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VITTORIO BARTOLI
Firenze
bartoli.vit@gmail.com
RIASSUNTO:
Il cuore è nella Vita nova l’organo egemone che condiziona e regola la vita del
poeta nello stato di veglia, nel sonno e nelle ymaginationi. Il lemma cuore è usato
con l’ampia gamma di significati che la scienza medica, le Scritture e l’esegesi
scritturale gli attribuiscono. Nella prima e nella seconda novena la descrizione
della funzione e delle disfunzioni del cuore e dello spirito vitale contenuto nel
ventricolo sinistro è in armonia con il canone scientifico medievale. Nella terza
novena e nei paragrafi finali è spesso in antitesi: il cuore, oltre ad ospitare le pas-
sioni dell’anima, è la sede della conoscenza sensoriale, del pensiero, della vo-
lontà, della memoria ed ha come avversario l’anima, cioè la Ragione. La precisa
definizione delle potenze dell’anima legata al corpo, la descrizione del tremore
emozionale squassante che si trasmette orribilmente fino ai polsi più periferici,
il rapporto del tremore e dell’incipiente sincope con la visione della Gentilissima
e la scomparsa della sintomatologia con la cessazione della visione sono gli
aspetti più significativi dell’influenza della medicina di tradizione galenica.
Esprimono l’influsso delle Scritture l’attribuzione al cuore di molte funzioni
dell’anima e l’incontro con la Pietosa che permette a Dante di descrivere le tre
fasi della concupiscenza secondo il maestro Pietro Lombardo.
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ABSTRACT:
In the little book Vita Nova, the heart is the hegemonic member that regulates
Dante’s life in vigil, dreams and ymaginationi. The poet ascribes to the heart
several meanings, derived either from the medical science of Galen’s tradition or
from the Scriptures and scriptural exegesis. Following Gorni’s ninefold division
of the Vita Nova, the influence of medical science is evident in the first and second
novena, where the function and the disfunctions of the heart are described ac-
cording to the canons of medieval medicine, e. g. the definition of the three powers
of the body-linked soul, and the account of the tremor of the heart and the pulses
arising at the sight of Beatrice and disappearing at the end of the vision. The third
novena and the final paragraphs are unhooked from medicine. The heart is the
seat of Love, its king, and the seat of sensory perception and knowledge, thought,
will, memory, as set forth in the Scriptures. Moreover, the meeting of the crying
poet with a gracious, young and very beautiful Lady, the Donna Pietosa or Gen-
tile, lets Dante illustrates the three phases of concupiscence, according to Master
Pietro Lombardo.
KEY WORDS: Heart, vital spirit, soul, Love, Reason, concupiscence, ymagina-
tione.
Nella rubrica Incipit Vita Nova, dice Dante, «io trovo scripte le parole
le quali è mio intendimento d’asemplare in questo libello, e se non tutte,
almeno la loro sententia» [1, 1]. Il racconto è imperniato sulla dinamica
scenica delle operazioni dell’anima del poeta conseguenti alla visione
della «gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata da molti Bea-
trice» [1, 2].
Nell’ambito degli studi sulla Vita nova, «un libro così composito e
sfuggente, astratto, ricco più di zone d’ombra che di luci», del quale
«sfugge il vero modello fondante» (Rossi in Alighieri 1999: 243, 246),
scarsa attenzione, per quanto è a mia conoscenza, è stata dedicata alla po-
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lisemia del lemma ‘cuore’. Il cuore, insieme allo spirito vitale contenuto
nel ventricolo sinistro, è presente in tutta la narrazione ed è impiegato con
l’ampia gamma di significati che la scienza medica e, ancor più, le Scrit-
ture e l’esegesi scritturale gli hanno attribuito:1 esso è nella Vita nova l’or-
gano egemone che condiziona e regola la vita del poeta in ogni momento,
nello stato di veglia e nel sonno.
Alla ripartizione novenaria del libello, proposta da Gorni (Alighieri
1996) e accolta in questo studio, corrisponde una diversa presentazione
del cuore, aderente al canone scientifico nella prima novena e in buona
parte della seconda, distante e spesso in antitesi nella terza e nei quattro
paragrafi finali. Negli ultimi tredici paragrafi il cuore, oltre ad ospitare le
passioni dell’anima, è la sede della conoscenza sensibile, del pensiero,
della volontà, della memoria ed ha infine come adversario l’anima, cioè
la Ragione. L’acceso dibattito fra il cuore e i sensi e fra il cuore e l’anima
[26 e 27] conduce all’ultima ymaginatione [28], ove Beatrice appare «glo-
riosa», «giovane» e «con quelle vestimenta sanguigne colle quali [dice
Dante] apparve prima agli occhi miei». Dopo «questa tribulatione» [29,
1] e la vista dei pellegrini «pensosi» che attraversano «la città dolente»
[9], il sonetto Oltre la spera [30, 10-13] indica la nascente evoluzione
dell’amore per «quella benedecta Beatrice» che «gloriosamente mira nella
faccia di Colui “qui est per omnia secula benedictus”» [31, 3]. L’«intel-
ligenza nova» che «Amore piangendo» mette nel cuore del poeta pone
fine alla precedente esperienza di vita, d’amore e di poesia2 nell’attesa di
«dire di lei [Beatrice] quello che mai non fue detto d’alcuna» [31, 2]. Que-
sta intelligenza nova assicurerà l’«impulso capace di superare le barriere
della “temporalità”» e fornirà «aspirazione e energia spirituale che indi-
rizzano l’anima verso l’integrazione finale con Dio» (Picone 1979: 61).
Occorre ricordare che la ratio è deputata alle cose terrene, “respicit infe-
riora”, l’intellectus alle celesti, “superiora respicit” come gli angeli, l’in-
telligentia, l’espressione più elevata dell’intelletto, consente la
conoscenza e la congiunzione con Dio (Alessandro di Hales 1928: 446
ss). In perfetto accordo con il pensiero teologico medievale, essa è «men-
tis visio», che fa comprendere ed amare la verità stessa, cioè Dio, e con-
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LA TRACCIA SCIENTIFICA
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«in ventriculo cordis sinistro», dal quale origina «pulsuum motus, qui et
vitalis facultas dicitur», che «innatum vitalemque calorem in omni parte
corporis per arterias impertit» (Costantino Africano 1537: 309). Le vie e
le modalità attraverso le quali il sangue perviene al ventricolo sinistro
sono oscure alla medicina classica e medievale e questo può essere uno
dei motivi che rendono questo ventricolo una «secretissima camera». Lo
pneuma, che giunge al cuore attraverso l’asperarteria o trachea, i polmoni
e la vena arteriale, durante la sistole si trasforma in spirito vitale che passa
nell’aorta e nelle successive diramazioni arteriose al fine di mantenere la
vita e la funzione di tutte le membra “officialia et consimilia”. Secondo
Galeno (1964²: XIX, 630) il lemma arteria deriva dal verbo teréo, perché
il compito primario del vaso arterioso, quindi anche del ventricolo sini-
stro, è quello di proteggere e conservare lo spirito vitale. Il polso, inoltre,
è definito nei Libri Isagogici «verax earum nuncius, quae in profundo de-
litescunt, & vates obscurorum, & incertorum index» (Galeno 1597: 44v).
Questo può essere un secondo motivo scientifico. Ma la definizione dan-
tesca affonda le sue radici ancor più nelle Scritture, ove al cuore si pensa
sempre come ad un organo inaccessibile, nascosto nella parte più intima
del corpo (Wolff 1975: 58-83).
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Nella seconda novena il poeta descrive gli effetti della donna sul suo
cuore, sottolineando che possono insorgere sia in presenza, per il tramite
della percezione sensoriale visiva e uditiva, che in assenza, attraverso il
ricordo o la “loda”. Alla sindrome somatica, con le subitanee, irrefrenabili
modificazioni del cuore, del polso e del viso e il più lento decadimento fi-
sico, che a molti rende manifesto «lo secreto del mio core» [10, 3] per
l’annientamento o la fuga degli spiriti dalle loro sedi abituali, si associa
ora il beneficio indotto sul cuore di chi vede Beatrice e ne sostiene lo
sguardo. In 12, il poeta ritorna sullo stato presincopale conseguente al tre-
more del cuore nella prima parte del sonetto, quando dice:
ov’ella passa, ogn’om ver’ lei si gira,
e cui saluta fa tremar lo core,
sì che, bassando il viso, tutto smore [2],
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LA TRACCIA SCRITURALE
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forza fisica, dicendo: «Quomodo dices quod ames me, cum animus tuus
non sit mecum?»; quando Sansone lo svela, il testo reca «aperiens ei
totum cor suum dixit ei» (Idc. 16, 15-17).
Nelle Scritture il segreto del cuore può esser evidenziato dalle modifi-
cazioni del volto e, talora, dell’intero corpo. Il volto è la parte dell’uomo
rivolta verso gli altri e riunisce in sé gli organi della comunicazione, occhi,
orecchie, bocca, labbra, attraverso i quali può manifestare lo stato del lêb,
cioè del cuore e dell’animo.10 Ad es., in Gn. 31, 2-5, Giacobbe si accorge
del cambiamento di Labano nei suoi confronti dall’aspetto del viso e lo
comunica alle due mogli: «Video faciem patris vestri quae non sit erga me
sicut heri». Nella Vita nova, soprattutto nei paragrafi della prima novena
il ‘secreto del core’ è rivelato dall’espressione del viso, dagli occhi tre-
manti e lacrimosi, dal deliquio e dal decadimento fisico: da qui nascono
il gabbo, la curiosità, le domande delle donne e la conseguente necessità
di mascherare il segreto deviando l’attenzione su una donna-schermo. Il
viso, infatti, porta «tante delle sue [d’Amore] insegne, che questo non si
potea ricoprire» [2, 4]: nel sonetto del paragrafo 8 è scritto che «lo viso
mostra lo color del core» [5], in altri termini, spiega Dante subito dopo,
«manifesto lo stato del cuore per exemplo del viso»[8].
Accade anche, al contrario, che l’aspetto del viso, le parole e il porta-
mento dell’uomo, anziché rivelare il pensiero e i proponimenti del cuore,
li dissimulino (Eccli. 12, 15-6; 27, 25; Ps. 28, 5; Prv. 26, 24). La stessa
Giuditta, bella, avvenente, timorata di Dio, saggia e intelligente come nes-
sun’altra donna al mondo, degna quindi di stare nella candida rosa (Par.
XXXII, 10), dopo aver decapitato Oloferne, dice: «quoniam seduxit eum
facies mea in perditionem eius» (Idt. 14, 16). Il proposito della dissimu-
lazione compare più volte nella Vita nova. Nel paragrafo 2 il poeta si com-
piace dell’opportunità che la «gentil donna schermo della veritade» [8] gli
offre di nascondere il segreto del proprio cuore; al venir meno «della bella
difesa», che se ne va in un «paese molto lontano» [12], «in ossequio alla
sua funzione, Dante ne lamenta la partenza in O voi che per la via
d’Amore passate» (Gorni in Alighieri 1996: 248), all’interno del quale
afferma: «di fuor mostro allegranza, / e dentro dallo core struggo e ploro»
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evidenza nel sonetto del paragrafo 20, ove il poeta afferma che chi non
piange la perdita di Beatrice
core à di pietra sì malvagio e vile,
ch’entrar no i puote spirito benigno.
Non è di cor villan sì alto ingegno,
che possa ymaginar di lei alquanto,
e però no li ven di pianger doglia [11].
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consiglio della Ragione in quelle cose là dove cotale consiglio fosse utile
a udire» [1, 10].
Nei paragrafi 26 e 27 della terza novena, in relazione all’affermarsi
dell’amore per la Donna pietosa, viene alla luce prima il conflitto fra il
cuore, «voce della coscienza più alta del poeta» (Gorni in Alighieri 1996:
276), e gli occhi, che hanno cominciato «a dilectare troppo di vederla»
[26, 1]; poi fra il cuore, che, consentendo ormai con gli occhi, esprime il
desiderio smodato e irrazionale, e l’anima, cioè la Ragione. Trattasi del
tentativo dell’animus concupiscibilis di sganciarsi dal controllo della vo-
luntas, per ottenere, come le bestie, qualsiasi cosa desiderata, non, come
l’ uomo, solo quello che la ratio ritiene lecito acquisire. I due paragrafi si
integrano completandosi a vicenda e Dante lo dice esplicitamente in 27:
Vero è che nel precedente sonetto io fo la parte del cuore contra quella
degli occhi, e ciò pare contrario di quello che io dico nel presente; e però
dico che ivi lo cuore anche intendo per lo appetito, però che maggiore de-
siderio era lo mio ancora di ricordarmi della gentilissima donna mia, che
di vedere costei, avegna che alcuno appetito n’avessi già, ma leggiero
parea: onde appare che l’uno decto non è contrario all’altro [6].
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NOTE
1
Cfr. Rabano Mauro (PL 110: 169-170), De Universo, VI, cap. I, De homine
et partibus eius: «Cor enim multis speciebus significandi convenienter aptatur.
Nam aliquando pro anima ponitur, aliquando pro intelligentia, aliquando pro con-
silio et verbo occulto […]. Nam pro anima cor ponitur ut est illud Salomonis
«Omni custodia serva tuum cor, quia ex ipso vita procedit» (Prov. IV). Item cor
pro intelligentia ponitur, ut est illud Psalmistae: Cor meum et caro mea exulta-
verunt in Deum vivum (Psal. LXXXIII). Quamvis utraque videantur pertinere ad
carnem, cor tamen ad intelligentiam referri posse non dubium est […]. Pro dili-
gentia vero et devotione illud est positum: In toto corde meo exquisivi te (Psal.
LXXXV)». Inoltre, Bertini Malgarini (1989: 54-61); Gentili (2005: 57-73) e, per
la conoscenza dell’opera di Rabano Mauro da parte di Dante, Gentili (2003).
2
Moleta (1994: 9): «a passage from the metaphorical courtly bliss of delight
in her earthly physical presence, to the literal theological bliss of partecipation in
her soul’s vision of the Godhead, the passage from his beatitude to her glory»;
Carlos López Cortezo, (2007: 101): «El poeta, por lo tanto, está concluyendo
una etapa considerada, probablemente a posteriori, epicúrea e iniciando otra
‘estoica’, marcada por un amor perfecto, virtuoso (honesto), no utilitarista y, en
consecuencia, duradero […]; etapa en la cual Beatrice es amada por sí misma, por
su honestidad, y por ello es alabada».
3
Fra i medici e filosofi arabi, Giovannizio fornisce una sintetica e chiara de-
scrizione delle potenze dell’ anima legata al corpo nel Liber Isagoge in Medicina,
Pavia 1506, p. a3, commentata da Taddeo Alderotti nelle Expositiones in subti-
lissimum Joannitii Isagogarum libellum, Venezia, Junta, 1527, pp. 347-348;
ugualmente lucida, ancorché più estesa, è la trattazione di Avicenna, Liber Ca-
nonis I, I, VI, p. 25v ss. Fra i teologi di lingua greca possono esser ricordati Ne-
mesio di Emesa (PG 40), De natura hominis, [28-78], e Giovanni Damasceno
(PG 94), De fide ortodoxa II, cap. XII ss.; fra quelli di lingua latina, S. Ambrogio
(PL 12), Hexaëmeron VI, IX, p. 264 ss.; Alessandro di Hales (1928: [348], [352-
353]), S. Theol., I-II; Alberto Magno (1968: 248-249; III, 5, cap. 4). Inoltre, in
Bartolomeo Anglico, De rerum Proprietatibus, Minerva G.M.B.H., Frankfurt a.
M. 1966, il terzo libro è dedicato all’anima e ai polsi, in specie capp. VI-XVI e
XXII.
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Alberto Magno (1955: 127; III, q. 6): «Ad istud dicendum, quod cum quat-
tuor sint virtutes in homine: nutritiva sive naturalis, quae est in hepate, et vitalis,
quae est in corde, et animalis, quae est in cerebro, et generativa, quae est in par-
tibus generationi deputatis, nempe testiculis in viris et mulieribus, sicut virtuti vi-
tali correspondet arteria, per quam fluat ad singula membra, et naturali vena, sic
virtuti animali correspondet nervus».
5
Nemesio di Emesa (PG 40), cap. XXIV – De pulsibus: «Pulsuum motus, qui
et vitalis facultas dicitur, initium habet a corde, et maxime a sinistro eius ventri-
culo, qui spirabilis appellatur, et innatum vitalemque calorem omni parte corporis
per arterias, ut iecur alimentum per venas, impertit. Nam calefacto corde contra
naturam, statim totum animal contra naturam calefit, et refrigerato, refrigeratur.
Nam spiritus vitalis, ab eo per arterias in totum corpus dispergitur». Al tempo di
Dante, l’opera di Nemesio di Emesa era nota in Italia e nell’Occidente latino gra-
zie alle traduzioni di Alfano della Scuola medica salernitana nell’XI secolo e di
Burgundio da Pisa nel XII, come documentato da C. S. Sanfilippo (2004).
6
Puccinotti (1859: II-II, 84-85); Leclerc (1876: II, 86-93); Castiglioni (1948:
I, 246-247); Major (1959: I, 232-233); Lyons - Petrucelli (1978: 313).
7
Avicenna, Liber Canonis III XI II, cap. 6, p. 279v: De speciebus syncopis &
causis ipsius: & causa mortis subitae; cap. 7, p. 280v: «De signis – Signa signi-
ficantia causam syncopis, & dolores eius, proportionalia sunt signis praedictis
tremoris cordis, nam si ipsa sunt debilia, sunt tremoris cordis, & quando sunt for-
tia, sunt syncopis, & quanto plus fiunt vehementiora, sunt mortis subitae». La
sincope insorge perché «sanguis incipit occultari ad interiora». Dev’essere infine
segnalato che Dante fa sempre iniziare lo stato sincopale dal tremore del cuore,
perché, come scrive Costantino Africano (1537: 63), «impossibile est esse syn-
copin sine passione cordis».
8
Avicenna, Liber Canonis III, I, IIII, cap. 11, p. 202v: il delirio è causato da
«laesio in operationibus cogitationis secundum mutationem», mentre l’amenza
e la fatuità sono «secundum diminutionem, aut destructionem»; cap. 15, p. 203r:
De corruptione imaginationis, id est Delirio: «corruptio, est ut imaginetur quod
non est: & videat res, quibus non est inventio: illud est propter dominium chole-
rae in anteriore parte cerebri»; «corruptio imaginationis cadit in similitudine sen-
satorum & speciebus seu formis ipsorum»; cap. 18, p. 204v: De melancholia:
«Eius vero quae fit a frigiditate et siccitate sine materia causa est malitia comple-
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xionis melancholicae in corde cum materia, aut sine materia cui communicat in
ipsa cerebrum».
9
S. Agostino (PL 37), Enarratio in Psalmum CXXXIV: «Latet cor bonum,
latet cor malum; abyssus est et in corde bono, et in corde malo: sed haec nuda
sunt Deo, quem nihil latet»; Id. (PL 36), Enarratio in Psalmum XLI: «Abyssus
enim est profunditas quaedam impenetrabilis, incomprehensibilis: et maxime
solet dici in aquarum multitudine […]. Si profunditas est abyssus, putamus non
cor hominis abyssus est? Quid enim est profundius hac abysso? Loqui homines
possunt, videri possunt per operationem membrorum, audiri in sermone; sed
cuius cogitatio penetratur, cuius cor inspicitur?»; Id. (PL 38), Sermo de Sanctis
CCCVI, cap. IX: «Corda ergo nostra in hac vita videre non possumus, donec ve-
niat Dominus, et illuminet abscondita tenebrarum, et manifestabit cogitationes
cordis; et tunc laus erit unicuique a Deo (1Cor. IV, 5)»; Alberto Magno (1974:
70; II, III, cap. 2): «Sed et tenebrae ignorantiae dei super faciem abyssi humani
cordis, quod ‘profundum est et inscrutabile’ secundum Ieremiam».
10
S. Girolamo (PL 25), Commentariorum in Ezechielem III, VIII [85]: «Et se-
creta cordis, motu corporis et gestibus indicantur»; Id. (PL 22), Epistolae – Prima
classis, LIV [290]: «Speculum mentis est facies, et taciti oculi cordis fatentur ar-
cana»; S. Isidoro (PL 82-IV), Etymologiarum XI, I [6]: De homine et portentis:
«Vultus vero dictus, eo quod per eum animi voluntas ostenditur; secundum vo-
luntatem enim in varios motus mutatur».
11
Galeno (1964²: XVI, 302), Hippocratis de humoribus et Galeni in eum Com-
mentarii, II: «Tres sunt animi partes quibus ad voluntarium motum incitamur
[…], una fit qua ratiocinamur, altera qua irascimur, tertia qua cupimus»; Nemesio
di Emesa (PG 40), cap. I [24]: «Videmus in nostra anima partem eam quae ratio-
nis est expers, eiusque item duas partes, iram et cupiditatem, servire rationi»;
cap. XVI [97]: «Ratione carentis animae partis, aliud non paret rationi, aliud
paret»; cap. XXII [109] : «De genere eo quod rationi non paret, est in quo nu-
triendi, procreandi, et pulsuum vis inest. Quorum duo illa naturalia, hoc postre-
mum vitale nominatur»; Alberto Magno (2008: 474-503; 2, 2, 1), De phantasia
movente – Quid sit; 2.3.1, De voluntate - Quid sit voluntas; 2.3.1.3, De consensu
voluntatis; S. Tommaso (1959: 40; I, X, 150): «Anima enim iudicat aliquid esse
dignum ira, cor autem animalis ex hoc movetur, et fervet circa ipsum sanguis».
Si veda anche Gilson 2007.
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Inoltre, Alberto Magno (2008: 493), De consensu voluntatis: «Dicendum
quod quidam consensus est rationis et quidam voluntatis. Rationis consensus est
quasi sententia de faciendo […]. Et ille consensus semper est in rem ex consilio
inventam. Voluntatis autem consensus est in concordia rationis».
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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