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Testimonianze

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Luciano Bolis

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Il mio granello di sabbia
Prefazione di Ferrueoio Parri

1946
Giulio Einaudi Editore
Prefazione

Come già Iacopo Ruffini, Luciano Boli-s, pngwniero dei


fascisti, si sega le vene dei polsi. E' poiché il flusso del sangue
ristagna, ed egli vuol morire e deve morire, lucido e impla-
cabile infierisce contro se stes.~o, e tagliuzzati vanamente i
polsi cerca la carotide, sega i vasi del collo, affonda le dita
e dilata l'orrenda ferita e strazia inumanamente le proprie
carni, perché « sorella morte » non mrau:hi e 110n tardi.
Un anno è passato e Bolis, che si è salvato per miracolo,
parla ancor penosamente, ancor quasi afono. Parlano di piU,
e interrogano, i suoi occhi vivaci, un po' confidenti, zm po'
franchi e indagatori.
Nei su~i occhi ho cercato il segreto di tanta forza d'animo
cosi inumana e sovrumana. L· ho spinto io stesso a scrivere
per noi la sua esperienza. E ne è vemtta questa straordinaria
e puntigliosa confessione. -
l lettori ignari dell'atrocità angosciosa della nostra lotta
contro fascisti e nazisti irwrridironno. E se.nti'ranno - spero
- che delitto fondamentale della guerra scatenata da questi
due regimi è stato l'aver rimestato i fondigli tenebrosi iJel.
l'animo umano, è stato l'aver sfrenato e glori fìcato l'odio e
la malvagità bestiale. La fragilità di quella crosta di abitu-
dirti che noi chiamiamo la 1wstra civiltà è stata l'esperienza
- credo - piu angosciosa di questi a~mi che hanno prefì.-
gurato il regno dell' A'llricristo in terra.
Ma Bolis è per noi il rappresentante esemplare, miracolo-
samente vivo, di quella schiera di compagni, da Ceva a

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Ginzburg a Masia, antichi e recenti, 1wti e ig~wti, pianti t:>
dimenticati, che ci hanno insegnato e ci insegnano a sapere
Nota
per le nostre idee, e per le responsabilità che esse ci addos-
sano, puntualmente pagare.
« MAURIZIO »

Questa cronaca di una vicenda occorsami a Genova negli


ultimi tempi della dominazione nazifascista ho scritto vin-
cendo la naturale ritrosia per aderire alle affettuose soUeci-
tazioni dei compagni genovesi, ai quali la dedico a ricono-
scimento della coraggiosa assistenza prestatami e in ricordo
deUa solidarietà che ha caratterizzato il precedente periodo
di lotta in comune.
Essa non ha pretese letterarie - certe cose per me è piu
facile farle che scriverle - né intendimenti polemici. Non
quindi difesa della tesi del suicidio né atto di accusa contro
i nemici, non giustificazione del proprio comportamento e
neanche esaltazione del sacrificio compiuto, ma semplice espo-
sizione di fatti e chiarificazione di circostanze, alternate al
ricordo di quei pensieri e stati d'animo che mi è sembrato
indispensabile alla comprensione dell'insieme e fors'anco di
per se stesso interessante, non essendo di tutti i giorni l'espe-
rienza di un suicidio mancato.
L'unico pregio di questa storia è dunque l'assoluta auten-
ticità di quanto vi si narra, la quale ho osservato anche
quando tacere un particolare poteva solleticare il mio natu-
rale amor proprio o il richiamarne un altro offendere la
modestia. Se vi ho usato molti superlativi, ciò è dipeso in
parte dall'inadeguatezza dei miei mezzi espressivi, e in parte
proprio da quell'assoluto desiderio di verità che me li ha
fatti usare dove mi sembrava che il momento li richiedesse;
allo stesso desiderio di verità attribuisco anche l'uso della

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prima persona, che pur mi spiaceva per evidenti motivi, nw
cui mi attenni alla fine, sembrandomi inutile artifizio di
retore far figurar scritto da altri quello che solo io potevo
scrivere perché solo io potevo sapere.
Questo lavoro ha avuto precipuamente il còmp~to di fis·
~>are sull4 cctrta quei dati che il _tempo potrebbe contendere I
alla memoria e di occupare in qua.lche modo le ore piu noiose
di une~ forzatamente lunga e solitaria convalescenza: non penso
du.nqz~ che questa narrazione possa interessare alcuno fuori Quel giorno non potevo disporre della mia segretaria
della cerchia delle persone- già numerosa peraltro- che vi perché come al solito andasse a ritirare l'eventuale corri-
sono direttamente interessate o per aver partecipato ai fatti spondenza al recapito clandestino di via Granello 29, sede
o per essersi trovate negli ambienti che in essa si richiammw, della ditta Peruzz.i. Mi ci recai dtmque personalmente ma
persone alle quali avrei l'ambizione di procurare cosi un'ora notai con stupore un capannello di persone dinanzi alla
di nostalgia; ma se altro piu impegtwtivo avvenire le fosse saracinesca abbassata; tra queste una lavorante del Peruzzi
riservato, non vorrei si attribuisse allo scrivente la presunzio11e che mi conosceva di vista mi fece segno di allontanarmi.
di ritenere la propria vicenda qualche cosa di eccezionale e Intuii a volo: Peruzzi era stato arrestato.
di intrinsecamente deg.rw di esser narrato. Entro in un caffè per accertarmi di non essere seguito e
Ho invece coscienza che il mio sacrificio non sia che il infine, rinunciando per il momento a recarmi nel mio ufficio
granello di sabbia di un deserto e la mia vicenda non rappre· ove pure poteva esser successo qualcosa, mi ficco in un cinema
senti se non lo sforzo e le sofferenze di un uomo tra lo sforzo per lasciar stendere un po' i nervi e pensare al da farsi,
e le sofferenze di una moltitudine di altri uomini che come lui perché tanto per la strada quanto al caffè in quel periodo
e piu di lui hanno lottato e sofferto, e i migliori dei quali non ci si stava troppo bene, causa i rastrellamenti.
certo non sono oggi in grado di scrivere nessuna storia. La sera evito di tornare a casa. Abitavo infatti presso
Riterogo inoltre sia dovere dei sopravvissuti il fare la storia una persona presentatami dallo stesso Peruzzi, che però io
dei propri « granelli di sabbia >> perché anche chi, per circo· faccio avvertita di stare in gual'dia e di procurarmi schiarì-
stanze o insensibilità, non abbia fatto parte di quella che piu menti sull'accaduto. Per dormire ripenso dapprima a una
sopra ho chianwto « moltitudine » sappia che somma di valori, casa equivoca dove altre volte avevo trovato alloggio in situa-
in sacrifici di sangue e di volontà, è costata questa rwstra Libe. zioni simili (c'era il gran va'lltaggio di non dover presentare
razione, e apprenda a rispettare quel nome di « partìgiano >> documenti come negli alberghi), ma debbo scartare questa
che troppi ancor oggi gratificano della loro vacua sufficienza. ipotesi perché in quella casa ero stato portato la prima volta
LuciANo Bous proprio dal Peruzzi. Fortunatamente riesco a trovare alloggio
Santa Caterina di Valfurva, settembre 1945. in un bagno di casa sinistrata, presso amici .

lO ll
prospettiva di dodici ore di viaggio. lvi apprendo che la
Per il giorno dopo, sabato 3 febbraio, avevo (~onvocato linea è ÌJnterrotta a causa di un bombardamento « angloas-
il comitato dell'Unione in un locale di casa sinistrata appo- sassino » e non mi resta che passare la notte in stazione, col
sitamente predisposto che avremmo usato per la prima volta viso nascosto e il cuore ghiacciato dalla paura delle ronde.
(per sistema non ci riunivamo piu di una volta o due nello n giorno dopo mi reco in un altro (( rifugio )) dove potevo
stesso locale), e per quella riunione mi occorrevano delle di solito lavorare un po' con calma (la biblioteca dell'Uni-
carte che si trovavano nella sede clandestina del Partito in veTsità), e vi trovo l'avvocato Gabanizza, con il quale avevo
via Brigata Liguria l (dove, ,dj fronte alla legge e ai terzi, proprio allora un appuntamento che avevo già fatto disdire.
figuravo amministratore di stabili). Preso il coraggio a due All'imbnmire mi reco SlÙla camionale e vi aspetto per qual-
mani, ci vado con le debite precauzioni, constato che non che ora un qualsiasi mezzo di fortuna che mi porti verso
era « caduta », prelevo quanto mi occorre e lascio le cose Milano, ma inutilmente. C'è si nn camion di Brigate Nere
come se per un pezzo non vi dovessi piu ritornare. Non si al quale coraggiosamente mi avvicino, ma quando mi si chif'·
sa mai ... dono i documenti di lavoro penso bene di svignarmela perché
All'ora fissata, davanti all'edificio destinato alla riunione, i miei erano a firma Peruzzi (figuravo nientemeno che di
già due amici mi attendevano. Faccio loro strada, apro l'ap- essere al servizio delle S.S. tedesche!)
partamento predisposto e ritorno abbasso a·d attendere gli Altra 111otte ·di fortuna. L'indomani trovo finalmente un
altri, evitando per quanto possibile la sorveglianza del cu- posto su una macchina della C.I.T. Pago le 4800 lire richieste
stode (che mi aveva già visto salire con i primi due). e penso di far venir l'ora della partenza nella solita biblio-
La riunione si svolge regolarmeJUte. Alla fine della stessa teca dell'Università. Ma ecco che in via XX Settembre
faccio presente ai compagni il caso del giorno prima e la incontro un compagno che, disgustato di non so piu che cosa,
mia conseguente « bruciatura », ma esigenze di lavoro richie- pensa di lasciar baracca e burattini e di andarsene in cam-
dono che una persona si rechi al piu presto al Comando pagna per qualche tempo. Lo convinco invece a restare e
Generale di Milano (si trattava, tra l'altro, di ritirare i fa- riprendo la mia strada quando mi sento chiamare: - Ohè,
mosi quindici milioni mensilmente destinati ai partigiani Bolis! - Faccio un salto per aria, perché nessuno letteral-
della Liguria) e io vengo pregato di volermi addossare la mente a Genova sapeva il mio nome, e mi trovo davanti un
missione. Oltre tutto, ne avrei approfittato per prevenire la mio vecchio compa~no d'armi {ho saputo poi che era un
partenza del ' corriere, atteso proprio in quei giol'lllÌ, il quale, « sa p pista >>) che mi aveva riconosciuto malgrado i travesti-
capitando fresco fresco nel negozio del Peruzzi arrestato, menti (niente piu barba, occhiali, eccetera). Lo saluto in
sarebbe andato incontro a grossi guai. fretta perché temo di sentirmi chiedere: « Cosa fai a Ge-
Nella giornata successiva ritorno in ufficio peT il preleva- nova? >> e mi avvio di corsa verso un filobus che stava per
mento di altri documenti, sbrigo le pratiche in corso piu partire da piazza De Ferrari. Sto già per salirvi quando
urgenti, mi congedo da taluni amici e la sera mi avvio alla quattro braccia robuste - due giovanotti in borghese - mi
stazione per prendervi l'unico treno della giornata, con la
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afferrano per di dletro e mi portano di peso qualche passo relazione la cosa con l'arresto di Peruzzi, che solo in tulta
p ili in là: - Non gridare o spariamo. Si tratta solo di un Genova mi conosceva come Colombo. - Se sapessi da quanti
accertamento. Potrai prende1·e il filobus successivo - . lo ho giorni ti cerchiamo! Pensa che abbiamo persino arrestato al
capito subito la storia del filobus successivo, perché già una tuo posto un altro Ettore Colombo, proprietario di un risto-
volta, qualche anno prima mi avevano detto : - Venga un l"ante cittadino, che poi abbiam dovuto rilasciare. Un pan·
momento in Questura, - e poi c'ero rimasto dodici mesi, cione come quello non poteva esser pericoloso.
e se non fosse stato per il 25 luglio ci sarei rimasto ancora Frattanto al gruppo si unisce nn ufficiale delle Brigale
non so quanto. Nere in divisa, al quale uno dei due in borghese assicura:
In quei momenti si sente una gran vampata di sangue ~ È proprio lui. Lo riconosco - . Anch'io lo guardo meglio
alla faccia e ullla gran voglia di sedersi per terra, ma si sa e lo riconosco a mia volta.
che invece bisogna mostrarsi naturali (o meglio spazientiti, Era un tizio che senza la mia autorizzazione il Peruzzi,
perché è naturale che un « signore per bene » in simili fran- nella sua ingenuità, mi aveva presentato una volta nel suo
genti si senta spazientito); del resto mi sono ricordato subito negozio ( - Questo è Colombo, inviato da Milano per rior-
che solo alcuni mesi prima ero stato fermato allo stesso modo ganizzare il Comitato di Genova-) come partigiano sfuggito
da alcuni « briganti neri » con tanto di mitra spianato e a un rastrelJamento e bisognoso di mezzi e di documenti
<< mani in alto >> per una via di La Spezia mentre viaggiavo falsi, del che io l'avevo fornito il giol:lno successivo, natural-
(su un camion di S.S. tedesche) alla volta di Apuania, e che mente dopo aver esaminato le prove eh 'egli aveva con sé a
il metodo de] « signore per bene >> aveva fatto ottima prova convalidare' la propria posizione di partigiano, che mi erano
perché ero stato rilasciato il giorno stesso, malgrado il mio parse buone. (Seppi in seguito che il disgraziato, in origine
passaggio fosse stato segnalato come quello di una pericolosa ufficiale della « Monte Rosa », poi disertore ed effettivamente
«spia », e malgrado mi trovassi anche allora carico di docu- partigiano, era stato rastrellato e condannato a morte dalle
menti compromettenti (che feci sparire parte deglutendoli Brigate Nere, delle quali, per aver salva la vita, si era infine
strada facendo e parte servendomene come carta igienica messo al servizio in qualità di spia e agente provocatore.
sotto gli occhi ignari del piantone, avendo ottenuto, con una Pare che sia stato tolto di mezzo, poco prima dell'insurre-
scena strazia111te, di interrompere l'interrogatorio per riti- zione, dalla stessa «Monte Rosa», forse perché da ultimo
ranni un momento a causa di una forza maggiore). aveva tentato il « doppio gioco »).
Anche questa volta mi si chiedono i documenti, ed io All'atto in cui lo riconobbi tutta la difesa cui pensavo di
con gesto sicuro e signorile estraggo le mie carte intestate attenermi cadde di colpo. Non potevo piu negare tutlo.
a Ettore Colombo. Non fa11no a tempo a prenderne visione Qualcosa dovevo pur ammettere dal momento che ce n'erano
che gridano: - È lui! È lui! - mi guardano in faccia le prove. Ma quali altre prove sarebbero poi saltate fuori?
pregustando chi sa che ~sa e spiccano salti di gioia. Io Momenti di ansia indicibile, ma - devo dirlo - i nervi mi
continuo a far lo gnorri, ma dentro di me pongo subito in resero anche allora degli ottimi servigi.

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Risalendo a piedi la via XX Settembre in siffatta compa-
tasca c'erano ancora i verbali delle ultime riunioni e due
onia scartai subito l'idea di tentare una fuga tra la gente e
t:> '
le rovine. Altri miei amici, tra cui Piero Caremoli e ergw
s . lettere di « Cesare» a cc Carli >> e «Maurizio». Come fare?
Chiesi una volta di poter prendere il fazzoletto dalla tasca.
Kasmann, avevano già pagato con la vita la stessa idea. «A~­ Macché! Niente da Ia;re: dovetti fingere di soffiarmi il naso
ch'io - pensavo - sarei colpito .dopo pochi passi. Megho con le mani. Eppure, a un bel momento, mentre si aspettava
dunque sperare nella dialettica e 111ella fortuna». Ma avevo il tram, tutti quei fogli mi scivolarono quietamente dietro la
in tasca documenti che mi bruciavano e che avrebbero reso schiena (e, manco male, non si presentò allora il solito vec-
vana qualsiasi difesa se mi fossero stati trovati addosso. chietto gentile: - Guardi, signore, che ha perso qualcosa).
Si può proprio dire che i bisogni corporali sono una gran Ormai mi ero sbarazzato di ogni peso indigesto. Nella
cosa, perché anche in quel frangente non trovai altro santo valigetta avevo solo effetti personali. Trassi un respiro di
al quale votarmi e mirai all'orinatoio di piazza ·della Vittoria sollievo. cc Io ci sono già, ma almeno non prenderanno altri n.
con tutte le forze del mio essere intellettivo e volitivo. Natu- Sul tram un mio tentativo di corruzione non ebbe seguito.
ralmente la mia richiesta venne bocciata con un sorriso che Evidentemente speravano che da me si potesse cavar fuori
voleva dire: « Conosciamo il trucco! » Mi sentii spacciato, qualcosa ·di piu che misere trentunmila lire, quante avevo in
pur tuttavia insistetti ed ebbi l 'illuminazione .di chiedere in tasca in quel momento.
linea subordinata (a suffragare la verità dei miei bisogni) che Scendiamo e ci dirigiamo verso un palazzo che io non
mi lasciassero almeno orinare contro il muro. avevo, per la verità, mai osservato. Entrando, uno dei due
Non che la cosa commovesse i miei accompagnatori, ma mi dice, tanto per farmi coraggio: - Questa è la famosa
piu probabilmente per la tema di promuovere uno scandalo «Casa dello Studente>>. Ne vedrai delle belle. Non hai mai
(io minacciavo già di passare alle vie di fatto ... ) il gran pre- senti.t o degli strani rumori, passando nelle vicinanze, la
mio mi fu concesso. E qui avvenne l'inverosimile, perché notte? - Evidentemente alludeva ai gemiti dei torturati.
tenendomi i due sempre per le braccia ed osservando che le Perquisito e accompagnato in una cella sotterranea, mi
mani non compissero movimenti estranei all'operazione cui fanno firmare un foglio (che gioiello, questa legalità repub-
attendevo, riuscii ad estrarre da una tasca il mio libretto di blichina!) contenente l'elenco delle varie cose sequestratemi,
annotazioni e a !asciarlo cadere senza che se ne accorgessero. ove tra l'altro si parlava di ventiseimila lire in luogo di tren-
(Non ne avrebbero, è vero, capito gran che, perché tutto, tunmila. Evidentemente avevano contato male.
dagli indirizzi agli orari degli appuntamenti, vi era segnato Naturalmente niente mangiare. Nel pomeriggio m'intro-
in modo convenzionale e comprensibile a me solo, ma in ducono in una vasta sala del pianterreno, credo la sede
ogni caso come avrei potuto spiegare la presenza nelle mie del Comando.
tasche di un libretto con tutti quei segni?) Al posto di centro c'è un maggiore delle Brigate Nere
Ad operazione finita, com'è naturale, i due mi strappa- (con monocolo, guanti e frustino), tutt'attorno altri ufficiali
rono via, ed io pensavo con raccapriccio che m un'altra sottufficiali e gregari - una ventina di persone in tutto -

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nell'atteggiamento caratteristico di chi si prepara ad assistet'e
di qualche particolare, sempre mi attenni negli interrogatori
a uno spettacolo. Esordisce il maggiore, che evidentemente successivi e nella quale, bisogna riconoscerlo, tutte le parole
voleva procedere in bellezza, dandomi del voi e chiaman- erano pesate. Eccola in breve.
domi «signor Colombo», per dirmi, come avrà detto a _ Orfano, figlio unico di genitori milanesi (vedi il co-
tutti, che loro avevano saputo che io un giorno avevo giurato !!llome), lasciai Milano da piccolo e vissi sempre nell'Italia
che mi sarei tatto ammazzare piuttosto che tradire i com- ~entrale, ove feci anche il militare, e poi il musicista e l'in-
pagni, dopo di che soggiunse con simulata tristezza: - Ma segnante. Lasciata Firenze per tema dei bombardamenti, mi
noi allora saremmo costretti a farvi parlare con altri mezzi· spostai nell'Italia del Nord, ove vissi nascosto per evitare i
Vi assicuro che non ci mancano... - prosegui con un riso- rastrellamenti del lavoro (figuravo del '12, quindi esente da
lino. - Passiamo ora all'esame dei documenti - . lo ne obblighi militari), prima a Milano e poi a Genova. Per
avevo sei o sette (di identificazione, militari, di lavoro, ecc.), questo non vi conosco nessuno fuorché il Peruzzi, pur egli
tutti molto ben fatti, concol"danti nei dati ma naturalmente toscano. Non mi sono mai occupato di politica, ma recente-
falsi, tali cioè che sarebbero risultati alla prima indagine mente, per sopperire alle necessità della vita, ho accettato
non rilasciati dalle rispettive autorità. Feci allora il bel di fare qualche servizio per conto di un signore cosi e cosà,
gesto di dichiarare: - Sono tutti falsi, eccetto la carta di conosciuto in un ristorante, il quale appunto mi preparò la
identità, - (non volevo che il mio vero nome saltasse fuori). carta d'identità in questione.
- Che il documento militare fosse falso l'avevo già capito, - E dove lo trovavate quel signore?
- soggiunse il maggiore pavoneggiandosi con sussiego; - - Tutte .le sere all'ora tale all'angolo tale.
non si portano occhiali quando si è ufficiali di aviazione - . Naturalmente la sera stessa ci fu un'irruzione in quel
«Pezzo d'asino, - fui tentato di ribattergli, - ma non ti punto, ma « il signore >> non fu trovato.
accorgi che questi sono occhiali di vetro? », ma tacqui per - Passiamo oltre. E queste chiavi cosa aprono?
prudenza. La pelle mi era cara ancora. Avevo infatti in tasca un mazzo ,dj ben sette chiavi. Con-
- Noi sappiamo che voi siete uno dei capi del Comitato fesso che a quello non avevo pensato, pur tuttavia la risposta
di liberazione. venne pronta :
- Ci dev'essere uno sbaglio. - La mia casa di Firenze.
- Allora mi spieghi come ha potuto fornire al signore Qui mi arrivò improvviso un pugno che mi tolse netto
qui presente, - e additò il delatore, - una carta d'identità un dente: evidentemente non l'avevano bevuta. D'altra parte
falsa del Comune di Genova ~da un giorno all'altro. io non potevo che insistere.
Io pensai un momento all'infaticabile La Rosa e all'ar- Erano in realtà le chiavi della segreteria e archivio regio-
mamentario che teneva nascosto in casa, e giurai tra me: nali, del deposito stampa, del locale dell'ultima riunione e
« Non lo saprai mai da chi l'ho avuta )). della mia piu recente abitazione. Ce n'era abbastanza per
Mi diedi allora a raccontare quella storia cui, arricchita metter dentro mezza Genova.

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Su infiniti altri punti batterono, in contestazione con i circostanze piu ovvie della mia vita genovese, quali il risto·
verbali del Peruzzi: come l'avevo conosciuto, dove vivevo, rante ove mangiavo, il parrucchiere di cui mi servivo, ecc.,
ecc. Ora, per i profani di queste cose, è forse utile chiarire perché ciascheduna di queste circostanze poteva costituire
che c'è distinzione tra imputazioni di carattere vago, che si una prova spaziale o temporale che mi vincolasse _a dichia-
possono negare, e imputazioni appoggianti su prove (anche razioni suceessive o, peggio, mi facesse cadere in contrad-
déposizioni di altri), riguardo alle quali la negativa non dizione con quanto nella mia deposizione ci doveva essere
serve, perché, nel dubbio, chi interroga parte dal presup· di effettivamente e forzatamente falso.
posto che l'imputato è colpevole e mente per scolparsi. D'altra parte non c'è cosa che faccia imbestialire tanto
C'è poi qualche cosa che bisogna assolutamente dichia· chi interroga quanto il mutismo dell'interrogato, e io avevo
rare se non si vogliono aumentare i sospetti, e cioè: dove si è tutto l'interesse a che l'ambiente a me d'intorno non si fa-
dormito l'ultima notte, con che proventi si vive, che cono· cesse piu bestiale di quanto già non fosse per indole e
scenze si hanno, ecc. Quando uno è tratto a un interroga· costituzione.
torio di polizia dalla propria vita normale, ha si da rispon· In definitiva il mio gioco si ridusse a far la parte del
dere delle imputazioni specifiche che gli si muovono, ma tonto e a minimizzare per quanto possibile le mie respon-
potrà sempre dire qualcosa della propria vita reale che possa sabilità.
trarre in inganno o fornire un'attenuante o costituire un In quest'azione debbo dire che la presenza di spirito non
alibi. Ma quando uno viene ·d alla vita clandestina, tutto gli mi venne mai meno. Anche una volta che, sotto la pressione
è contro e difficilissimo è rispondere . . delle torture, mi sfuggi il grido di: «Mamma!», ricordan-
Infatti, se palesavo qualcosa della mia vita privata, cioè domi subito che dovevo farmi passare per orfano mi correst;Ì
della vita vera di Luciano Bolis, la quale si era interrotta aggiungendo: - Mamma! Tu sei morta. Voo-lio vel!ire con
quando avevo cambiato nome ed ambiente, potevo incorrere te - . Ma di quésto dirò con ordine a suo tempo. "
nel rischio di esser riconosciuto come Lucia'llo Bolis, il che Il comportamento del Pe1·uzzi lo ricostruii dopo. Era
appunto volevo evitare per ovvie ragioni. Ma presentandomi stato arrestato da quel delatore. Il negozio fu piantonato
come Ettore Colombo non avevo una vita privata giustifica- perché io, prima o poi, ci incappassi. Il Peruzzi non rivelò
bile ai loro occhi su cui poter contare, perché come Ettore mai il mio domicilio (noto a lui solo in tutta Genova), ma
Colombo io non avevo compiuto che atti fuori della loro appunto per la speranza ch'io non sarei stato preso e per
legalità (a partire dalla stessa creazione di questo personag· non essere obbligato a fare il nome ,d j altri, caricò sulle mie
gio arbitrario non iscritto in alcuna anagrafe), od almeno spalle anche certi conticini con i quali in coscienza io non
atti palesando i quali poteva esser portato qualche lume avevo proprio a che vedere (ad esempio il materiale di pro·
a quell'attività cospirativa che parimenti mi premeva di paganda che gli era stato trovato in negozio).
nascondere. Comprendendo che una mia smentita al suo verbale lo
Cosicché io vedevo l'inopportunità di rivelare anche le avrebbe danneggiato, io, dopo qualche esitazione, mi ad·

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dossai anche quelle « colpe » che non avevo, pensando che si considerano i fatti stessi, anziché come elementi di un
questo avrebbe potuto portare alla liberazione del Peruzzi, macchinoso cruciverba, come fattori di una situazione spiri-
che ~dopo il mio arresto era passato in seconda linea, mentre tuale eternamente polarizzata nel dolore.
p er me non avrebbe costituito che un'imputazione in piu, e La storia di una detenzione è infatti sempre la storia di
non delle piu gravi. una sofferenza che crea problemi morali nuovi o riveste di
Infatti vide Peruzzi la libertà, ma, ahimè! solo per nuova luce il problema morale antico.
qualche ora, perché nella notte successiva al giorno della sua E qui sta la difficoltà del descrivere ciò che in quei mo·
liberazione venne ripreso dalle stesse Brigate Nere che lo menti si è vissuto, e di qui l'inadeguatezza di ogni espres·
avevano appena rilasciato e ammazzato giu nella strada, sione al << clima » e alla tensione raggiunti in certe ore dal-
come un cane. Il corpo fu rinvenuto all'alba, da un passante. l 'anima che soffre, perché la visione di queste zone e l'intui-
Ancora non si conoscono i moventi del delitto che, forse, piu zione di questo pathos non ci possono fornire i fatti, che son
che con la politica è da mettersi in relazione con un ingente sempre «bruti», come son mute le parole che tentano invano
furto perpetrato in quei giorni a danno del Peruzzi stesso. di riferirli, ma solo uno slancio e una sensibilità di ordine
È certo invece che il Partito ,d'Azione perse con lui un ele- s~ntimentale ed umano.
mento leale e coraggioso, il quale già numerose prove aveva
dato del proprio attaccamento alla causa della libertà.
Sempre a proposito del Peruzzi devo qui ricordare che,
già detenuto, era riuscito a farmi avvertire di non usare il
locale di quella riunione, perché esso era venuto a cono-
scenza delle Brigate Nere per un giro di circostanze che
sarebbe qui troppo lungo riferire, ma quell'avvertimento mi
era giunto soltanto il giorno successivo alla riunione, quando
già una squadra armata vi aveva fatto irruzione.
Ma questa storia vuoi esser breve e tralascia pertanto te
numerose trame secondarie che, dal punto di vista poliziesco
o dal punto di vista politico, s'intersecano alla linea prin-
cipale dei fatti; perché ogni imputato, vorrei dire ogni im·
putazione, è come una cellula alla quale si arriva per un'in-
finità di strade e cui si riconnette una serie inesauribile di
circostanze.
Inoltre, la stessa linea dei fatti - trasferimenti, confronti,
interrogatori - non assurge al suo vero significato se non

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mani unite distese, vibrate con tutta forza al di sopra del
capo a mo' di accetta, e ad ogni mazzata intercalava: - Cosi
si accoppano i conigli!
Dapprincipio l'ambiente si contenne abbastanza, divertito
dalle trovate di quei «solisti». Poi andò gradatamente eccì-
• II tan.dosi, perché tutti volevano farmi qualcosa e finivano con
l'ostacolarsi l'un l'altro. C'era anche chi voleva servirsi del
Alla sera vengo trasportato su di un camioncino alla ca- mio corpo, forzatamente acquiescente, per sfogare le proprie
serma delle Brigate Nere di via Monticelli. Sento un ordine: brame sessuali. In breve andò a finire che tutti mi saltarono
- Se tenta di fuggire, sparate. addosso assieme e quando cadevo qualcuno mi riso11evava
Quello che avvenne al mio arrivo è indescrivibile. Mi ob- per poter continuare a colpirmi, e ci fu anzi, ·dopo ch'io mi
bligano a salutare fascisticamente la sentinella e mi buttano lasciai andare definitivamente come corpo morto, chi si pre!\e
nel corpo di guardia. Evidentemente la mia venuta era stata la briga di tenermi ritto per permettere agli altri di percuo-
preannunciata perché vi si trovavano ad attendermi una ven- termi meglio.
tina di giovinastri, parte in .divisa parte in borghese (questi Ma erano schiaffi pugni e calci, non altro, e si sa che di
ultimi eran quelli della squadra politica), che mi accolsero questo non si muore. Infatti, quand'ebbet·o proseguito per
con sguaiati segni di soddisfazione. un po' e la mia mancanza assoluta di reazione diminui il
Una faocia da delinquente,. mascella sporgente e occhi loro divertimento, mi spogliarono quasi nudo (si era in feb-
piccoli iniettati di sangue, mi si avvicina e sghignazza: braio), mi riammanettarono con le mani dietro la schiena
- Tu sei il comunista, eh? e mi buttarono in una luridissima cella, completamente buia
Due tremendi ceffoni mi fanno barcollare. e grande quanto il tavolaccio che conteneva, phi lo spazio
Un altro, tipo apparentemente distinto, alto, magro, viso per aprÌl'e la porta.
glaciale, vuole darmi la «marca di fabbrica», come la chia- In queste condizioni mi lasciarono due interminabili
mava: mi prende l'orecchio sinistro tra i denti, appoggia le giorni senza mai farsi vivi. Solo qualche volta il piantone
sue mani alla mia spalla per avere la controspinta, e tira controllava dallo spioncino. Non posso dire propriamente di
cosi con tutte le sue forze. aver patito la fame o la sete: in quelle condiziOilli non avrei
Un altro, ancora giovanissimo - un vero bambino - neanche potuto mangiare. Ma ho patito il freddo, questo si:
prende a strapparmi i baffi a ciuffi, mentre tutti ridono alla ricordo che tremavo in modo incredibile e che non chiusi
vista del labbro che si sollevava smisuratamente e delle mai occhio, anche perché risentivo le botte subite e non
smorfie malcontenute di dolore. riuscivo a trovare una posizione che non mi causasse dolore.
C'era poi chi praticava uno speciale colpo della lotta Inutile aggiungere che non avevo possibilità di soddi-
giapponese che consisteva nel fendermi la nuca con le due sfare i miei bisogni corporali se non addosso.

24 25
A questo pestaggio e agli altri pio terribili che patu m Riprende l'interrogatorio. La mia famosa storia viene
seguito, devo dire che il mio spirito reagi con notevole pron- messa a verbale, ma alla fine neanche me la fanno firmare
tezza. Già dai primi momenti avevo imparato a lasciare tanto poco li soddisfaceva! A volte il tema del discorso si
distese le articolazioni perché i colpi si smorzassero su di allarga: cercano di cavarmi qualche particolare che possa
un fondo elastico, attutando cosi il dolore. Imparai anche a servir loro come spunto per altre indagini.
simulare degli svenimenti che mi procuravano qualche istante Ma in definitiva le cose che assolutamente dovevo dire
di tregua, perché quei messeri non si divertivano pio a per· erano queste: 'dove avevo passato l'ultima notte (la storia
cuotermi quando vedevano ch'io non soffrivo. del dormir qua e là presso donne di malaffare in vicoli del
Ma dentro di me chiamavo tutte le forze a raccolta e mi porto di cui non ricordavo il nome non l'avevano bevuta),
d.icevo: <<Forza, Luciano! Tieni duro! Queste bestie non si dove aprivano le famosa chiavi e i nomi dei compagni di
immaginano neanche lontanamente quale riserva di energie cospirazione.
è in te! Tu sei infinitamente pio forte di loro, anche se sei Fin che si restava sul vago la mia dialettica poteva an-
in momentaneo svantaggio. E poi è questo il momento di cora servirmi, ma messo cosi alle strette, una volta scartate le
dimostrare che tu non sei quello ·delle parole, ma dei fatti. versioni da me presentate, non avevo che da ti·incerarmi in un
Forse che non sapevi che poteva anche finire cosi? » ostinato: - Quello che so ve l'ho già detto. Altro non so.
Epperò nei momenti di attesa tra una tappa e l'altra della Fu allora che cominciarono le cosiddette « torture scien-
mia nuova via crucis io recitavo continuamente tra me questi tifiche ». Mi legarono, torso nudo, a cavalcioni su una sedia,
soliloqui, e posso dire che pio il mio fisico a poco a poco estrassero certi scudisci di varia foggia - quale a striscioline
cedeva, pio la mia saldezza interiore giganteggiava. E di intrecciate di cuoio, quale con dei pallini di metallo in fondo
questo io avevo coscienza, e sempre pio, passato lo smani- ad ogni strisciolina, quale infine (il pio doloroso) tutto di
mento dei primi momenti, mi consideravo con fiduciosa anelli di metallo uno dentro l'altro in modo da consentire
soddisfazione. Mi ero ritrovato in pieno. una certa flessibilità - e poi gio colpi, gio colpi, gio colpi,
Alla notte sul terzo giorno finalmente si apre la cella, dandosi il cambio, s'intende, mentre io sotto sobbalzavo ogni
mi si slega e mi si porta di sopra nell'ufficio del comandante volta stringendo tra i denti la spalliera della seggiola e alla
ove mi attendeva il solito apparato scenico. Io tremo sempre fine gridavo :
come una foglia, tanto che stento ad articolar parola. Un - Basta! Basta!
milite dice con finta premura: Smettevano un momento: - Allora parli?
- Ora accendiamo la stufa, cosi ti scalderai un po- - Ma ve l'ho già detto tutto quello che so.
chino ... - Tutti ridono: evidentemente c'è sotto qualche - Allora avanti - . E le sferzate ripigliavano, e ad ogni
cosa, fosse solo il ghiribizzo di bruciacchiarmi i testicoli, colpo:
come ho sentito di altri. Ma per fortuna la legna è umi11a, - Parli? - Rispondeva un ruggito di belva ferita a
il tiraggio non funziona, e io benedico il freddo. morte. E questo per un tempo che non so dire ...

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. . . finché si stancarono prima loro di frustare che io di dello Studente » per raccogliere i frutti di quei primi giorni
tacere, e si passò ad altro esperimento. di ospitalità. Poveretto! Credo d'avergli dato una delusione.
Legato questa volta sulla sedia per il giusto verso, ment1·e Fu in quell'occasione che vidi per l'ultima volta J»eruzzi,
uno mi teneva la testa rovesciata indietro, un altro mi intro· ancor tutto tumefatto.
dusse uno straccio bagnato di non so che sostanza in gola, Fu anche in quell'occasione che il maggiore, evidente-
spingendolo piu giti che fosse possibile con un bastoncino, mente spazientito, diede ordine al capitano di farmi fucilare
e un terzo mi versava dell'acqua da una brocca direttamente all'alba dell'indomani.
nel naso. lo allora rientrai in cella con la prospettiva di non avere
lo sentivo l'acqua gelata scendermi nello stomaco e non che poche ore di vita.
potevo respirare. Credo che in termini di medicina legale Mentre tra me e me invocavo la forza necessaria per
questa si chiami « soffocazione »; quelli poi chiamavano tutta morir bene (perché all'ultimo momento, preso dal panico,
l'operazione «bagno di soffocazione»; comunque sia, io non cedessi alla tentazione di comperare la vita all'abbomi-
diventavo tutto viola (ho temuto per un momento che mi nevole prezzo del tradimento) e pensavo all'ultima frase che
scoppiassero le vene del collo), strahmavo gli occhi, lo sto· avrei gridato prima di cadere, ecco entrare come bolidi nella
maco mi si gonfiava ... ma finalmente l'operazione cessava ed cella due militi in atteggiamento furioso, i quali mi si sca-
io potevo riprender fiato. gliano ad.dosso, mi sbattono ripetutamente la testa contro il
__... Parli ora? muro, mi scarponano a tutta forza, mi stritolano sotto il
Rispondeva il silenzio. L'operazione ricominciava. peso dei loro corpi e tutto questo sempre gridando: - Ce
Alla fine devono aver pensato che il mio fisico fosse fatto la pagherai! Ce la pagherai!
di gomma e con un calcio mi rotolarono giu dalla scala. Ho saputo poi che in quel giorno un loro camerata (il
Abbasso, nel corpo di guardia, quelli che non avevan po· nipote di S. Germano) era stato ferito in un'imboscata dei
tuto prender parte alla « tortura scientifica » improvvisarono partigiani: essi volevano dunque rifarsi su di me dello
un pestaggio che vorrei definire << a mano libera». smacco subito.
Il giorno dopo ( cominéiavo allora a sentir veramente la Uno dei due poi, evidentemente alticcio, a un cooto punto
fame) uno sbirro si affaccia allo sportellino e mi chiede se estrasse la rivoltella e fece l'atto di finirmi. L'altro ebbe
vol!:lio brodo o pastasciutta. appena il tempo di fermargli il braccio.
- Quello che volete, - rispondo io che non avevo capito - Che fai? Lo sai che il comandante non vuole.
il gioco. Ciò non impedi al primo di co~tinuare a stuzzicarmi con
- Ma prima devi parlare - . E mi portano infatti qual- quell'arnese, prima puntandomelo alla tempia, poi caccian-
che cosa, ma solo da vedere, perché ancora io non avevo domene addirittura la canna in gola in tutta la sua lunghezza.
parlato. Alla fine, quando già i miei occhi non vedevano piu,
V enne poi il maggiore che mi aveva inteiTogato alla « Casa sentii anche delle percosse dolorosissime alle giunture delle

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articolazioni, inferte, suppongo, con una verga di fellTo. Ma h~ saputo poi che tutta la compagnia era partita per un
ormai avevo superato lo stadio del dolore fisico. Ero come rastrellamento e che Spiotta, la belva delle belve, aveva chie-
morto. sto che ci fossi anch'io.
Sentii dire: Forse . per !asciarmi in qualche
. angolo di strada , m ort o,
- Ora ti lasciamo rinvenire, poi torneremo con la pinza come p m avrebbero fatto con Il povero Peruzzi? O per te-
strappa unghie. n ermi come eventuale ostaggio?
Cosi io rimasi pazzo di terrore con gli occhi sbarrati sulla O non piuttosto per inscenare chi sa quale macabra fun-
porta che doveva da un istante ali' altro riaprirsi e le orec- zione tra me e i nuovi rastrellati? Non so.
chie tese a ogni rumore.
Ma nessuno tornò. La notte ebbi un accesso di delirio,
credo accompagnato da febbre alta. L'indolenzimento del
corpo era tale che ogni minimo movimento mi causava un
dolore atroce.
Sempre nella stessa notte un g~·uppo di armati fece irru-
zione nella cella.
- Che vorranno?
Poiché non ero in grado né di muovermi né di rispon-
dere (di tutto ciò ho anzi un ricordo molto vago, come di
sogno), mi passarono una catena fra le manette e tirandomi
con quella mi trascinarono supino fuori, nel cortile.
Ricordo ancora la sensazione della schiena nuda strofi-.
nata a sangue contro la ghiaia gelida.
Stavano per caricarmi sopra la solita camionetta quando
distinguo la voce del comandante:
- Lasciatelo qui. In queste condizioni non può servire.
Sarebbe inutile.
La macchina parte senza di me e io rifaccio ancora la
via del cortile, trascinato questa volta per i piedi, e infine
vengo buttato come un sacco di patate sotto il tavolaccio.
Qualche pedata mi sposta quel tanto che basta per richiu-
dere la porta.
Allora non ero certo in grado di rendermene conto, ma

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anche sopravvivendo, riacquistare le mie fattezze normali.
In quelle condizioni non sarei certo potuto ritornare alla
vita civile. Mi sentivo disfatto. Il corpo era tutto ecchimosi
ed ematomi. Ogni minimo movimento mi strappava un urlo.
Non conobbi la disperazione, ma un profondo scoramento
III
si. Per quanto non sia mai stato un illuso della vita, per
quanto le precedenti esperienze fossero risultate già abba-
stanza dure, pure non credevo che la ferocia umana arri-
Quello che so è che quella volta credetti p.roprio di mo:
vasse a tanto.
rire. Invece rimasi in tale stato fino al mattmo, qua~do I
Io non ero piu un uomo, ma un relitto. Sentivo che il
piantoni, entrati in cella, si meravigliaro~o di trovarm1 an·
corpo mi era ormai d'impaccio. La mia vita spezzata, l'av-
cora in vita, e pur dicevano che non avrei durato molto.
venire sfumato. Vivevo so!o come volontà, volontà indomita
U no anzi andò a prendermi un bicchierino di roba forte
di non cedere, di non parlare.
e me lo' porse.' Io torsi il capo. Egli comprese: ne h evve meta.
lo non avevo altra funzione. Qualora non avessi parlato,
sotto i miei occhi e poi mi accostò di nuovo il bicchiere alle
avrei fatto abbastanza. Di piu non mi si poteva chiedere. Mi
labbra. Allora trangugiai, e gradatamente ripresi forza . .
Rilasciasse almeno la scelta del mezzo per non parlare. Quel1o
Stetti molto male per alcuni giorni, ma i piantoni, hlSO·
riguardava me solo.
una dirlo mi curarono bene. Mi diedero da mangiare il loro
t:> ' • Ch'io fossi scomparso a ben pochi sarebbe importato, ma
rancio mi fornirono un pagliericcio e due coperte, e arnva-
rono ~l punto di sostenermi quando, una volta al gion10,
nessuno avrebbe soffru"to persecuzioni per causa mia, nes-
SWIO avrebbe potuto ·dire: - « Fabio >> doveva comportarsi
dovevo uscire di cella per vuotare il bugliolo.
meglio.
Fu in una di quelle occasioni che mi vidi per caso in un
Fu allora eh 'io sentii un gran desiderio ·di morire, di
vetro. Sbarrai gli occhi dal terrore. Avrò sempre nella retina
uscire da quell'incubo, di non soffrire piu. E la mm"te mai
le sembianze dell'uomo che mi apparve in quel momento.
come allora mi apparve la « grande liberatrice » cantata dai
Certo non ero icr, ma un faccione stranamente rotondo eli
poeti del dolore di tutti i tempi.
color viola con gli occhi che quasi non si aprivano e le ma-
scelle, per 'n gonfiore, enormemente spo~genti. Ebbi an~he .i~
Ma come morire, dal momento che neanche gli ultimi
pestaggi erano riusciti a spezzare la particolare resistenza
quel momento l'impressione, che poi si r1velò falsa, che 1 m1e1
del mio fisico? Dal momento che gli altri dimostravano di
capelli fossero tutti bianchi.
volermi tenere ancora in vita, sia pur per un filo, quel tenue
Confesso che quell'immagine mi spaventò. Non avrei mai
filo che avrebbe permesso loro di estorcermi l'agognata con-
creduto che si potesse in pochi giorni alterare tanto una fessione?
fisionomia, e certo in quel momento ho disperato di poter,
Bisognava allora che io, proprio io, provvedessi alla bi-

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3
sogna; ma come? in una cella la cosa non è facile. Ricordavo E cosi la fantasia, g1a accesa, pregustava l'ebbrezza di
che a l( Regina Coeli >> uno s'era impiccato con una coperta quell'attimo in cui l'anima, già trapassante, cogliesse nei ]oro
e un altro sfracellato nella tromba .delle scale. volti la beffa subita, e il corpo, già martoriato, cessasse tma
Ma a me mancavano questi mezzi, e poi, lo confesso, volta per sempre di soffrire.
l'esteta saltò fuori anche in fin di vita per su"uerirmi
tob
una Ho parlato piu sopra di preparazione spirituale, e certo
morte piti composta, che mi permettesse di raccogliere gli in quel campo la difficoltà piu grande ch'io dovetti superare
ultimi pensieri, e che inoltre si ricollegava a un simpatico era il problema della legittimità del gesto eh 'io meditavo.
ricordo letterario della gioventu. Benché non fossi vincolato a·d alcuna confessione religiosa,
La decisione era presa : non già veramente l'estrema di la mia coscienza di uomo sentiva tutto l'impegno morale che
uccidermi, ma quella di prepararmi materialmente e spiri- stavo per assumere di fronte a me e agli altri nel compiere
tualmente a darmi la morte, qualora gli avvenimenti aves- un gesto che, per dirla con Kant, non poteva certo conside-
sero preso una piega tale da richiedere il gran passo. Sentivo rarsi come cc norma universale >>.
infatti di poter sopportare forse ancora un giro .di vite alla Inoltre, sia pur sotto l'attraente forma di gesto patriottico
serie delle mie torture, ma non di piu. nella quale io cercavo inconsciamente di giustificarmi davanti
La. preparazione materiale fu presto fatta. Col pretesto di ai miei occhi, il movente vero della mia decisione non era
prender dei fazzoletti dalla valigetta che mi era stata seque- forse la volontà di sottrarmi a qualunque costo alle soffe-
strata al momento dell'arresto, riuscii a sottrarre il pacchetto renze che il destino mi mandava e che io avrei .d ovuto invece
delle lamette cc Gillette >>: ne nascosi una nel ·sapone, un'altra sopportare piu stoicamente sino in fondo? Viltà quindi, e
nell'impiantito e una terza in una cucitura dei calzoni. non coraggio?
Non potrò mai descrivere l'ondata impetuosa di sensa- La mia coscienza già rispondeva di no, quando il pen-
zioni che mi travolse quando, riuscitami questa preliminare siero di Masia e di Manci, i miei fratelli maggiori che mi
operazione di occultamento, io mi sdraiai nuovamente sul avevano preceduto o tentato di precedere per la stessa via,
tavolaccio: fu una sensazione acutissima e complessa, pre- tolse ogni ombra ·d i dubbio a quella risposta.
ludio ad altre sensazioni piu acute e complesse ancora, ma Sentivo poi che con quel gesto io avrei chiuso tutta l'esi-
la cui nota predominante era la gioia. stenza terrena dell'individuo Luciano Bolis, voglio dire che
Ormai non ero piu un semplice strumento nelle loro mani, con la morte io stavo per chiudere un conto che andava piu
ma a 1m certo momento, in conseguenza di un atto della mia in là, nel tempo e nel significato, di quella lotta che da anni
volontà, potevo anch'io influire sul corso degli avvenimenti, conducevo accanita per la realizzazione contingente di un
potevo anche definitivamente scornarli nella loro bramosia di ideale, un conto che si era aperto ventisei anni prima nel
sapere e assurgere a una nuova vita ch'essi non sospettavano seno di una donna che già da allora per me aveva comin-
neppure, ma che allora io sentivo per ]a prima volta con tutta ciato a soffrire, e si era ingigantito poi attraverso amori,
certezza. affetti, passioni, vocazioni d'arie, crisi religiose, tutto insom·

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ma quel bagaglio di piccole lotte e piccole conquiste che ca- La fotografia in questione, latta esaminare da esperti,
ratterizza la vita di ogni mortale. aveva rivelato il posto e il tempo in cui me l'ero fatta fare.
E non era solo alla vita passata ch'io pensavo, ma anche Dietro la stessa fotografia risultò esser stati scritti a matita
e poi cancellati due nomi: «Luciano>> e «Cosimo>> (la per-
la futura mi scorreva dinanzi agli occhi come nella visione
sona che mi aveva fornito una precedente serie di documcnt i
di un veggente, e vedevo la mia casa, il mio avvenire, soprat-
falsi). I capi ,di vestiario che avevo indosso furono attenta-
tutto il contributo effettivo ch'io avrei ancora potuto recare
mente esaminati allo scopo di ricavarne qualche indizio.
alla causa abbracciata, e sentivo intanto un gran rammarico
Inoltre le Brigate Nere di La Spezia avevano segnalato il
per quello che non avrei fatto, per i figli che non avrei gene-
mio arresto di qualche mese prima, aggiungendo (forse ver-
l'ati e la liberazione che non avrei vista.
gognandosi di ammettere di avermi rilasciato perché raggi-
Ebbi qualche momento di esaltazione sentimentale lo
confesso, e il diavoletto romantico ch'io facevo tacere' da
l'ati) che ero evaso.
Mi si facevano nomi di compagni anche di Milano con
tempo non rinm1ciò a passare con me quelli ch'egli credeva
i quali io ero in relazione (ad esempio Daniele), che mi si
gli ultimi momenti, e da Byron a Foscolo, da Garibaldi a
voleva far credere avessero deposto chi sa che cosa a mio
Ruffini e a Mazzini, tutti i miei amori letterari e risorgimen-
tali mi tennero compagnia allora; ma, tutto sommato, debbo canco.
Insomma, avevo motivo di credere che tante piste a qual-
dire che affrontavo piuttosto la morte come il frutto di un
cosa avrebbero condotto. Inoltre si era anche sulle tracce ùi
calcolo ch'io m'imponevo rigoroso e severo, quasi si trattasse
alcuni compagni di Genova, per una trafìla di circostanze
di un peso che, a un dato momento, avrei anche poluto get-
che ora non sto a riferire. Se nna di tali persone, arrestata,
tare sul piano della bilancia del destino, per farla precipi-
mi fosse stata messa a confronto, sarebbe forse sorto qualche
tare dalla mia parte.
incidente di piu: meglio dnnque neanche farmi trovare.
Frattanto la mia posizione di inquisito era peggiorata.
Per di piu la mia posizione fu aggravata notevolmente dal
L'anagrafe di Milano aveva risposto che anche la carta di
fatto che un plico di corrispondenza speditomi da Milano
identità intestata a Ettore Colombo era falsa, e fu ancora
fosse stato intercettato. Questo plico recava su1la busta il
una fortuna che nessuna delle Questure del territorio repub-
nome di Colombo, ma le lettere che vi si contenevano erano
blichino, in alcune delle quali doveva figurare un mio vec-
chio incartamento, riconosceBse la mia fotografia, che era indirizzate a un certo <<Fabio>> (era il mio nome di battaglia)
e dal contesto risultavano evidenti le sue funzioni di senre-
o
stata ali 'uopo distribuita.
tario dell'Unione Ligure del Partito d'Azione (mentre io,
Ci fu si una Questura che pretese di riconoscermi in non
per sviare le tracce e per sfruttare il fatto che ormai anche
so quale ladrone evaso, ma alla fine il confronto delle im-
il loro pseudo-governo si spacciava per tale, mi ero fatto pas-
pronte digitali mi salvò, mentr'io continuavo a pensare:
sare per socialista. I compagni del Partito Socialista mi per·
« P.er fortuna gli archivi della polizia scientifica di Roma
~ono in buone mani ! >>
donino: credo di non avere disonorato la loro causa).

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Vi era, ch'io sappia, una lettera di << Carli », una di « Tra tanti - pensavo - troverò bene qualcuno che si
lascerà corrompere -,.
<<Le~», una di «Somma», piu il bollettino del controspio-
Chiesi anche di esser mandato in Germania: tra me e me
nag~IO . e no.n so quali altri documenti militari (forse ine-
renti ai lanCI) che si voleva a tutti i costi che ,d ecifrassi. pensavo agli amici che erano stati fatti evadere durante il
Ma penso che la concatenazione di tali ed altre circo· viaggio.
A un certo momento mi mostrai quasi ravveduto e lasciai
stanze debba interessare ben poco, rnon essendo questo un
romanzo poliziesco, e pertanto la tralascio. sperare che con le buone maniere avrebbero ottenuto di piu,
magari anche di avermi tra i loro come già era accaduto per
Dirò invece come volli tentare il tutto per tutto pur di
altri: avevo allora presente alla memoria il precedente caso
vedere se potessi scapolarmela per ·q ualche via traversa. Dato
di un amico di Bergamo che con questo stratagemma era
eh~ il prese.ntarmi come un tonto che non sapeva rniente non
riuscito ad ottenere una certa libertà e infine a svignarsela
IDI aveva giovato gran che, cambiai tattica e assunsi arada-
per una casa a due uscite.
tamente un'aria ùi mistero, come di chi avesse chi sa"' quali
Insomma, credo di aver proprio sperimentato tutte le
ader~nze ~uori :. ~ntendevo cosi essere posto su un piano di
vie, compresa quella di far capire che, se loro avessero sal-
consideraziOne piu elevato, in modo da ottenere, se non
vato me, io avrei poi salvato loro al momento opportuno.
altro, di non venir liquidato alla leggera, e forse anche di
Ma alla fine non potevo convincerli perché quelli mi di-
guadagnar tempo con qualche pretesto; intanto gli Alleati
potevano avanzare, io potevo trovar modo di comunicare con cevano:
fuori, e sarebbe nato qualcosa. - Bene, se hai queste possibilità, dimostracelo: mettici
Importante era, insomma, evitare la morte immediata e dtmque in relazione con le aderenze che conti fuori.
le torture. Ma la mia nuova tattica era realmente difficile A questo argomento, naturalmente, io scantonavo, e tutto
perch~ io dovev~ « far capire >> senza « dire »: far capire
finiva li.
magari che avrei detto, ma solo in altre circostanze con Una volta ebbi persino un colloquio quasi intimo col
altri patti, ad altre persone. ' capitano: sostenne che era un cattolico praticante e che sen·
Per questo conferii una volta col maggiore ,a l quale chiesi tiva dispiacere a dovermi trattare come mi trattava; avrebbe
conto della mia posizione giuridica. preferito incontrarmi da solo a solo all'aperto per dimo-
- Sarai giudicato da noi Brigate Nere, ma con la mas- l!trarmi il suo coraggio, e via spudoratamente di questo passo.
sima garanzia di equità. C'era poi uno della squadra politica col quale ero giunto
A parte il fatto che tale assicurazione mi faceva ridere, abbastanza a buon punto: questi non si stancava mai di
quello era per me proprio il circolo chiuso dal quale dovevo ripetermi che loro erano pronti a perdonarmi purché dimo-
a tutti i costi uscire se volevo salvarmi. Chiesi per·t anto di !trassi coi fatti che volevo finalmente fare qualcosa per l'Italia
euer regolarmente consegnato alle S.S. tedesche o alla Que- anch'io, sulla scorta di loro che avevano lasciato le spose e
stura italiana. le madri, e tutto questo per puro patriottismo.

38 39
In quei giorni la mia posiZIOne era stazionaria. Eviden- spregiudicate e feraci della mia vita - l'improvvisa e mera-
temente non sapevano neanche loro che pesci pigliare, dopo vigliosa effusione di anime che vide il mattino· di Pasqua, tra
le prove di resistenza che avevo date, ed io approfittavo di Io scampanio festoso della Risurrezione e i primi soffi della
queHa momentanea calma per leggiucchiare di nascosto un primavera; di un milite assetato di pace che, temendo i com-
trattateHo di diritto nautico che un altro detenuto, scarce- pagni, aveva avuto bisot,rno della mia carne sofferente per
rato in quei giorni, era riuscito fortunosamente a farmi avere. piangere assieme la sua e la comune miseria, e di me, che
Nell'ipotesi ch'io fossi sopravvissuto, non volevo dovermi poi ho saputo per un momento scordare il dovere dell'odio per
rimproverare d'aver perso il mio tempo in ozio ... scavare sotto quella divisa l'umanità di un singhiozzo.
Nel tempo libero che mi restava, quando non c'era abba- Oggi quell'uomo mi porta ancora dei fiori.
stanza luce per leggere, me ne stavo buttato sul tavolaccio a Altra cosa che m'interessava moltissimo era di appren-
riflettere all' esperienza che mi era stata riservata, sforzan- dere l'opinione che essi avevano di me e di noi partigiani
domi soprattutto, al di là della generica retorica di certe valu- e cospiratori in generale. Tuttavia non ho mai compreso con
tazioni di maniera con cui « fuori » si era soliti classificare sicurezza se al di sotto dello scherno e del disprezzo con
il fenomeno della delinquenza neofascista, di penetrare bene cui ci trattavano si nascondesse qualche brieiolo d'ammi-
addentro nel segreto dell'animo di questi esseri che di umano razione.
avevano solo la parvenza e il nome. Quello che invece ho visto subito molto chiaramente en.1
Inutile aggiungere che non ho scoperto nulla, anzi: più quanto ci temevano. Forse anzi il loro odio era in ragionp
consideravo freddamente le scene cui ero stato spettatore, pm diretta del loro timore.
il mio animo perdeva la speranza non solo di saperle in un C'era si qualche balordo che continuava a sperare nella
·domani descrivere, ma anche semplicemente di ammetterne Germania, ma i pili si davano già per vinti. Si era in
la stessa possibilità. febhra.io.
Confesso che a volte dimenticavo quasi l'aspetto politico Quando io poi, per giustificare davanti a loro il mio
di questo problema per considerarne soltanto il lato psico- silenzio, mi appellavo all'assoluta segretezza e severità dei
logico e umano. nostri metodi di lavoro, naturalmente esagerandoli, li vedevo
«Come è possibile ridursi cosi? », mi domandavo. fremere.
«Che cosa c'è nel cuore di questa gente?>> E piu per La storia dei documenti falsi, infine, li imbestialiva. Si
curiosità che per altro mi provai anche a scoprire questo figuravano imboscate a ogni pié sospinto. Forse ero piu tran-
;
cume, toccando argomenti che avrebbero dovuto, mi sem- quillo io di loro.
brava, scuotere sinanco le montagne. Dei partiti non sapevano gran che, eccetto i soliti luoghi
È un errore considerarli tutti con lo stesso metro: c'è .l a comuni sul bolscevismo.
belva, c'è il sadico, c'è il traviato, c'è l'illuso e c'è l'infelice. Ciò che invece li turbava fino all'inverosimile era (<il
Non dimenticherò mai - come una delle esperienze piu Comitato».

40 41
Quando questa parola magica ricorre:a nel discorso, ~~ che quella donna era ben conosciuta nell'ambiente dei miei
io non mancavo d'introdurvela spesso, Il loro sguardo g~a compari, e cosi non le si fece alcun male.
acceso dall'odio si perdeva come di fronte all'inafferrabile in Del resto era difficile trovare una persona che nell'orga·
persona, quasi antichi ebrei alle prese con J aveh. nizzazione fosse legata soltanto a me, e quindi neanche vo·
A volte pensavo se non avessi potuto salvarmi la vita a }endo potesse nuocere ad altri. E poi il principio << denuncio
prezzo di qualche confessione. _ un solo compagno tanto per sgravare me » se a sua volta
« Anche prescindendo da ogni considerazione di carat· fosse stato applicato (e ne avrebbe avuto lo stesso diritto mio)
tere soggettivo, _:_ pensavo, - la mia vita vale bene ogget: dalla peliSona da me chiamata in causa, e cosi di seguito, si
tivamente qualche cosa, soprattutto in - funzione dei servigt sarebbe avuto una serie interminabile di arresti, la cui re-
ch'essa potrà in seguito rendere alla causa cui si è votata! >> sponsabilità, in definitiva, sarebbe sempre pesata su chi per
Volevo insomma considerare il suicidio come un'extrema primo aveva avallato il sistema e aperta la concatenazione.
ratio, e scambiarlo, se mi fosse stato possibile, con qualcht- No, bisognava che la catena si spezzasse al suo primo
sacrificio minore, anche di altri. anello e che, se uno dovesse sacrificarsi, quello fossi io che
Il mio ragionamento procedeva press'a poco cosi: . per avventura lo costituivo.
- Scarto naturalmente i compagni che hanno notevoh Cosi, piu ragionavo e piu mi convincevo, da qualunque
responsabilità, perché sono troppo preziosi; le donne per parte rigirassi la cosa, che l'unico comportamento possibile
ragioni di cavalleria; le persone che mi han dato ospitalità era proprio quello del silenzio.
per ragioni di riconoscenza. Dopo tutto, la morte di un uomo non era poi un gran
Insomma, a furia di scartare, la mia coscienza non tro· male, considerata alla luce ·delle conseguenze che sarebbero
vava, per un motivo o per l'altro, nessuna possibilità di potute scaturire da un comportamento diverso.
scelta, se non forse qualche elemento di secondo pian~ che Meglio dunque restare per loro un mero «corpo», òel
conoscevo poco e che viveva ai margini ·dell'organizzaziOne: quale essi sapevano solo che era quello di un nemico, ma di
ma si sarebbero poi i miei aguzzini accontentati di questo? cui non possedevano i dati per ricostruirne l'identità e le
Evidentemente no, e allora era inutile mettere un'altra relazioni d'ambiente.
persona nelle peste (confesso qui incidentalmente che, per Di un altro problema ancora io cercavo di trovare la
quanto la mia ragione cercasse di procedere freddamente, eoluzione: quello del limite di sopportabilità del dolore
erano soprattutto motivi sentimentali ed umani a non per· fisico, che io formulavo in questi termini:
mettere a questi disegni di tramutarsi in realtà). << È umanamente possibile resistere a un dolore prolun-
Tuttavia, dopo tante incertezze, mi decisi a fare il nome gato e procurato ad arte, quando questo superi gli stessi
di una sordida megera che mi aveva ospitato alcun tempo a limiti d eli 'immaginazione? >>
scopo di lucro nella sua in tutti i sensi luridissima stamberga. « È umanamente possibile tener fede al proprio ideale
Ogni scrupolo sarebbe stato fuori posto : mi accorsi subito quando questo costi sofferenze~ cosi atroci? >>

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cc Può il dovere della coerenza e dell'onore essere cosi
assoluto da non ammetter deroghe neanche in circostanze
cosi estreme? »
Volevo insomma sapere fino a che punto era possibile e
fino a che punto ero tenuto.
La risposta per me la diedero i martiri cristiani. Se altri IV
era riuscito in analoghe e phi terribili circostanze, perché io
non dovevo riuscire? Jl di 19 di febbraio il viceiederale Spiotta, Comandante
E Duccio, ·di cui si eu appena allora saputo il martirio, delle Brio-ate
0 Nere di Chiavari, chiedeva di assumere perso-
e Maurizio, che una recente notizia aveva detto arrestato, nalmente la direzione della mia inchiesta.
potevo io pensare avessero dato a1Ie stesse domande una Certo per me fu un colpo, quello, perché nessuno di noi
risposta men che affermativa? a Genova ignorava chi fosse Spiot_ta. . .
Il problema era dunque riuscito in linea di principio. Ma .Mi fece subito, appena lo vidi dietro la sua scnva~v1,
avrei io, essere contingente soggetto forse a tare e manca- una notevole impressione. Figura massiccia, collo taurmo,
menti indipendenti dalla stessa volontà, alla prova dei fatti, olsi d'acciaio, voce tonante: un vero Mangiafuoco per me
avuto la forza di non venir meno? p
che stavo li tapino, in pie . d.1, d avanti. a l m.
. . .
Questa, ancor oggi ritengo, è una domanda alla quale Allora non immaainavo certo che il nostro prossimo In-
nessuno potrebbe rispondere con certezza se in circostanze contro avrebbe avuto "per teatro una Corte d'Assise e avrebbe
analoghe fosse chiamato a porsela, perché nessuno può ga- i to lui in gabbia e me in veste di testimone «stillante l'ae-
rantire a priori la resistenza del proprio fisico oltre i limiti :ussa piu te,rribile, piu schiacciante, che ha squillato I~ell'aul~
consentitigli dalla propria costituzione, e per quanto la vo- piu forte delle altre», come l'ha commentata ~m gwrn.alc.
lontà aspiri a non conoscer confini all'esercizio del proprio Manco a dirlo, mi fa ripetere tutta la m1a «stona »:
imperio. ch'egli del resto dimostrava di già conosc~re. Alla fine mt
Tale interrogativo, che solo dai fatti poteva ricevere la sua dice sorridendo che quelle son tutte fantasie.
risposta, era già esso stesso la piu terribile delle torture. _ Adesso voglio la storia vera, - prosegue In tono
perentorio. - Comincia col dirmi il tuo vero n~~e. . ..
E siccome io insistevo, allora volle battermi m abihta,
vantandosi di esser stato chiamato una voha ·da Mussolini i~
·
pnnio "'""'t
a.,~ .. e dell'O . V · R. · A · in Italia
. ' c io confermo che d1
abilità ne ha dimostrata parecchia.
Cominciò col contestarmi la schiettezza del mio accento
toscano (che io, poveretto, contraffacevo del ~io .me.glio),
chiamando all'uopo un autentico toscano perche gmdiCasse
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da competente. Poi mi fece chiedere da quel fiorentino par- mattino e mi indicò un trafiletto che spudoratamente annun-
ticolarità topografiche sulla sua (e presunta mia) città, dove ciava l'uccisione .del Peruzzi, avvenuta per mano di ignoti,
ancora m 'ingegnai abbastanza. ma supposti «ribelli)), che avrebbero compiuto quell'atto
Infine prese a farmi delle domande particolareggiate sulla per tema che il Peruzzi, già dei loro ma sottoposto alla sor-
mia vita privata (in quali scuole ho insegnato, nomi di allievi veglianza delle Brigate Nere, avesse a tradirli.
che ho avuto, indirizzi di colleghi, dislocazioni inerenti al Io allibii. Pensai un istante alla tragedia di quell'uomo
servizio militare); qui io parlavo liberamente perché, rife- che io avevo portato al Partito d'Azione e che il ·destino
rendomi a un paese ·d i là dal fronte, sapevo impossibile ogni mi aveva accomunato in circostanze cosi dolorose.
<'ontrollo; ma, mentre io parlavo, c'era chi segnava tutto, e E lo Spiotta incalzando:
quando già il discorso aveva cambiato argomento da un po', - Vedi che cosa siamo capaci di fare noi? Anche tu farai
egli tornava indietro e mi faceva ripetere tutti quei dati. la stessa fine, ma prima devi parlare.
Se non me li fossi piti ricordati esattamente secondo la Compresi che la mia ora era giunta. Non c'era piti niente
prima versione, sarebbe stato evidente che li avevo tranquil- da fare. Ogni resistenza era inutile. Spiotta, sul terreno
lamente improvvisati al momento della 'domanda. fisico, mi aveva vinto, ma io non sentii mai come allora
Inoltre non ammetteva che io, con tutte le conoscenze giganteggiare la mia forza morale e, vorrei dire, ridurmi a
che dovevo aver avuto, non fossi in grado di segnalare in puro spirito.
tutto il territorio repuhblichino una sola persona che potesse Ero già librato sopra la scena ·disgustosa che mi stava
testimoniare: - Si, questi è Colombo. davanti agli occhi di quel torvo uomo reso ebbro dalla vo-
Ma un interrogatorio di molte ore non può esser certo luttà di strapparmi il segreto che custodivo, avevo gta supe-
1·iferito in una pagina; mi limiterò pertanto a ricordarne i rata la fase delle passioni e degli affetti piti naturali e umani.
momenti piti salienti. In quel momento, . in tutto il mio essere non parlò che
Ad esempio ricordo sulla sua bocca queste frasi : «il dovere>>. A che tergiversare? Cosa sperare piti? Ero
- ... E non darti tante arie da martire, perché io, dopo sempre io il piti forte, perché di li a pochi momenti avrei
averti fatto morire, ti butterò in un angolo della strada col potuto sollevarmi a una sfera dove la cattiveria degli uomini
volto sfigurato, in modo che nessuno potrà p i ti riconoscerti. non mi avrebbe raggiunto, e Spiotta avrebbe bestemmiato
- . . . Verranno, si, gli inglesi, ma io avrò sempre il sul mio corpo inanimato, tentando invano di suggere dalle
tempo di ammazzarti un momento prima. labbra esangui la confessione agognata.
Poi ricordo che mi mostrò alcuni numeri di « Fiamma Gli ultimi momenti dell'interrogatorio trovarono un im-
Repubblicana>>, il giornale delle Brigate Nere chiavaresi da putato stranamente sereno, con un sorriso beffardo sulle lab-
lui diretto, su cui figuravano fotografie di partigiani, anche bra e una gran pace nel cuore.
preti, da lui rastrellati e uccisi. Ormai neanche Spiotta mi faceva piti paura. Per pochi
A un certo punto poi estrasse dalla tasca il giornale del istanti dovevo sostenerne ancora l'orribile vista.

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Feci, si, un Istmtivo gesto di repulsione all'atto di una
falsa carezza che egli abbozzò, nel congedarmi, con raffinata
perfidia, forse perché aveva capito lo schifo che mi muoveva,
ma appena sentii il suo commento:
- Non temere: questa non è che una carezza. Il resto
verrà domani ...
v
Quel lieve gesto di ripulsa fu l'ultima 1·eazione spon- Era notte.
tanea della carne alla lunga serie delle torture subite. - Canta, fesso! - mi aveva detto il piantone nel l a-
Poi venne l'ordine di ammanettarmi e legarmi in modo
che potessi appena toccare l'impiantito con i piedi.
. sciarmi e con accento sincero. - Anch'io ero coi ribelli, una
volta, poi mi han preso e avevan cominciato a trattarmi
- Ti lascio questa notte per pensare, - furono le sue
come te. Ma io ho detto tutto e ora mi han preso con loro.
ultime parole. - Se domattina non mi dirai subito quello
Mi ci trovo bene. Se parli potrai venirci anche tu.
ehe voglio da te, ti farò stare quindici giorni appeso al
Disgusto, pietà, ribrezzo: non posso dire quello che
soffitto con le mani .dietro la schiena, e ti farò dar da man-
provai!
giare fin che vorrai ... , ma non da bere. A un tratto mi venne un'idea:
Sogghignò e scomparve. « E se provassi a liberare le mani dalle ritorte? »
Io mi sentii venir meno. Le manette durante la notte! Il gesto fu piu fulmineo dell'idea. Uno strattone e la
Questo significava dover rinunciare al mio progetto, addos- sinistra era libera (vecchio cospiratore, avevo disposto le
sarmi un nuovo e piu stringente giro di interrogatori-tor- mani in modo che vi fosse consentito un certo agio). Ora è
tura; voleva forse dire il crollo della resistenza nervosa, la volta della destra: strappo, tiro, ruoto, e poi ancora strap-
parlare, tradire. po, e poi tiro con tutte le forze tanto da spezzarmi l'osso.
La dolce morte sperata, la « Grande Liberatrice >> come Niente.
io la ehiumavo, era dunque una chimera, un sogno, un'illu- Sudo freddo! Rinunciare, dopo aver quasi raggiunto lo
sione? La realtà era diversa, e ben piu gravida di incognite, scopo? Tornare indietro, a questa vita, all'indomani che mi
di rischi, di sofferenze bestiali! attendeva tristissimo, quando già lo spirito aveva intravvisto
Mentre un immenso sconforto subentrava in breve al- l'al .di là e la resistenza della carne era stata vinta?
l'euforia di un momento prima, le operazioni or·dinate da A che valeva che su di essa avesse trionfato l'imperativo
Spiotta si compivano. della coscienza? Io ero sempre li, misero straccio alla mercé
Qualche minuto dopo mi trovavo nella posizione predetta dei despoti, che l'indomani mi avrebbero ripreso, trastullo
m una stanzetta dell'ultimo piano •della Federazione Fascista dei loro ozi, oggetto delle loro sevizie.
di Genova, dove appunto aveva avuto luogo l'interrogatorio. Mi vidi per quindici giorni appeso per aria, fustigato,

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arso. E non ignoravo quello che mi avrebbe aspettato poi se
Io comunicavo e ricevevo con tutta la persona, e la voce
non avessi parlato: i bagni nella pece bollente, le camere
(o forza) che veniva a me sapeva cosi di profondo che ho
refrigeranti, il casco di ferro, le scosse elettriche, insomma
a eduto un istante che altri, da altri mondi, mi comunicasse.
tutto quello che non avevo ancora provato.
Volendo tradurre in parole quel dialogo, forse si potrebbe
Una paura folle mi prese : e se non resistessi a tutto que·
ri costruire cosi:
sto? E vedevo già i compagni braccati e torturati a loro
Allora, Luciano, sei pronto?
volta, e una sequela interminabile .di arresti, e la insurre·
Si.
zione che da tempo progettavamo forse rimandata, for~e
Devi proprio?
anche compromessa. Si.
E intanto la lametta stava li, nella cucitura dei calzoni,
AH ora forza!
a pochi cenlimetri, che aspettava soltanto d'esser presa e mi
- Dio, p erdonami Tu che vedi perché lo faccio!
gridava che la salvezza mia e di tutti dipend eva soltanto
_E. giu un _gran colpo sul polso sinistro. Il sangue sprizzò
da ]ei.
alhss1mo ed IO me ne sentii uscire un gran fiotto dal cuor e.
E se il piantone, rientrando p er i soliti controlli notturni,
Bar~oll_ai. Temetti di cadere e di far accorrere il pian-
mi trovasse con una mano fuori? Forse applicherebbero una
tone, richtamato dal rumore. Mi adagiai pertanto lungo di-
sorveglianza tale da precludere il presentarsi di una seconda
steso per terra, mentre il sangue continuava a sgorgare ab-
occasione. Cercai dunque , in preda a una profonda tristezza,
bon dantemente dalla vena aperta, e passai la lametta dalla
di infilar di nuovo la mano nell'apertura, ma neanche questa
destra nella sinistra.
operazione mi riusciva piu.
Questa, a sua volta, vibrò il suo colpo al polso destro,
Momenti di ansia indicibile! Certo solo la forza della
ma il sangue ne usci con minor veemenza.
di sperazione riusci invece a farmi liberare anche la destra.
Allora distesi i nervi, composi le membra e mi dissi:
Libero! La vita e la morte stavano ormai nelle mie mani.
. -- ?rmai è fatta! Pensiamo a morir bene, voglio dire a
Quello che si svolse allora fu questione .d i un lampo, ma
VIve re Intensamente e degnamente questi ultimi momenti.
lo spirito in quei momenti raggiunge una vitalità di cui non
Sapevo che la fine non sarebbe sopravvenuta subito.
si ha idea.
Di quei momenti dirò una cosa sola: il rammarico non
In un baleno ebbi tutta la vita condensata nella coscienza.
già di morire, perché è mia abitudine non trovar né beÌia né
I miei pensieri erano dei concentrati di pensieri. Tutto, di
brutta una cosa che si ha la coscienza .d i dover fare ma 1'1
rne, era presente. . di morire cosi, senza poter scrivere un estremo
'
rammanco
Con la lametta a mezz'aria tra l'indice e il pollice destro,
messag~io _che dicesse ciò che avevo sofferto e proc1amasse
non diedi forma ad alcuna espressione particolare, perché
che ali ultimo quella che avevo sentito piu forte era stata la
l'espressione esclude l'inespresso, e io in quel momento avevo voce della virtu.
bisogno della totalità di me stesso.
lo invece non sarei stato un martire della libertà, ma un

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« Che proprio non si possa morire? »
disperso, e i miei cari mi avrebbero forse aspettato per anni
Mi misi la lametta tra i denti e segai, tenacemente, prima
prima di chiudere il cuore alla mai morta speranza.
un polso e poi l'altro, in diversi punti, a lungo, fin che potei..
E un altro pensiero ricordo infine, che io mi limito a
Evidentemente non erano piu le vene che segavo, perché
citare qui senza commenti, per quanto, lo confesso, lo trovi
sentivo qualche resistenza e delle sensazioni come di scossa
strano: la preoccupazione per il corpo eh 'io lasciavo e che
elettrica per tutto il braccio. (Un giorno ho poi appreso trat·
gli aguzzini avrebbero mutilato, come avevan promesso, e poi
tarsi di nervi e di tendini).
abbandonato chi sa dove.
Ma il risultato sperato non veniva: il sangue, evidente-
Considerai anche i capi di vestiario che avevo indosso,
ognuno dei quali mi richiamava qualche ricordo del passato. mente, non voleva piu saperne di uscire.
Mentre tali pensieri mi occupavano e una gmn pace mi « Audaces fortuna iuvat, - mi son detto. - Qui bisogna
scendeva nel cuore, constatai con sorpresa che il sangue aveva trovare qualcos'altro ».
smesso di defluire e gli sbocchi delle vene recise erano ostruiti Ripresi faticosamente la lametta tra i polpastrel1i che piu
da sangue coagulato. non sentivano e stringendola cosi convulsivamente tentai Je
«È il freddo, -pensai. -Ci vorrebbe dell'acqua calda>>. vie .del cuore.
Ma la mia sorpresa si fece desolazione quando mi accorsi, « Li basta un bucherellino, - pensavo. - Mireremo bene
ripetuta per parecchie volte l'operazione .di strapparmi i.l tra le costole ».
sangue rappreso, che comunque il deflusso era cessato. Ma l'altra mano, per quanto si sforzasse, ndn riusciva a
Furono quelli momenti di disperazione profonda, perché sbottonare il cappotto che avevo indosso, e neanche le forze
tutto in quei frangenti si colora di tinte superlative. valevano piu a strapparlo, e intanto io pensavo che quella
Fu con terrore eh 'io riconobbi le conseguenze .del fatto: piccola lama non era certo atta a superare la resistenza del
o non morivo, e l'indomani sarei stato trovato ancora in pesante tessuto.
condizione tale che si cercasse di farmi parlare, e natural- «Forse, - pensai, - lo potrebbe col tessut<;~ dei cal·
mente anche farmi pagare il gesto tentato, oppure... dovevo zoni ». Ma dove trovare nelle gambe delle vene cosi alla
uccidermi una seconda volta. superficie?
Una terza soluzione non c'era, e fu cosi ch'io, già ada- Fu soltanto allora che pensai alla carotide.
giato in· una morte che stavo gustando dolce come un soguo Nuovo richiamo di energie, nuovo stridor di denti per la
(la prima cosa dolce dopo il parossismo di tante angustie), tensione dello sforzo.
dovetti nuovamente far ricorso a tutte le fibre della mia Le 'dita, malcerte ed ormai fredde, stringono ancora la
volontà, perché un'altra volta mi soccorresse. lametta, mentre io pongo ogni cura a che essa non mi scivoli
« Bisogna tagliar piu profondo», pensavo. inavvertitamente via, perché certo piu non l'avrei trovata tra
Ma le mani ormai paralizzate non ce la facevano piu a il b1ùo e l'anestesia che ormai mi prendeva tutta ]a mano,
vibrare il colpo con la forza necessaria. Mi consultai:
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, 52
ciò che avrebbe significato restare una volta di piu a mezza
strada tra la vita e la morte. cominciava ora ad ergersi come un notevole ostacolo davanti
a me che forzatamente lo esasperavo; ma piu che altro un
n colpo parte e colpisce giusto (annoto tra parentesi eh('
uran desiderio di calma, uno stadio mai provato di « nir-
debbo la vita , oltre alle miracolose circostanze che esporrò
in se"uito anche alla mia ignoranza in fatto di anatomia,
~ana » mi invadeva, e sempre piu disperati si facevano gli
perché "' io 'credevo che le carotidi stessero nel mezzo anziché appelli alla volontà, perché non cedesse proprio allora lll'l
mi sorreggesse sino in fondo.
ai lati della gola).
Per quella gran furia di colpi, la lametta si era n~l .men-
Istantaneamente sento che, all'alzarsi e abbassarsi de]
tre spostata fra le dita, o forse anche spezzata, ,o addu1ttura
petto in forza del movimento .di respirazione, corrisponde un
caduta nella ferita che mi ero aperto. Il fatto e che non la
passaggio di aria attraverso l'apertura praticatami, né mi
« sentivo >> piu. .
riesce piu di respirare con la bocca o col naso.
E qui avvenne quello che (non son io che parlo, ma ~
« Qualcosa ho colpito, - mi son detto, - ma perché non
medici specialisti che mi videro in seguito) si potrebbe quasi
muoio? Si vede che i vasi interessanti sono piu sotto».
E allora giu colpi su colpi. chiamare miracolo, nel sen~o che si dubita che le sole forze
di un uomo normale possano bastarvi, io mi cacciai le dita
Forse chi legge penserà ch'io agissi ormai come un for·
ttià irrigidite .dal freddo e dalla morte nella ferita e tirai.
sennato. Invece no: posso garantire che non ho mai perso il
;pezzai, slabbrai quel taglio da farlo divenir~ uno squarcio:
controllo dei miei nervi e che ogni movimento era compiuto
scavai la mia gola da farci entrare la mano mtera, strappai
a ragion veduta; né la lucidità della coscienza mi venne mai
meno, anche nei momenti successivi. le parti molli che mi si presentavano, mentre tutto in me
convergeva nello sforzo deHa mia mano di andar dentro, piii
Posso anzi precisare che in me c'erano come due persone
dentro, sempre piu dentro, ove si annidava la morte.
distinte; una era l'attore della tragedia, attore nel senso ma-
teriale e psichico .della parola, tutto preso dall'impegno della
E le forze venivan meno, e rantolavo senza volerlo e
parte assunta, l'altra era uno spiritello saccente che si diver-
svenivo e mi riprendevo di colpo con rinnovata energia.
tiva alle ricvocazioni mnemoniche piu impensate e commen-
Una cosa sola sapevo: che il piantone mi doveva trovar
tava passo passo tutti i gesti e le deliberazioni del primo.
rnorto.
Colpi su colpi, dunque, e certamente del sangue colava
A un certo punto fui preso da una grande arsura, come
anche daJla gola, ormai, ma tuttavia non tanto quanto ne
.desideravo io. un bruciore alla gola da far impazzire.
Allungai allora il collo e sporsi le labbra con l 'intenzione
Frattanto le forze venivan meno e il ,dolore fisico, che
di bere nella pozza di sangue in cui mi sentivo steso, ma
nei primi momenti non ricordo di aver sentito (forse perché
quale non fu la mia sorpresa nel trovarmi in bocca: anziché
la stessa tensione psichica era tale .da operare una specie dj
un liquido, una sostanza che aveva lilla certa consistenza e
anestesia totale o di ipnosi come pare avvenga per i fachiri),
quasi neanche si spappolava. Ancor oggi non so se si trattasse
5-l,
55
di sangue celermente rappreso o di cartilagini e mucose che narsi spasmodico di tensioni e distensioni, di svenimenti e
mi ero strappato. riprese, di febbre e terrore, ecco che la porta cigola, un fascio
M;a qui devo interrompere un momento la foga della nar- di luce investe la parete cui ero stato legato e una voce
razione per ascoltare anche lo spiritello saccente che non prontamente risuona:
stava mai zitto e mi consigliava in continuazione: - Il prigioniero è fuggito!
- No, lascia questo pezzo, tanto non ce la fai. Non vedi Presto la stanza è piena di armati e un fascio di luce
com'è piantato bene dentro? Tira invece quest'altro ... Ecco, avvolge me pure, in un angolo, steso in un lago di sangue.
cosi, bravo! N(a non pensi che riusciresti meglio girando il Sento voci concitate, imprecazioni, richiami. Mi si urta
dito per cosi? E poi perché non lavori con l'unghia? lo col piede.
certi casi anch'essa può servire, ad esempio per segare quel - È ancor vivo! Respira. Ma come avrà fatto? È incre-
grosso tubo di gomma resistente che senti in fondo e che dibile! Che forza d'animo però ..•
dev'essere l'esofago. Dovresti passargli un dito per di dietro E poi a me forte in un orecchio perché sentissi :
e poi tirare: chi sa che non venga via anche lui? ... - Canaglia! Ce la pagherai •.•
Forse a un medico potrebbe interessare ch'io riferissi qui Nuove persone sopraggiungono, forse lo stesso Spiotta. Ho
]'analisi esatta dei movimenti fatti e delle resistenze e sen- colto tra l'altro questo dialogo:
sazioni incontrate, cosi come effettivamente questo racconto - E ora che ne facciamo?
interessò i chirurghi che mi ebbero piu tardi in cura, ma per
- Finiamolo e poi facciamolo scomparire.
rispetto dei lettori non chirurghi lo sottacerò.
- E se potesse ancora parlare?
Dirò soltanto che a un certo punto sentii qualcosa tra le
- Ma non vedi che è agonizzante?
dita, nella cavità che mi ero aperta, che non poteva essere
Ogni tanto il fascio di luce mi investiva. lo allora rico-
che la lametta dispersa: tiro per recuperarla e con mia mera-
minciavo a recitar la mia parte, che questa volta era ... quella
viglia noto ch'essa si è ormai infissa nella carne.
del morto. Ma poi il fascio di luce si allontanava e io, che
l medici poi hanno identificato la presunta lametta in una
lamina tiroidea, una cioè ,delle due cartilagini che formano avevo la destra ormai attanagliata alla gola, riprendevo jn
il cosiddetto pomo d'Adamo, che ero riuscito quasi a dive1lere silenzio la mia opera di lacerazione.
e che restava cosi spenzolante in fuori. La lotta tra la vita e la morte doveva veder vincitrice la
parte migliore di me, e cosi cercavo di rubare ancora qualche
Mentre la mia volontà si superava in una serie di sforzi probabilità alla vita.
ormai supremi, mentre il mio accanimento si acuiva in una « Questi son gli ultimi strappi che posso dare, - pensavo.
lotta sovrumana tra la vita e la morte, tra me che vivevo e - Poi o morirò o tornerò ad essere una semplice cosa nel'Je
me che non volevo vivere, tra l'io fisico che voleva salvarsi loro mani».
e l'io spirituale che per salvarsi doveva perdersi, in un'alter- Finalmente mi si prende, ~i si fa rotolare su un telotenda

56 57
di cui si sollevano i quattro capi e mi s1 canea sulla famosa
camionetta come un grande fagotto.
«Dove mi porteranno ad ammazzare?» pensavo.
Ma il mio destino era un altro.
- È stato un vero miracolo, - mi hanno ·detto i medici
poi, - che lei non sia morto durante il tragitto, soffocato dal VI
sangue che, liberamente e copiosamente sgorgando, poteva
prender la via dei polmoni!
Quello che avvenne poi avvertii solo confusamente. Capii
tuttavia che mi trovavo in mano di medici.
Le mie impressioni furono poche. Eccole: un in control-
lato senso recondito di sollievo per trovarmi in mezzo a per-
sone che non mi volevano male e che si comportavano
educatamente.
Ero ormai cosi sicuro di morire che non presi neanche in
considerazione l'ipotesi che i medici potessero salvarmi.
Tra le sensazioni fisiche ricordo un senso di strano benes-
sere per la posizione comoda in cui stavo adagiato.
Nessun dolore locale, ma invece un freddo intensissimo
alle estremità, mentre il mio spiritello saccente malignava:
- Che bestie questi medici! Invece di arrabattarsi tanto
attorno alle ferite, non potrebbero mettermi una coperta di
lana ai piedi per raddolcirmi il momento del prossimo tra-
passo?
Non distinguevo visivamente quanto mi attorniava, ma
sentivo il fastidio di m1a luce troppo viva negli occhi.
Qualche frase, invece, la percepivo con l'orecchio destro
(il sinistro mi rimase sordo per alcun tempo in conseguenza
di quei morsi).
Sentivo una voce femminile che biascicava giaculatorie, e
sulle labbra a un certo momento il freddo contatto di una ....../
medaglietta accostata.

58 59
Poi udii delle preghiere pronunciate da una voce ma-
schile e sul mio corpo riconobbi i caratteristici segni del- - Ma legatelo, altrimenti quello ricominci d
l'Estrema Unzione. I.nfatti· nn· SI· fanno passare delle lenzuolaa tta capo!
h · · a raverso le
I miei accompagnatori ràccontavano, a modo loro, il fatto racc1a m modo da immobilizzarmi. (I polsi certo . .
, non IDI SI
e chiedevano ai medici se mi avrebbero tenuto .in vita. Le potevano toccare perche erano tutt'una piaga).
evasive risposte di questi, e piu che altro i loro silenzi, mi Cosi ho passato il rimanente .della notte senza
· . ' un pen.
davano garanzia della morte vicina. Siero, senza una riflessione; forse l'unica sensazione era queHa
A liberazione e guarigione avvenute fui poi in grado di della presen~a dei due sgherri costantemente ai piedi del
ricostruire la scena con l'ausilio del personale ospedaliero che letto, che mi turbavano la felicità del morire e un d 1
., . • o ort-
vi era stato testimone. sempre p1u VIVO ad ogni atto di deglutizione.
Ho saputo cosi che, trasportato dapprima al Pronto Soc· Il mattino dopo intravvedo attorno a me alcuni · ·
.
b Ianc h" cam1c1
corso dell'Ospedale di S. Martino, tagliatimi i panni addosso I: sono m edici e infermiere. Sento sempre la p ,
d · · t · ·· h resenza
per evitare ogui movimento che potesse riuscirmi fatale, vi e1 pian ?m, CIO c e mi procura un dolore addirittura fisico.
ero stato medicato d'urgenza, mentre uno dei militi che mi . Questi non fanno a tempo ad accorgersi che io sono rela-
accompagnava, forse ubriaco, non voleva ad alcun costo ri- tivamente tornato. in me per precipitarmisi addosso (quando
nunciare al piacere di rompermi la testa con il calcio del n?~ era presente Il p ersonale ospedaliero, ·d el quale avevano
fucile e, costretto dagli stessi compagni a contenersi, si sfo- ~Iu o. meno soggezione), ora semplicemente per coprirmi di
gava facendo boccacce al frate che diceva le sue preghiere. I~s-~ti, ora anche per indurmi a scrivere quello che non ero
Intanto qualcuno esprime il dubbio se trasportarmi in p1u m grado di dire.
padiglione per tentare qualche cosa o se !asciarmi addirittura E ~~nt~e gli occhi non vedevano ancora e i polsi erano
sul posto ad attendervi il prossimo decesso. In fine la prima dolentissimi e costretti all'immobilità, io mi sentivo porre
proposta prevale. della carta davanti e una matita nella mano.
Ricordo la sensazione del tragitto su di un carreJlo a mano . Evidentemente volevano sfruttare lo stato di choc in cui
sopra un fondo non lastricato. Poi, nella sala operatoria del IDI ~ovavo~ ~onc~é .l'eccitazione degli abbondanti stupefa-
reparto, una voce un poco nasale, che ho poi imparato a centi sommmistrahmJ, per strapparmi qualche cosa.
conoscere per quella del professore, che diceva, credo agli Io ~vevo un'unica arma per difendermi da questi assalti:
assistenti : «far~ ~ mor~o », e p~re che ci riuscissi bene, perché prima
0
- Bravi, sento che avete riscaldato per benino. (Ho però POI rmunc1avano, s1a pure per riservarsi il piacere di tor-
il sospetto che questa frase sia stata pronunciata con inten· nare alla carica poco dopo.
zione ironica, perché io avevo un freddo birbone!) Queste insi~tenze, per la verità mai accompagnate da per-
Poi ho l'impressione d'esser portato in una stanza. Sento cosse, caratterizzarono, si può dire tutto il periodo eh 'io
una voce da Brigata Nera che dice: trascorsi all'ospedale piantonato, m; natm·almente basti l'a·
verlo ricordato ora.
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-· ....
Oltre .i piantoni, che si alternavano regolarmente ave\ 0 Confesso che durai fatica non poca a resistere a questi
l'impressione che la stanza fosse spesso piena di curiosi. Io ~ett~ment~, forse quanto ali~ hrut.ali percosse di Spiotta;
socchiudevo gli occhi e intravvedevo delle divise: tanto ha- mfatti monre abbandonato e 1ncogmto ini sembrava in quel
stava perché li richiudessi subito. momento la cosa piu tr.i1:ote.
Poi vennero a interrogarmi commissari di polizia, ufficidi Tuttavia non feci nomi: né il mio né quello di altri, ma
delle Brigate N ere e non so chi altri, ma tutti inutilmente. non seppi resistere al desiderio mordente che mi spingeva
Di un interrogatorio solo merita qui far cenno, non perché dentro come una molla di « esprimere >> qualche cosa.
io mi sia lasciato sfuggire qui qualcosa d'inopportuno, ma co- Era l'ultimo messaggio che lasciavo, e chi sa che per un
munque perché qualche cosa ho fatto 0 espresso. miracolo qualcuno non avesse potuto raccoglierlo?
Erano due ufficiali medici della G.N.R.: non provai per Era la formula che pensavo ùi grldan~ òavanti al plotone
loro quel ribrezzo fisico oltre che morale che m'ispiravano di esecuzione coi fucili puntati; era, in sintesi, il mio testa-
gli altri. mento morale, la chiave di volta dei miei ultimi anni di
Dai commenti che facevano a bassa voce tra loro sentivo vita, il prezzo della morte che mi ero data.
che mi ammiravano per quello che avevo fatto. Uno anzi Feci per impugnare la matita, ma ahimè! non potevo
aveva gli occhi lustri. reggerla per il tremito convulso che mi agitava le mani:
Io nutrivo un bisogno di umanità tremendo, un ·desiderio infine, dopo grandi sforzi, riuscii a tenerla nel pugno, come
atroce di aver vicina una persona buona, di morire con una i bambini il cucchiaio, e scrissi; grande, storto, compitando,
mano amica sulla fronte. mentre i due medici mi tenevano alzato il capo e seguivano
Il ricordo dei miei affetti, che avevo fatto tacere nei 0aiorui trepidanti con gli occhi il movimento irregolare della mano:
della grande tensione, ora mi tentava maliardamente. W L'ITALIA
«Forse che non potrò morire con un pensiero di genti- poi caddi riverso, vinto dallo sforzo e dall'emozione.
lezza nel cuore? >>
A v evo anche bisogno che il mio gesto venisse compreso Un altro episodio ancora merita for&e di esser ricordato.
nella sua portata da qualcuno, sia pure dagli stessi nemici. I due, partendo, mi avevano promesso un frate. Io l'ac-
Essi mi parlarono e le loro parole mi toccarono il cuore. colsi volentieri perché ciò rappresentava un'occasione unica
Mi dissero che volevano che scrivessi l'indirizzo dei miei non per allontanare da me un istante l'orribile vista dei piantoni.
perché fosse loro fatto del male (e uno dei due, che mi Prezzo: la confessione. Mi ci adatto, quando nella mia
mostrò un biglietto da visita su cui figurava una corona comi- immaginazione mi sembra di notare che il frate sbaglia la
tale, me lo giurò in ginocchio baciando la croce), ma solo formula del rito.
perché potessero chiamarli ad assistere alla mia agonia, Mi fo sempre piu guardingo: anche le sue domande m'in-
solo perché, dopo morto, potessero almeno sapere che ero ducono in sospetto: non voleva sapere soltanto quante volte
morto, e provvedere alla sepoltura. avevo peccato, ma chi ero, cosa facevo e cosa pensavo.

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La mia fu dunque una confessione strana: pronunciai nel contempo che non avrei più avuto la forza né d. . ·
(anzi, scrissi) una professione di fede antifascista, netta, ne
' di ·
ntentare
il g1a
., tentato. 1 resistere
aperta quale la mia coscienza richiedeva da tempo e solo Bisognava invece sfruttare lo stato di gravità in cui mi
in punto di morte mi attentavo di dare, ma nulla palesai che trovavo per dare l'ultimo colpo.
potesse eventualmente nuocere ad altri. Certo
. non era che un filo che mi teneva le<Tato
,. ali a VI·t a.
Piuttosto mi tenni nel vago e scrissi che ero contento di Che CI voleva a spezzarlo?
morire, che sentivo di aver fatto il mio ·dovere, che il mio Ma a questa volontà tenace di morte che lo spirito ali-
pensiero era presso i compagni, i familiari, gli amici ... m~ntava si contrapponeva, sempre più violenta, quell'altra
finché il frate se ne andò con il messaggio avvolto nella tunica. estgenza di ordine fisico e naturale che aggrappava il mio
Seppi poi che era un frate vero e che fu importunato corpo alla vita con tutte le sue forze. •
alquanto dai miei sbirri perché violasse per loro il segreto Il dolore fisico, ognora crescente, il collasso successo alla
sacramentale. tensione, la stessa constatazione dell'inanità del mio sforzo
Non avendolo ottenuto, il foglio che era rimasto come costituivano per me altrettanti elementi di richiamo alla vita'
sostegno sotto quello su cui io avevo scritto la mia confes- verso la quale mi sentivo ormai spinto con una forza dispe~
sione, e che pertanto poteva riprodurre i segni tracciati con rata, pari a quella con cui poco prima avevo cercata la mor-
la punta della matita sul foglio superiore, venne sottoposto te; questa è del resto la caratteristica reazione a tutti i suicidi
a non so quale esame fisico o chimico che permettesse la mancati.
lettura dei segni stessi, e i risultati cosi ottenuti furono va- Lo stesso mondo degli affetti, che avevo prima fatto ta-
gliati anche alla luce della pseudo-scienza grafologica. cere, esplodeva ora impetuoso. Misteri di quella complessa
entità che è l'uomo!
Passato lo stordimento del primo giorno, la ragione aveva Mai come allora sentii aperto il dissidio tra l'esigenza im-
ripreso a funzionare normalmente e il primo problema che si mediata della carne e l'aspirazione riflessa dello spirito che
era posto era questo: .
attmgeva le sue energie solo ai profondi penetrali della co-
'
« E se i medici operassero il miracolo e mi facessero gua- scienza.
rire? » Si accese allora in me una lotta spasmodica tra i due po-
Fu per me in quel momento un dubbio ben tragico, ma teri: quello voleva eh 'io ritrovassi la forza per rinnovare il
sostenuto dal fatto che, volente o nolente, io ero sempre sacrificio, questa tendeva al riposo cui le proprie sofferenze
in vita. davano bene diritto!
Questa constatazione raddoppiava le mie sofferenze morali Nella lotta bestiale (la più tremenda eh 'io sostenni in
perché mi ripiombava nei timori che solo la morte poteva tutta la complessa vicenda, quella che mi costò un impegno di
dissipare. volontà maggiore, e nella quale ebbi a domare una resistenza
Mi intravvedevo ripreso, nuovamente battuto, e sentivo del fisico quale mai prima mi si era opposta) lo spirito vins~,

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c la morte fu non solo invocata, ma cercata e procurata con me) che la sua nei miei confronti era premurosa attenzione e
le mie stesse mani. Ecco come: non sfacciata curiosità.
I piantoni vigilavano bene a che ness1m oggetto mi re- La sentii anche pronunciare qualche sommesso commento
stasse a portata di mano. Anche di notte la luce della stanza in mio favore alle parole di vanto con le quali i piantoni rac-
restava accesa. Io allora mi alzavo il lenzuolo sul volto perché contavano quello che mi avevano fatto prima eh 'io mi ri-
non mi vedessero e, con tutte le mie forze, trattenevo il re- ducessi in quel modo.
spiro. La mia fiducia per lei fu subito una realtà, il che è som-
«Le vie respiratorie sono offese, - pensavo. - Che ci mamente strano perché in quell'ambiente io dubitavo di tutto
vuole a morir soffocati? » e di tutti.
E restavo cosi fin che potevo, coi polmoni immobilizzati Altrettanto strano quanto (Io seppi poi) la pia conside-
dalla volontà, fin che il mio corpo fremeva tutto e il cuore razione ch'ella mi tributò :6n dal primo momento, quanrlo
sembrava uscirmi dalla gola aperta ... fin che dovevo cedere! davanti a lei non stava che un ammasso di carne disfatta di
Lo spirito non valeva contro l'istintività della carne e il cui per di piu si diceva, acciocché il personale non se ne
prendesse eccessiva cura, che era un famoso ladrone con ben
respiro, a lungo trattenuto, esplodeva e la respirazione a poco
trentun delitti sulla coscienza!
a poco ritornava normale.
Ma prescindo dall'aspetto psicologico di questa alleanza
Allora ritentavo con raddoppiata energia.
tacita che prestissimo si stabili tra lnes e me per !imitarmi a
E questo per alcune notti.
ricordare gli effetti ch'essa produsse sullo svolgimento della
Altro mezzo che escogitai fu quello di farmi scivolare sul
vicenda.
petto la borsa di ghiaccio che tenevo in fronte. Anzitutto, giacché il mio desiderio era di morire, cercai
« Una bronco-polmonite in queste condizioni mi porta di farmi aiutare da lnes in questo, e a segni, quando potevo,
via », pensavo. glielo facevo capire.
E venne infatti, e venne anche il medico internista che. Vari giorni <d urò questo duello disperato tra me che invo-
coll'ausilio dei raggi, attribui la cosa non so se a infiltrazioni cavo la morte accennando col dito a una puntura nel cuore
di sangue o di saliva! e lei che, nella sua semplicità e ignoranza dei motivi che mi
Tutto venne, fuorché la morte. spingevano a quella richiesta, cercava con ogni mezzo di
Tentai anche di rifiutare quel poco alimento liquido che farmi riprendere l'amore alla vita.
mi si somministrava attraverso la sonda: la morte per inani- Anche un medico (che, seppi poi, era partigiano e, inte-
zione. Mi ci mancava tanto poco ... ressato da Ines, aveva preso veramente a cuore la mia vi-
Ma qui bisogna che introduca un personaggio nuovo che cenda) venne da me richiesto della stessa cosa.
avrà tanta parte negli sviluppi di poi: è l'infermiera lnes. Una volta mi parve che dicesse di si con gli occhi. Poco
lo avvertii subito (i malati sono sensibilissimi a certe for- dopo entra un'infermiera con una siringa già pronta. lo credo

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sia quella sperata e già mi preparo per l'ennesima volta a
morire. Subisco l'iniezione, ma poi ... i minuti passano, ed io
mi accorgo che tutto non era che il frutto di una mia alluci-
nazione.
Un'altra volta feci cenno ai piantoni che mi lasciassero
scrivere qualche cosa ai medici che mi stavano visitando. L'ot- VII
tenni, e la frase che questi lessero era la seguente :
« Sono stanco di soffrire. Lasciatemi m or ... », ma qui ru1a
mano commossa fennò la mia a mezza parola. Ma ben presto In es operò il miracolo: come si poteva in-
sistere in quell'ostinata ricerca di morte quando si aveva at-
torno una creatura cosi gentile, quando era cosi bello lasciarsi
medicare da quelle mani che sap evano quasi neutralizzare
l'orrore delle camicie nere sempre presenti?
Inoltre non mi aveva bisbigliato una volta che quel me-
dico stava interessando dei partigiani in città perché mi ve-
nissero a liberare?
La t'peranza della guarigione, connessa a quella della li-
bertà, tosto che si fecero strada in me, mi diedero le vertigini.
<( Si, esser portato via, - pensavo, - fosse solo per poter
morire tra amici, l ungi da questi ceffi! »
Fu cosi che il primo marzo lnes ebbe il mio primo bi-
glietto, scritto con indicibili sforzi sotto le coltri con mate-
riale da lei procuratomi, perché lo consegnasse agli amici di
:fuori ( « Chi vi porta questo biglietto è un angelo. Fidate-
vene ... »), i quali soltanto cosi vennero a sapere le condi-
zioni e il luogo in cui mi trovavo. (Si era sparsa per la città
la voce di un partigiano che si era tagliata la gola per non
parlare, e anche il C.L.N. regionale, in una riunione di quei
giorni, ·a veva commentato il fatto, ma chi sapeva che fossi io?
La notizia del mio arresto, invece, l'aveva già portata a Mi-
lano il corriere la cui corrispondenza era stata intercettata
e che era riuscito miracolosamente a svignarsela).
Altri biglietti seguirono al primo (quali diretti ai com-
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pagni per consigliarli sulle modalità del ratto o preavvisarli minuti se il tampone incriminato non fosse stato rimosso al-
di qualche pericolo, quali al medico amico per chiedergli l'istante.
conto della gravità delle mie ferite e delle loro probabili con- Spesso avevo mancamenti in conseguenza della gran per-
seguenze - morirò? non morirò? resterò muto? muoverò rota ·di sangue subita e per l'insufficienza della nutrizione
le mani? -circa le quali invece mi si tenne sempre all'oscu- ospedaliera. Infatti questa consisteva solo in liqui.di passatimi
ro, con l'ansia da parte mia che si può immaginare) e sempre direttamente nello stomaco per una canna di gomma intro-
Ines mi provvedeva di tutto e raccoglieva disinvoltamente tra dottami attraverso il naso e percorrente l'esofago, liquidi dei
le garze sotto gli occhi dei piantoni i bigliettini fatali che, se quali io non sentivo pertanto né la temperatura né il gusto.
trovati, potevano procurarle la tortura e la morte. Quello che poi mi procurava maggior disagio era il non
Il primo saluto ch'io ricevetti dai compaani di Genova poter usare minimamente delle mani, neanche per l'atto piO.
o '
riferitomi verbalmente -da lnes, mi fece un gran bene. elementare di sollevare un bicchiere o rimboccare una coltre.
Dé;t quel momento il mio soggiorno in ospedale non fu che Per tutto dovevo quindi ·dipendere dal personale infermie-
un crescendo di intensità nell'aspettare il loro intervento. ristico il quale, dati i trentun omicidi di cui sopra, cercava
Frattanto la mia immaginazione, anche alterata dal forte di avvicinarsi al mio letto il meno possibile.
uso di stupefacenti cui ricorrevo per calmare il dolore, lavo- . Gli stessi medici, dei quali molti, seppi poi, erano dalla
rava a costruirsi ]a scena e vi si eccitava sempre piu. mia, non potevano prestarmi l'attenzione voluta per non in-
Posi da quel momento nel curarmi, perché gli amici mi sospettire i piantoni.
trovassero presto in grado di superare i disagi e le emozioni
del trasporto clandestino, lo stesso sforzo di volontà che avevo Ma qui debbo rifarmi a un'altra trama.
prima esercitato nel morire. Già dai primi giorni della mia permanenza in ospedale,
Ma anche allora mi trovavo di fronte a qualche cosa con- quando la mia stanza era un viavai di curiosi e provocatori
tro cui la semplice volontà non bastava, ed erano le mie con- (ora in veste di partigiani, ora di infermieri) coalizzati nel-
dizioni fisiche. l'unico intento di strappai-mi l'attesa rivelazione, mi si pre-
Respiravo per mezzo di una canna .d'argento introdotta aentò una volta una donna in càmice bianco, con occhiali
nella trachea attraverso la ferita sempre aperta. Per essa sor- scuri ed aria concitata, che mi fece scivolare sotto le coperte
tiva continuamente il catarro che si formava abbondante. un biglietto e l'occorrente per la risposta.
Stavo costantemente curvo su una bacinella nella quale si Il biglietto diceva press' a poco :
riversava la saliva, che mi sarebbe stato impossibile deglutire. « Sono un partigiano che vuoi liberarti, ma per questo,
Neanche la notte potevo lasciare la rigida posizione di se- ~iccome ho perso i collegamenti, occorre che tu mi indichi
duto, che sola mi consentiva di respirare. Spesso qualche tam- qualcuno fuori che mi aiuti ad organizzare il colpo. Sergio».
pone mi occludeva le vie respiratorie, provocandomi crisi di Io naturalmente non abboccai e il mio biglietto portava
asfissia e soffocazione che mi avrebbero portato di là in pochi una risposta evasiva: non avevo compagni fuori.

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« Chi poteva aiutarmi senza conoscermi? >> pensavo, dere dalla finestra per sh·acellarmi sullo spiazzo sottostante
non supponendo certo . che il gesto da me compiuto bastasse per evitare cosi, giacché liberare non mi si poteva, di ritro-
a suscitare tanto interesse. varmi un giorno guarito nelle mani dei miei persecutori,
Quella donna, invece, era proprio la dottoressa De Guidi, quando l'imprevisto venne nella persona del professore che,
quella che due mesi dopo doveva effettivamente realizzare il chiamato immantinente dalla provvida Ines, si oppose ener-
colpo, e quel biglietto di un suo cugino che vi avrebbe p oi gicamente al mio trasporto, assicurando che le mie condi-
preso parte a mano armata. . zioni del momento non lo permettevano.
Comunque l'insistenza di quella donna fece si che io con - Aspetteremo ·dunque che migliori, - aveva allora ri-
altro biglietto ne informassi i miei perché assumessero le n e- ' ' sposto il Questore, interpellato telefonicamente.
cessarie informazioni. Di qui un nuovo drammatico dubbio viene a turbare ]a
Queste furono tali da rassicurar tutti (la De Guidi cono- mia degenza.
sceva la « Casa dello Studente» non soltanto di nome) e cosi. Migliorare? sarei stato portato di sopra.
sempre auspice Ines, il collegamento tra i miei e l'intrepida Non migliorare? I medici avrebbero sconsigliato ai com-
dottoressa, che militava allora in una squadra cittadina di pagni l'esecuzione del ratto.
parte comunista, ebbe finalmente luogo. Compresi dunque che la mia condotta avrebbe dovuto es-
Di tutti questi passi io ero intanto tenuto al corrente da11a sere molto oculata: migliorare si, ma senza che i piantoni se
fida infermiera, ed è da notare che tutti questi scambi di co- ne accorgessero, loro che erano sempre cosi vigili a ogni mio
municazioni avvenivano miracolosamente tra lei e me, che mi movimento, che interrogavano spesso i medici per sentire le
esprimevo a gesti, sotto gli occhi dei piantoni che non lascia- loro previsioni e ogni sera riferivano ai capi l'andamento
vano la stanza né di giorno né di notte. della giornata.
Gli episodi da ricordare sarebbero innumerevoli, e taluni
Ma un fatto intervenne presto a interrompere il corso anche gustosi, considerati alla luce di oggi.
delle mie ormai ottimistiche previsioni. Una volta un piantone mi pose in piedi in mezzo alla
Un bel giorno entrano in stanza due questurini che rife- stanza e poi fece l'atto di non piu sorreggermi, per vedere
riscono l'ordine del Questore di portarmi subito di sopra, nel se le gambe mi avrebbero retto: io feci allora sembianze di
gran camerone dei detenuti. cadere ed egli si convinse che non era ancor giunto il mo-
Il mio castello crollava! Il progettato colpo non si sarebbe mento.
piu realizzato, perché io sarei stato posto insieme agli altri Spessissime volte venivano inviati ·della Questura ad esa-
detenuti, non piu sotto la custodia di due soli piantoni, ma di minare le mie condizioni fisiche, ed io immancabilmente mi
un'intera squadra di armati. facevo trovare con una spanna di lingua fuori e gli occhi sbar-
Sperai ancora per un istante che un imprevisto impedisse rati nel vuoto, come se stessi proprio per esalare l'ultimo re-
l'e&ecuzione •dell'ordine, e mi preparavo già a !asciarmi ca- spiro ...

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Frattanto lnes faceva scivolare nelle medicine qualche A un certo ptmto gli organizzatori del colpo riscontrarono
uovo e qualche po' di marsala, perché anche l'altro punto del che il ritmo della mia ripresa fisica guadagnava gradata-
programma, che era quello di migliorare effettivamente, non mente terreno nei confronti del ritmo parallelo dei prepara-
andava dimenticato. tivi ·d i fuori, e bisognava far intervenire qualche forza estra-
Vi era, oltre tutto, una questione di sincronia, perché gli nea a rallentarlo.
sviluppi della mia guarigione dovevano coincidere con la pre· Non per questo mi diedero una mazzata sul capo, ma ri-
parazione del colpo che si elaborava fuori. corsero a un intervento chirurgico che, se non altro, avrebbe
Questa alle volte, a quanto ho saputo poi, non procedeva impedito a «gli altri>> di portarmi via fino a che l'organiz-
troppo bene, sia per le divergenze di metodo che affioravano zazione del colpo non fosse ultimata. ·
tra i vari gruppi impegnati nell'impresa, sia per le difficoltà
obiettive che s'incontravano a ogni passo, perché le cose da Frattanto le mie condizioni psichiche peggioravano.
provvedere erano tante (l'autolettiga e chi la guidasse, le ar· Il primo mese era trascorso abbastanza in movimento tra
mi, le divise e le persone .disposte a servirsene, l'apparla- tutte le faccende che ho ricordate, e al mio spir:to si presen-
mento ove ricoverarmi, lo specialista che mi avrebbe preso in tavano sempre prospettive e circostanze nuove cui avevo ap-
cura, il dispositivo per entrare in stanza senza allarmi, ché pena il tempo di tener dietro; inoltre ero anche molto preso
sarebbe bastato uno sparo per fare accorrere i numerosi que- dal dolore fisico che il mio stato, che si mantenne molto
sturini del piano superiore) e talvolta il perdere un appunta- grave per tutte le prime settimane, mi procurava.
mento, un collegamento, una persona significava dover rifare Il secondo mese invece registrava progressivi se pur lenti
tutto da capo, e questo non può comprendere chi non ha miglioramenti dal punto di vista sanitario, ai quali invece mi
provato a lavorare in quelle condizioni! pareva corrispondesse un rilassamento dell'attività di fuori.
Se dovessi scrivere la storia dei vari tentativi progettati Fu un mese di ansie, di sempre risorgenti speranze, di
per liberarmi e l'elenco ·delle persone e dei gruppi che se ne interminabili attese, di delusioni, spaventi e, quello che for~e
sono interessati, ne verrebbe fuori un volume! provavo per la prima volta, di disperazione!
Basti qui ricordare che anche Milano mandò il suo << uo- lnes era stata allontanata ad arte dal reparto perché qual-
, mo >>, che fu poi l'anima ·dell'impresa, e che Torino mi pose cuno temette compromettesse tutto per l'eccessivo zelo con
in una lista di scambi (la stessa che portava in testa il nome cui si prodigava (per questo, a sua insaputa, le si procurò un
di Ferruccio Parri) che mi fruttò numerose visite da parte di male che la obbligò a lasciare il lavoro). Con lnes mi veniva
ufficiali delle S.S. tedesche, delle quali allora non potevo meno la nutrizione speciale cui provvedeva di nascosto e l'u-
. certo intuire il significato. nico sostegno morale che avessi, nonché il collegamento ma-
Per buona sorte tra cospiratori e medici regnava la mas- teriale coi medici e con fuori.
sima intesa (quando non era spontanea, pensavano le lettere Piu nessuno veniva in stanza a dirmi nulla, ed io ebbi
minatorie a renderla ugualmente attiva ed efficace!) allora l'impressione di essere ormai dimenticato.

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gw1ssero. Dov'era piu l'uomo che aveva loro tenuto fiera·
Una volta, volendo a tutti i costi comunicare qualcosa mente testa per quindici giorni?
e non provvedendomi piu alcuno del necessario, fui costretto Intanto l'avanzata alleata, che il mio arresto aveva lasciato
a scrivere il telegrafico messaggio su di una benda, serven- in un punto morto, aveva ripreso e stava assestando gli ultimi
domi di non so piu che oggetto acuminato con cui mi ero colpi; io ne ebbi sentore da qualche accenno dei piantoni ed
appositamente punto per poterlo intingcre di sangue. anche .d al loro mutato comportamento nei miei confronti,
I piantoni non erano sempre gentili, ora che mancavano che in taluni si era fatto cosi umile e dimesso da sfociare in
Je somministrazioni di vitto di cui Ines, sottraendole alla un'aperta profferta di servigi (naturalmente a buon ren-
propria porzione, con riposti intendimenti 1i gratificava. dere ... )
Le visite dei questurini invece sempre piu frequenti, il Una volta ero anche riuscito a involare un giornale, che
che mi faceva temere il prossimo trasferimento. essi avevano distrattamente abbandonato, e a leggermelo a
Ma il mio timore maggiore era che, visto che non la spizzichi sotto le coperte (ci impiegai parecchi giorni perché
spuntavano con i medici a ottenere il consenso ·del trasporto, i miei occhi non funzionavano ancora bene).
l'operassero di forza, magari riportandomi anche in caserma Comunque la situazione mi era ormai chiara: sapevo che
per obbligarmi a scrivere sotto la pressione di nuove torture, la fine della guerra sarebbe stata al più questione di settimane
ora che non potevo piu parlare; oppure che, stanchi di quel e che poteva anche verificarsi da un momento all'altro, ma
noioso piantonamento cui erano condannati, pensassero essi questo, se mi rallegrava da una parte per le cons~derazioni
stessi a finirmi, tanto per venirne liberati. di carattere generale cui non ero insensibile, mi preoccupava
Tutto prevedevo, in quelle tristi giornate di angoscia, e dall'altra, perché sapevo che i piantoni avevano ricevuto l'or-
ogni rumore mi insospettiva e ogni parola mi sembrava un dine di finirmi sul posto, al minimo sintomo che stesse per
accenno e ogni gesto una minaccia. verificarsi qualche cosa di anormale.
Non mancavano poi i piantoni che, accortisi di questi O •non aveva fatto Buozzi a un dipresso la stessa fine?
miei vaneggiamenti, non si studiassero di sfrnttarli per farmi E non mi aveva predetto Spiotta:
scrivere, magari puntandomi addosso le armi che avevano - Verranno gli inglesi, ma io ti giuro che t'ammazzerò
sempre con sé. prima!
Una mattina parti persino un colpo che fece un bel buco Cosi io passavo le ore della notte, dopo che la morfina
nel muro. Io sonnecchiavo in quel momento e il mio risveglio aveva esaurita la sua azione, con gli occhi fissi alla porta e i
fu cosi brusco che il piccolo tappo di sughero che occludeva nervi tesi, in attesa 'degli eventi.
la mia sonda esofagea se ne sprizzò via, con conseguente Per di piu, alcune volte mi fu annunciato dalla dottoressa:
rigurgito della colazione liqui·d a che avevo testé ingerito. «Verremo il giorno tale all'ora tale». Immaginarsi la mia
A volte l'ondata di tristezza che si abbatteva su di me attesa! Ma il giorno e l'ora passavano e io ripiombavo nella
era tale che non potevo contenere il pianto. Allora mi tiravo tetraggine piti cupa.
il lenzuolo sul volto perché i piantoni non vedessero e non

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Il colmo dell'agitazione raggiungevo poi quando, no:te- « Servo ancora a qualche cosa », pensavo, e avrei voluto
tempo, sorpresi da qualche rumore sospetto, i piantoni, che gridargli:
presagivano che prima o poi i compagni avrebbero tentato - Dopo morto, tenga pure il mio corpo per le sue espe-
qualcosa per liberarmi, balzavano in piedi e si appostavano rienze: se sapesse come questo mi fa felice!
dietro la porta con le armi puntate, pronte a far fuoco contro Era il mio senso sociale che, in quei mom enti , non po-
il primo che entrasse, ed io, pensando a mia vo:ta che r eal- teva prendere altra forma.
mente si trattasse di qualcuno che venisse per quello scopo,
mi struggevo per l'impossibilità di avvertirlo che ormai era
stato scoperto, e il cuore mi si empiva di sgomento al pen-
siero che qualcuno avrebbe perso la vita per me.
Nelle ore del giorno invece, solitamente piu tranquille,
mentre i piantoni dormicchiavano o giocavano a carte o sta-
vano osservando dal balcone il gioco di bocce sottostante, io
sentivo sempre piu impellente il bisogno di uscire da quel-
l'inerzia, di arrischiare di nuovo, di riprendere la partita
interrotta, e questi slanci del cuore poggiavano sempre su
un fondo denso di preoccupazione per le condizioni in cui
avevo lasciato il lavoro, proprio all'antivigilia dell'insurre-
zione, nel momento cruciale in cui stava per realizzarsi il
programma, che mi aveva sempre avuto sostenitore, dell'uni-
ficazione delle forze partigiane in un unico Corpo Volontari
della Libertà.

Inoltre sentivo un gran bisogno di cultura, di poesia, di


civiltà insomma.
Ricordo la soddisfazione che provai quando una volta,
ancor nei primi tempi, il professore, in sala di medicazione,
illustrò agli allievi il mio trauma e ne trasse argomento per
una breve lezione.
Il mio amore per la scienza non fu mai cosi vivo come al-
lora!

78 79
mi pareva dovessero fare in vista dell'imminente insurre-
zione.
Questo biglietto i compagni non l'hanno mai avuto perché
l'ho ancora io.
VIII Il biglietto incriminato scivola dunque prontamente nelle
tasche della dottoressa, mentre a pochi passi da lei entrano
due pezzi di giovanottoni in càmice bianco, occhi truci e li·
Intanto i . giorni passavano . L''Im h.rumre
. neamenti ~da boxeurs.
. era l ,ora dell
massima tensiOne, quand'io mi ,dicevo: a « Fingeranno di essere due infermieri per potermi tra·
E« 0 vengono
. or 0 ·
a p er oggi non vengono piu 1 » sportar via con qualche autorizzazione falsa ».
pOI, quando .già avevo perso la speranza: . Invece no. I due pretendono addirittura di esser medici
« E . un altro giorno è passato ·l Spenamo
. d omam. l Pur che e si accingono a visitarmi, ... ma la visita è breve!
no~:;I ~ucceda nulla di brutto questa notte! >> • L'unico piantone che si trovava sul posto, un ex agente di
T o. a. mo~fìna. dava tregua a tanta agitazione. P. S. sulla cinquantina (l'altro si allontanava tutte le sere a
anti giorni, pOI, non aspettav quell'ora per andare a prendere il rancio), del resto per nulla
germi inutilmente. o neppure, per non sconvol.
insospettito dall'apparizione di due medici mai visti prima in
Proprio in uno di questi (il l . reparto, non fa a tempo a vedersi improvvisamente puntar
per il 0"iorno avant· I co po IDI era stato annunciato
I, e a sua mancata e · · addosso una pistola e intimar « mani in alto » che un getto di
p~rticolarmente prostrato, forse perché l s~cuziO~e ~I aveva ammoniaca lo colpisce al viso.
mio compleanno) ent l .- . a ata comCideva col
. ' ra a signorma De Guidi mi si Disarmato in un baleno, riceve una buona scarica di colpi
cma col volto teso e mi bisbiglia: ' avvi-
- Sono qui! sulla testa col calcio della rivoltella che lo stordiscono e gli
fanno perdere alquanto sangue, ma è sempre in sé e continua
Le faccio cenno (i miei occhi sa evan .
come frecciate) che c'' h' l' p o dar comandi acuti a ripetere come un automa:
.
d mo: l' e un Ig Ietto tra le garz 1 - Faccio quello che volete, ma non ammazzatemi!
avevo scritto pe d h e, su como-
giorni do . f . l nsan o c e fosse l'ultimo (cinque Qui entra in azione la De Guidi, che tremava come una
. po, m atti, a sopraggiungere dell'' . .
sarei stato con tutta pro bah T , . InsurreziOne, 10 foglia perché doveva mostrarsi a sua volta sorpresa dal com-
tanto non era un ennesim I Ita lslpacc~ato sul posto), e per- portamento ... poco sanitario invero dei due colleghi, e dietro
. 0 appe o a1 compagn· h· .
vemssero a liberare ' come per l o p l. ' . h. r .I pere e m1 intimazione di que"sti caccia nel collo del disgraziato (la ri-
hensi un commiato e . d' u I Ig Ietti precedenti, cerca delle natiche sarebbe costata troppo tempo) un intero
. , vorrei Ire quasi t
tico con altresi qualch . l' ' un estamento poli- siringone di cloroformio.
e consig Io su quanto d.I pm . . urgente
Ma ahimé! l'ago si spezza e resta confitto nel collo del
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po.veretto, il quale viene in un battibaleno legato al letto e confusione generale il gruppo scappi avanti e di non farcela
imbavagliato. a tenergli dietro, ma non è che il dubbio di un istante.
In quel mentre entrano in stanza ben tre militi delle Bri- Quando passiamo davanti alla portineria del pa-diglione
gate Nere (o meglio, partigiani travestiti come tali) con tanto dobbiamo certo costituire un corteo interessante!
di mitra puntato e cc Per l'onore d'Italia» al braccio. Davanti la dottoressa con le mani in alto e i mitra dei mi-
Il primo dei tre mi fa un sorriso, perché a me stava per ve- liti puntati nella schiena (doveva figurare ostaggio), poi i
nire un colpo apoplettico, avendoli creduti a tutta prima mi- medici-boxeurs con il sottoscritto che si presentava, dal basso
liti autentici. in alto, con un paio. di scarpe •d a tennis ai piedi, le gambe
Il piantone invece, vedendoli, avrà creduto un istante ncJla nude e stecchite e sul capo, bottino di guerra, una coperta
divina Provvidenza, ... ma la sua fede doveva esser breve! nella quale mi avvolgevo aUa meglio perché non mi si potesse
Io nei primi momenti avevo recitato la parte di quello che riconoscere e che recava evidente la scritta: « Spedale S. Mar-
non si raccapezza dalla sorpresa (se il colpo fosse andato a tino»; dalla coperta poi, all'altezza del naso, spùntava il
male, non volevo si potesse ·dire che io ne ero al corrente), tubo di gomma attraverso il quale mi si nutriva, che stava su
poi, ormai fiducioso nell'esito, stavo li in letto tranquillo ritto come una proboscide o una ciminiera, sostenuto da una
ad assistere alla scena da buon spettatore, godendomela un fettuccia bianca che mi passava attorno al capo e terminava
con una gala.
mondo alla sorte del piantone, finché un medico mi infila
Ma il portiere non ci vede perché c'è chi pensa a lui, e il
delle scarpe ai piedi portatemi per l'occasione (nella fretta
cancello stranamente si apre al nostro passaggio.
sbaglia anche la ·destra e la sinistra), mi prende giu dal letto,
In autolettiga io son preso dalla voglia di abbracciar tutti,
e mezzo di peso mi carica nell'ascensore.
ma non è ancor·a · il momento: c'è anzi da abbassar il capo
Il tragitto è breve. Questo si ferma.
sotto il livello dei finestrini perché si passa davanti alla cc Casa
Usciamo, e ci si accorge che si è al primo piano e non al
dello Studente>> (via obbligata), e se l'al1arme in ospedale
terreno: forse nella fretta si era sbagliato a premere il bot-
fosse stato lanciato a tempo una selva di scariche avrebbe po-
ton e, ma al momento si pensa a un 'interruzione di corrente.
tuto salutare il nostro passaggio (come era capitato a un 'i m •
Si scende a piedi per la scala.
presa del genere tentata in tempi precedenti e 1·isoltasi in un
lo compresi, come quel tal generale, che tutta la salvezza macello). Intanto sono trasportato in una casa predisposta dove
stava nel1e gambe, e del servizio ch'esse mi resero in quel sono ad attendermi lnes, i fratelli e uno specialista.
momento non mi posso proprio lamentare, se penso che da Rinuncio a descrivere l'ebbrezza di quei primi momenti
due mesi
l
non mi reggevano piu! di libertà!
A un certo punto il medico che mi sosteneva, preso dal- Ma non è ancora il tempo di cantar vittoria.
l'atmosfera di cc fuggi-fuggi» che regnava sovrana, si .dimen- Per tutta la città fervono le ricerche e si diffonde la voce
tica persino di reggermi ed io temo per un momento che nella che un partigiano era fuggito da S. Martino.

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l posti di blocco sono nel frattempo avvertiti, perché una e per prep•arare gradatamente i genitori che mi credevan~
macchina doveva a tutti i costi contenere un ferito. Chi infatti ancora tranquillamente in Svizzera.
poteva sospettare che questi sarebbe stato ricoverato proprio Ma la mia posizione di clandestino non doveva protrarsi a
in uno dei p in bei palazzi del centro di Genova? lungo.
Frattanto all'ospedale (dove qualcuno che aveva intrav· 11 23 notte sentiamo spari su spari. lntuiJamo, ma non vo·
visto il corteo aveva pensato eh 'io venissi pot·tato abusiva- aliamo crederci.
mente via dalle Brigate Nere e già mi piangeva morto) le in- " 11 mattino dopo Genova è libera, ed io bacio piangendo il
dagini non risparmiano né un angolo né una persona: qual- primo giornale della libertà.
èhe schiaffo vola e qwalche medico va a prendere il mio posto Poi vengono i compagni in processione a riabbracciare il
nella camera di sicurezza di via Monticelli. 1 -edivivo e la sera c'è il brindisi, e un poco di spumante entra
Si pensa a riparare in luogo piu sicuro, ma le condizioni anche simbolicamente nella mia cannetta di gomma.
del mio fisico lo sconsigliano. Infatti all'esaltazione er·a su· Non ne sento il sapore, è vero, ma potevo io mancare al
bentrato il collasso (un singhiozzo convulso mi tenne sveglio << rito » atteso da anni?
tutta la prima notte), e provavo anche un malessere generale
nuovo, forse dovuto all'improvvisa mancanza della morfina, E quel brindisi me ne ricorda un altro, successivo di quat·
che mi ero abituato a ricevere in notevole dose. tro mesi al primo, col quale i compagni genovesi, cui debbo
E poi, come rimettermi in strada con il pericoloso dchia· se ancora mi posso considerare tra i vivi, hanno voluto festeg·
mo di quel terribile tubo di gomma infitto nel naso? giare la mia definitiva uscita dall'ospedale e salutare la mia
Ci si prepara invece, in caso di perquisizione dell'edificio. partenza per Milano con un << arrivederci! » che non ho di·
a far scomparire pront,amente le tracce del reato (cioè per· menticato.
sone incriminate e medicinali) negli appartamenti soprastanti,
mezzo diroccati dai bombardamenti.
Comunque l'allegria non manca ed essa raggiunge il suo
apice quando amici dall'ospedale ci riferiscono la scena del
piantone che si era allontanato un momento per prendere il
rancio, il quale se ne torna tranquillo con le sue due gavette
sotto il braccio, entra in stanza pacifico credendo di trovare
il solito ferito e trova invece ... il compagno addormentato e
legato al suo posto, con la testa ammaccata e gli occhi fuori
dell' 01·bita per l'ammoniaca!
All'indomani un messo parte in bicicletta per Milano per
comunicare ai compagni che « il Colombo ha preso il volo »

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Un libro di natura eccezionale. Luciano Bolis rac-
conta il suo arresto, gl'interrogatori lunghi ed este-
nuanti, le immani torture: ma non è questa l'es-
senza della sua storia. L 'importanza e il significato
del dramma eh' egli ha vissuto sta nello sforzo dispe-
rato di vincere le sofferenze fisiche e non soccom-
bere alla tentazione di tradire i compagni.
Egli scrive con semplicità realistica e spontanea,
senz 'alcuna ostentazione eroica, con schietta umiltà.
A chi ha dimenticato ciò che i nostrt patrioti hanno
dato alla causa comune, a chi misconosce e vili-
pende il nome di partigiano, valga la storia di Lu-
ciano Bolis a ridestar la coscienza e la gratitudine
di un sacrificio emi nobile e puro.

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