzato moltissimo dai musicisti jazz degli anni '20 per
rendere più scorrevoli i cammini melodici.
Alcune caratteristiche possono essere definite come modello nell'uso dei cromatismi da
parte di Dino Sete Cordas:

– nei passaggi cromatici, le note che incidono sul tempo forte non hanno necessità
di essere note dell'accordo. Soltanto la nota di appoggio deve appartenere alla
triade o tetrade dell'accordo in questione;
– i cromatismi sono nella maggior parte dei casi discendenti;
– quando il motivo cromatico inizia nel tempo forte del tempo, la prima nota deve
far parte dell'accordo. Solo in un caso (“Receita de Samba”, battuta 14) per
mantenere la logica dello sviluppo del motivo, il passaggio cromatico inizia con
la b3 su un accordo maggiore;
– brevi passaggi cromatici (di tre o quattro note) sono suonati sempre su una sola
corda della chitarra, quando c'è una nota su un'altra corda si tratta solitamente di
una corda a vuoto all'inizio o alla fine di un motivo;
– ci sono passaggi composti da quattro semicrome e dalla nota di appoggio che
connettono due accordi. La prima semicroma è la nota del primo accordo e le

102
altre tre fanno parte di una scala cromatica, discendente o ascendente, che
risolve nell'accordo seguente. Frequentemente si trovano salti tra la prima e la
seconda semicroma, la prima definisce la presenza del motivo sul primo accordo
e la seconda già prepara la scala cromatica verso la nota di appoggio. Come nel
caso precedente il passaggio cromatico è composto da note che possono essere
suonate su una sola corda della chitarra;
– analogamente, il motivo successivo può essere formato dalla ripetizione della
fondamentale nelle due prime semicrome, seguita dal movimento cromatico - su
una corda - in direzione della nota di appoggio;
– nei movimenti armonici che vanno da un accordo maggiore per uno stesso
accordo minore, vengono usati motivi di sette note della scala cromatica (sei più
la nota di appoggio), ascendente o discendente, che partono dalla 6M del primo
accordo e finiscono sulla b3 del secondo. Le prime sei note appaiono spesso in
sestine o in semicrome, iniziando nella metà del primo tempo della battuta.

3.3.4 Arpeggio degli accordi

Se, come è stato detto, una delle funzioni del violão sete cordas è quella di mantenere
sul tempo forte, le note che compongono gli accordi della progressione armonica, l'uso
dell'arpeggio degli accordi nel contesto armonico risulta come una possibilità ovvia.
Pertanto Dino Sete Cordas utilizza alternative come:

– arpeggio del II grado diminuito o del IVm nelle progressioni IVm – V7


utilizzando la 6M sull'accordo minore (a volte sul tempo forte della battuta);
– arpeggio della tetrade minore col settimo grado un tono e mezzo sotto la
fondamentale dell'accordo maggiore sul quale viene eseguito, aggiungendo la
6M dell'accordo maggiore;
– arpeggio dell'accordo semi-diminuito a partire dalla terza maggiore dell'accordo
di dominante sul quale viene eseguito, usando la 9M dell'accordo di dominante;
– arpeggio dell'accordo di dominante con la 2M, presentata con un movimento
ascendente, poi la settima costituendo in sostanza un arpeggio dell'accordo di

103
dominante con la settima e la nona;
– arpeggio della tetrade diminuita mezzo tono sopra alla fondamentale
sull'accordo di dominante, aggiungendo la propria fondamentale e la b2
all'accordo.

3.3.5 Comportamento sugli accordi minori e semi-diminuiti

Questo argomento è separato poiché ha un comportamento totalmente distinto da ciò


che si applica nelle precedenti possibilità elencate.
Sugli accordi minori, gli arpeggi sono più comuni dei movimenti diatonici e il sesto
grado del modo minore è evitato. Anche se è un comportamento modello ci sono delle
eccezioni come:

– nelle situazioni nelle quali per mantenere la continuità di uno sviluppo del
motivo, è necessario un motivo diatonico, come accade in “Corre e Olha o Céu”
(battuta 68) nel quale viene usato anche il sesto grado del modo minore;
– nelle progressioni armoniche del tipo IVm – V7, dove Dino Sete Cordas
frequentemente sviluppa motivi come se si trovasse nel contesto II diminuita –
V7, usa la 6M nella triade Ivm (come in “Festa da Vinda” battute 4 e 29);
– nei motivi cromatici, come in “Receita de Samba” (battuta 14), utilizza la b6;
– quando la 6M è una nota di passaggio del motivo (“Receita de Samba”, battute
123-124).

3.3.6 Altri modelli

Sono qui riuniti altri modelli di comportamento di Dino Sete Cordas nelle baixarias:

– il modello melodico 1 – 2 – 3 – 5 all'inizio del motivo è molto comune nel


linguaggio di Dino Sete Cordas, ricorrendo tanto negli accordi minori quanto in
quelli maggiori (anche di dominante) come in “Festa da Vinda” battuta 41 e
“Floraux” battute 5 e 117;

104
– si trovano diverse note di passaggio cromatiche inferiori all'inizio dei motivi,
principalmente la 7M (tra due fondamentali) e la #4 (tra le due quinte) come in
“Amor Proibido” battuta 64;
– nelle progressioni armoniche nelle quali due accordi si incontrano ad una
distanza di una quarta (IIm – V7 o V7 – I) si trovano spesso diversi brevi motivi
discendenti a partire dalla fondamentale del primo accordo, sviluppato in una
ambito di terza minore e risolvendo nella 3M del secondo. I modelli che si
incontrano sono 1 – 7 – 3 o 1 – 7M – 7 – 3;
– nel paragrafo “arpeggio degli accordi” è stato trattato, come eccezione, la
ricorrenza della 6M sul tempo forte della battuta. In questo caso si utilizza
l'arpeggio della tetrade minore un tono e mezzo sotto alla fondamenta
dell'accordo maggiore sul quale è eseguita, o l'arpeggio dell'accordo relativo
minore;
– oltre agli arpeggi si trovano motivi diatonici usati come se fossero eseguiti sul
relativo accordo, risultando la 6M sul tempo forte della battuta;
– quando i violões si dividono il contrappunto nota contro nota, le melodie sono
ad intervalli di terza o di sesta;
– ci sono diversi momenti nei quali i motivi (anche brevi) sono creati in relazione
al contesto armonico dell'accordo al quale si sta arrivando. Questo
comportamento è evidente in “Cinco Companheiros” (battuta 16), nel quale i
motivi sono ripetuti in maniera identica su accordi differenti ma che hanno in
comune l'uso delle note dell'accordo verso il quale ci si sta muovendo. È difficile
avere un'altra spiegazione per utilizzare una 2M nel tempo forte e la 7M
sull'accordo minore se non si considerasse il motivo come un'anticipazione
dell'arpeggio della triade dell'accordo successivo;
– nelle progressioni che portano l'accordo maggiore a quello minore, la nota di
appoggio sull'accordo minore, la b3 e a volte la 6M, è posizionata all'inizio della
battuta, all'inizio del motivo o all'inizio del secondo tempo della battuta, come se
la progressione fosse pensata come un passaggio intermedio verso il primo
accordo;
– a volte ricorre all'aggiunta di una nota pertinente all'accordo, una croma o una

105
semicroma sul tempo forte, di passaggio verso una nota di appoggio. È una
variazione del motivo molto semplice utilizzata quando la nota di appoggio è la
fondamentale, come in “Alvorada” battuta 76);
– Dino Sete Cordas utilizza ripetizioni sequenziali di motivi ritmici. In base
all'estensione (ritmica) del motivo, le ripetizioni possono far si che si trasferisca
l'accento melodico in relazione all'accento ritmico.

106
Capitolo 4

PERCORSO
DEL SETE CORDAS: DA
ACCOMPAGNAMENTO A
SOLISTA

107
Il violão sete cordas ha oggi due scuole ben definite. La prima, nonché la più
tradizionale, segue il modello della tecnica e del suono sviluppato da Dino Sete Cordas.
La seconda, più recente, utilizza le corde di nailon e ha una tecnica e suono più simile a
quella della chitarra classica.

4.1 VIOLÃO SETE CORDAS DE AÇO: LA SCUOLA DI DINO SETE


CORDAS

Quando Dino Sete Cordas nel 1952 chiese al liutaio Silvestre di costruirli un violão sete
cordas, aveva due principali riferimenti a cui ispirarsi: Tute dal punto di vista tecnico
dello strumento e Pixinguinha dal punto di vista dell’elaborazione del linguaggio
musicale.
Dino Sete Cordas frequentava i locali dove Tute si esibiva per vederlo suonare nel
periodo in cui ancora suonava il violão seis cordas, e partecipò al prolifico gruppo nel
quale Benedito Lacerda veniva accompagnato dai controcanti di Pixinguinha al
sassofono tenore.
Pixinguinha e Tute furono i principali eredi di uno stile ben preciso, frutto
dell’esperienza dei maestri Anacleto de Medeiros e Irineu de Almeida; così Dino Sete
Cordas fu colui che più di ogni altro seppe approfittare di questi fondamenti per creare
quello che sarà considerato fino ad oggi il linguaggio definitivo del violão sete cordas.
La capacità nell’arricchire le frasi, le soluzioni ritmiche e il carattere che Dino Sete
Cordas impresse in ogni genere musicale brasiliano - che sperimentò in più di
sessant’anni di carriera - crearono il modello seguito da tutti i violonistas de sete cordas
che gli successero.
Quanto alla sua sonorità, caratteristica perseguita praticamente da tutti gli adepti del
violão sete cordas de aço (con corde di acciaio), normalmente si utilizza il pizzico delle
corde con un plettro (molto raramente) o una dedeira.
I materiali usati nella costruzione delle dedeiras possono essere diversi, ma quello
preferito e più comune è l’acciaio inox. Queste dedeiras sono generalmente
confezionate a partire da una lamina sottile di acciaio e costruite su misura. I violonistas
de sete cordas de aço la trattano con molto riguardo ed è raro che la prestino per evitare

108
che perda la forma del loro pollice.93
Come scrive Borges94:

“Era possibile ottenere una maggior diffusione sonora nelle baixarias per mezzo
dell'utilizzo della dedeira applicata al pollice della mano destra e delle corde di acciaio.
Tali accorgimenti organologici erano necessari perché Dino Sete Cordas necessitava di
maggiore intensità sonora per far si che lo strumento potesse emergere in ambienti
sonori molto rumorosi.”

La tecnica della mano destra di un violonista sete cordas è molto differente da quella di
un chitarrista classico. Il pollice è usato moltissimo. Praticamente tutte le frasi di
baixarias sono eseguite con l’uso esclusivo del pollice insieme all’uso del legato della
mano sinistra, che permette di stancare meno il pollice e di acquisire velocità
nell'esecuzione delle baixarias.
Nelle prime registrazione fatte da Dino Sete Cordas con il violão sete cordas si può
sentire un suono molto metallico della settima corda. Più tardi, all’inizio degli anni ‘60,
risulta evidente un’evoluzione della sua sonorità più dolce e secca (con una corta durata
delle note) per via dell’utilizzo della quarta corda del violoncello adattata al posto della
settima corda.
Un’altra caratteristica del modello della sonorità di Dino Sete Cordas è l’uso delle prime
due corde (acute) della violão che sostituì con corde di nailon; ciò avvenne in funzione
del fatto che tali corde risaltavano più delle gravi, quando invece, come sappiamo,
quelle gravi hanno più valore nel tradizionale accompagnamento del violão sete
cordas.95
Oggi il violão sete corda de aço è uno strumento molto usato e riproposto nel contesto
dello Choro e del Samba.
Nuovi liutai e violonistas si sono messi alla ricerca di uno strumento che potesse far
rivivere il suono di Dino Sete Cordas e apportargli delle migliorie tecniche. In

93 Carrilho Maurício, Violão de 7 Cordas, disponibile su


https://ensaios.musicodobrasil.com.br/mauriciocarrilho
94 Farias Borges Luís Fabiano, Trajetória estilística do choro: o idiomatismo do violão de sete cordas, da
consolidação a Raphael Rabello, Brasília, Universidade de Brasília, 2008, p.75.
95 Ibid. p.29

109
particolare il liutaio Lineu Bravo e il violonista Rogério Caetano, nel 2010, hanno dato
vita ad uno strumento richiesto da quest'ultimo che avesse un suono vicino al violão
Giannini di Dino Sete Cordas, ma che apportasse delle modifiche in termini di tenuta
dell'accordatura, di suonabilità, di equilibrio e di sonorità. Bravo ha chiamato questo
modello: “Violão sete cordas de aço brasileiro Lineu Bravo modelo Rogério Caetano”.
Secondo Rogério Caetano96:

“Il violão sete cordas de aço, costruito dal mio amico Lineu Bravo, stabilisce una forma
definitiva di livello altissimo per questo nostro strumento prettamente brasiliano. Sono
molto felice che questo modello porti il mio nome e di sapere che il violão de aço ha
ancora molto da dire nella storia della nostra musica, tanto più con uno strumento di
questo livello.”

Illustrazione 63 Violão sete cordas de aço Modello Rogério Caetano

96 http://www.lineubravo.com.br/violao-sete-cordas-de-aco-lineu-bravo-modelo-rogerio-caetano/

110
Illustrazione 64 Violão sete cordas Lineu Bravo Modello Rogério Caetano

111
4.2 VIOLÃO SETE CORDAS DE NAYLON

La storia del violão sete cordas con corde di nailon è da contestualizzare nel periodo di
ricerca di un suono più cameristico nello Choro.
“Camerata Carioca” fu un importante gruppo musicale ideato dal mandolinista Joel
Nascimento (n. 1937) che chiese al compositore Radamés Gnattali (1906-1988) di
trascrivere la sua “Suite Retratos”97 per una formazione simile al Regional. Il gruppo
fece la sua apparizione nel 1979 nell’Auditorium del UFRJ con questa formazione: Joel
Nascimento (mandolino), Rafael Rabello (violão 7 cordas), Maurício Carrilho (violão),
Luiz Otavio Braga (violão), Luciana Rabello (cavaquinho), Celsinho Silva (pandeiro).
L’inizio dell’ascesa del gruppo però avvenne in occasione dell'evento “Tributo a Jacob
do Bandolim” al Teatro João Caetano dove, a causa di compromessi contrattuali con il
clarinettista Paulo Moura per una tourneé in Giappone, Luiz Otavio Braga partì e fu
sostituito da João Pedro Borges.
In seguito Braga tornò nel gruppo sostituendo Rafael Rabello al violão sete cordas.
Quando nel 1979 Luiz Otavio Braga sostituì Rafael Rabello come violonista sete cordas
nei “Camerata Carioca”, il gruppo si stava preparando a registrare il “Concerto Grosso
Op.3 N.11” di Vivaldi trascritto da Radamés Gnattali. Altri cambi nella formazione ci
furono con l’ingresso di Henrique Cazes al posto di Luciana Rabello al cavaquinho e
Beto Cazes al posto di Celsinho Silva alle percussioni.
Nelle prove Braga sperimentò l’utilizzo di corde di nailon sul suo violão sete cordas,
alla ricerca di un timbro col quale le tre chitarre si amalgamassero meglio.
Molto contento del risultato ottenuto, Braga si fece costruire quello che fu il primo
violão sete cordas con corde di nailon. Il violão fu costruito nell'azienda Giannini, una
delle principali aziende brasiliane ancora in attività che costruiscono strumenti musicali,
con la tavola armonica lavorata dal liutaio Sérgio Abreu, all’epoca all’inizio della sua
carriera e oggi uno dei maggiori liutai di violão sete cordas.
Il trattamento riservato agli arrangiamenti e al repertorio del gruppo portò grande

97 E' una suite dedicata alle principali figure della storia dello Choro (Pixinguinha, Ernesto Nazareth,
Anacleto de Medeiros e Chiquinha Gonzaga), fondamentale per aver inserito il Conjunto di Choro nel
contesto della musica colta. Anche se registrata da diversi artisti e trascritta per diversi ensemble,
venne ideata affiancando un'orchestra d'archi alla tipica formazione del Regional.

112
attenzione sulle sonorità. Ad esempio l’equilibrio dei due violões a sei corde era spesso
compromesso dal violão sete cordas, come racconta Henrique Cazes98:

“L’attenzione alla dinamica e alla qualità del suono, fece si che si sviluppassero nella
Camerata esperienze che più tardi furono riproposte da altri musicisti. È il caso dell’uso
del violão sete cordas de naylon che portò più equilibrio nel gruppo. Questa scelta
portata da Luiz Otavio fu in seguito seguita da Rafael Rabello e vari altri violonistas.”

Maurício Carrilho racconta che, mentre il gruppo si preparava a registrare la trascrizione


fatta da Radames Gnattali del concerto di Vivaldi, durante le prove:

“[…] Luiz Otavio provò a montare le corde di nailon sul suo violão sete cordas, nel
tentativo di creare un timbro più omogeneo ai tre violões del gruppo.”99

Luiz Otavio Braga racconta così la sua esperienza:

“Posso dire di aver contribuito all’invenzione del violão sete cordas di nailon intorno al
1981 […] la naturalezza musicale degli arrangiamenti di Radamés Gnattali e
l’eclettismo del repertorio esigevano un violão con un timbro “migliore” per quelle
composizioni e arrangiamenti, assieme agli altri due violão seis cordas; la formazione e
la concezione estetica esigevano un migliore equilibrio tra i tre violões, trascendendo le
funzioni tipiche del Regional. Tale necessità fece nascere in me l’iniziativa di
migliorare le condizioni strutturali de mio violão sete cordas, in modo che rispondesse
alle funzioni più propriamente cameristiche in relazione con la qualità timbrica degli
altri due violões.”100

98 Cazes Henrique, Choro: do quintal ao municipal, Editora 34, São Paulo, 1998, p.75
99 Carrilho Maurício, Violão de 7 Cordas, disponibile su
https://ensaios.musicodobrasil.com.br/mauriciocarrilho
100 Braga Otavio Luiz, O Violão de 7 Cordas: teorias e pratica, Rio de Janeiro, Lumiar Editora, 2004, p.7

113
Illustrazione 65 Disco “Vivaldi & Pixinguinha” Radamés Gnattali e Camerata Carioca

Intervistato, Luiz Otavio Braga spiega che tale esperienza iniziò con un violão “Soros”:

“Alla fine del 1979 già usavo il violão sete cordas di nailon per far si che suonasse
meglio assieme ai violões “Sugiyama” di Mauricio Carrilho e “Friederich” di João
Pedro Borges. In verità ho montato delle corde di nailon su un “Soros” che avevo fin dal
1975.”101

I violões che usò per registrare con i Camerata Carioca però non rispondevano alle sue
esigenze:

101 Pauletti Ricardo Cappra, O violão de sete cordas no Brasil e sua trajetòria de acompahnador a solista,
Florianópolis, Universidade do Estado de Santa Catarino, 2017, p.58

114
“I dischi “Vivaldi e Pixinguinha” e “Tocar” furono registrati con il violão 7 cordas
Soros e con un violão sete cordas Do Souto […] sui quali ho montato le corde di nailon.
Il risultato però non mi soddisfaceva [...]” 102

Illustrazione 66 Violão sete cordas de naylon

Rafael Rabello si impressionò tanto per il risultato di questo “nuovo” strumento che
cominciò a ricercarne tutte le possibilità timbriche e tecniche. Poco tempo dopo richiese
al liutaio Mario Jorge Passos uno violão con le stesse caratteristiche.
All’epoca Rafael Rabello stava avendo molto successo come solista, dividendo il palco
con cantanti celebri, e come concertista; il nuovo strumento risultava molto compatibile
con le sue necessità timbriche. Cominciò così una nuova scuola di violão sete cordas,
dove la tecnica della mano destra è molto simile a quella usata per la chitarra classica.

102Ibid.

115
Ricardo Dias103 spiega che, quando lo strumento fu richiesto da Braga a Sergio Abreu,
quest’ultimo lavorava alla fabbrica Giannini dove costruì circa cinquecento violões.
Abreu costruiva tutti le tavole armoniche – principale componente dello strumento – e
le parti restanti erano montate in fabbrica sotto la sua supervisione.
Braga racconta il primo contatto che Rafael Rabello ebbe con gli strumenti Giannini, in
particolare col modello Abreu:

“Quando il mio strumento fu pronto, chiamai Rafael Rabello che passò tutta la notte a
provarlo al bar Flor da Note. Il giorno seguente aveva già chiesto al liutaio Mario Jorge
Passos di costruirgli un violão sete cordas de naylon.”104

Mario Passos racconta in un’intervista105 che non conosceva Rafael Rabello quando
quest’ultimo lo contattò. Rabello andò fino al suo laboratorio portando una chitarra
“Ramirez” a sei corde, che era appartenuta a Tom Jobim, e chiese che gliene costruisse
una uguale, ma con sette corde. Una curiosità sulla richiesta che fece Rabello fu che
volle lo strumento pronto in quindici giorni per poterlo portare con sé in una tournée in
Europa. Passos accettò la sfida ma non riuscì a concluderlo nel tempo contrattato,
mettendoci poco meno di un mese per consegnarlo. Lo stesso Passos dichiara che non
seguì il modello Ramirez in tutto e per tutto, ma costruì un violão più vicino alla suo
modo di lavorare. Passos racconta inoltre che costruì altri due violões sete cordas con
corde di nailon per Rabello. Il secondo durò poco tempo, ma fu usato anche nella
registrazione di due brani del disco “Todos os Tons” per poi essere rubato nel
laboratorio di Passos mentre Rabello glielo aveva lasciato per la manutenzione. Il terzo
violão appartiene oggi al violonista Marcello Gonçalves (n. 1972).
Essendo suonato senza l’intermediazione della dedeira, il violão sete cordas de naylon,
se da un lato è carente nell’attacco, dall’altro aprì a delle possibilità timbriche
infinitamente superiori.

103Dias Ricardo, Fórum do Violão, disponibile al http://www.violao.org/topic/14354-violoes-do-


souto/page-4>

104 Pauletti Ricardo Cappra, O violão de sete cordas no Brasil e sua trajetòria de acompahnador a solista,
Florianópolis, Universidade do Estado de Santa Catarino, 2017, p.58
105Ibid.

116
Da quando cominciò ad usare il violão sete cordas con le corde di nailon, Rabello
riutilizzò raramente le corde d’acciaio, anche nell’accompagnamento di Samba e Choro
tradizionali. Uno di questi momenti fu durante la registrazione del disco “Chorando de
verdade” di Joel Nascimento dopo la forte insistenza del mandolinista che il violão di
Rabello avesse un timbro più incisivo.
Riguardo alla qualità dei violões di produzione industriale in Brasile, vennero mosse
dure critiche, come riporta Dias da un ricordo del liutaio Silvestre:

“I violões sete cordas, incluso quello di Dino Sete Cordas, erano orribili! Ma finirono
per diventare il modello. Quando Rafael Rabello registrò il suo primo disco una critica
americana commentò: violonista straordinario, ma che pessimo violão! Rafael fece
successo non appena smise di suonare i Do Souto e passò ad utilizzare il Mario Jorge e
il Ramirez. Infranse il paradigma di Dino Sete Cordas.”106

Anche Braga commentò la qualità degli strumenti dell’epoca:

“Non mi fidavo dei Do Souto come solista; e neppure dei tradizionali sete cordas che in
quel momento erano pessimi, con un’intonazione precaria [...]”.107

Dias racconta che Dino Sete Cordas gli confidò di non essere più soddisfatto del proprio
violão, valutandolo non equilibrato nella registrazione del disco con Rafael Rabello, e
che Rabello gli voleva dare uno dei suoi violões Mario Passos, ma finì per morire prima
di cederglielo.108
Probabilmente esistono altre variabili rispetto all’insoddisfazione di Dino Sete Cordas
rispetto al suo Do Souto. Il disco “Rafael Rabello e Dino Sete Cordas” fu registrato nel
1991 quando Rabello era già in possesso dei suoi primi due violões sete cordas costruiti
da Mario Passos e in quel momento questi modelli di violões erano in grande ascensa

106Dias Ricardo, Fórum do Violão, disponibile al http://www.violao.org/topic/14354-violoes-do-


souto/page-4>
107 Pauletti Ricardo Cappra, O violão de sete cordas no Brasil e sua trajetòria de acompahnador a solista,
Florianópolis, Universidade do Estado de Santa Catarino, 2017, p.59
108Dias Ricardo, Fórum do Violão, disponibile al http://www.violao.org/topic/14354-violoes-do-
souto/page-4>

117
tra i violonistas. Oltre a ciò, anche se con un repertorio totalmente popolare, il
trattamento dato agli arrangiamenti dei violões nel disco, fanno ricorso ad un carattere
prettamente cameristico.

Illustrazione 67 Copertina “Raphael Rabello & Dino 7 Cordas”

L’iniziativa di Rabello nell’usare il violão sete cordas de naylon rivoluzionò l’uso del
violão sete corda in Brasile, creando una forte tendenza, anche nell’accompagnamento.
Ciò portò il violão sete cordas con corde di acciaio a rimanere per un periodo poco
utilizzato, ma oggi si constata un movimento opposto di riutilizzo del sete cordas
“tipico” per l’accompagnamento.

118
Braga109 racconta che preferisce usare il sete cordas di acciaio quando suona Choro
tradizionale per le sue caratteristiche più incisive nel registro medio e grave.
Il liutaio Lineu Bravo110 considera il sete cordas “tipico” come:

“[...] insostituibile nei gruppi più numerosi principalmente a causa della massa sonora
degli strumenti a percussione”.

Con lo sviluppo della liuteria in Brasile e l’evoluzione nella costruzione dei violões, le
modalità di utilizzo questi due tipi di violões si sono - nel corso del tempo - ben
definite.
Il violão sete cordas tradizionale di acciaio rimane, dopo essere stato quasi abbandonato,
il riferimento nell’accompagnamento dello Choro e dei generi affini. Ciò accade
principalmente quando il violonista cerca una sonorità più vicina alla tradizione dei
Regionais.
Il violão sete cordas classico di nailon invece si stabilizza come strumento concertista,
sia come solista che nelle formazioni cameristiche, oltre ovviamente ad essere utilizzato
in diversi generi della musica brasiliana. In alcuni casi però, come testimonia l'iniziativa
del violonista Rogério Caetano, anche il violão sete cordas de aço viene utilizzato come
strumento solista.
Più di trent’anni dopo l’iniziativa di Rafael Rabello di utilizzare il violão sete cordas di
nailon, una serie di avvenimenti tracciarono l’evoluzione di tale strumento in Brasile,
con conseguenze tanto sugli strumenti (classico e tradizionale) quanto sul suo utilizzo
(solista e accompagnatore).
Oltre all’importanza artistica, con una vastissima opera tra registrazioni, arrangiamenti,
trascrizioni, composizioni e performance, Rabello si conferma come anello di
congiunzione tra i due strumenti.
Fabiano Borges111 ritiene che lo sviluppo del violão sete cordas solista di Rabello sia
legato ad una seconda fase della sua carriera, nella quale, oltre ad utilizzare il nuovo

109 Pauletti Ricardo Cappra, O violão de sete cordas no Brasil e sua trajetòria de acompahnador a solista,
Florianópolis, Universidade do Estado de Santa Catarino, 2017, p.60
110Disponibile su www.lineubravo.com.br
111 Farias Borges Luís Fabiano, Trajetória estilística do choro: o idiomatismo do violão de sete cordas,
da consolidação a Raphael Rabello, Brasília, Universidade de Brasília, 2008, p.114

119
strumento, incorpora elementi musicali della musica colta e del flamenco.
Così come Dino Sete Cordas, Rafael Rabello, aveva e ha ancora molti ammiratori e
discepoli. Morì molto giovane, a 32 anni, dopo aver lasciato un’opera di enorme valore
che influenzò tutta una generazione di violonistas che sono oggi in attività, come
vedremo nel prossimo capitolo.
Rogério Caetano in un’intervista concessa a Adam May112 commenta che Rabello
dominava il linguaggio dei suoi principali predecessori e spaziava in diversi stili del
violão brasiliano. La sua influenza è ancora presente in musicisti di oggi ed è diventato
un punto di riferimento per violonistas come Yamandu Costa (n.1980), Alessando
Penezzi (n. 1974) e per lo stesso Caetano.
May113 sostiene che la popolarità del violão sete cordas classico con le corde di nailon
sta continuando a crescere e musicisti come Yamandu Costa, Marcello Gonçalves e
Rogério Caetano, i quali appartengono ad una nuova generazione dinamica e
innovatrice, stanno sviluppando e ampliando nuove tecniche sullo strumento.
Attraverso le mani di Rafael Rabello, “l’invenzione” di Luiz Otavio Braga si diffuse
nella musica brasiliana con grande rapidità, in tutte le sue forme. Il suo utilizzo solista si
è consolidato ormai nella grande scuola del violão brasiliano.

112 May Adam John, The Brazilian seven-string guitar: Traditions, techniques and innovations,
Melbourne, University of Melbourne, 2013, p.45-46
113Ibid. p.28

120
Illustrazione 68 Rafael Rabello

121
4.3 RAFAEL RABELLO: VITA E CARRIERA

Rafael Baptista Rabello, che successivamente adottò il nome d’arte di “Raphael


Rabello”, nacque il 31 Ottobre 1962 a Petrópolis, nello stato di Rio de Janeiro. Era
l’ultimo figlio di una famiglia numerosa e con grande vocazione musicale. I suoi nonni
José Queiroz Baptista (materno) e Flaviano Lins Rabello (paterno) erano musicisti e
suonavano il violão, e Baptista fu il primo professore di musica dei suoi nove nipoti. In
quell’epoca, dato che i suoi fratelli imparavano la musica con il nonno Baptista, il
piccolo Rafael studiava violão di nascosto, secondo quanto racconta la sorella Luciana
Rabello. Un giorno, ad un incontro famigliare, il ragazzino approssimativamente all’età
di otto anni sorprese tutti suonando “Brejeiro” di Ernesto Nazareth. All’epoca solo i
fratelli Fabiano e Luciana sapevano che Rafael stava imparando a suonare da solo.
A partire da quel momento cominciò a prendere lezioni informali da suo fratello Ruy
Fabiano e più tardi col violonista Rick Ventura, amico di famiglia. Queste lezioni
durarono fino ai suoi undici anni.

“[…] La sua intuizione per l’accompagnamento fiorì in maniera sorprendente. […]


Intorno all’età di dieci anni, Rafael si innamorò perdutamente del disco “Vibrações” di
Época de Ouro con Jacob do Bandolim. Lo incantava in particolar modo il violão di
Dino a tal punto che molte volte veniva a casa mia solo per ascoltare quel disco. Da
averlo ascoltato tanto, quasi si rovinò tutto il vinile, facendo diventare precario il suo
ascolto. Il risultato fu che Rafael riuscì, in meno di due settimane, ad accompagnare
tutto i disco imitando perfettamente il violão di Dino, non tralasciava neanche una nota.
Alcune settimane dopo, già faceva le sue variazioni. Rispetto al repertorio che gli passai
personalmente in quell’epoca, pochi mesi dopo mi superava chiaramente. Credo che se
potessimo riportarlo qui oggi anche all’età di dieci anni, farebbe rimanere qualsiasi
violonista a bocca aperta, non solo per la sua competenza tecnica, ma per la maturità
musicale che dimostrava nelle sue interpretazioni.”114

114 Farias Borges Luís Fabiano, Trajetória estilística do choro: o idiomatismo do violão de sete cordas,
da consolidação a Raphael Rabello, Brasília, Universidade de Brasília, 2008, p.99

122
Nel 1974, su indicazione del mandolinista Déo Rian, Rafael Rabello cominciò a
prendere lezioni di violão da Jayme Florence (Meira).
Meira ebbe una grande carriera da didatta, dando lezioni a quelli che sarebbero stati tra i
principali violonistas del Brasile tra i quali Baden Powell, Joao de Aquino e Maurício
Carrilho. Meira cominciò ad indicare a Rabello i metodi classici della letteratura per
chitarra classica, esplorando compositori come Francisco Tarrega e Augustín Barrios.
Secondo quanto racconta Rabello nel “Programa Ensaio” della TV Cultura115, il primo
brano che gli insegnò fu “Choro da Saudade” di Barrios. È importante sottolineare che,
oltre allo studio di brani per chitarra classica, Meira orientava i suoi alunni a imparare i
concatenamenti armonici in qualsiasi tonalità, ponendo lo Choro come base dello studio
di Rabello.
La carriera professionale di Rafael Rabello cominciò molto presto. Quando aveva circa
quattordici anni, nel 1975, assieme alla sorella Luciana, crearono il gruppo “Os
Carioquinhas”, con Rabello già al violão sete cordas. Oltre ai due fratelli il gruppo era
formato da Paulo Magalhães Alves (mandolino), Mario Florêncio (pandeiro) e Téo
Oliveira (violão).
In seguito Téo fu sostituito da Maurício Carrilho e Celsinho Silva entrò come
pandeirista facendo passare Mario alle percussioni. Il gruppo cominciò a farsi conoscere
e di conseguenza Rabello a mostrare le sue capacità.

“Pensavo che fosse solo un gioco, una momento che sarebbe passato. Mi resi conto
della sua grandezza quando Paulinho [da Viola, marito di Lila Rabello sorella di Rafael]
cominciò a dirmi: tuo fratello è un genio.”116

115 Cultura, TV (org.). Programa “Ensaio” com Raphael Rabello, programa exibido na Tv Cultura, 1993.
116 Souza Tarik, Rafael Rabello o Violão do Brasil, Jornal do Brasil, ano 16, N° 791, 30/06/1991, p.12

123
Illustrazione 69 Rafael Rabello con Paulinho da Viola

124
Illustrazione 70 Disco “Os Carioquinhas no Choro”

“Os Carioquinhas” registrarono solo un disco, nel 1977, intitolato “Os Carioquinhas no
Choro”, dove una delle traccie “Gadu Namorado” di Lalau do Bandolim e Alcyr Pires
Vermelho, fu inclusa nella colonna sonora della telenovela “A Succesora” (1978) della
TV Globo.
Nel 1977 Rabello fu presentato da Hermínio Belo de Carvalho al chitarrista classico
Turibio Santos, che in seguito lo coinvolse nel suo gruppo per la registrazione dell’LP
“Choros do Brasil” prodotto dallo stesso Herminio, con tournée anche in Europa. Con lo
scioglimento dei “Os Carioquinhas” nel 1979, Rabello suggerì a Joel Nascimento di
convincere Radames Gnattali a trascrivere per piccolo Conjunto la sua famosa “Suite
Retratos”, che fu composta originalmente come Concerto per Mandolino dedicato a
Jacob do Bandolim117. Gnattali rispose positivamente all'invito e si formò così il
Conjunto “Camerata Carioca” denominato in tal modo da Hermínio Belo de Carvalho.
Così Joel Nascimento propose di partecipare al progetto la maggior parte dei
componenti del gruppo “Os Carioquinhas”.
Nell’agosto del 1979, sotto la direzione di Hermínio, il Conjunto si esibì a Rio de
Janeiro nello spettacolo “Tributo a Jacob do Bandolim” in occasione della ricorrenza del

117Gervason Borges Pedro Marco, O violão de Raphael Rabello, Universidade Federal de Minas Gerais,
Belo Horizonte, 2010, p.57

125
decimo anno dalla morte del mandolinista. Nello stesso anno registrarono un disco dal
titolo “Tributo a Jacob do Bandolim” del quale faceva parte la “Suite Retratos” e sei
composizioni di Jacob do Bandolim con la partecipazione di Radamés Gnattali al
pianoforte. Secondo Luis Otavio Braga118 il contatto con Radamés Gnattali - durante i
sei anni della “Camerata Carioca” - fu emblematico per tutti i partecipanti e fu proprio
durante questo lungo contatto che Rafael Rabello consolidò una forte relazione musicale
con Gnattali.

“[…] Radamés è… era meraviglioso, insegnò a me e agli altri che gli stavano vicino
tutto, era generoso, era un umanista praticante, tutti i quali gli si avvicinavano, lui li
aiutava e… varie generazioni da Tom Jobim fino a… Rafael Rabello”119.

Illustrazione 71 Radamés Gnattali e Jacob do Bandolim

Sempre nel 1979, Rabello cominciava a registrare per diversi artisti della Musica

118 Farias Borges Luís Fabiano, Trajetória estilística do choro: o idiomatismo do violão de sete cordas,
da consolidação a Raphael Rabello, Brasília, Universidade de Brasília, 2008, p.100
119SBT, TV, Programa “Jô Soares onze e meia”: Entrevista com Raphael Rabello, 1990.

126
Popular Brasileira come Caetano Veloso, Djavan, Cazuza, Leila Pinheiro, Adriana
Calcanhoto, Nelson Gonçalves, Elizeth Cardos, Gal Costa e Ney Matogrosso, João
Bosco, Angela Maria, Cauby Peixoto, Paulinho da Viola, Chico Buarque, Maria
Bethania, Gilberto Gil, tra gli altri: le registrazioni ammontarono a più di quattrocento.

“Rafael Rabello aveva una caratteristica che lo faceva essere molto richiesto per le
registrazioni in studio: registrava tutto alla prima. Poiché i musicisti erano pagati per il
tempo che passavano in studio, lui era abituato ad entrare per registrare il violão di un
disco intero”.120

Nel 1981 ricevette il premio come miglior violonista dall'Associação Brasileira de


Produtores de Discos (Premio Vinicius de Moraes) e anche dai critici della rivista
Playboy.
Il primo disco in solo di Rafael Rabello uscì nel 1982 per l'etichetta Polygram col titolo
“Rafael Sete Cordas”. Oltre ai brani classici di Choro come “Sons de Carrilhões” e
“Interrogando” di João Pernambuco, brani di Garoto, Tom Jobim e “Choro da Saudade”
di Augustín Barrios, questo disco conteneva anche una composizione di Rabello
intitolata “Sete Cordas”. Era inclusa anche una complessa e virtuosa esecuzione di “O
Vôo da mosca” di Jacob do Bandolim. Nello stesso anno, Rabello e Radamés Gnattali
registrarono il disco “Tributo a Garoto” con composizioni dello stesso Garoto e una
riduzione per pianoforte e violão del “Concertino n°2” di Gnattali, composto
originalmente per violão e orchestra.
La carriera internazionale di Rabello decolla e, sempre negli anni '80, si esibì su diversi
palchi negli Stati Uniti, Canada, Messico, Cile, Argentina e vari paesi europei. Nel 1987
fa un omaggio al suo maestro Radamés Gnattali registrando un disco con sue
composizioni: “Rafael Rabello interpreta Radamés Gnattali”. Il disco intitolato “Rafael
Rabello” esce nel 1988 con la partecipazioni di grandi esponenti dello Choro come Dino
Sete Cordas, Didinho e Chiquinho do Acordeon. In tale disco è

120Rabello Luciana, Genialidade no choro: Raphael Rabello, Violãopro, Editora M&M. N° 27, 2010

127
Illustrazione 72 Radamés Gnattali e Rafael Rabello

Illustrazione 73 Radamés Gnattali e Rafael Rabello

128
importante notare l'arrangiamento che Rabello fece del brano “Lamentos do Morro” di
Garoto , divenuto successivamente un riferimento per la maggioranza dei violonistas.
Nel 1989 Rabello subì un grave incidente a bordo di un taxi nel quartiere Leblon (Rio
de Janeiro) che gli causò fratture multiple al braccio destro che lo costrinse a subire
un'intervento complicato nel quale gli impiantarono nove ferri nel braccio. Il medico gli
pronosticò che avrebbe potuto ricominciare a suonare almeno dopo un anno, mentre
dopo quattro mesi sorprese tutti partecipando alla tournée di Elizeth Cardoso. Il lavoro
in duo con Cardoso portò alla registrazione del disco “Todo o Sentimento” registrato nel
1989 che però uscì nel 1991, un anno dopo la morte della cantante.
La carriera di Rafael Rabello fu ancora molto produttiva negli anni '90. Con Ney
Matogrosso registrò “Á flor da pele”, un'antologia per voce e violão, esibendosi poi in
tutto il Brasile.
Già nel 1991, con la partecipazione di Chiquinho do Acordeon e Dininho al violão
baixo, fece uscire il disco “Radamés Gnattali Retratos”. Nello stesso anno Rabello
collaborò col suo grande idolo dell'infanzia, Dino Sete Cordas, per la registrazione di un
disco che sarebbe poi diventato storico: “Raphael Rabello e Dino 7 Cordas”. Questa fu
la prima volta in cinquantasei anni di carriera che Dino Sete Cordas ebbe il suo nome
scritto sulla copertina di un disco.

“Quando vidi suonare Dino, ebbi la certezza che avrei fatto musica. Ebbi la certezza che
avrei suonato il violão; senza ombra di dubbio. La mia vita cambiò. Volevo essere
uguale a lui, vestirmi uguale a lui; fu l'unico modo di impregnarmi della sua cultura e
imparare, perché [Dino Sete Cordas] è una scuola dove non c'è niente di scritto e in quel
momento mi fece avere il timore che tutto il suo grande lavoro sarebbe morto con lui;
un tipo tanto geniale, così unico, un modo di pensare l'armonia e il basso cantato, un
tipo di armonizzazione che già non esiste più. Io ho dovuto assolutamente assimilare il
suo lavoro. Cominciai a frequentare Dino, che mi prendeva da casa nei fine settimana e
mi portava allo Choro. Ebbi questo tipo di lezioni. Lui mi diede molta forza e io finì per
diventare colui che avrebbe continuato il suo lavoro. Mi dedicai interamente a Dino per

129
molti anni - quasi quindici - mi dedicai a studiare tutto ciò che faceva: a sapere tutto ciò
che sapeva. Oggi io e lui siamo come una cosa sola; il mio lavoro, anche quando faccio
il solista, è influenzato da Dino. L'inflessione è uguale, la pronuncia...”121

Illustrazione 74 Rafael Rabello e Dino Sete Cordas

Rabello realizza un sogno dopo dieci anni di ricerca registrando nel 1992 “Todos os
Tons”, un disco dedicato a Tom Jobim con la partecipazione di musicisti come: Paco
del Lucia, Leo Gandelman, Nico Assumpção, Paulo Moura, Jacques Morelembaum e lo
stesso Tom Jobim.

121 Farias Borges Luís Fabiano, Trajetória estilística do choro: o idiomatismo do violão de sete cordas,
da consolidação a Raphael Rabello, Brasília, Universidade de Brasília, 2008, p.69

130
Da quanto afferma Rabello fu un lavoro che contò sull'appoggio dello stesso Tom
Jobim. Rabello faceva delle trascrizioni e le sottoponeva al parere di Jobim, perché non
voleva cambiare il carattere della sua musica, trasportandolo però in un linguaggio
violonistico. Il disco fu elogiato dallo stesso Jobim che considerava il violonista come
uno dei migliori musicisti di tutti i tempi.

“Tutto ciò che fa Rafael è sensazionale. È un genio del violão, una cometa musicale di
quelle che appaiono una volta al secolo.”122

Il giudizio di Rafael Rabello su Jobim non era da meno:

“[...] Tom rappresenta la successione di una dinastia della musica brasiliana dei neo-
nazionalisti contemporanei che cominciò con Villa-Lobos, seguita da Radamés Gnattali
e che si perpetra con Tom […]”123

Illustrazione 75 Tom Jobim e Rafael Rabello

122COMPACT DISC, Revista do CD. Ano 1 - N° 2, Maio de 1991. Tom no violão de Raphael Rabello.
Editora Globo.
123Cultura, TV (org.). Programa “Ensaio” com Raphael Rabello, programa exibido na Tv Cultura, 1993.

131
Sempre nel 1992, affianco al violonista Romero Lubambo, registra a New York il disco
“Shades of Rio”. Tornando in Brasile, lo stesso anno, Rabello registra un nuovo disco in
duo, “Dois irmãos”, questa volta col clarinettista Paulo Moura, ricevendo nel 1993 il
premio “Sharp” come migliore disco strumentale.
Nel 1993, col mandolinista Déo Rian lancia il disco “Delicatesse” composto da brani di
musica colta. Nello stesso anno si esibisce a São Paulo col “Projeto Brasil Musical”
dividendo il palco con Armandinho Macedo. Rabello è accompagnato da Luciana
Rabello, Maurício Carrilho, Wilson das Neves e Dininho. Dello spettacolo fu fatto un
disco nel 1996 con l'etichetta “Série Música Viva”.
Il disco “Relendo Dilermando Reis”, con composizioni e brani che furono rese celebri
dall'interpretazione di Reis, uscì nel 1994 ricevendo un'altra volta il premio “Sharp”.
Nello stesso anno Rabello e Armandinho Macedo si esibiscono al Jazzmania (Rio de
Janerio), questa volta in duo; tre anni dopo uscì il disco “Raphael Rabello e
Armandinho Macedo em concerto”. Sempre nel 1994 viene invitato dal violonista
Laurindo de Almeida a presentare il suo lavoro a Los Angeles (California, Stati Uniti
d'America) e facendo lezioni in una scuola superiore di musica, dove in due sere registra
il disco “Cry, my guitar”, uscito undici anni dopo la sua morte.
Tornando in Brasile, Rabello prepara in studio le registrazioni del progetto “Mestre
Capiba por Raphael Rabello e Convidados”. Il repertorio di questo progetto includeva
musiche di tale compositore del Pernambuco con le interpretazioni di diversi artisti
della musica brasiliana come: Chico Buarque, Paulinho da Viola, João Bosco, Ney
Matogrosso, Gal Costa, Maria Bethânia, Caetano Veloso, Milton Nascimento (in un
duetto vocale con Rafael Rabello), e altri. Rabello non riuscì a finire il lavoro. Rafael
Rabello morì il 27 Aprile 1995 all'età di 32 anni, a Rio de Janeiro.
Due anni dopo l'incidente in taxi, facendo gli esami di routine, fu trovato nel suo sangue
il virus HIV, contratto tramite la trasfusione di sangue, fatto molto comune all'epoca. A
partire da quel momento la sua vita fu un inferno. Rabello non accettava di sottostare
alla malattia, finendo per aver paura di morire prima di consolidare la sua opera.
Cominciò a soffrire di apnea (interruzione della respirazione durante il sonno) e smise
di dormire, perciò finì per diventare dipendente dalla cocaina e dalle anfetamine,
passando ad un ritmo vita estremo che gli consentiva di lavorare il più possibile. Anche

132
se era siero positivo, la malattia non si sviluppò; la sua morte prematura a 32 anni, sei
anni dopo la trasfusione, fu attribuita ad un infarto durante il sonno, in una clinica per
tossico dipendenti.

4.4 IL VIOLÃO SETE CORDAS SOLISTA

Per far si che uno strumento possa diffondersi maggiormente è necessario creare un
repertorio apposito. Questo principio elementare fu uno dei fondamenti di André
Segovia nel portare la chitarra classica agli apici dell’universale riconoscimento nel
contesto della musica da concerto. Il repertorio solista del violão sete cordas cominciò a
formarsi a partire dagli arrangiamenti di Rafael Rabello e cominciò così ad aumentare
proporzionalmente il numero di nuovi adepti a tale strumento.
Secondo Borges124, gli arrangiamenti e le composizioni di Rafael Rabello presentano
caratteristiche dei suoi accompagnamenti polimelodici, il che mostra una interrelazione
tra la prima fase della sua carriera, legata all’accompagnamento, e la seconda, legata al
violão solista.
Questa idea di interrelazione del violão sete cordas solista con quello di
accompagnamento identificata da Borges nell’opera di Rabello è supportata anche da
May, che identifica, attraverso l’analisi musicale delle composizioni di Yamandu Costa,
Zé Barbiero, Rogério Caetano e Fernando César, l’esistenza di un’influenza tanto dal
violão brasiliano a sei corde, quanto da violão sete cordas di accompagnamento nel
nuovo repertorio che venne creato per il violão sete cordas solista:

“[…] il repertorio di violão sete cordas emerse dalle influenze musicali preesistenti,
principalmente dalla tradizione del violão brasiliano seis cordas e dal ruolo del violão
sete cordas nel Conjunto di Choro”125.

124 Farias Borges Luís Fabiano, Trajetória estilística do choro: o idiomatismo do violão de sete cordas,
da consolidação a Raphael Rabello, Brasília, Universidade de Brasília, 2008, p.115
125 May Adam John, The Brazilian seven-string guitar: Traditions, techniques and innovations,
Melbourne, University of Melbourne, 2013, p.66

133
Per quanto l’argomento di May possa sembrare coerente, c’è un’altra prospettiva. La
tradizione del violão brasiliano seis cordas è presente nel repertorio del violão sete
cordas solista nella stessa maniera in cui la tradizione dell’accompagnamento ritmico-
armonico-contrappuntistico del violão sete cordas di accompagnamento è presente nel
violão brasiliano seis cordas.
Se si osserva l’accompagnamento dello Choro, le caratteristiche del linguaggio del
violão sete cordas tradizionale già erano presenti nel seis cordas, come afferma
Maurício Carrilho126:

“Prima dell’apparizione del violão sete cordas, la funzione armonica, la conduzione


ritmica e il controcanto erano divisi tra i violões seis cordas dei Conjuntos Regionais.
Pertanto il linguaggio usato dai violonistas sete cordas, prima della popolarità dello
strumento, era già stata sviluppata dei violonistas seis cordas.”

Secondo Carriho, nelle registrazione del Regional di Benedito Lacerda, i violões seis
cordas di Dino e Meira partecipavano alle funzioni ritmico-armoniche e
contrappuntistiche. Ciò dimostra che l’accompagnamento con l’utilizzo di baixarias non
è esclusivo del violão sete cordas essendo ampiamente utilizzato anche
nell’accompagnamento del violão seis cordas.
Altra importante questione è che, nel repertorio tradizionale solista del violão brasiliano
a sei corde, è comune trovare frasi melodiche nella regione grave che suonano come
baixarias.
Nella musica “Tristezas de um Violão” di Garoto, scritta per violão a sei corde, si
trovano alcune baixarias - come la frase alla battuta 7 - che introduce alla seconda parte
del brano.
Inoltre in “Xodó da Baiana”, di Dilermando Reis, il brano inizia con una polifonia che
include frasi nella regione grave con l'effetto pizzicato, molto caratteristico
nell'accompagnamento del violão sete cordas. Oltre a ciò, durante il brano si trovano
frasi melodiche di controcanto che suonano come baixarias, sviluppante quando la
melodia principale si ferma.
126Carrilho Maurício, Violão de 7 Cordas, p.4 disponibile su
https://ensaios.musicodobrasil.com.br/mauriciocarrilho

134
Illustrazione 76 Baixaria in “Tristezas de um
violão” (battuta 17)

Illustrazione 77 Baixaria di controcanto in “Xodó da Baiana”

A questo modo, può dirsi che il repertorio solista del violão sete cordas ha le stesse
caratteristiche del repertorio solista del violão seis cordas e che entrambi utilizzano
elementi dell’accompagnamento polimelodico se suonano musiche inserite nei generi
popolareschi. Ciò che il violão sete cordas può offrire in più, rispetto al seis cordas, è
solamente l’inclusione della settima corda, che amplia l’estensione dello strumento nella
regione grave, apre possibilità ad altre tonalità e offre nuove opzioni di diteggiatura.
Altro punto importante sollevato da May127 è che il repertorio di violão sete cordas
solista, oltre alle caratteristiche descritte in precedenza “trae nuove influenze”.

127 May Adam John, The Brazilian seven-string guitar: Traditions, techniques and innovations,
Melbourne, University of Melbourne, 2013

135
Cita ad esempio l’inclusione di ritmi tradizionali del Rio Grande do Sul, come accade
nellala “Suite para Violão de Sete Cordas e Orquestra”, composta da Mauriício Carrilho
e dedicata al violonista Yamandu Costa. Il terzo movimento di questa Suite, intitolato
“Vassoura do Monge”, è un Chamamé, ritmo appartenente alla tradizione della musica
del Rio Grande do Sul.
Questo è una composizione esemplare dell’incontro tra violão brasiliano e chitarra
classica. È il primo esempio di composizone scritta per violão sete cordas e orchestra.
La prima rappresentazione avvenne nel 2007 al Theatre des Champs-Elysées, a Parigi,
con l’orchestra nazionale francese diretta da Kurt Masur (1927-2015) e con lo stesso
Yamandu Costa come solista. Secondo Costa (2016) l’ultimo chitarrista che suonò al
Theatre des Champs-Elysées prima del suo concerto fu Julian Bream, negli anni ‘60 :
ciò dimostra come il repertorio chitarristico sia poco considerato.L’opera di Carrilho è
colma di una delle principali caratteristiche del violão brasiliano, la mescolanza di
elementi della musica popolare e di quella colta, a partire dai generi popolareschi
brasiliani.
In un’analisi iniziale, si può osservare che il luogo del debutto è un ambiente
estremamente formale della musica colta. Da un lato vi sono orchestrali di grande fame
all’epoca, e dall’altro un solista in diretta relazione e connessione con la musica
popolare.
L’opera in questione traccia nel suo titolo una relazione diretta con la musica colta - il
termine “Suite” - ma quando si osserva il materiale musicale di ogni movimento,
appaiono elementi della musica popolare. Il primo movimento, intitolato “Lapa”, è uno
Choro; il secondo è una valsa, chiamata “Madrugada”; e il terzo è uno chamamé
intitolato “Vassoura do Mage”.
Nei tre movimenti, i temi sono presi da generi popolari. Nel primo movimento per
esempio il tema principale è preso da “Baixaria na Lapa” Choro dello stesso Maurício
Carrilho, contenuta nel CD “Sexteto Mais Dois” (Acari Records, 2004). E' uno Choro di
estetica e strumentazione vicini allo Choro tradizionale, dove il termine “baixaria” ha il
doppio senso di “discussione, azione volgare” e “linea di basso” del violão sete cordas.
Nella Suite il trattamento del materiale tematico e l’orchestrazione - di Maurício
Carrilho in collaborazione con Paulo Aragão - presenta nei tre movimento un’estetica

136
musicale colta, dove il violão solista entra in dialogo con l’orchestra.
Yamandu Costa riconosce di aver, in qualche modo, contribuito alla contaminazione
dell’universo del violão brasiliano con nuovi generi. Il violonista commenta che i ritmi
del sud del Brasile, come lo chamamé, si sono sparsi per tutto il Brasile e che il sud-est
del paese, detentore dei grandi centri urbani e i grandi media, non ha mai dato
attenzione alle culture dell’est del Brasile. Riconosce di aver infranto questa frontiera
dell’universo del violão brasiliano, aprendo le porte, non solo per il Brasile, ma per tutto
il continente:

“[…] questo può essere stato il mio contributo, di integrare le culture di questo
continente, che è molto legato a questo strumento e ha diversi modi di suonarlo.”128

Nel prossimo capitolo analizzeremo, tramite i racconti di due violonistas sete cordas in
attività, la loro esperienza, come esempio della generazione successiva al
consolidamento del violão sete cordas solista.

Illustrazione 78 Yamandu Costa con l'Orchestre National de France

128 Pauletti Ricardo Cappra, O violão de sete cordas no Brasil e sua trajetòria de acompahnador a solista,
Florianópolis, Universidade do Estado de Santa Catarino, 2017, p.58

137
Illustrazione 79 Yamandu Costa

138
Capitolo 5

I NUOVI VIOLONISTAS
SETE CORDAS

139
Per analizzare le nuove scuole ed esperienze del violão sete cordas successive a Dino
Sete Cordas e Rafael Rabello, ho deciso di tradurre integralmente due interviste ai due
dei principali animatori del moderno violão sete cordas.
Come si vedrà tutti hanno come riferimento i grandi maestri, dei quali abbiamo parlato
in precedenza. La visione dei nuovi strumentisti è generalmente contraddistinta da un
grande rispetto delle tradizioni e da un'arricchimento del loro modo di suonare con
elementi moderni, o dalla commistione con altre culture, resi possibili grazie ad un
innalzamento del livello tecnico e teorico dei musicisti.
Il violão sete cordas è oggi uno strumento largamente utilizzato; come racconta
Maurício Carrilho129 spesso sembra essere diventato più popolare tra le nuove
generazioni del classico violão seis cordas, determinando un nuovo approccio che vede i
giovani violonistas approcciarsi allo strumento a sette corde prima che al classico a sei
corde.
Ho scelto due violonistas con esperienze abbastanza simili ma che hanno, in virtù dello
strumento utilizzato (acciao e nailon) percorso due cammini differenti. Come si vedrà
entrambi avranno gli stessi riferimenti artistici, ma due orizzonti musicali ben
diversificati.

5.1 ROGÉRIO CAETANO: VIOLÃO SETE CORDAS DE AÇO

Qui di seguito riporto l'intervista fatta da Luis Stelzer per la rivista “Violão+” 130 a
Rogério Caetano, violonista sete cordas della nuova generazione dello Choro.
Il suo percorso è contraddistinto dal ritorno alle corde d'acciaio e da una carriera
principalmente come accompagnatore nei Regionais, con delle incursioni nel linguaggio
di violão solistico dove però utilizza sempre il violão con corde d'acciaio: uno strumento
con delle caratteristiche anfibie per essere versatile in entrambi i contesti. Tale
strumento è frutto del lavoro congiunto tra il liutaio Irineu Bravo e il violonista che

129Carrilho Maurício, Violão de 7 Cordas, disponibile su


https://ensaios.musicodobrasil.com.br/mauriciocarrilho
130Stelzer Luis, A nova cara do violão 7 cordas, Violão+, anno 3, n°19, https://www.violaomais.com.br ,
Marzo 2017, p.12-19

140
hanno costruito un modello di violão sete cordas che prende il nome di “modelo
Rogério Caetano” ed è tra i violão sete cordas più richiesti sul mercato.

“Nato a Goiânia, Rogério Caetano fin dall'infanzia mostrò una predisposizione per la
musica. Iniziò i suoi studi col cavaquinho, ascoltando dischi di Choro e Samba e
imparando ad orecchio tutto ciò che veniva eseguito. Nell'ascoltare un determinato
disco percepì che la sua passione era per il violão sete cordas. Con l'approvazione del
padre, che comprava dischi nei mercati dell'usato, si mise ad imparare, una ad una, tutte
le frasi musicali del suo primo idolo: Horondino José da Silva, Dino Sete Cordas. In
seguito modernizzò il suo stile, influenzato dal suono di Rafael Rabello, arricchendosi
della sue influenza fino a raggiungere un suono simile al suo. Studiò a Brasília, dove
cominciò la sua carriera da musicista professionista. Si trasferì a Rio de Janeiro per
continuare il suo lavoro come compositore e didatta, diventando un musicista ammirato
in Brasile e all'estero, oltre che apprezzato umanamente.

LS: Come cominciò il tuo percorso musicale? Il violão fu il tuo primo strumento?

RC: Cominciai ad approcciarmi alla musica molto presto, quando avevo circa cinque o
sei anni. Cominciai ad imparare alcune musiche ad orecchio con il violão di mio padre,
a sei corde. Siccome ero ancora molto piccolo, mi era difficile imbracciare lo strumento.
Quando i miei genitori si accorsero che avevo un'attitudine alla musica e che stavo
cominciando seriamente a imparare delle musiche ad orecchio, mi comprarono il mio
primo strumento. Mio padre mi disse: “senti, ti voglio comprare un piccolo violão”.
Così mi regalarono un cavaquinho. Da quel momento mio padre cominciò a farmi
ascoltare alcuni dischi di Waldir Azevedo, di Jacob do Bandolim e così cominciai a
sviluppare un repertorio solistico col cavaquinho. Insomma, il mio primo strumento non
fu il violão ma il cavaquinho.

LS: Quando nacque la passione per il violão sete cordas? Quali furono i tuoi principali
riferimenti per tale strumento?

141
RC: Sentii definitivamente che avrei voluto suonare il violão sete cordas quando
ascoltai quel disco di Elizeth Cardoso con Jacob do Bandolim, Época de Ouro e Zimbo
Trio, registrato dal vivo al Teatro João Caetano. Fu la prima volta che ascoltai il violão
sete cordas di Dino Sete Cordas. E fu in quel momento che capii cosa volevo dalla
musica. Mi appassionai per quel suono. E cominciai a cercare tutti i dischi nei quali
c'era Dino Sete Cordas. Per coincidenza mia madre amava molto il Samba, Clara
Nunes, Alcione, João Nogueira, Roberto Ribeiro, Beth Carvalho. E cominciai a capire
che Dino Sete Cordas registrava anche con questi artisti, che aveva partecipato a dischi
che io ascoltavo fin dall'infanzia, ma cominciai solo in quel momento a far attenzione
alla sonorità delle registrazioni. Così mi appassionai al suono del violão sete cordas di
Dino Sete Cordas. I miei principali referimenti per lo strumento sono Dino Sete Cordas
al primo posto, i fratelli Valter e Valdir Silva e Rafael Rabello che, insieme a Dino Sete
Cordas, è il mio più importante referimento. Sono i musicisti ai quali ho cercato di
assomigliare di più nel mio modo di suonare. Tutti i dischi che vedevo con loro come
partecipanti li compravo. Mio padre mi aiutava, comprava i dischi usati e io li imparavo
ad orecchio.

L S : Quale fu il tuo percorso trasferendoti da Goiânia? Cominciasti la formazione


accademica? E come hai conciliato tutto ciò, suonare e studiare?

RC: Quando sono andato via da Goiânia ero ancora adolescente. Avevo circa quindici
anni. Cominciai ad andare a Brasília per studiare con Alencar 7 cordas. Vivevo ancora a
Goiânia ma ero già pronto per l'ammissione all'università. Cominciai a studiare musica
all'Universidade de Brasília. Era già qualche tempo che frequentavo Brasília, già dal
1993, 1994. E poi quando passai il concorso di ammissione cominciai a conciliare tutto.
Suonavo nel Clube do Choro de Brasília già come musicista professionista. Lavoravo
spesso. Poi cominciai a dare lezioni nella Escola de Música Raphael Rabello e alla
Escola de Música de Brasília. Riuscivo a conciliare tutto. A volte fu abbastanza
complicato, ma ce l'ho sempre fatta. Mi sono laureato all'Universidade de Brasília nel
2004. Il corso era lungo, durava sei anni. Mi laureai in composizione.

142
LS: L'influenza di Dino Sete Cordas è grandissima. In tutto il Brasile è citato come il
maestro del violão sete cordas. Tu sei riuscito a conoscerlo personalmente?

RC: Dino Sete Cordas è la persona che mi ha fatto scegliere il violão sete cordas come
strumento definitivo nella mia vita. Realmente, lui è il padre di tutti i violonistas sete
cordas, è il pilastro, è colui che creò tutto il linguaggio e lo definì in una forma
meravigliosa... Il suo modo di suonare... le sue registrazioni... era veramente un grande
maestro. Conobbi Dino Sete Cordas attraverso quel disco registrato dal vivo di Elizeth
Cardoso che, se non ricordo male è del 1968 o 1969. E riuscii a conoscere
personalmente Dino Sete Cordas, si! Ho avuto alcuni incontri con lui, che mi ricordo
benissimo. Nel 1992, venni a Rio de Janeiro e conobbi Dino Sete Cordas al negozio
Bandolim de Ouro. Là presi un cavaquinho e suonai, lui mi accompagnò, fu molto
simpatico con me. In seguito ho avuto altri incontro con lui. Una volta in una Roda de
Choro a Flamengo, non ricordo a casa di chi, ma ricordo che c'era il gruppo Época de
Ouro e Paulinho da Viola. Arrivai con altri musicisti, e ci mettemmo a suonare insieme
per un po'. Un'altra volta mi ricordo bene: fu quando venni a Rio de Janeiro per l'uscita
del disco della sorella di Rafael Rabello, Amélia Rabello, chiamato “Todas as
Canções”. Facemmo due serate al teatro Clara Nunes, allo centro commerciale
Shopping da Gavea. Suonavo il violão sete cordas in quelle serate. E Dino Sete Cordas
era presente ad una delle due serate in plaeta. Assistette, gli piacque e si congratulò con
me. Fu un giorno importante per me: avere Dino Sete Cordas in platea, eseguendo
musiche di Rafael Rabello. Avevo la presenza dei due maestri, coloro che influenzarono
la mia vita: uno dal vivo e l'altro nella musica.

143
Illustrazione 80 Rogério Caetano

LS: Un'altra figura importantissima sempre citata è Rafael Rabello, che portò il violão
sete cordas allo status di solista. Anche lui ti influenzò?

RC: Rafael in verità è la mia principale influenza. Chi sente il mio lavoro oggi
percepisce naturalmente l'influenza di Dino Sete Cordas, ma anche di Rafael Rabello,
senza dubbio! Quando ho visto Rafael suonare, sono impazzito. Già suonavo sotto
l'influenza di Dino Sete Cordas, che è più tradizionale, ma quando ho visto le cose che
faceva Rafael Rabello, sono diventato matto. Cominciai ad imparare anche tutte le cose
che faceva lui, così come avevo fatto con Dino Sete Cordas. Facevo tutto uguale a lui,
lo imitavo. Senza ombra di dubbio, Rafael è un riferimento molto importante nella mia
vita, e probabilmente la maggiore di tutti, come violonista sete cordas.

LS: Assistendo al programma “Sete Vidas em 7 Cordas”, di Yamandu Costa, ho visto


che utilizzi un set di corde che mescola acciaio e nailon. Ciò faceva anche Dino Sete

144
Cordas e vari altri violonistas sete cordas. Per le persone che suonano il violão con sei
corde e non sono avvezze allo Choro, come me, ciò non è molto chiaro. Potresti
spiegare come funziona questa modalità di montare le corde per te?

RC: Questa modalità di montare lo corde è una virtù di Dino Sete Cordas. Fu lui a
scoprire queste corde lisce. In verità, sono corde per chitarra elettrica (Dino Sete Cordas
suonava la chitarra elettrica nei balli, specialmente nell'epoca della Jovem Guarda in cui
lo Choro passò di moda, per il sostentamento della famiglia). Sono rivestite di
alluminio, hanno un suono molto caratteristico, un suono penetrante e allo stesso tempo
corto. Così, le note suonano in maniera molto definita. Fu lui che mi portò ad usare
questo tipo di corde: il Mi e il Si di nailon e a partire dalla terza corda di acciaio. Sol,
Re, La, Mi e Do sono di acciaio. Lui usava le corde Piramid Gold, che sono per chitarra
elettrica rivestite di alluminio. La settima corda era di un altro strumento, del
violoncello, anch'essa rivestita di alluminio e accordata in Do. Lui passò ad utilizzare
questo tipo di corde e in seguito tutti i violonistas lo seguirono. Oggi io utilizzo le corde
D'Addario ECG23 con la settima corda CG075. E così, come successe per Dino Sete
Cordas, poiché il mio lavoro è sempre stato incentrato sul violão sete cordas de aço,
anche altri hanno cominciato ad usarle. Ma il merito di tale ricerca è da attribuire a Dino
Sete Cordas. Oggi non c'è più bisogno di utilizzare per la settima corda quella del
violoncello: si fabbrica appositamente per violão sete cordas.

145
Illustrazione 81 Yamandu Costa e Rogério Caetano

LS: Il tuo lavoro è considerato uno dei migliori del Brasile su tale strumento. Lo Choro
si è molto evoluto negli ultimi trent'anni. Si percepisce. Quali sono queste novità che
hanno reso lo Choro di oggi diverso da quello che era trenta o quaranta anni fa?

RC: Credo che ciò che è cambiato sia la preparazione del musicista, dello chorão. Il
musicista è colui che ha cambiato la struttura dello Choro, per quanto si mantenga viva
la tradizione. Ci sono persone che fanno Choro sempre con due o tre parti, come la
tradizione vuole. Io mantengo la stessa struttura, ma ne cambio il fraseggio, inserisco
nuovi elementi, e le armonie si arricchiscono. Ma riguardo la struttura, in generale, le
persone che compongono Choro cercano sempre di mantenere la forma classica. È la
preparazione del musicista che suona Choro che è cambiata: credo che oggi, tutti
abbiano una capacità, una preparazione maggiore per improvvisare, per ri-armonizzare,
creare nuove soluzioni armoniche, nuove strutture melodiche, insomma è il musicista ed
essersi evoluto. Così, allo stesso tempo, è lo Choro che si evolve.

146
LS: Anche il tuo lavoro didattico è stato molto elogiato. Hai portato lo studio del violão
sete cordas in tutto il Brasile e anche all'estero. Come sono stati questi workshop, in
collaborazione con Marco Pereira nella produzione di un metodo per violão sete
cordas, di condivisione dei tuoi saperi?

RC: Sono stato invitato a realizzare questi workshop in conseguenza del metodo scritto
insieme al mio mio amico Marco Pereira. In verità, fu Marco a chiedermi di scriverlo
insieme. Abbiamo stabilito una collaborazione molto prolifica: Marco ha messo tutta la
sua esperienza accademica, l'organizzazione dei testi, la scrittura musicale e io ho
contribuito con la mia esperienza pratica di molti anni. Il metodo è stato ben accolto, è
già alla terza ristampa. I workshop sono molto interessanti. Molto persone hanno
cercato il nostro libro e partecipato agli workshop. Sono molto felice di ciò, perché
l'obiettivo mio e di Marco era di sistematizzare questo linguaggio, per fare si che vi
potesse attingere il maggior numero di persone. E che il violão sete cordas potesse avere
sempre più musicisti che se ne interessino. L'obbiettivo principale del metodo “7
Cordas, Técnica e Estilo”131 è questo: sistematizzare il linguaggio dello strumento e che
possa valere per sempre. Fu una delle collaborazioni artistiche della mia vita che mi
hanno reso molto soddisfatto. Credo che sia un materiale di grande valenza didattica,
modestia a parte. Abbiamo fatto un metodo di qualità che risponde a tutti coloro che
sono interessati ad apprendere questo linguaggio. […]”

131Caetano Rogério, Sete Cordas: técnica e estilo, Garbolights, Rio de Janeiro, 2010

147
148
Illustrazione 82 Copertina “Sete Cordas: técnica e estilo”

149
5.2 ALESSANDRO PENEZZI: VIOLÃO SETE CORDAS DE
NYLON

Un altro grandissimo violonista sete cordas esponente di spicco della nuova generazione
è Alessandro Penezzi. Questo musicista ha un modo di suonare diverso a quello che
caratterizza Rogério Caetano a partire dall'utilizzo dello strumento con corde di nailon
e dal fatto che non usa la dedeira ma le unghie, con uno stile molto simile a quello della
chitarra classica.
È un grande virtuoso del violão sete cordas che diventerà sicuramente un riferimento di
grande importanza per le generazioni a lui successive. Dotato di una tecnica non limitata
a quella del violão sete cordas tradizionale, si sente nel suo modo di suonare l'apertura
verso diversi generi e tecniche del violão. Dalla chitarra classica a quella flamenco.
Di seguito propongo un'intervista fatta sempre da Luis Stelzer sulla rivista “Violão+”132:

“La prima volta che si incontra un talento, si rimane colpiti. Una volta dovevo fare un
concerto in un bellissimo bar a Piracicaba, città nella quale suonai molto negli anni '90,
quando facevo parte di un trio di flamenco. Era un concerto di MPB, voce e violão, con
Selma Buso, cantante che accompagnai molto all'epoca.
Per quanto il padrone del locale avesse molto insistito nel fare questo concerto di
Lunedì – secondo lui il giorno più “forte”, per quanto riguarda il movimento, con gli
alunni delle università – avevo insisto perché fosse in un Sabato. E così fu, partimmo
con due macchine e arrivammo fino a Piracicaba. Trovammo il bar quasi vuoto,
pochissima gente. Il padrone aveva ragione: avevamo sbagliato; ciò che guadagnammo
quella notte non ci ripagò neppure il viaggio. Ma suonammo. Il grande “guadagno” di
quella notte era là, tranquillo, assistendo al concerto. Prima della terza e ultima parte del
concerto, il padrone del bar ci chiese di dare spazio ad un giovane ragazzo che stava
studiando violão all'epoca. Il suo nome era Alessandro. Chiaramente lo lasciai fare. Poi
il ragazzo prese il violão e lo “divorò”, suonò per più di un'ora. Albeniz, Barrios, Villa-
Lobos, Paco de Lucia, João Pernambuco, li eseguì tutti, uno dopo l'altro, quasi senza

132Stelzer Luis, Ampliando horizontes, Violão+, anno 3, n°23, https://www.violaomais.com.br , Giugno


2017, p.26-35

150
respirare. Rimasi senza parole. Fu difficile rientrare per l'ultima parte del concerto. Il
suono di quel ragazzo era nelle mie orecchie, nella mia mente. Non ho mai parlato con
lui dopo di questo fatto. Non so se lui si ricorda di quella notte. Ora lo intervisto, venti
anni dopo. È un violonista conosciuto, uno dei migliori del Brasile e del Mondo. Non ha
perso la sua simpatia, la sua semplicità, il suo accento. E neanche il suo infinito talento.

LS: Come hai cominciato a Piracicaba? Come sono entrati il violão, la musica classica
e lo Choro nella tua vita?

AP: La musica è entrata nella mia vita, sotto l'influenza di mia madre, fu la prima
persona che vidi suonare il violão. Dovevo avere circa tre o quattro anni e mi
impressionò fortemente. Anche mio padre suonava un po', ma erano separati, così
vedevo più mia madre. Della sua famiglia c'era zia Rosa, anche lei suonava il violão, e
mi incitava molto, mi mostrava sempre lo strumento. Avevo anche una zia che suonava
la fisarmonica, la adoravo. Quando avevo qualche quesito musicale mi affidavo sempre
a loro. Zia Rosa disse a mia madre che ero portato e che mi mandasse a lezioni. Le
prime furono con una professoressa del quartiere, avevo circa sette anni, avevo appena
cominciato a leggere. Imparai gli accordi, i simboli degli accordi, con quella modalità
all'antica, ma pratica. Ho continuato così fino ad otto nove anni, quando mia zia suggerì
a mia madre che mi mandasse a lezioni dal professor Antonio Carlos Coimbra, il
famoso Carlinhos Coimbra de Piracicaba, una grande violonista popolare. Ho fatto
lezioni con lui e suo figlio per circa un anno, più o meno. Imparai vari brani, “Sons de
Carrilhões”, “Abismo de Rosas”. Avevo un padrino, il dott. Paulo, che ci aiutava,
eravamo poveri. Lui mi incentivò molto e disse a mia madre: devi fargli studiare
musica. Così uscì il nome di Sérgio Belluco, un grande professore di Piracicaba.
Insegnava quello che noi chiamavamo “violão classico”. Mi madre mi portò a studiare
con lui quando avevo dieci anni, ma lui mi trovò troppo piccolo e disse di riportarmi
quando avrei compiuto dodici anni. Lei mi portò l'anno successivo e iniziammo
comunque.

151
Illustrazione 83 Alessandro Penezzi e Conjunto Som Brasileiro (Sérgio Belluco
a sinistra)

LS: E come fu questa esperienza?

AP: Lui mi ha aperto un mondo! Vedevo in lui, oltre che un maestro, una figura paterna.
Era molto accogliente, un vero educatore, fu vitale per la mia formazione. Non solo mi
insegnava, mi mostrava le tecniche della musica, ma mi diede anche una cassetta
vergine dove registrava brani per far si che li studiassi meglio. In quell'epoca non
avevamo neanche un giradischi, solo una radio. Tutto ciò che ascoltavo me lo passava
Sérgio Bellucco. Già dalla prima volta registrò Segovia, parlando, suonando... Per me
era un mondo nuovo, meraviglioso. In questo processo chiesi al mio padrino un
cavaquinho, poiché ero influenzato da una scuola di Samba vicina a dove vivevo. Mi
piaceva vedere e ascoltare quei batuques. Un giorno ascoltai una musica che non era
cantata, e mi colpì fortemente... Chiesi quale fosse il nome e mi dissero: Chorinho. Sono
impazzito. Poi vidi una pubblicità in televisione del disco “Choro no Céu”. Insistetti con
mia madre finché non me lo comprò! Il mio padrino mi diede un cavaquinho e
cominciai a imparare gli Choros. E la passione così cominciò a crescere, mi feci
coraggio e raccontai a Sérgio Belluco che mi piaceva lo Choro. Gli chiesi delle
informazioni sull'accordatura del mandolino, perché mia madre ne aveva uno di mio

152
nonno. Quest'ultimo, fu per me un vero e proprio riferimento musicale, anche se morì
prima che io nascessi, solo per le storie che mia madre e le mie zie mi raccontavano: che
suonava diversi strumenti. Era il mio eroe dell'infanzia. Presi il mandolino, cominciai a
montare le corde, ma non ci riuscivo. Chiesi a Sérgio l'accordatura e lui mi spiegò ed
entrò nel discorso, mi chiese se mi piaceva lo Choro e io dissi di si. Così mi invitò a
praticare con lui, già pensando di inserirmi nel suo gruppo. E così fuori dall'orario delle
lezioni cominciammo a provare, lui mi insegnava i brani e mi diceva dove sbagliavo.
Era un lavoro a parte, di percezione: io imparavo tutti i brani ad orecchio e glieli
mostravo, e lui mi correggeva. Cominciò a registrare molto Choros per me.

LS: In questa prima fase, ti ricordi quali erano le tue influenze? Tu hai una tecnica che
passa dallo Choro, alla musica classica al flamenco. Da dove viene questa tua
contaminazione?

AP: Le prime influenze vengono da quella fonte chiamata Sérgio Belluco: Dilermando
Reis, Carlos Coimbra, Segovia. Rafael Rabello ebbe un grande impatto su di me, non
solo per il suo vigore, ma per la sua perfezione: lui sapeva molto bene quello che stava
facendo, gli era tutto molto chiaro. Fu una grande influenza e tentai di imitarlo. Dopo
studiai per tre anni a Tatuí col professore Jair de Paula che mi diede registrazioni di
chitarristi di flamenco come Ulisses Rocha, Heraldo do Monte, Grupo D'Alma. Tra
queste registrazioni c'era Paco de Lucia. Sono rimasto estasiato! Come poteva farlo!
Quando ascoltai quella rumba che ha composto, “Entre dos Aguas”, quella frase di
pizzicato era spaventoso. Cominciai a scoprire quello che faceva. Non avevo accesso a
nessun suo spartito, nessun video, ancora non esisteva Youtube, né le videocassette in
casa. Seppi che Ronoel Simões, un grande ricercatore che abitava a São Paulo, aveva
alcuni spartiti e video di Paco de Lucia. Organizzammo un viaggio a São Paulo, per
consultare questi materiali. Fu Jair che fece da intermediario, io non volevo arrivare a
casa di Ronoel e chiedere... prima di consultarli, cercai di scoprire da solo come faceva.
Quando studiai con Carlos Coimbra, a nove anni, mi insegnò a suonare le scale con tre
dita, io suonavo tutto con tre dita. Il suo punto di vista era il seguente: i bravi violonistas
suonano con tutte le dita, questa era la sua idea. Quando ascoltai Paco de Lucia

153
immaginavo che solo in questo modo si potevano suonare tutte quelle note a quella
velocità e con quella precisione. E cominciai a studiare in questo modo. Come se la
tecnica del tremolo fosse fatta con le dita a, m, i. Cominciai a praticare, praticare, e
migliorando la mia tecnica. Quando fui a casa di Ronoel, per assistere al famigerato
video di Paco de Lucia, vidi che lui faceva tutto con due dita... fu una frustrazione, stavo
sbagliando. Ma dopo imparai questa cosa delle tre dita. In più mi diede la conferma che
Rafael Rabello era molto influenzato da lui. Rafael cominciò la contaminazione tra
flamenco e Choro quando passò ad essere solista, non dimenticando che prima aveva
avuto una grande carriera da accompagnatore. Nel suo grande lavoro di solista, si
percepisce vivamente l'influenza di Paco de Lucia, del flamenco, i rasgueios, i colpi di
unghia sulla tavola armonica del violão, usava l'alzapuas, quegli arpeggi tipici del
flamenco. E io, nella mia condizione di adolescente che prova ad imitare, cercavo di
farlo a mio modo. Non ho mai avuto nessuno che mi orientasse in questa tecnica. L'ho
appresa a modo mio.

Illustrazione 84 Alessandro Penezzi

154
LS: E la facoltà di musica?

AP: Quando studiai all'Unicamp, entrai in contatto con Ulisses Rocha, uno dei
violonistas che Jair mi mostrò. Ulisses ha una grande tecnica. Per la prima volta potevo
stare vicino ad un violonista che faceva esattamente quello che io volevo imparare a
suonare. Lui mi aiutò molto, mi diede dei consigli molto utili, che uso ancora oggi.

LS: Ma chi ti consigliò l'Unicamp? È stata importante per te la facoltà?

AP: Il mio arrivo all'Unicamp fu per merito di Marcos Cavalcante (Marquito) un


musicista molto bravo. A Piracicaba tutti parlavano di lui, ma abitava negli Stati Uniti,
per un master. Un giorno avvisò che sarebbe venuto in Brasile e avrebbe fatto un
seminario di jazz a São Paulo. Io avevo circa diciassette anni. Ho fatto amicizia con
Marquito, che suonava il jazz benissimo, ma suonava anche Choro. Questo fu il nostro
punto d'incontro. Gli piacque molto conoscermi e cominciò a mettermi “cose” in testa,
del tipo: “tu devi studiare!”. Da lì nacque un'amicizia, poi tornò negli Stati Uniti. Ci
scrivevamo delle lettere. Gli chiesi dei consigli su cosa potessi fare e mi rispose:
preparati per il concorso d'ammissione all'Unicamp, presto darò lezioni là. Provai ad
entrare, la prima volta non riuscii, ma la seconda passai. Cominciai a prendere lezioni
da lui stesso. Questo periodo all'Unicamp mi ha aperto molto la mente. Non avevo
molta nozione del mercato musicale, della realtà musicale. Fui in contatto con grandi
professori, feci lezioni di violão con Ulisses Rocha! Marquito aveva il corso di chitarra
jazz, per quanto non mi ci dedicai mai (avrei potuto approfittarne di più!). Ma mi
attaccai a Ulisses Rocha! Fu uno dei momenti più importanti della mia storia: ricordo
che Jair de Paula, professore di Tatuí, mi aveva mostrato una video-lezione di Ulisses, e
rimasi impressionatissimo. Riuscire ad entrare in contatto con lui fu splendido. Poi tra
gli altri conobbi Yamandu Costa che era già a São Paulo. In facoltà entrai in contatto
con altre materie, ciò mi aiutò ad aprire la mente, avere un altro tipo di formazione, un
lato più accademico.

155
Illustrazione 85 Yamandu Costa e Alessandro
Penezzi

LS: E come fu questo spostamento a São Paulo, incontrare gli chorões, Zé Barbiero e il
suo gruppo?

AP: Torno un po' indietro per spiegarmi meglio. Io suonavo nel Regional di Sérgio
Belluco, a diciotto, diciannove anni. Accompagnavamo vari artisti, Sílvio Caldas fu uno
di questi. Il concerto fu a Santa Barbara d'Oeste, vicino a Piracicaba. Sapevo che lui si
portava un violonista con sé, che conosceva tutto il repertorio. Era João Macacão, uno
dei grandi maestri di Choro di São Paulo. Con João abbiamo instaurato una grande
amicizia. Quando Miltinho (Mori) non poteva suonare, cominciò a chiamarmi, in un
luogo chiamato Bingo Cruzeiro do Sul. Loro avevano il Regional là, João, Tigrão,
Joãozinho do Cavaco e Miltinho come solisti, si chiamavano Regional Paulistano se non
ricordo male. Prendevo l'autobus e andavo a suonare con loro. Portavo il mandolino e a

156
volte il violão tenor. In verità incontrai Militinho la prima volta quando avevo dodici
anni. Sérgio stava andando a São Paulo a comprare violões dalla “Del Vecchio”, e fui
con lui una volta, quando già suonavo un po' il mandolino. Conobbi Evando do
Bandolim, e anche Miltinho stava la. Lui mi aiutò a correggere la postura della mano
sinistra, fu molto bello. Tornando al Bingo: una volta che suonavo là, vennero altri
musicisti. Conobbi Ventura Rodriguez, Zé Barbiero e Dona Inah. Chi veniva spesso a
Piracicaba era Carlos Poyares. Ho fatto amicizia anche con lui.

LS: E' in quell'epoca che hai registrato il tuo primo disco, non è vero?

AP: Si, stavo ancora a Piracicaba, e avevo ventuno anni. Si chiama “Abismo de Rosas”.
Ha scritti di Guinga e di Poyares. Rimasi ancora a Piracicaba per un po' di tempo. E
mentre ero tranquillo là, ricevetti una telefonato da una persona di Sorocaba, la signora
Mazé, che organizzava Rodas de Choro a casa sua. Suo marito, Angelo, faceva parte di
un Regional ed era amico di conoscenti a São Paulo. Lei diceva: “guarda, io voglio
portare quel ragazzo di Piracicaba qui”. Ficcò nella testa di quelli di São Paulo che
dovevano andare da lei, erano Roberta Valente, Zé Barbiero, il flautista Rodrigo Y
Castro. Un bel giorno lei mi chiama e mi dice: “non hai voglia di venire alla Roda de
Choro?”. Risposi: “certo!”. Fu là che incontrai tutte queste persone. Zé Barbiero già lo
conoscevo. Cominciammo a stringere i rapporti. Io volevo uscire, ampliare i miei
orizzonti, ero già da tanto tempo alla Unicamp e stavo sempre nel tragitto Piracicaba,
Campinas e a volte São Paulo per fare un salto al Bar do Cidão. Il rapporto con Zé
Barbiero, Roberta e Rodrigo fu più tranquillo. Quando andavo a São Paulo ero ospitato
da Roberta. Loro mi invitarono a suonare al Ó do Borogodó. Confermai subito.
Cominciai a suonare con loro tutti i Martedì, e ci rimasi. Non rimanevo tutta la
settimana a São Paulo, ma circa tre giorni, poiché mi dovevo laureare. Fu splendido,
fare poco a poco questo passaggio prima di abitare definitivamente a São Paulo.

L S : Com'è la tua storia fonografica, come fu registrare i tuoi dischi e scegliere i


collaboratori?

157
AP: La mia prima registrazione non uscì in disco, ma in cassetta, registrata in studio.
Era col gruppo Som Brasileiro, di Sérgio, dove suonavo il mandolino, cavaquinho,
flauto e violão tenor. Fu Miltinho a produrlo. Aiutai tecnicamente nella produzione, fu
nel 1997. C'è un disco precedente, del Grupo Oitava Cor, un gruppo di Samba di cui
facevo parte, nel 1996. In questo suonai tutti gli strumenti! Cavaquinho, cavaco-banjo,
violão sete cordas, violão seis cordas, flauto, armonica a bocca, violão tenor, questi
strumenti da Roda de Choro e qualche percussione. Poi venne il mio disco “Abismo de
Rosas” registrato in uno studio a Piracicaba da Cristiano Bortolazzo (Geleia) che fu
anche il tecnico del suono dei Mamonas Assassinas. Lui mi aiutò molto, non avevo
soldi, mi veniva a prendere in macchina. Stavo tutto il giorno in studio, registrai il
violão sete cordas, cavaquinho, violão solista, pandeiro e flauto. Tra i partecipanti per
questo disco ho avuto Ulisses Rocha e Hercules Gomes, un pianista, solo che Ulisses
registrò a casa sua. Poi registrai in Quintessência, sempre nello studio di Geleia. Questi
due dischi uscirono per l'etichetta Allegretto. Poi ci fu il disco “Choro Rasgado”, se non
ricordo male nel 2004, con composizioni mie e di Zé Barbiero. Registrammo a São
Paulo, con la partecipazione di Laércio de Freitas, Caíto Marcondes e Toninho
Ferragutti. Poi un disco con Laércio de Freitas che mi invitò a partecipare ad un
omaggio a Jacob do Bandolim, dove sono stato solista al violão e lui al pianoforte.
Questo è uscito per Maritaca nel 2005. Improvvisavamo pure. Partecipai al progetto
“Violões de Brasil” con tutti i migliori violonistas, col Duo Assad, credo sempre nel
2005. Il progetto era di Myriam Taubkin. Suonai “São Braz” una mia polca e anche
“Arranca Toco” di Meira. Nel 2006 ho fatto un disco che si chiama “Alessandro
Penezzi”. È un disco indipendente e ha moltissime partecipazioni: Yamandu Costa,
Arismar do Espírito Santo, Miltinho Mori, Beth Carvalho, Quinteto in Branco e Preto,
Charles da Flauta, Amélia Rabello (sorella di Rafael Rabello). Poi viene il disco
“Sentido” metà in solo e metà in trio, con Cisão Machado e Alex Buck. Così comincia
la mia collaborazione con Capucho, un produttore col quale ho fatto diversi dischi. Oltre
a “Sentido” ne ho registrato uno con Alexandre Ribeiro nel 2009. “Cordas ao Vento”,
registrato in studio. Dopo di ciò facemmo una tournée in Europa e suonammo alla
trentesima edizione del Skopje Jazz Festival, in Macedonia, dove aprimmo lo spettacolo
di Wayne Shorter. Poi un concerto fu al Bimhuis di Amsterdam. Ci diedero la

158
registrazione audio del concerto. Lo ascoltammo in automobile e trovammo buono il
suono. Così ne facemmo un disco dal vivo. Poi viene “Dança das Coras”, il mio disco di
violão solista, registrato nello studio Acari di Rio de Janeiro, con la direzione di
Maurício Carrilho. Tutti questi dischi sono stati fatti da Capucho. A partire dal 2006,
quasi tutto quello che ho registrato è originale. Poi c'è ancora “Velha Amizade” con
Nailor Proveta, registrato a São Paulo. Alcuni di questi dischi sono stati indicati per il
Prêmio da Música Brasileira, altri li abbiamo fatti per SescTV, abbiamo lavorato molto.
Recentemente è uscito “Quebranto” con Yamandu Costa. Spero di non essermene
dimenticato nessuno (risate).

Illustrazione 86 Alessandro Penezzi in concerto

159
LS : Hai fatto uscire recentemente il tuo corso di violão su internet. Come è sorta
quest'idea? È molto impegnativo costruire un corso del genere? Quali sono gli obiettivi
del corso?

AP: A São Paulo, le persone hanno dei grossi problemi di logistica, il traffico, questo
tipo di cose, che complicano tutto. Da quando mi sono trasferito al Butantã (quartiere
della zona ovest di São Paulo) – in realtà più verso Taboão da Serra che Butantã – non
tutti hanno la possibilità di arrivarci, principalmente perché c'è un ponte che, in base
all'orario di transito, è problematico. Così sono passato alle lezioni in videoconferenza,
tramite Skype. La prima esperienza fu con un'allieva del Parana, che voleva fare lezioni
con me a tutti i costi, ma a quell'epoca non c'era ancora una buona tecnologia, le
facevamo via chat. Ci parlavamo così, scrivendoci, e il metodo era con le tablature, era
abbastanza complicato. Con Skype, fu tutto più facile e cominciai a dare lezioni anche a
persone di altri Paesi. Ho avuto alunni in Germania, negli Stati Uniti, ne ho ancora in
Giappone. Ha funzionato. Ma c'è la questione del fuso orario. Scrivevo il materiale per
tutti gli alunni, una grande quantità di materiale sparso per quaderni, chat, Skype. L'idea
fu di unire tutto ciò, commercializzarlo, sarebbe stato molto più semplice: fare tutto una
volta sola. Sviluppando questa idea, comparve un collaboratore, Thiago, che mi propose
di fare un corso online. Accettai! Così cominciammo e sviluppare il lavoro, ma per
capire come fare ci mettemmo abbastanza tempo, fu la prima difficoltà. Poi pensammo
ad un corso che abbracciasse tutti i livelli, un'altra grande difficoltà. Immagina di
parlare di diversi argomenti sul violão brasiliano interpretabile da studenti di diverso
livello. Chiaramente il corso è specifico su ciò che faccio. Non suono flamenco, quindi
non farà parte del corso, per quanto ne sia stato influenzato. Ho influenze della musica
del Rio Grande do Sul, ma non la suono, non sono uno specialista, non ho inserito
argomenti che non conosco a sufficienza. É un lavoro molto difficile, perché nel video
devi esporre tutto in maniera preparata. Alcune volte ho provato a fare uno schema ma
non mi soddisfaceva. Ho la mania di divagare molto su un argomento, ma ciò a volte
pregiudica il corso. Poi abbiamo provato a fare uno schema prima di preparare il
materiale. Ancora più difficile! Ora preparo tutto prima e comunque mi dà molto lavoro.
Senza contare che non è possibile essere sempre con le persone della produzione e avere

160
la disponibilità di fare i video. Quindi, per comodità, ho cominciato a farli a casa. Ciò
significa che: devi imparare le basi della ripresa video, dei programmi di registrazione
audio e di montaggio dei video. Cominci così a fare mille cose che non sono suonare il
violão. Devi sapere usare meglio Word, col quale faccio gli scritti, che Sibelius, col
quale scrivo gli spartiti. Sto imparando molto, ordinare gli argomenti, per parlare
correttamente, fino ad imparare ciò che pensavo di sapere, ma non sapevo.

LS: Oltre ad assistere alle tue lezioni, cosa può fare un violonista senza esperienza per
cominciare a frequentare le Rodas de Choro? Parlo per esperienza personale. Adoro lo
Choro, ma non lo suono. Vorrei molto suonarlo, ma sono un po' intimidito, perché
quelli che lo suonano sembrano molto fermi sul repertorio. Sento che la Roda non è il
luogo ideale per cominciare ad imparare, non sempre i musicisti hanno pazienza verso
chi sta imparando.

AP: Questo fatto della Roda de Choro dipende da chi è composta: a volte si tratta di una
Roda de Choro tra amici. Questo è un buon consiglio: se qualcuno ha un amico che
suona meglio di lui, l'ideale è cominciare a suonare insieme. Se ciò non è possibile,
l'ideale è che si procuri delle registrazioni di Choro e provi a suonarci sopra. Oggi è
molto facile trovare gli spartiti, può seguire quelli, che è comunque una forma di
apprendimento. Così comincia a sapere di cosa si tratta, imparare a leggere i simboli
degli accordi, conoscere minimamente la lettura musicale. Ecco cosa è successo a me:
io avevo le registrazioni e gli strumenti. Ho dovuto imparare tutto ad orecchio da solo.
Questa è la migliore forma di apprendimento, perché se impari in questo modo è
difficile che che te lo dimentichi.

[…]”

161
Illustrazione 87 Alessandro Penezzi e Rogério Caetano

162
Capitolo 6

ASPETTI TECNICI
E LA FUNZIONE DELLA
BAIXARIA

163
6.1 ASPETTI TECNICI INTRODUTTIVI

In Brasile, negli ultimi trent’anni, si è verificata una vera e propria rivoluzione nella
costruzione dei violões di seis e sete cordas.
Fino agli anni ‘50, quando Dino Sete Cordas fece costruire il suo primo violão sete
cordas, gli strumenti a corda pizzacata erano costruiti da storici negozi di musica.
A Rio de Janeiro, i più celebri negozi sono stati fondati da portoghesi: “Ao Bandolim de
Ouro”, “A Guitarra de Prata” e “O Cavaquinho de Ouro”. A São Paulo invece i più
celebri erano costruttori di origine italiana: Giannini, Di Giorgio e Del Vecchio.

Illustrazione 88 Violão sete cordas“do Souto”

164
Illustrazione 89 Violão sete cordas “Giannini”

Illustrazione 90 Foto storica del negozio “A Guitarra de prata”

165
Negli anni ‘60 sull’onda della musica pop cambiò il profilo del tipico consumatore di
strumenti musicali. Al posto dei violões e dei cavaquinhos, l’interesse si spostò sulle
chitarre elettriche. Il risultato fu un significativo impoverimento qualitativo degli
strumenti acustici prodotti da questi grandi e storici produttori di strumenti musicali.
Verso la metà degli anni ‘70, in coincidenza con un inaspettato ritorno alla ribalta del
Samba e dello Choro, si trasferì in Brasile il liutaio giapponese Shiguemitsu Suguiyama.
La sua produzione a São Paulo e quella di Sérgio Abreu a Rio de Janeiro stabilirono un
nuovo modello per la costruzione artigianale dei violões in Brasile. Successivamente si
formarono nuovi costruttori di grande valore facendo diventare la produzione brasiliana
di violões artigianali, sia di seis che di sete cordas, una delle migliori del mondo.

Illustrazione 91 Violão “Shiguemitsu Suguiyama”

Tradizionalmente il violão sete cordas ha la settima corda accordata in Do. Secondo


Maurício Carrilho133 però questo fatto non è per il motivo, come riportano molti articoli,
che molti brani di Choro siano composti nella tonalità Do. Gli Choros, le Valsas e i

133Carrilho Maurício, Violão de 7 Cordas, disponibile su


https://ensaios.musicodobrasil.com.br/mauriciocarrilho

166
Sambas furono sempre suonati nelle più disparate tonalità.
La facilità nella posizione degli accodi, secondo Carrilho è un elemento che convince
poco. L’unica giustificazione che, secondo il compositore e violonista, abbia fatto
trasmettere di generazione in generazione questo tipo di accordatura è l’assenza di una
corda in Si sul mercato, che permettesse una sonorità, tensione e accordatura
soddisfacenti. La settima corda accordata in Si, sempre secondo Carrilho, darebbe una
successione logica agli intervalli di quarta sui cui si basano le corde gravi della chitarra.
Oggi è possibile acquistare corde sia di nailon che di acciaio con diverse calibrazioni e
diverse tensioni, ciò fornisce la possibilità di accordare la settima corda in Do, Si e
anche in La, ma bisogna pensare alle corde di cui disponevano Tute, China e lo stesso
Dino Sete Cordas all’inizio della loro carriera.
Maurício Carrilho lancia l’ultima provocazione nel suo articolo inedito “Violão 7
Cordas” sostenendo, non prima di dichiarare il suo rispetto per la tradizione dello
Choro, che accordare la settima corda in Do sia tanto logico quanto accordare la sesta
corda in Fa.

Illustrazione 92 Accordatura tradizionale del violão sete cordas

Riguardo alla tecnica della mano destra, l'uso della dedeira è soltanto “in giù”. Ci sono
delle eccezioni come i fratelli Valter e Waldir Silva, due virtuosi dello strumento che
eseguono un movimento simile a quello di un pletto: sia “giù” che “sù”; questo viene

167
utilizzato nel caso in cui si debba eseguire una baixaria rapida. 134 Lo sviluppo di velocità
nell'azione del pollice può essere notevolmente migliorata praticando temi di Choros
tradizionali di elevata esigenza tecnica come ad esempio “Desvairada” di Garoto, “O
voo da mosca” di Jacob do Bandolim, “Segura ele” di Pixinguimha e Benedito Lacerda,
“Esponhas de Bacalhau” di Severino Araujo.
Si deve cercare di conoscere perfettamente la regione grave dello strumento, dove
generalmente ricorrono le frasi melodiche. Perciò è consigliabile che la diteggiatura sia
fatta nelle prime posizioni.135
Quando si utilizza un violão sete cordas de nylon, la tecnica della mano destra può
impiegare uno stile più classico, ad esempio la diteggiatura si arricchisce dell'uso del p,
i, m, a, nel caso in cui vi sia necessità. Come indica infatti Luis Otavio Braga, le scale
andrebbero studiate con diverse combinazioni: solo pollice; alternanza i, m; alternanza
p, i.

Illustrazione 93 Utilizzo della dedeira col violão sete cordas de aço

134Braga Luis Otavio, O Violão de 7 Cordas: Teoria e pratica, Lumiar, Rio de Janeiro, 2002, p.10
135Caetano Rogério, Sete Cordas: técnica e estilo, Garbolights, Rio de Janeiro, 2010, p.11-12

168
Illustrazione 94 Baixarias con diteggiatura di Luiz Otávio Braga

169
6.2 FUNZIONI DELLE BAIXARIAS

Prima dell’utilizzo del violão sete cordas, le funzioni di armonizzazione, conduzione


ritmica e controcanto erano sviluppate dai due violões seis cordas dei primi conjuntos di
Choro. Pertanto il linguaggio utilizzato dai violonistas sete cordas, prima che fosse in
voga lo strumento, era già stato sviluppato dai violonistas sei corde. Ascoltando le
registrazioni del Regional di Benedito Lacerda, dove suonavano Dino Sete Cordas e
Meira alle chitarre sei corde, si constata che entrambi svolgevano le funzioni di base
ritmico-armoniche e utilizzavano frasi di controcanto.
Per quanto in alcune composizioni esistano obbligati di baixaria, creati originalmente
dallo stesso compositore, nella maggior parte degli Choros e Sambas le frasi suonate dai
violões sono improvvisate. La conoscenza dell’armonia e la “coscienza” ritmica dello
stile di ogni genere eseguito sono prerequisiti indispensabili per far si che un violonista
improvvisi tali frasi di controcanto.
Ecco una panoramica degli aspetti principali delle baixarias codificati dai brani più
tradizionali del repertorio dello Choro:

6.2.1 Cammino dei bassi

Baixaria è un termine che si riferisce generalmente ai caratteristici controcanti dello


Choro eseguiti nella regione grave. Nel Regional è realizzata dai violões,
principalmente dal violão sete cordas.
Nel linguaggio dello Choro questa struttura corrisponde al cammino del basso, una voce
che il violão sete cordas realizza sull'armonia costruendo gli accordi a partire dal basso
come nella realizzazione del basso dato.
Nel frammento di apertura dello Choro “Vibrações” di Jacob di Bandolim, si osserva
che il cammino del basso corrisponde ad un asse ascendente dalla nota Re al Sib, che in
seguito cambia di registro, arrivando al Do#. Le note sono utilizzate per arricchire tale
movimento.

170
Illustrazione 95 Cammino dei bassi in “Vibrações”

6.2.2 Collegamento

E' un tipo di baixaria che collega le note del basso di accordi distinti, riducendo i salti
nel cammino del basso e riempiendo gli spazi della melodia.
Si può osservare nell'immagine precedente un collegamento tra le note Sib e Do#.
L'immagine successiva corrisponde alle battute di apertura dello Choro “Assim mesmo”
di Luiz Americano.
La connessione avviene quando l'armonia passa dal Re al Do#m7(b5) alla battuta 3 e
una baixaria collega le note La e Do#. La medesima situazione avviene nella battuta
seguente collegando Do# e La#.

Illustrazione 96 Baixarias di collegamento in “Assim Mesmo”

171
6.2.3 Inversione degli accordi

Il cambio di posizione del basso dell'accordo è un procedimento molto comune


nell'accompagnamento dello Choro, evitando la monotonia nella conduzione del basso,
principalmente quando il ritmo armonico è lento. Le inversioni del basso vengono anche
dette “baixo de revezamento”. Tale cambio di posizione avviene con un salto o con una
baixaria che collega due note. Si può constatare nell'immagine precedente , alla battuta
1, l'intervento del violão sete cordas con una baixaria finalizzata all'inversione
dell'accordo, che parte dalla fondamentale e arriva al quinto grado dell'accordo, ovvero
la 2° inversione.
L'immagine successiva riporta la ripetizione della parte C, chiamata C2, in tonalità di
Re minore, sempre di “Assim mesmo”, dove la baixaria finalizzata al cambio di
posizione dell'accordo in verità non ha tale scopo, ma porta varietà nella conduzione dei
bassi (b. 113). In tale sezione il ritmo armonico è di un accordo ogni due battute. Si può
inoltre osservare che dopo il cambio di posizione, avviene una baixaria di collegamento
che collega i due accordi (b. 114).

Illustrazione 97 Inversione degli accordi in “Assim Mesmo”

172
6.2.4 La preparazione della settima

L'accordo di settima di dominante ha sempre il settimo grado preparato da una baixaria,


come nell'immagine successiva che si riferisce sempre ad un frammento della prima
parte di “Assim mesmo”. La baixaria finalizzata alla preparazione del settimo grado può
essere vista come una connessione, quando la settima è nel primo tempo del cambio
armonico, come avviene in tale esempio alle battute 5 – 6, o come cambio di posizione
quando l'accordo di settima si trova in un’ altra posizione del tempo. Indipendentemente
da tale questione, la baixaria serve a preparare il settimo grado dell'accordo.

Illustrazione 98 Preparazione della settima in “Assim Mesmo”

6.2.5 “Virada” o “Chamada”

La “virada” è una baixaria di connessione che introduce o reintroduce una sezione


musicale. La “virada” che introduce la parte B di “Vibrações” di Jacob do Bandolim
(vedi immagine successiva), è costruita sulla scala di Do7: la misolidia dell'accordo di
dominante della tonalità della sezione seguente, Fa maggiore.

Illustrazione 99 Chamada in “Vibrações”

173
Nella immagine seguente la baixaria che introduce la parte B di “Ingênuo” di
Pixinguinha, in Sib maggiore, corrisponde ad una scala di toni interi come un
cromatismo nel finale.

Illustrazione 100 Virada in “Ingênuo”

Nella prossima immagine di “Sofre porque queres” di Pixinguinha e Benedito Lacerda,


la “chamada” è una baixaria obbligato, che fu scritta anche nello spartito edito. Questa è
strutturata su una scala diatonica e equivale alla preparazione della settima.

Illustrazione 101 Chamada in “Sofre porque queres”

6.2.6 Chiusura

La baixaria di chiusura è il contrario di quella di “chamada”; è utilizzata per concludere


il brano. È una sorta di coda. Il termine è tratto da un'espressione comune utilizzata:
“...fai una baxiaria per chiudere”.

174
La prossima immagine è una baxiaria di chiusura della parte A dello Choro “Vibrações”
di Jacob do Bandolim. La baixaria conferma la tonalità. Il movimento tende verso la
nota Fa, attraverso un movimento misto di arpeggio sull'accordo della tonica, con
un'ornamentazione sulla nota Do, il quinto grado.

Illustrazione 102 Baixaria di chiusura in


“Vibrações”

Come nell'esempio precedente, la baixaria della prossima immagine, “Receita de


Samba” di Jacob do Bandolim, è essa stessa costruita sull'arpeggio della accordo della
tonica, utilizzando un cromatismo nel movimento ascendente.

Illustrazione 103 Baixaria di chiusura in


“Receita de Samba”

6.2.7 Risposta

E’ una baixaria che ha una modalità polifonica imitativa, dando l'idea di un “domanda e
risposta”, come in un dialogo.
I prossimi esempio sono composizioni di Pixinguinha che già aveva questa modalità
nelle sue composizione, essendo state stampate in questa forma nelle partiture edite, è
un'obbligato.

175
Illustrazione 104 Baixaria di risposta in “Ele e eu”

Illustrazione 105 Baixaria di risposta in “Gato e Canario”

176
Illustrazione 106 Baixaria di risposta in “Ainda me recordo”

E' possibile che la struttura sia invertita e la “domanda” sia fatta dalla baixaria e la
“risposta” dal solista come nella prossima immagine che corrisponde alla parte B della
polca “Saracoteando” di Jacob do Bandolim.

Illustrazione 107 Baixarias in “Saracoteando”

6.2.8 Controcanto

Anche se la baixaria è intesa come un controcanto, questo termine è usato comunemente


per quegli obbligati uguali ritmicamente o eccedenti alle frasi tematiche.
La prossima immagine rappresenta la parte B di “Receita de Samba” di Jacob do

177
Bandolim e quella successiva la parte A di “Naquele tempo” di Pixinguinha e Benedito
Lacerda. In entrambi gli esempi le baixarias duettano con la melodia.

Illustrazione 108 Baixarias in “Receita de Samba”

Illustrazione 109 Baixarias in “Naquele Tempo”

6.2.9 Raddoppio

Corrisponde ad una baixaria che sottolinea la voce principale con la stessa divisione
ritmica, armonizzandola. Raddoppia la melodia con una disegno melodico uguale,
usando normalmente intervalli di ottava, unisono, terza e sesta. Può anche avere un
contorno melodico proprio, usando la tecnica di arrangiamento a due voci. Non è quindi
costruita come la conduzione del basso.

178
Illustrazione 110 Baixarias di raddoppio in “Segura ele”

6.2.10 “Marcação”

La baixaria quando ha un carattere prettamente ritmico è chiamata “de marcação”. Tale


marcatura rappresenta una aiuto ritmico che il violão svolge coi bassi dando appoggio al
solista. Può accentuare la pulsazione o usare motivi ritmici ostinati o con diverse
figurazioni sulla stessa nota.
La conformazione acustica dello strumento che ha poco “sostegno”, insieme alla tecnica
“pizzicato” nell'esecuzione, e la sua funzione nel contesto contrappuntistico, crea una
relazione tra il violão e la tuba, infatti è molto usata l'espressione “fai la tuba...” o
“violão-tuba” per intendere questo tipo di baixaria.
Si può osservare in “Ingênuo”, nella prossima immagine, che il ritmo non è molto vario
e il violão marca la pulsazione dei tempi forti.

Illustrazione 111 Baixaria de marcação in “Ingênuo”

179
Nel prossimo esempio, “Biruta” di Jacob do Bandolim, la “marcação” è un controcanto
ostinato sulla melodia e in quello successivio, “Vale tudo” di Jacob do Bandolim,
l'ostinato serve come base per l'improvvisazione.

Illustrazione 112 Baixaria de marcação in Biruta

Illustrazione 113 Baixaria de marcação in “Vale tudo”

In “Aguenta Seu Fulgêncio” di Pixinguinha e Benedito Lacerda, dopo la “chamada” per


introdurre la parte A, si può osservare una baixaria di “marcação” con un modello
ritmico ripetitivo.

Illustrazione 114 Baixarias in “Aguenta Seu Fulgêncio”

I prossimi due esempi espongono baixarias di “marcação” di ostinato tra i più ricorrenti
nel repertorio dello Choro.

180
Illustrazione 115 Baixarias in “Brejeiro”

Illustrazione 116 Baixarias in “Flamengo”

6.2.11 Assolo di baixaria

In questo caso la baixaria assume il ruolo di voce principale. Apparentemente c'è


un'incoerenza se consideriamo la definizione generica di baixaria come controcanto
svolto nella regione grave, ma non appena assume il ruolo di prima voce, lascia
naturalmente il ruolo di controcanto.
Gli assoli di baixaria sono comuni nelle introduzioni e anche in intere sezioni, creando
varietà timbrica. Possono essere obbligati o in parte improvvisati.
La prossima immagine si riferisce all'introduzione di “O Boêmio” di Anacleto de
Medeiros. Il valore ritmico degli accordi scritto sotto i simboli degli accordi
rappresentano una convenzione ritmica per il cavaquinho, mentre i violões eseguono
tale baixaria.

181
Illustrazione 117 Baixaria introduttiva in “O Boêmio”

“Dança de urso” di Candinho Trombone, nel prossimo esempio, in tonalità di Do


maggiore, ha una baixaria introduttiva in Fa maggiore, che modula verso la tonalità
principale raggiungendo la dominante.

Illustrazione 118 Baixaria introduttiva in “Dança de urso”

Nella prossima immagine, “Bolacha queimada” - uno Choro scritto per pianoforte da
Radamés Gnattali – nel suo arrangiamento per Regional, fa svolgere al violão sete
cordas la melodia di introduzione che corrisponde alla mano sinistra del pianoforte. La
parte coi simboli degli accordi corrisponde alla base realizzata dagli altri strumenti del
gruppo. Nel finale di tale parte la melodia passa allo strumento solista.

182
Illustrazione 119 Baixarias in “Bolacha queimada”

In “Implicante” di Jacob do Bandolim, le frasi della parte A sono alternate tra il


mandolino e il violão sete cordas, dando inoltre la sensazione di “domanda e risposta”.

Illustrazione 120 Baixarias in “Implicante”

In “Chorinho na praia” di Jacob do Bandolim, il violão sete cordas svolge una parte
improvvisata su tutta la parte A.

183
Illustrazione 121 Baixarias di “Chorinho na praia”

In “Pardal embriagado” di Patrocínio Gomes, c'è un'alternanza tra l'improvvisazione del


violão sete cordas e la risposta del mandolino con la melodia, al ritorno della prima
parte (A2) dopo aver eseguito la parte B. Dove è scritto “tacet” il violão sete cordas
improvvisa e il mandolino non suona.

Illustrazione 122 Baixarias di “Pardal embriagado”

Con il passare del tempo, l’ampliamento dell’estensione avvenuta tramite il ricorso alla
settima corda e il grande talento di Dino Sete Cordas, conferirono al violãos sete cordas

184
un carattere specializzato. Il numeri di esecutori aumentò radicalmente e il ruolo di fare
queste frasi di controcanto passarono definitivamente ed esclusivamente a tale
strumento.
Con ciò i violonistas de sete cordas storicamente si appropriarono di una determinata
sezione musicale, quasi stabilendo un ordine gerarchico tra gli strumenti. Tale
raggiungimento contribuì sicuramente alla popolarità dello strumento e fece si che,
sempre di più, i giovani chitarristi di choro si dedichino fin da subito al violao sete
cordas. Come fa notare Maurício Carrilho però è bene ricordare come i maggiori
referenti della tradizione del violao sete cordas, Dino Sete Cordas e Rafael Rabello,
prima di diventare grandi contrappuntisti, avevano appreso alla perfezione le funzioni
del violao base, fatto che è sempre più raro tra i nuovi strumentisti. Tale carenza, ci
racconta Carrilho, si traduce in situazioni spiacevoli: è comune ai giorni d’oggi trovare
in una Roda de Choro anche quattro o cinque violonistas 7 cordas, tutti eseguendo
baixarias e nessuno l’armonia. Il “duello” vanitoso di frasi incrociate si contrappone a
una delle più interessanti e ricche caratteristiche dello Choro e del Samba: l’equilibrio
tra gli strumentisti e la perfetta nozione di Conjunto che tradizionalmente
contraddistingue i principali Conjuntos Regionais.
Oggi la maggior parte dei violonistas sete cordas fanno parte esclusivamente di
Conjuntos di Samba e Choro, ma a partire dalle prime registrazioni di Rafael Rabello
come solista, si è diffusa un'apertura dei musicisti ad altre pratiche, in particolare a
quella solistica. Lo stesso Dino Sete Cordas registrò un disco storico come solista
insieme a Rafael Rabello. Oggi c’è un gran numero di ottimi violonistas sete cordas
solisti, sia brasiliani che non, e una grande quantità di dischi registrati nei più diversi
stili.
Nella musica da camera, in particolare negli ensemble di chitarra, la sette corde e
addirittura il violão 8 cordas sono largamente utilizzati. Il lavoro del Quarteto Maogani
è un ottimo esempio di estrema sensibilità e conoscenza di questi strumenti.

185
Illustrazione 123 Quarteto Maogani

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Capitolo 7

INTERVISTA
A MASSIMO AURELI

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Illustrazione 124 Massimo Aureli

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Massimo Aureli è un chitarrista sette corde animatore di molti progetti di musica
brasiliana a Roma.
È un grande virtuoso della chitarra classica che, per passione verso la musica brasiliana,
ha deciso di specializzarsi sul violão sete cordas, utilizzandolo anche in generi diversi
da quelli per cui è pensato.
Massimo ha sicuramente un grande ruolo nella diffusione di tale strumento a Roma e in
Italia, avendo fatto incrociare e coesistere la tecnica classica con il linguaggio brasiliano
senza dimenticare le proprie origini culturali.
Rispetto alle altre interviste in questa tesi, tutte con violonistas brasiliani, sarà
interessante capire come questo sincretismo musicale tra Europa e Brasile venga
interpretato da uno dei più riconosciuti chitarristi sette corde in Italia e dai grandi
virtuosi brasiliani.

RD: Raccontaci un po' della tua storia musicale, in famiglia avevi già qualcuno che si
dedicava alla musica?

MA: Mio padre - Silvio Aureli - era un fisarmonicista e pianista originario delle
Marche che si introdusse allo studio della fisarmonica, strumento principe di quelle
zone. Aveva un gruppo con cui registrò diversi dischi per la RCA. Aveva anche
un'orchestra di fisarmoniche, prima che io nascessi e poco tempo dopo. Il repertorio era
principalmente composto da Tango, facevano degli ottimi arrangiamenti. Nel gruppo
c'erano anche il basso, un curioso strumento chiamato ondiola, una sorta di tastiera
moderna, e la batteria. Alla batteria c'era Roberto Zappulla, il caso ha voluto che suo
figlio Francesco cominciasse anche lui a suonare Choro qui a Roma.
Fino ai primi anni '80 ha avuto anche un celebre studio di registrazione, chiamato
“Dirmaphon”, dove hanno registrato moltissimi maestri. Una volta venne addirittura a
registrare Charles Mingus per la colonna sonora del film Todo Modo”. Fu una
registrazione storica!

RD: E come nasce la tua passione per la chitarra?

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MA: Ricordo che c'era una chitarra del complesso di mio padre buttata in cantina. Era
davvero in pessime condizioni: aveva il manico spezzato. Un giorno trovai dei dischi 45
giri contenenti dei primi rudimentali di chitarra e mi feci prendere dalla curiosità. Presi
dei chiodi e riattaccai alla buona il manico spezzato, diciamo non proprio con un
approccio da liutaio. Nelle zone in cui il manico era inchiodato, suonando mi
continuavo a tagliare i polpastrelli! Questa fu la mia prima chitarra. Ma smisi presto di
interessarmene.
Poi a tredici anni, quando facevo la scuola media, in classe venne un mio amico che
portò una chitarra durante la lezione di educazione musicale. L'insegnante era molto
propositiva e ci aveva chiesto, se avessimo avuto strumenti musicali a casa, di portarli a
lezione. Questo mio amico sapeva suonare pochissimo, e la maestra che sapeva giusto
tre o quattro accordi ce li insegnò. In quel momento mi ricordai di avere quella chitarra,
se così si poteva chiamare, in cantina. Così andai da mio padre e gli feci notare le
condizioni di quello strumento e gli chiesi di comprarmene un'altra.
Poco dopo presi lezioni per tre o quattro volte da un chitarrista che veniva a fare il
turnista nello studio di mio padre. Si chiamava Raimondo Giansereno, un bravissimo
chitarrista, dominava sia la chitarra elettrica che la chitarra classica e lo chiamavano
spesso a lavorare perché era molto completo come musicista. Così, un giorno che aveva
finito di fare il turno di registrazione, mio padre gli chiese di darmi qualche rudimento
sullo strumento. Cominciò ad insegnarmi qualche accordo e a mantenere il tempo. Solo
che era molto impegnato con il lavoro, essendo molto richiesto, riusciva a darmi lezioni
solo quando capitava nello studio di mio padre. Ma mi era rimasta molto voglia di
approfondire lo studio della chitarra così chiesi a mio padre di trovare un maestro che
potessi frequentare con più costanza e mi mandò da Leonardo Mastrodonato. Anche lui
era un turnista, ma già anziano, all'epoca avrà avuto circa settantacinque anni. Per me
era come andare a trovare un nonno. Fu molto carino con me.
Avevo circa quattordici anni quando ho cominciato i primi studi con Mastrodonato, che
mi ha dato le basi di tutto quello che so ancora oggi. Dopo circa un anno e mezzo di
studio con lui, mi era cresciuta ancora di più la passione per la chitarra e chiesi a mio
padre un nuovo insegnante per approcciarmi più seriamente allo studio. Così mi mandò
da Filippo Rizzuto col quale però non ho fatto più di una o due lezioni. Poi sono andato

190
da Bruno Battisti d'Amario, un grandissimo chitarrista, anche lui un concertista classico
che tra l'altro era il chitarrista prediletto di Ennio Morricone. Quando c'era da registrare
le colonne sonore di Morricone, la parte chitarristica era sempre affidata a lui. Avevo
circa quindici o sedici anni. D'Amario mi fece ricominciare tutti gli studi da capo. Prima
di tutto mi fece crescere le unghie che fino a quell'epoca non usavo e devo ammettere
che fu molto duro ricominciare tutti gli studi praticamente dai fondamenti. La passione
che avevo mi fece continuare, ma fu molto pesante. Fu lui a prepararmi per il concorso
di ammissione al conservatorio di Santa Cecilia. Un anno dopo feci il concorso e fui
accettato sotto gli studi di Carlo Carfagna. Con lui feci tutto il percorso fino al diploma.
Dopo essermi diplomato al conservatorio presi delle lezioni da Alirio Diaz. Andai a fare
un concorso ad Alessandria dove Diaz era in veste di presidente di giuria. Al concorso
non andò bene però lui si mostrò molto disponibile con me, si avvicinò e mi disse:
“Massimo, purtroppo non è andata bene la tua prova, però ho visto che hai delle
potenzialità”. Essendo venezuelano, aveva capito che mi piaceva la musica latino-
americana poiché nel repertorio avevo portato soprattutto compositori come Antonio
Lauro. Così presi qualche lezione da lui, a casa sua. Mi fece suonare quello che mi
piaceva, io ero molto intimidito, ma presi coraggio e gli feci sentire i brani di musica
brasiliana che stavo studiando e lui mi disse: “Questa è la tua strada! Vai avanti così!”.
Mi incoraggiò moltissimo perché aveva capito che era una mia grande passione. Da quel
giorno mi sentì più sicuro sul repertorio brasiliano, sarebbe stata quella la mia strada.

RD: Quindi da quando hai cominciato ad approcciare la musica brasiliana?

MA: La mia passione per la musica brasiliana era già arrivata quando avevo circa
quindici o sedici anni, ascoltavo diversi dischi. Un periodo, ero ancora molto giovane,
mi trascrivevo ad orecchio i brani di Baden Powell. Amavo Baden Powell, era un modo
di suonare la chitarra diverso, più irruento, dalle varie sfaccettature.
Avevo conosciuto al liceo Giovanna Marinuzzi tramite un compagno di classe che me la
presentò come una musicista appassionata di musica brasiliana che suonava assieme a
Irio de Paula. Così conobbi Giovanna, che fu entusiasta quando sentì che già suonavo
brani di Baden Powell, di Toquinho (quelli strumentali)... Così mi chiese di suonare

191
insieme e mi fece conoscere Irio de Paula. Lui era arrivato negli anni '70 a Roma,
quando conobbi Giovanna era circa il '77. Irio aveva circa vent'anni più di me. Da quel
giorno diventammo molto amici con Irio, successivamente gli trascrissi anche i suoi
brani per depositarli in SIAE. Mi portò le cassette e gli trascrissi nota per nota!
Ovviamente non solo i simboli degli accordi o la melodia, proprio tutto! Quella fu per
me una grande scuola.
Lui era un tipo di chitarrista che ogni volta eseguiva i brani in modo diverso. Un vero
improvvisatore. A parte la sua vocazione jazzistica, la sua base era la musica popolare,
in particolare lo Choro. Un giorno mi fece vedere una foto nella quale era insieme ad un
numero esagerato di suoi fratelli, con cui avevano un gruppo, “Os Pinguins de Bangú”
(i pinguini di Bangú). Bangú è un quartiere di Rio de Janeiro del quale erano originari.
Lui era il più piccolo e nella foto già imbracciava un violão sete cordas che era più alto
di lui!
Siamo rimasti sempre ottimi amici; l'ultima volta che l'ho visto eravamo a casa di
Alessio Urso, il suo contrabbassista, col figlio, Roberto De Paula, che viene spesso qui
in Italia. Anche lui ottimo musicista, molto legato al Jazz. Ci siamo fatti una Roda de
Choro, e Irio era tutto contento, mi ricordo che suonava il cavaquinho. Perché Irio de
Paula suonava tutti gli strumenti a corda tipici dello Choro, violão sete cordas, violão
seis cordas, violão tenor, cavaquinho, bandolim, un po' come Garoto.
La sua conoscenza per me, e per tutti i musicisti che gli sono stati vicino, è stata
fondamentale nell'approccio della musica brasiliana. È stato sicuramente uno dei miei
maggiori riferimenti, anche soprattutto perché potevo parlargli e avere un contatto
diretto, era in mezzo a noi. Quando vai in Brasile puoi certamente conoscere tutti i
mostri sacri dello Choro, ma qui c'era solo lui di quella levatura.
Poi cominciai a condividere questa passione con altri musicisti che amavano come me
la musica brasiliana: Gianluca Persichetti e Stefano Rossini. Durante gli studi a Santa
Cecilia, Gianluca mi propose di fare un gruppo con Stefano. All'epoca avevo una
fidanzata con cui suonavamo musica brasiliana, lei era una cantante. Così abbiamo
messo insieme questo gruppo che chiamammo “Samba 4”. Devo dire che non era un
nome molto fantasioso, però fu un bel periodo, abbiamo girato molti locali importanti di
Roma: il Music Inn, il Folk Studio parecchie volte, il Mississipi Jazz Club... Devo dire

192
che abbiamo suonato in tutti i luoghi più importanti del Jazz che fossero anche aperti
alla musica brasiliana, posti dove andavano anche Giovanna e Irio a suonare. Con i
“Samba 4” abbiamo suonato moltissimo, poi io mi sono lasciato con la ragazza e il
gruppo si è un po' perso. Poi ho fatto il militare e per un anno sono stato fermo.
Purtroppo il militare ha coinciso con il momento in cui le lezioni con Alirio Diaz
stavano andando molto bene.
Prima del militare avevamo organizzato un trio di chitarre con Gianluca Persichetti e
Stefano Palamedessi, che dopo esserci persi di vista nel periodo della leva abbiamo
deciso di rimettere insieme; questa volta con Gianluca Persichetti e Massimo Delle
Cese. Massimo fu entusiasta di parteciparvi, così nacque il Trio Santa Cecilia,
principalmente con un repertorio di musica classica però con diverse incursioni nel
latino-americano. Per esempio abbiamo fatto arrangiamenti di Piazzolla, arrangiamenti
di Gershwin come la “Rapsodia in Blu” e “Un americano a Parigi”. Facevo io gli
arrangiamenti. Ci siamo esibiti in festival importanti in giro per il mondo.

Illustrazione 125 Trio Santa Cecilia ( da sinistra: Massimo delle Cese,Gianluca Perichetti,
Massimo Aureli)

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RD: Raccontaci di più rispetto al tuo ruolo di arrangiatore.

MA: Dopo che avevo studiato i metodi di Carulli, Aguado, Sor, ecc... chiedevo sempre
a mio padre se fosse stato possibile trovare spartiti anche di musiche più popolari e di
musica leggera, ma non c'era niente all'epoca in circolazione, così dovetti arrangiarmi
da solo trascrivendo ad orecchio dai dischi. Amavo ad esempio le musiche da film come
quelle di Morricone, Trovajoli... e mi sarebbe piaciuto eseguirle sulla chitarra.
Poi questa passione è nata sicuramente grazie a mio padre, che era un'ottimo
arrangiatore. Lui voleva farmi studiare il pianoforte, così lo appresi in maniera non
professionale, e ancora oggi se devo leggere delle armonizzazioni uso il pianoforte.
Devo dire che mio padre non mi passò mai però delle nozioni di arrangiamento, ci
capitò solo qualche volta di suonare dei brani classici per pianoforte e chitarra.
Dato che la musica l'ho scoperta tramite la chitarra, l'arrangiamento mi divenne
necessario quando trovavo brani scritti non per chitarra che invece io volevo eseguire.
Così dopo aver iniziato per sfizio, mi è nata la curiosità - dopo il conservatorio - di
trovare quegli autori che purtroppo non avevano scritto per chitarra classica e di tradurli
sul mio strumento.
Piazzolla per esempio aveva scritto vari brani per chitarra, però ce ne erano molti altri
che mi sarebbe piaciuto eseguire. Così ho scritto degli arrangiamenti per una, due o tre
chitarre.
Molti li ho utilizzati per il Trio Santa Cecilia per esempio i tre brani de “L'amore
stregone” di De Falla e le tre danze argentine di Ginastera. Di “Un americano a Parigi”
trovai lo spartito per due pianoforti, l'edizione originale - l'orchestrazione è successiva –
e su quello costruì l'arrangiamento per tre chitarre.
In quell'epoca già usavo il computer per scrivere la musica, una grande comodità. Nel
1991 comprai il mio primo Macintosh, poiché esisteva in circolazione solo quello che
supportasse il programma “Finale”. Un amico mi indicò il direttore della rivista
“Chitarre” che utilizzava Finale per fare le impaginazioni degli spartiti sulla sua rivista e
fu lui che mi insegnò i rudimenti della scrittura sul computer. Il computer mi aiutò
moltissimo, io non avevo fatto studi di composizione e probabilmente un compositore a
quel tempo sarebbe inorridito al solo pensiero di utilizzare un computer!

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RD: Continuiamo con la tua storia di musicista classico, dopo aver interrotto le lezioni
con Alirio Diaz hai avuto altri maestri?

MA: Si, dopo Alirio ho continuato gli studi con Mario Gangi, titolare della prima
cattedra di chitarra del conservatorio di Roma. Fu molto importante per me perché
Gangi era un musicista trasversale, era sia un grande virtuoso del repertorio classico che
un grande musicista di musica leggera. Fu un esempio per me, rappresentava il percorso
che mi interessava, anche se con lui feci solo studi classici.

RD: Anche tu hai avuto esperienze nella musica leggera, non è vero?

MA: Come no! Anche se non moltissime. Per esempio con Francesco De Gregori:
venni chiamato dal fonico del disco “La donna cannone” per registrare il brano “Flirt
1”. Poi ho lavorato con Nini Rossi facendo una lunga tournée in Giappone. Nini mi
chiese di imparare a suonare la chitarra elettrica, così me la dovetti comprare! Per poi
capire che non era la mia strada. Fu però un'esperienza bellissima, al pianoforte c'era
Danilo Rea con cui siamo rimasti molto in contatto. Anche per lui era la prima volta in
Giappone. Non c'era niente di popolare brasiliano in quel repertorio, ma io comunque
utilizzavo già quel linguaggio di cui ero impregnato già all'epoca. Ognuno di noi faceva
un brano come solista, Danilo Rea mi sembra eseguisse un brano di Debussy, e io
facevo il “Preludio N°1” di Heitor Villa-Lobos. Lo suonavo non in maniera classica ma
in stile popolare brasiliano, non so spiegare come mi entrò questa modalità ma a furia di
ascoltare dischi e suonare mi entrò il così detto “sotaque” brasiliano. Sentivo dei forti
collegamenti tra la musica di Villa-Lobos e i brani che avevo studiato di Baden Powell.
Poi sempre ho fatto sorgere le mie influenze di musica brasiliana in altri repertori, per
esempio suono con una cantante che fa musica romana e inserisco sempre questo mio
gusto. Mi capita anche in tante situazioni di musica napoletana, poiché non essendo
napoletano e sentendomi carente nell'interpretazione, io utilizzo il linguaggio brasiliano
per sostenermi.
Poi ho partecipato a qualche trasmissione Rai con Pippo Baudo di cui Pippo Caruso era

195
il direttore d'orchestra e arrangiatore, di cui ho grande stima. Era il periodo in cui
nell'orchestra Rai si chiamavano molti musicisti aggiunti per apportare ulteriori
competenze.

RD: Quindi invece la passione per lo Choro te lo ha tramesso Irio de Paula?

MA: No in verità fu Giovanna. Lei all'epoca era l'unica che andava spesso in Brasile e
portava in Italia delle cassette. Una volta portò una cassetta di Waldir Azevedo e me la
fece ascoltare. Rimasi impressionato dal suo virtuosismo. Mi piacque moltissimo, ma
non avevo ancora una forte passione per il genere. All'epoca mi piaceva più il Jazz
brasiliano, e i chitarristi brasiliani solisti.
Invece con Gianluca e Stefano eseguivamo dei brani di Choro come “Chorando pra
Pixinguinha”, “Brasilerinho”, “Choro Chorado pra Paulinho Nogueira”, “Tua Imagem”,
che ci erano stati tutti trasmessi da Irio.
Poi cominciammo ad organizzare una Roda de Choro al Crossover nel 2007
inizialmente con Giulia Salsone e Massimo Natale. Roberto Guida, un grande
appassionato di Choro, in seguito ci fece conoscere Jennifer Clementi, che entrò nel
gruppo come flautista. Venne ogni tanto anche Stefano Camerani, che con Guida, erano
andati alla Escola Portatil di Rio de Janeiro a suonare e seguire qualche lezione. Quando
tornarono a Roma rimasero entusiasti di trovare qualcuno che facesse Choro a Roma e
parteciparono a qualche Roda.

R D : A parte Irio de Paula, hai incontrato quale altro brasiliano a Roma che ti
trasmettesse il sapere della musica brasiliana?

MA: Un giorno mentre suonavamo ad una Roda che organizzavamo al Beba do Samba,
abbiamo conosciuto il Trio Madeira (Marcello Gonçalves, Ronaldo do Bandolim e Zé
Paulo Becker) e Yamandu Costa.
Con Yamandu è nata una grande amicizia, ogni volta che vado in Brasile o lui passa per
Roma ci vediamo e suoniamo insieme. Lui è stato un musicista molto importante per me

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Illustrazione 126 Irio de Paula

e glielo ripeto sempre, anche se è una persona molto umile e difficilmente accetta i miei
complimenti. Yamandu Costa mi ha dato e continua a darmi un importante stimolo.
Soprattutto in un periodo in cui non sentivo più di crescere musicalmente e avevo perso
la passione per lo studio, grazie alla sua musicalità ho ripreso con più forza la mia
passione. Se non fosse stato per l'esempio di Yamandu non avrei scoperto uno modo di
suonare meraviglioso che porta in giro per il mondo con grandissimi risultati.
Anche con Marcello è nata un'ottima amicizia, ogni volta che ci troviamo suoniamo
insieme.
Ci venne a trovare anche Roberta Sa una volta a Roma, ci mise in contatto proprio
Marcello Gonçalves, che si presentò una sera alla Roda de Choro al bar Baffo della
Gioconda! Tutti i musicisti e gli spettatori rimasero di stucco! Abbiamo suonato
insieme, ed è stata molto carina a unirsi a noi cantando varie canzoni.
Ma anche loro sono sempre molto interessati alla nostra cultura, per esempio ci è
capitato con la mia compagna di cantare diverse canzoni italiane, come De André per
esempio, e loro si dimostrano sempre molto interessati alla nostra musica popolare.

197
Illustrazione 127 Yamandu Costa

RD: Raccontaci come sei entrato in possesso del tuo primo violão sete cordas.

MA: Era il 2004 - un periodo in cui non stavo molto bene per problemi famigliari - e
una mia carissima amica, Luisa Bruno, cantante con cui lavoro da tanti anni volle farmi
una sorpresa e mi portò un violão sete cordas di nailon Giannini modello studio; lei
andava spesso in Brasile. All'inizio tentai di suonarla, ma lo sentii come uno strumento
ostico, il manico era troppo piccolo rispetto a quanto fossi abituato e soprattutto non
riuscivo a suonare il repertorio che facevo con la chitarra a sei corde, e ciò mi dava
molto fastidio. Così inizialmente mi arresi.
Invece tempo dopo, circa uno o due anni, Gianluca Persichetti mi fece avere un violão
sete cordas, sempre Giannini, ma amplificato. Aveva sempre un manico più piccolo di
quanto fossi abituato, però con quello strumento cominciai ad appassionarmi
maggiormente. Cominciai ad usarlo in vari concerti e nelle Rodas de Choro al Beba do

198
Samba.
In queste Rodas mi portavo ancora la sei corde, finché non ho avuto il primo violão sete
cordas amplificato. Ad un certo punto però sentivo la limitazione di questo strumento e
così decisi di andare per la prima volta in Brasile (alla veneranda età di 52 anni!) e
comprarmi un vero violão sete cordas. Con questo nuovo strumento non ho più
abbandonato il violão sete cordas.
Per un periodo poi ai concerti mi portavo sia la sei che la sette corde, per poi decidere di
usare solo il violão sete cordas. Ormai sono abituato a questo strumento, anche per una
questione di misure del manico. Infatti chiesi al liutaio brasiliano che me la costruì,
Tércio Ribeiro, di crearla sul modello di una chitarra meravigliosa americana a sei corde
che avevo - una “Robert Ruck” - che ha un manico molto largo con cui mi trovavo
benissimo (quella che usavo col Trio Santa Cecilia). Per il mio modo di suonare mi
trovo bene sulle chitarre coi manici larghi.

RD: Come hai approcciato lo studio del nuovo strumento?

MA: In verità già con Luisa Bruno facevamo delle prime serate dove timidamente
utilizzavo il violão sete cordas. Già facevo le baixarias. Ho trattato fin da subito la sette
corde come una chitarra classica. Quindi la utilizzavo sia per il repertorio classico che
per le sue funzioni prettamente di Choro.
Devo dire che per apprendere le baixarias mi sono riferito molto al basso continuo che
suonavo nella musica colta in particolar modo nel il repertorio Barocco. Anche con il
trio di chitarre suonavamo le Sonate di Bach per due flauti e basso continuo e io
svolgevo quest'ultimo. Dovevo trascrivermelo, non leggevo il basso numerato.
Prendevo la parte del clavicembalo con due chiavi e me lo trasportavo in chiavo di
violino per semplificarmi la lettura. Tempo dopo, parlando con Maurício Carrilho,
notavamo la grande affinità tra le baixarias e il basso continuo barocco. Ha scritto anche
degli articoli molto interessanti su questo argomento. Io reputo Bach come uno dei
musicisti più moderni che ci siano mai stati. L'influenza di Bach è dappertutto:
sicuramente nello Choro, ma anche nel Jazz. Basti pensare al Cool Jazz degli anni '50 e
Lenny Tristano. Sarebbe interessante cercare tutti quei rapporti che continuano ancora

199
adesso con la musica di Bach. Anche il contrappunto dello Choro è fortemente
influenzato dal modo di comporre di Bach.
Ovviamente poi ho appreso il linguaggio ritmico dello Choro, che rispetto al basso
continuo che è più regolare, utilizza ritmi sincopati, anche se in sostanza le frasi sono
praticamente le stesse.
Ad apprendere il linguaggio brasiliano non si finisce mai, ha un vocabolario immenso.
Sicuramente se non ci fosse stato Irio de Paula non avremmo avuto uno stimolo così
forte ad imparare. Anche se solo negli ultimi anni usava il violão sete cordas, poiché
prima lui suonava solo il violão seis cordas e la chitarra elettrica qui a Roma.

RD: Raccontaci della tua permanenza in Brasile.

MA: La prima volta fu ne 2010. Da quella volta ci vado almeno una volta l'anno e vado
a suonare in tante Rodas de Choro con gli chorões della “Velha Guarda”. Hanno tutti
circa settant'anni, ma sono giovani dentro! Un mio caro amico di questi, che era un ex
dirigente del Banco do Brasil appassionato di Choro da quando era ragazzo, adesso da
quando è in pensione si dedica interamente alla musica e mi dice sempre: “Massimo, a
noi il tuo modo di suonare piace perché è diverso!”. Secondo me chi non nasce lì non
potrà mai suonare come loro, perché è quasi necessario vivere in Brasile per avere quel
linguaggio, è un fattore culturale. Per un musicista esterno, potrà essere possibile far
trasparire la propria passione per il genere, ma certi dettagli è impossibile incamerarli.
Anzi mi sembra importante cercare di universalizzare questo linguaggio.
La prima volta che andai a Rio de Janeiro conobbi Maurício Carrilho al “Bandão”. Il
“Bandão è un incontro tra alunni di Choro, che suonano in centinaia sotto direzione.
Vedere così tante persone, dai bambini fino agli anziani, che suonavano tutti insieme fu
meraviglioso. Ogni volta che andiamo in Brasile non ci perdiamo mai il “Bandão”.
Penso che gli avessero già parlato di me e quando andai a complimentarmi per il suo
grande lavoro - che veramente mi entusiasmò molto - mi indirizzò a Rode sparse per la
città. Mi consigliò in particolare la Roda de Choro ad Arco do Teles. Una Roda
bellissima composta da giovani davvero portentosi come Rafael Mallmith, Leando

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Illustrazione 128 Bandão presso la Escola Portátil

Montovani, Abel Luiz... Non ho suonato con loro il primo anno, ma poi ho cominciato a
parteciparvi spesso.
Poi uno dei ricordi più cari fu una Roda a casa di Luciana Rabello e di Paulo César
Pinheiro. Mi invitò Maurício Carrilho e parteciparono tutti gli insegnanti della Escola
Portatil. C'erano Pedro Aragão, Pedro Paes, Paulo Aragão, Naomi Kumamoto... durò
dalla mattina alla sera! Maurício ogni tanto commentava con gli altri come suonassi in
modo diverso da loro, mi studiavano, erano molto curiosi! Tutte le volte che riusciamo
ad incontrarci con Mauricío suoniamo sempre, è il nostro modo di comunicare.

201
Illustrazione 129 Maurício Carrilho

Poi a proposito delle Rodas con gli anziani di cui ti parlavo, andavo spesso da Cidinho 7
Cordas, che conobbi tramite il mio amico Wellington Duarte. Casa di Cidinho è fuori da
Rio de Janeiro in un posto che io da solo non avrei mai trovato. Fu una Roda bellissima,
c'era Pedro Bastos al violão sete cordas, il nipote di Ernesto Nazareth – Newton
Nazareth – al bandolim... Erano molto contenti di vedere uno straniero che suonasse
Choro. Mi confermarono che non suonavo in modo tradizionale e che avevo qualcosa di
differente dal linguaggio brasiliano, che gli piacque molto. Fu molto importante avere
consapevolezza di ciò. È importante che anche noi portiamo il nostro “sotaque”, è
semplicemente un'altra chiave di lettura dello stesso universo di cui facciamo parte tutti
noi che suoniamo Choro.
Le esperienze musicali che ognuno matura altrove ti portano a suonare ed avere un
suono solo tuo. Poi a me non interessa il discorso purista, con il violão sete cordas io
non faccio solo le baixarias, lo utilizzo come una chitarra classica, mi interessa la

202
modalità solistica. Non cerco di imitare il loro linguaggio, perché mi sembra di perdere
in partenza. Invece a me interessa la musica nel senso più ampio del termine. Anche
Maurício Carrilho mi ha confermato questo mio pensiero.
Poi una volta abbiamo fatto un vero e proprio concerto alla Casa do Choro io, Ronaldo
do Bandolim e Massimiliano Natale. Fu un esperimento chiamato “Anema e Choro”
non facile perché volevamo trasformare in stile Choro dei brani italiani molto
complessi. Ricordo che lo stesso Ronaldo era preoccupato, per quanto sia un
grandissimo virtuoso del mandolino. Eseguimmo “Luna Rossa” in una versione
trascritta da me in tre quarti, che mi sembrava si prestasse meglio. Fu molto bello, tutti
si complimentarono.

RD: Come pensi che lo Choro e il linguaggio del violão sete cordas possa avere anche
un valore didattico per il musicista?

MA: Penso che la Roda sia più che altro un incoraggiamento, ma che ci debba essere
uno studio individuale. Lo diceva spesso anche Irio de Paula che questo tipo di musica
si suona nei momenti di festa, di svago, ma per arrivare a eseguirla correttamente
necessita di un grande studio. Forse per i brasiliani è quasi scontato, poiché sono
immersi in questa cultura fin dalla nascita, spesso fin da bambini. Ma nessuno nasce
sapendo già eseguire lo Choro, ci vuole un percorso graduale di studio che ti consenta di
raggiungere certi risultati. Sfido chiunque ad eseguire “Brasileirinho” come lo fanno
alcuni esecutori, a velocità impressionanti, senza un importante studio preventivo.
Questa musica merita assolutamente di essere studiata, sia dal punto di vista tecnico che
culturale.
Poi dal punto di vista armonico, lo Choro è più circoscritto, non è come la Bossa Nova
che soffre di una grande influenza del Jazz e utilizza armonie più complesse. Mentre
l'aspetto tematico dello Choro è molto più complesso. Anche un bravo jazzista per
eseguire un tema a quelle velocità si trova in difficoltà.

RD: Mi sembra di capire che tu sia più interessato all'aspetto tematico rispetto a quello
armonico nello Choro.

203
MA: Sicuramente, insieme a quello ritmico. È una sfida dura ma che porta a grandi
soddisfazioni. Forse questo interesse per i temi viene anche dalle miei origini: la musica
italiana è contraddistinta dalla cantabilità. Solitamente gli italiani quando compongono
pensano più a sviluppare un bel tema che un'armonia complessa. Io mi inserisco in
questo filone, proprio in virtù di un punto di vista italiano sullo Choro. Siamo
impregnati di belle melodie, è la nostra cultura, e quindi forse è più facile per noi
arricchire l'universo dello Choro con questa nostra qualità.
E poi mi interessa sfruttare lo Choro - col mio strumento - in maniera completa, non
limitandomi all'accompagnamento; ciò sicuramente viene dai miei studi classici. Così
come quando si studia un pezzo di musica classica con la chitarra bisogna studiare
molto, lo stesso per me vale nello Choro perché molti Choros non sono inferiori rispetto
alla complessità della musica colta.

R D : Quindi dai maestri che hai conosciuto in Brasile, quali cose hai imparato e
inserito nel tuo bagaglio personale di musicista?

MA: Ho imparato moltissimo, ad esempio l'arte di dosare gli interventi musicali: delle
dinamiche; e questo non vale solo nello Choro, ma nella musica in generale. La Roda
invece spesso viene interpretata come un momento di confusione, mentre bisogna stare
attenti. Come raccontava Marco Ruviaro, non si può permettere che i percussionisti ad
esempio facciano diventare la Roda de Choro una bateria de samba. In Brasile per
esempio ho apprezzato molto la bravura e la sensibilità dei percussionisti di guidare le
dinamiche. Perché se un percussionista suona ad un volume esagerato, costringe gli altri
musicisti a fare lo stesso o smettere di suonare, se non addirittura a farsi venire la
tendinite! Ammiro invece coloro che suonano con delicatezza il pandeiro e che riescono
ad incastrarsi perfettamente col resto del gruppo. Perché più suoni forte e peggio suoni.
Lo stesso vale per gli strumenti a fiato; devono essere consapevoli che alcuni strumenti,
in particolare le chitarre, in acustico hanno volumi inferiori, e mantenersi al loro livello.
Altrimenti si perde l'aspetto della condivisione che è l'elemento centrale della Roda de
Choro.

204
RD: E non hai mai approcciato metodi scritti per il tuo strumento?

MA: No, il mio studio della musica brasiliana è fin dall'inizio e continua ad essere
totalmente d'istinto. Più che altro bisogna ascoltare i grandi maestri dello strumento
come Dino Sete Cordas e Rafael Rabello. Se non li si studia profondamente si perde una
fetta enorme del linguaggio del violão sete cordas. Ho studiato diversi brani soprattutto
di Rafael Rabello, perché è stato in grado di codificare un suo linguaggio personale che
merita di diventare oggetto di studio per tutti coloro che si approcciano a tale strumento.
Capisco che siano molto complessi, ma anche solo cercarli di studiare è uno stimolo
verso la crescita personale del musicista. È come per i musicisti classici studiare i brani
di Castelnuovo Tedesco per esempio... Quando li approcci, ti rendi conto di come la
chitarra - per quanto non abbia avuto grandi compositori come Chopin o Mozart - abbia
comunque un repertorio di grande valore in grado di ampliare gli orizzonti del
musicista. Nello Choro vale lo stesso per Dino Sete Cordas e Rafael Rabello.

RD: Quindi tu non ti definiresti un chitarrista sette corde?

MA: Suono la chitarra a sette corde, ma principalmente perché ha una corda grave in
più che mi permette un estensione maggiore e più possibilità nelle mie esecuzioni. Ciò
che mi affascina è avere più possibilità tecniche. Mi è sempre piaciuto il pianoforte, e
tutt'ora mi affascina, il fatto di raggiungere un suono completo. La chitarra a sette corde
mi ha avvicinato un po' a questo mio desiderio, per quanto sia irraggiungibile su uno
strumento come la chitarra; però mi da l'idea che sia uno strumento più sonoro. Proprio
perché mi è sempre piaciuta quella musica sia scritta per chitarra che non - vedi i miei
arrangiamenti - che potesse permettere all'interprete di essere completo in maniera
solistica. Per questo motivo amo la tecnica di Yamandu Costa, che sfrutta la chitarra
come un'orchestra, e questo è ciò che ho sempre inseguito.
Poi io mi ci sono dedicato completamente alla chitarra sette corde e ormai mi è quasi
difficile utilizzare la sei corde proprio perché mi mancano delle soluzioni a cui mi sono
abituato. Dato che mi è costata tanta fatica e studio ormai la utilizzo in qualsiasi
situazione. Mi è capitato di utilizzarla anche nel Trio Santa Cecilia però dato che tutti

205
gli arrangiamenti erano nati sulla chitarra a sei corde poi ho dovuto optare per
quest'ultima per non comprometterli. Ad esempio in alcuni brani utilizzavo la sesta
corda in Do.

R: Massimo tu non mai usi la dedeira?

MA: Di fatto, siccome vengo dalla chitarra classica e non mi limito mai alle baixarias
nell'esecuzione di uno Choro, la dedeira mi da fastidio. Perché mi crea più resistenza
con le altre dita. Se devo fare soltanto i bassi allora posso anche utilizzarla, però è
difficile che non eseguo temi e contrappunti armonizzati, e con la dedeira mi è
impossibile. La mia scuola è sempre stata di suonare con le dita senza l'intermediazione
del plettro.

RD: E come sei solito accordare la settima corda?

MA: Quando iniziai la usavo in Si. Poi ho optato maggiormente per Do, ma mi è
capitato di accordarla anche in La e addirittura in Sib! In alcuni brani in tonalità di Sib
maggiore faccio così. Mi permette di avere un basso a vuoto con un suono più potente,
anche se riconosco che risulta difficile poi il cambio delle posizioni a cui si è abituati,
infatti lo utilizzo nei brani più semplici, se no può anche diventare pericoloso! Rischi di
non riuscirti a muovere agevolmente.

RD: Vuoi raccontarci qualche tuo episodio con Yamandu?

MA: Per esempio una volta che ero a casa sua mi mostrò un armadio dove teneva più di
venti chitarre e mi chiese di prenderne una per provarla. Non appena ci ho messo le
mani sopra mi sono reso conto che era insuonabile! Sembrava di suonare il cemento
armato! Era durissima... Gli chiesi come fosse possibile per lui suonare una chitarra del
genere e riuscire in tutti i suoi virtuosismi funambolici. Ci facemmo una risata.
Ciò che ammiro di Yamandu è anche la capacità di svuotare e se necessario di
accompagnare senza inserire per forza tutte quelle frasi virtuosistiche che lo

206
contraddistinguono.
Anche lui ha studi classici, però è un grande appassionato di musica popolare nel senso
nobile e ricco del termine. Fin da bambino ha suonato moltissimo nei paesi latino-
americani con il gruppo di famiglia e ha assorbito moltissimi saperi da tutti questi
viaggi.
Per farti capire quanto sia affamato di musica, la prima volta che andai in Brasile nel
2010, Tércio - il liutaio che mi costruì il violão sete cordas – mi invitò ad un concerto
dove avrebbe dovuto essere presente anche Yamandu, al tempo non lo conoscevo
ancora e così andai. Suonava l'ultimo quartetto che lo accompagnò Paulo Moura, che
era già scomparso: Gabriel Grossi all'armonica a bocca, Bebe Kramer alla fisarmonica,
Cassius Theperson – grandissimo percussionista - e Marcio Hulk Almeida. In platea
c'era Yamandu che ascoltava il concerto e non si perdeva una nota! Mi incuriosì e
cominciai a guardarlo: stava studiando! Non solo ascoltava il concerto ma stava
incamerando dati. Lui basta che ascolti una musica e già comincia a farla propria e
comprenderla. Questo gli viene dalla pratica popolare di imparare solo con l'ascolto, ad
orecchio. E il suo è sviluppatissimo. Mi colpì molto questo suo metodo.
Un tempo, in carenza di materiale, si era costretti a sviluppare l'orecchio; oggi con
questa sovrabbondanza di materiale sia cartaceo che discografico alla fine è difficile
digerire tutto. Anche a me capita oggi di non riuscire ad incamerare tutto quello che
ascolto, oppure di avere più difficoltà a ricordarlo. Invece in passato quei pochi dischi o
cassette che avevo, erano per me come un libro prezioso da custodire. Non li si poteva
rallentare per capire meglio dei passaggi e dovevi ascoltarli un centinaio di volte! Anche
i temi dello Choro li ho imparati con questo principio, così sono riuscito ad incamerarli,
anche rielaborandoli. Lo stesso Ronaldo do Bandolim continua a fare variazioni
tematiche, usa continuamente passaggi improvvisati nel suo stile; quella è stata per me
una dimostrazione che mi ha confermato la correttezza del mio lavoro. Senza
dimenticare che questi sono grandi virtuosi e soprattutto che lo Choro fa parte della loro
cultura.

207
RD: Se un chitarrista a sei corde decidesse di passare alla sette corde, che consigli gli
daresti?

MA: Sicuramente di suonare insieme ad altre persone per praticare il più possibile e poi
di ascoltare molto. I metodi a mio parere lasciano un po' a desiderare poiché sono molto
limitati. Bisogna tentare nuove strade, ad esempio ad un certo punto ho cercato di
suonare i brani per sei corde e adattarli per la chitarra a sette corde inizialmente anche
non usando la settima corda per cominciare a prendere confidenza col manico, che è
totalmente diverso. Io stesso dopo tanti anni mi rendo conto quanto sia difficile liberarsi
di certi vincoli che fanno parte del proprio percorso, per esempio l'abitudine ad certa
distanza tra le corde. Più la si pratica, anche con generi che non la prevedono, e più ci si
abitua. In sostanza bisognerebbe cercare di usare solo quella.
È interessante perché ti devi inventare una nuova modalità, io la utilizzo anche in
musica classica. Per esempio una volta mi capitò di fare un concerto con due flauti
traversi dove dovevo fare il basso continuo e con il violão sete cordas mi sono trovato
ad avere più possibilità. Anche gli altri musicisti furono entusiasti.

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Capitolo 8

INTERVISTA
A TIAGO PRATA

209
Illustrazione 130 Tiago Prata

210
Tiago Prata, detto “Pratinha” è il tipico esempio di un violonista sete cordas popolare
formatosi nell'ambiente delle Rodas de Choro di Rio de Janeiro. Viene da una famiglia
di musicisti che si dedicano allo Choro e, fin da bambino, ha gravitato attorno ai più
grandi musicisti di Choro.
Tiago ha passato un periodo a Roma nel 2018-19 portando i suoi saperi ai musicisti
italiani appassionati del genere. Ho colto l'occasione di fargli questa intervista per capire
meglio come funzionano le dinamiche di apprendimento popolare e il rapporto che si ha
con la musica nel contesto informale, nonché lo spirito originale della Roda de Choro
nel suo ambiente natio.
Oltre ad essere un brillante suonatore di cavaquinho, si è dedicato al violão sete cordas
de aço; ciò ci consente di analizzare una prospettiva differente dal metodo “classico” e
dall'uso delle corde di nailon. Il violão sete cordas de aço è sicuramente più limitato
all'accompagnamento, ma ha permesso che si sviluppassero delle tecniche
caratteristiche di grande rilevanza.

RD: Raccontaci la tua storia, vieni da una famiglia già appassionata di Choro, non è
vero?

TP: Si, mio padre – Sergio Prata - suona il cavaquinho anche se non è mai stata la sua
professione, era un impiegato pubblico. Però è stato molto importante nell'ambito dello
Choro, è inoltre il fondatore dell'Instituto Jacob do Bandolim, che conserva tutta l'opera
di questo grandissimo mandolinista. Poi lui aveva un gruppo di Choro che fu molto
importante: il Conjunto Sarau. Per undici anni organizzarono Rodas de Choro
concertistiche con invitati tutte le domeniche a Botafogo.
Nel 1997, a dieci anni, cominciai a imparare con mio padre a suonare il cavaquinho. A
quell'epoca si suonavano moltissimo sia lo Choro che il Samba e, anche se mio padre
era più legato allo Choro, io amavo già molto il Samba. Andavo in diverse Rodas de
Samba ad ascoltare, ricercare e comprarmi dischi. Poi ho notato che nelle Rodas de
Samba c'erano molti musicisti di Choro e mi legai più allo Choro. Sono sempre stato
comunque un appassionato anche di Samba e partecipai già a quell'epoca a varie Rodas.
Il mio studio del cavaquinho è stato cercare di imitare i dischi, insomma trovando ad

211
orecchio ciò che facevano i grandi maestri: Jonas, Luciana Rabello e gli esecutori più
rivolti al Samba...
Poi entrai il primo anno che costituirono la Escola Portatil, nel 2000/2001. Non si
chiamava ancora Escola Portatil, ma Oficinas de Choro. Le lezioni erano di mattina e
c'erano solo cinque insegnanti all'epoca: Luciana Rabello, Maurício Carrilho, Celsinho
Silva, Pedro Amorim e Álvaro Carrilho.
Álvaro per esempio non sapeva leggere la musica, suonava solo ad orecchio e d'intuito.
Immagina le sua lezioni di flauto!
All'Oficinas de Choro studiai cavaquinho in maniera più seria con Luciana Rabello.
Quello fu il luogo dove conobbi più musicisti della mia età, coi quali siamo amici
ancora oggi e suoniamo assieme. Io, se non ricordo male, però ero il più giovane.
Quando arrivai all'Oficinas già sapevo leggere gli accordi cifrati e consolidai il mio
repertorio di Choro. Capii come si muovevano le linee armoniche dello Choro, come
decorare l'accompagnamento e tutti ciò lo applicai anche al Samba. Poi ricordo che già
all'epoca si trovavano degli s i di Samba su internet su cui studiare, erano difficili da
reperire, era l'avvento di internet.
Ho cominciato poi ad avere i miei primi gruppi di Choro, a organizzare Rodas e già a
quattordici anni cominciai la carriera da professionista. Una volta, ad una Roda che
organizzavamo, si presentò Altamiro Carrilho che suonò insieme a noi! Fu incredibile, e
tornò anche una seconda volta! C'è anche una foto di me da bambino che suono con
Altamiro.

212
Illustrazione 131 Tiago Prata e Altamiro Carrilho

RD: Mi è capitato di vedere anche una foto tua da ragazzino con Dino Sete Cordas.

TP: Si è vero. Fu nel 2002, era la prima volta che registravo nella mia vita ed era per il
disco “Homenagem a Jacob”. Registrammo “Reminiscências”; c'eravamo io, Diogo
Guanabara – un grandissimo mandolinista della mia età – , Jorginho do Pandeiro, Dino
Sete Cordas e Carlinhos Leite. Carlinhos era il violonista che suonava con Jacob do
Bandolim insieme a Dino e César Faria. Quando lo registrammo ci sembrò un lavoro
meraviglioso, ma l'anno dopo quando riascoltammo il disco era pessimo! Avevano
aggiunto in post produzione un sassofono che rovinò completamente la registrazione!
(risate) Non capisco proprio perché l'abbiano fatto!

213
Illustrazione 132 Registrazione del disco “Ao Jacob seus Bandolins” (2003) – in
piedi: Carlinhos Leite (violonista), Hermínio Bello, Diogo Guanabara
(mandolinista), Luiz Otávio Braga (violonista) e Jorginho do Pandeiro; seduti: Dino
Sete Cordas e Tiago Prata (cavaquinho)

RD: Ma era la prima volta che incontravi Dino?

TP: No, l'avevo già incontrato a diverse Rodas. Dino era amico di mio padre e
partecipava spesso alle Rodas che organizzava. Poi dal 2003 smise di suonare, l'ultima
volta fu in occasione di un concerto a lui dedicato: “Dino 85”. Ma non sono mai riuscito
a parlare molto con lui, ero bambino. Mi ricordo però che aveva un grande senso
dell'umorismo, scherzava con tutti. Fui più in contatto con Jorginho do Pandeiro e con
César Faria. Suonai al concerto per gli ottanta anni di Jorginho, suonavamo spesso
insieme. Ma con Dino non mi capitò purtroppo, smise di suonare proprio quando stavo
iniziando la mia carriera. Facemmo al massimo una o due Rodas insieme.
Invece con Valter 7 Cordas e suo fratello Waldir, siamo più amici, ancora oggi ci capita

214
di suonare spesso insieme. Waldir fu un grandissimo violonista sete cordas, sopratutto
di Samba, poi a quanto pare a causa di un litigio con una donna, diede un pugno ad un
vetro infrangendolo e ferendosi. Ora suona solo il cavaquinho.
Rafael Rabello non riuscii a conoscerlo, morì nel 1995 quando ero ancora molto
piccolo. Mio padre invece lo conobbe. Ma, come feci per Dino, imparai ad orecchio
tantissime baixarias del periodo “di accompagnamento” di Rafael. C'è quella
registrazione meravigliosa del disco “Os Carioquinhas no Choro” dove fa del soli
incredibili e un accompagnamento strepitoso, era veramente un musicista completo. Poi
mi piacciono molto i suoi dischi di Samba, registrò con Wilson Moreira, Luiz Carlos da
Vila, Nelson Sargento... mi interessa molto il violão sete cordas nel Samba. Anche Dino
registrò qualcosa, con Beth Carvalho e Cartola ovviamente. Waldir, registrò con
Roberto Ribeiro, Cartola. Poi un violonista che ammiro molto è Jorge Simas che
partecipò alla migliori registrazioni di Samba. Ci sono anche dei dischi dove Luiz
Otavio Braga suona dei Samba col violão sete cordas de aço. Ma ci sono anche giovani
che suonano benissimo Samba: Rafael Mallmith, João Camarero, Julião Pinheiro...

RD: Come cominciasti a suonare il violão sete cordas? E passasti subito a quello o
prima iniziasti sul seis cordas?

TP: Usai direttamente il sete cordas, ma a volte mi piace fare la funzione del seis cordas,
non è un linguaggio che mi è estraneo. Penso che il largo utilizzo che c'è oggi del violão
sete cordas è più che altro a causa di fattori economici. Se in gruppo chiami anche uno
violão seis cordas devi pagare un musicista in più! Credo che sia questo il motivo, più di
qualsiasi altro. E ciò succede ancora di più nel Samba. È chiaro che è importante il
violão seis cordas, ma se non c'è, purtroppo per il pubblico non fa molto differenza.
Inoltre a Rio de Janeiro quasi tutti i bar hanno un'amplificazione pessima e avere un
violão in più crea solo più problemi all'acustica. Poi io non vedo molto la differenza tra
violão seis e sete cordas. Certamente è differente la funzione che hanno, però puoi avere
un violão seis cordas che fa la funzione del sete e viceversa. Lo strumento in sé non fa
molta differenza.
Cominciai a suonare il violão sete cordas nel 2004. Alla fine del 2003 ricordo che

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facevo le baixarias al cavaquinho! Probabilmente già sentivo questo desiderio di
imparare il violão sete cordas. (risate) Poi il violão ha molto più repertorio e orizzonti
più vasti.
Quando ho preso il mio primo violão cominciai a studiare con Luiz Otavio Braga. Mi
insegnò tutte le scale, perché le baixarias sostanzialmente sono passaggi da un accordo
ad un altro utilizzando le scale di questi due accordi. Poi mi insegnò gli arpeggi, i rivolti
degli accordi e ad imparare tutto il repertorio di baixarias. Suonando già il cavaquinho,
sapevo già tutte le armonie di Choro e di Samba e mi misi subito a suonare. Col
cavaquinho avevo pure già imparato le baixarias... Imparai gli accordi e i ritmi. Ecco, la
difficoltà la trovai nell'imparare ad usare la mano destra nei ritmi. Ancora oggi devo
dire che non sento di avere una grande tecnica col la mano destra. Con l' i, m, a ho
ancora problemi e spesso uso solo i e m. Sposto di posizione le dita per utilizzare anche
il mi cantino, non so come ho sviluppato questa tecnica. All'inizio però era ancora
peggio! Suonavo solo con l'indice! Me lo fece notare Paulo Aragão, con cui ho fatto
delle lezioni, e mi disse che Nelson Cavaquinho faceva allo stesso modo. Paulo mi
disse: “Certamente non è così che devi fare, ma non perdere questo modo di suonare
perché è una cosa rara”. Poi ho imparato l'importanza di usare tutte e tre le dita.
All'epoca suonavo il violão sete cordas de nylon. Era un violão di Rogerio Souza.
Ricordo che quando andammo ad acquistarlo vennero mio padre e Paulão Sete Cordas -
un grande violonista - che mi consigliò quello strumento, che secondo lui era valido.
Il mio primo violão sete cordas de aço invece lo comprai nel 2006. Ancora mi ricordo,
il 20 Novembre 2006. Lo andai ad acquistare a Volta Redonda, una città dello stato di
Rio de Janeiro.
A mio parere non c'è molta differenza nella tecnica tra nailon e acciaio, è diversa più
che altro l'intenzione. Quello che suono sul violão di nailon, lo faccio uguale
sull'acciaio.

RD: Parlaci del tuo violão sete cordas de aço.

TP: E' stato costruito dal liutaio Barros, di Volta Redonda. Conoscevo dei musicisti che
già avevano dei suoi strumenti; Pedro Amorim si fece costruire un mandolino, João

216
Bosco ha un suo violão...
Una volta ci fu un Festival di Choro, nel 2006, organizzato dalla Escola Portatil. Fu una
specie di full immersion, a Mendes, una città fuori Rio de Janeiro: Rodas de Choro,
lezioni, concerti, si mangiava e beveva tutti insieme, insomma festeggiavamo fino
all'alba. Barros approfittò della nostra presenza là - perché Mendes è vicino a Volta
Redonda - per pubblicizzare i suoi strumenti.
Così mi mostrò un violão sete cordas de aço, mi piacque e gliene commissionai uno.
Poi ci aggiunsi un buon piezo, il RMC, che non dà proprio un suono fedele al violão
ma, dato che non suono quasi mai in luoghi che non siano amplificati, è ottimo per
togliere tutti i rumori e non creare problemi acustici. Fu Tércio Ribeiro ad installarmelo.
Da quel giorno suonai principalmente con le corde d'acciaio, uso quelle di nailon
quando devo suonare per qualche gruppo di Samba più fine oppure quando ci esibiamo
solo voce e violão.
Poi ho un altro violão sete cordas de aço, un Do Souto degli anni '80. A volte uso anche
quello, ma non ha un buon piezo.

RD: Che corde usi?

TP: Uso le D'Addario. Le corde sono un problema per me! Col mio modo si suonare mi
si rompono frequentemente solo il Re e il Sol. Ci sono due modi di comprarle, o su quel
sito www.stringsbymail.com, che però mi obbliga a comprare tutto il set, oppure
quando qualcuno va negli Stati Uniti mi faccio portare le corde singole. Tutto il set è
molto caro, qui in Brasile costa 150 Reais... solo per due corde! Di Mi e La ne avrò
trenta di riserva mentre di Re e Sol sono sempre al limite, due o tre. Così quando arrivo
ad avere pochissime corde di riserva, o aspetto che qualcuno vada negli Stati Uniti per
comprarmele singole o devo per forza comprare tutto il set. Come capisci 150 Reais per
due corde non è molto conveniente. Mentre la settima e il Mi e il Si di nailon non le
cambio mai. (risate) Poi se mi si rompono all'altezza del ponte gli faccio un nodo e le
riutilizzo. Giusto quando faccio degli spettacoli importanti cambio le corde, se sono
invece in una Roda de Samba per esempio, anche se si rompono non mi faccio troppi
problemi.

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Invece le chiavi del mio violão non sono originali, quando fu costruito non furono
calibrate bene e tendevano a rompersi. Così ho dovuto sostituirle con delle chiavi
tedesche.

RD: Come è stato il tuo studio del violão sete cordas?

TP: Io non sono mai stato un grande lettore di spartiti. Nel 2008 feci un corso di musica
più teorico e ho frequentato anche la Faculdade de Música della Universidade Federal
de Rio de Janeiro. Avevo fatto il concorso per entrare alla UNIRIO, che era più rivolta
alla musica popolare, ma non entrai. Non passai alla UNIRIO perché non ero molto
bravo nel solfeggio. Mi piaceva l'idea di imparare a scrivere arrangiamenti, ma non ho
mai avuto una grande costanza nello studio. Io non suono mai il violão a casa! Lo uso
solo quando devo suonare in qualche Roda o concerto! Non è assolutamente positivo,
ma è così. Ma mi capita spessissimo che quando non suono per un'intera settimana, a
causa del mio lavoro di giornalista che mi impegna molto, poi suono meglio! Molti
amici mi dicono: “Ma come fai a suonare così e non esercitarti mai a casa! Suoni meglio
dell'ultima volta che ci siamo visti!”.
Ma il mio percorso di studio è stato ascoltare tantissimi dischi, cercare di ripetere le
baixarias che sentivo; questo probabilmente anche perché non leggo bene. Fermare il
disco, riascoltare, magari scriverlo su uno spartito.
Poi il metodo di Luiz Otavio Braga “Violão Sete Cordas: Teoria e Pratica” mi aiutò
molto. Mi servirono tantissimo le diteggiature delle baixarias che scrisse; semplificò
tutto il lavoro che avevo fatto ad orecchio. Perché di alcune baixarias magari sbagliavo
la posizione delle dita e mi complicava l'esecuzione.
Dino Sete Cordas diceva che il violão sete cordas si suona solo fino al quinto tasto. Non
c'è bisogno di usare tutto il manico del violão. Anche io sono più sicuro solo su questa
parte del manico e infatti non sono mai stato un solista di violão sete cordas, neanche di
cavaquinho. Mi è sempre piaciuto accompagnare. Forse perché non ho mai imparato a
leggere bene, non saprei.
Un evento che cambiò molto il mio approccio al violão fu quando partecipai ad un
musical a Rio de Janeiro che si chiamava “Sassaricando” dedicato alle marce di

218
carnevale. Fu un musical che rimase per dieci anni in cartellone. Il mio grande
riferimento di violonista sete cordas, oltre a Dino chiaramente, è Luís Filipe de Lima.
Amo il suo modo di suonare. Registra dischi con tantissimi artisti, sia di Choro che di
Samba. È il violonista che cerco di imitare maggiormente. Lui è un grande studioso del
violão, ha scritto anche una tesi di dottorato sul violão e diversi articoli. Luís Filipe mi
chiese di fare la direzione musicale dello spettacolo. Fu molto difficile ma istruttivo
poiché dovetti scrivere l'adattamento di musiche che erano contenute in un disco per un
grande

Illustrazione 133 Luís Filipe de Lima

ensemble; mi fece crescere moltissimo. Inoltre in tutti questi anni di rappresentazioni


suonavo al posto di Luís Filipe quando non poteva essere presente. Poi mi chiese di
partecipare allo spettacolo “O Rio inventou a Marchinha”, che fu un musical molto
simile però dedicato ai Samba di carnevale, che non sono come i Samba Enredo, sono

219
fatti esclusivamente per il carnevale.
In quel momento cominciai ad allontanarmi un po' dallo Choro per questioni di mercato.
Lo Choro non funzionava più e mi dedicai più al Samba. Feci spettacoli, Rodas de
Samba, girai molto.
Solo ultimamente ho ricominciato a suonare più Choro, ma a Rio de Janeiro continua ad
avere poco mercato. Raramente mi capita di guadagnare con lo Choro. Il novanta per
cento del mio lavoro è col Samba.

RD: E quali differenze ci sono per il violão sete cordas tra Choro e Samba?

TP: La funzione del violão sete cordas nello Choro è più di accompagnamento, mentre
nel Samba è più di contrappunto. Addirittura più che nello Choro! Nel Samba mi sento
più libero poiché ci sono più percussioni che, insieme al cavaquinho, completano
l'accompagnamento. Il violão sete cordas è più libero di muoversi.

RD: Usi la dedeira?

TP: Una mia particolarità è che non riesco a suonare senza dedeira! Anche se non devo
fare le baixarias.

RD: Non hai neanche le unghie.

TP: Tempo fa andavo dalla stessa manicure di Yamandu Costa. Quella che si vede nel
film di “Brasileirinho” di Mika Kaurismaki. Fu Yamandu a darmi il suo contatto. Ma
smisi presto. Oggi penso che neanche se avessi le unghie riuscirei a suonare senza la
dedeira. Solo su i, m, a tengo le unghie, ma non le curo per niente. Non le limo mai e se
si rompono non le ricostruisco, non ci faccio troppo caso. Mi servono per sapere quando
suono tanto o poco, da quanto sono consumate! Poi se suono bene non mi si rompono e
questo è un altro indice delle performance.
Questa è una storia divertente. Per un periodo ho giocato a calcio con Yamandu tutte le
settimane, con squadre composte solo da musicisti. Yamandu gioca bene! E lui giocava

220
indossando i guantoni da boxe per non rovinarsi le mani! (risate) Tra i giocatori c'erano
anche Rogério Caetano, Luiz Claudio Ramos, Itiberê, João Cavalcante...

RD: Con questa paura di rovinarsi le mani chi faceva il portiere?

TP: Nessuno voleva fare da portiere. Litigavamo sempre! Per fortuna nessuno mai si
fece male alle mani, solo qualcuno una volta si ferì il ginocchio. Ma la mano era sacra,
non si toccava.

RD: Cosa ci puoi dire delle baixarias? Nella Roda sono improvvisate però è un
linguaggio che va studiato.

TP: Chiaramente sono improvvisate, però ci sono delle baixarias caratteristiche a cui
riferirsi e da inserire nel proprio repertorio. Poi ognuno conserva quelle che sente più
proprie. Capita spesso che ascoltando una baixaria in un disco si possa dire questa è
“alla Tiago”, “alla Valter Silva”... Le mie devo dire si riferiscono molto alle baixarias di
Carlinhos 7 cordas che sono molto ritmiche, con molto attacco e utilizzano spesso le
note di volta.

221
Illustrazione 134 Carlinhos 7 Cordas

Per esempio quelle di Rogério Caetano vengono da tutta un'altra scuola, sono baixarias
dense di note e suonate molto forte. Quelle di Valter Silva sono più divertenti con
incursioni di diversi generi, fino al rock 'n roll... sono divertenti!
Ecco a me piace questo modo divertente di suonare. Il violão sete cordas ha questa
peculiarità di far sentire nello Choro contaminazioni da altri generi. A volte mi dicono
che io lo faccio anche troppo, ma è ciò che mi diverte di più. Giocare coi malandragem.
A volte ciò incide sulla pulizia del suono, io infatti suono molto sporco. Me l'ha fatto
notare Maurício Carrilho proprio l'anno scorso!

222
Illustrazione 135 Valter Silva

RD: Secondo te è possibile per un musicista non brasiliano far proprio il linguaggio del
violão sete cordas?

TP: Io credo che molti chitarristi italiani oggi stiano dimostrando di avere un’ottima
padronanza del linguaggio brasiliano. Soprattutto non crediate che tutte le Rodas de
Choro in Brasile siano di grande qualità come si possa immaginare. Devo dire che il
grandissimo lavoro di sensibilizzazione dei brasiliani rispetto allo Choro promosso dalla
Escola Portatil, ha avuto però anche un risvolto negativo. Con la massificazione della
divulgazione dello Choro, ha anche compromesso la qualità musicale intorno
all'universo delle Rodas. Molti musicisti si sono formati più in qualità di amatori che di

223
professionisti. Fino ad alcuni anni fa c'erano poche Rodas de Choro aperte a tutti dove
però partecipavano musicisti di grande spessore, mentre oggi – magari anche se si è
riscontrato un aumento delle Rodas – ci sono molti che non conoscono completamente
il linguaggio dello Choro. Capita spesso di trovare un pandeirista che crea solo
confusione, persone che suonano soltanto se hanno gli spartiti... Non che quest'ultimo
sia un problema, ma sicuramente si sono perse, con questa globalizzazione dello Choro,
delle pratiche tradizionali di grande valore. Anche il “Bandão” - centinaia di musicisti
che suonano insieme - è sicuramente una iniziativa culturale importantissima, ma allo
stesso tempo non trasmette quei valori importanti che si sono acquisiti in tanti anni di
storia dello Choro. È un ottimo movimento culturale, ma non dal punto di vista della
qualità della musica. Mi sembra impossibile migliorare come musicista se ci sono trenta
violões o venti flauti che suonano insieme a te. Ma ciò che secondo me crea più
problemi di ogni altra cosa è il pandeiro; se non fosse mai entrato nel gruppo di Choro
sarebbe stato meglio! (risate)
I l pandeirista deve veramente essere un'ottimo musicista; basta che il pandeiro suoni
male e tutta la Roda perde di qualità. Secondo me la nozione principale che deve avere
un percussionista è saper “contare errato”. Sapere dove sono gli stacchi e ricominciare
al momento giusto.

RD: Secondo te leggere lo spartito in Roda è una forte limitazione?

TP: Guarda, l'orecchio lo alleni quando partecipi a molte Rodas, vedi come suonano gli
altri musicisti e ascolti principalmente Choro. Come ti dicevo, oggi anche a Rio de
Janeiro ci sono sempre meno persone che suonano a memoria. La stessa diffusione
massiccia di spartiti ha contribuito a ciò. Ma comunque ti dirò che comunque ci sono
grandissimi musicisti giovani, e anche coloro che leggono gli spartiti stanno avendo
ottimi risultati. Insomma per quanto le Rodas abbiano perso un po' in qualità, questo
grande movimento mantiene altissimo il livello dei musicisti brasiliani, suonino essi ad
orecchio o con gli spartiti.

224
RD: Secondo te la Roda de Choro è un luogo dove imparare a suonare lo Choro?

TP: Nella Roda si imparano i malandragem ovvero quel modo di suonare divertente
tipico dello Choro. Per questo è importante non essere chiuso nello spartito. Non tanto
perché è brutto esteticamente vedere qualcuno che suona con lo spartito davanti, ma
perché ti toglie quell'aspetto d'intesa visiva con gli altri musicisti. Rischi di non riuscire
a vedere quello che gli altri stanno facendo. Chiaramente la tecnica si impara con gli
insegnanti o da solo, ma nella Roda si apprende lo spirito dello Choro. Entri nell'anima
della tecnica. E poi è un modo per stare insieme ai propri amici; infatti è tipico
organizzare in casa di qualcuno una festa per suonare. Leonardo Miranda per esempio,
un mio caro amico, organizzava un Roda de Choro a casa sua ogni settimana. Riuniva
tutti, Joel Nascimento, Maurício Carrilho, Henrique Cazes... Qualsiasi occasione di
festeggiare è veicolata al suonare.

Illustrazione 136 Conjunto Sarau: Bruno Rian (mandolino), André


Bellieny (violão sete cordas), Sergio Prata (cavaquinho), Carlos
Agenor (pandeiro)

225
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233
APPENDICE

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